Ticino7

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L’appuntamento del venerdì

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III

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numero

Reportage - Greetings from the past: un sogno americano Agorà - Consumo sostenibile Arti - Wire Turistario - Evadere Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Giornale del Popolo • Tessiner Zeitung

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numero 14 27 marzo 2009

Agorà I nuovi scenari del consumo sostenibile Arti Musica. Wire: quaranta versioni e oltre

Impressum Tiratura controllata 90’606 copie

Società Il caso del “terzo terapeutico”

DI

DI

DI

VALENTINA GERIG . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

FABIO MARTINI

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MARIELLA DAL FARRA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Luoghi Coldrerio. Un connubio tra arte e natura

DI

ANTONELLA SICURELLO

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Salute Metodo Grinberg. Apprendere dal corpo

DI

NICOLETTA BARAZZONI

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Chiusura redazionale Venerdì 20 marzo

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Vitae Jolanta Jozefowski

DI

MARIA SCANZIANI

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Direttore editoriale Peter Keller

Redattore responsabile Fabio Martini

Reportage Greetings from the past

DI

KURT SGHEI E MIMMO MENDICINO

...................

4 6 8

10 12 14 39 46

Coredattore

Tendenze Auto. Quelle del Gruppo 5

Photo editor

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Amministrazione

Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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DI

GIANCARLO FORNASIER

...............................

Giancarlo Fornasier Reza Khatir

via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

Coerenza come limite o come valore?

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In copertina

Bellinzona Elaborazione grafica di Mimmo Mendicino Cartolina dalla collezione di Giuseppe Haug (Capolago)

Quando nel riferirci a qualcuno affermiamo “è una persona coerente”, tutti noi sottendiamo un giudizio tendenzialmente positivo: la coerenza viene valutata come un’importante qualità umana su cui, anche nei casi più estremi, è indispensabile riflettere. Con qualche distinzione. Nel suo attuale viaggio in Africa, Benedetto XVI va sostenendo molte cose, la maggior parte condivisibili – per esempio, l’attacco contro la politica di sfruttamento prodotta sui territori del continente africano dalle multinazionali, l’uso conseguente delle OGM che non offrirebbero la sicurezza alimentare, l’impegno per la lotta alla corruzione e allo sviluppo di una politica di pace e di riconciliazione tribale, la distribuzione gratuita dei farmaci per combattere l’HIV – ma riguardo all’uso del preservativo la sua posizione è, a parere di molti, me incluso, fortemente criticabile. Sappiamo benissimo che il flagello rappresentato dall’AIDS può essere sconfitto grazie a una complessa sinergia di cui il preservativo rappresenta una componente, dato che il suo uso è legato alla volontà personale. La posizione del pontefice, come va dicendo

Silvio Berlusconi, esprimerebbe quindi una linea di coerenza che, però, concerne la vita di milioni di persone. Come ha dichiarato il filosofo cattolico Giovanni Reale in un’intervista pubblicata sul “Corriere della Sera” (19 marzo 2009), il Papa mira giustamente a un ideale di santità, riaffermando una posizione del resto non nuova ma già sostenuta da Giovanni Paolo II. Ma, ci chiediamo, non sarebbe forse il caso di calarsi con più disincanto nel mondo e nei suoi problemi rinunciando un pochino alla coerenza alla dottrina? Perché non considerare, riprendendo Reale, che “Cristo non è dottrina, ma Persona venuta a salvare e perdonare altre persone concrete”? Certo è che dopo le dichiarazioni di Benedetto XVI, il sito del Vaticano ha provveduto a sostituire la parola preservativo con “profilattico” attuando una sorta di autogol semantico dato che “profilassi”, come il noto dizionario De Mauro ci insegna, è “l’insieme delle precauzioni sanitarie per evitare il diffondersi di una malattia”. Cordialmente Fabio Martini


I nuovi scenari del consumo sostenibile

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V

i è mai capitato di prendere una confezione di pasta al supermercato, accorgervi che è bucata e optare per quella accanto? Ebbene, è una cosa all’ordine del giorno. Ma avete pensato quale destino è riservato all’altra confezione, quella scartata dalla vostra scelta? Ecco i paradossi della società del benessere. Il cibo invenduto è di fatto un prodotto che non ha più valore commerciale e, benché ancora perfettamente idoneo per il consumo, viene scartato e buttato. Un’ammaccatura, la mancanza di etichetta, una confezione non perfetta possono essere determinanti. O ancora: la data di vendita è scaduta, ma non quella di consumazione. Montagne di prodotti destinati al macero, proprio quando le prime pagine dei giornali parlano di crisi, tagli e inflazione. Meno male c’è una buona notizia. Esiste infatti chi pensa a porre rimedio a questo divario e concretamente attua quello che si può definire uno “spreco utile”. L’idea è semplice: trasformare ciò che è apparentemente inutile in risorsa. In altre parole, recuperare la merce invenduta e renderla disponibile, subito e senza perdere tempo, sulla tavola di chi ne ha più bisogno. Le prime iniziative, in Svizzera risalgono già agli anni Novanta grazie alle organizzazioni Tischlein deck dich (Tavolino magico) e Schweizer Tafeln (Mense svizzere).

La situazione cantonale Nel nostro cantone, grazie alla collaborazione con queste due organizzazioni, SOS Ticino (Soccorso operaio svizzero) da qualche anno ha creato un progetto di sostegno alimentare denominato con-dividere (www.con-dividere. ch). Il responsabile, Alessandro Maeder, ci spiega che “grazie agli aiuti alimentari di condividere, le persone meno abbienti possono risparmiare una piccola cifra di denaro da spendere in altri ambiti della loro vita. Questi

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Agorà

Che fine fanno i prodotti invenduti nei supermercati? Si può porre rimedio al divario tra sprechi da una parte e crisi dall’altra? Vi presentiamo i protagonisti di una concezione intelligente del consumo che prevede la trasformazione dello spreco in risorsa. Una risposta alle tendenze e ai comportamenti dei consumatori in tempi di recessione

soldi, seppur limitati, sono utili e necessari. Chi non può investire nello sviluppo della propria personalità, non ha alcuna possibilità di cambiare la propria vita: se tutto lo stipendio deve essere usato per il soddisfacimento dei bisogni primari, non rimangono più soldi per vestiti, formazione, previdenza e tempo libero. Il progetto con-dividere nei suoi primi tre anni di vita ha avuto una crescita enorme, sia per quanto riguarda il numero di famiglie che si rivolgono a noi, sia per la generosità dimostrata dai nostri fornitori che ci hanno donato, dal 2006 a oggi, 440 tonnellate di merce di qualità ineccepibile”. Numeri che vedono appunto coinvolti i grandi distributori di prodotti alimentari come Migros e Coop. Entrambi collaborano con il progetto con-dividere: Coop dal 2006, Migros dal 2008, per recuperare i prodotti alimentari non più vendibili ma di qualità ineccepibile. Francesca Sala, portavoce di Migros Ticino, ci illustra come Migros abbia “da sempre una politica molto attenta e attiva nei confronti dell’eliminazione degli sprechi e la riduzione degli scarti. Innanzitutto una grande cura nella pianificazione degli spazi espositivi, la valutazione dello stock di ogni singolo prodotto che, se non incontra l’interesse della clientela, viene prontamente eliminato dall’assortimento. Quando la data di vendita si avvicina al termine di scadenza, il prezzo del prodotto viene ribassato, così si riesce a eliminare – o a diminuire drasticamente – la quantità di merce invenduta e i clienti apprezzano molto l’opportunità di risparmio. Inoltre, la collaborazione con con-dividere permette di ritirare prodotti alimentari con data di consumo ancora valida e generi non alimentari di prima necessità dai principali punti vendita di Migros Ticino. Infine è grande l’impegno nella raccolta separata di tutte le tipologie di rifiuto, che vengono ritornate ad aziende specializzate nel loro trattamento e, dove possibile, valorizzate grazie a forme di riciclaggio”.


Agorà

5 Anche Coop vanta una lunga esperienza nello sviluppo di una strategia tesa a porre rimedio agli sprechi. La parola “risparmio” ricorre spesso sul sito dell’azienda, attraverso molte iniziative che coinvolgono sia la riduzione di prezzi che iniziative nel campo dell’economia sostenibile. Sara Della Bruna, portavoce di Coop Regione Ticino ci spiega: “Coop collabora a livello svizzero da diversi anni con le associazioni Le mense svizzere e il Tavolino magico, da un lato mettendo a disposizione alimentari e dall’altro con un significativo contributo in contanti. Si tratta di fornire a mense, nel primo caso, e privati, nel secondo, eccedenze alimentari dai nostri supermercati. In pratica alimenti che stanno per raggiungere la data di scadenza, ma che risultano perfettamente commestibili. In Ticino abbiamo iniziato la collaborazione nel 2006, ora sono numerosi i punti vendita coinvolti”. Anche in Italia esiste un progetto simile, diventato realtà imprenditoriale dal 2003, chiamato con un nome suggestivo,

Last minute market, (www.lastminutemarket.org), ideato dal Andrea Segrè, Preside della facoltà di agraria di Bologna. Last minute perché è un mercato dove per favorire i più bisognosi – o, appunto, gli “ultimi” – non ci si può permettere di sprecare neppure un minuto e un prodotto. Grazie alla rete inventata da Segrè e collaboratori, la corsa allo spreco utile recupera il possibile sempre rispettando gli standard di qualità e freschezza.

