Ticino7

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numero

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L’appuntamento del venerdì

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Corriere del Ticino

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Giornale del Popolo

Tessiner Zeitung

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numero 15 3 aprile 2009

Agorà Benedetto XVI: la fede amica della ragione e della libertà Arti Andrea Mantegna: il “Cristo in scurto”

DI

ROBERTO ROVEDA

Scienza Il filo d’Arianna di un mare scomparso

Impressum

Media Il capo cerca casa

Tiratura controllata

Salute Il mattino ha l’oro in bocca

Chiusura redazionale

Vitae Josef Weiss

90’606 copie

Venerdì 27 marzo

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

DI

DI IVO

SILVESTRO

GAIA GRIMANI

DI

DI

DI

MAURIZIO BALESTRA

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MARCO ANTOGNINI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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GAIA GRIMANI

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Reportage Fieramilano: rosso, vetro e metallo

DI

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ROBERTO ROVEDA E REZA KHATIR

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Direttore editoriale

Tendenze Televisori. Cosa accendo stasera?

ULRICO GONZATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Redattore responsabile

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Peter Keller

Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

DI

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Programmi ballerini

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Sotto la cupola (Fieramilano) Fotografia di Reza Khatir

Ogni settimana, se non tutti i giorni, riceviamo telefonate di lamentela da parte di molti lettori giustamente scocciati per le imprecise indicazioni di orario e le fastidiose variazioni ai palinsesti televisivi. L’argomento, particolarmente sentito, esige dunque un chiarimento da parte della redazione in modo da rendere chiari i problemi e le cause di questo disservizio rispetto al quale non abbiamo alcuna responsabilità. La prima ragione è legata alla cosiddetta “guerra dei palinsesti” che coinvolge soprattutto le reti italiane. L’ansia da indice di ascolto che attanaglia Rai e Mediaset, in perenne e feroce concorrenza, ha sempre comportato improvvisi “balletti” dei programmi nei palinsesti. Ma ultimamente la situazione è davvero peggiorata. La causa nasce a metà gennaio, in seguito all’inizio del periodo di garanzia (la fase in cui si assicura agli investitori pubblicitari una certa “garanzia” di risultati in termini di ascolto), quando Rai Due e Canale 5 scelgono entrambi il lunedì come giorno di messa in onda per i loro programmi di punta: “X Factor 2” e “Grande Fratello 9”, con quest’ultimo vincitore con punte di audience che sfiorano i 7 milioni. Con il Festival di Sanremo sembra tornata l’armonia: Maria De Filippi è ospite nell’ultima serata della manifestazione canora e molti parlano scherzosamente della nascita di “Raiset”, connubio tra Rai e Mediaset. Ma sono solo parole: nella settimana tra il 15 e il 20 marzo Antonio Marano, direttore di Rai Due, annuncia, a giornale già chiuso, lo spo-

stamento di “X Factor 2” dal lunedì al martedì per sottrarsi al successo del “Grande Fratello 9”. Mediaset passa allora subito al contrattacco, stravolgendo tutta la sua programmazione e soprattutto spostando il talent show di successo “Amici” dal mercoledì al martedì, una modifica che a domino si ripercuote su tutta una scia di telefilm e approfondimenti, spostati e rispostati confondendo, e anche spazientendo, il telespettatore. Ma non è finita, perché gli slittamenti nelle prossime settimane continueranno: nella settimana di Pasqua, dal 12 al 18 aprile, “La Fattoria” sposta la programmazione da domenica 12 a giovedì 16 e il “Grande Fratello” previsto per giovedì 16 viene trasmesso martedì 14, schierando in campo la semifinale contro la finalissima di “X Factor” su Rai Uno. Queste, le ultime novità diramate. Vi renderete facilmente conto che da parte nostra possiamo solo assistere impotenti a questo valzer senza fine. Senza poi tener conto del fatto che la lavorazione redazionale del nostro settimanale viene compiuta con una settimana netta di anticipo rispetto all’uscita del venerdì, cosa che impedisce di segnalare eventuali modifiche di programmazione comunicate all’ultimo momento. Nella speranza di aver chiarito le cause di un fenomeno che non ci vede responsabili in alcun modo, restiamo però a disposizione di chi, esasperato, voglia sfogarsi con qualcuno. Cordialmente, la redazione


Benedetto XVI: la fede amica della ragione e della libertà

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on sono mancate di questi tempi critiche e dure prese di posizione nei confronti del Papa, dentro e fuori la Chiesa. La revoca della scomunica ai Vescovi tradizionalisti è stata per lo più interpretata come conferma della tendenza restauratrice di Benedetto XVI: un graduale ritorno alla “tradizione”, aggirando il Concilio Vaticano II. Cercherò di dimostrare, per brevi cenni, che le cose non stanno così. Il magistero di Benedetto XVI è mosso da ben altra preoccupazione: incontrare l’uomo di oggi bisognoso di scoprire o di riscoprire Cristo come la misericordia di Dio, che ci abbraccia e continuamente rinnova la speranza.

Il Papa e il Concilio Il Concilio Vaticano II è stato un evento suscitato dallo Spirito. Un invito a riscoprire il cristianesimo come incontro personale con l’avvenimento di Dio presente nella storia e non semplice complesso di dottrine religiose (dogmi) e di precetti morali. Da qui un nuovo slancio per mostrare come Cristo risponde oggi alle esigenze più profonde del cuore umano e alle giuste istanze, presenti tra luci e ombre, nella cultura moderna e post-moderna. Si trattava anche di superare incomprensioni che avevano creato steccati tra Chiesa e mondo moderno: basti pensare al faticoso rapporto tra fede cristiana e pensiero moderno, tra fede cristiana e liberalismo, alla questione della libertà religiosa. Ratzinger è stato protagonista del Concilio e il suo pontificato è tutto segnato dal desiderio di attuare il grande mandato del Concilio, fare incontrare Cristo in modo persuasivo, esistenziale, per usare un termine caro alla cultura contemporanea, all’uomo di oggi. Comunicando in forme e modalità nuove il patrimonio della tradizione. A questo modo di intendere il Concilio si oppongono coloro che, come i lefebvriani, vedono in esso un infausto abbandono della tradizione o coloro che, come i progressisti, una felice, ancorché incompiuta, rottura. Due modi antitetici di concepire la tradizione, ma accomunati dall’incapacità di comprendere la dinamica di crescita di un organismo vivente,

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Agorà

Le polemiche seguite alle recenti dichiarazioni del Pontefice hanno portato a un vivace dibattito all’interno del mondo cattolico e non solo, a cui Ticinosette ha preso parte con l’intervento di Roberto Roveda. Nella prospettiva di avviare una discussione aperta e costruttiva, pubblichiamo l’articolo di Maurizio Balestra, illuminante per comprendere l’essenza e gli obiettivi del pontificato di Benedetto XVI qual è la Chiesa, e di capire l’aspetto profondo, originale del cristianesimo. Il suo essere un avvenimento che sempre riaccade nel presente, come non si stanca di ripetere Benedetto XVI: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.” (Deus Caritas est, 1)

