Collana PerĂŹactoi Ideata e diretta da Vittorio Fiore n. 3 | Italiano/inglese Comitato scientifico Riccardo Dalisi Fabrizio Crisafulli Dorita Hanna Paolo Ruffini Luca Ruzza
Francesca Castagneto, Vittorio Fiore
REDUCE RECYCLE REUSE
Arti performative per il recupero dello spazio urbano Performing Arts to recover the urban space Presentazione di | Presentation by Roberto Meloni Prefazione di | Preface by Riccardo Dalisi Contributi di | Contributions by: Fernanda Cantone Rafael Casado Martínez Francesca Castagneto Edoardo Dotto Vittorio Fiore Luz Fernàndez-Valderrama Aparicio Antonio Herrero Elordi José Miguel Iribas Pietro Gaglianò Eva Luque García Amanda Martin Marìscal Salvo Piro Alfredo Rubio Diaz Paolo Ruffini Corrado Russo Carmelo Strano e degli studenti dei corsi | and of the students: Spazio Teatro 10/11 e Scenografia 11/12, Facoltà di Architettura di Siracusa; Projects 2 (gruppi 9, 11) 10/11, Escuela Técnica Superior de Arquitectura, Siviglia
“Spazio Teatro”, Convenzione Triennale tra Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto, Consorzio Universitario Archimede e Università degli Studi di Catania – Facoltà di Architettura con sede a Siracusa 2010/2013, 4CFU. Il testo è stato realizzato con il contributo del Consorzio Universitario Archimede. ISBN 978-88-6242-074-7 Prima edizione Italiana, Dicembre 2012 © 2012, LetteraVentidue Edizioni © 2012, Francesca Castagneto, Vittorio Fiore tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. L’ autore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare. Traduzioni italiano-inglese: Stefania Leonardi Book design: Raffaello Buccheri (Officina22) LetteraVentidue Edizioni S.r.l. www.letteraventidue.com Via Luigi Spagna, 50 L 96100 Siracusa, Italia
Indice
Contents
Presentazione Roberto Meloni
009
Presentation
Spazio Teatro: tiriamo le somme Vittorio Fiore
011
Spazio Teatro: let’s draw the conclusions
Teatro e riciclo Per una nuova metodologia dei sentimenti e dell’agire Riccardo Dalisi
015
Theatre and recycle For a new methodology of feelings and acting
Arti performative in spazi urbani Riciclo dei luoghi Francesca Castagneto
019
Performing arts in urban spaces Recycle of the places
Tra passato e futuro: arte, architettura, design Fernanda Cantone
029
Between past and future: art, architecture, design
Il riciclo: definizione_comportamenti Francesca Castagneto
037
The recycle: definition_behaviours
Riciclo per la scena: operare su testi, ri-utilizzare oggetti Vittorio Fiore
047
Recycle for the stage: working on plays, re-using objects
REDUCE_RECYCLE_REUSE
PERFORMANCE TRA ARTE E TEATRO
PERFORMANCE BETWEEN ART AND THEATRE
Stream, citazioni e riciclo Dentro e oltre il postmoderno: alcuni appunti, alcuni esempi Paolo Ruffini
061
Stream, quotes and recycling Inside and over the postmodern: notes and examples
Il riciclo: l’arte di cucinare con gli avanzi
073
The recycling: the art of cooking “the scraps” Francesca Castagneto: 3 questions to Carmelo Strano
077
Exploring the Classics Performing Arts between investigation and applications Vittorio Fiore interviews Corrado Russo
085
Focus on Art and Science in the Performing Arts
Francesca Castagneto: 3 domande a Carmelo Strano Esplora il Classico Arti performative tra ricerca e applicazioni Vittorio Fiore intervista Corrado Russo Focus on Art and Science in the Performing Arts Pietro Gaglianò TRA RECUPERO URBANO E DESIGN DEL RICICLO SPAZIO TEATRO | 2010-11
BETWEEN URBAN RECOVERY AND RECYCLE DESIGN
Dieci ipotesi sullo spazio pubblico Alfredo Rubio Díaz
091
Ten hypothesis about the public space
Spazio pubblico, spazio civico José Miguel Iribas
099
Public space, civic space
Due laboratori performativi in città del Mediterraneo: Siviglia/Siracusa Architettura “part time” Azioni e interazioni per lo Spazio Collettivo Luz Fernández-Valderrama Aparicio Rafael Casado Martínez Antonio Herrero Elordi Eva Luque García Amanda Martín-Mariscal
Two performing workshops in Mediterranean cities 107
Architecture "part time" Actions and interactions for the Collective Space
Installazioni nel mito di Leonia Materiali del workshop Spazio Teatro 2010-11 a Siracusa Vittorio Fiore
133
Installations in the myth of Leonia Materials of the workshop Spazio Teatro 2010-11 in Siracusa
Riusi cognitivi della città Performance urbana nei luoghi di Ortigia Salvo Piro
145
Cognitive reuse of the city Urban performance in Ortigia’s places
APPUNTI DI SCENOGRAFIA | 2011-12
NOTES OF SCENERY | 2011-12
Tra piano e spazio. Il disegno della “prospettiva solida” Edoardo Dotto
155
Between surface and space. The design of the “solid perspective”
Molteplicità di luoghi/unità di scena Vittorio Fiore
165
Multiplicity of places/unity of scene
Note biografiche
188
Biographies
Ringraziamenti | Thanks I curatori desiderano ringraziare | The editors would like to thank: il Consorzio Universitario Archimede, partner della Convenzione Triennale “SPAZIO TEATRO, i luoghi della scena” 201013, che ha sostenuto il corso “Spazio Teatro”, rendendo possibile la pubblicazione del presente testo, nelle persone di Roberto Meloni (presidente) e Gianluca Cannata (direttore) | the Consorzio Universitario Archimede, partner of the Triennal Convention “SPAZIO TEATRO, i luoghi della scena” 2011-13, that supported the course “Spazio Teatro”, making possible the publication of the present book, especially Roberto Meloni (president) and Gianluca Cannata (director); Marco Carniti, Linda Dalisi, Alessandro Chiti, ricci/forte, Scenapparente, Andrea Taddei, Matteo Tarasco, Piermario Vescovo, Fabrizio Vona, Annelisa Zaccheria e l'Archivio Multimediale del Piccolo Teatro di Milano per i materiali inediti forniti | for the original materials given; Corrado Russo, direttore artistico | artistic director, Teatro Vittorio Emanuele di Noto; Marco Elia e Salvo Piro per la loro preziosa presenza ai workshop | for their precious presence in the workshop; gli esperti, gli artisti, le compagnie e gli addetti ai lavori che hanno arricchito il ciclo di incontri | the experts, the artists, the companies and the operators who enriched the cycle of the meetings; gli autori, docenti della Facoltà di Architettura dell’ateneo di Catania con sede a Siracusa e della Escuela Técnica Superior de Arquitectura (ETSAS), Siviglia, per la loro disponibilità ed il loro contributo seminariale | the authors, teachers of Faculty of the Architecture of University of Catania with base in Syracuse and of the Escuela Técnica Superior de Arquitectura (ETSAS), Seville, for their being helpful and their seminar contributions; tutti gli allievi dei corsi: “Spazio Teatro” 2010-11, Scenografia 2011-12 e Projects 2 (gruppi 9, 11) 2010/11 per la passione profusa nei progetti | all the students of the courses: “Spazio Teatro” 2010-11, Scenografia 2011-12 and Projects 2 (gruppi 9, 11) 2010/11 for the passion put in the projects; Rosanna Leonardi e Antonella Corpaci, tutor del corso “Spazio Teatro”, per la collaborazione nell’organizzazione logistica, e nella redazione del blog: www.spazioteatro.blogspot.com | tutor of the course “Spazio Teatro”, for the collaboration in the logistic organization, and in the editing of the blog; Stefania Leonardi, per il paziente lavoro di traduzione | for the patient work of translation.
Presentazione
Presentation
Roberto Meloni*
“Spazio Teatro” è stata ed è una esperienza culturale che ha emozionato pubblico e "attori", che in questo caso sono allievi della Facoltà di Architettura con sede a Siracusa, oggi Struttura Didattica Speciale di Architettura dell’Università di Catania. Questa affascinante esperienza didatticoformativa di Teatro Urbano ha interessato gli studenti che hanno potuto affinare grande sensibilità nei confronti del teatro e dei luoghi ad esso destinati. I progetti presentati in questo volume derivano da un knowhow maturato nel corso di quattro anni -dal 2008 al 2012- in un percorso tra formazione e spettacolo, che si è perfezionato nel tempo su vari temi monografici nell’ambito delle arti performative contemporanee, creando collegamenti tra il mondo degli studi, quello del lavoro e la città. Gli obiettivi vanno al di là dello spettacolo teatrale nella dimensione della riqualificazione urbana. Mi auguro, e mi impegno, a portare avanti la collaborazione fra il Consorzio Universitario Archimede, la Struttura Didattica Speciale di Architettura di Siracusa e la Fondazione
“Spazio Teatro” has been and it is, indeed, a cultural experience that moved the audience and the actors, who, in this case, are the students of the Faculty of Architecture in Siracusa, today Struttura Didattica Speciale di Architettura of the University of Catania. This fascinating didactic-educating experience of Urban Theatre involved the students who could refine great sensitivity towards the theatre and those places meant for it . In this book, the introduced projects come from a knowhow reached in four years –from 2008 to 2012- through a path standing between education and plays, it improved during this time especially concerning several specific topics in the contemporary perfoming arts, creating links between the world of the studies, the world of the job and the city. The aims go over the performance in the theatre, they are related to the aspect of the Redevelopment of Urban Areas. I hope, and I fully commit to it, to carry on the collaboration between the Consorzio Universitario Archimede, the Struttura Didattica Speciale di Architettura of Siracusa and the Fondazione Teatro Vittorio Emanuele of 9
Teatro Vittorio Emanuele di Noto, nell'interesse esclusivo degli studenti e della loro crescita culturale nel territorio. Un ringraziamento al prof. Vittorio Fiore e a Corrado Russo, direttore artistico del Teatro di Noto, che hanno dedicato le loro forze ed esperienze alla formazione degli allievi. Augusta, settembre 2012 *Presidente del Consorzio Universitario Archimede, Siracusa.
10
Noto, only for the students and for their cultural growing process in the territory. A special thanks goes to the Professor Vittorio Fiore and to Corrado Russo, artistic director of the Theatre of Noto, who dedicated their strenghts and experiences to the education of the students.
Spazio Teatro: tiriamo le somme
Spazio Teatro: let’s draw the conclusions
Vittorio Fiore
Spazio Teatro. I luoghi della scena, convenzione nata tra la Facoltà di Architettura dell’Ateneo di Catania, la Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto ed il Consorzio Universitario Archimede, ha reso possibile in tre anni (2008-2011) la promozione di studi, ricerche ed attività didattiche e formative nel campo del teatro e più in generale delle arti performative, con una sperimentazione concreta e applicativa, veramente unica, con l’obiettivo non dichiarato di condurre ricerche ed elaborare progetti nell’ambito della riqualificazione urbana e dell’uso teatrale come strumento di recupero per spazi urbani ad alta valenza culturale o quartieri “deboli”. La scena urbana è stata ri-guardata come spazio teatrale, ripercorrendo a ritroso l’evoluzione del concetto di spazio scenico, ritornando all’esterno dell’edificio teatro, ai luoghi della rappresentazione, all’architettura come scena. Partire dalla città reale muove dalla volontà di allontanarsi dalle abitudini culturali della tradizione, applicando atti creativi all’immaginario dell’ambiente reale. Anche gli spettatori partecipano attori/osservatori, adattandosi ad una struttura urbana che
Spazio Teatro. I luoghi della scena, agreement born between the Architecture Faculty of the University of Catania, the Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto and the Consorzio Universitario Archimede, made possible in three years (2008-2011) the promotion of the studies, of investigations, of didactic and education activities in the theatre area, and, more in general, of the performing arts with a real and application experimentation. It is an experimentation truly unique for the undisclosed aim of carrying investigations and of elaborating projects in the redevelopment area and in the field of the use of theatre; where the theatre is considered as an instrument of recovery of those urban spaces with great cultural importance or of those “weak” districts. The urban scene has been re-considered as a theatre space, going backwards to see the evolution of the idea of the scenic space, going back to the exteriors of the theatre building, to the places of the representation, to the architecture as stage. Starting from the real city is due to the will of going far from the cultural habits of the tradition, applying 11
li accoglie insieme in un progetto comune. Le architetture reali collaborano con strutture flessibili e reversibili, a servizio di forme di spettacolo svincolate da schemi precostituiti, dove l’adattarsi segue le indicazioni di regia ispirate dal luogo, fondendo due spazi: palcoscenico e platea. L’attività didattica, si è esplicitata in questi anni attraverso l’integrazione di lezioni e workshop, organizzati dall’Università, coinvolgendo docenti sia della Facoltà di Architettura di Siracusa che esterni, architetti, operatori ed addetti del mondo teatrale, con incontri seminariali, organizzati dal Teatro Vittorio Emanuele, con artisti, esperti della cultura e della critica teatrale, e con spettacoli (Percorso Esplora), scelti tra quelli sperimentali contemporanei che superano gli schemi classici del teatro. Quest’apparato seminariale ha accompagnato gli allievi architetti ad una progressiva appropriazione delle teorie e delle tecniche teatrali, attraverso la trattazione del loro processo evolutivo fino ai più innovativi traguardi, collazionando e ricucendo i frammenti all’interno di un progetto culturale complesso, pur se sintetico, reso accessibile da un’attenta programmazione dei temi e degli incontri curata da una sinergia tra il Teatro e la Facoltà di Architettura. Quindi una esperienza concreta di progettazione per il teatro, con il duplice obiettivo: riqualificare gli spazi della città storica sperimentando forme di spettacolo innovative. Nel primo anno (2008-2009) gli allievi hanno curato progetti per un allestimento temporaneo per due spazi teatrali flessibili nel centro storico di Noto, il primo all’aperto –il Cortile del Collegio dei Gesuiti- il secondo al chiuso –la piccola chiesa ad aula unica di Santa Caterina- dove in entrambi i luoghi hanno ispirato e condizionato le scelte progettuali con configurazioni legate alle geometrie e alle suggestioni derivanti dallo spazio. (Cfr. 12
creative acts to the imaginary of the real space. Even the spectators take part in it as actors/observers, adapting to a urban structure that gathers them together in a common project. The real architectures cooperate with flexible and reversible structures, in service of ways of performing free from pre-established rules, where the adapting process follows the direction’s suggestions inspired by the place, blending the two spaces: stage and stalls. The didactic activity, has become explicit in these years through the lessons and workshops, organized by the University and involving teachers, including the teachers of the University of Architecture of Siracusa and the externals too; and involving architects, operators and experts of the theatre world, with seminar meetings, organized by the Teatro Vittorio Emanuele, with artists, experts of the theatre culture and critics, and with shows (Percorso Esplora), chosen among those experimental contemporaries that overcome the classical rules of the theatre. This seminar apparatus guided the studentsarchitects to a progressive appropriation of the theories and of the theatre techniques, through the investigation about their evolving until the more innovative goals, in a synthetic complex cultural project, made accessible by a careful programmation of the topics and of the meetings, programmation edited by a synergy between the Theatre and the Facuty of Architecture. So, a real experience of projecting for the theatre with a double aim: requalify the historic spaces of the city experimenting ways of innovative shows. In the first year (2008-2009) the students took charge of the projects for the temporary staging for two flexible theatre spaces in the historic center of the city of Noto, the first outside- the courtyard of the Jesuits’ Residence –the second indoor– the little church of Saint Caterina with only one room - where
V. Fiore, Spazio teatro. Luoghi recuperati per la scena, LetteraVentidue Edizioni, 2010). Nel secondo anno (2009-2010) l’allestimento prodotto dal workshop è stato per la scenografia di uno spettacolo itinerante “Gelsomino d’Arabia” di Antonio Aniante per la regia di Salvo Piro dove erano coinvolti anche gli allievi del Laboratorio Teatrale “Memorie” del Teatro di Noto; questo progetto di teatro urbano è stato messo in scena alla Graziella, un quartiere da recuperare in Ortigia, il centro storico di Siracusa, che ha dettato le regole insediative del progetto. (Cfr. V. Fiore, Tecnologie della finzione. L’effimero e la città, LetteraVentidue, 2011). Questo testo nasce dai seminari e dai workshop del corso Spazio Teatro 2010 - 2011; durante questo terzo anno, attraverso un gemellaggio con la Escuela Técnica Superior de Arquitectura –ETSAS- di Siviglia, si è lavorato sui temi che trasversalmente informano il topic di partenza: Reduce-Recycle- Reuse. Il design del riciclo è stato posto come approccio ad una progettazione ancora finalizzata a forme di teatro urbano, con il progetto di allestimenti per strutture ludiche temporanee che al contempo potessero svolgere un’azione di riqualificazione dello spazio urbano, convogliando e coinvolgendo l’abitante ed il fruitore in “luoghi-problema” della città di Siracusa; tali spazi saranno resi attraenti dalle installazioni, che costituiscono dei work in progress in cui lo scarto indigeno può continuare ad arricchire lo spazio, seguendo una regola individuata dal progetto. Un taglio prettamente performativo è stato attuato dal workshop conclusivo di Salvo Piro che, usando i corpi degli allievi come materiale riciclabile, ha creato istallazioni provvisorie, una sorta di gruppi scultorei percorribili nel loro interno, che entrano in relazione con il contesto architettonico-urbanistico catturando l’attenzione e l’azione dei presenti.
both the places inspired and influenced the project choices with configurations linked to geometries and to suggestions coming from spaces (Cfr. V. Fiore, Spazio teatro. Luoghi recuperati per la scena, LetteraVentidue 2010). In the second year (2009-2010) the staging come out from the workshop was for the scenography of an itinerant show “Gelsomino d’Arabia” by A. Aniante directed by Salvo Piro where even the students of the Theatre Laboratory of Noto were involved in; this project of urban theatre was put on stage in the Graziella, a district that was to be recovered in Ortigia, the historic centre of Siracusa, that dictated the installing rules of the project. (Cfr. V. Fiore, Tecnologie della finzione. L’effimero e la città, LetteraVentidue Edizioni, 2011). This text comes from seminars and workshops of the Spazio Teatro course 2010-2011; during this third year, through a twinning with the Escuela Técnica Superior de Arquitectura of Seville, we worked on topics that crosswise inform about the starting topic: Reduce-Recycle-Reuse. The recycle design was considered as an approach to a project aimed again to forms of urban theatre, with the staging project for temporary ludic structures that at the same time could have an action of redevelopment area, bringing and involving the inhabitant and the user in “places-problem” of the city of Siracusa; these spaces would be made charming by the facilities, that constitute some sort of work in progress in which the native waste can keep enriching the space, following a rule detected by the project. A cut strictly performing was given by the concluding workshop of Salvo Piro who, using the bodies of the students as recyclable material, created temporary installations, a sort of sculptural groups walkable inside, which get in relation with the architectonic-urban context catching the attention and the action of the standing people1. 13
Per tutto ciò ringrazio, in qualità di responsabile scientifico per la Facoltà di Architettura di Siracusa: la Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto ed il suo direttore artistico Corrado Russo, per l’intelligente ed innovativa ventata di idee sulle quali si è impostato il lavoro di questi anni e per le opportunità performative a cui hanno partecipato gli studenti; la Facoltà di Architettura che ha sostenuto l’inserimento nel quadro didattico del corso Spazio Teatro, come attività di tirocinio ed i molti docenti1 che hanno partecipato alle lezioni; il Consorzio Universitario Archimede, per il solido sostegno; gli studenti del corso, circa 100 nei tre anni, per la passione dimostrata, ormai radicata, per l’arte teatrale; gli esperti, gli operatori, i critici e gli artisti di grande spessore2 ospiti nelle nostre aule e alla Sala Dante del teatro di Noto in questi anni. La convenzione è stata rinnovata per altri due anni: la sfida 2011-2012, attualmente in progress ha coinvolto 50 studenti, spazia dal campo delle tecnologie mutimediali all’uso della luce applicate alla performance contemporanea, mettendo in scena nel maggio 2012, in tre importanti palazzi del centro storico di Noto, uno spettacolo basato su tecniche di videomapping, sotto la guida di Luca Ruzza (OpenLab Company): “Hortus Mirabilis. Lucigraphie per Noto”. Per il 2013 ... lo spettacolo non è ancora iniziato!
For all that I thank, as scientific responsible for the Architecture Faculty of Siracusa: the Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto and his artistic manager Corrado Russo, for the clever and innovative wave of ideas on which was based the work of these years and for the performing opportunities which the students took part in; The Faculty of the Architecture who supported the integration in the didactic framework of the course Spazio Teatro, as training activities and many teachers1 who took part in the lessons; the Archimedes University Society for the strong support; the students of the course more or less 100 in three years, for the deep-rooted passion for the theatre art; the experts, the operators, the critics and the artists of great importance2 guests alternated in our classrooms and in the Sala Dante of the theatre of Noto in these years. The convention has been renewed for another two years; the challenge 2011-2012, now in progress and concerning 50 students, goes from the multimedia technologies area to the use of light applied to the contemporary performance, putting in scene, in may 2012, in three important buildings in the historic centre of Noto, a show based on videomapping techniques, under the guide of Luca Ruzza: “Hortus Mirabilis. Lucigraphies for Noto”. For the 2013 ... the show hasn’t begun yet!
Siracusa, aprile 2012 1. Si ringraziano | Special thanks to: Rafael Casado Martínez, Francesca Castagneto, Isotta Cortesi, Riccardo Dalisi, Stefania De Medici, Marco Elia, Edoardo Dotto, Luz Fernàndez-Valderrama Aparicio, Antonio Herrero Elordi, José Miguel Iribas, Eva Luque García, Amanda Martin Marìscal, Marco Navarra, Francesco Nocera, Elisabetta Pagello, Alessandra Pagliano, Giuseppe Pagnano, Alfredo Rubio Diaz, Carmelo Strano. 2. Si ringraziano | Special thanks to: Accademia degli Artefatti, Balletto Civile, Vincenzo Carta, Mario Castro Di Stefano, Giampiero Cicciò, Compagnia M’arte, Fabrizio Crisafulli, Emma Dante, Pippo Delbono, Luca Dini, Eduardo Donatini, Manuel Giliberti, Giuseppe Massa, Francesca Motta, Ilias Odman, Salvo Piro, Paolo Ruffini, Corrado Russo, Santasangre, Scenapparente, Teatrino Giullare. 14
Teatro e riciclo
Per una nuova metodologia dei sentimenti e dell’agire
Theatre and recycle For a new methodology of feelings and acting
Riccardo Dalisi
Il tema del riciclo e del riuso, tema dell’oggi, è uno strenuo tentativo di recuperare un ritardo dell’economia e della politica. È quindi concetto di fondo di tutta la cultura nel grande ventaglio in cui essa deve implicarsi ed impegnarsi. Ventaglio che va da un pensiero nuovo e da metodologie insolite a poetiche capaci di slanci che si possano distendere in diverse direzioni. Per troppo tempo l’atteggiamento scientifico e razionale verso i tanti traguardi raggiunti e da raggiungere ha messo da parte (metodologicamente) ciò che è poesia e sentimento in quanto settori incontrollabili. La poetica del riuso, dunque, è visione che scavalca ogni esito imbrigliato nella ragionevolezza e nell’effetto sicuro, scontato. Occorre lanciare il cuore e l’idea che insorge oltre le barriere di ciò che si sa, che è di sempre, che è sicuro perché verificato (leggi “invecchiato”). Sul versante dei sentimenti ci capiterà di sperimentare come l’insuccesso, la negatività imprevista, l’errore possano mettere le ali quando riusciamo a scavalcare lo sconforto, l’accettazione passiva, la cupa rassegnazione. Cercando con tutti i mezzi, con tutta la nostra
The topic of recycling and reusing, a present topic, is a tireless attempt of recovering an economic and political delay. It’s, therefore, a basic concept for all the culture in the wide range in which it should be involved and engaged. It’s a range that goes from a new thought and unusual methodologies to poetics able to jump towards different directions. For too long, the scientific and rational attitude towards the so many achieved goals, and the ones to achieve, has put aside (methodological speaking) what is poetry and feelings, due to the fact that they are out of control. The poetics of reusing, consequently, is that vision that goes beyond the complicated result stuck in the reasonableness and the certain and expected effect. It is necessary to throw the heart and the idea that comes up from the barriers of what we know and of what is certain, because it is verified (or better “old”). As far as feelings are concerned we may experiment how the unsuccessful, the unexpected negativity, the error can take the wings to fly when we succeed in going over 15
forza una via di uscita ci si accorge che si può andare oltre l’esito in precedenza previsto. Il ruolo fecondo del limite, si potrà dire. Il ruolo fecondo dell’insuccesso ci deve portare a “strappare la vittoria dalle fauci della sconfitta”: questo il motto dell’eroe positivo. Qui si parla di una metodologia inedita del riuso che deve riguardare anche l’esperienza e i sentimenti. Parlando di riciclo non si può soltanto pensare a ridurre il consumo; più efficacemente si tratta di modificare il nostro percorso di condivisione sociale; a tal uopo occorre rivedere i procedimenti e le tecniche e soprattutto porre ad esperimento nuovi sentieri dell’inventiva. Da qui le metodologie del sentimento. Vi sarà da affrontare, e ben venga, il come differenziare al meglio e raccogliere quei rifiuti cui dare senso, utilità e preziosità, se vogliamo, anche nei sentimenti e nelle esperienze. Già in tempi lontani il Giappone, ad esempio, diede un senso a ciò che è imperfetto, consumato, dimenticato con il termine “wabi-sabi”. Dare valore (di sentimento materno, direi) a tutto ciò che apparentemente valore non ha, amplia la nostra sensibilità, il nostro mondo interiore. Anche noi, in realtà, nella nostra quotidianità amiamo oggetti che ci ricordano un passato, e nel loro screpolato, consumato angolo rotto, nella loro patina disegnata dal tempo scorgiamo un elemento estetico che ci è caro. L’arte moderna ci ha insegnato anche questo. Marcel Duchamp diceva che è il luogo, la galleria, il museo a dare validità di arte ad un oggetto. Il provocatorio “Orinatoio” da lui esposto con la sorpresa di tutti segnò in realtà una svolta. All’inizio del ‘900 la società si sentiva assediata dal prorompente avanzare dell’industrializzazione così come noi oggi ci sentiamo assediati dagli oggetti che produciamo e consumiamo. La nuova sensibilità e la nuova estetica, capovolgendo ogni cosa, 16
the discomfort, the passive acceptance, the dark resignation. Trying to find with all means, with all our strength a way out, we realise that we can pass over the result previously expected. The rich role of the limit, we can dare to say. The rich role of the unsuccessful has to bring us to “tear the victory from the jaws of the defeat” this is the saying of the positive hero. Here we talk about an unknown methodology of the reuse that has to concern the experience and feelings too. Speaking of recycling we can only think to reduce the waste; more effectively it is about to change our path of social condivision, because of it we have to reconsider the process and the techniques and above all put on experiment new ways of imaging. From that, the methodologies of feelings. How to best differentiate and to best gather the wastes if we want to give them a reason, utility and preciousness, even in terms of feelings and experiences, must be the main topic to deal with. In our daily routine we, too, love objects that remind us a past, and in their used and wasted broken corner, in their film designed by the time we may catch an aesthetic element dear to us. The modern art has taught us this, too. Marcel Duchamp said that it is the place, the gallery, the museum that give validity of art to an object. The provocatory “Orinatory” that he exposed with the surprise of everybody marked, indeed, a turning point. At the beginning of the XX century, society felt to be sieged by the bursting coming of the industrialization as today we feel overcome by the objects that we produce and waste. The new sensitivity and the new esthetics, turning everything upside down, brought the myth of “the clear acting of thought” which gave birth to a new creative season in architecture, in design and art. So, which is the role of theatre in the reuse
R. Dalisi, 2009, Senza titolo, acrilici su carta riciclata. | R. Dalisi, 2009, Untitled, acrylics in recycled paper.
portarono a mito il “limpido agire del pensiero” che diede vita ad una nuova stagione creativa in architettura, nel design e nell’arte. Quale dunque il ruolo del teatro nel riuso e nel riciclo? Va da sé che ciò investe l’arredo, la scenografia e i materiali che questi richiedono che occorre rivestire del valore di sobrietà. Il teatro, finzione e nobile, utile simulazione, nel suo essere momento di scioglimento, di catarsi e di ricomposizione dei sentimenti, deve avere in questo senso anche una funzione educativa. Il richiamo al passato, il riviverne fatti ed eventi significativi per l’uomo ne “sposta” il senso e il ruolo riportando al momento della partecipazione all’evento ciò che di pulsante ha la vita per una nuova vita. Un semplice segmento, una luce, un indumento sospeso ad un filo spalancano un senso di attesa, un misterioso sentimento di sospensione. E certamente tutto questo potrebbe essere riciclando, utilizzando e facendo rivivere gli innumerevoli depositi, le innumerevoli memorie che il teatro possiede. Coerenza della non coerenza.
and recycle? As a consequence of it, all this invests the furniture, the scene and the materials which must require sobriety. Theatre, fiction and wealthy, useful simulation, in the moment of its undoing and purification and reconstruction of feelings, should have in this sense also an educational function. The recalling of the past, living again facts and important events for men, move the sense and the role again taking what is beating in life back to the moment of participation to the event. A simple segment, a light, a piece of clothing hanging on a line open widely a sense of waiting, a mysterious feeling of suspension. It’s sure that all this could happen by recycling, using and letting live again the several deposits, the several memories that the theatre own. The coherence of the non-coherence.
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Arti performative in spazi urbani Riciclo dei luoghi
Performing arts in urban spaces Recycle of the places
Francesca Castagneto
Il concetto di riciclo in ambito urbano Affrontare il tema del riciclo per individuarne le possibilità operative in ambito urbano delinea un campo speculativo, che si innesta nel più vasto ambito del recupero urbano, per indagarne aspetti specifici e verificare l’esistenza di presumibili differenze concettuali. Ad una prima riflessione infatti i due ambiti, riciclo e recupero a scala urbana, potrebbero apparire simili e quasi sovrapponibili, allora cogliere il senso delle parole costituisce una prima strada per approfondire la questione. Riciclare significa, in generale, utilizzare nuovamente qualcosa, un oggetto o la materia che lo costituisce, e re-immetterla in un ciclo produttivo. Il recupero urbano ha per oggetto di interesse parti di città che attraverso azioni progettuali specifiche di conoscenza e interpretazione propongono e verificano la fattibilità di strategie volte a ricostruire le connessioni della parte con il tutto e a ri-conferire caratteri di urbanità compromessi. Un’azione complessa in cui agli aspetti meramente tecnici si intrecciano questioni economiche e
The concept of recycling in urban field Dealing with the recycling topic to detect the operating possibilities in the urban field outlines a speculative sector, that is connected to the wider field of the urban recovery, to investigate specific aspects and check the existence of possible conceptual differences. At a first consideration, in fact, the two sectors, recycle and recovery in urban scale, could look similar and almost stackable, then catching the meaning of the words represents one of the first way of going into the problem. To remember means, in general, to use again something, an object or the material of which it is made, and to re-introduce it in a production cycle. The urban recovery has as object of interest parts of the city that through specific planning actions of knowledge and interpretations propose and check how much it is possible to apply strategies thought to build again connections between the part and the whole and to create characters of complex engaged urbanism. A complex action during which the elements
Il cimitero delle gomme, 2011, Siviglia, Puerta de Jerez. | Cemetery of Tires, 2011, Siviglia, Puerta de Jerez. 19
sociali non disgiungibili. D’altro lato se riflettiamo sui processi che governano nel tempo lo sviluppo urbano e la dinamica riconosciuta della crescita su se stessa che, anche in epoche di espansione, ha comunque interessato i nuclei storici originari, la città può essere intesa come un laboratorio permanente, oggetto privilegiato della sperimentazione del riciclo. Nel lavoro di trasformazione urbana si opera su aree di sedime già utilizzate, si usa la materia della città pregressa per dare forma alla città contemporanea, si rielaborano geometrie, si individuano nuove gerarchie, si trasferisce alla materia già segnata la possibilità di articolarsi secondo principi tecnici, culturali e simbolici nuovi, per costruire la presenza sincronica di ciò che non ha la stessa data. Allo stesso modo le parti urbane e gli edifici che le costituiscono, attraverso il riuso, trovano possibilità di esprimere le potenzialità custodite nella materia organizzata e nelle qualità dello spazio fruibile che la stessa materia definisce. Città-teatro e teatro per la città La città è teatro della collettività, è il contesto che ospita e deforma i comportamenti. Nell’interpretazione di città come scena non si può eludere il riferimento alla cultura tardo barocca e al disegno urbano sviluppatosi in quel clima; un disegno che pur lavorando su sedimi già configurati inserisce elementi che di trasformazione quali punti di fuga di percorsi anche solo visivi, o successioni di piani visuali che dilatano lo spazio pubblico verso luoghi di transizione alla proprietà privata. “Juvarra risolse ogni problema e ogni spazio a seconda delle circostanze. L’attività di scenografo teatrale dovette acuire le sue facoltà di caratterizzazione: i suoi edifici appaiono di fatto come «personaggi» o attori, sulla scena della vita urbana”1. A Napoli Ferdinando Sanfelice conferisce 20
exclusively technical mingle with inseparable economic and social problems. On the other hand, let’s think about the processes that rule during the time the urban development and the known dynamic of the growth over itself that, even in periods of expansion, has interested the original old city centres, the city can be seen as a permanent workshop, privileged place of the recycling experimentation. In the work of the urban transformation we work in areas of already used building lands, we use the material of the existing city to give shape of the contemporary city, geometries are re-elaborated, new hierarchies, the already marked material opens to the possibilities of having a structure that follows new technical, cultural and symbolical values, to build the synchronical presence of what has not the same date. In the same way, the urban parts and the buildings that constitute it, by the reuse, find the potentialities kept in the organized material and in the qualities of the usable space defined by the same material . City-theatre and theatre for the city The city is the theatre of the community, it is the context that accommodate and deform the behaviours. In the interpretation of the city as scene one can but elude the reference to the late baroque culture and the urban design developed in that atmosphere; a design that, even working on building lands already configured adds elements of transformation like only visual vanishing points of a path, or series of visual levels that amplify the public space towards transitional places to the private property. “Juvarra solved every problem and every space according to the circumstances. The activity of stage designer made his abilities of characterization sharper: his buildings appear really as «characters» or actors, in the scene of the urban life”.
Il cimitero delle gomme, 2011, Siviglia, Puerta de Jerez. Cemetery of Tires, 2011, Siviglia, Puerta de Jerez.
nuovo ruolo e importanza alle scalinate. “Il mite clima napoletano rendeva possibile inserire questo elemento tipicamente tardo barocco come una struttura aperta a ossatura fra il cortile e il giardino. […] Già nel 1708 davanti alla chiesa di S. Giovanni a Carbonara, Sanfelice aveva fatto una scalinata che, sotto certi aspetti importanti, anticipa la scalinata di Piazza di Spagna a Roma”2. La metafora di città-teatro induce alla sperimentazione di allestimenti e performance quali interpretazioni contemporanee del teatro di strada. Anzi più correttamente nella continuità con l’uso sociale del teatro che, dalle sue prime manifestazioni fino al Seicento “ha utilizzato (tranne la parentesi ellenistico-romana, in cui l’elemento sacrale derivava però dall’essere parte della festa) ambienti contraddistinti da una caratterizzazione sociale e religiosa fortissima, dove l’aspetto tecnico (la scena, le tribune per il pubblico ecc.) era secondario, non dal punto di vista linguistico, ma da quello che presiedeva alla scelta del luogo.”3
In Naples, Ferdinando Sanfelice gives a new role and importance to the steps “The Neapolitan mild weather made possible to add this typical of the late baroque as an open structure with a skeleton between the courtyard and the garden. […] Already in 1708 in front of the S. Giovanni in Carbonara Church, Sanfelice made a flight of steps that, under some important aspects, anticipates the steps of Piazza di Spagna in Rome”. The metaphor of city-theatre leads to the experimentation of stagings and performances as contemporary performances of the street theatre. Quite the opposite, more correctly in the continuity with the social use of the theatre that, since its first manifestations until the Seventeenth century “used (except the Hellenistic-Roman parenthesis in which the sacred element came from being part of the celebration yet) places distinguished by a strong social and religious characterization, where the technical aspect (scene, stands for the public ecc.) was secondary, not from the linguistic point of view, but from the point that ruled the choice of the name.” 21
Dare luogo alle arti performative: una funzione light e temporanea come forma di riuso urbano Il ripensamento sul significato del teatro e del fare teatro, avvenuto nel corso del Novecento, produce una rivoluzione che muove dall’esigenza di annullare la distanza fisica e i ruoli prestabiliti tra spettacolo e spettatori che la forma architettonica del teatro all’italiana aveva consolidato. Tra gli sforzi e le sperimentazioni: progettazione di edifici teatrali morfologicamente rinnovati, ristrutturazione di vecchi edifici teatrali con la finalità di individuare nuovi assetti della spazialità interna e ricerca di spazi non teatrali quali edifici dismessi, garage, cantine, chiese, i luoghi en plein air: piazze, strade, cortili e gli spettacoli che vi si svolgevano, hanno costituito, a partire dagli anni Settanta un genere, allestito da gruppi specifici.4 La fase di regressione che stiamo percorrendo, il trasformarsi dell’idea stessa di città e di vita metropolitana rivelano la non funzionalità di parti urbane e l’apparente non necessità di parti del tessuto edificato. La rete multidirezionale di supporto alla vita urbana riduce/perde la sua stessa funzionalità: nell’abbandono di edifici e parti urbane il connettivo diviene territorio inutilizzato, troppo spesso rimosso dalla memoria. La volontà di riqualificare la città o alcune sue parti muove le ragioni strategiche in gran parte da tali assunzioni di consapevolezza, tuttavia l’individuazione di un uso specifico deve confrontarsi con una visione d’insieme, con un progetto consapevole e socialmente condiviso. La sperimentazione di nuove forme di approccio al tema della rivitalizzazione urbana, la necessaria partecipazione e condivisione collettiva degli obiettivi per una fruizione rinnovata degli spazi pubblici, marginalizzati, incontra sul piano concettuale la specificità 22
Giving place to the performing arts: a light and temporary function with the form of urban reuse The reconsideration upon the meaning of the theatre and of making theatre, made during the twentieth century, creates a revolution that moves from the need of erasing the established roles and the physical distance between performance and spectators that the architectonic form of the Italian theatre consolidated. Among the efforts and the experimentations: the planning of theatre buildings morphologically renewed, restoration of old theatre buildings with the aims of detecting new organizations of the inner space and searching space not theatrical like disused buildings, garages, basements, churches, the places en plein air: Squares, streets, courtyards and shows that took place, represented, starting from the Seventies, a genre, staged by specific groups. The stage of regression that we are facing, the changing of the same of the city and of the metropolitan life reveal the non-functionality of the urban parts and the apparent non necessity of the parts of the built structures. The multidirection supporting net to the urban life reduces/loses its own functionality: in the abandonment of the buildings and of the urban parts the connective becomes an unused territory, too often taken away from the memories. The will of redeveloping the city or some of its parts moves the strategic reasons especially from these acceptance of awareness, nonetheless the detection of a specific use must face with a global vision, with an aware and socially shared project. The experimentation of new approaching forms to the topic of the urban revitalization, the necessary participation and collective condivision of the goals for a renewed fruition of the spaces, put in the margins, meet in the conceptual level the social specificity
La foresta fantasma (in primo piano | in the foreground) e HSV Filtro (in secondo piano | in the background), 2011, Siviglia, Casa de la Moneda.
sociale del teatro e la volontà culturale di “riaccreditare lo spettacolo teatrale en plein air, come elemento di recupero di un’originalità che si è manifestata e si manifesta necessaria non solo dal punto di vista espressivo, ma anche e soprattutto dal punto di vista del “senso” da attribuire alla pratica teatrale.”5 Il dialogo fra due esigenze, espressioni entrambe del dibattito culturale contemporaneo, diviene occasione per maturare una strategia di recupero che interessa entrambi i settori di interesse che, nel contaminarsi, sono in grado di produrre ampi riverberi transdisciplinari. In particolare, per ciò che attiene al tema del recupero urbano, la transitorietà delle azioni e la temporaneità dell’evento (e degli allestimenti connessi) sono prestazioni valutabili sulla “materia urbana” dal punto di vista fisico, ma tuttavia la suggestione degli eventi lascia segni indelebili nella storia dei singoli e nella memoria collettiva. L’esito dell’azione diviene in questo modo molto più significativa, socialmente condivisa e culturalmente aggregante di altre forme di riuso. Senza tralasciare che la potenza
of the theatre and of the cultural will of “recrediting the theatre play en plein air, as recovery element of an originality that showed and shows as necessary not only from the expressive point of view, but especially from the point of view of the “meaning” to give to the theatre work. The dialogue between two needs, both expression of the contemporary cultural debate, becomes an occasion to get to a recovering strategy that refers to both sectors of interests which, one mixing with the other, are able to produce wide transdisciplinary reverberations. In particular, as far as the topic of urban recovery is concerned, the transitoriness of the actions and the temporariness of the event (and of the connected stagings) are performances measurable on the “urban material” from the physical point of view, but nevertheless, the suggestion of the events leaves permanent marks in the story of the individuals and in the memory of the community. The result of the action becomes in this way more meaningful, socially shared and culturally aggregating other forms of reuse. 23
dell’immateriale è nel lavorare sui contesti consentendo ampio spazio alla conservazione anche materica dei valori documentari. Appropriatezza tra luogo e performance: rivelare la qualità urbana L’uso dello spazio urbano a fini performativi consente di dare espressione tangibile alla relazione fra significato e significante che, nel caso degli allestimenti site specific, diviene univoco e nei quali, il carattere identitario del luogo, trova possibilità di essere intelligibile e disvelato. L’introduzione di elementi: performer, luci, oggetti/installazioni, diviene strumento di misura dello spazio che, nella osservazione e valutazione antropometrica, esplicita potenzialità e valori. L’identità di un luogo è custodita in un insieme di caratteri il cui riconoscimento analitico può essere effettuato attraverso l’uso combinato di diverse categorie, secondo un’impostazione che mostra la volontà di superare la dicotomia fra un orientamento di tipo tecnologico e analitiche interpretative che privilegiano il riconoscimento dei caratteri formali e figurativi, con valenze umanistiche, storiche e psico-percettive. Lo spazio urbano risulta recuperato nel momento in cui la memoria dei luoghi si riattiva, la collettività se ne riappropria, i flussi si ridistribuiscono.
1. 2. 3. 4. 5. 24
Without leaving that the power of the immaterial stands in working in contexts allowing wide spaces for the preservation even material of the documentary values. Pertinence between place and performance: revealing the urban quality The use of the urban space for performing aims permits to give touchable expressions to the relation between the meaning and the signifier that, in the case of the stagings site specific, it becomes unambiguous and in them, the identity character of the place, it finds the possibility of being intelligent and disclosed. The introduction of elements: performer, lights, objects/installations, becomes instrument for measuring the space that, in the anthropological observation and estimation reveals potentialities and values. The identity of a place is kept in a group of characters whose analytical identification can be made by the combined use of different categories, according a layout that shows the will to overcome the dichotomy between a technological orientation and an interpretative analytics kind that prefer the identification of formal and figurative characters with humanistic, historic and psycho-perceptive valences. The urban space, thus, is recovered in the moment when the memory of the place reactivate, the community get in possession of it, the flows redistribute.
C. Norberg-Schultz, Architettura Tardobarocca, Electa, Milano, 1980, p. 167. Ivi, p. 173. P. Zenoni, Mercanti e sacerdoti. Breve storia del teatro e della festa, Apogeo, Milano, 2011 pp. 284 e 285. Cfr. AA.VV., Breve storia del teatro per immagini, Carocci, Roma, 2009, p. 253 e sg. P. Zenoni, op.cit, p. 285.
Scatola rossa, 2011, Siviglia, via Maese Rodrigo. | Scatola rossa, 2011, Siviglia, Maese Rodrigo street. 25
Produzione | Production Piante | Plants
Prodotto | Product Materiale biologico nutritivo | technical and nutritional stuff Uso | Use Decomposizione biologica | Decomposition
Produzione | Production
Materiale tecnico nutritivo | technical and biological stuff Prodotto | Product
Resa | Restitution
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Uso | Use
Reduce_Recycle_Reuse Non dobbiamo mai smettere di esplorare, e la fine di tutte le nostre esplorazioni sarà giungere nel luogo da cui siamo partiti, e sarà come conoscere quest’ultimo per la prima volta. T. S. Eliot, Little gidding, 1942
In alto: ciclo biologico per prodotti di consumo. In basso: ciclo tecnico per prodotti d'uso. Disegni tratti da: DETAIL n°12/2012. | Top: technical and biological stuff. Below: technical and nutritional stuff. Drawings from: DETAIL n°12/2012. 27
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Tra passato e futuro: arte, architettura, design
Between past and future: art, architecture, design
Fernanda Cantone
«In una concezione della città come sistema dinamico instabile, come rappresentazione composita e diacronica di molteplici culture materiali [...] le scelte e le azioni risentono di alcuni riferimenti comuni (simbolici, linguistici, economici, utilitari, etc.)»1 in funzione di ciò che li ha generati. La società di oggi, che è passata e vive in qualche modo ancora nelle linee dell’usa e getta2, del consumismo merceologico, è una società che intravede difficilmente un futuro per l’architettura e per il design come espressione artistica3. Questa concezione è frutto di trasformazioni che hanno profondamente modificato la società e la cultura, nate sulla scorta di nuove tecnologie e di nuovi modi di vita. Con la vita è cambiato anche il rapporto col tempo, con l’arte, con il valore attribuito all’arte. Se Valery agli inizi del secolo scorso si interrogava sulle tecniche espressive, sull’influenza concreta dell’uomo sulle cose, oggi la situazione è ancora più complessa ed articolata, veicolata dalla necessità di operare in
«Conceiving the city as a dynamic unsteady system, as a heterogeneous and diachronic representation of different material cultures [...] choices and actions suffer from some common references (symbolic, linguistic, economic, utilitarian, etc.)»1 according to what has generated them. Nowadays society, which is already passed but still lives somehow following the throwaway rule2 and following the product consumerism, is a society that hardly sees a future for architecture and design as artistic expressions3. This thought is the result of transformations that deeply modified society and culture, born thanks to new technologies and new ways of life. With life, even the relationship with time, with art, with the value given to art, has changed. If Valery in the beginning of the past century wondered about expressive techniques, about the real influence of man on things, today the situation is even more complex and articulated, guided by the necessity of working in a sustainable way.