Scaduto ma non scadente Ma ecco che la crisi presenta anche altre facce: una di queste sembra portare all’eccesso il concetto di risparmio. Ha fatto notizia la tendenza nel Regno Unito di acquistare il cibo scaduto, e quindi a prezzo ribassato, sul web. Ebbene sì, scaduto, ma non scadente, a quanto pare. E il tutto perfettamente in regola. L’azienda Approved food (“cibo approvato” appunto) sta facendo affari d’oro: dallo scorso autunno, con il diffondersi della crisi, le sue vendite sono aumentate vertiginosamente, così come le persone disposte a risparmiare mangiando prodotti scaduti “low cost”. A quanto pare

la differenza non sta nella sicurezza, ma nella qualità. Ma è davvero una buona idea? Sara Della Bruna ci dice la sua: “La vendita di cibi scaduti in nessun caso ci trova d’accordo. Siamo convinti che anche chi si trova in difficoltà ha diritto a ricevere merce di qualità ineccepibile”. Ma si può mangiare a prezzi contenuti senza per forza farsi una scorpacciata di cibo scaduto? Il colosso dei fast-food Mc Donald’s propone la sua soluzione con la decisione di aprire quest’anno 240 nuovi ristoranti in Europa e di assumere 12.000 persone. Tutti licenziano e McDonald’s assume? Proprio così: l’economia langue e la gente si accontenta di mangiare panini. È lo stesso presidente di McDonald’s Europa Dennis Hennequin ad ammetterlo sulle colonne del “Financial Times”: “L’inflazione sugli alimenti ha reso il fast-food più conveniente di un pranzo a casa”. La crisi è fatta di tutto questo: contraddizioni ed equilibri precari. E le esperienze di chi cerca di porvi rimedio ha il merito di suggerirci che sprechi e scarti possono venirsi incontro. Magari su un tavolo apparecchiato.

» di Valentina Gerig; illustrazione di Mimmo Mendicino

Un consumo sostenibile


Quaranta versioni e oltre

Dischi

Wire 154 EMI, 1979 La riedizione su CD include alcune bonus tracks significative per comprendere la futura evoluzione artistica del gruppo. Musica inarrivabile.

– e ancora oggi – si ha dell’arte contemporanea, qualcosa di radicalmente distante dalla dimensione dello show business, della Gli Wire (fotografia di Andrew Catlin) pop music. Nel frattempo il rapporto con la EMI si sgretola, sotto i colpi di una crescente Nelle foto degli esordi l’appar- pubblicato nel 1978 e in cui disillusione che l’esperienza di supporters ai tenenza al movimento punk il cambio di rotta si fa netRoxy Music aveva alimentato non poco: era traspare in modo contenuto to. La “non convenzionalità” quello il destino? Quelli i rischi? Poi, nella dalle fogge degli abiti e dalle – per ora la critica si limita a crisi, accade qualcosa. Ed è così difficile pemimiche, timidamente stra- questo – viene rilevata. È un netrare oltre il sipario, perché spesso dietro ai fottenti. Del resto la conferma disco magnifico: le armonie si capolavori si nascondono contrasti profondi, che i termini del gioco stanno complicano, compaiono acconflitti che all’ascoltatore sfuggiranno per loro stretti arriva presto. Già cordi minori e diminuiti, con sempre. Colin da un lato, Bruce e Graham nel 1977, alla domanda pro- contrasti marcati e ben condall’altro, una dinamica che ricorrerà anche vocatoria di un giornalista i gegnati. Sembra un miracolo: negli anni futuri dopo la riunificazione. 154 quattro rispondono in modo due anni prima, a parte Colin esce a settembre. Sulla copertina – una graevasivo, sostenendo di non Newman che aveva alle spalle fica astratta realizzata da Bruce Gilbert – né sentirsi dei punk-rockers ma una formazione musicale, gli titolo né nome. Tredici canzoni diversissime piuttosto dei seguaci di Mar- altri tre a malapena reggevano in cui i quattro distillano l’intera storia del cel Duchamp. gli strumenti in mano. Vale rock attraverso una lente in cui l’esperienza Colin Newman e Bruce Gil- la dichiarazione di Bruce Gilpunk si coniuga allo spirito psichedelico dei bert si erano incontrati alla bert secondo cui il gruppo era Floyd (Barrett), dei Popol Vuh, dei Beatles, Watford Art School e a loro formato da dei non-musicisti in cui l’eredità di Brian Eno come autore si erano presto uniti Graham che avevano scelto la musica di canzoni si metabolizza in una serie di Lewis e Robert Gotobed. Wi- – si badi, la musica e non il momenti davvero inarrivabili. L’elettronica re nasce di lì a poco e nel rock – come mezzo di espresresta sullo sfondo, presente ma praticamente dicembre del 1976 il grupinudibile. Dominano le po esordisce alla Nashville Nato alla fine del ’76, nell’alveo del punk, il chitarre, il basso, le voRooms. Dopo qualche mese, gruppo inglese dei Wire si è imposto come ci e una ritmica essennel fragore dell’esplosione una delle formazioni più concettuali e avan- ziale, calda e raffinata. del punk, i quattro firmano Compaiono strumenti un contratto triennale con guardistiche del rock contemporaneo, grazie inusuali come il corno la EMI con il conseguente anche a 154, un sensazionale capolavoro inglese, la viola eletavvio delle registrazioni del trica – di crimsoniana primo album che uscirà di sione artistica. Ma all’ascolto memoria –, il flauto. La stampa lo accoglierà li a poco con il titolo di Pink di Chairs Missing lo spontapositivamente ma il gruppo accuserà presto Flag. Le ritmiche nervose, le neismo è ormai alle spalle: i dirigenti della EMI di non promuovere il petulanti linee di chitarra, la se messi a confronto con i disco: in luogo dell’usuale tour solo quattro brevità delle canzoni lasciano Cure, i Joy Division, i Clash, date al Jeanette Cochrane Theatre di Londra. però trasparire un “oltre” che emerge chiara l’aspirazione A febbraio l’uscita dalla EMI e pochi giorni trova maggior spazio e respiro a una concettualità che ha a dopo l’ultimo concerto prima dello scioglinel successivo Chairs Missing, che fare con l’idea che allora mento. Amen.

» di Fabio Martini

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www.pinkflag.com Il portale del gruppo. Interviste, immagini, registrazioni e novità ma anche la possibilità di mettersi in contatto con i musicisti.

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Arti

Internet


Gli

anni Cinquanta rappresentano per il Canton Ticino un periodo di profonde trasformazioni dal punto di visto economico e sociale. Sono anni di sviluppo, in cui il territorio ticinese perde la sua impronta prettamente agricola e imbocca la strada dell’industrializzazione e del terziario, implementando i servizi assicurativi, finanziari e legati al turismo. Questa trasformazione coinvolge profondamente il mondo del lavoro e i mestieri che i ticinesi svolgono. Molte occupazioni scompaiono, altre si trasformano legandosi ai mutamenti della tecnologia e del mercato del lavoro, nuove ne nascono. Strani e meravigliosi mestieri di un tempo testimonia concretamente queste trasformazioni intercorse a partire

Abbiamo letto per voi dalla metà del XX secolo, raccogliendo il frutto di una serie di conversazioni sui mestieri e sulle professioni storicamente tipiche del territorio ticinese trasmesse da Radio Monteceneri, antenata della Radio svizzera di lingua italiana, tra la fine del 1950 e gli inizi del 1951, nella trasmissione preserale Casa nostra. Eros Bellinelli, curatore circa sessant’anni fa del programma radiofonico e oggi del libro, chiese, infatti, ad alcuni dei maggiori scrittori dell’epoca, da Mario Agliati, a Piero Bianconi, da Adriano Soldini a Enrico Talamona, a cui si affiancarono insegnanti e lavoratori qualificati, di descrivere e interpretare a loro modo uno o più mestieri. Ne uscì una serie di ritratti

molto personali – il carrettiere, il giornalaio, il maestro di campagna, l’arrotino, il lattaio e tanti altri ancora –, in cui il racconto dei ricordi e delle emozioni sopravanzava spesso la descrizione vera e propria dei mestieri. Rileggerli oggi, però, ci restituisce il senso di un mondo e di modi di vivere lontani dalla nostra quotidianità, non solo nel ritratto di professioni ormai scomparse del tutto, come il carrettiere o il marossaro, colui che mediava gli affari nei mercati del bestiame, ma anche di quelle occupazioni che pur esistendo ancora, e penso al contabile o al ferroviere, vengono svolte in maniera diversa per il progredire della tecnologia e il mutare degli stili di vita.