Allargare la ragione In questo orizzonte si colloca l’invito del Papa ad allargare la ragione. Invito non nei termini della tradizionale polemica anti-moderna (“Quello che nello sviluppo moderno dello spirito è valido – ha sottolineato il Papa a Regensburg – viene riconosciuto senza riserve: tutti siamo grati per le grandiose possibilità che esso ha aperto all’uomo e per i progressi nel campo umano che ci sono donati”) ma come sollecitazione critica a scoprire un uso della ragione non bloccato da chiusure e riduzioni. “Il coraggio di aprirsi all’ampiezza della ragione, non il rifiuto della sua grandezza”. Una ragione che si apre a tutta la realtà, considera profondamente razionali le domande sull’uomo e il suo destino, verifica l’effettiva capacità di spiegazione delle ipotesi. In questo senso l’invito del Papa è molto moderno. Grandi filosofi del Novecento (pensiamo a Bergson, Husserl, Heidegger) hanno riaffermato le esigenze profonde della ragione mentre la riflessione contemporanea ha messo in evidenza la forza e i limiti della conoscenza scientifica. La riflessione del Papa si colloca dunque all’interno della parabola del pensiero moderno. Essa mostra i pericoli di una razionalità ridotta al solo modello matematico e scientificosperimentale: “È questa una condizione pericolosa per l’umanità: lo constatiamo nelle patologie minacciose della religione e della ragione – patologie che necessariamente devono scoppiare (pensiamo agli effetti perversi del fondamentalismo religioso), quando la ragione viene ridotta a tal punto che le questioni della religione e dell’ethos non la riguardano più” (discorso di Regensburg, 2006). Ma liberare la scienza dalle strumentalizzazioni filosofico-scientiste ne esalta ancor più il valore.


La sfida della libertà Il tema della libertà è particolarmente caro alla cultura moderna. L’insegnamento del Papa mostra l’intimo legame tra cristianesimo e libertà: Dio ha creato l’uomo libero e non ci può essere nessun riconoscimento della verità e adesione a essa senza libertà, vale a dire senza un coinvolgimento profondo dell’io. Qui sta il fondamento irrinunciabile della libertà religiosa e di coscienza. Nello stesso tempo il Papa non tace la minaccia che dall’interno corrode la libertà: il divorzio tra libertà e verità. Ma di

fronte a una mentalità che esalta la libertà come illimitata soddisfazione di desideri, Benedetto XVI non si limita a opporre dogmaticamente una dottrina giusta. Invita a usare la ragione, a osservare la realtà, a riflettere sulle conseguenze di un simile modo di intendere la libertà: solitudine, violenza nei rapporti, profonda insoddisfazione e infine spegnimento del desiderio. Ma sopratutto sollecita i cristiani a vivere e a testimoniare una autentica esperienza di libertà, capace di affascinare. Solo ciò che suscita una vera attrattiva umana è in grado di muovere e convincere. Non diversamente è nato il cristianesimo. Dentro questo orizzonte si colloca la riflessione sulla laicità. Si tratta, per il Papa, di riscoprire una concezione autenticamente liberale della laicità: non programmatica esclusione dell’esperienza religiosa dalla vita sociale e culturale, ma capacità di ascoltare e valorizzare, nel dibattito pubblico, tutto ciò che essa può offrire alla comprensione dell’uomo e dei suoi bisogni in una società plurale.

Nessuna paura dunque del pluralismo religioso e culturale e nessun disegno di “egemonia” politico-ecclesiastica. Da qui l’intenso dialogo con esponenti di punta del pensiero liberale (Habermas, Pera) pensosi circa le sorti della democrazia.

La lettera del Papa

» di Maurizio Balestra; illustrazione di Micha Dalcol

Il cristianesimo implica la ragione (San Paolo già nella lettera ai romani parlava di “culto razionale”) e continuamente la stimola ad aprirsi a nuove possibilità, come documenta la storia della civiltà europea, dall’incontro con la razionalità greca in avanti. Il Papa ha evocato, in modo assai suggestivo, questo potente stimolo del cristianesimo allo sviluppo della ragione e della cultura nel discorso (settembre 2008) a Parigi al Collège des Bernardins.

La recente lettera del Pontefice ai Vescovi, oltre a chiarire con grande lucidità le ragioni e la portata della revoca della scomunica, rivela in modo commovente il cuore del Papa, la sua umile libertà di spirito, il suo dolore per le incomprensioni, il rapporto così prezioso con gli ebrei e ridice “la priorità che sta al di sopra di tutte, rendere Dio presente in questo mondo”, un Dio incarnato il cui nome è “misericordia”, che si manifesta attraverso “l’unità dei credenti”. E solo la misericordia, amorosa provocazione alla libertà, può realmente muovere il cuore dell’uomo e continuamente far fiorire la speranza. Non una Chiesa che brandisce la Verità contro la carità ma che testimonia la Verità nella carità.


Il “Cristo in scurto”

