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«Vaccino: distribuzione improbabile fino alla metà del 2021» Il parere del Professor Antonio Giordano
di Donato Di Stasio
Antonio Giordano, oncologo di fama mondiale e direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine di Philadelphia, è con ogni probabilità una delle più brillanti menti nel campo della ricerca medica. Un’eccellenza tutta italiana prestata agli USA, ma che non ha mai smesso di dedicare attenzioni e forze al proprio Paese. Il professor Giordano, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, ha contribuito a scavare affondo sulla questione legata alla Terra dei Fuochi e ai danni sul nostro organismo. L’abbiamo intervistato per capirne di più sul vaccino e sugli eventuali rischi. Professor Giordano, a che punto è la ricerca sul vaccino? «La pressione esercitata dalla malattia è consistente, ma non si possono sottovalutare tutte le fasi sperimentali necessarie a garantire l’efficacia e, soprattutto, la tutela della popolazione mondiale. Fortunatamente, la scienza sta facendo passi da gigante, riducendo i tempi da 3-5 anni a 12-18 mesi per ottenere un vaccino. Gli approcci più promettenti di vaccini si contano sulle dita, ma il fatto che i dati ottenuti da diversi gruppi vadano nella stessa direzione, rende gli stessi robusti e affidabili. L’Organizzazione Mondiale della
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Sanità sta attuando una serie di iniziative per accelerare lo sviluppo, sia a livello pubblico che privato, soprattutto per ottenere una produzione equa globale». Il Ministro Di Maio afferma che le prime dosi potrebbero arrivare in Italia già a fine anno. La convince quest’affermazione? «In America le prossime settimane vengono definite come le più buie. Ci sono vaccini in arrivo, anche se ad oggi non sono disponibili. Sempre negli USA, gli esperti di Sanità pubblica stimano che, anche se un vaccino sicuro ed efficace potrà essere disponibile verso gli ultimi mesi dell'anno, comunque la sua distribuzione diffusa non sarà possibile fino alla metà del 2021. Credo che lo stesso valga anche per Italia». A quali cittadini andranno destinate le prime dosi? «Si tratta di una emergenza sanitaria globale e sappiamo bene che il virus approfitta di noi umani per continuare a sopravvivere e diffondersi. Bisognerà senz’altro garantirlo prima alle persone fragili, affette da patologie croniche più o meno severe e, poi, estenderlo al resto della popolazione che, intanto, dovrebbe continuare ad osservare comportamenti responsabili. La capacità di distribuzione globalmente equa deve essere garantita prima del termine degli studi clinici». C’è il rischio di un “vaccino per pochi”? Ovvero il rischio che alcuni centri di potere possano speculare sul vaccino, limitandone la distribuzione nelle aree più povere del Pianeta. Cosa bisogna fare per evitare che ciò accada? «È nell’interesse di tutti far sì che il virus smetta di circolare. Lo stop è pertanto imprescindibile dalla vaccinazione totalitaria. Una task force di esperti a supporto dell’OMS dovrà garantire la disponibilità equa». Che giudizio ha dei famosi Dpcm di Conte ora che è in corso la seconda ondata? «I decreti Conte sono stati un toccasana per molte regioni di Italia, soprattutto per quelle più deficitarie a livello di sistema sanitario. Quello che occorre fare oggi, che forse si sarebbe dovuto organizzare prima, è potenziare la medicina territoriale per una assistenza più efficace non solo per le patologie covid-correlate ed attuare sistemi di identificazione dei positivi efficaci ed unitari». Da medico quale consiglio darebbe al Governo sulla tematica inerente il vaccino? «Ovviamente consiglio al Governo di non abbassare la guardia, il vaccino arriverà ma l’emergenza è attuale. Consiglio di regolamentare bene l’acquisto delle dosi e la relativa distribuzione, di evitare eccessivi ritardi come si sta verificando per il vaccino antiinfluenzale. Alcune regioni hanno provveduto tardi ad effettuare le necessarie gare di appalto per l’acquisto del predetto vaccino, pertanto, ad oggi, questo scarseggia. Per evitare sovraffollamento degli ospedali, ma soprattutto al fine di evitare il confondimento tra infezione da nuovo coronavirus e febbre stagionale sarebbe stato opportuno estendere ad una popolazione più vasta la vaccinazione».