INdice/contents MaGGIo/maY 2011
INterNIews INitaly
produzione production memorie contemporanee/Contemporary memories grafismi tessili/Graphic textiles la pelle per ogni superficie/The skin for any surface 33 anniversari anniversaries 100 anni di ibm e il software executive briefing center di roma/100 years of IBM and the software executive briefing center in Rome 38 eventi events architectSparty va negli states/goes to the States 40 concorsi competitions creativi e premiati/Creative winners 42 showroom arper a MILANO/iN MILAN 23
IN copertina: Avus, la nuova Seduta per il contract disegnata da Konstantin Grcic per Plank, concepita come una rivisitazione del classico da lounge e realizzata con tecnologie all’avanguardia tratte dal settore automobilistico e sportivo. La base portante e la scocca sono in plastica; l’imbottitura, con rivestimento in pelle naturale, realizzata in un solo pezzo, è in schiuma poliuretanica ignifuga. on the cover: On the cover: Avus, the contract seating designed by Konstantin Grcic for Plank, conceived as a reworking of the classic lounge chair and made with avant-garde technologies borrowed from the auto and sporting equipment industries. The base and chassis are in plastic; the filler with covering in natural leather, made with a single piece, is in flameproof polyurethane foam.
INternational 44
showroom
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FANTINI a/in New York: la casa dell’acqua/The home of water promemoria open space a/in new york moooi fantasy house a londra/in LONDON produzione production table trends premi prizes ceramic tiles of italy design competition
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INtertwined 61
giovani designer young designers
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mostre Exhibitions
ctrlak: l’enigma/The enigma
Roma: cÓdigos genÉticos Gentildonne tra arte e design/Gentlewomen of art & design arte, flora e fauna primaverili/Spring art, flora & fauna tutte le arti in blooming/All the arts in bloom
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INdice/CONTENTS II
flower design
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a parigi per dirlo con i fiori/In Paris to say it with flowers paesaggio landscapes Terre Blanche/Terre Blanche Contemporary Art 76 sostenibile sustainability in trentino, un/A nature hotel 79 in libreria in bookstores 83 ritratti portrait Bruno Rainaldi 87 cinema nel laboratorio di/In the laboratory of bellocchio 91 fashion file Esuberanza tropicale/Tropical exuberance trasformazioni preziose/Precious transformations 95 progetto città CITY PROJECT OrTi urbani superstar/Superstar urban gardens 99 info & tech il tocco della domotica/The domotic touch 100 contract & office vivere e lavorare la ceramica Living and working with ceramics 74
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INservice 106 120
traduzioni translations indirizzi firms directorY INtopics 1
editoriale editorial di/by gilda bojardi
INteriors&architecture
spazi estroversi extroverted spaces a cura di/edited by antonella boisi 2
lione, le cube orange progetto di/design by jakob + macfarlane architects foto di/photos by nicolas borel, roland halbe testo di/text by antonella boisi
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santiago del cile, lo scout space del saint george’s college
Santiago, Chile, the scout space of Saint George’s College progetto di/design by claudio molina camacho, daniel de la vega pamparana, eduardo villalobos fornet foto e e testo di/photos and text by sergio pirrone 16
rovigno, istria, casa e torre
Rovinj, Croatia, tower house progetto di/design by giorgio zaetta foto di/photos by alberto ferrero testo di/text by virginio briatore 10
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singapore, mixité tropicale
singapore Tropical mix progetto di/design by ong & ong/diego molina e maria arango foto di/photos by derek swalwell testo di/text by alessandro rocca 32
milano, segno italiano
Milan, Italian sign progetto di/design by stefano gallizioli & francesca simen/ang 42 foto di/photos by gionata xerra testo di/text by antonella boisi
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INdice/CONTENTS III
INsight INtoday 40
capitani coraggiosi
Captains Courageous testo di/text by Francesco Massoni foto di/photos by Fabrizio Marchesi INarts 46
il caleidoscopio ponti
The Ponti kaleidoscope intervista a cura di/interview by chiara spangaro
INdesign 40
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INcenter 52
new lanscape di/by Nadia lionello virtual location di/by Mozart Italia
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attorno alla tavola
Around the table di/by Nadia lionello foto di/photos by Simone Barberis INprofile
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grcic, designer per vocazione GRCic, Designer by vocation di/by Cristina Morozzi INproject
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la cucina relazionale
The relational kitchen di/by Stefano Maffei
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bello quotidiano
Everyday beauty di/by Maddalena Padovani 80
oggetti a pezzi
Objects in pieces di/by Stefano Caggiano INview
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luce anno zero
Light year zero di/by Valentina Croci INproduction 92
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la nuova etĂ della pietra The new Stone Age di/by katrin cosseta
INservice 102
indirizzi firms directorY di/by adalisa uboldi
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traduzioni translations
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INtopics / 1
EDiToriaLe
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ietro ogni grande progetto c’è sempre un grande personaggio. Che non sempre (o non solo) è chi pensa e disegna le cose, ma anche chi rischia e si impegna a dargli concretamente forma e vita. La storia insegna: il fenomeno del design italiano non sarebbe mai nato se non ci fossero state figure illuminate che hanno creduto e investito nelle idee visionarie dei progettisti. A questa particolare lettura, che sottolinea lo stretto legame tra cultura e industria del progetto, è dedicata la quarta edizione del Triennale Design Museum, curata da Alberto Alessi e intitolata Le fabbriche dei sogni. La presentiamo in questo numero per più ragioni: perché si tratta di una mostra densa di informazioni e contenuti, ma anche perché la sua formula narrativa, il suo modo di raccontare in modo fiabesco le tante storie d’impresa del design italiano, di fatto rimanda alla strada percorsa da Interni con i grandi eventi di aprile: quella di creare dei ‘cortocircuiti creativi’ tra la cultura del fare e quella del progettare, per inviduare nuovi territori di ricerca e innovazione. A una scala diversa, non più tarata sul prodotto quanto su microarchitetture o macroggetti ideati da noti architetti internazionali, le installazioni di Interni si propongono come sperimentazioni di processi, forme e materiali, che nel loro carattere temporaneo hanno il merito di tracciare direzioni ancora inesplorate per lo sviluppo della produzione reale. In attesa di prendere in rassegna, sul numero di giugno, i risultati delle sperimentazioni ‘innescate’ dall’ultima mostra Interni Mutant Architecture&Design, ci soffermiano su altri aspetti innovativi delle ultime proposte di design: le rivoluzionarie tipologie di lampade che adottano la tecnologia led, per esempio, o le inedite applicazioni dei marmi e dei graniti nel settore dell’arredo. Le storie del progetto continuano e si rinnovano, così come le emozioni a esse legate. Gilda Bojardi
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Le Cube Orange, LiOne, prOgettO di JakOb+MaCFarLane arChiteCts. FOtO di rOLand haLbe.
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A Lione, UN BUILDING DESTINATO A TERZIARIO E RETAIL, COSTRUITO EX NOVO SULLA SPONDA DEL fiume Saône E INTEGRATO NEL PROGETTO DI recupero-riqualificazione DEL SITO: UN’ architettura CHE FA DELLA RICERCA DI UN colore E DI UNA pelle SENSIBILI LA materia DI UNA sperimentazione sinestetica
Le CuBe OranGe
progetto di Jakob + MacFarlane Architects foto di Nicolas Borel, Roland Halbe testo di Antonella Boisi
DURANTE LE ORE SERALI, VISTO DAL FIUME, IL BUILDING ILLUMINATO SVELA TUTTO IL FASCINO DEL SUO FRONTE A PATTERN PIXELATO ACCESO DAL COLORE E DA DUE AMPIE PERFORAZIONI, ‘PERTURBAZIONI’ COMPOSITIVE ALLA RICERCA DELL’EFFETTO VUOTO E LEGGEREZZA. (FOTO DI ROLAND HALBE)
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le balconate e gli estesi camminamenti che disimpegnano su quattro livelli gli spazi destinati ad ufficio, restituiscono una percezione altamente dinamica dell’insieme. (foto roland halbe) nel disegno, la pianta di un piano tipo segnato dall’innesto del profondo taglio ellittico che spezza la regolarità della maglia ortogonale del cubo, producendo spazi scavati all’interno protetti fino al piano di copertura.
Q
uai Rambaud, Lione. I molteplici sguardi sulla sponda del fiume Saône, nel contesto post-industriale di docks ed edifici industriali del vecchio porto, tra capannoni con nomi che sanno di vissuto e atmosfera dura, la Sucrière, les Douanes, les Salins, la Capitainerie, abbracciano la vista del ‘cubo arancione’. Le Cube Orange, headquarter della società immobiliare Cardinal Group e dello showroom RBC, progettato (2005-2011) dallo studio di architettura francese Jakob + MacFarlane e sviluppato da VNF (Voies Naviguables de France) in partnership con Caisse des Dépôts e Sem Lyon Confluence, è parte di un significativo intervento di recupero e riqualificazione del sito. Le sue facciate nuove di zecca si compongono come una trama di patterns pixelati dal rugginoso colore arancio. Una pelle che, nella finitura cromatica, richiamerà anche la vernice al minio, tradizionale antiruggine adottato nelle zone portuali in virtù della resistenza all’umidità, ma certo non evoca un decadimento fisico della materia. “Anzi, il tutto aspira a riprodurre il moto fluido del fiume Saône con materiali di ultima generazione, pannelli di alluminio digitalizzati perforati al laser e finiti con speciali termolaccature” precisano i progettisti.
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in alto, la terrazza ricavata sulla copertura piana, concepita come belvedere ampio e spettacolare sul panorama urbano di lione. (foto nicolas borel) nel disegno, la sezione longitudinale spiega il raccordo tra la nuova architettura e il capannone industriale a tre campate confinante, restituito nel volume d’ingresso con forma a contrafforte.
Gli esempi di bonifica di porzioni portuali depresse nelle città internazionali non mancano; basti pensare al Marina Bay Sands di Singapore o allo Shanghai Port International Cruise Terminal, concrete opportunità progettuali volte alla rivitalizzazione di territori con peculiarità differenti. Però, nella fattispecie, il plus di questa architettura sperimentale è rapportabile proprio al modo sensibile in cui sono stati trattati materiale e colore della sua pelle che diventano scenografia, elementi chiave dello spazio narrativo, declinazione
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di un rapporto di pieni e vuoti, chiusure e aperture scientificamente calibrate. I due grandi tagli che perforano l’involucro, ‘piegando’ la maglia strutturale regolare (fatta di pilastri in cemento per 5 livelli di sviluppo) alla messa in scena del fronte spiazzante rivolto verso il fiume, rappresentano i nodi della composizione. Il più grande configura un tunnel irregolare che, dall’esterno, arriva fino alla terrazza sul tetto, restituendo tutte le potenzialità di una trasformazione della materia che incontra la luce, l’aria. E non un muro.
pagina a fianco, il tunnel che si propone come elemento chiave scenografico della narrazione architettonica, incontrando la luce e l’aria e dilatando il senso del limite dello spazio interno. (foto roland halbe)
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il quadro dinamico di una finestra interna che sembra imbrigliata nella pelle dell’involucro, formata da pannelli di alluminio digitalizzati e tagliati al laser, finiti con una speciale termolaccatura. (foto roland halbe)
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la lunga parete espositiva ritagliata da 60 alveoli che caratterizza lo showroom di design rbc sviluppato al piano terra dell’edificio. ripropone la medesima grammatica linguistica adottata per l’architettura del fronte-vetrina del cubo arancione. (foto nicolas borel)
Ma, nell’ottica di creare l’effetto vuoto, Jakob + MacFarlane hanno lavorato con una serie più articolata di bucature o “perturbazioni matematiche”, sottraendo massa in forma di tre volumi “conici” su tre livelli: all’angolo della facciata, sul tetto e alla quota del piano d’ingresso. È stato il modo creativo per dilatare lo spazio interno, per alterarne il senso del limite e per regalare viste inconsuete verso l’esterno, instaurando un gioco di rimandi che sono al tempo stesso scansioni ritmiche e sinestesie percettive di contaminazione sensoriale. “Queste perturbazioni” spiegano infatti i progettisti “producono spazi altamente dinamici e relazioni tra l’edificio e i suoi utenti. La prima instaura un rapporto visivo diretto con la struttura ad arco della hall che funge da contrafforte nel punto di raccordo con il capannone industriale a tre campate confinante. La seconda, ellittica, interrompe la regolarità dello schema ortogonale portante pilastro-trave all’angolo della nuova facciata e disegna il prosieguo di un atrio generoso scavato in diagonale nella profondità del volume. Il prospetto di facciata risulta, quindi, in questa porzione oggetto di uno slittamento verso l’interno, dove, corredato da una serie di balconate ed estesi camminamenti sviluppati in quota come elementi di collegamento agli spazi destinati ad ufficio, si presta a una
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percezione altamente mutevole di geometrie e visuali a seconda della posizione dello spettatore. All’ultimo livello, la grande terrazza ricavata sulla copertura piana completa lo scenario con il belvedere ampio e spettacolare sul panorama urbano”. Lo showroom RBC si trova invece al piano terra dell’edificio; riproponendo la medesima grammatica linguistica adottata per l’architettura del ‘cubo’, risulta concepito come un frammento esplicito della facciata-vetrina. “Racchiude un ‘fiume’ simbolico in tre dimensioni” spiegano i progettisti “che si traduce nella lunga parete espositiva a forma di L ritagliata da 60 ‘alveoli’ unici per taglio e geometria che ospitano selezionati pezzi di design, regalando di ciascuno una lettura specifica. Elemento ordinatore dello spazio, la parete dispiega e veicola poi il percorso dallo scenografico ingresso verso spazi più intimi, aperti alla vista del fiume e definiti da isole dedicate alla presentazione di mobili e oggetti di riferimento topico nello scenario internazionale. Anche gli spazi di lavoro riservati agli uffici sono stati delimitati da piattaforme pensate nel rispetto dei parametri della trasparenza, della luce e della ricerca del paesaggio esterno. Perché alla fine, tutto si gioca su una dimensione inside-outside che, a partire da una pelle speciale, ritrova nuove potenzialità di interscambio reciproco.
ogni ‘alveolo’, unico per taglio e geometria, ospita un pezzo di riferimento iconico nello scenario del design internazionale, di cui restituisce una lettura specifica. (foto nicolas borel)
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I DUE PADIGLIONI CONCEPITI COME NUOVO LUOGO D’INCONTRO ALL’INTERNO DEL PARCO SCOLASTICO, TRA IL PROMONTORIO, IL CANALE E IL BOSCO.
ScouT SPace foto e testo di Sergio Pirrone
A Santiago del Cile, UNO SPAZIO MULTIFUNZIONALE PER I BOYSCOUT DISEGNATO E COSTRUITO ALL’INTERNO DEL parco scolastico DEL saint george’s college, DI CUI È PARTE integrante. QUANDO, CON UN budget contenuto, L’architettura DIVENTA SINONIMO DI UN corpo sperimentale reattivo RISPETTO AL SUO contesto progetto di Claudio Molina Camacho Daniel De la Vega Pamparana Eduardo Villalobos Fornet
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I
l Cile cresce i propri ragazzi come fa un padre fiero, li istruisce e porta avanti chi può, con un’educazione pubblica di massa che è condanna alla propria condizione ed una privata d’elite che invece non t’abbandona mai. In un lembo di terra lungo più di 4.000 km con appena 17 milioni di abitanti proliferano ben 50 scuole private di architettura. Un cielo fitto di stelle che disegnano la propria rete, una densissima costellazione di rapporti sociali e di collaborazioni tra enti didattici e fabbrica del fare, il Cile classista realizza l’ambita simbiosi tra università e mondo del lavoro. Claudio Molina, Daniel De la Vega e Eduardo Villalobos sono amici, e posseggono quel mirabile senso della condivisione ancora così diffuso nel Sud America in continua crescita. I tre ragazzi sono giovani e in gamba. Da poco hanno cominciato il mestiere dell’architettura, meraviglioso e difficile, spesso ai margini del circuito produttivo, e si dividono tra insegnamento e studio, progetti conto terzi e concorsi, nelle lunghe nottate cariche di sorsi di mate e speranza. Come tanta era quella posta nel concorso per lo Scout Space organizzato dal Saint George’s College, nel quartiere di Vitacura, proprio dove un decennio prima due di loro avevano trascorso l’infanzia. Fu la volta giusta e la loro prima opera realizzata l’avrebbe spuntata contro altre tredici proposte per un programma semplice nella
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funzione ma originale nella destinazione. Il piccolo mondo partecipato dei boyscout avrebbe avuto un nuovo luogo d’incontro all’interno del parco scolastico, tra il promontorio, il canale ed il bosco. Due sale multifunzionali, cinque ambienti per il deposito, una zona barbecue, uno spazio attrezzato scoperto per 300 persone ed uno coperto per 150. La natura cilena è un paesaggio vissuto con grande rispetto, in cui l’intervento umano è spesso secondario, sempre minimo. Così Claudio, Daniel e Eduardo sfoltiscono il bosco, rimuovono l’argine orientale del laghetto e mantengono la continuità tra il promontorio, la vista della scuola e delle sue corti e la città oltre il querceto.
la gradinata interna rivolta verso il Fronte totalMente vetrato e intagliato dai rettangoli degli inFissi che si propone coMe un quadro assoluto sulla natura cilena. vista d’insieMe dei due voluMi rivestiti con tavole di legno coMpensato e incisi dai tagli di luce che sottolineano la continuità dell’involucro architettonico. uno spazio a doppia altezza destinato a laboratorio. si nota la precisa corrispondenza della pelle Materica lignea interna, sbiancata, con l’esterno.
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il piano multifunzionale esterno riparato dalle estensioni orizzontali della copertura. la corte interna ridisegna la figura dei volumi architettonici e allunga lo sguardo oltre il confine. pagina a fianco, tre semicerchi composti da sedute in pietra e un parallelepipedo ligneo che funge da torretta d’avvistamento, disegnano un’installazione abitabile nello spazio esterno.
L’architettura frammenta il programma nei due grandi volumi rivestiti con tavole di legno compensato di dimensioni 24x9 cm, evita concentrazioni artificiali, realizzando alternanze sostenibili. L’architettura dal budget irrisorio marca gli interni con gli esterni, le pareti bianche con i tagli neri, la luce disegna diagonali brillanti in uno spazio vuoto e flessibile. Il livello inferiore incassa i piccoli ambienti spogliatoio-deposito sotto le gradinate interne e nel pendio, per espandersi nelle sovrastanti grandi sale anfiteatro-laboratorio a doppia altezza. Da sud-est, gli umori della natura penetrano le grandi vetrate intagliate da rettangoli di infissi, risalgono il pendio e si riversano sul piano multifunzionale esterno riparato dalle estensioni orizzontali della copertura. Uniti ma divisi, i due polmoni di quest’opera giovane per giovani respirano verso ponente dove tre semicerchi disegnati da sedute in pietra grigliata subiscono la presenza di un parallelepipedo ligneo. Torretta d’avvistamento e punto di riferimento, allunga lo sguardo oltre il confine e, in basso, su tende in cui piccoli uomini crescono.
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veduta laterale dei due grandi volumi lignei nel rapporto con il pendio del bosco.
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A Rovigno, IN Istria, LA RISTRUTTURAZIONE DI UNA casa in pietra DEL XVIII secolo PARTE DAL rispetto totale DEI MURI ORIGINALI. NESSUNA NUOVA STRUTTURA O IMPIANTO LI CONTAMINA. RICCA E SOBRIA, LA DIMORA A TORRE GIOCA A svelare la storia E A celare le tecnologie progetto di Giorgio Zaetta
Casa e Torre foto di Alberto Ferrero testo di Virginio Briatore
IL CREPUSCOLO VISTO DAL BALCONE SUL MARE, POSTO AL PIANO D’INGRESSO, CONTRADDISTINTO SUL LATO TERRA DAL PORTONE IN LEGNO, DEI PRIMI ANNI DEL NOVECENTO, E ORA RESTAURATO (NELLA PAGINA ACCANTO). UNA SUGGESTIVA VEDUTA DELL’INTERNO. LAMPADA ZELIGHT LAMP DI MIKI ASTORI PER DRIADE.
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la cucina realizzata su disegno è attrezzata con elettrodomestici ad incasso di miele e monta una cappa boffi. in tutti gli ambienti, la microilluminazione, con led nascosti a filo bordo perimetrale del pavimento in battuto di cemento, fascia gli antichi muri di pietra di luce radente. le lampade del soffitto sono il modello 094 system di mario nanni per viabizzuno. sotto, la casa-torre vista dal mare.
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er chi vi giunge via terra il modo più fascinoso per avvistare la casa torre è quello di scendere dal Monte Rosso, il Mons Rubineus da cui sembra derivare il nome della cittadina istriana di Rovigno che nella lingua della Croazia, a cui oggi appartiene, si scrive Rovinj. La casa, edificata su quello che fino al XIX secolo era un isolotto fortificato, risponde ai canoni dell’abitazione tipica di Rovigno che si estende in verticale per sfruttare al massimo lo spazio al suolo. Oggi denominata Maison M, è distribuita su quattro piani affacciati sul mare e funge da abitazione estiva di una coppia francese. L’opera di ristrutturazione eseguita dall’architetto Giorgio Zaetta ne fa uno spazio unico per attenzioni e minimalismo, nel quale la mano progettuale si insinua senza prevaricare sulla storicità dell’edificio. Il buon risultato finale si deve anche allo straordinario rapporto di fiducia che si è instaurato nei due anni di lavoro tra
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pagina accanto, la zona pranzo forma un continuum con la cucina. il tavolo su disegno di giorgio zaetta si accompagna alle sedute di hans j.wegner prodotte da carl hansen. sul fondo, la fioriera hanahana di kazuyo sejima per driade. in basso, l’area living al primo piano, con la libreria su disegno, il divano polder disegnato da hella jongerius, la poltrona della serie eames lounge chair, tutti prodotti da vitra. la video installazione è opera dell’artista italiano luca rento.
architetto e committente. Giorgio Zaetta, laureato allo IUAV di Venezia e nativo di Feltre dove ha sede il suo studio, è un grande conoscitore della costa istriana verso cui lo ha spinto sin da ragazzo la sua passione per la vela. L’intera ristrutturazione è partita dal ripristino e dalla salvaguardia dei muri originali. Il rispetto per la pietra è stato totale. Nessuna nuova struttura o impianto viene a contatto con le pareti perimetrali. Una fessura di luce corre lungo tutto il perimetro dei solai quasi fossero indipendenti dalle importanti murature a sassi che si innalzano dalla scogliera e corrono austere fino al tetto. Per stabilizzare la torre e renderla anche più tollerante dal punto di vista sismico gli originali solai in legno sono stati rafforzati con una soletta in cemento alleggerito, mentre ferri di armatura sono stati infilati negli spessi muri di sassi e calcinacci e sigillati con della biocalce.
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il piano mare interamente dedicato agli ospiti, con la grande cucina realizzata su disegno, le poltrone e gli sgabelli della serie luna prodotta da gandia blasco.
Accurata, quasi maniacale, l’attenzione al dettaglio architettonico ha come protagonista la lucentezza delle finiture in acciaio inox. La scala è a sbalzo, sostenuta da una struttura reticolare in acciaio nascosta nel tamponamento che serve i vani tecnici su tutte le altezze. L’alzata e la pedata, in acciaio inox dello spessore di solo 1 cm, hanno uno speciale incastro a coda di rondine che ha permesso il montaggio della stessa senza saldature. Il corrimano, invece, laddove la scala gira attorno al suo piede d’oca, passa dalla sezione rettangolare a quella quadrata, al fine di accompagnare la mano offrendo sempre la giusta presa. Nella sua ricca sobrietà la casa gioca a svelare la storia e a mantenere celate le tecnologie, per cui anche i comandi elettrici sono nascosti, scavati nell’acciaio del fianco delle cucine o inseriti nei tavoli e nelle librerie. Il rigore e la linearità degli interni è movimentata dal contrasto tra toni chiari e scuri che si avvicendano e si incontrano nella casa. Al piano mare, a cui si può acccedere direttamente con un’imbarcazione a chiglia bassa,
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è stato ricavato uno spazio esterno con lavabo e spazio barbecue per la pulizia e cottura del pescato, chiuso da una grata in acciaio corten. Questo livello è interamente dedicato agli ospiti, con una grande cucina realizzata su disegno, come i mobili e gli arredi, mentre poltrone e sgabelli sono stati scelti dalla serie Luna, prodotta da Gandia Blasco. Un apposito scavo effettuato nella pietra della scogliera, contenuto nella profondità per non scendere sotto il livello del mare e protetto da una vasca d’acciaio, contiene il vano di uno speciale ascensore di servizio a tutta l’abitazione. L’ingresso della casa, col portone in legno primi Novecento, restaurato e mantenuto nel colore originale, è situato lunga la stradina di Santa Croce e da lì si accede al piano terreno che ospita cucina padronale e living, segnato dall’apertura verso il balcone sporgente sull’acqua. Questo balcone è stato ricavato sostituendo quello precedente, realizzato a fine Ottocento in muratura, con una nuova soletta in cemento armato e una leggera ringhiera in acciaio corten.