Eros Bellinelli (a cura di) Strani e meravigliosi mestieri di un tempo Radio svizzera di lingua italiana e Armando Dadò, 2008

» di Roberto Roveda

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Il caso del “terzo terapeutico”

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della rilettura di quel fondamentale saggio di storia della psichiatria dinamica che è La scoperta dell’inconscio di Ellenberger (originariamente uscito nel 1970), uno dei primi elementi che colpiscono l’attenzione del lettore è il ricorrere – in tutte le “metodologie” ideate nelle varie epoche per curare la malattia mentale – di una costante che chiameremo il “terzo terapeutico”. Ci riferiamo con quest’espressione all’agente terapeutico utilizzato dal medico – o chi ne fa le veci – per avviare presso il malato il processo di guarigione, agente che si diversifica notevolmente a seconda del tempo e del luogo in cui si è affermato, ma che si configura sempre e comunque come “terzo” rispetto al binomio terapeuta-paziente. Vediamo qualche esempio. Presso i popoli primitivi, le teorie elaborate per spiegare l’origine della malattia prevedono quasi sempre l’intervento degli spiriti: Ellenberger elenca cinque di questi paradigmi – intrusione di un oggetto-malattia; assenza dell’anima; introduzione di uno spirito; infrazione di un tabù; stregoneria – che, anche se in maniera diversa, chiamano tutti in cau-

lo sciamano si porta in uno stato di estasi per mezzo di tecniche particolari [...]. Gli sciamani affermano di potere [...] seguire nell’altro mondo le tracce dell’anima perduta, nello stesso modo in cui un cacciatore segue la selvaggina nel mondo fisico”. In questo caso, quindi, l’agente terapeutico è costituito da un principio immateriale che è allo stesso tempo causa (la sottrazione dell’anima viene perpetrata da fantasmi maligni mentre il corpo sogna) e rimedio (attraverso l’intervento di spiriti benigni) dello stato patologico del paziente. Analogamente, nella possessione, il male è determinato dalla interpolazione di un principio diabolico – per la teologia cattolica, Satana o qualche demone minore –, mentre il rituale previsto per allontanarlo chiama in causa un’entità di segno opposto, ma legata alla medesima dimensione, ovvero Dio. Un memorabile esempio d’esorcismo che ebbe luogo in tempi relativemente recenti (1842– 43) in Europa (villaggio di Möttlingen, nel Württemberg) è quello di Gottliebin Dittus, una ragazza di ventotto anni, a opera del reverendo Blumhardt. Gottliebin aveva visioni in

Cos’è il misterioso fattore terapeutico, capace di adattarsi ai diversi contesti socio-culturale e di assumere di volta in volta il nome e la forma che meglio vi si adatta? sa questo genere di entità. Coerentemente, le terapie utilizzate da sciamani, stregoni, uomini della medicina ecc. prevedono il ricorso al potere degli spiriti. In Siberia, per esempio, “… quando un essere umano ha perso l’anima,

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Società

Sull’onda

cui le appariva una donna, morta due anni prima, con in braccio un bambino; inoltre, la casa in cui abitava era disturbata di notte da rumori strani e terrificanti. Lo stato di possessione si manifestò nella ragazza attraverso at-


Libri

Henry F. Ellenberger La scoperta dell’inconscio Bollati Boringhieri, 1976 Una lettura scorrevole e coinvolgente, adatta anche ai non addetti ai lavori. Lo psicologo colloca la psichiatria dinamica nel suo contesto storico e la lega alla letteratura, alla sociologia, alla filosofia, alla cronologia delle vicende umane.

Società

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Immagine a sinistra: Sigmund Freud A destra: Lo Sciamano de il Battista

descrisse il “fluido magnetico” come una corrente energetica che fluiva nei corpi, la cui esistenza era empiricamente dimostrabile, sebbene la mancanza di strumenti di misurazione adeguati non consentisse ancora di renderla visibile. Di nuovo, il fluido – nello specifico, il suo “intoppo” – era suscettibile di causare sintomi di gravità variabile, mentre il corretto incanalamento dello stesso, che avveniva attraverso l’ausilio di magneti e, più tardi, del baquet, una sorta di tinozza bassa e larga contenente acqua, limatura di ferro e magneti, determinava la guarigione. Presso i suoi discendenti in linea diretta – quelli che attualmente si definiscono psicoterapeuti ipnotisti – il mesmerismo ha lasciato posto alla “trance”, mentre il magnetismo animale è stato sostiuito dal rapport, o

“alleanza di lavoro”. Tuttavia, anche questa nuova configurazione designa un “terzo terapeutico” che è origine e, al contempo, principio centrale della psicopatologia: si tratta, in questo caso, dell’inconscio. Lo stesso inconscio a cui, sebbene in forma leggermente modificata, fanno riferimento gli psicoanalisti quando asseriscono di curare attraverso i movimenti, reciproci e speculari, di transfert e controtransfert. Ma, in ultima analisi, che cos’è questo misterioso fattore terapeutico, capace di adattarsi al contesto socio-culturale in cui è inserito, assumendo di volta in volta il nome e la forma che meglio vi si adatta? Nella mia scuola di specializzazione è in uso un modo di dire che, in questo senso, trovo abbastanza significativo: “Sbrigati a guarire il tuo paziente, prima che guarisca da solo”. Con tale espressione, si fa riferimento alla capacità di autoguarigione insita in ciascuno di noi, presente nel nostro apparato psichico, che rappresenta il vero agente curativo della psicoterapia: un agente che utilizza l’incontro terapeuta-paziente come innesco e occasione di cambiamento.

» di Mariella Dal Farra

tacchi convulsivi e, durante una visita di Blumhardt, Gottliebin “cambiò espressione e voce, e prese a parlare con la voce della morta”. Il pastore colloquiò allora con lo spirito che possedeva la ragazza e, persuasosi che le forze delle tenebre fossero all’opera, ingaggiò con loro una lotta senza tregua che, in capo a un anno e mezzo, portò alla vittoria del principio divino su quello diabolico. “Gesù ha vinto!”, gridò infatti Katharina, sorella di Gottliebin, alle due del mattino del 28 dicembre 1843 e, sei ore più tardi, gli spiriti e i demoni che avevano tormentato la famiglia scomparvero per sempre. Il punto di svolta che segnò il passaggio dall’esorcismo (di cui il caso di Gottliebin rappresenta un esempio tardivo) alla psicoterapia dinamica viene solitamente fatto coincidere con l’affermarsi di Franz Anton Mesmer che, nel 1775, all’età di quarant’anni, scoprì l’esistenza di un agente terapeutico privo – a suo modo di vedere – di risvolti trascendentali, in quanto afferente a una dimensione squisitamente fisica: il magnetismo animale. Figlio del nascente Illuminismo, ai cui principi si rifaceva, Mesmer


Un connubio tra arte e natura

re, con i suoi dipinti murali deteriorati, ma al suo interno si trovano opere di grande valore artistico, come l’altare in marmo di Antonio Monzini di Como e la cappella dell’Assunta con le pitture di Pier Francesco Mola (1612– 1666). Nato a Coldrerio, è considerato uno dei più grandi pittori del Seicento. Scendendo verso il centro del paese, si scorge sulla sinistra una piccola cappella, l’Oratorio di San Rocco, costruito dopo l’epidemia di colera del Due figure sedute, disegno preparatorio di Pier Francesco Mola forse per una Predica del Battista (immagine tratta da www.astartesa.com) 1836 come voto al Santo. Il 16 agosto, giorno di San Rocco, vi viene celebrata la messa. A Ha dato i natali a illustri ar- delle 8 è la più intima, viste le pochi passi dalla cappella, si trova la Chiesa tisti del Seicento, conserva dimensioni dell’edificio, un parrocchiale di San Giorgio, costruita nel opere di grande valore, difen- bell’esempio di architettura XVI secolo e ampliata successivamente. Fu de a spada tratta lo sviluppo barocca, edificato nel 1674 consacrata nel 1599, ma la sagrestia e le capsostenibile ed è circondato per volere dell’architetto Carpelle laterali furono aggiunte più tardi. Sulla da un polmone verde. Eppu- lo Beccaria. La facciata (in facciata appare però la data del 1736, anno in re, a molti automobilisti che fase di restauro) è arricchita cui fu intonacata per la prima volta. L’interno transitano sul suo territorio, da elementi architettonici in ha un’unica navata e sulla parete di fondo di Coldrerio resta impresso cotto e, sopra il finestrone, fa del presbiterio c’è il grande altare barocco di un unico e solo particolare: bella mostra di sé lo stemma stucco con la pala raffigurante il Crocifisso tra l’area di sosta sull’autostrada. dei Beccaria. Sopra la mensa i santi Giorgio e Vittore. L’opera più pregevole Un dettaglio che lo rende a dell’altare in marmo di Arzo, della chiesa è la pala dell’altare maggiore: un volte meno anonimo e più campeggia un grande affresco dipinto a olio del pittore Francesco Torriani facilmente collocabile geo- che rappresenta la Natività. (1612–1681) di Mendrisio, che raffigura Cristo graficamente, ma che diven- Altro retaggio del Seicento è Crocifisso. Ai piedi della croce vi sono il pata insignificante se posto di la costruzione che sovrasta trono di Coldrerio, San Giorgio, e quello di fronte agli affreschi del Mola, la chiesetta al di là della straBalerna, San Vittore. Un’altra chiesa, quella di allo scorcio sul barocco della da: Casa Ferrari, costruita dai Sant’Apollonia, si trova in una posizione più chiesetta della Natività, all’im- nobili Cigalini che danno il decentrata, a fianco del cimitero. Fu costruita ponente Casa Cigalini, tra i nome alla via. Imponente ma nel XVII secolo su un edificio medioevale. Il vigneti della tenuta di Mez- poco sontuosa, la residenza ha culto della santa risale alla prima metà del zana e quelli del Colle degli portici e logge, un cortile, un Settecento: la reliquia è esposta il 9 febbraio Ulivi che tanto ricordano la ampio scalone esterno e un e la domenica successiva. Toscana, alle bellezze naturali prezioso camino nella sala. Con una breve passeggiata dal centro del della Valle della Motta. Ma il Al piano terra si trovano la paese si accede al Parco Valle della Motta. piccolo nucleo che conta poco cucina, le sale e i ripostigli, Nel suo cuore si trova il Mulino del Daniello, meno di tremila abitanti a sud mentre le camere sono al piauno dei tre ancora funzionanti della regione. della regione del Mendrisiot- no superiore. La valle è ricca di fauna – sono oltre un mito è noto anche per la rapgliaio le specie animali presentazione all’aperto della Coldrerio: noto per l’arte, la Valle della Motta, censite –, di flora e di Passione di Cristo il mercoledì argilla. Lungo il “Senla rappresentazione all’aperto della Passione tiero della natura” si santo – che quest’anno cade l’8 aprile – e la sagra da l’Asan di Cristo e... l’agostana sagra da l’Asan scoprono le bellezze a fine agosto. della valle, attraversata Tra gli edifici religiosi più ca- Lungo la cantonale che da dal torrente Roncaglia, con i suoi diversi ratteristici, la chiesetta del- Villa porta a Mendrisio sorge ambienti naturali: boschi, corsi d’acqua, zone la Natività occupa un posto la notevole chiesa della Maumide, praterie, siepi e campi coltivati. Un d’onore. I rintocchi delle sue donna del Carmelo. Eretta alla altro parco naturalistico, il Paü, sorgerà nel campane entrano nelle case fine del Cinquecento, custodicentro di Coldrerio, alla spalle della banca. degli abitanti della frazione sce da quasi 400 anni la statua Il recupero dell’area, un tempo palude e tordi Villa una volta l’anno, il della Madonna del Carmine. biera, prevede la realizzazione di uno stagno giorno di Natale. La Messa La facciata non le rende onoe di un anfiteatro.

