THe MaGazInE OF INTeRIors AND coNTeMPoraRY DesIGN
N° 8 LuGLIo-AGosTo JUl y-AUGUST 2014 Mensile/mon thl y italia/ital y € 8
Aut € 16,30 – BE € 15,10 – Canada Cad 27 CH CT Chf 20 – F € 15 – D € 19 – PTE Cont € 15 UK £ 12,10 – E € 15 – CH Chf 20 – USA $ 28
Poste Italiane SpA - Sped. in A.P.D.L. 353/03 art.1, comma1, DCB Verona
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INdice/contents luglio-agosto/ju ly-au gu st 2014
INterNIews 15
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In copertina: un allestimento realizzato per l’edizione 2013 di Marmomacc, la fie a di riferimento mondiale per marmo, design e tecnologia che ogni anno si tiene a settembre a Verona. L a superficie tridimensiona e interpreta in chiave contemporanea le potenzialità espressive delle pietre naturali nel mondo del progetto. Marmomacc quest’anno avrà luogo dal 24 al 27 settembre assieme ad Abitare il Tempo. On the cover: an installation made for the 2013 edition of Marmomacc, the worldwide fair of reference for marble, design and technology, held every year in Verona in September. The three-dimensional surface offers a contemporary interpretation of the expressive potential of natural stones in the world of design. This year Marmomacc will take place from 24 to 27 September, in tandem with Abitare il Tempo.
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produzione production come na tura dise gna/ Ho w na Ture D ESIGN S living outdoors s al ot ti en plein air/ O uTDoor SaL on s un soffio d ’aria fre sc a/A brea th of fre sh air ol tre la tavola/ Bey on d the tab le a pro va di bomber/ STrIKer Proo F un guscio pro tet tiv o/A pro tective shell brevi/produzione in brief/production project
cas a azzurri U na terrazza sul mare/ Terra ce on THe sea tut ti i col ori del circo /ALL THe coL or s o F THe C Ircu s percorsi etici/ ETHIc aL PaTHs al le stimenti & cont aminazioni In stallation s & conT amIna tIon s innovazione innovation a c accia di pionieri/ Hun tin g f or pioneer s soluzioni solutions green house s talk eventi events NE W YORK , Design week mul tietnic a/Multiethn ic design wee k
fashion file new york
f ot ografie preziose/ Pre c iou s photo gra phs fiere fairs D’DaYs , il de sign sb arc a a parigi/ DesIGn goe s to ParIS carrara marmo te c 2014 giovani designer young designers bel lezza spiritu ale/ sPIrITu aL BEAU TY
food design
sund ara , cut ting edge re staurant mostre Exhibitions richter al la/ at f ond ation be yeler L ’ar te per la na tura/ Ar T F or N aTure ga stel: ritra t t o di un’isola/ Por TraIT o F an I sLanD affre schi di architet tura/ F re scoe s o F arc hitecture sentimenti ri- tra t ti
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INdice/CONTENTS II 70
sostenibile sustainable
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paesaggio landscape
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al di là d al mare e tra gli alberi BeYon D TH e sea an D amID s T TH e T rees brevi in brief ricordo memorial paol o armenise in libreria in bookstores
sos tenibilit à ai/ S ust ainability
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at the cas ali del pino
INservice 80 96
traduzioni translations indirizzi firms directorY 2
INtopics 1
editoriale editorial di/by gild a boj ardi
INteriors&architecture
sport & benessere
sports & wellness a cura di/ edited b y ant onel la boisi 14
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nizza, lo stadio allianz riviera
ALLIANZ RIVIERA STADIUM in NICE proget t o di/ design b y wilmo t te & a ssocié s f ot o di/ pho t os b y mil Äne ser vel le , serge deamil te st o di/ text by mat te o vercel l oni 8
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gand, ghelamco arena proget t o di/ design b y mac s t opa/massive de sign f ot o di/ pho t os b y s averio l omb ardi val la uri te st o di/ text by ant onel la boisi
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são paulo, sei metri e...il cielo!
Six meters and... the sky! proget t o di/ design b y spbr arquitet os/ angel o bucci f ot o di/ pho t os b y andré s o tero /l uzpho t o te st o di/ text by ant onel la boisi 26
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rio de janeiro, un’onda sul museo
A wave on the museum proget t o di/ design b y bernarde s+j acobsen arquitetura f ot o di/ pho t os b y andré s otero /l uzpho t o te st o di/ text by la ura ra gazz ola 26
torino, uno sguardo (in)discreto
Turin, an (in)discreet gaze proget t o di/ design b y ud a architet ti f ot o di/ pho t os b y carola rip amonti te st o di/ text by ale ss andro rocc a 32
monterrey, paesaggio abitabile/inhabited landscape proget t o di/ design b y tad ao ando archite f ot o di/ pho t os b y edmund sumner te st o di/ text by ale ss andro rocc a
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ct & associa te s
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INdice/CONTENTS III
INsight INscape 38
religione e laicismo/ReLIGIon and secularism di/by Andre a Br anzi INarts
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munari dall’a alla z/MunarI from A to Z te st o di/ text by l aur a r ag azz ol a f ot o di/ pho t os b y david z an ardi
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una personalità politecnica
A polytechnic personaLITy te st o di/ text by stef ano c aggi ano
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INtoday
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migranti culturali/Cultural MIGranTS di/by Madd alen a Pado vani
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vent’anni di democrazia, un anno di design
Twenty years of democracy. One year of DesIGn di/by C hi ar a Ale ssi
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storie di casa/StorIes of home di/by Madd alen a Pado vani
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marmo forever/Marble Forever di/by danil o signorel l o INdesign
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INcenter 60
design match di/by Na dia lionel l o il l us tr azioni di/ il l ustra tions b y michel angel o gio mbini
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come a casa/BeInG aT Home di/by Na dia L ionel l o f ot o di/ pho t os b y MIRO Z AGNOLI INproject
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sull’onda del design/On the wave of design di/by Madd alen a Pado vani INtoday
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non solo furniture/Not just FurnITure di/by Valentin a C roci
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INview
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gentle brutalism di/by Stef ano Caggi ano INproduction
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intrecci outdoor/OuTDoor weaves di/by k atrin cosset
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INservice 94
traduzioni translations
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indirizzi firms directorY di/by adalis a u boldi
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EDiToriaLe
L’
estate celebra il relax, il viaggio e lo sport, in una dimensione fisica e mentale che per Interni si traduce in progetto. Nelle architetture, il tema diventa il trait d’union tra tradizione e modernità a tutte le latitudini. Si esprime nella definizione di una pelle architettonica innovativa nel nuovo Stadio Allianz Riviera di Nizza progettato da Wilmotte & Associés. Si restituisce come texture ad alto grado di sollecitazione visiva negli spazi interni disegnati da Mac Stopa per la Ghelamco Arena di Gand in Belgio. Si declina in una dimensione privata, congeniale a coltivare un benessere domestico, nelle residenze-paesaggio firmate da Tadao Ando in Messico o da Angelo Bucci a São Paulo. Per il mondo del design, il tema dello sport diventa una sfida in cui le aziende e i progettisti italiani vantano risultati di eccellenza. A dimostrarlo è la carrellata di prodotti – dai caschi alle biciclette, dagli scarponi alle maschere da sub – che dietro i contenuti tecnici nascondono firme di prestigio. Il segreto risiede nella ricerca sui materiali e sulle tipologie, ma anche nella capacità tutta italica di guardare oltre gli schemi precostituiti e di fare di una passione intellettuale o sportiva, come il surf per Giulio Iacchetti e Luca Bressan, lo spunto di un progetto d’innovazione. Stesso tema ispiratore anche per la rassegna delle novità nella produzione. Succede così che un tavolo diventi una pista da pattinaggio o un piano da biliardo; che una lampada si trasformi nella torcia di un tedoforo; che un tavolino si presti al sollevamento pesi di un vigoroso atleta. Per concludere con un focus su altri tipi di performance: quelle degli arredi e dei materiali da outdoor. Meno ‘muscolari’, ma sicuramente inedite e innovative. Ghelamco Arena a Gand, Belgio, interior design di Mac Stopa/Massive Design. Gilda Bojardi Foto di Saverio Lombardi Vallauri
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Eco Stadio progetto di Wilmotte & Associés
foto di Miläne Servelle e Serge Deamilly, courtesy by Wilmotte & Associés testo di Matteo Vercelloni
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In Francia, il nuovo Stadio Allianz Riviera di Nizza in Costa Azzurra, parte di un programma di completamento urbano nel cuore della Éco VallÉe de la Plaine du Var, si caratterizza per un disegno innovativo e per soluzioni ecosostenibili mai sperimentate in architetture di questo genere e scala
Vista serale dello Stadio Allianz Riviera dal piazzale d’ingresso. La trasparenza della membrana ETFE enfatizza il disegno della struttura mista in legno-metallo che avvolge le tribune. Sopra sezione trasversale dello stadio.
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Axonométrie Axonométrie - Axonometry - Axonometry Axonométrie - Axonometry
V
incitore del concorso internazionale bandito nel dicembre 2009 dalla Ville de Nice, il nuovo stadio della ‘capitale’ della Costa Azzurra, assegnato allo studio Wilmotte & Associés, costruito in soli due anni e inaugurato nell’agosto dell’anno scorso, è parte di un vasto e pianificato ridisegno della zona di accesso alla città dalla valle del fiume Var. Il programma di concorso, pensato quale piano di completamento urbano (PIA) e nei prossimi anni connesso alla città con due fermate della linea tramviaria che correrà lungo la Promenade des Anglais sino all’aeroporto, per poi spingersi sino al sito dello stadio, si affiancherà al Musée National du Sport e a un nuovo quartiere a funzioni miste (44% residenziale), in grado di attivare sinergie con la città storica poco distante. Ubicato a circa cinque chilometri a nord dell’aeroporto, nel settore Saint-Isidore Sud della Valle del Var, il nuovo stadio, costruito anche per ospitare le partite dei Campionati Europei 2016 di calcio, sostituisce la vecchia struttura dello Stade du Ray, caro a generazioni di tifosi nizzardi, costruito negli anni ’20 all’interno del tessuto urbano. Battezzato Allianz Riviera dal nome dello sponsor, lo stadio offre una capienza di più di 35.000
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Membrane Membrane
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Extrados Extrados Métal Métal
Extrados Métal
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Steel Extrados
Intrados Intrados Bois Bois
Intrados Bois
Timber Timber Intrados Intrados
Timber Intrados
Tribune Tribune
Tribune
Stands Stands
Stands
SocleSocle BaseBase
Particolare della copertura e vista dell’inserimento paesaggistico dello stadio nel paesaggio Socle delle colline nizzarde. Base
Schema prospettico di sovrapposizione dei layers strutturali che compongono lo stadio.
posti a sedere, con sedute su disegno distribuite sulle quattro tribune chiamate “Ray”, in omaggio al vecchio stadio cittadino, “Segurane” dal nome dell’eroina locale, “Garibaldi” in memoria dell’eroe dei Due Mondi nato proprio a Nizza e infine “Popolare Sud”. La grande struttura sportiva, progettata per il gioco del calcio e per il rugby, è stata pensata anche per accogliere grandi concerti ed eventi musicali, ampliando in questa configurazione la capienza complessiva a circa 45.500 posti, con l’impiego del campo da gioco.
Nella pagina a fianc , vista della spettacolare struttura di legno-metallo che copre le tribune e sostiene la membrana traslucida ETFE.
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Sopra scorcio delle tribune e della loro copertura dall’anello più alto; vista di uno spazio distributivo interno, tra i primi due anelli delle tribune sovrapposte. Nella pagina a fianc , vista complessiva della tribuna e della sedia W2 su disegno, prodotta da Industries SAS, in 35.600 unità con diverse tipologie e colori.
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Nuova elegante e macro landmark della città, la struttura architettonica si caratterizza al primo impatto per il disegno della pelle-struttura che avvolge le tribune e sulla sommità definisce la loro copertura, lasciando en plein air la parte centrale corrispondente alla zona di gioco sottostante. Scandita da un movimento armonico ad ‘onda’ che segue la traiettoria di un battito d’ali di un gabbiano, la ‘pelle architettonica’ dello stadio è composta dalla sovrapposizione di una serie di layers strutturali che parte dalla membrana ETFE esterna, traslucida, che lascia passare il 90% della luce, per connettersi alla struttura metallica di colore bianco che la sostiene e alla successiva trama lignea
sottostante che avvolge le tribune di cemento armato. L’insolita e riuscita struttura mista metallo-legno e la voluta trasparenza della membrana esterna, ricercano un forte rapporto tra interno-esterno, superando il concetto di luogo introverso e compiuto dello stadio, in genere spazio chiuso e protetto da apparati architettonici chiamati a custodire gelosamente l’evento delle partite. La geometria a scaglie geometriche traslucide della membrana e la leggera struttura metallica di sostegno ricordano le ali della cicala, uno dei simboli del territorio dell’interno e della vicina Provenza. Sviluppata per una superficie di circa 49.500 mq la ‘pelle architettonica’ dello stadio e la sua struttura mista di legno-metallo ha il primato di essere la più grande carpenteria radiante di questo genere mai costruita, in grado tra l’altro di assorbire un alto grado di flessibilità in relazione ai parametri di zona sismica propri della zona. Particolare attenzione è stata rivolta alle scelte ecocompatibili: primo stadio ad ‘energia positiva’ quello di Nizza è fornito di una propria centrale fotovoltaica alimentata da pannelli solari ad alto rendimento posti sul bordo esterno della copertura ed estesi per circa 7.500 mq. Centrale elettrica ecologica in grado di rispondere in gran parte ai fabbisogni energetici dello stadio. Un sistema di ventilazione naturale che sfrutta i venti della valle garantisce un efficace grado di comfort all’interno, mentre ad un impianto geotermico è affidato il sistema di riscaldamento e rinfrescamento degli spazi chiusi. L’acqua piovana è infine recuperata dalla copertura per l’irrigazione del campo da gioco, convogliata in quattro bacini collocati sotto le aree parcheggio distribuite all’intorno.
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Ghelamco Arena A Gand, in Belgio, un’arena d’autore negli spazi collettivi interni, che restituiscono una pelle ad alto grado di stimoli visivi. Perché la ‘partita della squadrA delcuore’ ha inizio da lì interior design di Mac Stopa/ Massive design foto di Saverio Lombardi Vallauri testo di Antonella Boisi
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L’ area d’ingresso con Ia biglietteria, sulla destra. Sul fondo, l’imbarco della scala mobile che conduce al primo livello dove si trovano aree di sosta e ristorante. I pilastri sono stati rivestiti, su disegno di Mac Stopa, con il Gypart, un materiale in gesso e acrilico prodotto da Gyproc, modellato secondo una trama fluida e sinuos , sottolineata dalle linee di LED by Philips che s’insinuano nel controsoffit o. Pavimento in ceramica bianca levigata lucida di Imola Ceramica.
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È
stata inaugurata lo scorso luglio alla presenza di re Alberto II e della regina Paola del Belgio. Porta la firma di Przemyslaw ‘Mac’ Stopa, creativo architetto-designer-grafico polacco alla guida dello studio Massive Design, specializzato nella progettazione di architettura d’interni e di design. Ha già ottenuto il Best of Year Honoree Award 2013 nella categoria Public Space del magazine newyorkese Interior Design e l’Interiors Award nella categoria sportiva del magazine Contract in occasione del 35° Interiors Award Breakfast 2014 a New York. Ma qual è la cifra della Ghelamco Arena
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di Gand, voluta dalla società di real estate Ghelamco NV attiva nel settore terziario, residenziale, retail e guidata da Paul Gheysens, che è anche sponsor della squadra di calcio locale K.A.A. Gand? A ben vedere, è proprio la grande forza espressiva e l’alto livello qualitativo degli spazi interni che mixano materiali, tecnologie produttive, forme e funzioni in modo sperimentale e innovativo, in grado di animare e di nobilitare, caratterizzandolo, un edificio sportivo di cemento e vetro, di nuova costruzione, con uno scheletro punteggiato di pilastri metallici, pronto all’ accoglienza di 20.000 tifosi seduti.
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Sopra, una vista centrale della lobby, dall’ingresso. Si nota la riflessione sul pavimento in ceramica levigata lucida (Imola Ceramica) delle geometrie organiche messe a punto da Mac Stopa per rivestire pilastri e controsoffit o. Sulla destra, il blocco degli ascensori. Il percorso della scala mobile verso il primo piano. Veduta notturna esterna dello stadio, un edificio in cemento e vetro segnato da grandi aperture rettangolari. Nella pagina a fianc , rappresentazione grafica del modello in 3D di rivestimento dei pilastri con il Gypart prodotto da Gyproc.
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Lo sbarco della scala mobile al primo piano. S’intravvede sulla destra, la zona del ristorante, tutto su disegno di Mac Stopa. L’ area degli spogliatoi e quella delle docce per i giocatori, con al centro la mega vasca Jacuzzi. Nel disegno: pianta della copertura con il layout compositivo dei pannelli in Solo di Ecophon.
Considerato il talento di Mac Stopa nel plasmare lo spazio con un approccio scenografico e non convenzionale, partendo da una formazione rigorosamente razionalista (si è laureato alla Technology’s School of Architecture dell’Università di Cracovia) il goal era scontato. Una ‘partita vinta’ anche quando ha partecipato agli eventi organizzati da INTERNI per la Milan Design Week, edizioni 2013 e 2012, rispettivamente Interni Hybrid Architecture & Design e Interni Legacy. Nella fattispecie gli era stato chiesto di mettere a punto una serie di soluzioni progettuali di facile messa in opera, capaci di massimizzare l’assorbimento acustico, intervenendo su precise aree: ingresso principale e biglietteria; lounge e ristorante al primo livello; corridoio di circolazione principale al secondo anello, sotto il quale si sviluppano diversi punti di ristoro; spogliatoi e spa-centro benessere per i giocatori. Fino al progetto illuminotecnico e degli arredi e al graphic design di ogni zona. Tutto costruito in tempi record: meno di due mesi e mezzo.
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Viste d’insieme e di dettaglio delle gallerie distributive sotto gli spalti, caratterizzate da una serie di punti di ristoro chiusi con saracinesche. Mac Stopa si è occupato di tutto il progetto d’interior fino al disegno g afic . La copertura connotata da oltre 10.000 moduli pentagonali appositamente disegnati e realizzati in Solo, un materiale soft in lana di vetro con grandi proprietà di fonoassorbenza, prodotto da Ecophon (gruppo Saint-Gobain).
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Come di consueto, fonte di ispirazione del suo vocabolario linguistico, sono stati la geometria organica, il colore, gli effetti tridimensionali, un’illuminazione che si integra nell’ architettura, sposando le istanze più aggiornate in termini di efficienza energetica. Mac Stopa ha rivestito tutti i pilastri della lobby d’ingresso con pannelli bianchi restituiti a una conformazione scultorea, grazie all’utilizzo di uno speciale materiale in gesso e acrilico denominato Gypart e prodotto da Gyproc, modellato secondo una trama fluida e sinuosa fino al controsoffitto. A queste superfici white e lucide, ha poi affiancato in copertura oltre 10.000 moduli opachi realizzati in Solo, un materiale soft in lana di vetro trattata, con grandi proprietà di fonoassorbenza, prodotto da Ecophon (gruppo Saint-Gobain). “Sono partito dalla forma rettangolare standard di 120 x 240 cm con cui è proposto questo elemento prefabbricato” ha spiegato “e l’ho tagliato appositamente secondo un layout pentagonale in grado di ottimizzarne gli scarti, ma anche di evocare l’immagine delle classiche porzioni che formano, una volta cucite tra loro, la grafica in 3D di un pallone da calcio”. Quello stesso elemento di riferimento elettivo che ritorna, come filo conduttore, nel corredo iconografico di tutta l’opera: dal bancone del bar al secondo livello alle pareti cartoon che segnano i percorsi. Insieme alle linee di LED (Philips) mutevoli cromaticamente, che s’insinuano nel controsoffitto, accendendo l’istituzionale ‘cielo’ di colore blu della squadra del Gand.
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Vista dell’architettura esterna. Si notano i due volumi paralleli a sbalzo che accolgono rispettivamente la piscina e il solarium e quello intermedio rivestito in legno che ospita lo spazio abitativo. Nella pagina a fianc , dettaglio del ‘patio’ interno, il cuore dell’abitazione: il verde progettato dal landscape architect Raul Pereira forma il tessuto connettivo dell’edifici , nel ritmo delle sue porzioni piene e vuote che trovano incastri perfetti tra le geometrie elementari dei piani e le vasche d’acqua su differenti livelli.
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Sei metri e... il cielo!
Nella zona progetto di Downtown spbr arquitetos/Angelo Bucci capo-progetto Nilton Suenaga di São Paulo, una casa per il weekend, con una scenografica piscina belvedere, pensata per non dover lasciare la città e affrontare interminabili code nel traffico, durante il fine settimana. Una cornice alternativa che abbraccia il paesaggio urbano con un segno architettonico forte e scultoreo foto di Andrés Otero/LUZphoto testo di Antonella Boisi
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el Paese che accoglie le strutture dei Mondiali di calcio 2014, i progetti architettonici fanno intravvedere una ricerca di modernità e un futuro nuovo anche attraverso il panorama residenziale urbano. È il caso di questa casa per il weekend in città che nasce da una precisa analisi del suo contesto: São Paulo, una metropoli di oltre 20 milioni di persone, la terza più grande del mondo, una galassia che sembra senza capo né coda, dove il traffico resta davvero uno dei grandi problemi. A causa degli ingorghi quotidiani sulle strade, gli abitanti vivono ogni
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giorno molte ore come pendolari. E nei fine settimana, soprattutto in estate, il quadro viene amplificato sui percorsi che portano verso le spiagge della costa, distante circa un’ora. “Proprio, per non restare stra-bloccato nel traffico durante il week end” hanno spiegato i progettisti dello studio spbr guidato da Angelo Bucci “il nostro committente ci ha fatto la richiesta insolita, ma comprensibile, di immaginare per lui una casa-piscina nel centro di São Paulo, tra l’Avenida Faria Lima e un asse infrastrutturale metropolitano (stradale e ferroviario) costruito
sulla riva del fiume Pinheiros, sorvolato circa ogni sette minuti dai voli provenienti da Rio de Janeiro, dove poter cullare anche una dimensione congeniale all’ozio e al relax”. Quello di Angelo Bucci è uno studio d’avanguardia nel panorama architettonico paulista che si rapporta alla molteplice storia del modernismo brasiliano reinterpretandone il dna con un approccio sperimentale. Le sue architetture strutturali non conoscono mimetismi o timidezze, al contrario vivono di innesti arditi ed esibiti, di incastri perfetti tra le geometrie elementari dei
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In questa pagina, la cucinapranzo e una zona del living concepiti come spazi fluid e aperti, permeabili al contatto intenso con l’ambiente naturale del giardino, grazie a pareti vetrate a tutta altezza.
volumi e le superfici grezze di cemento armato a vista. Si impossessano sempre con decisione dei luoghi, anche al cospetto della potente vegetazione tropicale. E linee rigorose ed essenziali, un grigio dominante, l’eco dell’opera di Paulo Mendes da Rocha – in particolare del suo celebre Museo della scultura brasiliana, costruito nel 1988 come una gigantesca trave libera nella luce – miscelano le seduzioni anche in questo recente intervento: una ‘scatola’ brutalista di cemento, legno e vetro, all’esterno e una sequenza di piani liberi e di spazi fluidi permeabili al contatto intenso con l’ambiente naturale, negli interni. Il progetto si è sviluppato proprio a partire da una riflessione sul tema dell’acqua, elemento richiesto dal briefing. “Nubi, pioggia, neve o grandine, in tutti i suoi stati fisici l’acqua si relaziona al cielo” hanno raccontato i progettisti. “Però quando pensiamo a una piscina, la nostra immaginazione subito scava nel terreno. Mari, laghi e stagni spiegano il motivo per cui reagiamo in quella direzione: in sostanza,
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una piscina è una superficie definita dall’acqua che resta intimamente legata al terreno in cui si raccoglie. Ma quando ragioniamo su un tipo di piscina come un serbatoio o una torre d’acqua, l’immagine si associa a quella di un volume elevato, staccato da terra. In questo caso, la pressione idrostatica resta una prescrizione da rispettare con tubi e sistemi tecnici. Il livello dell’acqua diventa una potenziale possibilità. Mentre camminiamo, potremmo chiederci: dove è la superficie? Nel senso proprio della parola, la superficie non ha alcun strato o spessore. In una città come São Paulo (o New York), ci sono porzioni del terreno che non risultano toccate dalla luce del sole da anni, da quando gli edifici hanno fatto loro definitivamente ombra. In questo specifico luogo, l’altezza media del quartiere è stata definita dal codice di zona: 6 metri. L’edificio confinante a est ombreggia il nostro sito dall’alba fino a mezzogiorno, quando la costruzione vicina ad ovest inizia a svolgere il medesimo compito per tutto il pomeriggio.
Uno scorcio del livello intermedio. Nei disegni: le planimetrie dei tre livelli della casa. Nella pagina a fianc , un’altra vista degli spazi abitativi, che si sviluppano al piano terra intorno al patio ‘costruttivista’, caratterizzati da linee essenziali e dal grigio dominante del cemento a vista, stemperato dagli infissi in legno e dallo specchio d’acqua che accompagna il percorso verso l’area d’ingresso.
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Sopra: un sistema di scale perimetrali esterne a sviluppo lineare collegano i livelli della casa fino al piano di copertura. Nel disegno: sezione longitudinale della casa con, evidenziate in azzurro, le vasche d’acqua. Nella pagina a fianc , il roof -top, piano di copertura deputato alla piscina e al solarium, spettacolari belvedere urbani.
Pertanto, se c’era una piscina da costruire esposta alla luce del sole tutto il giorno, in primis è stato necessario definire la sua superficie: sei metri sopra il livello del suolo”. Come risultato di questa analisi, la composizione architettonica di un’ideale specchio d’acqua in cui nuotare ‘vicino’ al cielo di San Paolo è diventata la prima possibilità di un design che ha completamente ribaltato le gerarchie spaziali. Con un approccio anticonvenzionale in termini di rapporto di superficie, la piscina, il solarium e il giardino sono infatti diventati i principali elementi del progetto, mentre tutto il resto risulta complementare: la camera da letto, il piccolo appartamento per il custode, lo spazio per cucinare e ricevere gli amici. Piscina e solarium sono stati impaginati come due volumi paralleli. Due colonne si materializzano nell’interstizio ampio oltre un metro esistente tra di loro. Un tunnel di luce scandito su un lato dalle travi portanti per la piscina e sull’altro dalle travi di
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supporto al solarium e alla soletta a sbalzo del livello sottostante. Strutturalmente, la massa della piscina bilancia, come un contrappeso, il volume che contiene gli spazi abitativi. Il piano terra è stato poi mantenuto il più possibile libero per ottenere il massimo rapporto di sviluppo dell’area giardino con la sua rigogliosa vegetazione, solo apparentemente spontanea. Nell’essenza, la ‘casa-vasca’ si compone, dunque, di tre diversi strati (o livelli) corrispondenti ad altrettanti mood: il livello giardino, introspettivo e racchiuso nel perimetro del sito, che si apre all’accoglienza delle zone d’ingresso e living; quello intermedio deputato agli spazi notte (che ‘galleggiano’ in modo fluido sopra il terreno e sotto la piscina) e il roof top, il piano di copertura con piscina e solarium, concepito come una promenade estroversa e panoramica. È l’alchimia di una casa di città che nasce a sei metri dal suolo per coltivare la luce, l’acqua e il cielo sette giorni su sette.
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sei metri e... il cielo! / 19
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Vecchio e nuovo s’incontrano nel progetto di questo complesso museale, che accoglie al suo interno anche una scuola di arti visive e un auditorium (vedi lo schema nella pagina a fianc ). All’estrema destra, l’edificio he ospita la scuola: sul tetto si trova una piazza open air, protetta da una candida copertura ondulata.
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Un’onda sul museo È bianca come la spuma del mare la pensilina che lo studio brasiliano inventa per unire tradizione e modernità nel suo ultimo progetto, il Mar - Museu de Arte di Rio de Janeiro progetto di BERNARDES+JACOBSEN ARQUITETURA foto di Andrés Otero/LUZ photo testo di Laura Ragazzola
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ncor prima di entrare per visitare le sue bellissime collezioni d’arte, il Mar - Museo d’Arte di Rio (siamo in Brasile, nel cuore della celebre metropoli carioca) incanta per la sua particolare architettura: una metà, infatti, si presenta come un edificio moderno, con colonne bianche che sorreggono cinque moduli in vetro smerigliato; l’altra, invece, ha le sembianze di un elegante palazzo neoclassico; entrambi sono legati da una copertura candida e aerea (ma è realizzata in cemento armato) che li unisce con un gesto leggero e pieno di personalità. È questa la soluzione vincente (formale e funzionale insieme) che lo storico studio brasiliano Bernardes+Jacobsen Arquitetura (è attivo dagli anni 90) ha trovato per collegare tre edifici in attesa di riqualificazione nel centro storico di Rio: gli ex uffici della polizia, la vecchia stazione degli autobus e il Palacete Dom Joao VI,
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un’elegante architettura che risale al primi del Novecento. “Una vera sfida unire tre building dalle caratteristiche architettoniche così diverse” ci confida Bernardo Jacobsen, classe 1980, che dal
2012 è entrato come partner nello studio del padre Paulo insieme a Eza Viegas (oggi lo studio si chiama Jacobsen Arquitetura). “L’obiettivo che ci era stato indicato dalla municipalità di Rio era duplice: creare un nuovo museo che raccogliesse la storia artistica della città, di cui si avvertiva la mancanza, e ‘inventare’ nuovi e funzionali spazi per una famosa scuola d’arti visive della città, la ‘Escola Do Olhar”. Detto, fatto: nel palazzo storico, grazie alla generosità dei suoi soffitti e all’eleganza degli ambienti, i progettisti hanno deciso di ubicare le sale del nuovo museo, mentre gli ex uffici della polizia rinnovati nel look da una nuova facciata in vetro traslucido (ma anche il volume è stato ridimensionato di un piano per eguagliare l’altezza del palazzo adiacente) sono stati ridisegnati per ospitare le aule scolastiche, gli spazi espositivi multimediali nonché le aree amministrative sia della scuola
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La sezione qui sopra rivela chiaramente l’impianto distributivo del complesso: sulla destra, l’edifici dal taglio contemporaneo, che è stato rinnovato grazie a una nuova ‘pelle’ in vetro traslucido (foto qui a fianc ) mentre sulla sinistra si trova il palazzo d’epoca, destinato ad accogliere il museo d’arte propriamente detto (foto a sinistra); la pensilina ‘vola’ leggera sui tetti dei due building, sorretta da sottili pilotis bianchi. In alto, due immagini suggestive della piazza a cielo aperto che accoglie un bar e un’ampia area relax per il tempo libero, aperta a tutti. La rampa di scala che si intravvede al centro conduce all’ingresso del museo, attraverso una galleria-ponte, nel palazzo storico adiacente.
