f r e e d ow n l oa d :
l e b i m b e v i z i at e s u w w w . i n s c e n a m ag . i t
marzo 2009 Anno 2 • Numero XXII
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€ 1,50
prezzo della rivista + allegato con Gazzetta del Sud € 2,50
la supposizione di
un’idea flavia mastrella e antonio rezza
Come locuste nell’Olocausto Culturale
)L COCKTAIL GIUSTO PER LE TUE ESIGENZE 1/3: progetti grafici e comunicazione creativa per la pubblicitĂ ed il marketing.
PUBBLICITĂ€
l’edit oriale del Ginaski
1/3: editoria, produzioni, stampa di: libri, CD, DVD, brouchure, leaflet, manifesti, locandine, biglietti da visita. 1/3: produzione e postproduzione video.
A tutto questo aggiungete una spruzzatina di: creazione loghi e marchi, realizzazione di immagini aziendali ed organizzazione d’eventi.
Farandula sas la trovi in: via P. Andiloro 41/g ¡ 89128 Reggio Calabria tel / fax 0965.29828 ¡ mob 333.6557448 info@farandula.it
Nonostante la mia predilezione nei confronti della cultura neo-latina, devo riconoscere e attribuire a quella anglosassone una nota di rilevante importanza all’interno del contesto idiomatico. Una societĂ che utilizza il maiuscolo ogni qualvolta si presenti il pronome personale “ioâ€? è evidentemente una societĂ con una visione umanista preponderante, in cui la persona viene prima di qualsiasi altro essere. Questo non credo possa essere giudicato egoismo o egocentismo, semmai realismo e attenzione profonda nei confronti dell’uomo in quanto essere e animale sociale. Il mondo invece mira sempre piĂš a sminuire questa figura, tendendo alla costrizione dell’Essere in pericolose gabbie conformi sempre piĂš ricche di Noi e sempre piĂš vuote di Io. Chi siamo e cosa facciamo è la domanda? Dovremmo essere individui che relazionandosi con altri danno forma a un tessuto sociale e culturale. Dall’individualitĂ la costruzione di una collettivitĂ . Da qualche anno a questa parte invece credo che si stia cercando di mettere in atto il processo inverso: dalla collettivitĂ la formazione dell’individualitĂ . Come fossimo manichini con un codice a barre sul culo. Come se il nostro essere abbia finalmente un senso solo nel momento in cui è identico a quello dei piĂš, a discapito ovviamente di quei pochi superstiti che invece vengono visti
come extra-terrestri. Si fa tanta confusione fra identitĂ e identificazione. Fra identitĂ e identico. Rifugiamoci per un momento Assoluto nel nostro Io. Appartiamoci in modo tale da poter scoprire quella segretezza celata nelle nostre viscere che potrebbe portarci ad essere e non ad apparire. Del resto come sostenne Nietzsche: “ la demenza è rara nei singoli, ma è la regola nei gruppi, nei partiti, nei popoli, nelle epocheâ€?. Chiudo questo mio “sfogoâ€?(?) con un sorriso smagliante visto e considerato che iNscena prende sempre piĂš forma e concretizza mensilmente quella che è la sua identitĂ . Informazione fuori dagli schemi, senza inseguire concetti precostituiti, mantenendo sempre un occhio attento, critico e a volte benevolo nei confronto di quanto accade quotidianemente in questo enorme zoo chiamato mondo. Come ogni mese, quindi, Lo scotto da pagare a cura del grande Pino Scotto e al via due nuove rubriche, NSL a cura e di Paolo Roversi e i VisiGoti a cura e di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Ringrazio, inoltre, tutti coloro che dal mese di febbraio ci seguono e ci “scaricanoâ€? gratuitamente sul portale www.inscenamag.it, sempre piĂš numerosi e partecipi, vista la mole di mail pervenuta in redazione. Anche questo mese, buona lettura a tutti. iNscena magazine
In allegato
)L COCKTAIL GIUSTO PER LE TUE ESIGENZE
l’omaggio di iNscena Il blues si tinge di rosa con Le Bimbe Viziate, duo capitolino composto da Marianna Muraglia (Voce) e Cristina Gasparetto (Cori e Chitarra). Un progetto originale, eseguito in maniera impeccabile, capace di concretizzare in melodie immagini Black con pennellate di profonda saudade e sfumature di spontanea spensieratezza. Rimarrete certamente stupiti dal timbro vocale di Marianna, dal suo modo di interpretare con estrema facilità e naturalezza questo genere musicale appartenente a una cultura certamente non europea e dall’accompagnamento impeccabile di Cristina, che con la sua chitarra riesce
a fondere splendidamente ritmica e note dando un “saporeâ€? ancor piĂš affascinante al progetto. Ci sarebbe quasi da credere che queste due Bimbe siano nate e cresciute sulle sponde del Mississippi! Sta di fatto che, invece, sono italiane DOC e, se si chiamano Le Bimbe Viziate, probabilmente è perchĂŠ ormai sono abituate a ricevere solo applausi e consensi. Sentirete parlare ancora molto di loro. Possiamo solo anticiparvi che stanno attualmente lavorando su nuovi brani inediti e di loro composizione. Per maggiori informazioni visitate: myspace.com/lebimbeviziate. Buon ascolto!
Le bimbe viziate Movin’ on UP (P) & (C) 2007 Ed. Farandula
Se sei un musicista, un regista, un fotografo, uno scrittore, un poeta, un pittore e hai una tua opera da far conoscere, inviala alla nostra redazione. Se il tuo lavoro sarà ritenuto interessante, potrà essere pubblicato nell’allegato mensile, introdotto da una appropriata recensione.
Why don’t you do right?
1/3: progetti grafici e comunicazione creativa per la pubblicitĂ ed il marketing.
1/3: editoria, produzioni, stampa di: libri, CD, DVD, brouchure, leaflet, manifesti, locandine, biglietti da visita.
1/3: produzione e postproduzione video.
A tutto questo aggiungete una spruzzatina di: creazione loghi e marchi, realizzazione di immagini aziendali ed organizzazione d’eventi.
(P) & (C) 2007 Ed. Farandula
Miss Celie’s blues (P) & (C) 2007 Ed. Farandula
Kindhearted woman (P) & (C) 2007 Ed. Farandula
Halleluja (P) & (C) 2007 Ed. Farandula Invia il materiale, corredato da un breve curriculum, a:
Farandula s.a.s. (uff. casting) Via Pasquale Andiloro, 41/G 89128 Reggio Calabria
oppure invia una mail a:
Tel e fax 0965/29828 inscena@farandula.it
Vai sul portale di iNscena magazine
www. inscenamag.it e clicca sulla cover di questo mese, potrai scaricare gratuitamente la compilation.
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a cura di...
lo scotto da pagare
p.40 - Il grande Pino Scotto
risponde ogni mese alle mail dei lettori con la verve e la passione che lo contraddistinguono. Fucking way to rock! Invia la tua opinione a pinoscotto@inscenamag.it
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iNscena magazine marzo 2009 anno 2 numero XXII Mensile di arte, musica, spettacolo, costume e società registrato al Tribunale di Reggio Calabria aut. N.5 del 19/03/07 Pubblicazione venduta in abbinamento editoriale con:
rivista + allegato € 1,50 con Gazzetta del sud € 2,50 Direttore responsabile: Antonio Polistena
p.58 - Vincitore del premio
Camaiore 2007, Paolo Roversi è considerato dalla critica come il vero autore emergente della narrativa gialla italiana. Puoi scrivere a paoloroversi@inscenamag.it
p.52 - 36 foto con soggetto
Antonio Rezza corredati da una lente di ingrandimento per esplorare le pieghe del viso alla ricerca della verità.
Art director: Dario Pitarella d.pitarella@farandula.it
Segreteria di redazione: Francesca Romana Galluzzo
Of ficin£
Redazione: via Pasquale Andiloro 41/g · 89128 Reggio Calabria tel e fax 0965.29828 - inscena@farandula.it
Hanno collaborato a questo numero Testi: Valeria Ligato Grafica: Ciro Schiavetti Illustrazioni: Meltedman Vignette: Reggio Comix e inoltre: Simonetta Caminiti, Serena Carbone, Cerbero, D&G, Antonio Federico, Il Ginaski,Yan Hassermann, Valeria Ligato, Flavia Mastrella, FranTz G. Needermayer, Gino Pitaro, Francesca Pugliese, Domenica Puleio, Antonio Rezza, Italo Rizzo, Paolo Roversi, Gianluca Schinaia, Pino Scotto, A. Shuthole, Francesco Villari, Mago Varenne. Tema del mese: L’identità edizioni e produzioni
Editore: Farandula s.a.s. via Pasquale Andiloro 41/g · 89128 Reggio Calabria tel 0965.29828 - info@farandula.it Progetto grafico: Officine Farandula
Pubblicità: Publikompass s.p.a. Messina · Via Uberto Bonino, 15/C - tel 090.65084.11 - fax 090.2930771 Reggio Calabria · Via Diana, 3 - tel 0965.24478-9 - fax 0965.20516 Catanzaro · Via M. Greco, 78 - tel 0961.724090-725129 - fax 0961.744317 Cosenza · Via Monte Santo, 39 - tel 0984.72527-8 - fax 0984.72538 Stampa: Grafiche Femia srl strada Pantano - Marina di Gioiosa Ionica - tel 0964.412848
l’editoriale in allegato ritratti brevemente flash comix cinque pezzi facili g.audio usi e abusi
lo scrittore con la bottiglia
lo scotto da pagare dillo a pino scotto
03 04 11 12 16 35 36 38 40
52 nsl 58 noir side of life i visigoti
61 candomblè 62 dell’identità
parole accese
63 fintoonesia 65 death from fintoonesia round midnight
69 elevator 72 brevemente post 73 liberi di tutto il mondo unitevi in proiezione
l’oroscopo di febbraio
Servizi 19
glocal
24
musica
42
c&s
45
a&c
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coito ergo sum
movimenti e fermenti urbani le singe blanc bar boon band ultravixen riprendere sanremo non leggete questo articolo il malincomico la supposizione di un’idea un video d’artista il waterfront di reggio calabria anche i santi vanno in paradiso
66 4:3 rose e narcisi in ally mcbeal 70
74
Rubriche
Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della rivista e dell’allegato può essere riprodotta in qualsiasi forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore. È vietata la vendita dell’allegato (Ed. Farandula). Chiuso in redazione il 2 marzo 2009 alle ore 18.15
Sommario
moda
quel maschiaccio di donna
le singe blanc
24
La genialoide band francese sta per tornare in Italia. In attesa del loro show previsto per il prossimo aprile al C.S.O.A. Cartella, parliamo del loro mondo.
marzo 09
riprendere sanremo
monkey business
intervista agli afterhours
Il Paese è reale. Il Paese è una merda. Ma se è messo così e puzza quanto pesa non credere che non sia colpa tua.
30
70
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quel maschiaccio
antonio rezza e flavia mastrella la supposizione di un’idea
di donna
Il mondo di Antonio Rezza e Flavia Mastrella dispensa cittadinanze col contagocce in un ecosistema che sposta i propri riferimenti da Gesù Cristo a San Tommaso…
Molto maschia, la nuova donna ri-intrerpreta se stessa per mostrarsi più forte e più decisa. È solo una maschera?
bar boon band
alla ricerca dell’armonia
Prendete posto, sul palco di iNscena adesso suona la Bar Boon Band. Chi ha perso l’identità nelle nostre strade possiede la virtù di saper inneggiare al presente con musica e parole.
preferite la merda o la cioccolata?
Il Festival di Sanremo è salvo. Vince fra le giovani proposte una ragazza semplice che lancia un inno alla quotidianità quasi a rappresentare in musica la poetica di Calvino.
54
40
32
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lo scotto da pagare dillo a pino scotto
rose e narcisi
Terzo appuntamento con la rubrica mensile a cura del grande Pino Scotto. Il rock visto attraverso i suoi occhi e le sue esperienze.
il waterfront
di reggio calabria
anche i santi
vanno in paradiso
iNscena magazine
Approfondimento sul lato umano di Maurizia Paradiso, che si è resa disponibile alla consueta chiacchierata.
Il contatto con il mare sarà potenziato come volano turistico di una città che non vuole avere nulla da invidiare a posti come Miami beach o Nizza.
50 Sommario
in ally mcbeal
Le puntate storiche di Ally McBeal in cui esplodeva il faccia a faccia tra questi due archetipi sentimentali cominciavano proprio così, da un 14 febbraio come tanti…
)L COCKTAIL GIUSTO PER LE TUE ESIGENZE
ritratti
PUBBLICITĂ€ 1/3: progetti grafici e comunicazione creativa per la pubblicitĂ ed il marketing.
1/3: editoria, produzioni, stampa di: libri, CD, DVD, brouchure, leaflet, manifesti, locandine, biglietti da visita.
1/3: produzione e postproduzione video.
A tutto questo aggiungete una spruzzatina di: creazione loghi e marchi, realizzazione di immagini aziendali ed organizzazione d’eventi.
J credo in un solo io Io sono! tu sei‌egli è? Essere o non essere? Nell’improbabile e assurda rincorsa all’identificazione e nel totale abbandono dell’identità artistica, mentale e culturale vi invito ad indovinare chi sia la prima donna in foto. Chi vince riceverà una pirofila.
Farandula sas la trovi in: via P. Andiloro 41/g ¡ 89128 Reggio Calabria tel / fax 0965.29828 ¡ mob 333.6557448 info@farandula.it
iNscena magazine
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brevemente flash
a cura di Domenica Puleio
val kilmer
«gli
nick carter
abusi di alcool e droga mi stavano uccidendo» Nick Carter, cantante ventinovenne dei Backstreet Boys ha confessato a People che l’alcool e la droga lo stavano uccidendo. Dopo dieci anni di eccessi e in sovrappeso (101 kg), un accertamento in clinica ha sentenziato che Nick soffriva di cardiomiopatia, ossia una disfunzione del muscolo cardiaco che può portare anche alla morte improvvisa. Da qui, una cura mirata concordata con i dottori, la perdita di 26 kg e la rinascita: “Ora sto lontano dalle tentazioni” ha promesso Nick. Ci riuscirà?
ligabue
premio augusto daolio Ad attestazione della sua incredibile carriera, il rocker italiano Luciano Ligabue, ha ricevuto il premio “Augusto Daolio” che, oltre ad incoronarlo come uno dei cantautori più “importanti del secolo”, ha evidenziato il suo impegno sociale e umanitario nel corso del 2008. La cerimonia di premiazione è avvenuta durante il tradizionale appuntamento a Novellara (Reggio Emilia) “Nomadincontro” che coinvolge, ogni anno, migliaia di fan dei Nomadi provenienti da tutta Italia.
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iNscena magazine
«l’anno prossimo mi candiderò»
spese “pazze” in casa cruise
La dolcissima Katie Holmes, chiacchierata moglie del celeberrimo e bellissimo Tom Cruise, sembra essere soggiogata da un “vizietto” di non poco conto: “gli acquisti”. Infatti, proprio in concomitanza con l’uscita nelle sale cinematografiche del film “I love shopping” che ha letteralmente “messo a nudo” una caratteristica molto frequente tra donne e uomini di tutti i tempi – il dispendio smodato di denaro – la signora Cruise è stata beccata in giro per i più costosi negozi di New York, in cui sembra aver depositato una somma che si aggira attorno ai 10 mila dollari per un solo pomeriggio di shopping. La soluzione drastica è arrivata da chi “porta i pantaloni”. Tom ha deciso di “tagliarle i viveri” riducendo l’importo della sua carta di credito. È il caso di dire “povera Katie”….