» di Antonella Sicurello

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Ivan Camponovo Il Mulino dei Galli Tipografia Stucchi, 2007 Attraverso la descrizione del Mulino del Daniello, simbolo della Motta, è narrata la vita contadina dell’Ottocento, dall’alimentazione al lavoro, dall’igiene all’istruzione.

»

Luoghi

Libri


»

Anonimia nordica… Dando seguito all’appello apparso sull’editoriale del numero 08 di “Ticinosette”, pubblichiamo lo scritto fattoci pervenire da una gentile lettrice… positivamente stimolata da quello che quotidianamente la ossessiona

ro d’accesso, tra lui e me si rizza un cancello basso, chiuso col lucchetto. Del giardino a gradoni qualcuno deve pur aver cura, poiché le foglie sono state rastrellate e l’erba non è divenuta sterpaglia. Intanto la villetta è proprio quassù, lungo il pendio del monte Mondini: in modo da vedere Neggio che pare una fortezza (e invece è tutta illusione!); poi il lago verso sud-est, oltre i tetti di Pura e gli alberi; infine il Generoso, che in queste ultime giornate d’inverno è tutto di neve e di rocce grigie. È bianca, come un sogno di nebbia. Il pianterreno lo si indovina appena: seminascosto da una siepe, forse bosso. Ci dev’essere una grande vetrata che dà sul giardino, ma non è certo: una tapparella grigio sbiadito la copre tutta, e mi piacerebbe veder trasparire una luce. Ma non è mai successo. Poi c’è il primo piano, simmetrico: immagino la stessa finestra di prima, solo un po’ più piccola, la stessa tapparella, lo stesso colore. Quindi, da destra verso sinistra, un balconcino con la ringhiera di metallo brunito. Non è brutta… la ringhiera: a intervalli è decorata con delle volute, che forse rappresentano l’infinito matematico. A destra, la facciata si incurva e la parete nord forma un semicerchio da cui sporge una sorta di bovindo con una finestra che pare quella di una prigione: sbarre sottili formano una sorta di reticolato, o di voliera. Poi c’è il tetto di coppi color terra bagnata: non copre tutta la villa, a un certo punto lascia il posto a una sorta di solarium

delimitato da una ringhiera: semplice, qui l’infinito matematico non è stato ripreso e così non c’è nulla da dire. Però, però… sul tetto sta un grande comignolo bianco, sormontato da quattro colonnine in mattone che reggono la copertura: uguale a quella del tetto, solo un po’ più stinta. Come sarà la casa, all’interno? Soggiorno, cucina, stanze da letto, servizi… Le solite cose… A meno di non poter immaginare, allora diventa più facile: nell’angolo, al pianterreno – ma dopo tutto è solo un esempio –, un camino di mattoni con una mensola in marmo su cui si allineano porcellane di Sèvres: piccoli animali, il cane, il cardellino… Poi il soffitto bianco decorato a stucchi liberty; una biblioteca, certo, in una casa come questa non può mancare, magari con i libri di Conrad e di Brecht. Quindi una scala col corrimano di legno color biscotto: si può dire “biscottato”? I gradini portano su, verso la zona notte: due camere, una grande e una piccola. E lo studio: senza computer… Però con una scrivania vieux jeu, la poltrona in pelle e un fantasma di gatto accovacciato sopra: persiano bianco … Più in là non vado, anche l’immaginazione ha i suoi limiti. Forse, come architettura, la casa non è brutta; e neanche anonima… Ma c’è quel vuoto, quel sonno di polvere… Le case dove da tempo nessuno vive diventano così: insignificanti, annullate fra alberi e cespugli che non interessano a nessuno, se non al giardiniere che tanto è pagato a ore… Che anche loro scelgano la morte?

Luoghi

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» di A.R. (Pura)

Vuota: forse da anni, come posso saperlo? Ma c’è un sentie-


Internet

www.grinbergmethod-swissassociation.ch Il sito dell’Associazione Svizzera degli Operatori del Metodo Grinberg, oltre a offrire un sostegno professionale ed etico ai suoi membri attivi, si propone come valido strumento capace di orientare i possibili utenti verso professionisti qualificati.

energia. La stessa è un’esperienza fisica che riequilibra anziché investire energia in reazioni inutili e dannose nel tempo. In altre parole si apprende la reazione creata dal determinato sintomo e si impara a rilasciarla. In quale modo? “Attraverso l’analisi del piede l’operatore stabilisce a che livelli intervenire: a livello muscolare, scheletrico, digestivo, nervoso e quale strategia utilizzare al fine di poter insegnare come fermare lo schema e il sintomo” sostiene Antonella Catelli. Il piede è dunque la guida che permette di capire quale percorso intraprendere, fornendo la traccia precisa. “Si impara attraverso il corpo e non solo attraverso la mente perché siamo creature di percezione e non creature mentali. Il fatto di avere appreso a non reagire alla paura o al dolore ma lasciare che si esprimano, aiuta a vivere più fluidamente. Quando l’energia circola nel corpo si avverte un cambiamento che passa dalla chiusura iniziale all’apertura che ne deriva”. La persona dunque trasforma sensazioni Il Metodo Grinberg insegna a riconoscere e a spiacevoli o dolorose liberarsi da schemi comportamentali fisici e in nuove sensazioni. Ritrova qualità e mentali. E aiuta a recuperare la conoscenza e aspetti individuali a la padronanza del nostro corpo volte seppelliti da tanto tempo. Gestendo insieme di comportamenti al quelle sensazioni che definiamo come nefine di sperimentare il dolore gative, la velocità con cui si hanno risultati senza reagire. In questo caso e cambiamenti sono visibili proprio per il il cambiamento al dolore è grado di consapevolezza fisico, mentale ed molto rapido ed efficace”. emotivo raggiunto. Sono risultati che si Quando permettiamo dunirradiano sulle persone che cominciano a que alla paura o al dolore esprimere e a verbalizzare il loro benessere di fluire, il vissuto diventa e il loro stato d’animo.