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CASA E TORRE / 21
qui sopra, un’altra vista dell’isola cucina conviviale dedicata agli ospiti. a fianco, la scala a sbalzo che non interferisce con la struttura muraria originaria in pietra ed è sostenuta da una struttura reticolare in acciaio celata nel tamponamento. alzata e pedata in acciaio inox dello spessore di 1 cm hanno uno speciale incastro a coda di rondine che ha permesso un montaggio senza saldature. il corrimano invece, laddove la scala gira attorno al suo piede d’oca, passa dalla sezione rettangolare a quella quadrata per offrire sempre la giusta presa. lampade ad incasso raggio di claudio silvestrin per viabizzuno. più a destra, lo spazio aperto in riva al mare con lavabo in pietra e barbecue, comunicante con la cucina per gli ospiti.
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qui sotto, si nota il gioco delle finestre a diVersa altezza che inquadrano Viste del mare da ogni angolo della zona notte. un ambiente soft, caratterizzato dalla copertura in traVi e capriate lignee ridipinte grigio perla e dal paVimento in legno di roVere rigatino.
il bagno forma un tutt’uno spaziale con la zona notte padronale: sanitari della serie link di flaminia con rubinetterie vola e Vasca modello spoon xl di benedini associati per agape. canna da terra per doccia e per Vasca della collezione minimal di boffi, radiatore elettrico di thermal technology. le parti su disegno sono state realizzate in corian® dupont. sul fondo, si intraVVede il letto con testiera e ripiani in legno laccato bianco. pagina accanto, lo sbarco dell’ascensore all’ultimo liVello riserVato alla zona notte con bagno dedicato a Vista.
Anche la cucina, i mobili e il tavolo sono stati realizzati da artigiani italiani in legno di rovere, acciaio inox, tutti su disegno di Giorgio Zaetta che, avendo lavorato per lunghi anni nello studio di Luciano Bertoncini a Treviso, è un profondo conoscitore del sistema arredo. Senza dubbio questo è lo spazio più caldo, in cui il minimalismo dei mobili tecnici è compensato dal tavolo di legno e dalle sedute di Hans J. Wegner, prodotte da Carl Hansen e dalla fioriera Hanahana di Driade disegnata da Kazuyo Sejima. I pavimenti di questo e dei tre piani inferiori sono in battuto di cemento e caratterizzati da una microilluminazione con led nascosti nel bordo perimetrale, che fasciano il muro di luce radente. Con il pasaggio al piano primo si entra in un’atmosfera decisamente più privata, di studio, lavoro o relax. Lo spazio aperto è infatti attrezzato con un’ampia scrivania e con mobili contenitori eseguiti su disegno; la libreria è stata
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progettata per nascondere i libri sul retro e rendersi supporto alla videoinstallazione di un artista italiano, mentre lo schermo TV, per non disturbare lo sguardo da spento, è celato in un basso contenitore bianco da cui fuoriscesce a sbalzo, come la chiglia di una deriva. Il piano secondo (quarto partendo dal mare), è riservato alla zona notte, con la bella vista della copertura, fatta di travi e capriate lignee, ridipinte di grigio perla, il gioco delle finestre a diversa altezza e il pavimento realizzato in legno di rovere rigatino, scelto tavola su tavola, prima del taglio. Il letto con testiera e ripiani è in legno laccato bianco eseguito su disegno, così come tutti gli accessori bagno in Corian®Dupont. Dalla vasca la vista spazia sull’Adriatico e si capisce come qui sia bello vivere, studiare, riposare, cullati dal suono del mare e dalle mille storie che le rive, le viuzze, le chiese e le pietre dell’antica cittadina raccontano a chi le sa ascoltare.
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MIxITÉ TROPICALE foto di Derek Swalwell testo di Alessandro Rocca
28 WEST COAST GROVE: materiali PREZIOSI, continuità FLUIDA DI GRANDI ambienti SOFT CON luci filtrate E LA natura CHE PARTECIPA DA protagonista. SPAZIO E COMFORT, INTIMITÀ E PROTEZIONE, NEL clima tropicale DI Singapore progetto di Ong & Ong design team Diego Molina e Maria Arango, Camilo Pelaez
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Il profondo portIcato davantI al soggIorno. Il pavImento è In travertIno avorIo e Il soffItto In doghe dI legno. dI fronte, Il gIardIno aquatIco KoI. dIvano cellInI, tavolo e sedIe Modern Living.
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I lIstellI dI legno fIltrano la luce dell’ampIo portIco, che ombreggIa Il soggIorno e ne raddoppIa lo spazIo utIle; la parete vetrata consente la massIma contInuItà vIsIva tra Interno ed esterno. coffee table e panca porta tv dI OM.
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nire il moderno al tradizionale, le tecnologie avanzate e quelle consuete, la meditazione metropolitana della spa domestica a quella millenaria del giardino d’acqua, abitato dalle coloratissime e gigantesche carpe giapponesi koi. A Singapore, teatro di un futuro ultramoderno nell’Estremo oriente antico e tropicale, si moltiplicano i segni di una nuova koiné, cioè di un nuovo linguaggio che comprende, include e mescola elementi di provenienza diversa. E spesso succede, come in questo caso, che dall’impasto di ingredienti disparati prenda forma una fisionomia originale e la koiné diventa una nuova lingua. D’altronde si sa, e capita di frequente, che le novità nascono quando le tradizioni perdono purezza e si corrompono e le idee scaturiscono da processi di contaminazione e ibridazione, di mescolanza, di sovrapposizione. L’architettura dello studio Ong&Ong si trova spesso a sperimentare una specie di nuovo stile internazionale adattato alle esigenze e ai gusti della clientela d’oriente. Nata nel 1972 a Singapore, la firma è cresciuta fino ad avere, oggi, oltre 500 impiegati distribuiti tra Singapore, Malesia, Vietnam, Cina, India e New York, ed è in
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Il portIco dI Ingresso, con la pavImentazIone In granIto nero fIammato e lucIdato; Il dIaframma, la luce fIltrata e la contInuItà vIsIva tra Interno ed esterno sono I temI prIncIpalI del progetto. la scala con I parapettI dI crIstallo, e Il pannello In legno dI sandalo, è un volume lIbero che consente alla luce naturale dI IllumInare la parte pIù Interna della casa.
grado di eseguire, chiavi in mano, progetti di ogni tipo, dai parchi ai grattacieli, dai quartieri residenziali alle ristrutturazioni di lusso come quella di 28 West Coast Grove. Considerata la dimensione del gruppo, è sorprendente la cura che i progettisti di Ong riescono a dedicare ad alcune realizzazioni, raggiungendo una qualità che di solito si riserva agli studi di piccola e media dimensione dove l’attenzione al dettaglio, sviluppato anche grazie al rapporto diretto con clienti e fornitori, sono la regola e il tratto distintivo del loro lavoro. Ong pratica dunque, insieme a altri protagonisti della vastissima scena orientale, un modernismo modificato innanzitutto per questioni climatiche, in cui la gestione delle correnti d’aria e della luce naturale diventa di primaria
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importanza. Se infatti il modernismo classico ha riempito i Paesi caldi di costruzioni sigillate, dove la climatizzazione artificiale è necessaria per il cento per cento del tempo, oggi la sfida della sostenibilità, nei climi caldi e umidi di queste zone, impone di cercare alternative naturali e gli architetti tornano a studiare gli edifici tradizionali non più in termini vernacolari o storicisti, ma per riprodurre quei semplici accorgimenti tecnici, low tech e low cost. L’obiettivo è il controllo del microclima interno, attraverso la mitigazione dell’impatto solare e la gestione attenta della circolazione dell’aria per ottenere il raffrescamento naturale degli ambienti. Nella trasformazione della casa tradizionale di West Coast Grove i designer di Ong –Diego Molina e Maria Arango – hanno realizzato un progetto che non è più solo
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confortevole ed elegante ma è anche decisamente più sostenibile. Il primo obiettivo del progetto è stato l’aumento consistente della luce naturale che, grazie all’apertura di numerosi lucernari, si diffonde all’interno filtrando attraverso gli schermi in legno di sandalo e, nel portico, scivolando negli interstizi della trama fine delle doghe di legno. Il piano terreno è interamente occupato dal grande soggiorno, dove si trova il tavolo da pranzo, con le pareti a soffietto che, quando sono completamente aperte, permettono di entrare in continuità perfetta con il laghetto “infinity koi” e il piccolo giardino. La zona più lussuosa è la suite padronale composta da camera da letto, stanza da bagno con ambiente dedicato alla vasca e palestra, portando all’interno della casa il comfort di una spa.
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La cucina interamente su disegno di ong&ong. iL banco è in pietra ‘caesar’. tutte Le Luci deLLa casa sono deLLa serie recoLite deLL’americana RichaRd’s Lighting. aL piano superiore La camera con pavimento in assi di teak, Letto king size e ripiani su disegno, mantiene un rapporto diretto con L’esterno e con iL giardino sottostante. pagina a fianco, La grande vasca in marmo rinforzato di produzione toto, come tutte Le rubinetterie e i sanitari. pavimento in travertino coLor crema, iL vetro schermato riveLa iL giardino pensiLe.
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Segno ITaLIaNo foto di Gionata Xerra testo di Antonella Boisi
ALLE PORTE DI Milano, UN’ABITAZIONE DAL taglio deciso, CARATTERIZZATA DA spazi estroversi, connotati SUL piano materico-espressivo E CURATI NEL dettaglio CHE METTONO IN SCENA UNA dimensione domestica DI raffinato rigore E ovattato comfort. Senza CONCESSIONI A gesti seduttivi E INVADENTI. progetto di Stefano Gallizioli e Francesca Simen con la collaborazione di Giovanna Cabibbe
PAGINA A FIANCO, L’AMBIENTE LIVING RIPRESO DALLA ZONA D’INGRESSO. IN PRIMO PIANO LE CHAISE LONGUE HAPPY DI FLEXFORM. SCORCIO DELL’AMBIENTE CUCINA. LE SEDIE DELLA COLLEZIONE BERTOIA SIDE CHAIR PRODOTTE DA KNOLL INTERNATIONAL AFFIANCANO IL TAVOLO SU DISEGNO IN DOGHE MASSICCE DI ROVERE E STRUTTURA IN ACCIAIO INOX.
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la parete tv/camino in pietra ebano, sabbiata, con veletta superiore in cartongesso finita a stucco lisciato. chaise longue flexform, tappeto di Nodus, tavolino con ruote di gae aulenti (1980) per foNtaNaarte. nel disegno, la planimetria dell’appartamento, 300 mq distribuiti su un unico livello. la cucina realizzata da boffi su disegno con ante in lacca opaca bianca e piano in granito nero zimbabwe come il pavimento, levigato.
“V
oglio aver voglia di tornare a casa e rilassarmi”. L’aspettativa del committente in merito alla propria abitazione, 300 mq distribuiti su un unico livello (un raddoppio spaziale nato dall’accorpamento di due appartamenti all’interno di un edificio di nuova costruzione) è stata esaudita in modo convincente da Stefano Gallizioli e Francesca Simen, partner dello studio milanese ANG 42, che, insieme al cliente, hanno curato la messa a punto di un progetto ad hoc: un guscio accogliente ed estroverso, un contenitore definito ma non protagonista, con la particolarità di potersi suddividere in ambienti separati senza perdere la percezione della sua continuità e unitarietà a tutto tondo, che riporta il disegno dell’arredo e del décor nell’ambito dell’architettura.
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la zona pranzo. Tavolo e sedie di Cassina, lampadario di gino sarfaTTi per flos, 1958. gli arredi su misura in rovere e lacca nera disegnano una sorTa di boiserie, armonizzando con il pavimenTo in lisToni di rovere sbiancaTo.
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pagina a fianco, il closet organizzato con armadi su disegno a tutta altezza dalle ante rivestite in pelle color sabbia con cuciture a contrasto e maniglie cromate ad incasso. faretti di buzzi & buzzi. dettagli realizzativi delle superfici dei ripiani e dell’ anta armadio con maniglie ad incasso. una delle due camere vista verso il closet e caratterizzata dalla parete attrezzata con mobili su misura in rovere e pelle. le ante di chiusura della stanza sono inserite nelle spalle del mobile.
“Ci siamo dedicati al taglio geometrico degli spazi interni” spiegano “seguendo lo sviluppo suggerito dalla struttura dell’edificio e dalle sue aperture. Pertanto la composizione architettonica ha privilegiato un’impostazione simmetrica che sottolinea i segni-percorso di due riferimenti prospettici perpendicolari tra loro, sviluppando la zona giorno secondo la sequenza ingresso-salonepranzo lungo l’asse principale e quella cucinapranzo-studio lungo l’asse trasversale, mentre una scomposizione ‘su misura’ è stata riservata alla zona notte”. In questa reimpaginazione del layout interno che, nei suoi sguardi ortogonali, riflette una cultura del progetto specifica della modernità milanese, fatta di equilibrio tra lusso e sobrietà, leggerezza e solidità, un unico segno di riferimento cromatico declinato su tonalità neutre con ricchezza di materiali (rovere a doghe per il pavimento, stucco bianco per le pareti, pietre chiare per i bagni e pelle per gli arredi fissi) amalgama i vari ambienti. Con edonismo discreto, acceso da una serie di dettagli a contrasto di forte impatto espressivo, come le nicchie laccate in nero lucido, le maniglie cromate a disegno e la pietra nera dei piani della cucina. La fluidità dello spazio della casa, la luminosità diffusa e generosa degli
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ambienti e un’atmosfera essenziale si percepiscono subito dall’ingresso che, nel suo percorso, dopo una piccola nicchia risolta come angolo dedicato alla lettura, si apre alla vista del soggiorno, l’ambiente canonico della socialità, a sua volta comunicante con la zona pranzo e da lì in successione con la grande conviviale cucina e lo studio. Unico filtro tra queste zone, le porte a tutta altezza, ricavate nelle pannellature di rivestimento delle pareti – concepite come boiserie e attrezzate con mobili su misura – che consentono chiusure dinamiche in grado di ricreare una suddivisione più funzionale degli spazi a giorno indivisi.
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un bagno per gli ospiti. lavabo agape, specchio e nicchia portasapone in acciaio inox lucido su disegno. pareti finite a stucco lucidato. sotto, dettaglio di uno dei bagni principali. piano lavabo e rivestimento della parete sono in pietra caliza capri, bocciardata e levigata. il mobile su disegno in palissandro india è segnato dal ripiano apribile su un piccolo contenitore per il trucco. rubinetteria vola. pagina a fianco, una vista dell’ambiente studio. mobile in rovere su disegno, poltroncina di bpa international, cornici di gennaro avallone. tutti gli arredi su disegno sono stati realizzati da arredamenti ripamonti di cantù, il trattamento a stucco delle pareti da pilotta group di varese.
Sul lato opposto, la zona notte, privata, si sviluppa specularmente con un disegno più articolato di episodi indipendenti e conclusi, integrando due ampie bedroom con relativi guardaroba e bagni. Senza concessioni a gesti seduttivi e invadenti e senza perdere in termini di unità stilistica. Proprio grazie alla riproposizione di quel segno progettuale, calibrato e rispettoso, di stretta collaborazione tra architettura e design, che incontra materiali e dettagli assemblati con grande padronanza tecnica e sensibilità estetica. Nonché selezionati arredi e luci di colta antologia. Secondo la migliore tradizione dell’architettura d’interni italiana.
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testo di Francesco Massoni foto di Fabrizio Marchesi
La grande maschera aLLegorica, reaLizzata con aLcuni prodotti-icona deLLe aziende deL design itaLiano, che accogLie i visitatori aLL’ingresso deLLa mostra Le fabbriche dei sogni, iv edizione deL triennaLe design museum curata da aLberto aLessi con La direzione di siLvana annicchiarico. una pagina deL cataLogo deLLa mostra, edito da eLecta, La cui grafica è stata ideata da martÍ guixé, autore anche deL progetto deLL’aLLestimento.
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ndrea Branzi lo ha psicanalizzato, complici Peter Greenaway e Italo Rota (Le sette ossessioni del design Italiano, 2007). Poi Antonio Citterio ne ha illustrato le declinazioni seriali ed extraseriali (Serie fuori serie, 2009), per cedere quindi il testimone ad Alessandro Mendini che lo ha messo sottosopra assieme a Pierre Charpin, indagandone affettuosamente il rimosso con una generosa escursione ‘transdisciplinare’ (Quali cose siamo, 2010). Parliamo ovviamente del design made in Italy. Ora è toccato ad Alberto Alessi rispondere alla fatidica domanda “Che cos’è il design italiano?”. La sua riflessione ha dato vita alla quarta edizione del Triennale Design Museum, con la mostra Le fabbriche dei sogni, allestita al Palazzo della Triennale di Milano su progetto dell’estroso designer catalano Marti Guixé. E già dal titolo possiamo intuire che il fenomeno dell’Italian Design non avrebbe trasvolato il mondo – e non saremmo qui a celebrarlo – se non ci fossero state le ‘fabbriche’ con
il loro fiero manipolo di ‘imprenditori paradossali’, come ama definirli Alessi, o ‘capitani coraggiosi’, come li ha ribattezzati Silvana Annichiarico, direttrice del museo. Sì, perché tutto è cominciato in queste fabbriche, officine, scantinati, garage, dove imprenditori illuminati, visionari, pionieri, talora essi stessi progettisti, più spesso incalzati da architetti e designer ante litteram impazienti di trasferire la loro creatività in prodotti innovativi, hanno dato forma al sogno. Un sogno tutt’altro che effimero, se pensiamo che alcuni di questi illustri personaggi erano già presenti alla prima edizione del Salone internazionale del mobile di Milano, di cui ricorre quest’anno il cinquantenario e il cui ente organizzatore, il Cosmit, ha significativamente deciso di dare il suo supporto alla nuova interpretazione del Triennale Design Museum. Ma perché proprio ‘Le Fabbriche dei sogni’? “Perché l’incarico assegnatomi dalla Triennale” spiega il curatore “ha rappresentato un’opportunità
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Imprenditori ‘PARADOSSALI’, ILLUMINATI, VISIONARI, AMANTI DEL RISCHIO E DELLA TRASGRESSIONE. SONO COLORO CHE HANNO DATO VITA AL fenomeno DELL’ITALIAN DESIGN, AI QUALI Alberto Alessi DEDICA LA MOSTRA Le Fabbriche dei sogni, QUARTA EDIZIONE DEL Triennale Design Museum
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per consolidare e articolare con maggiore ampiezza la mia personale visione del fenomeno, attribuendogli una definizione che nel 1997 avevo coniato per la Alessi, ma che sono convinto possa valere per tutti i miei colleghi imprenditori delle ‘Fabbriche del design italiano’. Un’espressione suscettibile di svariate interpretazioni. Da un lato, infatti, si potrebbe pensare alle storie di queste aziende come all’esaudirsi di un sogno imprenditoriale individuale. Dall’altro, ed è stato questo il mio intendimento, l’elemento centrale dell’attività di tali fabbriche è il fatto di rivolgersi all’immaginario del pubblico: noi imprenditori, assieme agli autori che lavorano per noi, dedichiamo il nostro impegno a dare espressione a questo immaginario”. Un sogno, dunque, ma forse qualcosa di più, un’energia imprenditoriale e creativa contagiosa e feconda, che si fa strada alimentandosi in misura più o meno variabile di intuizioni ed emozioni. Può essere questa la ricetta giusta per dare nuova forza propulsiva all’industria italiana? “Solo operando nella dimensione del sogno, intercettando l’immaginario del pubblico, l’industria dei beni di consumo durevoli – perché è di essa che qui si parla – può conquistare nuovi margini di sviluppo. Una lezione che il cinema e la moda hanno dimostrato di sapere mettere a frutto, ma che ancora stenta ad affermarsi nel nostro ambito”, risponde Alessi. Forse per questo ha scelto di portare in scena non più di una cinquantina di ‘fabbriche’ che, messe insieme, totalizzano un fatturato pari a circa 1600 milioni di euro, mentre il totale del macrosistema dell’arredamento italiano sfiorava, lo scorso anno, 21mila milioni di euro. Dunque, una nicchia, un’avanguardia, un’élite, che nelle sue pur ‘esigue’ dimensioni ha saputo sperimentare, ha osato rischiare, accogliendo idiomi e pratiche ‘borderline’, applicando, più o meno consapevolmente, codici formali ed espressivi dotati di matrici archetipali
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sedimentate nell’immaginario collettivo, trasferendo o inventandosi nuove tecnologie, elaborando modelli di comunicazione non convenzionali e conquistando in tal modo pubblici e mercati ad ogni latitudine. Per raccontare e illustrare tutto ciò, Alberto Alessi ha raccolto e organizzato le sue ultradecennali riflessioni intorno al controverso significato del termine ‘design’ e alla varietà di linguaggi e scuole che lo caratterizzano, indagando il ruolo funzionale, segnico e simbolico degli oggetti nella società dei consumi, ma soprattutto identificando e valorizzando in questo ampio contesto quanti hanno forgiato e sviluppato visioni, non episodiche né cosmetiche, realmente improntate alla ricerca e alla sperimentazione, generatrici di un’innovazione irriducibilmente ‘trasgressiva’, fieramente sottratta agli imperativi della tecnica e del marketing, cui soggiace invece la
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L’aLLestimento progettato da martÍ guixé è concepito come una deLLe avventure di Alice nel PAese delle merAviglie: gLi oggetti entrano in diaLogo con i progettisti e Le storie dei grandi uomini di impresa si intrecciano con Le Loro biografie personaLi in un’atmosfera giocosa. accanto, gLi studi di martÍ guixé per iL font ‘aLbert script’, da Lui appositamente progettato per La mostra e iL cataLogo ispirandosi aLLa caLLigrafia di aLberto aLessi.
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‘mass production’, per approdare a una dimensione inedita che trasfigura l’abitare e i suoi riti in un avvincente intreccio d’arte e poesia. Un pensiero ampio e articolato, quello di Alessi, che chiama in causa filosofi (Friedrich Nietzsche, Oswald Spengler, Martin Heidegger e Gianni Vattimo), semiologi (Umberto Eco), psicologi (Donald W. Winnicott e Franco Fornari), sociologi (Jean Baudrillard e Serge Latouche, autore di La decrescita serena), ma anche poeti come Thomas Stearns Eliot e Hans Magnus Enzensberger, senza trascurare, naturalmente, architetti e designer provvisti di un solido background teorico, come Mies van der Rohe, Robert Venturi, Dieter Rams , Andrea Branzi e Alessandro Mendini, dando luogo a una lucida e vivace enunciazione che, per la prima volta e in modo esauriente, analizza il fenomeno in tutti i suoi aspetti, conferendo ad esso una legittimazione storica e scientifica.
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La mostra propone una carreLLata di prodotti iconici, messi in scena e anaLizzati criticamente Lungo una Linea che osciLLa tra vaLore funzionaLe, vaLore segnico e vaLore poetico. sotto, uno schizzo di martÍ guixé per iL progetto deLL’aLLestimento deLLa mostra.
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Una visione puntualmente tradotta e illustrata da Marti Guixé: “Sentivo il bisogno di qualcuno che fosse in grado di visualizzare il mio pensiero attingendo a un’immaginario analogo a quello espresso in Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll o nel Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry. Quando questo mi è stato chiaro, ho pensato immediatamente a Marti Guixé, che ha saputo interpretare il briefing con peculiare originalità poetica e declinarlo con efficacia sia nel progetto d’allestimento che nel catalogo”, racconta Alberto Alessi. L’ingresso alla mostra è rappresentato da una grande maschera allegorica del fare creativo di queste fabbriche assemblata, ‘à la manière’ di Arcimboldo, con i frutti del loro lavoro. Perché, come spiega la metafora coniata dal curatore: “Il buon giardiniere semina, sì, quello che crede giusto, ma soprattutto dissoda bene il suo campo per accogliere le nuove messi e se ne prende attenta cura quando cominciano a spuntare i primi germogli, dedicando tutte le cure necessarie per consentire loro di esprimere il potenziale che hanno dentro. Inoltre, il buon giardiniere sa di poter contare anche sui semi inaspettati che gli porterà il vento”. E ai ‘buoni giardinieri’ delle Fabbriche del design italiano sembra alludere anche il Pratone intonso che si incontra una volta varcato l’ingresso. A partire da qui si snoda la narrazione fiabesca, intervallata dai commenti dell’autore che ha affidato il compito di illustrarne la visione al suo alter ego fumettistico, per il quale Guixé ha realizzato appositamente il font Albert
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AttrAverso i prodotti vengono ricostruite le storie e le peculiAri Attività di quelle che Alberto Alessi definisce le ‘fAbbriche del design itAliAno’. in bAsso, unA delle schemAtizzAzioni trAcciAte dA Alessi e illustrAte dA guixé per spiegAre il ruolo degli oggetti nellA società dei consumi.