Capita spesso che l’arte e la politica vadano a braccetto e, ancor più spesso vedere che, attori di calibro internazionale riescono a ricoprire ruoli importanti meglio di chi, nella politica, ha da sempre vissuto. Val Kilmer – secondo fonti attendibili – potrebbe come Schwarzenegger candidarsi a governatore del New Mexico. L’attore, che ha interpretato personaggi importanti e ricoperto ruoli all’apice della scaletta hollywoodyana, vive da molti anni nel New Mexico e ha fatto sapere di accarezzare l’idea di candidarsi quando il mandato del governatore democratico Bill Richardson scadrà l’anno prossimo. Kilmer è sicuro che se decidesse di candidarsi, vincerebbe. Staremo a vedere…
robbie williams
“io credo agli ufo”
Chi lo dice che gli alieni non esistono? Magari ci sono e si mescolano tra di noi. A sostenerlo è Robbie Williams, l’ex cantante dei Take That che ha dichiarato di essere ossessionato dagli “omini verdi”. Certo, ciascuno di noi ha le sue pulsioni e le sue manie, ma Robbie – stella affermata nel vasto panorama artistico mondiale – non mostra soltanto una semplice “passione”; sembrerebbe infatti che il cantante passi la maggior parte del suo tempo “accampato” presso il monte Adams, sede del centro di ricerca sugli UFO, nel Washington State. Speriamo che non sia dovuto a questo il suo successo “interplanetario”.
kate hudson
la famiglia prima di tutto Kate Hudson dice basta alla sua “frenetica vita da star”. Il 2009 lo dedicherà tutto al figlio Ryder, 5 anni, avuto dall’ex marito Chris Robinson. Sembrano queste le intenzioni che hanno caratterizzato l’attrice nelle ultime dichiarazioni alla stampa. «La corsa al successo e alla notorietà – ha dichiarato – appaga molto, ma è davvero più costruttivo e gratificante dedicarsi alla famiglia e alle persone che amiamo». È un addio al set? Crediamo di no; intanto staremo a vedere se almeno in parte, riuscirà a mantenere la promessa di non essere più “mamma parttime”.
iNscena magazine
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brevemente flash
a cura di Valeria Ligato
sigarette virtuali
La differenza sta nelle componenti: all’interno c’è una cartuccia di nicotina e glicole propilenico che si surriscalda quando si aspira, generando un vapore innocuo. Acquistabili ovviamente presso un sito internet a circa 47 euro, sono sigarette speciali che si comportano come quelle vere, ma senza bisogno di tabacco. Al punto che le puoi fumare senza problemi anche se ti infastidisce il fumo. Potrebbero rappresentare una soluzione alla dipendenza.
brutti ricordi bye bye
fumato e... affondato.
rihanna
che botte!
Doveva essere una serata speciale e lo è stata davvero! La cantante avrebbe dovuto esibirsi alla serata dei Grammy Awards ma non si è potuta presentare perché vittima della furia del fidanzato Chris Brown che gliele ha date di Santa ragione, pare per stupide gelosie. Fermato dalla polizia, Brown è stato rilasciato grazie al pagamento di una cauzione di 50 mila dollari; gli evidenti segni di percosse sul volto di Rihanna l’hanno costretta ad uno stop forzato dalle esibizioni in pubblico.
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iNscena
Phelps è stato condannato a tre mesi di squalifica dalla Federazione di nuoto USA, dopo essere apparso in alcune foto del tabloid “News of the world” intento a fumare marijuana ad una festa tra universitari del South Carolina. “Un cattivo esempio per le migliaia di bambini che guardano lui come un eroe, era necessario dargli un forte messaggio” giustifica l’ufficio stampa della federazione. Il campione rischia anche un processo che potrebbe condurlo in carcere per 30 giorni.
Strano ma vero. Pare che un team di scienziati olandesi abbia realizzato una pillola in grado di cancellare i brutti ricordi, eliminare i traumi che portano all’ansia e ad altri disturbi emotivi. Il farmaco, ancora lontano dall’arrivare nelle farmacie, è stato sperimentato su un paziente aracnofobico.
state freschi in hotel
L’Ice Pink Hotel s’affaccia a 1700 metri di altitudine, sulla balconata dell’alpe Burki, dove d’inverno s’arriva solo in seggiovia o con il gatto delle nevi. È una struttura di 54 metri quadrati di neve e ghiaccio, unica in Italia. Si accede attraverso un tunnel d’ingresso e bar (con bancone), sedie e tavoli, bottiglie e bicchieri ma anche vasi e statue, sono tutti rigorosamente di ghiaccio scolpito ed illuminato da neon colorati.
iNscena magazine
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la porta dell’anima
andrea casciano, colorazione digitale
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iNscena magazine
riflesso
andrea casciano, colorazione digitale
iNscena magazine
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g glocal Movimenti e fermenti urbani
Carta d’identità !
Il blues, il rock, il jazz sono tali in Calabria cosĂŹ come a New Orleans,
in Europa cosÏ come in Australia. Il genere è identico ma le tematiche, le scelte strumentali e i testi non possono e non devono essere copia conforme gli uni degli altri! Bisogna, cioè, identificarne la provenienza, dargli un vestito, una carta d’identità che li contestualizzi. Nella rubrica glocal di questo mese continuiamo a parlare e a descrivere i fermenti urbani che esprimono Farandula sas la trovi in: via P. Andiloro 41/g ¡ 89128 Reggio Calabria tel / fax 0965.29828 ¡ mob 333.6557448 info@farandula.it
in maniera locale forme d’arte globali.
g glocal Movimenti e fermenti urbani
Nuar
Il cuore noir della musica
C
oraggio e compromesso, la musica del gruppo emergente laziale Nuar. “Un mix di jazz, swing e blues, perfettamente amalgamati con il più moderno e fruibile pop. Ecco, allora, che un contrabbasso abbraccia un synth o una melodia swing sposa una cassa dance.” Parole di Dario Casani, compositore principale e vocalist del gruppo.
P
arliamo intanto del nome della band… «Cercavamo un modo che potesse spiegare il nostro mondo e le nostre atmosfere, che ci rappresentasse ma che suonasse familiare all’orecchio di un ascoltatore: il cinema noir c’è sempre stato molto vicino e ci ha sempre entusiasmato con i suoi misteri e le sue ombre, con il suo spirito grottesco e con le sue ambientazioni anni ‘30. Ma perché non scriverlo come si pronuncia? Nuar. Scelto il nome anche il look della band ha seguito la direzione del cinema, con vestiti alla Dick Tracy e colpi di pistola durante i concerti». Nell’intervista a Mini Radio Edit, Enrico Di Troia vi vezzeggiava un po’. «Musica leggerina, dei testi non ho capito niente». Cosa influenza le vostre soluzioni musicali e cosa motiva di più i testi? «Vediamo le canzoni come tanti piccoli Cavalli di Troia: sono veicoli di messaggi. Purtroppo
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iNscena magazine
il tempo delle parole è finito, non si dà molto peso ai testi… Per questo abbiamo adottato il sistema molto semplice di accompagnare testi profondamente impegnativi e di denuncia di uno stato delle cose abbastanza preoccupante a melodie dirette e immediate. Le parole esplodono quando meno te lo aspetti, spingendo l’ascoltatore a una riflessione più profonda e quindi a una nuova lettura del brano». Premiati da Demo (RadioRai) e osservati da un progetto di Tor Vergata. Progetti presenti e futuri per farvi apprezzare? «Sì, tante cose belle, ma siamo ancora in cerca del grande passo. Ci accontenteremmo di molto poco in realtà, ci basterebbe poter vivere di musica al 100%. Purtroppo è un periodaccio per la musica, e la colpa non è solo di chi scarica illegalmente ma soprattutto di una diseducazione all’ascolto». E la vostra Top Friends di Myspace? Così piena di splendide
donne… (anche questa “sondata” da Di Troia) . È un gioco? Avete osservato che spesso in questi network ci si aliena e ci si patina un bel po’. Da musicisti e da ragazzi che ne pensate? «Vedo che anche tu sei rimasta “affascinata” dalla nostra Top di Myspace! Uno: Avendo una bella top al femminile, le richieste di adesione da parte dei ragazzi ai nostri concerti è sempre più alta. Due: Ci diverte vedere come le persone siano disposte ad esporsi a un mondo che le vede solo come corpi e che non si interessa minimamente a loro come esseri umani… Da musicisti ci sentiamo di dire che i Social Network sono un ottimo mezzo per diffondere il nostro lavoro; come ragazzi non nascondiamo una certa preoccupazione per tutta questa necessità di aprirsi ad un mondo virtuale che sta portando lentamente a chiudersi a quello “reale”».
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Simonetta Caminiti iNscena magazine
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g glocal Movimenti e fermenti urbani
Carmine Torchia L’astronomo nascente
iNcittà
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iNscena magazine
T
ra radici e folk. Un uomo e la sua chitarra. Una penna al fianco ed un calamaio colorato. Da dove arriva e dove va Carmine Torchia? «Posso rispondere con un’altra domanda che legittima due risposte? Geograficamente ARRIVO da Sersale, ai piedi della Sila Bruzia, paese vivo culturalmente ma che a volte necessita di piccoli interventi di riesumazione; VADO in giro per l’Italia perché scrivo canzoni: mi piace intenderle come delle figlie che dopo la nascita bisogna mandare nel mondo. Musicalmente ARRIVO dalla psichedelia, dal rock progressivo, per passare poi alla canzone d’autore: una sintesi formale che arriva con più immediatezza alla gente e nella quale le parole ci guadagnano in significato; VADO verso qualcosa che accomuna i lati musicali che mi hanno caratterizzato nel passato e quelli che lo faranno in futuro». C’è sempre una strega sulle strade dei cantautori e degli omini niente male? «Dal colpo della strega (in Ritratto di un omino niente male) mi viene di passare a La strega di Giovanni
Allevi, metafora che il compositore usa per parlare della Musica come entità superiore che accorre per essere svelata: penso abbia ragione. Però mi trovo più a mio agio con la parola Idea, meno fiabesca di Strega e meno impegnata di Ispirazione. Quando arriva, l’Idea, va assecondata: barba, doccia, colazione, pranzo, cena, tutto salta! Perché quando l’Idea viene a trovarti, a parlarti, devi lasciar perdere tutto, altrimenti s’offende e ti pianta in asso. Anche la fame zittisce perché in testa si hanno equazioni matematiche dove le variabili in gioco sono le parole, le musiche e gli arrangiamenti». Mi ha spaventato il concetto di “dispensatore di ok”… «Ha suggestionato anche me! Il dispensatore di ok è stata una trovata (in Nessun dio…) per prendere in giro Bush, criticando l’uso spropositato che ha fatto di un valore importante come la Democrazia. Un Presidente convinto di saper tranquillizzare il mondo, quando invece il mondo se la faceva sotto. Si tratta comunque di una canzone “bipartisan”, dall’altro lato c’è lo sceicco astuto col dito alzato, un chiaro sfottò a Bin Laden, del
quale disapprovo l’uso poco corretto che fa della Religione». La curiosità è una condizione imprescindibile che sembra perdere il suo fascino: che succede? «Dici bene: imprescindibile. La curiosità è alla base della buona impostazione di un argomento, di una tesi, che in questo caso si esplica mediante la scrittura di canzoni. Non intravedo altre maniere. Esistono quelli che scrivono buona o cattiva musica, a seconda della diversa dose di curiosità che ci mettono: ognuno è la musica che fa». Idealizzando un posto migliore di quello che viviamo si potrebbe apparire nostalgici. Perché si stava meglio quando si stava peggio? «Durante il recente tour Piazze d’Italia - Sulle tracce di De Chirico ho avuto modo di vedere molti luoghi diversi. Ho compreso che alla fine si ritorna mentalmente e volutamente alle proprie contrade, ai propri paesaggi, coi loro odori e colori, perché è nei luoghi dove si nasce che si trova la dimensione più adatta e vera».
foto | a. talarico
I
ncontro, neppur tanto casuale, con il cantautore calabrese capace di fondere impegno e disincanto, con la forza semplice delle canzoni e con la chiarezza delle liriche dell’album d’esordio: Mi pagano per guardare il cielo.
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FranTz G. Needermayer iNscena magazine
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musica
Le Singe Blanc Monkey business
la genialoide band francese sta per tornare in italia. i due bassi supereffettati di vincent e thomas e la batteria di kévin sono, però, un pericolo costante racchiuso tra le note e la splendida confezione di baï ho, contenente anche un dvd del china tour dell’anno scorso. in attesa del loro show previsto per il prossimo aprile al c.s.o.a. cartella, parliamo del loro mondo… testo
S
cimmie bianche: fateci conoscere il progetto che sta dietro la vostra musica, la vostra attitudine… «In primis, ti diciamo che suonare rappresenta per noi una necessità: non potremmo immaginare le nostre vite aldilà della musica. Ci aiuta a gestire le nostre energie, la nostra sensibilità. È anche un modo per ottenere piacere, una sorta di catarsi… Attraverso la nostra visione della musica cerchiamo di evitare le convenzioni dei generi, siano hardcore o kraut rock, sperimentale, rock’n’roll o qualunque altra cosa. Facciamo musica. È la sensazione di sentirsi liberi, di viaggiare, incontrare persone come te in Paesi completamente diversi dal tuo, un modo per confrontarsi… Per quel che riguarda la nostra attitudine, il nostro essere durante i live, pensiamo di essere “normali”. Cerchiamo di essere comunicativi, di creare una cosa unica con il pubblico, di creare un rapporto speciale. Certo è molto complicato, ma cerchiamo di non pensarci troppo, di non studiare come farlo… spesso sul palco sembriamo dei freaks…». Penso che Baï Ho sia la migliore espressione intenzionale di quello che oggi è la band... «È l’album della maturità appena prima della distruzione. È stato registrato presso i Fiscerprice Recording Studios da Rico Gammondi (già fonico degli Ovo). È il nostro quarto album ma è il primo per il quale è prevista l’edizione in LP. Siamo molto contenti di questo. Crediamo sia più semplice nell’approccio e nella composizione rispetto a quelli precedenti (!!! ndr). Forse le strutture dei pezzi sono fin troppo semplici. Non vogliamo fare dei repentini cambi ad ogni tre battute, per noi è un metodo semplice ma troppo sistematico. Cerchiamo di comunicare al meglio con il pubblico in attesa di un suo giudizio dettato da un attento ascolto».
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iNscena magazine
Francesco Villari
Che ne pensate dell’attuale scena sperimentale? Non è troppo semplice sopravvivere dietro un logo? «È sempre bene che i musicisti sperimentino, le cover band ci annoiano… a volte ci annoiano anche band eccessivamente sperimentali… Ci riteniamo liberi di fare quel che vogliamo e speriamo sia così anche per tutti gli altri, che non cerchino di emulare uno stile preesistente. È complicato ritagliarsi uno spazio al di fuori di un logo, è proprio il motivo per il quale suoniamo e sperimentiamo tanto. Ogni due anni incidiamo un “Gol-Goth Attack” album. È un concept: un giorno, un ospite, una canzone da registrare. Apre le nostre menti e la nostra musica…». Quanto la musica influenza le vostre giornate? «Abbiamo bisogno della musica ma sappiamo che per molte persone esistono delle cose molto più importanti. Siamo coscienti che per qualcuno la nostra possa sembrare “lussuria”. Gran parte del nostro tempo lo dedichiamo alle prove, alle nuove composizioni, ad organizzare i tour, specialmente Thomas e Clotilde. Abbiamo tutti una ragazza, qualcuno di noi anche un lavoro. Abbiamo molti amici e molti hobbies. La musica è molto importante ma non è l’unica cosa». È possibile questa situazione europea (ma non solo)? Crisi, ignoranza, intolleranza, guerre civili… che succede nella testa delle persone? «Non possiamo scegliere il nostro mondo, dobbiamo solo vivere quello in cui ci ritroviamo a nascere. È triste. Ci vergogniamo della attuale situazione europea (ma non solo) e dei comportamenti che ne conseguono. Non sappiamo cosa accade nella testa delle persone: sembra davvero assurdo. Sembra impossibile vivere serenamente. Suonare “absurd riot music” è un modo per provare a sopravvivere a questo stato di cose... hou Hou HOU!».
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Cerchiamo di essere comunicativi, di creare una cosa unica con il pubblico, di creare un rapporto speciale.
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Bar Boon Band – Alla ricerca dell’armonia –
in questi giorni c’è chi li “brucia per divertimento”, nonostante siano già condannati a una guerra quotidiana
per sopravvivere al crudele generale inverno. eppure chi ha perso
l’identità nelle nostre strade, i barboni, i clochard, possiede la virtù di saper inneggiare al presente con musica e parole: prendete posto, sul palco di inscena adesso suona la bar boon band. testo
Gianluca Schinaia
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Tutti ammassati in un dormitorio che cercano un po’ di calore…ma poi il sonno del dormitorio te lo porti addosso tutta la giornata». Sono le parole di Victor Terminè, uno dei poeti di strada che hanno partecipato a un listening musicale sotto il tunnel della stazione Centrale di Milano.