» di Nicoletta Barazzoni; illustrazione di Mimmo Mendicino

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a contenere e sperimentare le varie sensazioni che vengono generalizzate con la parola paura, permettendo all’energia stessa di poter fluire. Non reagire alla sensazione di paura o al dolore ma semplicemente vivendo l’esperienza. Se ci riferiamo al dolore legato a una separazione, sappiamo che la situazione provoca sofferenze acute e intense a dipendenza del vissuto personale. Quando la persona vive pienamente il dolore, il tempo di assimilazione e di trasformazione dello stesso diventa rapido e intenso. Più facciamo resistenza al dolore e più esso si manifesta? “Se la persona impara a riconoscere che quando ha mal di testa tende a chiudere il diaframma, respirare con fatica, contrarre le spalle – continua la signora Catelli – può rilasciare questo

Apprendere dal corpo

Salute

luppato da Avi Grinberg insegna a recuperare la padronanza del proprio stato fisico, emotivo e mentale, al fine di individuarne tute le potenzialità. I sintomi, come dolori o sensazioni spiacevoli sono la risposta a un insieme di comportamenti scorretti che l’individuo ripete senza attenzione, diventandone la causa. Antonella Catelli, operatrice autorizzata e diplomata che opera a Lugano con il Metodo Grinberg, ci descrive il modo con cui interviene. La persona reagisce a dolori e paure creando un insieme di tensioni, contrazioni, emozioni trattenute, pensieri ripetitivi che vengono considerati schemi. Si impara dunque a riconoscere lo schema creato nel corpo e come lo stesso sia la causa del sintomo. Cosa differenzia questo metodo da altri metodi? “Si differenzia da altre terapie e lavori sul corpo perché punta soprattutto a insegnare alle persone a lasciar fluire la paura e il dolore nel corpo affinché possa sperimentare quello che succede in maniera semplice e sana, senza reagire”. Reagiamo a quello che ci disturba e quindi al dolore o alle paure: per esempio sono timida, preoccupata, dispiaciuta. Uno dei punti forti è quello di insegnare

Avi Grinberg Grande trattato di massaggio zonale del piede Red Edizioni, 2006 Un manuale professionale di riflessologia del piede per conoscere i segreti di una tecnica ha avuto un’enorme diffusione.

»

Il metodo svi-

Libri


lietti Trovi i big tutte or s o su d el c on c etti di ioni di ov le confez ortiti da 165 g, to ass cioccola 1000 g (fino a g 500 e tock) to dello s re n e m ri u esa cipa uoi parte oppure p w.migros.ch w tramite w

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In palio lingotti d’oro per un valore complessivo di fr. 144 000.– *.


» testimonianza raccolta da Maria Scanziani; fotografia di Igor Ponti

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quando ho desiderato aprire uno studio indipendente, ho dovuto rifare tutti gli esami finali di medicina, perché il mio diploma era valido per lavorare in ospedale, ma non per aprire un’attività privata. Nel frattempo avevo avuto una figlia che è nata qui, al Civico e da piccola si autodefiniva “svizzeraia”. La mia vita la si può paragonare alle montagne russe, alti e bassi: uno dei giorni più felici della mia vita e, contemporaneamente, dei più infelici è stato quando ho trovato i locali in cui aprire lo studio. Venivo da un periodo difficile, faticoso: avevo dovuto rifare in due anni gli esami finali Da Varsavia a Lugano, dove svolge con degli studi di medicina e il successo la professione di ginecologa, dottorato, lavoravo e studiavo nella Svizzera francese, i racconta le sue esperienze sulle monta- miei figli erano qui in Ticino. gne russe della vita Contemporaneamente a tutto questo divorziavo. Trascorsi a casa, ma non ho mai avuto questi due anni durissimi, ho potuto finaldifficoltà ad adattarmi, forse mente aprire il mio studio: ho visto questo perché vengo da due culture: spazio a Paradiso e mi è piaciuto. Volevo gli avi del mio nonno paterno telefonare ai miei genitori per dirgli: “Ecco erano tartari e lui infatti aveva ce l’ho fatta: io che sono venuta da una gli zigomi alti, la pelle giallopiccola città, sono arrivata a un traguardo gnola e gli occhi a mandorimportante”. Stavo per farlo, quando mi la da vecchio cinese, mentre chiama la mamma per dire che papà era il nonno della mia mamma morto all’improvviso. veniva dalla Germania, con Nella mia vita non c’è mai stato niente di quella freddezza teutonica, da piatto: o le stelle o l’inferno. Ho provato il cui forse mi deriva una certo dolore più grande che un essere umano possa ordine morale. Sono contenta provare: la morte improvvisa e inaspettata di che in me si siano mescolaun figlio. Aveva ventotto anni. Da un dolore te queste due provenienze, come questo non ti rimetti mai, mai più… l’Oriente e l’Occidente: è un sopravvivi. A un certo momento ho chiesto grande arricchimento, che mi a Dio di farmi morire, ma non è facile e vivo ha aiutato ad avere un’apertuancora: però una parte di me non c’è più e ra verso il mondo. L’inizio qui se vivo, è perché credo, che ci sia qualcosa è stato difficile: la mamma di dopo la morte. È questo che mi aiuta a mio marito, quando siamo sopravvivere. L’anima sopravvive sempre. partiti ci ha dato 900 dollari L’amore sopravvive sempre: è la più grande che ci dovevano bastare, finricchezza che l’essere umano possa avere. ché non avessimo guadagnato Ho avuto la fortuna di provare grandi amori e lavorato autonomamente. e sono anche sopravvissuta a essi. Sono una Prima che questo avvenisse, persona curiosa della vita, come sono cuho fatto grandi sacrifici: la riosa di vedere il mondo. Ho visitato anche carne la compravamo solo per tanti paesi, da nord a sud, da est ad ovest. il bambino. Poi ho iniziato L’esperienza più bella in assoluto è stata un a lavorare, prima in Svizzera tramonto sull’Oceano Indiano, quella più francese in un piccolo ospebrutta i bambini in Cambogia, i loro occhi dale vicino a Neuchâtel, che vuoti senza sorriso. era tenuto da suore. Abitavo a Ci sono ancora tante cose che vorrei vedere, Lugano e lavoravo in Svizzera gente che vorrei incontrare. Vorrei morire interna; successivamente ho bella, ricca, vecchia e sana. Non posso accettrovato posto in alcuni ospetare che un giorno tutto finisca semplicemendali ticinesi e a Losanna, ma, te. Io non credo al caso, credo nel destino.

Jolanta Jozefowski

Vitae

ono nata in Polonia e lì ho vissuto fino all’età di ventisette anni. Sono giunta in Svizzera con mio marito e mio figlio che allora aveva tre anni. Entrambi medici, ci siamo trasferiti per ragioni politiche e anche perché qui mio marito aveva una zia. Se ripenso alla mia infanzia, la prima immagine che mi viene in mente è quella dei miei compagni di giochi davanti al palazzo in cui abitavo. Ero l’unica ragazza in una banda di maschi e quindi giocavamo alla guerra con le spade, a lanciare i coltellini e a baseball. Sono cresciuta così e forse per questo che ho deciso di svolgere una professione abbastanza maschile: il medico. L’altra cosa che mi piace ricordare sono le vacanze dai miei nonni. A sud di Cracovia, ma a nord di Zakopane, c’è una zona montuosa, che, quando la vedo oggi, mi sembra veramente piccola, ma allora mi appariva immensa: sono i monti Sudeti. Mio nonno era originario di quei luoghi. Là ci sono sorgenti d’acqua dove si fanno le cure termali, grandi prati, è una regione bellissima. Mia sorella e io ci trascorrevamo tutte le vacanze; i nonni mi raccontavano le favole. In cima a questa montagna vivevano principi, principesse e anche esseri che facevano un po’ paura, provvidenziali perché impedivano che ci allontanassimo da sole. Quando sono venuta qui, ho trovato un paese molto differente dal mio. In Polonia la gente ha un carattere simile a quello degli italiani, ospitale, accogliente: si può andare dalla vicina a chiedere un po’ di zucchero o del prezzemolo e nessuno ti dice niente, anzi; qui, invece, tutti mi salutavano sulla scala del palazzo, ma le porte restavano chiuse. Abbiamo però conosciuto una famiglia svizzera che abitava vicino e siamo diventati amici. Grazie a loro ho capito come funziona la vita in questo paese, cosa si può fare e cosa invece non si può. Ci è voluto un po’ di tempo per sentirmi

»

S


Greetings from the past*: un sogno americano La faccenda è piuttosto strana, per certi versi sconvolgente. Insomma, almeno così mi pare. Si tratta di una lettera e di cinque cartoline: cinque cartoline davvero particolari, ma anche la lettera non scherza. A scriverla è un ragazzo, suppongo, appassionato di architettura… Un tipo un po’ matto, che si rivolge allo zio emigrato negli Stati Uniti, a Chicago. Altre indicazioni non ci sono. Solo una data, 21 marzo 1920, e un luogo, un luogo di fantasia: Ticino City… Sembra uno scherzo. Nessuna busta, nessun nome, nessun indirizzo. La persona che me le ha gentilmente prestate a riguardo è stata vaga. Giudicate voi. Un divertissement, una storia forse inventata, forse no… ma le cui ragioni possono essere facilmente ricondotte ai progetti più o meno discutibili di ammodernamento e di sviluppo del territorio ticinese...

Testo Kurt Sghei; elaborazioni grafiche Mimmo Mendicino; concetto originale Adriano Heitmann Le cartoline appartengono alla collezione di Giuseppe Haug


A

chiamarmi è stato un gentile signore del Mendrisiotto, uno di quei collezionisti attenti e curiosi, di quelli che raccolgono davvero di tutto, dalle cartoline alle confezioni di latta, “… basta che sopra ci siano due dita di polvere e storia”, mi dice, “… compro ai mercatini, dai privati, alle aste, anche in quelle in internet, come in questo

caso. È stata la scheda di presentazione, in E-Bay, a incuriosirmi, diceva: «Science Fiction hand painted - Postcard from Ticino, Italy»* … il collezionista che me le ha vendute è un certo Mr. Kilgore, un americano, che però vive a Uppsala, in Svezia. Uno dei tanti che ignora l’esistenza di una Svizzera italiana” Quando ho visionato il materiale, non potevo creder-


ci. Mi sono messo a indagare e il risultato della mia ricerca è in parte comico, in parte tragico. Quel che è certo, è che lo spirito del tempo ha un ben strano modo di rivelarsi: qui la fantasia di un ragazzo ha superato la realtà, offrendoci uno spaccato di futuro per certi versi è terrorizzante: è ciò che siamo, o diverremo. Nulla, comunque, è davvero assoluto.


