INdice/contents dicembre/december 2011
INterNIews brasile/brazil 29
giovani designer young designers semiologie brasiliane/Brazilian Semiologies gli eredi dei campana bros/Heirs to the Campana Bros
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IN copertina: poltroncina con anelli di metallo e vimini intrecciato realizzata dai Fratelli Campana. Questo prototipo di seduta, Fotografato per le strade di SÃo Paulo, esemplifica il tipico approccio dei due designer brasiliani, fatto di ibridazioni di tecniche, materie e linguaggi. on the cover: chair with metal rings and woven wicker by the Campana Brothers. This prototype, photographed in the streets of São Paulo, exemplifies the approach of the Brazilian design duo, based on hybrids of techniques, materials and languages. foto di/photo by: Ruy Teixeira
si ringrazia per la gentile collaborazione l’ Ambasciata d’italia in brasile, il Consolato generale d’italia a san paolo E l’ Ambasciata del Brasile a Roma. Our thanks for their kind collaboration to, the Italian Embassy in Brazil, the Consulate General of Italy in São Paulo, and the Brazilian Embassy in Rome. si ringrazia inoltre particolarmente la signora Ivana tuta papa. We would like to extend particular thanks to Ms. Ivana Tuta Papa.
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project
progetti glocali/Glocal projects con/with getulio, luiz galvÃo, renato imbroisi 40 scenografia Set design l’arte del samba/The art of samba 42 grafica Graphics joana lira 44 fotografia Photography renan cepeda: lighting paintings 46 mostre Exhibitions rosalen & marchetti: territories complexity 49 fashion file giovanni bianco: Raccontare emozioni Narrating emotions 50 cinema attesa per il cinema brasiliano Great expectations for Brazilian cinema 53 in libreria in bookstores 57 itinerari Itineraries landmark hotels a brasilia, sÃo paulo, rio de janeiro 64 showrooms são paulo il design italiano in vetrina/Italian design showcased 83 imprese e territori Companies and territories strategie italiane in brasile/Italian strategies in Brazil 95 musei museums Vintage ad alta quota/High-altitude vintage 98 eventi events primo festival dell’innovazione di sÃo paulo The first Festival of Innovation of São Paulo design verde oro a milano/Brazilian design in Milan
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INdice/CONTENTS II
INtopics
INitaly 103
project
un fantastico mondo di vetro/A fantastic world of glass eventi events milano design weekend 2011 120 paesaggio landscapes Diario Digitale, la Lucania è on line Digital Diary, Lucania online 122 premi prizes Premio Carlo Scarpa per il Giardino Carlo Scarpa Garden Prize 2011 124 food & beverages 106
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di/by gilda bojardi
interni speciale brasile Interni special issue Brazil coordinamento di/coordination by antonella boisi
INtroduction 2
traduzioni translations indirizzi firms directorY
il mercato brasiliano in prima linea
The Brazilian market on the front line foto di/photos by ruy teixeira - testo di/text by francesco morace
INservice 126 137
editoriale editorial
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il laboratorio delle città/The laboratory of cities foto di/photos by leonardo finotti, andrés otero/luzphoto a cura di/edited by future concept lab
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la sede dell’ambasciata d’italia a brasilia diventa verde
the Italian Embassy in Brasilia goes green foto di/photos by ruy teixeira - testo di/text by antonella boisi
INteriors&architecture 16
intorno all’architettura/Around architecture testo di/text by isay weinfeld
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porto feliz, fasano boa vista hotel progetto di/design by isay weinfeld foto di/photos by andrés otero/luzphoto testo di/text by matteo vercelloni
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são paulo, promenade architecturale progetto architettonico di/architectonic project by studio mk27/marcio kogan con/with suzana glogowski foto di/photos by nelson kon - testo di/text by alessandro rocca
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1. rio de janeiro, ipanema home 2. quinta da baronesa, country house progetti di/design by studio arthur casas foto di/photos by andrés otero/luzphoto, leonardo finotti testi di/texts by matteo vercelloni
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il piacere dell’ordine naturale
The pleasure of natural order progetto di/design by Bernardes + Jacobsen Arquitetura foto di/photos by Leonardo Finotti testo di/text by Alessandro Rocca 40
são paulo, una casa con affinità moderniste
São Paulo, a house with modernist affinities progetto architettonico di/architectonic project by liliane barboza - progetto d’interni di/interior design by liliane barboza e/and studio ricardo bello dias foto di/photos by gabriel arantes testo di/text by maria ignez barbosa
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INsight INtoday 46
le ‘meraviglie’ di são paulo/The “wonders” of São Paulo foto di/photos by kassÁ/getty images testo di/text by marcio e/and gabriel kogan
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l’altra città: progetti di social housing per le favelas
the other city: social housing projects for the favelas foto di/photos by andrés Otero/luzphoto testo di/text by antonella boisi
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INdice/CONTENTS III 52
la città che verrà, con i mondiali 2014 e le olimpiadi 2016 the city of the future, with the World Cup 2014 and the Olympics 2016 testo di/text by fernando serapiÃo INcounter
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bernardo paz foto di/photos by Ruy Teixeira - testo di/text by Mario Gioia INarts
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ernesto neto: labirinti del sentire/Labyrinths of sensation di/by germano celant INscape
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il brasile come modello del mondo Brazil as a model of the world di/by andrea branzi
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INdesign INprofile 70
tropicalismo moderno/Modern Tropicalism foto di/photos by Ruy Teixeira a cura di/edited by Regiane Mancini con/with Alison LimontT testo di/text by Cristina Morozzi
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il mondo di/The world of marcelo rosenbaum foto di/photos by Filippo Bamberghi testo di/text by Valentina Croci
84 78
il corpo dei simboli di/The body of symbols of rodrigo almeida foto di/photos by Filippo Bamberghi testo di/text by Stefano Caggiano
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vik muniz progetto architettonico di/architectonic project by L2 Arquitetura/Luciana Pereira progetto d’interni di/interior design by Liliane Barboza foto di/photos by Gabriel Arantes testo di/text by Ricardo Bello Dias INcenter
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projetos do mediterrânico foto di/photos by Ruy Teixeira a cura di/edited by Regiane Mancini con/with Alison LimontT
INproject 100 tropical new wave foto di/photos by Andrés Otero/LuzPhoto a cura di/edited by Paula Acosta
92
INproduction
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design brasileiro foto di/photos by Ruy Teixeira baba vacaro intervista/interviews sergio buchpiguel/dpot
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sostenibilità: le dinamiche dei marchi grendene e osklen sustainability: the dynamics of the brands Grendene and Osklen testi di/texts by francesco morace
INservice
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traduzioni translations
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indirizzi firms directorY di/by adalisa uboldi
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INtopics / 1
EDiToriaLe
B
rasile, seconda puntata. Dopo il primo numero monografico di luglio/agosto 2002 ci focalizziamo ancora su questo immenso Paese. Perché? Innanzitutto perché, sulla scia dell’evento Momento Italia-Brasil (ottobre 2011-giugno 2012), questo è l’anno dell’Italia in Brasile. E lo sarà anche quando, i Mondiali di Calcio nel 2014 e le Olimpiadi nel 2016, restituiranno, sotto gli occhi di tutti, gli sforzi compiuti e le opere di nuova modernizzazione che il Paese sta affrontando per presentarsi alle sfide del futuro. Un numero nel segno del Progetto. Quello architettonico autoctono, straordinariamente capace nei lavori dei suoi principali protagonisti (da Oscar Niemeyer a Ruy Ohtake, da Arthur Casas a Bernardes Jacobsen, da Isay Weinfeld a Marcio Kogan) di rafforzare un’adesione al valore del bon vivre, con una particolare attenzione per la tematica ambientale. Un numero anche nel segno del design, che si rivela nei lavori dei suoi attori, dai fratelli Fernando e Humberto Campana alle giovani e promettenti leve dei designer carioca, in grado di mostrare le peculiarità della creatività brasiliana che, nonostante la globalizzazione, conserva l’orgoglio per le proprie tradizioni e radici culturali. Così, alla fine, nel confronto tra un design euro-centrico e un design antropolgicamente differente, da São Paulo a Rio de Janeiro, da Brasilia a Belo Horizonte e alle città più a sud, abbiamo percepito la crescente fiducia dei progettisti internazionali nelle imprese locali, in un mercato che sta crescendo a ritmi più che significativi (è stata stimata una crescita economica del 5.5% nel 2011). E se la produzione locale ha una buona qualità, le imprese italiane del design guardano con grande interesse alle potenzialità del mercato brasiliano (nonostante il problema dei dazi ad oggi molto elevati). Questo numero avrà una presentazione eccezionale, a Brasilia il prossimo 6 di dicembre presso l’Ambasciata d’Italia – terminata nel 1977 su progetto di Pier Luigi Nervi – e a San Paolo, l’8 dicembre, presso la Pinacoteca di Stato, progetto di Paulo Mendes da Rocha. Gilda Bojardi
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Un’immagine dello spettacolo ensaio sobre a beleza, per la cerimonia di apertura del MIB (Momento Italia-Brasil) in Praça Floriano a Rio de Janeiro, il 15 ottobre scorso, progetto dell’artista italiano Valerio Festi /Studio Festi do Brasil. Foto di Mariana Vianna.
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2 / INtroduzione
IL BRASILE INCARNA I paradigmi del futuro: VI È LO SPAZIO PER UNA visione rinnovata DELLE PROFESSIONI, UN rilancio dei valori UMANISTI, UNA rigenerazione DELLA ricerca scientifica E tecnologica, UNA CENTRALITÀ DEL design, LA DEFINIZIONE DI strategie DI LUNGO TERMINE
IL mercaTo BrasILIano foto di Ruy Teixeira testo di Francesco Morace
P
arlare oggi di innovazione – come sappiamo –significa dare al design e alla creatività un ruolo che fino a ieri era assunto quasi esclusivamente dalla tecnologia. La definizione ormai da tutti accettata è design thinking. L’esperienza estetica – nella sua espressione più legata al “sentire”, al gusto e all’intuizione – permea ormai il consumo in tutto il mondo e riapre i giochi consegnandoci un mercato da ripensare, da ricreare,
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da ridisegnare. In questo contesto alcuni Paesi e alcuni mercati emergenti acquisiscono una centralità e un’ importanza particolare, perché incarnano spontaneamente i paradigmi del futuro. Il Brasile in questo gioco è in prima linea. Un mercato di 200 milioni di abitanti in permanente trasformazione in cui il verso è multiplo: nuovi prodotti e servizi non più solo per i ricchi ma per una vigorosa classe media, e nello stesso tempo un laboratorio creativo nella definizione di nuovi linguaggi e progetti in architettura, moda, design, grafica, arti visive, nuove tecnologie, pubblicità. In questo percorso il design thinking è quanto di più vicino ci sia all’esperienza di incrocio tra arte, spirito del luogo (genius loci) e tecnologia: è in questa dimensione che va ripensato anche il senso dell’innovazione in un Paese come il Brasile. Le diverse dimensioni e tendenze della
contemporaneità, infatti trovano in questo Paese un catalizzatore di straordinario dinamismo. Paradossi culturali, dinamiche sociali contraddittorie, sorprendenti e talvolta drammatiche: in questo labirinto di realtà, culture e visioni, si muove il Brasile odierno, uno dei Paesi a più alta elaborazione di linguaggi espressivi e interscambio sul piano internazionale, di cui il successo già qualche anno fa delle flip flop Havaianas è diventato icona ed emblema. Non più folklore e stereotipi, ma un progetto felice che incrocia materia locale (il caucciù), semplicità, design e orgoglio nazionale che ha portato l’azienda Alpargatas che gestisce la brand ad abbracciare la scelta coraggiosa di applicare sul prodotto una piccola bandiera brasiliana. Una situazione complessa e allo stesso tempo di grande stimolo critico e creativo, che trova nello
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INtroduzione / 3
In PrIma LInea sviluppo progettuale del binomio Etica-Estetica molti casi di importante riferimento: dall’abbigliamento sostenibile di Osklen – ormai distribuito in tutto il mondo – alla scommessa creativa di Melissa che – come Alessi in un settore completamente diverso – ha deciso di lavorare sulla plastica aprendosi alla collaborazione con i maggiori designer del mondo, sia nel prodotto che nello spazio di vendita. Tutti gli elementi di questo gran caleidoscopio culturale sono continuamente fertilizzati e nutriti dal fattore umano, elemento fondante dell’identità brasiliana, e rilanciati dalla grande importanza della relazione: dal caos generativo del Sambodromo (il luogo in cui sfilano durante il Carnevale le diverse scuole di samba) alla crescente rilevanza dei media digitali, come avviene nel progetto Porto Digital di Recife, ultima frontiera della condivisione
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creativa in un porto commerciale. Le analisi del Future Concept Lab (che lavora da 10 anni in Brasile e che nel 2010 ha fondato proprio in Brasile la sua prima filiale estera – FCL do Brasil ) dimostrano come in questo Paese vi sia lo spazio per una visione rinnovata delle professioni e del mercato: un rilancio dei valori umanisti, una rigenerazione della ricerca scientifica e tecnologica intorno a un nucleo forte di valori creativi che arriva dalla tradizione umana e sociale, una centralità del design – inteso come processo intuitivo produttore di qualità – la definizione di strategie di lungo termine che il mondo politico e istituzionale ha saputo immaginare per il miglioramento della qualità della vita e per l’integrazione socioculturale della diversità che il Paese dimostra di aver raggiunto rispettando la propria vocazione arcobaleno.
OSCAR NIEMEYER, PALAZZO DELL’ ALVORADA. CEMENTO E VETRO, BRASILIA, 1957.. LA FORTE ORIZZONTALITÀ DEL COMPLESSO LO RENDE PARTE INTEGRANTE DEL GIARDINO, PROGETTATO DA ROBERTO BURLE MARX COME UN’OASI PER PIANTE E ANIMALI ESOTICI PROTESO VERSO IL LAGO PARANOÁ.IL PALAZZO DELL’ ALVORADA È SEGNATO DA COLONNE PARABOLICHE IN CEMENTO ARMATO CHE SOSTENGONO, QUASI SENZA SFIORARE IL TERRENO, L’EDIFICIO IN VETRO, CUBICO E ORIZZONTALE. IL RITMO COSTANTE DEI PILASTRI, CHE NASCONO OGNUNO DALL’ ALTRO, REALIZZA UN EFFETTO OTTICO DI MOVIMENTO. IL PALÀCIO DA ALVORADA (PALAZZO DELL’ ALBA) È LA RESIDENZA DEL PRESIDENTE BRASILIANO.
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4 / INtroduzione
Gli ambienti sono stati lussuosamente arredati da Niemeyer e dalla figlia con opere pittoriche, tappezzerie e sculture realizzate da artisti nazionali. a sinistra, nella biblioteca, tappezzeria “musicos” dell’artista Di Cavalcanti. sotto, nel salone d’onore tappezzeria dell’artista kennedy bahia pagina a lato, a sinistra Jangada (tipica imbarcazione artigianale) do Nordeste, di Candido Portinari. a destra opera di Andrè Bloch, architetto e scultore francese.
L’obiettivo allora diventa quello di porre il Brazilian Way (il codice genetico brasiliano che da noi è stato analizzato in un libro realizzato con il Senai Cetiqt di Rio de Janeiro dal titolo emblematico DNA Brasil) al centro di una nuova visione strategica che concilia la qualità dell’ambiente, l’accessabilità dei prodotti, l’intelligenza del management e la felicità della vita quotidiana, secondo una pratica interdisciplinare, innovativa e umanistica, allontanando il fantasma della visione economicocentrica proposta dal capitalismo e dalla finanza tipicamente anglosassone che si sta ormai ridimensionando in tutto il mondo, abbandonando la vecchia logica di una globalizzazione sorda a qualsiasi differenza, che schiaccia il genius loci di popoli e Paesi. In questo gioco il Brasile – diventato la sesta potenza economica del mondo superando proprio l’Italia – ha ormai acquisito un ruolo decisivo come hanno dimostrato le ultime riunioni del G20. La visione brasiliana può rilanciare in questo modo non solo il Sud del mondo, ma anche i Paesi e le aziende che ne riconosceranno la centralità. È probabile che questa visione si dimostri capace di attrarre energie e interesse in particolare in quei Paesi che in modo indiretto, attraverso il loro coinvolgimento nel mondo coloniale, rappresentavano le “altre sponde” della cultura brasiliana: dalla penisola iberica all’Olanda, dal Giappone all’Italia della grande migrazione. Proviamo allora a definire gli obiettivi a lungo termine di una visione avanzata per il Brasile contemporaneo: 1) focalizzare una visione per il terzo millennio che
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orienti in modo nuovo la globalizzazione economica, partendo dal carattere unico di questo Paese, con le sue immense risorse naturali e le sue energie “demografiche” (l’età media della popolazione brasiliana si aggira attorno ai 28 anni, contro i 43 e più dell’Italia...) definendo la centralità interdisciplinare della creatività, dell’innovazione e della sostenibilità; 2) creare una comunità di operatori eccellenti nel mondo dell’impresa, della cultura, della formazione, della politica, che condividano questa visione e lavorino insieme in questa direzione: in questo senso il punto debole sembra ancora essere il sistema educativo ancora troppo incentrato sulla scuola privata, il basso tasso di scolarizzazione, la sua qualità media e il suo accesso per strati sempre più ampi di popolazione; 3) dare al sistema Paese Brasile una nuova dignità, con una capacità di trasformare le proprie qualità quotidiane in virtù e in valori permanenti, puntando su un orgoglio e una appartenenza al di là del nazionalismo in cui a volte l’amore per la bandiera sembra trascinare il popolo brasiliano, in modo difensivo e acritico, lasciando spazio a un populismo di maniera; 4) attivare progetti di ricerca e consulenza, con un respiro internazionale e interdisciplinare, che possano circolare rafforzando la visione e i valori di un Brasile al centro del mondo, capace di misurarsi alla pari sia con la vecchia Europa, sia con gli Stati Uniti in declino, sia con gli altri paesi del BRIC (Russia, India e Cina) in poderosa crescita, sia con un continente africano che per radici e cultura guarda al
Brasile come un fratello maggiore. Per rispondere a questa sfida è necessario definire un percorso in cui il design thinking e la conoscenza delle proprie radici dimostrino inaspettati punti di contatto e di vitalità e un potenziale straordinario in termini di nuove metodologie di lavoro. Il Brasile deve costruire la sua unicità sulla capacità di giocare la propria intelligenza su diversi livelli e con protagonisti eccellenti impegnati nella costruzione del futuro. La Rete e le nuove comunità di progetto (che in Brasile hanno già un grande peso) possono assumere oggi un ruolo strategico in questa sfida creando le condizioni di confronto e di condivisione che in altri Paesi esistono nelle Università, nelle imprese, nei centri di ricerca: per questo ad esempio si parla oggi – in considerazione del grande contributo di Internet a questo tipo di progetti – di Rinascimento 2.0. Per sostenere questo filone di pensiero è però necessario conoscere e riconoscere un nuovo modello manageriale e imprenditoriale che definisca il nuovo senso dell’innovazione, attraverso il design thinking e il riconoscimento delle qualità brasiliane. Si tratta di una nuova convergenza che segue quella digitale: l’incontro felice tra impresa, consumo e progetto. Nella prospettiva di una esistenza futura per aziende e persone, il mondo e le tendenze del consumo non dimostrano infatti l’autonomia valoriale che hanno espresso negli ultimi venti anni, ma contribuiscono seriamente al rilancio di un ventaglio di valori avanzati, sperimentali, che si manifestano attraverso comportamenti e parametri suggeriti e supportati dalle nuove tecnologie.
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Entriamo nel mondo dei consum-autori che anche in Brasile si esprimono ormai con decisione, come abbiamo raccontato nel libro adottato in molte Università del Paese: Consumo Autoral. La previsione che la new economy avrebbe rivoluzionato i valori essenziali dell’esistenza e il rapporto con il sé (diventando terminali isolati di informazione), con il tempo (accettando l’istantaneità del vivere) e con lo spazio (incoraggiando deterritorializzazione e indifferenza nei confronti del luogo), si è rivelata completamente sbagliata. Proprio a partire dalla metà degli anni ’90, si sono infatti manifestate decise controtendenze che riscoprono e rivalutano la memoria, le origini, le radici, il tempo denso e lento, il territorio, le narrazioni, l’etnico, oltre che la condivisione e la sperimentazione espressiva: tutto quello che rende il Brasile un Paese unico e originale. Ciò vale per le persone nella loro esistenza privata e quotidiana, mentre nel mondo del lavoro e delle professioni solo oggi cominciano ad emergere dubbi e perplessità nei confronti del modello performativo e accelerato imposto negli anni ’90 come nuovo standard di qualità e professionalità. Il nuovo percorso che sarà sempre meno solo tecnologico e sempre più anche culturale, alla ricerca di un nuovo senso dell’innovazione, si baserà sui 5 pilastri che devono oggi orientare le esperienze fondamentali del nuovo Brasile e che molti professionisti e persone cominciano a riconoscere come valori di straordinaria forza evocativa: la nuova percezione, la memoria visionaria, la creatività pubblica, l’emozione sostenibile, il senso del corpo e della bellezza. Vediamoli insieme.
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il mercato brasiliano / 5
La nuova percezione. Il tema della percezione è ormai chiaramente diventato il più sensibile nello scenario attuale del progetto, sia in termini estetici che di qualità percepita. La percezione riguarda i processi, i materiali, i dettagli, e quindi i nuovi criteri di valutazione dell’esperienza, riconoscendo quel virtuosismo creativo che ad esempio in Italia è già solido attraversando moda e design e che in Brasile deve trovare nuove forme di espressione. Nel nuovo mercato per “consumatori percettivi” bisogna quindi affrontare il tema attraverso interventi sui nuovi linguaggi espressivi, con un design “sensibile” che accompagni le nuove esperienze di consumo. In questa visione rinnovata il Brasile può attivare nuovi percorsi di lavoro, allo scopo di sensibilizzare la classe dirigente e i creativi su questi temi a partire dalle qualità materiali, dalla bio-diversità del territorio (dalle infinite sfumature del legno all’enorme varietà della frutta), e dal patrimonio energetico del Paese (dal bio-diesel al petrolio) e sulla possibilità reale di un decollo internazionale del sistema imprenditoriale. La memoria visionaria. La capacità di memoria (umana e tecnologica) e la vocazione visionaria (personale e collettiva) costituiscono le due direzioni di sviluppo per le estetiche avanzate, e diventano decisive quando si misurano l’una con l’altra. Questi due temi dovranno essere sviluppati e approfonditi nelle aziende e istituzioni brasiliane in modo nuovo e originale. In questa dimensione bisogna attivare quella memoria visionaria che già in passato possiamo rintracciare nell’esperienza progettuale brasiliana prima con il tropicalismo di De Andrade e
il modernismo architettonico di Oscar Niemayer, poi nella musica con l’esplosione della Bossa Nova che ha attraversato 50 anni di notorietà mondiale, e poi più recentemente nelle aree del design con i fratelli Campana e una intera generazione di giovani progettisti, nella moda con la Fashion Week di San Paolo e nella pubblicità con le agenzie più creative del continente americano. La creatività pubblica. Il trasferimento creativo e progettuale dalla dimensione privata alla vita pubblica, costituisce un passaggio strategico fondamentale per comprendere la traiettoria etica ed estetica che si deve sviluppare nelle società avanzate nella prospettiva di costruire nuovi paradigmi per il futuro. Per questo la gestione e progettazione degli spazi pubblici si conferma arte sovrana e torna oggi ad essere il luogo decisivo dell’innovazione, plasmando un nuovo modello di sviluppo che in Brasile parte con il concepimento di Brasilia, unica capitale al mondo costruita in pochi anni fondandosi su una alleanza creativa tra politica, architettura e urbanistica. Anche oggi è importante sottolineare la capacità politico-istituzionale – tutta brasiliana – di lanciare e sostenere seri programmi di pacificazione e rilancio delle aree più degradate e violente nelle megalopoli (le favelas di Rio, San Paolo ma non solo) e della qualità diffusa di design degli spazi nel retail, anche partendo dalla passione per lo sport, come nel caso del Museo del Calcio di San Paolo, uno dei luoghi più visitati della città. Aggiudicarsi sia i Mondiali di Calcio del 2014 che le Olimpiadi del 2016 ha significato in questo senso sancire la rilevanza internazionale di un Paese che diventa d’embleè il
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6 / INtroduzione
gli uffici e le stanze di rappresentanza del presidente del Brasile occupano l’intero piano terra, mentre al piano superiore è riservata la vera residenza, non accessibile.
laboratorio globale della creatività pubblica. L’emozione sostenibile. La sostenibilità costituisce oggi il tema di riflessione e sviluppo che maggiormente stimola investimenti economici e psichici nel mondo globale. La Silicon Valley californiana si è trasformata in un luogo in cui il nuovo orizzonte viene guidato dalle qualità ambientali e dalle innovazioni ad esso rivolte. Nel nuovo scenario la chiave vincente risulta quella della sostenibilità vissuta in termini emozionali e non ideologici, attraverso cui i progetti vengono vissuti come arricchimenti della propria integrità personale e della propria visione del mondo. In questa dimensione bisognerà affrontare il tema dell’emozione sostenibile e della co-progettazione. Il Brasile con la propria sconfinata esperienza nel mondo naturale ed energetico ne è nel mondo un esempio paradigmatico: le aziende più grandi e illuminate come Petrobras e Natura stanno negli ultimi anni lavorando seriamente su questo versante.
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Il senso del corpo e della bellezza. Il corpo e la bellezza tornano a cercare riferimenti nella propria rinnovata ricerca della “sezione aura”, del canone della bellezza assoluta, che in Brasile spesso corrisponde alla magia della chirurgia estetica, in cui il Paese con il “maestro” Pitanguy detiene la leadership mondiale. La cura del corpo assomiglia sempre più – in Brasile più che altrove –a una “nuova religione”, mentre bellezza e salute rappresentano “la salvezza”. Su questi presupposti bisognerà definire un nuovo percorso di senso per le persone e per le comunità locali, un nuovo senso dell’agire, ridefinendo valori e comportamenti che si distacchino dai canoni imposti dalla moda, dalla televisione e in seconda battuta dalla chirurgia estetica, per valorizzare invece la singolarità del carattere. È per questo che bisognerà in Brasile affrontare in modo nuovo il tema della bellezza tra moda, design, cosmetica, salute, così come il rapporto tra territorio e cibo. Con la stessa sensibilità
bisognerà affrontare anche il tema del well-being e delle nuove iniziative collegate al benessere personale, che soprattutto a San Paolo, costituiscono ormai uno straordinario laboratorio di innovazione . In questa prospettiva le sfide della crescita, dell’appartenenza di genere, della condivisione anagrafica, del transito esistenziale, rendono cruciali in Brasile le riflessioni socio-psicologiche su generi e generazioni, che ritroviamo al centro dell’esperienza di ognuno. Il rapporto tra femminile e maschile – ad esempio – ha ormai abbandonato la dialettica di rivendicazione ed emancipazione del femminile per abbracciare la più sottile dimensione della reciprocità. Ciò in Brasile avviene in modo naturale. Nell’emergere delle nuove tendenze vengono segnalate in particolare innovazione spontanea, relazione quotidiana, qualità del territorio, importanza del gusto e del corpo, convivialità e rapporto tra le generazioni. Tutte qualità e valori che in Brasile sono molto forti e facilmente riconoscibili.
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Per concludere sul tema del futuro che ci aspetta, è importante ragionare sulla sfida della felicità, che sta diventando un nuovo paradigma per le società avanzate sostituendo il PIL (prodotto interno lordo) con il PIQ (prodotto integrato qualità). Il Brasile in questo caso risulta davvero in pole position: molte ricerche di economia della felicità, compresa la ricerca Happiness Matrix realizzata negli ultimi 3 anni da FCL in collaborazione con Senai Cetiqt, dimostrano la percezione particolarmente elevata che la popolazione brasiliana esprime nei confronti della propria condizione di vita, che sembra orientarsi sempre più verso il polo della felicità e della soddisfazione, seguendo i nuovi canoni indicati nello schema passato versus futuro: _ la felicità che divide; la felicità che unisce _ il dono della felicità a pochi fortunati; la felicità del dono, accessibile a tutti _ la felicità come appropriazione, acquisizione; la felicità come scambio, condivisione
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il mercato brasiliano / 7
_ etica della felicità individuale; felicità nell’etica personale _ la felicità del consumo; il consumo felice _il racconto della felicità, attraverso l’ostentazione; la felicità del racconto, attraverso l’immaginazione _ la felicità proiettata nel futuro e nella tecnologia; il futuro e la tecnologia, ricondotti ad una vita felice _ la felicità da difendere, che crea ansia;la felicità da condividere, che crea serenità _ la felicità come “effetto speciale”; la felicità come affetto “speciale”. L’ipotesi di fondo che viene confermata dai risultati della ricerca riguarda il cambiamento nel modello stesso di esperienza felice, e il modo in cui essa viene percepita: meno legata al possesso e all’acquisizione di beni materiali, e più vicina ad una capacità di gioire insieme. Il Brasile è potenzialmente in sintonia con questi risultati, dimostrando una grande vocazione e un talento nell’esprimere questo tipo di felicità, che ha anche il merito di essere universale,
inscrivendosi nell’orizzonte di una modernità avanzata: di ri-avvicinare gli adolescenti agli adulti, i giovani ai maturi. Una felicità non-economica e molto emotiva, sensoriale, che tutti gli intervistati dimostrano di apprezzare. Le imprese brasiliane hanno una grande opportunità di sviluppo e affermazione, proprio partendo dalla loro capacità di esprimere un carattere profondo e definito in termini di felicità nel consumo quotidiano, tentando una focalizzazione sui processi produttivi e progettuali. L’ipotesi conclusiva di questa riflessione è che il Brasile sia culturalmente e intuitivamente attrezzato per rispondere adeguatamente alle esigenze di consumo per un futuro felice se solo sarà in grado di sviluppare questa ipotesi di lavoro con rigore e determinazione.
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8 / INtroduzione
NEI prossimi anni SI ASSISTERÀ A UN cambiamento d’epoca: EMERGERÀ LA centralità DELLE città COME laboratori di creatività E DI innovazione. SAN PAOLO E RIO DE JANEIRO FUNGERANNO DA GRANDI CALAMITE URBANE, CON UNA POPOLAZIONE COMPLESSIVA CHE SUPERA I 30 MILIONI DI ABITANTI, E DIVENTERANNO catalizzatori VIVENTI DI sensibilità nuove
IL LaBoraTorIo a cura di Future Concept Lab
L
a crisi economico-finanziaria si è abbattuta sul mondo dell’economia, dei consumi e sull’esistenza delle persone come un ciclone. Il ciclone trasformerà i paradigmi socio-culturali verso un cambiamento d’epoca che condurrà all’esplosione definitiva dei modelli di comunicazione e di consumo come li abbiamo
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finora conosciuti. Salteranno così i modelli di business più consolidati e finora praticati: si vivrà, si consumerà, si lavorerà, in modo radicalmente diverso. Dovranno per questo cambiare le prospettive di crescita e di consumo, le ipotesi di sviluppo e i filtri interpretativi della realtà. Tutti guardiamo al ciclone come qualcosa di inevitabile che ci sovrasta, ne siamo giustamente spaventati, ci chiediamo quando passerà e quante vittime lascerà sul terreno. Tutti pensano al ciclone. Pochi riflettono sul suo occhio. Ciò significa cambiare l’angolazione, definire prospettive nuove, immaginare nuove visioni. L’occhio del ciclone della crisi nei prossimi 5 anni, infatti, produrrà il miracolo: proponendo un nuovo punto di vista, con una visione integrale sul mondo e un pensiero lungo sul senso dell’esistenza. Nei prossimi anni assisteremo a un cambiamento d’epoca.