su una lastra di pietra, pronta all’unzione prima di essere deposta nel sepolcro, alla maniera ebraica. Mi interessa la carnalità Compianto sul Cristo morto di Andrea Mantegna (1431-1506), Pinacoteca di questo corpo, quei muscoli da uomo di di Brera, Milano. fatica che mi fanno immaginare Gesù che lavora di martello e pialla nella bottega paA sorprendermi sono in- La sua storia, per noi, cominterna. Veramente, nel Cristo del Mantegna nanzitutto le dimensioni, 80 cia nel dicembre del 1806 “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in centimetri per 68… ridotte, quando il nobile milanese mezzo a noi” per usare le parole dell’evanun dipinto non molto più Giuseppe Bossi ne parla in gelista Giovanni. Probabilmente Mantegna, grande di un giornale aper- una lettera inviata al grande pittore, incisore, prima di tutto uomo di to. A vederlo sui libri d’arte scultore Antonio Canova. bottega sentiva vicino questo Cristo, così il Compianto sul Cristo mor- Soprattutto non sappiamo lontano dai corpi impalpabili di divinità del to, lo scorcio in prospettiva come Mantegna riuscì a reMedioevo, uomo di lavoro e non esangue più celebre del Quattrocento alizzare l’ardito scorcio prostudioso che ha trascorso la vita sui libri o italiano, mi aveva sempre spettico che caratterizza il in preghiera. dato l’impressione di essere corpo del Cristo, un capolaMa il Compianto non si esaurisce nella un’opera gigantesca, enorme, voro di illusione visiva che figura principale. Ora l’occhio si sposta capace di occupare un’intera ci consente di osservare la sui dettagli, sul realismo del sudario che parete. Ora di fronte a me, figura per intero come non ricopre il corpo morto, su quelle pieghe nella sala della Pinacoteca di sarebbe possibile seguendo le che paiono scolpite nel marmo più che Brera, faccio fatica a riscopri- regole della prospettiva tradiopera di pennello. Proprio incise con un re quella grandiosità, quella zionale. Ci ritroveremo con punteruolo sono le ferite della crocifissiopotenza ipnotica che avevo degli enormi piedi in primo ne, cosi vere, così “scavate” da avvertire la riconosciuto nelle foto e che piano e un corpo molto più voglia di infilare un dito a guisa di novello rimbalzava nelle parole di piccolo! Non a caso, quindi, san Tommaso. chi aveva visto il quadro dal Giorgio Vasari (1511–1574), E straordinarie sono le figure sulla sinistra vero prima di me. biografo di pittori, del maedel Cristo, di un dolore umano e disperato, Poi l’illusionismo di Mante- stro veneto diceva “mostrò così lontano da ogni simbolismo iconogragna prende il sopravvento costui col miglior modo cofico. Un figura femminile che manifesta il e il “Cristo in scorcio”, il me nella pittura si potesse suo dolore senza ritegno, in alto, in basso “Cristo in scurto”, come pro- fare gli scorti delle figure al san Giovanni con le mani giunte in preghiebabilmente lo chiamavano di sotto insù, il che fu certo ra, la preghiera di chi sta chiedendo a Cristo i contemporanei di Mante- invenzione difficile e capricstesso di dargli un segno, di dimostrargli gna, rinnova il suo fascino, ciosa”. Mentre sono di fronte che la morte non ha ancora una volta, in modo certo appariscente e palese Presso la Pinacoteca di Brera di Milano è vinto e che la sua feeppure così impalpabile, così visibile l’opera con cui Andrea Mantegna in- de in lui ha avuto un senso, che la disperamisterioso. terpretò con grande virtuosismo illusionistico zione non ha senso. E l’enigma è insito nel capolavoro del maestro vicentino, la prospettiva tradizionale, rivoluzionando al Poi, al centro, Maria un’opera famosissima di cui, contempo i canoni dell’iconografia religiosa chiude questo trittico del lutto. Invecchiata, incredibilmente, sappiamo con le rughe della vita sul viso e sotto gli assai poco: non conosciamo al dipinto, però, tutto questo occhi, in lacrime con il fazzoletto in mano l’esatta data di realizzazione “non sapere” mi pare quasi appare una madre come tante di fronte al – forse tra il 1470 e il 1480 un vantaggio. Mi importa figlio morto, in una paese qualunque, in un ma i critici ne discutono da poco delle tecniche di pittempo qualunque. Il dolore si fa universale, oltre un secolo –, non sappia- tura e della storia dell’arte. condivisibile, profondamente nostro anche mo per chi fu realizzato né a Mi interessa questa figura a duemila anni di distanza. chi è in seguito appartenuto. terribilmente umana distesa

» di Roberto Roveda

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Simone Facchinetti, Alessandro Uccelli I Mantegna di Brera Mondatori Electa, 2006 La storia dei dipinti di Andrea Mantegna nella Pinacoteca di Brera a Milano, dagli inizi dell’Ottocento ai giorni nostri, con particolare attenzione alle vicende e alla fortuna del Compianto sul Cristo morto.

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Arti

Libri


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Scienza

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Le parole del frate barnabita Ermenegildo Pini (1739–1825) ben sintetizzano l’interesse dei primi naturalisti per un particolare tipo di roccia del Ticino settentrionale. Descrivendola egli pone al primo posto il colore: questa roccia

posizione di questa roccia, il che significa andare sul terreno, raccogliere un campione rappresentativo e determinarne i minerali costituenti. I reperti provenienti dalle località menzionate risultano composti in prevalenza

“La Val Maggia situata nei contorni del San Gottardo somministra diverse curiose pietre, tra le quali è quella che sono per descrivere. È questa candidissima di colore, arenosa nel tessuto, e fragile in modo, che tra diti facilmente si stritola” da un unico minerale: la dolomite, un termine che ci ricorda il magnifico complesso montuoso delle Dolomiti, i cosiddetti “monti pallidi”, anch’essi costituiti dal medesimo minerale, il cui nome è stato scelto per celebrare il geologo francese Déodat de Dolomieu (1750-1801). Sempre in tema di nomenclatura, una roccia costituita in prevalenza da dolomite viene detta dolomia. Il nostro oggetto misterioso ha

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non solo è bianca, è “candidissima”. Eccola quindi risaltare nel paesaggio roccioso delle nostre montagne, dominato da tinte generalmente più scure. Ma che cosa si nasconde dietro a questi colori contrastanti, qual è l’origine della curiosa roccia bianca che possiamo ammirare in più punti del territorio come al Lucomagno, alla Greina o al Campolungo? Per risolvere l’enigma è necessario conoscere la com-

Il filo d’Arianna di un mare scomparso

Rocce bianche e nere giustapposte, frutto misterioso di una lunga storia

ora un nome; per il cognome diciamo che appartiene a una famiglia di rocce ricche di carbonato di calcio (dette quindi “carbonatiche”), tra le quali la più diffusa è il calcare. La dolomia si differenzia da quest’ultimo unicamente per la presenza di un altro elemento chimico, il magnesio. Calcare è un termine familiare, per molti però è solo sinonimo di fastidiose incrostazioni nella lavastoviglie o nei rubinetti di casa. A ogni modo, il fatto di essere spesso associato all’acqua ci aiuta a capirne l’origine. Il calcare è una roccia sedimentaria e si forma quindi per deposizione e consolidamento di materiale detritico sul fondo del mare. La composizione e le caratteristiche del materiale detritico sono molto variabili (sabbia, argilla, ghiaia, resti organici) e di conseguenza si formano tipi di roccia diversi. Nel caso del calcare (e di tutte le rocce carbonatiche) sono di grande importanza gli elementi provenienti dall’attività biologica. Molti esseri viventi sintetizzano infatti il carbonato di calcio per costruirsi un guscio o uno scheletro, o sono addirittura in grado di edificare direttamente delle strutture mineralizzate dando origine a vere e proprie scogliere (per esempio, i coralli). Dopo la morte e la decomposizione delle parti molli, i resti mineralizzati (gusci o scheletri) degli organismi si accumulano sul fondale marino. Col passare del tempo, milioni di anni, il loro spessore aumenta e il sedimento subisce un lento processo di consolidamento e cementificazione che porta alla formazione della roccia calcarea. Tutti questi processi biologici sono preponderanti in ambienti marini con acque calde e poco profonde, condizioni che troviamo ai Tropici, la principale “fabbrica” di calcare del pianeta Terra. Anche la roccia bianca presente nelle montagne ticinesi, essendo ricca di carbonato di calcio (e magnesio), deve essersi formata in ambiente marino; resta ora da chiarire come sia giunta a quote non propriamente marittime. Infatti, se il progressivo smantellamento di qualsiasi montagna a opera dell’erosione è un fatto assodato – come canta Bob Dylan nella splendida Blowin’ in the Wind “Quanti anni può esistere una montagna prima di essere spazzata fino al mare?”–, il percorso inverso appare ben più intrigante. Come può un fondale marino venir spinto verso l’alto per chilometri? La spiegazione risiede nel dinamismo del pianeta Terra, una sfera incandescente dal guscio roccioso spezzettato i cui elementi costitutivi, i continenti, sono in perenne movimento. Enormi placche rigide che interagiscono tra di loro e, scontrandosi, danno origine alle catene montuose. Un processo geologico lento, le cui velocità sono di pochi centimetri all’anno, ma che si