Truscia, allestimento 2012, Scenapparente, Siracusa. | Truscia, staging 2012, Scenapparente, Siracusa. 29
maniera sostenibile. Quello che oggi si è, in qualche modo, verificato è la diffusione di immagini e percezioni artistiche alle masse, senza controllo, senza un’adeguata formazione alle spalle: una diffusione sterile, amorfa e casuale che raggiunge solo pochi. Un’altra considerazione riguarda la quantità eccessiva di oggetti, immagini e stimoli che la società ci fornisce. «La sovrabbondanza senza precedenti dei nostri mezzi sembra vietarci di riflettere sui fini»4, di apprezzarli, di comprendere cosa li abbia motivati e fondati, di utilizzarli come punto di partenza per riflessioni e per nuovi spunti. Quello che fondamentalmente è successo, e che non è stato possibile prevedere, è che lo spazio di relazioni pubbliche è cambiato, in maniera improvvisa, con una rivoluzione tale che ha trasformato le scale e gli scenari, così da non riuscire a prevederne gli sviluppi. Per comprendere le trasformazioni avvenute nel campo delle arti è necessario analizzare ciò che è accaduto nel campo delle invenzioni tecnologiche, delle trasformazioni sociali e culturali, delle modificazioni e nei cambiamenti dei modi di pensare. «La famosa accelerazione della storia non è altro che la storia dei cambiamenti di misura e di riferimento che ne hanno permesso il farsi»5, si tratta di una brusca velocizzazione delle modificazioni a cui è difficile abituarsi e il cui spazio è la comunicazione. Il mondo in cui questo avviene è un mondo dell’immanenza, nel quale «l’immagine rimanda all’immagine e il messaggio al messaggio; mondo da consumare subito [...]; mondo da consumare ma da non pensare; mondo dove [...] non è possibile elaborare strategie di cambiamento»6. Valery insinuava la possibilità che nel futuro i mezzi di comunicazione potessero provocare una sorta di ubiquità dell’arte, cioè divenire strumenti di diffusione il cui riflesso potesse 30
Anyway, what today is verified is the diffusion of images and artistic perception to masses, without control, without an appropriate formation behind: a barren diffusion, amorphous and casual, that reaches only fews. Another consideration is about the excessive quantity of objects, images and inputs that society gives us. «The surplus without precedents of our means seems to forbid us to think about the aims»4, to appreciate them, to understand what has motivated and founded them, to use them as starting point for considerations and new cues. What basically happened, and that was not possible to foresee, is that the space of public relationships changed, suddenly, with such a revolution that transformed the scales and sceneries, in a way that it was impossible to foresee how everything would develop. To understand how the transformations happened in the art sector is necessary to analyze what happened in the sector of the technological inventions, of the social and cultural transformations, of the modifications and changes of the way of thinking. «The famous acceleration of history is just the history of the measure and the reference changes that permitted to do everything»5, it is a sudden speeding in the modifications to which is difficult to get used and whose space is the communication. The world in which this happens is the world of immanence, in which «the image sends back an image and the message sends back a message; it is a world that has to be consumed immediately [...]; a world to be consumed but not to be thought; a world where [...] is not possible to elaborate changing strategies»6. Valery suggested the possibility that in the future the communication means could provoke a sort of ubiquity of Art, which means that they could become instruments of
essere percepito ovunque. Si trattava di considerare l’arte come sistema di sensazioni che si poteva trasportare, liberando l’opera d’arte dalla sua collocazione materiale, per diffonderla e farla acquisire nel momento, più alto, della sua ideazione. Nello stesso periodo Walter Benjamin7 affrontava il problema da un punto di vista politico ed evidenziava la possibilità di liberare l’esperienza artistica dai suoi classici riferimenti borghesi/religiosi e diffonderla alle masse. Per Benjamin la questione centrale era la riproducibilità dell’opera d’arte, considerata nella sua dimensione tecnica. «La riproducibilità tecnica dell’opera d’arte modifica il rapporto delle masse con l’arte»8, in questo Picasso è stato condannato, mentre il cinema di Chaplin ne è uscito vincitore. Le nascenti teorie avevano sempre avuto una matrice ideologica forte e rivoluzionaria, quasi a voler sgretolare quanto era prima e a divenire forma estrema e conclusiva di ogni pensiero: la ricerca di una verità egemonica diventava l’ambizione di ogni movimento del XX secolo. Gli artisti divenivano figure socialmente impegnate perché forte era il legame tra arte e società e le espressioni artistiche davano forma a multiformi e convergenti fini. L’architettura, con la sua forza espressiva fatta di materia e di fruizione, è sempre stata presente, seppur assimilata superficialmente e vissuta intensamente. Gli edifici infatti hanno accompagnato l’umanità sin dalle prime capanne, sono divenuti una forma d’arte concreta ma non tangibile a cui, spesso, è mancata la fase contemplativa e percettiva. L’edificio c’è e si usa, in questo l’architettura ha sempre fornito un prototipo di acquisizione di sensazioni in maniera casuale, implicita e distratta da parte della collettività. Essa c’è e si vede, ma con gli occhi di chi la adopera, piuttosto che di chi la osserva e la percepisce. Non è un problema di attenzione quanto di abitudine, di passare davanti ad un oggetto e
diffusion whose reflection could be perceived everywhere. It was about considering art as a system of sensations that could be carried, ridding the work of art from its material collocation, in order to spread it over and to make us absorb it in the moment, the highest one, of its conception. In the same period Walter Benjamin7 faced the problem from a political point of view and emphasized the possibility of setting free the artistic experience from the classical middle class and religious references and spread it over the masses. For Benjamin the central question was the reproducibility of the work of art, considered in its technical dimension.«The technical reproducibility of the work of art changes the relationship of the masses with art»8, in that Picasso was condemned, while the cinema of Chaplin came out as the winner. The raising theories have always had a strong ideological and revolutionary origin, just to dissolve what was before and to become the extreme and concluding form of every thought: the search of a dominant truth became the ambition of every movement of the XX century. The artists became figures socially committed because the relationship between art and society was strong and the artistic expressions gave shape to varied and converging goals. Architecture, with its expressive strength made by matter and fruition, has always existed, although superficially assimilated and deeply lived. In fact, the buildings have gone with Humanity before huts, became a form of real art, but not tangible, which, often, didn’t have a contemplative and perceptive stage. The building exists and we use it, in this, architecture has always given a prototype of acquisition of sensations in an accidental, implicit and absent-minded way of the community. The community is present and it can be seen, but with the eyes of the one who uses it 31
sapere che esiste senza averlo mai guardato con attenzione. Il mondo di oggi sollecita la visone del costruito e rivendica il valore delle architetture solo se «traversate dai riflessi del futuro»9 e come tali contraddistinte da tre elementi: “la tecnica” che definisce una determinata forma d’arte, “gli effetti” ottenuti dalla forme d’arte tradizionali, “le impercettibili modificazioni sociali” che tendono a trasformare la ricezione delle percezioni. L’utilizzare una sola delle tre componenti ha portato a fenomeni autoreferenziali di difficile collocazione perché vivere in un mondo globalizzato significa affrontare problemi complessi, problemi che non si risolvono solo dal punto di vista univoco, sia esso tecnico o percettivo, nonostante l’impegno10. L’architettura contemporanea è divenuta espressione di moderno e postmoderno, di utopia e realismo, di fenomeno collettivo e individuale11 e ha fatto della globalizzazione la sua forma di diffusione più vasta: da una parte indirizza verso l’uniformità e il conformismo, dall’altra istiga verso “rivendicazioni identitarie e culturali”12 che nascono come opposizione alle convenzioni e agli schemi precostituiti. In questo quadro la diffusione di schemi di moda o di gusto esercita un’influenza eccessiva e dilagante sulla gente. Non è da trascurare che «il nostro mondo richiede professionalità trasversali, poliedriche: un ritorno a una visione più olistica, alla capacità di affrontare i problemi in ogni loro aspetto»13. Se da una parte non si possono filtrare le sollecitazioni mediatiche e della comunicazione in genere, dall’altra la tecnologia, l’elettronica e la meccanizzazione avanzata stanno sovvertendo le regole del comportamento umano e della comunicazione con gli oggetti di cui siamo circondati. Ecco che i problemi da affrontare diventano complessi e c’è bisogno di multidisciplinarità e apporti 32
rather than the one who watches it and perceives it. It’s not a problem of attention but of habits, of passing in front of an object and knowing that it exists without having ever looked at it with attention. The world of today stimulates the vision of what is built and claims the value of the architectures only if «crossed by the reflections of the future»9 and they are marked by three elements: “the technique” that defines a special form of art, “the effects” obtained from the traditional form of art, “the imperceptible social modifications” that aim to change the reception of perceptions. The using of only one of the components led to self-referential phenomenons of difficult collocation because living in a global world means to cope with complicated problems, problems that don’t solve only from the univocal point of view, technical or perceptive, in spite of the commitments. The contemporary architecture became the expression of the modern and postmodern, of utopia and realism, of public and individual phenomenons11 and made the globalization the form of its widest diffusion: on one hand, it leads towards the uniformity and conformism, on the other hand enhances “identity and culture revendications”12 that were born as opposite to conventions and pre-established plans. In this frame the diffusion of the trendy or stylish schemes has an excessive and pervading influence on people. It’s worth taking into account that «our world wants transversal, polyhedric professionalities: a coming back to a more holistic vision, to the ability of coping with the problems under all aspects»13. If, on one hand, the media and communication requests can be filtered in general; on the contrary technology, electronics and the advanced mechanization are overturning the rules of human behaviour and the rules of communication
Tre zitelle e un’isterica, installazione luminosa 2009, Scenapparente e R. Gallo. Riciclo vecchi abiti da sposa, Antico Mercato, Siracusa. Tre zitelle e un’isterica, bright installations 2009, Scenapparente e R. Gallo. Recycle old bridal gowns, Antico Mercato, Siracusa.
scientifici di più settori. Il design di oggi deve essere fatto di apporti pluridisciplinari, la troppa specializzazione è sempre meno una virtù e sempre più un limite. «Le articolazioni della creazione artistica nel tempo che viviamo sono [...] difficili da individuare, ciò avviene proprio perché questo tempo accelera e si sottrae al tempo stesso e perché la sovrapposizione sul linguaggio temporale del linguaggio spaziale [...] ha effetti pesanti sulla creazione»14. In altre parole il tempo che viviamo si contraddistingue per essere contemporaneamente schermo e realtà, immagine, evento, messaggio del sistema. In questo l’arte, la sua produzione e la sua diffusione diventano difficili da catalogare, da gestire, da incasellare entro schemi e ideologie. È tutto un susseguirsi di immagini, di veloci sensazioni e l’unica certezza, piuttosto che l’arte, rimane l’architettura: un’architettura tangibile perché esiste per tutti, è visibile, concreta e coniuga simboli, immagini e tempo. E il design? Esso non può che scendere a patti con la moltitudine di immagini di cui è fatta la società, è costretta a districarsi tra la
with the objects we are surrounded by. So, the problems to be faced become complicated and we need multidisciplinary attitude and scientific contributions in more sectors. The nowadays design must be created with pluridisciplinary contributions, the excessive specialization is not a virtue anymore in many cases, it is indeed a limit. «The articulations of the artistic creation in the age in which we live are [...] difficult to detect, this happens just because this age speeds up and escapes at the same time and because the overlapping on the time language of the space language [...] has strong effects on creation14. In other words, the time we live is characterized for being at the same time screen and reality, image, event, message of the system. In this, art, its production and its diffusion become difficult to classify, to handle to put into schemes and ideologies, It is all a flowing of images, of quick sensations and the only certainty, rather than art, is architecture: a touchable architecture because it exists for everybody, it is visible, real and it combines symbols, images and time. And the design? It cannot but come to 33
Truscia, lampada 2010, Scenapparente, Siracusa. Recupero della memoria e riciclo di vecchi tessuti. Truscia, lamp 2010, Scenapparente, Siracusa. recovery of the memory and recycle of old fabrics.
realtà e la finzione che gli strumenti mediatici propongono, ha necessità di sopravvivere in un mercato che quantifica e vende qualsiasi cosa. In realtà il modo migliore per percepire l’oggetto d’arte è il compendio di contemplazione ed uso, modo tattico ed ottico di percezione. È questo il quid che potrà fare degli oggetti di design degli oggetti d’arte: la loro duplice collocazione in un’ottica percettiva e materica. Il filosofo francese Yves Michaud15 ha ben espresso la situazione artistica contemporanea affermando che l’estetica ha preso il posto dell’arte in una società influenzata più dalle mode che dall’arte vera e propria; mode fatte di pose, installazioni, impressioni e percezioni simultanee e fuggevoli. Il design può ancora essere arte e non solo decorazione come più frequentemente si riscontra, se suffragato da scienze e tecniche multidisciplinari. Insomma una scienza con un’estetica, un’arte all’interno di un’industria, un campo in cui la voce fondamentale è la progettazione, è “progettare” in termini tecnici, pratici, estetici.
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terms with the multitude of images which society is made of, it is obliged to move between reality and fiction that the media instruments propose, it needs to survive in a market where everything is sold and quantified. The best way to perceive the object of art is really the combination of contemplation and use, a tactical and optical way of perceiving. It is this the quid that could change the objects of design in objects of art: their double collocation under a perceptive and material vision. The French philosopher Yves Michaud15 well explained the contemporary artistic situation stating that aesthetics has replaced art in a society influenced more by trends than by true and real art; trends made by poses, installations, impressions and perceptions which are simultaneous and fleeting at the same. The design can be still art and not only decoration as more often it can be observed, only if multidisciplinary sciences and techniques bear it out. To sum up, a science with an aesthetic, an art inside an industry, a sector in which Design is “to plan” in technical, practical, aesthetical terms.
1. V. Di Battista, Ambiente costruito, Alinea, Firenze, 2006, p. 235. 2. R. De Fusco, Storia del design, Laterza ed., Roma-Bari, 1985-2002, p. 323. 3. W. Vannini, Il design si progetta, non si disegna, prefazione in | preface D. A. Norman, Il design del futuro, Apogeo, Milano, 2008, p. VII. 4. M. Augé, Che fine ha fatto il futuro?, Eleuthera, Milano, 2009, p. 12. 5. Ivi, p. 26. 6. Ivi, p. 27-28. 7. W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Arte e società di massa, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1966, 1991, 2000, pp. 19-48. 8. Ivi, p. 38. 9. A. Breton, Interview d'indice, in Position politique du surréalisme (1935), in Ouvres complètes, Gallimard, Parigi, 1992, t. II, pp. 447-448. 10. W. Vannini, op. cit., p. VIII. 11. P. Ciorra, S. Marini (a cura di), Re-cycle, Electa, Milano, 2011, p. 25. 12. M. Augé, Tra i confini, Bruno Mondadori, Milano, 2007, p. VIII. 13. W. Vannini, op. cit., p. VIII. 14. M. Augé, op.cit, pp. 49-50. 15. Cfr. Y. Michaud, L’arte allo stato gassoso. Un saggio sull’epoca del trionfo dell’estetica, trad. di | trans. by L. Schettino, Idea, Roma, 2007.
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Il riciclo: definizione_ comportamenti
The recycle: definition_behaviours
Francesca Castagneto
Nel trattare il tema del riciclo il pensiero si orienta rapidamente verso quegli oggetti, oggi molto diffusi sul mercato e nella pubblicistica del settore design, realizzati con materie seconde o che reimpiegano, per usi lontani dalla primigenia funzionalità, oggetti che altrimenti avrebbero raggiunto i luoghi di raccolta e smaltimento degli scarti. L’approccio a questo aspetto del design del prodotto viene denominato ecodesign in quanto le specificità del progettare oggetti d’uso quotidiano, da produrre industrialmente in serie, si confrontano e fanno proprie una serie di riflessioni strettamente connesse alle tematiche ambientali ed indirizzate, dal punto di vista delle Esigenze, alla Salvaguardia dell’Ambiente. Tuttavia se “ogni pratica progettuale non può prescindere da valutazioni qualitative che pongano al centro dell’azione il concetto di benessere si può affermare che il design ecosostenibile non esiste perché una progettazione colta, intelligente, finalizzata a incrementare le qualità della vita attraverso processi di trasformazione/innovazione strutturale e culturale della nostra società
Dealing with the recycling topic, the thought quickly goes towards those objects that otherwise would go to those places of wastes’ accumulation and dispatching; objects that today are very common in the market and in the publicizing of the design sector, made by secondary materials or by materials re-employed for uses far from their primigenial functionality. The approach to this aspect of the product design is called ecodesign because of the specificity of planning daily use objects, objects that have to be mass-produced and that have to be compared, and they assume a series of considerations strictly connected to the environmental topics. Nonetheless, if “every planning action can’t be regardless of those qualitative assessments that focus on the wealth concept, we can state that the sustainable design doesn’t exist because of the fact that a learned, intelligent planning, aimed to increase the qualities of life through projects of structural and cultural transformation/innovation of our global society, produces artefacts that are sustainable themselves. A design oriented product is 37
globale produce artefatti di per se sostenibili. Un prodotto design oriented è per definizione ecologico. Mentre design del riuso è da intendersi quale progettazione strategica di azioni tendenti a programmare un prolungamento della vita dei materiali e degli oggetti cui conferire una natura, una morfologia e una funzione diversa o diversamente strutturata, comunque finalizzata a sopperire carenze o soddisfare benessere nell’uomo. Non un’azione univoca, quindi, ma un sistema di possibili azioni progettuali con materiali (materie prime od oggetti e prodotti) di seconda mano.”1 La dizione ecodesign allora risulta un pleonasmo finalizzato a far convergere l’attenzione sul problema dell’uso di risorse scarse e non rinnovabili e di conseguenza orientare le scelte verso il ricorso a processi produttivi in grado di contenere/minimizzare il consumo di tali risorse. Design finalizzato verso il contenimento dello spreco materico ed energetico lungo l’intero ciclo di vita dell’oggetto le cui qualità sono accresciute nel prevedere la possibile re-immissione della materia utilizzata all’interno di nuovi cicli produttivi. Vetro, alcune materie plastiche, gomma, alluminio, carta e cartone, legno, fibre tessili sono i materiali a cui più comunemente si fa riferimento nell’ambito della riciclabilità, a questi poi occorre aggiungere altri tipi di scarti quali ad esempio quelli derivanti da molte attività edilizie che con opportuni cicli di separazione sono reimpiegabili. (cfr. schede allegate sui processi di riciclo dei materiali) Sono questi evidentemente principi che con sempre maggiore diffusione connotano il fare progettuale, espandendo il campo d’azione a tutte le diverse opportunità in cui la capacità di prefigurazione di un assetto futuro è chiamata ad esprimersi. L’inclusione dei requisiti di progetto connessi al riciclo ha, come si può facilmente supporre, riverberi importanti non solo sul progetto stesso, ma soprattutto al 38
for definition ecological. On the other hand, design of the reuse has to be considered as a strategic project of actions aimed to schedule a prolongation of the life of those materials and objects that need to have a nature, a morphology and a different function or that have to be otherwise structured, in any case settled to compensate for deficiencies or to satisfy man’s wealth. So, it is not a univocal action but a system of possible planning actions with materials (raw materials or objects and products) of second hand.”1 The definition of ecodesign, then, seems a pleonasm to lead the attention towards the problem of the use of little resources not renewable and, as a consequence of it, to direct the choices of the process to the use of materials and to the use of productive processes able to contain/minimize the wasting of those resources. This design has the target of containing the material and the energetical use during the whole cycle of life of the object whose qualities have increased for anticipating the possible re-introduction of the material used in the new productive cycles. Glass, some plastic materials, gums, aluminium, paper and cardboard, wood, textile fibres are the materials to which commonly we refer in the recycling field, to these, other types of wastes have to be added, like, for example, those coming from many building activities that with appropriate cycles of separation are usable again. These are evidently principles that connote, with more and more diffusion. the project activity, extending the action field to different opportunities in which the ability of foreseeing a future structure is called to express itself. The inclusion of the requirements of the project linked to the recycle has, as it can be easily supposed, important reverberations not only over the same project, but also over what is around it, which means over the necessity of reorganizing /renewing the
Lampada realizzata nel corso di RISCATTI - La Risorsa negli Scarti, laboratori di co-creazione progettuale e pratica @the Hub Siracusa, aprile 2012. | Lamp produced during RISCATTI – La Risorsa negli Scarti – Co-creation and design practice workshop @ The Hub Siracusa, april 2012. Coordinatore | Coordinator Franco Adorna Coordinatori laboratori | Workshop Coordinators Alessia Genovese, Aleksandra Jaeschke, Antonio Corselli Riscatti team Maria Sarafianou, Fabrizio Bruno, Giuseppe Scirè Banchitta, Chiara Torrisi, Giorgio Giunta, Gloria Di Paola, Giulio Raineri, Massimiliano Ossino
suo intorno, ossia sulla necessità di riconvertire/innovare i processi produttivi di materiali e oggetti. La premessa effettuata sottolinea come il focalizzare l’attenzione del fare progettuale sul tema del riciclo corrisponda ad aprire il campo della ricerca verso numerose riflessioni riguardanti i differenti aspetti che confluiscono all’interno di questo orientamento; in qualche modo ciò che si vuole indagare sono le molteplici valenze ed i diversi ambiti progettuali nei quali la filosofia del riciclo e la sua pratica siano in grado di caratterizzare l’iter progettuale ed i suoi esiti. Possiamo affermare che si tratta, in prima istanza, di assumere consapevolezza sui significati che, nella cultura contemporanea, sta assumendo il termine riciclo. Quale componente della triade riduco, riuso, riciclo, contribuisce a rappresentare un comportamento virtuoso nei confronti dell’ambiente ed a manifestare una particolare attenzione al problema del contenimento e smaltimento dei rifiuti da conferire in discarica. Tuttavia, con sempre maggiore pervasività, si profila come complessa categoria
productive processes of the materials and of the objects. The premise made underlines that paying the attention on the planning activity, dealing with the recycling topic, has the same weight of opening the research field towards several considerations on those different aspects that are related to this area; somehow what we want to investigate are the multiple values and the different planning fields in which the recycling philosophy and its practice are able to characterize the designing procedure and its results. We can claim, in the first place, to be aware of the meanings that, in the contemporary culture, the word recycle is assuming. Every element of the triad I reduce, I reuse, I recycle, contributes to represent a virtuous behaviour as far as it concerns the environment and to show a particular attention to the problem of the retaining and of the disposal of the wastes that are destined to the dumping ground. Nevertheless, with even more pervading strength, it outlines as a complex category of the acting, almost a meta-category, that has got, for its nature, the 39
And all the questionmarks started to sing, 2011, Verdensteatret, paesaggio di sculture cinetiche realizzato con elementi di scarto | kinetic sculptures scenery maded with scraps, Firenze-Fabbrica Europa. (ph. F. Castagneto)
dell’agire, quasi una meta-categoria, che racchiude in se la possibilità di fare riferimento a differenti elaborazioni progettuali. Programmi accomunati dall’assunzione di consapevolezza del contesto in cui si opera e la cui declinazione multiscalare comprende gli interventi su ciò che è inteso come risorsa ed in quanto tale oggetto di attenzioni e strategie di tutela. Nel presentare la recentissima mostra al MAXXI di Roma, RE–CYCLE Strategie per l’architettura, la città e il pianeta, Margherita Guccione afferma che ”il riciclo non è visto nella sua accezione più nota di riutilizzo di materiali scartati, ma come strategia creativa per una costante sperimentazione e rivisitazione di forme architettoniche, paesaggistiche e urbane.” Un’affermazione che indica chiaramente la necessità di inserire il tema del riciclo, olisticamente inteso, come riferimento culturale fondativo della formazione di specialismi che, pur dai propri specifici disciplinari, possano offrire alla società, da oggi in avanti, il segno e la testimonianza di un fare che, dal rivelarsi una buona pratica civile, (valore etico) attraverso il riciclaggio di materiali, edifici, spazi, 40
possibility of referring to many planning elaborations. These are programmes that have in common the assumption of the awareness of the context in which one works and whose multiscale declination includes the interventions on what is taken as resource and, for its characteristics, considered as objects of attention and of protective strategies. During the presentation of the recent exhibition in the MAXXI of Rome, RE – CYCLE Strategies for the architecture, the city and the planet, Margherita Guccione states that “the recycle is not seen in its most known meaning of reuse of the thrown materials, but as creative strategies for a constant experimentation and reinterpretation of architectonic, landscape and urban shapes.” An affirmation that clearly points out the necessity of adding the topic of recycling, considered in a holistyc way, as the fundamental cultural reference of the formation of disciplines’ specialisms that, even starting from its own discipline features, could offer to the society, from nowadays on, the sign and the mark of an acting that, from revealing itself as a good civil practice, (ethic value)
luoghi, scarti, rifiuti, sappia sviluppare, su di un versante solo in apparenza inconciliabile, ulteriormente e con nuovi significati il tema della reinvenzione creativa (valore estetico). “Recycle è infatti una parola d’ordine che raccoglie infiniti possibili comportamenti individuali senza pretendere di assimilarli in una tendenza omogenea, tenendoli comunque ancorati a un principio di realtà fortissimo.”2 Sono proprio quegli infiniti comportamenti individuali e la multiforme disomogeneità delle tendenze che fanno dell’universo del riciclo un campo così denso di sperimentazioni, prospettive, ma anche di prassi già consolidate. Ne consegue la necessità di distinguere, nella molteplicità delle azioni e dei campi di interesse cosa, in virtù del suffisso re, vogliamo condurre attraverso l'iter per conquistare l’incipit di una nuova vita. Ovvero, di volta in volta, allestire l’ambito di riferimento e predisporre la strumentazione specifica per la messa a punto del processo connesso al riciclo nei diversi campi di interesse. Dagli oggetti d’uso, agli edifici, dagli scarti ai materiali, progettare il riciclo o progettare
through the recycling of materials, buildings, spaces, places, wastes, could develop more, in an only apparently incompatible context and with new meanings, the topic of the creative reinvention (aesthetic value). “Recycle is a password that gathers individual behaviours without claiming to assimilate them to a homogenous tendency, keeping them, anyway, anchored to a very strong principle of reality.”2 Those endless individual behaviours and the multiform not homogenous tendencies are just those that make the recycling universe a field so full not only of experimentations, perspectives, but also of well-established procedures. It is a consequence that it is necessary to distinguish, in the multiple actions and areas of interest, what, thanks to the suffix re, we want to carry on through a procedure to conquer the beginning of a new life. In other words, it means to organize gradually the reference area and to arrange the specific instruments to finalize the process connected to the recycling in different fields of interest. 41
per il riciclo sono esplicitazioni di volontà che assumono come focus dell’azione edifici obsoleti, cui conferire nuovi assetti funzionali compatibili (riuso), piuttosto che la re-immissione in un ciclo produttivo dei residui delle attività edilizie (demolizioni e rifiuti da cantiere), l’uso di oggetti-rifiuto non biodegradabili realizzati in vetro, plastica, alluminio, acciaio, ma anche la produzione di materie seconde (secondo le regole che governano i processi chimico-industriali di riciclo dei materiali), la possibilità d’uso e trattamento di rifiuti speciali (dalla lana residuale dalla tosatura ai componenti delle apparecchiature informatiche), il riciclo di carta e cartone o il trattamento dell’umido attraverso il compostaggio. L’elenco, certamente non esaustivo, rivela come il tema del riciclo, diffusosi negli ultimi decenni ed oggetto di ampi dibattiti settoriali, sia da connettere al fenomeno dell’innovazione tecnologica: la metamorfosi dei processi ovvero il passaggio dall’artigianalità alla industrializzazione. Un passaggio che di fatto ha annullato la percezione e il riferimento che nei prodotti artigianali ovvero “opera dell’uomo”, per quanto tra di loro diversi, era sotteso un processo di trasformazione in grado di accomunarli: la riconoscibilità del lavoro manuale ed i tempi di trasformazione della materia dello stesso ordine di grandezza. Gli oggetti della nostra contemporaneità non sono solo diversi per settore merceologico di appartenenza, ma provengono da universi tecnologici molto distanti. In particolare i prodotti che Ezio Manzini definisce “oggetti istantanei” e “oggetti performativi e interattivi” sono, i primi, conseguenza di processi rapidissimi, i secondi esito dell’assemblaggio di oggetti istantanei. Ciò che è interessante notare è che la dimensione temporale del processo di produzione si riverbera sui tempi d’uso del prodotto stesso che diviene scarto pur potendo ancora assolvere la sua 42
From the object that we use to the buildings, from the wastes to the materials, preparing the recycling consists in expressing the will in different ways, this means that obsolete buildings are considered as the centre of the action, buildings to which it should be given new compatible functional structures (reuse), rather than putting again in the productive cycle the wastes of the building activities, the use of objects-waste not biodegradable made by glass, plastics, aluminium, steel, but also the production of secondary materials (according to the rules that govern the chemical - industrial processes of the material recycling), the possibility of use and treatment of special wastes, the recycling of paper and cardboard and the treatment of the organic wastes by the composting. The list, surely not exhaustive, reveals as the recycling topic, become famous in the last decades and as object of wide sectorial discussions, should be connected to the phenomenon of the technological innovation: the metamorphosis of the processes or that is to say the passing from the hand-crafted production to the industrialization. A passage that really erased the perception and the reference that, in the handcrafted products, which means “created by man”, even very different one from the other, there was a process of transformation able to put the products in relation: the ability of recognizing the manual work and the times of the transforming process of the material of the same size. The objects of our contemporary time not only are different according to the product sector to which they belong, but also they come from technological universes each very far from the other. In particular the products that Ezio Manzini defines “istantaneous” and “performing and interactive objects” are, the firsts, consequence of very quick processes, while the seconds are the result of the
Riuso creativo da materiali di scarto edile: poltrona realizzata nel corso di RISCATTI – La Risorsa negli Scarti – Laboratori di co-creazione progettuale e pratica @ The Hub Siracusa, aprile 2012. | Creative reuse of building materials: armchair produced during RISCATTI – La Risorsa negli Scarti – Co-creation and design practice workshop @ The Hub Siracusa, april 2012. Coordinatore | Coordinator Franco Adorna Coordinatori laboratori | Workshop Coordinators Alessia Genovese, Aleksandra Jaeschke, Antonio Corselli Riscatti team Maria Sarafianou, Fabrizio Bruno, Giuseppe Scirè Banchitta, Chiara Torrisi, Giorgio Giunta, Gloria Di Paola, Giulio Raineri, Massimiliano Ossino
originaria funzione. “La decisione di scartare qualcosa non è affatto una decisione semplice. [...] E’ un rovesciamento dei valori. Una volta scartata, la cosa che un tempo era necessaria diventa immondezza o rifiuto. Ciò che una volta era prezioso ora è senza valore; ciò che era desiderabile ora repelle; ciò che era bello ora sembra brutto.” 3 Dall’incremento esponenziale degli scarti, dei rifiuti non decomponibili in tempi correlabili al tempo della vita umana e dalle possibilità simulate di metabolizzazione che l’indagine sulla possibilità di immissione degli scarti e dei residui in nuovi cicli produttivi ha preso le mosse. E, poiché il bisogno è uno straordinario motore della creatività, si è aperto un mondo nuovo di ricerca e sperimentazione. E poiché il problema del consumo ha investito il territorio e si è sovrapposto al tema dell’obsolescenza degli edifici, tutto ciò che dagli anni ’70 in poi si è prodotto nell’ambito delle esperienze di recupero edilizio ed urbano, confluisce oggi, concettualmente, nelle prassi connesse al riciclo. Per concludere questo breve ragionamento diviene utile sottolineare come una visione
assembling of instantaneous objects. What is very interesting to see is that the time dimension of the production process reflects on the times of the use of the product itself, product that becomes waste even though it can fulfil its original function. “The decision of throwing away something is not a simple decision. [...] It’s a reversal of the values. Once thrown away, the thing that was necessary in the past becomes scum and waste. What was once precious it is now without value; what was desirable now it repels; what was beautiful now seems horrible.”3 It is an exponential growth of the wastes, the emergency of the not biodegradable wastes in terms of a time related to the time of human life and to the fictitious possibilities of assimilation so that from here starts the research on the possibility of introducing the wastes in new productive cycles. And this is due to the fact that the need is an extraordinary engine of creativity. And because the consuming problem has hit the territory, it drowns out the problem of the obsolescence of the building; all that, from the seventies’ on, was produced in the area of the urban 43
bel&bel, Barcellona, sedia girevole ricavata dalla scocca di una Vespa. bel&bel, Barcelona, swivel chair by the body of a Vespa.
etica dei processi di trasformazione e dei comportamenti del vivere quotidiano sia divenuta centrale e da ritenersi imprescindibile, tanto da condurre all’attuazione di programmi capillari di sensibilizzazione e formazione dal basso. Una risposta alle conseguenze del consumismo, “vizio capitale collettivo, cui l’individuo non può opporre un’efficace resistenza individuale”4 cui si cerca di rispondere con la didattica di comportamenti collettivi socialmente corretti.
and building recovery experiences, and today it goes to the procedures related to the recycling. To sum up, this short reasoning becomes useful to see like a ethical vision of the transforming processes and of the daily life behaviours has become central and has to be considered unavoidable, so that it leads to the carrying out of the detailed programmes of the awareness campaign and the education from the low. An answer to the consequences of the consumerism, “capital mass vices, against which the human being cannot oppose an effective individual resistance”, vices to which one tries to answer with the didactics of the socially right mass behaviours.
1. Marco Elia, Strategie per una nuova definizione di cultura materiale, intervento al workshop | intervention in the workshop Spazio Teatro aprile 2011. 2. P. Ciorra, Per un’architettura non edificante, in P. Ciorra, S. Marini (a cura di) Re-Cycle, Electa, Milano, 2011, pag. 25. 3. G. Kubler, The shape of time, Yale University Press, 1972, trad | trans. La forma del tempo. La storia dell’arte e la storia delle cose, Einaudi, Torino, 1989**, pp. 94-95. 4. U. Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano, 2003 pg. 74. 44
Materiali Materials
Fasi del processo Phases of the process
Separazione | Parting
VETRO Postconsumo GLASS Post consumption
Prodotti Products Bottiglie | Bottles Contenitori per alimenti | Food jars Lana di vetro | Fiberglass Vetro cellulare espanso | Cellular glass foam Fibra di vetro | Glass fiber Oggettistica | Furnishing items
Vantaggi ambientali Environmental benefits
Riduzione estrazione materie prime 3.025.000 t (2011) | Reduction extraction of raw materials 3.025.000 t (2011)
Frantumazione | Shredding Recupero parti metalliche | Metal recovery Aspirazione residui di carta e plastiche | Paper and plastic extraction
Risparmio energetico 1.567.139 MWh (2011) | Energy saving 1.567.139 MWh (2011)
Lavaggio | Washing Riduzione emissioni gas serra 1.931.403 t di CO2 equivalenti (2011) | Reduction CO2 emissions 1.931.403 t
Trasporto vetrerie | Carriage to glass factories Fusione | Amalgamation
Stallonatura | Bead breaking
GOMMA Pneumatici fuori uso RUBBER Used tires
Polverino per suole | Powder for shoes Granulato per tappeti | Granules for carpets Polverino per lastre | Powder for plates Granulato per piastrelle | Granules for tiles Granulato per pavimenti | Granules for flooring Polverino per gomme piene | Powder for solid tires Granulato per insonorizzazione | Granules for soundproofing panels
Riduzione emissioni gas serra 297.583 t di CO2 equivalenti (2010) | Reduction CO2 emissions 297.583 t
Prima triturazione | First shredding Seconda triturazione | Second shredding Separazione fili acciaio | Steel wires separation Macinazione | Grinding Separazione fibre tessili | Textile fibers separation Imballaggio big-bag | Packing big-bag Polverizzazione | Pulverization Imballaggio | Packaging
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Riciclo per la scena: operare su testi, ri-utilizzare oggetti
Recycle for the stage: working on plays, re-using objects
Vittorio Fiore
“ [...] quando la pratica teatrale diventa coacervo di forme d’arte diverse, la letteratura e gli Dei ed Eroi della Storia con la S maiuscola si trasformano in ganci, in amplificatori di epicità contemporanea. Per far questo l’attività rabdomantica per rintracciare scorie eroiche nelle esperienze dei nostri giorni è la prassi. Concepire uno spettacolo ispirato ad un capolavoro letterario significa riflettere sul peso che la corrente comunicante tra noi e la lontananza mitica genera. [...] Nella decostruzione di qualunque elemento stabilizzante, si sfronda l’apparato classico lasciando nitida la voce dello sforzo che facciamo oggi. In un simile riciclaggio, sigillo dell’estetica postmoderna, possiamo raccontare la ferocia della nostra personale lotta contro i Mulini, bianchi e non a vento”.
“[...] when the theatre practice becomes a mass of different art forms; Literature and Gods and Heroes of the History with Capital H change into hooks, into amplifiers of the contemporary epic. This dowsing activity to discover heroic wastes in our daily experiences is the procedure. Conceiving a show inspired by a literary masterpiece means to think about the weight that the communicating stream between us and the mythic distance generates. [...] In the deconstruction of any steadying element, the classic apparatus is trimmed down leaving clear the voice of the effort that we make today. In a similar recycling, the postmodern aesthetics seal, we can tell the fierceness of our personal fight against the Mills, white mills and not windmills”.
ricci/forte, 20101
ricci/forte, 20101
Riciclo di testi RI-USO, RI-CICLO, RI-DUZIONE, sono termini che in virtù della particella RI indicano il ripetersi di un’azione che nella produzione artistica, e nello specifico teatrale, si riferisce ad un nuovo uso, un nuovo ruolo in un ciclo, una trasformazione che spesso non lascia più intuire la materia primigenia. Riferiti ai testi come materiale drammaturgico i termini in apertura possono indicare
Ricycle of texts RE-USE, RE-CYCLE, RE-DUCE, are terms that, thanks to the RE particle, point out the repetition of an action that, in the artistic production, and in particular in theatre, refers to a new use, a new role in a cycle, a transformation that more and more often doesn’t allow anymore to grasp the meaning of the primigenial matter. Referring to the texts as dramatic materials,
Macadamia nut brittle, 2009, di ricci/forte, regia S. Ricci, produzione Garofano Verde/Festival Internazionale Castel dei Mondi, foto V. Antonelli. | Macadamia nut brittle, 2009, of ricci/forte, direction S. Ricci, production Garofano Verde/ Festival Internazionale Castel dei Mondi, photo V. Antonelli. 47
un loro ri-adattamento, tra contaminazioni e trasposizioni; il confluire di materia verbale in un plot narrativo, proveniente da più opere anche non teatrali ma accomunate da temi ricorrenti non sempre dichiarati, può fornire appigli riferibili a vari autori, a vari generi testuali, ad elaborazioni teoretiche, a spunti musicali, poetici, artistici; anche l’individuazione di situazioni ed eventi, comuni denominatori di un tema dichiarato o di cui aleggia la presenza, comporta spesso un attraversamento trasversale del plot tra tempi e luoghi; questo ri-uso della materia scritta e della parola può assumere l’aspetto della ri-lettura, della ri-scrittura, o anche del re-make o del re-mix, sfociando in prodotti drammaturgici altri, nei quali nuova linfa vitale percorre testi arcaici, classici, anche mescolati e ricondotti a una nuova forma. Queste operazioni di riscrittura avvengono da sempre: pensiamo, ad esempio, a quanto Shakespeare ri-leggesse i classici, le tragedie senechiane che prestarono alle sue “una rappresentazione diretta dei delitti”, la potenza archetipa dei personaggi, confluiti in strutture di estrema modernità2; un altro esempio per tutti von Hoffmanstall che rivisita l’Elettra sofoclea in un mix di brani tradotti e nuovi inserti per “una versione psicoanalitica” del tema mitologico (1903)3, ri-ciclata ancora dallo stesso autore con piccole modifiche per il libretto dell’opera omonima di Strauss (1909). La materia del passato offre infinite possibilità con integrazione del “presente”. Questo scavo analitico, questo ri-plasmare materiale testuale esistente, questa ricerca ad ampio raggio restituisce opere contaminate, costituite da frammenti che prendono nuova vita, spesso prima in scena per brandelli, prove di laboratorio, poi in forma scritta. I prodromi del ri-ciclo nella messinscena risalgono non solo ad autorevoli autori, ma nel secondo novecento a pionieri della moderna 48
the terms above can show their re-adjustment, between contaminations and transpositions; the flowing of the verbal matter into a narrative plot, coming from more works, not only plays, all having in common recurrent topics not always told, can give links concerning different authors, several text genres, theoretic elaborations, musical, poetical and artistical inspirations; also the detection of situations and events, common denominators of a declared topic or of a topic whose presence is in the air, often implies a passing through the plot in terms of times and places; this re-use of the written and word matter can take the appearance of the re-reading, of the re-writing, or even of the re-making or remixing, giving light to other dramatic products, in which new life blood runs through arcaic texts, through the classics, even mingled and led to new shape. These operations of rewriting have always existed: let’s think, for instance, of how much Shakespeare could re-read the classics, the senecan tragedies that lent his works “a direct representation of the crimes”, the archetype power of the characters, joined in structures of extreme modernity2; another example von Hoffmanstall who rewrites the Sophocles’ Electra in a mix of translated texts and new inserts for “a psycoanalitic version” of the mythological topic (1903)3, re-cycled again by the same writer with little changes for the booklet of the Strauss homonymous work (1909). The past offers endless possibilities of integration with the “present”. This analytic digging, this re-molding the existing textual material, this long-range searching give back contaminated works, made by fragments that acquire new life, they are often put on stage by pieces in laboratory tests. The prodromes of the re-cycling in the stage date back not only to authoritative authors, but also, in the second half of
regia europea, quali ad esempio Strehler, Brook, Vitez, Ronconi, Bene, Wilson, o ancora Kantor, Stein, Chéreau, che re-interpretando i testi li hanno ridotti, asciugati in nuove personali scritture. Tali operazioni di recupero a volte ri-percorrono anche l’intera produzione di un autore, con massimi risultati se si pensa ad esempio alla lettura di Brecht operata da Strehler, o di Marivaux attraverso Chéreau. La ri-lettura di classici può essere decodificata anche alla luce di altri autori, ritrovando ricorrenza di caratteristiche umane e tematiche che preludono a sintesi effettuate inseguendo l’anima e il pensiero degli autori o dei personaggi, ri-leggendo tra le righe del testo. Molti gli autori del teatro contemporaneo che ripercorrono i classici o ne assorbono l’essenza restituendoli in chiave attuale: un caso è Sarah Kane, nelle cui opere la scena è definita “luogo del conflitto”. In una fortissima tensione che aleggia sugli eventi vengono rivisitate “le aberrazioni del XX secolo“ e “immaginate” quelle per il XXI. La Kane riprende le efferatezze elisabettiane del Re Lear piuttosto che del Tito Andronico shakespeariani (Blasted, 1995) o per la Phaedra’s love (1996), l’opera di Seneca (Fedra), a sua volta ripresa dal modello euripideo (Ippolito) ed ispiratrice del poeta Racine (1677); sono le parole di questi classici che inducono le azioni violente: può parlarsi di “ineluttabilità linguistica”4. Immagini antiche già “viste in tutte le grandi epoche dell’arte: in Grecia, nel teatro giacobita, nel Nô e nel Kabuki” vengono modificate con un’operazione, comune a tutti gli artisti: “riportare l’antico immaginario, modificato e non, dentro la loro epoca”5. Interessanti ricicli, che prendono spunto in modo diretto -o come semplice suggestione- da altrettanti classici della letteratura del cinema e della musica, sono operati da Mark Ravenhill in Spara/trova il tesoro/ripeti, un ciclo di 17 brevi testi. “Il nucleo tematico, di volta in volta
the XX century, to pioneers of the European direction, such as for example Strehler, Brook, Vitez, Ronconi, Bene, Wilson, or also Kantor, Stein, Chéreau, who by re-interpreting the texts reduced them. These recovering operations sometimes retrace also the whole production of a writer, with the maximum results, if we think, for example, of the interpretation of Brecht made by Strehler, or of Marivaux by Chéreau. The re-reading work of the classics can be decoded even thanks to other authors, finding again re-courses of human and thematic features that announce a synthesis made by chasing the soul and the thought of the authors or of the characters. Many of the authors of the contemporary theatre interpret the classics or absorb the essence of them giving them back under a current key to reading: an example is Sarah Kane, in her works the stage is defined “place of conflict”. In a harsh tension that one can feel from the events, “the aberrations of the XX century” are re-interpreted and those for the XXI are “imagined”. Kane focuses on the Elisabethan cruelties of King Lear rather than the Shakespearean Titus Andronicus’ ones (Blasted, 1995) or on Phaedra’s love (1996), Seneca’s work (Fedra), again taken by the Euripides model (Ippolito) and inspiring the poet Racine (1677). The words of those classics instigate cruel actions: we can talk about “linguistic ineluctability”4. Old images already “seen in the great ages of Art: in Greece, in the Jacobite theatre, in the Nô and in the Kabuki” are changed with an operation, common among every artist: “to bring the old imaginary, modified or not, back to their age”5. Interesting re-cycles, that take inspiration in a direct way from more classics of the cinema and music literature, are achieved by Mark Ravenhill in Shoot/Find the treasure/Repeat, a series of 17 short texts. “The thematic nucleus, each time inflected in a different way 49
declinato in maniera differente per punto di vista, protagonisti, ambientazione, è la guerra al terrorismo di matrice islamica messa in atto dall’Occidente dopo la strage dell’11 settembre 2001”6. Vengono ri-ciclati soprattutto i titoli: l’Odissea, piuttosto che Delitto e castigo o Guerra e pace o Paradiso perduto sono alcune delle suggestioni ri-usate per parlare d’altro, insieme a classici del teatro (La madre), a tragedie (Le troiane), a film (Nascita di una nazione, Donne in amore), alcuni messi in scena in Italia magistralmente da Fabrizio Arcuri con l’Accademia degli Artefatti. Sceneggiatori e autori come ricci/forte affermano di operare per i loro testi teatrali, vero campo della loro ricerca, più che un ri-ciclo una trasduzione: nomi ri-presi dai classici, dai miti del passato, testi della drammaturgia universale, che offrono ai protagonisti identità e trame da affondare nella quotidianità7. E’ allo spettatore che ricci/forte affidano il rimontaggio: chi assiste “si trova al cospetto di una frantumaglia, reperti sparsi ovunque, qualcosa che sembra non sappia decifrare: poi come fossero tasselli, tessere di un mosaico, pian piano comincia a comporli, ad individuare il senso, a costruire una propria visione dello spettacolo”8. Questa coppia di drammaturghi, mutuando linguaggi da altri ambiti, in un ri-ciclo definito mash-up (termine anch’esso riciclato, utilizzato per definire un mix musicale che porta a nuove forme) lavora ad una riscrittura corale, laboratoriale, svolta con gli attori partendo da un oggetto concreto preesistente, cioè un autore classico o contemporaneo. Si ri-utilizza questo materiale, “in un percorso che è di destrutturazione di quanto esiste già”, cercando di servirsi di tutto ciò che può servire “per parlare [...] di quel che accade adesso, nel nostro tempo”. Ripercorrendo ancora le parole di ricci/forte: “frantumiamo e ricostruiamo, in altro modo, ossia nel modo in cui si può parlare adesso a chi sta guardando. 50
according to the point of view, to the characters, the setting, is the war against the Islamic terrorism led by the Occident after the massacre of September 11th, 2011”6. Especially the titles are re-cycled: the Odissey, rather than Crime and Punishment or War and Peace or Paradise Lost are only some of the suggestions reused to talk about other things, together with a classic theatre (The mother), dramas (The Trojans women), movies (Birth of a nation, Women in love), some put on stage by Fabrizio Arcuri with the Accademia degli Artefatti. Scriptwriters and authors like ricci/forte state that they work only for their stage texts, true field of their research; it is more than a re-cycle, it is a transduction: names re-taken from the classics, from the myths of the past, texts of the universal dramaturgy, that offer the protagonists identities and plots to deal with in everyday life7. Ricci/forte leave to the spectator the re-assemblage work: the person who attends the show “is in the presence of fragments, of findings scattered everywhere, something that apparently he can’t decode: then, as if they were pieces, fragments of a mosaic, slowly begins to put them together, to detect the meaning, to build his own vision of the show”8. This couple of playwrights, borrowing languages from other areas, in a re-cycle operation defined mash-up (the same word is recycled, used to define a musical mix) work for a choral and laboratory re-writing, carried on with the actors starting from a real existing object, which means a classical author or a contemporary one. This material is used, “in a way that it is a sort of deconstruction of what already exists”, trying to use all that can be used “to talk [...] about what happens now, in our time”. Going along with the words of Ricci/Forte: “we break into pieces and build again in a different way, that is in the way in which we can talk now to whom is watching. There is no celebration of
Non c’è celebrazione dell’oggetto preesistente, che si dissolve, ma cerchiamo e utilizziamo l’essenza, quel che resta dopo l’eruzione”. La varietà di linguaggi è giustificata da come “una parola che si presta all’uso che serve [...] può diventare concreta o lanciarsi in un volo poetico”9. Fertili contaminazioni derivano anche da rapporti regista/drammaturgo contemporaneo, con trasposizioni da diversi linguaggi (teatrali e non) nella “scoperta di un substrato comune che dividiamo con maestri lontani nel tempo e nello spazio”10, da rielaborare in un nuovo testo con l’uso della citazione, della elencazione, della ripetizione con incursioni e intrusioni da epoche e mondi diversi che istillano nel prodotto freschezza e novità. Binomi di grande significatività nei lavori storici di Chéreau con Genet (Le paravents, 1966) o con Koltès (Combat de nègre et de chiens, 1983) in Francia11, oppure di Ronconi che si accompagna ad Edoardo Sanguineti nella famosissima riscrittura dell’Orlando Furioso (1969), a Dacia Maraini nei lavori del Laboratorio di Prato, ad Alessandro Baricco –con il contestato e mai pubblicato Davila Roa (1997)– o ancora più di recente a un’economista, Giorgio Ruffolo con Lo specchio del Diavolo (2006)12. Feconde le sinergie tra Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri nei lavori del Teatro Valdoca, tra Antonio Latella e Federico Bellini, Linda Dalisi o Letizia Russo al Teatro Nuovo di Napoli, così come il tandem Claudia Sorace/Riccardo Fazi di Muta Imago, sodalizi nei quali i ruoli, comunque definiti, sono frequentemente oggetto di reciproche contaminazioni. Gli spettacoli acquistano un nuovo filo conduttore che riammaglia frammenti di testi, a volte con un comune tema, suggestioni e citazioni in una drammaturgia derivata, declinata su nuovi registri. Ed è così che si assiste a contaminazioni contemporanee: riciclo, ri-scrittura, remake, re-mix, trasposizioni da poesia (Latella
the pre-existing object, which dissolves, but we try and use the essence, what remains after the eruption”. The truth of the languages is justified by how “a word can be applied properly for what is necessary”, but also how “it can become real or take a poetical flight”9. Rich contaminations come from the relationships between director/contemporary playwright too, with a transposition of different languages (theatrical and not) in the “discovering of a common substratum that we share with masters far in time and in space”10, in order to re-elaborate it in a new text with the use of quotation, of the enumeration, of the repetition with incursions and intrusions of different ages and worlds, which give to the product freshness and novelty. We can see these binomials of great meaningfulness in the hystoric works of Chéreau with Genet (Le paravents, 1966) or Koltès (Combat de nègre et de chiens, 1983) in France11, or in Ronconi who goes along with Edoardo Sanguineti, in the very famous rewriting of the Orlando Furioso (1969); and with Dacia Maraini in the works of the Prato’s workshop; and with Alessandro Baricco -or with the questioned and never published Davila Roa (1997)- or, even more recent, with the economist, Giorgio Ruffolo in Lo specchio del Diavolo (2006)12. Riches are the synergies between Cesare Ronconi and Mariangela Gualtieri in the works of the Valdoca Theatre, between Antonio Latella and Federico Bellini, Linda Dalisi or Letizia Russo at the New Theatre of Naples, or the tandem Claudia Sorace/Riccardo Fazi of Muta Imago, these associations in which the roles, defined though, are frequently object of mutual contaminations. The shows acquire a new main theme that link fragments of different texts, sometimes with a common theme, suggestions and quotations in a derived dramaturgy, inflected on new registers. It is in this way that we witness to the contemporary 51
/I trionfi – da Giovanni Testori), da opera lirica (Latella/Don Giovanni - da Mozart), da libri (Emanuela Giordano La Commedia di Orlando da Orlando di Virginia Woolf, Latella/Don Chisciotte- da Cervantes); contaminazioni tecnologiche con l’uso del video (Barberio Corsetti con la sua trilogia su Kafka: Descrizione di una battaglia, De noite, Durante la costruzione della muragluia cinese, Fabrizio Crisafulli/ Accessibile agli uomini – da Ingeborg Bachmann o Le addormentate – da Yasunari Kawabata, Balzola/La fattoria degli anormali – dalla Fattoria degli animali di Orwell); elaborazioni da drammatici accadimenti reali (Muta Imago/ Lev, Pippo Delbono/La menzogna, John Logan/Rosso, Rabin Mrouè e Lina Saneh/19 33 Tours et quelques secondes) partiture su aspetti della contemporaneità (Emma Dante e la trilogia Carnezzeria, ricci/forte ed il tema della post-adolescenza in Macadamia Nut Brittle o altre problematiche senza “lieto fine”, a partire da spunti narrativi di fiabe, Grimmless), suggestioni dalla pittura (Anagoor con Laura Curino che traggono dalla famosa tela di Giorgione, La tempesta una piéce omonima), dalla musica, dall’arte. Ormai noti i lavori della Raffaello Sanzio Societas tratti dall’Amleto (Amleto. La veemente esteriorità della morte di un mollusco, 1992), dall’Orestea (Orestea. Una commedia organica?, 1995) o dal Giulio Cesare (1997). Per Amleto Romeo Castellucci non concede nulla alla tradizione e non una sola frase dell’Amleto è pronunciata in scena. È lo stesso Castellucci che spiega la trasduzione della parola dal testo alla materialità della scena: “La parola aveva questo ingombro, esattamente il peso di un corpo, ma non per questo abbiamo fatto un lavoro di cancellazione del testo. Al contrario è stato fatto un lavoro di profondità, fino a farlo riassorbire. Là dove è cancellato ritorna in forma fantasmatica, di sogno inconsapevole, di scelte estetiche”13. Quindi 52
contaminations: recycle, re-writing, re-make, re-mix, transposition from poetry (Latella /I trionfi – by Giovanni Testori), from Opera (Latella/Don Giovanni - by Mozart), from books (Emanuela Giordano The comedy of Orlando from Orlando by Virginia Woolf, Latella/Don Chisciotte- by Cervantes,); technological contaminations with the use of the video: Barberio Corsetti with his trilogy on Kafka: Description of a battle, De noite, During the construction of the Chinese Walls, Fabrizio Crisafulli/ Accessible to men – by Ingeborg Bachmann or The sleeping women – by Yasunari Kawabata, Balzola/Abnormal farm – from Animal farm by Orwell); elaborations from real dramatic events (Muta Imago/Lev, Pippo Delbono/ The lie, John Logan/Rosso, Rabin Mrouè and Lina Saneh/19 33 Tours et quelques secondes); scripts on contemporary elements (Emma Dante and the Carnezzeria trilogy, ricci/forte and the topic of the post-adolescence in Macadamia Nut Brittle or other problems without a “happy ending”, starting from narrative features of tales, Grimmless); suggestions from the painting (Anagoor with Laura Curino who create, from the famous Giorgione canvas The tempest, an homonimous piéce); from music, from art. The already known works of the Raffaello Sanzio Societas are taken from the Hamlet (Amleto. 1992), from Orestea (Orestea. Una commedia organica?, 1995) or from Giulio Cesare (1997). For the Hamlet Romeo Castellucci doesn’t leave anything to the tradition and not a single sentence of the Hamlet is pronounced in the stage. It is the same Castellucci who explains the transduction of the word from the text to the materiality of the stage: “The word had that obstruction, exactly the weight of a body, we worked not for this but for erasing the text. On the other hand, it had been carried a work of profundity, until it was absorbed. Where the text is deleted,
Grimmless, 2011, di ricci/forte, regia S. Ricci, foto V. Giordano. Grimmless, 2011, of ricci/forte, direction S. Ricci, photos V. Giordano.