21 marzo 1920, Ticino City Caro zio, come stai? Spero tanto tu stia bene e che il lavoro in fabbrica ti sia sopportabile. Qui, è la solita minestra. Ma zia ti avrà già raccontato tutto… Le cartoline che mi hai mandate! Oh, tu non puoi saper che gioia! Sopratutto quelle dei grattacieli (la tua Chicago, o Nuova York), ma anche quelle di dighe, centrali elettriche e fabbriche! Le strutture più moderne e meravigliose. Per non dire degli ortaggi, e del bestiame! Mucche grandi come autocarri! Zucche di dieci metri! Patate grosse come massi! E le sequoie, zio! Incredibili! Larghe quanto Piazza della Riforma! Ma che posto fantastico è mai l’America?! Queste cartoline m’hanno riempito la zucca di un’immaginazione nuova che neanche le ragazze! Ma a voler esser sincero, zio, ancor più colmo in me è ora l’orlo della pazienza, mentre son qui ad aspettare l’avvento di un futuro radioso, di una luce come un lindore uniforme, su questo muro di ombre, scalcagnato e graffiato, che è il presente. La notte non dormo più o quasi: se c’è la luna buona vado alla finestra e mi rimiro Nuova York e non ne son mai stanco; poi guardo fuori, il vicoletto, il muro di sasso, i rastrelli appoggiati… ho cominciato a fare progetti zio, progetti in grande; le cartoline che ti allego sono solo l’inizio del mio nuovo lavoro. Sai, mi domando quanti giovani, ancora, dovranno emigrare… Chi in Germania, chi in Inghilterra e chi come te, addirittura, dall’altra parte del mondo. Quanti cervelli, quante mani e quante spalle, sfuggire il rachitico abbraccio delle madri, fuggir via questa scorbutica miseria: privati di qualsiasi prospettiva che non quella di lasciare la cara terra, a prestar le braccia alla ricchezza di altri paesi. Ma io lo so, lo so già, che fra qualche lustro, anche qui, tutto cambierà, e io ci voglio partecipare, a questo cambiamento, al progresso. Sono


stato da Chiattone 1, giù a Lugano, come mi avevi suggerito tu. Ho visto i progetti che ha fatto a Milano, qualche anno fa: quelli esposti coi futuristi e Sant’Elia 2. Dovresti vedere cos’hanno in mente questi metropolitani, uomini d’avanguardia. Noi qua dormiamo sui peri – là invece la vedrai bene la differenza. Ma debbo confessarti una cosa zio, che un po’ ha smorzato il mio entusiasmo. Chiattone, uomo gentile e affatto disponibile, non mi pareva poi così entusiasta di quei suoi progetti di giovinezza – diceva cose del tipo: son solo sfoghi della fantasia, è roba questa che viene da altri pianeti: l’hai vista la guerra, giovanotto? L’uomo fondamentalmente è un’idiota. Questo futuro è già finito ancor prima di iniziare. L’architettura è un’altra cosa. Ma io credo che in futuro non ci saranno più paeselli, borghi, cittadine: tutto il Cantone verrà unificato, in un’unica grande città, aboliti confini e conflitti regionali. Una metropoli, repubblicana e autarchica, e altroché tedeschi e altroché italiani: Ticino City, metropoli di milioni d’abitanti laboriosi, liberi ed uguali! Elettricità ed energia! Sono queste le parole di domani, e noi, che abbiamo acque da mutar deserti in giardini e abbiamo altezze da precipitarci titani, dalle valli avremo tal potenza idroelettrica da alimentar dieci metropoli e dar potenza ai mille mantici dell’industria, e ancora avremo acqua abbastanza da farci un bagno al dì cadauno. Stanne certo, zio, non emigrerà più nessuno, mai più: noi altri in America ci andremo in vacanza. Ciao zio, stammi bene, tuo nipote, il Sognatore, come dici tu.

Mario Chiattone (1891–1957), architetto lombardo formatosi, come Antonio Sant’Elia, nell'ambito del futurismo: dal 1919 si trasferisce a Lugano, città in cui svolgerà la sua professione attestata da importanti progetti

1

2 Antonio Sant’Elia (1888–1916), architetto italiano autore del Manifesto dell’architettura futurista. La sua concezione ha a lungo influenzato l’idea della città come spazio futuribile, organizzato sulla base di strutture monolitiche verticali


Un tragico epilogo

Mi sono fatto dare l’indirizzo e sono risalito a un numero di telefono, a Uppsala, Svezia. Risponde un signore con una vocina acuta: “Kilgore, haalo?”. Ci sono andato cauto: mi sono presentato come un collezionista italiano, amico del collezionista svizzero. Gli chiedo se, per caso, non ne avesse altre, di cartoline del genere.“E come mai? Ha qualche valore quella roba? Sa, le ho vendute al suo collega per soli trenta dollari… Comunque no, non ne ho più… però, la storia di quelle cartoline, è una storia divertente, se vuole gliela racconto…”. Non ha aspettato che rispondessi e si è messo a narrarmela. Deve sentirsi solo, ho pensato: ma che fortuna, chiamavo proprio per questo...

Una storia tragica, altro che divertente. La riassumo io, lui è stato anche più duro. Un tipo simpatico, mr. Kilgore: preparatevi, è un pugno nello stomaco. Il padre di Kilgore, Kilgore Senior, era il padrone della pensione dove il nostro zio d’America dormiva, a Chicago. Una topaia orrenda, ricorda Kilgore Jr., in una periferia altrettanto misera. A quanto pare, quando la lettera del nostro misterioso nipote giunge negli Stati Uniti – siamo nella primavera degli anni Venti – lo zio è morto da poco. Già, morto. Esploso, insieme alla fornace, nell’acciaieria dove lavorava. Ai tempi la polizia era meno professionale, ma più pratica. Arrivano alla pensione con la busta già pronta:


certificato di morte e un quarto di stipendio, la “liquidazione” da spedire ai parenti, in Svizzera. Nell’appartamento, sotto la porta, trovano una busta, la aprono, dentro ci sono la lettera e le cartoline; niente di interessante. Ricopiano il mittente, buttano la busta originale e infilano il tutto – liquidazione, certificato di morte e cartoline – in quella nuova. Il corpo non c’è più, l’appartamento è vuoto: la faccenda è semplice. Escono in strada. Forse hanno fretta di bersi una birra, sugli scalini dell’ingresso trovano un ragazzino, nove anni, Kilgore Jr. Gli danno due cents e lo pregano, si fa per dire, di portare la busta all’ufficio postale e spedirla. Kilgore Jr., ragazzo di

strada, furbo e scafato, gira l’angolo e apre la busta per vedere che cosa c’è dentro. Si intasca il quarto di liquidazione, si compra qualcosa, ma ora non ricorda più cosa. Poco importa, dice. Lo mando a quel paese, in italiano, lui mi ignora e continua “… a quei tempi la gente la fottevi come niente, fottevi anche i morti, si figuri. Andava così… Le cartoline e la lettera le volli tenere, tutto qui, quelle immagini di montagne e grattacieli mi facevano un ridere, erano così ingenue… Ora, comunque, ho bisogno di soldi, sa, la crisi c’è anche per i vecchietti come me. Sono in bolletta… abito nella terra di Ikea: non le interesserebbe un abatjour Eppela? Lo vendo a poco, è quasi nuova…” ■


di Giancarlo Fornasier

rubrica: Tendenze pagine 46–47

QUELLE DEL GRUPPO 5

DAL 3 AL 5 APRILE PROSSIMI SI TERRÀ ALL’AUTODROMO DI MONZA LA PRIMA USCITA DELLA ETCS (ENDURANCE TOURING CARS INTERNATIONAL SERIES). GIUNTA QUEST’ANNO ALLA SUA TREDICESIMA EDIZIONE, LA PIÙ IMPORTANTE SERIE ENDURANCE A LIVELLO EUROPEO VEDRÀ SFIDARSI IN PISTA POTENTI AUDI, SEAT, BMW... ALLA RICERCA DEI LORO LIMITI MECCANICI E DI SVILUPPO. OGGI PIÙ CHE MAI I CIRCUITI RIMANGONO I LUOGHI PREDILETTI DOVE SPERIMENTARE TECNOLOGIE E SOLUZIONI AERODINAMICHE INNOVATIVE, COSÌ COME AVVENIVA 30 ANNI OR SONO, QUANDO LE VETTURE DEL GRUPPO 5 SI FRONTEGGIAVANO TRA MOTORI ASPIRATI E TURBOCOMPRESSI IN UNA LOTTA ALL’ULTIMO CAVALLO. ERA LA FINE DEI ’70 E CLAY REGAZZONI INIZIAVA LA SUA ULTIMA VERA STAGIONE IN FORMULA 1…


Nato nel 1966 per volontà della Federazione Internazionale dell’Automobilismo (FIA), il Gruppo 5 fu una speciale categoria per auto da competizione. Se inizialmente il regolamento definiva solo un gruppo speciale di auto da corsa (in inglese Touring Car), dal 1976 con la denominazione Gruppo 5 la Federazione volle limitare la presenza a sole vetture derivate dalla produzione di veicoli di serie omologati.