Cambieranno definitivamente le regole e i paradigmi dell’educazione, della cittadinanza, delle attività aziendali: cambieranno i modelli di business e i modi di produrre, comunicare e distribuire e il modo di essere persone e cittadini. I nuovi paradigmi che emergeranno dall’onda lunga della crisi si orienteranno verso alcune dimensioni socio-culturali che già oggi costituiscono la nuova piattaforma strategica per imprese e pubblica amministrazione: la sostenibilità, la condivisione, la cura e la salute del corpo, la qualità del tempo e dello spazio, il valore del quotidiano. In queste dimensioni il Brasile sia come cultura che come Sistema-Paese sembra essere collocato in una posizione invidiabile, godendo di una sorta di vantaggio del ritardo. Il gusto, la sensibilità, la qualità del quotidiano, il benessere, tutti valori presenti in
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DeLLe cITTà modo diverso nella storia e nella cultura brasiliana, verranno ripensati e ridefiniti nei prossimi anni sulla base di questi nuovi paradigmi che renderanno obsolete le logiche che fino ad oggi hanno imperato nel mondo delle economie più avanzate, superando definitivamente l’opposizione locale/globale e privato/pubblico. La qualità di vita degli spazi pubblici si affiancherà a quella degli spazi privati, e la domesticità si ispirerà alla vita urbana, e non più solo il contrario, come fino ad oggi nel Brasile più ricco è avvenuto. E qui emerge la centralità delle città come laboratori di creatività e di innovazione. Nelle città come San Paolo e Rio de Janeiro verranno costruiti i paradigmi per la costruzione di un nuovo scenario dal quale le imprese e le istituzioni non potranno prescindere nei prossimi anni. La sfida sarà per la sopravvivenza: non si tratterà di essere più
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innovativi o avanzati degli altri, ma di esserci o non esserci. In questa sfida epocale un ruolo decisivo verrà ricoperto dall’analisi e dalla rigenerazione del concetto di Genius Loci: il talento del luogo (e della città) che non è imitabile e quindi rappresenta un deciso vantaggio competitivo. In questo scenario rigenerato assumeranno una nuova centralità la concezione dei beni comuni, la visione di una esperienza libera e accessibile che convergerà in una dimensione di economia ibrida in cui la gratuità e il valore commerciale convivranno. In questo scenario San Paolo e Rio de Janeiro fungeranno da grandi calamite urbane, con una popolazione complessiva che supera i 30 milioni di abitanti, e che diventeranno catalizzatori viventi di sensibilità nuove legate all’innovazione (nel caso di San Paolo) e alla creatività (nel caso di Rio de Janeiro).
UNA SUGGESTIVA VEDUTA NOTTURNA DEL MAC, MUSEO DI ARTE CONTEMPORANEA DI NITERÓI, RIO DE JANEIRO, OPERA (1991-1996) DI OSCAR NIEMEYER, CHE SI PROTENDE DA UNA ROCCIA SUL MARE DELLA BAIA DI GUANABARA. FOTO ANDRÉS OTERO/LUZPHOTO.
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San Paolo. Quick & Deep Il paradigma che proponiamo per interpretare la città di San Paolo è legato alla qualità del quotidiano in cui emergono con forza i temi assiomatici della profondità culturale e della tempestività innovativa. La tempestività definisce la capacità di San Paolo di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto: nell’imprenditoria, nella comunicazione ma anche nel consumo, come la grande varietà della ristorazione paulista dimostra. Si tratta quindi di un concetto legato al quick, alla reazione veloce, ma allo stesso tempo al deep, alla capacità cioè di essere profondi e felici nelle risposte. San Paolo è una città che in questa fase corrisponde perfettamente a questo profilo e che può quindi in modo credibile proporre il fuoco dell’innovazione. La variabile di controllo per definire le regole del gioco è costituita dalla concezione che ognuno elabora della felicità personale: i parametri per definire questa felicità cambiano continuamente e in questo momento costituiscono una sfida culturale di grande portata. Dalla dimensione della crescita economica che ha prevalso a San Paolo negli ultimi anni, ci stiamo infatti spostando – in termini di percezione collettiva – in una dimensione in cui la qualità culturale delle esperienze, acquisisce una forza uguale a qualità materiale dei consumi. I due assiomi evolutivi di San Paolo sono quindi la tempestività innovativa e la profondità culturale. La tempestività innovativa Il paradigma Quick & Deep propone un sofisticato rapporto con il tempo, generando una
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dinamica rinnovata tra velocità e profondità: come abbiamo anticipato essere tempestivi sembra essere una caratteristica della città di San Paolo, cogliendo l’occasione propizia. Anche per questo San Paolo è diventata in questi anni un vero e proprio laboratorio dell’innovazione in tutti i suoi aspetti: dalla dimensione della distribuzione commerciale con i grandi mall urbani, le boutique di Oscar Freire, i centri del lusso come Daslu, fino alle fiere (la San Paolo Fashion Week o il Festival dell’Innovazione) e alla ristorazione, per finire con l’attività delle grandi agenzie della comunicazione e delle multinazionali a più alto tasso di innovazione tecnologica. La profondità culturale La profondità dell’esperienza tempestiva si misura a San Paolo attraverso il parametro della cultura personale. La forza dell’energia culturale è difficile da misurare oggettivamente ma ha una rilevanza decisiva in termini di memorabilità dell’esperienza: la livraria Cultura, la Biennale d’arte nella struttura creata da Niemeyer nel più grande parco della città, il Museo della lingua portoghese, il Centro da Cultura Judaica, il Mam e i tanti altri progetti culturali che arricchiscono il paesaggio umano e urbano di San Paolo hanno trasformato la città in un laboratorio a cielo aperto di approfondimento culturale. Le persone vivono e decidono nelle loro esperienze di vita – sia individuali che collettive – sulla base della loro attesa culturale di felicità orientandole in molti casi attraverso forme avanzate di comunicazione e marketing sul territorio.
In alto, scorcio dell’edifÍcio copan, in Av. Ipiranga, A SÃO PAULO. DISEGNATO NEL 1957 DAL PRITZKER PRIZE OSCAR NIEMEYER é stato costruito nel 1966. la sua struttura in cemento racchiude unità abitative distribuite su 38 livelli. veduta interna dello spazio che accoglie la biennale di SÃO PAULO, manifestazione di arte contemporanea nata nel 1951 per volontà dall’immigrato italiano Francisco Matarazzo Sobrinho (“Ciccillo” Matarazzo). La 30esima edizione si svolgerà nel 2012. l’edificio, ancora un’architettura-icona di oscar niemeyer, prospetta sul Parque Ibirapuera.
foto Andrés Otero/Luzphoto.
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giardino della Fazenda Tacaruna, progettato dal paesaggista Roberto Burle Marx nel 1954 per una residenza firmata da Oscar Niemeyer, a Petropolis, Rio de Janeiro. il giardino è stato portato al suo stato originale, grazie all’accurato lavoro di ricerca fotografica e di archivio condotto dal nuovo proprietario, il pubblicitario Gilberto Strunk. anche la specificità del manto erboso a scacchiera è stata recuperata, grazie agli studi dell’ architetto Guilherme Mazza Dourado. foto Andrés Otero/Luzphoto. scorcio del museo delle attività minerarie e dei metalli a belo horizonte, recente progetto del pritzker prize paulo mendes da rocha che, insieme a pedro mendes da rocha, ha ristrutturato, riconvertito e integrato con un’addizione volumetrica ad hoc, uno storico edificio del circuito cultural praÇa da liberdade. foto leonardo finotti. il mam (museo arte moderna) di santos inaugurato nel settembre 2010, un progetto di metro arquitetos associados e paulo mendes da rocha. foto leonardo finotti.
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La cultura felice non può essere né lenta né veloce, ma si manifesta nella dimensione della tempestività innovativa, cioè cogliendo l’attimo e l’occasione. Questo diventa un grande insegnamento e un utile orientamento per le aziende e gli operatori che desiderano partecipare e contribuire alle dinamiche innovative di San Paolo. Rio de Janeiro. Unique & Universal Il paradigma che proponiamo per la lettura di Rio de Janeiro sottolinea invece una identità locale in grado di produrre un carattere talmente intenso da potersi trasformare in riferimento universale, in altri termini un locale in grado di unicità a livello globale. Rio de Janeiro nella sua assoluta unicità e straordinaria universalità (da molti è considerata la città più bella del mondo) costituisce un laboratorio spontaneo nella ridefinizione dell’antinomia locale/ globale: le particolarità che la rendono un luogo unico e inimitabile, rappresentano una piattaforma di grande credibilità per un laboratorio di tendenze creative. Molte iniziative della Prefeitura di Rio (festival delle tendenze creative, Rock in Rio...) vanno in questa direzione. I due passaggi essenziali per comprendere più a fondo il paradigma Unique & Universal che coinvolge così profondamente la città di Rio de Janeiro sono l’eccezione creativa per quanto riguarda l’Unicità e l’attrattività dell’esperienza per quanto riguarda l’Universalità. Entrambi elementi indispensabili per la costruzione di una piattaforma delle tendenze creative.
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L’eccezione creativa Le analisi più avanzate sulla realtà sociale e individuale, dimostrano che la normalità di ognuno è ormai costituita da eccezioni. La visione economica che è stata - in un Paese come il Brasile in pieno sviluppo economico - concentrata sullo standard e sullo status, si sta ormai esaurendo, indebolendo la concezione stessa dell’identità globalizzata, dell’economia in scala mutuata da altri Paesi, dell’imitazione passiva di altri modelli culturali, della ripetibilità infinita come vantaggio competitivo. La forza nel mercato globale sarà invece manifestata da chi è in grado di produrre eccezioni, esperienze uniche, prodotti straordinari, affrontando la difficile sfida dell’attrattività. Le tendenze creative giocano un ruolo essenziale in questo ambito e una città come Rio - che viene percepita come paesaggio unico al mondo - può davvero sostenere questo assioma. La nascita della Bossa Nova, l’affermazione di Vinicius de Moraes e Tom Jobim nella musica e nella poesia negli anni d’oro del sogno carioca, e la rinascita di questi anni nel cinema e nella comunicazione, in attesa dei Mondiali di Calcio e dei Giochi Olimpici, sembrano confermare la regola dell’eccezione creativa che ha sempre sostenuto questa città. L’attrattività dell’esperienza Rio sembra quindi nutrire quell’elemento che catalizza interesse, energie, passioni, sia nella dimensione digitale della Rete che nel mondo fisico, e che si allontana dallo standard rassicurante, o dallo
la ‘passerella rossa’ progettata da metro arquitetos associados all’interno del complesso della nestlé factory nei pressi di sÃo paulo. il volume funge da elemento di collegamento di unità produttive e come spazio espositivo in sé compiuto e definito. foto leonardo finotti.
stile omologante, per approdare in quell’intensità tipica del singolare, dell’originale, di ciò che è fuori da ogni schema. Il mercato si ri-organizza sulla base di prodotti e progetti attrattivi e attraenti, che fungono cioè da attrattori strani. Le aziende e gli operatori che vorranno declinare il paradigma Unique & Universal dovranno comprendere che la domanda sempre più universale verrà soddisfatta in futuro da offerte sempre più uniche. Rio de Janeiro diventerà in questo senso il laboratorio creativo più avanzato del mondo e già alcune realtà imprenditoriali e creative come Osklen, Farm e la stessa Petrobras sembrano dimostrarlo.
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foto di Ruy Teixeira testo di Antonella Boisi
la sede dell’ambasciata d’italia a brasilia, storico progetto di pier luigi nervi si veste di verde, utilizzando energia rinnovabile per il proprio fabbisogno, con 405 pannelli fotovoltaici installati sul tetto dell’edificio e molto altro ancora
le nuove luci di Brasilia vista di scorcio del palazzo, destinato a uffici e residenza dell’ambasciatore, sul tetto del quale è stato installato un impianto solare fotovoltaico. il progetto si inserisce nella più ampia cornice di farnesina verde, con una strategia che mira, sotto la guida del segretario generale del ministero degli esteri giampiero massolo, ad attuare una serie di iniziative di sostenibilità ambientale. nell’immagine si nota come la complessa sequenza di pilastri, che si diramano in quattro bracci nella parte superiore, sostengano un quadrato regolare, base di una struttura dagli spigoli inclinati. il portico, quasi totalmente libero, diventa così uno spazio ombreggiato e ventilato, che favorisce la vista del lago e del giardino.
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erfetta applicazione delle migliori potenzialità della tecnica strutturale dell’architettura moderna, dove il cemento armato si piega a risultati di estrema solidità, leggerezza e plasticità della costruzione. La sede diplomatica dell’Italia a Brasilia è un interessante lavoro dell’italiano Pier Luigi Nervi, noto in tutto il mondo che, prima di questa realizzazione conclusa nel 1977, aveva già firmato numerosi edifici-simbolo della ricostruzione e del miracolo economico dell’Italia, dalla Sala Vaticana (denominata sala Nervi, nella quale ancora oggi il Pontefice concede udienze settimanali al pubblico) al Palazzo dello Sport a Roma, e, all’estero, il Palazzo dell’Unesco a Parigi. Nell’impostazione urbanistica
di Brasilia su due monumentali assi a croce che disegnano la figura di un aeroplano, secondo lo sperimentale progetto della città di fondazione messo a punto da Lucio Costa e Oscar Niemeyer (con aree a verde di Roberto Burle Marx), l’edificio dell’Ambasciata italiana gode di una vista incomparabile sull’artificiale Lago Paranoá. E il suo giardino curato dall’architetto paesaggista Ney Dutra Ururahy, con particolare sapienza nella scelta delle piante perlopiù di provenienza autoctona e dei fiori, in declinazione di varie tonalità di rosso, insieme alla piscina, alla vasca d’acqua delle ninfee e alla scultura dai riflessi d’acciaio dell’artista italo-brasiliano Moriconi, è considerato uno dei più belli di Brasilia. Inoltre, dopo la ristrutturazione seguita dai fratelli Campana degli interni dell’edificio, che accoglie gli uffici e la residenza dell’Ambasciatore, tutto l’arredo, in un suggestivo mix di mobili antichi e di design contemporaneo accostati ad arazzi, stuoie e oggetti tipici dell’artigianato italiano, mette ancora più in risalto la sofisticata palette materico-cromatica adottata per l’apparato decorativo dell’involucro originario: dai marmi brasiliani (granito verde Ubatuba, rosa Imperiale, azzurro Bahia, rosso Jacarandá, grigio Andorinha) al legno (Sucupira e Jacarandá paolista) per i pavimenti e le boiserie delle sale di rappresentanza. Oggi c’è di più. L’ Ambasciata d’Italia è diventata Ambasciata Verde e l’aggettivo fa la differenza, perché restituisce al progetto un autentico plus in termini di attualità e di valore contemporaneo – è infatti la prima sede diplomatica in Brasile ad utilizzare energia rinnovabile per il proprio fabbisogno: 405 pannelli fotovoltaici installati sull’edificio generano 86 MWh con un risparmio di 7.6 tonnellate di CO2 all’anno. Roberto Spandre, addetto scientifico presso l’ Ambasciata a Brasilia ci spiega che “l’impianto fotovoltaico è collegato alla rete elettrica di Brasilia e consente la cessione dell’energia prodotta in eccesso durante le ore diurne alla compagnia energetica della capitale (CEB)”. L’iniziativa, che si inserisce nella più ampia cornice di Farnesina Verde, è nata da un’idea dell’attuale Ambasciatore Gherardo La Francesca che, nel corso del 2010, ha avviato uno studio tecnico con Enel Green Power e in collaborazione con l’Agenzia Nazionale per l’Energia Elettrica (ANEEL) e la CEB. E sempre nell’ottica di un’ottimizzazione nell’uso delle risorse disponibili, il progetto prevede anche un un impianto di fitodepurazione delle acque reflue da riutilizzare per l’irrigazione delle aree verdi, che un gruppo di imprese italiane (in primis Ecomacchine, Texep, Cmo, Edilbras) e la società brasiliana Ideias sta ultimando nel giardino dell’Ambasciata. Tutto perché, alla fine, quello che era ieri possa diventare domani con una precisa prospettiva: che cultura + ricerca scientifica + impresa e sviluppo possano andare a braccetto, ha sintetizzato Cristiano Musillo, Consigliere Economico e Commerciale dell’ Ambasciata d’Italia a Brasilia, concepita come un luogo sempre più vivo e dinamico, aperto all’esterno, alla città, ad un osmosi continua tra dentro e fuori.
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una sala interna dedicata ai meeting. l’inclinazione delle pareti e i brise-soleil verticali che marcano i prospetti proteggono gli interni dalla luce diretta del sole.
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Isay Weinfeld, ottimo regista e allo stesso tempo architetto di fama mondiale, ha scritto per noi un testo-riflessione sul suo fare “anche” architettura e sui suoi progetti che sono tali solo se su misura del committente
testo di Isay Weinfeld
l’architetto e il cliente tendono ad avere gli stessi gusti. Dopo essermi occupato di architettura per tutti questi anni so con certezza che a indurmi ad accettare un incarico è sapere che il cliente e io condividiamo gli stessi valori. I miei riferimenti vengono da settori che orbitano intorno all’architettura. Ma ciò che meno mi influenza è l’architettura di per sé. Il cinema… sì. Come la danza, il teatro, le arti visive, la letteratura, la gastronomia e la musica, la musica, la musica... Le persone che mi ispirano sono Richard Serra, Mira Schendel, Jacques Tati, Ingmar Bergman, Pina Bausch, Julio Cortázar, Robert Wilson, Robert Lepage, Radiohead, Gavin Bryars, João Gilberto. Mi sforzo costantemente di non raggiungere una specializzazione. Fare solo una cosa nella vita non mi realizza. Per questa ragione faccio arte concettuale, cinema, regia di spettacoli musicali, scenari teatrali; scrivo testi, progetto arredi e oggetti, e faccio anche architettura. Anche qui, faccio del mio meglio per non specializzarmi. Progetto case, uffici, palazzi residenziali e aziendali, negozi, bar, ristoranti, alberghi, banche. In ogni singolo progetto cerco il più possibile di inventare e reinventare, perché non voglio ripetermi, rifare cose già fatte. Non ho particolari preferenze per un solo materiale, colore o elemento… mi limito a scegliere ogni volta quello che mi sembra più adatto. In conclusione, progettare un campanello per porte o un edificio, è la stessa cosa. Quello che mi interessa è progettare il pulsante del campanello per l’edificio che ho progettato. Fra le città europee le mie preferite sono due: Londra e Venezia. Londra, per l’incredibile fusione fra una città moderna a sviluppo incontrollato e un piccolo villaggio di campagna. Venezia, perché i suoi
InTorno all’architettura
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utte le definizioni sono per definizione molto noiose. Questa è solo una delle ragioni per cui non riesco a definire che cosa significhi essere un architetto. Inoltre, a essere sincero, non mi sono mai considerato un architetto: non ho mai davvero saputo disegnare, non ho mai trattato la professione come una religione, non ho mai creduto di poter cambiare qualcosa nel mondo con l’architettura. Non mi occupo soltanto di architettura; non mi piace soltanto l’architettura, mi inorridiscono quelle persone per le quali l’architettura è l’aria che respirano. D’altra parte, l’architettura riguarda la vita delle persone. È nel proprio mestiere che uno rivela il suo modo di vedere le cose. Persino con gli amici parlo soltanto se ho qualcosa da dire, altrimenti me ne sto zitto. Non esiste il buon gusto o il cattivo gusto. Esiste un gusto personale. E, naturalmente, il lavoro viene meglio se
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spazi sorprendono. Uscire da un andito angusto e ritrovarsi in una piazza è sempre una grande emozione. Io abito in un palazzo degli anni Sessanta. Penso che la casa ideale di ognuno dovrebbe fornire comfort e rivelare la personalità di chi la abita attraverso gli arredi e gli oggetti… o magari attraverso la loro assenza. Il rispetto per il cliente è la condizione sine qua non per un progetto riuscito. Progettando una casa dobbiamo ricordare che non stiamo progettando la nostra casa, ma quella del cliente. Questa è la differenza che fa tutta la differenza.
Sopra, ritratto di Isay Weinfeld. (foto fernando guerra) . Nella pagina a fianco, la loggia a due livelli che si sviluppa a fronte delle camere dell’hotel Fasano Boa Vista. All’interno di una cornice in cemento lisciato a vista tutte le superfici sono rivestite di legno (foto AnDrés Otero/luzphoto).
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Fasano Boa Vista Hotel A Porto Feliz, parte di una fazenda estesa su un territorio di settecentocinquanta ettari, a circa cento chilometri da SĂƒo Paulo, il Fasano Boa Vista Hotel cinge la sponda di un lago creando una lunga architettura in curva che abbraccia il paesaggio che l’accoglie. Un segno contemporaneo che si rapporta alle molte storie del modernismo brasiliano progetto di Isay Weinfeld
foto di AndrĂŠs Otero/Luzphoto testo di Matteo Vercelloni
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il blocco centrale dell’Hotel verso il lago. L’ ambiente interno si sviluppa nelle terrazzE continue prospicienti.
o id eos et derfers pedisinto iliquam volore, nonsenis elibeaq uistius dolori volupta et entum alibus as nos mil ipsam fugiam re coresed maiossit maion pre sequia et aspitatum ut eatis sintiis ut harupta eribusam dolum vide et experum int aut ipistem porate velluptioa progetto di xxxxxxxxxxxxxxxxx
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egnare il paesaggio con l’architettura è certamente una delle caratteristiche emergenti di tutta la stagione del modernismo brasiliano da quando Le Corbusier, chiamato nel 1929 a tenere a Rio e a San Paolo uno storico ciclo di conferenze vi aggiunse la famosa proposta urbanistica per Rio de Janeiro, in cui una sinuosa macroarchitettura a ‘nastro continuo’ era pensata per cingere la baia ed estendersi nel territorio. Il Pedregulho di Affonso Eduardo Reidy, costruito a Rio tra il 1947 e il 1950 recepì in chiave ‘ridotta’ quelle indicazioni, per poi portare l’architettura moderna brasiliana con Niemeyer, Lucio Costa e Roberto Burle Marx verso una ricerca compositiva in grado di trasformare ogni costruzione in ‘scultura
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architettonica’ rapportata al paesaggio e al sito d’intervento. Il paesaggio, la potenza della vegetazione tropicale, diventa quindi per l’architettura brasiliana un riferimento obbligato con cui confrontarsi e in grado di fare abbandonare agli architetti del dopoguerra i canoni modernisti dell’International Style per definire un atteggiamento di tipo ‘glocale’, capace di miscelare le seduzioni del razionalismo con una sorta di componente organica tutta locale che ancora permane nelle opere contemporanee.
Vista del fronte complessivo con i blocchi delle camere su due livelli affiancati in modo continuo. Al centro il volume della hall reception. per la terrazza, arredi di gervasoni.
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La hall è caratterizzata da ampi spazi e da un impiego del legno perobinha mica per la pavimentazione e freijÓ per la copertura. gli arredi sono una colta antologica di pezzi classici danesi, tavolini, poltrone, sofà disegnati da hans J. wegner negli anni cinquanta e sessanta. Ant. Igendel ipsam nulpa alitatiur, officiis molore, eum idus eost dolorest, cum alita simuscia voluptae. Adi diore, officid elictus provitas dolorupta volorum quid eum quamvoluptae. Adi diore, officid elictus provitas dolorupta voloru
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Vista di una camera. Uno scorcio della zona comune, con in primo piano, la sedia pavone (peacook chair), in legno curvato nello schienale, disegnata da hans j.wegner nel 1947 per johannes hansen e rieditata dal 1992 da PP Møbler.
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Sotto uno scorcio del bancone bar interamente rivestito di legno freijÓ come le pareti al suo intorno.
L’hotel Boa Vista, calato in un ambiente naturale a perdita d’occhio si affianca ad una serie di altre strutture che definiscono in sinergia l’intero complesso ricettivo; ville private, una spa, un centro per bambini, strutture sportive e per l’equitazione, si affiancano ad un vasto campo di golf in un paesaggio scandito da radure e macchie boschive, segnate da una serie di piccoli laghi disposti per natura a macchia di leopardo. Su uno di questi si affaccia l’hotel pensato come una struttura architettonica su due livelli chiamata a segnare la sponda lacustre e ad emergere in modo eloquente come segno contemporaneo. Materiali naturali come legno (nelle essenze autoctone perobinha mica, freijó) e pietra
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(tipo moledo), stucco e fibre naturali, sono impiegate per definire l’intera immagine architettonica interna ed esterna. L’edificio è scandito essenzialmente da due elementi ben riconoscibili: la parte centrale della hall d’ingresso e i corpi ad essa laterali delle camere. La prima è contenuta da due pareti di pietra e caratterizzata dalla copertura piana con travi di legno lamellare portate in aggetto a coprire terrazze continue, pensate come prolungamento diretto en plein air degli spazi interni, e a sporgere dal filo facciata per disegnare un ritmo geometrico e ligneo di riferimento. Al corpo centrale, quasi indipendente e autonomo, si affiancano le ali delle camere organizzate da essenziali parallelepipedi allineati in serie a formare concettualmente un ‘sistema architettonico a sviluppo infinito’, capace di seguire orografie e curve del paesaggio. Questi volumi sono caratterizzati da una cornice di cemento a vista al cui interno si sviluppa una loggia a doppia altezza, completamente rivestita di legno, che accoglie lo spazio esterno delle camere sovrapposte. Queste si aprono con grandi vetrate continue arretrate verso la pedana del piano terreno e la terrazza del primo livello, disegnando una zona d’ombra che a livello architettonico rende il corpo complessivo ricco di spessore, e di ‘sapore materico’, che abbandona il tema modernista della facciata continua complanare per enfatizzare piuttosto il carattere ‘organico’, e tutto brasiliano, di un filone dell’architettura moderna che permane, secondo molteplici espressioni, ancora nel nuovo millennio.
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igore modernista in versione tropicale: la superficie grezza del cemento armato, la luce violenta che scava ombre profonde e le geometrie elementari dei piani che si incontrano nell’incastro perfetto, in quello che Le Corbusier chiamò “il poema dell’angolo retto”. “Sono un grande ammiratore della generazione dei modernisti brasiliani e sono impegnato nel difficile compito di continuare la linea di quella tradizione” dichiara Marcio Kogan, fondatore e leader di studio mk27. E alle sue spalle si allunga l’ombra dei giganti che, a partire dall’incontro e dal rapporto con Le Corbusier, di passaggio a Rio de Janeiro negli anni Trenta, hanno costruito l’identità del modernismo brasiliano. Da quella vicenda deriva direttamente la linea carioca: Lucio Costa, Alfonso Reidy e l’ancora attivo Oscar Niemeyer, classe 1907; ma per Marcio Kogan, che vive e lavora a San Paolo, è probabilmente più vicina la memoria della scuola paulista fondata da João Batista Vilanova Artigas e proseguita con successo, fino a oggi, da Paulo Mendes da Rocha, esponente di punta del cosiddetto brutalismo brasiliano e vincitore del Pritzker Prize 2006. Rispetto ai suoi predecessori, Kogan ha
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intrapreso un suo percorso originale alla ricerca di un’architettura immediata e spettacolare, utilizzando i volumi puri, i piani liberi, le prospettive tese del linguaggio modernista. In un certo senso, Kogan potrebbe essere l’equivalente di quello che Niemeyer è stato per i modernisti di Rio, cioè un continuatore fedele alla linea ma anche un innovatore, estroso e pieno di energia, che trasforma il dogma austero e rigoroso della prima ora in una visione più leggera e pragmatica dove balza in primo piano la forza delle immagini. Le strutture, per esempio nelle case private, come Osler e Paraty, sono gusci, involucri in cemento armato messi in evidenza da svuotamenti e trasparenze, cornici materiche indifferenti alla legge di gravità.
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a sテバ paulo, Lo studio fotografico SC ティ una performance in cui si passa dalla geometria alla scultura. Con rigore, ma anche con ironia, Marcio Kogan plasma lo spazio con un approccio scenografico rileggendo e interpretando, a modo proprio, la lezione dei maestri del modernismo brasiliano progetto architettonico di studio mk27/ marcio kogan con suzana glogowski
Promenade architecturale foto di Nelson Kon testo di Alessandro Rocca
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Porte e finestre tendono a scomparire per lasciar posto solo alla struttura muraria, allo spazio che fluisce dall’interno all’esterno come attraverso una scultura o un’installazione di Land Art. È un’idea già molto presente nell’architettura di Mendes da Rocha, basti pensare al suo celebre Museo della scultura brasiliana costruito a San Paolo nel 1965. Il progetto dello studio SC, a San Paolo, organizza uno spazio complesso dove si mescolano attività diverse. È infatti uno studio fotografico specializzato nella produzione di immagini di cibi e pietanze, e quindi si devono comporre due ambienti, quelli dedicati alla fotografia e quelli riservati alla cucina, che hanno esigenze piuttosto diverse e che, per ovvie ragioni, devono restare separati. L’idea di Kogan è di drammatizzare la duplicità funzionale, di farne il tema del progetto. Perciò lo studio è un contenitore rettangolare dove trovano posto, ai due estremi, le due microarchitetture separate e collegate da una passerella sospesa, un ponte che sorvola l’ambiente centrale e che diventa l’elemento che dà forma e
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in apertura, Uno scorcio del giardino dall’interno dello studio fotografico. La facciata in pannelli metallici può essere parzialmente o completamente chiusa a seconda delle esigenze legate alle riprese fotografiche. Davanti al box in legno, un’area per incontri informali con le Slow Chair, design Ronan and Erwan Bouroullec per Vitra, e Truffle in versione verde, poltroncina disegnata da Jean-Marie Massaud per Porro.
L’open space con le poltroncine da scrivania Pod + Pod Speed, disegnate da Piero Lissoni per Living Divani e gli storici Trolley di Joe Colombo, produzione Kartell. Le postazioni allineate contro la parete e la passerella in cemento a vista che collega i due blocchi degli spazi riservati. l’interior design è stato curato da diana radomysler, beatriz meyer.
personalità a tutto lo spazio. Kogan opera selezionando e portando al limite delle loro possibilità espressive pochi elementi che utilizza per costruire le immagini essenziali che daranno identità e qualità al progetto. Per esempio, la parete affacciata sul giardino è composta da pannelli metallici che si possono disporre in configurazioni diverse fino a scomparire completamente, e l’open space si trasforma in un ampio portico che si appropria dello spazio esterno. O come nel caso dei due volumi separati che, rivestiti completamente di legno, si mostrano come due individui, due totem che si fronteggiano e che trasformano lo spazio che li separa in un interno che sembra un esterno, una piccola piazza coperta. O come la passerella aerea che, attraverso l’escamotage della struttura metallica appesa al soffitto, ottiene una snellezza che la rende audace e vertiginosa, aumentando ed esaltando l’effetto di spazialità dell’ambiente a doppia altezza. C’è un’energia cinematografica nel modo in cui la passeggiata si lancia nel vuoto mettendo in
movimento l’intero spazio. La regolarità del guscio che racchiude lo spazio non si percepisce, è secondaria rispetto alla tensione lineare della passerella, assecondata dai binari dell’illuminazione, e dalla conversazione tra materiali diversi. I marmi del pavimento, il cemento grezzo della passerella, le pareti in legno degli ambienti separati creano una varietà di toni e texture che si ricompone all’interno dell’involucro neutro, completamente bianco, delle pareti e del soffitto. Attraverso la disposizione sapiente di pochi elementi Kogan ha messo a punto un sistema che, qui come in altri progetti, gli consente di giocare con lo spazio e con i materiali come il gatto con il topo, usando un repertorio di soluzioni spaziali di grande effetto scenico. Sotto questo profilo Kogan sposa in pieno l’illusionismo visionario dei maestri brasiliani, da Roberto Burle Marx a Oscar Niemeyer, per rivolgersi alla mente ma anche al corpo, per il piacere dell’occhio e per il valore dell’esperienza sensoriale.
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A sinistra, un ritratto di Arthur Casas (foto ancar barcalla). Sopra, una vista della zona giorno con divano groundpiece di antonio citterio per flexform, poltrone vintage, a sinistra, e poltrona esfera di Ricardo Fasanello per etel interiores, a destra, tavolino tondo d’antiquariato in jacaranda, tappeto di nani chinellato. sul fondo, credenza sospesa Onda di Arthur Casas per etel interiores, sedie in cuoio K2 di koi design e lampada vintage da terra.
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1. Ipanema Home
A Rio de Janeiro, un attico affacciato sulla spiaggia di Ipanema che ha trasformato la tipologia preesistente per valorizzare un grande spazio unitario proiettato verso l’orizzonte del mare progetto di studio Arthur Casas foto di AndrÊs Otero/Luzphoto testo di Matteo Vercelloni
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il controcampo della zona giorno: in primo piano porta candele d’antiquariato in jacaranda sul tavolo in Jerusalem Limestone, stesso materiale impiegato per la pavimentazione.
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sotto, uno scorcio della cucina collegabile con una porta a tutt’altezza apribile in modo completo con lo spazio unitario della zona giorno; lampade bossa di lumini e sgabelli BCN di Harry&camila per kristalia. un angolo del soggiorno con scrivania in legno di hugo frança e poltroncina anel di ricardo fasanello per espasso. Pianta complessiva arredata.
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panema è un barrio della zona sud della città, ma è anche il nome di una delle spiagge più famose del mondo. La sua immagine, oltre che alla lunga lingua di sabbia che cinge la città di Rio de Janeiro, è legata anche alla famosa canzone “Garota de Ipanema” che il poeta Vinicius de Moraes e il compositore Antonio Carlos Jobim, composero nei primi anni ’60 per poi diventare il pezzo più noto della bossa nova brasiliana, tradotto in varie lingue, ed eseguito in tutto il mondo. Ipanema, quindi, appare come un riferimento dell’immaginario brasiliano e riuscire ad affacciarsi su questa spiaggia dalla propria casa è certo un privilegio per pochi che va valorizzato con attenzione.