Amleto rimasto prigioniero della domanda alla quale non sa dare risposta, “essere o non essere”, vive in una gabbia che esiste a prescindere dalla presenza di chi assiste allo spettacolo. Anche Antonio Latella dilaterà lo studio su Amleto (2008) portandolo ad un vero e proprio laboratorio in 11 quadri, dove ogni personaggio deve rispondere alla domanda essere o non essere. In chiusura ancora una recentissima operazione di riciclo di Latella: “Francamente me ne infischio” (scritto con Linda Dalisi e Federico Bellini) che ricava cinque movimenti da Via col vento di Margaret Mitchell, con molteplici contaminazioni e citazioni da altre realtà cinematografiche ed artistiche14. Il primo capitolo, “Twins” diventa così una sorta di prologo dell’intero lavoro, un punto di vista sull’America che ha esso stesso le caratteristiche del sogno: si tratta di schegge, frammenti di memoria e suggestioni che affiorano alla mente di Rossella15.
it comes back in the phantasmal shape of an unaware dream, of aesthetic choices”13. So, Hamlet, stuck in the question which he cannot answer to “to be or not to be”, lives in a cage that exists apart from the presence of whom attends the show. Even Antonio Latella will enlarge the study on Hamlet (2008) bringing it to a true and authentic laboratory through 11 paintings, where each character shall answer to the question to be or not to be. In the closing, again, it can be seen a very recent operation of recycle of Latella: “Honestly speaking I don’t care about it” (written with Linda Dalisi and Federico Bellini) where he obtains five shifts from Gone with the wind of Margaret Mitchell, with many contaminations and quotations from other cinematographic and artistic realities14. The first chapter, “Twins” becomes a sort of prologue of the work, a point of view towards America, a prologue that has got the features of a dream: it is about fragments of memory that emerge in the mind of Rossella15.
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Riciclo di oggetti E’ meno complesso definire i termini del ri-ciclo applicati nella scenografia teatrale, dove spesso oggetti vengono riutilizzati, scorie di magazzino a volte sono ripetute in gran numero a formare moltitudini, oggetti isolati sono utilizzati come metonimia, come a rimarcare un concetto o un’entità che domina la partitura restituendole l’aura; infine la ripetizione e ri-esposizione vanno anche a formare per somma, accostamento o accatastamento delle texture, dove si perdono i connotati dei singoli oggetti e si delineano nuove immagini, che dell’oggetto primigenio conservano la forma moltiplicata, modulo di un grande puzzle dove un salto di scala lo renda abitabile. Non posso fare a meno di citare le esperienze ronconiane dove Margherita Palli o Giovanni Montonati sperimentano scenografie tramate “d’oggetti trovati e di reperti riciclati. Si pensi allo splendido skyline di mobili da soffitta, periclitante palcoscenico-nido per la Cenerentola (M. Palli, 1998) pesarese”16, alle porte, apparentemente accatastate, disposte in un meccanismo scenografico, un impiantito con botole praticabili, che allude al brulicante tessuto urbano napoletano; su questo parterre si riconoscono banchi di scuola, una testiera di letto, scale, scalette, orologi e alambicchi d’alchimista per il Candelaio di Giordano Bruno (G. Montonati, 2001); ne i due gemelli veneziani (M. Palli, 2001) al Piccolo Teatro Grassi “la scena è costruita con armadi e specchi disposti secondo fughe e corridoi: una scena obliqua, ad esaltare il concetto del doppio, classica e barocca insieme, nella sua monumentalità cimiteriale che avvolge, soffoca, inghiotte i personaggi e la vicenda stessa. Un vero labirinto domestico in cui gli interni e gli esterni si mescolano rivelando tutta la loro artificialità”17. Infine come non ricordare le carcasse d’auto da sfascio che invasero il Teatro Greco di 54
Recycle of the objects It’s less complicated to define the terms of re-cycling applied to the theatre stage, where often objects are reused, store wastes sometimes are repeated in a wide number to make multitudes, isolated objects are used as metonymy, as to underline a concept or an entity that dominates the script giving it back the aura; in the end the repetition and re-exposure will form, by adding, a combination and a stacking of the texture, where the single objects loose their connotations and new images come out, images that maintain a multiplied form of the primigenial object, a module of a great puzzle where a scale leap makes it livable. I can’t begin without mentioning the experiences following the Ronconi style where Margherita Palli or Giovanni Montonati experiment with scenographies created “with found objects and recycled findings. Let’s think of the fantastic skyline of the ceiling furniture, of the tumbledown stage-nest for the Cinderella coming from Pesaro”16, of the doors, apparently heaped, placed in a way to create a stage mechanism, a structure with workable trapdoors, that hints at the swarming urban fabric of Naples; in this parterre we can recognize even the school desk, the bed head, the stairs, the stepladders, the watches and the alchemist’s stills in the Candelaio by Giordano Bruno (G. Montonati, 2001); in the Venetian Twins (M. Palli 2001) at the Piccolo Teatro Grassi “ the scene is built with cupboards and mirrors put in places like escapes and corridors: an oblique scene, to enhance the concept of the double, classic and baroque together, in its cemetery monumentality wrapping around, suffocates, swallows the characters and the same story. A true domestic labyrinth where the interiors and the exteriors are mixed disclosing all their artificiality.”17
Francamente me ne infischio. Twins 1, 2011, di F. Bellini, L. Dalisi e A. Latella, regia A. Latella, scene e costumi M. Di Napoli e G. Pepe, produzione Stabile/Mobile Compagnia Antonio Latella in collaborazione con ERT/ Vie Scena Contemporanea. Francamente me ne infischio. Twins 1, 2011, of F. Bellini, L. Dalisi and A. Latella, direction A. Latella, scenes and costumes M. Di Napoli and G. Pepe, production Stabile/ Mobile Compagnia Antonio Latella in collaboration with ERT/Vie Scena Contemporanea.
Siracusa, dove la Palli concepì un ”ingorgo di macchine che trasportano il mondo dei morti di laggiù, pronti a guardare” nelle Rane aristofanee (2002)18. Porte e finestre nella Medea riscritta da Emma Dante che adatta il testo di Euripide. I singoli elementi, montati su carrelli, si dispongono come quinte o si compongono gerarchicamente (dove la più alta con una croce è il tempio) alludendo alle case di Corinto (F. Lupo, 2004), rovine abitate solo da uomini con nomi e abiti femminili19. Lascia al luogo interpretazioni ed integrazioni Don Chisciotte di Federico Bellini, regia di A. Latella, da Cervantes. I libri sono scelti non solo nella quantità e nel significato assunto dell’oggetto, ma nei titoli; determinati titoli sono fondamentali nella formazione, divenendo un mezzo per la libertà, un “nutrimento della mente e del corpo”, “strade da percorrere”; sono l’elemento emblematico di cui Sancio Panza imbottisce Don Chischiotte “trasformandolo in una sorta di kamikaze pronto a deflagrare sulla scena, con tutta la sua metaforica potenza”20. La precarietà e la instabilità sono
All in all, it must be remembered the cars’ wrecks that invaded the Greek Theatre of Syracuse, where Palli thought of a “traffic jam with cars that carry the deads’ world over there, deads ready to look” in the Aristophanes’ Frogs (2002)18. Doors and windows in the Medea, rewritten by Emma Dante who adapts the Euripides’ text. The single elements, built on carriages, are disposed as backstage or they are organized in a hierarchy (where the highest with a cross is a temple) referring to the houses of Corintus (F. Lupo, 2004) ruins, inhabited only by men with women’s dresses and names.19 It gives room for interpretations and integrations the Don Chisciotte of Federico Bellini, directed by A. Latella, from Cervantes. The books are chosen not only for the quantity and for the meaning that the object takes, but also for the titles, some specific titles are fundamental in the making of, becoming a mean for freedom, “body’s and mind’s nourishment”, “roads to walk”; they are the emblematic element that Sancio Panza uses to stuff Don Chisciotte “making him a sort of kamikaze ready to blow up on the stage, with 55
caratteristiche ottenute dall’uso di elementi non finiti o ri-ciclati. Giorgio Barberio Corsetti, per un suo nuovo ritorno a Kafka, ne mette in scena la versione completa de Il Castello. Spettacolo itinerante all’esterno del Teatro India di Roma, dove il profilo del Gasometro partecipa alla sintassi sinistra e visionaria21; gli attori portano in scena le enormi quinte di cartoni, scatoloni e assi di legno con cui di volta in volta allestiscono “pericolanti scenari” nei quali gli spettatori li seguono cercando di accaparrarsi scomode postazioni per seguire lo spettacolo. La precarietà dei praticabili, la sua instabilità si riferiscono e sottolineano quella esistenziale del protagonista. “I piazzati di cartone semoventi, le assi di legno, i video (dello stesso Corsetti con Massimo Troncanetti, n.d.r.) gli scenari distrutti, [...] lasciano trapelare il non detto, svelando la finzione e moltiplicando i piani di visione, come nel gioco delle scatole cinesi”22. Ne il burbero benefico di Carlo Goldoni, Matteo Tarasco opera un doppio riciclo. Reinterpreta il settecento con contaminazioni anni ’70, rivisita le musiche degli Abba ed abiti luccicanti che condensano il look delle star del pop con quello di dame e cavalieri, attraverso quelli che sono i caratteri che li accomunano. “Un mondo colorato ed eccessivo, pieno di sfarzo e vuoto di valori, dove la sordida fluorescenza prende il sopravvento, trasformando le persone in Cartoon grotteschi” (Cfr. programma di sala). Compone un’articolato praticabile in pallet utilizzando il modulo come elemento che, disposto verticalmente, crea parete, dove le “maglie” più larghe lasciano passare luci ed intravedere altri ambienti, altre sagome in una girandola di scene contemporanee. Un unico oggetto di riciclo viene declinato in tutte le possibili giaciture e assemblaggi, mostrando quanto può essere versatile questo modulo utilizzandone al meglio prestazioni, texture e resistenza. 56
all his metaphorical power”20. Precariousness and instability are features obtained by using the unfinished or recycled elements. Giorgio Barberio Corsetti, for one of his new coming back to Kafka, puts on stage the complete version of The Castle. Itinerant show in the exteriors of the India Theatre of Rome, where the profile of Gasometro participates in the dark and visionary sintaxis21; actors bring to the scenes the big backstage of cardboards ,big boxes and wooden boards with which, from time to time, “dangerous sceneries” are mounted, those sceneries where the audience goes after the actors trying to take uncomfortable positions to follow the show. The precariousness of the platform underline the existential ones of the protagonist. “The semi-moving structures of paperboards, the wooden boards, the videos the broken, lopsided sceneries reveal the unsaid, disclosing the fictious and multiplying the plans of vision, as in the game of the chinese boxes”22. In Il burbero benefico by Carlo Goldoni, Matteo Tarasco makes a double recycle. He reinterprets the XVIII century with contaminations from the 70’s, he revisits Abba’s musics and glittering dresses that concentrate the look of the pop stars with that of the ladies and knights, through those features that they have in common. “A world full of colours and excessive, full of pomp and empty in values, where the dirty fluorescence overcomes everything, changing people into grotesque Cartoon”. A structured platform of pallet using the module as the constituent element that, put in vertical, creates a screen effect, where the largest “meshes” let pass lights and shapes, silhouettes in the rotating contemporary scenes. Only a recycled object is declined in all possible positions, assemblages and solutions, whose texture and resistance performances are best used.
Il burbero benefico, di C. Goldoni, 2010, regia M. Tarasco, produzione Compagnia Moliere - Arte e Spettacolo Domovoj - Bonvoyage Produzioni. | Il burbero benefico, of C. Goldoni, 2010, direction M. Tarasco, production Compagnia Moliere - Arte e Spettacolo Domovoj - Bonvoyage Produzioni.
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22.
F. Ruffini (a cura di), Mash-up Theater. ricci/forte, Editoria & Spettacolo, Riano (Roma) 2010, pp. 28-29. G. Bevilacqua, M. Udina, Dizionario del teatro. Autori,opere e parole, Newton & Compton, Roma 2004, p. 107. Ivi, p. 302. L. Scarlini, Introduzione, in S. Kane, “Tutto il teatro”, (trad. it. Di B. Nativi), Einaudi, Torino, 2000, pp. V-VI. E. Bond, A blast to our smug theatre, in «The Guardian», 28/1/1995, citato in L. Scarlini, op. cit., p. XI. V. Ravera, L’Occidente alle crociate. Riflessi di morte in 17 pièces, in «Hystrio», n. 1, 2010, p. 93. Ruffini F. (a cura di), op. cit., p. 28. Stefano Ricci, in A. Porcheddu (a cura di), ricci/forte. Macadamia Nut Brittle, Titivillus, Corazzano (Pisa), 2010, p. 36. Ivi, p. 37. E. Barba, Aldilà delle isole galleggianti, Ubulibri, Milano, 1990, p. 7. Cfr. G. Poli, Scena Francese nel secondo novecento. II. Antoine Vitez – Patrice Chéreau, Titivillus, Corazzano (Pisa), 2010. G. Ruffolo, Lo specchio del diavolo. La storia dell’economia e dal paradiso terrestre all’inferno della finanza, Einaudi, Torino, 2006. R. Castellucci, intervista a cura di | interview by P. Ruffini e C. Chinzari in Nuova Scena Italiana. Il teatro dell’ultima generazione, Roma, Castelvecchi, 2000, pag. 99. R. Rizzente, Francamente me ne infischio. 1. Twins, 2. Atlanta, in «Hystrio», n. 1, 2012, p. 83. Cfr. Federico Bellini in www.antoniolatella.com . Cfr. M. Vallora, Un maestro all’opera, in «Venezia. Musica e dintorni», n. 45, 2012, p. 11. Ivi, pp. 35-40. Cfr. M. G. Gregori, Luca Ronconi al Piccolo, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, 2009. Cfr. E. Dante, Medea, pubblicazione di sala, 2004; F. Quadri, Medea eroina poco tragica nella città degli uomini, «La Repubblica» 2 febbraio 2004. S. Maraucci, Viaggio ai confini della realtà con don Chisciotte e il dott. Sacks, in «Hystrio», n. 2, 2010, p. 85. S. Battisti, Il Castello di Giorgio Barberio Corsetti, in «Teatro contemporaneo e Cinema», anno IV, n. 11, 1012, p. 122. R. Rizzente, Nei meandri del castello Corsetti perde Kafka, in «Hystrio», n. 4, 2011, p. 69. 57
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Performance tra arte e teatro
Performance between art and theatre [...] credo che ricevere un testo che viene da cosÏ lontano, significhi sopra ogni cosa cantarlo con la musica che è nostra. A. Baricco, Omero, Iliade, premessa, 2004
Fabrice Lambert, Solaire, Firenze-Fabbrica Europa, 2011. Progetto Focus on Art and Science in Performing Arts (ph. Philippe Gladieux). 59
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Stream, citazioni e riciclo Dentro e oltre il postmoderno: alcuni appunti, alcuni esempi
Stream, quotes and recycling
Inside and over the postmodern: notes and examples
Paolo Ruffini
Colui che ascolta attentamente non vede W. Benjamin
He who listens carefully doesn’t see W. Benjamin
0 | Nel quadro delle esperienze della scena contemporanea italiana, occupata in questi anni recenti a riformulare il proprio codice linguistico nel superamento della mera elaborazione concettuale e lavorando sia in termini di accumulo che di dilatazione dei segni per chiasmo interpretativo, ricorrenti sono i richiami persino espliciti a immaginari già riferiti o a vere e proprie citazioni che si organizzano in partiture di un fare spettacolo dove sembrerebbe «che al posto di uno spazio elaborato consapevolmente dall’uomo, c’è uno spazio elaborato inconsciamente»1. In questo quadro dunque si opera ancora in direzione di una sintesi degli elementi più disparati e spesso nemmeno cooptati da altre discipline o da componenti parziali di queste, anzi portando sulla scena malattia, disturbo o incrostazioni dell’esistenza non immediatamente verificabili con un gesto estetico. Questa tensione coincide con una sorta di realismo di ritorno paventata dal testo multiplo di Wu Ming New Italian Epic, che entrava a gamba
0 | Among the experiences of the contemporary Italian scene, engaged during these years in reformulating its linguistic code, in overcoming the pure conceptual elaboration and in working both in terms of accumulation and of dilation of signs by interpretative chiasm; there are recurrent references, even explicits, to imaginaries already experienced, to real quotations which are structured in a series of scores where the performing act seems to point out that «instead of a space elaborated consciously by human beings we find a a place created unconsciously»1 . So, in this mark the main purpose of the work is still the synthesis of several and varied features which other disciplines hardly recognize or assume partially, indeed these bring to the scenes diseases, disorders and unsolved troubles of the existence not immediately identifiable in an aesthetic gesture. This tension coincides with the coming back to a sort of New Realism thanks to the multiple work of Wu Ming New Italian Epic which broke 61
tesa nel pensiero creativo e analitico non solo letterario, aprendo le porte allo sguardo obliquo nelle materie del quotidiano, nelle storie dell’adesso, nella non soggezione al “racconto” attuale; dopo la «fine delle grandi narrazioni e di un concetto trascendentale di verità»2, l’urgenza di tornare a parlare di verità senza incappare nel rischio metafisico dell’impossibilità di farlo e occuparsi di fatti, appunto, inequivocabilmente sociali, come è sociale il gestus di Bertold Brecht – scrive Roland Barthes - «che riprende l’idea dell’istante pregnante»3, lasciato in eredità retinica alla sensibilità dello spettatore, di un lettore che aderisce con discontinuità alla “rappresentazione” dell’insieme che si vuole dare. In un suo recente intervento in seno al convegno torinese Nuovo Realismo, una discussione aperta e riportato dal mensile Alfabeta 2, Umberto Eco sembra domandarsi quanto e come il nuovo realismo rivendichi un posizionamento o, meglio ancora, rappresenti di fatto «un modo di reagire alla filosofia del postmodernismo», il quale riconosce che il passato «doveva essere rivisitato: con ironia, in modo non innocente» e «richiede, per essere compreso, non la negazione del già detto, ma la sua citazione ininterrotta»4. La questione non è di secondaria importanza, il lascito del postmoderno con le annesse implicazioni in ambito architettonico, letterario e finanche scenico/artistico condiziona una buona fetta della produzione culturale del nostro Paese ancora oggi; il postmoderno, come aveva intuito Jean-Francois Lyotard, è d’altronde una condizione culturale, mentre Fredric Jameson preferisce sottolineare che si tratta di «una configurazione sociale, un complesso di rapporti sociali (dal momento che persino la percezione fisica e le esperienze apparentemente più basse del corpo e della materia vengono mediate dall’elemento sociale). Da questo ragionamento non si deduce che il 62
abruptly the creative and analytic, not only literary, thought. Through a sidelong look into daily topics, into the stories about “now” and without subject, this break opened the doors to the nowadays tale after the «end of the great narration and of the transcendental concept of the truth»2, and it also opened a way to the need of talking again about truths, without stumbling upon the metaphysical risk of the impossibility of doing it and dealing with facts unequivocally socials, like social is the gestus of Bertold Brecht –about whom Roland Barthes writes - «he uses again the idea of the poignant moment»3, inherited by the sensitivity of the audience, of a reader who follows occasionally “the performance” of the whole ideas that need to be represented. In one of his speeches during the Turinese meeting Nuovo Realismo, una discussione aperta and quoted in the monthly magazine Alfabeta 2, Umberto Eco seems to wonder how and how much the Realism claims for its space or indeed represents « a way of reacting to the Post-modernism philosophy». This one recognizes that the past «needed to be renewed: with irony, in a guilty way» and « to be understood, it doesn’t want, the denial of the spoken, but it wants only a continous self-reference»4. The topic is not secondary, the heritage of the postmodern with its implications in the architectonic, literary and even stage mark influences a good portion of the cultural production of our country even today; the Postmodern, like Jean-Francois Lyotard realised, is otherwise a cultural condition; while Fredric Jameson prefers underlining that it is about a «social configuration, a complex of social relationships (due to the fact that even the physical perception and the experiences, seemingly lower than the body and the material, are connected to the social element). All this doesn’t imply that the “uniform” subject is unreal o undesirable
soggetto “unitario” è irreale o indesiderabile e inautentico, ma che, per la sua costruzione e la sua esistenza, dipende da un certo tipo di società»5. La frizione sembrerebbe essere tutta interna al linguaggio: tra postmoderno e nuovo realismo, tra espansione della sperimentazione e ricompattamento dei significati di una narrazione che tornerebbe condivisa (ovvero, riallacciata a un vocabolario di senso condiviso); lo scarto fra azione e ricezione, fra arte e pubblico, si è ridotto di molto, anche per la crescente mosaicizzazione della coscienza individuale e sociale dell’esperienza artistica, costituita da un pubblico più giovane e consapevole e da un’azione artistica meno efficace quando si sofferma sulla “teologia” del gesto artistico amplificando, di conseguenza, una certa diffidenza per l’opera euristica in virtù di un disincanto generazionale che glissa davanti ai vari solfeggi d’autore per approdare più “naturalmente” a scritture dirette e indipendenti, per certi versi pop (ecco, per una disamina ragionata sulle conseguenze del Pop e le sue derive postmoderne nella cultura contemporanea vale la pensa consultare il monografico a cura di
and not genuine, but that its construction and existence, depend on a certain type of society»5. The friction seems to be only in the language code, between the Postmodern and New Realism, between the growth of experimentation and the compression of the meanings of a narration which would become shared again (or rather it is connected to a vocabulary whose meaning is shared); the gap between action and reception, between art and public, is reduced very much, even because of the increasing of that process that changes the individual and social conscience of the artistic experience into a mosaic; conscience made by an audience younger and more aware and by an artistic action less effective when it poses over the “theology” of the artistic gesture amplifying, as a consequence of it, a sort of distrust for the heuristic work because of a generation disenchantment that skates over the different practices of the author, to land more “naturally” on direct and independent writings, in some ways pop (it’s worth consulting a monographic study by Fabio Acca Performing Pop6 for a more reasoned and close examination 63
Fabio Acca Performing Pop6, seppure non ne condivida in quel quadro la iconizzazione del David Bowie della trilogia berlinese, a mio avviso ormai fuori dal satellite del pop perché apre un primo varco al postmoderno, come l’Amleto della Socìetas Raffaello Sanzio si lasciava alle spalle il postmoderno con la perdita della frammentazione scenica per entrare in una prima fase di compatta cosmogonia drammaturgica). Ci si domanda, allora, cos’è stato il postmoderno, dato per scontato il suo trapasso a miglior vita, su quale retaggio si stanno componendo di nuovo forme e punti d’appoggio per una decodifica del presente, e parliamo di quel presente sempre altrove rispetto al nostro sé, come se il presente fosse un’entità astratta e autonoma dalla volontà che cammina in solitudine, certo della sua capacità di trasformazione delle cose e delle parole, direbbe Michel Foucault, e noi lì ad arrancare dietro cercando di comprenderne le sfumature significanti. 1 | Tornando allo scritto di Eco su Alfabeta 2, un passaggio descrive con la consueta lucida puntualità che lo contraddistingue cosa rimane sedimentato dell’universo postmoderno nelle pratiche che ormai sono dipanate nell’ennesima versione interpretativa delle stesse, l’ulteriore rimando che la citazione fa della matrice, quando «nel celebrare la perdita della totalità e dando il benvenuto al molteplice, al frammento, al polimorfo, all’instabile, il postmodernismo filosofico mostra alcune connessioni con l’ironia metanarrativa o con la rinuncia dell’architettura a prescrivere modi di vita razionali»7. Eppure, senza ricorrere alla retorica del “vero” che inevitabilmente si appiattisce sulla forzatura ideologica della propaganda, di cui bene focalizza Mario Perniola la traccia subliminale (neanche tanto recondita) del sistema pubblicitario, quando scrive che il fenomeno della comunicazione 64
of the consequences of the Pop and its postmodern results in the contemporary culture; although I don’t agree with the David Bowie icon in the Berlin trilogy, for me it’s out of the Pop sphere because it opens one of the first ways to the Postmodern, like the Hamlet of the Raffaello Sanzio Socìetas; it left behind the postmodern with the consequent loss of the fragmented scenes to enter a first phase of the thick dramatic cosmogony). We wonder, then, what the postmodern has been, taking for granted the fact that it has passed to a better life; we wonder again upon which legacy new shapes and supporting points for a decoding process of the present are built up. We are talking about that present which always offers a different reality in comparison with our inner dimension, as if the present were an abstract entity, independent from the will that goes on alone, sure of the fact that it is able to transform things or words, even Michel Foucault would say it, and here we are, trying to understand the different meanings. 1 | Back to Eco’s article , on the Alfabeta 2 magazine, a passage describes, with the usual clear accuracy that distinguishes it, what leaves the post modern world in its practices, which are already sorted out in their umpteenth interpretative version. Again, the last reference that the quotation makes out of its matrix when «celebrating the loss of the totality and giving the welcome to the multiple, to the fragment, to the polymorphous, to the unstable; the philosophical postmodernism shows some connection with the meta dramatic irony or with the renunciation of architecture to command examples of rational life»7. On the other hand, the rethoric of the “true” can’t help but flatten the forcing ideologic of the propaganda, whose subliminal track of the advertising system Mario Perniola recognizes (not so hid-
massmediatico «non è tanto la pratica sistematica della disinformazione, né il carattere fazioso e tendenzioso dei suoi messaggi», ma «favorire l’annullamento di ogni certezza e prendere atto di una trasformazione antropologica che ha mutato il pubblico in una specie di tabula rasa estremamente sensibile e ricettiva, ma incapace di trattenere ciò che è scritto su di essa oltre il momento della ricezione e della trasmissione»8; ebbene, senza ricorrere a quel concetto di “vero”, vanificato dal suo stesso presupposto se attribuito al “comportamento della distanza formale” tra opera e spettatore, tutto il côté di immaginari e di suoni di un postmoderno al quale avevamo delegato la possibilità di archivio del passato, di deposito della storia a portata di mano, e che ha governato i decenni appena trascorsi e condizionato lo sguardo di un pubblico indifferenziato (per via dell’apparente superficie popolare delle forme), appare invece esaurito perché esaurita è la funzione narrativa del pop così come l’abbiamo conosciuta, dominata dal frammento e dalla frantumazione, a fronte dell’istantaneità linguistica dei social network che ha sì lo
den), when he writes about the phenomenon of the massmedia communication: «it’s not the systematic practice of the misinformation neither the factious and unbalanced nature of the messages » but «it encourages the annulment of every sort of certainty taking note of an anthropological transformation that changed the audience in a kind of tabula rasa extremely sensitive and responsive, unable to keep what is written beyond the moment of the reception and transmission»8. Moreover, this concept of “truth” appears vanished because of a gap due to the “behaviour of formal distance” between the audience and the play;. So, without turning to the idea of truth mentioned above, all the côté of fictional worlds and sounds of the Postmodern, which had the task of recording the past, the task of storing the handy history; seems to be wasted because the narrative function of the Pop is wasted, especially in the features we knew. In other words, this Postmodern, which ruled the just passed decades and the look of an undifferentiated audience (because of the apparent popular surface of the forms); is dominated by a fragmentation and a crashing process, be65
spessore di una frase ma al contempo il vero protagonismo delle star, dove dietro la maschera si cela la propria faccia senza iato fra essere e dover essere o voler essere. 2 | Lo scriveva Emil Staiger, «il centro dell’esistenza risiede qui nelle profondità del tempo trascorso»9. Si tratta di un ossimoro se pensiamo alla resilienza delle forme che travalicano i confini nell’omologare sia desideri che comportamenti, ma proprio per questo ne cogliamo la contraddizione contemporanea che vede tornare con insistenza la necessità di occuparsi – si diceva – di un tempo prossimale e verificabile con accenti riconoscibili, questa volta però portatore di una scrittura sorda all’effetto o alla bella confezione. È questo un tempo della com-passione di cui Pier Paolo Pasolini aveva già dato voce inascoltata purtroppo, soprattutto in quelle opere borghesi che mostrano il trapasso esistenziale di una fetta della società stupida e arrogante (mentre all’altra non è concesso esperire il “piacere del vuoto”), trapasso verso una bulimia cerimoniale fine a se stessa come in Porcile o Teorema. Tornare a occuparci della realtà è un concetto fertile e non ammantato di misticismo se letto nel codice della risemantizzazione del reale, e cioè mirando, «in primo luogo, a modificare concretamente, con ostinata pazienza, la situazione culturale»10 del contesto in cui si lavora: la realtà è lì, dietro l’angolo, nel post-coloniale tradito, nei quadri ambientali di Sophie Calle, nella recente traduzione del Talmud, nei bombardamenti intelligenti, nelle nuove-vecchie povertà, nei diritti del cittadino calpestati qui come in Cina in varianti dello stesso tema, nel fuori-fuoco e debordante lirismo post-pop di Macadamia di Ricci/Forte (in perfetta sintonia col movimento Pop-surrealism nel quale si fa decantare infanzia, terrore e fumetto di un’opera scenica moralistica), nel catalogo di ci66
cause of the linguistic directness of the social network which owns both the importance of the sentence and the desire of being the centre of the attention like true stars. Nonetheless, behind the mask where the real face of a person hides, there is not that division between the ‘to be’ and ‘should be’ or ‘would be’. 2 | Emil Staiger wrote it: «the centre of the existence lives here in the depths of the passed time»9. It is an oxymoron if we think of the forms’ resilience, forms that go beyond the limits of the homologating process both of desires and behaviours; but as a consequence of it, we can notice the contemporary contraddiction which sees coming back the necessity of dealing with a proximal and verifiable time with recognizable elements. This time carries a sort of writing indifferent to the effect or to the exteriority. It is this the time of com-passion, concept that Pier Paolo Pasolini had expressed but without being listened to, especially in those middleclass plays that show the existential change of a part of the stupid and arrogant society (while the other part of it is not allowed to make experience of the “pleasure of the emptiness”), society that changes into a cerimonial bulimia like Porcile or Teorema. To deal with reality again is a fertile concept and it is not hidden under a mysticism unless it is read with the code of the semantic of the Real, which means giving a look, «firstly, to really modificate with stubborn patience. the cultural situation»10 of the context in which one works: reality is there, round the corner, in the postcolonial betrayed, in the Sophie Calle environmental paintings, in the recent translation of the Talmud, in the intelligent bombing, in the new-old poverty, in the citizens’ rights trod here as well as in China through differences of the same theme, in the out of fire and overflowing post-pop lyricism of Macadamia of Ricci/Forte (perfectly in tune with the Pop-surrealism movement in which
tazioni melodrammatiche dell’Ubu Roi di Roberto Latini (anche questo una overdose di elencazioni pop e surreali che appartengono alla memoria visiva collettiva dello spettacolo di ricerca del secondo Novecento), nell’acida claustrofobia del neo dramma borghese di Lucia Calamaro che sembra tornare a Ibsen, nell’epica meta-storica delle allegorie d’evasione di tanta letteratura, nel soul sintetico di James Blake e negli allucinogeni performing studies! Sono tutti stati d’animo, passaggi verso un altrove ancora in fase di compimento, oltre il postmoderno. 3 | «è un luogo l’ordine, (qualsiasi) secondo il quale degli elementi vengono distribuiti entro rapporti di coesistenza. Ciò esclude dunque la possibilità che due cose possano trovarsi nel medesimo luogo. Vale quindi la legge del “luogo proprio”: gli elementi considerati sono gli uni a fianco degli altri, ciascuno situato in un luogo “autonomo” e distinto che esso definisce. Un luogo è dunque una configurazione istantanea di posizioni. Implica un’indicazione di stabilità. Si ha uno spazio dal momento in cui si prendono in
childhood, terror and a moralistic play transformed in comic-strip stories are extolled), in the catalogue of the melodramatic quotations of Ubu Roi by Roberto Latini (this is an overdose of pop and surreal lists belonging to a collective visual memory of the research show of the Second part of the twentieth century); in the sharp claustrofobia of the new middle-class of Lucia Calamaro who seems to go back to Ibsen, in the meta-historical epic of the escape allegories of so many literatures, in the synthetic soul of James Blake and in the hallucinogen performing studies! They are all moods or climates, passages towards somewhere else still to be done, beyond the post-modern. 3 | «It is the place, the order (any) according to which the elements are distributed in relationships of coexistence. So, this bars the possibility that two things can be in the same place. It is valid the law of “the place that belongs to each of us”: the elements considered are ones next to the others, each element is situated in an “independent” and peculiar place. A place is, consequently, an instantaneous configuration of the positions. This implies an indication 67
considerazione vettori di direzione, quantità di velocità e la variabile del tempo. Lo spazio è un incrocio di entità mobili. è in qualche modo animato dall’insieme dei movimenti che si verificano al suo interno. È spazio l’effetto prodotto dalle operazioni che l’orientano, lo circostanziano, lo temporalizzano e lo fanno funzionare come unità polivalente di programmi conflittuali o di prossimità contrattuali. [...] Insomma, lo spazio è un luogo praticato»11. Quella di De Certeau, nella sua chiarificazione fra luogo e spazio, è una indicazione di metodo straordinaria, ci permette di “posizionare” la riflessione sugli spazi a partire da un luogo, ovvero i luoghi diventano contesti attraverso una pratica, si alterano o si trasformano e diventano spazi prossimi, quotidiani, della percezione profonda grazie al progressivo “contrasto” con gli elementi che ivi insistono. Se usassimo la metafora del teatro, il luogo della scena diventa spazio attraverso il suo uso e ribaltamento delle prospettive, il rovesciamento degli oggetti, la disintegrazione dei punti di riferimento, come negli spettacoli di Costanza Macras e prima di lei Pina Bausch (tanto per non citare la solita Socìetas Raffaello Sanzio) e oggi il Teatro Sotterraneo o Pathosformel e prima di loro Teatrino Clandestino e Raffaella Giordano. 4 | Il lavoro scenico che meglio ci orizzonta in questo magma di avvertenze linguistiche è lo straordinario spettacolo Sangue sul collo del gatto della compagnia Accademia degli Artefatti, nel quale il regista Fabrizio Arcuri prende a prestito (pur conservandone integra la testualità) una delle opere meno note di Rainer Werner Fassbinder per rovesciarne la temporalità oggettuale e “farla parlare” dell’oggi in questo momento. Bisogna immaginare un guanto sopra cui sono apposti alcuni elementi scenici, plastici o trasfigurati dalla scrittura di Fassbinder, e vederselo rove68
of stability. We have a space from the moment in which we take notes of direction vectors, quantity of speed and the variable of time. The space is a crossroad of moving entities. It’s somehow animated by the whole movements that happen inside of it. It’s space the effect produced by the operations that mark a sort of direction, operations that describe it and give to it the notion of time, and make it work as a polyvalent unity of conflicting programs or of contractual proximity. To sum up, the space is a frequented place »11. De Certeau in his clarifications between space and place, gives an indication of extraordinary method, this allows us to “place” the considerations on spaces starting from a place, which means that places become contexts through a practice, they change or they transform themselves and become nearer places or daily places of the deep perception thanks to the progressive contrast with elements that insist there. If we use the metaphor of the theatre, the place of the scene becomes the space through its use and perspectives’ overturning, the turnaround of the objects, the disintegration of the focuses, as in the shows of Costanza Macras and before her Pina Bausch (without mentioning the same Socìetas Raffaello Sanzio) and today the Teatro Sotterraneo or Pathosformel and ,in advance of them, the Teatrino Clandestino and Raffaella Giordano. 4 | The stage work that best orient us in this magma of linguistic warnings is the extraordinary show Sangue sul collo del gatto of the company Accademia degli Artefatti, in which the director Fabrizio Arcuri borrows (keeping intact the textuality too) one of the pieces less famous of Rainer Werner Fassbinder to overturn the objects time and “let it talk” about the day in this moment. It is necessary to imagine a glove on which are affixed some stage and plastic elements or transformed by the writ-
sciato nel proporre con quella stessa esattezza di una palla di neve capovolta, dove tutto il mondo raffigurato è sottosopra ma ugualmente “funzionante” nella sua a-temporale e a-fisica plastificazione grazie alla proiezione emotiva di chi la guarda, geometrie dei personaggi e incastro di storie apparentemente senza una direzione, le quali sono del tutto rovesciate all’origine per il paradossale incontro di un iperrealismo verbale con l’astrazione meta-ambientale del contesto dove vengono collocate dall’autore, tanto da risultare oggi perfettamente adeguate al nostro di tempo per la schizofrenia relazionale di cui sono preda. Arcuri approda a Fassbinder dopo aver disinnescato etimologicamente lo straniamento teatrale di Brecht e quanto Brecht, Fassbinder corrisponde a un’idea di teatro che affronta il concetto di potere e di democrazia nella società contemporanea senza l’ausilio epico della metafora, e lo fa a suo modo, mostrando l’altra faccia di una sinestesia politica non dichiarata, ma avvertita dentro lo spazio del tempo teatrale, dentro le sospensioni del recitato che dice già tutto, nel prolasso delle forme che si compongono
ing of Fassbinder, and see it overturned like a snow ball turned upside down, where all the world described is turned upside down but “working” the same in its timeless and figureless plasticization thanks to the emotional projection of who watches it, also thanks to the geometries of the characters and the fitting of stories apparently without a direction; stories that are overturned totally in its birth by the paradoxical meeting of a verbal hyperrealism with the meta-environmental abstraction of the context where the author places his stories, in order to result today perfectly adjusted to our time thanks to the relational schizophrenia to which they fall prey. Arcuri comes to Fassbinder after having defused etymologically the theatre estrangement of Brecht. And as Brecht, Fassbinder matches with an idea of theatre that cope with a concept of power and democracy in contemporary society without the epic help of the metaphor: doing it in its way, he shows the other face of a politic synesthesia not declared, but felt in the space of stage time, within the suspensions of the acting that reveal everything, in the prolapse of the shapes that are created by oppo69
per opposti comportamenti, configurando così la cornice dell’imminente tragedia annunciata e sempre rimandata. Questo tempo del rimando, del protrarsi dell’accadere è la condizione in cui versano i personaggi di Arcuri/Fassbinder, in una sorta di vanitas tra squilibrio punk e terrorismo di Stato di figure disturbate (Fassbinder come Pasolini avvertiva a metà degli anni settanta una fine incombente). Come nel Teorema di Pasolini, l’intruso di turno (nell’accezione data da Jean-Luc Nancy, il quale diviene elemento di intrusione senza perdere la sua estraneità, qui nelle sembianze eccentriche di un David Bowie “caduto sulla Terra” all’epoca di Ziggy Stardust) è il detonatore che fa saltare per aria le certezze di ogni personaggio; dentro un montaggio quasi filmico dello spettacolo, questi si presentano e presentano la giustapposizione di quadri umani, quelle parcellizzate piccole isole di individualità ritagliate su misura dalle violenze e dagli abusi subiti che costituiscono il visionario universo di riferimento di entrambi, autore e regista. Lo spettacolo prende il carattere di un thriller tutto interno allo sgretolamento linguistico, in cui i piani logici delle informazioni si scompongono in deflagrazioni intime; ogni personaggio cade nel proprio racconto di vita dove la realtà è costantemente smentita da una tragica ossessione di prevaricazione dell’uno sull’altro. Poliziotti, donne di malaffare, politica corrotta, ognuno allude – come indica il regista Arcuri - a «un’idea di comunità umana e sociale a cui sembrano appartenere», col testimoneintruso, moderno deus ex machina, pronto a capovolgere quello spazio d’appartenenze. «Melodramma/poliziesco/noir... meccanismi che sgretolano le utopie politiche dell'uomo. L'assenza di utopia, l'indifferenza alla Storia si inscrive sui corpi trasformando le vite degli uomini in melodramma. Sottostare ai legami reciproci, vincoli fatti di amore e sopraffazio70
site behaviours, giving the idea of the mark of the imminent tragedy announced and always postponed. This time of the postponement, the protacting of what has to happen is the condition in which the characters of Arcuri/ Fassbinder find themselves, in a sort of vanitas between the punk imbalance and State terrorism of some disturbed characters (Fassbinder as Pasolini felt in the half of the 70ies an impending end). As in the Theorem of Pasolini, the intruder in turn (in the meaning given by Jean-Luc Nancy, who becomes an element of intrusion or, better to say, of reference without losing its extraneousness, here in the character of David Bowie “fallen in the Earth” at the Ziggy Stardust’s time) is the fire that makes explode in the air all certainties of each character. In the assembling act of the show that becomes similar to a movie, the characters introduce themselves and present the juxtaposition of the humans’ pictures, those fragmented little islands of individuality perfectly carved out from those suffered violences and abuses that are the imaginary universe of reference for both the author and the director. The show wears the aspect of a thriller due to the linguistic crumbling away where the logical levels of the informations become inner explosions; every character falls in his own life story where reality is constantly contradicting itself by a tragic obsession of the misuse of power by one over the other. On one hand, policemen, women of ill reputation, corrupted politics, everyone hints at – as the director Arcuri points out – «an idea of human and social community which they seem to belong to». On the other hand we find the witness-outsider, modern deus ex machina, ready to capsize the space of our belongings. «Melodrama/detective/noir... mechanisms that make the political utopias of a man crumble. The absence of utopia, the indifference towards the History inscribes itself in the bodies changing men’s life into melo-
ne, favoriscono un'estetica del realismo del degrado che esibisce l'impurità del suo oggetto e ne tesse le lodi. Una festa del disordine in sostanza», interpretata magnificamente da tutto il gruppo d’attori12. 5 | «La condizione dell’individuo come essere annullato implica una coscienza dell’identità come finitezza, persino se la rappresentazione di tale identità porta a un fraintendimento. Non intendo dire che in un simile stato di consapevolezza abbiamo quello che i teorici contemporanei troppo facilmente immaginano come l’agente del cogito cartesiano, considerato in modo non problematico, senza l’esame dettagliato delle condizioni storiche intrapreso da studiosi più recenti. Nonostante la sua articolazione come autocoscienza, l’identità emerge qui come particolarmente fallibile, conscia dell’inadeguatezza del proprio agire, dei propri limiti e di una vulnerabilità molto umana che viene reiterata di poesia in poesia»13.
dramas. To be subordinate to mutual bonds, relationships made by love and tyranny, fosters an aesthetics of the Realism of decay that shows the impurity of its object and enhances it, A celebration of the disorder, practically.», played excellently by the all group12. 5 | «The human being’s condition as a nullified one implies a conscience of the identity as finitess, even though the representation of each identity means a misunderstanding. I am not saying that, in a state of awareness like this, we have what the contemporary theorists too easily imagine like the agent of the cartesian cogito, considered in a not troublesome way, without the detailed check of the historical conditions started by more recent studies. In spite of its articulation as self-awareness, the identity emerges here like quite fallible, aware of the inadequacy of its own acting, of its own limits and of a very human vulnerability that is repeated from poem to poem»13.
Tutte le foto sono tratte da | All photos are from Sangue sul collo del gatto, 2012, di | by R. W. Fassbinder, Accademia degli Artefatti, regia | direction F. Arcuri. 1. W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1996, p. 62. 2. U. Eco, Ci sono delle cose che non si possono dire, in Alfabeta 2, Mensile di intervento culturale, Associazione culturale Alfabeta Edizioni, Milano, marzo 2012, p. 23. 3. R. Barthes, L’ovvio e l’ottuso, Einaudi, Torino 1985, p. 95. 4. U. Eco, op.cit, p. 23. 5. F. Jameson, Postmodernismo, Fazi Editore, Roma 2007, p. 147. 6. F. Acca, a cura di, Performing Pop, Prove di Drammaturgia, Anno XVII – numero 1, Titivillus editore, Corazzano (Pi) settembre 2011; per una disamina del concetto del post-pop, invece, segnalo | for a discussion of the concept of post-pop, point out: P. Ruffini, Post-pop, ovvero iconografia del post-adolescente, in Iperscene 2, a cura di Jacopo Lanteri, Editoria & Spettacolo, Spoleto (Pg) 2009. 7. U. Eco, Ci sono delle cose che non si possono dire, in Alfabeta 2, Mensile di intervento culturale, Associazione culturale Alfabeta Edizioni, Milano marzo 2012, p. 23. 8. M. Perniola, Contro la comunicazione, Einaudi, Torino 2004, pp. 107, 108. 9. E. Staiger, Fondamenti della poetica, Mursia, Milano 1979, p. 68. 10. E. Sanguineti, Cultura e realtà, Feltrinelli, Milano 2010, p. 260. 11. M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma 2001, pp. 175, 176. 12. Sangue sul collo del gatto di | of Rainer Werner Fassbinder, traduzione | translation by Roberto Menin, regia | direction Fabrizio Arcuri; con | with Miriam Abutori, Michele Andrei, Matteo Angius, Gabriele Benedetti, Fabrizio Croci, Emiliano Duncan Barbieri, Pieraldo Girotto, Francesca Mazza, Fiammetta Olivieri, Sandra Soncini. Luci | Light Diego Labonia, assistenza e costumi | costumes Marta Montevecchi, video | video Lorenzo Letizia. Organizzazione | Organization Rosario Capasso, cura | by Valeria Orani, 2012. 13. C. Townsend, La mia vita segreta, in L’arte di Bill Viola, a cura di Chris Townsend, Bruno Mondadori, Milano 2005, p. 133. 71
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Il riciclo: l’arte di cucinare con gli avanzi
The recycling: the art of cooking “the scraps”
Francesca Castagneto | Il tema del riciclo è un riferimento costante e pervasivo all’interno dei processi di produzione contemporanea; intendo con prodotto l’esito di un’attività di trasformazione che da un’idea conduce alla concretizzazione di oggetti e vi includo le “opere d’arte”. E’ stato affermato che il riciclo esprime tre anime: è atto di natura artistica e materiale, estende gli ambiti d’azione e d’interesse delle arti visive e dell’architettura verso l’ecologia e la responsabilità ambientale. Vorrei a tale proposito conoscere il tuo punto di vista. Carmelo Strano | Nel concetto di riciclo, nella sua utilizzazione all’interno della produzione si individua un prevalere dei fattori economici. Riciclare significa ri-immettere oggetti, scarti o elementi obsoleti, all’interno di un nuovo ciclo produttivo. Operazioni che, in una visione economica, determinano un valore aggiunto: in tal senso è facile scivolare verso derive di tipo speculativo in cui il profitto, la redditività dell’investimento, abbia il
Francesca Castagneto | The theme of recycling has become a pervasive and constant reference in the processes of contemporary production, I mean here with the product outcome of an idea of transformation that leads to the realization of objects and then I include in this area even "works of art". It been said that recycling expresses three souls: it’s an act of artistic and material nature, it extends the scope of action in the visual arts and architecture to ecology and environmental responsibility. In this respect I would like to know your point of view. Carmelo Strano | In the concept of recycling and its use within the production identifies a preponderance of economic factors. In this sense recycle means re-enter objects, whether waste or obsolete elements, within a new production cycle. Are operations, always with a view to economic, determine a value added and it’s easy to slip into for speculative tendencies in which profit, and return on investment, has the upper hand. New sectors/new
Francesca Castagneto pone TRE domande a Carmelo Strano sull’uso di oggetti e di scarti nell’arte contemporanea e nelle espressioni performative
Francesca Castagneto puts Carmelo Strano THREE questions on the use of objects and waste in contemporary art and performative expressions
Joseph Svoboda, Faust di J. W. Goethe, Frammenti. Parte Prima. Piccolo Teatro, Milano, 1989 in J. Svoboda, I segreti dello spazio teatrale. Autobiografia, Ubulibri, Milano, 2003 p. 134. 73
sopravvento. Nuove filiere/nuovi impianti: la riconversione industriale diviene un processo di complessa realizzazione. Recentemente la categoria del riciclo si è arricchita di due valenze: l’una di tipo etico si riconosce nel termine “sostenibilità”, l’altra estetica, si riconosce nella poeticità del prodotto a cui l’esito del riciclo conferisce un valore altro, disgiunto dalla condizione d’uso originario, connesso invece alle possibilità di innescare processi di interazione emozionale. In questo ambito metto in relazione il riciclo con l’Ecclettismo. Forme disponibili che si assommano agli oggetti dismessi a formare una langue, un vocabolario asciutto e disponibile. Sorge a questo punto un dubbio legittimo sulla qualità delle idee, perché l’Ecclettismo se non diventa sincretismo, cioè fusione, è un terreno sdrucciolevole sul piano dell’originalità o quanto meno dell’appeal del prodotto linguistico.
plants: industrial restructuring process becomes a complex implementation. Recently the operational category of recycling has been enriched with two values, one is recognized in an ethical term "sustainability", the other aesthetic, which is recognized in the poetry of the product in which the outcome of the action. Recycling gives a value other, separated by the condition of its original use, and connected to the possibility of triggering processes of emotional interaction. In this context, I believe that recycling is to be related with the Eclecticism. Forms available that add up to the abandoned objects and together form a langue, a dry and available vocabulary. A legitimate doubt arises about the quality of ideas. This is because the Eclecticism, if not becomes syncretism, ie fusion, is a slippery ground plane originality or at least of the appeal of the linguistic product.
Da Duchamp e Picabia fino agli assemblages polimaterici di Baj e alle installazioni di Pistoletto e Melotti, lavorare sugli oggetti del quotidiano ha costituito una forma di interesse degli artisti e parlare oggi di riciclo in questo campo può apparire una forzatura o il volere etichettare con un termine di moda qualcosa che appartiene alla storia dell’espressione. Secondo te cosa spinge un artista a confrontarsi con gli oggetti d’uso quotidiano svincolati dall’utilitarismo del loro essere? Lavorare con i cosiddetti objects trouves significava, ad esempio per Duchamp, attribuire valore aggiunto all’oggetto stesso. Ciò costituiva un contributo della casualità al linguaggio poetico. L’oggetto era investito di una nuova responsabilità; svincolato dal contesto che ne rivela l’utilità, viene immesso in un contesto diverso per comunicare altro secondo una precisa volontà razionale. Duchamp opera uno slittamento dalla “bellezza
Since Duchamp and Picabia until the mixed media assemblages and installations of Baj Pistoletto, Melotti and Calzolari, work on everyday objects was a form of interest of artists today to talk about recycling in this area may seem a stretch, or the will labeled with a term fashion something that belongs to the history of the expression. In your opinion, what makes an artist to deal with everyday objects released by the utilitarianism of their being? Working with the so-called objects trouvés meant, for example for Duchamp, attribute value added to the object itself. This was a contribution of randomness to the poetic language. The object was invested with a new responsibility. Once released from the context that makes clear the utility is placed in a different context to communicate more with a clear rational will. Duchamp in particular by a shift from the "beauty of indifference
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della differenza alla bellezza dell’indifferenza”. Già nel 1911 con il macinino da caffè. Un’opera che non procura emozioni essendo, asetticamente, un macinino da caffè, ma provoca mentalmente. Tutto ciò con il riciclo non ha relazione. Anche la corrente dell’arte povera è lontana dai presupposti etici ed economici del riciclare Nell’arte povera c’è la volontà di ridurre i materiali e il segno all’essenziale in un discorso che oppone biologico e fisiologico e si contrappone al “costruire”.
to the beauty of the difference." For example, already in 1911 with the coffee grinder. Work that does not bring emotions being aseptically, a coffee grinder, but causes mentally. All this with the recycling clearly did not report. The total current of the poor art is far from ethical and economic conditions of the poor recycle In art there is a desire to reduce the materials and the sign in a speech that opposes the essential biological and physiological and is opposed to "build".