LE SPECIAL PRODUCTION CARS DAL 1976 AL 1982

I nuovi regolamenti imposti dalla FIA permettevano comunque modifiche rilevanti ai veicoli di produzione, elaborazioni che in precedenza erano riservate alle vetture appartenenti agli altri Gruppi (1–4). I partecipanti al nuovo Gruppo 5 si sarebbero contesi il Campionato del Mondo Marche dal 1976 sino al 1980 e, nel biennio 1981–82, il neonato campionato Campionato del Mondo Endurance. Benché il regolamento obbligasse le case ad attenersi alla larghezza originale dei veicoli, le auto potevano essere provviste di estensioni aerodinamiche quali gli spoiler anteriori e posteriori. E il Gruppo 5 si fece subito riconoscere sui circuiti di tutto il mondo proprio per le forme esagerate delle scocche, contraddistinte dagli enormi archi dei parafanghi necessari a ospitare gli indispensabili pneumatici posteriori di grandi dimensioni, i soli in grado di scaricare a terra le notevoli potenze in gioco. Più in generale, le forme delle auto erano certamente impressionanti e molto spesso alquanto stravaganti. Così, Porsche 935, Toyota Celica, Ford Capri (a lato, la prima all’estrema sinistra), Beta Montecarlo Turbo (le due al centro), BMW 3.0 CSL, M1 e soprattutto 320i e 320T (le prime due a destra) Nissan Skyline RS (l’ultima in basso a destra), Mazda RX-7 e Ferrari 512BB divennero le protagoniste assolute.

PICCOLI MOTORI, GRANDI EMOZIONI

Il successo di pubblico fu immediato: macchine dalle forme spettacolari, provviste di piccoli ma potenti e rumorosi motori che, per le differenze prestazionali, in pista venivano raggruppati in 2 distinte Divisioni. La prima era caratterizzata da auto con propulsori dalla cubatura superiore ai 2000 cmc, mentre la seconda raggruppava quelle provviste di motori inferiori a tale cilindrata. E a partire dal 1978 in questa seconda Divisione la battaglia si fece epica ed entusiasmante, con Ford Capri e BMW 320 a darsele di santa ragione per la gioia degli appassionati. La

categoria stessa divenne una vera fucina di talenti, come dimostra la presenza sin dalle prime battute di Eddie Cheever, Marc Surer o Manfred Winkelhock, gli indimenticati piloti di punta del BMW Junior Team di Jochen Nerpasch e divenuti in seguito protagonisti di ben altri Mondiali... Ma che cosa si nascondeva sotto quelle squadrate scocche in fibra? Quale esempio, analizziamo le vetture del già citato Junior Team (Divisione 2): la versione per il Deutsche Rennsport Meisterschaft (il campionato tedesco) stagione 1977/1978 montava un classico quattro cilindri in linea di 1998 cmc, provvisto di alimentazione meccanica Kugelfischer e capace di sviluppare circa 300 cavalli a 9250 giri/min. Per un peso di circa 780 kg, le 320i fermavano i cronometri dei classici 0–100 Km/h in circa 4,5 secondi. Motori che divennero turbo sotto i colori dello Schnitzer Team nella stagione 1978: la BMW 320T con un turbina KKK – questa volta montato sempre su un 4 cilindri ma di appena 1426 cmc – poteva raggiungere così i 400 cavalli a 9400 giri/min., saliti in seguito a 420 nella stagione 1979/1980. Potenze che permettevano velocità massime superiori ai 270 km/h… un fattore comunque secondario e legato sia ai rapporti del cambio utilizzati (il noto Getrag a 5 marce) sia alle caratteristiche dei circuiti. Furono esperienze molto importanti per tutte le case costruttrici, in particolare per la Porsche, che nella Divisione 1 sperimentò soluzioni motoristiche preziose negli anni a seguire. Come pure per la stessa BMW, che da quel famoso 2 litri della 320i ricavò parte della tecnologia che portò alla nascita del famigerato S14 (vedi disegni a sinistra): portato a 2300/2500 cmc, divenne il cuore della più vincente delle auto da Turismo di sempre, la M3 E30 (1985–’91). Ma questa è tutta un’altra storia…

L’ARRIVO DELLE AUTO GRUPPO C

Malgrado il successo e confermando una regola sempre vigente presso la FIA – la stessa che vuole le categorie vincenti spesso sacrificate – a partire dal 1982 il Gruppo 5 fu ridefinito da nuovi regolamenti. Nacquero le vetture Gruppo C o Gran Turismo Prototipi. Ma I “piccoli mostri” del “5” continuarono a calcare negli anni a seguire le piste in diversi campionati nazionali come il DRM tedesco, il JSPC (Japan Sports Prototype Championship) e le gare IMSA GTX, rendendo quei pesi piuma vere icone dello sport motoristico targato anni Settanta.

ETCS Endurance Touring Cars International Series 3–5 aprile 2009 Autodromo di Monza Gare in programma: › Endurance Touring Cars International Series (4 ore) › Camp. Italiano Autostoriche › Renault Clio Cup › Formula Renault 2.0 › 45° Trofeo F. Junior Monza 1.2 › Trofeo 5 Hundred Cup www.monzanet.it

LIBRI BMW Touren- und Sportwagen di Stefan Knittel Verlag Egmont Vgs (2007)

CLAY REGAZZONI Nell’anno in cui Clay Regazzoni avrebbe compiuto i suoi 70 anni (il prossimo settembre), sono da poco nate due iniziative in ricordo del pilota deceduto alla fine del 2006. È attivo da qualche giorno il primo sito svizzero su Clay – www.clayregazzoni. ch – che riassume carriera e vita del pilota ticinese. Sarà poi visitabile sino al 4 marzo un’eposizione a lui dedicata che, dopo il Rheinpark di St. Margrethen (San Gallo), si sposterà in altre località della Confederazione. www.clayregazzoni.ch www.swissSpirit.org


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Evadere La scelta del luogo di vacanza, crisi permettendo, è argomento di conversazione cui pochi resistono. Il perché si viaggia, invece, è una domanda quanto mai destabilizzante

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ti, in trasferta nelle Alpi o ai Caraibi, ci aspettiamo paradisi che non esistono se non nella nostra immaginazione. Ma che vengono costruiti, con molte comodità, per soddisfarci. La vacanza turistica intesa come uso ricreativo del territorio è un’attività che si alimenta del mito dell’incontaminato... da contaminare. In questa prospettiva è evidente che tutti noi turisti, in quanto tali, spesso distruggiamo il fascino della destinazione prescelta. La quale, a seconda degli indici di gradimento, si vedrà minacciata proprio da chi la frequenta. È già accaduto alle località turistiche alpine nell’Ottocento, dove i turisti d’élite inorridivano alla vista dei primi turisti proletari. Oggi accade alle destinazioni esclusive di mezzo mondo, dove il turismo di massa inquina posti in passato frequentati soltanto da pochi viaggiatori privilegiati. Quella turistica è stata definita l’unica industria che si fa pubblicità denigrandosi: “Non siate turisti!”, ci esortano strani messaggi promozionali. Ma che altro possiamo essere, o fare, allora…? Aspettate, ho un’intuizione: possiamo ragionare. Non soltanto per renderci protagonisti di un modo di spostarci più maturo, ma anche per metterci nei panni dei forestieri che arrivano tra noi. Per capire le loro fantasie, per creare le basi di un dialogo sincero, per concederci un’escursione di pensiero fuori dall’ideapacchetto di un territorio inteso come un prodotto di marca. Sacrosanta l’evasione fisica, insomma, ma anche quella dagli schemi. Prima d’essere un business, il turismo è un fenomeno antropologico di grande interesse. Dei suoi problemi, dei suoi paradossi, delle sorprese che ancora ci riserba conviene essere consapevoli. Dopodiché, ciascuno si muova dove, come e con la motivazione che più gli aggrada. La consapevolezza, diceva il Buddha, è uno stato superiore di coscienza. Ma come la qualità, forse, non è per tutti.