Luci ed ombre su ciò che resta di un basso fondale tropicale (altopiano della Greina)

che importanti (centinaia di metri) del livello del mare. Abbiamo però bisogno di acque calde, perché sappiamo che è in quel particolare contesto ambientale che si trova la principale “fabbrica” del calcare. La regione alpina doveva quindi trovarsi molto più a sud, ai Tropici; come detto il tempo per viaggiare non manca. Per milioni di anni prosperano nell’acqua turchese molti organismi, le conchiglie si depositano sui bassi fondali. Un lungo periodo di tranquillità seguito da una nuova fase, nel corso della quale il mare si fa sempre più profondo fino a divenire un vero bacino oceanico. È il progressivo allontanamento di due masse conti-

nentali a generare questo “fossato”. A un certo punto il meccanismo muta, i due continenti invertono la rotta e pian piano entrano in collisione. Un immane scontro al rallentatore in grado di schiacciare, piegare e trasformare tutti i sedimenti spingendoli poi verso l’alto, a costituire parte delle nostre montagne. In questo groviglio di rocce, le bianche e sottili vene di dolomia non sono che i pochi scampoli dell’antico fondale tropicale. Dopo tanti cambiamenti, la roccia subisce ora gli effetti dell’erosione e la sua disgregazione origina una sabbia bianca simile allo zucchero, quasi a volerci ricordare la sua remota origine.

Sicuri di non poter pagare meno tasse con la formula previdenziale giusta?

Scienza

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Antognini » difotoMarco » di Giosanna Crivelli

rivela in tutta la sua grandezza quando viene inserito nella giusta prospettiva temporale. Un movimento di un solo centimetro all’anno si traduce in 10 chilometri in un milione di anni! La nostra roccia bianca ha un’età di circa 250 milioni di anni, per cui ha avuto modo di percorrere molta strada, un impressionante viaggio nello spazio e nel tempo da riassumere in poche righe. Proviamo quindi a pensare all’attuale regione alpina come a una vasta distesa continentale. Un territorio pianeggiante che progressivamente viene ricoperto dall’oceano. Un fenomeno abbastanza frequente nella storia della Terra, che è costellata di variazioni an-


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tipo: questa mattina è assente perché è stato poco bene tutta la notte, come ha raccontato al collega di scrivania, oppure perché ieri sera si è sballato, come racconta agli amici su Facebook? –, lo steso “capo” sicuramente non manifesterà troppo entusiasmo di fronte all’idea di vedere il lavoro arretrato accumularsi sulle scrivanie dei propri dipendenti perché questi, invece di concentrarsi, passano il proprio tempo a commentare le foto di seconda media dei loro vecchi compagni. E così, per limitare quello che gli statunitensi chiamano cyberloafing, l’oziosa attività online durante l’orario lavorativo, si blocca o si limita l’accesso a questi siti. Ma nelle mani delle aziende alcuni di questi siti diventano

direttori generali e così dicendo… Un network sicuramente molto molto esclusivo: l’iscrizione viene attentamente vagliata e in media la metà dei candidati è giudicata non degna di entrare nel gruppo degli eletti. Ma di che cosa discutono, questi boss? Non è dato saperlo ma, secondo la società che ha lanciato questo servizio, l’idea è confrontarsi, scambiarsi consigli e utili informazioni… non certo perdere tempo tra vecchie foto e nuovi amichetti. Nessun commento su quanti soldi si sono persi negli ultimi mesi, perché si sono seguiti i consigli della chiromante invece di quelli del consulente finanziario, e nemmeno costruttivi confronti su quale amministratore delegato abbia licenziato più dipendenti nell’ultimo mese. Piuttosto riunioni, scambi di opinioni, discussioni… perché, finalmente, anche i manager si sono convinti – o si stanno convincendo – della bontà della conoscenza diffusa e della libera circolazione delle informazioni tra le persone. Come dire, anche i “quadri” ora si fanno più umani e il gioco della conoscenza virtuale diventa un virus in grado di contagiare proprio tutNemmeno i “capi” hanno resistito alla ten- ti… speriamo almeno tazione di aprire una comunità virtuale. loro siano in grado di resistere alle tentazioni Dal 2007 esiste infatti Meet the Boss, una del cyberloafing. Curiopiattaforma popolata da grandi menti capaci samente, con la crisi (forse) di rilanciare l’economia… o almeno economica, gli iscritti a Meet the Boss sono se stessi notevolmente aumenimprovvisamente un importati: sarà perché cercano nuovi modi per tante strumento di scambio di risollevare le sorti finanziarie della propria informazioni. Ne è un esemazienda o forse perché, non avendo niente pio Meet the Boss: nato nel di meglio da fare mentre aspettano l’arrivo 2007, “incontra il capo” è un degli aiuti statali, decidono di ammazzare social network dedicato agli il tempo chiacchierando un po’ con i loro amministratori delegati, ai omologhi di tutto il mondo?

» di Ivo Silvestro

Media

bili reti sociali sono certamente l’ultima grande rivoluzione (o moda) della rete. Rappresentano – come abbiamo più volte ribadito – un potenziale pericolo per la privacy degli utenti, pronti a mettere ingenuamente sulla piazza virtuale dati personali che nel mondo non virtuale rivelerebbero con difficoltà solo al migliore amico. Si racconta – fatto forse non vero ma comunque verosimile – di figli che apprendono su Facebook del divorzio dei propri genitori, esperienza certamente così poco edificante da far sembrava la rottura di una relazione via sms una divertente barzelletta. Ma tra i pericoli più subdoli vi è pure il “semplice” rischio di perdere del tempo: passare intere giornate ad aggiornare il proprio profilo online, cercare vecchi amici (se così si possono definire persone che non si sono più viste dalla terza elementare…), chiacchierare con loro di vacuità varie e sfidarli, di tanto in tanto, in discutibili giochi di abilità: del tipo, chi conosce più capitali europee? E chi è in grado di scovare più anagrammi in un minuto? Ma sul luogo di lavoro, se il “capo” può forse apprezzare la spontanea rinuncia alla privacy dei propri sottoposti – del

Derrick De Kerkhove Dall’alfabeto a internet. L’homme “littéré”: alfabetizzazione, cultura, tecnologia Mimesis, 2009 Internet sta cambiando il linguaggio e di converso l’uomo: una rivoluzione simile a quella avvenuta in passato con il passaggio dalla cultura orale alla scrittura.

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I social network: le indispensa-

Il capo cerca casa

Elaborazione grafica; Tecnica T7

Libri

Pierre Lévy Cyberdemocrazia. Saggio di filosofia politica Mimesis, 2008 Internet non è solo svago: in questo saggio il filosofo Pierre Lévy cerca di capire come sta cambiando la democrazia con l’avvento della grande rete.