Il recente sviluppo del linguaggio teatrale ha avuto una ricaduta significativa sulla organizzazione dello spazio scenico e sulla progettazione di elementi il cui compito è costruire luoghi che alludono a condizioni dello spirito più che alla realtà fisica dello svolgersi di una narrazione. Che ruolo può avere, o ha, il riciclo in questo contesto culturale? L’opera di Grotowsky, il teatro povero costituisce la matrice dell’arte povera: espressione organica e totale. Già Appia aveva risolto la relazione fra spazio e tempo in senso simbolista, con l’uso della luce, superando la rappresentazione naturalistica, affidando all’attore il compito di tradurre la dimensione tempo in quella spaziale. Negli anni fra i ’50 e i ’60 del ‘900 si impone il “nuovo realismo” che propone un rapporto forte con la società urbana, rapporto che si realizza nell’uso di materiali e oggetti propri della civiltà urbana, di cui gli artisti si appropriano per tradurli in oggetti d’arte. La radice di ciò è nel Dadaismo, ma con una sostanziale differenza: gli oggetti vengono rimaneggiati, sono materia da riconfigurare. Assume un ruolo specifico l’assemblaggio, in forma di accumulazione o espansione. Nel teatro il riciclo riguarda non tanto la realizzazione dello spazio della rappresentazione, quanto piuttosto “il testo”, cioè l’opus teatrale (si veda Svoboda).
The recent development of theatrical language has had a significant impact on the organization of the stage space and the design of elements that together have the task of building sites that allude to the conditions of the spirit rather than the physical reality of the unfolding of a narrative. What role can or recycling has in this cultural context? The work of Grotowsky, his poor theater form the matrix of the poor art as an expression and total organic. Appia had already resolved the relationship between space and time in the symbolist way, through the use of light, beyond the naturalistic representation, and by giving the actor the task of translating the temporal dimension in that space. In the years of transition between the 50's and 60's of 900 is imposed on "new realism" that offers a strong relationship with the urban society, a relationship that is realized in the use of materials and proper objects of urban civilization, of which the artists appropriate to translate them into works of art. The root of this act is in Dadaism, but with one major difference: the objects are now being reworked, are matters to be reconfigured. Assumes a specific role of the assembly, in the form of accumulation or expansion. In the theater recycling concerns not so much the realization of the space of representation, but rather 75
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Esplora il Classico
Exploring the Classics
Vittorio Fiore intervista Corrado Russo
Vittorio Fiore interviews Corrado Russo
Arti performative tra ricerca e applicazioni
Vittorio Fiore | Per il cartellone Esplora 2011, su tua dichiarazione, il lavoro di ricerca su generi performativi ed organizzazione del cartellone ha avuto una svolta: un passaggio da uno spettacolo performativo ad uno più tradizionalmente drammaturgico. Quale è stato l'obiettivo formativo nella crescita dei giovani studenti di Architettura che partecipavano agli incontri con le compagnie e gli autori ed assistevano agli spettacoli, guardandolo in continuità con l'edizione 2010? Esplora 2011 ha avuto un programma vario pur se caratterizzato da un primo approccio a testi di e da William Shakespeare. Perchè questa scelta di riproporre i molteplici temi presenti in questi classici –qui riscritti, reinterpretati secondo schemi filologici o rarefatti con contaminazioni sceniche e linguistiche- attraverso un excursus di ciò che la recente produzione offriva? Cosa significa e che ruolo ha la presenza del grande drammaturgo nel
Performing Arts between investigation and applications
Vittorio Fiore | For the bill Esplora 2011, as you declared, the investigating work on performing genres and the organization of the bill had a turning point: a passage from the performing show to one more traditionally dramatic. What was the educational goal in the growing process of the young students that took part of the meetings with the companies and the authors who attended the shows, looking at it in a sort of continuity with the 2010 edition? Explore 2011 had a varied programme even if characterized by an initial approach to William Shakespeare's texts. Why did you make this choice of reintroducing the different recurring themes of these classics- here written and interpreted again, following philological layouts or rarefied with scene and linguistic contaminations- throughout an excursus on what the recent production offered? What does it mean and what part does the presence of the great
Un bacio...un bacio ancor...un altro bacio, 2011, liberamente tratto da l’Otello di W. Shakespeare e di G. Verdi, Teatro delle briciole/Solares Fondazione delle arti. | Un bacio...un bacio ancor...un altro bacio, 2011, freely taken from the Othello of W. Shakespeare and of G. Verdi, Teatro delle briciole/Solares Fondazione delle arti. 77
cartellone contemporaneo del Teatro Vittorio Emanuele di Noto? Corrado Russo | Nel corso delle precedenti stagioni, specialmente nel passaggio dal 2010 al 2011, mi si è delineato, in maniera più nitida, il profilo del pubblico degli studenti che partecipavano ad Esplora; io stesso ho avuto modo di frequentarlo, dunque di conoscerlo meglio grazie ad una pratica quotidiana. E’ naturale, come in qualunque rapporto, che la conoscenza, nel tempo, aumenti le possibilità di una buona convivenza, così è stato per me non solo con gli studenti, ma in senso più ampio, con tutto il pubblico che solitamente frequentava la stagione Esplora. Quindi ho cercato di riavvolgere il nastro e ripartire da un punto originario del teatro, ossia dalla drammaturgia, perché ho creduto che partendo dall’analisi del testo e da un teatro di matrice fortemente drammaturgica, si potesse poi approdare anche ad altro. In questo nuovo percorso ho ritenuto opportuno affidarmi ad uno dei più grandi maestri della drammaturgia mondiale, Shakespeare. La scelta si è orientata ovviamente su quei registi o compagnie che avevano avuto un approccio alquanto originale del bardo inglese, talvolta si è potuto parlare proprio di riscrittura per la scena. Credo che una delle operazioni più riuscite, ovviamente da un mio personale punto di vista, sia stata quella di far riprendere al Teatro delle Briciole di Parma, la loro storica produzione su Otello (Un bacio, un bacio ancor, un altro bacio). Lo spettacolo delle Briciole per me rappresenta un unicum nel suo genere. Ne rimasi affascinato tanti anni fa, quando assistetti al suo debutto a Roma al Teatro Valle, che lo portavo sempre impresso nella memoria, pronto a farne buon uso al momento opportuno. E quel momento era proprio arrivato. Lo considero un’operazione felice perché è un esempio meraviglioso di come il teatro, se fatto bene 78
playwright in the contemporary bill of the Teatro Vittorio Emanuele of Noto take? Corrado Russo | During the previous seasons, especially from 2010 to 2011, I had a more clear and defined profile of the audience of students participating in Esplora; As the others, I had the possibility to attend it too, so to know it better thanks to a daily activity. It's natural, as in every relationship, that the knowledge, with the passing of the time, increases the possibilities of a good coexistence, as it has been for me not only with the students but, in a more complete meaning, with all the audience that normally attended the Esplora season. As a consequence of it, I tried to rewind and start again from an original point of the theatre, which means from the drama, because I thought that starting from the analysis of the texts and from a kind of theatre with strong dramatic features, it allowed me to achieve more and more. In this new course, I believed appropriate to trust to one of the greatest master of the world drama, Shakespeare. The choice, obviously, aimed to those registers or companies that had a somewhat original approach to the English bard, In some occasions, it had been possible to speak exactly of rewriting for the stage. I think that one of the most successful operations, obviously in my opinion, had been the putting on stage again of the historic production of Otello in the Teatro delle Briciole of Palermo (Un bacio, un bacio ancor, un altro bacio). To me the show of "Briciole" represents a unicum in its genre. I got so charmed so many years ago, when I went to the opening night in Rome in the Teatro Valle, that I had it impressed in my memory, ready to make a good use of it whenever it would be appropriate. And that moment just arrived. I consider it an happy operation because it's a wonderful example of how the
e con un grande testo, possa davvero essere universale e comunicare a tutti. Lo spettacolo nasce in origine come un’operazione di teatro per ragazzi, ma nel tempo ha assunto una connotazione alta tale da essere proposto anche ad un pubblico serale di adulti. In effetti noi al Vittorio Emanuele lo abbiamo utilizzato in questa duplice veste, sia per gli studenti nel percorso del Teatro Ragazzi che per il pubblico del serale di Esplora, riscuotendo un grande successo con entrambi gli spettatori. E poi alla base c’è senza dubbio la storia di Otello, un grande affresco pieno di sentimenti che affascina ancora oggi spettatori di ogni età. Ne avevo avuto la prova qualche anno fa quando assistetti alla messa in scena al Silvano Toti “Globe Theatre” di Roma dove centinaia di ragazzi, seduti per terra, nello stile del Globe londinese, ascoltarono rapiti per più di due ore la vicenda di Otello e Desdemona. Ripartire da Shakespeare è stato per me ripartire dall’origine del teatro, dalle fondamenta.
theatre, if well done and with a great text, can be universal and can communicate to everyone. The show began as an operation of theatre for youngs, but as time passed, it took such a high connotation that it was proposed even to a night audience of adults. In fact, in the Vittorio Emanuele Theatre, we used it in this double role, both for the students of the Teatro Ragazzi programme and the adult audience of Esplora, obtaining a great success with both the audiences. Moreover, there is no doubt that at the base of it there is Otello's story, a big fresco full of feelings that fascinates the audience of every age. I had evidence of it some years ago, when I saw the putting on stage of it in the Silvano Toti "Globe Theatre" of Rome, where hundreds of youngs, sitting on the floor, in the London's Globe way, spellbound listened to Otello and Desdemona's story for more than two hours. For me, starting over with Shakespeare was like starting from the beginning of Drama, from its basis.
"La tempesta" per la regia di Andrea De Rosa, posta a cavallo tra il cartellone Classico e l’Esplora, costituisce forse una vera lettura innovativa del testo, sia dal punto di vista registico che scenografico? La Tempesta non lo considero uno spettacolo innovativo. Credo che la lettura di De Rosa sia stata sicuramente interessante, isolare Prospero anche dal punto di vista del costume di scena rispetto a tutti gli altri personaggi, era una felice intuizione registica; così come lo erano anche il minimalismo della scena e la grande cura del suono, che aveva un grande peso drammaturgico. Questo spettacolo aveva un altro significato nella stagione, era interessante per aprire il varco alla commistione dei generi che io stesso avevo creato con la divisione in percorsi. La Tempesta era un inno al teatro puro, ossia quando il teatro
"La tempesta" directed by De Rosa, situated between the Classico and Esplora, may be represents a very innovative reading of the text, both from the direction and from the stage points of view? I don't think that La Tempesta is an innovative show. I believe that De Rosa's vision was extremely interesting, to isolate Prospero even from the scene costume's point of view comparing with the others characters, was a great director's intuition; so they were the minimalism of the scene and the great care of the sound, that had a strong dramatic importance. That show had another meaning in the season, it was interesting to make a breach for the union of genres that I had created by distinguishing different courses. La Tempesta was an hymn to the pure theatre, which means that when the theatre is 79
è fatto da grandi interpreti che a loro volta sono supportati da testi importanti, diventa inclassificabile e non circoscrivibile in nessun genere. Mi interessava trovare dei punti di svolta in cui far incontrare i diversi pubblici che si erano formati nel tempo. Sicuramente questo spettacolo ne è stato un esempio riuscito in pieno.
created by great actors, who are supported by famous texts too, it is unclassifiable and not circumscribable in no genre. I was interested in finding turning points in which different audiences, created in the past, would meet. This show, for sure, represented a very well done example and a perfectly successful attempt.
La divertente ipotesi di uno Shakespeare messinese (letteralmente: Scrolla-lalancia) traduce, ascugandolo, "Molto rumore per nulla" in dialetto. A che tipo di operazione innovativa abbiamo assistito al di là della contaminazione linguistica derivata dalla ambientazione messinese dei quadri scenici scelta da Shakespeare nel testo originale? Much addo ppi nenti (Molto rumore per nulla) non è un primo esempio nel genere, lo stesso Camilleri ne aveva fatto una traduzione in dialetto abbastanza riuscita, poi messo in scena dallo Stabile di Catania. Ma nel caso nostro Shakespeare, devo essere sincero, è stato secondario nella scelta dello spettacolo, o forse dovrei dire è stata una felice coincidenza. Il mio interesse era rivolto al lavoro di formazione che da anni Angelo Campolo e Annibale Pavone, attori messinesi, portano avanti con molta dedizione, e direi anche con dei buoni risultati, nella loro città, Messina, dove hanno creato un autentico laboratorio di ricerca teatrale intorno a Shakespeare. Ma soprattutto è un laboratorio intorno ad un metodo per affrontare la scena e il testo. Sono due attori che stimo molto, e che hanno la sfortuna di lavorare in una terra che spesso non si accorge dei talenti e della dedizione che ciascuno mette in questo mestiere. Con questo non voglio dire che sono gli unici talenti ignorati dell’isola, non conosco ogni centimetro della Sicilia. Ma loro sono un esempio di quella disattenzione che è
The amazing hypothesis of Shakespeare from Messina (Shake-the-speare) leads to the translation of, reducing it, "Much ado about nothing" in dialect. What kind of innovative operation did we see, far from the linguistic contamination coming from the setting of the scenes chosen by Shakespeare in the original work? Much addo ppi nenti (Much ado about nothing) is not the first example in its genre, Camilleri himself translated it in dialect successfully, than it was put on stage in the Stabile theatre of Catania. Nonetheless, in our case Shakespeare, I must be true, was secondary in the choice of the show, or may be I should say that it was a happy coincidence.My interest was for the training work that since long time actors like Angelo Campolo and Annibale Pavone, from Messina, carry on with strong devotion, and, I can say, with good success, in their city, Messina, where they have created an authentic workshop of drama investigation about Shakespeare. But, it is especially a workshop about a method with which one can face the scene and the text. They are two actors who I admire very much, and who, unlucky, work in a land where nobody recognizes talents and the strong passion of those who make this job. With this I don't want to say that they are the only talents who are ignored in the island, I don't know every centimetre of Sicily. On the other hand, they are an example of the carelessness typical of our country. I don't think that if they had taken
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Much ado ppi nenti, 2011, libero omaggio a Molto rumore per nulla di W. Shakespeare, messa in scena di A. Campolo e A. Pavone, daf produzioni- Teatro dell’esatta fantasia. Much ado ppi nenti, 2011, free tribute to Much ado about nothing of W. Shakespeare, staging by A. Campolo e A. Pavone, daf produzioni- Teatro dell’esatta fantasia.
abbastanza usuale nel nostro paese. Io credo che se avessero fatto lo stesso percorso altrove, oggi sarebbero sicuramente più conosciuti o sicuramente avrebbero una maggiore eco. Per me è stato come dare un valore aggiunto alla loro dedizione, un’occasione di visibilità. Credo di essere stato uno dei pochi ad averli inseriti in una stagione teatrale, fuori dal territorio messinese. Ne sono felice e sicuramente lo rifarei di nuovo. La piéce "Cerimonia" di Lorenzo Gleijeses, collocabile, come dichiarato nel programma di sala, nell'ambito del teatro dell'assurdo, riporta nuovamente al percorso del 2010, dove Santasangre, Accademia degli Artefatti o la partitura di Ilyas Odman conducevano lo studente nel campo prettamente performativo, ai limiti dell'installazione. Quali i motivi formativi e quale la coerenza della sua presenza nel programma 2011? Cerimonia di Lorenzo Gleijeses ci riporta sicuramente nell’ambito performativo, al work in progress tipico della performance, che è poi una parte della drammaturgia
the same path elsewhere, today they would have been for sure more famous or they would have had more importance. For me, it was like I gave something more to their commitment, an occasion of visibility. I believe I have been one of the few people to let them in a theatre season, out of Messina's territory. I am happy of it and I would do it again with no doubt. The piéce "Cerimonia" by Lorenzo Gleijeses, quite possible to situate, as stated in the theatre programme, in the area of the theatre of the absurd, takes us again to the 2010 course, where Santasangre, The Accademia degli Artefatti or the script of Ilyas Odman guided the student in a strictly performing area, towards the limits of the installation. What were the education reasons and the coherence of your presence in the 2011 programme? Cerimonia by Lorenzo Gleijeses undoubtedly takes us to the performing area, to the work in progress typical of the performance, which is not but only a part of the contemporary drama. Here we might open a gap too 81
contemporanea. Qui si aprirebbe uno squarcio troppo complesso da affrontare, ossia che cosa s’intende come contemporaneo o cosa si potrebbe definire “performance”. In un naturale crescendo delle proposte, così come arriva la primavera quindi ci si apre ad una nuova stagione, anche il concetto di contemporaneo prende una strada diversa, e allontanandosi forse da una drammaturgia classica da reinterpretare, si spoglia di alcuni stereotipi per avvicinarsi ad una scrittura di scena originale, ma di ispirazione letteraria. Cerimonia prende spunto dal testo dello scrittore spagnolo contemporaneo Fernando Arrabal. Di esso non è rimasto alla fine una sola riga, ma soltanto l’idea centrale: tre persone rinchiuse in una casa, in fuga dalla realtà esterna. Sicuramente dopo tanta sicurezza data da Shakespeare, si approda verso isole sconosciute, verso terre ignote, dove forse piccoli echi di memoria ci aiutano a reinterpretare e decodificare ciò a cui si assiste. Ogni tanto bisogna spiazzare lo spettatore, farlo vacillare nelle sue certezze. I due capitoli della "Trilogia degli occhiali" di Emma Dante -"Il castello della Zisa" e "Ballarini"- ne completano chiaramente la visione, avendo gli allievi assistito nel 2010 al primo: "Acquasanta". Aiutaci a comprendere i motivi di questa conclusione del ciclo, che affidi ancora una volta ad opere di Emma Dante, punto di connessione con il cartellone primaverile del Maggio all'Internazionale, che spesso per gli allievi di Architettura è stato un proseguimento naturale in questi anni. Emma Dante per me è la gioia del teatro o se preferite di “fare teatro”. La conclusione di una stagione, a mio avviso, deve essere affidata ad uno spettacolo che lasci un buon ricordo nella memoria degli spettatori, è come la festa di fine anno per una scolaresca o la 82
much complex to cope with, in other words what contemporary means or what we can define “performance”. In a natural crescendo of the requests, while springtime arrives and consequently a new theatre season too, also the concept of contemporary goes to another way, and becoming more distant from the classic drama to be interpreted again, it leaves apart some stereotypes in order to be more close to a sort of writing of the original scene, even of literary inspiration. Cerimonia is inspired by the text of the contemporary Spanish writer Fernando Arrabal. After the work, at the end, there was no original line of it left, but only the main idea: three people shut in a house, escaping from the outside world. Surely, after so much certainties coming from Shakespeare, we reach undiscovered islands, unknown lands, where may be little echoes of memory help us to interpret and decode what we attend to. Sometimes it is necessary to catch the audience unprepared, make it waver in its certainties. The two chapters of the"Trilogia degli occhiali" by Emma Dante -"Il castello della Zisa" and "Ballarini"- clearly complete this view, due to the fact that the students attended to the first show in 2010 : "Acquasanta". Let's understand the reasons of this conclusion of the cycle, conclusion that you, again, put in the hands of Emma Dante's work, connection with the spring bill of the International May, that often for the Architecture students has been a sort of natural continuation in these years. Emma Dante for me is the joy of theatre or if you prefer of "doing theatre". The conclusion of a season, in my opinion, should be given to a show that the audience would remember for good, in a corner of the memory, it's like the year-end party for a class or the trip to celebrate the end of the school. Dante's
Cerimonia, 2011, testo e regia di L. Gleijeses, Teatro Stabile di Calabria. Cerimonia, 2011, script and direction by L. Gleijeses, Teatro Stabile di Calabria.
gita per festeggiare la chiusura della scuola. Il teatro della Dante, pur nella sua crudezza, mi da sempre questa sensazione, ossia di avere assistito ad un teatro fatto bene e sopratutto recitato bene, in cui il lavoro dell’attore è esaltato dalla regia. E’ stata Emma l’anno prima, durante il suo soggiorno a Noto, a propormi gli altri due capitoli della Trilogia. Ci siamo intesi immediatamente. Ancora non erano neanche completati quando me ne parlò, ci stava lavorando. Credo che un direttore di un teatro debba avere anche dei legami culturali speciali con alcuni artisti, e penso che questi legami vadano trasmessi al proprio pubblico, come delle tradizioni di famiglia. Emma l’ho voluta considerare come una parte della “famiglia teatrale” nel mio percorso a Noto. In fondo i suoi spettacoli sono arrivati con me a Noto, dopo diversi anni che non erano più programmati nella nostra zona, e quindi, per la stima che nutro per lei, mi sembrava coerente continuare nel percorso intrapreso.
theatre, although it's a bit tough, always gives me this sensation, that is to have attended to a well-done theatre and especially well performed, in which the job of the actor is enhanced by the direction. It was Emma who, some years before, during her staying in Noto, proposes me the others two chapters of the Trilogy. We understood each other immediately. The chapters weren't finished yet when she spoke to me, she was working on them. I think that a director of theatre should have some special cultural connections with some artists too, and I believe that these relationships should be passed on his or her own audience, like some family traditions. I strongly considered Emma as part of the “theatre family” in my course in Noto. In the end, her shows arrived through me in Noto, having been out of the programmes in our area for some years, and then for the respect that I have for her, I believed coherent to carry on with her in the started course.
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Focus1 on Art and Science in the Performing Arts
Focus1 on Art and Science in the Performing Arts
Pietro Gaglianò
L’aspetto che caratterizza le discipline performative rispetto ai linguaggi delle arti visive risiede nel loro essere legate a una dimensione percettiva di spazio e di tempo mai replicabile in modo esatto: la irrevocabile unicità di ogni loro mostrarsi, che è inevitabilmente transitorio ed effimero, e che spesso non rende giustizia, presso lo spettatore, della complessa rete di riferimenti, ripensamenti e attraversamenti che si trova al di qua dell’intervallo in cui l’opera si manifesta nello spazio di volta in volta prescelto. Il progetto Focus è stato concepito, tra le molte ragioni (anche di natura economica, volte a sostenere un certo circuito della ricerca in Europa), principalmente per creare uno spazio per l’approfondimento e la discussione intorno alle pratiche che regolano il lavoro di progettazione e sperimentazione nella scena contemporanea. Il titolo per intero specifica l’attenzione alle relazioni “tra arte e scienza nelle arti performative”. Il tema ha fornito un elemento di richiamo per i gruppi e gli artisti che hanno risposto al bando sulla cui base è stata poi
The aspect that marks Performing Arts in comparison with the languages of visual arts stands in the fact that they are tied to a perceptive dimension of space and time that cannot be repeated in a perfect way, never: the unchangeable uniqueness of every moment of their manifestation, which is inevitably temporary and ephemeral, and, in the spectator, often it doesn't justice to the complicated net of references, of second thoughts and of passing through; this net stands on the other side of that lapse in which the piece shows itself in the space chosen every time. The project Focus has been conceived, among the many reasons (even of economic nature, aimed to support a circuit of the Research in Europe), mainly to create room for a close examination and debate around the practices that govern the work of planning stage and of experimentation in the contemporary scene. The whole title underlines the relationships "between art and science in the performing arts".The topic gives an element of appeal for those groups and artists who
Requiem, 2011, La Zampa (Francia), Firenze-Fabbrica Europa, Progetto Focus on Art and Science in Performing Arts. (ph. E. Damiano) 85
fatta la selezione di dodici progetti, ma ha anche costituito un filtro che ha permesso alla squadra della direzione artistica di mettere in evidenza alcune specifiche coordinate. Infatti, l’attività di chi lavora all’interno di strutture che si occupano di creazione e produzione in un ambito teatrale, di taglio interdisciplinare, ha sempre bisogno di individuare alcune idee matrici che costituiscano la guida e il regime di piattaforme in cui sono coinvolti artisti con aspirazioni e percorsi eterogenei. Il rapporto con la scienza, qui lasciato aperto a tutte le sue possibili ramificazioni, forse troppo spesso declinate nell’adozione di tecnologie più o meno sofisticate e innovative, ha garantito la definizione di una arena comune in cui gli artisti (e con loro operatori, direttori artistici, critici) potessero incontrarsi. Questo tipo di profilo conferisce maggiore senso alle produzioni in circolazione sulle scene europee, amplifica lo spazio del confronto e permette l’individuazione di un’area specifica di dibattito. In questa prospettiva, a prescindere dalle forme assunte in corso d’opera dai progetti selezionati, emerge in primo piano l’aspetto imprescindibile della ricerca come motore per la creazione delle arti sceniche. In particolare, nel suo sovrapporsi con i meccanismi della scienza, il lavoro dell’artista contemporaneo (qualunque sia il suo linguaggio), dichiara quella fibrillazione intorno al chiarimento della forma, o della formula, ancora da trovare, e dimostra tutta la fallibilità dei processi. Focus ha rappresentato soprattutto questo: un vasto laboratorio per gli artisti con la possibilità di rivolgersi a una varietà di interlocutori che comprendevano, non ultimo, il pubblico presente alle prove aperte, alla presentazione dei primi studi, alle prime assolute. Intorno a tutto questo è emersa la richiesta di raccogliere le prove e gli esiti, le visioni degli artisti, i punti di vista, i dubbi, gli operatori, per sottoporre la pluralità delle esperienze 86
have answered to the announcement on which the selection of twelve projects was based, but they also represented a filter that allowed the team of the artistic direction to highlight some particular coordinates. In fact, the activity of whom works inside the structures dealing with creation and production in a theatre area, with cross-disciplinary features, always has to detect some background ideas that will represent the guide and the system of platforms which artists with aspirations and different careers are involved in. The relationship with Science, here left open to all its possible ramifications, may be, too often designed for the adoption of technologies more or less advanced and innovative, has assured the definition of a common arena where the artists (and with them operators, artistic managers, critics) could meet each other. This kind of profile amplify the space of the comparison between the European scenes productions. Under this perspective, apart from those shapes taken during the pieces of the chosen projects, emerges in the foreground that the unavoidable aspect of the research is considered as the engine for the creation of scenic arts. In particular, in its overlapping with the science mechanisms, the work of the modern artist (any languages he uses), shows a sort of fibrillation around the enlightenment of the shape, or of the form, not found yet, and it shows all the fallibility of the processes. Above all, Focus has represented this: a wide workshop for artists with the possibility of addressing to a great range of interlocutors in which was included the present audience, and not as the last audience, it was involved into the open performances, into the presentation of the first studies, and into the absolute openings. Around all this, has emerged the request of gathering evidences and results, artists' visions, points of view, and
Cinquanta urlanti, Quaranta ruggenti, Sessanta stridenti, 2011, Dewey Dell (Italia), Firenze-Fabbrica Europa, Progetto Focus on Art and Science in Performing Arts. (ph. D. Castellucci)
al tempo della riflessione e dello studio. Da qui la palingenesi di Focus nel libro Prometeo. Esperienze di forme in movimento nello spazio contemporaneo (Editoria&Spettacolo, 2011), a cura di P. Ruffini e P. Gaglianò, un progetto di inchiesta e raccolta che si è svolto su percorsi paralleli, alternativi e antitetici rispetto a quelli battuti nel biennio di residenze e produzioni. Il volume ha sottoposto il lavoro degli artisti a una nuova disamina, chiedendo agli autori di reinterpretare, con testi e testimonianze poste in altre forme, il proprio lavoro; inoltre, comprendendo i contributi di studiosi attivi negli specifici campi della proliferazione linguistica delle arti sceniche, Prometeo ha potuto imprimere una ulteriore propulsione, un approfondimento che costituisce punto di arrivo e partenza.
doubts, of the operators, for submitting the pluralism of the experiences under the time of reflection and of studying. From here in the palingenesis of Focus in the book Prometeo. Esperienze di forme in movimento nello spazio contemporaneo (Editoria&Spettacolo, 2011) edited by P. Ruffini and P. Gaglianò, a project of an inquiry and of collection that has taken place in parallel, in alternative and antithetic ways in comparison with those experienced in the two-year period of the residences and productions. The volume analyse again the work of the artists, asking the authors to reinterpret with texts their own work; moreover, including the contributions of experts actives in specific fields of the linguistic proliferation of scene arts, Prometeo could give one more propulsive force, a close examination that becomes the starting and the finishing point.
1. Focus è stato realizzato da una rete di strutture europee, in Croazia, Francia, Italia e Slovenia, con il sostegno del Programma Cultura della Commissione Europea; sono stati coinvolti gli artisti e le compagnie | Focus has been realized by a net of European structures, in Croatia, in France, Italy and Slovenia with the support of the Culture Programme of the European Committee; the artists of the companies: Alessandro Carboni, Vincenzo Carta, Luisa Cortesi, Dewey Dell, Miha Erman, Fabrice Lambert, La Zampa, Anja Maksić, Muta Imago, Portage, Santa Sangre. tutti i contenuti prodotti nel corso dei due anni di attività sono consultabili sul sito | All contents produced during these two years of activities can be consulted in the website: www.focus-art-science.eu. 87
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Tra recupero urbano e design del riciclo Between urban recovery and recycle design
Spazio Teatro | 2010-11 La funzione del teatro riproduce nel mondo adulto il ruolo fondamentale del gioco nel mondo infantile; da un lato è uno strumento per conoscere, per misurarsi con le proprie potenzialità e per confrontarsi con altri, dall’altro è uno strumento di espressione sia per il corpo sia per la mente. Ed è anche un territorio libero, dove è più importante suggerire che descrivere, stimolare la fantasia invece di riempirla di forme e contenuti preconfezionati. A Balzola, P. Rosa, “Performatività interattiva e drammaturgia dell’habitat”, in L’arte fuori di sé, 2011.
Le quaglie del Molo Santa Lucia, 2011, Siracusa. G. Aprile, M. Costa, V. Modica, F. Tigilia. 89
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Dieci ipotesi sullo spazio pubblico
Ten hypothesis about the public space
Alfredo Rubio Díaz
1 | Abbiamo bisogno con urgenza di un’idea sullo spazio pubblico. Non mi posso permettere qui la sua genealogía, e nemmeno una storia dello spazio pubblico; delle sue vicissitudini, se le ha avute. Tuttavia, possiamo argomentare che tutto ciò che è fisico (il materiale), oggetto proprio dell’Architettura e dell’Urbanistica, si è evoluto in oggetto disciplinare privilegiato. Nel migliore dei casi, la sua organizzazione materiale come problema di progettazione e di disegno non dovrebbe oggi consistere in altre cose se non nella capacità di fornire delle basi, come protoarchitetture possibili, prodotto di una comprensione dello spazio pubblico come appoggio, sede (A. Giddens) e luogo (Yi-Fu-Tuan) delle sempre problematiche interazioni sociali. Detto in altra forma, questa prima ipotesi si risolve proponendo lo spazio pubblico come prodotto immateriale di complessi e contradditori processi sociali di interazione. Tutto ciò rimanda all’accettazione dell’immateriale come centro di idee, discorsi e prassi sullo spazio.
1 | We urgently need an idea about the public space. I cannot afford to write down its genealogy, or even a story of the public space; about its vicissitudes, if it had them. However, we can argue that the physical (the material), proper object of Architecture and Urban Planning, has been being the privilege disciplinary subject. In the best of cases, its material organization as the issue of the project and the design should not consist nowadays of nothing but the ability to provide the bases, as a way of enabled prototype architecture, product of an understanding of the public space as support, host (A. Giddens) and place (Yi-Fu-Tuan) of the usual problematic social interactions. In other words, this first hypothesis is resolved by the proposition of the public space as immaterial, product of the social process of complex and contradictory interaction. All of this sends us back to the acceptance of the immaterial as the center of the ideas, the discourses and the practices about the mentioned space.
Il cimitero delle gomme, 2011, Siviglia, Puerta de Jerez. | Cemetery of Tires, 2011, Siviglia, Puerta de Jerez. 91
2 | La nozione sulla quale si basano sia la nostra idea -un quasi concetto-, se effettivamente esiste, sia i nostri discorsi e le prassi che interessano lo spazio pubblico, proviene fondamentalmente dall’Urbanistica del XIX secolo e, specialmente, dalla stretta delimitazione giuridica degli ambiti privato e pubblico nella città. Sebbene in entrambi i casi sia limitata la possibilità di intervento, ciò che è stato oggetto di trasformazione nella sua totalità è stato lo spazio (ciò che non è costruito: le vie e le piazze). Per questo contesto la regolamentazione è rigida in quanto le amministrazioni dispongono di tutte le risorse e gli strumenti, tecnici e politici –nel senso ampio del termine- per la sua progettazione, organizzazione e funzionamento. 3 | Da allora ciò che abitualmente intendiamo come spazio pubblico si costituì con solare chiarezza in spazio ostaggio, eliminando fino a un certo punto determinati tipi di attività; dimunuendone altre; confermando nuovi usi con l’innesto graduale di alcune categorie sociali. Tuttavia, non siamo in condizione di conoscere con esattezza il funzionamento della strada prima della riorganizazzione capitalistica della città. Di conseguenza, non nutriamo nostalgie, cioè, non disponiamo di nessun riferimento esatto. Sul processo di produzione dello spazio ostaggio, (oggetto di contrattazione socio-economica, n.d.r.) esiste molta informazione negli archivi municipali, immagini di film e testi letterari che giustificano il riferirsi a un riordinamento radicale, una quasi creazione come processo che si realizza nel lungo periodo. 4 | Perchè tale riorganizzazione? Due motivi: in primo luogo, la necessità di creare il diafano di fronte all’opaco; il prevedibile di fronte all’imprevedibile; l’immateriale come opposto alla matericità. In secondo luogo, come risposta 92
2 | The notion on which it sits both our idea –an almost concept-, if indeed there is, and our discourses and practices about the public space; they come essentially from the nineteenth century Urban Planning and, specially, from its strict legal delimitation of both private and public ambiences in the city. Even though both cases reserve the capacity for intervention and regulation, what was strictly and totally affected was the public space (the not built; streets and squares). In this space the regulation will be strict since the authorities have all the resources and technic and politic elements –widely meaning nowadays - for its design, its organization and its work. 3 | Since then, what we usually understood as public space clearly became to constitute a deer space, even deleting some sorts of activities and reducing other ones; the incorporation to the street of certain social categories confirmed new uses of this space. However, we are not in condition to knowing the exact functionality of the street before the capitalist reorganization of the city. In consequence there is no room for nostalgia, meaning that we have no exact reference. About the process of that deer space there is plenty of information in municipal archives, images in films and literature texts that justify the references to a radical reorganization, an almost creation as long-duration process. 4 | Why was such reorganization needed? Two reasons. In first place, the need to create the diaphanous opposite to the opaque, the predictable opposite to the unpredictable, the material opposite to the immaterial. Secondly, it answers the demands of the industrialization, mostly traffic, connectivity, salubrity and synchronization (timing organization). In consequence it emerged the order through the application of the instrumental
alle domande di industrializzazione, all’incremento del traffico, al bisogno di connessione, salubrità e sincronizzazione (organizzazione della temporalità). Nacque in questo modo, tutto ciò che è organizzato attraverso l’applicazione di strumenti, in apparenza neutrali, basati sul concetto di interesse generale dai quali emerse l’opposizione tra modi di vivere (la cultura urbana propriamente detta) e la strutturazione delle territorialità urbane (la cultura urbanistica) (M. Delgado). 5 | Quale riorganizzazione? Da un lato, la realizzazione di infrastrutture capaci di garantire connessione e sincronia: l’organizzazione adeguata dei flussi di persone e merci, cioè, con mezzi capaci di connettere punti di attività e usi in termini di sincronia e in tal caso, merci con mercati. L’innesto di altre infrastrutture di prima necessità relative alla vivibilità, come riferimento a una visione strategica: la relazione tra spazio urbano e salubrità. Godere del soleggiamento e di adeguata ventilazione. In certi casi, alcune attrezzature aprono la potenzialità a nuove pratiche come il passeggiare e relazionarsi con la natura ipertrofizzata o metaforica (passeggiare al parco, costruire percorsi, l’invenzione del passeggiare cittadino come cura del corpo). Gran parte di queste infrastrutture si risolvono nella strada, attraverso la quale si caratterizzano secondo la sua morfologia; nelle nuove trame e nella città consolidata i meccanismi di rinnovamento, fisico e simbolico, la conducono ad essere allo stesso tempo infrastruttura e supporto della stessa. L’eliminazione di attività che prima si svolgevano per le strade e per le piazze: dal significativo e prematuro passaggio (fine del secolo XVIII) della corrida dalla strada alla plaza de toros, con l’invenzione di un’attrezzatura che incluse logicamente la regolazione stessa dell’arte de la lidia, fino alla scomparsa della vendita in strada di alimenti. Con l’istituzione
(apparently neutral), settled in the concept of general interest from where it emerged the opposition between the ways to live (urban culture) and the urban territorial structuration (urbanite culture) (M. Delgado). 5 | Which reorganization? Firstly the production of infrastructures which are capable of inducing connectivity and synchronization; the adequate organization of fluxes of people and material, so it has the capable tools to relate different points of activity and uses in terms of synchronization and, if so, goods of the market. The incorporation of other primary infrastructures related to the salubrity (conduction networks) referred to a strategic center; the relation between the urban space and the salubrity. The sun, the aeration. In some ways some equipment hold the development of new practices such as the promenades and the relationship with a hypertrophy or metaphoric nature (walks through the park, tours, the creation of a citizen walkthrough as a body care). Most of these infrastructures take place in the streets, in which we find different types according to its sections: in the new reorganization and in the city consolidated by reform mechanism and interior reform, so they can be infrastructures and support of them. The removal of activities that took place in the streets and squares. We talk about the late years of the eighteenth century, when the street bulls party was moved to the bullring, and consequently it included the creation of a new equipment based on the “art of the bull”; it also disappeared the public selling of groceries. The municipal markets were interested in removing such selling from the streets as they involved perishable groceries. And so, the selling started a supervised regulation and health control. There are plenty of other examples but they are all based in the 93
dei mercati municipali si volle eliminare la vendita in strada di prodotti alimentari deperibili. Così, la vendita di cibarie venne regolata e sottomessa a normative di controllo sanitario. Gli esempi possono essere molti di più, però tutti indicano una stessa direzione: il controllo e, in questo caso, lo svuotamento delle strade, solo lo svolgimento di alcune feste rimase parzialmente consentito e non soggetto a restrizioni. Un processo di trasformazione che è al tempo stesso di distruzione, produzione e invenzione: la semantizazzione della strada con la comparsa dei bassi commerciali e delle loro vetrine; la definizione di percorsi preferenziali e di un ordine “paesaggistico” (mediante ordinanze e disposizioni relative al decoro), che diedero luogo al passeggio consumista e alla femminilizzazione della strada. Si inventa una nuova tipologia dello stare in strada che si manifesta con un’organizzazione per l’appropriarsi dei valori relativi al cambiamento, come ad esempio il regime fiscale delle attività e per l’occupazione del suolo pubblico. 6 | É avvenuto un processo di usurpazione dello spazio pubblico da parte del potere politico con molteplici espressioni e forme. Uno svuotamento sociale programmato che si può dimostrare documentalmente. 7 | In generale, l’Urbanistica del XX secolo seguì questa tendenza, ancor di più quando intese lo spazio pubblico come luogo di predominio della circolazione ed egemonia dell’automobile in un processo incrementale (Le Corbusier). Più tardi, nei decenni degli anni settanta e ottanta del XX secolo, la sua massima espressione consistette nell’attribuire alla strada un valore ludico, come reazione al funzionalismo. Da qui, almeno con una certa intenzione didattica, converrebbe tenere conto della sequenza degli indirizzi: egemonia del funzionalismo, la sua critica e l’emergenza di 94
same restrictions: the control, the pacification and the emptiness of the streets; only a few celebrations could not be controlled. A destructive process followed by a productive and inventory process is shown with the semantization of the streets (commercial building firstfloors and window shopping), the definition of preference tours and importance of the landscape; this steps provoked the “consumer ride” and the street feminization. A new phenomenology of street living is born and so it brings the values of change, taxation and street occupation taxes. 6 | Then, the usurpation of the public space by the politics in many expressions and natures ended up with a social programmed emptiness which can be documentary shown. 7 | In general, the Urban Plan of the twentieth century followed the steps of the previous tendency, even more when assumed the public space as a place dominated by the circulation and hegemony of the car in a progressive progress (Le Corbusier). Later that century, in the 70s and 80s decades, the mayor achievement was to attribute a ludic value to the street, as a reaction to functionalism. In some certain didactic intention, we can deduce a sequence: hegemony of functionalism, its critic and the urgent of a new urban plan and, after that, the noticeable ambivalence of postmodernism until the latest phenomena. 8 | Such phenomena, which wait for the urban consequences of the actual system crisis, are specified in the predominance of the cityproduct. This is a way to “built the buildable”, “assumed as an articulation of a concrete moment (time), a web (place) which defines a specific discourse in the space (object). In
un nuovo modo di pensare la pianificazione urbana, più tardi, la notevole ambivalenza del postmodernismo fino a giungere ai fenomeni più recenti. 8 | Tali fenomeni, in attesa delle conseguenze urbane dell’attuale crisi del sistema, si specificano nel predominio della città prodotto. Questa è una forma di “costituire il costruito”, “inteso come articolazione di un momento (tempo) in una rete (luogo) che definisce un discorso localizzabile nello spazio (oggetto). In questo modo il simbolico diventa il rilevante, il che agglutina e fonda l’urbano. Quando tutto ciò che è semantico s’impone sull’urbano, su ciò che è costruito come campo urbano, la città supererà i pericoli generati dalla libertà di localizzazione e mobilità dei capitali”. (M. Dachevsky). La sfida attuale delle città consiste nel mostrarsi attivamente nel mercato delle città, qualsiasi sia la scala del suo inserimento, creando un vincolo affettivo con i suoi potenziali utenti e facendo risaltare la sua offerta differenziata. Questa consiste nella definizione delle sue caratteristiche come prodotto (differenzato). La tematizzazione parziale o totale delle città esprime forme di appropriazione della differenza (le differenze) da parte del capitalismo nella sua ricerca di ottenere rendite monopolistiche. Eccezionalità e particolarità sono cruciali nella definizione di «qualità speciali », e solo con alcune eccezioni, tutto quello che può essere convertito in prodotto per la sua commercializzazione lo sarà. Tuttavia, questo processo di cattura della differenza ha dei limiti: la tensione sull’eccezionalità e le qualità speciali tendono a distruggerle o a sminuirle. Questi processi, specialmente quelli che hanno come obiettivo che una città o parte della stessa abbia una destinazione turistica, si effettuano attraverso rimodellamenti
this way the symbolic ends up to be relevant, because includes and settles the urban plan. When the semantic is imposed to the built as urban space, the city will get over the dangers created by the liberty of localization and capital mobility” (M. Dachevsky). The challenge of the cities nowadays consist mainly in showing their activity in the world market, whichever it is the scale of its insertion, creating an affective link with its potential users and highlighting its different offer. This consists on the definition of its characteristics as unique product. The partial or total theming of the cities express appropriation forms of the difference by the capitalism in the research of getting monopolist rents. The exceptionality and particularity are crucial in the definition of “especial qualities” and, only with a few exceptions; everything that can be turned into product of its marketing will get it. However this process of getting the difference has its limits: the tension between the exceptionality and particularity tends to destroy both of them, or at least lessen them. These processes, especially those whose objective is to turn a city or part of it into a touristic destiny, are the result of articulated geographic remodelling (D. Harvey). This concept allows relating processes, functions and social connections that are apparently unconnected. Between such relations the theming of certain urban areas confirm the definitive cancelation of the public space as a common place. If the symbolic ends up as the relevant, the citizens turn into the tourists of their own cities. In general it is required understanding the theming, even though it would be more accurate to refer to the themes as a symptom of a deep marketing project because of its impact on the forms of relation and social intervention, the individuals ways to insert in 95
geograficamente articolati (D. Harvey). Questo concetto permette di legare procedimenti, funzioni e conseguenze sociali solo apparentemente sconnessi. Tra queste relazioni, la tematizzazione di certe aree urbane suppone la definitiva cancellazione dello spazio pubblico come luogo comune. Se il simbolico diventa il rilevante i cittadini diventano turisti nelle strade delle loro stesse città. In senso generale si tratta di capire la tematizzazione, sebbene sarebbe più esatto riferirci alle tematizzazioni, come sintomo di un processo di commercializzazione di profondità impensabile per ciò che riguarda le forme di relazione e interazione sociale, i modi individuali di inserirsi o meno nelle dinamiche sociali e, in definitiva, alle forme e alla possibilità stessa dell’esperienza. Il sociale è irrisolubile senza sede. Giustamente ciò che sta accadendo è precisamente la lenta dissoluzione di qualsiasi possibilità di esistenza di sedi per l’interazione sociale. Per sede non si può intendere se non “luoghi”, “territori” ed architetture (puri contenitori e contenitori puri) dove la territorialità necessaria del sociale può diventare effettiva. 9 | Anche se il discorso e le pratiche delle discipline urbanistiche e architettoniche si sono ridotte di fronte agli aspetti materiali e, in rare occasioni, hanno gettato luce sul processo reale di svuotamento delle strade del tessuto sociale. Gli sguardi sociologici e antropologici hanno documentato nelle loro formulazioni iniziali tali processi di svuotamento: dalla costruzione del sentimento di estraniamento dell’abitante metropolitano (G. Simmel) alle conseguenze sociali dei processi di densificazione demografica impliciti nei processi di metropolizzazione (L. Wirth). In entrambi i casi, si profila un processo che condurrà al distacco rispetto agli altri, fino a terminare nell’individualizzazione attuale. In questo senso, U. Becke si riferisce chiaramente al processo per il quale 96
the social dynamics, and above all the forms and possibility of the experience. The social is unsolvable without a base. Exactly what it has been occurring is the slowly dissolution of any existence possibility for the social intervention. We are talking about places, territories (pure contenders and contenders of purity) where the needed territoriality can be effective. 9 | The discourse and the practices of the urban and architectural disciplines have been strongly reduced to the material aspects and sometimes it has evoked the real process of social emptiness on the streets. The sociology and anthropology views always took note of its initial formulations about these processes of social emptiness: from the construction of the foreign sentiment of the metropolitan citizen (G. Simmel) to the social consequences of the demographic densification processes implicated in the metropolitan processes (L. Wirth). In both cases a new process will lead to a detachment from others, until it concludes in the individualization of today. Here U. Beck refers to the process in which the person has been in charge of his personal biography. This ends up being his possession, his unique possession –his life, his biography -, exclusively under his own responsibility, from where we can deduce its deep consequences. Walking through this line, we find other perspectives: the other as a problem (G. Lipovetsky), the masses individualism (Sloterdijik) or aesthetic of the urban societies (M. Maffesolí). Apart from that, the Tiqqum collective establish that the existential liberalism has been a success for the last thirty years and defines it as “the fact that from now on it is admitted as natural a relation with the world based in the idea of everyone having their own life”.
l’individuo è stato convertito in responsabile della sua storia. Questa cambia la sua apparteneza (unica). Un possesso -quello della propria vita, quello della propria biografia- che appartiene esclusivamente alla sua responsabilità, dalla quale si deducono le multiple e profonde conseguenze. In questa stessa linea si iscrivono, tra molte, diverse prospettive: l’altro come problema (G. Lipovetsky), l’individualismo di massa (Sloterdijk) o l’estetica del socius propria delle tribù urbane (M. Maffesolí). Da parte sua, Tiqqum afferma che il collettivo trionfa da trent’anni sul liberalismo esistenziale: lo definisce come “il fatto per cui si vede in tutto ciò che è successivo una naturale relazione con il mondo basata sull’idea secondo la quale ognuno ha una sua vita”. 10 | Le città si vanno adattando fisicamente, come territori di rottura con il senso (sociale), conseguenza della combinazione della crescita demografica/crescita fisica allo stesso modo discontinua dal punto di vista degli effetti territoriali e sociali del neoliberismo. Al suo interno proliferano "stili di vita" non in comunicazione e incomprensibili tra di loro che, a loro volta, si dispiegano su tessiture fisiche disuguali (sedi distinte). Nascono e proliferano gli spazi chiusi e isolati che mettono in dubbio l’esistenza reale ed effettiva della città come totalità percettibile e rendono impossibile qualsiasi idea o sentimento (sociale) di (co)appartenenza. Se lo spazio pubblico è una creazione delle interazioni sociali i meccanismi moderni di appropriazione e controllo degli individui che bloccano lo spazio della relazione etica, obbligano a una diagnosi del contesto come problematico. C’è un ambito nel quale affonda la possibilità di conformarsi come soggetto etico e ci si perde nella soggettività. Di conseguenza, le possibilità di caratterizzazione dello spazio pubblico rimangono aleatorie.
10 | The cities are physically conformed as territories of social rupture, in consequence of the combination between demographic and discontinuous physic growth below the territorial and social effects of neoliberalism. In its interior they demand incommunicado and incomprehensible “life styles” which take place in different physic circumstances. They require limited and isolated spaces which doubt the real and effective existence of the city as perceptible totality and make any idea or possession sentiment impossible. If the public space is a creation of the social in terms of the interaction, the modern mechanism of appropriation and individual control, which block the space of ethic relation, require an environmental diagnostic as problematic. There is a context in which the possibility to conform as ethic subject is sunk and gets lost in the subjection. In consequence the possibility of the public space stays in suspension.