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A destra, ancora un’immagine della ‘piazza’ coperta con le diverse aree relax che punteggiano il tetto. Prevale il candore delle superfici in cont asto con la pietra color biscotto del palazzo-museo accanto. In basso e nella pagina a fianc , le sale espositive del museo: il percorso si snoda su più piani collegati da un ascensore e da una rampa di scale (qui sotto).
sia del museo”. Insomma, un complesso pubblico multitasking, tutto dedicato alla cultura. Ma anche allo svago, come precisa Bernardo Jacobsen: “Una volta scelta la destinazione d’uso degli spazi, ci siamo chiesti come mettere in relazione scuola e museo. L’idea è stata quella di creare una piazza sospesa sul tetto dell’ex edificio della polizia, ombreggiata da una lunga pensilina, una sorta di lama fluida e leggera che, simulando l’increspatura delle onde del mare, si allunga da un tetto all’altro”. Al di sotto, protetti dal sole, un bar e un’area relax per il tempo libero regalano alla collettività nuovi spazi open-air con vista mozzafiato sulla città e sull’Oceano. Ma il legame fra i due edifici viene ulteriormente enfatizzato da una galleria
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sospesa fra i due, che consente ai visitatori di passare dalla piazza all’ingresso del museo. Inaspettatamente, infatti, la visita alle collezioni d’arte inizia proprio dall’alto: un ascensore ubicato nell’edificio moderno conduce direttamente alla copertura (confr. lo schema pubblicato in apertura del servizio), e da qui, attraverso un rampa di scale si accede alla galleria-ponte che a sua volta porta alle sale espositive del palazzo antico. Qui, il percorso museale si snoda dall’ultimo al piano terreno fra immagini, opere, testimonianze, foto, memorie che raccontano ciò che è stata ed è Rio de Janeiro. Perché è la città, questa gigantesca metropoli distesa sul tropico del Capricorno, la vera e indiscussa protagonista: a Rio e ai suoi abitanti è
dedicato questo complesso, come rivela l’architetto Jacobsen: “Mantenere e ‘adattare’ le preesistenze storiche può contribuire a conservare la memoria di una città, il suo patrimonio storico e culturale. Senza contare, poi, che in termini di sostenibiltà, il recupero del costruito è un po’ come il riciclo dei materiali che diversamente andrebbero scartati e persi per sempre. Quindi, da questo punto di vista ha una valenza sicuramente positiva. Ma soprattutto” conclude il progettista, “occorre valorizzare le presenze storiche per stabilire un fecondo rapporto fra passato e presente, generando contrappunti visivi e spaziali grazie a interventi dal segno contemporaneo”. Proprio come succede con il Museu de Art.
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Un interno che interpreta il fascino discreto della borghesia piemontese in stile sobrio e sensoriale, evocando eleganti inquietudini, frammenti modernisti e materiali tradizionali rivisitati con sapiente controllo architettonico
progetto di Andrea Marcante, Adelaide Testa Uda Architetti collaboratori Giada Mazzero, Eirini Giannakopoulou
foto di Carola Ripamonti testo di Alessandro Rocca
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Una veduta del soggiorno inquadrato dalla porta di ingresso, con la doppia fine tra termale affacciata su piazza San Carlo; divano D70, poltrona P40 e tavolini T1 e T2 disegnati da Osvaldo Borsani per Tecno, lampada a stelo in legno TMM di Miguel Milá, produzione Santa & Cole; sul pavimento in rovere tinto un tappeto berbero. Uno scorcio del banco della cucina collocata, a vista, su un fianco del soggio no. Blocco cucina in acciaio di Boffi e la lampada Maestrale, di Denis Santachiara. Pianta dell’appartamento, di circa 150 metri quadri, composto da un soggiorno con ampio vano cucina, tre camere da letto e tripli servizi.
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orino ha fama di città elegante, riservata e un po’ misteriosa, su cui aleggiano le memorie di due grandi architetti del passato recente, la figura composta e benevola di Roberto Gabetti e il profilo più sperimentale e inquietante, a tratti anche luciferino, del geniale Carlo Mollino. In questo appartamento di circa 150 metri quadri, affacciato su piazza San Carlo e ridisegnato da Andrea Marcante e Adelaide Testa di Uda Architetti, queste due eredità si incontrano con uno terzo lascito storico importante, quello imposto dal governo mussoliniano negli anni Trenta con il progetto di rinnovamento urbano di via Roma tracciato da Marcello Piacentini, rappresentante ufficiale ed esecutore, in molti centri storici italiani, dell’architettura di regime. Il lavoro di Uda, dietro alle due finestre termali di Piacentini, interpreta in modo originale questo impasto di memorie e tradizioni, che peraltro non sono per nulla omogenee, e ne ricava un taglio modernista che riecheggia l’eleganza aristocratica della città con i materiali preziosi ma non appariscenti, con la
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La cucina a vista con l’imponente mobile in legno fraké su disegno di Marcante e Testa, realizzazione Materia Design, il tavolo Asnago & Vender di Pallucco con le storiche sedie Zig-Zag di Gerrit Rietveld, prodotte da Cassina, e il lampadario 14.14 di Bocci.
sensualità stilizzata delle diagonali, con la ricchezza di sfumature ton sur ton, con l’incorporare pezzi tipici dell’avanguardia, come le sedie Zig-zag di Gerrit Rietveld, stemperandone il concettualismo in un decoro borghese che resta accogliente, sì, ma sempre con misura, senza emozionarsi troppo. Come dicono i progettisti, “è un appartamento realizzato al piano ammezzato di un palazzo affacciato sulla piazza simbolo di Torino, quella piazza San Carlo voluta dai duchi di Savoia e in particolare da Maria Cristina di Francia, che governò in reggenza come Madama Reale nella prima metà del Seicento. Diviene, tramite i suoi spazi e gli arredi, il teatro aggiornato di una rappresentazione di una certa idea della casa borghese, della casa del ceto medio professionale torinese, fatta di rassicurante precisione ingegneresca e sottili inquietudini”. L’organizzazione degli spazi, a grandi linee, segue scelte piuttosto obbligate, con l’ingresso che accede direttamente nel soggiorno, rischiarato dalle due finestre piacentiniane, e che ricovera le tre stanze da letto e i servizi nelle parti di minor spessore del corpo di fabbrica. Uno spazio che, tolta la generosa estensione del soggiorno, non è abbondante, ma che cresce grazie all’accurato disegno di una serie di mobili-oggetto, o di micro-stanze, che popolano la casa, offrendo sobriamente i propri servizi e disegnando i colori e la percezione degli ambienti. Realizzati in legno fraké, questi microspazi diventano protagonisti della casa, ne dirottano scorci e riflessi luminosi, implementano le possibilità funzionali e delimitano le aree di influenza delle diverse attività. Uno di questi totem, per esempio, si trova a segnalare la linea di confine tra il soggiorno e la zona della cucina irrompendo, con la sua massa alleggerita dalla trama del fraké e dal profondo intaglio diagonale, come il personaggio di una pièce metafisica. Un altro elemento analogo perimetra invece un percorso riservato che, dall’ingresso, può accedere direttamente alla zona delle camere da letto e,
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La stanza da bagno annessa alla camera padronale, completamente realizzata in legno fraké. Il mobile disimpegno in legno fraké; gli arredi su disegno degli architetti sono realizzati da Materia Design. Lampada di Mario Pandiani – 6m Studio. Nella pagina a fianc , un’immagine del mobile uffici , su disegno, in legno fraké, marmo nero Marquinia opaco e vetro grigio, mensola su disegno in ferro brunito con scultura, Donna seduta, di Piero Gallina (galleria Marco Cappello).
nello stesso tempo, può aprirsi, rivelando al proprio interno un piccolo ufficio segreto. Un lavoro di progettazione importante, e forse meno evidente, si trova nell’attenzione con cui è manipolata la percezione dello spazio anche attraverso l’uso dei materiali e delle loro texture. Le doghe in rovere tinto in grigio scuro, le larghe venature marezzate del fraké e quelle strette e nervose del marmo nero, il riflesso spento del vetro grigio sottolineato dalla mensola in ferro brunito, sono tutti strumenti finalizzati a trasformare il volume disponibile in un’esperienza sensoriale complessa che amplifica l’importanza dello spazio, e lo
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smaterializza, introducendo vie di fuga, prospettive, tratteggi che si sfiorano. Nel continuum visivo del movimento attraverso la casa, questa molteplicità di texture si intreccia e si sovrappone in un flusso di trame discrete che, nella sobrietà del loro non colore, trasforma la geometria degli ambienti in un paesaggio in movimento sempre interessante, sempre arricchito da un dettaglio, da un riflesso, da una sovrapposizione inedita. Questo effetto amplifica lo spazio, lo moltiplica come se fosse uno specchio che, anche senza luce, prosegue lo spazio reale attraverso una finestra virtuale. Il grafismo dominante del pavimento e
delle pareti trova poi una specie di ispessimento, quasi un render in 3D, nei soffitti, dove un piano volante, in bianco, si appende al soffitto tinteggiato in grigio raddoppiando, e quindi di nuovo smaterializzando, l’effetto volumetrico della stanza. Il controsoffitto, passando dal soggiorno al disimpegno, diventa uno strumento importante per trovare anche nella direzione verticale uno sfondamento illusorio e, nello stesso tempo, un apparato tecnico, con l’incasso della cappa e delle luci, e un sistema ornamentale che sottolinea l’unità e l’equilibrio dinamico che lega le diverse aree dell’appartamento.
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Il deck davanti al fronte vetrato del soggiorno, lo spazio in pietra del living all’aperto e la piscina, che si proietta a sbalzo sul paesaggio roccioso del parco nazionale delle Cumbres (le vette) di Monterrey.
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Geometria abitabile: cemento a vista e pareti trasparenti, panorami spettacolari e una vasca d’acqua sospesa sopra Monterrey. Questo è il paesaggio messicano secondo Tadao Ando progetto di Tadao Ando Architect & Associates; Tadao Ando, Kazuya Okano foto di Edmund Sumner testo di Alessandro Rocca
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La casa ha una geometria complessa formata da un quadrato attraversato da un corpo posto esattamente sulla diagonale. Le piante dei tre livelli mostrano la zona giorno, orientata verso la piscina (in alto nel disegno), la zona notte sul lato opposto, la biblioteca in diagonale e il percorso, anch’esso in diagonale, che porta al parcheggio.
Veduta della piscina con il soggiorno all’aperto, defini o da un portale in cemento e ombreggiato dalla pensilina posta davanti alla porta fine tra del soggiorno interno. Un dettaglio del raccordo con la rampa che conduce al parcheggio e all’area di accesso alla proprietà.
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ggi Tadao Ando, 73 anni, studio a Osaka, dopo aver costruito in tutto il mondo e dopo aver attraversato diverse fasi stilistiche, sembra aver guadagnato una nuova felicità. Da tempo Ando è uno dei maggiori protagonisti della scena contemporanea, almeno da quando, all’inizio degli anni Ottanta, le sue Rokko Houses furono pubblicate sulle prestigiose pagine di “Casabella” che, successivamente, dedicò allo stesso progetto un intero quaderno speciale. È stato un architetto precoce e inquieto, che si è affermato come un campione del modernismo e che ha poi intrapreso una decennale ricerca di novità, di originalità e di nuovi orizzonti che lo ha portato a risultati che spesso hanno diviso il giudizio della critica. Nelle sue diverse stagioni ha sperimentato il gusto acre della materia bruta, si è sottoposto all’ascesi del minimalismo più rigoroso e ha
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esplorato una nuova monumentalità basata sui solidi geometrici ma adesso la rincorsa verso nuovi traguardi sembra finita. Forse, si è liberato dall’obbligo di essere innovativo e sorprendente a tutti i costi e adopera il suo talento senza inibizioni né ideologie, puntando al miglior risultato possibile. E forse riesce proprio così, grazie a questa nuova freschezza, a essere più innovativo e contemporaneo di quanto lo fosse negli anni inquieti della sua maturità. Il risultato di questo Ando recente è molto positivo per tutti; per i suoi clienti, che si possono godere ottimi spazi organizzati in modo sorprendente, e per i critici, che non sono più costretti a lambiccarsi il cervello per interpretare gli intellettualismi di un maestro che, peraltro, è famoso per parlare molto poco e per non scrivere affatto. Questa bella casa sulle alture di Monterrey, in Messico, conferma questa tendenza recente alla semplificazione, alla composizione per volumi liberi, alla concatenazione degli spazi.
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Un angolo monumentale all’incrocio tra il volume del soggiorno e il corpo in diagonale.
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Il piano terra del corpo diagonale con la libreria e la vetrata affacciata sullo spazio della corte d’acqua; la scala libera sale al lungo soppalco, una galleria sospesa al centro della casa, dove si trova la sala da pranzo. In primo piano, sedute Wishbone Chair di Hans Jørgen Wegner per Carl Hansen & Son.
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Ando pratica una libertà d’invenzione che unisce la forza plastica, di lontana origine lecorbusiana, a una capacità di controllo della visione che è molto teatrale, negli interni, e che negli esterni ha una chiara ispirazione paesaggistica. Il Centro Roberto Garza Sada, un edificio universitario appena costruito da Ando nel centro di Monterrey, sviluppa in pieno questi caratteri con un’energia che rasenta la brutalità, con una specie di ostentata e scultorea forza muscolare. Nella casa che presentiamo qui si ritrovano la stessa energia e la stessa determinazione, nell’accostare volumi apparentemente estranei in accoppiamenti forzati, ma usate con maggior grazia, con tutta l’attenzione necessaria per non mettere a rischio il comfort, l’eleganza e la capacità di accoglienza che si richiedono a un ambiente domestico. Certamente, i virtuosismi non mancano, anzi, ma si svolgono su un piano di maggiore leggerezza, enfatizzano la dimensione spettacolare, che è importante in una villa di gran lusso, ma si preoccupano di raccordare con cura ogni spazio, ogni scorcio e ogni materiale in un racconto continuo in cui le differenze e le discontinuità, alla fine, si compongono in un’immagine unitaria. Un racconto punteggiato di emozioni, di momenti
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spettacolari, come lo è la lastra trasparente della piscina che si slancia, come una incorporea lama di luce, oltre il ciglio della collina, per restare appesa nel vuoto sopra il panorama della città di Monterrey. Ed è sintomatico, dell’arte di Ando, il modo in cui è circoscritto e riparato il soggiorno all’aperto affacciato sulla vasca della piscina: da una parte, con un elegante portale in cemento tassellato dai fori della carpenteria, una vera e propria firma dell’architetto giapponese e, dall’altro lato, dalla visiera che si protende sulla porta finestra che dà accesso al soggiorno interno. Elementi architettonici liberi, autonomi, disegnati secondo il lessico asciutto del modernismo, che si presentano come oggetti scultorei che non rivelano immediatamente la propria funzione. La casa stessa, nel suo insieme, è pensata come un conflitto tra figure e volumi contrastanti, tra uno schema generale fondato sul quadrato e il volume diagonale che lo trafigge o lo oltrepassa ancorandosi al ciglio del costone soprastante. Il problema del raccordo tra le due figure diventa il tema del progetto: all’interno, la corte è tagliata in due triangoli che sono trattati in modi opposti, uno spazio diventa un rigoglioso giardino verde e l’altro un giardino grigio, senza natura, composto solo di
Il corpo in diagonale ospita gli spazi più rappresentativi, come il lunghissimo tavolo da pranzo che si affaccia sulla corte triangolare interamente occupata da uno specchio d’acqua. Il bagno e la camera da letto principale che si affacciano sulla corte triangolare verde, simmetrica alla corte d’acqua.
una vasca d’acqua, che lo rende inaccessibile e che riflette la luce proiettata dalla parete vetrata e dai muri in cemento a vista. All’interno, il corpo in diagonale raccoglie gli ambienti a funzione speciale che utilizzano lo sviluppo in lunghezza del volume. Al piano di sotto una grande biblioteca, le cui scaffalature si inerpicano a sfruttare l’intera altezza libera, e una scala che vola nello spazio fino ad ancorarsi alla soletta del piano superiore, dove si accede a uno spazio, occupato dal lunghissimo tavolo da pranzo che, attraverso la parete completamente vetrata, traguarda la corte interna e abbraccia il panorama selvaggio delle Cumbres de Monterrey.
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Religione e laicismo di Andrea Branzi
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l cristianesimo è stata l’unica tra le grandi religioni monoteiste ad affidare all’arte la rappresentazione dei suoi dogmi, delle Sacre scritture e delle vite dei santi, favorendo in Occidente il grande sviluppo di capolavori della fede, nei quali la nostra civiltà laica si riconosce ancora nella maniera più ampia. Ma modernità e tradizione cattolica, come sappiamo, hanno seguito percorsi diversi e spesso conflittuali: Pio X, già nel 1907, prese ufficialmente posizione contro gli effetti morali e sociali indotti dalle nuove tecnologie, dal laicismo, dal razionalismo, che alla ricerca di un diverso umanesimo e verso nuovi valori morali e formali, spingevano la modernità fuori dall’ortodossia cattolica. Come tutti i musei di arte contemporanea, la Triennale di Milano e la Biennale di Venezia sono sempre stati importanti laboratori della modernità laica, luoghi dove architettura, arte e design si sono impegnati a registrare i cambiamenti non solo della cultura creativa, ma della maniera di vedere e capire il mondo fuori (se non contro) dalla tradizione religiosa.
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Nel quadro generale della politica internazionale, la questione religiosa è tornata a essere presente, spingendo il progetto verso una ‘nuova drammaturgia’ che si confronta con le tematiche antropologiche che la modernità ignora...
Il XX secolo secolo aveva previsto che la questione religiosa sarebbe scomparsa, sostituita dalla logica industriale e dal materialismo, come garanti di un futuro nell’ordine della ragione e dell’egualitarismo. Oggi constatiamo che quel modello di egualitarismo è fallito, come sta fallendo l’economia di mercato; al contrario, la questione religiosa è tornata a essere presente nel quadro generale della politica internazionale, spingendo il progetto verso una ‘nuova drammaturgia’ in grado di confrontarsi con quelle antiche tematiche antropologiche che la modernità ha sempre ignorato: il sacro, la morte, il destino, la vita, la storia, l’eros. Negli ultimi tempi la Chiesa ha stabilito un nuovo rapporto con il mondo dell’arte contemporanea, accogliendone le forme espressive anche più estreme. La presenza del padiglione del Vaticano all’ultima Biennale arti visive di Venezia (2013) ne è una testimonianza; ma resta il dubbio se gli artisti presenti sono anche credenti o usano l’antica iconografia cristiana come metafora di ‘altro’.
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In questa pagina: Andrea Branzi, Croci e recinti, 2011. Nella pagina accanto: Giulio Iacchetti, Cruciale - 20 croci + 1 , 2012.
La questione è importante perché, in questo caso, lo sdoganamento del sacro non coinciderebbe con una conversione, ma, al contrario, con l’affermazione più radicale della cultura laica, indifferente alle complesse tematiche teologiche e morali che la fede comporta. Così, ogni istituzione culturale può essere oggi uno dei laboratori di questa nuova ma apparente stagione, accogliendo non una ma ‘tutte’ le religioni del mondo. Nell’epoca della globalizzazione la cultura artistica è diventata una ‘professione di massa’ nella quale affluiscono nuove generazioni, nuovi
continenti e anche nuove teologie. Ci possiamo augurare che il XXI secolo possa essere l’occasione per superare inutili e reciproci pregiudizi, collaborando a una riconciliazione storica tra cultura laica e cultura religiosa? La mia impressione è che al contrario si tratti di un fenomeno del tutto apparente, dove la Chiesa rinuncia a opporsi all’arte moderna per indifferenza, considerandola innoqua iconografia, e l’arte con analoga indifferenza, rinuncia a considerare intoccabili le iconografie religiose. Non si tratterebbe quindi di una nuova alleanza, ma, piuttosto, di resa reciproca.
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Un’immagine d’insieme della sala principale della Galleria Pegaso, che ha ospitato la mostra dedicata all’alfabeto di Bruno Munari. Appese al soffit o le maxi lettere A, I e V, mentre la N trova la sua naturale collocazione sulla parete. Nella pagina a fianc , in alto, la R bicolore. Sullo sfondo, appese alla parete, la C e la L realizzate in rame, la J fatta con una striscia di carta vetrata e la T in lamiera forata. All’estrema destra, la K in cemento sul pavimento; sospese la M e la Z in nastro rosa.
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MunarI DaLL’A aLLa Z
Negli spazi della Galleria Pegaso sono andate in scena le lettere ‘fantastiche’ del grande artista e designer milanese. Dopo quasi trent’anni il pubblico di Milano, in occasione del FuoriSalone, ha potuto rivederle da vicino. Per continuare a ‘giocare’ con il suo inventore
testo di Laura Ragazzola - foto di David Zanardi
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vevo dieci anni e non vedevo l’ora di diventare grande’. Così recita un celebre aforisma di Bruno Munari (è raccolto insieme ad altri suoi pensieri nel bellissimo volumetto ‘Verbale scritto’, Corraini Edizioni). Ma in realtà nessuno come il designer (e artista) milanese ha saputo conservare per tutta una vita lo spirito dell’infanzia, e cioè quella curiosità di conoscere, quella gioia di capire, quella voglia di comunicare, che si tradussero in meravigliose invenzioni e in tanti progetti pieni di poesia. Come quando decise di fare un alfabeto ‘fantastico’. “L’occasione era festeggiare i 60 anni di attività degli amici tipografi Lucini”, ci racconta il collezionista Lino Signaroldi, che durante il FuoriSalone ha mostrato l’alfabeto al gran completo nei suoi spazi milanesi, la Galleria Pegaso. “Munari immaginò le lettere fatte di tante cose, con parti sospese, in movimento, un po’ in disordine. Ma rigorosamente ‘non’ in ordine alfabetico. I disegni, però, rimasero nel cassetto per quasi tre anni sino a quando le lettere presero corpo in occasione di
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Qui a sinistra, alcuni dei disegni dell’alfabeto con le spiegazioni scritte a mano da Munari con tutte le indicazioni per realizzarlo, materiali compresi. Sotto, le lettere W, Y e X in carta e appese a una bacchetta di bambù. La famiglia DBPR è costruita con flessibili canne in bambù legate da nastrini e fiss te su una tavola di faggio da appoggiare sul pavimento.
un’importante retrospettiva dedicata al ‘maestro’ milanese dalla sua città e organizzata nel febbraio del 1987 a Palazzo Reale. Contemporaneamente si celebrò anche il compleanno dei tipografi Licini ( che ormai di anni ne compivano 63), che per l’evento pubblicarono un bellissimo volume con tutti i disegni delle lettere (e le spiegazioni per realizzarle). E per i festeggiamenti Munari ideò anche i salatini, che realizzò Gualtiero Marchesi”. “Ma terminata la mostra, tutto è stato imballato e le lettere sono rimaste ‘addormentate’ per quasi trent’anni” ci svela Carlo Vittorini che dal 2001 ha affiancato Signaroldi nella conduzione della Galleria Pegaso. “Sino a quando abbiamo deciso di acquistare l’alfabeto (assolutamente d’istinto, come capita con tutte le belle cose), per
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‘ricostruirlo’ e mostrarlo al pubblico ancora una volta”. Ma in che modo? Ci viene in aiuto Signaroldi, che rivela: “Munari aveva scritto tutto, con quel suo modo poetico e pratico insieme, nei suoi disegni di progetto (anche loro esposti nelle sale della galleria, ndr). È stato semplice, quasi un gioco: per esempio, si legge di appendere alla parete i due cerchi di bicicletta che rappresentano la O e la Q; la M, che è una striscia di spugna drappeggiata su un bastoncino di ferro, deve stare all’ingresso, mentre la V (è fatta di palline di polistirolo color giallo) si appende a circa 30 cm dal soffitto, come un lampadario; poi c’è la famiglia D B P R (Munari le mette insieme perché le lettere sono ‘imparentate’ da una mezzaluna), che sono realizzate con leggere canne di bambù legate da nastrini verdi; la K, che è dura e pesante (il ‘maestro’ l’ha pensata in cemento) deve stare sul
pavimento mentre la T, che è leggerissima perché in lamiera forata, è appesa alla parete come un quadro… Meravigliosa poi la S schizzata con la vernice bianca sul vetro di una finestra, proprio come il segno che annuncia che una casa è stata appena costruita… Insomma, ogni lettera ha una storia da raccontare, e per noi c’è sempre il piacere di scoprirla. Sta proprio qui la bellezza dell’arte di Munari: legare gioco e poesia. Peccato che le lettere sono tornate nelle loro scatole”, rivela con rammarico Signaroldi, che spiega: “Noi, nella nostra galleria che ospita pezzi anche importanti del design storico dei maestri milanesi, non abbiamo spazio sufficiente per un’esposizione permanente. Ma siamo fiduciosi che possa arrivare in soccorso un principe azzurro (un museo?) per risvegliare ancora una volta, e speriamo per sempre, l’alfabeto fantastico di Bruno Munari”.
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MunarI DaLL’A aLLa Z / 43 A sinistra, ‘Nella notte buia’, 1958: collage e tempere su cartoncino (courtesy Fondazione J.Vodoz e B.Danese; foto Roberto Marossi). Sotto, ‘Scultura pieghevole’, 1958: legno di pero e nastro adesivo nero; edizione 10 su 10, cm 30×94 (Courtesy Fondazione J. Vodoz e B. Danese, foto Roberto Marossi). In basso, ‘Fossili del 2000’, 1959: interni di valvole termoioniche in metacrilato trasparente (courtesy Fondazione J.Vodoz e B.Danese, foto Roberto Marossi). Al centro, Ada Ardessi, Bruno Munari, Monte Olimpino, 1972 (Istituto internazionale di studi sul Futurismo).
Una PersonaLITà PoLITecnIca
La bella mostra che il Museo del Novecento dedica a Bruno Munari, fino al 9 settembre, illustra l’attenzione con cui il grafico del design, il designer dell’arte, l’artista della grafica ha saputo illuminare il volto unico delle cose ovvie testo di Stefano Caggiano
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runo Munari sta al progetto come Italo Calvino sta alla letteratura: entrambi hanno reagito alla ‘gravità’ del Novecento concentrandosi sui residui di leggerezza ancora rinvenibili nel quotidiano, portando attenzione, più che al peso delle cose, al loro bordo figurale, evidenziato con una serie infinita di spiazzanti – ma allo stesso tempo tranquillizzanti – inversioni gestaltiche. La mostra ‘Munari politecnico’, curata da Marco Sammicheli per il Museo del Novecento, restituisce fin dall’articolazione l’agilità con cui il grafico, designer, artista milanese ha messo in atto un personale percorso di esplorazione divertita della cultura, blandendo anche la tecnica, come spiega Sammicheli, solo per piegarla all’evoluzione del suo linguaggio visivo: “la civiltà della tecnica è per lui un continuo stimolo a sviluppare intuizioni, a trasformare studi in
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visioni estetiche”. Come nelle ‘Macchine inutili’, in cui emancipa il progetto della tecnica dallo sbocco unico della funzione. O nelle famose ‘Forchette’, in cui rinviene uno spirito vivo che si trattava solo di attivare. Fine giocoliere di grammatiche visive attinte di prima mano dalle avanguardie storiche, Munari è ‘politecnico’ in senso etimologico, prestigiatore artistico capace di declinare la stessa téchne, la stessa ‘arte, negli ambiti più diversi, di cui propone una stessa modalità di comprensione artistica che corre parallela, senza contrapporsi, a quella razionale.
Anarchico ordinato in grado di mettere le mani su tutto senza sporcarsi con niente, Munari è sempre rimasto fedele a quel caratteristico approccio seriamente superficiale con cui ha trasfigurato ludicamente ogni segno del secolo breve, e che, pur costituendo allo stesso tempo la sua arma più affilata e il suo limite più invalicabile, non gli ha impedito di muoversi con quella rapidità, leggerezza, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza che Calvino indicava come valori per una letteratura – e un progetto – del nuovo millennio.
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Migranti culturali In programma al MAXXI di Roma, la mostra Design Destinations propone una riflessione sul nomadismo intellettuale attraverso i progetti di sette designer italiani che si sono formati alla Scuola di Eindhoven. Ne parla la curatrice, Domitilla Dardi
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In alto: Tal Drori e Giovanni Innella hanno progettato un banco che permette di cambiare e personalizzare le banconote. La nuova valuta celebra il valore dell’esplorazione di un nuovo contesto. Accanto e sopra: lo schizzo di Pollicine e ‘Lungo come il viaggio’, i due progetti di Francesca Lanzavecchia. Le prime sono scarpe che lasciano un segno che indica la direzione opposta, ad esprimere l’indecisione tra il partire e il tornare; il secondo è un abito con tasche per trasportare gli oggetti più cari.