Script, imitandone la calligrafia. Fedele alla costruzione iper-testuale del catalogo, il percorso si snoda in dodici capitoli, corrispondenti ad altrettante sezioni individuate per mezzo di grandi sagome che guidano il visitatore in un itinerario ‘multimediale’ costellato di oggetti che dialogano con i loro creatori sotto gli occhi dei leggendari ‘capitani coraggiosi’, le cui silhouette a grandezza naturale punteggiano questo fantastico arcipelago. Ma, come sottolinea lo stesso Alberto Alessi, non si tratta che di una ‘visione personale’ dedicata a uomini eccezionali che hanno scelto il rischio come parte integrante del loro mestiere: “Non siamo infallibili”, puntualizza Alessi. “In realtà, anche noi commettiamo errori, tanto da indurmi a tessere un elogio del flop. Certo, fra i rischi che corriamo c’è anche quello di diventare troppo di élite, di rivolgerci ad un pubblico composto prevalentemente da inguaribili ‘early adopters’ o da facoltosi ‘connaisseurs’. Ma che ci possiamo fare? È nella nostra natura di avanguardisti. Perché negarlo? Non siamo industriali, siamo editori, alla stregua di quegli artigiani librari, colti e raffinati, che con le loro tirature limitate hanno lanciato nuovi autori nel firmamento della letteratura. Tutto sommato, quello che gli altri possono avvertire come un limite per noi non lo è affatto. Intendo dire che, in quanto ‘mediatori culturali’ tra progettisti e società, siamo quotidianamente a contatto con le turbolenze e i fermenti della creatività . E questa instabilità comporta una continua capacità di adattamento a imprevisti d’ogni sorta: un compito di management alquanto impegnativo, al contrario della rigida programmazione che regna nell’ambito della produzione di massa, ma immensamente gratificante”.
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Il Cal eIdoscopIo pont I dal 6 magg Io al 24 lugl Io, la t riennale di milano presenta una mos tra d ed ICata a gio ponti e alla sua o pera, curata da germano Celant In Collaboraz Ione Con gIo pont I ar Ch Ives e gl I ered I dell’ar Ch Itetto mIlanese, per Celebrare, nella sua città natale, uno degl I IndIsCuss I maestri del novecento
intervista a cura di Chiara Spangaro
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io Ponti oltre a essere uno dei primi architetti globali del Novecento, con edifici realizzati e progettati in Italia e in Europa (ma anche in Paesi extra-europei, da Hong Kong a Denver, da Bagdad a Caracas, da San Paolo a New York) è anche un designer riconosciuto a livello internazionale, quanto un noto teorico e critico dell’architettura. Alla sua curiosità e al suo genio si devono le nascite della rivista Domus e
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della storica pubblicazione Stile, come un largo impegno nella ricerca dei legami tra l’architettura e le arti, compresa la loro promozione ed esposizione, che portò alla creazione della prima mostra Triennale di Milano nel 1933 e nel coor 0dinamento di molte delle edizioni successive. Per Interni, Chiara Spangaro intervista il curatore della mostra, Germano Celant. Considerata la complessità dell’opera di Gio Ponti che spazia in tutte le direzioni – dal design alla grafica, dall’architettura all’arredo, dalla teoria all’informazione – come è stata concepita la sua presentazione a Milano negli spazi della Triennale?
TesTa di diavolo, 1955 in collaborazione con Paolo de Poli (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives). sTudio Per il PavimenTo realizzaTo Per gli uffici del salzburger nachrichTen, 1976 (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives).
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Pavimento realizzato Per gli uffici del Salzburger nachrichten, 1976 (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives).
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Bottiglia con crinoline per Venini, anni quaranta (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives). Stoffa per JSa, anni cinquanta (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives). VaSo a canne per Venini, 1955 (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives).
L’esperienza di entrare a conoscere il suo lavoro può avvicinarsi a quella di un labirinto, dov’è inevitabile trovarsi dinanzi molte strade e non sapere quali prendere, perché tutte importanti e stimolanti, con il risultato finale di perdersi. La sua produzione è talmente plurale, quasi un caleidoscopio, che tutte le componenti poetiche accrescono la suggestione di un’interpretazione infinita. Inoltre la ricchezza di potenzialità linguistiche può far pensare ad un’altra lettura, quella di un caleidoscopio che ruotando produce innumerevoli figure, per cui intrecciando i materiali la suggestività delle immagini si rinnova continuamente. La polivalenza dei momenti di Ponti sin dall’inizio del suo percorso, gli anni Venti, è ricchezza produttiva, ma anche intellettuale. Facendo un parallelo espressivo e comportamentale si potrebbe affermare che Ponti articola una poetica democratica rispetto ai linguaggi, come farà in seguito Andy Warhol. Lavorando in tutti i territori dell’espressività e facendoli suoi, attraverso intuizioni e tecniche innovative, l’architetto-designer milanese ha scelto di operare in tutte le situazioni e in tutte le condizioni del fare progettuale. Questa apertura gli è costata la “rimozione” dall’universo purista e formalista dell’epoca, dominata dall’assolutismo razionalista. Si potrebbe dire che Ponti è invece un architetto “irrazionalista”, aperto a tutte le esperienze e a tutte le fughe dalle strutture condizionate da un internazionalismo astratto e vuoto. La sua forza è stata di “costruire” di volta in volta un mondo, così da non seguire una linearità impersonale, ma totalmente personale. Di fatto si è imposto come un cuneo impazzito e sorprendente in una cultura architettonica e industriale che, credendo in un generico programma che oscillava dal commerciale allo stilistico, era sorda e ostile alla forza dirompente dell’immaginario incontrollato e, quasi, incoerente. Se a contare è il gioco delle dissonanze e dei salti linguistici, come si potrà allora riconoscere un’identità di Ponti? Anche nell’incoerenza si pone una coerenza e nel disarticolato si può trovare un’articolazione che scaturiscono soltanto dal senso di insieme della mostra. L’atteggiamento ‘irrazionale’ e ‘negativo’ che Ponti ha professato a una lettura storica si impone come un momento di massimo sforzo liberatorio.
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Lo stesso si potrà dire dell’accelerazione ‘consumista’ e ‘generalista’ che impregna tutta la sua produzione. Il fatto di accettare o di promuovere qualsiasi committenza rivela una visione globale del design che non può vantare una posizione gerarchica rispetto agli oggetti e alla cose. Lo stesso si può affermare per la sua visione “sferica” del mercato e del territorio d’intervento, tanto che i suoi progetti spaziano in tutto l’arco delle cultura dall’Italia al Venezuela, dal Brasile al Canada, dagli Usa all’Iran. È forse il primo architetto, insieme a Le Corbusier e Mies van der Rohe, ad intuire la futura mondializzazione del design e dell’architettura, al punto tale da impegnarsi anche sui primi media di trasporto intercontinentali: le navi. In questa apertura rientrano le progettazioni che implicano una forte simbologia, quelle che riguardano una dimensione proiettiva economico-politica, spirituale e culturale: dal grattacielo Pirelli, Milano, 1956-1960, alla cattedrale della Gran Madre di Dio, Taranto, 1964-1971 e al Denver Art Museum, 1966-1972.
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Villa Planchart a caracas, 1955 (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives).
Come si svilupperà questa lettura all’interno dell’esposizione? Sarà possibile identificare dei filoni specifici quanto l’intreccio di Ponti? Di fatto la mostra sarà un arcipelago di isole, che rappresentano la molteplicità di luoghi ‘abitati’ da Ponti, ma al tempo stesso cercherà di darne un percorso cronologico, così da far sentire la sintonia con lo ‘spirito del tempo’. Pertanto si parte dagli anni Venti per arrivare alla sua ultima produzione, facendo sentire tutti i passaggi di soggetto quanto di scala, dalle ceramiche, porcellane e maioliche di Richard-Ginori ai mobili di radica, dai tessuti di
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Ferrari e Manifattura Jsa ai vetri di Venini, dalle collaborazioni con Fornasetti, Melotti e de Poli alle sedie e poltrone di Cassina. Insomma l’ipotesi è di compiere un viaggio nel mondo di Ponti, approdando nei vari porti del suo linguaggio che include i risultati iconici del suo fare, dalla parete e dalla finestra arredate alla superleggera, dalle posate agli argenti e agli smalti... mettendo in parallelo i modelli di interni e di architettura, da villa Planchart, Caracas, 1955, alla chiesa di San Carlo Borromeo, Milano, 1966, così da ricordare il livello di intervento dal micro al macro. Inoltre al fine di spettacolarizzare l’evento,
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Sedia Superleggera modello n. 699 per CaSSina, 1957. (Foto di niCola ZoCChi) (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives). poltrona per uFFiCi Vembi-borroughS di genoVa Con deCoraZioni di piero FornaSetti (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives). il grattaCielo pirelli in una FotograFia degli anni SeSSanta aCquerellata da gio ponti (Courtesy Gio Ponti ArChives. CoPyriGht Gio Ponti ArChives).
insieme alla famiglia Ponti si è pensato di ricostruire una porzione del pavimento realizzato per gli uffici del Salzburger Nachrichten, 1976, che, con la sua forte cromaticità, evidenzia la potenza visuale dell’equivalenza tra colore ed architettura. Un mosaico di tasselli creativi e produttivi che vivono di diversità e di sorpresa. Si incontrano e si scontrano con una fluttuazione irregolare e poetica, quasi impossibile da definire. Un ritratto dove le varie componenti artigianali e industriali, dai dipinti agli smalti, dalle maioliche alla macchina da caffè Pavoni, 1948, sono in contemporanea sullo stesso volto al punto tale che si è sentita l’esigenza di creare una stanza-studio dove la figura di Ponti potesse essere percepita sullo sfondo della sua città, Milano. Quasi una pittura a tridimensione dove in piano s’incontrano i progetti, modelli o disegni, dal primo palazzo Montecatini, 1936-1938, al Grattacielo Pirelli, quanto i suoi tavoli da lavoro e le sue librerie, mescolate sui muri con disegni e schizzi, mentre nei mobili si trovano vasi e argenti, e in un’altra parte la collezione dei suoi libri, come Amate l’architettura, 1957, e delle riviste, da lui fondate, Domus e Stile. Una wunderkammer personale dove saranno presenti anche film e video che lo vedono protagonista, insieme ai suoi oggetti, come la “sedia di poco sedile”, 1971, o i servizi di ceramica Pozzi, 1967. L’idea è anche di segnalare, in mostra, la potenzialità scientifica degli archivi Ponti, sia per quanto riguarda la documentazione fotografica, sia le lettere e i disegni, che rendono magiche le ‘espressioni di Gio Ponti’, titolo anche della mostra a Milano. Inoltre per far comprendere la ricchezza di interventi in città si è deciso di fornire una mappatura degli edifici milanesi, da via Randaccio, 1925, alla chiesa di San Francesco al Fopponino, 1961-1964. Tale percorso sarà concretizzato con guide e visite, in collaborazione con gli studiosi del Politecnico di Milano, così da diffondere ‘per strada’ il linguaggio di Ponti.
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ALCUNE novità PRESENTATE ALL’ULTIMA kermesse milanese, AMBIENTATE IN UN IMMAGINARIO scenario newyorkese. UNA breve raccolta CHE TESTIMONIA LE CARATTERISTICHE DEL SISTEMA made in Italy, CONTENITORE DI qualità, internazionalità, NEI SUOI DIVERSI ASPETTI, E unicità; FATTORI OGGI RILEVANTI
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virtual location di Mozart Italia di Nadia Lionello
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Sulla parete, GlaSS FlowerS amber, decoro in moSaico di vetro delle collezioni GloSS, aria, vetricolor e Smalto. deSiGn di carlo dal bianco per Bisazza. contenitori SoSpeSi con ante aSimmetriche in eSSenza olmo e laccate combinate, edizione 2011 del SiStema 505. deSiGn di nicola Gallizia per Molteni&C. aliSter, tavolo tondo o rettanGolare in criStallo temperato Fumè con piano biSellato; le Gambe biSellate e molate Sono Smontabili e FiSSate al piano con piaStre in acciaio. deSiGn di Jean-marie maSSaud per Glas. ara, Sedia con braccioli impilabile in polipropilene Stampato, adatta per indoor e outdoor. deSiGn di JorGe penSi per Pedrali. lunatic, lampada a SoSpenSione a luce led in alluminio e metallo, proGettata e prodotta da inGo Maurer.
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P-frame, libreria da centro stanza, con cornice strutturale metallica sui due lati verniciata bianca, mensole lignee a forte sPessore con un’anta scorrevole laccate bianche o finitura titanio. design di christoPhe Pillet Per Porro. husk, Poltrona, con Pouf, nella versione con Poggiatesta con scocca rigida in materiale Plastico riciclato, cuscino traPuntato rivestito in Pelle o tessuto e base in legno finitura rovere naturale o grigio o laccato nero. design di Patricia urquiola Per B&B ItalIa. synaPse, sistema a ‘cellule’ a forma trilobata, in Policarbonato, con sorgenti led Programmabili di tiPo rgb; è Possibile comPorre a Piacere suPerfici luminose continue, a sviluPPo orizzontale o verticale Per mezzo di un disPositivo ad incastro. design di francisco gomez Paz Per lucePlan.
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Wig, lampada a sospensione con diffusore composto da ‘petali’ in metallo curvato verniciato bianco lucido e disco diffusore inferiore in metacrilato satinato. design di chris hardy per Fontanaarte. claydon, tavolo tondo con base in alluminio pressofuso a sezione triangolare, verniciata con finitura extra-lucida anti-touch e piedini regolabili con piano in legno mdf laccato lucido, impiallacciato rovere o in marmo. design di rodolfo dordoni per Minotti. ventura, poltroncina con basamento in legno massello e seduta in poliuretano integrale o poliuretano flessibile stampato con prerivestimento in fibra di poliestere e rivestimento finale in pelle o tessuto. design di Jean-marie massaud per PoliForM. hole, camino free standing bifacciale in gesso con bruciatore a bio-alcool. design di carlo colombo per antonio luPi.
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Recline cyclette della linea PeRsonal, con disPlay Visioweb integRato con connessione ad inteRnet, touch scReen PeR e-mail, accesso tV, iPhone e con softwaRe wellness system technogym PRogRamma di allenamento attiVabile con chiaVetta PoRtatile e consultabile anche a distanza. design di antonio citteRio PeR Technogym. bulb, lamPadaRio comPosto da gRandi bulbi a luce indiRetta a fluoRescenza comPatta su una stRuttuRa in metallo. PRogettato e PRodotto da Tom Dixon. bukVa, libReRia a moduli VeRticali con stRuttuRa PoRtante in tubolaRe d’acciaio da fissaRe a PaRete, Pannelli fRontali in lamieRa d’acciaio di diVeRse dimensioni e fissati a diVeRse PRofondità; è VeRniciata bianco o neRo e a Richiesta nei coloRi Ral a catalogo. caRteR di coPeRtuRa in lamieRa d’alluminio VeRniciata negli stessi coloRi. design di ViktoR VasileV PeR Living Divani.
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EntaillEs, divano carattErizzato da ‘tagli’ frontali pEr alloggiamEnto di tavolini (pEr lEggErE, scrivErE, lavorarE, bErE, mangiarE) con divErsE profondità di sEduta E altEzzE di schiEnalE, rivEstito in divErsi tEssuti in colori a contrasto combinati. dEsign di philippE nigro pEr Ligne Roset. la linEa dElta, sEriE di lampadE da parEtE a lucE lEd con corpo tubolarE in alluminio prEssofuso E vErniciato. dEsign di ron gilad pEr FLos.
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ATTorno aLLa TavoLa LUOGO DELLA SOSTA, DELLO SCAMBIO, DELLA CONFIDENZA, DELL’incontro conviviale, MA ANCHE DELLA PRIVATEZZA E DELL’intimità. IRRINUNCIABILI: UN BEL tavolo, COMODE sedute, luce CALDA E BUON CIBO di Nadia Lionello foto di Simone Barberis
MENTISSE, TAVOLO CON STRUTTURA IN LAMIERA DI ACCIAIO VERNICIATA BIANCO OPACO, CANNA DI FUCILE O NERO RAMATO E PIANO IN CRISTALLO NEL COLORE DELLA STRUTTURA. DESIGN DI MARIE-CHRISTINE CORNER PER ZEUS. LA DO, LAMPADA DA TAVOLO A LUCE DIFFUSA IN VETRO SOFFIATO LAVORATO A LUME. TRASPARENTE, OPACO PER IL DIFFUSORE. PROGETTATA E PRODOTTA DA MASSIMO LUNARDON. ROSITA, ACHILLE E ISILDE PICCOLI VASSOI IN MULTISTRATO DELLA COLLEZIONE LE BOUDOIR DI IBRIDE.
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MESA PRIMA, TAVOLO DI PICCOLE DIMENSIONI CON PIANO IN CRISTALLO E GAMBE IN TUBOLARE DI ACCIAIO MONTABILI CON UN’UNICA VITE. DESIGN DI ALVARO CATALAN DE OCON PER BORELLA DESIGN. DELLA COLLEZIONE T.A.C DI WALTER GROPIUS, PIATTI IN PORCELLANA BIANCA CON DECORO DINAMIC. DI ROSENTHAL STUDIO LINE. ICARO, LAMPADA A SOSPENSIONE O DA APPOGGIO, ADATTA ANCHE PER OUTDOOR, IN TONDINO DI ACCIAIO VERNICIATO O CROMATA PER INDOOR. DESIGN DI BRIAN RASMUSSEN PER MODOLUCE. DAG&NAT THUNDER, TAPPETO CM 160X240 O CM 195X300 IN PURA LANA LAVORATA A TELAIO, CON DISEGNO STAMPATO. DESIGN DI PETRA LUNDBLAD-FRIDÉN PER KASTHALL.
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Treis, lampada a sospensione, con corpo in alluminio imbuTiTo verniciaTo lucido, diffusore in meTacrilaTo TexTurizzaTo. design di benjamin HuberT per kundalini. arisToTele, Tavolo in ferro maisTral TinTo, adaTTo per ouTdoor e indoor. design di paTrice caramalli per decastelli. cork, collezione di sgabelli con seduTa in sugHero quadraTa o Tonda e gambe in legno robinier in due alTezze. design di xavier clocHard cloc design per tallulah.
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Croissant, poltronCina in massello di faggio naturale o sbianCato Con seduta imbottita e rivestita in panno, tessuto, pelle o eCopelle. design di emilio nanni per billiani. pretaporter, elemento Colonna autoportante del sistema Componibile provvisto di mensole mobili in diverse larghezze, in legno laCCato bianCo o nero. design di rosaria rattin per so. vas, Caraffa in vetro soffiato a boCCa disegnata da todd braCher e toniC beaCh, biCChieri in polyCristal速, design di Classeon koivisto rune per italesse.
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roofer, lampada a sospensione con telaio in metallo ed elementi componibili gomma semirigidi in tre colori. design di benjamin Hubert per Fabbian. bloom, lampada a sospensione nella nuova forma ellittica con struttura in policarbonato trasparente ricoperta da fiori in tecnopolimero termoplastico colorato in massa. design di ferruccio laviani per kartell. gHer, tavolo tondo con piano in mdf goffrato bianco e gambe in legno tinto wengĂŠ. design di lievore, altHerr e molina per arper. origami, set da tavola in porcellana della collezione a la carte. design di platt & young per rosenthal studio line.
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inout 824 tx, Poltroncina imPilabile con struttura in tubolare di alluminio verniciato bianco oPaco, con seduta intrecciata in Pvc bianco lucido. design di Paola navone Per gervasoni. Ponza, Poltroncina con struttura in legno e seduta imbottita e rivestita in Pelle. design di gordon guillaumier Per frag. taika, sottoPiatto in gres Porcellanato con decoro stamPato design di klaus HaaPaniemi Per iittala. sabrina, sedia monoblocco in materiale termoPlastico stamPato con tecnologia gas-moulding, con finitura oPaca o traslucida effetto vetro acidato. design di marcello ziliani Per casprini.
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Discreto per carattere, distaccato per scelta, Konstantin Grcic non transi Ge sul senso reale Delle cose e Del fare Desi Gn. oG ni suo pro Getto ha una precisa ragione d’essere che n on fa mai Della semplicità uno s tile. c ome Dimostran o Gli ultimi pro Dotti Dise Gnati per plank e azucena
DesiGner per vocazione di Cristina Morozzi
Avus, lA nuovA sedutA disegnAtA dA KonstAntin grcic per Plank, si propone come unA rivisitAzione rAdicAle del clAssico dA lounge. lA bAse rigidA in Abs è prodottA come unA scoccA termoformAtA twin-sheet, rinforzAtA dA un’AnimA di schiumA poliuretAnicA. lA rigidità dellA bAse contrAstA con lA flessibilità dellA scoccA superiore costituitA dA un singolo foglio dello stesso mAteriAle. l’imbottiturA con rivestimento in pelle viene infilAtA sullA pArte superiore dellA scoccA in un sol pezzo, utilizzAndo unA tecnologiA diffusA nellA produzione di bAgAgli. propostA per il contrAct mA Anche per lA cAsA, Avus può essere prodottA in un’AmpiA gAmmA di combinAzioni di colori.
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È
un progettista che possiede un senso eroico del mestiere. Lo vive e lo patisce con tutto se stesso. Fare il designer, non rappresenta per lui esercitare una professione migliore di un’altra, è il suo modo di essere in quanto persona. Dopo la scuola fece uno stage da un falegname per imparare a restaurare i mobili antichi. Costruire i mobili è stata per Konstantin una vocazione precoce e determinata, un’attitudine iscritta nel suo DNA. Seguirla gli ha consentito di raggiungere una invidiabile pienezza esistenziale: possiede la certezza di fare ciò cui si sentiva predestinato. Questa consapevolezza è la ragione del suo tranquillo distacco dalla concitazione contemporanea e, forse, è anche all’origine (a parte la disposizione caratteriale) della inviolabile discrezione che lo induce a tenere separata la sua vita personale, della quale poco o nulla si sa, da quella di lavoro. “La misura delle cose” afferma “è molto importante. E i mobili rappresentano la misura intermedia che mi si confà”. La pratica del design come vocazione riverbera sui suoi progetti
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una decisa impronta etica. In un clima diffuso d’indifferenza e accondiscendenza sembra abbia fatto propria l’esortazione a indignarsi di Stephane Hessel (Indignatevi, Add editore, 2011) “Nel design” dichiara “ci vuole un atteggiamento molto deciso. Collaborare con qualcuno è sempre il risultato di una scelta molto precisa. Non sono un tipo da comizi, ma ritengo di esprimere un’attitudine forte con quanto decido di fare, o non fare. Fare meno è una testimonianza, è un modo di pronunciarsi”. Dalla corsa al moltiplicare si astiene per concentrarsi sul senso reale delle cose. Ogni suo progetto ha una precisa ragion d’essere e nasce da un processo, verificato in ogni suo stadio, nello studio di Monaco, dove il fare con le mani ha un ruolo decisivo di controllo. Lo irrita che la semplicità, così preziosa e difficile da raggiungere, sia divenuta uno stile. Chair One di Magis, già divenuta una icona contemporanea, rappresenta una reazione alla banalizzazione che ha distrutto la purezza della semplicità.
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Concentrato, dedicato con totale partecipazione ad ogni progetto, distante, per scelta, dal vocio mediatico, isolato nel suo studio di Monaco di Baviera, città esclusa dal circuito delle capitali, severo nelle scelte, accanito difensore dell’autonomia dei suoi spazi che preserva dalla intrusioni, è considerato uno dei designer più talentuosi. Colleziona riconoscimenti. L’ultimo in ordine di tempo è ‘Designer dell’anno’ a Design Miami 2010. “Miami non è il mio mondo”, confessa, “però l’esperienza è stata positiva. L’equipe dei curatori della manifestazione, tutti molto giovani, mi è parsa molto professionale. Mi hanno commissionato un pezzo speciale per l’evento. Ho realizzato una installazione per esterni con la quale il pubblico poteva interagire e questo per me è stato motivante. Il mio mondo, comunque,
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sono l’industria e il prodotto seriale. L’unica eccezione è rappresentata da Kreo. Lavorare per una galleria” argomenta “offre una maggior libertà. Il design industriale è sempre vincolato a qualcosa: al materiale, alle tecnologie, ai committenti, agli utenti. Nel lavoro con una galleria, più della libertà, è importante la possibilità di collaborare con artigiani dotati di competenze molto speciali. I progetti su piccola scala con gli artigiani servono ai designer e alle aziende per proiettare in avanti i propri traguardi”. Poiché siamo in clima di Salone del mobile di Milano è ineluttabile affrontare i suoi nuovi progetti. Tra questi ce ne sono due che gli stanno particolarmente a cuore. Un pezzo per Azucena e una nuova sedia per Plank. “L’estate scorsa” racconta Konstantin “ho iniziato a lavorare per Azucena. Mi ha commosso la richiesta di progettare per questa azienda storica, che non ha mai utilizzato altri designer se non il suo fondatore Luigi Caccia Dominioni e saltuariamente Ignazio Gardella.
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Nella pagiNa accaNto, dall’alto: bracciale della collezioNe graN prix, coN classico motivo a cateNa, iN oro giallo o biaNco. Biegel, 2003. iNstallazioNe per esterNi a desigN miami 2010 iN occasioNe del coNferimeNto a grcic del premio ‘desigNer of the year’.
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seduta chair oNe iN fusioNe di allumiNo. Magis, 2004. iN basso, acceNto, set di posate iN acciaio. serafino Zani, 2009.
tavoliNo blow iN vetro di muraNo. estaBlished&sons, 2010. moNza, sedia coN braccioli iN legNo coN schieNale iN plastica. Plank, 2009.