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Il progetto di ridisegno di questo ampio attico sviluppato per una superficie complessiva di circa 650 metri quadrati è stato affrontato da Arthur Casas con uno spirito teso alla valorizzazione della spettacolare vista percepibile dall’interno, sfruttando al meglio la notevole lunghezza della vetrata continua (venticinque metri) che offre una sorta di strepitoso ‘quadro naturale’ che segue l’avvicendarsi della luce del giorno e delle stagioni. Alla vetrata preesistente corrisponde un ampio ambiente unitario che, liberato dalle partizioni divisorie della distribuzione antecedente, diventa il cuore della casa organizzando l’intera zona giorno con cucina connessa tramite una porta a tutt’altezza apribile in modo completo. Cinque forti colonne cilindriche trasformano in presenze scultoree ed essenziali i pilastri strutturali, mentre a fianco dello spazio unitario, e sempre affacciata sulla spiaggia è collocata la camera da letto padronale con bagno proprio che si pone quasi come una cellula compiuta e indipendente nell’ambito della nuova disposizione planimetrica complessiva. Questa divide in due zone distinte l’attico con al centro l’ingresso con blocco scala e ascensore. A destra si sviluppa la zona giorno affacciata verso il panorama della spiaggia e proiettata verso il mare, a sinistra è collocata la zona notte organizzata nell’interno con tre camere da letto e bagni dedicati, un locale di servizio e una stanza dedicata all’home theatre. Il grande spazio unitario è scandito dai ritmi delle colonne che formano, insieme al pilastro su cui si innesta il camino sospeso su disegno, una sorta di ‘recinto interno’, ‘stanza nella stanza’ in cui è organizzata la zona living dove si confrontano arredi su disegno e pezzi di modernariato brasiliano. Sul fondo e a fronte della cucina, quale funzionale conclusione prospettica, il lungo tavolo da pranzo appositamente disegnato per questo spazio è affiancato da un mobile contenitore ligneo sospeso a muro che si rapporta alla linearità dell’immagine complessiva. Linee nette e superfici piane sono sottolineate anche dall’elemento sospeso di legno dal forte spessore che funge da appoggio e seduta correndo alla base della vetrata panoramica. La palette materica e cromatica dalle tonalità chiare, come il bianco per pareti e soffitti e la pietra Jerusalem Limestone impiegata per il pavimento della zona giorno e ripetuta come piano del tavolo da pranzo, concorrono alla definizione di uno spazio luminoso, solare, aperto alla scena offerta dal paesaggio prospiciente invitato a ‘invadere’ gli spazi domestici come un quadro in continuo cambiamento.
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il volume della ‘spina’ centrale, che contiene l’ ingresso e il sistema della scala, svetta come un parallelepipedo ligneo dall’intera costruzione, seguendo in sezione il declivio del terreno verso un piccolo lago. a quota inferiore si sviluppano gli altri spazi della casa, costruita con mattoni di recupero a vista.
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2. Nel Paesaggio
A Quinta da Baronesa, poco lontano dal caos di SĂŁo Paulo e in un paesaggio naturale di boschi e colline, una casa che si innesta nel terreno assecondandone i movimenti naturali senza tuttavia rinunciare alla sua figura compiuta, scandita da geometrie precise e riconoscibili per la definizione di una ricercata contemporaneitĂ progetto di studio Arthur Casas foto di Leonardo Finotti testo di Matteo Vercelloni
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il legno che riveste il corpo d’ingresso ritorna nei massicci elementi brise soleil e nel deck che cinge la piscina. chaise longue di casual exteriores. affacciata sulla piscina la stanza dedicata all’home theatre con divano Condado di Sem design per dpot, tavolini e sgabelli capri di jorge zalszupin per etel interiores, tappeto di nani chinellato e lampada da terra AJ, di arne jacobsen per louis poulsen.
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rthur Casas è architetto radicato fortemente alla sua città, San Paolo, cui sempre si rapporta in una ricerca architettonica che può essere sintetizzata, come indicato nella sua recente monografia, in quattro elementi di riferimento: modernismo, cosmopolitismo, caos urbano, cura del dettaglio. Per questa casa, calata
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con attenzione in un paesaggio naturale, che offre ampi orizzonti, dolci declivi che alternano boschi a radure e campi coltivati, e che appare perfetta cornice alternativa alla città, per i weekend o i periodi di vacanza, Casas sembra sintetizzare per sommatoria e confronto i suoi ‘fattori guida’ in una sintesi compositiva che si fonda per materiali, colori e per scelte volumetriche con la natura dell’intorno. L’impianto generale, che segue in sezione il declivio verso un piccolo lago, è caratterizzato da una ‘spina’ centrale che contiene l’ingresso e il sistema della scala interna, proponendosi come il volume emergente dell’intera costruzione, svettando come un parallelepipedo ligneo dalla quota campagna. A fianco del monolito stretto e lungo, interrotto sui lati da vetrate continue aperte verso la campagna, si sviluppano a quota inferiore tutti gli spazi della
casa, costruita con mattoni di recupero a vista che ben si rapportano ai temi dell’architettura agricola ricordandone materiali e colori, reinventandone figure e incastri volumetrici. Il legno che riveste il corpo d’ingresso si ritrova nei forti elementi brise-soleil che arricchiscono il movimento di facciata, nella pavimentazione degli interni e nel deck che cinge la piscina pensata come prolungamento orizzontale della spina di riferimento. La vorticosa verticalità dello spazio ingresso si apre, una volta entrati nella casa, alla vista del completo orizzonte per condurci, scendendo i gradini della lunga scala lignea ai due livelli della casa. Il primo accoglie la zona notte e gli spazi di servizio, sommando a quattro camere da letto con bagno dedicato alcune aperte verso ampie terrazze, quella padronale proiettata verso la piscina sottostante. Scendendo al piano terreno
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gli spazi domestici si integrano tra loro, unendo sulla sinistra cucina e zona giorno, scandita da un grande camino divisorio e caratterizzata dall’idea di unire in modo diretto interno e paesaggio con l’intera ‘parete infisso’ lignea ruotabile a 90° verso l’esterno in modo da trasformarsi in copertura planare in aggetto, che si unisce a livello visivo ai segni orizzontali dei massicci brise-soleil del piano superiore, eliminando ogni elemento divisorio tra soggiorno e spazio en plen air. Le pareti lisciate bianche di tutti gli ambienti valorizzano il legno della pavimentazione e fanno da contrappunto alla materia antica del mattone che caratterizza l’involucro complessivo che stringe il volume della spina centrale. Una casa che si ‘stempera’ nel paesaggio che l’accoglie per materiali e colori; un’articolata successione di spazi sintetizzati in un inequivocabile segno contemporaneo.
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in alto, il living con divano king arthur di montenapoleone, con a fianco sgabello della cooperativa Ilha do ferro, tappeto di nani chinellato, poltroncine tranÇada in tessuto di arthur casas per casa matriz. sul fondo, la cucina con le poltroncine anel di ricardo fasanello per espasso. Pianta arredata del piano terra. nell’immagine piccola, la zona pranzo con i tavoli triangular di Arthur casas e con le sedie in cuoio K2 di koi design.
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Il piacere dell’ordine naturale foto di Leonardo Finotti testo di Alessandro Rocca
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na connessione materiale molto forte unisce i volumi puri di villa JN al paesaggio di Itaipava. Itaipava si trova vicino a Petrópolis, a circa un’ora di macchina da Rio de Janeiro; grazie alle dolci colline e al clima asciutto e temperato, la regione è una delle mete favorite per i fine settimana e la villeggiatura della borghesia carioca, ed è anche una specie di collezione en plein air dell’architettura moderna brasiliana con alcune delle opere più famose di Oscar Niemeyer e di Roberto Burle Marx. È qui che lo studio Bernardes Jacobsen ha realizzato una lussuosa residenza privata che trasforma un lembo di paesaggio tropicale in un giardino di delizie. Non si tratta solo di una villa ma di un piccolo quartiere che aggiunge al corpo principale altre costruzioni autonome come una spa con piscina, una casa per i bimbi, un canile, un padiglione con campo da tennis e un’abitazione per i dipendenti. Nell’insieme, un complesso che si dispone nella piccola valle come un sistema leggero, con ampie parti loggiate e aeree pensiline a listelli di legno. Ma questo non vuol dire che sia un’architettura timida o mimetica; anzi, al contrario, il progetto si impossessa del luogo con decisione, usando tutti i riguardi ma anche tutta la forza necessaria per domare un’energia potente come quella del tropico brasiliano.
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La villa è una grande galleria a forma di ‘T’ affacciata su uno specchio d’acqua artificiale. Accanto, Un ritratto dei tre titolari dello studio Bernardes Jacobsen: Thiago Bernardes e Paulo Jacobsen, i fondatori, con il giovane Bernardo Jacobsen.
Incastonata tra le colline della magnifica regione di Petrópolis, villa JN si impossessa del luogo con cura e con decisione, con tutta la forza necessaria a domare una natura esplosiva come quella del tropico brasiliano progetto di Bernades + Jacobsen Arquitetura
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Sopra: Lo spazio completamente vetrato al centro della spa, con la vasca per l’idromassaggio, in continuità con la piscina che si protende nel giardino. Pareti e soffitto sono rivestiti da listelli in legno di grapia mentre il pavimento è in pietra verde d’Indonesia. Poltrone Gray 01 di Paola Navone per Gervasoni. A sinistra: Uno scorcio del living, nella villa, che si apre completamente verso l’esterno grazie a una parete scorrevole. Poltroncine Mozart di Antonio Citterio per Flexform. Nella pagina accanto: La pianta generale che evidenza i due nuclei principali, la villa affacciata sul laghetto e la spa con piscina. la spa vista dalla villa principale, sotto il brise soleil in assi di legno. Le strutture degli edifici sono in laminato di pino, cemento armato e acciaio.
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L’integrazione nel paesaggio è molto importante: il padiglione della spa, per esempio, è formato da due ali in pietra congiunte da una hall completamente aperta e posta in asse con la piscina. Un effetto che consente allo sguardo di chi si trova nella villa di filtrare oltre, di raggiungere il rilievo che chiude la prospettiva del giardino e di perdersi nello sfondo del bosco. Tutti gli elementi del complesso appartengono al genere dell’architettura ‘pavillionaire’ che si ispira agli spazi fluidi e informali della residenza temporanea, di villeggiatura, con la riservatezza e l’isolamento
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adatti all’ozio e gli spazi fluidi, permeabili, della vita sociale e del contatto intenso con l’ambiente naturale. Quello di Bernardes e Jacobsen è uno studio storico, giunto ormai alla terza generazione, che ha disegnato innumerevoli residenze di lusso e che conosce molto bene l’arte di calibrare i toni del rustico e del metropolitano con un dosaggio perfetto di eleganza e semplicità, mediante soluzioni capaci di fornire ogni comfort e, nello stesso tempo, di dare il massimo risalto al fantastico scenario naturale. Il loro modernismo, così teso e asciutto, può ricordare alla lontana i
capolavori anni Cinquanta dei maestri hollywoodiani, da Richard Neutra ad Albert Frey, ma il rapporto diretto la natura tropicale e una certa essenzialità visionaria portano più vicino ai fantastici resort costruiti a Città del Messico, negli anni Sessanta, da Luis Barragán.
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Sopra: Al centro della villa è situato il vano delle scale. Al piano inferiore si trovano gli ambienti di servizio, i locali tecnici e il garage. A sinistra: Uno scorcio della sala da pranzo e del percorso che, sotto il porticato in legno, conduce alle tre camere da letto. Sotto: La pianta generale mostra tutti gli edifici del complesso che, oltre alla villa e alla spa, conta la casa dei bimbi, gli alloggi dei dipendenti e il campo da tennis con padiglione
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Nella veduta notturna, la luce che filtra attraverso il leggero porticato di legno. Nel muro in pietra di Moledo si apre la finestra illuminata dell’office.
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in un’esclusiva zona di São paulo, una casa-autobiografica che parla di percorsi personali, di scelte di gusto ma soprattutto di una grande passione per l’architettura e il design, condivisa con gli amici di tutto il mondo progetto architettonico Liliane Barboza progetto interni Liliane Barboza e studio Ricardo Bello Dias
affinità moderniste
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ntrando in casa di Márcio e Liliane Barboza, nell’elegante quartiere Jardins, a San Paolo, qualcosa mi evoca Mies van de Rohe. E dalle linee rigorose e dai toni del grigio dominante, affiora anche il DNA di Lina Bo Bardi e di Paulo Mendes da Rocha. Eppure il progetto, le linee minimaliste e moderniste di questa splendida abitazione, compositivamente racchiusa nell’immagine di una monolitica scatola su pilotis a racchiudere il patio, priva di finestre ma con enormi pannelli di vetro che lasciano entrare in casa il verde del giardino e l’azzurro del cielo, sono opera della stessa giovane padrona di casa, soli 31 anni, più conosciuta come Lili. Non ha paura, Lili, di lasciarsi influenzare da architetti sacri, o di attingere alle loro radici. Tutt’altro. Un sorriso le illumina il volto quando racconta il piacere di essere stata guidata da Tadao Ando alla Fondazione Pinault di Venezia, e non esita a dichiarare che le scale che uniscono i quattro livelli della casa e i cui scalini fuoriescono a sbalzo dalle pareti laterali con lucine a led sono stati ispirati da Claudio Silvestrin.
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foto di Gabriel Arantes testo di Maria Ignez Barbosa
Nei ritratti, ricardo bello dias; liliane e mÁrcio barboza. Nell’area esterna, il progetto paesaggistico di Juliana do val, realizzato secondo il briefing “pensiamo Un parco tropicale alla Burle Marx e una piscina con le sembianze di un piccolo lago”. pagina a fianco, vista esterna delLa casa che appare come una grande scatola, un blocco di cemento, la cui texture di fattura artigianale si ispira all’architettura modernista paulista. Questo blocco di cemento è sovrapposto ad altre due scatole di minor dimensione rivestite di limestone, situate al pianterreno. Nello spazio tra questi due blocchi, e circondato da vetrate a tutt’altezza, si trova l’ambiente unitario che ospita il soggiorno e la sala da pranzo.
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Tutti gli ambienti della residenza danno sull’area esterna che è circondata da piante tropicali native. Il tavolino arancione e il tavolo da pranzo sono prodotti da Minotti, così come i divani del soggiorno. Le sedie e le due console da Promemoria. Il disegno del marmo di dimensioni importanti ricorre sul pavimento e sulle pareti, che non toccano mai il suolo o il soffitto. Tutte le porte e le finestre sono state progettate ad hoc. L’illuminazione tecnica è stata realizzata su misura dalla Lumini.
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In modo minuzioso, Lili ha disegnato ogni dettaglio, compresa la dimensione delle enormi lastre di limestone grigio chiaro, 2.80 x 76 cm, che rivestono il pavimento ed alcune delle pareti che molti credono di cemento a vista. È stata sua l’idea delle piccole lastre intagliate, fatte realizzare con i resti di arenaria per rivestire i muri esterni, come anche la scelta di usare pietra vulcanica indonesiana per il rivestimento del camino e della piscina, che in realtà somiglia di più a un laghetto naturale. Trasformare in tavolato le travi di peroba del tetto dell’antica casa che sorgeva sul terreno e che adesso riveste il pavimento del piano destinato a zona notte: anche questa è stata iniziativa della padrona di casa. In cucina, un enorme piano di marmo di Carrara regna sovrano. E come rivestimento delle pareti di tutti i bagni, lastre nere e senza giunture di marmo proveniente dal Nepal, esempio del lusso discreto che pervade tutta la casa. Non è stato difficile
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arredare i vasti ambienti interni. In fin dei conti, il proprietario di Atrium, Márcio Barboza, è il rappresentante in Brasile dei più famosi marchi del design internazionale. L’ amico di lunga data Ricardo Bello Dias, architetto e direttore creativo con base a Milano, ha lavorato, insieme a Lili, al progetto degli interni. Sono stati ‘impaginati’ mobili di famiglia, vintage e di design, nel ricco repertorio offerto da Minotti, B&B Italia, Promemoria. Senza dimenticare i lampadari di Noguchi, i tappeti nepalesi e un po’ di tutto quel che l’imprenditore importa, pezzi che compongono molti showroom aperti a San Paolo. Il grande pianoforte a coda nero dove Lili suona fin da bambina, è eredità di famiglia. E gli oggetti, molti dei quali orientali, come le due figure femminili della dinastia Tang nell’ingresso e le porcellane bianche, tedesche, italiane, cinesi e scandinave sono stati scelti dalla coppia nel corso dei molti viaggi per il
Nel soggiorno, un’eclettica antologica di mobili vintage e di design contemporaneo che portano la firma, tra gli altri, di philippe Starck, Ron Arad, shiro Kuramata, isamu Noguchi, jean Prouvé. Le poltrone JJ di antonio Citterio per B&B Italia (a sinistra) e le Jensen armchair di rodolfo Dordoni per Minotti (a destra) arredano la zona intorno al pianoforte di famiglia americano, uno Steinway anni ’40. La parete di limestone illuminata da luce naturale, accoglie un’opera di vik muniz, della serie di creazioni in cioccolato che l’ artista ha realizzato, ispirandosi al completamento della casa. Il divano Luis e la poltrona in pelle Beverly sono di antonio Citterio per B&B Italia, così come la piccola UP 2 di Gaetano Pesce. la cucina Boffi con i lunghi piani di lavoro in marmo di carrara e in corian (Dupont) bianco. sul fondo, l’angolo pranzo con tavolo vintage e lampadario Superbossa di Lumini.
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L’ ampia suite ospita una spaziosa cabina armadio, docce multifunzione e vasca da bagno Boffi, insieme al box sauna. Il letto con la sofisticata spalliera intrecciata, il sofà e le poltroncine di velluto sono di Maxalto. La poltrona con scocca in cuoio è di B&B Italia.
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mondo, per motivi di lavoro o per vacanza, con il divertissement di visitare case iconiche e d’autore. Vi sono pezzi di design vintage come la poltroncina a dondolo francese anni Venti e la sedia originale in cuoio e ferro nero di Charlotte Perriand. Lo sultoreo tronco fossile, bianco e nero, opera e regalo della natura, si fonde con le tonalità dei grigi del pavimento, del tappeto e dei divani. Le maniglie in bronzo e vetro di Murano sono state appositamente disegnate per la casa. E il mix di tessuti dei grandi cuscini décor come il libro viola su Frida Kahlo accanto allo sgabello, anch’esso viola e di velluto, sono frutto di una sensibile ricerca di Ricardo Bello Dias. Hobby dell’imprenditore è la fotografia. Non ci sorprende dunque l’enorme quantità di foto sparse sulle poche e grandi pareti del salone concepito come uno spazio aperto e ininterrotto: Vik Muniz, Miguel Rio Branco e Mario Cravo Neto. Una pittura del pernambucano Macaparana, un’incisione di Emauel
Araujo, un ‘mobile’ di Knopp Ferro, un dipinto di Sergio Fingerman e sculture di Tunga e Amilcar de Castro fanno parte della collezione d’arte della coppia. Il background di Lili si è formato all’inizio lavorando per una grande impresa di costruzioni paulista e in seguito nella stessa Atrium, l’azienda del marito. Suoi recenti lavori sono l’architettura e gli interni del nuovo B&B Store di San Paolo e del primo showroom di Christian Liaigre in Sud America di prossima inaugurazione, come gli uffici dell’agenzia Africa del pubblicitario Nizan Guanaes a New York. Il peregrinare di Márcio nel mondo, alla scoperta del miglior design da portare in Brasile, era iniziato quando aveva poco più di vent’anni. Le importazioni erano state autorizzate dal governo brasiliano, quando l’interesse per tutto quello che veniva da fuori era molto forte. Questo in un periodo in cui, a suo dire, la gente ancora pensava che Buenos Aires fosse la capitale del Brasile. Oggi invece lui stesso sembra sbalordito dall’interesse sempre maggiore nei confronti del Brasile e del mercato brasiliano. Tom Dixon, Jeffrey Bernett, Vladimir Kagan, Piero Lissoni e Patricia Urquiola, sono solo alcuni dei designer che quando sono sbarcati per la prima volta in Brasile, sono stati accolti da Márcio e Lili Barboza. E grazie alla costante frequentazione di creativi, non sempre i più famosi, e di imprenditori del settore, Márcio Barboza ha avuto una forte influenza sull’evoluzione del gusto, tra le nuove generazioni di brasiliani: “Più che mobili, aspiro a vendere cultura e stile di vita” ha precisato. E ci tiene a sottolineare che non gli interessano le tendenze, ma la possibilità di vendere un design ‘eterno’, portatore di valori e di un’estetica di qualità.
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al punto: la macchina; non i pedoni. Riesco ad avanzare ancora di qualche prezioso metro. Guardo un edificio neoclassico, probabilmente in stile fine XVIII secolo, costruito due anni fa. Mi torna in mente una situazione incredibile di quando stavano iniziando a costruire quest’opera. Un sabato mattina, vengo svegliato dal rumore assordante di una motosega che sta tagliando tutti gli alberi centenari presenti sul terreno. Telefono a tutti gli organi competenti ma nessuno risponde. Faccio un ultimo tentativo e chiamo il 190. Dall’altro lato della cornetta c’è un messaggio automatico: ”Siamo occupati in questo momento e non possiamo
sento finalmente felice e sollevato. Proseguo per un po’ e la mia macchina cade in un enorme buco di questa via recentemente riasfaltata. All’altro semaforo, un nano violinista cerca di strappare qualche spicciolo agli automobilisti, bloccando ancor più il transito. Un mendicante con le stampelle tenta di sottrarsi alle macchine che ripartono bruscamente verso l’ingorgo pochi metri più avanti. Ultimamente, il Comune ha sostituito tutte le panchine nelle piazze e nei parchi con un modello di recente progettazione, un’opera prima di design relativo alle attrezzature urbane della città contemporanea: una panchina anti-mendicanti
Le “meraviglie” di São Paulo
P
er scrivere questo articolo, decido di prendere la macchina per visitare i luoghi più straordinari di San Paolo, le sue meravigliose opere architettoniche, le sue storie, la sua vita pulsante, i suoi più bei musei, i ristoranti, i bar, ecc. Si parte! Esco dal garage e la strada è già tutta intasata. Resto lì, cercando uno spazio per inserirmi, disorientando il ragazzino grassottello che cerca di proseguire la sua passeggiata. Mi guarda male, ma in fin dei conti non è questo il momento per mettersi a passeggiare. Dopo qualche istante, riesco a entrare nella via, ma continuo a rimanere fermo. Oggi sembra essere un giorno fortunato, di solito il congestionamento inizia già all’interno del garage, nella rampa di uscita dal sottosuolo. Il ragazzino grassottello cade infilando il suo delicato piedino in un buco del selciato. Si alza ed è tutto sbucciato sul ginocchio; sembra che anche lui sia arrivato alla conclusione che non avrebbe dovuto fare nessuna passeggiata, in fin dei conti le nostre strade non sono state create per questo. Alcuni anni fa, un certo amministratore pubblico, del quale nessuno ricorda il nome, ebbe la splendida idea di esonerare il Comune dalla responsabilità della manutenzione delle strade. Sarebbe stato un gran risparmio per le casse pubbliche! Di conseguenza, ogni proprietario si occupa della facciata del proprio palazzo, realizzando così un bell’assemblage di colori, forme, topografie, che rispecchiano il rapporto tra il gusto e la cura di ogni casa, di ogni edificio, con la città. Se Levi Strauss affermò che le città americane nascono già come rovine, lo stesso si potrebbe dire della situazione delle strade a San Paolo. Ma lasciamo stare quest’argomento, torniamo
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L’architetto brasiliano Marcio Kogan, a capo di mk27, lo studio da lui fondato, ha scritto per noi un testo-riflessione sul traffico urbano nella terza città più grande del mondo foto di Kassá/Getty Images - testo di Marcio Kogan e Gabriel Kogan
rispondere”. Quando vivi in una città in cui il servizio di emergenza funziona in questo modo, capisci che il mio atteggiamento era completamente fuori luogo. Ma che importa? Che abbattessero tutti gli alberi! Devo girare a destra alla prossima strada che è completamente intasata. Il semaforo dell’isolato successivo è sincronizzato male e provoca un ingorgo in tutto il quartiere. Ho già provato a protestare, ma non esiste un servizio apposito per questo genere di problemi. Le persone sull’”autobus articolato”, un gigante di 55 metri di lunghezza dotato di ruote, vengono sballottati da un lato all’altro in quello spazio sovraffollato. Dal finestrino dell’autobus, guardano verso il vuoto mentre cercano di arrivare al lavoro. Mostrando una grande intuizione urbanistica, negli ultimi anni i governi hanno riservato alle automobili quasi tutti gli investimenti destinati ai trasporti. È il futuro! Tunnel, nuove strade, ponti strallati, ponti sospesi, viadotti. Intanto, sottoterra, la metropolitana cresce alla velocità spaventosamente bassa di meno di 2,5 km all’anno. Chiunque vorrebbe stare al mio posto, in una macchina ecologica dietro a un camion che espelle la sua dose mortale di ossido di azoto, anidrite solforosa, anidride carbonica, ecc. Alcuni esperti affermano che il diesel fornito dalla Petrobras sia unico al mondo e una specie in estinzione: il suo obiettivo sarebbe quello di inquinare il massimo possibile, forse nel tentativo di diminuire la crescita della popolazione, migliorando così la qualità della vita nelle nostre grandi città. Questa può essere l’unica spiegazione. Riesco a imboccare la strada a destra e mi
sulla quale, grazie al suo formato volutamente scomodo, è impossibile sdraiarsi e difficile rimanere seduti. Mi giro a destra, nella speranza di vedere qualche bella ragazza nella macchina a fianco, ma sia il vetro che la macchina sono neri. La macchina dietro e quella davanti, nere anche quelle. Niente da fare. Sembra una scena di fantascienza. Arrivo alla strada successiva, ovviamente bloccata anche quella. Riuscire ad entrarvi è stata una delle mie più grandi conquiste dell’anno. Alla radio parlano del caos totale sulla litorale a causa di un incidente provocato da una moto. Ogni giorno le stesse notizie, mi sembra di essere fermo nel tempo. Nella corsia opposta, un SUV nero passa all’impazzata nell’unica zona libera di tutto il perimetro urbano; i proprietari di queste macchine si credono i padroni della città, ogni giorno uccidono decine di pedoni. La guerra è guerra, e, a San Paolo, macchine e pedoni sono in guerra. Quattro suore bassine con i loro enormi cappelli entrano in chiesa. Guardo l’orologio in cima al campanile. Giurerei che indichi l’ora sbagliata. Ma niente affatto, l’ora è esatta: 8h27! Alcuni ubriaconi spartiscono la strada di 70 cm con dei pali strategicamente piazzati in mezzo alla stretta via, mentre una donna con un passeggino cerca di aprirsi un varco fra le macchine. Prevedo un disastro. Il Pony Express, completamente impazzito, come sempre, passa svicolando. La donna torna a mettere il passeggino sulla strada. Uff! Lieto fine! Sono già passati 40 minuti e ho fatto a malapena il giro dell’isolato. Abbandono l’idea di scrivere questo articolo. Decido di tornare a casa, proverò ad andare in ufficio a piedi…
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l’altra città foto di Andrés Otero/Luzphoto testo di Antonella Boisi
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una rassegna dei principali progetti di social housing e riqualificazione per le favelas di rio de janeiro e são paulo, oggetto di un programma di progressiva bonifica e integrazione nel tessuto urbano: l’appuntamento imprescindibile del futuro
in queste pagine, viste della favela di dona marta a rio de janeiro, in fase di recupero da quattro anni: ha guadagnato una funicolare e un progetto cromatico a campiture vivaci per le facciate delle case. nelle altre immagini: i ragazzi della associaÇao morrinho provenienti dalla favela pereira da silva e Bob Nadkarni, giornalista inglese, proprietario della pousada The maze alla favela tavares bastos, le prime ad essere bonificate a partire dagli anni novanta. Il nuovo corpo di collegamento verticale che campeggia all’interno dello slum di cantagalo a rio de janeiro.
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trend parlano chiaro: circa il 40% dei millionares dell’America Latina sono concentrati in Brasile e, all’interno di un Paese che registra una fortissima polarizzazione delle ricchezze, il Real Estate sarà un driver fondamentale nella crescita dei prossimi anni. Se a questo si aggiunge che nel 2014 il Brasile ospiterà i Mondiali di calcio e nel 2016 le Olimpiadi, il quadro di riferimento è presto disegnato: le sue città si stanno preparando ad accogliere questi eventi di respiro internazionale con opere architettoniche di altrettato rilievo. Non possono però al contempo esimersi dalla necessità di portare dignità a luoghi e spazi del tessuto urbano che, tra degrado e pericolosità sociale, sono da sempre dimenticati dalle belle cartoline di Ipanema o di Copacabana o delle strade di São Paulo. Parliamo delle favelas, grandi slum contemporanei in fase di progressiva bonifica e
rinascita. Perché, “il prezzo di vivere in Brasile”, spiegano alcuni, sintetizzando ragioni di sicurezza che impongono grandi attenzioni e limitazioni di libertà personale (anche nell’uso di una rete metropolitana che, se ben strutturata, potrebbe molto per curare le ferite di un traffico letteralmente paralizzato) passerà in primis da queste zone umiliate, che si stanno ricucendo e integrando nelle città. Ognuna ha le sue. Come i campi di calcio, quei potentissimi fulcri di aggregazione sociale e di attività ludiche che hanno già regalato al mondo protagonisti indiscutibili. Secondo una recente stima a Rio le favelas sono più di 700. Fino a poco tempo fa, sinonimo di terra di nessuno, sono oggetto da qualche decennio di un processo di recupero capillare e diffuso. Ci racconta Andrés Otero, fotografo brasiliano che da anni ne studia e monitora le trasformazioni che “i pionieri della pacificazione sono stati alcuni stranieri, quali il noto giornalista-reporter inglese Bob Nadkarni, che, mossi da motivazioni personali, si sono trasferiti sulle colline di Rio e hanno iniziato a ristrutturare edifici, aprire nuove attività, guest house, ristoranti e confortevoli bar. Nadkarni ad esempio ha aperto la pousada The Maze alla favela Tavares Bastos. Questo succedeva agli inizi degli anni Novanta. Poi c’è stato il risveglio dello Stato e con l’insediamento della nuova amministrazione pubblica il governo ha cominciato a muoversi in forma consistente. Dona Marta è stata la prima favela ad essere bonificata, all’interno di un programma strutturato quattro anni fa: ha guadagnato una funicolare e un progetto cromatico a campiture vivaci per le facciate delle
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il gioco del calcio per strada o sul campo verde come fulcro di aggregazione e di appartenenza sociale molto sentito nelle zone popolari. (foto di jacob langvad nilsson). Nei rendering, due progetti di ruy rezende/studio rra per la favela bairro, muquiÇo e per la centralidade comendador soares a nova iguaÇu, rio de janeiro.
attivo in prima linea in complessi lavori di recupero con risvolti sociali. Il primo ha interessato nel 2002 la Favela Bairro oggetto di un sapiente programma compositivo di integrazione tra progetti residenziali, servizi educativi e aree ricreative all’interno del tessuto urbano. São Paulo non resta indietro. La città che conta 22 milioni di abitanti, dei quali 3 milioni vivono in favelas, con il progetto Housing Estate promosso dalla Housing Secretariat’s Social Housing Programme sta bonificando Heliópolis, lo slum più grande, nei dintorni di Ipiranga, la regione a sud-est. Tutto è cominciato nel 2009 (anche se l’area riceve pubblica assistenza da oltre 20 anni). Ad oggi vede
case. Addirittura i ragazzi della associaçao morrinho oriundi di una rara favela (pereira da silva) già tranquilla da anni sono riusciti ad esporre i loro modelli di lettura architettonica alla Biennale di Venezia e in gallerie e musei europei”. Anche lo storico Conjunto do Pedregulho, nel barrio di São Cristovão, Rio de Janeiro, palazzo di importanza capitale per l’architettura moderna, progetto di Affonso Eduardo Reidy (1947) è stato di recente oggetto di ristrutturazione con il recupero di unità abitative e spazi collettivi (lavanderia, centro medico, piscina e scuola). E sempre a Rio, un architetto di notorietà internazionale, Ruy Rezende, alla guida di Rra studio, che annovera progetti di architettura, urbanistica e design in tutto il Brasile, è da tempo
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impegnati diversi studi internazionali di progettisti, da Ruy Ohtake a Hector Vigliecca, da Piratininga Arquitetos Associados a Mario Biselli & Arthur Katchborian, che, secondo il masterplan avviato nell’agosto 2010, stanno studiando come colmare un deficit abitativo per 70.000 persone ammassate in 18.080 case di fortuna su un’area di un milione di metri al quadrato, molto carente anche in termini di infrastrutture e servizi collettivi. Il primo lotto è stato terminato lo scorso ottobre, quando 288 famiglie sono entrate nei building circolari nuovi di zecca in cemento, muratura, intonaco bianco e campiture colorate, disegnati da Ruy Ohtake e realizzati dalla Construbase. “Il volume circolare è quello che assicura uno spazio di relazione meno rigido e più aperto anche verso l’esterno, un sano equilibrio tra spazio abitativo pubblico e privato” spiega Ruy Ohtake, figlio della già celebre artista plastica Tomie, che da anni affronta il tema della comunità.“L’architettura può accreditare le favelas alla città” continua. “Può dare dignità e migliorare la qualità di vita di tutti. Io sono nato, cresciuto e ho studiato a San Paolo. È la mia città, ma tutta San Paolo è la mia città, la parte più ricca e quella che lo è meno. Già nel 2004 avevo lavorato insieme alle comunidades alla pittura delle case. Non mi sono chiuso nel mio studio, con distacco. Il dialogo è fondamentale. La cromatic painting è stata una prima forma di solidarietà. Il 30% dei colori è stata scelta da me, il 70% da loro – importante per capire che eravamo entrambi parte di una ‘construction together’. Dopo quest’esperienza mi sono occupato del progetto di una biblioteca. Era il 2008. Antonio Candido, importante critico di letteratura brasiliana, ha compilato un elenco di libri, ottenendo una serie di volumi omaggio da diversi editori. Poi cinque studenti quindicenni del luogo hanno frequentato un corso per
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bibliotecari. Non è stato soltanto un progetto architettonico, ma un intero concept. Quando la prefettura ha programmato la bonifica dell’area di Heliópolis, la comunità ha chiesto e ottenuto che potessi costruire per loro. In ogni edificio circolare ci sono 18 famiglie distribuite su cinque livelli (quattro appartamenti per piano + piano terra con due unità abitative e un patio comune). Le tappe della costruzione prevedono una prima fase (16 edifici x 18 famiglie ciascuno) con deadline ottobre 2011; una seconda di 21 edifici x 18 famiglie nell’aprile 2012; e una terza di 40 edifici x 30 famiglie tra un anno e mezzo. Quest’ultima interessa costruzioni di 7 piani con ascensore. In tutto, il progetto coinvolge 1866 famiglie (circa 7000 persone). Ci sono case, ma anche aree commerciali dedicate a negozi ed educative con scuole, spazi verdi e per lo sport. Al centro dell’insediamento, un volume basso accoglie una sala delle feste intesa come punto di convivialità, incontri, matrimoni, anniversari, esposizione di lavori. Le macchine restano fuori dal complesso, all’esterno. Per 70 reais brasiliani queste persone acquisiscono, secondo una formula di edilizia convenzionata, il diritto di abitare in 50 mq, organizzati secondo una planimetria circolare in due camere, bagno, soggiorno e cucinino a vista attrezzato di spazio per alloggiare lavatrice e frigorifero. I pavimenti sono in ceramica, il sistema acqua e luce individualizzato, il riscaldamento a gas. Nel soggiorno, la generosità di una finestra continua con 6.60 metri di sviluppo radiale regala luce in abbondanza all’ambiente. L’area preesistente intorno alle case verrà demolita per rinascere dotata di impianti primari e servizi collettivi. Sempre però all’interno di un paesaggio che risulta già proprio e familiare agli abitanti, dunque senza bruschi sradicamenti di contesto e di tessuto sociale”.