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no, nessuno e centomila. Potrebbe essere questa la risposta a chi si chiede se oggi esiste un design italiano. L’idea pirandelliana di una realtà in costante trasformazione, dove non esistono individualità univocamente definite e riconoscibili ma le tante forme identitarie che ogni persona attribuisce agli altri, potrebbe dipingere lo stato di fatto del progetto contemporaneo, sia dentro che fuori dei confini nazionali. Così come tanti designer stranieri vengono in Italia con il sogno di trovare chi dà forma alle loro idee creative, sempre più designer italiani lasciano il Bel paese per studiare all’estero, alla ricerca di un punto di vista alternativo rispetto a quello proposto dalle scuole nostrane. Alcuni tornano, alcuni restano, altri si spostano in territori diversi, in una condizione di nomadismo intellettuale che contamina i pensieri e sfuoca i contorni di quella che un tempo era identificata come la scuola del design italiano. Tra le varie mete di questi nuovi migranti culturali, la Design Academy di Eindhoven rappresenta un importante punto di riferimento, la scuola che ha dato vita a una nuova visione del progetto inteso come processo e che ha spostato l’attenzione dal prodotto finale al significato del suo utilizzo. A testimoniarlo sono i progetti di Formafantasma, Salvatore Franzese, Gionata Gatto, Giovanni Innella con Tal Drori, Francesca
di Maddalena Padovani
Lanzavecchia, Maurizio Montalti e Eugenia Morpurgo, sette tra i designer italiani più noti che hanno frequentato l’istituto olandese e il suo mondo cosmopolita. A questi il MAXXI di Roma dedica la mostra “Design Destinations” (28 maggio – 5 ottobre 2014), pensata per raccontare il viaggio, le destinazioni e le nuove mappe del design, italiano e non. Ai designer è stato chiesto di pensare a un bagaglio, non solo fisico ma anche concettuale, che rappresenti il senso della loro migrazione culturale, la scelta di abbandonare l’Italia, il rapporto con il loro Paese d’origine, la relazione tra la loro visione progettuale e il viaggio intrapreso. Ce ne parla Domitilla Dardi, curatore per il Design MAXXI-Architettura e curatrice della mostra. Come è nata l’idea di “Design Destinations”? Nasce dalla collaborazione con l’Ambasciata dei Paesi Bassi a Roma – già partner culturale del MAXXI in altri progetti – e la città di Eindhoven. Abbiamo voluto raccontare la storia di sette designer italiani che lasciano il proprio Paese, dopo una formazione di base, per andare alla ricerca di un luogo che li sappia ascoltare nel desiderio di sperimentare anche
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A destra: una veduta della mostra al MAXXI di Roma; la lampada di Salvatore Franzese, rivestita con un fi o di lunghezza pari alla distanza tra Roma e Eindhoven. Sotto, da sinistra: Nasco/sto, il bastone di Maurizio Montalti che incorpora oggetti e materiali, a sottolinare l’importanza della multidisciplinarietà; Gionata Gatto e i suoi specchi Perspectives che rappresentano due diversi punti di vista sulla realtà; Eugenia Morpurgo.
A sinistra, Francesca Lanzavecchia con la modista Maria Elena Cova. A destra, la coperta Asmara di Formafantasma che racconta il viaggio di ritorno dall’Olanda all’Italia passando per l’Eritrea.
oltre il risultato industriale. Spesso questa destinazione coincide con la cittadina olandese che è divenuta in pochi anni una delle capitali del design internazionale. Italia e Olanda rappresentano oggi due modi molto diversi di intendere il design e la professione del designer. I progetti sviluppati per l’occasione sembrano scegliere in modo deciso la visione concettuale a scapito di quella formale. Pensa che un approccio sostituisca l’altro? Penso che le due vie siano oggi parimenti perseguibili e che non si tratti di vera e propria dicotomia tra concetto e forma. In un certo senso gli olandesi hanno imparato questa visione concettuale dell’oggetto d’uso quotidiano proprio dai maestri italiani (Munari, Mari, Castiglioni). La condizione olandese di limitate industrie presenti sul territorio ha poi fatto sì che scegliessero di puntare sulla formazione, sulle piccole edizioni e quindi su un design che anche produttivamente si sposa più con il concetto che con la sola forma/funzione. Ma credo che una buona idea progettuale viva a prescindere dalle provenienze e si sviluppi oltre le appartenenze geografiche. Anzi, le fonde e le mette in comunicazione. Quale tipo di messaggio propone la mostra, qual è il pensiero che la sottende? L’idea è che anche una destinazione può essere un progetto di vita e di lavoro e che questo
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possa costruire un destino per il design in senso lato. I designer che hanno aderito a questo concept vanno dove li portano le loro idee e sono semi, capaci di ibridare nuovi territori: è così che anche in natura nascono le specie più interessanti. Quali sono le caratteristiche che accomunano e distinguono i sette designer presentati? Tutti i sette progettisti non sono interessati a dare replica pedissequa di forme e tipologie già esistenti solo perché il mercato le richiede. Ad accomunarli è una forte spinta a pensare agli oggetti secondo nuove angolazioni, anche a costo di addentrarsi in territori incerti e fortemente critici. Crede che l’approccio narrativo, caratteristico della scuola di Eindhoven, possa sposarsi con le esigenze e le caratteristiche del progetto per l’industria? Sarebbe importante se l’industria fosse in grado di intercettare le loro visioni e tutelarne il coraggio di proiezione in avanti. Ma perché questo accada ci vogliono produttori illuminati, una specie sempre più rara. C’è chi sostiene che, dopo la stagione dei grandi Maestri, la cultura italiana del design abbia perso la sua forza e la sua identità. Qual è la sua opinione a riguardo? Credo che forse sia arrivato il momento di dare una possibilità ai nuovi autori di affermare il loro punto di vista, che è sempre molto
riconoscente alla generazione dei Maestri, ma anche decisamente autonomo e fortemente identitario. Nel farlo, si potrebbe scoprire che i Nuovi Maestri sono già qui, pronti a crescere. Crede che il destino di un designer sia effettivamente legato al luogo in cui sceglie di formarsi e vivere? No, credo sia fortemente legato alla disponibilità a contaminarsi con culture differenti e, in questo senso, il viaggio e la trasferta – anche temporanea – non può che essere un bene. Ma si può essere estremamente aperti alla conoscenza anche restando fermi: è una questione di mentalità, non di passaporto. Condivide l’idea che il nuovo design italiano sia condizionato dall’atteggiamento pregiudiziale e dalla vocazione esterofila delle aziende del nostro Paese? La vocazione esterofila è stata (ed è ancora) una prerogativa di alcune grandi aziende storiche del nostro Paese. Ma esistono molte realtà differenti, anche oggi. Non bisogna dimenticarsi che i Gavina e i Castiglioni di allora erano semplicemente coetanei che hanno condiviso un grande progetto comune, senza sapere di fare la storia in quel preciso momento. Anche oggi esistono possibilità di condivisione, collaborazione e costruzione di un’idea comune. Ma forse vanno cercate in ambiti diversi e non solo nelle aziende storiche o nelle modalità del mercato di un tempo.
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Vent’anni di democrazia. Un anno di design
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Al motto di “Live design, transform life”, Cape Town celebra la sua nomina di World Design Capital 2014. Un evento che punta a fare del progetto lo strumento di trasformazione delle aree meno qualificate della città di Chiara Alessi
C’
è una battuta che circola tra i capetowniani rispetto al soprannome della loro città, detta The mother city. E cioè che per fare qualunque cosa a Cape Town ci vorrebbero almeno nove mesi, deridendo la proverbiale flemma sudafricana. In effetti, per essere serviti a tavola (certe volte anche solo per ordinare) ci vogliono delle mezzore, gli orari degli appuntamenti hanno un delta di precisione che oscilla di più o meno 60 minuti, e perfino i famosi braai, i barbeque che profumano quotidianamente i cortili delle case lungo tutta la penisola, per darti la cena devono cominciare a bruciare a metà pomeriggio. Ma c’è una cosa in cui la città è futurista e cioè la rinascita. Nonostante l’aspetto scolpito e incastonato per sempre tra le montagne e
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l’oceano, Cape Town cambia di anno in anno e si migliora. Design e architettura sono le officine in cui si consuma questa spinta, sempre un po’ rivolta al nord-ovest del mondo, ma con un dinamismo libero, ospitale e ottimista di cui l’Africa detiene ancora il segreto. Mentre il Paese festeggia i suoi primi 20 anni di democrazia – suggellati dalla schiacciante riconferma nelle elezioni appena tenute, dell’African National Congress che fu di Nelson Mandela, almeno nella tenuta originaria – la città è premiata World Design Capital 2014 e disseminata di bolli gialli e neri, in ogni laddove ci sia un’occasione anche solo lontanamente riconducibile al design, nella sua miriade di intendimenti (dal lusso alla tecnologia, dal cibo
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all’artigianato, dall’urbanistica alla chincaglieria, dagli hipsterismi transnazionali agli interessi locali). La città sta pagando questa nomina e stanno pagando i progetti per essere ospitati nel programma ufficiale, come era successo anche per FIFA 2010, ma in questo caso, a fronte degli investimenti, la visibilità reale al di fuori del confine è ancora contenuta e pochissimi progetti non sudafricani animeranno quest’anno di iniziative sparse. Ma non importa: lo slogan di “Live design, transform life” doveva essere una missione innanzitutto interna per usare il design e questa nomina come veicolo di trasformazione reale di una parte di città, quella cioè realmente bisognosa, problematica, disintegrata che rappresenta la faccia nera e resistente del pantone sulfureo Plascon 109C di Cape Town World Design Capital. Ecco: per il momento quell’assioma del motto “vivere il design, trasformare la vita” ha senso apparentemente non in termini diretti, ma di indotto, e non è da escludere che con una mossa di prestigio da manovroni concertatori – un’attitudine che lega molto i sudafricani a noi mediterranei – il design possa essere davvero uno strumento, ma magari di secondo grado, per rompere l’isolamento cinquantennale di alcune township (come l’antica Langa, dove un quartiere intero sta gradualmente e letteralmente colorando la sua nuova centralità nera tra i poli bianchi della City bowl e della campagna residenziale – vedi http:// langaquarter.co.za/), o per portare bianchi (e quindi capitali) in quartieri di cemento fino a poco tempo fa abbandonati anche dalla polizia di regime (come sta avvenendo nel supermondano distretto di Woodstock dove hanno sede le gallerie, i negozi e gli hub più interessanti della penisola) o semplicemente qualificando la bellezza di questa città, che ce l’ha come dote naturale, anche tra le sue contraddizioni.
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1. Tablet and Ipad Sleeve - Abode shop. 2. Design Afrika collection. 3. Cape Town bag Abode shop. 4. Bronze Age Art Foundry, Welcome to my world . 5. Imiso studio Gallery, Scarified Seri . 6. Wiid Design, Tree armoire. 7. Wiid Design, Golden girl. 8. Kelly John Gough, Zolani Mahola Portrait. 9. Friday Jibu, Carved Skulls. 10. Veduta di Woodstock, Cape Town, ZA. 11. Pedersen and Lennard, Stool. 12. Langa Quarter, Cape Town, ZA. 13. Suitcase chair - Recreate shop. 14. Gregor Jenkin, Set a light. 15. Design Afrika. 16. Wiid Design, Copper bench.
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di Maddalena Padovani
Storie di casa Il progetto Diesel Living punta in alto. Dopo l’accordo con Seletti e il debutto da solista al Salone del Mobile, la collezione mira a nuove tipologie di prodotto. Ne parla Andrea Rosso, direttore creativo delle licenze del marchio fondato dal padre Renzo
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a strada che collega Vicenza con Breganze attraversa la tipica campagna padana: distese di campi coltivati, vigne, frutteti, intervallati da aggregati più o meno anonimi di case e capannoni industriali, testimonianze concrete del fare operoso del Nord-Est italico. È solo all’ultimo momento che ci si accorge di essere arrivati all’headquarter Diesel: un’area complessiva di 98mila metri quadri, 50mila dei quali edificati, che il presidente e fondatore Renzo Rosso ha voluto costruire al di sotto del livello della strada perché il suo impatto ambientale fosse il più discreto possibile. Del resto, da un imprenditore che ha sempre fatto dell’innovazione e della creatività il suo cavallo di battaglia non ci si poteva certo aspettare una scelta banale: più che un edificio, la sede inaugurata nel 2011 è un vero e proprio villaggio, con uffici in grado di ospitare mille persone ma anche servizi a disposizione dei dipendenti, come asilo nido e scuola materna, campo da calcio, palestra, bar, ristorante, auditorium. La struttura è stata inoltre realizzata secondo i più sofisticati criteri di ecocompatibilità e sfrutta fonti energetiche alternative quali l’energia solare e geotermica. Al suo interno, una cinquantina di creativi provenienti da tutto il mondo danno forma al mondo Diesel, che è fatto di jeans e vestiti ma anche di graphic design, pubblicità, eventi e spettacoli, arredamento, negozi, vetrine e sito internet. Una galassia che ai prodotti dei tanti marchi direttamente controllati affianca quelli in licenza, che spaziano dai profumi (L’Oreal) agli
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Collezione di piatti stampati Cosmic Diner. Fanno parte dei nuovi accessori presentati con il marchio Diesel Living with Seletti. Nella pagina accanto, un ritratto di Andrea Rosso, primogenito del fondatore di Diesel e direttore creativo delle licenze del marchio.
orologi e gioielli (Fossil), dagli occhiali (Marcolin) ai caschi (AGV/Dainese) ai passeggini (Bugaboo). Per arrivare alla collezione casa, nata nel 2008 in partnership con Zucchi come naturale estensione della vocazione tessile dell’azienda, e subito dopo approdata ad altri ambiti del design domestico: arredo con Moroso, illuminazione con Foscarini, cucina con Scavolini, complementi con Seletti. Di questo progetto sempre più importante e corposo, che quest’anno per la prima volta ha goduto di una sua autonoma presentazione al Salone del mobile, ci parla Andrea Rosso, primogenito di Renzo, che nel ruolo di direttore creativo delle licenze Diesel segue tutte le declinazioni extra-settore del lifestyle del brand di famiglia. Nel 1998 Interni pubblicava un’intervista a Renzo Rosso dove si parlava del mondo Diesel e del suo progetto di entrare nel mondo della casa. Raccontaci come è avvenuto l’ingresso in questo settore, con quali finalità e con quale progetto creativo.
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Immagine grande a destra: dormeuse Syster Ray e lampade Gask. Accanto, in senso orario: poltrona Longwave; Diesel Social Kitchen, versione Drip Metal; lampade Fork; contenitore Perf e specchio Ego Stud; lampada Hexx; sedia Nizza. Le illustrazioni sono di Artus de Lavilléon per il catalogo Diesel Living 2014, che comprende le collezioni Diesel Living with Moroso (arredi e imbottiti), Diesel Living with Foscarini (illuminazione), Diesel Living with Scavolini (cucina), Diesel Living with Zucchi (tessile), Diesel Living with Seletti (accessori).
La voglia di interpretare gli spazi vuoti, dandogli forma e calore, ha sempre fatto parte dell’attitudine Diesel. Ogni volta che ci trovavamo a creare un nuovo negozio ci piaceva riempirlo con mobili vintage e oggetti di recupero, frutto di una ricerca che mio padre ha sempre condotto in modo passionale e con l’obiettivo di definire ogni minimo dettaglio. A un certo punto ci siamo chiesti: perché non facciamo anche il tessile per la casa? E subito dopo: perché non creiamo anche le nostre poltrone e le nostre lampade? Per noi è stato molto naturale passare al mondo dell’arredamento… Quanti pezzi avete presentato al Salone del mobile? Contando la collezione prodotta da Seletti, l’ultima nata, più di ottanta di pezzi. Con quali criteri avete scelto i vostri partner? Alla base delle partnership con Moroso, Foscarini, Zucchi, Scavolini e Seletti c’è, ovviamente, la condivisione dei valori che
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attribuiamo al prodotto, cioè la qualità, la vivacità, la voglia di raccontare delle storie attraverso le cose che facciamo. Ciascun partner ha un approccio diverso e specifico: Moroso, per esempio, ha una visione artigianale del processo e della finitura del prodotto, diversa dall’attenzione per l’industrializzazione che contraddistingue Foscarini. Ciò che accomuna queste aziende a noi è la passione per la materia, che per noi è importantissima. Come nascono i vostri progetti per la casa? Tutti i prodotti sono progettati all’interno della nostra azienda. I creativi dedicati alla collezione Diesel Living sono quattro, affiancati da chi si occupa della parte tecnica e di prodotto vera e propria. Lavoriamo tutti assieme nell’ufficio stile, che si occupa anche di grafica, abbigliamento, accessori. Da questi altri mondi traiamo ispirazioni molto importanti; succede per esempio con le finiture dei tessuti moda, che spesso sperimentiamo nell’ambiente casa. Come si svolge il processo creativo? Il primo briefing definisce le strategie in termini di mercato, target e distribuzione. Una volta messi ‘i piedi per terra’, passiamo al moodboard che concede ai creativi la massima libertà. Solo successivamente, e attraverso vari step, il progetto arriva ad assumere una forma comprensibile in termini commerciali e di prodotto, per giungere poi a quella di prototipazione e di valutazione di costi. La sperimentazione è comunque per noi molto importante. Ci piace provare a percorrere strade innovative, che anche se non approdano a risultati concreti ci consentono di trarre molti spunti.
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Due vedute esterne dell’Headquarter Diesel A Breganze, Vicenza, inaugurato nel 2011. La struttura comprende uffici per mil e persone e servizi vari come nido e scuola materna, ristorante, palestra, campo da calcio. Sopra, a destra, la hall-reception.
Dove traete le vostre ispirazioni? Le nostre ispirazioni vengono dal mondo della musica, dell’arte, della strada. Da questi mondi ‘altri’, che includono quello dell’industrial design, traiamo degli elementi su cui inseriamo il lifestyle di Diesel. Il nostro prodotto è sempre ‘vissuto’: non è mai piatto, saturo, perfetto, finito, ma sembra esistere da tempo e portare i segni di una storia che inizia lontano. Ci piace fantasticare
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e immaginare che anche uno sgabello possa raccontare qualcosa che va al di là della sua funzione e della sua semplice forma. In questo processo mio padre ha sempre avuto una presenza importante: è colui che alla fine decide su tutto, con grandissima velocità, aggiungendo quei dettagli che poi risultano determinanti. Quali saranno le prossime declinazioni dello stile Diesel nell’ambiente domestico? Stiamo colloquiando con altri possibili partner per sviluppare altre tipologie di prodotto, che al momento però sono top secret. Cosa ha significato per Diesel Living presentarsi quest’anno, per la prima volta, con uno stand tutto suo al Salone del mobile?
È stata un’esperienza molto positiva che ci ha permesso di presentare la filosofia che sta dietro la collezione. All’ambientazione vera e propria abbiamo affiancato una sorta di galleria dove i prodotti erano presentati in modo descrittivo. Abbiamo fatto ricorso a tutti gli elementi narrativi del mondo Diesel: la grafica, la materia, il lifestyle. È importante far vivere gli ambienti, dargli emotività. Come hai arredato la tua casa? Vivo a Bassano del Grappa, in un piccolo appartamento con una bella vista sul Brenta che ho arredato con gli oggetti recuperati ai mercatini vintage quando vivevo negli Stati Uniti. Prima a Los Angeles, dove mi sono trasferito a 18 anni per
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Il progetto si è basato su un impianto planimetrico razionale e rigoroso: la hall-reception (foto in alto), la mensa-bar (a sinistra), la palestra, l’auditorium, gli spazi di natura privata, gli uffici e i magazzini
imparare l’inglese, poi a New York, dove ho frequantato gli studi di Textile Development and Marketing al Fashion Institute of Technology. La mia è una casa molto colorata, piena di quadri e oggetti vissuti. Per sistemarla mi sono fatto aiutare da un interior designer, occupandomi però in prima persona di certe scelte, come quella del rivestimento del bagno che ho ideato come una storia di colore componendo i campioni di piastrelle inviatemi da un’azienda della zona. Prima di passare ai prodotti Diesel in licenza ti sei occupato per 15 anni di abbigliamento, seguendo in prima persona il marchio 55DSL. Come hai vissuto il passaggio dalla moda al design? Sono due mondi diversi con linguaggi
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diversi, ma l’approccio creativo è sempre lo stesso. Questo passaggio mi sta permettendo di conoscere la materia, che prima per me era solo il tessuto. Il design mi appassiona, anche se penso che rispetto alla moda sia molto egoriferito. Nel mondo Diesel non esistono firme: quello che i creativi progettano appartiene al lifestyle del marchio, che non riconosce singoli individualismi. Rimango tuttavia sempre molto stupito dalle conoscenze trasversali dei designer che operano nel furniture, dal loro sapere tecnico. Sono gli stessi nostri partner a stimolarci e a spingerci nella sperimentazione di prodotti che magari con i loro marchi non potrebbero mai proporre. C’è un prodotto che meglio di altri esprime lo
spirito della collezione Diesel Living? Se qui ci fosse mio padre di sicuro parlerebbe della cucina, del suo tavolo in metallo spazzolato che sembra vissuto da tempo, dei suoi bordi ‘rivettati’ che rivelano la meccanicità del prodotto e gli attribuiscono un sapore industriale, dei richiami vintage rintracciabili nella cappa e nelle antine in vetro armato. Raccontaci della tua personale visione del design e dell’architettura. C’è un progettista che apprezzi in modo particolare? In generale mi piacciono gli anni Settanta, il mondo dell’automotive, le macchine di Bertone, il segno futuristico che si sposa alla materia. Ammiro inoltre il lavoro di Carlo Scarpa.
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marmo forever Marmo e pietre naturali sono materiali ritenuti ancora inaccessibili e di difficile approccio per architettura e design o proseguono la loro ascesa nel gradimento di progettisti e designer? Ce lo racconta l’esperienza di Marmomacc che anche quest’anno, dal 24 al 27 settembre nella tradizionale cornice di Veronafiere, fa il punto della situazione testo di Danilo Signorello
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Le tante “facce” del marmo e delle pietre naturali, materiali dai toni caldi oppure freddi, ricchi di striature e venature che li rendono elementi pregiati per rivestmenti e finitu e tanto in interni quanto in esterni. Foto di Alice Schillaci e di Ennevi (in basso e nella pagina a fianco in al o).
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ono due le caratteristiche che distinguono marmi e pietre naturali da qualsiasi altro materiale naturale: la non riproducibilità (a differenza del legno e degli alberi, ad esempio, non ricresceranno altre pietre) e la territorialità (marmi e pietre sono essi stessi la terra, il territorio da cui vengono estratte). Queste doti li rendono materiali preziosi e, per certi versi, unici e irripetibili. È per questo motivo probabilmente che le pietre, fin dalle origini dell’umanità, hanno avuto un valore magico (la pietra filosofale, simbolo dell’alchimia, capace di risanare la corruzione della materia) oppure sacro: basti pensare ai moai dell’isola di Rapa Nui (“grande roccia”), ai monoliti di Stonehenge
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(“pietra sospesa”), ai menhir (“lunga pietra”) delle coste bretoni e ai dolmen le tombe preistoriche megalitiche. Questa fisicità pesante, sacra della pietra ha del resto spinto Stanley Kubrick nel film “2001 Odissea nello spazio” a rappresentare Dio come un monolite di pietra. Eppure, nonostante questa storia importante e affascinante, marmi e pietre appaiono come materiali inaccessibili, di complesso utilizzo sul fronte della progettazione architettonica e del design. Una ricerca sull’utente finale condotta da Marmomacc durante l’edizione 2013, ha rivelato che oltre il 50% delle persone associa il marmo a monumenti famosi, pavimenti e scalinate di palazzi storici importanti, e che comunque è ancora diffusa l’idea che i materiali lapidei siano prevalentemente usati per interventi su larga scala. Ma è davvero così difficile l’utilizzo del marmo nella cultura del progetto?
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Giochi di ombre e luci, di vuoti e pieni. Conoscenza della materia e dei processi produttivi, uso consapevole e contenimento degli scarti sono tra gli aspetti imprenscindibili del design litico. Foto di Alice Schillaci.
Con funzione di rivestimento e finitura, pietre e marmi sono legati al benessere del corpo (hammam, centri termali), tanto che nella progettazione di hotel e centri wellness ne viene fatto grande uso. Sono materiali duttili in esterni e interni per numerose applicazioni: pavimenti, oggetti, arredi, piani di lavoro, scale. Sono di facile manutenzione e pulizia, e, grazie alla moderna tecnologia, sono diventati lavorabili con maggior facilità, consentendo impensabili soluzioni formali (sinusoidi, intrecci, ricami, bassorilievi).
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Grandi architetti e designer li utilizzano per i loro progetti: da Steven Holl a Philippe Starck, da Snøhetta Architects a Richard Meyer, da Cesar Pelli a Renzo Piano, da Giulio Iacchetti a Ludovica e Roberto Palomba, Luca Scacchetti, Matali Crasset, Paolo Ulian. Le loro caratteristiche di salubrità (non si caricano elettrostaticamente, non favoriscono lo sviluppo di micro organismi batterici e muffe), sicurezza (non sono infiammabili), fonoassorbenza (grazie a porosità e lavorazioni particolari), termiche (un rivestimento in pietra contribuisce all’efficienza energetica di un edificio ottimizzando la quantità di energia dedicata a riscaldamento e raffrescamento) e sostenibilità stanno facendo scoprire nuovi e inattesi utilizzi di marmo e pietre. Il loro impiego sta ottenendo crescenti consensi, rivelando tuttavia che la loro fortuna, al di là delle doti tecnicoprestazionali ed estetiche, rimane legata come sempre alla capacità delle imprese estrattive e di lavorazione di innovare ed elaborare significati originali attraverso tecnologie sempre nuove. Sull’onda di questa riscoperta di marmi e pietre da parte del mondo dell’architettura e del design, si svolge dal 24 al 27 settembre a Verona la 49ª edizione di Marmomacc - Fiera Internazionale di Marmo, Design e Tecnologie. La novità di quest’anno è la concomitanza con la fiera Abitare il Tempo allo scopo di creare un vero e proprio forum del design che accomuna le due kermesse sui temi del design e del contract. Mentre Marmomacc occupa secondo tradizione i padiglioni di Veronafiere, Abitare il Tempo trova spazio al Palaexpo. Comune punto di incontro è il padiglione 1 che accoglie mostre culturali, eventi, convegni di Inside Marmomacc&Abitare il Tempo. Un nuovo concept fieristico che vuole garantire una maggiore integrazione tra i visitatori dei due saloni e consentire a tutti gli espositori di partecipare al ricco programma di attività attraverso workshop aziendali, incontri B2B e mostre sperimentali. Tanti gli eventi in calendario. Tra questi, “Living Stone”: l’eccellenza del made in Italy e i grandi architetti iberici, con installazioni ispirate al tema della casa con patio interpretate da Manuel Aires Mateus con Grassi Pietre, Josep Miàs con Travertino Sant’Andrea, Eduardo Souto de Moura con Piba Marmi, Benedetta Tagliabue con Decormarmi; “Renzo Piano e Malta”: un’inedita facciata in pietra per il nuovo parlamento; “Verticalità litiche”: prototipi in pietra degli studenti del corso di laurea in Design del prodotto industriale dell’Università di Ferrara; “Stereotomic Design”: architetture concepite secondo l’utilizzo di sistemi ed elementi voltati; “Design e Tecnologia”: in mostra l’eccellenza tecnologica, la capacità di trasformazione e la creatività del settore lapideo italiano; “At Home”: Marmomacc&Abitare il tempo for contract. E ancora il premio tesi di laurea “Paesaggio, architettura e design litici”, giunto alla terza edizione, e le iniziative didattiche, di formazione e ricerca e i workshop di “Stone Academy”, associazione che collega università, professioni e istituzioni impegnate nelle attività di formazione,
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Le pietre di Prun, nodulari e dalla colorazione rosso-biancastra, sono caratterizzate dalla presenza di un sottile velo di argilla che separa i singoli strati. Nella foto di Pietro Savorelli, antiche cave di Prun in Valpolicella.
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Gli imponenti rivestimenti in pietra locale utilizzati da Renzo Piano nel progetto Valletta City Gate con il quale è stato ripensato l’accesso al centro storico della capitale maltese. Il complesso comprende gli edifici del nu vo parlamento, il recupero delle rovine dell’adiacente Opera house e la nuova porta della città di La Valletta. Foto RPBW.
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ricerca e divulgazione accademica e professionale dell’architettura con l’uso della pietra. Abbiamo chiesto a Ettore Riello, presidente di Veronafiere, di raccontarci Marmomacc 2014 e indicarci le prospettive dei materiali lapidei sul fronte del design e dell’architettura. Quali le principali novità di Marmomacc 2014? Le novità sono nel segno della continuità di un progetto ben strutturato e apprezzato dai protagonisti del settore: aziende, progettisti, designer, buyer e contractor. La rassegna propone a ogni edizione iniziative, eventi, appuntamenti sul fronte culturale e commerciale dal contenuto innovativo e capaci di cogliere, rispettivamente, le tendenze del mondo dell’architettura e del design, i trend dei mercati, maturi o emergenti, per la pietra
naturale, le tecnologie, i macchinari e gli accessori. Tra le novità, la collaborazione tra Marmomacc e Abitare il Tempo. Si tratta solo di una nuova forma di cross marketing o ci sono altri motivi nella scelta? I motivi risiedono anche nei comuni obiettivi delle rassegne che sono l’internazionalità, intesa come presenze di espositori e visitatori dall’estero, il periodo di svolgimento ottimale per entrambi i settori di riferimento, i contenuti orientati al mondo degli architetti e designer, il contract internazionale, attività sulla quale convergono le azioni di promozione di entrambe le manifestazioni. Tanto che il padiglione 1 quest’anno ospita le mostre delle due rassegne e quella comune a Marmomacc e Abitare il Tempo, dedicata proprio al contract.
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La sede del Consiglio di Castiglia e Leon a Zamora in Spagna, opera dell’architetto Alberto Campo Baeza. Le alte mura verticali che accolgono il volume in vetro che contiene tutti gli uffici sono in pi tra Arenisca de Burgos, come anche la pavimentazione. Foto di Javier Callejas.