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rosa e poesia mai si sono sposati meglio che nell’idea della Bar Boon Band, musicisti e artisti che vivono per strada e che da quasi 15 anni rappresentano la vena ironica, poliedrica, colorata, triste e gioconda dei clochard. Usano chitarre, fisarmoniche, djambè, tamburelli, mischiano le radici della musica melodica italiana al rai algerino e ai pezzi d’autore, scritti da questi talenti che al tramonto tornano a riposare avvolti da un cartone ai margini dei nostri passi. Eppure hanno suonato sullo stesso palco di Gigi D’Alessio nel 2005 davanti a 7mila persone e in diversi teatri. In scena coniugano la lettura di poesie alle canzoni originali come “Binario 21”, dove si racconta la storia di una donna che da 15 anni aspettava il ritorno della figlia e che grazie all’eco dei media suscitato dal pezzo l’ha ritrovata. O “Ascoltami” in cui un esattore della mala racconta la sua storia e il suo pentimento. Storie di strada che il direttore artistico della Bar Boon Band, Maurizio Rotaris, ha saputo mettere insieme. Maurizio, come è nata la band? «Avevamo pensato ad alcune serate di musica nella stazione Centrale, poi ho scoperto che c’erano
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persone che scrivevano testi, abbiamo cominiciato a fare letture e spettacoli animati e non mancava estro alle persone sepolte da tonnellate di disagi. Avevamo visto che la musica riusciva a smuovere delle emozioni sepolte e questo ci ha dato la forza di proseguire». Quanti siete? «Circa una quarantina, prevalentemente autori di testo ma anche compositori. Ma molti se ne vanno: c’è chi muore, chi si ammala, chi va a vivere in un’altra città». Qual è la vostra idea musicale? «Ogni artista esprime la sua soggettività e noi vogliamo libera espressione. Cerchiamo una colonna sonora che descriva l’atmosfera della vita di strada, ma è anche un lavoro educativo alla ricerca dell’armonia, l’unico modo per sopravvivere con equilibrio quando non possiedi niente». Quanti cd avete prodotto? «Ufficialmente tre, più le demo di alcuni artisti. Ora uscirà un quarto cd con 25 pezzi nuovi. Per ora ci mancano i soldi per pubblicarlo ma quando ci saranno lo chiameremo La ricerca dell’armonia».
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«Tutti ammassati che cercano un po’ di calore… ma poi il sonno del dormitorio te lo porti addosso tutta la giornata». Victor Terminè “Guantanamo”
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UltraviXen R’n’R in stato di ebbrezza
eruttata dall’etna, ecco una nuova band alle prese
con il rock’n’roll, il blues anfetaminico ed il noise più osceno: sono in tre (alessio, nunzio “jamaika” e “fabulous” carmelo) e devono il loro nome ad un film di russ meyer,
mitico regista di pellicole erotiche con super-maggiorate testo
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Italo Rizzo
li UltraviXen hanno appena registrato il loro primo cd, Avorio Erotic Movie (Wallace Records), un ottimo sunto della loro idea di musica, sensuale e molesta. «Per noi la dimensione live è quella più naturale», mi dice Alessio, riferendosi alle loro performance sul palco, «Viviamo con feroce gioia ogni concerto, non risparmiando nessuna energia, fattore che contribuisce a creare un rapporto immediato ma profondo con l’ascoltatore, come una notte di fuoco passata con una persona conosciuta poco prima in un go-go bar…». Il titolo del cd è molto evocativo, non sarà mica che il vostro sogno è fare la colonna sonora di un film a luci rosse? «Avorio Erotic Movie è già un disco a “luci rosse”! Luci rosse che abbiamo puntato su uno stato psico-chimico-emotivo meglio conosciuto come “amore”. Noi lo abbiamo declinato in varie situazioni… è un disco di “canzoni d’amore” che abbiamo suonato e cantato in tutte le forme che conosciamo!». Vi siete formati a Catania; pensate che oggi ci siano più difficoltà ad organizzare tour in Italia rispetto a qualche anno fa? «Non è mai stato facilissimo suonare in Italia. Suonano le band che si sbattono per farlo. Da più di 10 anni suoniamo in giro per l’Europa (con
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Jasminshock e Jerica’s) e quasi tutti i concerti sono frutto di un lavoro sistematico e centinaia di e-mail e telefonate. Da poco abbiamo iniziato a collaborare con una giovane ma promettente Booking Agency, Cottonfioc». Ascoltando il disco, ho l’impressione che ci sia molto r’n’r “sporco” ma che questo non sfoci mai nel caos. Il segreto è controllo e consapevolezza? «Credo che l’equilibrio fra controllo/consapevolezza ed impulso/incoscienza sia alla base del processo creativo di UltraviXen. All’inizio amiamo suonare le canzoni in modo istintivo, senza limiti. Poi iniziamo a “scavare”, a “togliere” e ad “asciugare”. Abbiamo un rapporto fisico con lo strumento, non usiamo particolari effetti. Le variazioni del nostro sound dipendono solo dal contatto delle nostre mani sullo strumento. Theramin a parte, UltraviXen è tutto corde, pelli e valvole!». A proposito del theramin, possiamo dire che gli UltraviXen subiscono il fascino del vintage? «Adoro il theramin, lo usiamo a tutti gli effetti come quarto strumento. Direi che accompagna gli stati convulsivi delle nostre canzoni. Per il resto, non “subiamo” il fascino del vintage, semplicemente apprezziamo le cose fatte bene e qualche decennio fa si usavano altri metodi per costruire strumenti musicali. Il mio theramin è stato costruito in modo artigianale ed ha poco più di 10 anni!».
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ecco gli afterhours, per svegliare la coscienza del malandato belpaese.
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l Paese è reale, il Paese è una merda. Ma se è messo così e puzza quanto pesa non credere che non sia colpa tua. Quindi, a te che leggi, gli Afterhours mandano un invito: alzati, cammina e comincia a rimettere le cose a posto, senza criticare chi ci prova senza riuscirci. E attenti voi tutti, perché gli Afterhours sono planati sul palco dell’Ariston senza accorgersi troppo del Festival.
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Gianluca Schinaia
Riprendere testo
Sanremo
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n ogni caso sono stati bocciati dalla giuria popolare troppo affezionata ai “mostri” della De Filippi ma hanno conquistato la critica musicale portando a casa il premio Mia Martini. Dopo il successo dell’ultimo album I Milanesi Ammazzano il Sabato e la rottura con la major Universal, gli Afterhours – volenti o nolenti – non hanno abbandonato il centro della scena e si sono esibiti sotto il rumoroso occhio di bue del Festival della musica italiana. È stata la prima volta per la band – che ormai conta quasi vent’anni di carriera – e adesso gli Afterhours sentiranno spesso fischiare le orecchie, visto che i fan hardcore non perdoneranno la performance alla corte di Bonolis. Ma loro se ne fregano perché sono maturi, indipendenti e ora hanno qualcosa da dire per scuotere anche chi non sa come pronunciare il nome del gruppo. Hanno lasciato la Universal «perché sono stati troppo arroganti» e sono andati a Sanremo per lanciare un nuovo album (anche questo chiamato Il Paese è reale) «una compilation di 19 artisti, che nei prossimi mesi saranno coinvolti in una serie di eventi». Il pezzo Il Paese è reale è sceso sull’Ariston come un grido d’allarme, un quesito senza risposta, una scossa ad alto voltaggio contro l’inerzia dell’italiano medio. Manuel Agnelli, voce storica e leader degli Afterhours, ha spiegato a iNscena perché.. Manuel, l’ultima frase de “Il Paese è reale” recita: «Dir la verità è un atto d’amore. Fatto per la nostra rabbia che muore». È qui il senso del pezzo? «È una buona analisi, la rabbia che muore è una minaccia reale e sinceramente negli ultimi vent’anni abbiamo subito l’addormentamento delle masse. Se negli anni ’70 c’è stato un processo a volte eccessivo dedicato alla cultura e al dialogo, forse gli anni di piombo hanno messo paura un po’ a tutti e poi è arrivato il “panem et circensis” degli anni ’80, cioè le tette e i culi di Drive in. Oggi non protestiamo più, se non al bar».
C’è una piccola rivoluzione sociale dei vostri testi, dove sociale significa vicinanza con la poleis, la società politica? «Sì, è giusto, è quello che avverto anch’io tra i vari artisti, in questo periodo sento un’esigenza comune. È il momento di tornare al reale e bypassare la politica come rappresentazione, perché oggi la gente non vede più chi dovrebbe essere il proprio rappresentante. E noi, per quanto grottesco, abbiamo la fortuna di avere un megafono per amplificare queste sensazioni». La musicalità del pezzo: sembra che le corde ti tengano in tensione fino a una risposta, ma la risoluzione, alla fine, non c’è. «È giusto, qui in Italia sento spesso dire “Ma cosa credi di fare? Ma chi credi di essere?”, o fai una rivoluzione totale o non fai niente. E invece c’è bisogno di tornare a fare delle bricioline, delle azioni concrete. Questa esigenza di rivoluzione fulminea e assoluta l’hai a vent’anni, ma non serve alla realtà e non è più il tipo di lotta che intendo io, perchè i cambiamenti nascono dalla sedimentazione di piccole idee. Certo è meno divertente e poco romantico ma è quello che vogliamo fare anche se il risultato non si vedrà nell’immediato». Il festival: come vi siete presentati a Sanremo? Si dice che apprezziate Bonolis e detto così fa un po’ rabbrividire… «Bisogna rendersi conto che nel mondo della musica e dello spettacolo ognuno ha un’immagine pubblica che spesso non corrisponde a quella privata. Io se becco Albano posso tranquillamente giocarci insieme a ping-pong! Così Bonolis è un grande professionista, conosceva la pericolosità dell’operazione di Sanremo per noi e ci ha tutelati, ci ha promesso delle cose e le ha mantenute: faccio fatica a trovare questo tipo di professionalità nel nostro mondo. Certo, non è che Sanremo è diventato una figata perché ci siamo andati noi, ma è stato importante essere noi stessi in un ambiente dove siamo stati rispettati».
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«Non è che Sanremo è diventato una figata perché ci siamo andati noi, ma è stato importante essere noi stessi in un ambiente dove siamo stati rispettati».
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musica
non leggete
questo articolo Preferite la merda o la cioccolata? testo
A. Shuthole
per questo mese avevamo preparato in “timone” due articoli riguardanti la presentazione di un libro e la storia di un nostro collega discografico. la frenetica successione di eventi nel mondo della musica italiana impone però alla mia mente pazzoide di fare alcune riflessioni che vorrei condividere con voi. e,qualora siate altrettanto folli e perditempo come me, potrete esprimere la vostra opinione su quanto scriverò nelle prossime righe. 32
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l festival di Sanremo è salvo. X Factor è apprezzato anche da Guccini. Impazza la polemica sul televoto. Vince fra le giovani proposte una ragazza semplice, candida, che lancia un inno alla quotidianità, all’importanza delle piccole cose, quasi a rappresentare in musica la poetica di Calvino nel 2009! Sì, ho guardato il festival di Sanremo, e guardo pure X Factor: che cazzo pensavate, che scriva di cose che non conosco? Sono d’accordo con la lettera di Serra recitata da Girone: fra la merda e la cioccolata scelgo la cioccolata, specialmente se farcita con cereali naturali come naturale e rassicurante è l’immagine della ragazza (non ricordo il nome però) che ha vinto con Sincerità. A tal proposito però mi ritorna subito in mente una nota pubblicità: ricordate la comitiva nel bosco con la guida e del suono che si percepisce fra gi alberi? “Ascoltate è il canto della cinciarella... Oggi è rarissimo sentirlo”, li invita a fermarsi per poter cogliere l’irripetibile occasione di ascoltare un suono naturale prodotto da una specie ornitologica ormai in estinzione a causa dell’impellente industrializzazione. Poi, però, arriva un signore che ritrova il suo cellulare caduto per terra. Che delusione! Il suono della natura era artificiale: era la suoneria del telefonino! La tecnologia ed il marketing violentano l’ignara comitiva anche nel bosco, colpendola con la stessa arma che invece avrebbe dovuto rappresentare una via di purificazione: i suoni della natura! Di fronte a questa merda almeno un conforto: la barretta di cioccolato ai cereali, quelli sì, veramente naturali e senza sorprese. E se la timida ragazza icona della semplicità dalle movenze alla Walt Disney fosse come la suoneria del cellulare? Se fosse vincente il fatto di proporre un’immagine sfigata, non brutta ma un “tipino”, non bellissima, timidina, con la vocina che si muove su una canzoncina che potremmo canticchiare tutti sotto la doccia? Sincerità, sinonimo di genuinità. Se cioè questa immagine fosse – per i più – rassicurante perché rappresenta qualcosa di raggiungibile, che non ti porta a muoverti verso obiettivi che magari non puoi nemmeno immaginare. La solita e tanto ormai usata favola della ragazza della porta accanto. Magari la cantante in questione è veramente così, oppure è un lecito mezzo della comunicazione del palcoscenico a rappresentare in maniera ipertrofica realtà esistenti. Forse invece è un gioco scritto a tavolino dalla multinazionale che la produce (è la stessa casa discografica con cui è firmato il vincitore del festival Marco Carta). iNscena magazine
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foto | paola arpone
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Infatti è giunta proprio in questo periodo dagli USA una nuova moda incentrata sul fascino e l’attualità della figura del “secchione”. Grandi occhialoni neri e spessi sono il cardine di questo nuovo abbigliamento: è possibile che la ragazza o chi per lei conosca molto bene le nuove tendenze, per cui sincerità andrebbe di pari passo con modernità! Forse è l’incarnazione dell’antieroe, dell’inetto di Svevo. Forse è la rappresentazione dell’Italia di oggi in cui il bello, il colto, il talentuoso, il numero uno fanno paura: meglio volare bassi già prima di tentare, come volava basso il piccione della canzone di Povia, meglio non avere pulsioni verso “egregie cose”. Fra trent’anni le “urne dei forti” saranno soppiantate dalle urne degli inetti e il nostro paese aggiungerà fra i poeti, i navigatori e i santi anche i ragazzi della porta accanto, anzi solo quelli a rappresentarla. Pirandello scriveva in una lettera indirizzata al figlio: “me ne vado da questo porco paese, in cui un uomo elegante e colto come me può solamente essere visto come un nemico”. La canzone, comunque, ricorda un po’ (ma le note sono sette rispondono i più) la celebre Don’t worry, be happy somigliante anche nelle tematiche del testo. Grandissimo Lelio Luttazzi, un maestro del jazz ancora oggi. Tipico caso in cui l’età anagrafica non conta: è giovane nei modi, nelle tematiche, nella maniera di porsi. Tocco da Errol Garner, da Teddy Wilson, ha reso la canzone Sincerità molto più interessante. Sanremo appartiene alla televisione italiana. Un grande Bonolis lo ha ricostruito e ha confezionato un prodotto molto appetibile. Il direttore artistico, inoltre, ha dimostrato ulteriormente di essere un mattatore del palcoscenico. Non mi scandalizzano nemmeno i costi eccessivi: la Rai li avrà abbondantemente coperti con gli introiti pubblicitari. È legittimo che una televisione voglia proporre intrattenimento, quindi ben vengano in quest’ottica Sanremo e X Factor. È anche leggittimo, a mio avviso, che genitori famosi appoggino i loro figli. Un padre ha il dovere di farlo. E poi molte volte il figlio è talentuoso e merita di aver successo. E poi in Italia lo fanno tutti, per cui o tutti o nessuno. La figlia di Zucchero ha cantato bene, un po’ meno la figlia “dei Pooh”, crescente come intonazione in tantissime parti, forse per l’emozione. L’altra ragazza prodotto della trasmissione “Amici” ha avuto un problema tecnico: se allontani troppo il microfono dalla bocca, non si sente quello che fai! Se pensi che, in questo modo, riesci tecnicamente a intonare meglio le note alte devi essere sicura di cantarle intonate. Sarebbe stato sufficiente abbassare di mezzo tono la canzone e forse sarebbe andata
meglio. Menzione a parte dedico a Pino Daniele e alla sua protetta fra le nuove proposte. Pino è un mio idolo musicalmente, un modello da seguire: in questo caso però qualcosa non torna. Ha dichiarato infatti che ha deciso di appoggiare la causa della ragazza per la quale ha scritto la canzone (non ricordo il nome della cantante) perché apprezza il fatto che la stessa abbia scelto di intraprendere un percorso lungo e difficile come la musica. E se per percorrere sentieri lunghi si scelgono strade in discesa e scorciatoie? La ragazza, non solo lei, è frutto di quella televisione di intrattenimento di cui sopra. Non ha scelto i concerti live, i provini e lo studio in solitudine del suo suono, ma si è presentata ad uno show televisivo: X Factor dal quale tra l’altro è stata eliminata. Pino, quindi, non può più stigmatizzare il marketing, l’audiece, i prodotti commerciali e scrivere che è annoiato dalla modernità nelle sue canzoni, avendo appoggiato una cantante frutto esattamente della realtà da lui descritta in maniera diversa. La musica non è più un percorso artistico, è soggetta al gusto dell’intrattenimento e del televoto. Quest’ultimo – poi – siamo sicuri che rappresenti veramente il gradimento del pubblico? Se così fosse potrebbe anche andarmi bene: la musica in fondo si rivolge alla massa ed è giusto che venga giudicata dal popolo. Ma se fossero vere le polemiche ed i dubbi avanzati da Striscia la Notizia? Un’ulteriore considerazione scaturisce da queste ultime osservazioni. Programmi come X Factor sono solamente intrattenimento o diventano fucine di artisti emergenti? Se i prodotti di queste trasmissioni hanno la stessa credibilità di artisti come Modugno, Tenco o De Andrè, perché i padri famosi di cui sopra non hanno scelto di far partecipare i loro figli a X Factor piuttosto che a Sanremo? Oppure la verità è che esiste il vero mondo della musica che cammina in maniera tradizionale e, a parte, il mondo della tv di intrattenimento che fabbrica “marchette” utili alla vendita di copie solo per una, due stagioni? E se così fosse, non è violento nei confronti di chi sceglie di scrivere musica, di suonarla nei pub, nei locali, di studiarla seriamente, di comporla perché vive la realtà? Cosa potrebbe fare Luigi Tenco giovane a X Factor? Dovrebbe presentarsi con un brano di altri, non poter suonare il pianoforte e pettinarsi e ballare per essere pop? Oppure dovrebbe provare la tecnica del Grand Jetè ad Amici? Dici la tua a: lettere@inscenamag.it.