» di Duccio Canestrini

Turistario

Il motivo per il quale si va in vacanza si pone raramente, e ciascuno ha le proprie ragioni, i propri moventi. Ma il desiderio turistico, nella società industrializzata, è generato da vissuti abbastanza comuni. La vita di tutti i giorni, la routine, il lavoro, la famiglia, le regole del nostro distretto produttivo. I ritmi che stancano generano la voglia di staccare. “Che stress!”, quante volte lo abbiamo detto o sentito dire? Questo è il punto, a prescindere da ogni scelta, a monte di ogni decisione sui luoghi. È come se avessimo accettato il gioco di una normale oppressione, compensata però da una capacità di spesa che ci dà l’illusione della libertà. Sembra quasi che comprare oggetti, merci, servizi – e quindi consumare mete turistiche – possa guarirci da un male, il male di affannarsi, ciascuno dentro la propria gabbia. Con il costante anelito, più o meno represso, di cambiare aria. È un’istanza profonda, che la pubblicità cavalca. Non soltanto quella ideata dagli enti turistici per attirare consistenti flussi di clienti, ma anche quella delle automobili. Cambiare, staccare, andarsene, evadere, liberarsi, godere. “Appena hanno qualche giorno di libertà, gli abitanti dell’Europa occidentale si precipitano all’altro capo del mondo, attraversano in volo metà globo, si comportano letteralmente come evasi dalla galera”, così scrive Michel Houellebecq nel suo romanzo scandalo (perché parla di turismo sessuale) dal titolo Piattaforma. Nel centro del mondo (Bompiani, 2001). Anche se non si tratta di una vera e propria evasione. Perché poi si torna al lavoro. E si raccontano, e si riprogrammano, le vacanze. Affrontare il turismo in prospettiva critica significa anzitutto chiedersi le ragioni di questa consentita diserzione a termine dalla produttività. Da un sistema che comunque ci accompagna, avendo colonizzato il nostro immaginario. E, infat-


Mercurio in opposizione per i nati nella terza decade contribuisce alla nascita di disguidi e fraintendimenti. Cercate di comprendere sempre le ragioni dell’altro. Possibili momenti di gelosia per i nati in settembre provocati dal transito di Venere. Fate maggiore chiarezza.

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Aprile ricco di nuove energie e di ritrovato vigore. Momento ideale per l’inizio di una collaborazione professionale per i nati nella seconda decade. I nati nella terza decade dovranno riuscire a imprimere maggiore chiarezza e obiettività alle proprie idee.

Momento felice per i nati in novembre, stimolati dai transiti di Marte e Urano. Favorite le scelte più rivoluzionarie. Date spazio ai vostri desideri senza subire inutili condizionamenti. Cercate comunque di apprezzare quello che già avete. Improvvisi sbalzi umorali.

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Disturbi provocati dallo stress per i nati nella seconda decade. Marte in transito disarmonico tende a favorire le psicosomatizzazioni. Cercate di prendere meno sul serio le questioni professionali. Gelosie immotivate. Carriera e vita sociale sono comunque in ascesa.

Incontri interpersonali e incremento delle relazioni sociali per i nati nella terza decade favoriti dal transito di Mercurio nella quinta casa solare. Potrebbe nascere una storia d’amore con una persona più giovane. Stress emotivo e calo energetico per i nati nella seconda decade.

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Vigore erotico per i nati nella seconda decade favorito dal transito di Marte. Frivolezze per i nati nella prima decade favorite dal moto retrogrado di Venere. Grazie al transito di Saturno vi sentirete particolarmente stimolati a sistemare gli aspetti legali di ogni vostra situazione.

Scaramucce amorose per i nati nella prima decade. Non preoccupatevi troppo perché si tratta di capricci primaverili. Grande impegno sulle questioni professionali favorito dal benefico transito di Marte. Possibili rotture con il vecchio datore di lavoro. Spazio al nuovo !

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acquario

Aprile si avvia positivamente grazie agli ottimi transiti di Mercurio e Venere. Incremento delle situazioni mondane e degli incontri amorosi e sentimentali. Flirts improvvisi con persone più giovani. Buona efficienza fisica per i nati di luglio.

Momento vivace per i nati nella terza decade favorito da un frizzante Mercurio di transito nella vostra nona casa solare. Importanti relazioni con un paese o una cultura estera. Svolte professionali di un certo livello per i nati nella seconda decade.

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pesci

Momento decisivo per i nati nella seconda decade condizionati dall’opposizione di Saturno con Marte e Urano. Non bloccate in nessun modo le vostre energie, ma date sfogo alla vostra natura. Cercate comunque di non cadere nello stress. Possibili scatti d’ira e rotture improvvise.

Marte in questo momento si trova nel vostro segno. Grazie a questo importante transito i nati nella seconda decade inizieranno a riscontrare un ritrovato vigore. Dovranno comunque stare attenti a canalizzare le proprie energie verso il raggiungimento di un obiettivo ben determinato.

Il Sole transita nel segno dell’Ariete dal 21 marzo al 20 aprile Elemento: Fuoco - cardinale Pianeta governante: Marte Relazioni con il corpo: testa, cervello Metallo: ferro Parole chiave: dinamicità, individualismo, concretezza

Segno primaverile, legato all’esplosione creativa della stagione, l’Ariete presenta nel suo geroglifico una stilizzazione dell’animale in cui si evidenziano le corna. Simbolicamente esso riconduce all’idea di un’energia vitale manifesta e attiva ed è forse per tale motivo che già nella dottrina vedica l’animale viene associato all’immagine del fuoco (il termine agni indicava entrambe le cose). Certamente l’origine del segno si colloca in contesti preculturali remoti, dominati da un’economia pastorale e nomade. È però nell’ambito della mitologia greca che si riconoscono gli elementi simbolici più significativi, riconducibili in particolare a due vicende: quella del Vello d’oro e quella, conseguente, degli Argonauti. Nella prima, che ha come protagonista il giovane Frisso – fuggito insieme alla sorella Elle alle persecuzioni della matrigna Ino grazie a un ariete volante dal vello d’oro donatogli dalla madre Nefele – si riconosce il tema della perdita del lato femminile e della incompleta realizzazione del sé. In altre parole viene evidenziato la perdita psicologica che la trasformazione e l’emancipazione possono implicare. Nel recupero del Vello d’oro, compiuto da Giasone con l’aiuto degli Argonauti – fra cui il figlio di Frisso – e della sacerdotessa Medea, si rappresenta l’idea dell’avventura temeraria e della sfida, temi profondamente connessi alla psicologia dell’Ariete, che vive il coraggio e la tensione verso la rottura delle regole e dei condizionamenti sociali. A tal riguardo ben scrive Roberto Sicuteri: “Giasone, come archetipo zodiacale dell’Ariete, esprime il virile Io spinto agli investimenti affermativi fini a se stessi”.

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» a cura di Elisabetta

Grazie all’ingresso di Mercurio in Ariete importanti notizie in arrivo per i nati nella prima decade. Clamorosi cambiamenti professionali favoriti dal transito di Giove e di Venere retrograda. Cercate di cogliere al volo le opportunità che il destino vi offre.

“… ma il poeta divin, citareggiando, del bellicoso Marte…”

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Âť illustrazione di Adriano Crivelli


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A quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 16. Al vincitore andrà in premio Via Beltramina 20 di Giorgio Passera, Armando Dadò editore, 2008. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 2 aprile a ticino7@cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano.

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1. Noto film del 2007 di Neri Parenti • 2. Reclutare, chiamare alle armi • 3. Stella del cinema • 4. Penisola della Normandia • 5. Campicello coltivato • 6. Piccolo difetto • 7. La divinità romana delle fonti • 8. Mezza riga • 9. Sta per “vino” • 13. Sconfessioni, smentite • 16. Posto innanzi • 18. Uscir • 19. Conduzione statale • 21. Spagna e Germania • 27. Art. spagnolo • 29. Il nome della Duse • 33. Universo • 35. Un compito in classe • 37. Né tue, né sue • 40. Consonanti in miele • 43. La sopporta il mulo • 46. Un colpo all’uscio • 48. Cava centrale • 49. I confini di Ravecchia.

Verticali

1. Celare • 10. È vicino a Bellinzona • 11. Un distillato • 12. Una macchina del contadino • 14. Dorato • 15. Rabbia • 17. I confini di Locarno • 18. Il leader dei Police • 20. Si reca alle urne • 22. Le sette figlie di Atlante • 23. Il dio egizio del sole • 24. Leva centrale • 25. Numero in breve • 26. La bevanda degli dei • 28. Altra sigla del MEC • 30. Nel cuore di un delitto • 31. Mira al centro! • 32. Le iniz. di Carboni • 34. Elemento radioattivo • 36. Osso del braccio • 38. Il Renato della canzone • 39. Vale a dire • 40. Calmo, pacato • 41. La belva che ride • 42. Ebbe la moglie tramutata in statua di sale • 44. Precede nov. • 45. Venuto al mondo • 47. Quasi unico • 49. Bel laghetto alpino ticinese • 50. Antenata • 51. Il Calcio del chimico • 52. È bella ma stupida.

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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“… in quanto colei che già si era creduta morta e seppellita aveva messo al mondo un maschio sano, cosicché D., ripiegando il giornale, disse alla F.: Accidenti, hai avuto una bella fortuna”. Il libro è la raccolta dei ricordi d'infanzia di un ultracinquantenne vissuto a Molino Nuovo, oggi uno dei Quartieri della Grande Lugano, forse quello che maggiormente ha subito i grandi stravolgimenti urbanistici legati allo sviluppo. Attraverso le immagini scritte di un ragazzo riemergono personaggi, luoghi, avvenimenti, istituzioni e situazioni a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. L’autore non compie un “semplice” lavoro di taglio storico: il volume è piuttosto uno scavo nella memoria personale, alla ricerca di ciò che di quegli anni si è cristallizzato nella mente. Un percorso che si muove tra verità oggettiva e affettività.

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La soluzione a Epigoni è: Storia di neve di Mauro Corona (Mondadori, 2008). Il vincitore è: L.E., Pregassona.

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