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» di Gaia Grimani; illustrazione di Mimmo Mendicino

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Il mattino ha l’oro in bocca

cerchiamo all’esterno motivi di gioia, per poi troSalute varli dentro di noi. È lì che sorge la gioia, come è lì che nasce e vive la nostra pena. Noi abitiamo dentro e guardiamo fuori, dentro si prepara il nostro domani, ma anche il nostro oggi. Se sappiamo migliorare interiormente, possiamo migliorare la nostra sorte. Uno dei momenti determinanti della nostra giornata, per meglio cominciarla, è quello del risveglio. Ma non quello violento causato dalla sveglia che ci precipita bruscamente in un mondo di angosce e impegni, piuttosto il risveglio spontaneo, quello che ci può capitare in un mattino di domenica, quando ci crogioliamo a letto, usciti da un lungo sonno, ancora a occhi chiusi, in quello stato beato che è definito dormiveglia. È il dormiveglia, bene usato che ci consente di entrare nella “stanza dei bottoni” e da lì guidare positivamente la nostra giornata. È quello stato beato in cui non si dorme più, ma non si è ancora del

Piero Scanziani et al. Nella stanza dei bottoni Elvetica, 2005 Un manuale pratico che introduce alla tecnica della psychognòsis: una pratica per rendere la vita più gioiosa, il lavoro più produttivo e le relazioni personali più proficue e appaganti. Una guida per entrare nella fatidica “stanza dei bottoni” che risiede dentro ciascuno di noi.

dormiveglia badiamo bene a non interromperlo; teniamo le palpebre abbassate, senza badare ai suoni esterni, serrati in noi e nella nostra piacevole inerzia: solo così possiamo avviare l’esplorazione e la scoperta dei nostri spazi interiori. Questo è il momento della formula. Intuita da Emile Coué, collaudata da circa un secolo, tradotta in cinquanta lingue, se ben tutto svegli. Non si tratta di usata è potentissima: “ogni giorno, tutto mi una “perdita di coscienza”, va di bene in meglio”. La si può estendere ma piuttosto di un “camanche alla coppia o al gruppo, introdubiamento di coscienza” o cendo un ci al posto di mi; o renderla più meglio ancora di una “presa energica, aggiungendo ulteriori aspettative di coscienza”. Gli psicologi o anche ampliarla con l’aggiunta finale di anglosassoni lo chiamano un “grazie”. A chi e perché? A chi vi pare: zone of no effort, zona senza a Dio, a un santo, al destino, al caso. Rinsforzo, quasi senza peso nelgraziare è spalancare la nostra anima alla la quale ci si può muovere gratitudine e così aprirla alla discesa d’una in ogni senso e nella quale forza sovrastante e benefica, evidente. Il si possono introdurre delle nome non conta, conta la reale efficacia. suggestioni positive in grado Non ha importanza se si hanno dubbi sul di influire sul corso della valore della formula: al principio la certezza nostra giornata. Per cattunon è necessaria e neppure la fiducia. Non rarlo, dobbiamo però sottoimporta se ci sentiamo increduli e negativi stare ad alcune regole: niente o se siamo convinti che “tanto non cambiesveglia o al più quelle che rà niente”. Consideriamo la ripetizione deldiffondono una musichetta la formula soltanto come una curiosità o un soave e sommessa; niente gioco, come un esperimento o un tentativo. Va bene lo stesso: non Svegliarsi non è cosa da poco. Lo facciamo occorre la persuasione, tutti i giorni quasi inconsapevolmente ma basta la ripetizione per ottenere un risultato forse ignoriamo che con qualche piccolo sug- che ci persuaderà da gerimento possiamo migliorare nettamente il sé. Per trenta mattine, corso e la qualità della nostra vita al risveglio, ripetiamo come si deve la formusquilli dell’orologio, né trilla per 21 volte, magari aiutati da una cordili del telefono, né bussare cella con 21 nodi che ci saremo preparati alla porta. Evitiamo di gete che terremo accanto al letto, in modo da tare bruscamente la nostra poterla trovare al risveglio allungando la coscienza fuori dal sonno, mano, senza dover riaprire gli occhi. Dopo precipitandola nella veglia; un mese e anche meno saremo nella “stanza una volta che ci troviamo nel dei comandi“.

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Tutti

Libri


» testimonianza raccolta da Gaia Grimani; fotografia di Igor Ponti

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Io non ho programmi né per la mia vita, né per l’attività. Ho scelto di spendere la mia esistenza nella ricerca in campo grafico, sia in tipografia che in rilegatura. La storia della tipografia è proprio questo: lo studio delle relazioni tra caratteri e il resto dell’attività umana: la politica, la filosofia, le arti e la storia delle idee. Questa ricerca può durare una vita, ma da subito si è dimostrata istruttiva e ricca di soddisfazioni. Mi auguro che si stia riscoprendo il valore del libro come insieme di contenuto, forma e rilegatura, perché ho naturalmente bisogno della complicità delle persone. In fondo si tratta anche di un Il ritratto di un editore che nella carta, oggetto che deve essere bello opportunamente scelta, riversa la sua da osservare, quanto piacevoprofonda passione per il libro. Un’avven- le da tenere fra le mani, quando lo si preleva dallo scaffale tura di conoscenza, in costante dialogo e si sfogliano le sue pagine, tra passato e presente apprezzando tutte quelle qualità che un libro dovrebbe ricordo una delle prime persosempre possedere. Credo che dal momento ne che entrò nella mia bottein cui l’editore-stampatore-rilegatore concega, quando ancora l’atelier era pisce e termina l’edizione, viene fusa un’opea Vacallo: si trattava di Cesara d’arte globale che nel nostro tempo così re Brustio, direttore generarazionale rappresenta una vera rarità. le della Rinascente, che aveAlla base di tutto questo c’é il sostegno delva una biblioteca personale la mia famiglia. Mia moglie Giuliana mi ha molto selezionata, ma dedicasempre aiutato anche nel lavoro e mi ha ta solo a tre temi: cavalli, fiodonato due splendidi figli, Roger e Manuel. ri, Milano. Me lo ricordo come Roger vive la sua autonomia come artista un grande intenditore di libri fotografo, mentre Manuel, xilografo, insegna e in generale del bello. Conobin una scuola media. Tutti e due hanno frebi anche uno degli architetquentato prima il liceo artistico e poi l’Accati di Le Corbusier negli anni demia delle belle arti di Brera a Milano. I figli Trenta a Parigi: era stato alliecollaborano alle mie pubblicazioni e anche vo di Paul Klee, di Kandinski Giuliana crea magnifiche carte colorate che e di Graf Dürckheim; si chiaarricchiscono spesso i miei libri. mava Alessandro Christen e a Credo che il fare bene i libri sia importante ogni visita in bottega portava anche per le prossime generazioni, un patricon sé lo spirito del Bauhaus monio essenziale. È un’attività che richiee di Le Corbusier. Si trovava de amore e dedizione. Nella nostra società bene da me perché mi diceva mancano le botteghe e mancano i maestri, che il mio atelier gli ricordava coloro che, anticipando la via che si vuole quelli del Bauhaus, che veniintraprendere, sono in grado di precorrere i vano gestiti in modo pressaptempi e trasmettere la conoscenza. Ritengo poco simile. che ciò sia un danno per la società: la perDalla passione per i libri dita dei luoghi dove un giovane può impaall’amore per realizzarli: il mio rare interrompe la trasmissione di sapere da lavoro di editore è un po’ paruna generazione all’altra. ticolare, si svolge senza proCertamente il lavoro, nel rafforzare il carattegrammi precisi, posso dire che re delle persone, contribuisce a formare una di tanto in tanto, inciampo in società di qualità di cui dobbiamo sentirci un progetto: un artista, uno parte, e all’interno della quale, con il mio scrittore viene, poi ci si conolavoro, sento di rappresentare un filo specifisce, si parla insieme e nasce co, necessario agli altri. L’essenziale è poi fare una nuova pubblicazione. le cose nel modo giusto, a regola d’arte.