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Cinque dischi soltanto, stabiliti secondo criteri “emozionali”, un tema diverso ogni mese, qualcosa in comune tra musiche ed artisti a prima vista lontani. Perché la musica è un linguaggio universale e le barriere esistono per essere infrante.
Brian Eno
Another Green World Il primo nome che viene in mente, quando si parla di produttori che hanno fatto la storia del rock, è quello di Brian Eno. Oltre all’infinita lista dei suoi contributi (Bowie, U2, Talking Heads, ecc.), non va dimenticato che ha inciso dischi stupendi, coi Roxy Music prima e poi solista. Questo suo terzo album è ancora oggi un’esperienza emozionante (riascoltate St.Elmo’s Fire e I’ll Come Running per crederci).
The Upsetters Lee Perry
14 Dub Blackboard Jungle Lee “Scratch” Perry è l’anima degli Upsetters, produttore ed ingegnere del suono, colui che ha letteralmente inventato il dub. Questo disco del 1973 (più volte ristampato) è un manuale su come fare musica con pochissimi mezzi ma ad alta densità di ritmo e di good vibrations. Dopo aver innovato il reggae e collaborato con Bob Marley, l’instancabile Lee ha dato forma ad un genere che dal cuore della Giamaica ha conquistato il mondo.
Garbage
Garbage I Garbage non sono nient’altro che il progetto di Butch Vig che qui siede dietro la batteria. Produttore di grido soprattutto nei ’90 (vi dicono niente Nirvana e Smashing Pumpkins?), ad un certo punto decide di buttarsi nel pop elettronico e modernista. Il gioco riesce bene, tra campionamenti, riff saltellanti e la presenza della sensuale vocalist Shirley Manson. Un cocktail fresco e dissetante, difficile da ripetere.
Shellac
At Action Park Steve Albini, ovvero colui che ha prodotto di tutto, noto per il suo sviscerare l’anima di chi incide un disco con lui. Il suo progetto di maggior respiro sono gli Shellac che con questo debutto lasciarono tutti a bocca aperta. Noise spigoloso che pare disegnare forme geometriche in aria. Massiccio, uscito inizialmente solo in vinile, At Action Park è oggi un classico per chi cerca suoni secchi ed essenziali.
Nancy Sinatra & Lee Hazlewood
Fairy Tales & Fantasies
Lee Hazlewood ha scritto alcune tra le più belle canzoni dei ’60 (e non solo) ed il suo stile come produttore ha fatto proseliti e viene saccheggiato anche in tempi recenti (per informazioni chiedete ai Baustelle!). Non finiremo mai di ringraziarlo, perciò consigliamo questo disco che racchiude il meglio in coppia con Nancy Sinatra. Musica per party alla moda, di qualunque epoca.
Prodotti ad arte a cura di
Italo Rizzo
Il ruolo dei produttori discografici è spesso sottovalutato: eppure dietro la riuscita di un grande album c’è spesso l’impronta di un produttore, che interviene sui suoni, sugli arrangiamenti, sulle tecniche di registrazione. Eccone allora alcuni fra i più celebri, scelti però nelle vesti di musicisti.
armonia del gusto G.audio
l’armonia del gusto
a cura di D&G
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uesto mese un cocktail capace di conciliare il gusto secco e audace della Vodka con quello dolce del cioccolato e acceso del caffè. Trittico di sapori assolutamente azzeccato in attesa della primavera.
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er accompagnare un cocktail del genere non potevamo far altro che osare. Ed ecco delle cosine da mangiucchiare che hanno la forma canonica della madeleine ma in fondo è un fingerfood travestito da dolcetto: sono salate.
al parmigiano, Black Russian Madeleines con nocciole e profumo di tartufo nero. Il Black Russian va servito nel tumbler basso. Ingredienti: 45ml di Vodka 30ml di Kahlùa, liquore al caffè. Colore del cocktail: Bordeaux. Preparazione: Vesrare del ghiaccio nel bicchiere e unire tutti gli altri ingredienti, seguendo le dosi consigliate. Mescolare e decorare con una ciliegia su uno stecchino.
Le Madeleins al parmigiano, con nocciole e profumo di tartufo nero, riusciranno anche a rendere lussuoso e speciale qualunque aperitivo improvvisato. Ingredienti: farina 120g, parmigiano grattugiato 50g, farina di nocciole tostate 30g, burro 100g, olio d’oliva aromatizzato al tartufo nero 20g, uova 2, sale una presa, pepe macinato, lievito per dolci non zuccherato 1 cucchiaio. Preparazione: Sbattete le uova con il parmigiano. Aggiungete la farina, il sale, il lievito e la farina di nocciole, poi il burro fuso e l’olio al tartufo e un po’ di pepe. Mescolate bene tutto quanto e riempite a filo degli stampini da madeleine (o, se non ne avete, da minicake). Infornate a 180° per 15-20 minuti fino a quando le madeleines saranno belle dorate. Lasciate raffreddare su una griglia e gustate.
Colonna sonora consigliata per la vostra bevuta: “Super theory of super” dei Gogol Bordello Curiosità: Il Black Russian pare sia stato inventato dal barmann Gustave Tops presso il bancone dell’hotel Metropole di Bruxelles in onore dell’ambasciatore americano in Lussembrurgo.
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musica usi e abusi
Usi e henry charles bukowski jr.
lo scrittore con la bottiglia testo
Paolo Roversi
“ospedali,
galere e puttane: sono queste le università della vita. io ho preso parecchie lauree. chiamatemi dottore”.
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Henry Charles Bukowski Jr.
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lcune passioni nascono per caso. Sorprendenti e inaspettate come un cane dall’inferno direbbe lo stesso Charles Bukowski. Il suo primo romanzo mi capitò sotto gli occhi in una biblioteca, anni fa. Quel volume restò fra le mie mani ben poco, giusto il tempo della lettura perché, appena sfogliata l’ultima pagina, corsi a comprarlo, comprendendo per la prima volta cosa significasse possedere un libro. Rileggerselo, goderselo. La sorte mi sorrise perché il romanzo in questione era Post Office. Uno dei più riusciti. Il mio rimpianto fu che Bukowski morì nel 1994, anno in cui io avevo scoperto il suo genio letterario. Salinger, ne Il giovane Holden, sostiene che “uno scrittore è qualcuno che quando hai appena finito di leggere il suo libro senti tuo amico e che vorresti chiamare al telefono tutte le volte che vuoi”. Mi sarebbe piaciuto farlo con Buk ma non ne ebbi il tempo. Così, quattordici anni dopo la sua morte, ho scritto un romanzo ispirato a lui: Taccuino di una sbronza. Una storia ambientata a Milano, di amore, amicizia e sbronze, che forse gli sarebbe piaciuta e che rappresenta per me quella telefonata mancata. Avessi potuto parlargli l’avrei ringraziato perché se c’è una cosa che ho imparato dal Vecchio è di non arrendersi mai, anche quando tutto va male. Lui era uno che teneva duro. Uno passato attraverso mille lavori da
niente, tirando la catena, scrivendo di notte, con una bottiglia da un quarto di whisky accanto e la musica di Mahler nelle orecchie, fino ad esplodere come scrittore a cinquant’anni suonati, esprimendo disgusto per l’andazzo letterario generale, le convenzioni e i modelli culturali imperanti, descrivendo una realtà cruda e disarmante. L’effetto fu subito dirompente: l’intellighenzia letteraria fu terrorizzata dal suo stile illetterato, i benpensanti disgustati dal suo linguaggio scurrile, e l’etichetta di maledetto gli venne appioppata insieme a quella di vecchio porco. Solo pregiudizi visto che la grandezza dei suoi scritti l’uomo l’ha dimostrata sul campo. Coi romanzi e, sopratutto, con le poesie dove si (e ci) mette a nudo grazie alla sua capacità di rendere viva la parola scritta, di descrivere come nessuno l’americano medio, di emozionare lettori troppo a lungo anestetizzati da una letteratura asettica e austera. I critici più giovani lo incensano, i lettori, specialmente in Europa, lo adorano. Le vendite all’inizio non sono male, ma i grandi editori restano freddini e l’ambiente chic storce il naso. Fa nulla; Buk è come un buon vino: col tempo si affina e oggi, dopo molti anni dalla morte, si sprecano i seminari, le celebrazioni, le santificazioni, le ristampe... La risposta è semplice: di autori che scrivono, e vivono, come il Vecchio hanno buttato via lo stampo.
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testo Pino Scotto
hi guys! anche se quando leggerete questa pagina sarà già passato più di un mese dalla morte della povera eluana englaro, sono sicuro che la mia rabbia verso quelle ipocrite sanguisughe che popolano questo paese non sarà per niente passata.
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ossibile che con tutte le morti per mala sanità che ci sono state nei nostri ospedali e dove nessuno ha pagato, tutte le televisioni, i media e i politici continuano a parlare solo di questa triste vicenda? E poi comunque
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vorrei vedere tutta questa gente, sempre pronta a giudicare al posto dei genitori di Eluana, perciò lasciate che questa ragazza riposi in pace e abbiate un po’ di rispetto per la sua famiglia e per tutto quello ha passato.
E per testimoriare che ci sono persone che ancora credono nei sogni, voglio parlarvi della email di Beppe, che a 50 anni suonati finalmente è riuscito a realizzare il suo: ha registrato insieme a suo figlio il suo primo CD. La novità non sta nel fatto in sè stesso, ma nell’entusiasmo e nella semplicità di quest’uomo che alla sua età crede ancora nei suoi ideali e nella forza della musica. Ciao amico! Un abbraccio e che la vita ti regali mille altri sogni ancora. La piccola Greta invece ha 13 anni ed è già più adulta di molti ragazzi che hanno il doppio della sua età. A sua madre vorrei dire di non impedirle di essere sè stessa con i suoi desideri e le sue idee e poi la cosa più atroce: non puoi impedirle di ascoltare la musica che vuole. A me quest’ultima ha salvato la vita, altrimenti, forse sarei diventato un ladro o qualcos’altro di simile e magari non avrei avuto la forza di lavorare per 35 anni in fabbrica per avere così la libertà di fare la mia musica. Ciao Greta! Un grande bacio e continua così! Fidati, hai già capito tutte le cose
importanti della vita. Adbul invece critica il mio giudizio su Giusy Ferreri: credimi, io non ce l’ho con lei, ma con tutta la musica inutile che c’è in giro quando c’è gente che fa MUSICA vera con grande classe e originalità, perciò finchè questo paese di ladri di rock’n’roll non si accorgerà di noi, io manderò sempre a fare in culo tutti quelli che usano la musica solo per fare soldi. E per finire ad Alessandro, fan come me degli Slayer, dico che purtroppo la data di Vicenza non è saltata per colpa mia, ma è il locale ad aver chiuso definitivamente perchè purtroppo in questo paese tanti ragazzi parlano tanto di rock, di metal, poi quando si tratta di andare ad ascoltare gruppi che suonano musica propria preferiscono andare in locali dove operai della musica suonano canzoncine di Vasco e Ligabue o peggio ancora se ne vanno in qualche discoteca del cazzo. Ed è così che purtroppo i locali chiudono. Ciao a tutti sempre from fuckin’ way to rock!
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il Malincomico
costume e società
«La solitudine è un tema portante di tutti i miei film. Amo molto la solitudine e la cerco, per questo poi si riflette nei miei lavori». (Francesco Nuti)
per una volta, finalmente, il destino si è dimostrato avverso nei confronti dei media e dell’italietta populista. testo il Ginaski
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er una volta potremo evitare di sorbirci commiserazioni e programmi celebrativi nei confronti di “un altro grande artista italiano che ci ha lasciato”. Francesco Nuti è tornato a vivere, in culo a tutti quegli assatanati che aspettavano di programmare in seconda serata, su Rete4 magari, la rassegna omaggio in suo onore! Francesco è vivo, si è svegliato dal coma nel quale si trovava ormai da tre anni. Ha vinto un’ulteriore battaglia ma quella ancor più ardua lo attende adesso, quando dopo essere uscito dall’ospedale si ritrova incastrato a dover fare i conti con la vita, l’amore, il lavoro e la sua spiccata sensibilità e malinconia. Chi pensa che a un artista basti il successo, le sale piene di gente e i soldi si sbaglia di grosso. Più è grande un artista, più, nella maggior parte dei casi, dovrà affrontare i propri demoni e le proprie paure. L’alcool colpevole del declino artistico e personale di Nuti? Forse. Io credo che un cocktail ben più duro e nocivo abbia investito la sua psiche. In Italia siamo sempre i primi a criticare determinate forme d’arte etichettandole, come in questo caso, “commedie all’italiana”, così come in passato venne fatto con Totò, Franchi e Ingrassia e persino con un Fellini che veniva ritenuto incomprensibile e autocelebrativo, per poi post mortem inneggiare all’estro cinematografico dei dipartiti artisti. Del resto si sa che un morto non fa più paura e concorrenza a nessuno. Un film come Occhio Pinocchio viene totalmente snobbato dal publico impegnato,
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rivelandosi un flop vero e proprio, al contrario di un Pinocchio nomination all’Oscar visto attraverso gli occhi benigni di Roberto. Le case di produzione troppo attente all’indotto e ai casting per poter andare incontro alle ansie e ai momenti di defaillance di un regista. Lo spettacolo deve continuare, la macchina del business non si arresta e sono cazzi tuoi se riesci o meno a trovare un rimedio di fronte alle tue incertezze e se l’alcool ti aiuta non importa, se poi crepi è solo un tuo problema. Mettici anche un amore tanto cercato e probabilmente perduto. Mettici l’amore per la solitudine, amore intrigante ma pericoloso al contempo. E’ vero che l’arte ti rende immortale, forse è quello che molti creativi cercano: l’immortalità! Ma un po’ di vana gloria in vita aiuterebbe a scoprire quella serenità anche troppo oppressa dalle innumerevoli malinconie. I ricordi più sono intensi, più fanno male e guardarli attraverso un bicchiere aiuta a non sentire troppo dolore. Gli artisti, quelli veri, vivono la realtà in maniera del tutto amplificata rendendo alle volte complicato il processo di rassegnazione di fronte a fatti naturali che possono presentarsi nella vita di ogni giorno. Questo è stato, forse, il vero cocktail che ha distrutto la vita di Francesco Nuti. L’alcool sarà stato un aggravante, ma non credo sia la causa reale di quanto è accaduto. Adesso la tempesta è passata, e con l’augurio che la quiete possa finalmente entrare a far parte della sua vita diamo il bentornato a Francesco, sperando un giorno di poter tornare al cinema a vedere un suo nuovo lavoro.