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A sinistrA: ChAise longue KArbon ChAir in fibrA di CArbonio. edizione limitAtA di 12 esemplAri, Galerie Kreo, 2008. sotto: lAmpAdA portAtile mAydAy. Flos, 1999, CompAsso d’oro 2001. in bAsso, dA sinistrA: divisorio mobile entre-deux, azucena, 2011; 360°, sediA dA lAvoro, unA viA di mezzo trA un sediA e uno sgAbello su Cui è possibile sedersi in vAri modi, MaGis, 2009; sCrivAniA pipe dellA Collezione Muji ManuFactured by thonet, 2009.
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Sotto: oSorom, Grande pouf in materiale plaStico compoSito con motivo traforato, Moroso, 2002. in baSSo, da SiniStra: eS, Scaffale in leGno, MoorMann, 1999; Seduta Sultan e tavolini Galata e takSim in marmo di carrara, Marsotto Edizioni, 2010.
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kons tantin grcic
Mi sono subito chiesto cosa avrei potuto fare per una collezione così armonica e completa, dove ogni pezzo nasce da un’idea molto precisa e personale. Ho allora pensato ad una specie di paravento di piccole dimensioni, realizzato in un materiale riflettente (alluminio), un oggetto quasi astratto la cui ragione d’essere è il riflettere l’esistente, pensato non tanto per avere una sua identità, quanto per delimitare uno spazio attorno alla storica sedia Catilina”. Marta Sala, nipote di Caccia Dominioni, che con la sorella Anna gestisce Azucena, manifesta un’analoga partecipazione emotiva. “In Konstantin” dichiara “ho riconosciuto quella verità che anche lo zio possiede, quella motivazione alla perfezione che porta al dialogo con gli artigiani. Ho ereditato un mondo impegnativo che è ancora di grande modernità e sono consapevole di doverlo rinnovare. Konstantin, per il suo design fuori dallo stile, mi è parso la persona adatta. Da parte sua è stato bello porsi in modo così discreto. Sono certa che il suo paravento darà una lettura nuova alla collezione”. Per Plank ha disegnato una nuova seduta. “Creare una sedia è sempre una sfida”, sostiene Grcic. “Ogni sedia ha la sua personalità. Credo sia possibile farne sempre di nuove, perché le sedie
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sono come gli esseri umani, una differente dall’altra. Le sedie seguono i mutamenti delle società. Da sole bastano per scrivere la storia del design, ma anche per raccontare delle varie culture. Sono capace di disegnare sedie, non perché ne sappia di più, ma perché passo molto tempo a pensare al loro progetto e so cosa osservare di esse. Disegnare prodotti quotidiani è bello, perché rappresentano una cosa molto reale con cui la gente ha una stretta relazione”. Avus è una seduta lounge per l’ospitalità, domestica e contract, caratterizzata da una soluzione sorprendente basata sul rapporto tra l’elemento rigido della scocca e la seduta interna morbida. La scocca inferiore in materiale plastico è realizzata con la tecnica Twin sheet che deforma il materiale sino a farlo diventare strutturale. L’accoppiamento tra la seduta rigida e l’interno morbido è risolto prendendo a prestito la costruzione delle valigie e facendo ricorso all’applicazione di una cerniera. Michael Plank, che affianca nell’azienda di Bolzano Martin, nipote del fondatore, segue personalmente i progetti di Grcic, collaboratore assiduo dal 2003; è affascinato da Avus e scommette che sarà un successo, come, del resto, lo sono tutti i loro prodotti disegnati da Konstantin.
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l a cucina rel azional e
l o spazio che prima era prepos to al trattamento funzionale degli alimenti diventa un luogo in cui l’individuo attiva nuove connessioni con la sua vita e i suoi valori di Stefano Maffei
Con il progetto Jeux Cuisine la designer franCese Charlotte BroCard mette a punto una serie di gioChi da tavola per insoliti pranzi, in Cui il Cibo diventa mezzo per Creare Connessioni tra i Commensali.
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E.T./ElEcTric TablE di Christiane hoegner. la sEmplicE prEsEnza di prEsE ElETTrichE fa di quEsTo Tavolo un oggETTo mulTifunzionalE.
L
a cucina è uno dei luoghi dell’esperienza umana in cui la ricerca e la sperimentazione di idee, estetiche e processi ha fatto convergere valori, modi di vita, saperi disciplinari tecnici e scientifici, processi del lavoro, oggetti e strumenti. Proprio per questo motivo è stata uno degli oggetti di progetto caposaldo del movimento moderno. Margarete Schütte-Lihotzky con il suo attento sguardo aveva infatti indagato, negli anni Venti del secolo scorso, la relazione propositiva tra abitazione, artificializzazione dell’ambiente e dei prodotti e funzionalizzazione delle attività e dei
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comportamenti umani: la sua ricerca l’aveva condotta alla creazione del modello della Frankfurter Küche, archetipo ancor oggi riconoscibile in tante cucine componibili attuali. Ma dietro la sua proposta c’era anche la definizione di un idealtipo di uomo, città e vita che oggi paiono senz’altro superati dalla complessità e articolazione dell’esperienza del quotidiano contemporaneo. La nostra relazione con il cibo è infatti sempre più connessa con una serie di dimensioni del cambiamento cognitivo, sociale, culturale ed economico sia individuale che collettivo: il cibo
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Sopra: Work&LeiSure TabLe di Valentin engler, Marius Morgerand, daniel groliMund. iL TavoLo è doTaTo di preSe eLeTTriche e di un piano di ScorrimenTo che ne permeTTe iL doppio uTiLizzo: per mangiare e per Lavorare. accanTo: SingLe perSon cooker di alex Bradley è concepiTo come un SiSTema per cucinare per una SoLa perSona. è compoSTo da un piano di coTTura, un TagLiere, degLi uTenSiLi e uno Schermo con conneSSione Wi-fi.
rappresenta un universo identitario e valoriale che attraverso creatività, ricerca e sperimentazione produce una miriade di espressioni a cavallo tra arte, ritualità e performance, nuove forme di produzione e distribuzione alimentare, innovative esperienze sensoriali-degustative, pratiche di attivismo sociale e culturale sino ad arrivare al gioco e all’intrattenimento. Il rapporto con il cibo ha insomma travalicato i tradizionali confini di campo generando una pluralità di livelli e connessioni con le nostre vite. Ed è proprio attorno a questi spazi di confine che i luoghi, le attività e gli artefatti stanno cambiando: non più quindi cucina come luogo del
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trattamento funzionale degli alimenti ma spazio in cui avviene la generazione di nuove relazioni con la vita dell’individuo, i suoi valori, il suo fare. In questo senso è interessante vedere come il concetto di cucina funzionalista e specializzata sia sostituibile da attivatori di relazioni con il cibo. È il caso del tavolo E.T. Electric Table di Christiane Hoegner (http://www.christianehoegner.com/), dove la semplice presenza di una serie di prese elettriche incassate fa del tavolo un oggetto che definisce attorno a sé uno spazio non specializzato, in cui si mescolano differenti attività di lavoro, svago e anche preparazione alimentare. Lo stesso vale per il Work&Leisure Table di Valentin Engler, Marius Morgerand,
Daniel Grolimund (http://alleinwohner.ch), che all’intuizione precedente aggiunge la possibilità di una doppia configurazione permanente per la funzione del tavolo: da una parte luogo dove si mangia e dall’altra luogo dove si lavora. Questi progetti invitano a una riflessione sulla natura delle attività e degli spazi che sono propri dell’abitare contemporaneo. Suggeriscono mobilità, flessibilità abitativa, spazi indivisi e scarsi, continuità vita-lavoro. In questo si caratterizza anche la proposta del minikitchen kit Single Person Cooker di Alex Bradley (http:// www.alexbradleydesign.co.uk/) costituito da un piano di cottura, un tagliere, degli utensili e uno schermo (con connessione wi-fi per connetersi al
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web durante le operazioni di preparazione). La sua scatolarità minimale lo rende una tipologia originale, intermedia tra l’elettrodomestico e la minicucina, un oggetto adatto a convivere con l’arredamento di spazi che non sono primariamente dedicati al cucinare. Anche la proposta di Kristine Bjaadal (http://kristinebjaadal.wordpress.com/) occupa uno spazio concettuale: Underfull è infatti una tovaglia che trasforma il gesto maldestro del versare non intenzionalmente un liquido su di un tavolo apparecchiato in un atto di poesia. La trama decorativa nascosta del tessuto si rivela infatti solamente quando un liquido, casualmente versato, ne attraversa la superficie.
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la cucina relazionale
Allo stesso modo, Charlotte Brocard (http://www.onnejouepasatable.com/) lavora sulla dimensione relazionale del cibarsi: Jeux Cuisine è una serie di giochi da tavola che usa il pasto come abilitatore di scambi personali, momento di condivisione e interazione, alterando le abituali e più consolidate regole dello stare a tavola e rendendo il pasto un momento diverso, di svago e puro divertimento. Dagli ambienti agli artefatti. Tutto diventa relazionale, mitiga e cambia le prospettive funzionaliste: l’immateriale diventa il protagonista delle strategie di evoluzione del design intorno al cibo, equilibrando gli eccessi del materiale nell’era dell’iperofferta.
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Il dIsegno della tovaglIa UnderfUll dI Kristine Biaadal sI rIvela solamente qUando Un lIqUIdo, casUalmente versato, ne attraversa la sUperfIcIe. all’evolUzIone dello spazIo cUcIna e deI sIgnIfIcatI del cIbo è dedIcato Il volUme FoodMood dI stefano maffeI e barbara parInI, electa 2010.
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Rodolfo Dordoni e Alfredo Häberli: Due noti Designe R (e abili cuochi) A conf Ronto con i lo Ro ultimi progetti per la tavola ReAlizz Ati DA Knindustrie e georg Jensen
Bell o quoti Diano
di Maddalena Padovani
La coLLezione Foodwear di rodoLFo dordoni per KnIndustrIe è composta da varie tipoLogie di pentoLe con manico sganciabiLe che si trasFormano in eLeganti contenitori da portata. neLLa pagina accanto, un dettagLio deLLa Finitura esterna coLor bronzo deLL’acciaio inox 18/10.
U
n sottile filo rosso lega gli ultimi progetti di Rodolfo Dordoni e Alfredo Häberli in tema di cibo, tavola e design. Un filo che unisce la Sicilia, dove Dordoni trascorre molto tempo delle sue vacanze ricreando sapori genuini nella grande cucina della sua casa di Vendicari, e la Svizzera, dove, a Zurigo, Häberli abita e lavora e nel tempo libero ama invitare gli amici a casa e preparare per loro, assieme alla moglie Stefanie, grandi cene piene di sorprese. Questi progetti non trattano di sociologia e antropologia del cibo, come è di moda fare negli ultimi tempi, ma parlano di bellezza, buon gusto, stile, qualità e piacere della vita. E raccontano, con semplicità ed efficacia, del vissuto personale e della sensibilità più intima dei due progettisti.
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Entrambi amano cucinare e coltivano una loro visione estetica della tavola. Nel caso di Alfredo, questa è fortemente radicata nella storia della sua famiglia: nonni albergatori, padre ristoratore, mamma cuoca. “Sono praticamente cresciuto in cucina” spiega il designer “imparando i trucchi dell’arte culinaria ma anche le regole per la preparazione della tavola, quelle che oggi, purtroppo, tendono a essere dimenticate. Nessuno si ricorda, per esempio, che le forchette devono essere posizionate con i rebbi rivolti verso il piano, un’usanza dovuta all’antica presenza delle cifre del proprietario sul dorso delle forchette. Mentre in Oriente sono ancora molto forti e vive determinate tradizioni (si pensi alla cerimonia del tè), in
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Occidente la cultura della tavola rischia di perdere i suoi riferimenti più antichi”. Da queste riflessioni nasce il progetto della collezione Alfredo di accessori per la tavola disegnati per Georg Jensen: caraffe, ciotole, saliera, pepiera, posate da portata e utensili vari, con cui la storica azienda danese amplia, in chiave contemporanea, la collezione di oggetti disegnati dai Maestri della modernità e getta le basi di un’operazione di rinnovamento del marchio. Coerente con la storia e la filosofia di quest’ultimo, Häberli ha pensato a una serie di oggetti scultorei: prodotti utili e pratici, ma soprattutto piacevoli sul piano estetico, capaci di valorizzare e riempire visivamente la tavola anche quando questa viene sparecchiata e gli utensili perdono la loro funzionalità più diretta. Essenziali ma allo stesso tempo morbide, asciutte ma non troppo concettuali, eleganti ma non tanto da sembrare ‘cool’, le forme degli oggetti vengono esaltate dall’uso di materiali contrastanti: l’acciaio inossidabile innanzitutto, punto di forza della produzione Georg Jensen, e poi il vetro, il legno, la porcellana, il tessuto, calibrati e combinati per scaldare l’immagine del prodotto pur senza ricorrere ad alcun espediente decorativo, semplicemente giocando sulla bellezza del segno. Un approccio molto simile contraddistingue il progetto della collezione di pentole Foodwear disegnate da Rodolfo Dordoni per il nuovo marchio KnIndustrie. L’obiettivo, in questo caso, è nobilitare l’immagine dei prodotti in modo da permetterne un doppio uso: in cucina ma anche in tavola. E l’obiettivo viene efficacemente raggiunto grazie allo studio ergonomico, formale e materico effettuato da Dordoni che, oltre a essere un ‘creatore di sobria eleganza contemporanea’, è un abile cuoco e conosce personalmente le esigenze di chi cucina. Spiega il designer: “Ho lavorato essenzialmente su tre elementi. Innanzitutto i manici a pinza che si sganciano dal bordo delle pentole, che in questo modo assumono un ingombro minimo quando vengono riposte e si liberano del loro aspetto più tecnicistico nel momento in cui si trasformano in contenitori da portata. In secondo luogo, i coperchi in vetro e in acciaio, dotati di un ampio pomolo dalla forma particolare che permette di utilizzarli capovolti e di trasformarli in alzatine per portare in tavola quiche, torte e piatti di vario genere. Infine, la finitura esterna dell’acciaio inox, che grazie a una speciale lavorazione assume un caldo color bronzo e attribuisce alle pentole una suggestiva matericità”. La collezione comprende padella, casseruola e tegame (a cui presto si aggiungeranno altri tipi di pentole), ma anche innovativi accessori che mixano e reinventano le funzioni del mondo della tavola, come i contenitori in sughero che tengono in caldo le vivande e la tajne con coperchio in vetro (realizzato con il riciclo della parte superiore delle damigiane) che può essere usato anche come lanterna porta candela. Rigorosi e lineari nel disegno, tutti gli elementi assumono una forte caratterizzazione grazie ai grandi bordi a sbalzo che ne ottimizzano l’ergonomicità e ne fanno oggetti belli da toccare, vedere e usare. “Del resto”, precisa Dordoni, “il compito del designer è tradurre la tecnologia in gusto, creare piacevolezze, atmosfere, sapori”. Da assaporare con gli occhi e, in questo caso, anche con il palato.
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La coLLezione aLfredo di aLfredo HäberLi per GeorG Jensen è composta da vari eLementi per La tavoLa: caraffe, oLiera, saLiera, piatti e posate da portata, reaLizzati in materiaLi diversi (acciaio, porceLLana, vetro e Legno) cHe enfatizzano Le forme scuLtoree degLi oggetti.
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La seduta OssO prOgettata da rOnan e erwan BOurOuLLec per Mattiazzi è pensata per Lasciare emergere La naturaLe sensuaLità deL LegnO, daL rOvere aLL’acerO aL frassinO. è La stessa quaLità deL materiaLe, che invita ad essere tOccatO, a ‘fare’ L’OggettO. (fOtO studiO BOurOuLLec)
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ogg etti a pezzi di Stefano Caggiano
La trama connessa e frammentata de L mondo-web si rispecch ia in una nuova concezione estetica, fatta di prodotti ‘imperfetti’, non piĂš finiti e ch iusi, che rive Lano La Loro logica strutturale ed esibiscon o Le Loro antitesi interne
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La seduta scomponibiLe Robo di Luca nichetto peR Offecct si ispiRa aL video “aLL is fuLL of Love” deLLa cantante bjoRk, in cui aLcuni Robot assumono foRme di vita umana. La Logica stRuttuRaLe in paRti, paRagonabiLe a queLLa deL meccano, peRmette di imbaLLaRe L’oggetto in 50x50x20cm, sposando i vaLoRi aziendaLi di tuteLa ambientaLe. (foto inventaRio massimo gaRdone)
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e interruzioni e le incoerenze a cui ci espongono oggi sciami di post, notifiche e chiamate cellulari stanno plasmando a fondo il nostro apparato cognitivo, e, con esso, le estetiche che produciamo e apprezziamo. Solo tenendo conto di questo sfondo irrequieto è possibile dar conto della probità estetica di sedute come Robo di Luca Nichetto per Offecct, Bihstro di Damien Bihr per Bihrd, o, ancora, Einn della designer islandese Erla Sólveig Óskarsdóttir per Ames, oggetti ‘a pezzi’ pensati per il severo ambito contract, che pur osando nella forma si sviluppano all’interno di un severo rigore tecnico-progettuale. La seduta di Nichetto, frutto di una ricerca estremamente approfondita, è concepita come un robot-meccano i cui pezzi si possono imballare in
pochissimo spazio, oltre ad essere realizzata in legno multistrato e feltro pressato ricavato da bottiglie di PET riciclate. Dal canto suo la sedia di Bihr, grazie all’applicazione del Phase Change Materialis, è in grado di immagazzinare calore di giorno e rilasciarlo di notte. Il progetto della Sólveig Óskarsdóttir, infine, di provata tenuta commerciale, presenta una linea solida ed organica eppure leggera e spezzata. Sulla spettacolarità molto accentuata puntano invece le lampade loS! progettate da Angela Jansen, Marcus Mastenbroek e Patrick Schuur per Crealev, in cui la parte superiore del paralume ‘levita’ in aria grazie a una coppia di elementi magnetici inseriti l’uno nella base e l’altro nel componente levitante.
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Sopra: La Lampada LoS #2, diSegnata da angeLa JanSen, marcuS maStenbroek e patrick Schuur, impLementa un meccaniSmo magnetico prodotto da Crealev che permette aLLa parte Superiore deLL’oggetto di Levitare reStando SoSpeSa in aria.
Ma l’uso dell’estetica a pezzi trova il suo impiego più recente e significativo nel nuovo progetto pensato dai fratelli Bouroullec per Mattiazzi, Osso, una sedia interamente in legno capostipite di una serie che includerà anche poltrona, sedia per bambini e sgabelli. La seduta nasce dall’assemblaggio di elementi dalle forme levigate e naturali come gli ossi di seppia di Montale, al pari di questi scevri da sovrastrutture concettualmente ingombranti ed ecologicamente non sostenibili. Il disegno, rispettoso del materiale fino all’abnegazione, lascia così emergere la naturale sensualità del legno, facendo in modo che il materiale parli da solo. “Lavorare con Mattiazzi”, dicono Ronan e Erwan, “è paragonabile a lavorare con un’azienda agricola biologica”: le sofisticate
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accanto: iL principio deLLa Levitazione magnetica appLicato aLLa Lampada LoS #1 di angeLa JanSen per Crealev.
apparecchiature a controllo numerico che hanno reso possibile l’assemblaggio del progetto sono infatti alimentate ad energia solare, mentre ai legni, reperiti nelle aree circostanti l’azienda udinese, vengono evitati trattamenti chimici adulteranti. Va da sé che in epoca 2.0 la presenza di una struttura a pezzi può derivare anche dall’implementazione di una sensibilità di matrice digitale all’interno di un oggetto fisico, come nel progetto Grid del koreano Jeong Jaebeom, una seduta ‘a griglia’ il cui telaio in acciaio permette il libero inserimento del piano seduta e degli altri elementi ergonomici, in un gioco mobile di componimento (o del suo contrario) che lascia apparire in trasparenza la logica e l’estetica dell’oggetto, che qui coincidono senza residui.
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la seduta Bihstro di damien Bihr per Bihrd. può assorBire l’eccesso di temperatura durante il giorno, e rilasciare il calore di notte. la lampada lovely legs di Magpies, collettivo di designer londinese specializzato nel recupero e nella rigenerazione semantica di vecchi moBili dal tratto iconografico tradizionale.
il progetto ‘l’etreinte’ di elise gaBriel, ospitato alla galerie gosserez di parigi, consiste in tavoli, sedie, lampade realizzati in zelfo, un nuovo materiale composto da cellulosa che in fase acquosa presenta un alto grado di plasticità.
Ma già si parla di web 3.0, che nella sua ultima versione si prevede dotato di una capacità di discernere i nostri gusti così evoluta da poter fare a meno di noi, nel senso che non occorrerà una nostra decisione per scegliere le cose che ci piacciono. Questo scenario, per ora solo ipotetico, appare tuttavia in filigrana a una condizione reale, perché già oggi sono i supporti di memoria digitale a conservare al nostro posto le informazioni che definiscono chi siamo. E nella misura in cui questi supporti sono remoti e distribuiti nella nuvola del cloud computing, altrettanto sparse e delocalizzate si fanno la memoria e l’identità, frammentate e diffuse come la nostra stessa mente, che, secondo Derrick De Kerckhove, sociologo e direttore del Programma McLuhan in Cultura e Tecnologia, diventa coestensiva all’intero web, mescolata alle menti altrui coinvolte nello stesso processo di ‘allargamento’. Ciò che vediamo rispecchiato nelle estetiche a pezzi di oggetti come la lampada da tavolo Lovely Legs, ideata e prodotta dal londinese Furniture Magpies, specializzato nella rigenerazione semantica in chiave contemporanea di vecchi mobili, o la serie L’Etreinte di Elise Gabriel, composta da sedie, tavoli e lampade realizzati in Zelfo, un nuovo materiale a base di cellulosa estremamente adattabile in fase liquida, è un mondo popolato da brani di memoria linkati ma sparpagliati tra i cui pensieri materiali si aggirano oggetti-misfits, ‘disadattati’, che alla tipologia
risolta preferiscono lo stadio non finito, quando la chiusura della forma non è ancora avvenuta e le cose possono essere altre da ciò che sono. La compulsione cognitiva a non arrestarsi a ciò che si è, ma a cercare il proprio senso nell’ulteriore, sta davvero modellando il gusto estetico del nostro tempo. Gli psicologi cognitivi rilevano come su internet (ma lo stesso vale per il mondo reale) sia più facile andare alla ricerca di nuove informazioni piuttosto che riflettere su come combinare quelle già a disposizione. Portare a compimento una ‘forma’ (cognitiva o materiale) richiede dedizione e, quindi, una scelta definitiva. Ma impegnarsi fino in fondo in un’unica direzione viene avvertito come qualcosa di noioso, se non addirittura pericoloso, perché a fronte delle tante opportunità offerte dall’iper-mondo connesso e frammentato limitarsi a una sola opzione vorrebbe dire precludersi tutte le altre. Questo non è mai stato un mondo tranquillo in cui vivere. Ma ciò a cui assistiamo oggi è un grado di creatività e instabilità mai raggiunto in precedenza. Tanto che l’epifania estetica non viene più cercata nella coerenza sintetica, ma nella convivenza dell’antitetico. La forma non è più un contenitore che perimetra la materia ma un attivatore nervoso che apre la fragilità delle cose per tenerle connesse a ciò che non sono. Oggetti non più ‘perfetti’, quindi (dal latino ‘perfectum’ = fatto, finito, chiuso), ma presenze inquiete, instabili, trepidanti.
la seduta einn di erla solveig ÓskarsdÓttir per aMes, caratterizzata da una linea semplice ma spezzata. il telaio è in acciao satinato; sedile e schienale sono in materiale plastico resistente ai raggi uv.
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Le sedute deLLa serie Grid deL desiGner coreano Jaebeom Jeong espLorano iL rapporto tra Le forme Generate aL computer e Le forme cLassiche di oGGetti tradizionaLi, proponendo una orGinaLe soLuzione in cui La LoGica funzionaLe e L’estetica deLL’oGGetto coincidono perfettamente.
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Luce anno zero di Valentina Croci
Lampade che evocan o, con n os ta Lgia o ironia, Le tipologie del passato. ma anche sperimentazioni di nuove forme e ibridazioni funzionali. c h iusa L’era de LL’incand escenza, si apron o orizzonti t utti nuovi per i L progetto dell’illuminazione
Kelvin, disegnata da antonio Citterio Con toan nguyen per Flos, interpreta la tradizionale lampada da tavolo a braCCio Con diffusore piatto e sorgente a led. presentata nel 2010, già rappresenta un Capostipite della nuova era dell’illuminazione domestiCa.
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Sopra, da SiniStra: double C-Future di Ingo Maurer, Con moduli FleSSibili di oled appliCati a un’eStetiCa di impatto; la lampada Giulia di CatellanI&SMIth, Frutto della riCerCa di enzo Catellani nei led e nei GioChi di luCi ed ombre, realizzata in metallo niChelato e FleSSibile.
È
la lampada da tavolo panama diSeGnata da euGadeSiGn per oMIkron. realizzata in alluminio Con riFlettore in poliCarbonato antiabbaGliamento, naSConde nelle preStazioni del led il riChiamo alla memoria.