Tra i motivi di successo di Marmomacc la scelta di coniugare il business al design e alla cultura del prodotto. Per Marmomacc, quindi, il design è riconosciuto come valore aggiunto legato a ogni produzione lapidea? È stata vincente l’idea di accostare al mondo litico quello del design, dell’architettura, della formazione: motori di innovazione e creatività che fanno di Marmomacc il principale laboratorio internazionale per la conoscenza, lo sviluppo delle potenzialità espressive e delle applicazioni della pietra nella progettazione e nell’arredo in e outdoor. Quali iniziative saranno più legate al design e all’architettura facendo di Marmomacc un laboratorio innovativo di idee e progetti? La formazione è uno degli aspetti dei quali andiamo maggiormente orgogliosi. Dalle Lectio Magistralis dei più importanti architetti ai corsi in collaborazione con istituzioni e associazioni professionali di Usa, Canada, Gran Bretagna, Sud Africa, Australia, Ungheria. Marmomacc è ideatore e capofila, inoltre, dell’associazione Stone Academy che, in collaborazione con il Politecnico di Milano Facoltà di Architettura, coinvolge oltre 20 tra università italiane e internazionali nella realizzazione di seminari e master di secondo livello sulla progettazione in pietra, i quali assegnano anche crediti formativi agli studenti. Nell’ambito dello speciale rapporto instaurato con le università, quest’anno sarà premiata la miglior tesi di laurea per la progettazione in pietra.
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Il settore della pietra naturale ha visto l’export italiano crescere nel 2012 di circa il 10% e superare 1,8 miliardi di euro. Un trend scuramente positivo in tempi di crisi. Quali le prospettive per il prossimo futuro? È un trend che prosegue anche nel primo bimestre del 2014, che registra una crescita in valore del 5,9% dell’export rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Il settore, unitamente a quello delle macchine e tecnologie, è una delle eccellenze del manifatturiero italiano, depositario di un saper fare unico al mondo e che il mondo, anche in questo comparto di nicchia, ci riconosce. La mission della fiera prosegue oltre le giornate di Marmomacc durante tutto l’anno con Marmomacc in the World. Quali le tappe future dell’iniziativa? Inoltre, la scelta dell’internazionalizzazione è quella giusta per il futuro della fiera e, più in generale, per l’economia del nostro Paese? L’attività di internazionalizzazione ha riflessi positivi da più punti di vista: sull’incoming di operatori esteri alle rassegne che organizziamo a Verona; per l’export delle Pmi del settore. Marmomacc in the World guarda ai mercati del construction, consolidati ed emergenti, attraverso un calendario di eventi in Medio Oriente, Usa, Brasile e Africa. In Brasile l’investimento, grazie alla partnership con Simest e Sace, è stato importante con la costituzione di Veronafiere do Brasil.
Un nuovo format per Abitare il Tempo Con l’edizione 2014, Abitare il Tempo diventa momento espositivo, ma anche luogo di incontri B2B, aggiornamento, ricerca, formazione e scambio culturale. Da At Home (le potenzialità della pietra in progetti pensati per il contract) in sinergia con Marmomacc a Luxury & Relax Living (integrazione della pietra in ambienti dedicati a benessere e relax), dalla mostra Art Design (prototipi di complementi d’arredo in materiali diversi) a Wine & Relax (concept room con forme monolitiche in pietra, legno, metallo, acqua). Al Palaexpo, una mostra in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Verona, con una selezione di oggetti e complementi realizzati da designer veronesi. In collaborazione con ADI Veneto e Trentino Alto Adige, un’altra mostra e un ciclo di incontri su decorazione e ricerca di materiali originali e finitu e d’interni per l’arredo. Abitare il Tempo, insieme con Marmomacc, è anche cornice della premiazione dei progetti più signific ti del contest From Nature to Design ideato da Marmi Bruno Zanet. Infin , la collaborazione con la Fondazione Aldo Morelato a sostegno del progetto “Il mobile significan e L’elemento d’arredo portatore di valori e di signific ti”, per promuovere la produzione di mobili di qualità, stimolare l’innovazione e valorizzare a livello internazionale il territorio produttivo veronese.
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Galileo, lampada a led da parete con proiettore in alluminio, diffusore in poliuretano verniciato bianco opaco, con riflettore per la luce in policarbonato specchiato, posto all’estremità . Fa parte della linea Architectural. Design Michele de Lucchi per Artemide.
In un simpatico gioco di simulazioni il design interagisce con personaggi fantastici: design e sport insieme in un insolito match tra discipline
DesIGn MaTcH di Nadia Lionello - illustrazioni di Michelangelo Giombini
Roy, tavolino caratterizzato dall’effetto lente per mezzo della base concava di 10 mm specchiante e il piano in cristallo. Design Doriana e Massimiliano Fuksas per Fiam.
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Fraga, tavolino-pouf con base in massello di faggio, piano in multistrato di faggio tinto naturale o antracite removibile e rivestimento in tessuto elasticizzato sfoderabile. Design GamFratesi per Ligne Roset.
Kelly, tavolo da pranzo o riunione con piano in mdf, laccato goffrato in diversi colori, in tre dimensioni rettangolari e due quadrate, con base in tubolare metallico verniciato in diversi colori oppure laccato velvet o wengè. Design Claesson Koivisto Rune per Tacchini.
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Rondò, pannello fonoassorbente da terra con struttura in multistrato okumĂŠ rivestito con falda di cotone e lino-cotone o in materiale fonoassorbente, disponibiile in tre diversi diametri e due pattern sashiko o millefiori Ăˆ provvisto di tasche interne e di piccola mensola portaoggetti. Piedi in massello di faggio. Design Dennis Guidone per D3CO.
Two mates, tavolo scacchiera con sedute, in marmo bianco di Carrara con finitu a levigata. Design Ross Lovegrove per Marsotto.
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Rondò, pannello fonoassorbente da terra con struttura in multistrato okumĂŠ rivestito con falda di cotone e lino-cotone o in materiale fonoassorbente, disponibiile in tre diversi diametri e due pattern sashiko o millefiori Ăˆ provvisto di tasche interne e di piccola mensola portaoggetti. Piedi in massello di faggio. Design Dennis Guidone per D3CO.
Two mates, tavolo scacchiera con sedute, in marmo bianco di Carrara con finitu a levigata. Design Ross Lovegrove per Marsotto Edizioni.
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Eclittica, lampada a sospensione in profi o d’alluminio a C calandrato, disponibile in due diametri da 50 e 20 cm, verniciato bianco, nero, rosso e gold, con inserite internamente le sorgenti led. Design Carlotta de Bevilacqua per Danese.
Gong lux, tavolino tondo in lamiera di metallo tagliata a laser con finitu a lucida a bagno galvanico nei nuovi colori blu, ottone e rame. Design Giulio Cappellini per Cappellini.
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Errante, libreria in legno di frassino naturale con ripiani in cristallo, declinazione dell’installazione L’errore e il disincanto realizzata dell’artista Michele Manzini per la Biennale di Venezia 2013, e realizzata da Morelato.
Oasi, pouf per esterno in polietilene stampato in rotazionale con seduta rivestita in erba sintetica o in eco-pelle, pelliccia o sughero per interno, dotato di luce led o a basso consumo e telecomando. Design Sebastian Bergne per Serralunga.
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Shade, paravento con base metallica e struttura in tubolare metallico verniciato con rivestimento sfoderabile in tessuto da campionario. Design Marco Zito per Saba Italia.
Aleta, lampada da terra a led con struttura in frassino massiccio tinto noce o nero, base in acciaio inox spazzolato e diffusori in metacrilato trasparente montati su supporto termico in alluminio. Design Sacha Lakic per Roche Bobois.
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Come a casa
Intercambiabili si prestano agevolmente a contesti eterogenei: arredi crossover scelti per ambienti non solo privati, e proporre atmosfere sempre pi첫 familiari di Nadia Lionello foto di Miro Zagnoli
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Aston, divano con struttura in metallo e cinghie elastiche in caucciÚ, imbottitura schienale in schiuma poliuretanica ignifuga e inserto in memory foam; rivestimento in tessuto o pelle, gambe in alluminio pressofuso verniciato. Design Rodolfo Dordoni per Minotti. Rebus, tavolini con base in tondino metallico verniciato marrone micaceo o titanio galvanizzato e piano irregolare in vetro serigrafato trasparente o fumÊ. Design Mauro Lipparini per Arketipo. Maglia, tappeto in fique (fi a naturale delle foglie di fique) fi to a mano, tinto e lavorato a maglia a mano. Realizzato in Colombia per Ruckstuhl. Pagina a lato. Mirto, tavolo con struttura in pressofusione d’alluminio verniciato nero ardesia e top in vetro verniciato bronzato riflettente, disponibile quadrato e rettangolare in tre dimensioni. Design Antonio Citterio per B&B Italia. Runner Dine in pura abaca e tovagliolo Bon in puro lino di Society. Taika, mug e tazza cappuccino in ceramica. Design Klaus Haapaniemi e Heikki Orvola per Iittala. Junan, sedia con struttura in acciaio, imbottitura in poliuretano schiumato a freddo e rivestimento sfoderabile in tessuto, pelle o ecopelle. Design Batoli Design per Bonaldo.
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K tables, tavolini con struttura in acciaio verniciato nei colori bianco o grigio grafi e opaco e piani ad incasso, non removibili, in grès porcellanato lucido o satinato bianco, grigio medio, antracite e nella versione Corten opaco. Design Victor Vasilev per Mdf. Divano del programma personalizzabile Set, con struttura in legno massiccio, molleggio con molle a greca, lastra seduta in memory foam foderato in piuma d’oca; rivestimento in tessuto lavorato a travettata sul fronte della base. Design Studio Viganò per Twils. Lys, lampada da terra, anche in versione a luce led, con struttura in metallo verniciato nero o bianco, riflettore in alluminio tornito. Design Angeletti e Ruzza per Oluce. Brera, tappeto 50% lana e 50% viscosa tessuto a mano, in due varianti grigie. Design Paolo Zani per Warli.
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Burton, scrittoio con piano rettangolare e angoli sagomati in legno laccato lucido o opaco in diversi colori e base in metallo verniciato nero opaco. Design Andrea Parisio per Meridiani. Cheshire, lampada da tavolo con diffusore in policarbonato nero, bianco o verde, stelo in metallo e base in zama laccati. Design Gamfratesi per FontanaArte. Ingrid in strips, passatoia realizzata a telaio, in pura lana e in cinque varianti colore. Design Gunilla Lagerhem Ullberg per Kasthall. Log, poltroncina con struttura in acciaio immersa in schiuma di poliuretano espanso ignifugo e rivestimento in tessuto o pelle. Design Manuela Busetti, Andrea Garuti e Matteo Redaelli per Pedrali.
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Slim irony, tavolini, della serie di quattro, con struttura in trafil to pieno nero ramato e piani in lamiera fosfatata nero, nero ramato e simil-corten con finitu a irregolare. Design Maurizio Peregalli per Zeus. Kipu, pouf disponibile in tre misure, con struttura in schiumato di poliuretano espanso ignifugo, rivestimento in tessuto, ecopelle o pelle naturale e piedini in polietilene. Design Anderssen & Voll per Lapalma. Ray, lampada da terra con diffusore in policarbonato bianco, stelo in legno Toulipier naturale e base in metallo verniciato. Design di Lagranja Design per Fabbian. Mod.1063, disegnata da Gino Sarfatti 1954 della collezione Re-lighting, lampada da terra composta da diffusore in alluminio laccato con lampada tubolare fluo escente a led con base a scatola in metallo, contenente dispositivi elettrici, fiss ta con tondini di acciaio. Riedizione realizzata da Flos.
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Oliver, scrittoio con struttura in legno massello di faggio laccato e piano in marmo Emperador lucido, Corallo beige lucido o Orobico grigio venato lucido e alzatina, con cassettini amovibili, in acciaio rivestito in pelle. Design Emanuela Garbin e Mario Dell’Orto per Flou. Labo, lampada da tavolo in vetro borosilicato fumo, trasparente o blu, fi o elettrico colorato e base in metallo nichelato bronzo o nero. Design Daniel Debiasi & Federico Sandri per Penta. Kipling, sedia e sgabello con struttura in metallo, imbottiti e rivestiti in pelle. Design Gordon Guillaumier per Frag.
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Hold on, day bed con struttura in massello di frassino tinto naturale scuro o chiaro, seduta e cuscini a rullo in poliuretano rivestiti in tessuto o pelle. Design Nicola Gallizia per Gebr端der Thonet Vienna. Starsky, tavolini impilabili con piano in MDF intarsiato con tre essenze lignee e base a tre gambe in tubolare metallico tagliato al laser e verniciato. Design David Lopez Quincoces per Living Divani. Bao, piccolo pouf con imbottitura in sfere di polistirolo, rivestito in cuoio pieno fio e cioccolato, cognac o nero oppure in cuoio smerigliato bianco, nero, vinaccia e fango, piedini in legno massiccio di noce. Design Viola Tonucci per Manifestodesign. Cross(me)knot, tappeto in lana e seta, annodato a mano con tecnica del nodo tibetano. Design di CTRLZAK per cc-tapis.
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Mina, consolle con struttura e piano in acciaio laccato lucido bianco o nero. Design di Frank Rettenbacher per Zanotta. Pin, lampada da tavolo con diffusore in poliuretano stampato in rotazionale e base in metallo laccato bianco. Design di Michel Boucquillon per Martinelli luce. Tactile, poltrona con struttura in multistrato di abete cileno, imbottitura in poliuretano espanso a densitĂ differenziata, rivestita solo con pelli morbide. Design Vincenzo De Cotiis per Baxter. Mashup, tappeto in lana e cotone lavorato a mano in India nelle varianti colore giallo e rosso. Design Paolo Giordano per I+I.
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Sull’onda del design di Maddalena Padovani
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l design è sempre alla ricerca di nuove sfide che gli consentano di portare uno sguardo ‘altro’ sugli oggetti che popolano (e appassionano) il nostro vissuto quotidiano. Non stupisce quindi più di tanto il fatto che due progettisti abbiano deciso di disegnare una tavola da surf. Ciò che incuriosisce delle storie di Giulio Iacchetti e Luca Bressan è che prendano origine da mondi molto lontani dal mare e dalle onde e che proprio in virtù di questa lontananza sviluppino una visione alternativa rispetto a quelle consolidate e conservatrici della cultura del surf. Il risultato è un’innovazione non solo formale ma soprattutto di processo. Quella di Giulio Iacchetti è, prima di tutto, una storia di amicizia e di frequentazione intellettuale con Francesco-Franz Fiorentino, titolare di un locale a Milano che per gli appassionati di surf da onda rappresenta un importante punto di riferimento, il secondo in
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Giulio Iacchetti e Luca Bressan. Due storie ma un solo tema: la tavola da surf. Per uno è curiosità intellettuale, per l’altro è passione di vita. Per entrambi diventa un progetto d’innovazione Europa, per numero di frequentatori, dopo il club di Biarritz. “Ho iniziato a frequentare Surfer’s Den” racconta Giulio “perché ai tempi si trovava vicino allo studio che dividevo con Matteo Ragni e perché mi piaceva l’atmosfera che si respirava. Franz mi ha introdotto nel mondo del surf, che è fatto di musica, colori, disegni, fumetti, cinema, abbigliamento, e anche di tavole, oggetti che mi avevano sempre affascinato. Io non amo l’acqua perché non so nuotare, ma l’idea di ripensare e disegnare una tavola, senza cadere negli stilismi, mi stuzzicava da tempo. Non è stato facile vincere le reticenze e gli stereotipi dei surfisti. Più mi dicevano che ci sono materiali, forme e misure da rispettare, più cresceva il desiderio della sfida e la voglia di andare oltre questi limiti. Alla fine ho convinto Fiorentino – che per me è un personaggio di grande ispirazione – ad affiancarmi in un progetto che cerca di rendere più contemporaneo e anche più economico un processo prettamente artigianale”.
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Ritratto nel letto del Naviglio milanese, Giulio Iacchetti tiene sottobraccio una tavola della collezione Surfph-O-Morph, da lui progettata assieme a Francesco Fiorentino (foto Max Rommel). In basso e nella pagina accanto: Orca, Delfino e Squa o, i tre modelli di tavola da surf, disegnati da Iacchetti, che si ispirano alla morfologia dei rispettivi animali marini, anche nella linea delle pinne. Il corpo delle tavole è realizzato in EPS e vetro-resinato da Sebastiano Lang.
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Accanto: Luca Bressan sulle Dolomiti venete, dove è nata l’idea di Solo Surfboard, una serie di tavole da surf interamente in legno. L’immagine è tratta dal mini-documentario Natural Goods di Marco Mucig, realizzato con il supporto di Sun68, che racconta la storia del progetto. Il video e alcune realizzazioni sono visibili sul sito solosurfboards.com.
L’idea è infatti quella di industrializzare la prima fase della realizzazione della tavola: laddove interveniva la mano dell’uomo a sagomare un blocco di schiuma poliuretanica, Giulio introduce una fresa a controllo numerico che scolpisce la materia secondo le forme dettate da un file 3D. Che nella fattispecie sono quelle di tre animali marini: il delfino, lo squalo e l’orca, ricordate non solo nella silhouette di tavola e pinne ma anche nei colori che virano su un’unica tonalità di grigio, bianco e nero, contrapponendosi per scelta all’acceso cromatismo dell’estetica ‘tiki’. Il processo torna a essere manuale nella fase di levigazione e vetroresinatura: è qui che entrano in gioco gli ‘shapers’, che con olio di gomito conferiscono alla tavola la finitura ideale per renderla performante e resistente. “Ho sempre pensato” conclude Iacchetti “che sia giusto delegare alle macchine quelle lavorazioni che, fatte meccanicamente, risultano più precise e anche più economiche. La mano dell’uomo deve intervenire dove ha la sua massima valorizzazione ed è in
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Per sviluppare il progetto Solo Surfboard, Luca Bressan ha messo a punto una particolare tecnologia costruttiva che consente di ottenere tavole molto leggere e performanti. I surf nascono dall’assemblaggio di tante sezioni longitudinali singolarmente progettate e realizzate tutte in legno.
grado di attribuire un valore aggiunto. In questo senso credo nel processo ibrido”. Diversa la storia di Luca Bressan, che nasce sulle vette delle Dolomiti e approda alle onde oceaniche di Fuerteventura. Luca vive a Valdobbiadene, dove si occupa di prodotti industriali, seguendone l’iter realizzativo in tutte le sue fasi, dal concept alle matematiche per lo stampaggio. Passa però il tempo libero in montagna, dove d’inverno coltiva la sua passione per lo snowboard. Finché un giorno non scopre il surf da onda: un vero e proprio innamoramento che lo porta a frequentare le spiagge più note in tutto il mondo per quella che ritiene “una filosofia di vita, più che uno sport, capace di sviluppare le energie più latenti e primitive di ciascuno”. La connaturata voglia di costruire con le mani, che già lo aveva condotto a fabbricare bici, moto, robot e snowboards, sia per sé che per gli amici, lo porta a immaginare una tavola tutta sua anche per il mare, tecnologica, performante, ma al tempo stesso naturale ed ecologica. “Soffro d’asma” spiega
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Bressan “e non posso entrare in contatto con polveri tossiche. Un po’ per questo limite, un po’ per l’amore per il legno che deriva dal mio bagaglio culturale, sono progressivamente arrivato all’idea di un surfboard realizzato in legno di Paulonia, molto leggero, resistente, stabile, dotato di elevate proprietà di isolamento igroscopico. Proviene da una pianta molto diffusa – ho scoperto di averne una anche nel mio giardino di Valdobbiadene – che cresce molto velocemente; è quindi un legno ecosostenibile. A questo materiale ho abbinato un innovativo processo tecnologico, messo a punto in tre anni di ricerca, che mi consente di costruire una tavola vuota al suo interno: parto dal progetto della tavola, dopodiché mi concentro su quello dei singoli componenti che risultano dal suo sezionamento secondo tanti piani longitudinali. La realizzazione in legno attraverso fresatura avviene pezzo per pezzo; tutti gli elementi vengono poi incollati tra loro, per essere successivamente levigati con accorgimenti manuali che danno carattere e personalità alla tavola. La finitura ultima avviene
tramite varie mani di olio di lino che, ossidandosi, polimerizza e crea un naturale strato protettivo che rende il legno impermeabile all’acqua. Il risultato di questo processo è una tavola che, pur essendo tutta in legno (lo sono anche le pinne), è particolarmente leggera: pesa infatti poco più di 3 chili, equivalenti a quelli di un tradizionale surfboard in vetroresina”. Oggi Luca Bressan divide la sua vita tra Valdobbiadene e Fuerteventura, il paradiso dei surfisti dove ha deciso di mettere radici per coltivare quotidianamente la sua passione ma anche per continuare a sviluppare il suo progetto. La tavola in legno ha riscosso un successo immediato e le richieste arrivano da tutto il mondo, tanto che il suo obiettivo è adesso quello di studiare dei kit di montaggio che possano abbattere i costi di spedizione. Nel frattempo, la sua storia è diventata uno short-documentary diretto da Marco Mucig che con la telecamera lo ha seguito dalle montagne venete al mare delle Canarie, per raccontare una sfida che nasce da valori di libertà e semplicità e si traduce in design e impresa.
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di Valentina Croci
Il casco per bici Rush, progettato da Alessandra Pasetti per Rudy Project, è caratterizzato dallo studio dei flussi aerodinamici nella definizione della forma e da colori brillanti. (foto Osvaldo Bonaldo)
Non solo furniture Il design italiano è nell’immaginario collettivo sinonimo di arredamento. Tuttavia lo sport è un ambito in cui si fa ricerca già dal secondo dopoguerra. Con aziende conosciute nel panorama internazionale e progettisti di eccellenza
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A sinistra: giacca Spidi Hard Track sviluppata dalla Ricerca e Sviluppo Spidi con Aldo Drudi e pensata per il turismo-avventura e l’enduro a lungo raggio. Integra il sistema Step-in-Clothing: la sovrapposizione di diversi strati interni alla giacca per regolare la coibenza. Drudi collabora spesso con piloti professionisti, in questo caso con il team di Marc Marquez per cui ha sviluppato il coordinato (sotto). Sotto a destra: il casco crossover N44 di Nolan, progettato da Luca Gafforio, art director dell’azienda fino al 2012 Il casco passa da jet a integrale in poche mosse.
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ra i premiati con il Compasso d’Oro 2014 gli scarponi Masterlite, progettati da MM Design per l’altoatesina Garmont: una sfida alla leggerezza che ha tratto ispirazione dalla struttura ossea del corpo umano, con ispessimenti solo lungo le linee di forza e riduzione di materiale nei punti di tamponamento. Poche le attrezzature per lo sport insignite del prestigioso premio in sessant’anni di attività. Illustri precedenti di scarponi sono gli Slalom Security di Dolomite disegnati da Cesarino Benso Priarollo (Compasso d’Oro 1957) e i 4S, sempre di Dolomite, progettati dall’Ufficio tecnico aziendale (Compasso d’Oro 1967), tra i primi scarponi in plastica. In Italia c’è una grande storia di ricerca ed innovazione di cui si parla poco e della quale è difficile perfino scovare gli artefici: contrariamente al settore dell’arredo, il nome del designer compare raramente ed è segnalato per lo più nella nicchia di riferimento. Spesso le aziende dello sport hanno centri ricerca, talvolta anche centri stile, al proprio interno che si interfacciano con consulenti esterni. Ricerca su materiali e tipologie, prototipazione, test e infine ingegnerizzazione sono fasi continue e intersecate, che vedono il designer a stretto contatto sia con gli ingegneri della Ricerca e Sviluppo, sia con gli atleti delle varie discipline.
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La maschera per immersione in apnea di Omer ha il vantaggio di non ridurre il campo visivo. È un prodotto a marchio “by Momodesign”. Marco Genovese dello studio Eurocompositi è specializzato nella consulenza e sviluppo prodotto in ambiti tra cui quello delle biciclette. Per Wilier Triestina ha progettato Twinblade, la bicicletta da cronometro per triathlon con un’innovativa soluzione cinematica per la forcella.
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La versione 2014 della Vigorelli Caledio di Cinelli, con uno sterzo più piccolo. È una bicicletta in alluminio a scatto fiss , usata in numerose competizioni urbane come la famosa Red Hook Criterium di Brooklyn. Disegnata da Alessandra Cusatelli, art director Cinelli e dall’ufficio ecnico Cinelli. (foto Manuel Velez)
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Accanto: gli scarponi Marsterlite di Garmont (Compasso d’Oro 2014) sono progettati da MM Design. È stata tolta materia senza ridurre la performance, tanto che sono indicati anche per scialpinismo a livello agonistico. Sotto: lo studio di design industriale Montebelluna (TV) Delineodesign disegna la livrea della BMW Husqvarna TE 449 RR, che ha gareggiato nel celebre Rally Dakar.
L’Italia vanta una lunga tradizione nell’ambito delle due ruote: biciclette e moto con relativa attrezzatura. Forse per la popolarità del Giro d’Italia, nato nel 1908, o per la tardiva diffusione a livello di massa di autovetture, questi veicoli hanno spesso ‘parlato italiano’ – Colnago, De Rosa, Scapin e Pinarello per nominare marchi storici di biciclette da corsa; Benelli, Moto Guzzi, MV Augusta e Piaggio nell’ambito delle moto. Oggi l’industria delle due ruote è dislocata per lo più in Lombardia e in Veneto, a eccezione della ‘motor valley’ in Emilia Romagna. Tuttavia, come in altri settori manifatturieri italiani, questo grande patrimonio industriale si sta perdendo a causa della delocalizzazione produttiva soprattutto in est Europa e Cina. Anche il settore dello sci alpino, altro storico ambito manifatturiero italiano che vanta un distretto dello scarpone in provincia di Treviso, vive lo stesso fenomeno della delocalizzazione. Rimane in Italia la parte progettuale di sviluppo prodotto e la produzione dell’alto di gamma. Il binomio performance e design nello sport ha difficili regole. La creatività deve trovare spazio nel rigore, nei limiti dei materiali e della sostenibilità dei processi produttivi e nel comfort dell’utilizzatore. E soprattutto rispondere a specifici requisiti e normative di prodotto. Il lavoro del designer è molto più imbrigliato rispetto all’arredo. Tuttavia ha spesso fatto la differenza. Qualche esempio, senza pretesa di esaustività: Cinelli, la cui art director dal 2001 è Alessandra Cusatelli, si è imposta negli anni anche per lo stile riconoscibile, la cura nella
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Sopra: Pininfarina Extra è la divisione di design industriale del Gruppo Pininfarina. Uno degli ultimi prodotti nell’ambito dello sport è la linea di attrezzi di cardiofitness per Panatta Sport. Sotto: il team di Marco Chiaberge, art director progetto e sviluppo prodotti Ferrino, realizza una tenda a tre posti con una struttura pneumatica al posto della tradizionale paleria che, unita alla camera interna pre-montata, consente un rapido montaggio con una normale pompa ad aria.
grafica e una comunicazione pubblicitaria insolita per il settore; oppure il team di Marco Chiaberge, art director progetto e sviluppo prodotti Ferrino, ha saputo declinare il mondo inarrivabile dell’esplorazione estrema in una forma di escursionismo accessibile ai più. O ancora il linguaggio grafico di Aldo Drudi, designer di riferimento nel settore motociclistico, è ciò che anima il prodotto tecnico traducendo in esso l’idea di performance. Infine Momodesign, l’inventore del casco per uso urbano, è oggi uno dei pochi studi il cui stile riconoscibile diventa un plus valore anche nell’ambito sportivo. Infatti sviluppa prodotti in co-branding o a marchio “by Momodesign”.
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La serie Considered Objects di David Taylor comprende un vaso, uno specchio e una coppa realizzati in cemento e ottone.
di Stefano Caggiano
Oggetti disarticolati fatti di elementi materici ‘brutalmente’ innestati gli uni negli altri. Nasce così un nuovo linguaggio che si inserisce nelle estetiche scomposte della contemporaneità
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no dei nuclei linguistici più stabili del periodo attuale è quello delle estetiche scomposte, che pur nelle diverse declinazioni in atto non riescono mai a pervenire a una sintesi unitaria finale, avvertita ormai come inautentica in un’epoca in cui la molteplicità delle connessioni è tale da smembrare l’oggetto stesso su cui convergono. La più recente incarnazione di questa linea ‘scompositiva’ del design si pone, in particolare, in decisa controtendenza rispetto
alla sparizione digitale delle cose (uno dei principali driver del contemporaneo), dando vita a masse oggettuali coese e disarticolate caratterizzate da brani materici ‘brutalmente’ innestati gli uni negli altri. È il caso della collezione Considered di David Taylor, composta da vaso, specchio e coppa realizzati in cemento e ottone. O dei tavolini Pedestal progettati dallo studio Vera & Kyte, che montano piani in granito nero su telai di acciaio laccato.
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Villa Foundation, il concept di villa pensato dallo studio svedese TAF per Paper Collective, si basa su un piano rialzato posto su pietre, mantenendo separate le varie componenti della struttura abitativa. (foto Joakim Bergstrรถm & Paper Collective)
Arcaico, sistema di tavoli disegnato da Enzo Berti per Kreoo, si basa su una struttura in metallo a cui sono agganciate basi in marmo massello che fungono da contrappeso rispetto al piano sospeso.
La collezione Solid Patterns disegnata da Scholten & Baijings per Luce di Carrara comprende cinque tavoli in marmo toscano. (foto Scholten & Baijings)
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Lo sgabello 1991, in basalto e ottone, fa parte della serie De Natura Fossilium realizzata da Formafantasma per la galleria Libby Sellers. La lava dell’Etna usata come materiale da costruzione porta nel progetto la stessa forza bruta della natura che gli è avversa. (foto Luisa Zanzani ) Sopra: per realizzare le lampade a led della serie Novecento Davide G. Aquini ha tratto ispirazione dall’art déco. Proposte nella versione bianca in marmo di Carrara e nera in marmo Marquinia, montano strutture triangolari in ottone che valorizzano il marmo anche a luce spenta.
Sotto: i tavolini Pedestal disegnati dallo studio norvegese Vera & Kyte (Vera Kleppe e Åshild Kyte) montano piani in granito nero su telai in acciaio laccato.