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cover beat arte e cultura
la supposizione di
un’idea antonio rezza e flavia mastrella
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roppolitani a spasso nei tempi che passano a discapito delle barbe che crescono e dei capelli che si annodano. Muscolature irrigidite dall’impossibilità di esprimersi più che dalla fame. Spazi irraggiungibili a portata di mano e mani invisibili che ti rubano lo spazio. Il mondo di Antonio Rezza e Flavia Mastrella dispensa cittadinanze col contagocce in un ecosistema che sposta i propri riferimenti da Gesù Cristo a San Tommaso…
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i troviamo quasi un anno dopo, anno strano questo 2008 fatto di fatti e matti per le strade. Sono successe tante cose… cosa vi ha toccato in prima persona? A: «Non ci ha toccato niente. Abbiamo continuato a fare quello che facciamo da tanto: pensare a noi ed alle cose che ci distraggono. Di quello che ci accade attorno io non me ne sono accorto molto». F: «È stato un anno esplosivo nel senso totale. Il malessere che ha caratterizzato il 2008 ha reso possibile una certa forma di solidarietà. Strano a dirsi ma nella crisi e nel disordine anche i peggiori cercano conforto…». A: «…nella carestia durante le guerre, nei periodi difficili escono fuori i migliori, coloro che prescindono dalla contingenza. È un paradosso ma succede questo. È chiaro che se il cinema ed il teatro ne risentono anche chi ci ospita ha meno possibilità di farlo. Allo stesso tempo non è un problema che può fermare noi come potrebbe immobilizzare altri. Per noi è impossibile rallentare perché siamo autoreggenti». F: «Siamo abituati alla difficoltà, ci rafforza. Siamo due atleti, seguiamo il nostro ritmo come gli aborigeni. La cultura conservatrice tenta invano di
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testo Francesco Villari
sminuire la nostra entità guerriera». Quindi in un periodo di basso culturale non resta che appigliarsi a chi le cose le fa a prescindere? A: «Però è un sistema troppo comodo. Diventiamo ammirevoli solo quando anche gli altri capiscono cosa significhi lavorare in emergenza». F: «Il basso culturale è quello che vige, non è una condizione momentanea. C’è piuttosto una possibilità di alto culturale perché la gente che fa arte per se stessa non lo fa certo per speculare sulle sovvenzioni che il ministero elargisce per assopire chi già sta dormendo». A: «Nella difficoltà contingente emerge chi lavora per se stesso, chi riesce a rinnegare tutto pur di fare ciò che lo distrae». È anche l’anno dell’uscita di “Ottimismo Democratico”, il dvd che raccoglie alcuni dei vostri cortometraggi in bianco e nero degli anni ‘90. Il titolo della raccolta non è un caso… A: «Siamo riusciti a rendere edito ciò che da 15 anni ci sfuggiva dalle mani perché non storicizzavamo quello che avevamo reso storia già allora». E del “Pessimismo allo stato cosmico”? F: «Quello ce lo abbiamo intorno.. È un po’ una
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resa dei conti… è stato emozionante vedere dopo anni il piglio feroce di quei due esaltati che siamo e degli incoscienti che eravamo». A: «Ci si guarda intorno, è da quasi 22 anni che lavoriamo assieme, ti ritrovi ancora in forma perché gli anni sono solo trascorsi. Non c’è rimpianto su una reattività anche fisica migliore di allora. Anzi, adesso uno sa ancora meglio dove andrà a finire». F: «Sono anni nei quali ne abbiamo fatte di esplorazioni! Anche in noi stessi». La realizzazione delle vostre performance è spesso frutto di applicazione delle idee più che di ingenti investimenti. Questo è il riscatto della cultura sul denaro? F: «Insomma… sono anche lavori abbastanza complessi. Per fortuna abbiamo un insieme di tante capacità, anche materiche. Sicuramente in tutte le nostre espressioni esiste una continuità estetica - concettuale. Per quanto mi riguarda lavoro continuamente alla mia formazione artistica,
bra ravvedersi, continuando a puntare forte sui cavalli ignoranti: scuole di ballo, ballerini che tornano a scuola, reality, personaggi finti che fingono di fare finta perché è il gioco a richiederlo… È impossibile cambiare registro o sarebbe complicato vendere gli spazi a sponsor che vendono accessori per questo vuoto? F: «È impossibile perché la televisione è un organo di potere economico, di scambio, come tutti gli elettrodomestici. I potenti scambiano le ideologie, stupide, fondamentale per fare il proprio comodo». A: «L’essere privato di persone pubbliche diventa l’unico modo per allacciarsi alla vita triste che conducono coloro che la televisione la guardano. Bisognerebbe sopprimere fisicamente ha inventato trasmissioni nelle quali vengono viste altre persone che si manifestano nella loro vita privata, che poi è la nostra sventura. Idealizzare la vita privata permette a chi è a casa di sentirsi come chi è nel televisore: questa è una deportazione di
studio e ripercorro le avanguardie del passato con particolare piacere quelle di fine ‘800 e del ‘900 e adoro la storia e l’arte medievale. Il teatro ha perso la sua sacralità e quindi è tutto da rifare...». A: «Non è che a noi il denaro non interessi. Facciamo autofinanziamento e lavoriamo per una gloria che sarà. Ma lavoriamo per avere la possibilità economica di produrre ciò che viene dopo l’opera che stiamo producendo adesso. Anche per gente superiore come noi il denaro è fondamentale. Ci serve ad avere altri progetti». F: «Il denaro dipende da come arriva…». A: «…non si tratta di mangiare. Mangiare è secondario rispetto a produrre altre cose. Gente come noi può anche non mangiare ma non può rinunciare alla supposizione di un’idea». L’elettrodomestico “Televisore” sembra subire l’avanzare delle offerte telematiche e non sem-
volontà moderna. È un Olocausto non meno grave del nazismo». F: «Perché adesso l’uomo è schiavo e consumatore, vive nella realtà che lo divora. La fantasia non è soggetta a regole, ognuno coltiva la sua. Il potere cerca di veicolare la fantasia perciò penso che di questi tempi sia una forma di lotta. Da qui la deportazione delle illusioni». Si, ma a differenza dei deportati sembrano felici di questa condizione di schiavitù… F: «È perché non se ne rendono conto». A: «Mica lo sanno… non è colpa del pesce che viene preso ma di chi tende queste trappole. Chi sta a casa ha problemi che lo rendono vulnerabile: da giustiziare sarebbero coloro che rendono questo Olocausto possibile ogni giorno. La soppressione degli ebrei non è meno grave della soppressione della volontà di un popolo».
F: «È una soppressione preparata anche a scuola. I ragazzi delle scuole non sono preparati, non sono colti». Manca loro qualche passaggio che li possa ricondurre alle proprie radici culturali… F: «Certo è che prendono i più deficienti. La gente per fortuna ha una saggezza popolare antica che ancora si porta dietro, specialmente nel sud Italia. Speriamo che duri…». “Io sono il mio tamburo e suono al mio ritmo” (da Bahamut) mi sembra un invito ad una presa di coscienza. Sembra assurdo che si preferisca inventarsi una vita virtuale piuttosto che curarsi di quella reale. Come se tra una piastrella rotta e una piastrella rotta si preferisca comprarne una per la casa delle bambole? Perché? A: «È tutto relativo, non si può generalizzare un pensiero. Per noi la realtà è vivere fuori dalla realtà. La nostra realtà è non esserci. Proprio per questo anche noi facciamo una vita reale, che per altri magari è una vita assurda. Ma non è egoista, non è egocentrica. Le persone non arrivano a capire che chi agisce per se non è egoista ma è completamente lui al centro di tutto: l’egoismo è tutt’altra cosa». F: «Il suppellettile ha un’importanza fondamentale: è l’inutilità che crea schiavi. L’accessorio è la calamità dei giorni nostri perché è inutile». A: «…o è la calamità dei giorni vostri, o se tu vuoi essere dalla parte nostra, dei giorni loro». Ribadisco che io sono senza speranza, e quindi dalla nostra parte… F: «La speranza è un sentimento cattolico, fa schifo». A: «È spudoratamente cattolico». F: «L’hanno inventato loro per scongiurare l’ambizione». A: «La speranza sottintende che in questo momento si può anche non fare perché c’è qualcosa che manderà il meglio o il peggio. La speranza è un anestetico inventato per calmare le ansie del presente. Anche noi diciamo “speriamo”, ma utilizziamo il termine come un intercalare. Noi non speriamo in niente. Tutto può andare meglio, non una cosa soltanto. Che sia una speranza integrale: tutto deve andare meglio, non solo i cazzi propri». “Il passato è il mio bastone” è una ricerca di punti di riferimento che stanno a dire, vista la ricerca di identità, un BASTONE PER LA GIOVINEZZA? F: «…questa è difficile, non mi immagino sorretta o immobile perché per ora è il movimento il mio bastone». A: «Per noi lo è stato. Siamo ancora giovani ma inconsciamente ci siamo appoggiati, ci siamo commossi (non nel senso delle lacrime) nel vedere
come eravamo quando la nostra arroganza poggiava sul nulla, non avevamo fatto ancora niente. Adesso la nostra spavalderia, questa baldanza, poggia su vent’anni di attività. Allora eravamo come oggi, così spavaldi ma più puri perché poggiavamo l’arroganza su niente; quindi è stato un bastone: il bastone della nostra inesperienza». F: «È il bastone del tempo: quando passa il tempo e fai le cose, ti accorgi che quello che senti è reale. Il tempo è un mezzo, non una calamità come nell’immaginario comune che ci (li, ndr) vuole sempre giovani. è una mentalità sbagliata perché è il tempo che ti da altre idee». Un “bastone della conoscenza”… F: «Si, ma non indipendente dal tempo». Per non sembrare inopportuno, in chiusura, ho pensato di farvi dare una riposta ad una domanda che poi sarebbe stata in divenire… A: «Detrattori di quello che fai, in generale, non trovando difetti a quello che fai, per quanto oggettivamente ce ne siano, si limitano a dire che in quel che facciamo in teatro non ci siamo mai rinnovati negli ultimi quindici anni. È una cosa completamente inesatta perché abbiamo proprio variato il modo di stare in scena di spettacolo in spettacolo. La difficoltà che ho adesso è, invece, fare cose che ho già fatto, perché mi sembra di essere già stato in tutte le posizioni del palcoscenico. La fantasia stupisce perché l’essere umano non è biologicamente abituato ad essere stupito: sapere che una persona ti stupirà porta quella persona ad essere prevedibile. Non siamo fatti per lo stupore. Siamo abituati a vedere quel che già conosciamo. Una persona che ti ha stupito sai già che la prossima volta potrà stupirti ancora e questo la rende prevedibile. Quello che crea non è più stupore ma prevedibilità attraverso lo stupore. Secondo questo paradosso, noi siamo due persone molto prevedibili. Chi ci viene a vedere lo sa e ciò ci rende prevedibili. Non avere la pazienza di aspettare lo stupore è un comportamento tipico del potere che vuole gli altri simili a come se li immagina». F: «La fantasia si muove continuamente, miscela e frammenta. Le visioni si materializzano, hanno continuità, diventano realtà. La fantasia può essere tangibile ma non è un’ideologia, è una dimensione. La fantasia diventa banale quasi sempre per problemi di censura; siamo oppressi da film, opere teatrali noiose, già viste, imposte dagli esperti ad autori compiacenti. Siamo circondati da persone che vogliono che ognuno sia uguale a come lo si vorrebbe». La domanda era: Perché la fantasia stupisce e perché la fantasia diventa prevedibile?
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videoarte arte e cultura
la romantica solitudine di
un video
d ’ artista 1
giacomo triglia: un ragazzo qualunque in un giorno qualunque, giorno che precede quello della clamorosa svolta con gran finale.
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testo Serena Carbone
G G 3
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1.da 2.da 3.da 4.da 5.da
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ZETTELKASTCHENcinema Akt 2°, film, 2006 Famous Discussion, music video, 2007 Jesus Christ Superstarwars, 2008 The Dawn And The Embrace, music video, 2008 ZETTELKASTCHENcinema Akt 2°, film, 2006
iacomo Triglia, classe 1981, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, esordisce nel 2003 alla I Biennale d’Arte Studenti Europei, al MACRO di Roma, mentre l’anno successivo partecipa al “Torino Film Festival”, con il mediometraggio Jørgen’s son.
iovanissimo quindi, Giacomo realizza opere di videoarte, cortometraggi e video musicali selezionati nei più importanti festival del settore, come il già menzionato Torino Film Festival, l’Arcipelago Film Festival di Roma, il Kansk Video Festival di Mosca, il Silent Art Movies di Aosta, lo Stoccolma Film Festival e il Venice OFF di Venezia. Collabora inoltre a progetti televisivi, curando anche diverse sigle, bumper tematici e spot promozionali. Nel 2007 durante la manifestazione d’arte contemporanea “Bovarchè”, le sale di Palazzo Tuscano a Bova (RC) si sono animate dei suoi lavori ed in questa occasione è stata proiettata per intero la triologia Zettelkästchecinema, Cofanetto delle belle cose cinematografiche. Nei suoi film la sequenza narrativa si fonda su un vero e proprio blob di immagini intrise di memoria, che si materializzano in un’accordante scorrere di sagome, paesaggi, sketch, al ritmo di una musica che è parte integrante del lavoro ed è sempre protagonista in relazione e sincronizzazione alle immagini stesse. «La musica – dice l’artista infatti – è la vera colonna portante dell’intera produzione, una produzione impregnata di melanconia, di una dolce tristezza, di una romantica solitudine».
Allora, nei suoi lavori, atmosfere rarefatte richiamano una dimensione passata, sospesa tra reale e onirico, dove gli oggetti comuni e le situazioni quotidiane si saldano in un armonioso equilibrio presente. Le coordinate tempo-spazio, sui quali regge qualsiasi impianto filmico, tendono così a sgretolarsi a favore di immagine e suono. L’intera produzione di Giacomo si ispira a registi come Wes Anderson, Gus Van Sant, Bela Tarr, Paolo Sorrentino, Thomas Vintenberg, Aleksandr Sokurov, Paul Thomas Anderson e a scrittori come Kurt Vonnegut, Daniil Charms, Dave Eggers, Chuck Palahniuk, Ugo Cornia, Paolo Nori e a tutto ciò che è vintage: vecchi strumenti analogici video/musicali, macchine fotografiche, macchine da scrivere, giocattoli, scatole di latta o comodini norvegesi color turchese, tutti oggetti che l’artista raccoglie e custodisce gelosamente in casa propria e che quasi sempre utilizza per e all’interno dei propri lavori. Attualmente Giacomo sta curando diversi video musicali per varie band e portando a conclusione un nuovo cortometraggio, destinato alle selezioni del Torino Film Festival 2009. Tutti i suoi lavori sono visibili all’interno del sito web: www.giacomotriglia.com.
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design arte e cultura
londra:
il waterfront
di reggio calabria
protagonista testo A. Shuthole
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l Sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti ha presentato in anteprima nella capitale britannica il progetto della Reggio del futuro. Il contatto con il mare già avviato in questi ultimi dieci anni sarà potenziato come volano turistico ed economico di una città che non vuole avere nulla da invidiare a posti come Miami beach o la promenade a Nizza (dove tra l’altro si dice ci siano a decoro i lampioni in stile liberty del nostro antico chilometro d’Italia).