Josef Weiss

Vitae

ono nato sul lago di Costanza, non lontano dalla Archemühle, dove nel 1584 Leonhart Straub, il primo stampatore di San Gallo, fondava la sua cartiera e tipografia. Ancora nutro un pò di nostalgia verso questo lago generoso, per me sinonimo dell’anima che nasconde tante cose, ne svela poche mentre molte restano misteriose e nascoste. Ho cominciato a lavorare a 15 anni: un martedì di Pasqua, 50 anni fa, mi è venuto a prendere il figlio del maestro di tirocinio con una Opel caravan grigia e sono partito da casa mia solo con una valigetta. La mia formazione professionale, prima da rilegatore e poi da grafico, si è svolta nella Svizzera orientale e il successivo perfezionamento a Salzburg e ad Augsburg. In un primo momento, mi sono trovato in un paese di montagna a svolgere l’apprendistato da rilegatore, frequentando anche la Scuola d’Arte di San Gallo. Una visita alla famosa Stiftsbibliothek di San Gallo mi ha veramente stupito e profondamente impressionato per l’accumulo di sapere e come manifestazione di una cultura millenaria. Lì ho contratto un bacillo che mi ha procurato una malattia inguaribile: l’amore per i libri e la conoscenza. Sin dall’infanzia sono stato un assiduo lettore e un appassionato di cultura in senso lato. I libri sono stati sempre i miei più fedeli amici. Ogni libro è un incontro che mi consente di percorrere la storia. Nel 1968 ho aperto uno studio grafico per conto di una ditta multinazionale della Svizzera orientale; si desiderava così essere più vicino al mercato italiano. Ma è nel 1981 che finalmente mi sono messo in proprio raggiungendo un traguardo molto desiderato: amo troppo la mia indipendenza per poter sottostare a qualsiasi istituzione. Gli incontri più belli non so se sono stati con i libri o con le persone. È difficile dirlo. Mi

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ROSSO, VETRO E METALLO

Monumentale e sicuramente funzionale, il nuovo polo fieristico di Milano progettato da Massimiliano Fuksas prevede spazi immensi, moderni, un poco artificiali. Attraversandoli a piedi, li si scopre però per nulla alienanti, un poco déjà vu e avvolti in un’atmosfera quasi familiare. Così quegli edifici ci offrono uno squarcio su una modernità di cemento, acciaio e vetro ormai parte del nostro patrimonio culturale ed estetico e per nulla estranea alla nostra quotidianità

Questo lavoro, iniziato nel marzo 2008, è stato realizzato con le ultime scatole in mio possesso di pellicole Polaroid Image, un formato ormai fuori produzione da tempo ma che a partire dagli anni Ottanta ha rappresentato non solo uno strumento tecnico ma anche una filosofia di comunicazione dell’immagine e di rappresentazione della realtà. Un omaggio all'incessante trascorrere della modernità. Reza Khatir

testo di Roberto Roveda; Polaroid di Reza Khatir


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■ Per chi è alla ricerca di soluzioni fantascientifiche o della modernità più sfrenata forse rappresenta una delusione. Nessuna stranezza architettonica stile quartiere degli affari di Hong Kong o di Kuala Lumpur, con edifici dalle strutture inclinate e attorcigliate a voler sfidare a tutti i costi la legge di gravità. Nessuna ipertecnologia fatte di porte che si aprono automaticamente modello “Guerre stellari”, schermi al plasma ovunque e ascensori iperveloci che rispondono a comandi vocali. Il nuovo polo fieristico di Milano punta piuttosto sulla razionalità delle scelte architettoniche, su un uso tradizionale degli spazi e dei materiali, sul costante richiamo a una modernità abituale e, in fondo confortante, perché riconoscibile. Forse si tratta di un’interpretazione romantica, ispirata dalle grandi travi portanti degli edifici, che fanno tanto Tour Eiffel con il loro metallo dipinto e i tanti bulloni, ma è come se Massimiliano Fuksas abbia voluto rendere omaggio nel suo progetto a quell’idea novecentesca di un progresso fatto di metallo, cemento e vetro, simboleggiato per decenni dalla vecchia Fiera di Milano.


UN SECOLO DI STORIA ALLE SPALLE La Fiera, quella nata nei primi anni del XX secolo assieme ai miti moderni della velocità, dell’industria e dell’elettricità, fino agli anni Ottanta del Novecento è stata uno dei simboli della modernità del capoluogo lombardo: ogni novità nazionale e internazionale trovava lì il suo palcoscenico ideale. Gli edifici fieristici occupavano – e in parte occupano ancora - gli spazi della zona nord-ovest di Milano, costeggiando il Corso Sempione che porta alle strade verso Varese, Como, i laghi lombardi e la Svizzera. Circa una ventina di anni fa ci si rese conto che gli edifici della vecchia Fiera cominciavano a essere angusti e poco adatti alle nuove esigenze. Inoltre la zona che li ospitava era un po’ troppo centrale e congestionata dal traffico per accogliere ogni anno decine di migliaia di visitatori. Era il momento di realizzare un nuovo polo fieristico, ma in Italia – e forse è così anche altrove – è difficile fare le cose bene al primo tentativo. In un momento in cui in tutte le metropoli si spostavano gli spazi fieristici all’esterno dei centri urbani, si scelse per i nuovi edifici di utilizzare l’area occupata dai vecchi stabilimenti della gloriosa Alfa Romeo, a poche centinaia di metri dalla vecchia Fiera. Quando furono inaugurati, nel 1997, i sei nuovi grandi padiglioni mostrarono quasi subito di essere grandi, ma non abbastanza per le esigenze moderne, più periferici, ma comunque in pieno centro urbano e comunque mal collegati alla metropolitana. La classica pezza – costosissima, per altro – che non risolveva il problema.