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La voluta giustapposizione di blocchi materici non ‘normalizzati’ genera così una grana rude ma altamente sofisticata, evidente anche nella panca e tavolo Skid di Sebastian Herkner e negli specchi Obei Obei di Cristina Celestino, luminose metonimie di un mondo di cui accolgono l’immagine connessa e frammentaria, l’unica possibile. Anche i tavoli Arcaico disegnati da Enzo Berti per Kreoo lavorano sulla disomogeneità delle forze gravitazionali, cercando la destabilizzazione dell’equilibrio percepito dell’oggetto. Simili pezzi appaiono in effetti, in generale, come ‘coaguli’ di masse gravitazionali difformi, la cui struttura è analoga a quella dello spaziotempo come viene rilevato in fisica: non liscio e omogeneo, ma simile piuttosto a un patchwork di masse gravitazionali che determinano geometrie dello spazio discordi in cui il tempo scorre a ritmi differenti. E come questi brani di spaziotempo risultano ‘dislocati’ l’uno rispetto all’altro, così le parti che compongono l’oggetto neo-brutalista sono tra loro ‘asincrone’, rinviando all’esperienza tipica della nostra epoca di vivere in una dimensione globale ma non ubiqua, tenuta insieme da una grande ‘rete’ che cuce tra loro zolle crostali altrimenti dislocate. Tocchiamo qui il fondamento stesso del progetto, concepito in generale come dispositivo produttore d’ordine ma che in queste aggregazioni trans-estetiche vede agire anche forze contrarie al suo senso, che immettono elementi di entropia non riassorbibili all’interno del sistema degli oggetti, in cui agiscono con la stessa forza rigeneratrice di una frattura scomposta. In particolare, in alcuni di questi oggetti non bonificati assistiamo all’accostamento, altamente sintomatico, di fasi di durezza materica senza segno a fasi di ordine disegnato, come nella serie De Natura Fossilium di Formafantasma, che assembla rocce laviche dell’Etna a superfici dalla quadrettatura cartesiana. Anche i tavoli Solid Patterns di Scholten & Baijings per Luce di Carrara accolgono questa commistione di caos che rigenera e ordine che definisce, e così pure il concept di villa su roccia proposto dallo studio TAF. Perché nell’oggetto neo-brutalista convivono, anziché escludersi, i due principi estetici fondamentali dell’apollineo e del dionisiaco, con il primo che opera come disegno che circoscrive il flusso amorfo della materia e il secondo che la mantiene attiva facendola continuamente debordare da se stessa, e riassorbire in sé il proprio perimetro contenitivo. In una perenne lotta, forse coito, che non è solo scontro tra principi estetici opposti ma confronto tra principi cosmici pre-umani, elegantemente raccontati, infine, nella lampada Novecento di Davide G. Aquini, in cui il corpo marmoreo dionisiaco appare sfasato rispetto al disegno apollineo del triangolo d’ottone, che non può, e non vuole, contenerlo.
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Gli specchi Obei Obei realizzati da Cristina Celestino per il proprio marchio Attico si ispirano a dettagli di edifici iconici milanesi disegn ti da architetti quali Gio Ponti, Luigi Caccia Dominioni, BBPR e altri. I frammenti specchianti colorati sono disposti come filtri otografici (foto Annacarla Granata) Sotto: Skid, panca e tavolo di Sebastian Herkner che ha utilizzato il Caesarstone come fosse carta o legno. Realizzati per la mostra di Wallpaper* che si è tenuta durante l’ultima design week milanese.
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Pioniera dell’intreccio tessile per esterni, Paola Lenti da 20 anni propone collezioni dalla inconfondibile personalità cromatica e materica. La ‘signora dell’outdoor’ racconta la ricerca sui materiali, la preziosità delle lavorazioni, l’alchimia tra manualità e tecnologia. “L’idea dell’intreccio è nata da un’intuizione: ho osservato spesso i mobili da esterno ‘classici’, tutti molto austeri e realizzati solo con materiali limitati nel colore e nella sostanza. Mi sono allora chiesta: perché non posso godere di bei tessuti, bei colori, sedute comode e materiali gradevoli anche all’esterno? E a questa domanda ho cercato di dare la migliore risposta possibile secondo le mie capacità. L’intreccio ovviamente è realizzato a mano con tecniche tradizionali, il che consente di avere sempre pezzi unici di grande qualità. I materiali sono invece contemporanei. Alla base dei miei progetti vi è il processo che unisce in un insieme armonioso la tradizione e la capacità manuale con le soluzioni tecniche e industriali più all’avanguardia. Tradizione e tecnologia hanno doti fondamentali e imprescindibili: unite si rafforzano a vicenda. Interpreto spesso immagini già presenti nella memoria collettiva trasformandole in oggetti contemporanei attraverso l’uso di materiali meno consueti e più ‘tecnici’ di quelli usuali. Come Rope, un filato che utilizza un materiale già esistente, resistente e riciclabile, ma al quale abbiamo dato caratteristiche del tutto nuove e particolari, oppure Aquatech, un filato performante dall’aspetto sorprendentemente naturale. Da sempre mi impegno a creare prodotti longevi, compatibili con l’ambiente e riciclabili. Ogni materiale che uso per me è anche fonte di ispirazione, e quindi spesso guida il processo di sviluppo di un prodotto, determinandone la forma”.
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InTreccI OuTDoor Pvc, rattan, midollino, cime nautiche o filati in polietilene si annodano, incrociano, intessono, fondendo texture e struttura, in arredi per esterno con la carica suggestiva del fatto a mano di Katrin Cosseta
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Pagina accanto: Mogambo di Paola Lenti, parasole fisso con struttura in alluminio verniciato e copertura realizzata in Corda Samo intrecciata a mano su un telaio di sostegno in acciaio verniciato. Può essere ancorato alla pavimentazione o utilizzare una zavorra in ghisa. Nella foto è accessoriato con il pouf Clique disegnato da Francesco Rota. A destra: Mali, tavolo e sedia pieghevoli di Made.com, con telaio in acciaio verniciato a polveri e intreccio bicolore in rattan a motivo tribale. Sotto: Banjooli, di Sebastian Herkner per Moroso, poltroncina outdoor dalla collezione M’Afrique, con struttura in acciaio che sorregge un intreccio di fili da pesca con m tivo bicolore. Realizzata a mano in Senegal, è disponibile su richiesta con colori e intrecci di tipo diverso.
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A destra: Jubeae di Coro, poltrona con struttura in acciaio inox satinato e intreccio di cordino acrilico teflonato in diversi colori.
A sinistra: Jujube, di 4P1B Design per Chairs&more, poltroncina per esterni con struttura in tubolare metallico verniciato e schienale in corda nautica intrecciata.
A destra: Knit, di Patrick Norguet per Ethimo, poltroncina con struttura in teak naturale e intreccio in corda di tessuto sintetico Olefin ido epellente.
Maia Rope di Patricia Urquiola per Kettal, poltrona a schienale alto nella nuova versione con gambe in legno di teak e intreccio di corda nautica realizzato a mano.
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Sopra: Elliptic, di Clémentine Chambon per Vittorio Bonacina, poltrona con struttura in giunco e midollino e cuscini in poliuretano, disponibile in 20 colorazioni all’anilina. A sinistra: Laetitia, di Fendi Outdoor, poltrona in fib a di midollino natural o bronze intrecciato e cuscinatura con rivestimento in tessuto tecnico color mattone.
Di Patricia Urquiola per B&B Italia, dettaglio dell’intreccio nel nuovo fil to in polietilene color tortora melangiato con texture dall’effetto naturale, del divano componibile R avel, proposto in nuove finitu e.
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A destra: Tosca, di Monica Armani per Tribu, poltrona con struttura in acciaio inox verniciata a polvere che sorregge un maxi intreccio in schiuma rivestita con una maglia in tectilene e Tricord (poliolefine . Al centro: Dozequinze, di Francesco Sillitti per Gandia Blasco, poltrona con struttura in tubolare d’acciaio verniciato e cinghie elastiche in fib e di polipropilene e gomma sintetica. Sotto: Aston Cord outdoor di Rodolfo Dordoni per Minotti, poltrona con struttura in metallo verniciato poliestere color Peltro e schienale in uno speciale fil to di polipropilene intrecciato in due varianti cromatiche. I cuscini hanno imbottiture interne in poliuretano espanso ad alta resilienza e sono rivestiti in fib a idrorepellente.
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A destra: Cordula PVC di Missoni Home, poltroncina con struttura in tondino d’acciaio inox curvato. Tre anelli racchiudono la seduta, realizzata con una corda di pvc annodata a mano, in modo da creare una raggiera che garantisce comfort e un corretto supporto meccanico alla seduta. Design MissoniHome Studio.
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Sotto a sinistra: dalla collezione Inout di Paola Navone per Gervasoni, chaise longue a schienale alto con struttura in alluminio verniciato intrecciata con fettuccia di pvc mono o bicolore. Sotto a destra: Harp recliner, di Rodolfo Dordoni per Roda, poltrona sdraio reclinabile con struttura in tubolare d’acciaio verniciato e intreccio di corde in doppio fi o ritorto in poliestere, in due colori.
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Sopra: Swingrest, divano-relax sospeso di Daniel Pouzet per Dedon, nella nuova edizione speciale realizzata con un unico nastro di fib a sintetica intrecciato, in 11 sfumature di rosa. A destra: Unam, di Sebastian Herkner per Verywood, seduta contract nella nuova versione outdoor con struttura in iroko, schienale intrecciato in corda nautica e sedile in gomma idrorepellente.
Strap chair, di Scholten & Baijings per Moustache, sedia impilabile per uso indoor/outdoor, con telaio in tubolare verniciato e intreccio in tessuto poliestere.
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A destra: Ziggy, di Emilio Nanni per Saba Italia, pouf-tavolino in tondino di ferro e intreccio di cime in poliestere HT tinto in pasta. Sotto: Aria, di Enrico Franzolini per Accademia, sedia con struttura in tubolare d’acciaio, seduta intrecciata in fettuccia simile alla corda marina, disponibile in vari colori.
Sotto: Miami outdoor, di Franceso Lucchese per Swan, poltrona con struttura in metallo dotata di base girevole, schienale a fasce elastiche.
A destra: Calyx di Kenneth Cobonpue, poltrona a schienale alto con struttura in tubolare d’acciaio e intreccio in fib a di polietilene. Disponibile in 4 colori.
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EnGLIsH TexT INtopics
editorial pag. 1 Summer is for relaxing, travel and sports, in a physical and mental dimension that, for Interni, translates into design. In architecture, the theme becomes the trait d’union between tradition and modernity, at all latitudes. It is expressed in the formulation of an innovative architectural skin at the new Allianz Riviera Stadium of Nice, designed by Wilmotte & Associés. It appears as a texture of great visual appeal in the interiors designed by Mac Stopa for the Ghelamco Arena in Ghent, Belgium. It can be seen in a private dimension, suitable for the cultivation of domestic wellbeing, in the landscape-residences designed by Tadao Ando in Mexico or by Angelo Bucci at São Paulo. For the world of design, the theme of sports becomes a challenge in which Italian designers and companies are achieving excellent results, as demonstrated by a range of products – from helmets to bicycles, ski boots to diving masks – whose high-tech contents are backed by renowned design signatures. The secret lies in research on materials and typologies, but also in the uniquely Italian ability to look beyond pre-set schemes and to make an intellectual or sporting passion, like that of surfing for Giulio Iacchetti and Luca Bressan, into a stimulus for innovation. The same leitmotiv crosses the survey of new production. A table becomes a skating rink or a billiards table; a lamp is transformed into an Olympic torch; a table lends itself to weight-lifting sessions. We conclude with a focus on other types of performances: those of outdoor furnishings and materials. Less ‘muscular,’ perhaps, but still original and innovative. Gilda Bojardi Ghelamco Arena in Ghent, Belgium, interior design by Mac Stopa/ Massive Design. Photo by Saverio Lombardi Vallauri
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INteriors&architecture
Eco STaDIUM pag. 2
project WILMOTTE & ASSOCIÉS photos Miläne Servelle and Serge Deamilly, courtesy of Wilmotte & Associés text Matteo Vercelloni
In France, the new ALLIANZ RIVIERA STADIUM in NICE is part of a program of urban completion in the heart of the ÉCO VALLÉE DE LA PLAINE DU VAR, featuring an INNOVATIVE DESIGN and ECOSUSTAINABLE SOLUTIONS never before applied on such a large architectural scale Winner of the international competition announced in December 2009 by the Ville de Nice, the new stadium of the ‘capital’ of the Azure Coast is by the studio Wilmotte & Associés. It has been built in just two years, and it opened last August, as part of a vast planned redesign of the zone of access to the city from the valley of the Var River. The competition program, conceived as an urban completion plan (PIA), envisioned connection to the city in the years to come with two streetcar stops of the streetcar line running from Promenade des Anglais to the airport, and then all the way to the stadium, beside the Musée National du Sport and a new mixed-function zone (44% residential), to activate synergies with the nearby historical city. Located about 5 km north of the airport, in the Saint-Isidore Sud district of the Var Valley, the new stadium – also built to host the matches of the European soccer championships in 2016 – replaces the old Stade du Ray, loved by generations of local fans, built in the 1920s inside the urban fabric. Named Allianz Riviera, for the name of its sponsor, the new stadium offers over 35,000 seats, distributed on the four tribunes known as “Ray” as a tribute to the older facility, “Segurane” from the name of the local heroine, “Garibaldi” in honor of the Hero of the Two Worlds, who was born in Nice, and finally “Popolare Sud.” The large sports complex designed for soccer and rugby can also host large concerts, expanding its capacity on such occasions to about 45,500 with the use of the playing field. A new and elegant macro-landmark of the city, the architectural structure stands out, at first glance, for the design of the structural skin that wraps the stands and defines the roof at the top, leaving the central part en plein air, over the playing field. Paced by a harmonious wavelike movement that follows the trajectory of the beating of the wings of a seagull, the architectural skin of the stadium is composed of a series of structural layers that start from the external ETFE membrane, which is translucent, allowing 90% of the light to pass, and then connects to the white metal structure and the successive wooden pattern below around the reinforced concrete stands. The unusual and successful mixed metal-wood structure and the intentional transparency of the external membrane seek a strong indoor-outdoor relationship, getting beyond the concept of an introverted, closed stadium space, generally fortified to jealously protect the spectacular content from the prying eyes of those without tickets. The geometry of translucent geometric scales of the membrane and the light metal support structure remind us of the wings of a cicada, one of the symbols of the inland territory and nearby Provence. With a surface of about 49,500 m2, the architectural skin of the stadium and its hybrid wood-metal structure set records as the largest radiant structure of this kind ever built, also capable of flexing in case of the seismic activity that happens in this geographical zone. Particular attention has been paid to ecocompatible choices: the first ‘energy-positive’ stadium, the Nice facility is supplied with its own photovoltaic power plant using high-performance solar panels on the outer edge of the roof, for a surface of about 7500 m2. An ecological power system capable of supplying most of the energy needs of the stadium, with a natural ventilation system that takes advantage of the winds of the valley to guarantee internal comfort. A geothermal system provides cooling and heating for the indoor spaces. The roof recoups rainwater to irrigate the playing field, gathering it in four basins under the surrounding parking areas.
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- pag. 3 Evening view of the Allianz Riviera Stadium from the entrance plaza. The transparency of the ETFE membrane emphasizes the design of the mixed wood-metal structure around the stands. Above, cross-section of the stadium. - pag. 4 Roof detail and view of the landscape insertion of the stadium in the hills around Nice. Perspective diagram of the structural layers of the stadium. On the facing page, view of the spectacular wood-metal structure that covers the stands and supports the translucent ETFE membrane. - pag. 7 Above, view of the tribunes and their roofing f om the highest level; view of an internal circulation space, between the fi st two rings of the stacked tribunes. On the facing page, overall view of the stands and the custom W2 chair, produced by Industries SAS, in a total of 35,600 units of different types and colors.
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interior design MAC STOPA/MASSIVE DESIGN photos Saverio Lombardi Vallauri - text Antonella Boisi
In GHENT, BELGIUM, an arena with signature interiors for a high level of visual stimulation. Because the game of the beloved local team starts here Opened last in April, with the monarchs of Belgium on hand, the arena’s interiors are by Przemyslaw ‘Mac’ Stopa, the creative Polish architect, designer and graphic artist at the helm of the studio Massive Design. The facility has already been a Best of Year Honoree 2013 in the Public Space category of New York’s Interior Design magazine, and won the Interiors Award in the sports category of the magazine Contract, at the 35th Interiors Award Breakfast 2014 in New York. What makes the Ghelamco Arena – built by the real estate developer Ghelamco NV, active in the office, residential and retail sectors, guided by Paul Gheysens and also the sponsor of the local soccer team K.A.A. Gand – so special? It is precisely the expressive force and high quality of the interiors, which mix materials, production technologies, forms and functions in an experimental and innovative way, adding nobility to a sports complex in concrete and glass, a new construction with a skeleton of metal pillars, and a seating capacity of 20,000. Considering the talent of Mac Stopa to shape space with a theatrical, unconventional approach, starting from a rigorous rationalist background (he took a degree at the Cracow University of Technology), a winning goal was only to be expected. The same kind of winning approach as when he took part in the events organized by INTERNI for Design Week in Milan, in 2013 and 2012, namely “Interni Hybrid Architecture & Design” and “Interni Legacy.” In Ghent, he was asked to develop a series of design solutions that would be easy to implement, to improve the acoustics and intervene in precise areas: the main entrance and box office; the lounge and restaurant on the first floor; the main circulation corridor of the second ring, with different refreshment points below; the locker rooms and the spa-wellness center for the athletes. All the way to the lighting, furnishings and graphic design of each zone. And done in record time: less than two and a half months. As usual, the inspirations behind his vocabulary were organic geometry, color, 3D effects, lighting integrated with architecture, with the most up-to-date energy efficiency solutions. Mac Stopa has covered all the pillars of the entrance lobby with white panels with a sculptural form, using a special plaster-acrylic material called Gypart, produced by Gyproc, shaped in a fluid, sinuous pattern up to the suspended ceiling. These glossy white surfaces are joined above by over 10,000 matte modules made with Solo, a soft material in glass wool, treated to absorb sound, produced by Ecophon (Saint-Gobain group). “I started with the standard rectangular form of 120 x 240 cm for this prefabricated part,” the architect explains, “and then I cut it according to a pentagonal layout, to limit waste, but also to suggest the classic segments that are stitched together to form the 3D graphic of a soccer ball.” That same element of reference returns, like a leitmotiv, in the iconography of the entire work: from the counter of the bar on the second level to the cartoon walls along the circulation routes. Together with the lines of LEDs (Philips) that change colors, penetrating the suspended ceiling, lighting up the institutional blue ‘sky’ of the Ghent team. - pag. 9 The entrance area with the box offic , right. In the background, the base of the escalator leading to the fi st floor, with lounge areas and a restaurant. The pillars have been covered, in Mac Stopa’s design, with Gypart, a plaster-acrylic material produced by Gyproc, shaped in a fluid sinuous pattern, underscored by the lines of LEDs by Philips penetrating the suspended ceiling. Floors in polished white ceramic by Imola Ceramica. - pag. 11 Above, central view of the lobby from the entrance. Note the reflection on the polished ceramic floor (Imola Ceramica) of the organic geometric designs developed by Mac Stopa to cover the pillars and the suspended ceiling. On the right, the elevator block. The escalator leading to the fi st floor. Exterior nocturnal view of the arena, a building in concrete and glass, marked by large rectangular openings. On the facing page, graphic representation of the 3D model for cladding of the pilasters with Gypart, produced by Gyproc. - pag. 12 The landing of the escalator on the fi st floor. To the right, the restaurant zone, all designed by Mac Stopa. The area of the locker rooms and showers for the athletes, with a large Jacuzzi tub at the center. In the drawing: ceiling plan with the compositional layout of the panels in Solo by Ecophon. - pag. 13 Overall and detail views of the passages for access below the stands, with a series of refreshment points closed by shutters. Mac Stopa has done all the interior design, including the graphics. The ceiling with over 10,000 pentagonal modules, custom-designed and made with Solo, a soft material in glass wool with excellent sound absorption properties, produced by Ecophon (Saint-Gobain group).
Six meters and... the sky! pag. 14 project SPBR ARQUITETOS/ANGELO BUCCI
project manager Nilton Suenaga - photos Otero/LUZphoto - text Antonella Boisi
In DOWNTOWN SÃO PAULO, a weekend home with a dramatic swimming pool belvedere, conceived to avoid leaving the city and facing the intense traffic for weekend fun. An alternative setting that embraces
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the cityscape with a strong, sculptural architectural image In the country that will host the World Cup of soccer for 2014, the architectural projects offer a glimpse of the pursuit of modernity and a new future, also when it comes to the urban residential scene. This is true of the weekend house in the city shown here, based on precise contextual analysis: São Paulo, a metropolis of over 20 million people, the world’s third largest city, a galaxy that seems endless, where traffic is still a very serious problem. Due to the daily jams, local residents spend plenty of time on commuting. And on weekends, especially in the summer, the situation gets worse on the roads leading the beaches on the coast, about one hour away. “Precisely to avoid sitting in traffic on weekends,” the designers of the studio spbr guided by Angelo Bucci explain, “our client had an unusual but understandable request, to imagine a home with a pool in the center of São Paulo, between Avenida Faria Lima and a metropolitan infrastructural axis (streets and rail lines) built on the banks of the Pinheiros River, where flights from Rio de Janeiro pass every seven minutes or so. He was looking for a place to relax, but in town.” The studio of Angelo Bucci is in the avantgarde of the local architecture scene, linked to the multiple history of Brazilian modernism, reinterpreting its DNA with an experimental approach. His structural works do not try to timidly blend in, but thrive on daring, displayed grafts, perfect interlocks between elementary volumes and rugged exposed concrete surfaces. His works have a way of taking places over, even meeting the challenge of the powerful tropical vegetation. The rigorous, essential lines, mostly in gray, remind us of the work of Paulo Mendes da Rocha – especially his famous Museum of Brazilian Sculpture, built in 1988 as a gigantic beam, free in the span – also mix seductive touches, as in this recent project: a brutalist ‘box’ in concrete, wood and glass on the outside, with a sequence of open levels and fluid spaces, permeable to intense contact with the natural setting, in the interiors. The project developed precisely in relation to reflections on the theme of water, as requested in the brief. “Clouds, rain, snow, hail, in all its physical states water is related to the sky,” the designers say. “But when we think about a swimming pool, our imagination immediately wants to dig into the ground. Seas, lakes and ponds explain this reaction: in substance, a pool is a surface defined by water, intimately linked to the host terrain. But when we think about a pool as a reservoir, or a water tower, the imagine becomes that of a raised volume, detached from the ground. In this case, the hydrostatic pressure remains a factor to control, with pipes and technical systems. The water level becomes a potential possibility. While walking, we might ask: where is the surface? In the precise sense of the term, the surface has no layer, no thickness. In a city like São Paulo (or New York), there are portions of land that haven’t seen sunlight in years, since they were first cast into shadows by the buildings. In this specific place, the average height of the neighborhood is set by zoning: 6 meters. The building to the east casts shade onto our site from dawn to noon, when the construction to the west takes over, performing the same task for the whole afternoon. So if we wanted to build a swimming pool that would get sunlight throughout the day, first we had to define its surface: six meters above ground level.” Based on this analysis, the architectural composition of an ideal pool ‘near’ the sky over São Paulo was the first step in a design that turns spatial hierarchies completely upside-down. With an unconventional approach in terms of ratio of area, the pool, the solarium and the garden have become the main features of the project, while all the rest is auxiliary: the bedroom, the small flat for the custodian, the space for cooking and entertaining. The pool and solarium have been organized as two parallel volumes. Two columns appear in the large interspace between them. A tunnel of light marked on one side by the load-bearing beams of the pool, and on the other by the support beams of the solarium and the overhanging slab of the level below. In structural terms, the mass of the pool acts as a counterweight for the volume containing the living spaces. The ground floor has been kept as free as possible to obtain maximum extension of the garden area with its flourishing vegetation, which only looks spontaneous. In essence, the ‘pool-house’ is thus composed of three different layers (or levels) corresponding to three moods: the garden level, introspective and closed inside the site perimeter, opening to contain the entrance and living zones; the middle level for the nighttime spaces (which ‘float’ in a fluid way over the ground and under the pool), and the rooftop, with the pool and solarium, conceived as an extroverted, panoramic promenade. It is the alchemy of a city house created six meters off the ground, to capture light, water and the sky throughout the entire week. - pag. 14 View of the external architecture. Not the two parallel overhanging volumes that respectively contain the swimming pool and the solarium, and the middle volume clad in wood that contains the living space. On the facing page, detail of the internal ‘patio’ which is the heart of the residence: the greenery designed by the landscape architect Raul Pereira forms the connective tissue of the building, in the rhythm of its full and open portions that generate perfect interlocks between the elementary forms of the floors and pools of water at different levels. - pag. 16 On this page, the kitchen-dining area and the living zone conceived as fluid open spaces, permeable to intense contact with the natural setting of the garden, thanks to full-height glazing. View of the middle level. In the drawings: plans of the three levels of the house. Facing page: another view of the living spaces that extend on the ground floor around the ‘constructivist’ patio, marked by essential lines and the gray dominant of the exposed concrete, tempered by the wooden casements and the reflecting pool that accompanies the path towards the entrance area. - pag. 18 Above: an external system of linear perimeter staircases connects the levels of the house, all the way up to the roof. In the drawing: longitudinal section of the house showing the pools of water, in blue. Facing page: the rooftop, set aside for the swimming pool and solarium, with spectacular views of the city.
A wave on the museum pag. 20
project BERNARDES+JACOBSEN ARQUITETURA
photos Andrés Otero/LUZ photo - text Laura Ragazzola
White like the foam of the sea, the canopy invented by the Brazilian studio to combine TRADITION AND MODERNITY in their latest project, the MAR - Museu de Arte do Rio de Janeiro Even before you enter to see the great art collections, the MAR art museum of Rio (in Brazil, in the heart of the famous metropolis) is enchanting, thanks to its special architecture: one half appears as a modern building, with white columns that support five modules in ground glass; the other half, instead, is like an elegant neoclassical building. The halves are connected by a pale aerial canopy (in
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luglio-agosto 2014 In tern i
96 / INservice translations reinforced concrete), a light gestures in spite of its material, full of personality. This winning formal and functional solution has been invented by the historic Brazilian studio Bernades+Jacobsen Arquitetura (active since the 1990s), to connect three buildings awaiting conversion in the historical center of Rio: the former police offices, the old bus station and the Palacete Dom Joao VI, an elegant work of architecture dating back to the early 1900s. “It was a real challenge to join three buildings with such different architectural characteristics,” says Bernardo Jacobsen, born in 1980, who since 2012 has become a partner in the studio of his father Paulo, together with Eza Viegas (today the studio is called Jacobsen Arquitetura). “The goal indicated by the municipality of Rio was double: to create a new museum for the artistic heritage of the city, which was lacking, and to invent new functional spaces for a famous visual arts school, the ‘Escola Do Olhar.” No sooner said than done: in the historic building, thanks to the high ceilings and elegant spaces, the designers decided to put the rooms of the new museum, while the former police offices got an image update with a new translucent glass facade (while the volume was also resized by one level, to match the height of the adjacent building), to contain the school facilities, multimedia spaces and administration areas for both the school and the museum. A multitasking public project, all in the name of culture. But also entertainment, as Bernardo Jacobsen explains: “Once we had determined the functions for the different spaces, we thought about how to create a relationship between the school and the museum. The idea was to create a plaza on the roof of the former police building, shaded by a long canopy, a sort of fluid, light blade that would simulate the waves of the sea, extending from one roof to the next.” Below, protected from the sunlight, a cafe and a relaxation area for free time offer new open-air spaces for the community, with a great view of the city and the ocean. But the link between the two institutions is further emphasized by a passage suspended between the two, allowing visitors to move from the plaza to the museum entrance. Unexpectedly, the visit to the art collections starts from the top: an elevator in the modern building takes you directly to the roof (see the diagram at the start of the article), and from here a flight of steps leads to the passage-bridge to the exhibition spaces in the older building. The museum itinerary proceeds from the upper level to the ground floor, amidst images, works, displays, photographs and memories, narrating the past and present of Rio de Janeiro. Because the city, this gigantic metropolis on the Tropic of Capricorn, is the true protagonist: the complex is dedicated to Rio and its inhabitants, as Arch. Jacobsen points out: “Conserving and ‘adapting’ existing historical structures can contribute to safeguard the memory of a city, its historical and cultural heritage. In terms of sustainability, renovation of existing sites is a bit like recycling materials that would otherwise become waste, and be lost forever. From this standpoint, the project definitely has a positive impact. But above all,” he concludes, “we need to make use of historical presences to establish a fertile relationship between past and present, generating visual and spatial counterpoints thanks to contemporary interventions.” Exactly what happens with the Museu de Arte. - pag. 20 Old and new meet in the design of this museum complex, which also contains a visual arts school and an auditorium (see diagram on facing page). On the far right, the building containing the school: the roof features an outdoor plaza, sheltered by a pale undulating canopy. - pag. 23 The section above clearly reveals the layout of the complex: on the right, the building with a contemporary style, updated thanks to a new ‘skin’ in translucent glass (photo to the side); on the left, the period building, set aside for the art museum (photo, left); the canopy ‘soars’ over the roofs of the two buildings, supported by slender white pilotis. Above, two evocative images of the open-air plaza that contains a cafe and a large lounge area for free time, open to all. The flig t of steps at the center leads to the museum entrance, through a passage-bridge, in the adjacent historical building. - pag. 24 Right, another image of the sheltered ‘plaza’ with the various relaxation areas on the roof. The pale surfaces form a contrast with the stone of the neighboring museum. Below and on the facing page, the exhibition spaces of the museum: the itinerary winds through the levels, connected by an elevator and a staircase (below).