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Spazio pubblico, spazio civico
Public space, civic space
José Miguel Iribas
Esiste un accordo tacitamente condiviso a partire dal quale la città si è configurata, grazie alle opportunità che gli spazi pubblici forniscono per dare luogo alla sua forma fisica e alla generazione della sua specifica immagine; un processo verso la costruzione del sistema urbano che anticipa il contributo disciplinare dell’architettura in vero il più incisivo protagonista (sembrerebbe quasi l’unico) nel disegno dello spazio urbano. Sollevo due obiezioni al riguardo. In primo luogo, la sottovalutazione del ruolo che giocano gli spazi collettivi, se per ciò si intende i luoghi di proprietà privata e di uso pubblico, che per le loro qualità attrattive dimostrano un uso intenso e prolungato da parte del cittadino. Dunque, aldilà della loro specifica funzione sarebbe necessario condividere l’idea che gli spazi collettivi hanno un’influenza capitale sulla costruzione del fenomeno città, tanto da trasformarlo in qualcosa di incomprensibile ed inefficiente se non si fa riferimento a quegli spazi (negozi, bar, aree di lavoro e di intrattenimento) la cui presenza
It exists a widespread agreement according to which the city is basically conformed by the contribution that the equipment and public spaces provide for its physical configuration and for the generation of its singular image; a morphological conception which unimpeachably forwards to the discipline of architecture as the most decisive (it would seem almost the only) involved in the configuration of the urban fact. I find two objections in this regard. Firstly, ignorance about the fundamental role of the collective spaces, if such means privately owned workplaces and public use that, by their attractive condition, have a prolonged and intensive use by the citizenship. Therefore apart from this objective function, it would be necessary to agree that they have a capital influence in the formation of the contemporary city, which is entirely inexplicable unless it refers to these spaces (shops, bars, areas of work and leisure), whose quantitative presence and qualitative characteristics contribute decisively to activate and rank the
Scatola rossa, 2011, Siviglia, via Maese Rodrigo. | Scatola rossa, 2011, Siviglia, Maese Rodrigo street. 99
quantitativa e le cui caratteristiche qualitative contribuiscono decisamente ed attivamente a gerarchizzare la città (dal momento che riflettono il dinamismo e gli equilibri di forza fra le differenti aree) tanto da assumere il ruolo di indicatori dei flussi energetici della città intera. Una seconda obiezione, di maggiore importanza per la questione che ci riguarda, parte da un’idea concettualmente più ampia basata sul presupposto che la città sia il risultato di un processo territoriale ed economico di accumulazione, finalizzato agli scambi, presupposto dal quale non possiamo prescindere per comprendere il fatto urbano e la decisiva influenza che i fattori territoriali e le dotazioni infrastrutturali hanno nello stabilire le basi per la trasformazione del contesto fisico, e lo sviluppo dello spazio città; il fattore urbano risiede infatti nella confluenza strutturata di elementi materiali (spazio pubblico ed edifici, che costituiscono gli elementi di accumulazione sociale) e intangibili (attività e flussi che sono il punto di partenza di tutti gli scambi). Costruire una città dall’intangibile Sebbene sia spesso ignorata nella pratica urbanistica ad ogni scala, la materializzazione nella forma urbana dei connotati culturali e sociali questo dato di fatto costruisce l’identità dell’evento urbano in quanto riflesso storico dell’evoluzione degli elementi intangibili che, nonostante la loro natura eterea e apparentemente inconsistente, rivelano qualità di persistenza e durata. Lo spazio pubblico assume il ruolo di espressione dei valori civici che sorreggono la città, il tipo di vita che vi si conduce e viene stimolata; il raggiungimento di questi attributi è relativamente indipendente dal disegno, come mostrato dal fatto che ci sono luoghi urbani emblematici (la Gran via di Madrid, le 100
city (since they reflect the dynamism and the power of its different areas) as well as to account for the energy of the entire city. A second objection, of utmost importance to the matter that concerns us, departs from a conceptually broader idea consisting of the assumption of the city as a result of a territorial and economic process based on the "accumulation for the exchange", on the basis of which we must presume that the urban fact, as well as the decisive influence that the territorial and infrastructural factors that form the basis of its physical context have in order to its gestation and development, the urban fact sits on the organized confluence of material elements (building and public space, which constitute the foundations of the accumulation) and intangible (activities and flows, which are the starting point of all exchanges). To build a city from the intangible Although it is often ignored in practice of real urbanism, to any of its scales, the urban-architectural materialization of the cultural and social basis in which sits the urban fact is not but a mere historical reflection of the evolution of intangible elements that, in spite of its most ethereal and seemingly inconsistent nature, have greater persistence and durability. Public space must be an expression of civic values underpinning the city, the summary of the life that harbours and stimulates, and the achievement of these attributes is relatively independent of the design, as shown by the fact that there are anthological urban spaces (the Gran Via of Madrid, the Ramblas of Barcelona, Times Square or Piccadilly Circus, to cite some well-known) that are characterized by the low relevance which has had its architectural resolution (inadequate in some respects) in his social success, understanding that therefore the intensity with which they are used as the urban significance they have
Ramblas di Barcellona, Times Squame o Piccadilly Circus, per citarne alcuni ben conosciuti) che pur caratterizzati da una scarsa rilevanza della risoluzione architettonica (per certi versi addirittura inadeguata) hanno riscosso un tale successo sociale, accertato nell’intensità dell’uso collettivo, da assumere un significato urbano riscontrabile nella capacità che esprimono di auto-progettarsi come “luoghi simbolo” della città. Dunque, sebbene una buona soluzione compositiva contribuisca favorevolmente al successo della costruzione dello spazio pubblico, ciò che realmente costituisce le basi di tale successo è la combinazione degli aspetti formali con la capacità attrattiva esprimibile dalle attività ospitate (o quelle disponibili nei suoi più immediati dintorni) che costituiscono le basi della sua unicità, il vero motivo della sua eccellenza. E questo inevitabilmente ci conduce a considerare altri due fattori: l’accessibilità, che assicura la presenza dei cittadini, e il comfort del suo uso che è un fattore rilevante per prolungarne il soggiorno. Aldilà del visivo È necessario considerare un nuovo dibattito sull’ultima natura del progetto dello spazio pubblico: se è quasi esclusivamente orientato verso la risoluzione degli aspetti visivi della composizione si sta dimenticando che si dovrebbe considerare il comfort, che, oltre alle proprie esigenze, spesso si basa sulla percezione poli-sensoriale. Una componente chiave che dovrebbe servire come argomentazione per ricusare quelle soluzioni concepite per aree di grandi dimensioni nelle quali si dimentica, deliberatamente, l’introduzione di elementi vegetali e l’uso dell’acqua (due grandi alleati dell’attivazione sensoriale) sacrificati impunemente per garantire la presenza dominante, esclusiva, del prodotto architettonico.
and the capacity available to project itself as emblems of the city. Therefore, and although a good compositional solution contributes favourably to the successful gestation of public space, what really constitutes the basis of its ultimate success is the combination of these formal aspects with the attractive capability that contain the hosted activities (or those of its immediate surroundings), which are the basis of its uniqueness and the ultimate reason for its excellence. And this inevitably leads us to contemplate two other factors: accessibility, which ensures the concurrence of citizens, and the comfort of its use, which is a relevant factor to prolong its stay. Beyond the visual It is necessary to consider a new debate about the latest nature of the project on public space: if it is almost exclusively oriented towards the resolution of the visual aspects of the composition is forgetting that it should also consider the comfort, which, in addition to their own demands, often settles on the polisensory, i.e., on the stimulation of the senses. A key component that should serve as recalled argument of some actions in areas of large dimensions that deliberately neglect the vegetation and water (two great allies of the sensory activation) and they are sacrificed with impunity in order to ensure the dominant presence, exclusive of the architectural product. It could be invoked, consequently with what was said, three characteristics that should base the public space: the activity (self-employed or another, on condition that it encourages it), the dynamism (usually configured by a program uses opened to full citizenship) and the comfort. But what has been observed in recent times, in which the rescue of public space 101
Bisognerebbe invece operare, coerentemente a quanto affermato, orientando il progetto verso tre caratteristiche che dovrebbero essere invarianti del progetto dello spazio pubblico: l’attrattività (propria o di altri a condizione che la stimoli), il dinamismo (configurato in genere da un programma di usi aperto a tutta la cittadinanza) e il comfort. È stato recentemente osservato che la riqualificazione dello spazio pubblico è diventato un obiettivo ineludibile per politici e architetti. La riconversione in luoghi degli spazi significativi è quasi esclusivamente basata sul disegno architettonico di soluzioni altisonanti che spesso disprezzano o sottovalutano i reali bisogni che dovrebbero soddisfare. Queste sovra-dotazioni non costruiscono una città o, almeno, non in proporzione ai costi abitativi che richiede. Ciò che bisogna capire è l’opportunità di attivare interventi di progettazione urbana come soluzione architettonica di successo e quando non è condizione sufficiente per assicurare esiti positivi (e meno quando serve ad attrarre i richiedenti per un uso su basi ricorrenti, dal momento che il suo successo è strettamente vincolato alla qualità e persistenza delle offerte di tempo, che sono la base delle strutture culturali, turistiche e di svago che funzionano bene). In sintesi l’urbanistica contiene l’architettura ma va aldilà del contenuto specialistico della sua disciplina (sebbene certamente disconosce gli altri) ed esige la concorrenza di altri fattori: medio-ambientali, sociali, economici e culturali, oltre di quelli strettamente funzionali. Per migliorare l’equilibrio urbano È fondamentale, inoltre, che gli interventi a scala urbana contribuiscano all’equilibrio della città. Così, al margine delle operazioni di ridisegno di spazi puntuali, molto visibili e, di conseguenza, molto care agli amministratori pubblici è nelle periferie urbane e suburbane, 102
has become into an inescapable objective for politicians and professionals in architecture, is that the achievement of significant spaces is almost exclusively based on hyperbolic architectural designs, understanding such actions where the formal applications are imposed on the real needs of use, which sometimes are despised. But these over-endowments do not build a city or, at least, not in proportion to its cost. What is needed to understand when dealing with urban interventions is that a successful architectural solution is not sufficient condition to ensure a positive outcome (and less when it comes to attract demanders for use on a recurring basis, since the success of such demands is strictly linked to the quality and persistence of time bids, which are the basis of cultural, touristic and leisure structures that work well), because the urban contains architecture but goes beyond the content of this discipline (although certainly unknown others) and requires the concurrence of other factors: environmental, social, economic and cultural, as well as the strictly functional. To improve the urban balance It is essential, in addition, that urban interventions will contribute to the balance of the city. Thus, out of the operations of redesign of timely, highly visible spaces and, consequently, interventions very pleasant to public administrators, where it manifests itself in a clearer way the need to rethink the public space is in the urban and suburban and peripheries where the application of methodologies and practices anchored in the purest functionalist conventionalism has led into the absence of spaces able to convene and retain citizens as anticipated already grimly Henry Lefebvre in his never sufficiently weighted "Eulogy of the tavern". The problems in these large urban areas have
nelle quali l’applicazione di metodologie e pratiche ancorate al più puro convenzionalismo funzionalista ha condotto all’assenza di spazi capaci di attrarre e affezionare i cittadini, come già gravemente anticipato da Henry Lefebvre nel suo non abbastanza valorizzato “Elogio della taverna”. I problemi in queste grandi aree sono derivati, e lo sono ancora, dalla pratica della progettazione urbanistica che negli ultimi 35 anni, in Spagna, si è basata sull’assunto che i suoi postulati, derivati dalle “Lettere da Atene” sono retoricamente rifiutate. Lo spazio comunitario è concepito da una prospettiva puramente funzionale che dà priorità alla mobilità e realizza grandi aree verdi tra le unità residenziali, isolate e carenti di spazi collettivi -negozi, bar, spazi lavorativicapaci di attrarre le persone. Da questa prospettiva, le attività e i flussi sono visti esclusivamente come un problema da risolvere piuttosto che essere preziose opportunità. Nei modelli funzionali dominanti le strade sono trasformate in viali, i giardini in deserte estensioni verdi che hanno una finalità strettamente contemplativa e lo spazio pubblico come un tutt’ uno è privato dei suoi elementi essenziali: essere l’estensione delle abitazioni, il campo di spontanea partecipazione, luogo d’incontro, scenario di preoccupazioni e desideri, la traduzione fisica degli attributi e dei valori sociali. Così obiettivamente si realizzerebbe uno spazio pubblico migliore nella maggior parte dei quartieri di espansione urbana dell’era di Franco, piuttosto che degli interventi dei ben intenzionati igienisti dell’era democratica. E infatti quelli sono costituiti da spazi pubblici riqualificabili, assetti non esistenti nelle nuove aree residenziali periferiche.
been and are pressing. The practice of urban planning in the past thirty-five years in Spain is based on the assumption of principles derived from the Letter from Athens, even though they are rejected (even if only rhetorically) its tenets, so the community space is conceived from a basically functional perspective that priorities traffic car and promotes large green areas isolated from housing and lacking in collective spaces (already mentioned: shops, bars and workspaces) able to attract and retain the people continuously. All this contributes to the avoidance of all mixing of uses, implicitly assumed, despite unchanged statements against urban planners in exercise, and explicitly imposed, for example, in the legislation on social housing. From that perspective, the activities and flows are regarded exclusively as a problem to solve rather than be tremendous opportunities for, from the accumulation (also challenged by official urbanism), to promote exchanges, which are virtually nonexistent. In the prevailing functionalist model streets are transformed into vials, the gardens in desert green extensions that have a strictly contemplative destination and public space as a whole is stripped of its essential features: be the extension of housing, the field of spontaneous turnout, the meeting place, the scenario of the cares and wishes, the physical translation of the attributes and values of the society. So, objectively, there is better public space and better city in the utmost part of the urban expansions of the Franco era, with its countless and painful problems, than at well-intentioned hygienist interventions of the democratic era. And, on the other hand, those contain redeemable public spaces, nonexistent status in the new outlying residential areas.
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Due laboratori performativi in cittĂ del Mediterraneo Two performing workshops in Mediterranean cities
Siviglia/Siracusa
Architettura “part time” Azioni e interazioni per lo Spazio Collettivo*
Architecture "part time" Actions and interactions for the Collective Space*
Luz Fernández-Valderrama Aparicio Rafael Casado Martínez Antonio Herrero Elordi Eva Luque García Amanda Martín-Mariscal
“Molto si è scritto. Molto si è scritto sulle cose inutili. Si è scritto senza rispettare i limiti imposti della mente umana, in tutte le materie la cui conoscenza c’è stata negata secondo i piani della Provvidenza. Si è scritto su argomenti su cui ognuno dovrebbe evitare di scrivere quando non si tratta della nostra missione, sebbene uno abbia il talento di parlarne” 1.
“Much is written. Much is written about useless things. It is written without respecting the imposed limits of the human mind, in all the subjects whose knowledge has been denied to us in the designs of Providence. It is written about topics which every one of us should forbid to write about when it is not our mission, even though one has the talent to talk about them.”
1 | Introduzione Questo pensiero spesso accompagna qualcuno di noi. D’altra parte, ci accompagna anche la responsabilità di palesare tutto quello che avviene nelle aule delle scuole di architettura, ogni anno: situazioni insolite, scoperte e intuizioni sempre insperate, manifestazioni di idee e progetti inediti, risultato di una freschezza creativa (soprattutto se coscienti che gli autori di questi scritti tengono lezioni al primo anno del corso di laurea di Architettura, in una materia, Progettazione, nella quale la creatività è il leit-motif durante tutto l’anno), progetti che rimarranno sconosciuti se non li raccontiamo.
1 | Introduction This thought often accompanies some of us. On the other hand, it also accompanies us the responsibility to make noticed of everything that takes place in the classrooms of the schools of architecture every year: unusual situations, always unexpected discoveries and findings, delivery of ideas and projects that have never existed, product of an unusual freshness (above all if we are conscious that the authors of this writing distribute teaching in the first year of the architecture degree, in one subject, Projects, in which creativity is the leit-motiv during the year), projects that will never be known if we do not report them.
“Abiti Sociali”: REC (Eduardo Naranjo, modella: Cristina Rodríguz Monge), Abiti Laboratoriali (Manuel Alba), ServizioCava (María González Pinilla), Rifugio per artisti (Elisa Monge), TechnoBauhaus Commedia (Enrique Girón), Guscio (Laura Cimiano). 107
Ed è a questo punto che la responsabilità prevale su un interrogativo: i professori dovrebbero raccontare lo sforzo, molto più di quanto non si faccia normalmente, su qualsiasi cosa avvenga nelle nostre aule, sui progetti incredibili che gli studenti producono ogni anno, il loro ingegno, gli esperimenti, i ritrovamenti, i fantastici pezzi d’arte che, con una formazione di base giovane e incompleta sono capaci di sviluppare. Quando si presenta in alcune circostanze particolari, l’opportunità di lavorare con studenti e professori provenienti da altre scuole di architettura, di nazionalità diversa, in questo caso la Scuola di Architettura di Siracusa e quando questa circostanza accademica arriva insieme all’opportunità di viaggiare e di conoscere diversi metodi didattici, raccontare cosa è successo è una preziosa occasione. Quindi grazie in anticipo ai promotori di questa iniziativa che ci forniscono l’opportunità di raccontare ciò che è successo2, di spiegarne le ragioni, e perché no, riflettere sulla possibile evoluzione di questi progetti. Si, i professori dovrebbero scrivere di più sulle attività che svolgono, o piuttosto, su quello che gli studenti elaborano, non per imposizioni esterne ma piuttosto per l’intrinseco bisogno di chiudere una grande avventura che si apre ogni anno nel corso di Progettazione. Questo è quello a cui mira il testo. Ogni anno è un viaggio; nel caso dei primi approcci alla Progettazione, un viaggio nel quale lo “zaino” dovrebbe essere riempito da strumenti, motivazioni, esperimenti e molti grandi momenti. 2 | La preparazione al viaggio: obiettivi dei corsi di Progettazione dei primi anni Essere un docente di Progettazione in questa fase della formazione richiede un lavoro di grande responsabilità: in un momento di revisione della disciplina di fronte 108
At this point the responsibility is imposed to the previous doubt: the professors should report the effort, so much more than what we usually do about whatever takes place in our classrooms, about the incredible projects that the students produce each year, their wit, the experiments, the findings, the amazing pieces of art which the students with a basic initial formation are able to develop. When it is going on some particular circumstances too, such as the opportunity to work with students and professors from a different school of architecture, from a different nationality, in this case the Syracuse School of Architecture; and when this academic circumstance comes along with the opportunity to travel and get to know these new academic habits, it is a great pleasure to be able to narrate what happened. So thank you in advance to the promoters of this initiative for being able to write about this unusual action, for being able to explain the reasons for what happened, and why not, let us think about the possible evolution of these projects. The professors should write more about what we do, or rather, what the students do, not from any external imposition but from the intrinsic need to close a big adventure that is opened by a course of Projects each year. This is what the text intended. Every year is a trip; in the case of the initial years of Projects, a trip in which the backpack should be filled with tools, motivations, experiments and, why not, plenty of great moments. 2 | The preparation to the trip: objectives of the initial years of Projects To be a Projects professor in these moments requires a big responsible job: at the time of discipline reviewing, in front of the unexpected transformations of the socialeconomic and cultural context, they have to
Creazione collettiva di un poster di Laboratorio. Collective creation workshop's poster.
alle trasformazioni inaspettate del contesto socio-economico e culturale, bisogna essere consci del cambiamento e dell’adattamento richiesto alla didattica. Dipende da cosa intendiamo per Architettura, questo dovrebbe essere il punto centrale dell’insegnamento attuale. L’obiettivo di quest’articolo non è esattamente la definizione di tale problematica o la ricerca di nuove chiavi di produzione, ma la costanza del cambiamento che crediamo debba generare la nostra disciplina e analogamente il suo insegnamento. L’architettura, che dovrebbe essere ridefinita in ogni epoca come disse Mies Van Der Rohe, non va intesa esclusivamente per progettare oggetti per contesti che non ne richiedono altri. L’architettura potrebbe avere molto in comune con la capacità di cogliere quelli che sono i problemi contemporanei con l’abilità di dare visibilità alle soluzioni attraverso nuovi processi di produzione, nei quali l’architetto gioca un ruolo molto più incisivo. Siamo coscienti che la realtà e la revisione della pratica di ciò che dovrebbe chiamarsi architettura va ancora più veloce che la riflessione-revisione e adattamento dei nostri metodi didattici.
be conscious of the change and the required adaptation to our discipline. It depends on what we understand by architecture, so should be the focus of teaching in the early years. The purpose of this article is not exactly the definition of this problematic or of the new keys of production, but the constancy of the change that we believe it should generate our discipline and so in the teaching. The architecture, which should be defined in each epoch as Mies Van Der Rohe sentenced, is not intended exclusively to design objects for landscapes that are no longer demanded. The architecture might have a lot more in common to the capacity of detecting which are the contemporary problems and the ability to light creative solutions by new production agents in which the architect plays a role a lot more humidly but not necessary. We are conscious that reality and the practice revision of what should be called architecture is going a lot faster that the reflection-revision and adaptation in our schools. Even so the only thing that ought not to be missing is precisely this constant revision in a situation that is no returning to peak like in 2007. In this 109
Anche così l’unica cosa che non dovrebbe mancare è precisamente questa costante revisione in una situazione di crisi economica. In questo contesto, estremamente difficile per gli studenti che stanno lasciando le nostre scuole, noi dobbiamo essere consapevoli di ciò che differenzia le competenze dei giovani studenti rispetto a quelle di professionisti, ampiamente allenate nella pratica del progetto e delle sue relazioni col mercato). La maggiore differenza tra questi due gruppi di architetti è “l’esperienza con le nuove tecnologie, le competenze digitali e la volontà di vedere i problemi da una prospettiva differente” 3 . Le richieste della contemporaneità muovono le strategie di insegnamento che stiamo sperimentando negli ultimi anni. Con questo sfondo iniziamo lo studio della “progettazione” al primo anno di corso. La creatività, come competenza dovrebbe essere attivata ed esaltata (piuttosto che acquisita); questa sarà una costante di quest’anno. Secondo questo metodo molti progetti di innovazione didattica sono stati sviluppati da Luz Fernández-Valderrama e acquisiti dal Science Teaching Institute: “Creatività in quanto competenza trasversale nella progettazione architettonica. Nuovi metodi di insegnamento”, “La creatività. Abilità extracurricolare dei metodi emergenti di insegnamento dell’architettura” e “La valutazione comparativa tra i livelli di creatività dei nuovi studenti della Facoltà di Architettura”. In tale cornice si sono svolti due laboratori, nei quali gli studenti hanno lavorato direttamente sui processi creativi: “Attivazione del Laboratorio di Creatività” 4, tenuto da Marga Íñiguez e organizzato da Amanda Martín-Mariscal; e il “Il Laboratorio di Creazione Collettiva” 5, organizzato in prima persona e diretto dalla stessa Amanda Martín-Mariscal. La materia Progettazione nei primi anni del corso di laurea propone agli studenti una 110
context, extremely difficult for the students that are leaving our schools at the moment, we have to be conscious about what differs the young students to the adult competence (widely trained in the production of the real and its relation to the market). The main difference between these two groups of architects is “the experience with new technologies, digital competences and the will to see the problems from a different prospective”. Above all this questions it swings the teaching strategy that we are experimenting in the last years. With all these questions on the background, we initiate the subject of Projects in the first years of school. The creativity, as a competence should be activated and enhanced (rather than acquired), will be a constant in this years. In this method several projects of teaching innovation have been developing by Luz Fernández-Valderrama and funded by the Science Teaching Institute: “Creativity as transversal competence in the architectural project. New teaching methods”, “The creativity. Extracurricular ability of emerging in the latest teaching methods of architecture” and “Constrast evaluation between creativity levels of new entry students in the School of Architecture”. Framed in this projects, two workshops have taken place in the school in which the students have been working direcly to the creative processes: “Activation of Creativity workshop”, given by Marga Íñiguez and organized by Amanda Martín-Mariscal; and the “Collective Creation workshop”, organized and directed by same Amanda Martín-Mariscal. The subject of Projects in the initial degree years poses the student the challenge to initiate a creative attitude about life and about reality. There is no and there should not be a priori situations. A person is prepared to do what is not done yet. It requires an
Basi per l'esercizio "Abito sociale". | Basis of the exercise "Social dress".
sfida: sviluppare una visione creativa della vita e della realtà. Non ci sono e non dovrebbero esistere delle situazioni a priori. Una persona non è preparata a fare quello che ancora non è stato fatto. Ciò richiede un intenso studio dei problemi e delle situazioni che si manifestano. Gli studenti dell’ultimo semestre hanno formato un corso dal nome Osservatori6. Hanno incentrato il loro apprendimento sul progetto in quanto processo di creazione, stabilendo i vincoli e gli strumenti di tale progetto, considerandone il corpo come generatore. Gli esercizi, impostati in prevalenza come ginnastica (con una frequenza molto breve, una o due settimane al massimo) hanno sviluppato la capacità di rispondere creativamente alle limitazioni imposte in ogni progetto e la capacità di abituarsi agli strumenti nuovi
intense learning for revealing problems and situations. The students from last semester formed a class course named Observatories. They focused their learning in the project as a process of creation, establishing the constrictions of that project, managing the tools and assuming the body as a project generator. The exercises, posed mainly as gymnastics (with a very short duration, one or two weeks at most) have exercised the capacity of the students to respond creatively to the constrictions posed in each project and to get used to new tools as the time passes by. The lectures will be filled with these tools and this will be the best way to communicate, the same as Isamu Noguchi while working at Brancusi’s studio in which neither the first spoke French nor the studio owner spoke English, but they 111
man mano che il tempo passava. Le lezioni partivano dalle possibilità offerte dall’uso degli strumenti e questi dovevano essere la forma migliore di comunicare, la stessa sperimentata da Isamu Noguchi mentre lavorava allo studio di Brancusi, nel quale né il primo parlava francese né i componenti dello studio parlava inglese, ma la comprensione reciproca si basava sulle diverse possibilità d’uso degli strumenti. . Il metodo si basa sulla proposta settimanale di: “argomenti”, “ ospiti” (incorporando nuove voci e dunque nuovi punti di vista), “ strumenti”, “mezzi di comunicazione”(blog). Negli Osservatori abbiamo tentato di leggere il contesto urbano attraverso i temi di architettura che lo hanno prodotto. Questa metodo richiede due attitudini: principalmente un occhio allenato e particolarmente sensibile capace di evidenziare la straordinarietà dell’apparentemente semplice (per scoprire la straordinarietà di luoghi apparentemente banali, è cruciale saper vedere); secondariamente, richiede l’assunzione di un metodo fondato su di un sistema di segni codificati che rendono possibile la visione. Gli esercizi vengono stabiliti come azioni effimere, come laboratori di modificazione della realtà fisica. Da questi presupposti gli studenti hanno condotto esercizi:“safari urbano” (la passeggiata come osservatorio, percorsi per camminare, per guardare) ; “invenzione domestica” (il quotidiano come osservatorio) e per concludere questo processo di apprendimento, l’esercizio chiamato “abito sociale”: la loro prima realizzazione in scala 1.1, esperienza che li avvicinava ai problemi della costruzione del progetto. L’obiettivo principale degli esercizi era considerare il corpo umano come agente costruttivo del progetto, come soggetto propulsore delle trasformazioni e della realizzazione dello spazio architettonico, nonché strumento 112
understood each other through the tools. The rules are always the same: each week, “one topic”, each week, “one guest” (incorporating new voices and so points of view), each week, “one tool”, each week, “one blog publication”. In Observatories we tried to discover in the daily urban space, which surrounds us all, the arguments of architecture. That vision involves two questions: firstly the requirement of a trained eye with special sensibility and able to highlight the extraordinary within the apparently plain day-by-day (for discovering the interest in places where it seems to be a lack, it is crucial to know how to contemplate it); secondly, it requires the introduction to an order with visual meanings that ends up building devices that make the vision possible. The exercises are established as ephemeral actions, like laboratories of change for the physic reality. Under these assumptions the students have done some exercises such as the “urban safari” (the promenade as observatory, routes, to walk, to watch) or “domestic inventory” (the daily as observatory), and to conclude this learning, the exercise called “the social dress”, the first construction of the students in the 1.1 scale, which showed a clear commitment to the construction of the reality. The essential objective of the exercise was to incorporate the body as constructor agent of the project and so as first agent of the reality and the architectural space, as social interaction tool. The social dress has interest in linking the body actions to the other people and the surrounding space, so it can build “a situation”. The term social refers to the interaction of organisms with other organisms and to the coexistence of its collectives independently if they are conscious or not and if the action is voluntary or involuntary. In extrapolating the concept of dress to the “expression of me”, so
Cartografia de La Moneda. Cartography of La Moneda
di interazione sociale. L’abito sociale ha il ruolo di connettere le azioni del proprio corpo a quello di altri e allo spazio circostante, tanto da costruire “una situazione”. Il termine sociale si riferisce all’interazione di organismi con altri organismi e alla coesistenza di comunità consapevoli o inconsapevoli di azioni. Nell’estrapolare il concetto di abito dall’”espressione di me stesso”, così come dalla rappresentazione sociale, manifestazione intrinseca degli stili di vita, si genera una nuova connotazione attuale, una micro rete sociale è generata dall’interazione collettiva di un abito. Questo mutamento del vestito, per una funzione sociale, è chiamato “abito sociale”. L’obiettivo è che ogni abito sociale sia in grado di promuovere una particolare azione collettiva e al tempo stesso diventare attrazione sociale che provochi partecipazione dei cittadini nel suo più vicino e stretto intorno. Questa condizione produce una caratteristica singolare: l’abito che stiamo cercando ci interessa per sperimentare la realizzazione delle interazioni sociali. Uno dei maggiori riferimenti dell’esercizio
the social representation as intrinsic characteristic of the human lifestyles, it generates a new current connotation when a micro social network is created by the collective interaction of a dress. This mutation of the dress to a social function is directly called “the social dress”. So every social dress has to promote a particular collective action and at the same time it has to be the social attraction that provokes citizen participation in its near and closest environment. This leads to a singular characteristic: the act of presence in need to proximity to the agents that participate in the interaction. That is the dress we are looking for and what interests us in relation to the essay. One of the many references for the exercise was, for example, the project Techno-Geisha elaborated by the architect Andrés Jaque, who defines it as “an automatic tissue as a device for the inscription of individual contributions in a metropolitan environment. The automatic tissue is the construction of a character, and over-equipped host who creates friendships between some particular agents. A host who is capable of creating a way of coexistence 113
era, ad esempio, il progetto Techno-Geisha elaborato dall’architetto Andrés Jaque, che lo definisce “un tessuto automatico in quanto accorgimento per l’iscrizione di contributi personali in un ambiente metropolitano. Il tessuto automatico è la costruzione di un personaggio, di un iper - attrezzato ospite che crea amicizie tra alcuni particolari agenti. Un ospite capace di creare una via di coesistenza che non rimarrà nell’unificazione del comportamento o delle opinioni individuali. Il tessuto automatico è il prodotto di una tecno-geisha che trasforma il suo vestito in modo tale da far sentire gli ospiti dell’attuale città moderna a casa propria”.7 Allora, perché rinunciare a parlare delle possibilità dell’abito come elemento di mediazione e interazione sociale? Non potrebbe la creazione di un vestito produrre un lavoro di mediazione e attivazione sociale, collettiva? L’azione richiede di essere misurata e di misurare, cercando di capire cosa è necessario per me e per gli altri; la scoperta di nuovi bisogni come esigenze e sforzi per soddisfarle è il motore del progetto architettonico e ci porta a esplorare il carattere degli spazi per la collettività. Con questo esercizio gli studenti simulavano, in scala 1:1, un meccanismo per l’interazione di ogni individuo con la collettività; in tal modo si è potuta valutare la maggiore capacità di interazione “da indossare”, la maggiore abilità nel costruire una situazione, il migliore approccio alla produzione di ciò che percepiamo attraverso lo spazio. L’esercizio si chiudeva con una sfilata nelle aree di transito della scuola, durante la quale invitavamo studenti e professori ad interagire. Illustriamo qui alcuni risultati eloquenti del repertorio: la registrazione poetica e storica dei sentimenti “REC” (eseguita con un nuovo materiale derivato dalla mescola di argilla e rete, segnato dalle memorie quotidiane e 114
which will not remain in the unification of behaviour or individual opinions. The automatic tissue is the manufacturing of a techno-geisha who transforms her attire so she made her guests from the contemporary city feel like they are at home”. Then, why refusing to talk about the possibilities of the dress as element for mediation and social interaction? Is not architecture a medium that has to stimulate the collective association? Could not the generation of a dress be the laboratory of mediation or activator of a social, and so collective, action? The action requires measured and measuring, trying to understand what is necessary for me and for the others. The discovery of the unexpected needs as emergencies and the effort to solve them with tools as a first architectural project that gets us in touch with the collectivity space. With this exercise it was pretended that the students could build a 1.1 scaled mechanism for the interaction of each body to the collectivity; in this way the more capacity of dressing interaction, the better evaluation, the more ability of a device to build a situation, the biggest approach to the production of what we understand by space. The exercise closed with a parade in the transit areas of the school, in which we invited the rest of students and professors. We show some of the results of the eloquent repertoire: the poetic historical record of feelings “REC” (executed with a new invented material that mixed mesh and clay in which the daily memories and the traces of the people that had come across my day were impregnated), others like “First aide dress” or “Workshop dress”. This lectures of Projects pretend, rather that teaching what is architecture, but apprehend what takes place in it; the tools become more and more complex and the construction of
dalle tracce delle persone che si sono imbattute nella mia giornata), e altri come “Abito Primo Soccorso” o “Abito Laboratorio”. Queste lezioni di Progettazione pretendono, piuttosto che insegnare cosa sia l’architettura, di condurre ad apprendere cosa avviene all’interno di essa; gli strumenti diventano sempre piú complessi e la costruzione delle idee si avvicina alla complessità della realtá. A questo argomento, sviluppato nel primo semestre e ricco di riferimenti al mondo dell’arte, è seguito nel secondo semestre un corso denominato Contesti. Questa prosecuzione sul tema ha introdotto gli studenti all’interno dello spazio dell’architettura considerato in tutta la sua complessità; uno spazio dove convergono le relazioni tra soggetti (gli individui), tra gli oggetti che coesistono al suo interno e le relazioni intangibili costruite da ogni spazio a partire dai caratteri immateriali. La parola Contesto acquisisce molteplici significati che sono stati esplicitati durante le lezioni (CON significa vicino TEXT significa tessuto,struttura, abito, trama ). Quindi il nome si riferisce al tessuto o alla trama di significati dell’ambiente, che sorprende l’intelletto e la conoscenza umana, come parte integrante della sua cultura e visione del mondo. L’architettura costituisce inoltre un linguaggio, non solo formale, ma anche culturale, politico e sociale, nel quale i concetti linguistici di espressione, comunicazione e socializzazione prendono luogo. Il contesto di un progetto, il sito, l’ambiente che lo circonda, è molto più ampio della parte urbana o del territorio nel quale sarà collocato, è anche più vasto di ciò che è oggetto di indagine storica e del riferimento spaziale generalmente assunto nella tradizionale metodologia compositiva. Oggi il sito è definibile oltre le sue vecchie connotazioni morfologiche, concettualmente conosciute come contesto. L’autentica dimensione culturale dell’architettura
the ideas approaches each time the complexity of reality. After this subject, developed during the first semester of the year and filled with references from the art world, it began a new second semester course by the name of Contexts. This continuation of the subject introduced the student into the architectural space from all its complexity, as a space where the relations between the subjects (the bodies) were converged, the objects that coexist in this world and intangible relations to the immaterial specifically built by each space. The word Context acquires multiple meanings which have been explicit during the lectures (CON means next to and TEXT means texere, woven, fabric, cloth, tissue). So the name refers to the fabric or tissue of meanings from the environment which surprises the intellect and human knowledge, as an integral part of its culture and worldview. The architecture also constitutes a language, not only formal, but also cultural, politic and social, in which linguistic concepts of expression, communication and socialization take place. The context of a project, the place, the environment in which is wrapped, is a lot wider that the piece of city or territory in which will be settled, it is even wider than historic discipline, wider than compositional methodology of the traditional. The place is defined today farther than its old morphological connotations, which was then known as context. The authentic cultural dimension to contemporary architecture comes from the disposition to effectively face the apparently ambiguity and weak definition of the local from a new logic and strength crossing, of scale tension, reactions and activities that are no longer a protective surrounding, a secure reference, but the situation of an incomplete opportunity to reinvigorate. The place 115
contemporanea, proviene dalla disponibilità a risolvere effettivamente l’apparente ambiguità e l’inefficace definizione di “locale”, da un nuovo e forte incrocio logico, di tensioni dimensionali, interazioni e attività che non costituiscono più un intorno protettivo, un riferimento certo, ma la manifestazione di un’opportunità non colta da rinvigorire. Il sito non sarà più il centro ma un ambito d’azione e una risorsa: sviluppa l’interesse per nuove proposte che offrono relazioni, promuovono nuovi legami e connessioni, attivano programmi, usi e scenari multipli. La molteplicità del luogo e le sue identità non hanno niente a che vedere con la sua dimensione, gli aspetti sociali, o i riferimenti soggettivi piuttosto che fisici. Il luogo è un’entità psichica e ideologica. Lo spazio, univocamente inteso, da il via oggi a scenari ambivalenti in cui si rapportano la sua fisicità (materiali), i caratteri immateriali e le rappresentazioni virtuali. L’architettura deve contribuire a dare energia a un sito, non per chiarirlo a se stesso, deve interagire con il suo spazio, i suoi dintorni e la cultura estetica della società. L’architetto è sempre più un creatore di luoghi. I progetti sono sviluppati seguendo una strategia, con tecnica cinematografica; la scelta di un sito in un territorio magmatico è la prima decisione che caratterizza un lavoro. Quando il sito è trasformato lo è per sempre. Il coinvolgimento del contesto è azione per eccellenza; suppone una più ricca risposta a richieste, endogene o esogene, ed è sempre trasformatrice, non è mai solo la risposta diretta ad un evento, ma implica impegno, reazione, trasformazione e progresso. L’architettura deve essere dinamica: per generare non solo esiti estetici o formali ma piuttosto per generare scambi tra: programmi, forme, spazi, eventi, soggetti e contesti. Il contesto non appare dunque come un 116
will no longer be a center but a limit and an opportunity: the interest in the new proposals that offer relations, impulse new links and connections, activate programs, uses and multi-scale scenarios. The multiplicity of the place and its identities has nothing to do with terms of dimension, or memory aspects, or referential topics further than the physic. The place is psychic and ideological. The univocal space gives way today to an ambivalence scenario in its physic (materials), immaterial and virtual manifestations. The architecture must contribute vital energy to a place, never to clear it to it, must interact with its social, space surroundings and aesthetic. The architect is more and more a creator of places. The projects are developed following a strategy, like the cinema films. The election of a place in the territorial magma is the first decision that characterizes a work. When a place is constructed already is for always. The activation of the context is the action par excellence. It supposes the most enriching answer to a requesting, it can be endogenous or exogenous, but it is always transforming, it is not only one direct answer to an event but that implies commitment and results of reaction, transformation or progression. The architecture must be dinamizadora: to generate not only aesthetic or forms but also and mainly, generating activity of operations and interchange between diligentes programs, forms, spaces, events, subjects and contexts. Thus it has sense that the context does not appear like the physical place that surrounds or the cultural and subjective enviroment that surrounds: The place will be the felt personally place, the time passed through my experience, the thoughts and science through my thoughts, they are the images and sounds of the site filtered by my memory.
luogo fisico che circonda, o ambiente culturale e soggettivo: il luogo sarà frutto dell’esperienza personale, elaborazione di pensiero e conoscenza, di immagini e suoni filtrati dalla memoria. In questa situazione iniziale dell’apprendimento, non impegnati a interpretare la complessità della realtà e a produrre architettura, è giunta l’opportunità di collaborare con la scuola di architettura dell’Università di Catania, con sede a Siracusa. L‘invito non potrebbe essere più suggestivo: con il nome di “Reduce, Recycle, Reuse: interventi artistici negli spazi urbani”, rappresenta l’occasione per portare avanti un progetto parallelamente con un’altra scuola di architettura, condividendo come spazio di sviluppo un sito web dedicato, dove ogni due settimane avremmo confrontato proposte e progressi, chiudendo l’anno con due incontri a Siviglia e a Siracusa, nei quali si sarebbero messi in discussione i progetti elaborati, progredendo verso direzioni comuni e incorporando altri punti di vista. La proposta della scuola di Siracusa di cercare partner locali per una discussione interdisciplinare, ci ha spinti ad invitare docenti di: Sociologia (José Miguel Iribas, sociologo, Membro della fondazione “Architettura e società”), Geografia umana (Alfredo Rubio, Facoltà di Geografia, Málaga), studiosi dell’arte (Gerardo Delgado, architetto e artista,professore del Dipartimento del Progetto ETSAS) e del teatro (Antonio Sáseta, professore del Dipartimento di Teoria, Storia e Composizione e professore del corso “Introduzione alla teoria e alla storia dello spazio scenico ed edificio teatrale”8), anche in ambito accademico. La partecipazione di tutti loro era necessaria per una comprensione sistematica dei fattori costituenti lo spazio urbano: materiali e immateriali. Per verificare le capacità progettuali degli studenti e le possibilità costruttive del progetto selezionato,
In this situation of initial learning, therefore not committed to the complexity of reality and the production of architecture, it arises to us the opportunity to collaborate with the school of architecture of the University of Catania, with headquarters in Syracuse. The invitation could not be more suggestive: with the name of "recycle, reuse, reuse: artistic interventions in urban spaces", it appears the opportunity to carry out a project in parallel with another school of architecture, taking as a space of common development a website in which every two weeks we would share the statements and progress in them, closing the year with two meetings in Seville and one in Syracuse, in which discussing projects, progressing in common directions and incorporating other points of view. Our proposal by this school of seeking local partners was clear at first: creating a space for interdisciplinary discussion in which we convened teachers in other disciplines: Sociology (Jose Miguel Iribas, sociologist, Member of the Foundation “Architecture and Society”), human geography (Alfredo Rubio, Faculty of geography, University of Málaga), the world of art (Gerardo Delgado, architect and artist, professor of the department of the ETSAS project) and teachers related and committed to the world of theatre from various facets, both cultural and academic (Antonio Sáseta, professor of the department of Theory, History and Composition and professor of the course "Introduction to the theory and history of the scenic space and theatrical building”). Participations all of them needed to radiograph which are constructive agents of urban space, both material and immaterial, and to reveal the ability of an action carried by the students, which has had the condition and necessary rule of the game the final construction to 1:1 of the selected project, and reflection tied to the concepts and the actions set out how to 117
si è fatto ricorso ad una dimensione ludica del fare, fondata sui concetti e sulle azioni del riuso e del riciclo per individuare le relazioni tra progetto, materiali e luoghi della città con attenzione alla loro denominazione. L’interesse del progetto, come si evince dal titolo, è lo spazio collettivo, non tanto lo spazio urbano; rendendo palese questo percorso didattico della progettazione, che va dall’ dall’abito sociale all’intervento nell’area di Casa de la Moneda.
"Recycle, reduse, reuse", both in their relationship with the materials as in the relationship with namespaces that should necessarily acquire new meaning or capabilities with the actions that lead to each project. For the title of this chapter, we have decided to talk about collective space, more than about urban space, precisely by manifesting this tour in the learning of the project, spanning from the social suit to the intervention in the area of Casa de la Moneda.
3 | Architettura “part time”: azione temporanea nella piazza della Moneda
3 | Architecture "part time": temporary action in the square of la Moneda
3.1 | Fase 1. La costruzione dell’evento tra tangibile e intangibile Nella co-azione del laboratorio “Spazio Teatro”, abbiamo realizzato un’esercitazione finale tra gli studenti di Siracusa e di Siviglia (gruppi 9+11) in forma di azione urbana, denominata “Architettura part time”. L’intervento si è realizzato in un affollato zona urbana, La Puerta Jerez e negli spazi della Casa de La Moneda di Siviglia, un luogo pregno di storia. La casa de La Moneda, nata nel XIII° secolo, era punto nevralgico di ingresso alla città: l’area dei granai e delle manufatture tessili. In età medevale era un blocco chiuso, che si cercava di aprire e collegare al resto della città nel segno della modernità. L’uso residenziale che aveva avuto, dall’ultimo quarto del XIX secolo fino ai nostri giorni, ne aveva trasformato l’aspetto primitivo di centro denso di attività in un’area poco affollata pur se centrale; tuttavia i suoi dintorni, la piazza conosciuta come “La Puerta de Jerez”, con la costruzione della nuova metro di Siviglia, è divenuta il punto di arrivo di numerosi abitanti dall’Aljarafe, con una chiara direzione definita negli assi del Viale della Constitución-Catedral, fino alle vie con più alta densità commerciale del
3.1 | Phase 1. The construction of the situation, tangible and intangible Within the premise of the workshop of action "Spazio teatro" with the students of Siracusa, the students who belong to Projects2 of the E.T.S.A of Seville [groups 9 + 11] performed as final exercise of ongoing urban action called "Architecture for hours". The intervention is built on a very crowded context, La Puerta Jerez and the spaces of la Casa de la Moneda of Seville, a space full of story. La Casa de la Moneda, born in the 13th century, was the nerve center at the entrance of the city the manufacturing of frames and Spanish rivets. The residential use which has had from the last quarter of the 19th century to the present day, their primitive appearance of compact core has been changing into an uncrowded area at its central core; however its external boundary, in the plaza known as "La Puerta de Jerez”, with the construction of the new metro of Seville, this plaza has become a landing of the entire population of the Aljarafe in the Centre of Seville, with a very clear direction defined by the axis of the Avenue of the Constitución-Catedral, until the streets with higher density commercial of the center: from the square of the Town Hall,
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centro: dalla piazza dell’Ingresso della Città, via Sierpes , via Cuna, fino agli spazi e alle vie che circondano il centro commerciale chiamato “El Corte Inglés”. Assetto raggiunto ad una velocità che lascia ancor più evidente la stagnazione degli spazi de “La Moneda” . Le prime consegne del progetto riguardavano le informazioni, sia materiali che immateriali, che ogni studente aveva selezionato dal contesto. Registrare il complesso degli elementi tangibili e intangibili del luogo è stato l’obiettivo iniziale del corso: “La realtà ampliata come strategia di intervento nello spazio pubblico”, azione condotta attraverso uno dei collaboratori del corso, l’architetto Miguel Villegas.9 3.2 | Fase 2. Architettura “part time” “L’intero mondo, la città è uno scenario e tutti gli uomini e donne non sono altro che attori10” Osservare ciò che ci circonda è scoprire lo scenario dove realmente viviamo. L’osservare attentamente serve a trovare opportunità di progetto. Lo sforzo di capire il mondo come grande teatro, dà il via al tentativo di trovare e capire nuovi modi di guardare ad esso e costruirlo. La realizzazione delle installazioni a conclusione dei corsi è avvenuta a Siviglia il 9 Giugno del 2011: “Architettura part time” è una performance collettiva che prende luogo in un contesto urbano ricco di storia ed eventi. Gli studenti, con il progetto, da una parte cercano di far interagire con le architetture temporanee residenti e passanti, registrandone le reazioni e quei meccanismi che producono interazioni. La strada si trasforma in un laboratorio sociale dove le azioni e le risposte convergono. Cinque installazioni sono state progettate per un contesto urbano che risulta “riciclato”: il riuso urbano avviene per addizione di oggetti e materiali riciclati: plastica, carta,
Sierpes street, Cuna street, up to the spaces and streets surrounding the shopping centre called “el Corte Inglés”. Landing carried out at a speed that leaves even more evident stagnation of "La Moneda" spaces. The first deliveries of the project tried to say which was the information that each student selected from the context, both material and immaterial. Registering the set of tangible and intangible elements of the context has been the target of one of the initial actions of the course: "Augmented reality as a strategy of intervention in public space", action carried out through one of the collaborators of the course, the architect Miguel Villegas. 3.2 | Phase 2. Architecture "part time" “The whole world, the city is a scenario and all the men and women aren't but actors” To observe what surrounds us is to discover the scenery where we are already acting. This action of carefully looking serves to find opportunities of designing. The effort to understand the world as great theatre gives way to attempt to find and understand new ways of looking at it and build it. The action or final installation happened in Seville, June 9, 2011: "Architecture for hours" is an architectural collective Performance placed in historical urban place setting rich. Students, through the project, pursue that the street residents interact with the forms (architectures), as well as registering in the reactions of passersby, those mechanisms that produce interactions. The action turns the street into a social laboratory where actions and responses converge. Five academic actions designed for an urban context that is recycled: we use their materiality and add other materials from recycling: plastic, paper, metal, tires, or packaging. Five colours concur on the game board, one for each work team: black, red, white-green, 119
metallo, pneumatici, o imballaggi. Cinque colori convergono sul tavolo da gioco, uno per ogni gruppo di lavoro: nero, rosso, biancoverde, giallo-ocra, blu, che diventa il segno distintivo di una squadra, sia per gli studenti promotori, sia per quanti vogliano partecipare al gioco (gli studenti hanno coinvolto amici e conoscenti attraverso i social network, sia nel fornire materiale, sia semplicemente il contributo personale). Le proposte cercano di combinare approcci concettuali con il ricorso ad allegorie visive, semplicemente decodificabili e sviluppate consenso di humour e ironia. Cinque installazioni temporanee in cinque ore sono state montate, hanno provocato interazione sociale e, alla fine smantellate. E in quelle cinque intense ore, abbiamo dato vita un forum di esperienze tra insegnanti, studenti, passanti e polizia locale. Le architetture percepite inizialmente come strani oggetti, sono state poi scoperte oltre il loro dato oggettivo, come strumenti in grado di provocare situazioni. Il livello di provocatorietà e divenuto strumento di valutazioine dell’efficacia del progetto. I city-users sono stati coinvolti in una festa inaspettata e l’esperienza è divenuta quasi una celebrazione degli abitanti della strada. I cinque progetti erano denominati: Il cimitero delle gomme, Scatola Rossa, La foresta fantasma, HSV Filtro e il Giardino d’acqua (Giardino Arabo). Ogni struttura era stata progettata ed eseguita da un gruppo di studenti coordinati dai seguenti collaboratori: Miriam Reyes, Fernando Molina, Ángeles López, Laura Fernández e Juan Miguel Bienvenido, studenti tutti nel loro ultimo anno di corso (quarto, quinto anno e Progetto ). L’intervento prende il via con il Cimitero delle Gomme11, un progetto che si estende su tutta La Puerta de Jerez. L’intervento costituito da una serie di pietre miliari, formate da pneumatici disposti secondo una 120
yellow-ochre, blue, which become the sign of a team, both the promoters students, as all those who wanted to participate (the students made calls and warnings through social networks, encouraging colleagues and friends to incorporate materials or simply to participate). The proposals seek to combine conceptual approaches with a methodical process of visual allegories that are extremely simple and are not exempt of humour and irony. Five ephemeral installations in five hours, were mounted, interacted and disappeared. Those five intense hours we got during a forum for the exchange of experiences among teachers, students, passers-by or local police. Architecture appeared first as strange objects installed, then as discovery which unveiled opportunities, overcoming the object itself. We know that unusual sometimes goes unnoticed and other, it features as shock or subversive: for five hours we recorded images of the transit to document all the responses to the different provocations, the behavior of the public to the object, the actions of replica or the indifference. The five projects were called: the Graveyard of Tires, Scatola rossa (Red Box), the Ghost Forest, HSV Filter and Garden of Water (Arab Garden). Each facility has been planned and executed by a group of students coordinated by the following contributors: Miriam Reyes, Fernando Molina, Ángeles López, Laura Fernández and Juan Miguel Bienvenido, students all of them in their final years of degree (students from 4th grade, 5th grade and Final Project of the School). The intervention begins with the "Cemetery of Tires", a project that extends all over La Puerta de Jerez. The intervention is constituted by a series of milestones formed by tires whose placement is perfectly studied,
Il cimitero delle gomme | Cemetery of Tires, 2011, Siviglia, Puerta de Jerez. Sergio De Los Santos Carrion, María Del ValleGarrido Garrido, Enrique Girón González, María González Pinilla, Julia Guerrero Rubio, Anabel Juan Muñoz, Juan Lopez Rubio, Pedro Montero Cotan, Leyre Peral Díaz. 121
griglia con passo due metri; scritto sulla pavimentazione stradale con gesso c’erano lettere e numeri di targhe reali o fittizie. Settanta targhe in disuso marcano itinerari e spazi; la gomma nera è un materiale suggestivo con tocco elastico. Le ruote nella loro elementare semplicità di assemblaggio, hanno permesso di configurare vari scenari di gioco mutevoli nel corso dell’azione. Le gomme evocano quello che accadeva nell’area qualche anno fa, l’ingorgo d’auto condizionava il transito delle persone. Dopo aver reso pedonale il luogo, il progetto fa riferimento al suo passato e lo reiterpreta in forma di performance. Centinaia di persone camminavano ogni giorno lungo La Puerta de Jerez senza notare l’esistenza della Casa de La Moneda; la via Maese Rodrigo rimase praticamente senza vita. Dopo aver attraversato il “Cimitero delle gomme”, il pubblico avrebbe trovato la Scatola Rossa12, nome italiano che gli studenti hanno voluto dare al loro progetto “Red Box”, come omaggio agli studenti italiani. Una serie di muri e una pergola archivoltata, realizzata con cassette rosse delle bibite, ha lo scopo di creare uno spazio attrattivo producendo alterazioni nei percorsi abituali compiuti dai passanti, invitandoli ad entrare, almeno per un breve lasso di tempo, nella Casa de la Moneda. Questo progetto sarebbe diventato uno spazio per dirottare i flussi verso le altre installazioni. Attraverso il muro della Scatola Rossa si raggiunge la Foresta fantasma13: un complesso di figure verticali che limitano uno spazio che la foresta fa suo, una foresta di plastica riciclata che si comporta come una foresta naturale, dove misura, posizione e orientamento degli alberi sono fattori regolatori dell’esperienza del visitatore. Una foresta come filtro di persone, come un generatore di tour, che fornisce differenti. 122
forming a network on a plot of two-meter distance and next to each one; written on the floor with chalk, there were letters and numbers of real (or fictitious) license plates. Seventy discarded tires set itineraries and spaces; black rubber is a suggestive material with elastic touch. The wheels in its elementary simplicity of assembly, allowed set various revolving scenarios of game during the action. The tires evoke what was happening in the area some years ago, because vehicle traffic conditioned the transit of people circulating in the area. After the pedestrianization of the place, the project refers to the past of this place and recalls it in the form of artistic intervention. As we have said, hundreds of people walk every day La Puerta de Jerez without noticing the existence of the Casa de la Moneda; as a consequence, the street Maese Rodrigo remained practically lifeless. After crossing the "Cemetery of Tires", the public will find the project "Scatola Rossa"12, Italian name that the students have wanted to give its project "Red box", as homage to Italian students. The project poses a number of walls and an arcpergola, built with red boxes of soft drinks, with the aim of creating an attractive space to produce alterations in the routes for walkers, inviting the passerby to divert its route and entering, at least for a period of time, into the Casa de la Moneda. In addition, this project will become a space of transit to lead the flows towards the rest of the projects. Through the wall of the Scatola Rossa, after the orange trees of street Maese Rodrigo, you reach the small "Ghost Forest", which is conceived as a set of vertical figures that limit a space which the forest intervention takes as its own, a forest of recycled plastic that behaves like a natural forest where size, position and orientation of the trees are regulatory factors of the experience of
Scatola rossa, 2011, Siviglia, via | street Maese Rodrigo. Manuel Jesús Alba Sánchez, Daniel Barragan Rubiales, Laura Cimiano Prados, Nikola Ciganovic, Jorge García Hiniesta, Alvaro Madero Carrasco, Ángel Pedro Montero Burgos, Andrea Rubio Muñoz, Gabriel Velasco Blanco. 123
Una foresta comprensibile e vivacemente in movimento. La foresta si compone di otto alberi realizzati con bottiglie di plastica trasparenti, di forme e misure differenti, giuntate con a colla a caldo. La luce intensa dello spazio della foresta trasparente produce un ambiente intimo e avvolgente fuori dai clichè. La foresta fantasma è stata molto fotografata da passanti e turisti. L’intenzione iniziale di estendere il progetto con più alberi avrebbe ulteriormente arricchito la passeggiata e ampliato l’esperienza del passeggiare sotto alberi ma all’interno di una levigata e rilassante luminosità. I suoni dell’acqua che caratterizzano il percorso del Giardino d’acqua nella via dell’Havana (installazione che seguono questo progetto) già si possono ascoltare. Dopo aver attraversato il magico mondo degli alberi trasparenti, il VHS Filtro14 è intervento teso a enfatizzare l’ingresso del teatro The Foundry, posizionandosi alla fine della via Maese Rodrigo nel punto di intersezione con la via dell’Havana, configurandosi come foyer all’aperto. L’installazione è stata costruita riciclando vecchie cassette video VHS, che gli studenti si sono procurate attraverso la richiesta sui social network. La tessitura dei nastri magnetici prelevati dalle videocassette e il loro interagire con la luce naturale ha dato luogo a spazi mutevoli di luminosità cangiante. I nastri, raggruppati in colonne fissate ad elementi di cartone, pendevano da un supporto smontabile, con cavi in tensione, configurando un labirinto di spazi mutevoli. I passanti attraversavano con naturalezza questa sorta di tenda “a spessore” per entrare nell’ atrio della Casa de La Moneda. L’ultima struttura, Il giardino d’acqua15 cerca di riportare il cortile della Casa de La Moneda al senso del giardino arabo che lo caratterizzava alle origini; infatti l’attuale via dell’Havana era il luogo del vecchio giardino 124
the visitor. A forest as a diffuser of people, as a generator of tours, providing different experiences depending on the person and time. An understandable forest and lively in movement. This is achieved from eight trees made of transparent plastic bottles, of different shapes and sizes, joined together using hot glue and slots that, intuitively sorted, will create the cup and the trunk of the tree. The intense lightness of the space of the transparent forest provides a sensitive and intimate discourse out of clichés. The Ghost Forest was highly photographed by passersby and tourists. The initial intention to extend the project with more trees would have further enriched the walk under the lights and reflections giving a smooth and relaxing materiality and the possibility of stay among brightness, under the trees, while nearby both the HSV Filter and the sounds of water that ran by the drain of the Water Garden at Havana Street (installations that follow this project) can be heard. After passing through a magical world of transparent trees, the "HSV Filter" intervention is intended to function as the main entrance to the Theatre of The Foundry, so placing at the end of the street Maese Rodrigo at its intersection with Havana Street, it can be a "filter". The intervention was built by recycling old tapes of HSV videos that were obtained by students through social networks. The texture of the tapes and their brightness produced a changing game of densities and volumes. The tapes were grouped into columns formed with a support and a ballast of cardboard. Passersby crossed with naturalness the curtain by the marked itinerary, to enter into the premises of the Casa de la Moneda. The last of the facilities, the "Water Garden" tries to get back to the courtyard of the Casa de la Moneda, the original sense of the Arab
HSV Filtro | HSV Filter, 2011, Siviglia, Casa de la Moneda. Javier Alvarez Bermejo, Andrés Arevalo Chiriboga, Lola Caruncho Llaguno, Cristian Castillo Navarro, Adolfo Monserrat Gómez, Juan Manuel Ortiz Cabeza, Cristina Rodríguez Monge, Ismael Rodríguez López.