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un simbolo nell’immaginario collettivo: metafora di idea, invenzione, genialità. La lampadina a incandescenza (vietata dal primo gennaio 2011) ha influenzato la configurazione degli apparecchi illuminanti e il modo in cui queste forme sono radicate nella nostra memoria. Celebre l’omaggio all’invenzione di Edison di Ingo Maurer che, dalla Bulb Lamp (1966) a Lucellino (1992), fa della sua sagoma l’elemento espressivo dell’oggetto. Analoghi, anche se concettualmente differenti, Luminator (1954) e Lampadina (1972) di Achille Castiglioni per Flos, in cui il dispositivo elettrico identifica il prodotto, al di là dell’esserne una componente.
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Gli apparecchi con sorgenti tradizionali, non solo quelle a incandescenza, vincolano il loro aspetto alla presenza del diffusore, alla necessità di aree per dissipare il calore, alla struttura di riflessione e al cavo di alimentazione. Gli oggetti finora realizzati hanno dato un vestito, sia pur funzionale e altamente tecnologico, a sorgenti e componenti canonizzate. E hanno contribuito a consolidare archetipi formali come la lampada a paralume o da tavolo ‘a braccio’, il cui capostipite è l’Anglepoise dell’inglese George Carwardine (1932). La messa al bando delle incandescenti favorisce l’impiego delle fluorescenti compatte, le cosiddette a risparmio energetico, e delle nuove lampadine a led che, grazie alla ricerca di aziende come Osram e Philips Lighting, emulano le vecchie sorgenti sia nella forma sia nella temperatura di colore della luce.
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Questi dispositivi sono avvitabili al posto dei precedenti per consentire il ‘retrofit’: l’adeguamento di prodotti obsolescenti attraverso nuove tecnologie e senza intervenire in modo cospicuo sulla loro struttura. I bulbi a led, dunque, celano la propria essenza in favore del riferimento al passato. Per la maggiore qualità e il prezzo più competitivo, le aziende stanno investendo molto sui led nel settore domestico decorativo. Si assiste contemporaneamente all’adeguamento dei best seller a catalogo con le nuove sorgenti e a famiglie di prodotti che ricalcano le tipologie tradizionali. Fino a replicare il bulbo stesso dell’incandescente, nonostante di esso non ci sia che l’aspetto esteriore. Tra gli esempi, le lampadine sospese su fili metallici di Hoi Polloi, design Ingo Maurer, e Led is More di Davide Groppi che richiama quei cavi solitari a soffitto in attesa di lampadario.
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In alto: Santa & Cole propone BlancoWhIte, una famIglIa dI oggettI lumInosI che utIlIzzano led lumIsheet, prIma ImpIegatI solo nella cartellonIstIca. a destra: la pIantana Balance dI frItsch-assocIés per axo light, Basata su un fIlIforme gIoco dI pesI e contrappesI In accIaIo e allumInIo; la lampada da tavolo halo dI KarIm rashId per artemide, con dIffusore orIentaBIle, Base e stelo In metallo vernIcIato, anello dIffusore In gomma sIlIconIca. nella pagIna accanto, da sInIstra: la lampada da terra Katana, desIgn valerIo comettI per itre, che unIsce aI led Il suono grazIe al pacchetto tecnologIco sensaI che dIaloga con I fIle audIo deI dIsposItIvI Bluetooth nell’amBIente; la lampada sospesa dI omar carraglIa e davIde groppI per davide groppi, costItuIta da un foglIo dI luce led dI solI 10 mm dI spessore.
Nonostante i led siano molto diversi nella componentistica, potenzialità e performance della luce, vengono usati come le altre sorgenti e con prodotti che nella forma ci appaiono famigliari. Da sempre, le innovazioni tecnologiche necessitano di lunghi periodi per essere ottimizzate dai progettisti e recepite dagli utenti. Dall’altro lato, la conclusione di un ciclo come questo delle incandescenti, può portare ad attaccarsi alla memoria. Ad essere nostalgici. Ecco il perché di molte lampade che richiamano forme archetipiche e retrò. Per contro, ci sono apparecchi che partono proprio da questo assunto culturale e che giocano con ironia sugli elementi più prevedibili – la forma, la gestualità, i materiali – per indurre un effetto di sorpresa e straniamento. Oltre alle tipologie degli apparecchi, anche il modo di illuminare gli ambienti è rimasto lo stesso.
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lampada a sospensione Giò di Nemo- CassiNa lightiNg. diseGnata da anGeletti Ruzza desiGn e Realizzata con coRpo in alluminio e diffusoRe in policaRbonato, smateRializza l’oGGetto evidenziando la soRGente luminosa a led. sotto: la lampada da tavolo flo di fosteR+paRtneRs peR lumiNa, con bRaccio Ruotabile a 120° sulla base e testa Ruotabile a 270°.
caio, lampada da tavolo della collezione alvaline di ViaBizzuNo, desiGn maRio nanni, con base ciRcolaRe in alluminio su cui si innesta un pRofilo in alluminio illuminato a luce continua con led. la base è pRovvista di un led blu che Rimane sempRe acceso e peRmette di tRovaRe la lampada al buio. sotto: la lampada edGe di amanda levete peR estaBlished & soNs, una saetta supeRpiatta e leGGeRa che impieGa la soRGente oled lumiblade di PhiliPs peR una luce senza abbaGliamento. e a bassa emissione.
Siamo soliti usare luce diffusa per tutta la stanza, spesso a soffitto, e integrarla con abat-jour, lampade da tavolo e lumi vari puntandoli dove serve. I led, invece, vanno progettati con altre funzioni e competenze. Servono conoscenze di elettronica per l’ottimizzazione del circuito e una preparazione sulle problematiche tecniche e di dissipazione del calore dei materiali. Perché la sorgente non ha emissione di infrarossi come l’alogena e quindi non scalda, ma l’alimentatore elettronico sì. I led non hanno né forma né ingombro predefiniti, come nel caso delle fluorescenti o le alogene. E non c’è più solo la sorgente ‘a puntino’, ma strisce e superfici intere, che permettono di creare geometrie, anche irregolari, dalle dimensioni pressoché infinite. Le potenzialità della tecnologia risiedono negli effetti di chiaro/scuro e in un utilizzo più libero: le sorgenti possono essere applicate a elementi d’arredo, creando oggetti ibridi e multifunzionali. Come Blanko di Santa&Cole: tipologie indefinibili di superfici d’appoggio che smaterializzano la luce e negano i consueti corpi illuminanti. L’ottimizzazione del led corrisponde a un tipo di illuminazione per zone e orientata.
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In alto: SerpentIne d I GabI peretto per Fontanaarte, lampada a SoSpenSIone dalla forma SInuoSa e plaStIca che alloGGIa 270 led lunGo la SuperfIcIe InferIore. accanto: Javelot macro, lampada da terra a led per eSternI dI odIle decq per LucepLan. è artIcolata In tre ‘GIavellottI’ lumInoSI che SI IncrocIano medIante un GIunto aSImmetrIco montato Sullo Stelo. a lato: top four table dI alberto baSaGlIa e natalIa rota nodarI per Luxit. la luce è GarantIta da 4 led da 1 watt ad alta potenza, che permettono dI IllumInare ScrIvanIe e tavolI da lavoro.
Come nella lezione dei Paesi nordici, la luce nell’ambiente non è diffusa ma puntuale e specifica rispetto all’uso: più calda e dimmerabile per il riposo e la lettura, con accenti sulla scrivania o sul tavolo da pranzo. È l’uso appropriato della sorgente che conferisce sostenibilità e risparmio delle risorse. Nonostante dei led siano note le ridotte dimensioni, la lunga durata, il basso consumo energetico, l’alta resa nei cicli di accensione/spegnimento, nonché le minori emissione nell’ambiente, è da considerare che una lampada, se usata impropriamente, riduce molto la sua durata rispetto al previsto. E, una volta che la fonte si esaurisce, si butta via. Con il problema dello smaltimento e del riciclo delle sue componenti.
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l a nuova eTĂ
Cinderella Table, disegnaTo da Jeroen VerhoeVen e realizzaTo, da gvm Con una maCChina a ConTrollo numeriCo, da un bloCCo di puro marmo sTaTuario di Carrara. edizione limiTaTa di 8 pezzi. sullo sfondo, maglia Tridimensionale in marmo bianCo di Carrara, dal progeTTo marblelaCe di paTriCia urquiola per budri. foTo di alberTo parise.
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dell a pieTra
Marmi e pietre naturali vivono una rinasci Ta esTeTica e Tecn ologica. nella terza dimensione. Macch ine a con Trollo nuMerico ani Mano le superfici di textures a rilievo, plas Mano Mobili e ogge TTi in sinuositĂ inaTTese E spessori ultrasottili. Ăˆ la nuova fron Tiera del design litico: pieTre co Me Tessu Ti lapid ei, onici co Me quadri preziosi, Mar Mi co Me pizzi rica MaTi con scar Ti di lavorazione. l a sostenibile leggerezza del Mar Mo di Katrin Cosseta
concentrico, di paolo ulian per le fablier, tavolo componibile in marmo di carrara tagliato con tecnologia waterjet. edizione in serie numerata.
sullo sfondo, dalla natura collection di antolini, rivestimento in granito impala black, texture zebra, in lastre da 130x250 cm, spessore 2-3 cm.
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1. CLÉ, DI CÉDRIC RAGOT PER YMER&MALTA, TAVOLINO IN MARMO DI CARRARA BIANCO (O NERO), EDIZIONE LIMITATA DI 8 ESEMPLARI. 2. THIN, DI PAOLO ULIAN PER F65, SEDIA CON STRUTTURA IN LAMIERA RIVESTITA DA UN SOTTILE STRATO DI MARMO. 3. TILTINO, DI THOMAS SANDELL PER MARSOTTO EDIZIONI, TAVOLINO IN MARMO BIANCO DI CARRARA, FINITURA LEVIGATA. 4. SUNSHARE, DI EMMANUEL BABLED, POLTRONA DALLE LINEE FLUIDE IN MARMO BIANCO DI CARRARA. EDIZIONI STUDIO BABLED. SULLO SFONDO, PAGINA ACCANTO, DECÓ, DI DENIS SANTACHIARA PER MARMI GHIRARDI, RIVESTIMENTO IN MARMO STATUARIO BIANCO CON TEXTURE TRIDIMENSIONALE REALIZZATA DA UN SISTEMA COMPUTERIZZATO A CONTROLLO NUMERICO. PROPOSTO IN DUE MODULI DA 80X50 CM SPECCHIATI.
5. STONE TREE PANEL, DI MICHELE DE LUCCHI CON ANGELO MICHELI E PHILIPPE NIGRO PER PIBA MARMI, PANNELLI DIVISORI IN PIETRA SENAPE TRAFORATA, SUPERFICIE SETA GREZZA.
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6. WABI DI PAOLO ULIAN. TAVOLINO REALIZZATO UNENDO TRA LORO IN MODO IRREGOLARE PICCOLI FRAMMENTI DI LISTARELLE DI SCARTO DA DIVERSI TIPI DI MARMO. PROTOTIPO.
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1. shiro, di enzo berti per kreoo by decormarmi, libreria con piani in larice spazzolato e schienale e divisori in diversi tipi di marmo: GriGio saint marie, onice velluto, bianco sivec o bianco estremoz. 2. lampade della linea cubic square e pyramid, diseGnate e prodotte da mt&s. la collezione è realizzata in onice yellow tiGer, marmo statuario venato, onice white Gold vein e onice rosa backliGht.
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sullo sfondo, jewels, di ferruccio laviani per citco, parete composta da un mix di onici naturali di oriGini diverse cesellati con forme varie ad esaltare nuances e trasparenze.
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3. tuba, lavabo freestanding di carlo colombo per Antoniolupi, nella versione in marmo nero realizzata da itAlmArble pocAi. 4. vasca da bagno in travertino dalla collezione le cave sistema uno, di emanuel gargano e marco fagioli per vAselli.
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5. quark, di emmanuel babled per edizioni nilufAr, tavolino basso in marmo nero. sullo sfondo tasca, di lucchesedesign per mArmi e grAniti d’itAliA sicilmArmi, rivestimento da parete che crea delle tasche traforate per l’inserimento di verde, in pietra di ponente granigliato.
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1. ciuri, dalla collezione lithea, lavabo freestanding di marco piva per mgm furnari, in marmo bianco di carrara. 2. pipa, di carlo colombo per antoniolupi, lavabo a centro stanza in marmo di carrara. sullo sfondo, rivestimento in pietra serena dal concept nuance di raffaello galiotto nato dalla collaborazione tra lithos Design e il Casone. texture vello realizzata con macchine a controllo numerico.
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3. vaso caso/vesuvio disegnato da el ultimo grito e realizzato da up group in marmo bardiglio nuvolato. 4. extrawall, reinterpretazione in marmo bianco di carrara dell’ omonimo divano di piero lissoni per living divani. pezzo unico realizzato da gemeg. 5. infinity bench, di paolo armenise e silvia nerbi per Franchi umberto, composizione di sedute modulari per arredo urbano, in tre differenti moduli realizzabili con i pezzi residui del taglio dei grandi blocchi, in varie tipologie di marmo: bianco gioia, bardiglio, zebrino, calacatta.
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1. marble plates, disegnati e prodotti da victoria wilmotte, piatti-vassoi in marmo di carrara, savoy blue e crema michelangelo. 2. oasi, di enzo berti per kreoo by decormarmi, sedute in travertino paglierino e travertino noce sabbiato con sedile in legno di frassino termo-trattato. sullo sfondo, di savema, linea organic texture, lastra in marmo in finitura zebrino deep grooved. 3. onsen, di rodolfo dordoni per salvatori, vasca da una collezione bagno completa in lithoverde, innovativo materiale ecocompatibile, composto al 99% di scarti di marmo e all’1% di una resina naturale. 4. void, di a+a cooren per ymer&malta, tavolino in marmo bianco di carrara o nero. edizione limitata di 8 pezzi. 5. plato alto, di jeff miller per cerruti baleri, colonna contenitore ricavata da un unico blocco di marmo nero marquina. sullo sfondo, dalla collezione mida’stone di benetti stone philosophy, gotico, rivestimento e pavimento in marmo yuna dark con decoro inciso argento.
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102 / INservice INdirizzi AGAPE srl Via Pitentino 6 46037 GOVERNOLO DI RONCOFERRARO MN Tel. 0376250311 Fax 0376250330 www.agapedesign.it www.agapecasa.it info@agapedesign.it ALFREDO SALVATORI srl Via Aurelia 395/E 55046 QUERCETA LU Tel. 0584769200 Fax 0584768393 www.salvatori.it info@salvatori.it AMES August- Horch Strasse 7-9 D 56637 PLAIDT Tel. +49 2632 700890 www.ames-design.com info@ames-design.com ANTOLINI LUIGI & C. spa Via Marconi 101 37010 SEGA DI CAVAION VR Tel. 0456836611 Fax 0456836666 www.antolini.it al.spa@antolini.it marketing@antolini.it ANTONIO LUPI DESIGN spa Via Mazzini 73/75 50050 STABBIA DI CERRETO GUIDI FI Tel. 0571586881 Fax 0571586885 www.antoniolupi.it lupi@antoniolupi.it ARPER spa Via Lombardia 16 31050 MONASTIER DI TREVISO TV Tel. 04227918 Fax 0422791800 www.arper.it info@arperitalia.it ARREDAMENTI RIPAMONTI Via Francesco Daverio 14 22063 CANTU’ CO Tel. 031712447 ARTEMIDE spa Via Bergamo 18 20010 PREGNANA MILANESE MI Tel. 02935181 nr verde 800 834093 Fax 0293590254 www.artemide.com info@artemide.com AXO LIGHT srl Via Moglianese 44 30037 SCORZÈ VE Tel. 0415845193 Fax 0415845060 www.axolight.it axolight@axolight.it AZUCENA srl Via Passione 8 20122 MILANO Tel. 02798527 Fax 02780718 www.azucena.it info@azucena.it B&B ITALIA spa S. Provinciale 32, 15 22060 NOVEDRATE CO Tel. 031795111 Fax 031791592 www.bebitalia.com info@bebitalia.com BABLED EMMANUEL STUDIO Via Paul Cézanne 5 20143 MILANO Tel. - Fax 0258111119 www.babled.net info@babled.net BENETTI STONE PHILOSOPHY STUDIO BM2 Via Matteotti 40/C 28060 GRANOZZO NO Tel. 032155374 Fax 032155330 www.benettistone.com info@benettistone.com BIEGEL JEWELLERYDESIGN Börsenplatz 13-15 D 60313 FRANKFURT AM MAIN Tel. +49 69285908 Fax +49 691310043 www.biegel.biz info@biegel.biz BIHRD www.bihrdness.eu BILLIANI srl Via della Roggia 28 33044 MANZANO UD Tel. 0432740180 Fax 0432740853 www.billiani.it info@billiani.it
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DAVIDE GROPPI srl Via P. Belizzi 22-20/A 29122 PIACENZA Tel. 0523571590 Fax 0523579768 www.davidegroppi.com comunica@davidegroppi.com DECASTELLI Via del Commercio 16/18 31041 CORNUDA TV Tel. 0423638218 Fax 042383467 www.decastelli.com info@decastelli.com DRIADE spa Via Padana Inferiore 12 29012 FOSSADELLO DI CAORSO PC Tel. 0523818618 Fax 0523822628 www.driade.com info@driade.com DUPONT™ CORIAN® Via Piero Gobetti 2/c 20063 CERNUSCO SUL NAVIGLIO MI Tel. 02926291 - nr verde 800 876750 Fax 0292107755 www.corian.it ESTABLISHED & SONS 5-7 Wenlock Road UK LONDON N1 7SL Tel. +44 20 76080990 Fax +44 20 76080110 www.establishedandsons.com info@establishedandsons.com F65 Viale Domenico Zaccagna 49 54036 MARINA DI CARRARA Info@f65.it FABBIAN ILLUMINAZIONE spa Via Santa Brigida 50 31020 CASTELMINIO DI RESANA TV Tel. 04234848 Fax 0423484395 www.fabbian.com comunicazione@fabbian.com FLEXFORM spa Via L. Einaudi 23/25 20036 MEDA MB Tel. 03623991 Fax 0362399228 www.flexform.it info@flexform.it FLOS spa Via Angelo Faini 2 25073 BOVEZZO BS Tel. 03024381 Fax 0302438250 www.flos.com info@flos.com FONTANAARTE spa Alzaia Trieste 49 20094 CORSICO MI Tel. 0245121 Fax 024512560 www.fontanaarte.it info@fontanaarte.it FORNASETTI C.so Matteotti 1/A 20121 MILANO Tel. 0289658040 Fax 026592244 www.fornasetti.com gallery@fornasetti.com FRAG srl Via dei Boschi 2 33040 PRADAMANO UD Tel. 0432671375 Fax 0432670930 www.frag.it frag@frag.it FRANCHI UMBERTO MARMI srl Via del Bravo 14 54033 CARRARA MS Tel. 058570057 Fax 058571574 www.franchigroup.it fragroup@tin.it FURNITURE MAGPIES www.furnituremagpies.com info@furnituremagpies.com GALERIE GOSSEREZ 3, rue Debelleyme F 75003 PARIS Tel. +33612299040 www.galeriegosserez.com contact@galeriegosserez.com GALERIE KREO 31, rue Dauphine F 75006 PARIS Tel. +33 153102300 Fax +33 153100249 www.galeriekreo.com info@galeriekreo.com GALLERIA NILUFAR Via Spiga 32 20121 MILANO Tel. 02780193 Fax 0276007657 www.nilufar.com agira@nilufar.com
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INTERNI maggio 2011 INGO MAURER GMBH Kaiserstrasse 47 D 80801 MUNCHEN Tel. +49 89 3816060 Fax +49 89 38160620 www.ingo-maurer.com info@ingo-maurer.com ITALESSE srl Via dei Templari 6 - Località Noghere 34015 MUGGIA TS Tel. 0409235555 Fax 0409235251 www.italesse.it italesse@italesse.it ITALMARBLE POCAI Via Massa Avenza 85 54100 MASSA Tel. 0585855353 KARTELL spa Via delle Industrie 1 20082 NOVIGLIO MI Tel. 02900121 Fax 029053316 www.kartell.it kartell@kartell.it KASTHALL AB Box 254 SE 511 23 KINNA Tel. +46 320205900 Fax +46 320205901 www.kasthall.com info@kasthall.se Distr. in Italia: PVM Piazza S.Giacomo 14 20034 GIUSSANO MB Tel. 0362 351280 Fax 0362 351177 brunoped@tin.it KNINDUSTRIE Via Antonini 87 25068 SAREZZO BS Tel. 0308935235 Fax 0308935250 www.knindustrie.it KNOLL INTERNATIONAL spa Piazza Bertarelli 2 20122 MILANO Tel. 027222291 Fax 0272222930 www.knoll.com www.knolleurope.com italy@knolleurope.com KREOO by DECORMARMI srl Via Duca d’Aosta 17/e 36072 CHIAMPO VI Tel. 0444688311 Fax 0444688380 www.kreoo.com info@kreoo.com KUNDALINI srl Via F. De Sanctis 34 20141 MILANO Tel. 0236538950 Fax 0236538964 www.kundalini.it info@kundalini.it LE FABLIER spa Via del Lavoro 2 37067 VALEGGIO SUL MINCIO VR Tel. 0456372000 Fax 0456372001 www.lefablier.com info@lefablier.it LIGNE ROSET - ROSET ITALIA srl C.so Magenta 56 20123 MILANO Tel. 0248514007 Fax 0248022388 www.ligne-roset.it info@ligne-roset.it LITHOS DESIGN Via del Motto 25 36070 SAN PIETRO MUSSOLINO VI Tel. 0444687301 Fax 0444687398 www.lithosdesign.com info@lithosdesign.com LIVING DIVANI srl Strada del Cavolto 22040 ANZANO DEL PARCO CO Tel. 031630954 Fax 031632590 www.livingdivani.it info@livingdivani.it LUCEPLAN spa Via E.T. Moneta 40 20161 MILANO Tel. 02662421 nr verde 800800169 Fax 0266203400 www.luceplan.com info@luceplan.com LUMINA ITALIA srl Via Casorezzo 63 20010 ARLUNO MI Tel. 029037521 Fax 0290376655 www.lumina.it info@lumina.it
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N. 611 maggio 2011 may 2011 rivista fondata nel 1954 review founded in 1954
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Nel prossimo Numero 612 iN t h e Next issue
iNteriors&architecture nuovi habitat e nuove visioni New habitats a Nd New visioNs
iNprofile andrea branzi: independent buzz design
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InternI maggio 2011
INtopics
ed Itor Ial
p. 1
Behind every great project there is always a great personality. Not always (or not only) the person who imagines and designs things, but also those who take risks and make a commitment to give them concrete form and life. History teaches us: the Italian design phenomenon would never have happened without enlightened figures who have believed and invested in the visionary ideas of designers. This particular interpretation that underlines the close link between design culture and industry is the focus of the fourth edition of the Triennale Design Museum, curated by Alberto Alessi and entitled “The Dream Factory”. We’re covering it in this issue for a number of reasons: because it is an exhibition full of information and content, but also because its narrative formula, its way of telling that tale of the many histories of business and Italian design, links up to the path taken by Interni with the major events of April: that of creating ‘creative short-circuits’ between the culture of doing and that of design, to identify new territories of research and innovation. On a different scale, no longer gauged to products but to microarchitectures or macro-objects created by outstanding international architects, the installations of Interni offer experimentation on processes, forms and materials, which thanks to their temporary character are able to outline directions not yet explored for the development of real production. Awaiting the coverage in the June issue of the results of the experimentation ‘triggered’ by the latest Interni exhibition “Mutant Architecture & Design”, we concentrate on other innovative aspects of the latest design offerings: the revolutionary lamp typologies using LED technology, for example, or the original applications of marble and granite in the furnishings sector. The stories of design continue and are renewed, just like the emotions connected with them. Gilda Bojardi
INteriors&architecture l e Cube o ra Nge
p. 2 project Jakob + MacFarlane Architects photos Nicolas Borel, Roland Halbe text Antonella Boisi
In Lyon, a building for offices and retailers, newly built on the banks of the Saône and inserted in a project of renewal of the site: a work of architecture that makes research on color and a sensitive skin the material for synaesthetic experimentation. Quai Rambaud, Lyon. The multiple views on the banks of the Saône River, in the postindustrial context of the docks and industrial buildings of the old port, amidst sheds with names that reek of experience and a tough atmosphere, la Sucrière, les Douanes, les Salins, la Capitainerie, around the vision of the ‘orange cube’. Le Cube Orange, headquarters of the Cardinal real estate group and the RBC showroom, designed (2005-2011) by the French architecture studio Jakob + MacFarlane and developed by VNF (Voies Naviguables de France) in partnership with Caisse des Dépôts and Sem Lyon Confluence, is part of an important renewal program for this zone. Its new facades are arranged like a plot of pixel patterns in a rusty orange hue. A skin whose chromatic finish is similar to red lead paint, the traditional rustproofing used in port areas to stand up to humidity. It certainly does not allude to the physical decay of the material. “In fact, everything is designed to reproduce the fluid movement of the Saône with materials of the latest generation, laserperforated aluminium panels with a special thermal paint finish”, the designers explain. The examples of renewal of waterfront areas abound in international cities. Just consider the Marina Bay Sands in Singapore or the Shanghai Port International Cruise Terminal, concrete design opportunities aimed at revitalization of territories with different specificities. The added feature of this experimental architecture has to do with the sensitive treatment of the material and color of its skin, which become a set, key elements of narrative space, expressions of a relationship between open and closed portions. The two large openings in the wrapper, which ‘bend’ the regular structural grid (composed of concrete pillars with a height of five floors), and the staging of a surprising facade toward the river, represent the key points of the composition. The larger one forms an irregular tunnel that from the outside reaches the roof terrace, conveying all the potential of a transformation of material that encounters light and air. And not a wall. With an eye on creating an effect of emptiness, Jakob + MacFarlane have worked on a more detailed series of perforations or “mathematical disturbances”, subtracting mass in the form of three “conical” volumes on three levels: at the corner of the facade, on the roof and at the entrance level. This was a creative way to expand the internal space, to alternate the sense of the border and to provide unusual views outside, establishing a game of connections that are also rhythmical pacing, perceptive synaesthesia, sensory contamination. “These disturbances”, the designers explain, “produce very dynamic spaces and relations between the building and its users. The first establishes a direct visual relationship with the arch structure of the hall that functions as a buttress at the point of connection to the industrial shed with three bordering spans. The second is elliptical, and interrupts the regularity of the orthogonal load-bearing pillar-beam scheme at the corner of the new facade, forming the continuation of a large atrium created diagonally in the depth of the volume. The elevation, then, in this portion undergoes a slippage inward, where with the help of a series of balconies and walkways developed at different levels
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as connections to the office spaces, it lends itself to a highly mutable perception of geometries and views, depending on the vantage point of the observer. On the upper level the large terrace created on the flat roof completes the scenario with a large, spectacular viewing platform overlooking the city”. The RBC showroom is on the ground floor; reprising the same linguistic approach used for the architecture of the ‘cube’, it is conceived as an explicit fragment of the facade-window. “It encloses a symbolic ‘river’ in three dimensions”, the designers say, “that is translated into the long display wall with an L shape, cut by 60 ‘alveoli’, each unique in terms of size and geometry, to contain selected design pieces, giving a specific interpretation to each. The ordering element of the space, the wall unfolds and borders the path from the spectacular entrance to the more intimate spaces, open to the view of the river and defined by islands for the display of furniture and objects. The workspaces in the offices are bordered by platforms based on characteristics of transparency, light and viewing of the landscape outside. Because in the end everything operates in an inside-outside dimension, which starting with a special skin finds new potential for mutual interchange. - Caption pag. 3 In the evening, seen from the river, the illuminated building reveals all the charm of its pixel-pattern facade, lit up by the color and by two large openings, compositional ‘disturbances’ in pursuit of an effect of emptiness and lightness (photo Roland Halbe). - Caption pag. 5 The balconies and the extensive walkways for the four levels of office spaces generate a very dynamic perception of the whole (photo Roland Halbe). In the drawing, plan of a standard floor, marked by the grafting of the deep elliptical cut that breaks up the regularity of the orthogonal grid of the cube, producing protected hollowed spaces inside, all the way up to the roof. - Caption pag. 6 Above, the terrace created on the flat roof, conceived as a large, spectacular belvedere overlooking the urban panorama of Lyon (photo Nicolas Borel). In the drawing, the longitudinal section explains the connection between the new architecture and the industrial shed with three bordering spans, reflected in the entrance volume with a buttress form. On the facing page, the tunnel becomes a key feature of the architectural narrative, encountering light and air and expanding the sense of the borders of the internal space (photo Roland Halbe). - Caption pag. 7 The dynamic image of an internal window that seems to be caught in the skin of the wrapper, formed by digitalized aluminium panels cut with lasers and finished with a special thermal paint (photo Roland Halbe). - Caption pag. 8 The long display wall with 60 alveoli of the RBC design showroom on the ground floor of the building, using the same linguistic approach applied to the architecture of the facade of the orange cube (photo Nicolas Borel). Each ‘alveolo’, of unique size and geometric form, contains an iconic piece of reference for the international design scene, creating a specific interpretation (photo Nicolas Borel).