Inside Turin pag. 26
project ANDREA MARCANTE, ADELAIDE TESTA UDA ARCHITETTI
with Giada Mazzero, Eirini Giannakopoulou photos Carola Ripamonti - text Alessandro Rocca
An interior that interprets the discreet charm of the Piedmont bourgeoisie in a sober, sensorial style, evoking elegant disquiet, modernist fragments and traditional materials revisited with precise architectural control Turin is known as an elegant, reserved and rather mysterious city, where memories hover of two great architects of the recent past, the composed and benevolent figure of Roberto Gabetti, and the more experimental and disturbing, at times even diabolical figure of the brilliant Carlo Mollino. In this apartment of about 150 square meters facing Piazza San Carlo and redesigned by Andrea Marcante and Adelaide Testa of Uda Architetti, these two legacies meet up with a third important historical bequest, that left behind by the Mussolini government in the 1930s with the project of urban renewal of Via Roma done by Marcello Piacentini, the official representative and activator, in many Italian historical centers, of the architectural policies of the regime. The work of Uda behind the two thermal windows of Piacentini interprets this mixture of memories and traditions in an original way – factors that are far from homogeneous – coming up with a modernist approach that reflects the aristocratic elegance of the city with precious but not ostentatious materials, the stylized sensuality of diagonals, the richness of ton-sur-ton shadings, incorporating typical avant-garde pieces, like the Zig-Zag chairs by Gerrit Rietveld, diluting their conceptualism in a bourgeois decor that remains welcoming, but always with measure, without too much emotion. As the designers say, “it is an apartment on the mezzanine level of a building facing the square that is the symbol of Turin, that Piazza San Carlo desired by the Dukes of Savoy and particularly by Christine Marie of France. It becomes, thanks to its spaces and furnishings, the updated theater of a performance of a certain idea of the affluent home, that of the Turinese professional middle class, a combination of reassuring engineered precision and subtle undercurrents of restlessness.” The organization of the spaces roughly follows almost obligatory choices, with the entrance offering direct access to the living area, lit by the two windows of Piacentini, placing the three bedrooms and baths in the parts of the volume of less depth. A space that without the ample size of the living area is far from abundant, but seems
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to grow thanks to the careful design of a series of furnishing objects, of micro-rooms that populate the house, soberly offering their services and determining the colors and perception of the spaces. Made in limba wood, these microspaces become the protagonists of the home, framing views and luminous reflections, implementing functional options, bordering the areas of influence of different activities. One of these totems, for example, indicates the borderline between the living area and the kitchen zone, bursting with its mass lightened by the limba wood frame and deep diagonal carving onto the stage like a character in a metaphysical play. Another similar element borders the route that from the entrance leads directly to the bedroom zone, or can open to reveal small secret office. A major design effort, though perhaps less evident, involves the attention with which the architects have manipulated spatial perception, also through the use of materials and their textures. The boards in dark gray stained oak, the wide grain of the limba wood, the narrow veins of black marble, the dim reflection of gray glass underlined by a shelf in burnished iron, are all tools applied to transform the available volume into a complex sensorial experience that amplifies the importance of the space, dematerializing it, introducing perspectives and tactile temptations. In the visual continuum of movement through the house, this multiplicity of textures intertwines and overlays in a flux of discreet patterns that, in the sobriety of their non-color, transform the geometry of the spaces into a landscape of always interesting movement, always enhanced by a detail, a reflection, an unusual overlay. This effect expands the space, multiplying it like a mirror that even without light extends the real space through a virtual window. The graphic dominant of the floor and walls is somewhat thickened, as if in a 3D rendering, in the ceilings, where a floating plane in white is hung over the gray ceiling to double and again dematerialize the volumetric effect of the room. The suspended ceiling, passing from the living area to the hall, becomes an important tool also in the vertical direction to create an illusory backdrop and, at the same time, a technical space, containing the hood and the lights, while providing an ornamental system that underlines the unity and dynamic balance connecting the various areas of the apartment. - pag. 27 View of the living area seen from the entrance door, with the double thermal window facing Piazza San Carlo; D70 sofa, P40 armchair and T1 and T2 tables designed by Osvaldo Borsani for Tecno, TMM wooden stem lamp by Miguel Mila, produced by Santa & Cole; on the stained oak floor, a Berber rug. View of the kitchen counter, next to the living area. Kitchen block in steel by Boffi and Maestrale lamp by Denis Santachiara. Plan of the apartment, with an area of about 150 square meters, composed of a living room with a large kitchen zone, three bedrooms and respective baths. - pag. 29 The open kitchen with the impressive limba wood cabinet designed by Marcante and Testa and produced by Materia Design, the Asnago & Vender of Pallucco with the historic Zig-Zag chairs by Gerrit Rietveld, produced by Cassina, and the 14.14 chandelier by Bocci. - pag. 31 The bathroom of the master bedroom, completely in limba wood. The cabinet in limba wood; the custom furnishings designed by the architects are produced by Materia Design. Lamp by Mario Pandiani – 6m Studio. On the facing page, image of the office uni , custom made, in limba wood, matte black Marquinia marble and gray glass; custom shelf in burnished iron with the sculpture Donna seduta by Piero Gallina (Galleria Marco Cappello).
AnDo above MonTerreY pag. 32
project TADAO ANDO ARCHITECT & ASSOCIATES; TADAO ANDO, KAZUYA OKANO
photos Edmund Sumner - text Alessandro Rocca
LIVING IN GEOMETRY: EXPOSED CONCRETE and transparent walls, spectacular views and a pool of water, suspended over Monterrey. This is the MEXICAN LANDSCAPE according to Tadao Ando Today Tadao Ando, 73, with a studio in Osaka, after having built works all over the world and passed through different stylistic phases, seems to have achieved a new kind of happiness. For some time now he has been one of the main protagonists of the contemporary scene, at least since the beginning of the 1980s, when his Rokko Houses were published in the magazine “Casabella,” which later issued an entire special notebook on that project. He was precocious and restless, emerging as a champion of modernism, who has then devoted decades to the pursuit of novelty, originality and new perspectives, leading to results that have often been controversial among critics. In his various periods he has experimented with the acrid taste of brute material, the rigors of the strictest minimalism, exploring a new monumentality based on geometric solids. But now the pursuit of new effects seems to be finished. Maybe he has finally been liberated from the need to be constantly innovative and surprising at all costs. He now applies his talent without inhibitions or ideologies, to achieve the finest possible results. And maybe this is precisely a way, thanks to the freshness of the approach, to become even more innovative and contemporary than he was in the past. The production of this recent Ando is very positive for all: for his clients, who can enjoy excellent spaces organized in a surprising way; and for the critics, no longer forced to rack their brains to interpret the intellectual flights of a master who is also famous for being a man of few words, spoken or written. This fine house on the heights of Monterrey, in Mexico, confirms this recent trend towards simplification, composition through free volumes, concatenation of spaces. Ando practices a freedom of invention that combines the plastic force originating long ago in Le Corbusier with a capacity to control vision that is very theatrical, in the interiors, with a clear landscape inspiration in the exteriors. The Centro Roberto Garza Sada, a university building just built by Ando in the center of Monterrey, fully develops these characteristics with an energy that borders on brutality, with a sort of exhibited, sculptural muscular force. In the house shown here, we can see the same energy and determination, combining apparently extraneous volumes in forced bondings, but used with more grace, with all the care needed to avoid compromising the comfort, elegance and sense of welcome necessary for any domestic space. Of course there are virtuoso touches, but they happen on a plane of greater lightness, emphasizing the spectacular dimension, which is important in a villa of great luxury, and they remember to carefully connect every space, every view, every material in a continuous narrative, in which differences and changes come together in the end to form a unified image. A narrative punctuated by emotions, spectacular moments, like the transparent slab of the swimming pool that extends, like an ethereal blade of light, over the crest of the hill, suspended in the void over the panorama of the city of Monterrey. The way the outdoor living area is circumscribed and
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Interni luglio-agosto 2014 sheltered, facing the swimming pool, is symptomatic of Ando’s art: on one side, by an elegant concrete portal, patterned by the marks of the formwork, a true signature of the Japanese architect; on the other, by the visor that extends over the glass door leading to the living room inside. Free, independent architectural elements, designed with the terse lexicon of modernism, that appear as sculptural objects, not immediately revealing their function. The house itself, as a whole, is conceived as a conflict between contrasting figures and volumes, an overall scheme based on the square and the diagonal volume that pierces and surpasses it, fastening onto the edge of the ridge above it. The problem of connecting the two figures becomes the project theme: inside, the courtyard is cut into two triangles treated in opposite ways. One space becomes a flourishing green garden, the other a gray garden, without nature, composed only of a pool of water, that makes it inaccessible and reflects the light projected by the glazed wall and the exposed concrete walls. Inside, the diagonal volume contains the spaces with special functions, using the entire length of the volume. On the level below, a large library has shelves that rise to exploit the entire height, while a staircase rises in the space to fasten to the slab of the level above, where one reaches a space occupied by a very long dining table, offering a view, through a completely glazed wall, of the internal courtyard and the wild landscape of the Cumbres de Monterrey. - pag. 32 The deck in front of the glazed living area, the stone space of the outdoor lounge and the swimming pool, which extends in an overhang over the rocky landscape of the Cumbres de Monterrey National Park. - pag. 34 The house has a complex geometric design, formed by a square crossed by a volume placed exactly on the diagonal. The plans of the three levels show the living area, oriented towards the swimming pool (above, in the drawing), the bedroom zone on the opposite side, the library on the diagonal and the path, again diagonal, leading to the parking area. View of the swimming pool with the outdoor living area, bordered by a concrete portal and shaded by the canopy placed in front of the glass door of the internal living area. Detail of the connection with the ramp leading to the parking area and the access to the property. - pag. 35 A monumental corner at the intersection of the volume of the living area and the diagonal volume. - pag. 36 The ground level of the diagonal volume with the library and the glazing facing the space of the water court; the free staircase rises to the long loft, a gallery suspended at the center of the house, containing the dining area. In the foreground, Wishbone Chairs by Hans Jørgen Wegner for Carl Hansen & Son. - pag. 37 The diagonal volume contains the most representative spaces, like the long dining table that faces the triangular courtyard, entirely occupied by a reflecting pool. The bath and the main bedroom facing the green triangular courtyard, symmetrical to the water court.
INsight/ INscape
ReLIGIon and secularism pag. 38
by Andrea Branzi
In the overall framework of international politics, the religious question has come back to the fore, pushing design towards a ‘new dramaturgy’ that comes to grips with the anthropological themes overlooked by modernity Christianity was the only one of the great monotheist creeds to entrust representation of its dogmas, the sacred scriptures and the lives of the saints to art, thus favoring great development of masterpieces of the faith in the Occident, with which our secular civilization can still fully identify. But modernity and the Catholic tradition, as we know, have taken different, often conflicting paths: Pius X, already back in 1907, took an official position against the moral and social impact of new technologies, secularism, rationalism, which in pursuit of a new humanism and new moral and formal values pushed modernity away from Catholic orthodoxy. Like all contemporary art museums, the Milan Triennale and the Venice Biennale have always been important laboratories of secular modernity, places where architecture, art and design are used to record changes not only in the creative culture, but also in our way of looking at and understanding the world outside (if not against) religious tradition. The 20th century imagined that the religious question would vanish, replaced by the logic of industry and materialism, to guarantee a future based on reason and equality. Today we are seeing that this model of egalitarianism has failed, just as the free market economy is failing; instead, the religious question has returned in the overall framework of international politics, pushing design towards a ‘new dramaturgy’ capable of coming to grips with those ancient anthropological themes that were always overlooked by modernity: the sacred, death, destiny, life, history, Eros. In recent years the Church has established a new relationship with contemporary art, even welcoming its most extreme expressive forms. The presence of a Vatican Pavilion at the Venice Art Biennale (2013) is proof of this; but the doubt remains as to whether the artists involved were believers, or whether they were using antique Christian imagery as a metaphor for ‘something else.’ The question is important because, in this case, the ingress of the sacred would not coincide with a conversion but just the opposite, with a more radical assertion of secular culture, indifferent to the complex theological and moral themes involved in faith. So every cultural institution, today, can be one of the laboratories of this new but apparent period, welcoming not one but ‘all’ the religions of the world. In the era of globalization artistic culture has become a ‘mass profession’ in which new generations, new continents and new theologies converge. Can we only hope that the 21st century will offer the chance to get beyond useless and reciprocal prejudices, cooperating on a historic reconciliation between secular culture and religious culture? My impression, instead, is that this is simply a phenomenon of appearances, where the Church ceases to do battle against modern art out of indifference, seeing it as innocuous imagery, and art, with similar indifference, ceases to see religious iconography as untouchable. So instead of a new alliance, this looks more like a reciprocal surrender. - pag. 39 On this page: Andrea Branzi, Croci e recinti, 2011. On the facing page: Giulio Iacchetti, Cruciale - 20 croci + 1 , 2012.
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INsight/ INarts
MunarI from A to Z pag. 40 photos David Zanardi - text Laura Ragazzola
In the spaces of GALLERIA PEGASO, THE ‘FANTASTIC’ letters of the great Milanese artist and designer. After almost 30 years, during the FuoriSalone it was possible to see them up close. To continue to ‘play’ with their inventor T“I was ten and I couldn’t wait to grow up,” was a famous saying of Bruno Munari (found with other thoughts in the cool little book Verbale scritto, Corraini Edizioni). Actually, no one like this Milanese designer (and artist) has ever managed to conserve intact the spirit of childhood, the curiosity to know things, the joy of understanding, the desire to communicate, translated into marvelous inventions and endless projects full of poetry. Like his ‘fantastic’ alphabet. “The occasion was to celebrate the 60 years of activity of his friends, the Lucini typographers,” says the collector Lino Signaroldi, who during the FuoriSalone showed the complete alphabet in his space in Milan, Galleria Pegaso. “Munari imagined the letters made of many different things, with suspended parts, in motion, a bit in disorder. And definitely not in alphabetical order. The drawings, though, remained in his desk for almost three years, until the letters were made for an important retrospective organized in February 1987 at Palazzo Reale in Milan. At the same time, the Lucini print shop was celebrating its 63rd birthday, and for the event they published a beautiful book with all the drawings of the letters (and the explanations on how to make them). For the event, Munari also invented some snacks, made by Gualtiero Marchesi. After the show, everything was packed up and the letters remained ‘dormant’ for almost thirty years,” Carlo Vittorini tells us, who since 2001 has worked with Signaroldi in the management of Galleria Pegaso. “Until we decided to purchase the alphabet (pure instinct, as happens with all beautiful things), to ‘reconstruct’ it and show it in public once more.” But how? Signaroldi explains: “Munari had written down everything, with his poetic and practical way of doing things, on his drawings (also on display at the gallery, ed.). So it was easy, almost child’s play: for example, you can read that two bicycle wheels should be hung on the wall to represent the O and the Q; the M, which is a strip of cloth draped over an iron bar, had to be at the entrance, while the V (made of polystyrene pellets, in yellow) is hung about 30 cm from the ceiling, like a chandelier; then there is the family of D B P R (Munari puts them together because they are relatives in terms of shape), made with light bamboo sticks tied by green ribbons; the K, which is hard and heavy (the ‘maestro’ wanted it to be in cement) had to be on the floor, while the T, which is very light because it is in perforated sheet metal, is hung on the wall like a painting… The S is marvelous, sketched on the window in white paint, like a sign that announces that a home has just been built… In short, every letter tells a story, and for us there is always the pleasure of discovery. Here lies the beauty of Munari’s art: to connect play and poetry. It’s a pity the letters are now back in their boxes,” Signaroldi says. “But in our gallery that hosts important pieces of historical design by the Milanese masters, we don’t have enough space for a permanent show. We hope someone will come along to save the day (a museum?), so that everyone can experience the fantastic alphabet of Bruno Munari.” - pag. 40 Overall image of the main room of Galleria Pegaso, with an exhibition on the alphabet of Bruno Munari. Hanging from the ceiling, the maxi-letters A, I and V, while the N finds it natural position on the wall. On the facing page, above, the two-tone R. In the background, hanging on the wall, the C and the L in copper, the J made with a strip of sandpaper, and the T in perforated sheet metal. Extreme right, the K in cement, on the floor; the suspended M and Z in pink ribbon. - pag. 42 Left, some of the drawings of the alphabet with handwritten instructions by Munari, with all the indications for its construction, including the materials. Below, the letters W, Y and X, in paper, hung from a bamboo rod. The DBPR family is made with flexible bamboo cane tied with ribbons and attached to a beech plank to place on the floor.
A polytechnic personaLITy pag.43 text Stefano Caggiano
The fine exhibition held by the MUSEO DEL NOVECENTO on Bruno Munari, until 9 SEPTEMBER, illustrates the care with which the graphic artist of design, the designer of art, the artist of graphics knew how to light up the face of OBVIOUS THINGS Bruno Munari is to design as Italo Calvino is to literature: both reacted to the ‘gravity’ of the 20th century by concentrating on what remained of lightness in the everyday world, focusing not on the weight of things but on their figure and contours, called forth in an infinite series of disorienting – but also reassuring – gestaltic inversions. The exhibition ‘Munari Politecnico’ curated by Marco Sammicheli for the Museo del Novecento illustrates the agile way this graphic artist, designer and artist from Milan implemented his own personal path of amusing exploration of culture, even coaxing technique into play, as Sammicheli explains, simply to use it for the evolution of his own visual language: “the technical civilization, for him, offers ongoing stimuli to develop intuitions, to transform studies into aesthetic visions.” As in the ‘Useless Machines’ in which he frees the technical project from the sole results of function. Or in the famous ‘Forks’ where he brings out a living spirit that simply needed activation. A refined juggler of visual grammars drawn firsthand from the historical avant-gardes, Munari was ‘polytechnic’ in the etymological sense of the term, an artistic magician capable of combining téchne and art in a wide range of ambits, proposing a single mode of creative comprehension that runs parallel, without contradictions, to rational comprehension. An orderly anarchist, capable of getting his hands into everything without ever getting them dirty, Munari always kept faith with his characteristic seriously superficial approach, with which he playfully transfigured every sign of the short century, and which – though it was simultaneously his sharpest weapon and his most unsurpassable limit – never prevented him from moving with that speed, lightness, precision, visibility, multi-
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98 / INservice translations plicity and consistency that Calvino indicated as values for a literature – and a design – of the new millennium. - Caption Left, ‘Nella notte buia’, 1958: collage and tempera on cardboard (courtesy Fondazione J.Vodoz & B. Danese; photo Roberto Marossi). Below, ‘Folding Sculpture’, 1958: pear wood and black adhesive tape; number 10 of edition of 10, 30×94 cm (courtesy Fondazione J. Vodoz & B. Danese, photo Roberto Marossi). Below, ‘Fossils of the 2000s’, 1959: insides of thermionic valves in transparent methacrylate (courtesy Fondazione J.Vodoz & B. Danese, photo Roberto Marossi). Center, Ada Ardessi, Bruno Munari, Monte Olimpino, 1972 (Istituto internazionale di studi sul Futurismo).
INsight/ INtoday
Cultural MIGranTS pag. 44 by Maddalena Padovani
At the MAXXI in Rome, the exhibition DESIGN DESTINATIONS offers reflections on INTELLECTUAL NOMADISM through the projects of SEVEN ITALIAN DESIGNERS trained at the school of EINDHOVEN. We talked about it with the curator, DOMITILLA DARDI One, or none, or thousands. This might be a reply to those who ask if Italian design still exists today. The Pirandellian idea of a reality in constant transformation, where there are no longer an clearly defined individualities, but many forms of identity that every person can attribute to others, might sum up the state of affairs of contemporary design, both inside and outside our nation. Just as many foreign designers come to Italy with the dream of finding a way to give form to their creative ideas, so many Italian designers leave here to study abroad, in search of an alternative vantage point. Some of them come back, others remain elsewhere, moving through different territories, in a condition of intellectual nomadism that contaminates thought and blurs the contours of what used to be known as Italian design. One of the destinations for these new cultural migrants is the Design Academy of Eindhoven, an important point of references. The school has given rise to a new vision of design, seen as a process, shifting attention from the final product to the meaning of its use. This is evident in the projects of Formafantasma, Salvatore Franzese, Gionata Gatto, Giovanni Innella with Tal Drori, Francesca Lanzavecchia, Maurizio Montalti and Eugenia Morpurgo, seven of the best known Italian designers who have studied at the school in Holland and moved in its cosmopolitan world. At the MAXXI museum in Rome, they are featured in the exhibition “Design Destinations” (28 May – 5 October 2014), conceived to narrate the voyage, the destinations and the new maps of design, Italian and otherwise. The designers were asked to come up with a piece of luggage, not just physical but also conceptual, that would represent the meaning of cultural migration, the choice of leaving Italy, the relationship with their country of origin, and between their design vision and the trip itself. We talked about this with Domitilla Dardi, curator for Design MAXXI-Architettura and of the show. How did the idea of “Design Destinations” get started? It came from collaboration with the Dutch Embassy in Rome – already a cultural partner of MAXXI for other projects – and the city of Eindhoven. We wanted to tell the story of seven Italian designers who leave their country in search of a place that would respond to their desire to experiment, beyond industrial results. Such designers often gravitate towards the town in Holland, which has become one of the capitals of international design. Italy and Holland now represent two very different ways of thinking about design and the profession of the designer. The projects developed for the show seem to focus more on concepts than on forms. Do you think one approach can replace the other? I think the two paths can both be followed, and that this is not a true dichotomy between concept and form. In a certain sense, the Dutch learned this conceptual vision of the everyday useful object from Italian masters (Munari, Mari, Castiglioni). The Dutch condition of have a limited number of industrial companies has led to the decision to focus on training and education, on small editions and therefore on a design that works more on the concept than on the form-function relationship alone, even in productive terms. But I believe a good design idea can exist without reference to its origin, and can develop beyond geographical ties. It can even blend identities, putting them into contact. What type of message does the exhibition convey? What is the thinking behind it? The idea is that even a destination can be a project of life and work, and that this can help to construct a destiny for design, in the wider sense of the term. The designers who have embraced this concept go where their ideas take them, and they are seeds, capable of making hybrids in new territories: this is how the most interesting species in nature are developed, too. What are the characteristics shared by the seven designers in the show? All seven are not interested in painstakingly reproducing forms and types that already exist, only to satisfy the market. They share a strong urge to think of objects from new angles, venturing into uncharted and highly critical territories. Do you believe that the narrative approach typical of the school of Eindhoven can be combined with the needs and characteristics of design for industry? It would be important if industry were capable of intercepting their visions, safeguarding the courage to look forward into the future. But for this to happen we need enlightened manufacturers, an increasingly rare breed. Some people claim that after the period of the Great Masters, Italian design culture has lost its force and its identity. What do you think? I believe the time has come to give a chance to new talents to assert their viewpoint, which always acknowledges the greatness of the Masters, but also has its own independence and strong identity. We might discover that the New Masters are already here, ready to grow. Do you believe the fate of a designer is effectively linked to the place where they choose to study and live? No, I think it is closely linked to openness to contamination from different cultures, and in this sense travel and living elsewhere – even on a temporary basis – can only be a good thing. But you can also be extremely open to knowledge without budging from your chair: it’s a question of mentality, not of passports. Do you agree with the idea that the new Italian design is hampered by prejudice, by our country’s tendency to worship all things foreign? That tendency has been (and still is) a factor engendered by certain large companies in our country.
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But there are many different realities, even today. We should not forget that the Gavinas and Castiglionis of the past were simply contemporaries who shared in a big common project, without knowing that they were making history at the time. Today there are other possibilities for sharing, cooperation, construction of a common ground. But maybe we need to look for them in different situations, and not just in the historic companies or the modes of the market of the past. - pag. 44 Above: Tal Drori and Giovanni Innella have designed a bank that makes it possible to change and personalize banknotes. The new currency celebrates the value of exploration of a new context. To the side and above: the sketch of Pollicine and ‘Long like the journey,’ the two projects by Francesca Lanzavecchia. The fi st are shoes that leave a sign indicating the opposite direction, expressing the doubts about departing and returning; the second is a garment with pockets for transporting cherished objects. - pag. 45 To the side: view of the exhibition at MAXXI in Rome. Lower left: Nasco/sto, the cane by Maurizio Montalti that incorporates objects and materials, to underline the importance of a multidisciplinary approach; Gionata Gatto and his Perspectives mirrors that represent two different viewpoints on reality; the lamp by Salvatore Franzese, covered with a thread whose length is equal to the distance between Rome and Eindhoven. Left, Francesca Lanzavecchia with the milliner Maria Elena Cova. Right, Eugenia Morpurgo. Below, the Asmara blanket by Formafantasma narrates the return trip from Holland to Italy, passing through Eritrea.
Twenty years of democracy. One year of DesIGn pag. 46 by Chiara Alessi
With the motto “Live design, transform life”, CAPE TOWN celebrates its designation as WORLD DESIGN CAPITAL 2014. An event that aims at making design the tool of transformation of the less developed areas of the city There is a joke making the rounds in Cape Town, which has the nickname of the Mother City. People say that to do anything in Cape Town it takes at least nine months! Actually, to get service in a restaurant (perhaps even just to make your order) can take ages. Appointments are vague at best, with margins of up to an hour, and even the famous ‘braai,’ the barbecues that waft aromas through the courtyards of homes, need lighting halfway through the afternoon to make sure dinner will be served in the evening. But there is one thing in which the city is futuristically speedy: rebirth. In spite of its sculpted appearance, wedged between mountains and ocean, Cape Town changes from year to year, and it gets better. Design and architecture are the workshops behind this thrust, always with an eye on the northwest of the world, but with its own free, optimal and optimistic dynamism, which is still a cherished African secret. While the country celebrates its first 20 years of democracy – sealed by the landslide victory in the recent elections of the African National Congress started by Nelson Mandela – the city has been named World Design Capital 2014 and has scattered yellow and black stickers in every place that has the slightest connection to design in its endless forms (from luxury to technology, food to crafts, town planning to gadgetry, transnational hipsterism to local interests). The city is paying the price of this effort and of the projects to be hosted in the official program, as also happened for FIFA 2010, but in this case the investments lead, outside the country, to less visibility, and very few projects that are not from South Africa will be seen in this year of scattered initiatives. But it might not matter: the slogan “Live design, transform life” had to be above all a domestic mission, to make use of design and this event as a vehicle of real transformation of a part of the city, the truly needy, problematic, disintegrated part that represents the black, resistant face of the Pantone Plascon 109C of Cape Town World Design Capital. There it is: for the moment that axiom of the motto apparently makes sense not in direct terms, but in terms of a chain of events, and we should not rule out the possibility that with a deft move of skillful manipulators and negotiators – characteristics shared by the South Africans and the people of the Mediterranean – design can really become a tool to break up the decades-old isolation of certain townships (like the old Langa, where a whole neighborhood is gradually and literally developing a new black centrality between the white poles of the City Bowl and the residential countryside – see http://langaquarter.co.za/), or to bring whites (i.e. capital) into concrete districts that until a short time ago had been abandoned even by the police (this is happening in the very sociable Woodstock district that contains the most interesting galleries and shops of the peninsula), or just to make better use of the beautiful features of this city, its natural legacy along with all its contradictions. - pag. 47 - 1. Tablet and iPad sleeve - Abode Shop. 2. Design Afrika Collection. 3. Cape Town bag - Abode Shop. 4. Bronze Age Art Foundry, Welcome to my world. 5. Imiso Studio Gallery, Scarifie Series. 6. Wiid Design, Tree armoire. 7. Wiid Design, Golden girl. 8. Kelly John Gough, Zolani Mahola Portrait. 9. Friday Jibu, Carved Skulls. 10. View of Woodstock, Cape Town, ZA. 11. Pedersen and Lennard, Stool. 12. Langa Quarter, Cape Town, ZA. 13. Suitcase chair Recreate Shop. 14. Gregor Jenkin, Set a light. 15. Design Afrika. 16. Wiid Design, Copper bench.