La foresta fantasma | Gost Forest, 2011, Siviglia, Casa de la Moneda. Antonio Figueroa Garcia, Paloma García Peman, Marina López Sánchez, Laura Lopez-Bravo Mollet, Marta Lozano Herrero, Elisa Monge Moreno, Eduardo Naranjo Vasco, Mayte Ortiz Salamanca, Ana Pacheco García, José María Viloca Perez, Rafael Fernandez Garrido. 125
arabo del Palazzo di Abu Hafs nell’anno 1172. Un cubo scintillante di bottiglie di plastica che simulano una cascata. L’azione ricrea l’immagine del flusso dell’acqua tramite i riflessi delle bottiglie riciclate bianche e blu. Si è cercato di riprodurre una percezione multisensoriale con il suono registrato dell’acqua che scorre da una fonte, i riflessi di luce, ovvero tutto quello che poteva in qualche modo ricondurre ai giardini di delizie. 3.3 | Riflessioni. Uno sguardo a posteriori sull’intervento Una volta smontate le strutture, si è tenuta una sessione pomeridiana di dibattiti e due conferenze sullo spazio pubblico dei professori Iribas e Rubio. Questi incontri sono stati seguiti dal professore Fiore e dagli studenti di Catania (il professore Fiore ha tenuto una conferenza il giorno 10 giugno seguita da un dibattito dove gli studenti hanno espresso i loro punti di vista). Un’opportunità per ripensare criticamente a ciò che era accaduto. In questo incontro sono state fatte proposte sulla possibile evoluzione di questi progetti. In particolare su quelli che hanno come protagonisti acqua, luce e suono , quindi che permettevano una percezione multisensoriale si ricollegavano ai discorsi di Iribas e Rubio sulle qualità dello spazio pubblico, recuperando l’architettura del sentire, di cui parlò Lefebre, piuttosto che l’architettura del vedere designata al fallimento dalla produzione contemporanea16. Nei progetti Scatola Rossa o Filtro VHS, la sfida è incorporare la dimensione domestica nello spazio pubblico. Potremmo pensare a quello che sarebbe successo se le costruzioni di cassette avessero ospitato oggetti casalinghi come una tovaglia, e snack (sicuramente si sarebbero verificate condizioni di convivialità domestica nella strada e il progetto sarebbe andato oltre la funzione di transito e invito 126
garden, because the actual Havana Street was the site of the old Arab garden of the Palace of Abu Hafs in the year 1172. A cube of cascades of glare and reflections of the plastic bottles of mineral water, rain curtains that resemble a spring. The action recreates the image of the flow of water with white and blue plastic bottles recycled reflexes. It intended to incorporate a multisensory perception: with the recorded sound of water flowing from a source, reflections of light, smell of humidity, all what that means somehow recover the architecture of pleasure. A stream of fresh water which does not wet. 3.3 | The action to review. A vision "a posteriori" of the intervention The workshop continued in the afternoon, once disassembled the facilities, with a session of debates in which teachers Iribas and Rubio offered two conferences about public space. At this meeting, attended by professor Fiore and the students of the University of Catania (professor Fiore gave a conference on the day of the workshop on June 10 and the students expressed their impressions). It was an opportunity to think critically about what happened. At this meeting it was discussed the natural evolution of these projects. On the one hand, those projects that had as protagonist the water, the reflexes, the sound and the Sun (the Ghost Forest and the Arab Garden), they should be actions that definitively incorporated the "multisensory" that both Iribas and Rubio spoke about as builders of the desired public space. They should be both projects definitely incorporating sound, the smell... Everything that means somehow recovering the architecture of the pleasure of which spoke Lefebre, rather than the architecture of the eye which has been seen doomed in the last production of architecture16.
Il giardino d’acqua (giardino arabo) | Water Garden, 2011, Siviglia, Casa de la Moneda. José María Calzado Álvarez De Lara, María Del Pilar Chaves Murcia, María José García Cabrera, José Miguel Hernández Segura, Guillermo Martínez López, Pablo Muñoz-Torrero Ortiz, Javier Alfonso Pérez Fernández, Raquel Ramos Guisado, Jorge Viejo Escriu. 127
ad un percorso diversificato). Anche VHS offre l’opportunità di dare luogo ad uno scenario urbano inaspettato, realizzando spazi di piccole dimensioni, un modo per dissolvere i limiti tra i settori pubblico e privato. Il Cimitero delle Gomme, in cui dimensione e flessibilità dell’impianto hanno permesso di sperimentare molteplici scenari di gioco e di verificarne l’ impatto sullo spazio collettivo, trova in questi fattori il suo carattere più significativo. Sebbene queste riflessioni ci abbiano accompagnato durante il laboratorio, noi pensiamo che la cosa più importante sia stata il fatto che la realizzazione dei progetti ha permesso agli studenti di capire, nel loro primo anno di corso, i problemi del passaggio dal mondo delle idee e al mondo delle cose reali: affrontare il problema della costruzione di un progetto, il processo che dal disegno porta all‘oggetto realizzato e risolvere i problemi della fattibilità esecutiva. Con l’esercitazione gli studenti hanno imbastito un primo rapporto con fornitori di materiali, e maestranze artigiane. Questa esperienza, preziosa in quanto esperienza di scambio inter-universitario, ha restituito visibilità al lavoro degli studenti della scuola di architettura attraverso la stampa locale, producendo un impatto significativo sull’opinione pubblica e dando vita alla necessaria relazione Università-Società civile: la notizia dell’evento è stata pubblicata sul quotidiano «El Mundo» il 9 Giugno 201118. 4 | Terza fase: laboratorio a Siracusa L’esperienza didattica non è terminata con gli eventi di Siviglia; la chiusura di questa sperimentazione, ha visto alcuni professori e studenti spagnoli a Siracusa a fine giugno 2011. Gli studenti hanno potuto raccontare e mostrare i loro progetti ai colleghi italiani, e dato vita ad un laboratorio di interventi nello spazio pubblico attraverso performance, 128
In Scatola Rossa or HSV Filter projects, the challenge would be to incorporate the domestic space into the public one. We would have to think about what would have happened if the boxes had incorporated domestic elements such as a squared tablecloth, chips and olives (for sure there would be some unimaginable domestic scenes in a very complex urban context and the project would have exceeded that situation of helping the transit). Also if they have had incorporated toilet towels, soaps or candles... objects that take a speed other than usual of these collective spaces. The HSV tapes have generated an interior space. These projects hide the opportunity to generate unexpected urban scenarios, which is what happens when you removed the domestic to the streets, or have enabled a party, which is another way to dissolve the limits between the public and private sectors and build a place that already don't behave with the same laws. The Cemetery of Tires, its lightness and flexibility allowed testing other rotating game scenarios and seeing their impact on collective space, this remains to be their potential. Although these reflections accompanied us during the workshop, we think that the most important thing has been that the construction of the projects has made the students understand, since the first course, the transit between the world of ideas and the real world: to face the problem of the construction of a project, learning during the process of design and construction and solving design problems in construction. With the exercise the students has begun to work with suppliers, manufacturers and with the materials. This action, an unrepeatable experience as university exchange experience has led, on the one hand, a certain visibility to the work of students of architecture, creating
lavorando solo con il corpo quale strumento di azione. Non poteva esserci una maniera più coerente di chiudere l’esperienza, e con essa, questo ciclo formativo. Questo testo ha cercato di dare un tributo a questi studenti, alla loro dedizione ed entusiasmo, e manifestare i nostri ringraziamenti al professore Vittorio Fiore e gli sponsor di questo laboratorio, per l’incredibile opportunità che ci hanno fornito nel costruire e condividere quest’esperienza. La nostra sincera gratitudine a tutti loro. Siviglia, dicembre 2011
a significant impact on public opinion and sorting the necessary relationship University-Society: the action was published in the newspaper «El Mundo» on June 9, 2011. 4 | Third phase of the course: performance in Siracusa The course is not finished here, as closure of this academic experiment, some professors and students moved to Siracusa in June 2011. The students could narrate and show their projects there, and as final experience of the course held a workshop in the public space through a performance, in which they only worked with the body as a tool for action. There could not be a more coherent way to close the experience. This text has not sought another thing than to tribute these students, their dedication and enthusiasm, and a manifestation of our thanks to professor Vittorio Fiore and sponsors of this action, for the incredible opportunity they have provided us being able to build and share this experience. Our sincere gratitude to all of them.
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* Traduzione dall’inglese di | Italian translation by Vittorio Fiore e Francesca Castagneto. 1. Abate Dinouart, The art of remaining in silente (L’art de se taire, principalement en madiere de religion), 1771. Essay Library, Siruela, 1999, p. 71. 2. Grazie a | Thanks to: Prof. Vittorio Fiore, Università di Catania, Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto, Consorzio Universitario Archimede per l’invito e l’ospitalità | for the invitation and the hosting. Grazie anche all’ETSAS, al Vice rettore delle Relazioni Internazionali dell’Università di Siviglia e all’Istituto di Scienze Educative, agli innumerevoli sponsor per la realizzazione di questo progetto | Thanks too to the ETSAS, to the International Relations Vice-Rector of the University of Seville and to the Educational Ciences Institute (Vice-Rector of Teaching, Proser Plan), to the many different support for the realization of this project. 3. Durante il periodo dell’ultima revisione di questo documento abbiamo recepito questo interessante articolo, scritto da un docente universitario, che riflette con grande acutezza su importanti temi che dovrebbero accompagnare il nostro lavoro accademico | During the period of last revision of this document this interesting article of an univertity professor is delievered to us, which reflects with great acuity about these importantbackground questions which should accompany our academic action. Cfr. http://philberstein.typepad. com/phil-bernsteins-blog/bog/2011/11/winter-commencemet.html. 4. Cfr. http://ingentes.es/?p=770 per lo sviluppo e gli obiettivi del laboratorio tenuto dal gruppo di ricerca INGENTES -Ricerca nella Generazione dei Territori, Gruppo del Piano di Ricerca Andaluso - (al quale appartengono i professori Fernández Valderrama, Martín-Mariscal, Casado). Il finanziamento fa parte del Piano Didattico dell’Università di Siviglia, nell’ambito della linea: Miglioramento delle capacità e abilità extracurriculari | The developement and the objectives of the workshop in the investigation group webside IN-GENTES -Investigation in the Generation of Territories, group of the Andaluz Plan of Investigation (to which the professors FernándezValderrama, Martín-Mariscal y Casado belong). Such financing emerge from the Teaching Plan of the Seville University, inside the subject of Improval of extracurricular skills and abilities. 5. Cfr. http://ingentes.es/?p=1093. 6. Cfr. http://p1-1011.blogspot.com. 7. Cfr. http://andresjaque.net/wordpress/proyectos/techno-geisha-madrid/. 8. L’approccio è stato realizzato con un progetto di didattica innovativa intitolata “L’Interdisciplinarità come sfida dell’apprendimento iniziale in Architettura” (http://ingentes.es/?p=1038). Coinvolgeva docenti invitati da vari atenei. È stato possibile finanziare le lezioni all’ETSAS e la partecipazione di Miriam Reyes, studentessa dell’ultimo anno, come tutor del progetto, alla quale va un apprezzamento particolare per la dedizione, anche oltre il limiti richiesti dal suo contratto | The presented approach has been subject of a teaching innovation funded project entitled "The interdisciplinarity as challenge of the learning initial in architecture". It involved the professors of the subject and the listed academics that were invited. Thanks to this aid it was possible to finance the lectures in the ETSAS and the participation of last year student, M. Reyes, as fellow of the project, to whom we appreciate the involvement with our project beyond the limits established for this funding situation. 9. La presentazione dell’esercitazione può essere visualizzata su | The presentation of the exercise can be seen on: http://ingentes.es/?p=1067. Al corso hanno partecipato gli architetti | In this course have also had the participation of the architects Beatriz Cajide e Francisco Javier Casas Cobo, componenti dello Studio di architettura Brijuni | components of the study of architecture Brijuni: cfr. http://ingentes.es/?p=1062. 10. W. Shakespeare, As you like it, New York: Penguin books, 2000. Atto | Act II, Scena | scene VII. 11. Performance eseguita da | Action performed by: Sergio De Los Santos Carrión, María del Valle Garrido, Enrique Girón González, María González Pinella, Julia Guerrero Rubio, Anabel Juan Muñoz, Juan Löpez Rubio, Pedro Montero Cotán, Leyre Peral Díaz. Cfr. http://www.youtube.com/watch?v=P3ps5gA8Rul&feature=player_ embedded#at=14. 12. Cfr. http://www.youtube.com/watch?v=OldO_e0mJKA&feature=player_embedded; performance elaborata da | action performed by: Manuel Jesús Alba Sánchez. Daniel Barragan Rubiales, Laura Cimiano Prados, Nikola Ciganovic, Jorge García Hiniesta, Álvaro Madero Carrasco, Ángle Pedro Montero Burgos, Andrea Rubio Muñoz, Gabriel Velasco Blanco. 13. 13 Performance svolta da | Action performed by: Antonio Figueroa García, Palma García Pemán, Marina López Sánchez, Laura López-Bravo Millet, Marta Lozano Herrero, Elisa Monge Moreno, Eduardo Naranjo Vasco, Mayte Ortiz Salamanca, Ana Pacheco García, José María Viloca Pérez, Rafael Fernández Garrido. Cfr. http://www.youtube. com/watc?v=_i1DtmTw48E&feature=player_embedded#at31. 14. Performance svolta da | Action performed by: Javier Alvarez Bermelo, Andrés Arevalo Chiriboga, Lola Caruncho Llaguno, Cristian Castello Navarro, Adolfo Monserrat Gómez, Juan Manuel Ortiz Cabeza, 130
15.
16. 17. 18.
Cristina Rodríguez Monge, Ismael Rodríguez López. Cfr. http://www.youtube.com/watch?feature=player_ embedded&v=f4z8TqONPsU. Performance realizzata da | Action performed by: José María Calzado Álvarez De Lara, María del Pilar Chaves Murcia, María José Cabrera, José Miguel Hernández Segua, Guillermo Martínez López, Pabo Miñoz-Torrero Ortiz, Javier Alonso Pérez Fernández, Raquel Ramos Guisado, Jorge Viejo Escriu. Cfr. http://www.youtube.com/ watch?v=aRQyCJ3-Bmw&feature=player_embedded. Gli articoli di José Miguel Iribas e Alfredo Rubio in questo testo riportano entrambi tale concetto | The articles by J. M. Iribas and A. Rubio both refer to these concepts. Riflessioni sviluppate nell’articolo “Spazio Domestico e feste dell’Andalucía” di | Reflections developed in the article “Domestic Space, Public Space y Andalucía celebrations” by L. Fernandez . Valderrama; A. Rubio Díaz, R. Reinoso Bellido, «Neutra Magazine» ISSN: 1138-1507. pp. 52-57. Cfr. http://www.elmundo.es/elmundo/2011/06/09/andalucia_sevilla/1307629531.html.
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Installazioni nel mito di Leonia Materiali del workshop Spazio Teatro 2010-11 a Siracusa
Installations in the myth of Leonia Materials of the workshop Spazio Teatro 2010-11 in Siracusa
Vittorio Fiore
I luoghi urbani scelti per le installazioni sono aree problematiche di Siracusa, spazi a volte sottoutilizzati, a volte abbandonati. Per alcuni i caratteri morfologici, le geometrie del costruito e le risorse del contesto -edifici, emergenze, viste panoramiche, memorie- diventavano appigli per elaborare un progetto che esalti queste qualità; in altri l’oggetto da proporre, quasi una macchina scenica, ha il compito di generare qualità, di caratterizzare il luogo con la sua presenza. Si è partiti da un’analisi degli scarti ritrovabili in situ, rifiuti capaci di rappresentare la natura del luogo in cui si trovano, per elaborare un’idea progettuale work in progress, ossia un’opera che consentisse di proseguire l’azione di riciclo, anche da parte dell’abitante, fornendogli le regole aggregative dell’opera, per accogliere nuovi scarti che si integrino nel progetto, attuando un po’ la filosofia di vita della città di Leonia di Calvino1, che modifica ogni giorno la sua immagine misurando la sua opulenza sulla quantità di rifiuto.
The Urban places chosen for the installations are problematic areas of Siracusa, spaces sometimes used under their potentialities, sometimes abandoned. For some of these places the morphological characteristics, the geometries of the constructions and the resources of the context -buildings emergencies, panoramics, memories- became excuses to elaborate a project that enhances these qualities; in others the object to propose, almost a scenic machine, has the task of generating qualities, of characterizing the place with its presence. Starting from an analysis of the wastes that can be found in situ, wastes that can represent the nature of the place in which they are, it was elaborated a planning idea work in progress, which means a work that could carry on the recycling action, even by the inhabitant, giving him the aggregating rules of the work, to receive new wastes that could be integrated in the project, carrying out a little of the life philosophy of the city of Leonia of Calvino, that changes every
Candelaio, di G. Bruno, regia di L. Ronconi, scene di G. Montonati, 2000-01, foto di M. Norberth (Archivio Piccolo Teatro di Milano -Teatro d'Europa). | Candelaio, by G. Bruno, direction L. Ronconi, scenes G. Montonati, 2000-01, photo M. Norberth (Archivio Piccolo Teatro di Milano -Teatro d'Europa). 133
Una quinta sul mare di Forte Vigliena | A backstage in the seaside of Forte Vigliena, 2011, Ortigia, Siracusa. Alice Cataudella, Floriana Guarraci, Loredana Turco.
Le installazioni divengono, per alcuni progetti, luogo dove operare una raccolta differenziata permanente, un’operazione archeologica che utilizzi i “reperti del presente”2, non finalizzata alla dismissione e successiva trasformazione, ma alla re-immissione dei rifiuti in un processo di crescita secondo un progetto evolutivo, che parli della società che li ha prodotti. Chiunque potrà partecipare poi alla fase creativa in progress. Per tutte è perseguito il carattere teatrale degli elementi progettati a partire dall’analisi dei moduli utilizzati. Gli oggetti riciclati restituiscono alle opere, in quanto ready made, le caratteristiche fisiche dei materiali costituenti, i colori, le texture, aspetti dosati da un’azione di controllo che il progetto pone come base della loro evoluzione, della ripetizione, della realtà amplificata, delle forme di accatastamento e di assemblaggio. Per quest’ultimo aspetto la configurazione e il grado di malleabilità dei materiali restituisce diverse possibilità di fissaggio, quest’ultimo necessario anche ai fini di sicurezza statica delle opere, soprattutto negli elementi praticabili.
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day its image measuring its opulence according to the quantity of the produced wastes . The installations become, for some projects, place where one can operate permanent separation, an archeological operation that uses the “finds of the present” not aimed to the disposal and following transformation, but to the re-introduction of the wastes in a growth process according to a evolutionary process, that speaks about the society that has produced them. Anyone can participate, then, in the creative phase in progress. For all it is pursued the theatre character of the elements planned starting from the analysis of the used modules. The recycled objects give back to the works, for being ready made, the physical characteristics of the constituent materials, the colours, the texture, aspects measured out by an action of control that the project put as the base of their evolution, of the repetition, of the amplified reality, of the stacking and assembling forms. for this last aspect the configuration and the level of pliability of the materials give different fixing possibilities, this one necessary even for the static security of the works, especially in the workable elements.
Una quinta sul mare di Forte Vigliena Il percorso inizia ad Ortigia, sugli spalti delle mura di Carlo V: un grande spazio inutilizzato da cui si accede al mare. Qui è stata progettata “una quinta, un setto interamente realizzato con pallet, vecchie vele da barca, pali metallici, vecchie porte e finestre, cartelloni pubblicitari ed elementi di arredo; un fondale teatrale per la scena della vita quotidiana, ripropone ambienti domestici -tra cucina, soggiorno, letto, bagno- con oggetti disposti lungo la parete secondo una griglia modulare. La struttura lascia delle bucature che “come cornici inquadrano scorci di paesaggio, attraverso i quali i fruitori ammirano la costa e quell’orizzonte dove finisce il mare. La struttura principalmente utilizza pallet armati con tubature metalliche e ricoperti da resti di vele tesi, che conferiscono alla parete un colore bianco. Sedie, porte, finestre, tavoli, sanitari sono fissati ad essa. Si tratta di un doppio palcoscenico in cui il pubblico può seguire azioni dall’interno o dall’esterno, girando intorno all’installazione su una rampa che lo guida nella interazione; può essere anche elemento ludico, suggerendo diverse forme di gioco che hanno la casa come spunto"3.
A backstage in the seaside of Forte Vigliena The path begins in Ortigia, in the terraces of the walls of Charles V: a big unused space by which it is possible to get to the sea. Here was planned “a backstage, a section entirely realized with pallets, old boat sails, metal stakes, old doors and windows, advertising posters and furniture elements; a theatre back for the daily scene, suggests again domestic environments – among kitchen, living room, bed, bathroom - with objects put along the walls following a modular grid. The structure leaves some punches that “as frames situate landscape views, through which the users admire the coast and that horizon where the sea ends up. The structure mainly uses armed pallets with metal pipes and covered by stretched veils, that give to the wall a white colour. Chairs, doors, tables, bathroom fittings are fixed to it . It is a double stage where the audience can follow the actions from the inside or from the outside, rotating around the installation in a ramp that guide it to interaction; it can be a recreational element, suggesting different forms of game 135
Un mare di Memorie Nella Graziella, uno dei quartieri in cui è suddivisa l’isola di Ortigia, intricato dedalo di stradine e corti, quest’allestimento si pone come strumento di riqualificazione di uno di questi spazi, cui si può accedere da tre direzioni: due sono quelli principali, che collegano la corte ai punti più animati del quartiere, il parcheggio Talete, il mercato e l’ex Carcere Borbonico. Uno degli ingressi è segnalato da un arco, l’altro è una semplice stradina. Il terzo ingresso è stato ricavato realizzando un passaggio attraverso un edificio. Sui prospetti della corte si progettano dei grandi Book-wall, dei “libri a muro” da sfogliare, ottenuti incernierando pannelli ricavati da espositori cartonati plastificati dismessi, su cui si incollano in sovrapposizione rimanenze di locandine di eventi siracusani. Si cerca così di leggere una storia dei recenti avvenimenti di Ortigia, attraverso stampe riciclate. Nello spazio viene montata una lunga pedana sensoriale ottenuta da pallet collegati in sequenza da residui di nastri per avvolgibili; questi usati come bilancieri sono appoggiati su un perno –realizzato con un tubo 136
and taking hint from the house. The created openings compete for making easier this inside-outside communication.” Sea of Memories In the Graziella, one of the district in which the Ortigia island is divided, tangled maze of road-menders and courts, this staging plays the redevelopment role of one of these spaces, which one can enter through three directions: two are the main entrances, which connect the court to the most animated points of the district, the Talete parking, the market and the Borboun Ex Prison. One of the entrance is marked by an arch, the other is a simple tiny street. The third access has been made by the creation of a passage thanks to a building. On the fronts of the courts some big Bookwall are designed, some “wall books” to look through, made creating an hinge between the panels obtained from disused plastified cardboard displays, on which the rest of posters of Syracuse events are glued in an overlapped way. In this way, one tries to read a story of recent events of Ortigia, by
Un mare di memorie | Sea of Memories, 2011, Ortigia, Siracusa. Arturo Failla, Valerio Mascali. Prototipo | Prototype, Palazzo Impellizzeri, Siracusa.
di cartone –il supporto dei rotoli di stoffa o carta da disegno– che ne consente un movimento bidirezionale. Camminandovi il contro-bilanciamento del peso renderà “mosso” il cammino, come su una barca in acqua, con un effetto sonoro ottenuto da sassi ed oggetti che, rotolando all’interno dei pallet, imitano il rumore del mare sui sassi della battigia. Questo elemento estremamente performativo è uno tra i prodotti più riusciti del workshop, poiché il pubblico interagisce, gioca e improvvisa, teatralizzando la sua permanenza nel luogo urbano. RI_fare in pallet Ancora nella Graziella, nella stessa corte, il progetto si concentra ancora sui prospetti; in particolare su uno di questi dove la presenza di una mensola di sostegno ad un balcone crollato ne suggerisce la originale e tradizionale configurazione. L’obiettivo è quello di rendere leggibile il precedente aspetto della corte. Dove il prospetto mostra una lacuna, questa viene ricostruita, tramite l’assemblaggio di pallet -120x80 cm- disposti in senso verticale,
recycled prints. In the space, it is assembled a sensorial platform obtained by pallets which are combined in sequence by the remained bands for shutters; these, used as cocker arms, are put down on a hinge – created with a cardboard tube - the support of the cloth rolls or drawing paper- that allows a bidirectional movement. Walking along there the counterweight of the load will make the walk “rough”, like in a water boat, with a sound effect got from the stones and objects that, rolling inside the pallets, imitate the sound of the foreshore stones. This extremely performing element is one of the most achieved products of the workshop, because the audience interacts, plays and extemporizes, dramatizing its stay in the urban place. RE_make in pallet Again in the Graziella, in the same court, the project focuses on the fronts; especially on one of these where the presence of a console supporting a collapsed balcony suggests an original and traditional configuration. The 137
in modo da ottenere l’apertura di un varco in corrispondenza della traccia del balcone. Con lo stesso materiale riciclato verrà ripristinato il solaio al quale si può accedere tramite una scala esterna, anch’essa frutto di pallet sovrapposti. Una parte dell’edificio resterà privo del piano mancante, spazio attrezzato con delle sedute, in cassette di plastica riciclate nel vicino mercato. Questo spazio permette di avere una vista su tutta la corte ed è reso sicuro da un parapetto ricoperto con la rete da pesca, che riporta la mente alle origini di questo luogo: il quartiere dei pescatori. Nel livello inferiore vengono disposte delle sedute sempre in pallet, che permettono di usufruire della corte e di godere della visione di proiezioni su una parete cieca dove sarà disposto teso il tessuto riciclato dalle vele in forma di schermo. Per rendere attrattiva la corte dall’esterno i varchi sono segnalati con tendaggi di bottiglie di plastica assemblate su di un cavo passante; queste “collane” verticali provocano rumore con il vento o al passaggio delle persone, di cui attirano l’attenzione. 138
target is to make readable the previous aspect of the court. Where the front shows a gap, this is rebuilt, by assembling pallets -120x80 cm- placed in a vertical sense, in order to get an opening of a passage by the chase balcony. With the same recycled material will be re-established the attic, which can be entered by an external ladder, this one again product of overlapped pallets. A part of the building will remain without a missing floor, space equipped with chair seats, in recycled plastic boxes of the near market. This space allow to have a view on the whole court and it is safe by a rail covered by a fishing net, that recall the origins of this place: the fishermen’s district. In the inferior floor some seats always in pallets are placed, these seats allow to use the court and to enjoy the view of the screening on a blank wall where it will be put the stretched fabric recycled from the sails and giving them a screen shape. To make the court more charming from outside the passages are marked with bottle curtains assembled in a passing cable; these
RI_fare in pallet | RE_make in pallet, 2011, Ortigia, Siracusa. Angela D’Agostino, Luisa Ferracane.
Le quaglie del Molo Santa Lucia “Il Porto Piccolo di Siracusa, luogo di antica bellezza, dove le barche ormeggiate rievocano un forte collegamento con la storia della città, è proteso verso il mare, da cui si può ammirare verso sud una vista scenografica dell’isola di Ortigia. Il porto, che ha origine da Punta Scogliera e si allunga verso il mare per circa 300 metri con due frangiflutti a difesa, era chiamato dai greci Lakkios, per la presenza di banchine di marmo; attualmente viene utilizzato da piccole imbarcazioni da diporto e da pesca. L’area di intervento (circa 1000 mq) funge anche da parcheggio automobilistico non regolarizzato. Nonostante il suo degrado ma grazie alla presenza di locali commerciali e ricreativi è frequentato da numerose persone che passeggiano lungo il molo guardando, attraverso gli alberi delle barche, la silhouette di Ortigia. Il progetto si basa sul riutilizzo di elementi di scarto dalle attività principali legate alla storia del luogo. In particolare le attività del mercato di Ortigia e del cantiere navale Calafatari. Gli elementi recuperati sono: cassette di legno per il trasporto di frutta e ortaggi, casse in polistirolo
vertical “necklaces” cause noise with the wind or when people passes, so that people’s attention is captured. The quails of the Santa Lucia dock “The Little Seaport of Syracuse, place of ancient beauty, where the moored boats remind of a strong connection with the story of the city, is projected towards the sea, from which it can be possible to admire southwards a scenic panorama of Ortigia island. The Seaport that has its origin in the Punta Scogliera and stretches out towards the sea for more or less 300 metres with two defensive breakwaters, was called by the Greeks Lakkios, for the presence of marble quays; now it is used by some little pleasure and fishing boats. The intervention area (more or less 1000 square metres) acts as not regulated car parking. Despite of the decay but thanks to the presence of commercial and recreational buildings, it is attended by many people who passing along the dock looks at, through the boat masts, the silhouette of Ortigia. The project is based on the reusing of wastes of the 139
per il trasporto del pesce, scarti di legno provenienti dal cantiere navale, ombrelli rotti dal vento impetuoso e abbandonati. Il progetto realizza uno spazio ludico multifunzionale per la riqualificazione del sito attraverso elementi costruttivi, desautorati dalla loro funzione originale, assemblati in 4 diverse installazioni”. Le quaglie. Due elementi speculari a forma di quaglia: la scelta iconografica suggerisce una relazione semantica con l’Isola di Ortigia, che significa in greco antico “Isola delle Quaglie”; alcuni ricondurrebbero il toponimo alla forma dell’Isola che sembrerebbe una quaglia accovacciata su se stessa. Le sagome di due enormi volatili fungono da boccascena che incornicia l’isola di Ortigia; sono realizzate con scarti di legno di lavorazione o dismissione navale. Si tratta di due strutture che delimitano l’area che scende verso mare che misurano 6.00 m di altezza e 6.50 di larghezza con una profondità di 2.00 m. Le due facce fruibili sono sostenute internamente da praticabili con scale a cielo aperto che si sviluppano su due livelli e danno la possibilità fruire di più punti di osservazione del paesaggio. La trama delle pareti crea piccole fessure che 140
main activities connected to the story of the place. In particular the activity of the Ortigia market and of the Calafatari. The elements recovered are: wooden boxes used for carrying fruit and vegetables, polystyrene boxes for carrying fishes, wooden wastes coming from the shipyard, abandoned umbrellas broken by the impetuous wind. The project creates a recreational and multifunctional space for the redevelopment of the place, building elements, which are deprived of their authority by the original function, assembled in 4 different installations”. The quails. Two specular elements with the shape of a quail: the iconographical choice suggests a semantic relationship with the island of Ortigia, which means in old Greek “Quails Island”; some will bring the placename back to the shape of the island that seems a quail crouched over itself. The outlines of two enormous birds act as proscenium that frames Ortigia island; they are made of manufacturing wooden wastes or of shipbuilding disposal. It is about two structures that mark the limit of the area that goes
Le quaglie del Molo Santa Lucia | The quails of the Santa Lucia dock at the Sbarcadero, 2011, Siracusa. Giovanni Aprile, Michael Costa, Valentina Modica, Francesco Tigilia.
fanno da cornice allo sguardo, discretizzando il panorama. Il cubo caleidoscopio. I cubi sono ottenuti dall’assemblaggio di cassette di legno, misura standard 50X25X30, unite da montanti in legno e da chiodi; sono disposti ai limiti dell’area scelta per l’intervento creando un limite alle automobili. Ogni cubo raggiunge una dimensione massima di 2,50X 2,50 m. E al suo interno saranno inseriti dei riproduttori vocali: suoni della natura, grida umane, rumori dell’ambiente, che rievocano le suggestioni del luogo. Tra le casse verranno applicate delle luci, forte attrazione notturna. In esse alcune vuoti permettono di accomodarsi nella struttura, altre creano piani che possono fungere da palcoscenico. L’albero. Elemento generato dall’unione di ombrelli dismessi privi del tessuto che solitamente li ricopre. Il modulo di base è costituito dall’accorpamento di 5 ombrelli, ogni nucleo verrà disposto sopra un altro sino a raggiungere l’altezza di 5 mt. L’albero collocato al centro dell’area progettuale assume significati dal teatro giapponese del NÔ.
down towards the sea and they measure 6.00 mt in height and in width 6.50 and deep 2.00 mt. The usable faces are internally supported with open air ladders that expand in two levels and give the possibility of using more than two points to look at the landscape. The net of the walls create little cracks that act as frame of the look, making the panorama more respectable. The kaledoscope cube The cubes are obtained assembling the wooden boxes, standard size 50X25X30, combined by wooden jambs and by nails; they are placed in the borders of the chosen area for the interventions creating a limit for cars. Each cube reaches a maximum of 2,50X2,50 mt. And inside there are some voice reproducers: sounds of nature, human shouts, noises of the environment, that evoke the charms of the place. Among the boxes some lights will be put, strong night attraction. Inside some of them are empty in order to allow to take a seat in the structure, others create levels that can have stage functions, The tree. The Tree Element created by joining the disused umbrellas deprived of the 141
Gettare le “reti” a Santa Panagia “Largo Giuseppe Prazio è una piazza in periferia nella zona di Santa Panagia, quartiere attraversato dal viale omonimo, una vera arteria stradale a tre corsie, dove hanno sede molte attività commerciali e di funzione pubblica. Tra gli edifici alti, moderni ed anonimi viene allestito un mercatino giornaliero. Da un’analisi si evince l’assenza di elementi caratterizzanti o attraenti, l’assenza di spazi all’ombra, e l’insistere di dimensioni molto ampie che falsano i rapporti rispetto al fruitore. Obiettivi principali, data la posizione baricentrica, creare uno spazio aggregativo in continuo cambiamento che cresca nel tempo con la partecipazione attiva degli abitanti, restituendo alla piazza nuove funzioni, tra il ludico, il teatrale e la denuncia. Per dare alla piazza un’identità mai avuta occorre che gli abitanti del quartiere si riapproprino del luogo portando la loro vita quotidiana nello spazio pubblico , rendendolo quasi un’estensione dell’ambiente domestico. Per accentuare tale carattere si è pensato ad un orto -attività già presente- ai margini 142
fabric that normally covers them. The basic module is made by combining 5 umbrellas, each unit will be placed over another one until it reaches the height of 5 mt. THE TREE put in the middle of the planning area gets meanings from the Japanese theatre. Throwing the “nets” in Santa Panagia “Largo Giuseppe Prazio is a square in the suburbs in the Santa Panagia area, district crossed by the homonymous avenue, a real arterial road with three lanes, where many commercial activities and many with public functions. Among the high buildings, modern and anonymous, a daily market is organized. One of the main targets, because of the barycentric position, is to create an aggregative space in a continuous change that will grow as time passes with the active participation of the inhabitants, giving to the square new functions, among them the recreational one, the theatrical one and the denunciation". To give the square a never owned identity, it is necessary that the district inhabitants will own the place bringing their daily life into the
Gettare le "reti" | Throwing the "nets", 2011, Santa Panagia, Siracusa. Giuseppa Carciotto, Fabrizio Noè, Irene Pulvirenti, Alessandra Scalia. Prototipo | Prototype, Palazzo Impellizzeri, Siracusa.
della piazza utilizzando composizioni di bidoni e recipienti vari organizzati come vasi. Uno spazio teatrale permanente costituito da un palco realizzato in pallet prevede diverse tipologie di sedute realizzate con pneumatici, reti da cantiere rinforzate con bottiglie di plastica e pallet impilati tra loro per ottenere sedute su più livelli. Lo spazio ludico è in continua trasformazione. Inserendo degli elementi gioco (rocchetti per impilare i pneumatici e altri per arrotolare le reti da cantiere che restituiscono percorsi labirintici) si lascia che siano i bambini a configurare lo spazio, dotato di coperture per il sole realizzate con reti da pesca e reti anti-infortunio intrecciate a stoffe e tessuti colorati, tese con cavi.
public space, making it almost an amplification of the domestic environment. To stress this character, it was thought of a garden- activity already existing- in the borders of the square using dustbins and several containers organized as pots. A permanent theatre space made by a tribune created by pallets considers several typologies of seats made by pneumatics, shipyard nets reinforced with plastic bottles and piled pallets to get seats in more levels. The recreational space is constantly changing. Adding some game elements, we let the children set up the space, provided with coverings for the sun made of fishing nets and anti-injury nets tangled with clothes and coloured fabrics, supported by stretched cables.
I progetti sono stati esposti in mostra a Palazzo Impellizzeri, Siracusa, dal 30 giugno al 20 luglio 2011 | Projects exibition, Palazzo Impellizzeri, Siracusa, June 30 - July 20, 2011. 1. I. Calvino, Le città invisibili, Mondadori, Milano, 1993. 2. F. Ippolito, Scarti, in G. Montesano, V. Trione ( a cura di), “Napoli assediata”, Tullio Pironti Editore, Napoli, 2007, p.VII. 3. I periodi tra virgolette sono estratti dalle relazioni di progetto elaborate dagli allievi del corso | Periods between marks are taken from project reports. 143
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Riusi cognitivi della città Performance urbana nei luoghi di Ortigia
Cognitive reuse of the city
Urban performance in Ortigia’s places
Salvo Piro
Non sapersi orientare in una città non vuol dire molto. Ma smarrirsi in essa, come ci si smarrisce in una foresta, richiede tutta un’educazione. Walter Benjamin
Not to find one’s way in a city may well be uninteresting and banal. But to lose oneself in a city -- as one loses oneself in a forest -- that calls for a quite different schooling. Walter Benjamin
Secondo me l’antropologia della performance è una parte essenziale dell’antropologia dell’esperienza. In un certo senso, ogni tipo di performance culturale, compresi il rito, la cerimonia, il carnevale, il teatro e la poesia, è spiegazione e esplicazione della vita stessa. Victor Turner
For me the performance anthropology is an essential part of the anthropology of experiences. In a certain way, every kind of cultural performance, including the ritual, the ceremony, the carnival, the theatre and the poetry, is an explication and manifestation of same life. Victor Turner
L’etimologia del termine performance, che deriva dal francese antico parfournir cioè completare, portare a termine, ci suggerisce appunto che essa rappresenti il momento conclusivo di un’esperienza. Attraverso l’esperienza l’individuo percepisce, scopre ed elabora dei significati, assegna un valore al proprio vissuto e la performance è in primo luogo esperienza. «La performance è la materia di base della vita sociale», ci dice Victor Turner nel suo Antropologia della Performance, e aggiunge: «L’uomo è un animale saggio, un animale che crea strumenti, un self-making animal, un animale simbolico, un animale performativo,
The etymology of the word performance, which comes from the old French parfournir that means to complete, to bring to an end, suggests us, in fact, that it represents the ending moment of an experience. Through the experience the human being perceives, discovers and elaborates his own meanings, gives a value to his own personal experiences and the performance is first of all experience. «The performance is the basic element of social life», tells us Victor Turner in his Anthropology of the Performance, and he adds: «The man is a wise animal, an animal that creates instruments, a selfmakinganimal, a symbolic animal, a performative animal, Homo perfor-
Urban Performance, 2011, Salvo Piro, Forte Vigliena, Ortigia, Siracusa 145
Homo performans. Le sue performance sono riflessive, nel performare egli rivela se stesso a se stesso». L’uomo, in sostanza, attraverso la performance fa esperienza del mondo, la performance ha quindi un carattere sperimentale e nello stesso tempo critico: attraverso l’agire psicofisico è possibile vivere e portare a compimento un’esperienza e nella messa in scena performativa del proprio corpo è possibile riflettere sull’esperienza stessa. Egli ci presenta dunque la performance come pratica corporea necessaria ad una ridefinizione critica del reale: la costruzione di senso attraverso l’agire. Ogni azione corporea si misura nello spazio in cui accade, lo spazio rappresenta la categoria di base della nostra percezione, il tempo stesso è percepito in termini spaziali. Esso diviene misurabile in quanto successione lineare di momenti presenti. Il corpo è l’unità di misura della percezione, il modello prospettico fa del corpo umano la misura e il misuratore di ogni cosa secondo la massima galileiana di misurare tutto ciò che è misurabile e rendere ciò che non è misurabile atto ad esser misurato. L’arte che più di ogni altra dà forma allo spazio, l’architettura, conosce bene questo principio. Da sempre il corpo umano rappresenta il canone che sta alla base della forma e della proporzione: lo spazio è pensato e pensabile solo in relazione ai corpi. Lo spazio urbano rappresenta il luogo delle relazioni collettive, della socialità pubblica l’agorà è il substrato simbolico della società stessa - ma è anche il contenitore, pensato come oggettivo e stabile, che fa da sfondo e da supporto funzionale ai nostri vissuti privati. La città è sempre lì, pronta ad essere attraversata, immaginata, distrutta e ricostruita, reinventata ma anche più spesso subita o ignorata. È lì a narrare, con le sue braccia aperte, e ci guarda, accogliendo di noi tutti i percorsi possibili, quelli concreti e quelli iper146
mans. His performances are reflectives, in his performing he reveals himself to himself » A man basically through his performance experiences the world, so the performance has an experimental character which is, at the same time, critical: by acting psychophysically is possible to live and complete an experience and in the putting on stage the performance of one’s body is possible to think again of the experience itself. He presents us the performance as a physical practice, necessary for a critical ridefinition of reality: the construction of the meaning by acting. Every physical action is measured in the space where it takes place, the space represents the basic category of our perception, the time itself is perceived in space terms. It becomes measurable as it is a linear succession of present moments. The body is the unity of measure of the perception, the perspective model considers the human body as the measure and the measurer of everything according to the Galilean rule of measuring everything that is possible to measure and make the unmeasurable fit to be measured. The Art that above all gives shape to space, Architecture, knows very well this principle. The human body has always represented the fundamental tenet of the shape and the proportions: space is thought and it is conceivable only in relation with bodies. The urban space represents the space of public relationships, of public sociability- the agorà is the symbolic substratum of society itself- but it is also the container, conceived as objective and steady, and it becomes the background and the functional sustainment of our personal experiences. The city is always there, ready to be passed through, imagined, destroyed and built again, reinvented but even more often endured or ignored. It stands there to relate, with its arms wide open, and it looks at us, receiving from us all
Urban Performance, 2011, Salvo Piro, Piazza Teatro Massimo, Catania.
bolicamente fantastici. Ma noi siamo altrove. Attraversiamo la scena urbana senza coscienza, occupati solo dalla destinazione da raggiungere, impegnati ad evitare gli oggetti in movimento che intralciano i nostri passi, siano essi automobili o persone, tutti assorbiti nei pensieri percorriamo in realtà solo le vie dei nostri desideri, la città mentale degli obiettivi da realizzare, delle cose da fare,il paesaggio urbano ci scivola addosso routinario e consueto, sempre uguale e perciò inutile, privo di stimolo e di interesse. Compito della performance è condurre azioni trasformatrici capaci di riportarci fuori, di rinnovare la nostra capacità di vedere, di riconquistare la città come esperienza antropologica. All’interno di questo orizzonte concettuale, di questa mappa ideale, si muove il nostro intervento di performance urbana nei luoghi di Ortigia. Un percorso di esplorazione, più simile ad una battuta di caccia che ad uno spettacolo, un modo di conoscere mostrando. Un conoscere basato sull’interazione viva e stupita con i compagni di studio e con gli altri casuali fruitori del medesimo spazio, i passanti. Un conoscere che vuole provocare
the possible paths, the real and the hyperbolically fantastic ones. But we are elsewhere. We pass through the urban scene without being aware, thinking only of the destination to reach, busy in avoiding the moving objects that interfere with our steps, cars or people or whatever, all absorbed in our thoughts, we walk, indeed, the streets of our desires, the mental city of the goals we want to achieve, the things to do; the urban landscape slides upon us as rutin and usual, always the same and for that unuseful, without impulses and interests. The task of the performance is to lead transforming actions able to take us out, to refresh our ability in looking, and to reconquer the city as anthropological experience. In this conceptual horizon, in this ideal map, moves our intervention of urban performance in Ortigias’ places. An explorative path, much more similar to a hunting rather than a show, a way of knowing by showing. It is a way of knowing based on a suprising and live interaction with all the study’s mates and with all the accidental users of the same space, the passers-by. It is a way of knowing that wants to instigate the perception in or147
la percezione per lasciare emergere un dato sensoriale rinnovato, producendo interazione, suscitando invenzione, attraverso il gioco della libera associazione creativa. Nello stesso frangente facciamo esperienza, conosciamo e stimoliamo a rinnovare esperienza e conoscenza. Il passante distratto è per noi una parte essenziale dello spazio urbano che vogliamo studiare rappresentando, l’altra metà del simbolo, colui che ci svela gli infiniti possibili usi e riusi della città. Ed è proprio il tema del riuso che ci ha portati a scegliere questo percorso. Il riuso è la forza creatrice per mezzo della quale è stato possibile alla vita assumere e conservare le “infinite forme bellissime”, come le chiamò Charles Darwin. In termini evoluzionistici si definiscono oggi ex-aptations (preadattamenti) le variazioni nella funzione di una caratteristica anatomica o comportamentale. Le piume dell'uccello sono un esempio classico: inizialmente queste si sono evolute per la regolazione termica, ma successivamente sono state adattate per il volo. Il riuso è la prassi progettuale e costruttiva della natura. Nessuna idea o esperienza, insomma, nasce nel vuoto ma è frutto sempre e comunque del riuso di qualcosa di già esistente. Ridimensionare - riciclare - riusare. Usando i nostri corpi come materiale riciclabile, creiamo un’installazione provvisoria, una sorta di gruppo scultoreo, che si materializza nel luogo prescelto, attirando l’attenzione dei passanti. L’istallazione è percorribile al suo interno, assume una chiara relazione con il contesto architettonico - urbanistico e con il tessuto situazionale e intercetta, in maniera non invadente, l’attenzione e l’azione dei presenti. Gli attori della perfomance rispecchiano con il proprio corpo la città, ne interpretano i dettagli amplificandoli in una forma corporea congelata, trasformandosi in oggetti con una 148
der to throw a renewed sensorial element up, producing interaction, inciting invention, through the game of free creative combination. In the same context we make experiences, we know and we push to renew the experience and the knowledge. The absentminded passer-by is for us an important element of the urban space upon which we want to investigate performing, the other half of the symbol, what reveals us the endless possible uses and reuses of the city. And it is the topic of the reuse that has brought us to chose this path. The reuse is the creative force through which life has been able to assume and keep the “endless beautiful shapes”, as Charles Darwin called them. In evolutionist terms the variations in the function of an anatomical or behavioural feature are defined today exaptations. The bird feathers are a classical example: at the beginning these evolved because of the temperature regulation, but after they were adapted for the flight. The reuse is a planning and building praxis of nature. No idea or experience, in brief, comes into the world in emptiness but it is always, in any case, the result of the reuse of something that already exists. Reduce-recycle-reuse. Using our bodies like recyclable material, we create a temporary installation, a sort of scuptural group, that materializes itself in the chosen place catching the passers-by’s attention. The installation inside is walkable, and it gets a clear relationship with the architectonic and urban context and with the situation fabric, it catches, in a way that is far from being intrusive, the attention and the action of the present people. The performance actors reflects with their own body the city, they interpret the details amplifying in a frozen corporeal shape, changing themselves into objects with a metaphoric meaning: the full and empty spaces,
Urban Performance, 2011, Salvo Piro, Bastione di Fonte Artetusa, Ortigia, Siracusa.
significazione metaforica: i pieni e i vuoti, le curve, le fogge, le relazioni spaziali, pragmatiche, situazionali. I corpi passano da uno stato di azione estremamente dinamica a uno di immobilità improvvisa, come un fermo immagine. La forma congelata non rappresenta un momento di passività, al contrario genera una serie di potenzialità creative in chi lo agisce e in chi lo osserva interagendo. Quando il gruppo scultoreo è completato comincia la sfida. Chi ne fa parte è costretto in una osservazione del tutto singolare, il punto di vista è rigidamente fissato in una posizione insolita, sorprendente, di cui non si possono prevedere i risultati. L’insieme dei corpi sorpresi in questa stasi provvisoria e prolungata diventa un contenitore per l’esperienza e l’immaginazione, una macchina performativa. Si genera allora uno scontro tra il normale flusso del tempo e un tempo altro, immobilizzato eppure fluente, che costringe la percezione a spostarsi. È lì che può nascere la novità. Il primo effetto per l’osservatore è quello di ricontestualizzare la scena urbana e aprire gli occhi. Si apre un varco nel tempo interiore e il passante è costretto a scegliere se aderire alla
the curves, the styles, the space, pragmatic and situation relationships. Bodies go from a status of action extremely dynamic to one of sudden immobility, as a freeze-image. The frozen image doesn’t represent a moment of passivity, on the contrary it produces a series of creative potentialities in the person who makes it and who observes it interacting. When the sculptural group is ready, it begins the challenge. The person who is involved in is obliged in an observation very peculiar, the point of view is strictly fixed upon an unusual and surprising position, whose results are not predictable. The whole of the bodies caught in this temporary and extended stasis becomes a container for the experience and the imagination, a performative machine. A crash is produced, then, between the normal flux of time and another time, immobilized but fluid, a collision that obliges the perception to move. There, the change can come to life. The first effect for the observer is that of contextualizing again the urban scene and opening the eyes. A way to the interior time is opened and the passer-by is forced to chose whether to stick to the provocation or slide 149
provocazione o scivolare di nuovo dentro il suo immaginario privato, se entrare nella scena includente della performance o tornare a essere spettatore ovattato del palcoscenico sempre uguale della città. Ogni ciclo non dura che una manciata di minuti, poi la performance si azzera e ricomincia da capo. In quale altro modo potevamo giocare questa partita? Abbiamo scelto di utilizzare i nostri corpi in azione per costruire installazioni provvisorie aventi come scopo primo di attrarre l’attenzione dei passanti distratti, coinvolgendoli in un gioco di riuso cognitivo dello spazio urbano. Riflettere e provocare uno spostamento nella percezione del luogo e del momento attraverso il riuso dei nostri stessi corpi. Riprogrammare il luogo urbano con dei contenuti metaforici che diventano una lente che deforma, o dà nuova forma allo spazio. Attraverso lo strumento della performance improvvisativa mentre partecipo all’installazione scopro la mia relazione con lo spazio, lo leggo, lo reinvento, per mezzo della creazione collettiva rinnovo la mia percezione, grazie all’interazione viva coi passanti lo verifico e lo comprendo a un diverso livello di complessità e intuizione: un’occasione ricca di potenzialità trasformative per tutti gli attori presenti sulla scena urbana.