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n progetto avvenieristico realizzato da un architetto talentuoso ed innovativo, di origine irachena. Il museo del Mediterraneo costituisce il pilastro di quelle che saranno un insieme di opere che riqualificheranno il Waterfront della città dello Stretto. Il progetto dalle linee dinamiche e futuristiche concilia il concetto di funzionalità e di modernità con quello di mediterraneità e di tradizione. Le varie parti che lo costituiscono rendono un’idea di spazialità nel contesto urbano in cui
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si ergerà il museo, realizzando una tridimensionalità urbana. Londra ha sempre costituito la mecca delle nuove tendenze musicali, di moda, di stile e proprio in questa città si è voluto presentare tale progetto come a dire che Reggio Calabria è in perfetta sintonia con la sfida della globalizzazione moderna. Soddisfazione espressa dal Sindaco Scopelliti per la volontà dimostrata dalla sua amministrazione di portare a termine la fase progettuale di quella che sarà una vera e propria opera di restyling della città.
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Il museo del mediterraneo collocherà reggio calabria fra le più importanti mete turistiche del mondo.
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da un’idea di
Antonio Rezza e Massimo Camilli con l’intervento tardivo di Flavia Mastrella foto
Angelo Fratini 1987-1989
La mostra completa venne allestita nel 1990 da Flavia Mastrella all’interno del Centro Culturale dell’Immagine Il Fotogramma diretto da Giovanni Semerano. I Visi...Goti sono una serie di 36 ritratti in bianco e nero con soggetto Antonio Rezza corredati da una lente di ingrandimento che serviva al visitatore per esplorare le pieghe del viso alla ricerca della verità. Più in basso, alla destra di ogni foto, la medesima immagine rimpicciolita testimoniava lo scatto di partenza prima dell’intervento grafico e teorico. Il lavoro ha vissuto continue rielaborazioni che lo hanno sempre meglio definito e completato. Si è partiti da un rapporto tra fotografo e soggetto; sulla pellicola sono state impresse delle forme prive di denominazione: non c’è mai stata la consapevolezza di interpretare una Comparsa dell’elicottero oppure un Pioniere del paracadutismo. L’identificazione di queste forme con personaggi, oggetti o sensazioni della nostra cultura è giunta in un secondo momento, grazie allo studio delle caratteristiche somatiche ed emozionali che tali ritratti presentavano. Così una faccia che sprizzava l’impegno politico da ogni poro è divenuta un Carlo Pisacane con tutto il fardello di uomo risorgimentale. Il personaggio, una volta smascherato, doveva trovare l’ambito all’interno del quale fossero ancora più esaltate le sue attitudini: con il passepartout è stato delimitato lo spazio in cui agisce il protagonista e sono state sottolineate le peculiarità dell’emozione. Le curve che racchiudono il Rigoletto non fanno che accentuarne la gobba, il cerchio irregolare che finisce a punta di Pene d’amore trasforma l’anatomia in sentimento. I Visi...Goti segnano l’inizio della nostra collaborazione. Nel 1986 Antonio e Massimo Camilli avevano ideato un gioco espressivo con le macchine fotografiche poste nelle stazioni; scatti consecutivi che ritraevano Antonio in vari atteggiamenti innaturali con lo sguardo rivolto all’obiettivo. Ben presto Angelo Fratini, fotografo avventuriero, prestò il suo occhio e la sua sensibilità (nonché il suo intervento gratuito). L’intervento di Flavia fu grafico-teorico, di rielaborazione dello spazio. Erano tempi in cui lavoravamo molto per produrre le nostre opere che maturavano tra mille difficoltà e altrettanti rimbrotti familiari. Quando finalmente portammo a termine il progetto fu un successo memorabile. Da questo numero di iNscena proponiamo, una volta al mese, una selezione di fotografie che sintetizzano il significato e i sapori del tempo.
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salvator dalì
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personaggi coito ergo sum
anche
i santi
vanno in
paradiso F oTO
approfondimento sul lato umano di maurizia, che si è resa disponibile alla consueta terapeutica chiacchierata a tutto tondo sulla quotidianità, su ciò che dipinge gli scenari attorno alla nostra persona sempre più sola in questa società malata. testo Cerbero
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personaggi coito ergo sum
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acconti spesso il tuo percorso senza tralasciare che a vent’anni hai preso la decisione e a 23 ti sei sottoposta all’operazione. Racconti che la strada ti ha permesso di recuperare i soldi per farlo ma che ti ha dato anche una specializzazione in psicologia. Cosa si impara? «A vent’anni ho deciso di percorrere il miglio verde, quel corridoio lungo tre minuti, che dalla mia stanza del Charing Cross Hospital di Londra, porta in sala operatoria. Ho anticipato il film, con la paura che mi spezzassero gli organi. Ero da sola. È noto che c’è un traffico di organi notevole. Poi nel 1999 ho voluto ripercorrerlo: sono infatti tornata a Londra per il “tagliando” dei 20.000 km. Per risponderti: prostituirmi al Parco Ravizza mi ha permesso di raccogliere i soldi per fare il seno: ai tempi lo pagai 100.000 lire al mese, era una clinica piena di suore. In tutto erano 600.000 lire che all’epoca – avevo 19 anni e adesso ne ho 53 – era una bella cifra. Fare il seno, essendo carina e bella di corpo, mi permise poi di intraprendere la carriera di spogliarellista al Teatro Smeraldo di Milano, nelle riviste di avanspettacolo dove mi chiamavo Laura Kelly. Sono “laureata” in psicologia senza aver studiato, come i medici d’assalto (della C.R.I. o dell’Unicef ): io ho la pratica. La specializzazione si è poi evoluta facendo i night, ascoltando i problemi diversi di molti uomini diversi». È di recente uscita il tuo libro “Maurizia: i travestiti vanno in paradiso”… «…e perche no? Avevo una casa a Panarea che ho dovuto vendere perché mi veniva chiesto il pizzo. Ma io non sono ricattabile: sono scesa nuda al porto con un cartello con scritto “Vendesi” sul lavoro del mio “dentista”. Ogni volta che sbarcavo a Panarea erano 8 o 10 mila Euro. L’anno che non ho pagato mi hanno distrutto la casa. Una casa accanto alla chiesa. Le campane mi disturbavano, mi svegliavano. Io probabilmente disturbavo la chiesa. Non i preti: padre Francesco mi adorava, gli compravo le bottiglie di whiskey, i sigari e le sigarette. Ad un altro padre che andava in giro con le scarpe rotte, compravo le scarpe. Una volta all’uscita dalla Messa delle 18:30 io ero sulla mia terrazza, su un letto a baldacchino, in topless e coperta solo da veli; tutta la gente guardava me che salutavo il padre che aveva appena celebrato, invitandolo a casa mia, davanti tutta a quella gente, che poi sono i borghesucci denutriti che pensano di avere l’esclusiva sui buoni sentimenti, quelli che vanno in chiesa perché pensano così di guadagnarsi il Paradiso, come quelli che vanno in banca e pensano di poter
ottenere un prestito senza averne le credenziali. Fatto sta che io lo chiamai, lui venne, io guardai tutti e chiusi la porta: parlammo un paio di minuti e gli diedi 300 euro dicendogli: “Ti raccomando comprati le scarpe, non dare anche questi agli altri perché non puoi andare in giro a piedi nudi” e gli diedi un bacio sulle labbra. Riguardo al libro devo dirti che io non l’ho scritto. L’ho dettato e non ho ancora avuto il coraggio di leggerlo, mi destabilizzerebbe. L’anno prossimo uscirà il numero due con la pubblicazione delle lettere ricevute dalle carceri in 26 anni di carriera. Lettere scritte con il sangue, con lo sperma e con la merda. Scritte dai carcerati che mi confessano le loro colpe. Pubblicherò le lettere originali, spesso illeggibili, con a fianco la traduzione. Sarà intitolato “Il Paradiso è alle Sbarre”». Leggendo che tu “non ami fare sesso” mi vien da pensare che la considerazione va fatta accostando la cosa ad un impiegato che fa il suo lavoro quando l’ultimo dei suoi pensieri è quello di far quadrare la contabilità. Ti sembra una chiave di lettura corretta? «Io preferisco l’amore. Venerdì scorso ho rotto con la persona che ho amato. Mi manca tanto. Giusto ieri ho dato l’addio ad Antonio con questo messaggio: “forse per caso mi hai messo la mano sul cuore o forse per caso io cercavo qualcosa da amare”. Lui non ha risposto. La seconda parte è stata: “Dio sa quanto mi è costato ascoltare sul mio seno il respiro di uno scemo, recitare la mia parte, come un rito, come un’arte, perché sotto la mia gonna c’è la prova: sono donna”, dalla canzone Fiabe di Loredana Bertè. Non lo chiamerò più e non lo cercherò più. Fa ancora male, molto. Non ha nulla a che vedere con il sesso. Il sesso è una doppia dose di morfina, ti fa morire sorridendo». La vita si snoda tra mille questioni da risolvere e mille impegni. Riesci a trovare del tempo per fare le cose che ti piacciono? «Se sono allegra, si! Nei periodi di depressione non trovo neanche il tempo di guardarmi allo specchio. Il tempo deve avere delle collocazioni, tempo che non riesco a trovare nei periodi di depressione. Ho un po’ paura della gente. Gente che manca di rispetto a me in quanto donna. Gente, magari altolocata, che vede in me la possibilità di fare delle cose che non potrebbero mai fare con i cessi che frequentano. C’è un crollo dei valori totale: i matrimoni durano in media 9-15 mesi. Non c’è più niente. Esiste solo il dio denaro. Mi vien da ridere quando incontro gente che dice: “Voglio diventare famoso, come posso fare?”.
Io rispondo “Ucciditi! Uccidi i tuoi genitori mentre dormono, così diventi famoso.” Gente “era un brav’uomo” che torna a casa e uccide le figlie, la moglie e si spara ma, cornuto, non muore mai. Io do un consiglio: quando avete sterminato la famiglia e volete togliervi la vita, non sparatevi in bocca ma sparatevi nel culo, che lì crepate senz’altro». Che cazzo ci fai con la tessera della Lega Nord? Volevi solo baciare il Senatur? «Il Senatur avrei potevo baciarlo a Telelombardia in altre occasioni, era più scherzoso e molto più simpatico. Mi sono tesserata alla Lega Nord perché sono stufa dei tanti clandestini che ci costringono a vivere in prigione. Poi sono per il federalismo, per la Lega. Nonostante alla conferenza di Bossi mi abbiano buttato addosso tutta la sala, polizia compresa, nonostante abbia la tessera da 50 euro, nonostante sul Corriere della Sera Bossi mi abbia dato del “finocchio di sinistra”». Quello che sembrava essere un tabù transgender oggi è entrato a far parte del quotidiano. Grazie a te e Vladimir Luxuria, alla vostra testardaggine e convinzione di portare avanti un certo tipo di scelta che deve essere al di fuori della critica facile. Possiamo veramente aggiungere agli auguri un biglietto con scritto “Auguri e figli trans”? «Io ho sempre detto: “Auguri e figli froci”. Luxuria ha fatto L’Isola dei Famosi, io mi ero presentata tempo prima ma mi era stato detto che non avrei potuto parteciparvi per il mio passato. Ma anche Luxuria ha dichiarato di aver fatto i marciapiedi. A differenza di Luxuria io sono un partigiano della transessualità. Ho fatto la guerra fuori dalla Camera dei Deputati, fuori dal Senato nel 1982 con i cartelli “Siamo donne” e “Per il diritto al cambiamento di nome”. Ho preso le botte, sono stata accusata di vilipendio alla religione, manifestazione tumultuosa. Luxuria ha trovato la pappa pronta. Poi non mi piace come si veste: ma chi la veste il Paradiso del Cane? Una donna di classe dovrebbe mettersi davanti allo specchio e scegliere un suo stile. Il signor Vladimiro Guadagno ha delle crisi d’identità e non ho ancora capito che tipo di donna ha deciso di essere. Devo anche dire che ha un culo della Madonna: si candida e viene eletto il suo schieramento, va all’Isola e la vince. Culo che io non ho mai avuto in 26 anni di televisione nonostante i premi che mi sono stati riconosciuti. Ma non demordo, vado avanti. Mi piacerebbe solo trovare qualcosa da amare». Una ricerca complicata… «Molto complicata. In quanto al signor Vladi-
miro Guadagno, in arte Vladimir Luxuria volevo aggiungere che io non ho mai avuto un nome d’arte, sono decisamente contro chi fa finta di essere. Ho fatto una battaglia per cambiare una sola lettera, da Maurizio a Maurizia, proprio per l’importanza che quella lettera aveva». Il tuo rapporto con internet… «Mi sono stati rubati tutti i siti internet: mauriziaparadiso.it non è mio, il .com nemmeno. Sono entrata in possesso da un mese, finalmente, di www.mauriziaparadiso.net che è il MIO unico vero sito. Tutti gli altri sono falsi. Non abbonatevi perché vendono oggetti sfruttando il mio nome ma non sono io, neanche su Facebook né su Myspace. Ho intenzione di denunciare la cosa alla polizia postale. Viviamo in un mondo di ladri di polli, sono finiti i tempi dei ladri gentiluomini: non c’è più Diabolik». L’Italia distratta ha creduto di alleggerire i toni delle chiacchierate con il Festival di Sanremo, appena concluso. Nel 1994 tu hai presentato il Festival di Sanscemo, contraltare realistico con provviste di ortaggi piuttosto che di televoto. Non si potrebbe adottare lo stesso criterio anche nella città dei fiori? «Secondo me, si. Trovo vergognosa la formula dell’eliminazione di talenti pazzeschi, come Luigi Tenco. Appoggio Patty Pravo, la minaccia bionda, che dice che Mina interviene solo con la sua voce. Ma perché? Forse perché invece di 10 milioni di euro gliene hanno dato 9? Sono soldi dei contribuenti! Il Festival è falso, finto, uno spreco fatto con i nostri soldi. Quando invece il Festivalbar è sempre stato più gioioso e reale. Sanremo segue la politica della Chiesa, infatti il reality più grosso e scandaloso avviene in Vaticano. Mi sono divertita molto a fare il Festival di Sanscemo e farei entrare a Sanremo la gente con frutta ed ortaggi. C’è qualcuno che lo meriterebbe, specialmente i raccomandati. Non sono mai stata raccomandata ma non lo avrei nemmeno accettato. Ho rifiutato avances di persone che potevano darmi un qualcosa. Io non sono in vendita né un saldo di fine stagione. Secondo me eravamo in due, gli esiliati della televisione: il grande Gianfranco Funari ed io. Sono rimasta sola». C’è un’ultima domanda che poniamo all’intervistato di questa rubrica… Maurizia ci ha spiazzato ed ha risposto prima ancora che potessimo rivolgerle l’ormai consueta domanda di fine intervista: “Puoi simulare un orgasmo?”. Ascoltate la risposta sul nostro portale www.inscenamag.it.
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a cura e di
Paolo Roversi
paoloroversi@inscenamag.it
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iNscena magazine
Certe notti ti lasciano in bocca il sapore della nebbia.
derli. Fanno quello che possono certo, ma il resto, quello
Specialmente d’inverno, nella Bassa, quello spicchio di
che manca, il particolare più importante, devi essere tu a
terra incastrato fra il Po e l’Appennino. Notti in cui senti la
mettercelo.
faccia bagnata, i capelli umidi, il ghiaccio che gratta le ossa
Guardarsi intorno spesso non significa mettere a fuoco né
e ciò nonostante hai le labbra secche e l’unico rimedio è
tantomeno percepire appieno quello che ti circonda.
bere qualcosa per scrollarti quella sensazione di dosso.