StorIes of home pag. 48 by Maddalena Padovani
The DIESEL LIVING project has high hopes. After the agreement with Seletti and the debut as a soloist at the Salone del Mobile, the new collection focuses on new product types. We talked it over with ANDREA ROSSO, creative director of the licenses of the brand founded by his father, Renzo
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Interni luglio-agosto 2014 xThe road connecting Vicenza to Breganze crosses typical Po Valley countryside: expanses of cultivated fields, vineyards, orchards, alternating with more or less anonymous groups of houses and industrial sheds, bearing concrete witness to the work ethic of the northeastern part of Italy. At the last minute, we realize we’ve arrived at the Diesel headquarters: an overall area of 98,000 square meters, 50,000 of them occupied by constructions, which the president and founder of the company Renzo Rosso decided to construct below street level, for the most discreet impact on the landscape. After all, an entrepreneur who has always made innovation and creativity his earmarks couldn’t be expected to make a conventional choice: more than a building, this place that was opened in 2011 is a veritable village, with offices for a thousand workers, but also services available to employees, daycare centers, schools, a soccer field, a gym, bar, restaurant and auditorium. The facility has been built in keeping with the most sophisticated criteria of ecocompatibility and makes use of alternative energy sources like solar and geothermal. Inside, about 50 creative talents from all over the world give form to the world of Diesel, which is made of jeans and garments, but also of graphic design, advertising, events and performances, furnishings, stores, displays, websites. A galaxy that combines directly controlled brands with those under license, ranging from fragrances (L’Oreal) to watches and jewelry (Fossil), eyewear (Marcolin) to helmets (AGV/Dainese) to baby strollers (Bugaboo). All the way to the home collection, begun in 2008 in partnership with Zucchi, as a natural extension of the company’s expertise in the field of textiles, and then immediately guided into other areas of home design: furniture with Moroso, lighting with Foscarini, kitchens with Scavolini, complements with Seletti. Andrea Rosso, Renzo’s first child, as creative director of Diesel licenses in charge of all the lifestyle aspects of the family brand, talks about this increasingly important and substantial project, which this year, for the first time, was independently presented at the Salone del Mobile in Milan. In 1998 Interni published an interview with Renzo Rosso, about the world of Diesel and the idea of getting into the market of items for the home. Could you tell us how you have entered that sector, with what aims, and with what kind of a creative project? The desire to interpret empty spaces, giving them form and warmth, has always been part of the Diesel attitude. Every time we were creating a new store, we would fill it up with vintage furniture and salvaged things, the result of the research my father has always conducted with passion, and with the aim of controlling even the smallest details. At a certain point we asked ourselves: why don’t we also get into textiles for the home? And then: why don’t we also create our own chairs, our own lamps? So for us it was a natural step to get into the world of furnishings… Which pieces did you present at the Salone del Mobile? Counting the collection produced by Seletti, the latest development, there were more than eighty pieces. What are the criteria behind the choice of your partners? The basis of the partnerships with Moroso, Foscarini, Zucchi, Scavolini and Seletti is obviously a matter of shared values regarding products, namely quality, energy, the desire to tell stories through the things we do. Each partner has a different, specific approach: Moroso, for example, has an artisan’s vision of the process and finishing of the product, which is different from the focus on industrialization of a company like Foscarini. What these companies share with us is a passion for material, which for us is very important. How do your designs for the home get started? All the products are designed inside our company. The creative team for the Diesel Living collection is composed of four people, joined by those who work on the technical side, the actual production. We all work together with the in-house style division, which also covers graphics, clothing, accessories. We get lots of inspiration from these other worlds; the finishes of the fashion fabrics, for example, often end up in experiments for the home. How does the creative process unfold? The first briefing defines the strategies in terms of market, target and distribution. Once we’ve got our feet on the ground, we move on to mood boards, granting full liberty for creativity. Only later, through a series of steps, does the project take on a form that is comprehensible in commercial and product terms, leading to prototyping and cost assessment. Experimentation is very important for us. We like to try to take innovative paths, which might not lead to concrete results, but provide lots of stimuli. Where do you get your inspiration? Our inspirations come from the world of music, art, the street. From these ‘other’ worlds, which include that of industrial design, we get elements on which to insert the Diesel lifestyle. Our product is always ‘lived in’: it is never flat, full, perfect, finished, it seems like it has existed for a while, bearing the signs of a history that began some time ago. We like to fantasize and to imagine that even a stool can narrate something that goes beyond its function or its mere form. In this process my father has always played an important role: he is the one, in the end, who decides everything, very quickly, adding details that can make all the difference. What will be the upcoming interpretations of the Diesel style in the domestic environment? We are talking with other possible partners to develop other product types, which at the moment are top secret. What did it mean for Diesel Living to exhibit this year, for the first time, in a booth of its own at the Salone del Mobile? It was a very positive experience that permitted us to present the philosophy that lies behind the collection. The setting itself was joined by a sort of gallery where the products were shown in a descriptive way. We used all the narrative features of the world of Diesel: graphics, material, lifestyle. It is important to make spaces come alive, with emotional impact. How have you furnished your own home? I live in Bassano del Grappa, in a small apartment with a fine view of the Brenta River, which I have furnished with objects found at vintage markets, when I lived in the United States. First in Los Angeles, where I moved when I was 18, to learn English, and then in New York, where I studied Textile Development and Marketing at the Fashion Institute of Technology. My house is very colorful, full of paintings and personal objects. I did it with the help of an interior designer, but I made certain choices myself, like that of the facings in the bath, which I invented like a story of color, combining tile samples sent to me by a company in the area. Before working on Diesel license products, for 15 years you work on clothing, in charge of the brand 55DSL. What was it like switching from fashion to design? They are two different worlds with different languages, but the creative approach is always the same. The passage is allowing me to get to know about materials, which previously just meant fabrics, for me. I find design very intriguing, though I think that with respect to fashion it is very egocentric. In the world of Diesel there are no signatures: what the creative people design belongs to the lifestyle of the brand, beyond individualism. Nevertheless, I am always amazed by the versatility of the knowledge of designers who work on furniture, their technical knowledge. Our partners stimulate us and urge experimentation with products, things they might not be able to offer with their own brands. Is there one product that best expresses the spirit of the Diesel Living collection?
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INservice TRAnslations / 99 If my father were here he would definitely say the kitchen, the table in brushed metal that seems to have been around for some time, with its riveted borders that reveal the mechanical nature of the product and give it an industrial flavor, or the vintage embroideries seen in the hood and the reinforced glass doors. Tell us about your personal vision of design and architecture. Is there one designer you particularly admire? Generally I like the Seventies, the world of automotive design, the cars of Bertone, the futuristic sign that is wed with the material. I also admire the work of Carlo Scarpa very much. - pag. 49 The Cosmic Diner collection of printed dishes, part of the new line of accessories presented under the trademark Diesel Living with Seletti. On the facing page, a portrait of Andrea Rosso, fi stborn of the founder of Diesel and creative director of the brand’s licenses. - pag. 50 Large image, to the right: Syster Ray daybed and Gask lamps. To the side, clockwise: Longwave armchair; Diesel Social Kitchen, Drip Metal version; Fork lamps; Perf cabinet and Ego Stud mirror; Hexx lamp; Nizza chair. The illustrations are by Artus de Lavilléon for the Diesel Living 2014 catalogue, which includes the collections Diesel Living with Moroso (furniture and upholstered pieces), Diesel Living with Foscarini (lighting), Diesel Living with Scavolini (kitchens), Diesel Living with Zucchi (textiles), Diesel Living with Seletti (accessories). - pag. 52 Two exterior views of the Diesel headquarters at Breganze, Vicenza, opened in 2011. The facility includes offices or one thousand persons and various services like daycare centers, a restaurant, a gym and a football fie d. Above right, the reception hall. - pag. 53 The project is based on a rational, rigorous layout: the reception hall (photo above), the dining hall and cafe (left), the gym, the auditorium, private spaces, offices and warehouses.
Marble Forever pag. 54 text Danilo Signorello
Are MARBLE and natural stones materials still considered scarcely affordable and hard to approach for architecture and DESIGN, or are they continuing to make inroads in those fields? MARMOMACC, back this year, form 24-27 September, in the traditional setting of VERONAFIERE, offers a chance to take stock of the situation Two characteristics set marble and natural stones apart from any other natural material: they cannot be reproduced (unlike wood and trees, for example) and they have a territorial identity (being from the earth itself). These factors make them precious and, in some ways, unique, impossible to replicate. This is probably why stones, from the dawn of time, have been seen as having magical value (the Philosopher’s Stone, the symbol of alchemy, capable of healing the corruption of matter) or a sacred value: just consider the moai of the island of Rapa Nui (“big stone”), or the monoliths of Stonehenge (“suspended stone”), or the menhirs (“long stone”) of the coast of Brittany, not to mention the dolmens on prehistoric tombs. This heavy, sacred physical nature of stone prompted Stanley Kubrick, in the film “2001: A Spacy Odyssey” to represent God as a stone monolith. Yet in spite of this important and fascinating history, marbles and stones seen out of reach and hard to use in architecture and design. Research on end-users conducted by Marmomacc during the 2013 edition revealed that over 50% associate marble with famous monuments, the floors and steps of important historical buildings, and that most people still think of stone materials as being prevalently used for large-scale works. But is it really so hard to use marble in design culture? For cladding and finishing, stones and marbles are associated with wellness (Turkish baths, hot springs, spas), and in fact they are used extensively in the design of hotels and fitness centers. They are versatile, lending themselves to many indoor and outdoor applications: floors, pavements, objects, furnishings, worktops, staircases. They are easy to maintain and clean, and thanks to modern technology they have become easier to work with, leading to previously unthinkable formal solutions (curves, textures, patterns, bas reliefs). Major architects and designers use them for their projects: from Steven Holl to Philippe Starck, Snøhetta Architects to Richard Meier, Cesar Pelli to Renzo Piano, Giulio Iacchetti to Ludovica & Roberto Palomba, Luca Scacchetti, Matali Crasset, Paolo Ulian. Their characteristics for health (no electrostatic charges, prevention of growth of bacterial microorganismi and molds), safety (non-flammable), acoustic performance (thanks to porosity and particular workmanship), thermal efficacy (stone cladding contributes to building energy efficiency by optimizing the quantity of energy used for heating and cooling) and sustainability are leading to new, unexpected uses. Stone and marble materials are increasingly popular, with widespread use linked to their technical performance and beauty, but also to the ability of the companies involved in quarrying and manufacture to innovate and develop original applications, through ongoing technological advances. On the wave of this rediscovery of marbles and stones in the world of architecture and design, from 24 to 27 September in Verona the 49th edition of Marmomacc will be held, the International Fair of Marble, Design and Technologies. This year’s new development is the coordination with the fair Abitare il Tempo, to create a true design forum that combines the two events, concentrating on the themes of design and contract business. While Marmomacc, as usual, occupies the pavilions of Veronafiere, Abitare il Tempo is now located at Palaexpo. The point of encounter is Pavilion 1, which welcomes cultural exhibitions, events and conferences of Inside Marmomacc & Abitare il Tempo. A new fair concept that guarantees greater mingling of the visitors of the two shows, while allowing all exhibitors to take part in the interesting program of activities through corporate workshops, B2B encounters and experimental exhibitions. The calendar is full of events. “Living Stone” approaches the excellence of Made in Italy and the great Iberian architects, with installations on the theme of the patio house interpreted by Manuel Aires Mateus with Grassi Pietre, Josep Miàs with Travertino Sant’Andrea, Eduardo Souto de Moura with Piba Marmi, Benedetta Tagliabue with Decormarmi; “Renzo Piano and Malta” shows an original stone facade for the new parliament building; “Vertical Stones” shows prototypes in stone by students in the Industrial Product Design degree program of the University of Ferrara; “Stereotomic Design” examines architecture conceived by using vaulted features and systems; “Design and Technology” presents technological excellence, the capacity for transformation and creativity in the Italian stone materials sector; “At Home” is the exhibition of Marmomacc & Abitare il Tempo for the contract sector. There are also prizes for degree theses, on “Landscape, architecture and design with stone,” now in the third edition, and initiatives of education, training and research, including the workshops of “Stone Academy,” an association that connects universities, professionals and institutions involved in training, research and aca-
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100 / INservice translations demic and professional approaches to the use of stone in architecture. We asked Ettore Riello, president of Veronafiere, to talk about Marmomacc 2014 and to indicate the latest prospects for stone materials in the world of design and architecture. What are the new developments at Marmomacc 2014? The new developments are based on a sense of continuity with a well-structured project that has met with the approval of the protagonists of this sector: companies, designers, buyers and contractors. With each edition, the fair offers initiatives, events and appointments, of a cultural and commercial nature, with innovative content to reflect trends in the world of architecture and design, and on world markets, regarding natural stone, technologies, machinery and accessories. One major new move is the collaboration between Marmomacc and Abitare il Tempo. Is this just a new form of cross-marketing, or are their other motivations behind this choice? The motivations also lie in shared objectives of the fairs, namely internationalism, meaning the presence of exhibitors and visitors from abroad, the optimum time period for both sectors of reference, content oriented towards the world of architects and designers, and international contract – all areas addressed in the promotional activities of both events. So Pavilion 1 will host the exhibitions of the two fairs and the shared initiatives of Marmomacc and Abitare il Tempo, with a precise focus on contract. One of the factors behind the success of Marmomacc has been the choice of combining business with design and product culture. For Marmomacc, then, is design seen as an added value in any production of stone products? The idea of juxtaposing the world of stone with that of design, architecture and education has been a good one, starting the engines of innovation and creativity that make Marmomacc the leading international laboratory for knowledge of stone, development of its expressive potential and applications, for the design and furnishing of indoor and outdoor spaces. What are the initiatives most closely connected to design and architecture, which make Marmomacc an innovative laboratory of ideas and projects? Education is one of the aspects that fills us with pride. From the lectures by the most important architects to the courses in collaboration with institutions and professional associations from the USA, Canada, Great Britain, South Africa, Australia, Hungary. Marmomacc has created and heads, furthermore, the Stone Academy association, which in collaboration with the Architecture Department of the Milan Polytechnic involves over 20 Italian and international universities in the production of seminars and second-level masters programs on designing with stone, also offering credits for the students. In the context of this special relationship with higher education, this year there will be prizes for the best degree theses on the theme of designing with stone. In the natural stone sector, Italian exports have grown in 2013 by about 10%, breaking the 1.8 billion euro mark. Undoubtedly a positive trend in times of crisis. What is the outlook for the near future? This is a trend that has continued in the first two months of 2014, with a rise in export value of 5.9% over the same period last year. This sector, together with that of machinery and technologies, represents one of the excellent areas of Italian manufacturing, a unique heritage of knowhow recognized all over the world. The mission of the fair continues beyond the days of Marmomacc, throughout the year, with Marmomacc in the World. What are the future developments for this initiative? Is the choice of internationalization the right one for the future of the fair and, more generally, for the economy of our country? The activity of internationalization has positive results from a range of viewpoints: in the incoming foreign operators at the fairs we organize in Verona, and for exports of the small and medium businesses in the sector. Marmomacc in the World addresses both established and emerging construction markets, through a calendar of events in the Middle East, the USA, Brazil and Africa. In Brazil, thanks to the partnership with Simest and Sace, the investment has been an important one, with the creation of Veronafiere do Brasil. A new format for Abitare il Tempo With the 2014 edition Abitare il Tempo becomes a show but also a place of B2B encounters, updating, research, training and cultural exchange. From At Home (the potential of stone in design for contract) in tune with Marmomacc, to Luxury & Relax Living (use of stone in areas for wellness and relaxation), from the exhibition Art Design (prototypes of furnishings in different materials) to Wine & Relax (a concept room with monolithic forms in stone, wood, metal, water). At the Palaexpo, an exhibition in collaboration with the Architects’ Association of Verona features objects and furnishings by designers from that city. In collaboration with ADI Veneto & Trentino Alto Adige, another exhibition and cycle of encounters focus on decoration and research on original materials and finishes for interiors. Abitare il Tempo, together with Marmomacc, is also the setting for the awards assigned to the best projects in the contest From Nature to Design, organized by Marmi Bruno Zanet. Finally, the cooperation with Fondazione Aldo Morelato leads to the project “Signifying Furniture – decor elements as vehicles of values and meanings,” to promote the production of quality furniture, stimulate innovation and promote the productive territory of Verona on an international level. - pag. 55 The many “faces” of marble and natural stones, materials with warm or cool tones, rich in grain and veins, making them precious for facings and finishe , in indoor and outdoor settings. Photos Alice Schillaci and Ennevi (below and at the top of the facing page). - pag. 56 Games of light and shadow, full and empty zones. Knowledge of the material and its production processes, responsible use, limitation of waste. These are some of the indispensable factors in designing with stone. Photos by Alice Schillaci. - pag. 57 The stones of Prun, with nodules and a whitish-red hue, feature a thin layer of clay that separates the individual layers. In the photo by Pietro Savorelli, the ancient Prun quarries in Valpolicella. - pag. 58 The impressive facings in local stone used by Renzo Piano in the Valletta City Gate project, to rethink the entrance to the historical center of the Maltese capital. The complex includes the buildings of the new parliament, recovery of the runs of the adjacent Opera House and the new gate to the city of La Valletta. Photos RPBW. - pag. 59 Headquarters of the Council of Castile and Leon in Zamora, Spain, by the architect Alberto Campo Baeza. The high vertical walls that contain the glass volume of the offices a e in Burgos sandstone, like the floors. Photos by Javier Callejas.
INdesign/INcenter
DesIGn MaTcH pag. 60
by Nadia Lionello - illustrations Michelangelo Giombini
In a diverting game of simulations, design INTERACTS
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with fantasy characters: DESIGN and SPORTS together in an unusual MATCH between disciplines - pag. 60 Galileo LED wall lamp with aluminium projector, matte white painted polyurethane diffuser, polycarbonate reflector at one end. Part of the Architectural line, designed by Michele De Lucchi for Artemide. Roy table, featuring a lens effect thanks to the concave 10 mm reflecting base and the glass top. Design Doriana & Massimiliano Fuksas for Fiam. - pag. 61 Fraga table-pouf with solid beech base, removable top in beech plywood with natural or anthracite stain finish removable elasticized fabric cover. Design GamFratesi for Ligne Roset. Kelly dining or meeting table with top in MDF, embossed and lacquered in a range of colors, in three rectangular and two square sizes, with base in metal tubing painted in different colors, or with velvet or wenge lacquer. Design Claesson Koivisto Rune for Tacchini. - pag. 62 Rondò sound-absorbing floor panel with structure in okumé plywood, covered with cotton, linen-cotten or sound-absorbing material, available in three different diameters and two patterns, Sashiko or Millefiori With internal pockets and a small object caddie. Feet in solid beech. Design Dennis Guidone for D3CO. Two Mates, chessboard table with seats, in polished white Carrara marble. Design Ross Lovegrove for Marsotto. - pag. 63 Eclittica suspension lamp in calendered aluminium C section, available in two diameters of 50 and 20 cm, painted white, black, red or gold, with internal inserted LEDs. Design Carlotta De Bevilacqua for Danese. Gong Lux round table in laser-cut sheet metal with glossy galvanic finish in the n w colors blue, brass and copper. Design Giulio Cappellini for Cappellini. - pag. 64 Errante bookcase in natural ash with glass shelves, an interpretation of the installation L’errore e il disincanto created by the artist Michele Manzini for the Venice Biennale 2013, produced by Morelato. Oasi pouf for outdoor use in rotomoulded polyethylene, seat covered in synthetic grass or eco-leather, fur or cork for indoor use, equipped with LED or low-consumption lighting and remote control. Design Sebastian Bergne for Serralunga. - pag. 65 Shade screen with metal base, structure in painted metal tubing, removable cover in fabric from the catalogue range. Design Marco Zito for Saba Italia. Aleta LED floor lamp with structure in solid ash and walnut or black stain finish base in brushed stainless steel, diffusers in transparent methacrylate mounted on aluminium thermal support. Design Sacha Lakic for Roche Bobois.
BeInG aT Home pag. 66 text Nadia Lionello - photos Miro Zagnoli
Ready to be swapped through different contexts: crossover furnishings selected for not just private spaces, to generate familiar atmospheres - pag. 67 Aston sofa with metal structure and rubber elastic belting, back padded in flamep oof polyurethane with memory foam insert; covered in fabric or leather, with legs in painted die-cast aluminium. Design Rodolfo Dordoni for Minotti. Rebus tables with base in metal rod, mica-painted in brown, or galvanized titanium; irregular top in transparent or smoked screen-printed glass. Design Mauro Lipparini for Arketipo. Maglia carpet in fique (n tural fique- eaf fiber) orked and dyed by hand. Made in Colombia for Ruckstuhl. Facing page, Mirto table with structure in slate black painted die-cast aluminium, top in reflecting bronze-painted glass, square or rectangular, in three sizes. Design Antonio Citterio for B&B Italia. Dine runner in pure abaca and Bon tablecloth in pure linen by Society. Taika mug and cappuccino cup in ceramic. Design Klaus Haapaniemi and Heikki Orvola for Iittala. Junan chair with steel structure, cold-process polyurethane padding and removable cover in fabric, leather or ecoleather. Design Batoli Design for Bonaldo. - pag. 68 K Tables with structure in steel, painted matte graphite gray or white, and built-in non-removable tops in porcelain stoneware, with glossy or satin white, medium gray or anthracite finish or in the matte Cor-ten version. Design Victor Vasilev for Mdf. Sofa from the Set program for personalization, with solid wood structure, zig-zag springs, memory foam seat lined with goosedown; fabric cover with reinforced stitching on the front of the base. Design Studio Viganò for Twils. Lys floor lamp, also in the LED version, with structure in black or white painted metal, reflector in turned aluminium. Design Angeletti & Ruzza for Oluce. Brera carpet, 50% wool 50% viscose, woven by hand in two variations of gray. Design Paolo Zani for Warli. - pag. 69 Burton desk with rectangular top and profi ed corners in wood, painted in different matte or glossy colors, with base in matte black painted metal. Design Andrea Parisio for Meridiani. Cheshire table lamp with shade in black, white or green polycarbonate, metal stem and zama base, both with lacquer finish Design Gamfratesi for FontanaArte. Ingrid in Strips, loom-woven runner in pure wool, in fi e color variants. Design Gunilla Lagerhem Ullberg for Kasthall. Log chair with steel structure coated in flamep oof expanded polyurethane, covered in fabric or leather. Design Manuela Busetti, Andrea Garuti and Matteo Redaelli for Pedrali. - pag. 70 Slim Irony tables, from a series of four, with copper-black drawn metal structure and tops in black, copper-black and phosphate sheet metal, or Cor-ten effect, with irregular finish Design Maurizio Peregalli for Zeus. Kipu pouf available in three sizes, with structure in flamep oof polyurethane foam, covered in fabric, ecoleather or natural leather, with polyethylene feet. Design Anderssen & Voll for Lapalma. Ray floor lamp with white polycarbonate shade, natural tulipwood stem and painted metal base. By Lagranja Design for Fabbian. Mod.1063, designed by Gino Sarfatti in 1954, from the Re-lighting collection; floor lamp composed of a diffuser in painted aluminium with an LED fluo escent tube and metal box base to contain the electrical gear, attached with steel rods. Reissue produced by Flos. - pag. 71 Oliver desk with structure in solid painted beech and top in Emperador, Corallo Beige or Orobico gray veined marble, all with shiny finishe , and riser with
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Interni luglio-agosto 2014 removable drawers, in steel covered with leather. Design Emanuela Garbin and Mario Dell’Orto for Flou. Labo table lamp in smoked, transparent or blue borosilicate glass, colored electrical cord and base in bronze or black nickel-plated metal. Design Daniel Debiasi & Federico Sandri for Penta. Kipling chair and stool with metal structure, padded and covered in leather. Design Gordon Guillaumier for Frag. - pag. 72 Hold On daybed with structure in solid ash, with light or dark natural stain, seat and roll cushions in polyurethane covered in fabric or leather. Design Nicola Gallizia for Gebrüder Thonet Vienna. Starsky stackable tables with top in MDF inlaid with three types of wood, three-leg base in laser-cut painted metal tubing. Design David Lopez Quincoces for Living Divani. Bao, small pouf with polystyrene pellet fil er, covered in chocolate, cognac or black full-grain cowhide, or in buffed white, black, wine red and mud brown cowhide, solid walnut feet. Design Viola Tonucci for Manifestodesign. Cross(me)knot carpet in wool and silk, made by hand with the Tibetan knot technique. Design CTRLZAK for cc-tapis. - pag. 73 Mina console with structure and top in white or black glossy painted steel. Design Frank Rettenbacher for Zanotta. Pin table lamp with rotomoulded polyurethane diffuser, base in white painted metal. Design Michel Boucquillon for Martinelli luce. Tactile chair with Chilean fir p ywood structure, variable-density polyurethane foam fil er, covered only with soft skins. Design Vincenzo De Cotiis for Baxter. Mashup carpet in wool and cotton, made by hand in India, in yellow or red. Design Paolo Giordano for I+I.
INdesign/INproject
On the wave of design pag. 74 by Maddalena Padovani
INservice TRAnslations / 101 and Fuerteventura, the surfer’s paradise where he has put down roots to pursue his passion and to develop his project. The wooden surfboard has been an immediate hit, with orders arriving from all over the world, and now his goal is to develop a kit for assembly, to reduce shipping costs. In the meantime, his story has become a documentary short directed by Marco Mucig, tracking him from the mountains of the Veneto to the sea of the Canary Islands, narrating a challenge that springs from values of freedom and simplicity, and translates into design and business. - pag. 75 Shown in the bed of a canal in Milan, Giulio Iacchetti totes a surfboard from the Surfph-O-Morph collection he has designed together with Francesco Fiorentino (photo Max Rommel). Below and on the facing page: Killer Whale, Dolphin and Shark, the three surfboard models designed by Iacchetti, based on the shapes of marine creatures, also in the shape of the fin . The body of the boards is in EPS, with fibe glass coating by Sebastiano Lang. - pag. 76 To the side: Luca Bressan in the Veneto Dolomites, where the idea of Solo Surfboard began. The image is from the mini-documentary Natural Goods by Marco Mucig, made with the support of Sun68, to narrate the history of the project. The video and some products can be seen at the website solosurfboards.com. - pag. 77 To develop the Solo Surfboard project, Luca Bressan has developed a particular manufacturing technology that permits the making of very light, high-performance boards. The surfboards come from the assembly of many longitudinal slices, designed individually entirely in wood.
INdesign/INtoday
Not just FurnITure pag. 78 by Valentina Croci
GIULIO IACCHETTI and LUCA BRESSAN. Two stories sharing In the collective imagination, ITALIAN DESIGN a single theme: the SURFBOARD. Intellectual curiosity, for is synonymous with furniture. But SPORTS is another one, the passion of a lifetime for the other. For both, it field where design research has been important since becomes a project of innovation Design is always looking for new challenges that make it possible to take an ‘other’ look at the the postwar era. With companies known around objects of our everyday life. So it should come as no surprise that two designers have decided the world, and excellent designers as well to try their hand at creating a surfboard. What is interesting about the stories of Giulio Iacchetti and Luca Bressan is that they get started in worlds very distant from the sea and the waves, and it is precisely this distance that lets them develop an alternative vision with respect to the established, conservative tenets of surf culture. The result is innovation, not just in terms of form, but also in terms of process. The tale of Giulio Iacchetti is first of all one of friendship, of brainy conversations with Francesco-Franz Fiorentino, owner of a venue in Milan that is a reference point for surfing buffs, the second most popular in Europe after the club of Biarritz. “I began to hang out at the Surfer’s Den,” Giulio says, “because at the time it was close to the studio I was splitting with Matteo Ragni, and because I liked the atmosphere. Franz introduced me to the world of surfing, which is made of music, colors, drawings, comics, cinema, clothing, and of course surfboards, objects that have always fascinated me. I don’t like the water, I don’t know how to swim, but the idea of rethinking and designing a board, without stylistic pitfalls, had intrigued me for some time. It wasn’t easy to get past the surf stereotypes, though. The more they told me that certain materials, forms and measurements were obligatory, the more I wanted to break the rules. In the end I convinced Fiorentino – who is a great inspiration for me – to join me in a project that tries to make a purely artisanal process more contemporary and also more economical.” The idea was to industrialize the first phase of the making of a board, where a block of polyurethane is shaped by hand. Giulio introduced a numerically controlled milling machine that sculpts the material according to forms dictated by a 3D file. In this case, they are the forms of three marine creatures: the dolphin, the shark and the killer whale, evoked not only by the silhouette of the board and the fins, but also by the colors that cover a single range of gray, white and black, avoiding the bright hues of the ‘tiki’ aesthetic. The process turns manual in the phase of polishing and application of the fiberglass: this is where the ‘shapers’ come into play, who apply elbow grease to give the board an ideal finish, making it strong and giving it good performance. “I have always thought,” Iacchetti concludes, “that it is right to let machines do work that can be more economical and more precise when it is done by mechanical means. Human hands should come in where they are really needed, where they truly bring added value. In this sense, I believe in hybrid processes.” The story of Luca Bressan is different, starting on the peaks of the Dolomites and reaching the ocean waves of Fuerteventura. Luca lives in Valdobbiadene, where he works on industrial products, monitoring the production in every phase, from concept to calculations for molds. He spends his free time in the mountains, cultivating a passion for snowboarding in the winter. But then one day he discovered surfing: it was love at first sight, and he visited famous beaches all over the world. He says surfing is “a philosophy of life more than a sport, capable of developing latent, primitive energies.” His innate love of making things by hand, which had prompted him to construct bicycles, motorcycles, robots and snowboards for himself and his friends, now led him to imagine a surfboard of his own, technological, with high performance, but also natural and ecological. “I have problems with asthma,” Bressan explains, “and I cannot come into contact with toxic dust. A bit due to this limitation, a bit for the love of wood that comes from my cultural background, I gradually moved towards the idea of a surfboard made of Paulownia wood, which is very light, strong and stable, with good properties of hygroscopic insulation. It comes from a very common plant – I discovered that I have one in my garden in Valdobbiadene – that grows very fast; so it is an ecosustainable wood. I have combined an innovative technological process with this material, developed in three years of research, that lets me make a board that is hollow on the inside: I start with the design of the board, after which I concentrate on the single components, derived from its sectioning along many longitudinal planes. The production in wood by milling happens piece by piece; then all the parts are glued together, for polishing by hand to add character and personality. The last finishing is done with a series of coats of linseed oil, which oxidizes and polymerizes to create a natural protective layer that makes the wood waterproof. The result of this process is a board that is entirely in wood (even the fins), and particular light: it weighs just 3 kilos, the equivalent of a traditional fiberglass surfboard.” Today Luca Bressan splits his time between Valdobbiadene
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The winners of the Compasso d’Oro 2014 include the Masterlite ski boots created by MM Design for the company Garmont, based in Alto Adige: a challenge of lightness, based on human bone structure, thickening only along the force lines while reducing the material elsewhere. Sports gear has seldom won this prestigious design prize, during its life of sixty years. Illustrious precursors in the area of ski boots are the Slalom Security model by Dolomite designed by Cesarino Benso Priarollo (Compasso d’Oro 1957) and the 4S, also by Dolomite, designed by the inhouse staff (Compasso d’Oro 1967), one of the first ski boots in plastic. In Italy there is a great history of research and innovation that is seldom discussed. It is even hard to find out the names of the people involved, at times. Unlike the furnishings sector, the names of designers rarely appear here, or are only known to the denizens of special niche markets. Often the sporting goods makers have their own design teams or research centers, working with external consultants. Research on materials and typologies, prototyping, testing and engineering are continuous, intersecting phases in which designers work in close contact with engineers of the R+D division, and athletes from various sporting disciplines. Italy also has a long tradition in the field of twowheel vehicles: bicycles and motorcycles, and all the associated gear. Maybe due to the popularity of the Giro d’Italia, which began in 1908, or to the late spread of automobiles on a mass level, these vehicles have often ‘spoken Italian’ – Colnago, De Rosa, Scapin and Pinarello, to name some historic brands of racing bicycles; Benelli, Moto Guzzi, MV Augusta and Piaggio in the world of motorcycles and scooters. Today the two-wheeler industry is located mostly in Lombardy and the Veneto, with the exception of the ‘motor valley’ in Emilia Romagna. Nevertheless, as in other Italian manufacturing sectors, this great industrial legacy is being lost due to the exodus of production towards Eastern Europe and China. The sector of Alpine skiing, another historic Italian specialty, with a ski boot district in the province of Treviso, is going through the same process of delocalization. What remains in Italy is the product development phase, and production of topof-the-line products. The performance-design relationship in sports has difficult rules. Creativity has to find an outlet inside rigor, within the limits of materials and the sustainability of production processes, while the comfort of the user is always the first consideration. Above all, design has to respond to specific requirements and regulations. The work of the designer is much more constrained than in the world of furniture. Nevertheless, design often makes the difference. A few examples, though far from a complete list: Cinelli, whose art director since 2001 is Alessandra Cusatelli, has made a name for itself over the years for its recognizable style, graphics and advertising, applying an unusual approach in the sector; the team of Marco Chiaberge, art director for design and R+D of Ferrino, has interpreted the arcane world of extreme exploration to shift into a form of excursion open to a larger public. The graphic language of Aldo Drudi, a designer of reference in the motorcycle sector, brings life to technical products, translating into an idea of performance. Finally there is Momodesign, inventor of the helmet for urban use, one of the few studios where a recognizable style becomes added value, even in the field of sports. The studio develops co-branding products, or with the trademark “by Momodesign.” - pag. 78 The Rush cycling helmet designed by Alessandra Pasetti for Rudy Project stands out for its research on aerodynamic flow for the definition f the form, and for its bright colors. (photo Osvaldo Bonaldo) - pag. 79 Left: the Spidi Hard Track jacket developed by the Spidi R+D division with Aldo Drudi and conceived for adventure tourism and long-range Enduro. It features the Step-in-Clothing system: different inner layers regulate insulation. Drudi often works with professional racers, in this case with the team of Marc Marquez, for which the coordinates were developed (below). Lower right: the N44 crossover helmet by Nolan, designed by Luca Gafforio, art director of the company since 2012. From jet to integral in a few moves. The deep-sea diving mask by Omer has the advantage of not reducing the visual fie d. A product for the trademark “by Momodesign.” Marco Genovese of
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luglio-agosto 2014 Interni
102 / INservice translations the studio Eurocompositi specializes in consulting and product development in different fie ds, including that of bicycles. For Wilier Triestina he has designed Twinblade, the chrono bike for triathlon competition, featuring an innovative kinetic solution for the fork. - pag. 80 The 2014 version of the Vigorelli Caledio by Cinelli, with a smaller head set. A fixie i aluminium, it is used in many urban competitions, like the famous Red Hook Criterium in Brooklyn. Designed by Alessandra Cusatelli, art director of Cinelli, with the Cinelli in-house technical staff. (photo Manuel Velez) - pag. 81 To the side: the Masterlite ski boots by Garmont (Compasso d’Oro 2014) created by MM Design. Material has been removed without limiting performance, making these boots idea for downhill ski competitions. Below: the industrial design studio of Montebelluna (TV) Delineodesign creates the image of the BMW Husqvarna TE 449 RR, which competed in the famous Rally Dakar. Above: Pininfarina Extra is the industrial design division of Gruppo Pininfarina. One of the latest products in the fie d of sports is the line of cardiofitness ear for Panatta Sport.Below: the team of Marco Chiaberge, art director for design and product development of Ferrino, creates a three-person tent with a pneumatic structure in place of the traditional posts, which combined with the pre-mounted internal chamber permits rapid assembly with a normal air pump.