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planimetria complessiva, schizzi degli edifici destinati a residenza e veduta della nuova heliÓpolis di sÃo paulo, secondo il progetto in parte ancora in via di realizzazione di ruy ohtake.
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Brasile, Paese del futuro
In vista degli attesissimi Mondiali di calcio del 2014 e, prima volta in assoluto per il Sudamerica, delle Olimpiadi 2016 che si terranno a Rio de Janeiro, i principali progetti futuri del paese nell’anno dell’Italia in Brasile chiamati a disegnare la città che verrà testo di Fernando Serapião
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ra il 1941 quando Stefan Zweig pubblicava Brasile, Paese del futuro dove sosteneva che il Brasile “indubbiamente, è destinato a essere uno dei più importanti fattori di sviluppo futuro del mondo”. Da allora i brasiliani attendono il futuro con ansia. E il futuro, a quanto pare, sta arrivando, risultato di 15 anni di stabilità economica e politica. Il gigante addormentato dell’ America Latina appare come un’isola di sviluppo economico, grazie al crescente mercato interno e alle importazioni cinesi.
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La possibilità di ospitare due dei più grandi eventi sportivi del mondo, ha posto il Brasile sotto le luci della ribalta. Ma come si sta preparando il Paese a questi eventi? I Mondiali di calcio del 2014 si svolgeranno in 12 sedi (il maggior numero che si sia mai visto per questo tipo di evento) e, tra le due più distanti, ci sono ben 4563 chilometri. Questa decisione è stata politica e in contrasto con il desiderio della Fifa. Il costo è alto: per ogni stadio si stimano tra 500 milioni e 1 miliardo di real. Dei 12 stadi sede dei Mondiali, la metà sono stati progettati con la partecipazione di architetti stranieri, come i tedeschi del GMP e del Schulitz+Partner. Solamente due arene sono completamente nuove. Per non essersi adeguati agli standard della Fifa, cinque stadi sono stati demoliti per lasciare spazio ai nuovi. Sono opere che hanno suscitato non poche polemiche, poiché hanno richiesto l’abbattimento di strutture ritenute dei gioielli architettonici, come lo stadio progettato a Manaus da Severiano Porto. Un altro progetto controverso è quello relativo alla ristrutturazione del Maracanã, a Rio de Janeiro,
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Museu do Amanhã, (Museo del domani), Rio de Janeiro. Progetto dello studio spagnolo di Santiago Calatrava. Nelle immagini: due rendering dell’architettura in costruzione e, pagina a fianco, una vista del cantiere lo scorso giugno. Foto Andrés Otero/Luzphoto.
stadio nel quale si svolgerà la finale dei Mondiali. Si tratta di una costruzione storica, inaugurata nel 1950. Il progetto di adattamento, realizzato dall’architetto paulista Daniel Fernandes, manterrà solo la facciata. L’incontro di apertura dei Mondiali si svolgerà a San Paolo dove stanno costruendo un nuovo stadio nella zona est della città, la più povera della capitale paulista. Situato a 20 chilometri dalla città, lo stadio è stato progettato dallo studio Coutinho, Diegues e Cordeiro. Se il processo di selezione degli architetti per la progettazione degli stadi è stato confuso e nebuloso, per le Olimpiadi di Rio de Janeiro, sono stati indetti due grandi concorsi internazionali. Il primo, denominato Parco Olimpico, è stato vinto dall’agenzia londinese Aecom. Il loro progetto è risultato il migliore fra 58 lavori, di cui 41 con la partecipazione di professionisti stranieri. Si tratta di un piano urbanistico analogo a quello adottato per le Olimpiadi di Londra, degli stessi autori: il progetto cura sia la parte strettamente legata alle Olimpiadi, sia la parte delle strutture che resteranno in eredità alla città. Su uno spazio di 1,1 milioni di metri
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1. Museu da Imagem e do Som (Museo dell’Immagine e del suono), Rio de Janeiro. Progetto dello studio newyorkese Diller Scofidio + Renfro. 2. Petrobrás headquarter, Santos. Progetto dello studio di Ruy Rezende. 1.
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quadrati, il parco ospiterà 15 specialità olimpiche ed è situato a 30 chilometri dal centro di Rio. Il costo è di 590 milioni di real. La seconda area oggetto del concorso si trova nella zona portuaria, nel centro della città. Denominato Porto Olimpico, il concorso è stato vinto dalla squadra diretta da João Pedro Backheuser. Lo spazio ospiterà gli alloggi per i giornalisti e gli arbitri e offrirà la possibilità di rivitalizzare una grande area degradata. Parallelamente, in questa stessa zona portuaria, vecchi depositi e antichi palazzi saranno riconvertiti ad uso culturale. Il più simbolico tra tutti è il Museu do Amanhã (Museo del Domani), progettato dallo spagnolo Santiago Calatrava, a Pier Mauá (nel 2003, in questo stesso luogo, Jean Nouvel progettò una filiale del Guggenheim che non fu poi realizzata). Il programma di questo nuovo spazio metterà insieme il tradizionale museo di storia naturale con la tecnologia d’avanguardia, al costo di 130 milioni di real. Il progetto prevede l’installazione di elementi mobili sulla facciata. All’interno di questo nuovo complesso di musei, è anche attualmente in
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costruzione il Museo dell’Immagine e del Suono, progettato dallo studio newyorchese Diller Scofidio. Il progetto è stato scelto nell’ambito di un concorso controverso, al quale hanno partecipato altri sette gruppi (altri due erano stranieri - Shigeru Ban e Daniel Libeskind, che sta costruendo un edificio di appartamenti a San Paolo). Al costo di 70 milioni di real, l’opera sta sorgendo su un terreno prospiciente la spiaggia di Copacabana. Il museo disporrà di spazi destinati a esposizioni temporanee, permanenti, auditorium e cinema, distribuiti su sette piani. La facciata, ispirata ai disegni della pavimentazione di Copacabana, fungerà da boulevard verticale, dando ai visitatori la possibilità di esperire un percorso continuo e fluido. A San Paolo, tra i vari spazi culturali in progettazione, spicca il lavoro di ampliamento dell’Istituto Italiano di Cultura progettato da Massimiliano e Doriana Fuksas, somigliante a un grande insetto di legno. La struttura verrà realizzata nel giardino di una casa dell’inizio del XX secolo, nel quartiere di Higienópolis. Un altro spazio culturale di rilievo è oggetto di un’ambiziosa iniziativa del
governo: si tratta di un grande complesso nel centro, progettato da Herzog & de Meuron, che costerà oltre 1 miliardo di dollari. Affinché tutto vada per il meglio durante gli eventi, il Paese ha bisogno di risorse e di energia. Nonostante l’uso di fonti energetiche alternative (il 70% delle automobili sono alimentate ad alcol), la recente scoperta, in acque profonde, di riserve di petrolio degne dei Paesi arabi fa prevedere un futuro di maggior prosperità (si stanno costruendo centri di ricerca ed edifici amministrativi per assistere la Petrobrás, la compagnia petrolifera statale; tra questi, di particolar rilievo è la sede degli affari di Santos, creata da Ruy Rezende). Tuttavia, l’ampliamento degli aeroporti rimane la priorità numero uno, poiché la domanda interna aumenta ogni anno del 10%. Il progetto in corso più interessante è l’ampliamento del terminal di Guarulhos, a San Paolo. Con 230 mila metri quadrati, il progetto è opera dello studio Biselli Katchborian e la sua figura, che è l’elemento più rilevante, è ispirato al disegno di una aeronave. Sarà forse questa aeronave che trasporterà il Brasile verso il futuro?
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3. Estádio do Corinthians, São Paulo. Progetto dello studio carioca Coutinho, Diegues e Cordeiro. 4. aeroporto de guarulhos (terminal 3), são Paulo. Progetto di biselli & katchborian. 5.6. Porto Olímpico, Rio de Janeiro. Progetto del team João Pedro Backheuser. 3.
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7. cultural complex luz, sÃo paulo. progetto dello studio herzog & de meuron. 8. Istituto Italiano di Cultura, São Paulo. Progetto di ampliamento di Massimiliano e Doriana Fuksas. Il nuovo edificio accoglierà biblioteca, fa parte di un’operazione più ampia di riqualificazione del quartiere luz, auditorium, exhibition hall, caffetteria, giardino d’inverno. una delle aree più degradate della città. integra diverse attività, in particolare una scuola di danza, di musica e un teatro sperimentale per prove e spettacoli.
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lto, occhi chiari, Bernardo Paz era meno agitato che negli anni passati. Lo scorso ottobre, mentre accoglieva a Inhotim gli ospiti stranieri in occasione dell’inaugurazione di nuove opere, sorrideva, gesticolava, senza più fumare – questo vizio in passato aveva dato luogo a pittoreschi episodi presso il centro d’arte: non c’era
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targa “Vietato fumare” nei ristoranti del complesso che lo potesse scoraggiare. Commentando con i suoi interlocutori i dettagli di alcune opere, come il ‘bunker’ di Chris Burden, installato nel punto più alto del parco – Beehive Bunker, formato da 332 sacchi di cemento – la videoinstallazione del tedesco Lothar Baumgarten – Fragmento Brasil, che accosta disegni fatti dagli indios della regione amazzonica brasiliana e venezuelana a frammenti di tele di pittori-viaggiatori – e la scultura di Giuseppe Penone – Elevazione, che col bronzo mimetizza un castagno secolare– Paz trasmetteva
un grande senso di calma. Attuale presidente del consiglio di amministrazione dell’Istituto Inhotim e ritenuto uno dei più importanti collezionisti d’arte contemporanea di tutta l’America Latina, l’ideatore del particolarissimo centro d’arte brasiliano gode ormai di buona reputazione presso gli ambienti istituzionali, presso la critica e presso gli artisti brasiliani. Oltre ad essere ben visto anche da nomi di spicco del panorama internazionale. Gli elogi non arrivano a caso. Inaugurato nel 2004, Inhotim vanta una storia singolare.
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Bernardo Paz iniziando dal nulla ha creato un impero di 39 aziende. Ora il magnate dell’industria brasiliana lega il suo nome a Inhotim, un centro per l’arte contemporanea vicino a Belo Horizonte, dove le installazioni dei più famosi artisti contemporanei convivono con l’incontaminata foresta atlantica
Sopra, Bernardo Paz ritratto nella sua casa. A sinistra, Immensa, scultura di Cildo Meireles. è una delle tante opere presente all’interno di Inhotim, Instituto de Arte Contemporânea e Jardim Botânico, che si estende a Brumadinho su 245 ettari di foresta atlantica.
foto di Ruy Teixeira testo di Mario Gioia
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Sopra, da sinistra: le sfere luccicanti dell’installazione Narcissus Garden del giapponese Yayoi Kusama; una veduta interna e una esterna del Sonic Pavillion dell’artista nord-americano Doug Aitken. A sinistra: Hélio Oiticica, Invenção da cor, Penetrável Magic Square No. 5, De Luxe, 1977. Nella pagina accanto: una veduta del padiglione realizzato da Adriana Varejão.
Ha sede a Brumadinho, nell’area metropolitana di Belo Horizonte, capitale dello Stato di Minas Gerais, grande città della regione sudorientale del Paese, la più ricca di tutto il Brasile, ma priva delle centralità dell’arte contemporanea di São Paulo e Rio de Janeiro. Il mix tra orto botanico di grande estensione, con specie provenienti da diverse parti del pianeta, e spazi dedicati all’arte contemporanea di livello internazionale – Matthew Barney, Doug Aitken, Doris Salcedo, Dan Graham, Olafur Eliasson, Steve McQueen e Janet Cardiff, solo per citare alcuni dei numerosissimi artisti presenti – ha dato vita, in Brasile, a una nuova tipologia di centro culturale. Ad Inhotim, inoltre, buona parte delle costruzioni sono realizzate dai nomi più famosi dell’arte brasiliana che, per difetto delle istituzioni
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culturali nazionali, non sono degnamente rappresentati nelle strutture museali del resto del Paese. Hélio Oiticica (1937-1980), Cildo Meireles e Tunga hanno qui delle esposizioni permanenti che permettono alle loro opere di essere apprezzate nel Paese natale. Anche nomi emergenti, quali Cinthia Marcelle, Alexandre da Cunha e Marcius Galan, hanno un posto nelle gallerie dedicate alle esposizioni temporanee. I numeri dell’Istituto ideato da Bernando Paz sono di tutto rispetto: 700 dipendenti su una superficie totale di 245 ettari (1 ettaro equivale, a grandi linee, ad un campo di calcio), 100 ettari di giardini dove sorgono le costruzioni, e altri 145 ettari di Foresta Atlantica, la vegetazione autoctona protetta che tanto aveva affascinato gli scopritori del
Brasile. Oggi rimane intatto soltanto l’1% del patrimonio presente nel lontano 1500, ai tempi in cui i portoghesi piantarono la loro bandiera a Porto Seguro, Bahia, nel territorio che sarebbe poi diventato il Brasile. In pochi anni Inhotim si è affermato sempre più come meta turistica, con menzioni sempre più frequenti sulla stampa specializzata. Le 78 opere attualmente esposte, su un totale di 500, i 18 padiglioni – costruzioni permanenti – e le 24 opere sparse nei vialetti e sentieri del parco, hanno attratto un numero sempre crescente di visitatori. La media è di 21 mila visitatori al mese, ma nell’ultimo periodo di vacanze scolastiche, a luglio di quest’anno, la biglietteria centrale ha registrato ben 32 mila presenze.
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Nella pagina accanto: in alto, una veduta interna del padiglione realizzato da Adriana Varejão; in basso, un momento di un’attività didattica svolta all’interno dell’installazione Forty Part Motet di Janet Cardiff.
Una sfida ambiziosa Secondo la tradizionale classifica della prestigiosa ArtReview, che inquadra i 100 personaggi più influenti del mondo dell’arte, Paz si è già assicurato il 76mo posto. Ma non è stato sempre così. Scriveva il critico Fabio Cypriano, sulla Folha de S.Paulo, ai tempi dell’innaugurazione della prima infornata di opere, nel 2004: “Megalomania? Sicuramente l’iniziativa ricorda gli eccessi del teatro dell’opera di Manaus, costruito in piena foresta amazzonica, ma lui aggiunge l’ardore di un appassionato d’arte, che non si vedeva, in termini istituzionali, fin dai tempi della creazione del Masp, a cura di Assis Chateaubriand, nel 1947. ‘Credo che l’arte contemporanea sia nelle mani di pochi collezionisti, ma non possiamo vederla, si tratta di un mondo di vanità. Creo questo luogo affinché si possa vedere quanto di meglio vi sia’, afferma Paz”. Lo stesso critico, in un più recente articolo di settembre 2010, dice che Inhotim fa “ottime scelte curatoriali”, riguardo l’esposizione di opere di nomi quali Miguel Rio Branco, Dominique Gonzalez-Foerster e Rirkrit Tiravanija. Gran parte del capitale investito nelle costose opere d’arte presenti negli spazi verdi di Inhotim proviene da Itaminas, società mineraria di cui Paz era il proprietario, venduta ad un gruppo cinese per circa un miliardo e duecento milioni di dollari. Si stima che le riserve minerarie della piccola città di Sarzedo ammontino a 1 miliardo e 300 milioni
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Sopra: due immagini del padiglione realizzato da Matthew Barney, che all’interno ospita l’opera De Lama Lâmina (2004-2009) firmata dallo stesso artista.
di tonnellate di minerali di ferro. “Ho iniziato a lavorare che avevo 15 anni, presso un distributore di benzina, poi in una boutique. E quindi in borsa. In tutti questi posti ho dato sempre dimostrazione di grande efficienza. Sono cresciuto in fretta come industriale, diventando uno dei maggiori imprenditori del Paese a cavallo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, nel settore minerario. Ho incontrato numerose difficoltà a causa di tutti i piani che favoriscono il cambio per cercare di contenere l’inflazione. È una tragedia per l’economia del Paese e per chi esporta”, ha dichiarato nel corso di un’intervista al giornalista Marcos Augusto Gonçalves, sulla Folha de S.Paulo, nel 2009. “Ero un gran bel ragazzo, ma mi vergognavo della mia bellezza. Si diceva che chi aveva la fortuna di essere bello non doveva sforzarsi molto, in particolare per conquistare le persone del sesso opposto. E che le persone belle sono stupide… Per questo soffrivo di un complesso di inferiorità; non mi consideravo un bell’uomo, bensì una persona che doveva dimostrare di essere normale. È stata una lotta talmente ardua da permettermi di creare ben 39 aziende, dando lavoro a novemila persone. Sono stato un pioniere del business con i cinesi e ho viaggiato in tutto il mondo”, ha dichiarato nella stessa intervista. Ancora bello a 61 anni, Paz ha un team di curatori professionisti presso il centro – lo statunitense Allan Schwartzman, il tedesco Jochen
Volz, ex-Biennale di Venezia, e l’imprenditore minerario Rodrigo Moura – e ha fatto in modo da trasformare il centro in uno spazio di attività focalizzate sull’ambiente e il sociale. Gran parte dei dipendenti sono di Brumadinho, una città che prima dell’apertura del centro viveva una situazione economica difficile. L’istituto sostiene le attività artigianali locali. Un programma scolastico coerente permette agli studenti delle scuole pubbliche di usufruire del centro. “Non so quale sarà il prossimo passo. Qui non si finisce. Qui sarà sempre”, dice, in favore della promozione dell’istituto. Tuttavia, si possono già anticipare alcune delle iniziative programmate per il 2012: entro maggio è prevista la consegna dei padiglioni di Lygia Pape e Tunga, mentre, entro il mese di ottobre prossimo, saranno ultimate le nuove costruzioni dedicate alle opere di Claudia Andujar, Cristina Iglesias e Olafur Eliasson. Una pousada con 42 camere, centro benessere ed un elegante ristorante verrà inaugurata nel 2013. Niente male per Paz, che è riuscito a superare le diffidenze iniziali, e che si afferma come figurachiave nel circuito dell’arte contemporanea brasiliana.
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Labirinti del sentire: Ernesto Neto di Germano Celant
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O Bicho SusPenso na Paisagem, 2011, Faena Arts Center, Buenos Aires, Argentina.
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Suavêselva, 2010, Museu de Arte Moderna, São Paulo. a destra: Camelo cacho lavanda camomila, 2010,Museu de Arte Moderna, São Paulo.
L’
avventura dell’arte brasiliana è segnata dalle polarità di un ambiente difficile e inestricabile, in cui non si riesce a vedere un ordine o una formulazione, quasi un intrico di spazi dalle molte alternative visuali e sensoriali e di corporalità legate ai riti e ai miti di un pensare e di un sentire che affonda le sue radici nella cultura afrobrasiliana del Candomblé, basato sulla vitalità della natura, sulla musica e sulle danze, sulle feste e sulla sensualità e sulla spiritualità. Un intreccio tra l’enigma di un territorio imprendibile e indecifrabile, quale quello delle foreste amazzoniche, quanto quello delle megalopoli, e la religione di un’allegria e di un piacere che passa attraverso le manifestazioni estatiche del corpo posseduto dalla magia e dagli spiriti.
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La ricerca visiva di questo Paese, crocevia di culture e etnie diverse, di fedi e di credenze che tengono insieme manifestazioni indie, bianche e nere, si riflette in un fare che oscilla tra il divertito e l’ironico, l’appassionato e il dolce che si esprimono nella continua relazione tra ambiente ed essere umano, come tra vincolo sociale e sensualità, tra contrasto pittoresco e drammaticità della vita. Il percorso degli artisti brasiliani è allora segnato da un interesse tra antropologia e sociologia, tra comportamentismo e ritualismo, tanto che gli elementi della pittura e della scultura si mescolano ad eventi miracolosi e a stregonerie, legati a santi e orixás, così da arrivare a costruire un’arte che sia la sintesi di un’identità complessa e aperta. Da Lygia Clark a Hélio Oiticica, da Lygia Pape a Cildo Meireles, da Tunga a Miguel Rio Branco, da Vik Muniz a Adriana Varejao, l’argomento dell’ambiente, architettonico e corporale, è protagonista, sia che passi attraverso l’aspetto performativo degli oggetti da manipolare o si manifesti mediante l’immagine della stanza, come luogo psicologico o fisico. È un desiderio ad eccitare il comportamento dello spettatore, mediante stimoli sensoriali e istintuali, passionali ed ingenui, che si ritrova nelle sculture e nelle installazioni di Ernesto Neto, che coinvolgono i sensi dei partecipanti, con la loro malleabilità e penetrabilità. Realizzati in tessuto Lycra, simile ad una membrana che dà alle cose e ai limiti una caratteristica quasi organica, anche perché all’interno è piena di materiale morbido e fluttuante, come il polistirolo, questi grembi disegnati con accessi ovoidali, simili a vagine, e protuberanze ombelicali configurano nebulose in
cui entrare e muoversi per trovare una dimensione armonica con se stessi. A volte riempiti di spezie pungenti o di pigmenti amazzonici, queste forme organiche oscillano tra spazi sacri e profani, ambienti vitali e sensuali dove la trasparenza è un mezzo per muoversi tra cielo e terra, spirito e carne. Sin dal 1987, Ernesto Neto si è interessato della trasformazione dell’organico e dell’inorganico, cominciando a lavorare sull’interazione tra rubber e iron, che si fondono e si condizionano reciprocamente. Le sue installazioni di putrelle di ferro rettangolari che si dispongono a terra e a pavimento, tramite la ‘mediazione’ di una sfera di gomma, è una ricerca di disponibilità reciproca tra le parti rigide e morbide dell’universo. È il tentativo di suscitare un’eccitazione e un collegamento tra entità fredde e calde, sensuali e neutre. Il passaggio successivo è nel 1988 il dialogo tra il carattere leggero e fantomatico di una superficie trasparente, quella dei poliammid stocking e la pesantezza e la gravità delle lead spheres. Una celebrazione tra leggerezza e peso, tra trasparente e opaco che sottende un interesse per un’osmosi che porta alla caduta delle fissità e dei limiti. L’arte per Neto non può possedere una fissità imperitura, ma deve essere immersa in un clima di variazioni costanti, essere un territorio sensuale che non ammette limiti d’esperienza, così da comporre e scomporre le forme. Per questo, nel 1989, la sua installazione alla Galleria Macunaima, è fatta di 69 particelle e di frammenti mobili. Un corpo di cose sempre disponibili ad un dinamismo continuo e ad un’eccitazione fisica e visuale infinita. È il momento dello spalancamento delle forme scultoree ad una crescita organica libera, dove pieno e vuoto, interno ed esterno convivono.
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circleprototemple...!, 2010, Hayward Gallery, London.
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A Liquid Finger Touch, from Leviathan Thot - Finger, 2008, Museum of Contemporary Art, Tokyo.
Anthropodino, 2009, Park Avenue Armory, New York.
Realizzate in Lycra e in materiali morbidi, come cotone e poliammide le disposizioni delle superfici e dei volumi si aprono a tutte le variazioni. Al tempo stesso la loro ‘apertura’ le rende disponibili a essere sfiorate e toccate, palpate ed accarezzate. Nessun riflesso o reazione sensibile è preclusa, quasi l’arte fosse una stimolazione a dar segni di vita di sé stessi e alle cose scolpite da Neto. Dal 1992 questa apertura sensoriale, che è un respiro dall’interno dell’arte verso l’esterno, diventa la soglia attraverso cui passano informazioni sul grembo, che può accogliere nel suo perimetro, la partecipazione, l’intervento, l’adesione del pubblico. Questo diventa partner, sensibile e quasi erotico, di una penetrazione che comporta l’intensificazione delle esperienze tattili e mobili di ognuno. Gli insiemi costruiti vivono allora su pareti aggettanti e organiche, quasi organi senza corpo, che richiedono un’interazione o un feedback dal pubblico partner. L’ipotesi dell’artista è di far entrare gli esseri umani in un limbo, che prende forme tra il geometrico e l’organico, dove la spinta sia pulsionale, a sublimarsi e a trovarsi quali entità corporali e fisiche. Ecco le ragioni di Nave Ovulo, 1998, o di Nave Casa, 1999, fino a It Happens at Dusk, 2000, che sollecitano un viaggio nel sovrasensibile, fatto di trasparenza e di luminosità, in cui l’effetto rivelante è la sensazione di sé come corpo pesante e come sguardo. Un lavoro sull’eccitazione sensoriale che supera il singolo dato sensibile, legato al semplice oggetto per spingersi a focalizzare la nostra attenzione alla globalità laddove il cielo diventa il proprio corpo: un habitat scultoreo che tratta equamente la sensualità organica e artificiale creando un unicum, dove l’esperienza rinasce. A partire dal 2000, la ritualità di occupare gli ambienti mediante forme e configurazioni ‘organiche’ compie un salto di scala e di funzione, le sculture si tramutano in architetture. Si gonfiano e come fiumi travolgono i luoghi e gli ambienti, servono per accogliere o radunare persone. È una
conversione di scala e di significato che porta Neto ad un irraggiamento e ad una comunione con gli edifici e le piazze, così da risvegliarne la lettura, quanto a trasformarne la logica d’utilizzo e di relazione. Se prima gli insiemi avevano un’unità ora si articolano per permettere una molteplicità d’uso che è sempre in relazione agli esseri che vi entrano e vi risiedono. Di fatto un salto da un’arte distaccata e autonomo, ad un fare solidale con la cultura del vivere e del comunicare tra gli esseri. Ad esempio, nel cortile del Macro di Roma, l’artista brasiliano arriva a produrre un insieme di fragili cadute dal soffitto, dove le forme si mettono in sintonia con i raggi di luce e con le vetrate, giocando sulla trasparenza e sulla rifrangenza luminosa. Una sorta di corolla floreale, che si irradia dall’alto in basso, e crea per gravità un intreccio tra petali e pistilli che fluttuano nello spazio, in modo che il pubblico possa registrarne il profumo quanto la dolcezza tattile e visuale. Quasi un invito alla penetrazione sensoriale dove il corpo degli osservatori si tramuta in ‘attori’ di un’immaterialità materiale. Altrove, come in Ovogênese, 2000, e in Acontece num film de tarde, 2000, la scultura arriva ad accettare l’invasione delle persone, che vi si sdraiano, proprio come dinnanzi ad un televisore dove l’arte produce una democratizzazione e una banalizzazione del suo presentarsi. Al contrario, in Leviathan Toth, a Parigi nel 2006, l’intervento di Neto si mette al servizio della metafisica, quella del Pantheon. Seppur rivendica un’autonomia assoluta rispetto al sacrario, la costruzione organica ne rispecchia il percorso simbolico a croce, seppur con varianti che la adeguano ad una proiezione terrestre e fisica. Qui a contare non è l’entrata nella scultura, ma il passaggio ‘sotto’ di essa, quasi a significare l’itinerario di una vita, i movimenti prodotti nel mondo, i pellegrinaggi e i rituali religiosi che sono sotto lo sguardo o il morso di Leviathan. È un alludere ad un cosmo superiore che è qui tattile e
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fluido, fabbricato dalla mano dell’essere umano, un altro mondo ma fisico. Vista dal basso, la scultura è anche un firmamento, una cupola architettonica o un cielo che si fa solido e colorato, soltanto che questa cupola è sostenuta dalle forme mobile e sensuali, quasi un tentativo di mettere in contrappunto l’empireo religioso con l’universo concreto. Una ‘grande casa’ sovra temporale che, dal 2009, si tramuta in accampamento di tende nomadiche che diventa centro centripeto e centrifugo di stelle cadenti che legano il cielo alla terra, come in ‘antropodino’. Altrove si tramutano in cieli colorati, O Bicho SusPenso na Paisagem, 2011, così da proporsi come ‘giganti cosmici’, che ricordano con la loro simbologia, tra mentale e sospeso, che gli esseri umani sono mortali, rispetto all’eternità dell’universo che li ospita. Una condizione effimera e transeunte che trova il contraltare nell’ancoraggio a terra Em Cima Da Hora, 2011, dove lo spazio del sacro lascia posto alle vibrazioni dell’esistere, tanto che la scultura si trasforma in piccola tenda del quotidiano, con i suoi utensili, come la televisione. Precedentemente, nel 2010, Neto aveva pensato ad un insieme scultoreo che rifletteva l’aspetto camaleontico e mutante del suo muoversi e agire nell’architettura. Una irruzione di spazi e di forme che provocavano un completo distacco dall’ambiente e dall’architettura, per creare loro stessi un coinvolgimento costruttivo e visivo, altamente travolgente e seducente. Una località particolarmente magnetica, senza alcun centro simbolico e sacrale, quasi un labirinto dove perdersi e provare piacere di esserci. Per concludere una scultura capace di creare spazi e ambienti suscettibili d’impregnarsi di presenze esistenziali e corporali, quanto di costituire labirinti architettonici del sentire.