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FINALMENTE LA NUOVA FIERA DI MILANO Così in meno di un decennio i padiglioni fieristici degli anni Novanta si ritrovarono in pre-pensionamento, utili per eventi minori, ma ancora per quanto? Intanto, in tempi record, nasceva alle porte di Milano il vero, nuovo e finalmente moderno polo fieristico: Fieramilano. Inaugurata nel 2005, la nuova Fiera si basa su criteri di decentramento e di fruibilità: è completamente all’esterno del centro urbano milanese, tra i comuni limitrofi di Rho e di Pero, in una zona servita dalle autostrade per Torino e per Varese e Como. Per chi vuole servirsi, viceversa, dei mezzi pubblici sono state realizzate una stazione della metropolitana e una delle ferrovie statali. Questa estrema “fruibilità” è sicuramente la prima cosa che colpisce nel nuovo polo fieristico. L’altro elemento immediatamente percepibile è la monumentalità, l’enormità degli spazi occupati, enfatizzata dai numeri: otto padiglioni che mettono a disposizione 345.000 metri quadrati lordi espositivi coperti e 60.000 all’aperto. Parcheggi con complessivi 17.000 posti auto. Effettivamente attraversare Fieramilano da una parte all’altra, “pedibus calcantibus”, insomma a piedi, richiede quasi un'oretta. Sicuramente qualcosa di più se si fa il percorso con il naso in su e guardandosi attorno. E ne vale la pena perché gli edifici della nuova fiera offrono sensazioni e scorci inaspettati.


IL NOSTRO “FUTURO” ABITUALE Se non si ha troppa voglia di camminare si può usare il Ponte dei Mari, il percorso pedonale meccanizzato in quota che sovrasta il viale a livello terra e collega il primo piano degli otto padiglioni. Mentre i lenti tapiruland si muovono la sensazione è che gli spazi siano ampi e funzionali, i servizi offerti tanti, tra sale stampa, internet, uffici informazioni, negozi, ristoranti e bar. Eppure non ci si sente in un mondo alieno e neppure alienante, in un futuro così avvenieristico da sembrare estraneo e sorprendente. Forse è la sindrome da abitudine ai centri commerciali, con gli spazi tutti “pieni”, le scale e gli ascensori che uniscono i diversi moduli come in un gigantesco alveare senza soluzioni di continuità ma la nuova fiera ha molto di familiare e di “gia visto”. È la stessa impressione che si ha arrivando: ci si accorge che le strutture non stonano affatto con il paesaggio circostante di raccordi autostradali e di zone industriali risalenti agli anni Sessanta e Settanta. E questa estetica post-industriale non stride poi così tanto dentro di noi, forse perché un poco ci fa sentire a casa, in un panorama urbanizzato e antropizzato conosciuto e a cui siamo ormai assuefatti.

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COME IN SCATTI DI POLAROID Le brochure informative parlano di strutture all’avanguardia eppure il gusto degli edifici è un poco retrò, come nelle vecchie foto Polaroid, con i grandi blocchi squadrati dei padiglioni che ricordano le architetture a vetri, metallo e cemento armato, avveniristiche negli anni Sessanta e oggi del tutto normale e superate. Quello di Fieramilano è un po’ il futuro come lo immaginava un B movie di fantascienza degli anni Cinquanta. In spazi come questi ci avrebbe sicuramente portato il teletrasporto in un episodio della serie classica di “Star Trek”. E guardandosi in giro i rimandi sono a immaginari ancora più lontani nel tempo, come nelle piccole sale riunioni che costeggiano il camminamento in quota e tanto ricordano i dischi volanti modello la “Guerra dei Mondi” di H.G. Welles. Lunghi pilastri di metallo le tengono sospese dal suolo e le fanno assomigliare a giganteschi granchi dalle lunghe gambe usciti dalla fantasia di Jules Verne e dal suo “Viaggio al centro della Terra”. Mentre il tapiruland ci conduce verso la fine del tragitto, rimangono negli occhi le linee squadrate, le forme curve senza eccessi a modellare il tetto di vetro e metallo che ricopre tutto, i colori che rifuggono allo sgargiante e si rifugiano nei grigi, nei neri, nei cromatismi dei metalli e nel verde acquatico delle vetrate. Qualche punto di rosso c’è a creare un senso di diversità in un totale che rimanda volutamente alla realtà, ai colori dei capannoni dell’hinterland milanese, del catrame e all’asfalto delle strade, del verde un poco soffocato delle poche campagne rimaste, fino a confondersi con il grigio abituale del cielo di Milano ■

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di Ulrico Gonzato

Appartengo alla generazione “che i pomeriggi si andava in strada a giocareâ€? con gli amici. Poi, la sera, rincasavo sporco e sudato e, mentre consumavamo la classica merenda preparata dalla nonna, guardavo i cartoni animati in quello scatolone radioattivo sulla mensola di casa‌ Ve li ricordate?

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Siore e Siori… concludiamo

La tec ecno nolo logi gia gi a pi più ù pe perf rfor rf orma or mant ma ntee ri nt rima mane ma ne sen enza za omb mbra ra di dub ubbi bio o qu quel ella el la al pl plas asma as ma, ma i con ma onsu sumi su mi e i cos osti ti,, ti unit un itam it amen am ente en te all ll’e ’evo ’e volu vo luzi lu zion zi onee mi on mira rabo ra bola bo lant ntee de nt dell ll’L ll ’LCD ’L CD,, CD lo han anno no ric icol ic ollo ol loca lo cato ca to in un ang ngol olin ol ino, in o, da pa part rte. rt e. A l punt pu nto nt o ch che st sta a pi pian an pia iani nino ni no spa pare rend re ndo… nd o… l’L ’LCD CD,, CD inve in vece ve ce,, fa da pa ce padr dron dr onee e ne on neii mo mode dell de llii pi ll più ù co cost stos st osii os ragg ra ggiu gg iung iu ngee un ng una a qu qual alit al ità it à e un una a lu lumi mino mi nosi no sità si tà sem empl plic pl iceic ement me ntee st nt stra raor ordi or dina di nari na ria. ri a. L’O ’OLE LED LE D fa inv nvec ecee ca ec capo poli po lino li no da die ietr tro tr o l’ l’an ango an golo go lo, in att lo ttes esa es a di nuo uovi vi mar argi gini gi ni di svil sv ilup il uppo up po. È tu po tutt tto… tt o…?? Ok o… Ok,, av avet etee ra et ragi gion gi one: on e: il tu tubo bo catodi to dico di co sta rit itor orna or nand na ndo nd o ma min inia iatu ia turi tu rizz ri zzat zz ato, at o, nas asco cost co sto st o diet di etro et ro i pi pixe xel dei f ut xe utur urii su ur supe perp pe rper rp erfo er form fo rman rm anti an ti SED ED.. .... ..

Tend Te nden nd enze en ze


Il Sole transita nel segno dell’Ariete dal 21 marzo al 20 aprile Elemento: Fuoco - cardinale Pianeta governante: Marte Relazioni con il corpo: testa, cervello Metallo: ferro Parole chiave: dinamicità, individualismo, concretezza

» a cura di Elisabetta

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ariete

bilancia

Fino all’11 aprile la vostra vita affettiva godrà di un ruolo di primissimo piano. Il vostro cuore arderà ferocemente di passione. Chi è single, non faticherà affatto a trovare la giusta compagnia. Opportunità professionali intorno al 9 aprile.