SCout SpaCe p. 10 project Claudio Molina Camacho, Daniel de la Vega Pamparana, Eduardo Villalobos Fornet photos and text Sergio Pirrone In Santiago, Chile, the Scout Space, a multifunctional space for Boy Scouts, designed and built inside the scholastic park of Saint George’s College, becoming an integral part of it. On a tight budget, architecture can still become synonymous with reaction and experimentation in a given context. Chile raises its boys like a proud father, but some are luckier than others. Mass public schooling won’t take a youngster beyond his conditions of poverty, while elite private schooling makes ties that will help throughout a lifetime. In a territory about 4000 km long, with just 17 million inhabitants, there are as many 50 private architecture schools. A dense constellation that forms its own network of social relationships and collaborations, Chile’s upper crust achieves a favorable symbiosis between the university and the world of work. Claudio Molina, Daniel de la Vega and Eduardo Villalobos are friends, and they have that admirable sense of sharing that is still so widespread in a South America that has never stopped growing. The three men are young and talented. They have recently begun to do professional practice, a marvelous and difficult pursuit, often at the borders of the production circuit. They teach and study, work for other architects and enter competitions, working through long nights on sips of maté and hope. As in the case of the competition for the Scout Space organized by Saint George’s College, in the Vitacura district, a zone where two of the architects spent their childhood. This was a good opportunity, and their first constructed work is the result of a contest with 13 other projects. It won due to its simple program and original approach. The small world of participation of the Boy Scouts would gain a new meeting place inside the campus park, between the promontory, the canal and the woods. Two multifunctional halls, five storerooms, a barbecue area, an outdoor accessorized space for 300 persons, an indoor facility for 150. Nature in Chile is a landscape lived with great respect, in which human intervention is often secondary and always minimal. So Claudio, Daniel and Eduardo thin out the woods, remove the eastern shore of the pond and maintain the continuity between the promontory, the view of the school and its courtyards, and the city beyond the oak grove. The architecture splits the program into two large volumes clad with plywood boards measuring 24x9 cm, avoiding artificial concentrations and creating sustainable alternations. Built on a low budget, it marks the interiors with exteriors, white walls with black cuts, as the light forms bright diagonals in an empty, flexible space. The lower level encloses small dressing rooms and storerooms under the internal steps and the slope; the spaces then expand in the large amphitheater-workshop spaces above, two storeys in height. From the southeast the moods of nature penetrate the
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large windows formed by rectangular casements, climbing the slope and pouring into the multifunctional outdoor level sheltered by horizontal extensions of the roof. United but divided, the two lungs of this young work for young people breathe toward the west, where three semicircles formed by stone seating observe the figure of a wooden parallelepiped. A lookout turret and landmark, extending the gaze beyond the borders, offering a view below of the tents in which youngsters grow up. - Caption pag. 10 The two pavilions conceived as a new gathering place inside the scholastic park, between the promontory, the canal and the woods. - Caption pag. 12 The stepped interior facing toward the totally glazed facade, featuring rectangular casements, like an absolute frame for the view of Chilean nature. Overall view of the two volumes clad with plywood boards and interrupted by opens for light that underscore the continuity of the architectural wrapper. A two-storey space used as a workshop. Note the precise correspondence of the inner materic skin, in blanched wood, with the exterior. - Caption pag. 14 The multifunctional outdoor zone sheltered by horizontal extensions of the roof. The internal courtyard redesigns the figure of the architectural volumes and extends the gaze beyond its borders. On the facing page, three semicircles composed of stone seats, and a wooden parallelepiped that functions as an observation turret, form an inhabited installation in the outdoor space. Lateral view of the two large wooden volumes in relation to the slope of the woods.
House and tower
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project Giorgio Zaetta photos Alberto Ferrero text Virginio Briatore
In Rovinj, Istria, the restructuring of an 18th-century stone house, fully maintaining the original walls. No new structures contaminate the approach. The sober tower dwelling plays at revealing history and concealing technology. For those arriving by land, the best view of the tower house comes by descending from the Mons Rubineus, the ‘red mountain’ that seems to be the source of the name of the city, Rovinj, now in Croatia. The house, built on what was a fortified island until the 19th century, is a typical local structure with a vertical layout to take advantage of the space of the lot. Now known as Maison M, it has four levels facing the sea, and functions as a summer home for a French couple. The restructuring work supervised by the architect Giorgio Zaetta makes it a unique, minimalist space, where the design effort avoids altering the historical image. The excellent results are also due to the extraordinary relationship of trust established over the course of two years between the architect and the client. Giorgio Zaetta, with a degree from the IUAV in Venice, a native of Feltre, where his office is located, knows this coastline very well, thanks to his passion for sailing. The renovation project began by cleaning up and protecting the original walls, adding no new structures. An opening for light runs along the entire perimeter of the slabs, as if they were independent of the stone masonry that rises from the rocky coast to the roof. To stabilize the tower and improve its seismic resistance the original wooden slabs have been reinforced with lightened concrete, while metal reinforcements have been inserted in the thick stone walls, then sealed with ecological lime. The almost obsessive attention to detail focuses on the shiny finishings in stainless steel. The cantilevered staircase, supported by a reticular steel structure, is concealed by the paneling of the technical spaces on all levels. The risers and steps, in stainless steel with a thickness of just 1 cm, have a special interlock to permit assembly without welding. The handrail shifts from a rectangular to a square section, always offering a perfect grip. The electrical controls are hidden, set into the steel of the sides of the stoves, or inserted in the tables and bookcases. The rigorous linear design of the interiors is varied by the contrast between light and dark tones. At the level of the sea, accessed directly by means of a boat, an outdoor space has been created with a sink and a barbecue area for cleaning and cooking fish, closed by a grate in Cor-ten steel. This level is entirely set aside for guests, with a large kitchen that has been custom designed, like the furnishings, while the chairs and stools have been selected from the Luna series produced by Gandia Blasco. Excavation of the rocks by the sea, of limited depth to avoid penetrating below the water line and protected by a steel basin, contains the shaft for a special elevator that serves the entire house. The entrance to the house, with a wooden door from the early 1900s, restored and kept in its original color, is located along the Santa Croce road, and leads to the ground floor that contains the main kitchen and living area, opening to a balcony overlooking the water. This balcony replaces its predecessor, made at the end of the 1800s in masonry, with a new reinforced concrete slab and a light Cor-ten railing. The kitchen with its furnishings and table have been made by Italian craftsmen in oak and stainless steel, all designed by Giorgio Zaetta, who having worked for many years in the studio of Luciano Bertoncini in Treviso has in-depth knowledge of the furnishings system. This is undoubtedly the warmest space, in which the minimalism of the technical furnishings is balanced out by the wooden table and the seating by Hans J. Wegner, produced by Carl Hansen, and the Hanahana planter by Driade, designed by Kazuyo Sejima. The floors are in pressed cement, with microlighting using LEDs concealed in the border. Passing to the first floor one enters an atmosphere that is clearly more private, for study, work or relaxation. The open space is equipped with a large desk and custom cabinets; the bookcase has been designed to conceal the books on the back, becoming a support for a video installation by an Italian artist, while the TV screen is hidden when not in use
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by a low white container from which it can emerge. The second floor (the fourth starting from sea level) is set aside for the bedroom area, with a fine view of the roof with its wooden beams and trusses, now painted in pearl gray, windows of different heights and flooring in rigatino oak, selected plank by plank prior to cutting. The bed, with headboard and shelves, is in white painted wood, with a custom design, like all the bath accessories in DuPont Corian®. From the tub you can see the Adriatic, and realize how good it is to live, study and rest, soothed by the sound of the sea and the thousand stories the shores, small streets, churches and stones of the old town tell to those who know how to listen. - Caption pag. 16 Sunset seen from the balcony facing the sea, on the entrance level, with a wooden door on the opposite side, made in the early 1900s and now restored (facing page). An evocative interior view. Zelight Lamp by Miki Astori for Driade. - Caption pag. 18 The custom kitchen is equipped with built-in appliances by Miele, and has a Boffi exhaust hood. In all the spaces the micro-lighting, with LEDs concealed at the edge of the concrete floors, bathes the walls with light. The ceiling lamps are the Model 094 System by Mario Nanni for Viabizzuno. Below, the tower-house seen from the sea. On the facing page, the dining area forms a continuum with the kitchen. The custom table by Giorgio Zaetta is accompanied by seating by Hans J. Wegner produced by Carl Hansen. In the background, the Hanahana planter by Kazuyo Sejima for Driade. Below, the living area on the first floor, with the custom bookcase, the Polder divan designed by Hella Jongerius and the Eames Lounge Chair, all produced by Vitra. The video installation is a work by the Italian artist Luca Rento. - Caption pag. 20 The floor at sea level is entirely set aside for guests, with a large custom kitchen and armchairs and stools from the Luna series produced by Gandia Blasco. - Caption pag. 21 Above, another view of the convivial kitchen island for guests. To the side, the cantilevered staircase that does not interfere with the original stone masonry, and is supported by a concealed reticular structure in steel. The risers and steps in stainless steel have a thickness of just 1 cm and a special interlock for assembly without welding. The handrail shifts from a rectangular to a square section for a perfect grip. Raggio built-in lamps by Claudio Silvestrin for Viabizzuno. To the right, the outdoor space by the sea, with a stone sink and a barbecue, connected to the guest kitchen. - Caption pag. 22 Below, the windows at different heights frame views of the sea from every corner of the bedroom zone. A soft atmosphere with wooden beams and trusses, painted in pearl gray, and floors in rigatino oak. The bathroom forms a spatial whole with the zone of the master bedroom: fixtures from the Link series by Flaminia, with Vola faucets and Spoon XL tub by Benedini Associati for Agape. Shower and tub from the Minimal collection by Boffi, electric radiator by Thermal Technology. The custom parts are in DuPont Corian®. In the background, the bed with headboard and shelves in white painted wood. On the facing page, the landing of the elevator on the upper level, for the bedroom area with bath.
t ro pical mix p. 24 project Ong & Ong design team Diego Molina and Maria Arango, Camilo Pelaez photos Derek Swalwell text Alessandro Rocca 28 West Coast Grove: precious materials, fluid continuity of large soft spaces with filtered light, nature that plays a leading part. Space and comfort, intimacy and protection, in the tropical climate of Singapore. Combining the modern and the traditional, advanced and habitual technologies, the metropolitan meditation of the domestic spa with the age-old atmosphere of the water garden, inhabited by gigantic Japanese carp. In Singapore, home of an ultramodern future in the ancient and tropical Far East, the signs of a new koiné seem to multiply, a new language that includes and mixes elements of different origin. As often happens, the mixture takes on an original physiognomy, and the koiné becomes a new tongue. After all, we know that new things often appear when traditions lose their purity, and ideas arise from processes of contamination and crossbreeding, mixtures, overlaps. The architecture of the studio Ong&Ong often experiments with a sort of new international style suited to the needs and tastes of oriental clients. Founded in 1972 in Singapore, the studio has grown and now has over 500 staffers in Singapore, Malaysia, Vietnam, China, India and New York. It can handle projects of all kinds, from start to finish, parks and skyscrapers, housing developments and luxury renovations like that of 28 West Coast Grove. Considering the size of the firm, it is surprising how much care the Ong designers manage to put into certain projects, achieving levels of quality usually seen only in works of small and medium-sized offices where attention to detail, also developed in direct relationships with clients and suppliers, can be a rule and distinguishing characteristic of the work. Ong practices, then, together with other architects on the vast oriental scene, a modernism that has been adapted above all to questions of climate, where the management of air currents and natural light become true priorities. While classic modernism filled warm countries with sealed constructions, where artificial climate control was required 100% of the time, today the challenges of sustainability, in the warm, humid zones like these, impose a search for natural alternatives, and architects have gone back to studying traditional buildings, not out of interest in vernacular and historical styles, but to reproduce simple low-tech, low-cost solutions. The objective is control of the interior microclimate through mitigation of the sun’s impact and careful management of air flow to cool spaces naturally. In the transformation of the traditional house on West Coast Grove the designers of Ong – Diego Molina and Maria Arango – have created
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InternI maggio 2011 a project that is no longer just comfortable and elegant, but also decidedly more sustainable. The main goal was to increase natural lighting, through the opening of many skylights, letting it enter the entire house through screens of sandalwood. In the portico it slides through the spaces in the dense pattern of wooden slats. The ground floor is entirely filled by a large living area, with a dining table and folding partitions that can be opened to create a perfect sense of continuity with the “infinity Koi” pond and the small garden. The most luxurious area is the master suite, composed of the bedroom, a bath with areas for a hot tub and fitness space. - Caption pag. 25 The deep portico in front of the living area. The floor is in ivory Travertine, the ceiling in slats of wood. In front, the Koi aquatic garden. Cellini divan, table and chairs from Modern Living. - Caption pag. 27 The wooden slats filter the light from the large portico, adding shade to the living area and doubling its useful space; the glass wall offers maximum indoor-outdoor visual continuity. Coffee table and TV bench by OM. - Caption pag. 29 The entrance portico, paved with black polished sunburst granite; the diaphragm, the filtered light, the visual indoor-outdoor continuity are the main design themes. The staircase with glass parapets and the panel in sandalwood form a free volume that allows natural light to penetrate the innermost zone of the house. - Caption pag. 30 The kitchen, entirely custom designed by Ong&Ong. The counter is in ‘Caesar’ stone. All the lights in the house are from the Recolite series by the American company Richard’s Lighting. On the upper level the bedroom has teak flooring, a kingsize bed and custom shelving, and maintains a direct relationship with the outside and the garden. Facing page: the large reinforced marble tub produced by Toto, like all the faucets and bath fixtures. Floor in cream-colored Travertine; the screened glass reveals the roof garden.
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p. 32 project Stefano Gallizioli and Francesca Simen with the collaboration of Giovanna Cabibbe photos Gionata Xerra text Antonella Boisi
At the gates of Milan, a house with a decisive design featuring extroverted spaces, materic-expressive impact and attention to detail, for a domestic setting of refined rigor and soft comfort. Without concessions to seductive, ostentatious gestures. “I want to feel a desire to get back home, where I can relax”. This expectation of the client for a 300 m2 house on a single level (space doubled by combining two apartments in a newly constructed building) has been fulfilled in a convincing way by Stefano Gallizioli and Francesca Simen, partners of the Milan-based studio ANG 42, who together with the client have developed a custom project: a welcoming yet extroverted shell, a container with definition but without ostentation, ready to be subdivided without losing the impression of unified continuity, and bringing the aspects of furnishings and decor straight into the architectural sphere. “We worked on the geometric definition of the interior space”, the designers explain, “following the layout suggested by the structure of the building and its openings. So the architectural composition has a symmetrical approach that underlines the itinerary of the two perpendicular perspectives, developing the living area in the sequence entrance-living-dining along the main axis and the kitchen-dining-studio along the crosswise axis, with a ‘custom’ breakdown of the compositional pattern for the bedroom area”. This reworking of the internal layout based on orthogonal views that reflect the specific design culture of Milanese modernism, based on a balance between luxury and understatement, lightness and sturdiness, a single chromatic sign of reference of neutral tones with rich materials (oak floors, white stucco walls, pale stone in the bathrooms, leather for the fixed furnishings) blends the various spaces. With discreet hedonism, lit up by a series of contrasting details of great expressive impact, like niches painted in glossy black, the chromium-plated custom handles and the black stone of the kitchen counters. The fluidity of the space of the house, the luminosity of the spaces and an essential atmosphere can be immediately perceived at the entrance, which after a small niche set aside as a corner for reading, opens to the living area, the place of socializing par excellence, that communicates in turn with the dining zone and the large, convivial kitchen and study. The only separation between these zones is represented by full-height doors inserted in the wall paneling, which permit the option of closing to create functional subdivisions when required. On the opposite side the bedroom zone is more private, in a specular design but one more highly developed in independent episodes, integrating two large bedrooms with closets and baths. There are no concessions to seductive ostentation. The approach reflects the balanced collaboration between architecture and design, combining materials and details with great technical mastery and aesthetic sensitivity. Along with selected furnishings and lighting, a sort of cultured anthology. In keeping with the finest tradition of Italian interior architecture. - Caption pag. 33 Facing page: the living area seen from the entrance, with the Happy chaise longue by Flexform in the foreground. View of the kitchen. The seating from the Bertoia Side Chair collection by Knoll International join a custom table in solid oak with stainless steel structure. - Caption pag. 34 The TVfireplace wall in ebony stone, sand-blasted, with upper segment in plasterboard finished with smooth stucco. Flexform chaise longue, Nodus carpet, table with wheels by Gae Aulenti (1980) for FontanaArte. In the drawing, planimetric of the apartment, 300 m2 on a single level. The custom kitchen is made by Boffi, with matte white lacquer doors and a counter in black Zimbabwe granite, like the polished floor. - Caption pag. 35 The dining area. Table and chairs by Cassina, chandelier by Gino Sarfatti for Flos, 1958. The custom furnishings in oak and black lacquer
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form a sort of boiserie, in harmony with the blanched oak flooring. - Caption pag. 37 Facing page: the closet organized with custom full-height wardrobes, whose doors are clad in sand-tone leather with contrasting stitching, featuring built-in chromium-plated handles. Spotlights by Buzzi & Buzzi. Construction details of the surfaces of the shelves and the wardrobe door with built-in handles. One of the two bedrooms, looking toward the closet, accessorized with custom cabinets in oak and leather. The doors closing the room are inserted at the back of the cabinet. - Caption pag. 38 A guest bathroom. Agape washstand, custom mirror and soap niche in polished stainless steel. Walls finished with smoothed stucco. Below, detail of one of the main bathrooms. Sink counter and walls are in rusticated and polished Caliza Capri stone. The custom cabinet in Indian rosewood has a top that opens to reveal a small container for make-up. Vola faucets. Facing page: view of the studio space. Custom oak cabinet, chair by BPA International, frames by Gennaro Avallone. All the custom furnishings were made by Arredamenti Ripamonti of Cantù; stucco wall treatment by Pilotta Group, Varese.