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il Brasile come modello del mondo
di Andrea Branzi
È
GUy Bonsiepe (scuola di ulm) e victor papanek (1927-1998) ci avevano provato, ma invano. perché il nuovo design brasiliano, i cui capostipiti sono i fratelli campana, attinge alle radici profonde dei miti antropologici, della cultura indios, del ruolo sciamanico degli oggetti, del politeismo magico che abita la foresta
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facile riflettere sulla storia della cultura brasiliana, perché ogni volta (e anche questa volta) prevale la tentazione di interpretare quel Paese come un territorio esemplare: cioè, un territorio le cui vicende particolari hanno un significato soprattutto altrove, cioè in altri Paesi e per altre genti. Così facendo si protrae una tradizione di esproprio della storia brasiliana rispetto al Brasile stesso, le cui vicende reali sono spesso sostituita da proiezioni di senso che hanno origine e valore soprattutto in Europa. Dunque, il Brasile, oltre ad un Paese reale, per noi è soprattutto una categoria culturale. L’attualità del Brasile deriva da molti fattori, tra i quali l’essere, insieme, un Paese artificiale ma anche un Paese dotato di una identità etnica fortissima. Esempio degli effetti negativi della globalizzazione, ma anche degli eccessi negativi del localismo, e contemporaneamente è testimonianza delle possibilità positive di entrambi. Un Paese povero, che però è una delle sette potenze dell’economia mondiale; un’economia strana, basata sulla musica, lo spettacolo, la fiction, il calcio, il carnevale, la narrative. Un Paese dalla forte identità, ma anche un Paese sfuggente, equivoco, misterioso, frutto di una grande nazione ibrida e mulatta, dove la maggioranza è costituita da un insieme di minoranze. Un Paese ottimista, felice, ma anche triste e angosciato.
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Nelle immagini: gli indios yanomami, il gruppo etnico più antico del sud America, che è riuscito a preservare il proprio patrimonio culturale pre-colombiano dalle influenze occidentali. nell’amazzonia brasiliana sono distribuiti su circa 150 villaggi, situati da 10 a 100 Km l’uno dall’altro. nel 2003, la fondation cartier pour l’art contemporain di parigi ha organizzato, in collaborazione con survival international france, yanomami, lo spirito della foresta, magnifica mostra che presentava le opere prodotte da artisti occidentali di fama internazionale dopo una loro residenza presso gli yanomami, il cui portavoce ufficiale è davi kopenawa(nella pagina di sinistra, al centro della foto).
Potremmo dire: il Brasile come modello del mondo, perchè è, insieme, luogo letterario ma anche fenomeno storico complesso, sincretico e multi-razziale, che vive miracolosamente in un equilibrio in continuo cambiamento. Tutto ciò somiglia a quello che sta succedendo in Occidente, con molte conseguenze positive, ma anche con le tensioni e i conflitti che tutto ciò comporta. Se l’Europa ha colonizzato il Brasile è anche vero l’opposto: a lungo in Europa la natura selvaggia, che faceva da sfondo ai progetti di Le Corbusier, è stata una natura brasiliana, come un giardino ideale disegnato da Roberto Burle Marx. Una natura selvaggia, incontaminata, fiorita e profumata, che avrebbe circondato in un grande girotando la città riformata e ordinata dall’industrializzazione moderna. Una natura ottimista, vitale, ma dove si svolge, come nei Tristi Tropici di Claude Lévy-Strauss, la vita folle e disperata degli indios, immersi nel grande verde marcio dell’ Amazzonia. Erede delle nobili tradizioni illuministe, elaborate durante il XVIII secolo dai Gesuiti europei, negli anni Sessanta il designer tedesco Guy Bonsiepe, collega di Tomàs Maldonado a Ulm, pensò che il design poteva essere un valido strumento di rigenerazione dell’autonomia di modelli di sviluppo locali, indipendenti dall’egemonia occidentale. Così, Guy Bonsiepe si trasferì per dodici anni in Brasile, attuando un
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vasto piano governativo per la diffusione di scuole del progetto. Negli stessi anni, Victor Papanek elaborò per i Paesi del Terzo mondo, un’affascinate teoria sulla tecnologia alternativa, che ipotizzava un modello di sviluppo basato sul rifiuto delle tecnologie occidentali e anche dei modelli socialisti, consistente nell’uso delle tecniche locali, povere, primitive, ma propro per questo naturalmente razionali. Le teorie di Bonsiepe, come quelle di Papanek, facevano riferimento all’eterna idea di un Brasile come Nuovo mondo, come terra dell’alternativa possibile alla corruzione della storia occidentale. Il loro nobile progetto risultò doppiamente astratto, perché proposto a un Paese che stava passando da una condizione pre-moderna a una post-moderna, senza passare attraverso la modernità… Un fallimento testimoniato dal fatto che da questi programmi di promozione esortativa del design brasiliano, durante gli anni Settanta e Ottanta, non è uscito un solo designer. Il Nuovo design brasiliano, come quello dei fratelli Campana, è nato, paradossalmente, nel momento in cui il razionalismo europeo è entrato in crisi e i progettisti brasiliani hanno potuto attingere alle radici profonde (non ideologiche) della cultura indios, dei miti antropologici, del ruolo sciamanico degli oggetti, del politeismo magico che abita la foresta, che – come aveva
intuito Pierre Restany nel suo Manifeste du Rio Negro ou du Naturalisme intégral – riproducono non la cultura europea ma la condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo, immerso in uno spazio integrato di teconologie, informazioni, presenze immateriali, di cui l’uomo, come gli indios nell’Amazzonia, non riesce mai ad avere una visione esterna, complessiva. Come i pesci immersi nell’oceano, che non vedono mai il mare…
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São Paulo, metropoli senza identità, senza principio né fine, senza tradizioni e senza storia, disponibile ad accogliere tutte le diversità. La città dove vivono e lavorano i Fratelli Campana si rivela un terreno fertile per la nascita e lo sviluppo di un robusto nuovo design
Tropicalismo moderno i fratelli campana nel loro studio a san paolo: a sinistra, humberto nel laboratorio al piano terra e fernando nello studio di progettazione al piano superiore, con i loro collaboratori. nella pagina accanto, l’ingresso della zona progettazione con una versione del tavolo sushi con alcune sedute in midollino TRANSPLASTIC, della collezione antibodies; dietro, le pelli della serie di sedute Leather work e sulla parete un prototipo della poltrona vermelha, realizzati per edra.
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“S
ão Paulo è un città orribile, forse la più brutta al mondo. Una città informale”, sostiene su Liberation (10 luglio 2003) il regista argentino Hector Babenco, paulista dal 1969, autore del film di culto Il bacio della donna ragno (1985). “Qui nessuno sa dove sono il nord, il sud, l’est o l’ovest, né dove si leva il sole, né dove tramonta… São Paulo è un mostro antropofago. La città non cessa di crescere... È una città senza faccia, senza anima, senza identità. Questo la rende molto chic, perché accoglie tutto. Il paulistano non ha tradizioni e accetta tutte le novità”. Non ha tradizioni perché la città è stata
foto di Ruy Teixeira a cura di Regiane Mancini con Alison Limontt testo di Cristina Morozzi
fondata solo 456 anni fa. Non ha siti storici, è priva di memoria, è atemporale. Per questo è fertile terreno di coltura per il design. Il design brasiliano è giovane, come la sua capitale, ingenuo, primitivo forse, ma ricco di promesse. Questa città, senza capo né coda, trova in dosi massicce tutte le contraddizioni di cui nutrirsi: la ricchezza e la miseria, l’allegria e la saudade, la musica. Il tropicalismo, di cui parla Caetano Veloso nel suo Verità tropicale, musica e rivoluzione nel mio Brasile, (Feltrinelli, 2003), non è solo una colonna sonora, ma un movimento culturale e politico.
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a sinistra, la veduta dal cortile dei due piani dello studio: al primo piano la zona progettazione al piano terra la zona laboratorio. Sotto, le scale di collegamento tra i due piani. alla parete alcuni prototipi di progetti dello studio. nella pagina accanto, un’ampia veduta della zona laboratorio e produzione.
La bossa nova nasce “come innovazione rispetto alla tradizionale samba, ma anche e, soprattutto, come istintiva ripulsa verso la dittatura militare e come opposizione”, scrive Caetano Veloso (ibidem) e la sua canzone Alegria, Alegria ne è il manifesto. In quanto ‘nova’ la musica brasiliana è intimamente legata al design contemporaneo brasiliano, non quello d’importazione razionalista, giunto dall’Europa con i fuggiaschi dalle dittature, ma quello autoctono, legato alle contraddizioni e alla ricchezza tropicale della terra brasiliana. Fernando e Humberto Campana sono appassionati di bossa nova e sempre aggiornati sui nuovi interpreti. Ogni volta che arrivano in Italia portano con loro qualche nuovo cd, quasi volessero, anche se ormai internazionali, ribadire il loro legame con il Brasile e con São Paulo. “Arriviamo in Italia”, confessano, “ma sempre ripartiamo per ritrovare la distanza che ci consente un diverso punto di vista e che ci permette di proporre differenti codici di lettura degli oggetti”. Si dichiarano sempre ‘bambini’, come il loro Paese, che è ancora giovane. “Il Brasile”, dicono, “è all’inizio della sua parabola, il vostro invece è alla fine della propria. Possediamo perciò la leggerezza del vivere e del creare. Non abbiamo una storia scritta e ciascuno può ancora scrivere la sua. Molte possono essere le storie perché il Brasile ha un’anima meticcia. Le culture sono tante e accessibili i loro codici. Da questa pluralità nasce la nostra libertà e anarchia. Abbiamo tempo davanti a noi, per questo siamo calmi e creiamo naturalmente senza pressioni e senza angosce”. La disposizione ad accogliere tutte le novità, sottolineata anche da Babenco, la calma di chi si sente giovane con tanto tempo davanti, la libertà di chi non ha tradizioni, rende speciale il nuovo design brasiliano.
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74 / INdesign INprofile Blue Café, seduta realizzata con sedia in plastica e intreccio in filo di plastica con appoggiata la statuetta di iemenjà (divinità mitologica brasiliana); dietro, Le statue del preto velho, (rappresentazione di un’entità del culto dell’umbanda), fotografatE nel negozio di oggetti di culto e religioni afro-brasiliane Casa de umbanda. Cake Stool, poltrona realizzata con peluches acquistati al mercato di via 25 marzo di san paolo, fotografata nel negozio di luciano de roma, O Casarão.
nella pagina accanto, transwood, Poltroncina (prototipo) realizzata con sedia in legno e intreccio in vimini con appoggiate due statuette marajoara, riproduzioni in ceramica acquistate nell’isola di Marajó (a nord del brasile), e a sinistra, lampada in cuoio (prototipo) e tavolino in fasce di cartone arrotolato. sullo sfondo il murales, dei fratelli Gêmeos, realizzato su una facciata del MAM - museo di arte moderna di san paolo.
libreria con struttura in ferro e intreccio in vimini realizzato a mano, con cavallino d’artigianato brasiliano acquistato al mercato di Praça da República di san paolo, fotografati sullo sfondo di una architettura paulista di inizio secolo.
C’è nelle forme e nelle ibridazioni di materie, l’azzardo di chi non ha modelli, né maestri. Nelle disarmonie e in certi ingenui brutalismi si coglie il riferimento al rigoglio umido della natura brasiliana e al caos urbano. Che non esista uno stile, ma piuttosto una fervida babele linguistica lo conferma anche Waldick Jatoba, fine collezionista di design e promotore di Design São Paulo, la cui prima edizione, a cura di Maria Helena Estrada, si è svolta al parco di Ibirapuera nel giugno del 2011. Design Sao Paulo, più che una classica fiera annuale, è una piattaforma pensata per far crescere la consapevolezza disciplinare e per educare al progetto contemporaneo operatori e visitatori. Per questo l’esposizione, che ha consacrato designer dell’anno Fernando e Humberto Campana, era accompagnata da un articolato programma di conferenze e dibattiti con ospiti internazionali.
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trasportate da João, raccoglitore di oggetti per riciclo, coccodrilli in cuoio e lampade realizzate con taniche di benzina in plastica e intreccio in vimini. sushi, tavolino in fasce colorate di gomma arrotolate (Prototipo) con scultura realizzata con bottiglie di pet e lampada copoleos, con diffusore in bicchierini in plastica. sullo sfondo il museo d’arte di san paolo- masp.
Design São Paulo, vuole essere nelle intenzioni del suo fondatore anche uno strumento per aiutare i designer a costruire una loro personalità. Non avere tradizioni, né punti di riferimento è liberatorio, ma spaesante. La pluralità di opzioni è una grande ricchezza, ma può rivelarsi anche un pesante fardello. I vincoli delimitano e ordinano i percorsi. Procedere nel caos genera smarrimento. La ricerca di un nuovo linguaggio, capace di preservare l’esuberanza e il meticciato, sovente conduce a una inutile ridondanza e a un eccesso di contaminazioni. Fernando e Humberto Campana sono stati degli apripista. Hanno liberato il design brasiliano dalle influenze europee, riconducendolo all’essenza della natura brasiliana. Hanno indicato una strada che non ha modelli e che nasce da una
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Bamboo Blow-up, tavolino con base in cannette di bamboo e piano in vetro trasparente con appoggiati un cervo in paglia, acquistato a Belém nel Pará (regione a nord del brasile), e uccello d’antiquariato in cristallo. Apuí, poltrona in legno naturale curvato, Fotografata nel parco Trianon di san paolo. Poltroncina con anelli di metallo e vimini intrecciato (Prototipo) e sculture di cani in materiali vari di riciclo, realizzati dall’ artista popolare Getúlio Damado. murales, anonimo.
personale-poetica improvvisazione, basata sul fare con le mani. Fervida, ma rischiosa. Ha ragione, perciò, Waldick Jatoba a sostenere che bisogna educare al design. L’educazione comporta sempre il pericolo dell’omologazione da cui il design brasiliano, per fortuna, è esente. Ancora indisciplinato, il design brasiliano offre capolavori di creatività e fantasia, ma sfiora spesso anche il trash e il kitsch. Nella capacità di rendere emozionanti armonie e dissonanze, di toccare i sentimenti prima della ragione, ha la sua genuinità e la sua grande qualità. Possiede una forza giovanile e intemperante che può essere una salutare sferzata per il design europeo inaridito. Frutto del clima umido, il design brasiliano è una pianta ancora turgida in grado di generare una miriade di freschi germogli.
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Sotto: Marcelo Rosenbaum con la moglie e i due figli di otto e cinque anni. Accanto: Il cortile della casa dove è stata ricavata una piscina. Le piastrelle, design Studio Rosenbaum, traggono ispirazione dai pattern del Marakatu, la parata musicale del nord del Brasile. La panca è stata realizzata da un artista locale analfabeta, a partire da un tronco di scarto. Nella pagina accanto: la zona living adiacente al giardino, coperta da vetro e incannicciato. è arredata con molti oggetti di artigianato locale, come le lance di provenienza indios, e di ready made, come i cuscini ricavati da striscioni pubblicitari di una festa in Perù.
Il mondo di Marcelo Rosenbaum Il noto designer di San Paolo vive in una casa costellata di oggetti che raccontano storie: Pezzi di modernariato e di design d’autore accostati a Objet trouvé di artisti locali e comunità indios. Un mix di identità e culture che descrive la sua visione di ‘brasilian way’ foto di Filippo Bamberghi testo di Valentina Croci
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a casa è lo specchio del proprio modo di essere. Descrive interessi, aspettative e abitudini di vita. Quella di Marcelo Rosenbaum a San Paolo ne rappresenta l’anima e cristallizza il suo percorso progettuale più di qualsiasi lavoro. Costruita su un edificio degli anni Sessanta, mantiene la struttura a patio e le mura, ma si adatta ai nuovi usi. È contemporaneamente casa per tutti i giorni e luogo d’evasione per il fine settimana, quando gli spazi comuni si popolano di amici e familiari.
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Sopra: Nella cucina, concepita come una churrascheria, è presente una madia proveniente da una fazenda di Mina Gerais. Sopra di essa, cesti e vasi di artigianato locale. Le lampade ricamate sono disegnate dallo Studio Rosenbaum. A destra, dall’alto: Parte della collezione di statuette di Santo Espedito, protettore delle cause impossibili, a cui Rosenbaum è devoto; La casetta costruita su un albero del giardino; L’area lounge realizzata sotto la casetta con pezzi di recupero. Nella Pagina accanto: La cucina rivestita con le piastrelle disegnate dallo Studio Rosenbaum. Le ante dei mobili sono realizzate con legni di scarto provenienti da case coloniali del XIX secolo nel sud del Brasile. I pupazzi provengono dalla parata musicale del Marakatu. Le sedie sono di Vico Magistretti, rivestite con tessuti indios.
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Nei 460 mq vivono due identità domestiche: quella ‘normale’ con le stanze da letto, la zona living più intimista e la cucina funzionale, e quella della convivialità. Di quest’ultima fanno parte la piscina ricavata nel cortile originario, la casa sull’albero all’interno del giardino – sogno d’infanzia di Marcelo, oggi realizzata per i suoi due figli – e la seconda cucina al piano terra con il grande tavolo da pranzo, interpretata come una churrascheria. L’Abitare è ciò che Rosenbaum persegue con il suo lavoro, dietro lo spazio fisico e al di là della mera estetica degli oggetti. L’attività ventennale del designer brasiliano può essere considerata una continua ricerca nel concetto di design utile. Inteso, cioè, come costruzione di un ponte tra comunità bisognose e collettività abbienti, come strumento di educazione della popolazione brasiliana emarginata, o di creazione di attività lucrative per le comunità indios affinché si mantenga quel saper-fare che la società dei consumi sta perdendo. Rosenbaum esplora la diversità culturale come elemento propulsivo della creatività e indaga che cosa accade nel contatto diretto tra cultura ‘alta’ e popolare. E questo si vede nella sua casa: le sedie di Vico Magistretti sono vestite con tessuti dell’artigianato locale, mentre tappeti pregiati e sedute di design internazionale sono giustapposti a finiture povere. Una parete del salotto è infatti rivestita con legni di scarto provenienti da case coloniali della fine del XIX secolo nel sud del Brasile. Abitazioni di immigrati italiani e polacchi, oggi sostituite da case in cemento armato. Rosenbaum colleziona da vent’anni modernariato di design perché appartiene al suo immaginario e alla sua formazione. Con il primo stipendio da designer si è comprato la lampada Tizio di Artemide.
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Sopra: Il bagno della figlia di Rosenbaum, ricoperto con piastrelle colorate, disegnate da Adriana Barra. Accanto: Nella seconda cucina, per uso quotidiano, sono state utilizzate piastrelle a muro che si ispirano alla forma piramidale di un frutto locale. I quadri di J. Borges fanno parte del progetto Caruaru, un marchio di arredi realizzato dagli artigiani dell’omonima regione. Sotto: Mobili di modernariato di design accostati a oggetti di artigianato locale. Sul tavolo vicino al divano una collezione di ex voto. Nella Pagina accanto: Un altro scorcio del salotto, rivestito con gli stessi legni di recupero della cucina. Anche qui, alcuni pezzi storici di design, come la lounge chair degli eames (Vitra), il tavolo tulip di Saarinen (Knoll) e il tavolino in resina di Gaetano Pesce, mixati a pezzi d’artigianato artistico di varia provenienza geografica.
Gli oggetti da lui disegnati sono disseminati in tutti gli ambienti della casa confondendosi con i vasi e soprammobili acquistati da laboratori artigianali o raccolti nei mercatini delle pulci in giro per il mondo. E il contrasto sottolinea un tema collettivo: la storia del design internazionale e i pezzi unici dell’artigianato popolare raccontano la stessa necessità delle persone di vivere meglio abbellendo le proprie abitazioni. Oggetti così diversi sono accumunati dalla libertà di scegliere e dalla capacità di raccontare storie. Come i cuscini nell’area living del piano terra, realizzati cucendo gli striscioni di una festa in una città peruviana che invitava alla “noche kaliente”. Tra i molti objet trouvé, ci sono i pupazzi del Maracatu, una parata musicale nata a Pernambuco nel nord del Brasile. Oppure le pentole in ceramica nera, realizzate dalle donne di Espírito Santo per cucinare la tradizionale zuppa di pesce. E ancora la collezione di statuette di Santo Espedito, patrono delle cause impossibili e disperate, a cui Rosenbaum è devoto. Oggetti che catturano l’attenzione, giustapposti in un equilibro estetico quasi funambolico. Tutto questo è la ‘brasilian way’ di Marcelo Rosenbaum. Un mix di episodi e tradizioni, di popoli, religioni e culture che si ibridano in un modo di essere talmente variegato da costituire un’identità. E un modo di progettare diretto e partecipato, nei cui risultati le tracce di una storia condivisa si confondono con le memorie personali.
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IL corPo DeI sImBoLI DI RoDrIGo ALmeIDa SEGUENDO LA LEZIONE DEI FRATELLI CAMPANA, L’autodidatta DEL DESIGN BRASILIANO tesse oggetti E scrive gioielli COME SEGNI TANGIBILI. DAL FONDO DELLE SUE CREAZIONI, COSTRUITE PER strati materiali, EMERGE IL SENSO ANCESTRALE DI simbologie aperte, MAI SOPITE foto di Filippo Bamberghi stylist Adriana Frattini testo di Stefano Caggiano
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SOPRA, RODRIGO ALMEIDA E DUE PEZZI DELLA SUA PRIMA COLLEZIONE DI GIOIELLI, CHIAMATA CALIGRAFIA, DISEGNATA PER ARIA JOALHEIROS DI SÃO PAULO. LA COLLEZIONE, CHE È COMPOSTA DA COLLANE E BRACCIALI, NASCE COME ESPLORAZIONE DI LINGUAGGI VISIVI SUL TEMA “EAST MEETS WEST”.
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Un angolo della casa di Rodrigo Almeida a SĂƒo Paulo che raccoglie alcuni prototipi da lui realizzati. Dall’alto: le lampade Cuia, il contenitore Arapuca, la sedia Factory, la poltrona Oxum.
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SOTTO: IL SOGGIORNO DELLA CASA DI RODRIGO ALMEIDA. LE CREAZIONI DEL DESIGNER-ARTISTA CONVIVONO CON ARREDI VINTAGE, OGGETTI DI MANIFATTURA BRASILIANA E OPERE D’ARTE, COME I QUADRI DI FERNAND LÉGER, HELIO VINCI E KEITH HARING PRESENTI SULLE PARETI DI QUESTO AMBIENTE. IN BASSO: UNA COLLANA CREATA PER ARIA JOALHEIROS. NELLA PAGINA ACCANTO: ALTRI SCORCI DELLA CASA E ALTRI PROTOTIPI DI MOBILI REALIZZATI DA ALMEIDA. NEL SOGGIORNO, LA SEDIA HARLEQUIN; IN CAMERA DA LETTO, LA SEDIA DRAGONFLY; NELLA SALA DA PRANZO, LO SPECCHIO EYES. ALMEIDA REALIZZA MOBILI UTILIZZANDO TUTTO QUELLO CHE GLI CAPITA SOTTO MANO: LEGNO E CARTA, MA ANCHE OGGETTI DI RECUPERO COME PEZZI DI STOFFA, VECCHI ZAINI E CINTURE.
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ome il corpo è l’oggetto dell’anima, così la casa è l’oggetto del corpo”. Tale è per Rodrigo Almeida, autodidatta del design brasiliano di nuova generazione, il significato umano e progettuale della propria casa, luogo esteticamente inquieto in cui i prototipi da lui realizzati coesistono con pezzi indigeni e quadri di Fernand Léger. Il mix, variegato ma nitido, restituisce un’idea ben precisa di design, che rileva il senso della fenomenologia materiale nel modo con cui il progetto rivolta le cose per discioglierne il senso sepolto, secondo una prospettiva dell’azzardo estetico connaturata alla prorompente progettualità brasiliana. “Al di là dei diversi strati culturali e materiali che influenzano la realizzazione formale dei miei oggetti, c’è un aspetto immateriale costituito dallo stile brasiliano per la vita. Il Brasile è un Paese molto giovane; non abbiamo una grande tradizione nella costruzione di oggetti. Abbiamo però, come riferimento storico, l’atmosfera estetica derivante dal melting pot che forma il popolo brasiliano”.
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Le fonti di Almeida non si trovano perciò tanto nella tradizione disciplinare del progetto (al quale è invero del tutto estraneo) quanto nel movimento musicale del tropicalismo, che mescola diverse influenze all’interno di una particolare ‘musica cinematografica’ piena di immagini del suo Paese. Ecco perché, mentre i designer laureati all’università disegnano complesse visualizzazioni al computer per l’industria, Almeida preferisce prendere gli oggetti che trova nelle vie di São Paulo ed elaborarli con tecniche tradizionali, fino ad ottenere pezzi formalmente imperfetti ma funzionali, e soprattutto – questo il senso della ricerca – simbolicamente densi. “In tutti i miei progetti”, spiega Almeida, “ho lavorato con strutture visibili, sovrapponendo diversi strati di materiali e creando una tensione tra flessibile e inflessibile”. È la lezione, apertamente riconosciuta, dei fratelli Campana: “Prima di loro ci sono stati importanti designer che hanno fatto oggetti di estrema qualità, ma che avevano solo un leggero accento brasiliano. Il vero oggetto brasiliano è nato con i fratelli Campana, e la sfida della mia generazione è quella di portare avanti la loro eredità spingendo per un linguaggio ancora più contemporaneo, che sappia conquistare un proprio territorio e lottare per la propria autonoma affermazione”. Era quindi nelle cose che il suo percorso lo portasse dall’arredo (interpretato con ironia iconoclasta e divertita) al gioiello, oggetto simbolico per eccellenza. Nasce così Caligrafia, prima esperienza con il tema del monile, pensato per Aria di São Paulo, in cui l’incontro tra Occidente e Oriente (la proprietà ha origini coreane) viene tessuto tramite l’esplorazione fisica, corporea del linguaggio, piuttosto che seguendone l’astrattezza ‘intellettualistica’. L’alfabeto latino (lettere in oro fuse o intervallate da perline tradizionali) si articola al sumi-e (lo stile pittorico monocromatico orientale che fa uso solo dell’inchiostro nero in diverse concentrazioni), ed è la materialità dei simboli a parlare, facendo emergere una nuova tangibilità dello spirito ancestrale dei segni, appesi al loro significato come preghiere all’orecchio di divinità indefinite, non garantite ma necessarie.
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foto di Gabriel Arantes testo di Ricardo Bello Dias
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Visto dall’alto, il ritratto di IRma realizzato all’interno del progetto Waste Land con cui Vik Muniz ha coinvolto alcuni raccoglitori di rifiuti della discarica Jardim Gramacho di Rio de Janeiro. L’artista Ha fotografato alcune di queste persone e, proiettando le fotografie su una grande superficie, le ha fatte loro ricoprire con rifiuti, seguendo le ombre e le forme del fotoritratto. A destra, Vik Muniz ritratto nella sua casa di Rio de Janeiro. è seduto sopra il tavolo da lui stesso disegnato e realizzato da Atrium.
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Uno dei più noti artisti brasiliani ritratto nella sua casa di Rio de Janeiro: un contenitore bianco dalle pareti tutte nude, che funge da spazio di decompressione per l'autore che con le sue opere materiche si prefigge di svelare nelle cose una realtà diversa da quella che siamo soliti vedere progetto architettonico di L2 Arquitetura/Luciana Pereira progetto d'interni di Liliane Barboza
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In alto: il grande spazio living della casa di Muniz che si affaccia sulla spiaggia di Ipanema. è arredato con il sistema di imbottiti Jagger di Rodolfo Dordoni per Minotti; il tavolo basso mentirinha è stato realizzato da Atrium su disegno dello stesso artista, che ha partecipato attivamente al progetto d'interiors della sua abitazione. Sopra, una veduta esterna della casa e un angolo della cucina. Nella pagina accanto: un altro scorcio del soggiorno, attrezzato con il divano Nolan di rodolfo Dordoni per Minotti. Alle spalle, la libreria realizzata da Atrium, pensata per contenere i libri ma anche i tanti oggetti che Muniz ama collezionare.
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ecnica impressionista? Processo creativo che rimanda a un modello pedagogico rinascimentale, secondo cui l’apprendimento avviene copiando il lavoro di un maestro precedente? Tanti sono i modi per descrivere l’opera di Vik Muniz, l’artista brasiliano più quotato sul mercato internazionale d’arte. “Prendete qualcosa che pensate di conoscere bene. Dopo cercate di decostruirla: vi renderete conto che siete stati a guardarla tutto il tempo senza mai vedere correttamente. È una questione di ricostruzione mentale, d’illusione ottica, di riparazione della realtà”. Muniz è un disegnatore/pittore/fotografo che utilizza diamanti, carta perforata, cotone, sciroppo di cioccolato, zucchero, immondizia, polvere, caramello, marmellata, segatura, spille: questa molteplicità di materiali viene elaborata minuziosamente per creare immagini che riproducono capolavori di maestri del passato come Rubens, Rembrandt, Van Gogh, Monet, Matisse, Delacroix e Cranach, solo per citarne alcuni.Terminata questa fase, l’artista fotografa l’immagine e la stampa in un numero limitato di copie mediante la tecnica Cibachrome, facendo delle fotografie la sua opera finale. Questo processo, sicuramente manierista, approda a una somiglianza sorprendente tra l’immagine originale e la riproduzione nella sua scintillante lucentezza e colorazione materica.
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Particolarmente suggestive risultano, in tal senso, le riproduzioni fotografiche delle opere realizzate con sciroppo di cioccolato, che con originale e poetica creatività tracciano impronte nebulose di una realtà che, di fatto, è più reale di quella che conosciamo veramente. Dice a tale proposito l’autore: “Il cioccolato rimanda a numerosi stati psicologici, che hanno a che fare con il desiderio, il sesso, la dipendenza, il lusso, il romanticismo, ecc. Non ho mai incontrato nessuno a cui non piaccia”. Waste Land è il progetto più recente di Vik Muniz. Questo cortometraggio, girato con la regista Lucy Walker, oltre a vincere diversi premi in tutto il mondo si è guadagnata una nomination all’Academy Award come miglior documentario. Il progetto è stato sviluppato a Jardim Gramacho, la più grande discarica a cielo aperto del mondo nella periferia di Rio de Janeiro, dove 25mila persone vivono quotidianamente, rovistando e cercando cose da recuperare tra montagne di spazzatura. L’artista ha stimolato questa popolazione a esprimersi attraverso l’arte, documentando il lavoro e l’evoluzione di un gruppo di uomini e donne che hanno potuto creare con le loro mani un’opera dai rifiuti da loro stessi raccolti. “Queste persone non hanno mai avuto alcun rapporto con l’arte e non hanno mai sfogliato una monografia o partecipato a una lezione su Caravaggio, ma hanno un certo senso dell’ estetica.
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Sopra, un autoritratto di Vik Muniz del 2005. Sette opere dell'artista brasiliano sono protagoniste della mostra Vik Muniz. Matrici italiane in programma fino al 16 dicembre 2011 presso la Galleria Cortona di Palazzo Pamphilj, sede dell’Ambasciata del Brasile a Roma.
La bellezza è cruciale per la riproduzione e può essere rintracciata ovunque”, dice Muniz. Nato a São Paulo, centro economico brasiliano, Vik ha scelto di vivere a Rio de Janeiro “cidade maravilhosa” (città meravigliosa, come dicono i brasiliani) in un appartamento ai bordi della spiaggia di Ipanema. L’artista ha partecipato attivamente al progetto della sua abitazione. “L’ho concepita come un luogo per vivere. Trascorro la maggior parte del mio tempo cercando di vedere più immagini possibile e di trovare nuove idee. Ho bisogno di arrivare a casa e liberare la mente, facendo una specie di download. Qui guardo il mare e le isole Cagarras, la migliore terapia del mondo, il mio screensaver.” Amante dell’architettura californiana degli anni Sessanta (Neutra, Lautner), Vik ha un grande interesse per il design. Tant’è che ha deciso di disegnare una collezione di arredi chiamata “mentirinha” (“piccole bugie”): un tavolo da pranzo che si ispira ai fratini toscani, un piccolo tavolo basso, una scatola in legno di frassino piena di sabbia che contiene piccole cose trovate sulla spiaggia e che si pone in relazione con il paesaggio circostante. Questi oggetti si inseriscono in un ambiente attrezzato con librerie e contenitori creati per ospitare la sua personale collezione d’arte, unici arredi disposti sulle pareti tutte bianche volutamente prive di quadri e di decori.