Vita affettiva in subbuglio per i nati nella prima decade. Fino all’11 aprile sarete sottoposti al moto retrogrado di Venere, e quindi ogni vostra emozione tenderà a uscire allo scoperto. Tra l’8 e il 9 aprile la Luna sarà oltretutto di transito nel vostro segno.

toro

scorpione

Grazie all’ingresso del 9 aprile di Mercurio nel segno del Toro potrete ricevere una notizia che aspettavate da tempo. State comunque attenti intorno all’11 quando la Luna si troverà in opposizione. Rischi di fraintendimenti con il partner.

Intorno all’11 aprile i vostri cieli saranno segnati dall’opposizione di Mercurio con la Luna. Un aspetto che avrà il potere di turbare il vostro equilibrio emotivo. Non fatevi agitare troppo da alcune parole in libera uscita del vostro partner.

gemelli

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Vita sentimentale in ascesa per i nati nella prima decade; fino all’11 aprile siete baciati dal moto retrogrado di Venere: passioni che tendono a riaccendersi, vecchi progetti che riprendono vita. Momenti di stress per i nati nella terza decade.

Novità affettive per i nati in novembre. Fino all’11 aprile Venere brillerà fortemente nel vostro cuore. Incontri sentimentali caratterizzati da passionalità ed erotismo. Calo energetico per i nati nella terza decade in conflitto con se stessi.

cancro

capricorno

Novità professionali per i nati nella terza decade favorite dall’esplosivo incontro tra Marte e Urano. I progetti più azzardati tendono a prendere piede e a realizzarsi rapidamente. Importanti opportunità provenienti da un paese estero.

Dal 9 aprile novità affettive per i nati nella prima decade portate dall’ingresso di Mercurio nella vostra quinta casa solare. Flirts e relazioni o con persone più giovani o con persone caratterizzate da un certo dinamismo mentale.

leone

acquario

Feroce ritorno di fiamma per i nati nella prima decade baciati dal moto retrogrado di Venere. Fino al 9 aprile occasioni di lavoro per i nati nella terza decade. Cercate comunque sempre di valutare il tutto con la dovuta chiarezza.

Grandi novità affettive. Fino all’11 aprile siete avvolti dal moto retrogrado di Venere. Possibili amori provenienti dal passato e vecchie passionalità riaccese da un improvviso fuoco. Piccole burrasche tra l’10 e l’11 aprile per i nati in gennaio.

vergine

pesci

A partire dal 9 aprile i nati in agosto potranno godere di una maggiore chiarezza di idee. Particolarmente vivaci, ma risolvibili le giornate tra il 10 e l’11 aprile caratterizzate da numerosi incontri. Evitate le persone troppo superficiali.

Marte e Urano in congiunzione, un’occasione da non perdere per i nati nella terza decade. Se volete dare una svolta alla vostra vita scegliete in base al vostro modo reale di essere. Evitate di stressarvi. Novità affettive per i nati di Marzo.

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La natura infuocata e appassionata dell’Ariete esprime a pieno l’esplosivo Sole di primavera e la rinascita dai simbolici inferi delle tenebre invernali, in una tensione volta al rinnovamento intero del cosmo. A tal riguardo Dante Alighieri scriveva: “Surge ai montali per diverse foci/la lucerna del mondo; ma da quella/che quattro cerchi giunge con le tre croci,/con miglior corso e con migliore stella/esce congiunta, e la mondana cera/più a suo modo tempera e sugella”. È quindi proprio nel segno dell’Ariete, nel periodo più favorevole dell’anno (“nel miglior corso”), che il Sole (“la miglior stella”) impronta e plasma con la sua potenza vitale la materia del mondo (“la mondana cera”). Un’energia potente e pericolosa che racchiude il principio dell’impulso originario nella sua spinta più pura. Come l’alchimista, all’inizio della sua opera (opus circolatorium), il Sole in Ariete avvia ogni ciclo vitale. Tenace e temerario, al pari di Marte, dio guerriero, il nato nel segno manifesta un costante impulso energetico a cui però fa da contraltare la tendenza a consumarsi nel sacrificio: analogamente al fiore primaverile che si estingue presto per dare seguito alla maturazione del frutto. Un aspetto forse in apparenza paradossale se collegato all’energia pura espressa dal segno. Ma in realtà, la primarietà dell’Ariete racchiude il suo stesso limite, espressione della sua dispersività e della sua tendenza all’abnegazione.

“… ma il poeta divin, citareggiando, del bellicoso Marte…”

Ariete


«Quando parla la buona tavola l’attenzione è assicurata.» Ivo Adam, cuoco famoso.

Fine Food. Per momenti speciali.


Âť illustrazione di Adriano Crivelli


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E mentre Ginia cercava di sorridere, continuò: “Sono contenta perché questa primavera sarò guarita. Quel tuo medico dice che mi ha presa in tempo. Senti, Ginia, al cinema non c’è niente di bello”. “Andiamo dove vuoi”, disse Ginia, “conducimi tu”.

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1. I sudditi di Alboino • 10. Pilotano aerei • 11. Mezza riga • 12. Patema, preoccupazione • 14. Il nome della Valli • 16. Si contrappone a ipo • 17. Il nome di Gnocchi • 18. Provoca allergie • 19. Sta per “vino” • 21. Gigari • 22. Grossolano • 26. L’ultima dell’alfabeto • 27. Incarto, fascicolo • 30. Osservare di nascosto • 31. Laurea • 33. Struzzo australiano • 34. Funzione trigonometrica • 36. Elogi - 38. È un’esperta con l’ago • 40. Fiore lilla • 41. Uno detto a Zurigo • 42. È vicino a Bioggio • 44. Associazione Sportiva • 46. La terza nota • 47. Lega ferrocarbonio • 49. Il Paradiso perduto • 51. Dittongo in Coira • 52. Temono il trac.

Orizzontali

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1. Noto film del 2007 di Andrea Malaioli • 2. Echeggia di belati • 3. Il Nichel del chimico • 4. Pianta ornamentale • 5. La fine della Turandot • 6. Gavitello • 7. Arbusto terapeutico • 8. È un economo • 9. Il mitico aviatore - 13. Il giorno trascorso • 15. Incapacità (pl) • 20. Blocco centrale • 23. Dittongo in poeta • 24. Sottomessa, soggiogata • 25. Salvò la fauna • 28. La fune di Tarzan • 29. Pari in scarto • 30. Lo lancia il naufrago • 32. Il fiume di Bottego • 35. Denti aguzzi • 37. Furioso • 39. Temporizzatore • 43. Ringhiera centrale • 45. Partita a tennis • 48. In mezzo al mare • 50. La prima nota.

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A quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 17. Al vincitore andrà in premio Via Beltramina 20 di Giorgio Passera, Armando Dadò editore, 2008. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 9 aprile a ticino7@cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano.

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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Il libro è la raccolta dei ricordi d’infanzia di un ultracinquantenne vissuto a Molino Nuovo, oggi uno dei Quartieri della Grande Lugano, forse quello che maggiormente ha subito i grandi stravolgimenti urbanistici legati allo sviluppo. Attraverso le immagini scritte di un ragazzo riemergono personaggi, luoghi, avvenimenti, istituzioni e situazioni a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento.

Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 17.

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La soluzione a Epigoni è: Un sogno americano di Norman Mailer (Mondadori, 1980).

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