Probabilmente il dettaglio mancante è quello che vedo
Ricordo certi nebbioni, quindici anni fa ormai, che non si
quando chiudo gli occhi e racconto la Bassa nei miei ro-
vedeva ad un palmo ed io pieno di Foster’s vagavo con la
manzi. Da una riflessione del genere è nato Capo di Ponte
mia auto sperduto fra cascine isolate e campi bui, impiglia-
Emilia, un paesino utopico e perfetto, che ho immaginato
to in una stradina senza linea di mezzeria, tutta curve a go-
nel mio romanzo La mano sinistra del diavolo. Un borgo
mito e costeggiata da minacciosi fossi pieni d’acqua scura.
affacciato sul grande fiume dove tutto accade e che, ad un
La sensazione era quella della roulette russa, una pistola
dato momento, si trasforma nell’ombelico del mondo. Un
carica puntata alla tempia, stile De Niro ne Il Cacciatore.
paesino che fra qualche mese farà parlare di sé anche in
E non certo per paura dell’etilometro, visto che, da quelle
Spagna e America del Sud: già mi vedo un messicano -
parti, e con quel tempo, nessuno si sarebbe mai sognato di
senza sombrero eh? - spaparanzato su una spiaggia dello
farti soffiare in un palloncino. E forse nemmeno adesso: al
Yucatan, che si immerge nelle atmosfere padane centelli-
massimo si appostano nel parcheggio di una discoteca o
nando una Corona o un buon sorso di Mezcal.
lungo la statale; non certo in quelle lingue d’asfalto sper-
Il segreto, in fondo, sta tutto nei dettagli: lo sguardo lette-
dute nel nulla.
rario che ti mostra ciò che c’è ma che di primo acchito non
In quei momenti la lotta era a due: tu contro la nebbia.
si vede. Come lo chiamo, io? Il lato oscuro, ovviamente; il
Tre birre in fila aggrappato al bancone di un pub che nel
noir side of life.
mio ricordo sembrava quello di Andy Capp e poi via, ad
Perché certi luoghi per renderli letterari non basta rac-
immergersi in quel mondo ovattato, convinto che con un
contarli nei libri, bisogna creare empatia col lettore, tra-
po’ d’alcool in corpo tutto sarebbe apparso più nitido. Più
smettergli sensazioni. Farlo ritrovare con la faccia umida
preciso, perché certi dettagli gli occhi non bastano a ve-
di nebbia e la gola secca.
iNscena magazine
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di
N come
Francesco Villari
on altro che un gran
rimarrebbe ricordo. E dal
cumulo di carni in
raccordo
scatola.
spostarti.
potrei
Messere,
darmi
alla
strada.
non Il
La
pensare
di
strada.
La
moto
perpetuo
fuga? Cerco di discolparmi
di gobbi inglobulati ros-
perché di fronte al pro-
si fuoco nel loro proprio
blema madre, i figliolet-
destino di perditempo. La
ti
protezione
che
impazzano
per
la
civile
si
av-
stanza, una stanza neces-
vicina e mi chiede se ho
sariamente serrata e dal
sete. Mi offre mezzo litro
claustrofobico
di
d’acqua gelida. Io gli as-
notte, potrebbero rinvigo-
sassini li so riconoscere
odore
rire il concetto di fuga. Visto da occhi innocenti il procrearsi di situazioni è limitato. Il traffico che ti scorre nelle vene
foto/ michele rieri
PUBBLICITÀ
Fermo. Immobile. In mezzo all’autostrada. Spero nell’ora di punta. Mi preoccupa di meno l’evidente contraffazione delle leggi della strada. Le colonne, non propriamente greche né tantomeno doriche, mi affascinano. Neanche fossi uno psicologo che ci marcia. Al limite uno psicospostato che non riesce a darsi pace mentre tutto è fermo. Tecnicamente le preoccupazioni dovrebbero derivare dal moto. Stando fermi l’unico timore è che un meteorite ti cada in testa. Ma alla testa della coda c’è un incidente. Non accade mai nulla da queste parti…
ma stavolta preferisco intavolare un mea culpa suicida. Non che faccia tutto schifo. Non che si sta poi tanto male. Se pensi che
viene depredato da angoscianti faccine attacca-
quello davanti a te ha gli attacchi di panico è
te al cruscotto o culi con su scritto “Ti Amo”.
perché vuoi convincerti che nessuno regala niente
Quindi sono chiuso dentro una macchina in calore.
a nessuno. E non sei fortunato se ti spuntano le
L’aria entrerebbe a condizione che abbassassi il
corna. E non sei fortunato se la tua squadra del
finestrino. Ma il finestrino io l’ho abbassato. Ma
cuore vince. E non sei fortunato se l’occhio del
sono in colonna. E la colonna non mi fa procede-
guardone rinuncia al cervello e lo scambia con due
re. L’aria non entra più. Le condizioni cambiano.
tettone spropositate. E non sei fortunato se il
Ne acquisisci qualcuna e qualche altra si smonta
grattepperdi ti da i soldi per grattarepperderne
dalla testa ai piedi. Il corpo vaneggia. Ma un
un altro. E non sei fortunato se la rateizzazione
culo ti ama. Un culo ti guarda felice. Cosa ne sa
questo mese di concede un bonus. E non sei fortu-
un culo dell’amore non corrisposto? E come inse-
nato se non hai acquistato le quote della General-
gnarlo senza farsi prendere dalla voglia intat-
Motors. E non sei fortunato se attacca la pioggia.
ta di scherzare sul tema. Lo svolgimento non mi
HAI SOLO NECESSITÀ CHE LA STRADA DAVANTI A TE SI
permette di distrarmi perche della traccia non ne
LIBERI PER ANDARTENE. ORA.
a cura di Francesca Pugliese
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top five iNclassifica
Giacomo Properzj
Breve storia del Futurismo
In occasione del centenario del Manifesto futurista, che apparve la mattina del 20 febbraio 1909 su Le Figaro. Nell’articolo Le Futurisme, a firma di tal Filippo Tommaso Marinetti. È questo l’inizio di un’avventura globale, che non mancò di affascinare intellettuali di ogni genere, a partire dagli artisti, passando per poeti e musicisti, fino agli scrittori. Una concezione di vita che nelle intenzioni del fondatore e dei suoi seguaci avrebbe dovuto spingere l’uomo avanti, cavalcando le ali del progresso e cercando di anticiparlo. Quando si riunirono a Milano i futuristi dichiararono se stessi amanti della velocità, del coraggio, e degli ideali per cui sacrificarsi. Si riconobbero come comunità di uomini eccezionali. Nel 1915 il movimento era già in declino, ma aveva posto sementi che si sarebbero brutalmente sviluppate negli anni a seguire: ecco, in questo libro, l’esperienza di Marinetti, Sant’Elia, Balla, Boccioni, Carrà e compagni. L’identità come concezione artistica e di vita. Mursia. euro 10,00.
2
Swami Kryiananda
L’Essenza della Bhagavad Gita
L’autore è uno degli ultimi discepoli diretti del maestro mistico Paramhansa Yogananda. Nel 1986, Swami fonda la prima comunità Ananda, in California, che oggi ospita circa 400 membri. A questa se ne aggiungono altre in America, una in Italia nei pressi di Assisi e un’altra in India. Swami, 90 libri, tradotti in 28 lingue e 400 brani musicali, oggi è riconosciuto in India come uno dei più saggi conoscitori della scienza e della filosofia dello yoga. Ha ricevuto il Premio internazionale della bontà da Tara Gandhi, la Medaglia Giulio Cesare dal Comune di Roma, nonché il Premio ponte 2007 del Consorzio per i libri come riconoscimento del suo ruolo di grande portavoce dell’unità e fautore del dialogo fra le culture e dell’incontro fra Est e Ovest. Vale la pena allora di andare a scoprire in questo manuale-bibbia i suoi insegnamenti che, anche per i più scettici, sono comunque stimoli alla riflessione più profonda sul mondo che cambia e si divide, finendo spesso per combattersi al suo interno. L’identità come filosofia. Ananda edizioni. euro 20,00.
3
Marta Ottaviani
Cose da Turchi
«Non sei tu che scegli i turchi. Sono loro che scelgono te e, anche se fai di tutto per piacere, non è detto che i tuoi sforzi vengano ricompensati. Anzi». Sospeso tra voglia di modernità e appiglio alla tradizione, il mondo turco non è affatto uguale al nostro. Eppure nel momento in cui cerca di prendere le distanze dall’Occidente, riafferma il suo legame indissolubile con quella stessa parte di mondo che rifugge. Questo di Marta Ottaviani è un libro a metà tra romanzo e reportage giornalistico, sicuramente interessante perché ci offre la Turchia vista dagli occhi di una osservatrice d’eccezione che vive a Istanbul e riesce a guardare il Paese dall’interno senza giudizi di merito, ma senza farsi “incantare” dalla magia dei bazar e dei minareti. Senza scordare le sue tragedie, in primis il genocidio degli Armeni. Insomma, senza rinunciare a uno sguardo critico nel senso migliore del termine. Un libro attuale e utile per capirsi, nelle differenze ma anche in insospettabili analogie. L’identità come appartenenza a un popolo. Mursia. euro 17,00.
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Ricerca del Dipartimento di Storia dell’Università di Torino diretta da Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia promossa da Aned - Associazione nazionale ex deportati
Il libro dei deportati. Volume I – I deportati politici
«Il procedere inesorabile delle generazioni sta riducendo il numero dei testimoni ancora in vita; essi sono come tali insostituibili, ma la loro lezione non deve andare perduta». I numeri dell’orrore. Tra il ‘43 e il ‘45, 23.826 nomi di deportati politici italiani, corredati da date e luoghi di nascita, di arresto, di detenzione, di liberazione. E di morte. Schede individuali risolvono in una serie di numeri l’esistenza di uomini e donne nei campi di concentramento da Dachau a Mauthausen. Storie personali del tempo in cui l’Italia si rese complice senza giustificazioni della peggiore Storia di tutti i tempi. Numeri che restituiscono le testimonianze conservate dall’associazione nazionale Ex deportati, gli istituti di ricerca e la memoria dei protagonisti. Dopo Il libro della memoria, quest’opera ricostruisce altri tasselli dell’identità collettiva delle vittime del nazismo. L’identità come memoria. Mursia. euro 120,00.
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Ursula Hegi
Come pietre nel fiume
«Da bambina Trudi Montag pensava che tutti sapessero che cosa passava per la testa agli altri. Questo accadeva prima che capisse la forza di essere diversa. L’agonia di essere diversa». Cosa significa essere se stessi quando il proprio corpo non corrisponde all’idea di normalità che gli uomini normali concepiscono? La piccola Trudi impara presto a sue spese la difficoltà di vivere quando si è affetti da nanismo. Presto. Fino ad una madre tormentata che non riuscirà mai ad accettare l’handicap della figlia e si porterà il suo disprezzo nella tomba. La figura salvifica del padre Leo, sullo sfondo della Germani nazista, è l’unico filtro d’amore che le mostra la salvezza della conoscenza. Questo sì che aiuterà Trudi a comprendere se stessa e a farla diventare adulta soffocando l’angoscia della diversità nel coraggio di coltivarsi. Alla fine è lo squallore del mondo che la circonda a suscitare orrore, mentre la donna diventa sempre più libera e bella. Irresistibile. L’identità come malattia. Feltrinelli. euro 18,08.
Antares
pose pietre miliari di incosapevole,
nobile anima. Semantica volse liminale coscienza a lidi avulsi dal tracimante egocentrico volere. assenza. Iside tese il filo adamantino cullando le corde dell’ mando emozioni, Delirio. E uscimmo piano, con veloce passo, schiu lievi e deformi aggrappati ad una stella. la morte. Di Recanati intrisi nutrivamo le belve sprezzando Nietzsche al conforto e Majakovskij. a Uniti, bradi, sognanti e batimetrici sferzammo l’ari . con artigli di gomma resecando poesie ad ogni notte Sfiorammo l’immenso. Sereno ed indignato vaga oggi il pensiero di chi sondò l’umano acceso e l’ignominia scorge su orizzonti intollerabili. Ritroveremo il Verbo! Yan Ha sse rm ann
pro loco fintoonesia
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Death from Fintoonesia
hoomortooh ah fintoonesia testo Francesco Villari
T
riste quotidiano e gioia di sapersi finalmente liberi dalla penna di Carmine Abbagnale, traduttore presso la pro loco della capitale Jornoo, nonché gemello siamese di Giuseppe. Ecco i motivi della conoscenza di nomi, cose, città, animali e persone della Fintoonesia!
S
i dice troppo spesso che partire sia un po’ come morire, il che sottintende che tornare è un po’ come rinascere. Non fu così per Antoniotto Usodimare, conosciuto anche come Antonio da Noli, che, rientrando dalla spedizione che nel 1456 lo tenne a galla sulle acque che bagnavano le coste delle Isole Bissagos, dovette incappare in qualche assurdo contrattempo. La presunzione dell’accaduto è dovuta alla sua scomparsa quantomeno improvvisa e assolutamente priva di documentazione attendibile al riguardo: svanire è un po’ come toccare il cielo con un dito. Il 17 gennaio scorso Hamyra è stata morsa da un serpente velenoso (poyzoh serpyy) durante un’escursione che avrebbe dovuto condurci fino alle pendici del Maloomontje. Io, Hamyra e Serdzyy, accompagnato dall’inseparabile pappagallo Chyyno, siamo partiti all’alba. In direzione sud-ovest si possono ammirare i colori (jjcoolooryy) che bussano alle porte degli occhi ancora assonnati delle ore prime. Dopo una pausa durante la quale abbiamo sorseggiato una tisana di ortica (urtica dioica), ortosifon (ortosifhon stamineus) e betulla (betula pendula), abbiamo proseguito verso l’interno dell’isola prestando la dovuta attenzione alle problematiche di un tragitto che, per quanto di nostra conoscenza (shapyyrjj), avrebbe potuto riservare degli imprevisti incontri con gli animali (beestjj) che della foresta conservano il possesso. Io, Hamyra e Serdzyy per l’ultima volta insieme. Il morso di quel maledetto poyzoh serpyy è arrivato improvviso, come uno schizzo dal sottobosco compresso dalle abbondati piogge (kyyovjj) degli ultimi tempi. Hamyra è caduta in un sonno che da quel giorno è stato costante. Secondo la tradizione, è volere di Horboo quello di evitare inutili sofferenze a colui che viene immobilizzato per sempre nel sonno del morto (hoomortoo). Ad Hamyra è stato fatto ingerire un infuso bollito di ayahusca, estratto grattugiato dalla corteccia della liana Banisteriopsis caapi. Il passaggio diventa così indolore, quasi piacevolmente una mano che accompagna al di là del pensiero, oltre le conseguenze di una irreparabile, ultima esperienza. Approfondiremo (Haphoyy).
∙
telefilm 4:3
Rose e Narcisi in
Ally McBeal
S
an Valentino come pretesto per scandagliare un clichè immortale: il fascino del primo amore, così cristallino e così dannatamente complicato, contro il comodoscomodo emisfero di certezze che dà il partner perfetto, assolutamente reale e con la fede al dito. (La fede che gli/le hai infilato tu). Le puntate storiche di Ally McBeal in cui esplodeva il faccia a faccia tra questi due archetipi sentimentali cominciavano proprio così, da un 14 febbraio come tanti… testo Simonetta Caminiti
C
ontestualizziamo. Lei – la protagonista – è una vera squinternata. Un’anima inquieta, romantica, che svetta col suo intelletto e col suo cuore, ma qualche guasto al motore nella sua indole sembra condannarla alla infelicità. L’altra – l’antagonista? No no, sono pure diventate amiche – è riuscita a sposare il grande amore (di tutte e due): questa è bella, è professionalmente abile, è discretamente simpatica, ma soprattutto è semplice e concreta. L’abbiamo visto mille volte, questo “schema”. Qui siamo in Ally McBeal, e parliamo di Ally e Georgia, nella seconda stagione della straordinaria serie tv di David E. Kelley. In un banale San Valentino di fine millennio, il bello e conteso Billy Thomas si rendeva improvvisamente conto di un fatto: “Non ho mai amato e non amerò mai nessuna come ho amato, e continuo ad amare… te.” (Dove “te”, naturalmente, sta per “Quella che non dovrei amare in nessun caso”). Ricorrenza squallidina, il San Valentino dei serial, ma che in questo caso inaugurava un paio di episodi tra i meglio scritti del telefilm. L’interrogativo è universale: è più gratificante riposare su un piedistallo, sguazzare nell’ampolla magica dei desideri e dei ricordi della persona che ci ha segnato
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indelebilmente… o stare al suo fianco nella buona e nella cattiva sorte, intuendo che quella persona non ci appartiene del tutto? Due rogne che “Billy” trasformava in un disastro, inchiodato alla poltrona della psicoterapeuta più folle di Boston per una buona mezzora dell’episodio successivo. Parossismi e caricature a parte – non dimentichiamo che Ally McBeal visitava le sceneggiature da drama con espedienti da sit-com – il personaggio maschile usciva pessimamente dal dubbio amletico. Avrebbe scoperto di non avere il “fegato” per accogliere una personalità dominante come quella di Ally, ma non aveva sposato neppure una donna così accondiscendente da accettarsi nel ruolo di “amore più agevole, giammai più intenso e più scelto.” Billy finiva solo e depresso. Solo, depresso e coi capelli ossigenati. Una sequenza alla Streisand-Redford di una pellicola indimenticata. Un tragicomico esame, un ameno massacro. Ma anche una di quelle incognite che mettono a nudo la fragilità dei narcisi e il loro scontro coi sentimenti; una trattazione sincera, infine, che una rubrica specialistica non avrebbe affrontato con altrettanta dovizia o, se non altro, con la stessa geniale ironia.