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IL design IN SCENA NEL museo PIÙ ANTICO DI San Paolo. DIVANI, SEDIE, LAMPADE, TAVOLI ENTRANO NELLE SALE A misura d’uomo DELLA Pinacoteca dello Stato, UN EX LICEO, I CUI RIGOROSI SPAZI HANNO FATTO DA straordinaria cornice ALL’INTERNAZIONALITÀ DEL PROGETTO made in Italy
ProJeTos Do meDITerrÂnIco foto di Ruy Teixeira a cura di Regiane Mancini con Alison Limontt
DA SINISTRA, RE-TROUVÈ TAVOLO PER OUTDOOR CON BASE IN TONDINO PREZINCATO A CALDO E PIANO IN LAMIERA PIENA VERNICIATI IN SEI VARIANTI COLORE. DESIGN PATRICIA URQUIOLA PER EMU. ARNE, DIVANO DEL SISTEMA DI IMBOTTITI REALIZZATI IN DIVERSE MISURE COMPONIBILI. DESIGN ANTONIO CITTERIO PER B&B ITALIA. SIDEWALL, COLONNA LIBRERIA IN LEGNO LACCATO OPACO O LUCIDO, IN DIVERSI COLORI, CON BASE GIREVOLE. DESIGN PIERO LISSONI PER PORRO. KUBIT, CREDENZA IN LEGNO LACCATO CON PIANO IN MARMO O PIETRA SERENA. DESIGN GIUSEPPE BAVUSO PER ALIVAR. SOPRA LA CREDENZA, BLOW-UP BAMBOO COLLECTION, PORTAGRUMI IN MATERIALE NATURALE LAVORATO A MANO O IN ACCIAIO. DESIGN FERNANDO E HUMBERTO CAMPANA PER ALESSI. BENCH, TAVOLINO CON CASSETTI CONTRAPPOSTI, IN LEGNO LACCATO O ROVERE. DESIGN GIOVANNI BAVUSO PER ALIVAR. CARAMEL, POLTRONA RIVESTITA IN TESSUTO SFODERABILE O PELLE. DESIGN JEAN-MARIE MASSAUD PER POLIFORM. TAVOLINI, MARIE ANTOINETTE (ALTO) E PHILIPPE, IN MDF LACCATO CON INSERTI IN NOCE E PIANO IN VETRO TRASPARENTE O A SPECCHIO. DESIGN SAM BARON PER CASAMANIA. MIX, LAMPADA DA TAVOLO A LUCE LED, IN ALLUMINIO NATURALE O LACCATA BIANCA. DESIGN LUCA MEDA PER LUCEPLAN. SULLO SFONDO MUSA IMPASSÍVEL DI VICTOR BRECHERET.
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foto a destra: in senso orario, boum seduta girevole con scocca in Polipropilene e imbottitura rivestita in tessuto teflonato, base in acciaio. design di Monica Graffeo e Ruggero Magrini per kristalia. post modern, tavolo con piano in cristallo trasparente extralight e gambe in cristallo borosilicato tornito e sagomato. design di piero lissoni per glas italia. sopra il tavolo, giuseppina, sedia in policarbonato semitrasparente anche per outdoor. design Pocci&Dondoli per bonaldo. Passion, poltroncina Con base in acciaio cromato o verniciato, scocca in nylon IMBOTTITA IN poliuretaNO E ovatta di poliestere; rivestimento in tessuto o pelle trapuntata. Design di Philippe Starck per cassina. KAI, SGABELLO GIREVOLE REGOLABILE IN ALTEZZA CON BASE IN ACCIAIO E SEDUTA IN MULTISTraTo CURVATO NATURALE O TINTO. DESIGN DI Shin Azumi PER LAPALMA. BERENICE, LAMPADA A LED ORIENTABILE DA TAVOLO, IN ALLUMINIO CON RIFLETTORE IN VETRO O ALLUMINIO. DESIGN DI ALBERTO MEDA E PAOLO RIZZATO PER LUCEPLAN. FOTO sotto: da sinistra, xradyo, tavolino della collezione rock di moroso per diesel home collection, con piano in vetro con decoro stampato e base in tondino d’acciao verniciato e shadowi, poltrona con struttura in acciaio e intreccio in filo di plastica colorata. design di Tord Boontje per moroso. brasilia, tavolino con piano composto da varie sagome assemblate in metacrilato colorato specchiato e gambe in acciaio spazzolato lucido. design di Fernando e Humberto Campana per edra e tolomeo micro, lampada orientabile da tavolo in alluminio anodizzato colorato. design michele de lucchi per artemide. cactus, divano composto da pouf tattoo di diverse dimensioni rivestiti in tessuto elasticizzato disegnato da Maurizio Galante e realizzato per il progetto dell’Ecole de la Chambre Syndicale de la Couture Parisienne da cerruti baleri.
foto a destra: da sinistra, Zen cap, sgabello da bar da giardino Prodotto artigianalmente in cedro rosso del Canada. design di Ludovica+Roberto Palomba per exteta. Flat, tavolo in alluminio laccato con piano n vetro laccato lucido, legno o marmo bianco di Carrara. design di giuseppe bavuso per rimadesio. Flow, sedia con scocca in policarbonato esterno lucido e interno opaco con gambe in rovere naturale. design di jean-marie massaud per mdf. now, sedia impilabile In polipropilene caricato fibra di vetro e struttura in metallo cromato. design di Stefano Sandonà e Stefano Sandrin per iNFINITI by OMP GROUP. nella pagina accanto, in senso orario: sweet, poltroncina con Struttura in tubo di metallo verniciato nero opaco, seduta intrecciata in tubolare di PVC nero. design di paola navone per gervasoni. plus, poltroncina impilabile in propilene in diversi colori. design di alessandro busana per pedrali. hi-cove, poltrona con base girevole in acciaio e seduta rivestita in tessuto. design di ferruccio laviani per molteni& C.. star trek, poltrona in massello di ciliegio o noce americano, seduta e appoggiatesta in multistrato curvo, imbottito e rivestito in tessuto o pelle. design di roberto lazzeroni per ceccotti. moor, poltrona girevole con struttura in fiberglass, seduta imbottita, rivestita in pelle trapuntata. design di philippe starck per driade. beverly, poltroncina con struttura interna in acciaio e schiuma poliuretanica flessibile, rivestita in pelle con basamento in acciaio cromato. design mauro lipparini per i 4 mariani. al centro, karelia, poltrona (riedizione de1966) con struttura in poliuretano espanso e Rivestimento sfoderabile in Ecopelle, Texiré, tessuto Stelvio o in pelle. design di Lisii Beckmann per zanotta.stone, Lampada realizzata in polietilene stampato a caldo in colore bianco, con lampada a risparmio energetico. disegnata e prodotta da slide. a sinistra, deusa da primavera, scultura di victor brecheret.
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FLY, TAVOLINO CON BASE IN METALLO SATINATO E PIANO IMPIALLACCIATO NOCE CANALETTO O FRASSINO NATURALI O TINTI OPPURE IN MARMO. DISEGNATO E PRODOTTO DA FLEXFORM. AIR CAN, LAMPADE CON DIFFUSORE IN VETRO SOFFIATO INCAMICIATO CON VETRO LATTIMO BIANCO E STRUTTURA IN METALLO NICHELATO E SATINATO. DESIGN CHRISTOPHE PILLET PER AV MAZZEGA. PASTICCA, SISTEMA MODULARE DI ELEMENTI CIRCOLARI DI DIVERSI DIAMETRI VARIAMENTE COMPONIBILI, RIVESTITI IN TESSUTO O PELLE SFODERABILI. DESIGN DI PIERO LISSONI PER LIVING DIVANI. REGINA, BERGÈRE CON BASE GIREVOLE IN ACCIAIO E POUF, CON IMBOTTITURA E RIVESTIMENTO TRAPUNTATI E FISSATI, CON UN SISTEMA A CERNIERA, ALLA SCOCCA IN POLIURETANO. DESIGN DI PAOLO RIZZATTO PER POLTRONA FRAU. SULLO SFONDO, GÊNIO DO REPOUSO ETERNO, SCULTURA DI AUGUSTE RODIN.
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aulo Mendes da Rocha, classe 1928 e laureato dal premio Pritzker nel 2006, è un personaggio cardinale della scena brasiliana. Se Oscar Niemeyer incarna la vitalità e la sensualità della natura carioca, Mendes rappresenta l’altra faccia della cultura brasiliana, quella radicata a San Paolo, che persegue un modernismo più rigoroso ed essenziale. Per esempio, con il frequente ricorso al cemento a faccia vista e a strutture ardite come nella sua opera più celebre, il Museo della scultura brasiliana, costruito a San Paolo nel 1988 come una gigantesca trave lanciata su una luce libera di oltre 60 metri. L’edificio che ospita la Pinacoteca di Stato, a San Paolo, fu inaugurato nel 1905 e ospitava la sede del Liceo “de Artes y Ofícios”. Si trattava di un’associazione educativa privata e allora, per mostrare la collezione di 26 dipinti di artisti brasiliani del diciannovesimo secolo, era sufficiente un’unica sala del terzo piano. A quasi un secolo di distanza, nel 1994, un patrimonio di oltre ottomila opere impone una revisione radicale dell’edificio. E Mendes da Rocha interviene da architetto, non certo da restauratore, stravolgendo la fisionomia delle vecchie sale ottocentesche e trasformando i cortili in grandi spazi espositivi. All’interno e all’esterno segue lo stesso spietato principio: i vecchi muri di mattoni sono letteralmente scorticati ed esibiti in tutta la loro potente matericità, con un’operazione molto simile a quella condotta da David Chipperfield nel Neues Museum berlinese. Una strategia vincente riconosciuta anche, nel 2000, dal premio Mies Van
nella pagina accanto, fork floor, lampada da terra orientabile con diffusore in tessuto e stelo in metallo. design diesel per foscarini. Saville, poltrona e pouf con struttura in legno massello di faggio curvato verniciato, seduta imbottita e rivestita in tessuto o pelle sfoderabili e cuscinatura trapuntata. design di Gordon Guillaumier per minotti.
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der Rohe per l’America Latina. Il vecchio edificio è così trasformato in un set affascinante, un loft in robusti mattoni consunti dal tempo dove l’architettura ottocentesca perde il suo sapore rétro e acquista l’atmosfera del rudere messo in sicurezza, del reperto spogliato e riutilizzato secondo la tecnica “as found”. I nuovi fuochi del percorso espositivo, le corti, diventano patii interni coperti da leggeri lucernari in vetro e acciaio bianco, con le pareti segnate dagli attacchi degli infissi rimossi, ormai inutili. Scale, passerelle sospese e pannelli divisori attraversano gli spazi come scultorei inserti in acciaio cor-ten. (Alessandro Rocca)
una delle corti del palazzo ottocentesco trasformate in spazi espositivi, coperti da lucernari in cristallo e acciaio verniciato bianco e attraversati da passerelle in cor-ten. A sinistra, Veduta della Pinacoteca di stato, ristrutturata da Paulo Mendes da Rocha tra il 1993 e il 1998.
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Zanini de Zanine, Guto Indio da Costa, Bruno Temer, Leonardo Lattavo, Pedro Moog, Ricardo Graham Ferreira: sei protagonisti del nuovo design carioca ritratti all’interno della Cidade das Artes progettata da Christian de Portzamparc. è la primavera del progetto di rio de Janeiro
Tropical New Wave foto di Andrés Otero/Luzphoto testi di Paula Acosta
Sopra, una veduta della Cidade da s Artes progettata da Christian de Portzamparc, la cui inaugurazione è prevista a inizio 2012. Situata nel quartiere Barra da Tijuca di Rio, è una delle grandi opere architettoniche destinate a rinnovare il profilo della città che nel 2014 sarà una delle sedi dei Mondiali di Calcio e nel 2016 ospiterà le Olimpiadi. alcuni arredi disegnati e prodotti da Zanini de Zanine con il marchio DoÏz. In alto, la seduta Trapezio in cinque varietà di legno tropicale di recupero; nella pagina accanto, lo sgabello Beton in cemento e la seduta Trez, in acciaio al carbonio finito con vernice elettrostatica testurizzata, disponibile in quattro colori.
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l titolo del libro dello scrittore austriaco Stefan Zweig, Brasile, terra dell’avvenire, pubblicato 70 anni fa, sembra avere espresso una profezia che oggi si realizza. Non lo dimostrano solo gli indicatori economici positivi degli ultimi anni. La profusione di importanti e moderni progetti architettonici e culturali in programma a Rio de Janeiro fa intravvedere un futuro tutto nuovo anche attraverso il panorama urbano. Nella città che si prepara ai Mondiali di Calcio del 2014 e alle Olimpiadi del 2016, mattone dopo mattone cominciano a prendere forma gli attesi Museu do Amanhã, progetto dello spagnolo Santiago Calatrava, il Museu de Arte do Rio (MAR) commissionato ai brasiliani della Bernardes & Jacobsen Arquitetura e il Museu da Imagem e do Som, firmato dallo studio americano Diller Scofidio
+ Renfro. Ma all’interno di questa città ‘in costruzione’ c’è un’altra ‘città’ in fase di ultimazione. È la Cidade das Artes, eretta nel quartiere Barra da Tijuca, che si appresta agli ultimi ritocchi per l’apertura ufficiale nel 2012. Progettato dal premiato architetto francese Christian de Portzamparc (che ha firmato anche la Cité de la Musique a Parigi) e finanziato dal comune di Rio, il mega spazio, che occupa più di 90 mila metri quadri in una zona di forte sviluppo nel sudovest della città, è dotato di una sala da opera e concerti, con una capienza che arriva fino a 1.800 posti, e di un teatro per musica da camera con 500 poltrone. Il complesso comprende altre 12 sale per prove, presentazioni e registrazioni elettroacustiche, esposizioni; a queste si aggiungono un cinema, una libreria, ristoranti e caffè.
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Zanini de Zanine, 33 anni Impossibile scappare dal luogo comune: è figlio d’arte. Anche perché il suo nome non lascia margini di dubbio. Dal padre – José Zanine Caldas, celebre designer, paesaggista e architetto autodidatta – ha ereditato la mano per il disegno ma anche la cultura della progettazione consapevole. Ha fatto il suo apprendistato presso lo studio di Sergio Rodrigues e nel 2002 si è laureato in industrial design. Ha vinto diversi premi nazionali, realizzato la sua prima mostra personale nel 2009 alla Thomas Hayes Gallery di Los Angeles ed esposto a New York, Londra, Saint Etienne e Milano. Ha creato il suo marchio di produzione Doïz, disegnando parallelamente per altre aziende. La grinta da surfista tatuato, carioca fino al midollo, che vive in stretta simbiosi con la natura e l’ambiente che lo circonda, affiora anche nei suoi progetti di design e si traduce in oggetti dal linguaggio pop. Ma è anche la sperimentazione con i materiali, come il legno di recupero, la plastica riciclabile, i metalli e il cemento, l’altra costante del suo lavoro che sviluppa nell’atelierstudio-laboratorio situato nella zona portuale della città, emblema di una Rio de Janeiro che sta cambiando e luogo ideale per un talento in movimento qual è lui.
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La Poltrona Arraia disegnata da Guto Indio da Costa per Saccaro, con struttura sottile in acciaio inox e seduta in fibre naturali intrecciate a mano; è corredata di cuscini in schiuma ad alta densità .
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Accanto, Guto Indio da Costa e la lampada Aura da lui disegnata per Iluminar. perfetta sintesi di alta tecnologia e artigianato, è realizzata con sorgenti a LED e fibre ottiche ricamate a mano su tessuto da un gruppo di artigiane del Minas Gerais. Sotto, uno scorcio della Cidade das Artes in fase di ultimazione, con le colonne oblique e i tagli diagonali disegnati da Christian de Portzamparc.
Guto Indio da Costa, 42 anni E pensare che il suo sogno nel cassetto era disegnare solo e soltanto aerei... Gli sono bastate poche settimane di corso propedeutico all’università d’ingegneria aeronautica per rendersi conto che quella non era la sua strada. Quando un amico lo ha invitato ad assistere ad alcune lezioni di design ha capito che per lui sarebbe stato molto più interessante allargare il raggio d’azione nel campo della progettazione. E così ha dirottato verso l’Art Center College of Design negli Stati Uniti e poi in Sv izzera, laureandosi nel 1993. Ha lavorato con Christopher Reitz, Wolfram Peters, Jacob Jensen, Angela Carvalho, e fondato il suo studio di design a Rio de Janeiro come parte del gruppo Indio da Costa Audt, di cui è partner con il padre, l’architetto Luiz Eduardo Indio da Costa. Il ventilatore da soffitto Spirit – quasi 1 milione di unità vendute – è frutto della sua inventiva. Così come la vasca domotica e trasparente Smarthydro, entrambi vincitori del premio IF Design. Dopo gli innumerevoli riconoscimenti è passato da concorrente a giurato dei principali concorsi internazionali di design come il Compasso d’Oro. Attento a tutto quello che riguarda l’innovazione, ha da poco progettato il lampadario a LED Aura, realizzato con membrane di fibre ottiche ricamate a mano da artigiane del Minas Gerais, stato confinante com Rio. Il suo fiore all’occhiello è il progetto di Tex, Sistema di Trasporto Espresso, un veicolo alternativo sospeso pensato per migliorare il traffico nelle grande città: espressione rappresentiva di un’immaginazione ad alta velocità.
Bruno Temer, 29 anni Insieme ai suoi soci dello studio Fibra Design (Thiago Maia, 27 anni, Pedro Themoteo, 28, e Bernardo Ferracioli, 29), forma un gruppo di Charles Darwin moderni, dediti allo studio delle specie della ricca flora brasiliana, impegnati a diffondere la teoria e la pratica dell’ecoprogettazione. Una squadra che disegna prodotti rispettosi dell’ambiente e sviluppa nuovi materiali partendo da materie prime naturali di origine certificata. Dalla loro sperimentazione in questo campo è nato BIOPlac, un composto ‘non-wood’ derivato da diverse famiglie botaniche e legato da una colla vegetale, che ha vinto il premio IF Material Awards 2008 e dato vita allo skateboard Folha Seca (creato in collaborazione con Let’s Evo), oggetto finalista del Volvo Sports Design Awards dello stesso anno. Dalla loro ricerca è nato anche il laminato di bambù organico che ha generato la bicicletta Chico, e il MateriaBrasil, un archivio on line di materiali sostenibili, realizzato in partnership con Sistema Ambiental, che a breve sarà attivo. Per loro il passato è prossimo. Tutto è cominciato infatti all’interno della scuola di industrial design dell’Università dello Stato di Rio de Janeiro – Esdi, sviluppandosi velocemente con la fondazione dello studio nel 2005: un progetto collettivo in continua evoluzione.
Bruno Temer, dello studio Fibra Design, che, insieme a Meu Móvel de Madeira e Instituto e, ha sviluppato e progettato la seduta Celebrate Wood, in legno di teak certificato FSC con rivestimento in cotone e juta.
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Sotto, uno scorcio della hall della Cidade das Artes e la Poltrona Temes, prodotta da Schuster e disegnata da Lattoog combinando due icone del design: la sedia degli anni ’40 del brasiliano Joaquim Tenreiro e ‘La Chaise’ di Charles and Ray Eames. In basso, Leonardo Lattavo e Pedro Moog dello studio Lattoog.
Leonardo Lattavo e Pedro Moog, 41 anni entrambi La loro caratteristica è individuare le peculiarità della tradizione culturale-paesaggisticaetnica brasiliana e rileggerle in forma di prodotto con orientamento contemporaneo. I tavoli fatti con azulejos o pietre portoghesi ricordano l’estetica coloniale. La collezione di arredi Viralata (in italiano, bastardino) fa riferimento al mix di razze tipico del Paese: i prodotti sono il risultato della combinazione di mobili celebri sia brasiliani che internazionali. E come non citare gli oggetti creati in omaggio alla loro città: le poltrone Ipanema e Copacabana che riportano il disegno della passeggiata che costeggia entrambe le spiagge, e il tavolo São Cristóvão, la cui forma evoca le inferriate delle case di periferia, come quelle dell’omonimo quartiere di Rio. Curiosa, come curiose sono le loro creazioni, è la storia della coppia. Inizialmente il design era per entrambi soltanto un hobby: Leonardo era dedito all’attività di architetto a Londra, mentre Pedro si occupava del suo studio di comunicazione visiva. Durante le vacanze disegnavano insieme. È così che nasce, tra il 1999 e il 2000, il divano Knot in schiuma e plastica, un progetto che però rimane sospeso e privo di una precisa destinazione da parte dei suoi autori. Poi, nel 2002, Interni pubblica in copertina il divano Boa disegnato dai fratelli Campana: è una pura e semplice coincidenza, ma assomiglia alla loro creazione sconosciuta. Per i progettisti, l’ammirevole opera dei loro compaesani diventa lo stimolo decisivo a credere nelle loro idee e a fondare il marchio Lattoog, parola nata da un’altra combinazione: quella dei loro cognomi.
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Ricardo Graham Ferreira, 37 anni Il desiderio di diventare ebanista lo ha portato in Italia nel 2002; ha studiato design, ebanisteria e restauro di mobili a Milano, poi è riuscito a introdursi nei laboratori della Brianza per imparare dai maestri artigiani. Successivamente, si è trasferito in Francia dove ha seguito una specializzazione presso l’École Superiéure d’Ébénisterie di Avignone. Tornato in Brasile, ha iniziato nel 2006 a investire nella produzione propria aprendo una bottega in mezzo alla Foresta Atlantica, dove realizza mobili e oggetti d’arredo artigianali in legno tropicale pregiato ed ecologicamente certificato. La sua passione sono gli incastri e gli piace evidenziarli, perché sono quelli che attribuiscono identità alle sue creazioni. Usa la tecnica della falegnameria tradizionale, però riletta con occhi moderni e curiosi che danno contemporaneità a pezzi unici e serie limitate che espone nell’atelier aperto insieme alla sorella stilista nel centro storico di Rio.
Ricardo Graham Ferreira con la Panca Rondine in legno ipê, così chiamata per via degli incastri a coda di rondine utilizzati per la sua struttura, e la Credenza Tropical, in legno massiccio con finitura in olio di lino cotto.
Si ringraziano: Segreteria della Cultura del Municipio di Rio de Janeiro - segretario Emilio Kalil e assessore Pedro Igor de Alcantara. Sottosegreteria per il Commercio e i Servizi dello Stato di Rio de Janeiro - sottosegretario Dulce Ângela Procópio de Carvalho.
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Design brasileiro foto di Ruy Teixeira
Chi cerca un design brasiliano di qualità si rivolge all’azienda Dpot. Perché? Lo racconta Baba Vacaro, designer, art director di questo e altri marchi brasiliani dell’arredo. per Interni intervista Sérgio Buchpiguel, fondatore dell’azienda, per poi spiegare il senso del suo lavoro orientato a diffondere la cultura del progetto locale
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Intervista a Sérgio Buchpiguel Il design brasiliano è alla moda? In generale il Brasile è alla moda e oggi stiamo nuovamente vivendo un momento di grandi opportunità, possiamo mostrarci a tutto il mondo. Questo già accadde negli anni ’50 e ’60, quando i nostri architetti e designer, formati sulle idee del movimento Moderno, richiamarono l’interesse del mondo, che si estese poi anche al nostro stile di vita, alla nostra musica, alla nostra cultura. Furono gli anni dorati che ispirarono la poltrona Mole (poltrona morbida), di Sergio Rodrigues, che simboleggia perfettamente quel momento. È stata l’idea di rivivere quel momento ‘bossa nova’ che vi ha spinto a puntare sul design brasiliano? La mia famiglia lavora nel ramo del commercio dell’arredo da quasi 40 anni. Quando anch’io sono entrato a farne parte, il Brasile stava vivendo un momento di rivitalizzazione dell’industria nazionale del mobile dopo un periodo negativo conseguente alle aperture politiche ed economiche della fine degli anni ’80, quando il nostro Paese è stato sommerso da un’ondata di prodotti importati. Abbiamo capito che avevamo l’opportunità di posizionarci esattamente in questa nicchia specifica, quella del mobile brasiliano al 100%. Questo è accaduto più di dieci anni fa. All’epoca, molti ci presero per pazzi. Perché? Perché il nostro mercato era ancora molto attratto dai prodotti stranieri; ciò che era importato era considerato migliore e i designer brasiliani, salvo rare eccezioni, erano poco considerati. E ora cosa offre Dpot? Abbiamo una collezione matura e abbastanza rappresentativa del design brasiliano nella sua evoluzione nel tempo. Abbiamo oltre 50 designer e 300 prodotti, storici e contemporanei, molti dei quali premiati sia qui che all’estero. Questi prodotti, dal mio punto di vista, interpretano il modo brasiliano di abitare: sono mobili che riuniscono il confort pratico della vita moderna e il confort emozionale, dato dalle forme, dai tessuti e dai materiali del design brasiliano. Posso affermare senza modestia, che la Dpot è un riferimento per chi cerca un design brasiliano di qualità. E proprio perché rappresentiamo questo riferimento, il nostro compito è anche un altro: quello di incentivare e invogliare i nostri designer a creare senza restrizioni. Credo che questo sia d’aiuto per aprire ancor più le frontiere del nostro mercato. Qual è stata la strategia dell’azienda per intraprendere questo cammino? Sin dall’inizio, quella di aver puntato interamente al lancio dei prodotti di Sergio Rodrigues, che sono stati rieditati all’inizio degli anni 2000. Oggi può sembrare incredibile, ma i prodotti di Sergio non erano conosciuti dal gran de pubblico e siamo orgogliosi di essere stati noi i primi a metterli in commercio. All’inizio, le vendite non erano molto numerose, ma oggi la situazione è totalmente cambiata. Al tempo stesso, abbiamo aperto uno spazio per i designer giovani e poco conosciuti dal grande pubblico. (Baba Vacaro)
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1. Poltrona Chifruda (poltrona con le corna), il pezzo più raro e spettacolare creato da Sergio Rodrigues nel 1962, rieditata da Dpot in serie limitata e numerata. 2. Tavolino Graves, disegnato da Estudiobola e realizzato con azulejos originali dell’artista Athos Bulcão; lampada Xibô di Se rgio Rodrigues.
3. sedia a dondolo de balanço, uno dei pezzi più conosciuti dell’architetto Oscar Niemeyer, creata nel 1977. 4. Installazione realizzata con gli oggetti multipli Manos, nati dall’idea di combinare l’arte con il design. é l’ultimo progetto presentato da Dpot, firmato da Heleno Bernardi.
Nella pagina accanto: sedia 3 apoios, disegno originale di John Graz, anni ’60. Rieditata nel 2005.
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1. poltrona Mole (poltrona morbida), uno dei pezzi più rappresentativi del pensiero di Sergio Rodrigues, creata nel 1957.
3. Mobile Guaimbê, design Paulo Alves; sedia Paulistano, design Paulo Mendes da Rocha, 1957, Rieditata nel 2004.
2. Panca Dominó, creazione di Cláudia Moreira Salles per l’esposizione Imaginários Dpot, 2010.
4. mobile Bianca, design Sergio Rodrigues, 1993, Rieditata nel 2005; panca Pinhão in cartone riciclato e lavorato artigianalmente, design Domingos Tótora.
Intervista a Baba Vacaro Si può parlare di un’anima brasiliana della casa? I prodotti nei quali si esprime l’anima brasiliana trasmettono l’idea di una vita piacevole, di uno stile di vita autentico, in totale sintonia con le nuove necessità e i modelli di comportamento del mercato, fondati sulla differenziazione e sull’identità. Qual è il rapporto tra Dpot e il design? La Dpot si è consolidata sul mercato come la marca del design brasiliano di qualità. Il design infatti, su di lei punta interamente da oltre dieci anni. Da quando ho assunto la direzione creativa di Dpot, siamo stati guidati dal desiderio di presentare una collezione che rappresentasse la storia del mobile brasiliano al di fuori dei musei, portandola sul mercato e, conseguentemente, dentro la vita delle persone. Negli ultimi sei anni, ci siamo occupati della riedizione di pezzi storici e della realizzazione di mobili inediti. Questa proposta non ha niente a che vedere con il passatismo, l’ufanismo o la xenofobia. Riflettendo sul nostro repertorio e analizzandolo, vogliamo interpretarlo alla luce della modernità. E quindi… Ricerchiamo prodotti che esprimano il linguaggio, l’anima e il modo di vivere brasiliani, e, in ogni prodotto, la migliore sintesi tra forma, funzione ed emozione, aspetto che acquista sempre maggior importanza nel design contemporaneo. Quali sono i vostri programmi a breve ? Oggi il nostro modo di lavorare va al di là del prodotto. Abbiamo cercato di incentivare la cultura del design brasiliano sul nostro mercato, adottando iniziative di vario tipo. Una tra le più recenti è stata la coproduzione di una serie televisiva, Casa Brasileira (Casa Brasiliana), che tratta di architettura e del modo di abitare dal punto di vista dei più importanti architetti e designer del Paese.
Nella pagina accanto, da sinistra: sedia pieghevole Frei Egidio, design Lina Bo Bardi, Marcelo Suzuki e Marcelo Ferraz, 1987; sedia GB, riedizione della prima sedia creata da Geraldo de Barros nel 1954; sedia Zanine I, design Zanine Caldas, 1948, rieditata nel 2009.
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la storia di grendene e della sua produzione di calzature in plastica si lega intimamente alla biografia della famiglia vicentina che agli inizi degli anni settanta arriva a farroupilha, in brasile e, dopo vari cicli, si sta preparando ad affrontare la sfida della sostenibilità testo di Francesco Morace
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pesso parlando del Brasile pensiamo a un Paese compatto, raccolto attorno ai grandi stereotipi che lo hanno reso appetibile e conosciuto in tutto il mondo: le spiagge di Rio, l’incrocio di razze “arcobaleno” che ha prodotto il Carnevale, il Samba e la Bossa Nova, fino – per i conoscitori più raffinati della cultura brasiliana – al Candomblé o ai romanzi di Amado ambientati a Salvador de Bahia. La realtà è più complessa, anche più di quella misticheggiante che ha segnato il successo mondiale di Paulo Coelho: il Brasile ha le varietà e le articolazioni di un intero continente. Pochi ad esempio conoscono il profondo Sud del Paese che corrisponde a una stratificazione socioculturale legata alla cultura tedesca e – per quanto riguarda l’Italia – alla radicazione di comunità venete arrivate negli anni della seconda immigrazione, dopo quella disperata e più povera di inizio secolo, sbarcate a New York e Buenos Aires. Una Italia già produttiva e laboriosa che negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, dalle concerie della Valle di Chiampo, nel vicentino, tenta con successo il trasferimento in territori in qualche modo simili per morfologia e paesaggio, ma più aperta, con un respiro sul futuro che l’Italia già allora faticava a garantire. Arriviamo così a Farroupilha, un centinaio di chilometri a ovest di Porto Alegre, paesaggio di colline nebbiose che non ha nulla da invidiare ai Colli Berici di Vicenza, dove arriva la famiglia Grendene, che nel giro di qualche decennio, a partire dal 1971, impianta con ingegno tipicamente italico, una produzione prima di imballaggi, poi di accessori in plastica, che implica la progettazione di stampi e il concepimento di nuove famiglie e tipologie di prodotto. Assistiamo così – ancora una volta – al dispiegarsi di quella relazione virtuosa che dalla passione artigianale del prodotto unico e ben fatto, si trasferisce alla produzione di macchine industriali altrettanto uniche e innovative, che permettono la realizzazione di prodotti in plastica, inseguendo l’utopia di una radicale modernizzazione del Paese, attraverso la magia di un materiale che introduce al futuro. Negli anni ’80 viene compiuto da Grendene l’ulteriore salto innovativo – sempre guidato dalla creatività applicata – che la porterà ad essere oggi la più avanzata fabbrica di calzature “a iniezione” del mondo: per la prima volta il materiale plastico viene utilizzato nella produzione di calzature monomateriche, in cui la plastica costituisce la pelle e l’anima del prodotto. Gli aspetti di funzionalità, igienicità, lavabilità, risultano nel tempo irresistibili e il successo sul mercato – sostenuto da un imbattibile rapporto prezzo/ qualità – appare inevitabile, accompagnando la difficile transizione del Brasile da Paese sottosviluppato, governato da dittature militari, a
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Momenti della produzione nello stabilimento di Grendene a Farroupilha, nel Sud del Brasile. Si tratta della più avanzata fabbrica del mondo che realizza calzature in materiale plastico a “iniezione” . foto di Cicero Rodrigues.
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Paese emergente, in grado di costruire il futuro con le proprie forze e le proprie straordinarie risorse umane e naturali. Ed è qui che il design thinking – con l’inizio del nuovo millennio – fornisce materia e conoscenza per questo triplo salto finale, che si dimostrerà non mortale ma vitale, in una sorta di capriola innovativa che oggi vediamo realizzata nella rigenerazione e nel successo mondiale del Gruppo Grendene. Più in particolare l’azienda si nutre del successo di Melissa, una marca che sotto la guida di Edson Matsuo – un designer illuminato che gestisce da più di un decennio la divisione Ricerca e Sviluppo di Grendene e dirige il Centro Design interno – ha letteralmente stravolto la concezione della calzatura in plastica come semplice prodotto basic,
low cost, adatto esclusivamente a una fruizione quotidiana e poco attrattiva. Melissa, infatti, già da un decennio ha avviato – proprio come Alessi in Italia alla fine degli anni ’80 – una serie illimitata di collaborazioni con designer brasiliani e internazionali (dai fratelli Campana a Zaha Hadid), per concepire, realizzare e vendere una famiglia di calzature fortemente innovative, che partendo dalla matrice plastica, sperimenta forme, strutture, colori e perfino odori (la collezione Melissa è infatti caratterizzata da una profumazione inconfondibile, diventata marchio di fabbrica a tutti gli effetti) che corrispondono ai dettami del Quick & Deep, della qualità creativa nel quotidiano, della personalizzazione spontanea del proprio abbigliamento attraverso l’accessorio.