Insight Intoday
Capta Ins Courageous
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text Francesco Massoni photos Fabrizio Marchesi
Enlightened, visionary, ‘paradoxical’ entrepreneurs, lovers of risk and breaking the rules. The ones who have generated the Italian Design phenomenon, to whom Alberto Alessi dedicates the exhibition “The Dream Factories”, the fourth edition of the Triennale Design Museum. Andrea Branzi tried psychoanalysis, with accomplices Peter Greenaway and Italo Rota (The Seven Obsessions of Italian Design, 2007). Then Antonio Citterio illustrated its industrial and extraindustrial versions (Serie Fuori Serie, 2009), followed by Alessandro Mendini who turned it all upside-down, together with Pierre Charpin, affectionately investigating repressed things in a generous ‘transdisciplinary’ excursion (Quali cose siamo, 2010). The subject matter? Design Made in Italy, of course. Now it’s the turn of Alberto Alessi to answer the fateful question “What is Italian design?” His reflections give rise to the fourth edition of the Triennale Design Museum, with the exhibition “The Dream Factories” installed at the Palazzo della Triennale in Milan, with exhibit design by the Catalan designer Martí Guixé. The title already indicates the idea that the Italian Design phenomenon would never have spread around the world had it not been for the ‘factories’ with their proud leaders, the ‘paradoxical businessmen’, as Alessi calls them, or ‘captains courageous’, as Silvana Annichiarico, director of the museum, puts it. Because everything started in these factories, workshops, basements, garages where entrepreneurs with a vision, often designers themselves, more often pestered by architects and designers impatient to transfer their creativity into innovative products, gave form to a dream. A dream that was anything but fleeting, if we consider the fact that some of these illustrious personalities were already on hand at the first edition of the Salone del Mobile in Milan, now celebrating its 50th birthday. Cosmit, the fair’s organizer, is one of the supporters of the new interpretation of the Triennale Design Museum, in fact. But why, specifically, the title ‘The Dream Factories? “Because the challenge posed by the Triennale”, the curator explains, “was a chance to consolidate and express, in greater depth, my personal vision of the phenomenon, giving it a definition I had invented in 1997 for Alessi; but I ma convinced that it can be extended to all my businessmen and colleagues of the ‘Factories of Italian design’. The expression can be interpreted in different ways. On the one hand, we might think about the histories of these companies as the fulfillment of an individual entrepreneurial dream. On the other, and this is my take on it, the central element of the activity of these factories is the fact that they address the imagination of the public: we businessmen, together with the creative talents who work for us, try to provide an expression for that imagination”. A dream, then, but perhaps something more as well, an entrepreneurial, creative, contagious, fertile energy that advances, feeding on intuitions and emotions. Is this the right recipe to give new driving force to Italian industry? “Only by operating in the dimension of the dream, grasping the imagination of the audience, can the industry of durable consumer goods – because that is what we are talking about – conquer new margins for growth. A lesson that cinema and fashion have shown they understand, but it is still not fully grasped in our sector”, Alessi says. Maybe this is why he has decided to exhibit no more than about fifty ‘factories’, which put together account for sales of about 1600 million euros each year, while the total of the macrosystem of Italian furnishings approached sales of 21 billion last year. So this is a niche, an avant-garde, an elite, which in spite of its size knows how to experiment, to take risks, welcoming borderline languages and practices, applying formal and expressive codes with archetypal matrices, rooted in collective memory and imagination, transferring and inventing new technologies, developing unconventional models of communication and conquering audiences and markets at all latitudes. To narrate and illustrate all this, Alberto Alessi has gathered and organized reflections on the controversial meaning of the term ‘design’ and the variety of languages and schools that represent it, investigating the functional, semantic and symbolic role of objects in the society of consumption, but above all identifying those who in this wider
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context have developed visions, not just episodes or make-up, but true research and experimentation to generate ‘transgressive’ innovation, proudly set apart from the imperatives of technique and marketing that dictate the laws of ‘mass production’, achieving an original dimension that transfigures living and its rituals into a captivating interlock of art and poetry. Alessi’s articulate thinking calls into play philosophers (Friedrich Nietzsche, Oswald Spengler, Martin Heidegger, Gianni Vattimo), semiologists (Umberto Eco), psychologists (Donald W. Winnicott and Franco Fornari), sociologists (Jean Baudrillard and Serge Latouche), but also poets like Thomas Stearns Eliot and Hans Magnus Enzensberger, without overlooking architects and designers, of course, those with a solid theoretical background, like Mies van der Rohe, Robert Venturi, Dieter Rams, Andrea Branzi and Alessandro Mendini, giving rise to a lucid, lively formulation that analyzes the phenomenon from all sides, granting it historical and scientific legitimacy. A vision punctually translated and illustrated by Martí Guixé: “I felt the need for someone capable of visualizing my thought by drawing on imagery similar to that of Alice in Wonderland by Lewis Carroll or the Little Prince by Antoine de Saint-Exupéry. When that was clear, I immediately thought of Martí Guixé, who has interpreted this direction with special poetic originality”, Alberto Alessi says. The entrance to the exhibition features a large allegorical mask, ‘in the style’ of Arcimboldo, representing the factories and the fruits of their work. Because, as the curator explains with a metaphor: “The good gardener sows what he thinks is right, but above all he tills the soil to prepare it for new crops, and takes care of the first sprouts, so they can express their full potential. He also knows how to rely on the unexpected seeds brought by the wind”. This idea of the ‘good gardeners’ of the Italian design factories also seems to be reflected in the ‘untouched meadow’ one encounters after the entrance. Starting here, a fable-like narrative unfolds, with comments provided by the curator who relies on a comic-strip alter ego, for which Guixé has created the font Albert Script, to imitate Alessi’s handwriting. Faithful to the hypertext construction of the catalogue, the itinerary has twelve chapters corresponding to sections identified by means of a large silhouettes that guide visitors along a multimedia path studded with objects that dialogue with their creators before the eyes of the legendary ‘captains’ in the actual-size profiles. As Alberto Alessi points out, this is simply a ‘personal vision’ on the exceptional men who have opted for risk as an essential part of their work. “We are not infallible”, Alessi says. “We too make mistakes, and I might even go so far as to formulate an elegy in praise of the flop. One of the risks we run is that of becoming too elitist, of addressing an audience of chronic ‘early adopters’ or wealthy ‘connoisseurs’. But what can we do? It is in our nature to be in the avantgarde. Why deny it? We are not industrialists, we make editions, like the craftsmen of books, erudite and refined, whose limited editions have launched new authors in the firmament of literature. All told, what the others may see as a limit is not a limit for us. I mean that as ‘cultural mediators’ between designers and society, every day we come into contact with the turbulence and ferment of creativity. And this instability leads to a continuing capacity to adapt to all kinds of unexpected things: a management task that is very arduous, unlike the rigid programming that controls things in the world of mass production. But it is also immensely satisfying”. - Caption pag. 40 The large allegorical mask made with product-icons of Italian design welcomes visitors at the entrance to the exhibition “The Dream Factories”, the 4th edition of the Triennale Design Museum, curated by Alberto Alessi under the direction of Silvana Annicchiarico. A page from the exhibition catalogue, published by Electa, with graphic design by Martí Guixé, who also did the exhibit design. - Caption pag. 43 The exhibit design by Martí Guixé is conceived like one of the adventures of Alice in Wonderland: the objects dialogue with their designers and the stories of outstanding businessmen, intertwined with personal biographies in a playful atmosphere. To the side, the studies by Martí Guixé for the font ‘Albert Script’, specially designed for the exhibition and the catalogue, based on the handwriting of Alberto Alessi. Caption pag. 44 The exhibition offers an overview of iconic products displayed and critically analyzed along an itinerary that touches on functional, semantic and poetic values. Below, sketch by Martí Guixé for the exhibit design. - Caption pag. 45 Through products, the stories and particular activities of what Alberto Alessi calls the ‘factories of Italian design’ are reconstructed. Below, one of the diagrams prepared by Alessi and illustrated by Guixé to explain the role of objects in the society of consumption.
INarts
The Po NTI kale Idosco Pe
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interview conducted by Chiara Spangaro
From 6 May to 24 July the Milan Triennale presents an exhibition on Gio Ponti and his work, curated by Germano Celant in collaboration with the Gio Ponti Archives and heirs, to celebrate one of the great masters of the 20th century in his hometown. Gio Ponti, besides being one of the first global architects of the 20th century, with buildings constructed and designed in Italy and Europe (but also Hong Kong, Denver, Baghdad and Caracas, Sao Paulo and New York), was also an internationally acclaimed designer, a renowned theorist and architecture critic. His curiosity and genius generated the magazine Domus and the historic publication Stile, in search of links between architecture and the arts, and the creation of the first Triennale of Milan in 1933, as well as the coordination of many subsequent editions. For
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Interni, Chiara Spangaro interviewed the curator of the exhibition, Germano Celant. Considering the complexity of the work of Gio Ponti, ranging in all directions – from design to graphics, architecture to furnishings, theory to information – how has the presentation in Milan at the Triennale been organized? The experience of getting to know Ponti’s work can be like entering a labyrinth. One inevitably finds oneself having to choose between different routes, and in the end one gets lost. His output was so plural that all the poetic components only increase the suggestion of an infinite possibility of interpretation. The richness of the linguistic potential triggers the idea of the kaleidoscope, which you can rotate to produce countless figures, intertwining materials for a continuously updated evocative image. The versatility of Ponti right from the start of his career, in the 1920s, represents productive but also intellectual wealth. To draw a parallel between expression and behavior, we might say that Ponti articulates a democratic poetics with respect to languages, as Andy Warhol did later. Working in all the territories of expression and making them his, through intuitions and innovative techniques, the Milanese architect-designer chose to operate in all the situations and conditions of design activity. This openness had a price: he was “exiled” from the purist, formalist universe of his time, dominated by rationalist absolutism. Ponti, on the other hand, could be called an “irrationalist” architect, open to all experiences, all flights from the conditioned structures of an abstract, empty internationalism. His effort was to “construct”, case by case, a world, not following an impersonal line, but one that was totally personal. In fact, he appeared as a stray, surprising wedge in an architectural and industrial culture that in its belief in a generic program wavered between the commercial and the stylistic, deaf and hostile to the disruptive force of uncontrolled and almost incoherent imagination. If the game of dissonances and linguistic leaps is our focus, how can we recognize Ponti’s identity? Even in incoherent things coherency can be found, even in the disjointed we can find an articulation that only emerges from the overall meaning of the exhibition. The ‘irrational’ and ‘negative’ attitude Ponti expressed with respect to a historical interpretation imposes itself as a moment of maximum liberating force. The same can be said of the ‘consumist’ and ‘generalist’ acceleration that fills his production. The fact of accepting or promoting any type of client reveals a global vision of design that cannot claim a hierarchical position with respect to objects and things. Likewise for his ‘spherical’ view of the market and the territory of intervention, so much so that his projects range across the entire arc of cultures, from Italy to Venezuela, Brazil to Canada, the USA to Iran. He was perhaps the first architect, together with Le Corbusier and Mies van der Rohe, to glimpse the future worldwide condition of design and architecture, and in fact he worked on the first means of intercontinental transport: ships. This openness involves designs that imply forceful symbolism, those that have to do with a projective economic-political, spiritual and cultural dimension: from the Pirelli skyscraper, Milan, 1956-1960, to the cathedral of the Gran Madre di Dio, Taranto, 1964-1971 and the Denver Art Museum, 1966-1972. How will this interpretation be developed in the exhibition? Will it be possible to identify specific threads as well as the entire weave of Ponti? The show will be an archipelago of islands to represent the multiplicity of the places ‘inhabited’ by Ponti, but at the same time it will attempt to offer a chronological path, to get a sense of being in tune with the ‘spirit of the time’. Starting in the 1920s, one reaches the later works, through all the passages of subject and scale, form ceramics, porcelain and majolica for Richard-Ginori to briar furniture, fabrics for Ferrari and Manifattura Jsa, glass by Venini, collaborations with Fornasetti, Melotti and De Poli, chairs for Cassina. In short, the hypothesis is to take a trip in the world of Ponti, reaching different ports of his language that includes iconic results of his operation, from furnished walls and windows to the Superleggera, from silverware to enamel work... also with parallels between interiors and architecture, from Villa Planchart, Caracas, 1955, to the church of San Carlo Borromeo, Milan, 1966, covering both the micro and the macro scales. To make the event more spectacular, together with the Ponti family we have decided to reconstruct a portion of the floor created for the Salzburger Nachrichten offices, 1976, bringing out the visual power of the color-architecture relationship. A mosaic of creative and productive pieces that thrive on diversity and surprise. They meet and clash with irregular, poetic fluctuation, almost impossible to define. A portrait where the various components of crafts and industry, from paintings to enamels, majolica to the Pavoni coffeemaker, 1948, are simultaneously present to such a point that the need was felt to create a room-studio where the figure of Ponti could be perceived against the backdrop of his city, Milan. Almost a threedimensional painting where projects, models or drawings meet, from the first Montecatini building, 1936-1938, to the Pirelli tower, as well as his work tables and bookcases, mixed with drawings and sketches, while in the furnishings there are vases and silver, and in another part the collection of his books, like “Amate l’architettura”, 1957, and the magazines he founded, like Domus and Stile. A personal Wunderkammer that will also include films and videos, where he is the protagonist, together with his objects, like the “chair with small seat”, 1971, or the Pozzi table services, 1967. The idea is also to indicate the potential of the Ponti archives, in terms of photographic documentation, letters and drawings, that make the ‘expressions of Gio Ponti’ magical, which is also the title of the exhibition in Milan. To convey an idea of the range of projects by Ponti around the city, we have decided to provide a map of his buildings, from Via Randaccio, 1925, to the church of San Francesco at Fopponino, 1961-1964. This route will be concretely followed with guided tours and visits, in collaboration with the scholars of the Milan Polytechnic. - Caption pag. 46 Devil’s head, 1955, in collaboration with
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Paolo De Poli (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives). Study for the floor created for the offices of Salzburger Nachrichten, 1976 (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives). - Caption pag. 47 Floor made for the Salzburger Nachrichten offices, 1976 (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives). - Caption pag. 48 Bottle with crinoline for Venini, 1940s (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives). Fabric for Jsa, 1950s (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives). Reed vase for Venini, 1955 (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives). Caption pag. 50 Villa Planchart in Caracas, 1955 (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives). - Caption pag. 50 Superleggera n. 699 chair for Cassina, 1957 (photo Nicola Zocchi) (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives). Chair for Vembi-Borroughs offices in Genoa with decoration by Piero Fornasetti (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives). The Pirelli skyscraper in a photograph from the 1960s painted with watercolors by Gio Ponti (Courtesy Gio Ponti Archives. Copyright Gio Ponti Archives).
INdesign INcenter
New LaNdscape
p. 52 Virtual Location by Mozart Italia by Nadia Lionello
New developments presented at the latest events in Milan, in an imaginary New York setting. A quick review that sheds light on the characteristics of the Made in Italy system, a vehicle of quality, internationalism in all its aspects, and uniqueness: all important factors today. - Caption pag. 53 On the wall, Glass Flowers Amber, glass mosaic decoration from the Gloss, Aria, Vetricolor and Smalto collections. Design by Carlo Dal Bianco for Bisazza. Hanging cabinets with asymmetrical doors in elm and lacquer, the 2011 edition of the Sistema 505. Design by Nicola Gallizia for Molteni&C. Alister round or rectangular table in tempered fumè glass with beveled top; the chamfered and ground legs can be removed, and are attached to the top with steel plates. Design by Jean-Marie Massaud for Glas. Ara stackable armchair in moulded polypropylene, suitable for indoor and outdoor use. Design by Jorge Pensi for Pedrali. Lunatic hanging LED lamp in aluminium and metal, designed and produced by Ingo Maurer. - Caption pag. 54 P-frame center-room bookcase with metal structural frame on two sides, painted white, thick wooden shelves and sliding door, painted white or with titanium finish. Design by Christophe Pillet for Porro. Husk chair with hassock in the headrest version with rigid recycled plastic chassis, quilted cushion covered in leather or fabric, base in wood with natural or gray oak finish, or painted black. Design by Patricia Urquiola for B&B Italia. Synapse system of ‘cells’ with trilobate form in polycarbonate, with programmable RGB LEDs; for the creation of continuous luminous surfaces, horizontally or vertically, using an interlocking device. Design by Francisco Gomez Paz for Luceplan. - Caption pag. 57 Wig hanging lamp with shade composed of ‘petals’ of glossy white painted curved metal, lower diffuser disk in satin-finish methacrylate. Design by Chris Hardy for FontanaArte. Claydon round table with die-cast aluminium base with a triangular section, painted with extragloss anti-touch finish, adjustable feet, top in glossy painted MDF, with oak or marble veneer. Design by Rodolfo Dordoni for Minotti. Ventura chair with solid wood base, seat in pure polyurethane or flexible polyurethane moulded with pre-coating in polyester fiber, final cover in leather or fabric. Design by JeanMarie Massaud for Poliform. Hole freestanding two-sided fireplace in plaster with bio-alcohol burner. Design by Carlo Colombo for Antonio Lupi. - Caption pag. 58 Recline cyclette from the Personal line with built-in VISIOweb display and Internet connection, touchscreen for e-mail, TV, iPhone and Wellness System Technogym software to program training, activated with a portable dongle, also for remote reference. Design by Antonio Citterio for Technogym. Bulb lamp composed of large indirect compact fluorescent bulbs on a metal structure. Designed and produced by Tom Dixon. Bukva bookcase with vertical modules, support structure in steel tubing attached to the wall, front panels in sheet steel in different sizes and attached at different depths; painted white or black, or in RAL colors by request. Housing in aluminium sheet painted in the same colors, also horizontal. Design by Viktor Vasilev for Living Divani. - Caption pag. 59 Entailles divan characterized by frontal ‘cuts’ to contain small tables (for reading, writing, working, drinking, eating...) with different seat depths and back heights, covered in different fabrics with contrasting color combinations. Design by Philippe Nigro for Ligne Roset. The Delta line, a series of LED wall lamps with a tubular body in die-cast painted aluminium. Design by Ron Gilad for Flos.
arou Nd the tab Le
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by Nadia Lionello photos Simone Barberis
A place to spend time, swap ideas, chat, socialize, but also a private, intimate zone. A must: a nice table, comfortable chairs, warm lighting, good food. - Caption pag. 60 Mentisse table with sheet steel structure painted matte white, gunmetal or copper-black, top in glass in the same color as the structure. Design
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by Marie-Christine Corner for Zeus. La do table lamp for diffused light, in blown transparent glass, opaque for the shade, designed and produced by Massimo Lunardon. Rosita, Achille and Isilde, small vases from the Le Boudoir collection by Ibride. - Caption pag. 61 Mesa Prima, small table with glass top and legs in steel tubing, attached with a single bolt. Design by Alvaro Catalan de Ocon for Borella Design. From the T.A.C. collection by Walter Gropius, white porcelain plates with Dinamic decoration. From Rosenthal Studio Line. Icaro hanging or table lamp, also suitable for outdoor use, painted or chromium-plated for indoor settings. Design by Brian Rasmussen for Modoluce. Dag&Nat Thunder, 160x240 or 195x300 cm carpet in pure loom-worked wool, with printed design. Design by Petra Lundblad-Fridén for Kasthall. - Caption pag. 62 Treis hanging lamp with aluminium body with glossy paint finish, shade in texturized methacrylate. Design by Benjamin Hubert for Kundalini. Aristotele table in colored Maistral iron, for outdoor and indoor use. Design by Patrice Caramalli for De Castelli. Cork collection of stools with square or round cork seat, legs in Robinier wood, in two heights. Design by Xavier Clochard Cloc Design for Tallulah. - Caption pag. 63 Croissant chair in solid natural or blanched beech, with padded seat, covered in fabric, leather or eco-leather. Design by Emilio Nanni for Billiani. Pretaporter self-supporting column from the component system that includes mobile shelves of different widths in white or black painted wood. Design by Rosaria Rattin for SO. Vas carafe in blown glass, design by Todd Bracher and Tonic Beach, glasses in Polycristal®, design by Classeon Koivisto Rune for Italesse. - Caption pag. 64 Roofer hanging lamp with metal frame and semi-rigid rubber parts, in three colors. Design by Benjamin Hubert for Fabbian. Bloom hanging lamp in the new elliptical form, with transparent polycarbonate structure, covered with flowers in batch-dyed thermoplastic technopolymer. Design by Ferruccio Laviani for Kartell. Gher round table with embossed white MDF top and legs in wengestained wood. Design by Lievore, Altherr & Molina for Arper. Origami porcelain table set from the A la Carte collection. Design by Platt & Young for Rosenthal Studio Line. - Caption pag. 65 InOut 824 TX, stackable chair with structure in matte white painted aluminium tubing, woven shiny white PVC seat. Design by Paola Navone for Gervasoni. Ponza chair with wooden structure and padded seat, covered in leather. Design by Gordon Guillaumier for Frag. Taika plate pad in porcelain stoneware with printed decoration, design by Klaus Haapaniemi for Iittala. Sabrina monoblock chair in thermoplastic gas-moulded material, with matte or translucent etched glass effect finish. Design by Marcello Ziliani for Casprini.
INprofile
des IgNer by vocat Io N
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by Cristina Morozzi
Discreet by character, detached by choice, Konstantin Grcic makes no bones about the real meaning of things and of doing design. Every project has a precise reason for being, never making simplicity into a style. As demonstrated by the latest products designed for Plank and Azucena. He has a heroic sense of his job. He lives it and suffers wholeheartedly to do it. For him being a designer does not choosing one profession over another: it is his way of being a person. After school he interned with a carpenter to learn how to restore antique furniture. For Konstantin making furniture was an early calling, an aptitude located in his DNA. Following that instinct has enabled him to achieve enviable existential fulfillment: he has that certainty of doing what he was meant to do. This awareness is the reason behind his cool detachment from contemporary excitement, and perhaps it also lies behind his great discretion, the way he keeps his personal life separate from work. “The measure of things”, he says, “is very important. And furniture represents the intermediate measure that suits me”. The practice of design as a vocation fills his projects with a decidedly ethical imprint. In a widespread atmosphere of nonchalant indifference, he seems to still be capable of getting indignant. “In design”, he says, “you need a very decisive attitude. Working with someone is always the result of a very precise choice. I’m not good at making speeches, but I think I express a forceful attitude with what I decide to do and not to do. Doing less is a way of bearing witness, a way of taking sides”. He avoids the multiplication race to concentrate on the real sense of things. Every project comes from a process, tested in every phase, in his studio in Munich, where working by hand is a decisive factor for control. He is irritated that simplicity, which is so precious and hard to achieve, now passes for a style. Chair One by Magis, already a contemporary icon, represents a reaction to the banality that has destroyed the purity of simplicity. Totally concentrated on each project, distant by choice from media chatter, isolated in his studio in Munich, a city off the beaten track of international hot spots, severe in his choices, forcefully defending the independence of his spaces against intrusion, he is considered one of the most talented designers. He collects honors. The latest was ‘Designer of the Year’ at Design Miami 2010. “Miami is not my world”, he confesses, “but the experience was positive. The team of curators of the event, all very young, seemed very professional. They commissioned a special piece. I made an outdoor installation with which the audience could interact, and that was a good motivation. My world, in any case, is that of industry and mass production. The only exception is Kreo. To work for a gallery”, he reasons, “offers greater freedom. Industrial design is always constrained by something: material, technologies, clients, users. In working with a gallery, more than freedom what is important is the possibility of collaborating with craftsmen who have very special skills. Small-scale projects
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with craftsmen are useful for designers and companies, to look ahead to new goals”. Since it’s time for the Salone del Mobile in Milan, we inevitably take a look at his new projects. There are two he cares about in particular. A piece for Azucena and a new chair for Plank. “Last summer”, Konstantin says, “I began working with Azucena. I was thrilled by the request to design for this historic company, which had never used any designers other than its founder, Luigi Caccia Dominioni, with certain works by Ignazio Gardella. I immediately asked myself what I could do for such a harmonious, complete collection, where every piece comes from a very precise, personal idea. So I thought of a sort of small screen, made with a reflecting material (aluminium), an almost abstract object whose reason for being is to reflect what exists, not conceived to have its own identity, but to border a space around the historic Catilina chair”. Marta Sala, the niece of Caccia Dominioni, who with her sister Anna manages Azucena, has the same emotional involvement. “In Konstantin”, she says, “I recognized that truth my uncle also possesses, that desire for perfection that leads to dialogue with craftsmen. I have inherited a challenging world that is still very modern, and I know I have to renew it. Konstantin, thanks to his design outside the realm of styles, seemed like the right person. I have really appreciated his discreet way of approaching the situation. I am certain that his screen will offer a new interpretation of the collection”. For Plank he has designed a new seat. “To create a chair is always a challenge”, Grcic remarks. “Every chair has its own personality. I believe it is possible to always make new ones, because chairs are like human beings, no two are alike. Chairs follow the changes in societies. On their own, they would suffice to write a history of design, but also to narrate different cultures. I can design chairs not because I know more about it, but because I spend a lot of time thinking about them and I know what to observe. Designing everyday products is interesting, because they represent something very real, with which people have a close relationship”. Avus is a lounge chair for hotels, homes and contract, marked by a surprising solution based on the relationship between the rigid chassis and the soft inner seat. The lower chassis in plastic is made with the twin sheet technique that shapes the material, making it structural. The bonding between the rigid seat and the soft part inside is resolved by borrowing a construction method from luggage, making use of a zipper. Michael Plank, who works in the Bolzano-based firm alongside Martin, grandson of the founder, personally monitors the projects of Grcic, in an assiduous relationship of collaboration, since 2003; he is fascinated by Avus and bets that it will be a success, like all their other products designed by Konstantin. - Caption pag. 66 Avus, the new seat designed by Konstantin Grcic for Plank, is a radical reworking of the classic lounge chair. The rigid base in ABS is made as a twin-sheet thermoformed chassis reinforced by a polyurethane core. The rigidity of the base contrasts with the flexibility of the upper chassis, composed of a single sheet of the same material. The padding with leather cover is slipped over the upper part of the chassis in a single piece, using a technology borrowed from the production of luggage. For the contract sector but also for the home, Avus can be produced in a wide range of color combinations. - Caption pag. 69 On the facing page, from top: bracelet from the Gran Prix collection, with classic chain motif, in yellow or white gold. Biegel, 2003. Outdoor installation at Design Miami 2010, when Grcic was named ‘designer of the year’. Blow table in Murano glass. Established&Sons, 2010. Monza chair with wooden armrests and plastic back. Plank, 2009. Chair One in cast aluminium. Magis, 2004. Below, Accento, steel flatware set. Serafino Zani, 2009. - Caption pag. 70 Left: Karbon Chair chaise longue in carbon fiber. Limited edition of 12 pieces, Galerie Kreo, 2008. Below: Mayday portable lamp. Flos, 1999, Compasso d’Oro 2001. Below from left: EntreDeux mobile divider, Azucena, 2011; 360° work chair, halfway between a chair and a stool, on which it is possible to sit in different ways, Magis, 2009; Pipe desk from the Muji collection manufactured by Thonet, 2009. - Caption pag. 71 Below: Osorom, large composite plastic hassock with perforated motif, Moroso, 2002. Below, from left: ES wood shelving, Moormann, 1999; Sultan seat and Galata & Taksim table in Carrara marble, Marsotto Edizioni, 2010.