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La pantera rosa 2
Ponyo sulla scogliera
Regia: Harald Zwart Sceneggiatura: Len Blum, Steve Martin Nazione: USA Uscita in Italia: 6 marzo Genere: commedia Cast: Emily Mortimer, Andy Garcia, Steve Martin, Jean Reno
Regia: Hayao Miyazaki Nazione: Giappone Uscita in Italia: 20 marzo Genere: animazione
Viene rubata un’intera esposizione di gioielli, compreso l’inestimabile Diamante della Pantera Rosa. L’ispettore Dreyfus è “costrettoâ€? ad aggregare Clouseau ad un team di esperti, che hanno il compito di smascherare il ladro che ha fatto il colpo e recuperare il maltolto. Si ride, o meglio si ridacchia, ma Steve Martin non è Peter Sellers e la sua migliore intuizione è quella di evitare qualsiasi confronto con il grande attore scomparso, riuscendo in una dignitosa e simpatica interpretazione. Per chi ha amato la serie di Clouseau il film non è uno sfregio, per i nostalgici non è un’offesa, per i fans di Steve Martin un capitolo positivo della sua carriera. Buon Cast. Passabile.
Race to witch mountain
sfida sulla montagna maledetta Regia: Andy Fickman Nazione: USA Uscita in Italia: 27 marzo Genere: commedia, avventura, fantascienza Cast: Annasophia Robb, Carla Gugino, Dwayne Johnson
iNcittĂ
Un tecnico informatico e una scienziata screditata dalla comunitĂ internazionale salvano la vita a due fratelli, i quali sembrano essere dotati di poteri paranormali. Nella ricerca della veritĂ , che fa gola a molti, non ci sono solo i due scienziati e studiosi disinteressati, ma anche un potente magnate senza scrupoli, disposto a qualsiasi mezzo per rapire i fratelli e studiarne le capacitĂ . Film interessante, che cattura l’attenzione dello spettatore, nello stile per famiglie di molte produzioni yankee, diretto con perizia da Andy Fickman, qui alla sua prova piĂš impegnativa... Solo un lustro fa usciva il suo adolescenziale “American Party, due gambe da sballoâ€?.
Ennesimo grande film del Maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki. Il film narra le avventure di un bambino di cinque anni, Sasuke, e della principessa dei pesci rossi che desidera diventare un essere umano. Fra i due nasce una profonda amicizia ambientata in una cittadina di mare chiamata Tomo-no-Ura. Imperdibile. I maestri del cinema dell’estremo oriente, un po’ in tutti i generi, dimostrano di avere idee belle e intellettualmente stimolanti, in parte sganciate dall’immaginario americano-occidentale. Si pensi per esempio ad un confronto tra i film Disney e quelli dell’animazione giapponese: i primi sentimentalfamiliari, gli altri capaci di rappresentazioni olistiche, simboliche, metaforiche, dove il tempo si restringe e si dilata in modo diverso dal linguaggio cinematografico hollywoodiano. In questo mese esce anche il posticipato “The Wrestler�, con Mickey Rourke premiato a Venezia e recensito sulle pagine di iNscena di gennaio.
La verità è che non gli piaci abbastanza Regia: Ken Kwapis Nazione: USA Uscita in Italia: 13 marzo Genere: commedia Cast: Ben Affleck, Jennifer Aniston, Drew Barrymore, Jennifer Connelly, Scarlett Johansson, Justin Long Ispirato dal romanzo di Greg Behrendt e Liz Tuccillo, il film narra le vicende quotidiane di alcuni personaggi di Baltimora tra loro collegate. Commedia degli equivoci, che alla lontana strizza l’occhio al cinema di Billy Wilder. Il cast è di pregio, e il titolo esprime ciò che ogni uomo (o donna) pensa quando riceve un diniego di fronte a una proposta galante...E’ strano che nessuno ci abbia pensato prima come titolo di un film. Leggero e gradevole, ma Ben Affleck lo vediamo sempre piĂš in progetti impegnati, come per esempio “Reporterâ€?, un documentario sul giornalismo di denuncia nelle aree di crisi bellica e sociale del nostro pianeta.
stili e stile moda
di
Donna Quel maschiaccio
ruoli & mode del nostro millennio
U
na nuova femminilità si è appropriata del tempo presente. È celata, protetta, ridotta ai dettagli che hanno superato già da un pezzo i confini sessuali. Molto maschia, la nuova donna ri-intrerpreta se stessa per mostrarsi più forte e più decisa. È solo una maschera? testo Valeria Ligato
G è la donna a indossare i pantaloni. un po’ per sfida e un po’ per abitudine
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li esempi non mancano, illustri e non. Ormai assuefatti dalle collezioni di questa stagione che – si spera – stia per volgere al termine, non ci resta che tirare le somme di una tendenza che si è fatta largo da tempo immemore e che continuerà a ridefinirsi nel corso delle prossime sfilate. È la donna a indossare i pantaloni, un po’ per sfida e un po’ per abitudine. Tra camicie rigorosamente bianche e piglio deciso le ultime tendenze permettono di rielaborare capi classici e divise militari mescolandoli a dettagli glamour, rouches e preziosi ricami. E mentre un tempo – esattamente nel 1931 – Marlene Dietrich veniva allontanata dai salotti parigini a causa del suo tailleur pantalone, oggi i capi al maschile sono indossati con estrema disinvoltura, definendo una nuova e intrigante identità. Grazie al genio dei compianti couturiers, primi fra tutti Yves Saint Laurent e Coco Chanel, la donna veste nuove forme ed esprime se stessa attraverso la contaminazione: mescola tessuti gessati con la seta, arricchisce i pezzi neutri con capispalla borchiati in pelle nera, ammorbidisce il doppio petto e se ne serve per veicolare disciplina, potere e rigore quotidiani.
Sono due i particolari che fanno la differenza: le bretelle che, più sottili rispetto alle classiche da uomo, esulano dalla loro funzione per diventare accessorio ricercato e l’immancabile gilet, divenuto elemento di inconfutabile continuità con un passato sempre più presente. Di abusata ispirazione inglese, il gilet delle Signore si adatta alle più svariate declinazioni di forma e tessuto, esaltando la forza femminile soprattutto se indossato senza camicia. Immancabili i cappelli – dal mitico Borsalino alle coppole siciliane – abbinati a grandi borse da lavoro, sinonimi di mascolinità che si ripeteranno nelle future collezioni. Anche per le occasioni importanti, la consuetudine dell’abito lungo cede il posto all’innovativa proposta dello smoking su tacchi vertiginosi, con tanto di cravatta o imprevedibili papillon oversize. Più che dettami di una moda passeggera, sembra quasi che gli elementi che hanno sfilato sulle passerelle rappresentino uno stile di vita, uno stravolgimento dei ruoli sociali nascosto, però, da un’irriverenza e leggerezza che ancora si vuol far credere sia solo femminile. Una maschera che continuiamo a indossare per compiacervi.
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1 10 2 9 3 8 7 4 6 5 elevator 5 6 4 7 3 8 2 9 1 10 Torna a casa nuti Dopo 3 anni di depressione, coma e alcol, Francesco Nuti continuerà a riabilitarsi da casa, a fianco dei parenti e degli amici che non lo hanno mai abbandonato. Potrebbe essere la volta buona.
Padri precoci e in bolletta Si chiama Alfie Patten, ha 13 anni ed è già padre di una bimba. “Mio padre di solito allunga 10 sterline quando serve” ha dichiarato. Forse ancora non sa che per mantenere una seppur piccola famiglia, serve qualcosa in più.
Allen teatrale Nell’insolita veste di regista di un’opera lirica di Puccini, Woody Allen aprirà il prossimo Festival dei Due Mondi di Spoleto. Versatile.
Sfacciatamente Amanda Si è presentata in udienza col suo solito sorriso e con indosso una maglietta con su scritto “All you need is love”. Ok, era il giorno di San Valentino... ma non ti sembra di esagerare, bella?
Ciber-salva la vita I provider internet giapponesi hanno salvato nel 2008 le vite di 95 aspiranti suicidi, intercettando le loro intenzioni sul web: di questi 3 sono stati salvati e 92 sono stati persuasi a desistere. Sette invece sono morti.
Auto-scontro spaziale L’americano Iridium 33 e il russo Cosmos 2251(in disuso ma ancora vagante per le vie del cielo da 5 anni) si sono scontrati trasformandosi in nuvole di detriti. Mandiamo qualche ausiliario del traffico, per piacere...
Ce l’ho fatta! Così ha gridato Whitney Houston prima di tornare ad esibirsi in occasione della festa in onore del suo produttore Clive Davis. Bellissima e raggiante, la cantante ha dichiarato di essere uscita completamente dal tunnel della droga. Magari!
Mi vendo! “Ho messo l’inserzione per gioco, ma se qualcuno mi ‘acquistasse’ sarei disposto a fare tutto” ha così dichiarato Hans Mario Grandin, disoccupato e in pena per la sorte dei suoi 4 figli, mettendo in vendita se stesso su eBay.
Tecno - Peter Pan Per ora rimane solo un’indiscrezione ma dalla prossima estate potrebbe realizzarsi il progetto del Lego Phone, il cellulare da costruire con mattoncini colorati a prezzi stracciati (dai 20 a 60 dollari).
Cattivi ma italiani È stato sorpreso in un parco a Roma mentre si appartava con un bambino rom di 12 anni adescato poco prima. L’uomo di 42 anni, italiano, disoccupato è stato arrestato. E per la castrazione, c’è da aspettare.
a cura di Valeria Ligato
Italiani a Cannes Luca Guadagnino in gara con ‘Io sono l’Amore’, Michele Placido con ‘Il grande sogno’ e Giuseppe Tornatore con ‘Baaria’ affronteranno i titani stranieri del calibro di Coppola, Tarantino e i fratelli Cohen al prossimo Festival di Cannes.
Amy al collasso Rifugiatasi ai Caraibi ormai da dicembre per cercare di rimettersi in sesto, la Winehouse è stata colta da un forte malore improvviso a causa della sua inconstanza nell’assunzione dei medicinali. E intanto i ladri le hanno svaligiato la casa...
Riconoscimenti Il governo neozelandese ha riconosciuto alla tribù indigena la proprietà intellettuale e i diritti di sfruttamento della danza di guerra Haka, concedendo un risarcimento di 300 milioni di dollari neozelandesi.
Vita da reality L’ex concorrente del Big Brother Jade Goody ha deciso di vendere i diritti tv di quelli che potrebbero essere gli ultimi momenti della sua vita: il male incurabile che la sta divorando, non dovrebbe essere così degno di nota.
Ethical Fashion Grande successo sulle passerelle d’Alta Moda. Ad ispirare un’intera giornata di moda romana è stato l’Ethical fashion, la moda etica, pensata, realizzata e venduta rispettando l’ambiente e le condizioni di lavoro nelle fabbriche.
Paris a due ruote... rubate “Vélib” (bicicletta libera), servizio pubblico di noleggio di biciclette imitato in tutto il mondo, registra a un anno e mezzo dal lancio che su 20 mila mezzi, 7800 risultano dispersi e 11600 danneggiati. Fraternitè e Illegalitè.
Il popolo sovrano Hugo Chavez trionfa al referendum venezuelano; ciò vuol dire che può essere eletto indefinitamente. Sarà contento anche Maradona che lo ha sostenuto con uno spot durante la campagna.
Svendite promozionali Battuti all’asta da Antiquorum di NY i sandali in pelle, gli occhiali tondi, l’orologio e altri oggetti appartenuti al Mahatma Gandhi: ci sono cose che non puoi comprare, per tutto il resto c’è il ricordo di un piccolo uomo dalla grande vita.
Brio e politica Conferenza stampa finale del G7 economico di Roma. Shoichi Nakagawa giura di aver sorseggiato quel giorno solo un po’ di vino ma a tutti è sembrato decisamente ubriaco. Forse annoiato dalla convention ha ben pensato di animarla? Ben fatto Naka!
Ustionati e non famosi Per mettere il video su YouTube e godere di 3 minuti di notorietà, due ragazzini di Torino hanno avuto l’idea geniale di cospargersi di benzina e darsi fuoco. Risultato: ustioni per il 60% del corpo e... video non caricato.
brevemente post
Liberi di tutto il mondo unitevi pubblichiamo il responso del sondaggio proposto sul nostro portale www.inscenamag.it. testo il Ginaski
A
bbiamo posto ai lettori il seguente quesito: Il quotidiano Il Manifesto percepisce un contributo statale annuo di 4.441.529,00 Euro. Il Mucchio Selvaggio 451.460,50 l’anno. Queste testate si schierano contro i tagli all’editoria annunciati dal Ministro Tremonti, accusandolo di censura. Cosa ne pensi? Ripartiscano equamente i loro finanziamenti anche a testate indipendenti: 29,8% Un giornale dovrebbe autosostenersi con le vendite: 28,6% Bisognerebbe eliminare totalmente i fondi per l’editoria: 27,3% Hanno ragione: 13,9%
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Non mi interessa: 0,4%.
l’OROSCOPO di marzo del Mago Varenne
Il vostro proverbiale realismo vi porterĂ vicini alla meta che vi eravate prefissati, ma la vostra proverbiale ostentazione sarĂ la causa del fallimento.
La nuova stagione alle porte. Un amico e un nuovo amore busseranno alla vostra porta. Chiudete la porta, potrebbe entrare corrente.
Andate incontro a questo mese con le braccia aperte, gli astri sono dalla vostra parte e la forza di volontĂ non manca, godetevi quello che accadrĂ .
Con l’aiuto di un bravo barman esperto potrete affrontare le vostre notti di fine inverno ed abbracciare barcollanti l’arrivo di una nuova stagione.
Volere è potere! Chi ben comincia è a metà dell’opera. Non temporeggiate è giunto il momento di agire. Carpe diem...non fatevi aspettare!
Prima di parlare contate fino a dieci, potreste imbattervi in spiacevoli fraintendimenti. L’affetto delle persone non manca, basta aprire gli occhi.
Le bugie come sempre hanno le gambe corte. Lasciatevi guidare dalla voce di una persona cara e affrontate la realtĂ per quanto dura possa essere.
Attenti ad una falla che potrebbe farvi perdere acqua. Precipitatevi a chiamare un tecnico. Non è mai troppo tardi!
Sempre con la testa fra le nuvole. Un viaggio vi aspetta, non fatelo attendere e buttatevi a capofitto nelle situazioni che si presenteranno.
Non vi fate sviare da un piccolo smarrimento di inizio mese, le occasioni positive non si faranno attendere, sabbiate pazienza.
La tavola è imbandita, il pranzo è servito‌cosa volete adesso che qualcuno vi imbocchi? Fate uno sforzo e cercate di autodeterminarvi.
Viaggerete e scoprirete nuove città , Alitalia permettendo. Ricordatevi di non fare il check-in all’ultimo momento, i posti sono stretti e gli aerei affollati.
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