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melissa, il brand di punta nel mercato femminile del gruppo grendene, giĂ da un decennio ha avviato una serie di collaborazioni con designer internazionali. lo sforzo creativo e produttivo viene periodicamente presentato nel concept store di oscar freire a sĂƒo paulo. in questa pagina l’allestimento della galeria melissa disegnata nel 2008 da zaha hadid. photo courtesy melissa
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LA VETRINA DELLA GALLERIA MELISSA E LA BALLERINA CORALLO (IN VERSIONE ORO/RAME NELL’INTERPRETAZIONE CREATIVA DEI FRATELLI CAMPANA (2007). LE SCARPE DI PLASTICA PROFUMATA DISEGNATE PER MELISSA DA GAETANO PESCE NEL 2010 (AL CENTRO), DA KARIM RASHID NEL 2009 (A DESTRA) E DA ZAHA HADID NEL 2008 (IN BASSO).
L’intero sforzo creativo e produttivo viene presentato ormai da un decennio nel primo concept store nato in Brasile, nella via della moda e dell’innovazione, Oscar Freire di San Paolo: la Galleria Melissa. Ma la storia non finisce qui, anzi sembra alimentare un nuovo inizio. L’ultima sfida che oggi l’azienda sta affrontando con serietà e con grande dispendio di mezzi e di ricerca applicata riguarda, in questa dinamica da triplo salto mortale, il terzo passaggio dopo quello dell’innovazione produttiva e quello del design thinking: la sfida della sostenibilità. Nel caso di Grendene e dei suoi brand
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(oltre a Melissa, che è la marca di punta nel mercato femminile, e Ipanema, che con la collaborazione di Osklen ha elaborato una nuova strada di creazione e produzione per flip-flop dal forte carattere carioca, cioè ispirate allo spirito di Rio de Janeiro, ricordiamo Rider, Grendha, Ilhabela e Grendene Kids) la sostenibilità corrisponde al riciclo integrale dei suoi prodotti, in gran parte monomaterici. È sul filo del nuovo paradigma Crucial & Correct che la storia di Grendene e della sua produzione di calzature in plastica, sembra voler rilanciare il proprio messaggio prima in Brasile, poi nel mondo.
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a storia di Osklen, con la sua identità e credibilità internazionale, nasce dalla capacità della marca di proporre in modo spontaneo e sofisticato un mondo di vitalità ed energie che dalla dimensione dello sport – e più precisamente dalla concezione del primo modello di giacca tecnico-sportiva per forma e uso di materiali avanzati – si estende, nel giro di pochi anni, alla dimensione active, di una avventura che non disdegna di affrontare in modo originale l’esperienza più urbana. Dal 1989, anno del suo debutto, Osklen si è così consolidata nel tempo e nel mercato per l’unicità di una visione che nasce dalla sperimentazione scientifica, dalla conoscenza derivata da una competenza – quella di medico sportivo del fondatore Oskar Metsavaht, appassionato scalatore lui stesso – che lavora sugli equilibri sottili tra salute e stile, tra estetica ed etica, tra ambiente naturale ed energia personale. Alla base di queste dinamiche creative ritroviamo una originale capacità di governare in modo sostenibile gli aspetti promozionali, commerciali, comunicativi e distributivi della griffe, e quelli più squisitamente culturali e ideali che hanno ad esempio sostenuto la nascita dell’E-Institute che da alcuni anni segna la filosofia produttiva, la vision e la mission di Osklen. Oskar Metsavaht è infatti riconosciuto dalla comunità internazionale come uno dei più avanzati protagonisti del paradigma della sostenibilità, portatore nel mercato di una dimensione ideale di “nuovo lusso”, tanto da essere considerato dalla World Wild Foundation un Future Maker, un vero e proprio costruttore di futuro. Ciò appare evidente, in particolare, nei progetti legati allo sviluppo sostenibile dei materiali – da sempre un marchio di fabbrica della creatività di Osklen – i famosi e-fabrics che, in partnership con istituzioni e centri di ricerca, l’azienda lancia e sostiene, identificando tessuti e materiali sviluppati con criteri socio-ambientali. Al di là di progetti e prodotti che vengono ormai distribuiti e acquistati in tutto il mondo (62 negozi e presenza nelle grandi capitali della moda, da Tokyo a New York fino a Milano e Roma), l’elemento più interessante proposto dal lavoro di Oskar emerge dalla capacità tutta brasiliana di conciliare in modo armonico etica ed estetica, di cogliere il dinamismo di metropoli in grande crescita, come San Paolo o Rio de Janeiro, e l’esuberanza della natura brasiliana. Al centro di questa perspicace visione di conciliazione tra natura e cultura, biologia e modernità, ritroviamo una concezione assai
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CosTruTTore DI FuTuro LE DINAMICHE CREATIVE DEL MARCHIO Osklen, BRAND DI abbigliamento sportivo SUPER natural style. FONDATO DAL designer brasiliano OSKAR METSAVAHT, CONOSCIUTO IN TUTTO IL MONDO PER LA SUA CAPACITÀ DI MIXARE poesia e sport E DI sperimentare MATERIALI sempre nuovi IN NOME DELLA sostenibilità, PROPONE una filosofia PRODUTTIVA CHE SI TRADUCE IN mission foto di Oskar Metsavaht testo di Francesco Morace
originale del corpo, della sua bellezza, della sua cura. Volendo risalire alle radici antiche del fenomeno, possiamo ricordare le donne delle popolazioni indigene, cultrici della pulizia e dell’igiene del corpo, e dell’estrema attenzione all’aspetto fisico. Viene naturale il paragone con il culto della bellezza dell’antica Grecia e con il Giappone, culture che condividono con il Brasile un modo di sentire pagano e politeista. Questo elemento fisico, corporeo, non è solamente concettuale e appartiene non tanto alla storia del Brasile quanto piuttosto alla sua geografia: non è un concetto, ma un comportamento vitale,
una energia spontanea a cui Oskar fa diretto riferimento quando dichiara “il mio processo creativo comincia con una scena, una storia, uno stile, che ho desiderato o vissuto. A partire da questo creo il mood, l’atmosfera, il look, l’attitudine delle mie collezioni”. Ecco, questo riferimento all’esperienza diretta che arriva dalla realtà vitale delle persone e dallo scenario biologico che ci circonda, sembra essere la direttrice non solo per il lavoro di Osklen, ma per tutta la New Wave brasiliana. Una rigenerata “Bossa Nova” che ritroviamo nella moda della Fashion Week, nel design dei fratelli Campana, nella musica di Maria Gadù, nel cinema e nelle arti in generale, in cui peraltro Oskar Metsavaht si riconosce come creatore multidisciplinare, interagendo con il mondo della creazione audiovisiva, del design d’interni, dell’arte e della musica. A proposito della
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photoshooting dI Oskar Metsavaht a ipanema Beach. queste immagini fanno parte di una exibition di metsavaht alla Art Basel Week di Miami (1-4 dicembre 2011). pagina a lato. uno scatto dalla sfilata osklen primavera estate 2012.
propria poetica e delle proprie tecniche creative, Oskar dichiara: “Molto spesso concepisco la campagna di comunicazione prima della collezione. Forse perché amo realizzare l’art direction del servizio fotografico. Creo l’atmosfera della storia e realizzo il mio girato, attraverso cui posso condividere la scena che ho immaginato all’inizio del processo. I capi sono disegnati per essere “i costumi” del mio film, ed è possibile guardare a ciascun dettaglio della collezione. Alla fine, sono soddisfatto solo quando gli elementi proposti per ciascun capo, i colori, i tessuti e le silhouettes, sono indossati dai personaggi del film che ho creato”. Questo procedere secondo le logiche dell’artista totale indica, in questo particolare momento storico, la stessa attitudine che aveva animato il Movimento Modernista brasiliano che si nutriva di poetica tropicalista. Qui emerge una esperienza di spaesamento e di sospensione,
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suscitata dal contatto con la natura tropicale che alcuni poeti e scrittori brasiliani hanno colto molto bene e che pone la cultura letteraria brasiliana allo stesso livello della letteratura modernista europea. Per esempio scrive Carlo Drummond de Andrade “solamente la contemplazione / di un mondo enorme e fermo”. Oppure la scrittrice Clarice Lispector “un momento grande, fermo, senza nulla dentro”. Questo sentire cosmico non è un’alienazione, ma una appropriazione tipica del brasilian way, non lontana dalla oikeiosis di cui parlavano gli antichi filosofi Stoici proprio con riferimento al rapporto tra essere umano e mondo naturale. Tale esperienza ha poco a che fare con il sentimento di solitudine e nostalgia del passato tipico della cultura portoghese: la parola suavidade è forse la più pertinente per descrivere il tropicalismo
brasiliano. Soavità ha la stessa radice di persuasione: non si tratta, però, di convincere o di comunicare un’idea. La soavità è qualcosa di esprimibile solo attraverso la poesia, la quale, non a caso, rappresenta uno dei migliori frutti della cultura brasiliana. Nella relazione umana, nella definizione dei rapporti e delle situazioni, la soavità emerge con chiarezza e continuità e definisce ad esempio la cifra dell’esperienza in Brasile per uno straniero. Nel lavoro e nei negozi di Osklen sembra emergere la stessa sensibilità, difficile da definire, ma facile da riconoscere.
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Brazil, episode two. After the first special issue in July/August 2002, once again we concentrate on this immense country. Why? First of all because in the wake of the event Momento ItaliaBrasil (October 2011-June 2012), this is the year of Italy in Brazil. A relationship that will continue during the World Cup of soccer in 2014 and the Olympic Games of 2016, which will be showcases for all the efforts and works of modernization in this country. This special issue focuses, of course, on Design. On home-grown architectural design of extraordinary impact, in the works of the country’s great protagonists (from Oscar Niemeyer to Ruy Ohtake, Arthur Casas to Bernardes Jacobsen, Isay Weinfeld to Marcio Kogan), which reinforces the value of good living while paying close attention to environmental issues. Or product design, from the works of the brothers Fernando and Humberto Campana to the young, promising talents of Rio, capable of focusing on the specificities of Brazilian creativity, which in spite of globalization conserves pride in traditions and cultural roots. We also compare Euro-centric design with an anthropologically different approach, from São Paulo to Rio de Janeiro, Brasilia to Belo Horizonte and the cities of the south. We can observe growing relationships between international designers and local companies, in a market that is growing at a rapid pace (with estimates of economic growth of 5.5% for 2011). While local production is of good quality, Italian design manufacturers also have their eye on the potential of the Brazilian market (in spite of the problem of customs charges, which make imports costly). This issue will have an exceptional presentation, in Brasilia on 6 December, at the Italian Embassy – completed in 1977 and designed by Pier Luigi Nervi – and in São Paulo on 8 December, at the Pinacoteca do Estado, designed by Paulo Mendes da Rocha. Gilda Bojardi - Caption Image of the performance Ensaio Sobre a Beleza, for the opening ceremony of MIB (Momento Italia-Brasil) at Praça Floriano in Rio de Janeiro, on 15 October, a project by the Italian artist Valerio Festi /Studio Festi do Brasil. Photo Mariana Vianna.
INtroduction
The Brazilian market on the front line
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photos Ruy Teixeira text Francesco Morace Brazil embodies the paradigms of the future: space for renewed vision of the professions, revival of humanist values, regeneration of scientific and technological research, a central role for design, the definition of long-term strategies. Talking about innovation today, as we know, means assigning a creative role to design and creativity that was previously almost the exclusive province of technology. The definition accepted by all, at this point, is that of “design thinking”. Aesthetic experience – in its expression closest to “feeling”, taste and intuition – now permeates consumption all over the world, changing the rules and offering us a market that needs rethinking, reinvention, redesign. In this context certain emerging countries and markets take on a central character and a particular importance, because they spontaneously embody the paradigms of the future. Brazil is on the front line. A market of 200 million inhabitants, in permanent transformation, moving in multiple directions: new products and services, not only for the rich, but also for a vigorous middle class, but also a creative laboratory for the definition of new languages and projects in architecture, fashion, design, graphics, the visual arts, new technologies, advertising. In this path design thinking is very close to the experience of crossing between art, the spirit of the place (genius loci) and technology: it is in this dimension that we have to also rethink the meaning of innovation in a country like Brazil. The various dimensions and trends of the contemporary world, in fact, meet with a catalyst of extraordinary dynamism in this country. Cultural paradoxes, contradictory social dynamics that can be surprising and, at times, dramatic: in this labyrinth of realities, cultures and visions today’s Brazil is on the move, one of the countries with the highest level of development of expressive languages and international exchanges. The success, a few years ago, of the Havaianas flipflops is an icon and an emblem. No longer a matter of folklore and stereotypes, but a positive project that crosses local material (rubber) with simplicity, design and national pride, leading the company that manages the brand, Alpargatas, to make the courageous choice of putting a little Brazilian flag on the products. A complex situation that is also one of great critical and creative stimulation, whose design development is often based on the ethics-aesthetics combination: from the sustainable clothing of Osklen – distributed all over the world by now – to the creative wager of Melissa, which like Alessi in a completely different sector, has decided to work on plastic, opening to collaboration with the world’s leading designers, both for products and for retail spaces. All the elements of this grand cultural kaleidoscope are continuously fertilized and nourished by the human factor, a basic building block of Brazilian identity: from the generative chaos of the Sambodromo (the place for the samba schools during the Carnival) to the growing importance of digital media, as in the Porto Digital project of Recife, the latest frontier of creative sharing in a commercial port. The analyses of Future Concept Lab (that has worked for 10 years in Brazil and founded its first foreign branch, in 2010, precisely in this country – FCL do Brasil), demonstrate that in this place there is room for a renewed vision of the professions and the market: a way of relaunching humanistic values, regeneration of scientific and technological research, around a strong nucleus of creative values that comes from the human and social tradition. Here we can see a central role of design, as an intuitive process that produces quality, as well as the definition of long-term strategies the political and institutional world has managed to organize for the improvement of quality of life and socio-cultural integration. The objective, then, becomes that of putting the Brazilian Way (the Brazilian genetic code we have analyzed in a book done with the Senai Cetiqt of Rio de Janeiro, with the emblematic title “DNA Brasil”) at the center of a new strategic vision that reconciles environmental quality, affordable products, intelligent management and everyday happiness, according to an interdisciplinary, innovative and humanistic practice, banishing the phantom of a purely economic vision proposed by capitalism and by typically Anglo-Saxon finance, that is now being rethought all over the world, to get away from the old logic of globalization that turns a deaf ear to all differences, destroying the specific spirit of peoples and places. In this game Brazil – now the world’s sixth economic power, surpassing Italy – can play a decisive role, as seen at the latest G20 summits. The Brazilian vision, in this way, can relaunch not only the South of the world, but also the countries and companies that understand the country’s central role. This vision will probably be able to attract energies and interest, especially in countries that indirectly, through their involvement in colonization, represented the “other shores” of Brazilian culture: from the Iberian peninsula to Holland, Japan to the Italy of the great migration. So let’s try to define the long-term objectives of an advanced vision for contemporary Brazil: 1) to put an outlook for the 3rd millennium into focus that orients economic globalization in a new way, starting with the
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unique character of this country, its immense natural resources and its “demographic” energies (the average age of the Brazilian population is about 28, as opposed to 43 or even more for Italy), in an interdisciplinary approach based on creativity, innovation and sustainability; 2) to create a community of excellent operators in the worlds of business, culture, education, politics, who share this vision and work together in this direction: in this sense, the weak point still seems to be the education system, which is too oriented toward private schools; Brazil’s low level of average educational achievement and quality needs to be improved, offering quality education to wider segments of the population; 3) to give the Brazilian system a new dignity, with the capacity to transform everyday qualities into permanent values and virtues, relying on pride and a sense of belonging that go beyond defensive, acritical nationalism; 4) to activate projects of research and consulting, of international and interdisciplinary scope, that can circulate to reinforce the vision and values of a Brazil at the center of the world, capable of coming to grips, on equal footing, with old Europe, with the United States in a condition of decline, and with the other countries of the BRIC (Russia, India and China) that are rapidly growing, as well as an African continent that due to roots and culture looks to Brazil as a kind of big brother. To meet this challenge a path must be outlined in which design thinking and knowledge of roots reveal unexpected points of contact and extraordinary potential in terms of new working methods. Brazil has to build its uniqueness on the capacity to deploy its intelligence on different levels, with excellent protagonists committed to the construction of the future. The web and the new design communities can now play a strategic role, creating conditions of interaction and sharing that exist in other countries in universities, companies, research centers: this is why, for example, we hear talk today of a “Renaissance 2.0”, reflecting the great contribution of the Internet to projects of this type. Nevertheless, to sustain this line of thinking it is necessary to know and recognize a new managerial and entrepreneurial model that defines the new meaning of innovation, through design thinking and recognition of Brazilian qualities. This is a new convergence, after the digital convergence: the positive encounter between business, consumption and design. In the outlook of a future existence for companies and people, the world and the trends of consumption cannot have the autonomous values they have had over the last twenty years, but must seriously contribute to launch a range of advanced, experimental values that are manifested through behaviors and parameters suggested and sustained by new technologies. We are entering the world of consum-authors, figures who by now are also expressing themselves decisively in Brazil, as we have narrated in a book that is being used as a text in many Brazilian universities: “Consumo Autoral”. The prediction that the “new economy” would revolutionize the essential values of existence and the relationship with the self (making us isolated information terminals), with time (accepting the instantaneous condition of living) and with space (encouraging deterritorialization and indifference to place) has turned out to be completely flawed. Starting precisely in the mid-1990s, clear counter-trends have emerged, toward the rediscovery of memory, roots, a dense, slow sense of time, territory, narrative, ethnic identity, as well as expressive sharing and experimentation: in short, everything that makes Brazil a unique, original place. This is true for persons in their private and everyday existence, while in the world of work and the professions doubts and perplexities are only just emerging regarding the accelerated performance model imposed in the 1990s as the new standard of quality and professionalism. The new path will be less exclusively technological and increasingly cultural as well, in pursuit of a new meaning for innovation. It will be based on the five pillars that must orient the fundamental experiences of the new Brazil today, and which many professionals and people are starting to recognize as values of extraordinary evocative force: new perception, visionary memory, public creativity, sustainable emotion, the sense of the body and beauty. Let’s examine these factors. New perception. The theme of perception has become very sensitive in the present design scenario, both in terms of aesthetics and of perceived quality. Perception has to do with processes, materials, details, the new criteria of evaluation of experience. In the new market for “perceptive consumers” this theme must be approached with new expressive languages, with a “sensitive” design that accompanies new consumption experiences. In this sense, Brazil can activate new directions of work, raising awareness among managers and creative talents of these themes, starting with the material qualities, the biodiversity of the territory, the energy resources of the country, the real possibility of an international take-off of the business system.Visionary memory. Memory capacity (human and technological) and a visionary approach (personal and collective) are two directions of growth for advanced aesthetics, and become decisive in their interaction. These two themes should be developed and explored by Brazilian companies and institutions in a new, original way. In this dimension that visionary memory needs to be activated that in the past can be traced back to Brazilian design experience, first with the tropicalism of De Andrade and the architectural modernism of Oscar Niemayer, then in music with the explosion of Bossa Nova, then more recently in design with the Campana brothers and a whole generation of young designers, in Fashion Week in Sao Paulo and in advertising, with the most creative agencies of the Americas. Public creativity. Creative transfer from the private to the public dimension is a fundamental strategic step to understand the ethical and aesthetic trajectory that must develop in advanced societies in order to construct new paradigms for the future. This is why the management and design of public spaces becomes the leading art, a decisive area for innovation, shaping the model of development that in Brazil starts with the creation of Brasilia, the only capital in the world constructed in just a few years, based on a creative alliance between politics, architecture and urban planning. Today it is still important to underline the utterly Brazilian political-institutional capacity to launch and support serious programs of renewal for the decayed, violent areas of big cities, and the widespread quality of the design of retail spaces, also starting with the Brazilian love of sports, as in the case of the Soccer Museum in Sao Paulo, one of the city’s most popular places. The hosting of the World Cup of soccer in 2014 and the Olympics in 2016 will ratify the international stature of a country that becomes the emblem and global laboratory of public creativity. Sustainable emotion. Sustainability is the theme today that stimulates great economic and mental investment around the world. Silicon Valley has been transformed into a place where the new horizon is guided by environmental qualities and innovations. In the new scenario the key will be sustainability experienced on an emotional, non-ideological level, through which projects can be lived as enhancements of personal integrity and wholeness, reflections of personal worldviews. Brazil, with its boundless experience of coming to terms with nature and natural resources, is a paradigmatic example: the most enlightened big companies, like Petrobras and Natura, have already been working along these lines in recent years.The sense of the body and beauty. The body and beauty return to seek references in renewed pursuit of the “golden section”, the canon of absolute beauty, which in Brazil often means the magic of aesthetic surgery, a field in which this country, with the “maestro” Pitanguy, is a world leader. Care for the body increasingly resembles, especially in Brazil, a “new religion”, while beauty and wellness represent “salvation”. Based on all this, a new path of meaning needs to be developed for people and local communities, a new sense of action, redefining values and behaviors to get away from the rules imposed by fashion, television and, as a result, by plastic surgery. The new accent has to be on uniqueness and
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character. Brazil will have to rethink the theme of beauty, in the areas of fashion, design, cosmetics, health, as well as the relationship between territory and food. The same sensibility can also approach the theme of wellbeing and new initiatives connected with personal wellness. In this perspective the challenges of growth, gender, demographics, existence make sociopsychological reflection crucial on questions of genders and generations. The relationship between feminine and masculine – for example – has abandoned the dialectic of women’s liberation and entered a more subtle dimension of reciprocity. This happens in a natural way in Brazil. Among the new trends, we should mention those of spontaneous innovation, everyday relations, quality of the territory, the importance of taste and the body, socializing and the relationship between generations. All qualities and values that are very strong and easily recognizable in Brazil. To conclude on the theme of the future that awaits us, it is important to think about the challenge of happiness, which is becoming a new paradigm for advanced societies, replacing the GDP (gross domestic product) with the WQP (whole quality product). Brazil, in this case, is truly in pole position: many studies of the economics of happiness, including the Happiness Matrix research conducted over the last three years by FCL in collaboration with Senai Cetiqt, demonstrate that Brazilian’s see their living conditions in a particularly positive light, and are oriented more toward the pole of happiness and satisfaction, following the new canons indicated in the past vs. future diagram: _ happiness that divides; happiness that unites _ the gift of happiness for the lucky few; the happiness of the gift, accessible for all _ happiness as appropriation, acquisition; happiness as exchange, sharing _ ethics of individual happiness; happiness of personal ethics _ happiness of consumption; happy consumption _ the narrative of happiness, through ostentation; the happiness of narrative, through imagination _ happiness projected into the future and technology; the future and technology led back to a happy life _ happiness to defend, creating anxiety; happiness to share, creating serenity _ happiness as a “special effect”; happiness as a “special affection”. The basic hypothesis confirmed by the research results has to do with a change in the very model of happy experience, and the way it is perceived: less connected to possession and acquisition of material goods, closer to a capacity to enjoy things together. Brazil is potentially in tune with these results, demonstrating a great talent for the expression of this type of happiness. A non-economic and very emotional, sensorial happiness, appreciated by all the people we interviewed. Brazilian companies have a great opportunity for growth, precisely if they start with their capacity to express a profound character, defined in terms of happiness in everyday consumption, while focusing on productive and design processes. The final hypothesis of this survey is that Brazil is culturally and intuitively equipped to respond to the needs of consumption for a happy future, if it simply manages to develop this working hypothesis with rigor and determination. - Caption pag. 3 Oscar Niemeyer, Alvorada Palace, concrete and glass, Brasilia, 1957. The horizontal design of the complex makes it an integral part of the garden, designed by Roberto Burle Marx as an oasis for exotic plants and animals. The Alvorada Palace has parabolic columns in reinforced concrete that support the cubical, horizontal building in glass, almost without touching the ground. The constant rhythm of the pillars, emerging one from the other, creates an optical effect of movement. The Palàcio da Alvorada (Palace of the Dawn) is the residence of the President of Brazil. - Caption pag. 4 The spaces are luxuriously furnished by Niemeyer and his daughter, with paintings, tapestries and sculpture by Brazilian artists. Left, in the library, the “Musicos” tapestry by the artist Di Cavalcanti. Below, in the hall of honor, tapestry by the artist Kennedy Bahia. Facing page, left, “Jangada do Nordeste” by Candido Portinari. Right, work by André Bloc, the French architect and sculptor. - Caption pag. 6 Offices and function rooms of the President of Brazil occupy the entire ground floor, while the upper level is a true private residence.
the free-of-charge and commercial value will coexist. In this scenario São Paulo and Rio de Janeiro will function as big urban magnets, with a combined population of over 30 million inhabitants. Cities that will become the catalysts of new sensibilities connected with innovation (in the case of São Paulo) and creativity (in the case of Rio de Janeiro). São Paulo. Quick & Deep The paradigm we propose to interpret the city of São Paulo is connected with the quality of everyday life, in which the axiomatic themes of cultural depth and innovative speed forcefully emerge. Quickness indicates the capacity of São Paulo to find itself in the right place at the right time: in business, communication, but also consumption, as the great variety of restaurants in the city demonstrates. A concept connected with fast reactions, but also with depth, to provide apt responses. São Paulo is a city that in this phase corresponds perfectly to this profile, so it is plausible to suggest a role as the focal point of innovation. The control variable to set the rules of the game is the idea that each person develops his or her own personal happiness: the parameters to define this happiness change constantly, and in this moment they represent a cultural challenge of great scope. From the dimension of economic growth that has prevailed in São Paulo over the last few years we are moving, in fact, in terms of collective perception, toward a dimension in which the cultural quality of experience takes on force equal to that of the material quality of consumption. The two evolutionary axioms of São Paulo, then, are innovative quickness and cultural depth.Innovative quickness The Quick & Deep paradigm proposes a sophisticated relationship with time, generating a renewed dynamic between speed and depth: as we were saying, being quick and timely seems to be a characteristics of the city of São Paulo. Also for this reason, in recent years São Paulo has become a true laboratory of innovation in all its forms: from the dimension of commercial distribution, with large urban malls, the boutiques of Oscar Freire, the luxury centers like Daslu, as well as the trade fairs (São Paulo Fashion Week or the Festival of Innovation) and restaurants, not to mention the activities of the large advertising agencies and the multinationals with the highest levels of technological innovation. Cultural depth The depth of timely experience is measured, in São Paulo, through the parameter of personal culture. The force of cultural energy is hard to measure objectively, but it has a decisive impact to make experience memorable: the Livraria Cultura, the Art Biennial in the structure created by Niemeyer in the city’s largest park, the Museum of the Portuguese Language, the Jewish Cultural Center, the MAM and many other cultural projects enrich the human and urban landscape of São Paulo, making the city into a big laboratory of cultural investigation. People live and decide on their life experiences – as individuals and as a community – on the basis of cultural expectations of happiness, that in many cases orient them toward advanced forms of communication and territorial marketing. The culture of happiness cannot be slow or fast, it has to emerge in the dimension of innovative quickness, grasping opportunities in a timely way. This becomes a great lesson and a useful orientation for companies and operators who want to participate in and contribute to the innovative dynamics of São Paulo. Rio de Janeiro. Unique & Universal The paradigm we propose for interpretation of Rio de Janeiro, on the other hand, underlines a local identity capable of producing such intense character that it is transformed into a universal point of reference: a local character that can become unique on a global level. Rio de Janeiro is both absolutely unique and extraordinarily universal (many think it is the most beautiful city in the world), so it constitutes a spontaneous laboratory for the redefinition of the local-global relationship: the specificities that make it a unique, inimitable place also represent a platform of great credibility for a laboratory of creative trends. Many initiatives of the Prefeitura of Rio (festival of creative trends, Rock in Rio...) move in this direction. The two essential passages for a better understanding of the Unique & Universal paradigm are creative exception and the attraction of experience, both indispensable factors for the construction of a platform of creative trends. The creative exception The most advanced analysis of social and individual realities demonstrates that the norm of every person, today, is composed of exceptions. The economic vision that in a country like Brazil in a phase of economic growth has been focused on standards and status is weakening, along with the aspects of globalized identity and economics borrowed from other countries. There is less passive imitation of other cultural models, less focus on The laboratory of cities p. 8 infinite repetition as a competitive advantage. The force on the global market will shift toward prepared by Future Concept Lab those who are capable of producing exceptions, unique experiences, extraordinary products, In the next few years we will see an epochal change: the central role of cities as laboratories of meeting the difficult challenge of appeal. Creative trends play an essential role in this sphere, creativity and innovation will come to the fore. São Paulo and Rio de Janeiro will be like big and a city like Rio – perceived as a unique landscape in the world – can truly move forward urban magnets, with a combined population of over 30 million inhabitants, and will become with this axiom. The birth of Bossa Nova, the success of Vinicius de Moraes and Tom Jobim in living catalysts of new sensibilities. The economic-financial crisis has hit the world of markets, the music and poetry of the golden age, the renaissance of cinema and communication, prior consumption and existence, like a cyclone. The cyclone will transform socio-cultural paradigms to the World Cup of soccer and the Olympic Games, seem to confirm the rule of creative exception in the direction of epochal change, leading to the definitive explosion of models of communication that has always been the force of this city. Attraction of experience Rio, then, seems to nurture and consumption as we know them. The most established business models will be abandoned: that element that catalyzes interest, energies, passions, both in the digital dimension of the web we will live, consume and work in radically different ways. Prospects for growth and consumption and in the physical world, getting away from reassuring standards, or the uniformity of global will be revised, hypotheses of development and filters for interpreting reality will change. We style, and reaching that intensity typical of the unique, the original, outside any pre-set look at a cyclone as something inevitable and devastating, and we are justifiably afraid. We expectations. The market gets reorganized on the basis of attractive and appealing products wonder how long it will last and how many casualties it will leave behind it. Everyone thinks and projects, things that function as ‘foreign’ attractors. Companies and operators who want about the cyclone, but few think about its eye. Which would mean changing the angle, defining to apply the Unique & Universal paradigm will have to understand that increasingly universal new perspectives, imagining new visions. The eye of the recession cyclone, over the next five demand can be satisfied in the future by increasingly unique supply. Rio de Janeiro will become, years, will produce a miracle: a new vantage point, a holistic worldview, deep thinking on the in this sense, the world’s most advanced creative laboratory, and already certain business and meaning of life. A sea change. The rules and paradigms of education, citizenship and business creative realities like Osklen, Farm and Petrobras seem to be demonstrating this. - Caption will be transformed: trade models, ways of producing, communicating and distributing, ways pag. 9 A striking nocturnal view of the MAC, the Niterói Contemporary Art Museum, Rio de of being persons and citizens. The new paradigms that will emerge on the long wave of the Janeiro, a work (1991-1996) by Oscar Niemeyer, protruding from a cliff over the sea of the Bay crisis will be oriented toward certain socio-cultural dimensions that already constitute the of Guanabara. Photo Andrés Otero/Luzphoto. - Caption pag. 10 Above, view of the Copan new strategic platform for businesses and the public administration: sustainability, sharing, building, on Av. Ipiranga in São Paulo. Designed in 1957 by Pritzker Prize winner Oscar health, quality of time and space, the value of everyday life. In these dimensions Brazil, both Niemeyer, built in 1966. The concrete structure contains residential units on 38 levels. Interior as a culture and as a system-country, seems to be in an enviable position, enjoying the advantages view of the space that contains the São Paulo Biennial, the contemporary art event that began of having lagged behind in the past. Taste, sensibility, everyday quality, wellness: all values in 1951 thanks to the Italian immigrant Francisco Matarazzo Sobrinho (“Ciccillo” Matarazzo). that are part of the history and culture of Brazil, in different ways, will be rethought and The 30th edition will be in 2012. The building, another iconic work by Oscar Niemeyer, faces redefined over the next few years, on the basis of these new paradigms that will make the Parque Ibirapuera. photo Andrés Otero/Luzphoto. - Caption pag. 11 The garden of Fazenda dominant logic of the most advanced economies obsolete, definitively surpassing the old Tacaruna, designed by the landscape architect Roberto Burle Marx in 1954 for a residence by polarities of local/global and private/public. The quality of life of public spaces will be seen Oscar Niemeyer in Petropolis, Rio de Janeiro. The garden has been restored to its original state alongside that of private spaces, the domestic realm will be connected with urban life, rather thanks to careful photographic and archival research conducted by its new owner, the advertising than vice versa, as was the case with the most affluent segments of Brazil in the past. This is agent Gilberto Strunk. Even the checkerboard lawn surface has been restored, through the where we can see the central importance of cities as laboratories of creativity and innovation. studies of the architect Guilherme Mazza Dourado. Photo Andrés Otero/Luzphoto. View of In cities like São Paulo and Rio de Janeiro the paradigms will be developed for the construction the Museum of Mining and Metal of Belo Horizonte, a recent project by Pritzker Prize winner of a new scenario that cannot be overlooked by companies and institutions over the next few Paulo Mendes da Rocha, who together with Pedro Mendes da Rocha has restructured, converted years. The challenge is that of survival: not trying to be more innovative or advanced than the and expanded a historic building of the Praça da Liberdade cultural circuit. Photo Leonardo others, but being there or not being there. In this epochal challenge a decisive role will be played Finotti. The MAM (Museum of Modern Art) of Santos, opened in September 2010, a project by analysis and regeneration of the concept of the Genius Loci: the talent of the place (and the by Metro Arquitetos Associados and Paulo Mendes da Rocha. Photo Leonardo Finotti. - Caption city), which is inimitable and therefore represents a clear competitive advantage. In this pag. 12 The ‘red walkway’ designed by Metro Arquitetos Associados inside the complex of the regenerated scenario the concept of common assets will take on new importance, the vision of Nestlé factory near São Paulo. The volume functions as a connection for the production units a free, accessible experience that will converge in a dimension of hybrid economics in which and an exhibition space. Photo Leonardo Finotti.