INproject
The rela TIo Nal kITche N
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by Stefano Maffei
The space previously set aside for functional treatment of foods becomes a place of new connections to life and personal values. The kitchen is one of the places of human experience in which research and experimentation with ideas, aesthetics and processes makes values, lifestyles, disciplinary, technical and scientific knowledge, objects and tools converge in a single setting. Precisely for this reason, it was a favorite theme of the Modern Movement. Margarete Schütte-Lihotzky, in the 1920s, investigated the relationship between dwelling, artificialization of the environment and products, and functionalization of human activities and behaviors: her research led to the creation of the model of the Frankfurter Küche, an archetype that can still be recognized in many of today’s component kitchens. But behind this proposal, there was also the definition of ideals of man, city and life that may seem obsolete today, due to the complexity of our experience of everyday life. Our relationship with food is increasingly connected to a series of cognitive, social, cultural and economic changes, on both an individual and a collective level: food represents a universe of identity and values, which through creativity, research and experimentation produces a myriad of expressions straddling art, ritual and performance, new forms of food production and distribution, innovative sensory-taste experiences, practices
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of social and cultural activism, all the way to forms of play and entertainment. The relationship with food, in short, has gone beyond the traditional confines of its field, generating a multiplicity of levels and connections in our lives. It is precisely in these borderline spaces that places, activities and artifacts are changing: no longer a kitchen as a place of food preparation alone, but a space that generates new relationships with the life of the individual and his values. In this sense it is interesting to observe how the concept of the functionalist, specialized kitchen can be replaced by activators of relationships with food. This is the case of the E.T. Electric Table by Christiane Hoegner (http://www.christianehoegner.com/), where the simple presence of a series of built-in electrical sockets makes table an object that defines a non-specialized space around it in which different activities of work, play and food preparation mingle. The same is true of the Work&Leisure Table by Valentin Engler, Marius Morgerand, Daniel Grolimund (http://alleinwohner. ch), which adds the possibility of a permanent double configuration for the table function: a place to eat and a place to work. These projects encourage reflection on the nature of the activities and spaces of contemporary living. They suggest mobility, flexibility, adaptation to smaller spaces, life-work continuity. Another example is the minikitchen kit Single Person Cooker by Alex Bradley (http://www. alexbradleydesign.co.uk/), composed of a range, a cutting board, utensils and a screen (with wi-fi connection for connection to the web during operations of food preparation). Its minimal box design makes it an original typology, somewhere between an appliance and a minikitchen, an object capable of coexisting with the decor of spaces that are not primarily set aside as kitchens. The proposal of Kristine Bjaadal (http://kristinebjaadal.wordpress.com/) also occupies a conceptual space: Underfull is a tablecloth that transforms the clumsy gesture of unintentionally pouring a liquid onto a set table into an act of poetry. The decorative pattern hidden in the fabric is revealed only when it gets wet. Likewise, Charlotte Brocard (http:// www.onnejouepasatable.com/) works on the relational dimension of eating: Jeux Cuisine is a series of games that use meals as activators of personal exchanges, moments of sharing and interaction, changing the habitual and most established rules of dining and making a meal into a different moment of recreation and pure fun. From spaces to artifacts. Everything becomes relational, attenuating and altering functionalist perspectives: the immaterial becomes the protagonist of strategies of evolution of design connected with food, balancing the excesses of material in the era of hypersupply. - Caption pag. 72 With the Jeux Cuisine project the French designer Charlotte Brocard develops a series of games for unusual meals, where food becomes a means of creating connections between people. - Caption pag. 73 E.T./Electric Table by Christiane Hoegner. The simple presence of electrical sockets makes this table a multifunctional object. - Caption pag. 74 Above: Work&Leisure Table by Valentin Engler, Marius Morgerand, Daniel Grolimund. The table has electrical sockets and a sliding top to permit double use, for eating and working. To the side: Single Person Cooker by Alex Bradley is composed of a range, a cutting board, utensils and a screen with wi-fi connection. - Caption pag. 75 The design of the Underfull tablecloth by Kristine Biaadal is revealed only when a liquid is spilled onto its surface. The evolution of kitchen space and the meanings of food are discussed in the book FoodMood by Stefano Maffei and Barbara Parini, Electa 2010.
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by Maddalena Padovani
Rodolfo Dordoni and Alfredo Häberli: two well-known designers (and good cooks) face off with their latest projects for the table, produced by KnIndustrie and Georg Jensen. A slender red thread connects the latest projects by Rodolfo Dordoni and Alfredo Häberli in the area of food, dining and design. A thread that joins Sicily, where Dordoni spends lots of time during vacations recreating genuine flavors in the big kitchen of his house in Vendicari, and Switzerland, where in Zurich Häberli lives and works, inviting friends over in his free time, together with his wife Stefanie, for big dinners full of surprises. These projects do not address issues of the sociology and anthropology of food, fashionable themes of late, but talk about beauty, good taste, style, quality and pleasure of life. They narrate, in a simple, effective way, the personal experience and sensibilities of the two designers. Both of them love to cook and cultivate an aesthetic vision of dining. In the case of Alfredo all this has deep roots in family history: his grandparents ran a hotel, his father a restaurant, while his mother was an excellent cook. “I practically grew up in the kitchen”, the designer explains, “learning the tricks of the culinary art, but also the rules for setting the table, rules that unfortunately tend to get forgotten today. Nobody remembers, for example, that forks should be positioned with the tines aimed downward, a custom that began to display the initials of the host on the back of the forks. In the Orient certain traditions remain very much alive (just think about the tea ceremony), but in the West the culture of dining runs the risk of losing its most ancient points of reference”. These reflections have led to the Alfredo collection of table accessories designed for Georg Jensen: carafes, bowls, salt and pepper sets, serving utensils and other objects, with which the historic Danish company makes a contemporary addition to the collection of objects designed by the modern masters, laying the groundwork for an update of the brand as a whole. In keeping with its history and philosophy, Häberli has come up with a series of sculptural objects: useful, practical things, but above all aesthetically pleasing, capable of enhancing the table even when it is not set and the utensils are separated from the immediate functions. Essential but also soft, terse but not too conceptual, elegant without trying too hard to be ‘cool’, the forms of the objects are enlivened by the use of contrasting materials: stainless steel, the forte of Georg Jensen, but also
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glass, wood, porcelain and fabric, balanced and combined to warm up the image without decorative expedients, simply by playing with the beauty of the sign. A very similar approach can be seen in the design of the Foodwear collection by Rodolfo Dordoni for the new brand KnIndustrie. The goal in this case is the improve the image of products to permit a dual use: in the kitchen, but also on the table. It is achieved thanks to a study of ergonomics, form and material, research conducted by Dordoni, who besides being a ‘creator of sober contemporary elegance’ is also a good cook and understands the needs of people who prepare food. He explains: “I worked essentially on three things. First, the clamp handles that can be removed from the edges of the cookware, making the pieces less cumbersome for storage and improving their look when they are transformed into serving dishes. Next came the lids in glass and steel, equipped with a large knob with a particular form that permits use upside-down, transforming them into stands for serving quiches, cakes and other foods. Finally, the external finish of the stainless steel takes on a bronze color thanks to a special process, for an evocative materic effect”. The collection includes a fry pan, a casserole and an oven dish (other types of cookware will soon be added), as well as innovative accessories that mix and reinvent functions, like cork containers that keep beverages warm, and the tajne with a glass cover (made by recycling the upper parts of demijohns) that can also be used as a lantern for candles. With a rigorous, linear design, all the pieces have a strong character thanks to the large overhanging borders that optimize grip and make them nice to touch, see and use. “After all”, Dordoni says, “the job of the designer is to translate technology into taste, to create pleasant things, atmospheres, flavors”. To enjoy with the eyes, not just the taste buds. - Caption pag. 76 The Foodwear collection by Rodolfo Dordoni for KnIndustrie is composed of different types of cookware with removable handles, to transform them into elegant serving dishes. On the facing page, detail of the outer bronze finish of the 18/10 stainless steel. - Caption pag. 79 The Alfredo collection by Alfredo Häberli for Georg Jensen contains a range of pieces for the table: carafes, oil cruets, salt and pepper, plates and flatware in different materials (steel, porcelain, glass, wood) to bring out the sculptural forms of the objects.
Objects in pieces
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by Stefano Caggiano
The connected and fragmented plot of the web-world is reflected in a new aesthetic concept composed of ‘imperfect’ products, no longer finished and closed, that reveal their structural logic and display their inner contradictions. The interruptions and inconsistencies to which we are exposed today by swarms of emails, messages, cell phone calls, are shaping our cognitive apparatus, along with the aesthetics we produce and appreciate. Only by taking this restless background into account is it possible to narrate the aesthetic aptitude of seats like the Robo by Luca Nichetto for Offecct, Bihstro by Damien Bihr for Bihrd, or Einn by the Icelandic designer Erla Sólveig Óskarsdóttir for Ames, objects ‘in pieces’ conceived for the severe contract market, with daring forms, but developed inside a rigorous technicaldesign approach. The seat by Nichetto, based on extremely thorough research, is conceived as a sort of robot erector set whose pieces can be packed into a very small space, as well as being made with plywood or pressed felt derived from recycled PET bottles. The chair by Bihr, thanks to the application of Phase Change Materials, can store heat from the daytime and release it at night. The project by Sólveig Óskarsdóttir, finally, of proven commercial value, can have solid, organic lines, or light, interrupted ones. Highly accentuated spectacularity is the forte of the LOS! lamps designed by Angela Jansen, Marcus Mastenbroek and Patrick Schuur for Crealev, in which the upper part of the shade ‘levitates’ in the air thanks to a pair of magnets inserted in the base and the floating component. But the use of the fragmented aesthetic meets with its most recent and significant version in the new project created by the brothers Bouroullec for Mattiazzi, Osso, a chair entirely in wood, front runner of a series that will also include an armchair, a chair for children and some stools. The seat comes from the assembly of parts with polished natural forms, without conceptually cumbersome and ecologically unsustainable superstructures. The design, respectful of the material to the point of abnegation, lets the natural sensuality of the wood emerge, letting the material speak for itself. “To work with Mattiazzi”, say Ronan & Erwan, “is like working with an organic farm”: sophisticated numerically controlled machines that make the assembly possible are driven by solar energy, while the wood, taken from areas near the Udine-based firm, has no harmful chemical treatments. Of course in the 2.0 era the presence of a structure in pieces can also come from implementation of a digital sensibility inside a physical object, as in the Grid project by Korea’s Jeong Jaebeom, a chair whose steel frame permits free insertion of the seat and other ergonomic parts, in a mobile game of composition (or its opposite) that reveals the logic and aesthetic of the object, which coincide very neatly in this project. But we’re already hearing talk of web 3.0, which in its latest version is supposed to understand our tastes so fully that it can do without us, in the sense that we will no longer have to make decisions and choose the things we like. This scenario, a mere hypothesis at the moment, does seem to peek through in a real condition, that of the digital memory banks that conserve the information that defines who we are, even if we forget it. The more remote these facilities are, distributed in the computing cloud, the more scattered are memory and identity, fragmented and spread around just like our mind, which according to Derrick De Kerckhove, sociologist and director of the McLuhan Program in Culture and Technology, becomes extended into the entire
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web, mixed with other minds involved in the same process of ‘widening’. What we see reflected in the aesthetics of objects in pieces like the Lovely Legs table lamp, created and produced by the London-based Furniture Magpies, specialized in semantic regeneration of old furniture in a contemporary key, or in the L’Etreinte series by Elise Gabriel, composed of chairs, tables and lamps made with Zelfo, a new cellulose-base material that is extremely adaptable in the liquid state, is a world populated by scraps of memory linked but scattered, where misfit objects roam amidst material thoughts, objects that seem to prefer an unfinished state to a definite typology, with forms that have not yet been closed off. Things that can still be something else. The cognitive compulsion to not stop short at what we are, but to seek our meaning in the ulterior, is truly moulding the aesthetic taste of our time. Cognitive psychologists say that in the Internet (but the same could be said of the real world) it is easier to search for new information rather than thinking about how to combine the information that is already available. To complete a ‘form’ (albeit cognitive or material) requires effort and, therefore, a definitive choice. But full commitment in a single direction is perceived as something tedious, or even dangerous, because faced with the many opportunities offered by the connected, fragmented hyperworld, limiting ourselves to just one option might mean giving up all the others. This has never been a peaceful world in which to live. But what we are seeing today is an unprecedented level of creativity and instability. So much so that aesthetic realization is no longer sought in synthetic coherence, but in the coexistence of opposites. The form is no longer a container that borders the material, but a nervous activator that opens the fragility of things to keep them connected to what they are not. Objects that are no longer ‘perfect’, then (from the Latin ‘perfectum’ = done, finished, closed), but restless, unstable presences. - Caption pag. 80 The Osso seat designed by Ronan & Erwan Bouroullec for Mattiazzi lets the natural sensuality of the wood emerge, from oak to maple to ash. The quality of the material itself, inviting to the touch, is what ‘makes’ the object (photo Studio Bouroullec). - Caption pag. 82 The Robo chair by Luca Nichetto for Offecct is inspired by the video “All is full of love” by the singer Bjork, in which robots take on forms of human life. The structural logic based on parts, like an erector set, permits packaging of the object in 50x50x20cm, reflecting the company’s commitment to environmental protection (photo Inventario - Massimo Gardone). - Caption pag. 83 Above: the LOS #2 lamp designed by Angela Jansen, Marcus Mastenbroek and Patrick Schuur uses a magnetic mechanism produced by Crealev that allows the upper part of the object to levitate, suspended in the air. To the side: the principle of magnetic levitation applied to the LOS #1 lamp by Angela Jansen for Crealev. Caption pag. 84 The ‘L’Etreinte’ project by Elise Gabriel, at Galerie Gosserez in Paris, consists of tables, chairs and lamps in Zelfo, a new material composed of cellulose that is very adaptable in a liquid state. The Bihstro seat by Damien Bihr for Bihrd absorbs heat during the day and releases it at night. The Lovely Legs lamp by Magpies, the London-based design collective specialized in semantic regeneration of old furniture with a traditional image. The Einn seat by Erla Solveig Óskarsdóttir for Ames has simple but interrupted lines. The frame is in brushed steel; seat and back in UV-resistant plastic. - Caption pag. 85 The seats of the Grid series by the Korean designer Jaebeom Jeong explore the relationship between computer-generated forms and the classic forms of traditional objects, proposing an original solution in which the functional logic and aesthetics of the object coincide perfectly.
inview
Light, year zer O p. 86 by Valentina Croci
Lamps that evoke the typologies of the past, with nostalgia or irony. But also experimentation on new forms and functional hybrids. Now that the era of incandescence is over, new horizons open up for lighting design. Lamps are a symbol in our collective image-bank, a metaphor of ideas, invention, brilliance. The incandescent bulb (banned starting in 2011) has influenced the configuration of lighting fixtures and the way their forms have been rooted in our memory. The tributes to Edison’s invention by Ingo Maurer are famous, from the Bulb Lamp (1966) to Lucellino (1992), which make the bulb’s profile the expressive force of the object. Similar though conceptually different examples include Luminator (1954) and Lampadina (1972) by Achille Castiglioni for Flos, in which the electrical device identifies the product as well as acting as one of its components. Fixtures with traditional bulbs, including other non-incandescent types, are designed around the light source, based on the need to provide areas for heat dispersion, structures for reflection, power cables. Until today, lamp-objects provided a sort of garment, albeit functional and high technological, for the same set of lightproducing articles. Archetypes have emerged, like the traditional table lamp with shade, or the desk lamp with a flexing arm, ushered in by the Anglepoise model by the English designer George Carwardine (1932). The elimination of incandescents stimulates the use of compact fluorescents, the so-called energy saving bulbs and the new LEDs, which thanks to the research of companies like Osram and Philips Lighting emulate the old light sources in terms of both form and light colortemperature. These devices can be screwed on in place of the old bulbs to permit ‘retrofitting’: the adaptation of obsolete products with new technologies, without altering their structure. LED bulbs, then, conceal their essence to conserve a reference to the past. For the better quality and more competitive price, companies
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are investing heavily in LEDs for the decorative domestic lighting sector. At the same time, catalogue bestsellers are being updated for new bulbs, along with product families that ape traditional types. There are even replicas of the incandescent bulb itself, though all that remains is the outer image. Examples include the bulbs suspended on metal wires of Hoi Polloi, designed by Ingo Maurer, and LED is More by Davide Groppi, a reminder of solitary wires on the ceiling waiting for someone to attach a chandelier. Though LEDs are very different in terms of components, potential and performance, they are used like other light sources, and in products whose forms look familiar. Technological innovations have always required long periods to be optimized by designers and understood by users. And the conclusion of a cycle like that of the incandescent bulb can lead to a situation of attachment to fading memories. This is why many lamps now reference archetypal, retro forms. On the other hand, there are fixtures that start precisely with this cultural assumption and ironically play with the most predictable parts – forms, gestures, materials – to trigger an effect of surprise and disorientation. So Looksoflat by Stefan Geisbauer for Ingo Maurer presents us with an Anglepoise that is as flat as a sheet of paper, and Heron by Enrico Azimonti for Bilumen offers an archetype of the table lamp, traditional only in its form, reduced to a comic-like sketch, while the light source uses two LED strips. Fixture typologies have remained the same, along with the ways we light spaces. We usually apply diffused light for the whole room, often from ceiling fixtures, and add accent light with table lamps and spots where needed. LEDs, on the other hand, should be designed with different functions and forms of expertise. Knowledge of electronics makes it possible to optimize circuits, and designers need to be familiar with the technical and thermal issues involved. Since the light source does not have infrared emissions, like a halogen, it does not produce heat. But its power supply still heats up. LED fixtures do not have to adapt to pre-set forms or volumes, like fixtures that use fluorescents or halogens. There are no longer just the ‘dots’, but also strips and entire surfaces that make it possible to create all kinds of geometric designs, even irregular ones, practically infinite in terms of size. Artemide, this year, is focusing on fixtures with mixtures of lines, including the lamp by Ross Lovegrove, whose LEDs are housed on circuit boards printed directly on aluminium plates. The potential of technology lies in effects of light and shadow, and in freer use: the sources can be applied to furnishings, creating hybrid, multifunctional objects. Like Toy by Martinelli or Blanko by Santa&Cole: indefinite typologies of surfaces that dematerialize light and reject the usual idea of luminous volumes. The optimizing of LEDs leads to a type of lighting by zones, a directional approach. As in the Nordic countries, light is not diffused by specific, organized in terms of precise points of use: warmer, with dimmers, for relaxation and reading, or brighter, with accents, for the desktop or near the dining table. The appropriate use of the light source helps to achieve sustainability and energy savings. In spite of the fact that LEDs are known for their small size, long duration, low energy consumption, high performance in on-off cycles and reduced environmental impact, we should also remember that a lamp, when improperly used, can drastically reduce durability. And once the lamp is broken it gets thrown away. Leading to the problem of disposal and recycling of parts. - Caption pag. 86 Kelvin, designed by Antonio Citterio together with Toan Nguyen for Flos, is a rendering of the usual reading lamp with arm and flat diffuser, Led source. Presented in 2010 it’s already considered as an initiator of the new era of home lighting. - Caption pag. 87 Above, from left: Double C-Future by Ingo Maurer, with flexible OLed modules suiting an impacting appearance; the lamp Giulia by Catellani&Smith, the outcome of Enzo Catellani’s study on Leds and light and shade effects, is carried out in nickel-plated, flexible metal. The reading lamp Panama designed by Eugadesign for Omikron. Carried out in aluminium with antidazzle, polycarbonate floodlight and with a Led source hiding the call to memory. - Caption pag. 89 Above: Santa&Cole presents BlancoWhite, a family of luminous objects that use LumiSheet LEDs, previously found only in signage. Right-hand: floor lamp Balance by Fritsch-associés for Axo Light, based on a thread-like play of weights and counterweights in steel and aluminium; the reading lamp Halo by Karim Rashid for Artemide, with revolving diffuser, base and stem in painted metal, diffuser ring in silicone rubber. Facing page, left: Katana, designed by Valerio Cometti for ITre, combines LEDs and sound. The Sensai technology packet interacts with audio files from bluetooth devices in the environment. Right: Sospesa by Omar Carraglia and Davide Groppi for Davide Groppi, a sheet of LED light, just 10 mm thick. - Caption pag. 90 Suspension lamp Giò by Nemo- Cassina Lighting. Designed by Angeletti Ruzza Design and featuring aluminium body and polycarbonate diffuser, dematerializes the object by stressing the Led source. Below: reading lamp Flo by Foster+Partners for Lumina, 120°- rotating arm on the base and 270°-rotating head . Caio, reading lamp from the collection Alvaline by ViaBizzuno, design Mario Nanni, round base in aluminium, where a lit up aluminium section is inserted, continuous Led lighting, and base supplied with an always on blue Led source allowing to find the lamp in the dark. Below: the lamp Edge by Amanda Levete for Established & Sons, an ultraflat and light dart that makes use of the Oled Lumiblade source by Philips, antidazzle and low emission light. - Caption pag. 91 Above: Serpentine by Gabi Peretto for FontanaArte, suspension lamp featuring a sinuous and plastic shape to accommodate 270 Leds along the lower surface. Next: Javelot Macro, standard Led lamp for outdoors by Odile Decq for Luceplan. Organized in three “javelins” of light crossing through an asymmetric joint assembled on the stem. Next: Top Four Table by Alberto Basaglia and Natalia Rota Nodari for Luxit. 4 high power, 1 w, Leds allow to light up desks and workplaces.
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INproduction
The New STo Ne Age
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by Katrin Cosseta Marble and natural stones are going through an aesthetic and technological renaissance. In the third dimension. Numerically controlled machines enliven surfaces with relief textures, shape furnishings and objects with unexpected sinuous lines and ultrathin bodies. It’s the new frontier of stone design: stones like fabrics, onyx like a precious painting, marble like lace, created using production scrap. The sustainable lightness of marble. - Caption pag. 92 Cinderella Table, designed by Jeroen Verhoeven and produced by GVM with numerically controlled machines, from a block of Carrara statuary marble. Limited edition of 8 pieces. In the background, three-dimensional weave of white Carrara marble, from the Marblelace project by Patricia Urquiola for Budri. Photo by Alberto Parise. - Caption pag. 93 Concentrico by Paolo Ulian for Le Fablier, component table in Carrara marble, cut with waterjet technology. Numbered edition. In the background, from the Natura collection by Antolini, cladding in Impala Black granite, zebra texture, in sheets of 130x250 cm, thickness 2-3 cm. - Caption pag. 95 1. Clé by Cédric Ragot for Ymer&Malta, table in white Carrara (or black) marble, limited edition of 8 pieces. 2. Thin by Paolo Ulian for F65, chair with sheet-metal structure, covered with a thin layer of marble. 3. Tiltino by Thomas Sandell for Marsotto edizioni, table in white Carrara marble with polished finish. 4. Sunshare by Emmanuel Babled, chair with fluid lines in white Carrara marble. Editions by Studio Babled. In the background, facing page, Deco by Denis Santachiara for Marmi Ghirardi, facing in white statuary marble with three-dimensional texture made with a numerically controlled computerized system, offered in two 80x50 cm modules. 5. Stone Tree Panel by Michele De Lucchi with Angelo Micheli and Philippe Nigro for Piba Marmi, divider panels in perforated Pietra Senape, Raw Silk surface. 6. Wabi by Paolo Ulian, table made by joining small scraps of different types of marble in an irregular way. Prototype. - Caption pag. 96 1. Shiro by Enzo Berti for Kreoo by Decormarmi, bookcase with brushed larch shelves, back and dividers in different types of marble: Saint Marie gray, Velvet Onyx, Sivec white or Estremoz white. 2. Lamps from the Cubic Square and Pyramid line, designed and produced by MT&S. The collection is made in Yellow Tiger onyx, veined statuary marble, White Gold Vein onyx and Rosa Backlight onyx. In the background, Jewels by Ferruccio Laviani for Citco, a wall composed of a mixture of different types of natural onyx, sculpted with different forms to bring out the nuances and transparencies. - Caption pag. 97 3. Tuba freestanding washstand by Carlo Colombo for Antoniolupi, in the black marble version, produced by Italmarble Pocai. 4. Bathtub in Travertine marble from the Le Cave Sistema Uno collection by Emanuel Gargano and Marco Fagioli for Vaselli. 5. Quark by Emmanuel Babled for Edizioni Nilufar, low black marble table. In the background, Tasca, by LuccheseDesign for Marmi e Graniti d’Italia Sicilmarmi, wall covering that creates perforated pockets for the insertion of greenery, in Ponente Granigliato stone. - Caption pag. 98 Ciuri, from the Lithea collection, freestanding washstand by Marco Piva for MGM Furnari, in white Carrara marble. 2. Pipa by Carlo Colombo for AntonioLupi, center-room washstand in Carrara marble. In the background, covering in Pietra Serena with concept nuance by Raffaello Galiotto, from the collaboration between Lithos Design and Il Casone. Texture made with numerically controlled machine tools. - Caption pag. 99 3. Caso/Vesuvio vase designed by El Ultimo Grito and produced by Up Group in Bardiglio Nuvolato marble. 4. Extrawall, a reinterpretation in white Carrara marble of the divan of the same name by Piero Lissoni for Living Divani. One-off made by Gemeg. 5. Infinity Bench by Paolo Armenise and Silvia Nerbi for Franchi Umberto, composition of modular seats for urban furnishings, in three different modules, made with scrap from the cutting of large blocks of different types of marble: Gioia white, Bardiglio, Zebrino, Calacatta. - Caption pag. 100 1. Marble Plates, designed and produced by Victoria Wilmotte, plate-trays in Carrara, Savoy Blue and Crema Michelangelo marble. 2. Oasi by Enzo Berti for Kreoo by Decormarmi, seating in Travertino Paglierino and Travertino Noce, sand-blasted, with seat in thermo-treated ash wood. In the background, from Savema, the Organic Texture line, marble sheet in Zebrino Deep Grooved finish. 3. Onsen by Rodolfo Dordoni for Salvatori, tub from a complete bath collection in Lithoverde, the innovative ecocompatible material composed of 99% marble scrap and 1% natural resin. 4. Void by A+A Cooren for Ymer&Malta, table in white Carrara or black marble. Limited edition of 8 pieces. 5. Plato Alto by Jeff Miller for Cerruti Baleri, container column made with a single block of Marquina black marble. In the background, from the Mida’stone collection of Benetti Stone Philosophy, Gotico, facing and flooring in Yuna Dark marble with engraved silver decoration.
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