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again into his private imaginary, whether enter in the including scene of the performance or come back to be a sheltered observer of the same city stage. Every cycle lasts but few minutes, then the performance starts over again. In what other way could we play the game? We have chosen to use our body in action to build temporary installations whose main purpose is to catch the attention of the absent passers-by, involving them in a game of a cognitive reuse of the urban space. To think about and to instigate a movement in the perception of the place and of the moment through the reuse of our bodies. All that to reorganize the urban place with metaphoric contents that become a distorting lens, or give new shape to the space. Trough the instrument of the surprising performance while I am participating in the installation I discover the relationship with the space, I read it, I imagine it differently, by the creation of the community I renew my perception, thanks to the live interaction with the passers-by I make experience of it and I understand it in a different level of complexity and intuition: an occasion rich of transforming potentialities for all the actors in the urban stage.
Urban Performance, 2011, Salvo Piro, Palazzo Impellizzeri, Ortigia, Siracusa.
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Appunti di scenografia | 2011/12 Notes of scenery | 2011/2012
Per leggere Shakespeare serve poco o niente. Shakespeare lo si legge con Shakespeare, la conoscenza di Shakespeare è in Shakespeare. Come non c’è pensiero di pensiero, così non c’è un’altra lingua in cui tradurlo. Oppure, all’opposto, tutto serve per leggere Shakespeare, perché c’è tutto in Shakespeare. [...] E’ da una piega del corpo di Shakespeare che nasce Beckett. Il quale oggi ci serve per tornare a lui, per comprenderlo meglio, più profondamente. [...] La vita delle parole: ecco a che cosa assistiamo in Shakespeare. Ecco di che cosa è capace Shakespeare. Di pensare il reale. Di abitare il mondo. N. Fusini, Di vita si muore, prologo, 2010
La bisbetica domata, di W. Shakespeare, 2009, regia P. Vescovo e P. Valerio, scene G. Tessaro, Teatro Romano di Verona LXI Estate Teatrale Veronese. | La bisbetica domata, by W. Shakespeare, 2009, direction P. Vescovo e P. Valerio, scenes G. Tessaro, Teatro Romano di Verona - LXI Estate Teatrale Veronese. 153
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Tra piano e spazio. Il disegno della “prospettiva solida”
Between surface and space. The design of the “solid perspective”
Edoardo Dotto
Alla sconfinata produzione di immagini prospettiche, tracciate per gli scopi più diversi nel corso degli ultimi secoli ed oggetto di una estesa quantità di indagini e di studi1, si affianca un gruppo significativo di realizzazioni che prendono il nome di “prospettive solide”. Esse si distinguono dalle prospettive tracciate sul foglio di carta o sulla tavola pittorica in quanto, piuttosto che essere relegate ad una superficie piana che si identifica col quadro prospettico (fig. 1), sono dotate di uno spessore e quindi occupano un volume reale, talvolta persino percorribile. Nelle prospettive solide lo spazio che si vuole rappresentare viene, per così dire, ‘compresso’ in uno spazio di spessore ridotto. In questo modo, se da un lato esso assume la connotazione virtuale tipica di ogni rappresentazione, d’altra parte mantiene le caratteristiche materiche della costruzione fisica, conservando quindi analogie con lo spazio reale immediate ed evidenti. La simulazione avviene in modo tanto più convincente quanto più il punto di
Next to the endless production of perspective images, designed for different purposes in the latest centuries and object of a wide range of investigations and studies1, there is an important group of productions that take the name of “solid perspectives”. These diverge from the perspectives traced on a piece of paper or on a painting because, rather than being exiled in a surface which identifies with the perspective frame (fig. 1), are equipped with a depth and, as a consequence of it, they occupy a real volume, sometimes even practicable. In the solid perspectives the space to be represented is, we can say, ‘squeezed’ in a space with reduced thickness. In this way, if on one hand it takes the virtual connotations typical of every representation, on the other hand it keeps the material features of the physical construction, preserving the analogies with the real space immediate and clear. The simulation takes place in a more persuasive way if the point of view occupied by the
D. Bramante, falso coro di S. Maria presso San Satiro, Milano, circa 1480. | D. Bramante, False choir of S. Maria in San Satiro, Milan, around 1480. 155
vista occupato dall’osservatore coincide con quello ipotizzato nel corso della costruzione geometrica. Benché la prospettiva solida sia usata tipicamente in ambito scenografico, dove lo spessore della scena è solitamente più esiguo di quello dell’ambiente che vi si vuole rappresentare, alcune tra le più influenti realizzazioni in questo campo sono state messe in opera in edifici progettati da maestri dell’architettura, talvolta per risolvere complessi nodi spaziali. È il caso del falso coro della chiesa di S. Maria presso S. Satiro a Milano2 completato da Bramante attorno al 1480, in cui in uno spessore di soli 120 centimetri viene simulata una profondità di ben undici metri, riuscendo a proporre, almeno visivamente, uno spazio centrico a croce latina che era impossibile da realizzare. Le prospettive solide costruite da Scamozzi attorno al 1584 per la scena del Teatro Olimpico di Vicenza3 (fig. 2a), evocano un impianto urbano di ampio respiro allocato in uno spessore ridotto. Nei casi citati non è possibile entrare fisicamente nello spazio della prospettiva solida. La Galleria di palazzo Spada di Borromini del 1653 e la Scala Regia di Bernini in Vaticano del 1663 affrontano invece la difficile questione della percorribilità degli spazi illusori. In entrambi i casi gli ambienti delle prospettive solide4 accolgono fisicamente l’osservatore che, dopo avere occupato il corretto punto di vista, si confronta da vicino con gli elementi delle architetture opportunamente deformati, e partecipa del disorientamento prodotto dal trovarsi all’interno di un imprevedibile spazio anamorfico5. Le immagini prospettiche, le prospettive solide e le anamorfosi hanno in comune il fatto che soggiacciono alla stessa elementare legge geometrica (fig. 2b). Si tratta infatti della semplice applicazione dei basilari principi proiettivi di proiezione e sezione. Sono 156
spectator coincides with the one supposed during the geometrical construction. Although the solid perspective is typically used in the scene world, where the depth of the scene is usually more thin than the one of the surroundings which should be represented, some of the main powerful realizations in this field have been put on scene in buildings designed by architecture’s masters, sometimes to work out complex spatial tangles. It’s the case of the false choir of the S. Maria church in S. Satiro in Milan2 finished by Bramante around 1480, here in a thickness of just 120 centimetres is simulated a depth of 11 metres, succeeding in suggesting, at least visually, a central space with a Latin Cross shape which was almost impossible to achieve. The solid perspectives built by Scamozzi around 1584 for the scene of the Olympic Theatre of Vicenza3 (fig. 2a), recall an extensive urban installation situated in a more reduced thickness. In the mentioned cases is not possible to physically enter the space of the solid perspectives. Instead, the Gallery of the Spada Building of Borromini of 1653 and the Royal Scala of Bernini in Vatican of 1663 cope with the difficul problem of the road condition of the illusory spaces. In both cases the scenes of the solid perspectives4 receive physically the observer who, after having occupied the correct point of view, closely compares himself with the elements of the architectures properly deformed, and he takes part of the disorientation produced by finding himself inside a unpredictable anamorphic space5. The perspective images, the solid perspectives and the anamorphosis have in common the fact that they succumb to the same elementary geometric law (fig. 2b). It is, in fact, a simple application of the basic projection and sections principles. Obviously, they represent the geometric entities on which the
1. A. Dürer, Telaio prospettico con fili tesi, da Underweysung der Messung, Norimberga 1525. | A. Dürer, Perspective frame with tight threads, from Underweysung der Messung, Nuremberg 1525.
ovviamente gli enti geometrici su cui si effettua la proiezione - un piano per l’immagine prospettica, dei piani contenuti in uno spazio compresso nel caso della prospettiva solida o una superficie di qualsiasi tipo nel caso delle anamorfosi6 - e la loro posizione rispetto al centro di proiezione a caratterizzare ciascuna di queste forme di rappresentazione. In ogni caso, nonostante le figure restituiscano, come si diceva, un’immagine pienamente coerente soltanto se osservate da un punto di vista coincidente con il centro di proiezione, esistono margini di tolleranza molto ampi per la lettura delle immagini prospettiche, deformate o anamorfiche. Un costante affinamento dei nostri meccanismi percettivi - oltre ad una solida eredità culturale - ci consente di apprezzare appieno l’illusione visiva anche in condizioni svantaggiate. La prospettiva solida del San Satiro di Bramante, ad esempio, ci appare convincente nonostante il centro di proiezione sia posto a più di due metri e mezzo di altezza e nonostante il più delle volte venga osservato fuori dall’asse tracciato dal raggio principale. Muoversi in prossimità dello spazio accelerato di una prospettiva
projection is done – a surface for the perspective image, some planes inside a squeezed space in the case of the solid perspective or a whatever surface in the case of the anamorphosis6 - and their position referring to the projection centre is meant to characterize all these ways of representation. Anyway, although the figures give back, as it was said, an image fully coherent only if you observe from a point of view which coincides with the projection centre, there is a very wide tolerance for the interpretation of the perspective, deformed or anamorphic images. A constant refinement of our perceptive mechanisms – plus a solid cultural inheritance- allows us to fully appreciate the visual illusion even in deprived conditions. The solid perspective of San Satiro of Bramante, for example, seems to persuade us even though the projection centre is more than two and a half metres high and even though it is often observed out of the axis traced by the main ray. Moving near the accelerated space of a solid perspective, avoiding the point of view from which the visual illusion seems perfect, doesn’t destroy at all the desired effect: a 157
2a. V. Scamozzi, progetti scenici per il Teatro Olimpico, 1585. | V. Scamozzi, Scene projects for the Olympic Theatre, 1585.
solida, eludendo il punto di vista da cui l’illusione visiva appare perfetta, non demolisce del tutto l’effetto voluto: una sorta di ‘indulgenza percettiva’ ci aiuta a compensare le incongruenze e a ricostruire una coerente immagine spaziale. Nonostante i meccanismi che regolano la costruzione geometrica della prospettiva siano profondamente diversi da quelli della nostra visione binoculare7, non vi è dubbio che tra la prospettiva e la visione si sia istituita8 una forma di analogia, peraltro piuttosto serrata. Il modo migliore di verificare le qualità didattiche e le potenzialità espressive della prospettiva solida è quello di sperimentarne la costruzione, anche a scala ridotta. Disegnato un semplice spazio interno in proiezioni ortogonali (fig. 3), se ne può tracciare la prospettiva utilizzando la cosiddetta “costruzione legittima”, procedendo quindi nella ricerca dei punti necessari per rappresentare lo spazio attraverso le intersezioni con il quadro (rappresentato di profilo in figura con un segno blu) dei raggi visuali uscenti dal punto di vista (O in figura). Il punto A nella figura, ad esempio, può essere collocato in prospettiva 158
sort of ‘perspective indulgence’ helps us to compensate the incongruities and to build again a coherent spatial image. Although the mechanisms that rule the geometric construction of the perspective are deeply different from those of our binocular view7, there is no doubt that between the perspective and the vision has been established8 a sort of analogy, moreover it is a bit closed. The best way to verify the didactic qualities and the expressive potentialities of the solid perspective is to make experience of the construction, even on a reduced scale. Designed a simple interior space in orthogonal projections (fig. 3), the perspective can be traced out of it using the so called “legitimate construction”, going on, in this way, in the research of the points, enough to represent the space through the intersections with the painting (represented whole-length in profile with a blue mark) of the visual rays going out from the point of view (O in figure). The A point in the figure, for example, can be placed in perspective measuring the coordinates d1 and d2 in the preliminary drawings. In the same way, if you want to build an
2b. J.-F. Niceron, anamorfosi di una testa, 1638. | J.-F. Niceron, Anamorphosis of a head, 1638.
misurandone le coordinate d1 e d2 nei disegni preparatori. In modo analogo, se si vuole costruire una prospettiva accelerata, quindi proiettare lo spazio reale su uno spazio di profondità ridotta, fissatane la profondità massima (fig. 4a), basta identificare nella parete di fondo dello spazio accelerato un punto corrispondente ad un punto dello spazio reale, ad esso allineato rispetto al punto di vista (come i punti A e A’ in figura). Ogni altro punto cercato può essere ricavato semplicemente sfruttando l’omologia che si instaura, sia in pianta che in alzato, tra le immagini degli spazi reali e di quelli accelerati9. Le piante e gli alzati ottenuti rappresentano con precisione i singoli elementi delle “quinte” che definiscono la prospettiva solida che a questo punto può essere materialmente costruita. Allo stesso modo si può procedere per la costruzione della prospettiva “rallentata”, quella cioè in cui lo spazio scenografico occupa paradossalmente, se si vuole - una profondità maggiore di quello che si vuole rappresentare. Ricavata la posizione di un punto alla nuova profondità, basta applicare l’omologia per
accelerated perspective, so to project a real space on a space of reduced thickness, once established the highest thickness (fig. 4a), it is sufficient to identify in the wall at the end of the accelerated space a point corresponding to a point of the real space, in line with it if we compares it with the point of view (as the points A and A’ in figure show). Every other point can be obtained simply exploiting the established homology, both in the plan and in elevation, between the images of real and of the accelerated spaces9. The obtained plans and elevations represent with precision every element of the “backstage” that defines the solid perspective that at this point can be physically built. Again in the same way, it is possible to build the ‘slowed’ perspective, which is , to be clear, that perspective where the scene space occupies - paradoxically, if one wants - much more thickness than that is meant to be represented. After obtaining the position of a point in the new depth, it is enough to apply the homology to identify the position of the other points (fig. 4b). After having built graphically in plan and in 159
3. Costruzione della prospettiva di uno spazio disegnato riportando le intersezioni dei raggi visuali col quadro prospettico. | Construction of the perspective of a designed space underlining the visual rays intersections with the perspective frame.
identificare la posizione di tutti gli altri (fig. 4b). Dopo averli costruiti graficamente in pianta ed in alzato, si sono realizzati in cartoncino dei modellini dello spazio reale, di quello “accelerato” e di quello “rallentato”. Come si vede essi hanno delle profondità vistosamente diverse tra loro (fig. 5). Fotografati però da un punto di vista prossimo a quello utilizzato per tracciare la costruzione geometrica, i tre spazi differenti restituiscono ciascuno, compatibilmente con le inesattezze della realizzazione, un’immagine coincidente con la prospettiva dello spazio reale tracciata con la “costruzione legittima” (fig. 6). L’esame dei tre plastici mostra come - sia rispetto allo spazio reale ed ancora di più rispetto alla “prospettiva rallentata” - la prospettiva accelerata riesca facilmente a proporre delle immagini molto prossime ad una prospettiva coerente, riducendo al minimo le deformazioni anche se osservata da un punto di vista distante dal centro di proiezione. La prospettiva accelerata, quindi, in ambito teatrale oltre a garantire la possibilità di rappresentare grandi spazi in piccoli spessori, 160
elevation, some models of real space, “the accelerated and the slowed ones”, have been created in cardboard. As we can see they have got different depths (fig. 5). If we take a picture of them from a point of view next to the one used to trace the geometric construction, the three different spaces give back, each of them, according to the imprecisions of the production, an image coinciding with the perspective of the real space traced with “the legitimate construction” (fig. 6). The examination of the three models shows how- referring both to the real space and even more to the “slowed perspective” – the accelerated perspective easily manages to suggest some images very closed to a coherent perspective, reducing to the bare minimum the deformations even if it is observed from a point of view far from the projection centre. The accelerated perspective, so, in the theatre not only assure the possibility to represent wide spaces in small dimensions, but also create images that, although for most of the spectators seem deformed by the shortened sight, are readable and recognizable in
4a.
4b.
4. Costruzione della prospettiva “accelerata” (a) e “rallentata” (b). | Construction of the “accelerated” perspective (a) and the “slow” one (b).
produce immagini che, benché per la maggior parte degli spettatori risultino deformate dalla visione scorciata, si rivelano comunque leggibili e riconoscibili. Attraverso le applicazioni della prospettiva solida nel campo della scenografia teatrale, risulta evidente come i meccanismi di fruizione e di decodifica degli spazi rappresentati in prospettiva non possano essere semplicemente ridotti ad una esclusiva questione geometrica e come invece ciascuna applicazione coinvolga le capacità duttili e spesso inconsapevoli di adattamento di ogni osservatore. La vitalità delle ricerche multidisciplinari nel campo della scenografia ed una serie di realizzazioni recenti di grande qualità10 sono un chiaro indizio delle stimolanti possibilità aperte dall’ambigua natura delle prospettive solide, sospese tra la fissità delle cose e la volatilità delle immagini, e mostrano come le leggi della prospettiva consentano ancora indagini e riflessioni inedite e come l’applicazione rigorosa e spregiudicata dei meccanismi della visione abbia ancora la capacità di affascinare e di stupire.
any case. Through the applications of the solid perspective in the field of the scene theatre, it is plain that the fruition and decoding mechanisms of spaces represented in perspective cannot be simply reduced to a sole geometric problem and it is evident how every application involve the flexible, and sometimes unconscious, abilities of adaptation of every observer. The energy of the cross-curricular investigations in the scene studies and a series of recent productions of great quality10 are a clear beginning of the interesting possibilities opened by the ambiguous nature of the solid perspectives, hanging between the fixity of the things and the volatility of the images, and they show how the perspective laws allow again new investigations and considerations, and how the strict and daring application of the visual mechanisms is able to surprise and charm.
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1. Si veda ad esempio | Look at , for example L. Vagnetti, De naturali et artificiali perspectiva. Bibliografia ragionata delle fonti teoriche e delle ricerche di storia della prospettiva, Firenze 1979. In rete si può consultare | On internet one can search for: K. Veltman, Bibliografia in rete dei testi di prospettiva, www.sumscorp.com/perspectiveindex.htm. 2. F. Camerota, La prospettiva del Rinascimento. Arte, architettura, scienza, Milano 2006, pp. 242-252. A. Bruschi, Bramante, Roma-Bari 1985, pp. 47-52. 3. F. Camerota, La prospettiva cit., p. 289; L. Puppi, Andrea Palladio, Milano 1973, p. 75. 4. P. Portoghesi, Francesco Borromini, Milano 1990, pp. 176-177; F. Camerota, La prospettiva cit., p. 293; F. Borsi, Bernini architetto, Milano 1980, pp. 356-359. Nonostante vi sia un interesse generale per l’argomento, sembrano ancora molti i campi di indagine da sviluppare nell’ambito della prospettiva solida. Sul legame, ad esempio, tra un’applicazione locale ed un modello fondativo di riferimento, si veda | Although there is a relevant general interest for the topic, there are more investigation fields to develop referring to the solid perspective. On the tie, for example, between the local application and a founding model of reference , one can see E. Dotto, Un rilievo della Scala Regia in Vaticano di Giuseppe Venanzio Marvuglia, in AA. VV., Ikhnos. Analisi grafica e storia della rappresentazione, Siracusa 2005, pp. 161-168. 5. Fin dai primi esperimenti cinquecenteschi nel campo dell’anamorfosi (Gli Ambasciatori di H. Holbein del 1535) la questione - non priva di implicazioni etiche e teologiche - è stata quella di costruire immagini, parzialmente illeggibili o ambigue, il cui senso viene svelato dalla scelta di un punto di vista adeguato. Sull’argomento si veda l’esaustivo | Since the first experiments of the XVI century in the anamorphosis field (The Ambassadors of H. Holbein in 1535) the topic – not exempt from ethic and religious implications- had been that of building images, partially unreadable and ambigous, whose meaning is clear if we chose a proper point of view. On the topic, see the complete J. Baltrusaitis, Anamorfosi o Thaumaturgus opticus, Milano 1990. 6. Anche nel caso di anamorfosi cilindriche o coniche il meccanismo proiettivo è analogo | Even in the case of cylindrical or conical perspectives the projection mechanism is the same. Cfr. J. Baltrusaitis, Anamorfosi cit., pp. 149-169. 7. S. Ings, Storia naturale dell’occhio, Torino 2008. 8. R. de Rubertis, Il disegno dell’architettura, Roma 1994, p. 39. 9. Come è noto, in un omologia punti corrispondenti sono allineati rispetto al centro e rette corrispondenti si incontrano sull’asse. Nella costruzione descritta il centro dell’omologia è la proiezione del punto di vista e l’asse è la retta che coincide con l’immagine di profilo del quadro. Fissati questi elementi ed una coppia di punti corrispondenti si può definire l’omologia e costruire le proiezioni ortogonali della prospettiva accelerata. | As it is known, in an homology corresponding points are in line with the centre and corrsponding lines meet in the axis. In the construction the centre of the homoogy is the projection of the point of view and the axis is the line which coincides with the profile image of the painting. Established thes elements and a couple of corresponding points we can define the homology and build the orthogonal projections of the accelerated perspective. 10. A. Pagliano (a cura di), Le geometrie dell’illusione. Artifici prospettici dello spazio scenico, Napoli 2009. Tra le applicazioni più recenti dell’anamorfosi si vedano le opere dell’artista itinerante Julian Beever, disponibili sul web. | Between the most recent applications of the anamorphosis one can consult the works of the itinerant artist Julian Beever, on the web. 162
5. I modelli dello spazio reale, accelerato e rallentato visti da dietro. | Models of the real space, accelerated and slowed down seen from backwards. 6. I tre modelli inquadrati dal corretto centro di proiezione. | Three models seen through the proper centre of projection.
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Molteplicità di luoghi/ unità di scena
Multiplicity of places/ unity of scene
Vittorio Fiore
Unità di scena tra minimalismo referenziale ed attrezzature modificabili La riduzione dei testi teatrali alla durata di massimo uno o due tempi -2 ore circa- presuppone pochi cambi di scena, di cui quelli necessari avvengono spesso a sipario aperto. Le forme di teatro contemporaneo sempre più orientate a rendere il pubblico attivo, stimolato dalla sinergia che si stabilisce con attori e performer, attratto da evidenti manipolazioni sceniche, impegnato nella ricerca dei messaggi contenuti nel testo e nelle azioni, lo portano naturalmente ad affrontare un’esperienza, differente da persona a persona, basata sul rinnovo del suo vissuto personale e sulle condizioni psicologiche del momento o sulla memoria che lo spettacolo risveglia e contamina. Tutto ciò allontana dalla necessità di ricostruire filologicamente i luoghi della scena, evocabili anche attraverso pochi elementi, funzionali per lo più al movimento degli attori più che allusivi ad
Unity of scene between referential minimalism and changeable facilities The reduction of the theatre texts to maximum one or two times - more or less 2 hourssuppose few changes of scene, of which the necessary ones take place with the curtain open. The forms of the contemporary theatre are more and more directed at making the audience active, stimulated by the synergy established between actors and performer, attracted by evident scenes’ manipulations, and busy in looking for the messages present in the text and in the actions; this naturally brings it to face an experience, different from person to person, based on the renewal of one’s personal experiences and on the psychological conditions of the moment or on the memories that the show awakens and contaminates. All that goes far from the necessity of building again in a philological way the places of the scene, evoked even by few elements, functional more to the movement
Un Tram che si Chiama desiderio, 2012, di T. Williams, regia A. Latella, scene A. Zaccheria, foto B. Giolivo, produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile di Catania. | Un Tram che si Chiama desiderio, 2012, by T. Williams, direction A. Latella, scenes A. Zaccheria, photos B. Giolivo, production Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile di Catania. 165
un luogo definito. Assistiamo ad articolazioni della scena, sempre più spesso sviluppate quasi esclusivamente in senso orizzontale, a configurare un’invaso che modifica e amplia l’impiantito del palco, definendo più livelli d’azione, immediatamente riconoscibili come diverse location. Oggetti simbolici o profondamente connotanti hanno ruolo attivo nella connessione con un luogo o nel riferimento ad un periodo temporale definito; la finzione lasciata evidente restituisce consapevolezza al pubblico. Una struttura scenica completamente praticabile rende possibile il condensare tutte le azioni in un unico spazio, versatile e facilmente modificabile; lo svolgersi delle azioni, dettate dal testo, è accompagnato da modificazioni e spostamenti spesso operati dagli attori stessi o da “servi di scena”. Il sapiente uso della luce focalizza l’attenzione su porzioni di spazio e comunica le variazioni temporali, quasi un ”orologio scenico” che regola gli accadimenti. Le azioni, pur riferite a spazi pubblici o privati possono svincolarsi da precisi riferimenti di luogo nella messinscena, puntando su suggestioni scenografiche raggiunte con la messa a punto di macchine sceniche ideate a partire da sistemi di comunicazione diffusi ma utilizzati in via sperimentale: tecnologie multimediali, proiezioni, video o elaborazioni sonore. Il tema unificare/differenziando, pur se può a prima vista apparire un’aporia, è alla base del progetto scenografico contemporaneo. La scarnificazione dei testi, “asciugati” nei loro significati, leggibili nello scavo analitico operato tra le righe del copione, porta ad una necessaria riduzione dell’apparato scenico, che ben sposa ambienti performativi contemporanei, spazi prestati al teatro, di natura sperimentale, dove la “tecnologia in evidenza”, la “finzione mostrata” e la “caduta della quarta parete” imperano in un’operazione di appropriazione partecipata dal pubblico del 166
of the actors rather than allusives to a specific place. We are in front of articulations of the scene, more often developped almost exclusively in a horizontal way, to set up a livingspace that modifies and widens the installation of the platform, defining more levels of actions, immediately identifiable as different locations. Symbolic and deeply connoted objects have an active role in the connexion with a place or in the reference to a defined temporal period; the fiction, made evident, awakens awareness in the audience. A scenic structure completely livable makes possible to compress all the actions only in one space, versatile and easily changeable; the performing of the actions, prescribed by the text, is accompanied by modifications and movements often made by the actors themselves or by “the servant of the scene”. The skilful use of the light brings the attention on portions of space and communicate the time variations, almost a “scene watch” that rules the events. The actions, even referred to public or private spaces can get rid of precise references of places in the staging, looking towards scenography’s suggestions reached with the fine tuning of the scene machines, created from very known systems of communication but used on an experimental way: multimedia technologies, projections, videos or sound elaborations. The topic to unify diversifying, even if, at first sight, it can seem a logical deadlock, stands at the base of the contemporary scenographic project. The reduction of the texts, “dried” in their meanings, but readable thanks to the analytic digging made between the lines of the script, brings to a necessary reduction of the set, which well combines with the contemporary performing places, spaces borrowed from theatre, of experimental nature, where “the technique in evidence”, the “shown fiction” and the “fall of the fourth wall”
Un Tram che si Chiama desiderio, 2012, di T. Williams, regia A. Latella, scene A. Zaccheria, foto B. Giolivo, produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile di Catania. Un Tram che si Chiama desiderio, 2012, by T. Williams, direction A. Latella, scenes A. Zaccheria, photos B. Giolivo, production Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile di Catania.
prodotto performativo. Dunque un’azione di sintesi connotata da un luogo scenico che ai requisiti di praticabilità e abitabilità associa anche modificabilità e minimalismo. Può trattarsi di semplici oggetti di trovarobato o di ingegnosi macchinari, di sistemi di oggetti luminosi, ri-progettati, contrassegnati da metafisico nitore1 o da studiata casualità di assemblaggio per una resa finale controllata. La scenografia può anche essere una porzione di spazio individuata, tra il pubblico, dove gli attori si muovono; si pensi al ruolo del tappeto nei lavori di Peter Brook che, anche nel teatro parigino Bouffes du Nord, sul modello meta-teatrale del Globe, offre nell’unità di piano tra palco e platea possibilità di scenografie “orizzontali”, ossia trattamenti del suolo e delle giaciture del calpestio: famoso La tragédie de Carmen (1981) in cui Brook invade tutto con terra mescolata a ghiaia (che restituisce una resa anche sonora) ricoprendo l’area della scena fino alla prima fila di platea, di cui gli spettatori ne condividono le sensazioni al calpestio mentre raggiungono o siedono al loro posto. I gradini di legno richiamano le sedie dei musicisti ai lati del
dominate in an operation of shared appropriation by the audience of the performing product. So, it is an action of synthesis characterized by a scenic place, that, to the prerequisites of workability and habitability, associates alterability and minimalism too. All it can be about simple secondary objects or about clever machinaries, about systems of shining object, replanned, marked by metaphysical clearness1 or by a studied casualty of assembling for a final controlled result. The scenography might be a portion of space detected between the audience, where the actors move; let’s think about the role of the rug in the works of Peter Brook, who, even in the theatre Bouffes du Nord in Paris, according to the meta-theatrical model of Globe, offers in the unity of the plan between stage and stalls the possibility of “horizontal” scenographies, which means uses of the floor and of the positions of the sidewalk: it is famous La tragédie de Carmen (1981) in which Brook invades everything with soil mixed with gravel (that gives a good sound performance) covering the area of the scene until the first row of the stalls, where the 167
boccascena, i cuscini sui gradoni in tela grigia si relazionano ai sacchi accumulati ai lati e, per colore, alle pareti del vecchio teatro, lasciate intatte con i segni della sua vita passata e del suo abbandono2. Come già dichiarato l’impiantito del palco può divenire –corrugandosi, inclinandosi, frazionandosi su varie quote, ribaltando pareti verticali– uno spazio delle azioni, impervio, che allunga i tempi di percorrenza, che divide le scene in luoghi idealmente distanti. Il corpo degli attori o dei performer in un faticoso “sali e scendi” aggiunge anche altre acrobazie, a volte richieste dalla regia come preparazione “fuori scena” ad un’azione, è forzato, stremato in una sequenza di movimenti, spesso non associati a parole, o viceversa basato sul ripetersi ossessivo della parola (Amleto, regia di R. Castellucci, Raffaello Sanzio Societas, 1992), arricchendo il testo “detto” con le didascalie, pronunciate come rafforzativo da personaggi “narranti”, che si sostituiscono ai movimenti degli attori, restituendone maggiore potenza (Un tram che si chiama desiderio, regia di A. Latella, 2011). Bekett’s suggestions Queste indicazioni per una scena estremamente funzionale e depauperata del superfluo sono state acquisite dagli allievi come provenienti da un ipotetica regia contemporanea, restituendo all’esercitazione la concretezza del rapporto scenografo/regista. La prima prova estemporanea –elaborata in quattro ore- commissiona un’impianto scenico per un testo “rarefatto”, quasi privo di parole, ......un’imprecisata opera bekettiana: l’allievo è stato invitato a realizzare un piccolo modello da fotografare nelle sue declinazioni; costruito con l’assemblaggio, precario e temporaneo, di elementi a sua disposizione, da fogli di cartoncino (unico materiale richiesto) ad oggetti scelti anche tra quelli che porta con se 168
members of the audience share the sensations of the sidewalk while reaching or taking their seat. The wooden steps remind of the musicians’ chairs, the cushions on the steps in grey canvas are connected to the bags heaped at the sides and, in the colour, to the walls of the old theatre, left the marks of its past life.2 As mentioned above the installation of the stage can become –contracting, inclining, fragmenting in several portions, turning over vertical walls– a space for the actions, a wild space that leghtens the travelling time that divides the scene into places ideally far. The body of the actors or of the performers, in a tiring “up and down”, adds some acrobacies too, sometimes wanted by the director; the body is forced and, worn out in a series of movements,it is not often associated with words, or vice versa it is based on the obsessive repeating of the word (Amleto, direction R. Castellucci, Raffaello Sanzio Societas, 1992), enriching the text “told” by the stage directions, pronounced as intensifier by “narrating” characters; these stage directions take the place of the movements of the actors, and give back stronger power. (A tram that is called desire, directed by A. Latella, 2011). Bekett’s suggestions These general indications on a scene extremely functional and deprived from the superfluous were acquired by the pupils coming from an hypothetic contemporary direction, giving back the concreteness of the relationship scenographer/director to the practising. The first extemporaneous exercise –elaborated in four hours- demands a scenic installation for a text “rarefied”, almost without words, ......an uncertain work in the Bekett style: the student was invited to create a little model of which he would take photos in its declination, built assembling, in a temporary
Cage, 2012, elaborati grafici e modello di | drawings and model by Giorgio Giunta. 169
(zaini, penne, occhiali, cellulari, astucci, agende, libri,etc.), che, anche se completamente fuori scala, assumevano con le loro texture e con la percezione parziale, valenze del tutto inaspettate: il risultato richiesto era principalmente volto ad ottenere nel pubblico un senso di disagio e di costrizione. Gli elaborati hanno portato in scena condizioni che partivano da assetti claustrofobici, o li raggiungevano gradatamente: gabbie trasparenti in cui, prigioniero, l’attore non può comunicare, specchi utilizzati come strumento di introspezione del personaggio, strutture che si stringono intorno al protagonista, spazi scomodi, di scala ridotta, con piani estremamente inclinati e scivolosi. (Si pensi alle condizioni d’impedimento dei personaggi in molte opere di Beckett, da Giorni felici a Finale di partita). Interessanti, anche nell’allestimento pensato per un teatro all’italiana, le molte soluzioni che posizionano il pubblico in diverse condizioni di rapporto con l’attore: ad esempio uno dei progetti (L'angoscia) lo prevede, seduto sulla scatola che contiene la scena che la osserva attraverso un piano inclinato specchiante. La scena è un tunnel circolare a imbuto, inclinato, estremamente piccolo dove gli attori non possono stare in posizione eretta. Un secondo progetto –CAGE– pone al centro del palco sei archi concentrici a sezione variabile che, ancorati in chiave, ruotano, chiudendo lentamente una struttura a cupola; durante la rotazione gli attori possono usare gli spiragli residui per apparire ancora, fino alla chiusura totale. Ancora qualche suono e qualche parola, poi ... buio. Le paratie ruotano su binari circolari essendo ogni arco ancorato al successivo attraverso spigoli complementari. La struttura tridimensionale può anche essere disposta al centro di una sala dove il pubblico è seduto intorno.
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and unstable way, the elements at disposal, from cardboard shits (the only material requested) to objects chosen between those that he carries with him(schoolbags, pens, glasses, mobiles, pencil cases, diaries, books, etc.), that, even if completely out of the scale, assumed with their texture and with the partial perception, unexpected contents: the result requested was especially intended to create in the audience a sense of uneasiness and constraint. The examples, several and interesting, brought to the stage conditions that started from claustrophobic arrangements, or reached them gradually: transparent cages, in which, prisoner, the actor can’t communicate, mirrors used as instrument of introspection of the character, structures that tighten around the protagonist, uncomfortable spaces, of reduced scale, with plans extremely inclined and slippery. (It is enough to think of the obstacles in many works of Beckett, from Happy days to The final match). Interesting, also in the staging thought for a theatre in the Italian style, the many solutions that put the audience in different conditions for the relationship with the actor: for instance, one of the projects contemplates the actor seated in the box containg the scene that he observes through a mirroring inclined level. The scene is a circular tunnel with the shape of a funnel, inclined. A second project –CAGE– puts in the centre of the stage six concentric arches with a variable section that, key anchored, spin around, closing slowly a dome structure; during the rotation the actors can still use the residual glimmers to appear, until the total closing. Again, some sounds and some words, then ... the dark. The bulkheads spin around circular tracks being every arch anchored to the following arch through complementary edges. The three-dimensional structure can be put in the middle of a room.
L’angoscia, 2012, elaborati grafici, schizzo e modello di | drawings, sketch and model by Vera Mormina.
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Shakespeare’s Shrew. Molteplici spunti per un’azione meta-teatrale: articolazione del testo e analisi di recenti messinscena Il testo La scena per “la bisbetica domata” di William Shakespeare, caso studio della esercitazione d’anno, ha affrontato il tema della molteplicità dei luoghi in cui si svolge l’azione. Come si evince nell’edizione della commedia del 1623, tra le cornici del prologo e dell’epilogo ambientate in una condizione di metateatro, tutto si svolge come “recita dichiarata”, nei luoghi della città Padova, sia esterni che interni: le case di quattro personaggi, le vie della città e la campagna circostante, che restituiscono un complesso alternarsi di luoghi da risolvere nella riduzione da mettere in scena. Già nel Globe shakespeariano la scena fissa rendeva possibile, con pochi elementi, il riportare l’azione al luogo descritto. Padova città cinquecentesca era facilmente immaginabile dal pubblico, come lo era anche nel Teatro del Palladio a Vicenza, dove la bella “città ideale” lignea, costruita in prospettiva solida accelerata, ne costituiva scena fissa: emblematico l’allestimento storico al Piccolo Teatro di Milano nelle scene dipinte di Giulio Coltellacci per Giorgio Strehler (1948-49) che sembra vogliano riprenderne i principi. Ne La Bisbetica domata, una delle commedie eufuistiche di Shakespeare3 si assiste ad una recita : è “teatro nel teatro” che diviene sogno indotto nella misera realtà di un diseredato. Una cornice realistica ospita dunque un evento teatrale nel quale il pubblico popolare ritrova un momento di “evasione nel sogno di ricchezze intangibili”4. L’espediente della cornice5, prevede dei personaggi che mediano tra pubblico e finzione scenica evidenziando il carattere ludico di una commedia che fonde giochi simmetrici, come nel modello classico e negli exempla 172
Shakespeare’s Shrew The scene for “The taming for the shrew” by William Shakespeare, example-research of the year practice, faced the topic of the multiple places in which the action takes place. As evident from the edition of the comedy in 1623, between the frames of the prologue and the epilogue set in a condition of metatheatre, everything develops as a “declared play”, in the places of the city of Padua: the houses of four characters, the streets of the city and the surrounding countryside, all of them give back a complex alternating of places that has to be solved with the reduction of the scene. In the shakespearian Globe the fixed scene made possible, with few elements, to realize the scene as the place described in the book. The sixteenth-century city of Padua was easily conceivable by the audience, as it happened also in the Palladio Theatre in Vicenza, where the beautiful wooden “ideal city”, built in a solid accelerated perspective, was the fixed scene: and symbolic was the hystorical staging at the Piccolo Teatro di Milano with the painted scenes of Giulio Coltellacci for Giorgio Strehler (1948-49), scenes that seem to take again back its principles . In The taming of the Shrew, one of the euphuistic comedies of Shakespeare3, we see a play: it is “theatre in the theatre” that becomes dream brought in the poor reality of a disinherited. So, a realistic setting houses a theatrical event in which the popular audience finds again a moment of “evasion in the dream of untouchable riches”.4 The artifice of the frame5, implies characters that mediate between audience and scenic fiction focusing on the ludic nature of a comedy that combines symmetric games, as in the classical model and in the exempla of the medieval morality. This play in particular distinguishes for the narrative nature of the
La bisbetica domata, di W. Shakespeare, 1948-49, regia G. Strehler, scene G. Coltellacci, foto Giancolombo (Archivio Piccolo Teatro di Milano Teatro d'Europa). La bisbetica domata, di W. Shakespeare, 194849, direction G. Strehler, scenes G. Coltellacci, photo Giancolombo (Archivio Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa).
della moralità medioevale (vedi coro tragedia greca, o Henry V di S.). Questa commedia in particolare si distingue per il carattere narrativo e aneddotico della cornice, che, tipicamente inglese, tenta di «anglicizzare» materiali di origine dichiaratamente italiana (la città di Padova)6. Nel secondo testo pubblicato in folio nel 1623 oltre al prologo sono aggiunti l’epilogo e i luoghi della scena. Il confronto tra due edizioni, Una bisbetica (1594) e La bisbetica (1623) dovuta probabilmente alla riscrittura, dopo la vendita dei copioni originali, operata ricorrendo alla memoria degli attori7, pone parecchie differenze, soprattutto rispetto alle cornici, ai nomi e al numero dei personaggi, al fatto che la seconda sia dotata di epilogo, forse non scritto dall’autore; già molte parti del testo presentano differente qualità, motivata, secondo alcuni studiosi, da una scrittura a più mani. (Varie le supposizioni, anche fantasiose, che mettono anche in dubbio l’attribuzione delle opere di Shakespeare; si pensi alla bella versione, piena di “bugie storiche”, nel film Anonymus di Roland Emmerich, 2011)8. Tre le storie che si intrecciano. La prima
frame, that tries to «anglicize» the materials of Italian origins (Padua).6 In the second text published in folio in 1623 besides the prologue, the epilogue and the places of the scene were added. The comparison between the two editions, A Shrew (1594) and The Shrew (1623) probably due to the rewriting, after the selling of the original scripts, carried thanks to the memory of the actors7, put in evidence many differences, especially concerning the frames, the names and the number of the characters, concerning even the fact that the second is characterized by an epilogue may be not written by the author; different parts of the texts have already a different quality, given, as many experts say, to a writing done by more than one hand. Several are the hypothesis even improbables, that put in doubt the attribution of the works of Shakespeare; let’s think of the beautiful but imaginary version, full of “old lies”, in the movie Anonymus of Roland Emmerich (2011).8 In the middle of the entwining stories. The first (prologue and epilogue) is a form of meta-theatre that sees Sly, the drunkard 173
(prologo ed epilogo) è una forma meta-teatrale che vede Sly, il candelaio ubriacone, vittima di uno scherzo nel quale, fattogli credere di essere un ricco signore, lo si invita a vedere una commedia. Così il tutto si tramuta in uno “spettacolo privato” offerto da un nobiluomo. Questa storia ha molteplici riferimenti, tra cui la novella del “dormiente risvegliato” ne Le mille e una notte, è quello più evidente9. La commedia va avanti su due trame, la storia di Petruccio e Caterina e di Bianca e i suoi pretendenti, anch’esse con molti riferimenti e spunti, da Ariosto a Plauto. (Il tema ha radici millenarie; equivoci sono provocati da sostituzioni di persona che Shakespeare utilizzerà spesso, come nella Commedia degli errori) sono presi in prestito anche i nomi: Petrucio e Lytio dai Suppositi dell’Ariosto, Tranio e Grumio dalla Mostellara di Plauto; ancora da Ariosto deriva il subplot di Bianca, Lucetio e Tranio. Shakespeare complica ulteriormente la trama con altri scambi di persona e con l’introduzione di un terzo rivale, Hortensio10. Spunti da recenti allestimenti Come non iniziare le attività didattiche se non con la visione della ricca ricostruzione di Franco Zeffirelli per l’omonimo film del 1965, dove, pur se a volte con eccessivo manierismo, il regista si sottrae intelligentemente al predominio del dialogo a vantaggio della costruzione visiva, eliminando il prologo di cui resistono alcuni caratteristici personaggi nell’affresco iniziale della Padova cinquecentesca. Ma il quesito per l’allestimento resta: rispetto filologico o contestualizzazione? Questa la domanda che articola la regia di Matteo Tarasco (2005)11 che non esclude che i due approcci possibili si integrino in una sfida: introdurre modernità senza stravolgerne il fascino. Il regista riferendosi alla commedia scritta per una compagnia di soli uomini (Compagnia di Lord Pembroke) ne persegue questa 174
chandler, victim of a joke in which, after letting him believe that he is a rich man, he is invited to see a comedy. In this way, everything changes into a “private show” offered by a nobleman. This story has multiple references, among which the reference to the tale of the “ awakened sleeping” in the A thousand and one nights, is the more evident.9 The comedy goes on with two plots, the story of Petruccio and Caterina and the story of Caterina and her suitors, the same stories have a lot of references and hints, from Ariosto to Plauto. (the topic has thousand-year-old origins; misunderstadings are caused by people substitutions (that Shakespeare will often use, as in the Comedy of errors) even the names are borrowed : Petrucio and Lytio from the Suppositi of Ariosto, Tranio and Grumio from the Mostellara of Plauto; again from Ariosto comes the subplot of Bianca, Lucetio and Tranio. Shakespeare complicates more the plot with other substitutions of identities and with the introduction of a third rival, Hortensio.10 It is necessary to begin the didactic activities with the vision of the rich reconstruction by Franco Zeffirelli in the homonimous movie of the 1965, where, even if sometimes with excessive mannerism, the director in a clever way escapes from the dialogue supremacy in favour of the visual construction, erasing the prologue of which some peculiar characters are maintained. But the question for the staging remains: phylological or contextual respect? This question that structures the work done by Matteo Tarasco for a direction (2005)11 that doesn’t exclude that the two possible approaches combine in a sort of challenge: to introduce modernity without overturning the charm. The director referring to the written comedy for a company only of men follows this version, in a game of roles that doesn’t end in “travestitism”; it is emphasized that the
versione, in un gioco di ruoli che non porta a “travestitismi”; ne sottolinea che il protagonista della storia non è la bisbetica, ma il “domatore” Petrucchio, che non domina soltanto una donna bisbetica “ma anche il femminile, quell’istanza intima, e spesso devastante, che anima l’essere umano a prescindere dal genere sessuale. La storia che Shakespeare ci racconta non è soltanto un duello tra un uomo e una donna, ma è anche la messa in scena dell’eterno conflitto tra maschile e femminile, i due archetipi fondamentali della vita.”12. Un gruppo di saltimbanchi, di straccioni, clown da circo, in una condizione di spettacolo ancora in via di allestimento conduce lo spettatore in un “gioco di specchi, dove il burlato diventerà burlatore” (si sceglie di far coincidere Sly e Petruccio). Un carnevale circense che lontano da quell’atteggiamento realistico dell’incarnare personaggi, vede saltimbanchi uomini che tra “risate, frizzi e lazzi”, inventano la realtà, “hanno il compito di evocare immagini fantastiche [...] in un gioco di rimandi che sovverte l’ordine del mondo”13. Così la scenografia di Carmelo Giammello pone un palco inclinato al centro del palcoscenico, con tanto di tavolato e attrezzerie varie sospese alla graticcia, su cui occupano molto spazio casse e bauli di una compagnia di saltimbanchi, oggetti coperti a tratti da cortine (sipari?), oggetti in attesa ancora di essere montati, che rimandano ad una situazione che precede lo spettacolo. Un fondale con nuvole dipinte, come uno sfondato barocco, cambia colore dall’azzurro al blu, al rosso –legando aspetti diurni/crepuscolari/notturni all’intensità di momenti ed azioni- non cerca di mimetizzare la finzione, dando un fondo ai personaggi; queste figure sono state concepite da Andrea Viotti in coloratissimi costumi fatti di stracci, ridondanti in un patchwork di stoffe e passamanerie che occhieggia ai costumi teatrali, e anche a fogge orientali che riportano
protagonist of the story is not the shrew, but the “tamer” Petrucchio, who not only dominates a scold woman “but also the womanly, in that intimate need, and often devastating, that moves the soul of the human being apart from the sexual gender one belongs to. The story that Shakespeare tells us is not only a challenge between a man and a woman, but it is also the putting in the scene of the inner conflict between the male and the female, the two fundamental archetypes of life.”12 A group of acrobats, of tramps, circus clowns, while the show hasn’t been staged yet, brings the spectator in a “game of mirrors, where the mocked will become the mocker”. A circus carnival that far from that realistic aptitude that marks the characters’ nature, see acrobats (only men) who between “laughs, sparklings and jests”, create the reality, “have the task of recalling fantastic images [...] a game of cross-references that overturns the world’s order”.13 So, the scenography of Carmelo Giammello puts a platform inclined towards the centre of the stage; in that platform so much space is occupied by the boxes and the trunks of the acrobats’ company, objects covered by veils (curtains?), objects that are waiting to be assembled, that hints at a situation previous to the show. A background with painted clouds, like a baroque backcloth, changes colour from light blue to blue, to red – linking day/twilight/night features to the intensity of moments and actions- it doesn’t camouflage the fiction, giving a background to the characters; these figures are conceived by Andrea Viotti in very coloured costumes made by rags, redundants in a patchwork reminding of the theatre costumes, and of oriental styles. The oriental allusion takes to the stage a reference from which, for certain, Shakespeare gained the prologue: the tale of the “awakened sleeping” from A thousand and one nights. There is also the contamination 175
in scena un riferimento cui Shakespeare ha sicuramente attinto per il prologo: la novella da Le mille e una notte. Non manca la contaminazione della contemporaneità con la presenza di scarpe da ginnastica, pistole ed una chitarra elettrica. Un’adattamento in dialetti del Veneto, che potenzia la dimensione comica restituendo quella onirica, è tutto al femminile, ribaltando la tradizione shakespeariana con attrici provenienti dall’Accademia del Teatro in Lingua Veneta; la traduzione di Piermario Vescovo, che ne cura la regia con Paolo Valerio14 è andata in scena al Teatro Romano di Verona (2009). Nove donne tramano ai danni di Sly, unico attore uomo, e conducono una commedia di travestitismi. La scena è variabile, continuamente costruita e decostruita “in diretta” da Gek Tessaro con la proiezione di ciò che disegna e cancella dal vivo, posizionato in un angolo visibile a destra del palco da dove crea effetti sulla superficie pittorica con l’uso di acqua, sabbia ed altri espedienti. Uno spettacolo nello spettacolo15. La meta-teatralità della commedia è sottolineata dalle toilette poste ai lati del palco ove 176
of the contemporary with the presence of sneakers, guns and an electric guitar. An adaptation in the Veneto dialects, that confers much power to the comic dimension giving back the oneiric one, is completely female, and changes the shakespearian tradition thanks to actresses coming from the Academy of the Theatre in the Venetian Language; the translation of Piermario Vescovo, who is the responsible of the direction together with Paolo Valerio14 was put in scene at the Romano Theatre of Verona in 2009. Nine women plotted against Sly, the only actor, and create a travestitismo comedy. The scene changes, continuously built and destroyed, “live” by Gek Tessaro with the projection of what he draws and erases live, situated in a visible corner on the right hand of the stage from which he creates effects on the pictorial surface with the use of water, sand and other devices. A show in the show.15 The meta-theatricalism of the comedy is underlined by the toilette put at the sides of the stage where women watch the show waiting their turn to enter the scene. The only real elements are a four-poster bed (where
La bisbetica domata, di W. Shakespeare, 2009, regia P. Vescovo e P. Valerio, scene G. Tessaro, Teatro Romano di Verona - LXI Estate Teatrale Veronese. La bisbetica domata, by W. Shakespeare, 2009, direction P. Vescovo e P. Valerio, scenes G. Tessaro, Teatro Romano di Verona - LXI Estate Teatrale Veronese.