Dominioni, BBPR and others. The colored reflecting fragments are arranged like photographic fil ers. (photo Annacarla Granata). Below: Skid bench and table by Sebastian Herkner, who has used Caesarstone like paper or wood. Created for the exhibition of Wallpaper* held during the latest Design Week in Milan.
INdesign/INview
A pioneer of woven items for outdoor use, for twenty years Paola Lenti has been offering collections with a clear chromatic and materic personality. The ‘outdoor lady’ narrates her research on materials, fine workmanship and the alchemy between hands and technology. “The idea of weaving came from an intuition: I had often observed ‘classic’ outdoor furnishings, all very austere, made with materials that were limited in terms of color and substance. And I wondered: why can’t we enjoy nice fabrics, pretty colors, comfortable seats and pleasing materials even when we’re outdoors? I tried to find the best answer to the question, in keeping with my abilities. The weaving is obviously done by hand, with traditional techniques, making it possible to have unique pieces of great quality. But the materials are contemporary. Behind my projects, there is a process that puts tradition and manual skill together with the most advanced technical and industrial solutions. Tradition and technology have fundamental, indispensable values: together, the reinforce each other. I often interpret images that already exist in collective memory, transforming them into contemporary objects through the use of less usual, more technical materials. Like ‘Rope,’ a yarn that uses an already existing, strong and recyclable material, but one that has been given utterly new, particular characteristics, or like Aquatech, a high-performance yarn with a surprisingly natural look. I have always tried to make long lasting products that respect the environment and are easy to recycle. Every material I use is also a source of inspiration, so it often guides the process of product development, determining the form.”
GenTLe BruTaLIsm pag. 82 by Stefano Caggiano
Disjointed objects made of MATERIC ELEMENTS ‘brutally’ combined. A NEW LANGUAGE that joins the ranks of the DISMANTLED AESTHETICS of the contemporary world One of the most stable linguistic nuclei of the present era is that of broken down aesthetics, which in spite of various interpretations never manage to reach a clear final synthesis, which might be sensed as inauthentic, in an epoch in which connections are so multiple that they seem to dismember the very objects on which they converge. The latest incarnation of this current of ‘breakdown’ design takes an opposite tack to the trend of digital disappearance of things (one of the main drivers of the contemporary), giving rise to grouped but separated objectual mass, with materic segments that have been ‘brutally’ grafted together. Just look at the Considered collection by David Taylor, composed of a vase, a mirror and a cup in cement and brass. Or the Pedestal tables by the studio Vera & Kyte, with black granite tops on painted steel frames. The intentional combination of nonnormalized materic blocks generates a rough but highly sophisticated grain, also seen in the Skid bench and table by Sebastian Herkner and the Obei Obei mirrors by Cristina Celestino, luminous metonymies of a world seen in its connected yet fragmentary image, the only possible image. The Arcaico tables designed by Enzo Berti for Kreoo also work on the lack of uniformity of gravitational forces, upsetting the perceived balance of the object. Such pieces, in effect, seem to be ‘coagulations’ of disparate gravitational masses, whose structure is similar to that of space-time as it is encoded in physics: not smooth and homogeneous, but more like a patchwork of gravitational masses that determine geometries of space out of agreement, where time runs at differing paces. Just as these space-time fragments are ‘dislocated’ with respect to each other, so the parts of the neo-Brutalist object are ‘asynchronous,’ reminding us of the typical experience of our era, of living in a global but not ubiquitous dimension, held together by a great ‘web’ that connects otherwise scattered segments together. Here we touch on the very foundations of design, conceived in general as a device to produce order, but which in these trans-aesthetic aggregates includes forces that move in the opposite direction, introducing elements of entropy that cannot be reabsorbed inside the system of objects, where they have the same regenerating force as a displaced fracture. In particular, in some of these non-normalized objects we see the highly symptomatic juxtaposition of phases of untouched materic hardness and phases of designed order, as in the De Natura Fossilium series of Formafantasma, which assembles lava from Mt. Aetna with surfaces bearing Cartesian grids. The Solid Patterns tables by Scholten & Baijings for Luce di Carrara also reflect this mixture of regenerating chaos and defining order, like the concept for a villa on rock proposed by the studio TAF. Because the neo-Brutalist project needs the coexistence of two fundamental and not mutually exclusive aesthetic principles, those of Apollo and Dionysius, where one provides a design to circumscribe the amorphous flux of matter, and the other keeps it active, making it overflow and overwhelm its limiting borders. An eternal battle, a coupling perhaps, that is not just a clash of opposing aesthetic principles, but also a face-off between pre-human cosmic principles, elegantly narrated by the Novecento lamp by Davide G. Aquini, where the Dionysiac marble body seems out of phase with respect to the Apollonian design of the brass triangle that cannot contain it and doesn’t even want to. - pag. 82 The Considered Objects series by David Taylor includes a vase, a mirror and a cup, in cement and brass. - pag. 83 The Arcaico system of tables designed by Enzo Berti for Kreoo is based on a structure in metal to which solid marble bases are attached to function as a counterweight for the suspended top. Villa Foundation, the concept by the Swedish studio TAF for Paper Collective, is based on a mezzanine level set on stones, keeping the various components of the residential structure separate. (photo Joakim Bergström & Paper Collective). The Solid Patterns collection designed by Scholten & Baijings for Luce di Carrara includes fi e tables in Tuscan marble. (photo Scholten & Baijings). - pag. 84 The 1991 stool in basalt and brass, part of the De Natura Fossilium series created by Formafantasma for the Libby Sellers gallery. Aetna lava used as a construction material brings the very brute force of nature that threatens design into the design. (photo Luisa Zanzani). Above: to make the LED lamps of the Novecento series Davide G. Aquini got his inspiration from Art Deco. In white Carrara or black Marquinia marble, with rectangular brass structures that enhance the marble even when the light is off. Below: the Pedestal tables designed by the Norwegian studio Vera & Kyte (Vera Kleppe and Åshild Kyte) have black granite tops on frames in painted steel. - pag. 85 The Obei Obei mirrors by Cristina Celestino for her brand Attico are inspired by the details of iconic Milanese buildings by architects like Gio Ponti, Luigi Caccia
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INdesign/INproduction
OuTDoor weaves pag. 86 by Katrin Cosseta
PVC, rattan, wicker, nautical ropes or polyethylene strips get knotted, braided, woven, making textures and structures, in outdoor furnishings with an evocative handmade look
- pag. 87 Facing page: Mogambo by Paola Lenti, fi ed parasol with painted aluminium structure and cover in Corda Samo, woven by hand on a support frame in painted aluminium. It can be anchored to the pavement or used with cast-iron ballast. In the photo, it is shown with the Clique poufs designed by Francesco Rota. Right: Mali folding chair and table by Made.com, with powder-coated steel frame and two-tone tribal motif rattan weave. Below: Banjooli by Sebastian Herkner for Moroso, outdoor chair from the M’Afrique collection with steel structure supporting a weave of fishing line with a t o-tone motif. Made by hand in Senegal, available in different colors and weaves by request. - pag. 88 Right: Jubeae by Coro, armchair with satin-finish tainless steel structure, teflon-coated acrylic cord weave in a range of colors. Left: Jujube, by 4P1B Design for Chairs&more, outdoor seat with structure in painted metal tubing, back in woven nautical rope. Right: Knit by Patrick Norguet for Ethimo, chair with natural teak structure, weave in Olefin aterrepellent synthetic cord. Maia Rope by Patricia Urquiola for Kettal, high-back armchair in the new version with teak legs, nautical rope weave done by hand. - pag. 89 Above: Elliptic by Clémentine Chambon for Vittorio Bonacina, armchair with structure in cane and wicker, polyurethane cushions, available in 20 aniline colors. Left: Laetitia by Fendi Outdoor, armchair in natural or bronze woven wicker, cushions covered in brown technical fabric. By Patricia Urquiola for B&B Italia, detail of the weaving of the new dove gray polyethylene yarn, with melange texture for a natural effect, of the Ravel component divan, now offered in new finishe . - pag. 90 Right: Tosca by Monica Armani for Tribu, armchair with powdercoated stainless steel structure to support a maxi weave in foam covered with Textilene and Tricord (poliolefene) knit. Center: Dozequinze by Francesco Sillitti for Gandia Blasco, armchair with painted steel tubing and elastic belting in polypropylene fiber and ynthetic rubber. Below: Aston Cord Outdoor by Rodolfo Dordoni for Minotti, armchair with metal structure painted with pewter-tone polyester, back in a special polypropylene yarn woven in two color variants. The cushions are fil ed with high-resilience expanded polyurethane and covered in water-repellent fibe . - pag. 91 Right: Cordula PVC by Missoni Home, chair with structure in curved stainless steel rod. Three rings enclose the seat, made with handknotted PVC cord, creating a spoked effect to ensure comfort and correct seat support. Design MissoniHome Studio. Lower left: from the Inout collection by Paola Navone for Gervasoni, high-back chaise longue with structure in painted aluminium, woven with one or two-tone PVC ribbon. Lower right: Harp Recliner by Rodolfo Dordoni for Roda, lounge chair with structure in painted steel tubing, woven with double twisted polyester twine, in two colors.- pag. 92 Above: Swingrest hanging lounge-divan by Daniel Pouzet for Dedon, in the new special edition made with a single ribbon of braided synthetic fibe , in 11 shades of pink. Right: Unam by Sebastian Herkner for Verywood, contract seat in the new outdoor version with iroko structure, nautical rope back and seat in water-repellent rubber. Strap Chair by Scholten & Baijings for Moustache, stackable chair for indoor/outdoor use, with frame in painted tubing, polyester fabric weave. - pag. 93 Right: Ziggy by Emilio Nanni for Saba Italia, pouf-table in iron rod with weave in batch-dyed HT polyester rope. Below: Aria by Enrico Franzolini for Accademia, chair with structure in steel tubing, seat woven with ribbon resembling nautical rope, available in a range of different colors. Bottom: Miami Outdoor by Francesco Lucchese for Swan, armchair with metal structure and swivel base, elastic belting for the back. Right: Calyx by Kenneth Cobonpue, high-back chair with structure in steel tubing and polyethylene fiber eave. Available in 4 colors.
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Interni luglio-agosto 2014 ACCADEMIA POTOCCO spa Via Indipendenza 4, 33044 MANZANO UD Tel. 0432754439, Fax 0432751187, www.accademiaitaly.com, info@accademiaitaly.com ADG DESIGN DAVIDE G. AQUINI Via Giosuè Borsi 4, 35125 PADOVA, www.ad-g.it, info@ad-g.it ARKETIPO spa Via G. Garibaldi 84-86, 50041 CALENZANO FI, Tel. 0558876248 Fax 0558873429, www.arketipo.com, info@arketipo.com Distr. in Italia: BRUNA BIAGIONI COMUNICAZIONE, Casella Postale 64, 20097 SAN DONATO MILANESE MI, Tel. 3470084810, www.brunabiagioni.it, press@brunabiagioni.it ARTEMIDE spa Via Bergamo 18, 20010 PREGNANA MILANESE MI, Tel. 02935181 Fax 0293590254, www.artemide.com, info@artemide.com ATTICO CELESTINO CRISTINA Via Marcona 80, 20129 MILANO, Tel. 3407056875 www.designattico.com, info@designattico.com B&B ITALIA Spa Strada Provinciale 32, n.15, 22060 NOVEDRATE CO, Tel. 031795111, Fax 031791592, www.bebitalia.com, info@bebitalia.com BAXTER srl Via Costone 8, 22040 LURAGO D’ERBA CO, Tel. 03135999, Fax 0313599999 www.baxter.it, info@baxter.it BMW ITALIA spa Via Dell’Unione Europea 1, 20097 SAN DONATO MILANESE MI Tel. 0251610111, Fax 0251610222, www.bmw.it, www.mini.it BOCCI #500 - 1706 W 1st Ave, CAN V6J 0E4 VANCOUVER, Tel. +16046395185 Fax +16043571425, www.bocci.ca, info@bocci.ca BOFFI spa Via G. Oberdan 70, 20823 LENTATE SUL SEVESO MB, Tel. 03625341 Fax 0362557188, www.boffi com, boffimar et@boffi com BONACINA VITTORIO & C. snc Via Madonnina 12, 22040 LURAGO D’ERBA CO Tel. 031699800, Fax 031699215, www.bonacinavittorio.it, bonacina@bonacinavittorio.it BONALDO spa Via Straelle 3, 35010 VILLANOVA DI CAMPOSANPIERO PD Tel. 0499299011, Fax 0499299000, www.bonaldo.it, bonaldo@bonaldo.it CAESARSTONE Kibbutz Sdot Yam, IL 37804 Sdot yam, Tel. +972 528795434 Fax +972 46364186, www.caesarstone.com CAPPELLINI CAP DESIGN spa Via Busnelli 5, 20821 MEDA MB, Tel. 03623721 Fax 031763322, www.cappellini.it, cappellini@cappellini.it CARL HANSEN & SON A/S Holmevænget 8, DK 5560 AARUP, Tel. + 45 66121404 Fax +45 65916004, www.carlhansen.com, info@carlhansen.dk Distr. in Italia: CANOVA, Via Tortona 31, 20144 MILANO, Tel. 0283249690 www.canovamilano.com, info@canovamilano.com CASSINA spa POLTRONA FRAU GROUP Via Busnelli 1, 20821 MEDA MB, Tel. 03623721 Fax 0362340758, www.cassina.com, info@cassina.it CC-TAPIS MAZALLI srl Via San Simpliciano 6, 20121 MILANO, Tel. 0289093884 www.cc-tapis.com, info@cc-tapis.com CHAIRS & MORE srl Via Palmarina 113/2, 33048 SAN GIOVANNI AL NATIDSONE UD Tel. 0432743271, Fax 0432743287, www.chairsandmore.it, info@chiarsandmore.it CINELLI - GRUPPO spa Via G. Di Vittorio 21, 20090 CALEPPIO DI SETTALA MI Tel. 02952441, Fax 0295244239, www.cinelli.it CONSIDERED OBJECTS BY DAVID TAYLOR http://www.superdave.se/considered-objects/ COROITALIA srl Via della Reppublica 59, 20851 LISSONE MB, Tel. 0392726260 Fax 0392727409, www.coroitalia.it, info@coroitalia.it D3CO Via Ticino 15, 20030 LENTATE SUL SEVESO MB, Tel. 0362542037, www.d3co.it, info@d3co.it DANESE srl Via A. Canova 34, 20145 MILANO, Tel. 02349611, Fax 0258433350 www.danesemilano.com, info@danesemilano.com DEDON GmbH Zeppelinstraße 22, D 21337 LÜNEBURG, Tel. +49 41 31224470 Fax +49 41 312244730, www.dedon.de, info@dedon.de Distr. in Italia: RODA srl, Via Tinella 2, 21026 GAVIRATE VA, Tel. 03327486 Fax 0332748655, www.rodaonline.com, info@rodaonline.com DELINEO DESIGN Via Tegorzo 3, 31044 MONTEBELLUNA TV Tel. - Fax 0423604555, www.delineodesign.it DIESEL Via dell’Industria 4/6, 36042 BREGANZE VI, Tel. 0424477555, Fax 0424477955 www.diesel.com, www.diesel.com/living ECOPHON SAINT-GOBAIN Via E. Romagnoli 6, 20146 MILANO, Tel. 0261115205 Fax 0261115208, www.ecophon.com, ecophonitalia@saint-gobain.com ETHIMO WHITESSENCE srl Via Canova 6, 01100 VITERBO, Tel. 0761300400 Fax 0761300450, www.ethimo.it, info@ethimo.it FABBIAN ILLUMINAZIONE spa Via Santa Brigida 50, 31023 CASTELMINIO DI RESANA TV Tel. 04234848, Fax 0423484395, www.fabbian.com, info@fabbian.com FENDI CASA CLUB HOUSE ITALIA spa Via Balzella 56, 47122 FORLÌ, Tel. 0543791911 Fax 0543725244, www.clubhouseitalia.com, info@fendicasa.it, clubhouse@clubhouseitalia.com FERRINO & C. spa C.so Lombardia 73, 10099 SAN MAURO TORINESE TO, Tel. 0112230711 Fax 0112230700, www.ferrino.it FIAM ITALIA spa Via Ancona 1/b, 61010 TAVULLIA PU, Tel. 072120051 Fax 0721202432, www.fiamitali .it, fiam@fiamital .it FLOS spa Via Angelo Faini 2, 25073 BOVEZZO BS, Tel. 03024381, Fax 0302438250 www.flos.com, info@flos.com FLOU spa Via Luigi Cadorna 12, 20821 MEDA MB, Tel. 03623731, Fax 036272952 www.flou.it, info@flou.it FONTANAARTE spa Alzaia Trieste 49, 20094 CORSICO MI, Tel. 0245121, Fax 024512560 www.fontanaarte.com, info@fontanaarte.com FRAG srl Via dei Boschi 2, 33040 PRADAMANO UD, Tel. 0432671375, Fax 0432670930 www.frag.it, frag@frag.it GANDIA BLASCO Sa c/Músico Vert 4, E 46870 ONTINYENT-VALENCIA, Tel. +34 96 2911320, Fax +34 96 2913044, www.gandiablasco.com, info@gandiablasco.com Distr. in Italia: DESIGN D’OCCASIONE, Via Machiavelli 1 40069 RIALE DI ZOLA PREDOSA BO, Tel. 051758908, Fax 0516167090 www.designdoccasione.com, commerciale@designdoccasione.com GARMONT Via Spineda 12, 31040 VOLPAGO DEL MONTELLO TV, Tel. 04238726 Fax 0423621392, www.garmont.com, info@garmont.com GEBRÜDER THONET VIENNA Hegelgasse 11, A 1010 WIEN, Tel. +431310200215 Fax +431310200212, www.thonet-vienna.at, wien@thonet-vienna.at GEBRÜDER THONET VIENNA ITALIA: Via Pietro Cossa 2 - 20121 Milano tel. 0277807701 www.thonet-vienna.com GERVASONI spa V.le del Lavoro 88 - Z.I.U., 33050 PAVIA DI UDINE UD, Tel. 0432656611 Fax 0432656612, www.gervasoni1882.com, info@gervasoni1882.com GYPROC SAINT-GOBAIN Via E. Romagnoli 6, 20146 MILANO, Tel. 02611151 Fax 02611192400, www.gyproc.it I + I srl Via Salento 5, 20141 MILANO, Tel. 0289513620, Fax 0289546448 www.i-and-i.it, info@i-and-i.it IITTALA GROUP OY Håmeentie 135 - P. O. Box 130, FI 00561 HELSINKI Tel. +358 204 3910, Fax +358 204 395160, www.iittala.fi www.iittala.com Distr. in Italia: FISKARS ITALY srl, Via Provinciale 15, 23862 CIVATE LC Tel. 0341215111, Fax 0341551654, www.fis ars.com JACUZZI EUROPE spa S. Statale Pontebbana km 97,200, 33098 VALVASONE PN Tel. 0434859111, Fax 043485278, www.jacuzzi.it, info@jacuzzi.it KASTHALL AB Box 254, SE 511 23 KINNA, Tel. +46 320205900, Fax +46 320205901 www.kasthall.com, info@kasthall.se
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INservice indirizzi / 103 KENNETH COBONPUE 1831 14th Street, NW, USA WASHINGTON DC 20009 Tel. +118888899005, www.kennethcobonpue.com, usa@kennethcobonpue.com KETTAL Aragón 316, E 08009 BARCELONA, Tel. +34934879090, Fax +34934879066 www.kettalgroup.com, info@grupokettal.com KREOO BY DECORMARMI srl Via Duca d’Aosta 17/e, 36072 CHIAMPO VI Tel. 0444688311, Fax 0444688380, www.kreoo.com, info@kreoo.com LAPALMA srl Via E. Majorana 26, 35010 CADONEGHE PD, Tel. 049702788 Fax 049700889, www.lapalma.it, info@lapalma.it LIBBY SELLERS Office a dress 83A Ladbroke Road, UK LONDON W113P Tel. +447774113813, www.libbysellers.com, gallery@libbysellers.com LIGNE ROSET ROSET ITALIA srl C.so Magenta 56, 20123 MILANO, Tel. 0248514007 Fax 0248022388, www.ligne-roset.it, info@ligne-roset.it LIVING DIVANI srl Strada del Cavolto 17/17, 22040 ANZANO DEL PARCO CO Tel. 031630954, Fax 031632590, www.livingdivani.it, info@livingdivani.it LUCE DI CARRARA - TECHNOTILES spa Piano di Vezzano II - Frazione Pali 19020 VEZZANO LIGURE SP, Tel. 0187523996, Fax 0187523993, www.lucedicarrara.com info@lucedicarrara.com MADE 45 Notting Hill Gate, Newcombe House, UK LONDON W11 3LQ www.made.com, press@made.com MANIFESTO BY TONUCCI DESIGN srl Via Passeri 83/85, 61121 PESARO Tel. - Fax 072131000, www.manifestodesign.it, info@studiotonucci.com MARSOTTO EDIZIONI srl Via dell’Industria 22 - Z.I., 37051 BOVOLONE VR, Tel. 0456901001 Fax 0456900366, www.marsotto-edizioni.com, info@marsotto-edizioni.com MARTINELLI LUCE spa Via T. Bandettini , 55100 LUCCA, Tel. 0583418315, Fax 0583419003 www.martinelliluce.it, info@martinelliluce.it MATERIA & DESIGN Via Selice 215, 40026 IMOLA BO, Tel. 0542643337, Fax 0542647551 www.materiadesign.it, info@materiadesign.it MDF ITALIA spa Via Morimondo 5/7, 20143 MILANO, Tel. 0281804100, Fax 0281804108 www.mdfitali .it, infomdf@mdfitali .it MERIDIANI srl Via Birago 16, 20826 MISINTO MB, Tel. 029669161, Fax 0296329205 www.meridiani.it, info@meridiani.it MINOTTI spa Via Indipendenza 152, 20821 MEDA MB, Tel. 0362343499 Fax 0362340319, www.minotti.com, info@minotti.it MISSONI HOME T&J VESTOR spa Via Roma 71/b, 21010 GOLASECCA VA, Tel. 0331950311 Fax 0331959011, www.missonihome.it, info@tjvestor.it MORELATO srl Via Valmorsel 18, 37056 SALIZZOLE VR, Tel. 0456954001, Fax 0456954030 www.morelato.it, morelato@morelato.it MOROSO spa Via Nazionale 60, 33010 CAVALICCO UD, Tel. 0432577111, Fax 0432570761 www.moroso.it, info@moroso.it MOUSTACHE 3, rue du Buisson Saint Louis, F 75010 PARIS, Tel. +33142409258 Fax +33142408953, www.moustache.fr, info@moustache.fr NOLAN GROUP Via G.Terzi di Sant’Agata 2, 24030 BREMBATE DI SOPRA BG Tel. 035602111, www.nolan.it OLUCE srl Via Brescia 2, 20097 SAN DONATO MILANESE MI, Tel. 0298491435 Fax 0298490779, www.oluce.com, info@oluce.com OMER by MOMODESIGN Via G. Meda 45, 20141 MILANO, Tel. 028470961 Fax 0289545350, www.momodesign.com, info@momodesign.com PALLUCCO srl Via Azzi 36, 31038 CASTAGNOLE DI PAESE TV, Tel. 0422438600 Fax 0422438555, www.pallucco.com, infopallucco@pallucco.com PANATTA Via Madonna della Fonte 3/c, 62021 APIRO MC, Tel. 0733611824 Fax 0733611777, www.panattasport.it, info@panattasport.it PAOLA LENTI srl Via Po 100/a, 20821 MEDA MB, Tel. 0362344587, Fax 036271204 www.paolalenti.com, info@paolalenti.it PAPER COLLECTIVE www.paper-collective.com PEDRALI SPA Strada Provinciale 122, 24050 MORNICO AL SERIO BG, Tel. 03583588 Fax 0358558888, www.pedrali.it, info@pedrali.it PENTA srl Via Milano 46, 22060 CABIATE CO, Tel. 031766100, Fax 031756102 www.pentalight.it, info@pentalight.it PHILIPS spa Via G. Casati 23, 20900 MONZA, Tel. 0392031, Fax 0392036378, www.philips.it PININFARINA EXTRA Via Nazionale 30, 10020 CAMBIANO TO, Tel. 0119438111 Fax 0119438117, www.pininfarina.com, info@pininfarina.it ROCHE BOBOIS 18, rue de Lyon, F 75012 PARIS, Tel. +33 1 53461000, Fax +33 1 46289375 www.roche-bobois.com RODA srl Via Tinella 2, 21026 GAVIRATE VA, Tel. 03327486, Fax 0332748655 www.rodaonline.com, info@rodaonline.com RUCKSTUHL ITALIA srl Via Cerva 23, 20122 MILANO, Tel. 0276009294, Fax 0276009282 www.ruckstuhl.com, ruckstuhl-it@ruckstuhl.com RUDY PROJECT Via B. Marcello 44, 31100 TREVISO, Tel. 0422433011, Fax 0422431978 www.rudyproject.it, info@rudyproject.com SABA ITALIA srl Via dell’Industria 17, 35018 SAN MARTINO DI LUPARI PD Tel. 0499462227, Fax 0499462219, www.sabaitalia.it, infosaba@sabaitalia.it SANTA & COLE Parc de Belloch - Ctra. C-251, km 5,6, E 08430 LA ROCA Tel. +34938462437, Fax +34938711767, www.santacole.com, info@santacole.com SERRALUNGA srl Via Serralunga 9, 13900 BIELLA, Tel. 0152435711, Fax 01531081 www.serralunga.com, info@serralunga.com SOCIETY LIMONTA srl Via Palermo 1, 20121 MILANO, Tel. - Fax 0272080453 www.societylimonta.com, store@societylimonta.com SPIDI www.spidi.com SWAN ITALIA srl Via Montenero 15 - Loc. 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Venzo 11 - Int. 1, 36028 Rossano Veneto VI Tel. 0424540442, Fax 0424540441, www.wilier.it, info@wilier.it ZANOTTA spa Via Vittorio Veneto 57, 20834 NOVA MILANESE MB, Tel. 03624981 Fax 0362451038, www.zanotta.it, sales@zanotta.it ZEUS C.so San Gottardo 21/9, 20136 MILANO, Tel. 0289401198, Fax 0289401142 www.zeusnoto.com, zeusnoto@tin.it
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N. 643 luglio-agosto 2014 July-August 2014 rivista fondata nel 1954 review founded in 1954
www.internimagazine.it
direttore responsabile/editor GILDA BOJARDI bojardi@mondadori.it art director CHRISTOPH RADL caporedattore centrale central editor-in-chief SIMONETTA FIORIO simonetta.fiorio@mondadori.i consulenti editoriali/editorial consultants ANDREA BRANZI ANTONIO CITTERIO MICHELE DE LUCCHI MATTEO VERCELLONI
Nell’immagine: il nuovo Palazzo dei Musei Civici di Reggio Emilia, nel layout spaziale e allestitivo di Italo Rota. In the image: the new Civic Museums facility in Reggio Emilia, with spatial layout and exhibit design by Italo Rota. (foto di/photo by Carlo Vannini)
Nel prossimo numero 644 in the next issue
progetto italiano: il fare virtuoso ITALIAN DESIGN: VIRTUOSO MAKING dal Salone 2014: progetti a valore aggiunto from Salone 2014: projects with added value artigianato e industria: le visioni sul futuro crafts and industry: future visions chi, cosa, come, perché: i designer rispondono who, what, how, why: designers respond rassegna novità: cucine, imbottiti, metallo&metalli new developments: kitchens, upholstered furniture, metal&metals
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