le donne osservano lo spettacolo aspettando il turno per entrare in scena. Unici elementi reali (di Giuseppe De Filippi) sono un letto con baldacchino (dove Sly sogna lo spettacolo) ed un tavolo, muniti di ruote e spostati dalle attrici stesse; nella versione del Teatro Romano di Verona due pedane su un elevatore idraulico realizzavano piani sfalsati restituendo le diverse case, la posizione soprelevata delle finestre, l’altare della chiesa. Nella tournée invernale le pedane furono sostituite per ragioni di trasporto con praticabili ad altezza fissa16. Nell’edizione messa in scena da Marco Carniti al Teatro Romano di Gubbio (2002) la struttura meta-teatrale dell’opera informa la scenografia di Alessandro Chiti che diviene un allestimento site specific: concepita come “scatola magica” si ricollega alla forma del teatro romano. La macchina scenica è formata da due settori circolari che accolgono scale in un labirinto con porte e finestre, un intricato marchingegno alla Escher che dipana le azioni riflettendole su una superficie a specchio che duplica il mondo reale e che permette alla protagonista di ritrovare nel suo doppio
Sly dreams of the play) and a table, provided of wheels and moved from the same actresses; in the version of the Romano Theatre of Verona two platforms on a hydraulic elevator created staggered plans giving back the different houses, the elevated position of the windows, the altar of the church. In the winter tour the platforms were replaced for transport’s reasons with platforms with fixed height.16 In the edition put in scene by Marco Carniti at the Romano Theatre of Gubbio in 2002 the meta-theatrical structure of the work reveals the scenography of Alessandro Chiti, scenography that becomes a staging site specific: thought as “a magic box”, it reminds of the roman theatre form. The scenic apparatus is composed by two circular sectors that receive stairs in a labyrinth with doors and windows, an entangled device in the Escher’s way that unravels the actions reflecting them on a mirror surface. This surface duplicates the real world and allows the protagonist to find his or her reality in his or her double. The sliding of such structures closes them showing an external front, opens them revealing 177
La bisbetica domata, di W. Shakespeare, 2002, regia M. Carniti, scene A. Chiti, Teatro Romano di Gubbio. Modelli e foto di scena. La bisbetica domata, by W. Shakespeare, 2002, direction M. Carniti, scenes A. Chiti, Teatro Romano di Gubbio. Models and photos of scenes.
la sua realtà. Lo scorrere di tali complessi praticabili li richiude mostrando una facciata esterna, li apre svelando un ampio boccascena dove il tema del teatro nel teatro si ricorda costante: la contemporaneità d’azione tra esterno e interno è restituita da questa reale architettura scenica “sezionata”. Nell’allestimento del 2009, ancora con la regia di Carniti al Silvano Toti Globe di Roma, ”la realtà si aggroviglia con le illusioni, fino a ingarbugliarsi... difficile districare la matassa e recuperare i fili: nel rapporto d'amore, nel rapporto con sé stessi, nel rapporto di Sly col mondo...” Una gabbia/palestra di funi imbriglia il gruppo di attori costretti. E’ una prigione per Caterina; “è un ring dove la donna si mette alla pari dell'uomo, un luogo dove vengono esposte e vendute le due donne”17. L’ultima messinscena, cui gli allievi hanno assistito al teatro di Noto, è quella per la regia di Armando Pugliese che individua due tempi di rappresentazione: prologo ed epilogo nell’ambiente tardo-cinquecentesco della taverna, “con realismo quasi caravaggesco”18 dove ha inizio l’azione meta-teatrale, e la “rappresentazione” della storia di Petruccio e 178
a wide proscenium where the theme of the theatre in the theatre is remembered as constant: the contemporary dimension of the actions between inside and outside is conveyed by a real “sectioned” architecture of the stage. In the decor of 2009, again with the direction of Carniti at the Silvano Toti Globe Theatre of Rome, ”reality tangles up with illusions, until it becomes confused... it is difficult to unravel a problem and get back the threads: in the relationship with themselves, in the relationship between Sly and the world...”A cage/gym of ropes bridles the group of the forced actors. It is a prison for Caterina; “it is a boxing ring where the woman is equal as the man, a place where women are exposed and sold”.17 The last mis-en-scene, to which the students attended at the theatre of Noto, is that under the direction of Armando Pugliese who detects two times of representation: prologue and epilogue with the background of a late sixteen century inn, “with a realism in a Caravaggio style”18 where begin the metatheatrical action and the “representation” of
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Caterina che “è proiettato in una sorta di futuro/immaginifico che in realtà avrà i colori e i toni dei nostri anni sessanta” . La scena di Andrea Taddei, vede un fondale di grattacieli americani che alludono alla città alternarsi con rarefatti paesaggi con monti e cieli con nuvole. Il tutto è inquadrato da alte cataste di casse di legno posizionate come quinte, dalle quali e tra le quali si affacciano ed escono i personaggi. Al centro una pedana–palcoscenico allude ancora al teatro nel teatro. (Si utilizzano nel suo lavoro materiali ed elementi ben riconoscibili: impalcature, i pvc stampati con colori sono sempre ben definiti. C'è poi l'uso delle luci, spesso dai tagli laterali)19. Taddei, anche come regista, è autore di un precedente allestimento al Teatro dell’Elfo di Milano (1998) in cui sei attori-camerieri, anche qui tutti uomini, servono alcuni spettatori fatti sedere in scena a tavolini da bar, come in una sala per cabaret, dove gli attori "si cambiano" in personaggi, a vista dietro un velario trasparente mentre il sipario del teatrino si apre e si chiude scandendo il tempo dell’azione20. Sul fondo una delle Liz Taylor di Andy Warhol, storica bisbetica shakesperiana nel 180
the story of Petruccio with Caterina, Petruccio “is cast in a sort of future/imagined that will have indeed the colours and the shades of our sixties’ “. The scene of Andrea Taddei, considers a background of Americans skyscrapers that hint at the city alterning landscapes with mountains and skies with clouds. Everything is framed by high piles of wooden boxes collocated as backstage, from which and among which the characters show and go out. In the centre a platformstage reminds once again of the theatre in the theatre. Taddei uses in his work materials and elements well recognizable: blocks, the printed pvc; colours are always well defined. Moreover, there is an important use of lights, often with lateral cuts.19 Taddei, as director too, is author of a previous staging at the Teatro dell’Elfo of Milan (1998) in which six actors-waiters, again all men, serve some members of the audience who took seat in some coffee tables in the scene, as in a cabaret room, where the actors “change” into characters, in bella vista behind a transparent velarium while the curtain of the little theatre opens and closes marking
A sinistra : La bisbetica domata, di W. Shakespeare, 2012, regia A. Pugliese, scene A. Taddei, produzione T. Stabile d’Abruzzo - Pragma srl. Bozzetto. On the left: La bisbetica domata, by W. Shakespeare, 2012, direction A. Pugliese, scenes A. Taddei, T. Stabile d’Abruzzo production - Pragma srl. Layout. A destra: La bisbetica domata, di W. Shakespeare, 1998, regia e scene A. Taddei, Teatro dell’Elfo di Milano. On the right: La bisbetica domata, by W. Shakespeare, 1998, direction and scenes A. Taddei, Teatro dell’Elfo di Milano.
film di Zeffirelli, domina la scena. Perfetta la descrizione di Franco Quadri: “è lo svelamento definitivo del gioco del teatro nel teatro che regge lo spettacolo [...]. Tutto viene recitato da qualcuno a qualcun altro, in un linguaggio attuale, asciugato e ricco di citazioni ma anche da risapute e gustose oscenità da avanspettacolo, mentre piovono musiche da film e canzonette, dei tempi andati, aggiungendo al divertimento [...] lo stimolo a decifrare la quantità dei riferimenti evidenti [...]”21. I progetti del corso di Scenografia Fondano tutte sull’azione meta-teatrale le proposte degli studenti progettate per il palco del Teatro di Noto; spesso le soluzioni invadono il golfo mistico e parte della sala, sottolineando la finzione. Si riportano quattro lavori esemplificativi tra i più interessanti e diversi. · Una macchina scenica indipendente dal luogo. Ad una pedana è fissato un basso fondale che può aprirsi a libro riproponendo il gioco interno-esterno, graduando la posizione dei due “battenti”; due sedute sono ricavate nel dislivello ed un pavimento bianco/nero è disegnato sul ripiano
the time of the action.20 In the background one of the Liz Taylor of Andy Warhol, historic shakesperian shrew in the Zeffirelli’s movie, dominates, “a landscape of baldhead men in waistcoats with solid orthopaedic heels, reduced to the rank of dancers”. Perfect is the description of Franco Quadri: “it is the definite disclosing of the game of the theatre in the theatre that hold the show created and magnificently orchestrated [...]. All is played by someone for someone, in a current and dried language, rich of quotations and of well known and appetizing vulgarities too, while the music of movies and songs of the old times pour, adding to the nonstop fun of the night the excitement to decode the quantity of the evident references even in the imitative and pictorial acting of the performers [...]”.21 All the suggestions of the students, planned for the stage of the Theatre of Noto, are based on a meta-theatrical action; the solutions often invade the mystic gulf and part of the audience, underlining the fiction. Here are four paradigmatic works among the most interesting and different. 181
La bisbetica domata, 2012, bozzetto di | sketch by Emanuele Saluzzo.
inclinato, che occhieggia ad un piccolo palco teatrale, unico elemento di finitura che richiama il gioco degli scacchi, che suggerisce posizioni e movimenti. Questa “scacchiera” sfuma sul fondale verticale nella riproduzione di una famosa opera di Escher, che a partire da essa restituisce campi, città ed un volo di uccelli, che allude alla agognata libertà femminile. · Un prisma triangolare realizzato con struttura in alluminio e pannelli in specchiopiuma imprigionano Caterina in una teca, punto focale di una scenografia simmetrica e centrale. Pochi gradini la separano da Sly, dal signore e dai servi: il “pubblico recitante”. L’attrice, che interviene solo quando illuminata e resa visibile dalla proprietà del materiale che retroilluminato ne svela la presenza, mostrerà la segregazione con i gesti , si appoggerà alle pareti trasparenti, e verrà liberata con un sollevarsi graduale del pannello anteriore, metafora del cambiamento. · Una complessa griglia di binari in acciaio laccati in nero forma delle campiture modulari, una struttura che allude ad una 182
· A scenic apparatus independent of the place. To a footboard is fixed a low background that can open like a book offering again the game internal-external, graduing the positions of the two “leaves”; two sittings are obtained from the difference in height and a white /black floor is drawn in a inclined layer, that looks at a little theatre stage, the only element of the finishes that suggests positions and movements. This “chessboard” slowly disappears in the vertical backdrop in the reproduction of a famous piece of Escher, who, starting from this, restores countrysides, city and birds’ flight, which hints at the desired woman freedom. · A triangular prism, made by a structure of aluminium and panels in mirror-feather imprisons Caterina in a reliquary, focal point of a symmetrical and central scenography. Few steps separate her from Sly, from the lord and from the servants: the "performing audience." The actress intervenes only when illuminated and made visible by the properties of the material that, lighted from the back, discloses her presence; so the
La bisbetica domata, 2012, modello di | model by Lucia Speranza.
scatola, una struttura che ricorda vagamente il cubo del gioco di Rubik, un fuori scala dove solo tre cubi modulari di perspex colorati nelle tinte base, conducono i personaggi in basso o in alto, secondo percorsi determinati dalle campiture della griglia e dai binari che offrono precise posizioni, a volte rendendoli comunicanti a volte allontanandoli, in un gioco di incontri, scambi di persona ed equivoci tipico della commedia. · Per chiudere una bella interpretazione futurista: “mentre Shakespeare ci guida passo passo verso lo svelamento delle sue maschere e di questa grande beffa, il futurismo ci aiuta a vivere questa commedia come un grande gioco, scatenando un dinamismo di forme e di colore e distruggendo ogni logica”22. Sono le opere futuriste di Depero che informano questo progetto dove le architetture del borgo dipinto dal pittore (Case alpestri in blu, 1936) diventano spezzati (telai in alluminio con tradizionale tela dipinta) in movimento su binari, posti su una gradonata che copre completamente il palco restituendo l’orografia urbana del
actress will show her segregation with the gestures, she will lean on transparent walls, and she will be freed through the gradual rise of the anterior panel, metaphor of the change. · A grid of lines in black varnished aluminium creates some modular monochrome areas of the background, a structure that hints at a box, a structure that vaguely remembers the cube of the Rubick game, an out of scale where only three modular cubes of Perspex coloured with basic shades, bring the characters down or up, according the ways established by the monochrome areas of the grid and of the lines that offer specific positions, sometimes making them communicate and sometimes separating them, in a game of meetings, of identity changings and misunderstandings typical of the comedy. · And to close, a beautiful futurist interpretation “helps us to live this comedy as a big game, causing a dynamism of shapes and of colours and destroying every logic”.22 The futurist plays of Depero tell this project where the architectures of the built-up aerea 183
La bisbetica domata, 2012, bozzetto e modello di | sketch and model by Giulia Sorbello.
dipinto. La composizione si declina così in tante inedite configurazioni. Una serie di principali è ricavata a partire da elementi decorativi desunti da particolari geometrici tratti dalle stesse opere di Depero, in omaggio alle cornici dei suoi quadri e allo scenario plastico Il canto dell’usignolo, realizzato dal pittore nel 1917. Gli interni avranno forma nelle lampade e nel tavolo con bottiglia “ritagliati” dall’opera La rissa (1926); si pensa di riprodurre tali elementi caratterizzanti su stoffa e di confezionare dei bassi fondali fatti scorrere su cavi visibili, secondo l’uso brechtiano o della più antica commedia dell’arte. Unica concessione alla scenotecnica contemporanea un fondale col nuvole retroilluminato che cambierà colore e intensità di luce scandendo il tempo scenico.
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painted by the painter (Case alpestri in blu, 1936) become broken (structures in aluminium with the traditional painted canvas) moving on lines, put in a flight of steps that totally covers the stage giving the idea of the urban orography of the painting. In this way, the composition inflects in so many uncommon forms. A series of basic elements is obtained from decorative features taken from some geometrical details of the same plays of Depero, as a tribute to the frames of his paintings and to the plastic scene Il canto dell’usignolo, made by the painter in 1917. The interiors would take form thanks to the lamps and a table with bottle “carved out” from the work La rissa (1926); It is conceived to reproduce these typical elements on fabric and to create some low backgrounds that can be moved with visible cables, as far as the brechtian use or the most ancient comedy of art are concerned. The only concession to the contemporary stagecraft: a background with clouds illuminated from the back that will change colour and light intensity marking the time of the scene.
Depero & Shakespeare, La bisbetica domata, 2012, elaborati grafici di | drawings by Vera Mormina.
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1. “La scena è colma di oggetti quotidiani: un tavolo, un frigorifero, una sedia , un letto….Per me non era importante ricostruire l’ambiente domestico e poi trasformarlo in ambiente psichico: gli oggetti in scena sono memoria di se stessi, hanno perso la loro funzione d’uso per diventare proiezioni della mente di Blanche. Per questa ragione gli oggertti non ricevono luce ma illuminano, non subiscono il dramma ma contribuiscono a diffonderli […]. Annelisa Zaccheria ha svolto un lavoro straordinario trasformando la casa in un labirinto della mente, al centro del quale ha posto un faro da 5000 watt che sovraespone costantemente la protagonista. In questo senso la scenografia diventa drammaturgia, drammaturgia del pensiero….” | “The scene is full of daily objects: a table, a fridge, a chair, a bed…. For me it is not important to build a domestic place and then change it in a psychic one: The objects in the stage are memory of themselves, they have lost their function of use to become projections of the mind of Blanche. For this reason the objects don’t receive the light but they brighten, they don’t suffer from the drama but they contribute to spread it over […]. Annelisa Zaccheria made a great job transforming the house in a labyrinth of the mind, in the centre of it she put a 5000 watt lighthouse that constantly overexpose the protagonist. In this sense, scenography becomes dramaturgy, dramaturgy of the thought ….” . A. Latella, intervista | interviews, in Un tram che si chiama desiderio di | of T. Williams, regia di | directed A. Latella, scene di | scenography A. Zaccheria, 2011-2012, programma di sala | theatre program. 2. Va sottolineato che il Teatro Bouffes du Nord non ha dislivello tra palcoscenico e platea. | It must be underlined that the Bouffes du Nord Theatre hasn’t got any difference between the stage and the stalls. Cfr. G. Zanlonghi, La regia teatrale nel secondo novecento. Utopie, forme e pratiche, Carocci, Roma, 2009, pp.81-82. 3. La Bisbetica domata è una delle commedie eufuistiche di Shakespeare, anche se è quella che meno rappresenta quei i caratteri narrativi che privilegiano il gioco d’ingegno, mentre possiede quelli tipici del ragionare manierato. “L’eufuismo inglese del tardo Cinquecento viene spesso identificato con il concettismo e manierismo italiano, con il preziosismo francese e con l’agudeza spagnola. […] L’ opera che diede il nome a quello stile in Inghilterra è un romanzo del letterato e drammaturgo John Lyly, pubblicato nel 1578, il cui titolo intero è Euphues, or the Anatomy of Wit. | The taming of the Shrew is one of the euphuistic comedies of Shakespeare, even if it is the one which less represents those narrative features that privilege wit’s games, while it has got those typical mannered thoughts. “The English Euphuism of the late sixteenth-century is always identified with the Italian Conceits and Mannerism, with the French refined details and the Spanish agudeza. […] The work that gave title to that style in England is a novel of the Scholar and playwright John Lyly, published in 1578, whose complete title is Euphues, or the Anatomy of Wit. Cfr. G. Melchiori (a cura di), William Shakespeare. Le commedie eufuistiche, I meridiani, A. Mondadori, Milano 1990 p. XXXIX. Gli eufuisti privilegiavano modelli retorici, parallelismi, omofonie e giochi di parole, allusioni classiche e bibliche, utilizzate e sperimentate come strumenti espressivi. L’elemento eufuistico è ne la bisbetica “ancora praticamente assente, mentre l’impostazione generale è decisamente prosastica, da commedia borghese, con spunti aggiuntivi tratti sia dalla tradizione popolare che dalla novellistica cinquecentesca”, (ivi, p. XLIII) Le cinque prime commedie di Shakespeare hanno profonda diversità [...]. Ognuna […] costituisce una nuova partenza, l’esplorazione di un nuovo modo di fare teatro” (ivi, p. XXXVIII) | The Euphuistic preferred rethorical models, paralelisms, homophonies and games of word, classical and biblical allusions, used and experimented as expressing instruments. The euphuistic element is in the shrew “more absent, while the general organization is definitely prosy , like a middle-class play, with added elements taken from both popular tradition and the sixteenth-century novel-writing”, (ivi, p.XLIII) The first five plays of Shakespeare have a more deep diversity […]. Each of them […]is a new starting point, an exploration of a new way of doing theatre” (ivi, p. XXXVIII). 4. Il motivo del sogno porta ad uno “svolgimento metafisico” che lo accomuna a “La vita è sogno” di Pedro Calderon de la Barca | The motif of the dream brings to a “metaphysical development” that relates it to “Life is a dream” by Pedro Calderon de la Barca, Cfr. C. Linati, The taming of the Shrew, in “Shakespeare. Theatre”, Sansoni Firenze, 1953, vol.I, p.559. Altre analogie possono trovarsi nella novella ottava, giornata terza del Decameron | Other analogies can be found in the tale number eight, third day of the Decameron, cfr. ibidem. 5. L’espediente della cornice ha illustre esempio nella famosa Spanish Tragedy di Thomas Kyd | The artifice of the frame has a glorious example in the famous Spanish Tragedy by Thomas Kyd, cfr. ivi p.9. 6. La cornice, un gruppo di personaggi che assiste all’azione scenica, come mediatori tra spettatori e attori (vedi coro tragedia greca, o Henry V di S | The frame, a group of characters that attends to the scenic action, as bridgebuilder between members of the audience and actors(see the chorus of the Greek tragedy, or Henry V of S.), cfr. Melchiori, op.cit. p. XLIV. 7. C. Linati, op. cit. 8. Cfr. N. Fusini, Sulle orme del Bardo tra superbe immagini e tante bugie storiche, in «La Repubblica», 18 novembre 2011. 186
9. Haroun Al Raschid, o in Italia lo scherzo del Marchese del Grillo | Haroun Al Raschid, or in Italy the joke of the Marchese del Grillo, cfr. G. Melchiori, op. cit. p. XLI; ma anche lo scherzo del duca Filippo il buono a Bruxelles nel 1440 | but also the joke of the duque Filippo il buono in Brussels in 1440, cfr. C. Linati, op.cit. 10. G. Melchiori, op.cit. 11. T. Solenghi, La Bisbetica domata, Quaderni della Compagnia Lavia a cura di | edited b N.- Patruno, n.12, pubblicazione di sala | theatre publication, stagione | season 2005-2006, p. 5. 12. M. Tarasco, Dagli appunti di regia, ivi, p.17. 13. Ibidem. 14. “Una traduzione in un pastiche veneto della Bisbetica in quanto “commedia in costume”, giocando a una riambientazione padovana dei tempi andati - in una Padova che l’autore collocava, del resto, in termini abbastanza generici - ci sembrava tuttavia, di per sé, un po’ riduttiva. O meglio, non è stata questa la strada che ci ha condotti a una scelta di “traduzione” che si è invece imposta come “naturale” per altra e diversa via. Probabilmente la prima esigenza di ogni traduttore shakespeariano – sia egli un anglista provetto o qualcuno che liberamente si gioca le carte di cui dispone - è di tentare di dare uno spessore – che sembra impossibile nell’italiano – a una lingua che ha insieme la concretezza del parlato e l’astrattezza della combinazione concettosa. Scendere verso il dialetto aiuta certo immensamente, perché offre appigli di verità – di cose, espressioni, locuzioni – a un universo discorsivo che l’italiano, per sua costituzione, si direbbe, riesce difficilmente ad afferrare. Qui i personaggi della commedia finiscono col parlare in una sorta di dialetto, o meglio in un ventaglio di caratterizzazioni venete adattate agli interpreti, non però perché semplicemente l’azione preveda un’ambientazione padovana o perché Petruchio viene da Verona o dai suoi paraggi” | “A translation in a venetian pastiche of The Shrew for it is a “costume comedy”, playing a new setting of the padua of the past times – in a Padua that the author situated, moreover, in terms almost general- it seemed us a little reductive. Or better to say, it wasn’t that the path that brought us to choose a “translation” that, in other words, made itself as “natural” through another and different road. Probably the first need of every shakesperian translator -be him an expert anglicist or someone who freely risks the cards he has- is to try to convey substance– that seems impossible in Italian– to a language that has at the same time the concreteness of the speech and the abstractness of the ideas’ combination. Stooping towards the dialect helps enormously, because it gives elements of truth a conversational universe that the Italian, for its structure, it is said, can hardly catch. Here the characters of the comedy end up talking in a sort of dialect, or better in a range of venetian features adapted to the actors, not because the action simply requires the setting in Padua or because Petrucchio comes from Verona o from the surroundings”. Cfr. P. Vescovo P. Valerio, Nota sulla traduzione e l’adattamento (Note on the translation and its adaptation), pubblicazione di sala | theatre publication. Piermario Vescovo ha tradotto in veneziano e ridotto il testo adattandolo ai registri delle attrici e dell'unico attore: “veneto di profonda terraferma per Natalino Balasso, un po' ruzantiano e comunque rustico; veneziano pantalonesco per i due vecchi; padovano per Caterina, Bianca, padre e servo; veronese per i due giovani stranieri”. Notizie tratte da un carteggio con Piermario Vescovo | Piermario Vescovo has translated in venetian and reduced the text adapting it to the registers of the actresses and of the only actor.: “venetian of deep inshore for Natalino Balasso, a little bit of Ruzantino style and rustic anyway; a venetian typical of Pantalone for the old men; paduan for Caterina, Bianca, father and servant; the dialect of Verona for the two young strangers”. News taken from a correspondence with Piermario Vescovo. 15. Cfr. F. Crisanti, "La bisbetica domata" di Piermario Vescovo e Paolo Valerio. Shakespeare onirico, Shakespeare al femminile: nove bisbetiche per un comico”, www.nonsolocinema.com. 16. Cfr. R. Rizzente, Shakespeare alla veneta, in «Hystrio» n. 4, 2009. Inoltre notizie tratte da un carteggio on line con Piermario Vescovo | News taken from a correspondence with Piermario Vescovo. 17. Cfr. G. Chiaramonte, Shakespeare che passione... La bisbetica domata, intervista al regista | interview to the director Marco Carniti, www.fattitaliani.it. 18. Dal programma di sala del Teatro | From the theatre programme of the Vittorio Emanuele di Noto, stagione | season 2011-2012, p.17. 19. Cfr. A. Ciuffetelli, Lo scenografo Andrea Taddei e l'arte teatrale della scrittura scenica, www.teatro.org. 20. Cfr. M.G. Gregori, La "Bisbetica domata"? Metti un uomo nei suoi panni, in «L’Unità», 7 gennaio 1999. 21. Cfr. F. Quadri, Shakespeare firmato da Andrea Taddei all'Elfo di Milano tra musica da film e canzonette. La bisbetica da cabaret ha sei "boys" in scena, in «La Repubblica», 29 dicembre 1998. 22. Cfr estratto dalla relazione dell’allieva Vera Mormina che rielabora a partire da concetti tratti da | taken from the report of the student Vera Mormina who revises, starting from ideas taken from: A.L. Zazo, La nascita delle “maschere” shakespeariane in una duplice commedia a incastro, saggio introduttivo | opening essay in W. Shakespeare, “La bisbetica domata”, Mondadori, 2011; Cfr. L. De Maria, Marinetti e il futurismo, Mondadori, Milano, 1973. 187
Note biografiche | Biographies Fernanda Cantone, architetto, Ph.D in Recupero Edilizio e Ambientale, ricercatore presso la S.D.S. di Architettura di Siracusa, Università di Catania; insegna Disegno Industriale nel Laboratorio di Progetto IV - Interni. Partecipa a progetti di ricerca in ambito nazionale; le tematiche riguardano i caratteri del costruito, il processo di conoscenza, la teratologia, la sostenibilità ambientale e tecnologica; il rapporto design/tecnologia. Autrice di monografie e saggi sul recupero edilizio ed urbano e sul disegno industriale, è curatrice della collana Progetto e Costruzione Sostenibile, Gangemi Editore-Roma. Ha vinto come relatrice di tesi di laurea: Medaglia d’oro Premio Domus-Restauro e Conservazione, Facoltà di Architettura, Ferrara, Premio Istituto Nazionale dei Castelli. Rafael Martínez Casado, architetto, Ph.D in Architettura, docente di Progettazione dal 2002 presso la ETSA dell’Università di Siviglia e al Master Architettura e Città Sostenibile (ETSAS). Nel 1982, con Antonio J. Herrero e Juan Suárez, ha fondato ARCHITETTI CHS. Gruppo che lavora sulle relazioni fra architettura ed arte e che partecipa a concorsi nazionali ed internazionali. Selezionato da Marie-Ange Brayer per la Bienal de Arte Contémporáneo de Sevilla 2008 con il progetto del Museo de Nam June Paik en Suwon, Kyonggi (Corea). Tra i suoi progetti: lo spazio che accoglie la scultura di E. Chillida “Tolleranza” (1992), l'architettura effimera per il vertice europeo nel 2002, il ponte urbano sul fiume Guadalquivir a Cordoba (1987-2003) finalista della FAD 2004. Riccardo Dalisi, architetto, designer, scultore e pittore. Fino al 2006 docente di Progettazione presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli Federico II, è stato direttore della Scuola di Specializzazione in Disegno Industriale. Negli anni settanta è tra i rappresentanti più significativi dell’architettura radicale e tra i fondatori della Global Tools. Impegnato nel sociale unisce ricerca e didattica nell’architettura e nel design attraverso la ricerca espressiva nell’impiego di materiali poveri e manualità artigiana. Nel 1981 ha vinto il Compasso d’Oro per la sua caffettiera napoletana. Diverse le mostre in Italia e all’estero. Alfredo Rubio Diaz, Ph.D in Geografia, docente presso la Facoltà di Geografia dell'Università di Malaga fa parte del gruppo TEP-238 In-Gentes. In seguito alle ricerche di dottorato, ha delineato una significativa attività di indagine sui rapporti fra città e territorio. Fra le pubblicazioni si segnalano: Il fenomeno economico Málaga, Málaga 188
città metropoli, i mercati comunali delle forniture di Andalusia. Tra le sue opere più importanti Primi elementi per una genealogia della città, Málaga: territori, luoghi e punti di incontro, Turismo e Cultura, Quello che non viene detto nella pianificazione territoriale: il caso della Costa del Sol, Le relazioni non previste tra turismo e territorio, Città e natura. Ha partecipato a numerosi congressi internazionale e a gruppi di ricerca, quali: Riabilitazione integrata dei quartieri storici: Cochabamba-Chile-Valparaiso e Forum Slums: nuovi nuclei urbani. Edoardo Dotto, architetto, Ph.D in Rilievo e Rappresentazione dell'Architettura e dell'Ambiente, dal 2005 è professore associato di Disegno dell'Architettura presso la Facoltà di Architettura dell'Università di Catania con sede in Siracusa. Redattore del volume annuale Ikhnos Analisi grafica e storia della rappresentazione, fa parte del comitato organizzatore dei seminari di studi Idee per le Rappresentazione. I suoi interessi di ricerca sono principalmente rivolti alla storia della rappresentazione, alla storia degli strumenti da disegno ed ai metodi per l’analisi grafica. Luz Fernández-Valderrama, architetto professore ordinario del Dipartimento di Progetto Architettonico, Università di Siviglia, vicedirettore dell’area Relazioni Istituzionali, Internazionali e Progettazione Strategica. Responsabile del gruppo PAIDI, IN-GENTES (Ricerche sull’evoluzione del territorio) e del gruppo di cooperazione, ARCHITETTURA, TERRITORIO e SALUTE. Coordinatore scientifico di ricerche finanziate per progetti innovativi, tra i quali: Progetto di Cooperazione Universitaria, (AECID), Istituzione della Rete Internazionale Distretti del Restauro. Autore di un'opera di restauro (Goyeneta) e di un nuovo piano (Viviendas en c/Inocentes; Puerto de Santa María y c/Valme). E’ stata docente in Master a Lisbona, Oporto, Berlino e Valparaíso. Pietro Gaglianò, critico d’arte e studioso di linguaggi della contemporaneità, si occupa di: rapporti tra arte visiva e sistemi teorici della performing art e del teatro di ricerca; del contesto urbano come scena delle pratiche artistiche contemporanee; dell’applicazione delle arti all’emergenza geopolitica. Suoi testi sono stati pubblicati in cataloghi di mostre; ha collaborato con numerose testate di settore. Svolge attività didattica presso enti di formazione. E’ residente al Teatro di Scandicci per la cura e l’ideazione di progetti multidisciplinari, in collaborazione con la Compagnia Krypton e con la Fondazione Scandicci Cultura.
Eva García Luque, architetto laureata in progetto architettonico e urbano. Ha proseguito gli studi presso la UPMadrid. E' professore associato del Dipartimento di Progettazione dell’ETSA US. Fonda ELAP architetti e ingegneri, la casa editrice Irreversible Publishing e il laboratorio digitale di architettura. Coordinatore del progetto di Cooperazione Internazionale del Ministero dei LL. PP. e dell'Edilizia Abitativa a Panamá - Andalusia; collabora nel coordinamento di VideoUrbana (VIII BIAU Cadice 2012). Per il Ministero dello Sviluppo spagnolo ha partecipato alle attività per la XI BEAU. Ha progettato e realizzato edifici e spazi pubblici, pubblicati su riviste nazionali ed internazionali, esposti in diverse mostre. Tra i premi: Best Of the Year 2011, Europe 40Under40 Awards 2010, Europan 9 "Orestad, Copenhague Dk". Antonio J. Herrero Elordi, architetto, professore di Progettazione Architettonica presso l'Università di Siviglia. Membro del gruppo di ricerca Nuevas situaciones, Otras Arquitecturas, del Dipartimento Progetti dell’ETSAS. Nel 1982 con Rafael Casado, e Juan Suárez fonda ARCHITETTI CHS. Gruppo che lavora tra architettura ed arte. Professione e insegnamento sono strumenti per indagare sulle relazioni tra luogo, necessità e forma. Partecipano a concorsi nazionali ed internazionali. Selezionato da Marie-Ange Brayer per la Bienal de Arte Contémporáneo de Sevilla 2008 con il progetto del Nam Paik Museum a Suwon, Kyonggi (Corea). Il progetto per lo spazio che ospita Tolleranza, scultura di E. Chillida, nel 1992, l'architettura effimera per il vertice europeo nel 2002, o il ponte urbano sul fiume Guadalquivir a Cordoba, 19872003, finalista della FAD 2004, sono pietre miliari nella sua attività. José Miguel Iribas, sociologo, esperto in analisi e pianificazione urbana, territoriale e turistica. Ha collaborato a più di 50 progetti a scala urbana e architettonica, e alla redazione di linee guida per la programmazione di area vasta. E’ stato coordinatore dell’ufficio studi e ricerche del comune di Benidorm ed ha condotto più di 180 ricerche sociologiche connesse ai temi del turismo. Ha elaborato strategie e programmi funzionali per importanti studi di progettazione: Patxi Mangado, Jean Nouvel, Renzo Piano, Ben van Berkel, REX Architects, Iñaki Ábalos, Benedetta Tagliabue. E’ stato insignito della medaglia d’oro della città di Benidorm. Amanda Martín-Marsiscal è architetto, laureata presso la Scuola di Architettura dell’Università di Siviglia, ricercatrice nel gruppo In-Gentes, coordinatore della Piattaforma di Supporto alla Ricerca, (Plataforma de Ayuda a la Investigación - PLAY-IN) dell’Istituto Universitario di Architettura e Scienza del Costruire, borsista presso il Dipartimento di Progetto dell’Architettura dell’Università di Siviglia. Attualmente sta conducendo la ricerca di
Dottorato dal titolo: Creatività collettiva: Nuovi processi nella progettazione contemporanea e partecipa a numerosi progetti di ricerca. Salvo Piro, attore, regista, formatore. Ha studiato alla scuola del Teatro Stabile di Catania e all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “S. D’Amico” di Roma, ha perfezionato lo studio del Metodo Mimico con Orazio Costa Giovangigli. Ha debuttato come attore nel 1990. È assistente del m°. Lamberto Puggelli per le produzioni di lirica e di prosa in Italia e all’estero. Conduce laboratori teatrali; collabora col Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania; è stato docente di Esercitazioni di Recitazione e Metodo Mimico alla scuola del Teatro Stabile di Catania. Ideatore di Logomimesi, da diversi anni conduce una personale ricerca sulla pedagogia teatrale e sulla messinscena. Paolo Ruffini, operatore culturale, esperto della scena contemporanea, si è occupato di teatro e danza per magazine e quotidiani. E' autore di libri e interventi critici che analizzano i processi artistici nella danza e nel teatro, è curatore della collana "Spaesamenti" per l'editore Editoria & Spettacolo. È stato condirettore artistico di Santarcangelo – International festival of the Arts, nelle edizioni 2006 e 2007; è stato assistente del direttore del Teatro di Roma, nelle stagioni 2008 e 2009. Dal 2006 è docente al Master di Alta Formazione per Curatore Museale e di Eventi Performativi presso lo IED di Roma. Corrado Russo, diplomato presso la Scuola di Teatro dell’I.N.D.A., ha lavorato in teatro, come attore, con diversi registi (E. Marcucci, M. Prosperi, L. Kemp, H. Brockhaus, Remondi & Caporossi, C. Morganti, R. De Simone, G. Pressburger, R. Rodriguez, A. Calenda). Ha ampliato la sua formazione artistica nell’ambito della gestione di imprese culturali fondando nel 1998 il Centro culturale Mobilità delle arti: promozione e produzione per il teatro d’innovazione riconosciuta nel 1998 dal MIBAC. Dal 2008 al 2012 è direttore artistico della Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto. Tra i progetti realizzati segnaliamo Focus on Art and Science in the Performing Arts (2011). Carmelo Strano, filosofo, critico delle arti visive (tra teoria e militanza). Ha dato nuovi contributi alla filosofia sociologica, all'estetica, all’arte. Premi da istituzioni internazionali di eccellenza per le sue teorie: Estetica quotidiana, Unimplosiviness, Opera Ellittica, Docile Razionalità, Similarità (oltre la Mimesi), Principio Induttivo Frammentario, Equilibri Instabili, Devianza Linguistica, Ellittici e Neoiconoduli, Arte Ambientale (1981). Decine di monografie e innumerevoli saggi e articoli su cataloghi, riviste e i principali quotidiani italiani. Professore ordinario -per chiara fama- di Estetica e Storia dell'Arte Contemporanea alla Facoltà di Architettura a Siracusa. 189
Fernanda Cantone, architect, Ph.D in Recupero Edilizio e Ambientale, researcher in the S.D.S. of Architecture sited in Syracuse, University of Catania; she teaches Industrial Design in the Project IV Workshop- Interiors. She participates in researching project of national relevance; the topics are about the building features, the knoledge process, the teratology, the environmental and technological sustainability; the relationship design/technology. Author of essays about building and urban recovery and industrial design, she takes care of the series Project and Sustainable, Gangemi Publishing-Rome. She was awarded as thesis director and assistant supervisor of thesis, among them: Golden Medal Prize Domus-Restauration and Preservation, Faculty of Architecture - Ferrara, INBAR Award, Istituto nazionale dei Castelli Prize. Rafael Martínez Casado, architect, professor of Project at the ETSA-US and at the Master of Architecture and Sustainable City of the ETSAS. PhD in Architecture develops a thesis about The Shadow as a Form of Space, 2006. In 1982, with Antonio J. Herrero and Juan Suárez set up CHS ARCHITECTS. They usually work in areas attached to the practice of architecture and art. They participate in numerous national and international contests. Selected by the Commissioner Marie-Ange Brayer to attend to the Biennial of Contemporary (Seville 2008) with the project of the Nam June Paik Museum in Suwon, Kyonggi. (Korea). Works: The adequacy of the space for sculpture Tolerance of E. Chillida, in 1992, the ephemeral architecture for the European Summit in 2002, or the construction of the Urban Bridge over the Guadalquivir river in Cordoba, 1987-2003, finalist of the 2004 FAD, have been some milestones in its activity. Riccardo Dalisi, architect, designer, sculptor and painter. Until the 2006 professor of Design at the Faculty of Architecture of Naples at Federico II University, he was headmaster of the Specializing School in Industrial Design. In the 70’s he is among the most meaningful representatives of the radical Architecture and among the founders of the Global Tools. Socially committed he combines investigation and didactics in Architecture and Design with an expressive research in the use of poor materials and handicraft skill. In 1981 he won the Compasso d’oro for his neapolitan coffee maker. Several were the exhibitions in Italy and abroad. Alfredo Rubio Diaz, PhD in Geography from the University of Málaga, researcher belonging to the research group TEP-238 In-Ages, and Professor Lecturer at the Faculty of Geography of the University of Málaga. He obtained his Ph.D. conducting a thesis about Condiciones y formas del crecimiento urbano en la ciudad de Málaga, and relevant Research about city and territory. Prominent among his relevant publications the following 190
books: Las casas baratas de Málaga, Málaga de ciudad a metrópolis, Los mercados municipales de abastos de Andalucía. Among its most important items should be noted the following: Primeros elementos para una genealogía del derecho la ciudad, Málaga:territorios, lugares y meeting points, Turismo y cultura, Lo que no se dice en ños planes de ordenación territorial: el caso de la Costa del Sol (España), La relación no pensada entre turismo y territorio, El patrimonio como labirinto y paradoja, Ciudad y naturaleza. He has participated in conferences scientific and research projects, as “Rehabilitacion Integral de Barrios los centros históricos: Cochabamba-Chile-Valparaíso” y “Foro Barriadas: nuevos centros urbanos”. Edoardo Dotto architect and Ph.D in Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente, from 2005 is joint professor of Representation of Architecture at the University of Catania sited in Syracuse. Editor of annually published volume Ikhnos. Graphic analysis and history of the representation, he takes part of the organizing committee of the study seminars Ideas for the Representation. His interests in the research are mostly directed towards the history of the representation, the history of the drawing instruments and the methods for the graphic art analysis. Luz Fernández-Valderrama, architect (ETSAS-1993) Professor at the Department of Architectonic Project and assistant manager of the Istitutional Relations, International and Strategic Designing (ETSAS 2010-11). Head of the PAIDI group, IN-GENTES (Investigation in Generation of Territories) and of the Cooperation group of the Seville University, ARCHITECTURE, TERRITORY AND HEALTH. Head Researcher of funded investigations about Innovation projects, among which the Universities Cooperation Project (AECID), foundation for the International Net on the Districts Restoration. Author of a work of restoration (Goyeneta) and of a new plan (Viviendas en c/Inocentes; Puerto de Santa María y c/Valme). She was teacher in Masters in Lisboa, Oporto, Berlin and Valparaíso. Pietro Gaglianò, art critic and researcher about contemporary languages, deals with the relationships between the visual art and the theory systems of the performing art and of the avant-garde theatre; with the urban, architectonical and social context as scene of the contemporary artistic procedures; he deals with the application of arts to the problems of geopolitical emergency. His works were published in exhibition catalogues; he worked in collaboration with several newspapers of the sector. He lives in the Scandicci Theatre because he is involved in the care and the ideation of multidisciplinary projects, in collaboration with Krypton and with Scandicci Fondazione Cultura.
Eva García Luque, architect in Construction and Urban Design for the ETSA US. She obtained the Degree in Advanced Studies for the ETSAM Madrid. She is joint professor at the Designing Department of the ETSA US. She set up Elap architects and engineers, the Irreversible Publishing house and The Digital architectural Laboratory. She is headmaster of the International Cooperation of the Department of Public Works and Housing in Panamá Andalusia. She is collaborating in the coordination of VideoUrbana, BIAU VIII Cadiz 2012. She took part in the activities for the BEAU XI, assigned by the Spanish Ministery of Development. She carried out and finished buildings and spaces for the public use, published in national and international magazines and exhibitions. Some prizes and honors are: the Best Of the Year 2011, Europe 40Under40 Awards 2010, Europan 9 "Orestad, Copenhague Dk".
Creativity: New Processes in Contemporary Design" and participates in several research projects.
Antonio J. Herrero Elordi, architect, professor of Architectural Projects at the ETSA US. Member of the research group New Situations, Other Architectures, at the Projects Department of the ETSAS. In 1982 with Rafael Casado, and Juan Suárez set up CHS ARCHITECTS, a group who works between architecture and art. These processes and teaching are the tools to investigate relationships between place, need and form. They take part in national and international contest. The project of the Nam June Paik Museum in Suwon, Kyonggi (Korea) was selected by the Commissioner Marie-Ange Brayer to attend the Biennial of Contemporary (Seville 2008). The adequacy of the space for sculpture Tolerance of E. Chillida, in 1992, the ephemeral architecture for the European Summit in 2002, or the Urban Bridge over the Guadalquivir river in Cordoba, 1987-2003, finalist of the 2004 FAD, have been some milestones in his activity.
Paolo Ruffini, cultural operator, expert of the contemporary scene, he is interested in theatre and dancing for magazine and newspapers. He is author of books and critics interventions that analyse the artistical processes in the dancing and in the theatre, he is editor of the series "Spaesamenti" for the publisher Editoria & Spettacolo. He was artistic Co-Director of Santarcangelo – International festival of the Arts, in the 2006 and 2007 editions; he was assistant of the Headmaster of the Theatre of Rome, in the 2008 and 2009 seasons. From 2006 he is teacher in the High Education Master for Administrator of Museum and Performing Events in the IED of Rome .
José Miguel Iribas, sociologists. Expert in urban, territorial and touristic diagnosis and planning. He collaborated in more than 50 urban projects, 5 territorial guidelines on regional scale and more than 50 urban and architectonic projects. He was the headmaster of the Studies of the Council of Benidorm and he made more than 180 sociological and touristic studies. He created strategies and using programmes for different relevant architects (P. Mangado, J. Nouvel, R. Piano, B. van Berkel, REX Architects, I. Ábalos, B. Tagliabue). He was awarded with the golden emblem of the city of Benidorm. Amanda Martín-Marsiscal architect, graduated at the School of Architecture of the University of Seville, she is a researcher from the In-Gentes [TEP-238] research group, coordinator of the Plataforma de Ayuda a la Investigación - PLAY-IN of the University Institute of Architecture and Building Science [IUACC], and Lecturer at the Architectural Design Department of the University of Seville. She is currently developing her doctoral thesis "Collective
Salvo Piro, actor, director, trainer. Educated at the Stabile Theatre of Catania and at the Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “S. D’Amico” of Rome, improved the study of the Mime Method with Orazio Costa Giovangigli. He made his debut as actor in the 1990. He is assistant of Lamberto Puggelli for the lyric and prose production in Italy and abroad. He carries on theatre workshops; he collaborates with the Department of Human Sciences of the University of Catania; he was teacher of the Acting Exercises and of the Mime Method of the Stabile Theatre of Catania. Creator of LogoMimesis, from several years he carries on a personal investigation on the theatrical pedagogy and on the putting on scene.
Corrado Russo, graduated at the I.N.D.A. Theater School, worked in theater, as actor, with different directors (E. Marcucci, M. Prosperi, L. Kemp, H. Brockhaus, Remondi & Caporossi, C. Morganti, R. De Simone, G. Pressburger, R. Rodriguez, A. Calenda). He founded in 1998 the Cultural Center Mobilità delle Arti, company of promotion and production for the theatre of innovation known in 1998 in the MIBAC. From 2008 to 2012 he was the artistic director of the Fondazione Teatro Vittorio Emanuele of Noto. Among the projects: Focus on Art and Science in the Performing Arts (2011). Carmelo Strano, philosopher, critic of visual arts (between theory and militancy). He gave new contributes to the sociological philosophy to the aesthetics, to art. Awards for Excellency for his theories by international institutions: Daily Aesthetics, Unimplosiviness, Elliptic Work, Soft Rationality, Similarity (besides the Mimesis) Induction Principle, Fragmentary, Unstable Balances, Linguistic Deviation, Elliptic and “Neoiconoduli”, Environmental Art (1981). Dozens of monographs and several essays and articles in magazines and in the main Italian newspapers. Full Professor –because of his evident fame – of Aesthetics and Contemporary Art History in the Faculty of Architecture in Syracuse. 191
Finito di stampare nel mese di Dicembre 2012 per conto di LetteraVentidue Edizioni S.r.l. presso lo Stabilimento Tipolitografico Priulla S.r.l. (Palermo)