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The new lights of Brasilia
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photos Ruy Teixeira - text Antonella Boisi
to embrace the host landscape. A contemporary sign that creates ties with the many histories of Brazilian modernism. Marking the landscape with architecture is undoubtedly one of the foremost characteristics of the entire period of Brazilian modernism, ever since Le Corbusier, invited in 1929 to lecture in Rio and São Paulo, added his famous urban planning proposal for Rio de Janeiro, in which a sinuous macroarchitecture, a ‘continuous ribbon’ would enclose the bay and extend across the territory. The Pedregulho of Affonso Eduardo Reidy, built in Rio in 1947-50, translated these indications on a smaller scale. Then the modern architecture of Niemeyer, Lucio Costa and Roberto Burle Marx moved toward a compositional research capable of transforming every construction into an ‘architectural sculpture’ connected to the landscape and the site. The powerful tropical vegetation and landscape became, for Brazilian architecture, the obligatory reference, making the postwar architects abandon the modernist canons of the International Style and move toward a more ‘glocal’ approach capable of mixing the charms of rationalism with a sort of utterly local organic component that can still be seen today in contemporary works. The Boa Vista, in an extensive natural setting, joins a series of other structures to form a complete hospitality complex; private villas, a spa, a center for children, sports and riding facilities, a large golf course, in a landscape of woods and clearings, with a series of small lakes. The hotel faces one of the lakes with a two-storey structure, a forceful contemporary sign on the shore. Natural materials like wood and stone, stucco and natural fibers define the interior and exterior image. The building has two highly recognizable features: the central part of the entrance hall and the lateral volumes of the rooms. The first is contained by two stone walls and has a flat roof with lamellar wood beams that have an overhang to shelter the continuous terraces, conceived as outdoor extensions of the internal spaces, adding geometric rhythm to the facade. The central, almost independent volume is flanked by two wings for the rooms, organized as essential parallelepipeds lined up to form a potentially infinite architectural system, ready to follow and adapt to the topography. These volumes have an exposed concrete frame that contains a two-storey loggia, completely clad in wood, that contains the outdoor space of the stacked hotel rooms. They open with large continuous glazings, set back to create shady zones that give the overall design a sense of texture and depth, a ‘materic flavor’ that abandons the modernist theme of the continuous facade to bring out the ‘organic’, very Brazilian character of a current of modern architecture that survives, in multiple paths of expression, all the way into the new millennium. - Caption pag. 19 View of the overall facade with the blocks of the rooms on two levels. At the center, the volume of the reception hall. For the terrace, furnishings by Gervasoni. - Caption pag. 20 The hall has large spaces and stands out for the use of Perobinha Mica wood for the floors, and Freijó wood for the ceiling. The furnishings are a cultured anthology of Danish classics, tables, chairs and seating designed by Hans J. Wegner in the 1950s and 1960s. View of a room. View of the common area with the Peacock Chair in curved wood, designed by Hans J. Wegner in 1947 for Johannes Hansen, reissued in 1992 by PP Møbler. - Caption pag. 21 Below: view of the bar counter, entirely clad in Freijo wood, like the nearby walls.
The Italian Embassy in Brazil, a historic project by Pier Luigi Nervi, dresses up green, using renewable energy thanks to 405 photovoltaic panels installed on the roof, and much more. Perfect application of the potential of structural techniques in modern architecture, where reinforced concrete is bent to achieve results of great solidity, lightness and sculptural allure. The Italian Embassy in Brasilia is an interesting work by the Italian engineer Pier Luigi Nervi, famous all over the world, who before this project completed in 1977 had already designed many buildings that were symbols of Italy’s reconstruction, from the Sala Vaticana to the Palazzo dello Sport in Rome, and the UNESCO building in Paris. In the urban layout of Brasilia, on two monumental crossing axes that form the figure of an airplane, in the experimental foundation city project developed by Lucio Costa and Oscar Niemeyer (with green areas by Roberto Burle Marx), the Italian Embassy building has an incomparable view of the artificial Paranoá Lake. Its garden, done by the landscape architect Ney Dutra Ururahy, with great expertise in the choice of local plants and flowers, has a pool, a lily pond and a sculpture by the Italian-Brazilian artist Moriconi, and is considered one of the most beautiful in Brasilia. After the renovation of the interiors by the Campana brothers, all the furnishings, in an evocative mixture of antiques and contemporary design pieces with tapestries, mats and typical Italian crafts objects, seem to enhance the sophisticated materic-chromatic palette used in the decoration of the original enclosure: from Brazilian marble varieties to native woods for the floors and wall panels. Today the facility has been a Green Embassy, and the adjective makes a difference, because it brings a true plus in terms of contemporary value – in fact, this is the first diplomatic facility in Brazil to use renewable energy: 405 photovoltaic panels generate 86 MWh, for savings of 7.6 tons of CO2 per year. Roberto Spandre, a scientific consultant at the Brasilia embassy, explains that “the photovoltaic system is connected to the power grid of Brasilia and permits us to transmit excess energy produced during the daytime to the power utility of the capital (CEB)”. The initiative, part of the larger context of Farnesina Verde, came from an idea of the present Ambassador Gherardo La Francesca, who during 2010 launched a technical study with Enel Green Power, in collaboration with the National Agency for Electrical Energy (ANEEL) and CEB. To optimize available resources, the project also calls for a phytopurification system for water, to recycle supplies for irrigation of green areas, which a group of Italian companies (Ecomacchine, Texep, Cmo, Edilbras) and the Brazilian firm Ideias are completing in the garden of the embassy. The idea is that culture + scientific research + business and development can go hand in hand, as it was expressed by Cristiano Musillo, Economic and Commercial Advisor to the Italian Embassy in Brasilia, a place that is always more lively and dynamic, open to the outside world and the city. - Caption pag. 14 View of the building that contains the offices and residence of the ambassador, with a photovoltaic solar energy system installed on the roof. The project is part of a larger program called Farnesina Verde, which aims – under the guidance of the Secretary General of the Ministry of Foreign Affairs Giampiero Massolo – to activate a series of initiatives of environmental sustainability. In the image, note the complex sequence of pillars that branch into four parts at the top, supporting a regular square, the base of a structure of inclined corners. The portico, almost totally open, thus becomes a shady, airy place for viewing Promenade architecturale p. 22 the lake and the garden. - Caption pag. 15 An internal meeting room. The slope of the walls and architectural design Studio mk27/marcio kogan with suzana glogowski the vertical sunscreens of the elevations protect the interiors from direct sunlight. photos Nelson Kon - text Alessandro Rocca
INteriors&architecture Around architecture
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text Isay Weinfeld
Isay Weinfeld, an excellent filmmaker and world-famous architect, has written some reflections for us about his way of “also” making architecture, and the way his projects are created specifically to suit clients. All definitions are very boring, by definition. This is just one of the reasons why I can’t seem to define what it means to be an architect. Furthermore, to be honest, I’ve never thought of myself as an architect: I have never really learned how to draw, I have never treated the profession as a religion, I have never thought I could change something in the world through architecture. I don’t work only on architecture; I don’t like only architecture, I’m repulsed by those people who live and breath only architecture. Architecture, after all, has to do with the life of people. Your way of looking at things is revealed in your craft. Even with friends, I only speak if I have something to say, otherwise I’m quiet. Good and bad taste don’t exist. Personal taste exists. And, of course, the work is more successful if the architect and the client tend to have the same tastes. After working on architecture for many years I can say with certainty that what convinces me to accept a job is the knowledge that the client and I share the same values. My reference points come from the sectors that orbit around architecture. What influences me less is architecture itself. Cinema… yes. Dance, theater, the visual arts, literature, food, music, music, music... The people who inspire me are Richard Serra, Mira Schendel, Jacques Tati, Ingmar Bergman, Pina Bausch, Julio Cortázar, Robert Wilson, Robert Lepage, Radiohead, Gavin Bryars, João Gilberto. I make a constant effort not to specialize. Doing only one thing in life does not fulfill me. This is why I make conceptual art, cinema, I direct musical shows, I make set designs; I write texts, design furnishings and objects, and also make architecture. Here too I do my best not to specialize. I design houses, offices, apartment buildings, shops, clubs, restaurants, hotels, banks. In every project I try as much as possible to invent and reinvent, because I don’t want to repeat myself, to do things that have already been done. I don’t have a particular preference for a single material, color or feature… I just choose what seems to be most suitable each time. Finally, I think designing a doorbell or an office is the same thing. What interests me is to design the doorbell for the office I have designed. In Europe I have two favorite cities: London and Venice. London due to its incredible fusion between a modern city with uncontrolled growth and a small country village. Venice because of its surprising spaces. Emerging from a narrow alley and finding yourself in a big square is always thrilling. I live in a building from the 1960s. I think the ideal home should provide comfort and reveal the personality of its inhabitant, through furnishings and objects… or perhaps through their absence. Respect for the client is the indispensable condition for a successful project. Designing a house, we have to remember that it is not our house, but that of the client. This is the difference that makes all the difference. - Caption pag. 16 Above, portrait of Isay Weinfeld (photo Fernando Guerra). On the facing page: the two-storey loggia in front of the rooms of the Fasano Boa Vista Hotel. Inside a framework of exposed smooth concrete, all the surfaces are covered with wood (photo Andrés Otero/Luzphoto).
Fasano Boa Vista Hotel
p. 18 project Isay Weinfeld - photos Andrés Otero/Luzphoto - text Matteo Vercelloni
At Porto Feliz, part of a fazenda if 750 hectares, about 100 km from São Paulo, the Fasano Boa Vista Hotel runs along the shore of a lake, creating a long architectural curve that seems
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In São Paulo, the SC photography studio is a performance that shifts from geometry to sculpture. With rigor, but also with irony, Marcio Kogan shapes the space in a theatrical approach, reinterpreting the lesson of the masters of Brazilian modernism. Modernist rigor in tropical style: the rugged surface of reinforced concrete, the violent light that digs deep shadows, the basic geometry of planes that meet in a perfect interlock, in what Le Corbusier called “the poem of the right angle”. “I’m a great admirer of the generation of Brazilian modernists, and I have the tough job of continuing that tradition”, says Marcio Kogan, founder and leader of the studio mk27. He stands in the shadow of giants who – following the encounter and relationship with Le Corbusier, passing through Rio de Janeiro in the 1930s – constructed the identity of Brazilian modernism. The line comes straight from that episode: Lucio Costa, Alfonso Reidy and the still active Oscar Niemeyer, born in 1907. But for Marcio Kogan, who lives and works in São Paulo, the memory of the local school is probably more vivid, founded by João Batista Vilanova Artigas and successfully taken forward, until the present, by Paulo Mendes da Rocha, the outstanding exponent of so-called Brazilian brutalism, winner of the Pritzker Prize in 2006. With respect to his predecessors, Kogan has taken an original path in pursuit of an immediate, spectacular architecture, using pure volumes, free planes, the tense perspectives of the modernist language. In a certain sense Kogan might be the equivalent of what Niemeyer has been for the modernists of Rio, namely a faithful follower but also an innovator, full of verve and energy, who transforms the austere, rigorous dogma of the past into a lighter, more pragmatic version, with an accent on the force of images. The structures, as in the case of the private homes, like the Osler and Paraty houses, are shells, wrappers of reinforced concrete, revealed by openings and transparencies, materic frames that defy the law of gravity. Doors and windows tend to vanish, replaced only by the wall structure, the space that flows inside and outside like a sculpture or work of Land Art. This is an idea that recurs in the work of Mendes da Rocha, as in his famous Brazilian Museum of Sculpture built in São Paulo in 1965. The project for the SC studio in that city organizes a complex space where different activities mingle. A photography studio specializing in the production of pictures of food, requiring two spaces, one for photography, the other for cooking. Their needs are obviously quite different, and they must remain separate. Kogan’s idea is to make this functional dualism more dramatic. So the studio is a rectangular container whose ends host two microarchitectures, connected by a suspended bridge that spans the central zone and becomes the part that gives form and personality to the whole space. Kogan operates by selecting and taking a few expressive elements to their limits, using them to construct the essential images that give identity and quality to the project. For example, the wall facing the garden is composed of metal panels that can be arranged in different configurations or even be made to completely vanish. The open space transforms into a large portico that takes in outdoor space. Or in the case of the two separate volumes, completely covered with wood, that appear as two individuals, two totems that face each other and transform the space between them into an interior that seems like an outdoor zone, a small covered plaza. Or like the aerial walkway, that through the ploy of the metal structure hung from the ceiling, becomes slender enough to be daring and dizzying, increasing the effect of spaciousness of the two-storey environment. There is a film-like energy in the way the promenade spans the void, adding movement to the whole space. The regularity of the shell that encloses the space is not perceived, it is secondary with respect to the linear tension of the bridge, enhanced by the track lighting and the conversation between different materials. The marble of the floor, the raw concrete of the walkway, the wooden walls of the separate spaces create a variety of tones and textures that reassemble inside the neutral, completely white container formed by the walls and ceiling. Through skillful arrangement of a few elements, Kogan develops a system that allows him – here as in other projects – to play
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Interni dicembre 2011 with space and materials, like a cat with a mouse, using a repertory of spatial solutions of great theatrical effect. In this sense, Kogan fully pursues the visionary illusionism of the Brazilian masters, from Roberto Burle Marx to Oscar Niemeyer, addressing the mind but also the body, the pleasure of the gaze and the value of sensory experience. - Caption pag. 24 First page: view of the garden from inside the photography studio. The facade of metal panels can be partially or completely closed, depending on the activities inside. In front of the wooden box, an area for informal meetings with the Slow Chairs, designed by Ronan and Erwan Bouroullec for Vitra, and Truffle in the green version, a chair designed by Jean-Marie Massaud for Porro. The open space with the Pod + Pod Speed desk chairs, designed by Piero Lissoni for Living Divani, and the historic Trolley by Joe Colombo, produced by Kartell. The workstations aligned against the wall and the exposed concrete walkway connecting the two blocks. The interior design is by Diana Radomysler and Beatriz Meyer.
1. Ipanema Home
p. 26 project Studio Arthur Casas - photos Andrés Otero/Luzphoto - text Matteo Vercelloni
In Rio de Janeiro, a penthouse facing the Ipanema beach, a transformation that makes use of a large unified space, projected toward the horizon of the sea. Ipanema is a barrio in the southern part of the city, but it is also the name of one of the world’s most famous beaches. Its image is linked to the long sandy shore stretching along the city of Rio, but also to the famous song “Garota de Ipanema” the poet Vinicius de Moraes and the composer Antonio Carlos Jobim wrote in the early 1960s. Ipanema is a reference point of the Brazilian imaginary, and taking a look at this famous beach from your own house is a special privilege indeed. The redesign project of this big penthouse with an area of about 650 m2 is the work of Arthur Casas, done with the aim of exploiting the spectacular view and the great length of the continuous glazing (25 meters). The existing glazing corresponds to a large unified space, freed of its dividers now, which becomes the heart of the house, containing the entire daytime area with a kitchen connected by a fullheight door that opens completely. Five strong cylindrical columns transform the structural pillars into essential sculptural features, while beside the unified space, and still with a view of the beach, the master bedroom with its own bath is almost like a complete, independent cell in the new overall layout. The penthouse is split into two separate zones, with the entrance, stairwell and elevator at the center. To the right, the living area faces the view of the beach and the sea, while to the left the nighttime area has three bedrooms with baths, a service space and a home theater zone. The large open living area is paced by the rhythm of the columns that form a sort of internal enclosure, together with the pillar that supports a custom suspended fireplace. A ‘room inside a room’, containing custom furnishings and Brazilian modern vintage pieces. In the back, facing the kitchen, as a functional conclusion, the long dining table specially designed for this space is joined by a wooden cabinet hung from the wall, in tune with the linear character of the overall image. Clear lines and flat surfaces are also emphasized by the thick suspended wooden element that functions as a counter or a seat, running along the base of the big window. The materic and chromatic range of light hues, like the white of the walls and ceilings and the Jerusalem Limestone of the floors in the living area, reprised for the top of the dining table, contribute to create a luminous, sunny space. - Caption pag. 26 Left, portrait of Arthur Casas (photo Ancar Barcalla). Above, view of the living area, with the Groundpiece divan by Antonio Citterio for Flexform, vintage chairs and the Esfera chair by Ricardo Fasanello for Etel Interiores (to the left), along with a round antique table in jacaranda, and a carpet by Nani Chinellato (right). In the background, the Onda hanging credenza by Arthur Casas for Etel Interiores, K2 cowhide chairs by Koi Design, vintage floor lamp. - Caption pag. 28 Counterview of the living area: in the foreground, antique candle holder in jacaranda on the table in Jerusalem Limestone, the same material used for the flooring. - Caption pag. 29 Below, view of the kitchen that can be connected to the large living area thanks to a full-height door that opens completely; Bossa lamps by Lumini and BCN stools by Harry&Camila for Kristalia. Corner of the living area with a wooden desk by Hugo França and the Anel chair by Ricardo Fasanello for Espasso. Overall plan with furnishings.
2. In the landscape p. 30 project Studio Arthur Casas - photos Leonardo Finotti - text Matteo Vercelloni At Quinta da Baronesa, not far from the chaos of São Paulo, in a natural landscape of hills and woods, a house that adapts to the natural form of the terrain, but without avoiding a completed figure marked by precise geometries, recognizable in all its refined contemporary character. Arthur Casas is an architect with deep roots in his city, São Paulo, always a point of reference in his architectural research that can be summed up, as indicated in a recent monograph, in four terms of reference: modernism, cosmopolitanism, urban chaos, attention to detail. For this house carefully inserted in the natural landscape, with big horizons, gentle slopes, woods, cultivated fields, a perfect alternative to city life for weekends or vacations, Casas seems to sum up those ‘guiding factors’ in a compositional synthesis based on materials, colors and volumetric choices. The overall layout, which follows the slope toward a small lake, has a central ‘spine’ that contains the entrance and the internal staircase system, becoming the volume that stands out from the entire construction, rising like a wooden parallelepiped from ground level. Beside the long narrow monolith, interrupted at the sides by continuous glazings open to the countryside, all the spaces of the house are organized on the lower level. The house is built with exposed recycled brick, in tune with the local rural architecture in terms of materials and colors, while reinventing volumetric figures and interlocks. The wood that covers the entrance volume returns in the forceful sunscreen elements that add movement to the facade, and in the internal floors and outdoor deck around the swimming pool, conceived as a horizontal extension of the spine. The dizzying vertical character of the entrance space opens out to the view of the entire horizon to then lead us, descending the steps of the long wooden staircase, to the two levels of the house. The first contains the bedroom area and service spaces, combining four bedrooms with baths, some with large terraces, with the master bedroom that faces the swimming pool below. Continuing down to the ground floor, the domestic spaces are integrated, joining the kitchen and the living area marked by a large divider fireplace. The interior and the landscape are directly connected by an entire ‘wall-casement’ in wood, that rotates by 90° outward to become a protruding planar canopy, visually linked to the horizontal signs of the massive sunscreens of the upper level, erasing indoor-outdoor distinctions. The smooth white walls of all the spaces enhance the wooden floors and form a pleasing contrast with the old bricks of the overall enclosure that wraps the central spine. A house that blends into the landscape, in terms of materials and colors, in a detailed sequence of spaces, summed up in a clearly contemporary image. - Caption pag. 30 The volume of the central spine containing the entrance and the staircase system rises like a wooden parallelepiped from the entire construction, following the slope of the terrain toward a small lake. The other spaces of the house, built with exposed recycled brick, are on a lower level. - Caption pag. 32 The wood that
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INservice TRANSLATIONS / 119 covers the entrance volume returns in the sturdy sunscreens and the deck around the pool. Chaise longue by Casual Exteriores. Facing the pool, the home theater room with the Condado divan by Sem Design for dpot, Capri tables and stools by Jorge Zalszupin for Etel Interiores, carpet by Nani Chinellato and AJ floor lamp by Arne Jacobsen for Louis Poulsen. - Caption pag. 33 Above, the living are with the King Arthur divan by Montenapoleone, and the stool by the cooperative Ilha do Ferro, carpet by Nani Chinellato, Trançada chair in fabric by Arthur Casas for Casa Matriz. In the background, the kitchen with Anel chairs by Ricardo Fasanello for Espasso. Furnished ground floor plan. In the smaller image, the dining area with triangular tables by Arthur Casas and K2 cowhide chairs by Koi Design.
The pleasure of natural order
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project Bernades + Jacobsen Arquitetura photos Leonardo Finotti - text Alessandro Rocca Set into the hills of the magnificent region of Petrópolis, Villa JN takes possession of the place with care and decision, with all the force required to tame explosive, tropical nature. A very strong material connection links the pure volumes of Villa JN to the landscape of Itaipava. Itaipava is close to Petrópolis, about an hour away from Rio de Janeiro by car; thanks to the gentle slopes of the hills and the temperate, dry climate, this zone is a favorite spot for weekends and vacations, and a sort of outdoor collection of Brazilian modern architecture, with some of the most famous works by Oscar Niemeyer and Roberto Burle Marx. The studio Bernardes Jacobsen has created a luxurious private residence here, transforming a segment of tropical landscape into a garden of delights. Not just a villa, but a small settlement whose main volume is joined by other independent constructions, like a spa with swimming pool, a house for the children, a kennel, a pavilion with tennis court and lodgings for household staff. As a whole, the complex is a light system, featuring large loggias and wooden canopies. But this does not mean that it is a timid, mimetic work of architecture; in fact, the project takes charge of the place in a decisive way, respecting nature but also asserting all the force needed to tame its potent energies. The integration in the landscape is very important: the spa pavilion, for example, is formed by two stone wings connected by a completely open hall, on axis with the pool. An effect that allows the gaze of those inside the villa to penetrate, reaching the hillside that encloses the view of the garden, then extending into the woods. All the elements of the complex belong to the ‘pavillionaire’ genre of architecture, based on the fluid, informal spaces of temporary residence, of vacationing, with the privacy and isolation demanded by relaxation and flowing, permeable spaces needed for socializing and intense contact with the natural environment. The studio of Bernardes and Jacobsen is a historic firm, now at its third generation, which has designed countless luxury residences and knows all about the art of balancing rustic and metropolitan tones perfectly, with elegance and simplicity, through solutions that offer complete comfort and, at the same time, underscore the beauty of the natural setting. Their terse, clean modernism offers a distant reminder of the masterpieces of the 1950s of the great architects of Hollywood, from Richard Neutra to Albert Frey, but the direct relationship with tropical nature and a certain visionary essence bring them closer to the fantastic resorts built in Mexico City in the Seventies by Luis Barragán. - Caption pag. 35 The villa is a large gallery in the form of a T, facing an artificial pool. To the side, portrait of the three partners of the studio Bernardes Jacobsen: Thiago Bernardes and Paulo Jacobsen, the founders, with the young Bernardo Jacobsen. - Caption pag. 36 Above: the completely glazed space at the center of the spa, with the hydromassage tub, connected to the swimming pool that extends into the garden. The walls and ceiling are covered with planks of Grapia wood, while the floor is in green Indonesian stone. Gray 01 chair by Paola Navone for Gervasoni. Left: view of the living area of the villa that opens completely to the outside thanks to a sliding wall. Mozart chairs by Antonio Citterio for Flexform. On the facing page: the overall plan shows the two main nuclei, the villa facing the pond and the spa with the swimming pool. The spa seen from the main villa, under the wooden sunscreen. The structures of the buildings are in pine laminate, reinforced concrete and steel. - Caption pag. 38 Above: the stairwell at the center of the villa. The lower level contains the service spaces, technical rooms and garage. Left: view of the dining room and the path that leads under the wooden portico to the three bedrooms. Below: the overall plan shows all the buildings of the complex, which besides the villa and the spa includes a children’s house, lodgings for household staff, and a tennis court with pavilion. - Caption pag. 39 In the nocturnal view, the light filters through the wooden portico. The illuminated window of the office is inserted in the Moledo stone wall.
Modernist affinities p. 40 architectural design Liliane Barboza interior design Liliane Barboza and Studio Ricardo Bello Dias photos Gabriel Arantes - text Maria Ignez Barbosa In an exclusive zone of São Paulo, an autobiographical house that speaks of personal paths, choices of taste and, above all, a great passion for architecture and design, shared with friends all from all over the world. Entering the home of Márcio and Liliane Barboza, in the elegant Jardins quarter of São Paulo, something reminds me of Mies van de Rohe. The rigorous lines and dominant gray tones also remind me of the legacy of Lina Bo Bardi and Paulo Mendes da Rocha. Yet the project, the minimalist, modernist lines of this splendid home, compositionally enclosed in the image of a monolithic box on pilotis around a patio, without windows but with enormous panes of glass that let the green of the garden and the blue of the sky enter, are by the young lady of the house, just 31 years old, better known as Lili. She doesn’t hesitate to let herself be influenced by the great masters. In fact her face lights up when she talks about the pleasure of being guided by Tadao Ando through the Fondazione Pinault in Venice, and she readily admits that the staircases that join the four level of the house, with cantilevered steps and LED lights, were inspired by the work of Claudio Silvestrin. Lili has painstakingly designed every detail, including the size of the large slabs of light gray limestone, 280 x 76 cm, that clad the floors and some of the walls, which many people mistake for exposed concrete. She had the idea of the small carved pieces made with sandstone scrap to clad external walls, and that of using Indonesian volcanic stone to cover the fireplace and the swimming pool, which actually looks more like a natural pond. The transformation as a deck in the bedroom area of the peroba beams of the roof of the old house that used to stand on this lot was another one of her initiatives. In the kitchen an enormous Carrara marble counter is the most striking feature. The walls of all the bathrooms are in black slabs of marble from Nepal, without joints, an example of the discreet luxury that pervades the whole house. It was not difficult to furnish the large interiors. After all, the owner of Atrium, Márcio Barboza, is the Brazilian representative of some of the most famous brands of international design. Ricardo Bello Dias, an architect and creative director based in Milan, is an old friend, and he worked together with Lili on the interior design. This
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120 / INservice TRANSLATIONS involved family heirlooms, vintage and design pieces, including items from the catalogues of Minotti, B&B Italia, Promemoria. There are also chandeliers by Noguchi, carpets from Nepal, and different items imported by the entrepreneur, seen in the many showrooms he has opened in São Paulo. The black grand piano Lili has been playing since her childhood is a family heirloom. The objects, many of them oriental, like the two Tang Dynasty female figures in the entrance, and the white, German, Italian, Chinese and Scandinavian ceramics, have all been selected by the couple during their travels for work or vacations. There are vintage design pieces like the French rocking chair from the 1920s and the original chair in cowhide and black iron by Charlotte Perriand. A sculptural fossil trunk, in black and white, a work and gift of nature, blends with the gray tones of the floors, carpets and divans. The handles in bronze and Murano glass were custom designed for the house. The mixture of fabrics of the large decor cushions, the violet book on Frida Kahlo beside the stool that is also violet, in velvet, are the results of sensitive research conducted by Ricardo Bello Dias. The entrepreneur’s hobby is photography, so the enormous quantity of photographs on the large walls of the living area, conceived as an open space, should come as no surprise: Vik Muniz, Miguel Rio Branco and Mario Cravo Neto. A painting by the Pernambucano Macaparana, an etching by Emanuel Araujo, a mobile by Knopp Ferro, a painting by Sergio Fingerman and sculptures by Tunga and Amilcar de Castro are all included in the couple’s collection. Lili’s background includes work for a large construction company in São Paulo, after which she gained experience with Atrium, her husband’s company. Her recent works are the architecture and interior design of the new B&B Store in São Paulo, and the first showroom of Christian Liaigre in South America, soon to be opened, as well as the offices of the Africa advertising agency of Nizan Guanaes in New York. Márcio began to roam the world in pursuit of the best design to bring to Brazil when he was just over 20 years old. The imports were authorized by the Brazilian government, when interest in everything that arrived from elsewhere was very strong. This was happening in a period, as he puts it, when people still thought the capital of Brazil was Buenos Aires. Today he seems to be amazed by the increased interest in Brazil and its market. Tom Dixon, Jeffrey Bernett, Vladimir Kagan, Piero Lissoni and Patricia Urquiola are just a few of the designers who, when they first set foot in Brazil, have been welcomed by Márcio and Lili Barboza. Thanks to the constant company of creative people, though not only the most famous, and other businessmen in the design sector, Márcio Barboza has had great influence on the evolution of taste among the new generations of Brazilians: “More than furniture, I want to sell culture and lifestyle”, he says. And he points out that he is not interested in trends, but in the possibility of selling ‘eternal’ design, embodying values and an aesthetic of quality. - Caption pag. 41 In the portraits, Ricardo Bello Dias; Liliane and Márcio Barboza. In the outdoor area, the landscape design by Juliana do Val, following the guidelines “let’s think of a tropical park like those of Burle Marx, and a swimming pool that looks like a small natural lake”. Facing page: exterior view of the house, which looks like a large box, a concrete block whose crafted texture reflects the style of local modern architecture. This concrete block is placed on two smaller boxes clad in limestone, at ground level. The space between these blocks, surrounded by full-height glazings, contains the unified living-dining space. - Caption pag. 42 All the spaces of the house face outward, toward the area surrounded by native tropical plants. The orange table and dining table are produced by Minotti, like the divans in the living area. The chairs and the two consoles are by Promemoria. The design of the large marble slabs covers the floor and walls, which never touch the ground or the ceiling. All the doors and windows are custom made. Custom technical lighting by Lumini. - Caption pag. 44 In the living area, an eclectic mixture of vintage pieces and contemporary design by the likes of Philippe Starck, Ron Arad, Shiro Kuramata, Isamu Noguchi, Jean Prouvé. The JJ chairs by Antonio Citterio for B&B Italia (left) and the Jensen armchairs by Rodolfo Dordoni for Minotti (right) furnish the zone around the grand piano, a Steinway from the 1940s. The limestone wall in natural light features a work by Vik Muniz, from the series of creations in chocolate by the artist. The Luis divan and the Beverly leather chair are by Antonio Citterio for B&B Italia, while the small UP 2 is by Gaetano Pesce. The Boffi kitchen with long work counters in Carrara marble and white Corian (DuPont). In the background, the dining corner with vintage table and Superbossa chandelier by Lumini. - Caption pag. 45 The large suite contains a spacious closet, a multifunctional shower and bathtub by Boffi, and a sauna. The bed with the sophisticated woven headboard, the sofa and chairs in velvet are by Maxalto. The chair with cowhide chassis is by B&B Italia.
INsight INtoday
The “wonders” of São Paulo p. 46 photos Kassá/Getty Images - text Marcio Kogan and Gabriel Kogan The Brazilian architect Marcio Kogan, at the helm of MK27, the studio he has founded, has written a piece for us about urban traffic in the world’s third largest city. To write this article I decide to take the car and go to visit the most extraordinary places in São Paulo, its architectural wonders, its stories, its pulsating life, beautiful museums, restaurants, clubs, etc. So here we go! As soon as I get out of the garage I’m already faced with a traffic jam. I sit there, hoping for a gap in which to move, blocking the way of a chubby kid who is walking down the street. He glares at me, but to be honest this is really no time for a stroll. After a few moments I manage to pull onto the street, but the traffic doesn’t move. I just sit there. Today is a lucky day, in any case. Usually the traffic starts inside the garage, on its exit ramp. The chubby kid falls down, stubbing his delicate toe on a pothole. He gets up and examines his skinned knee; now he seems to agree with me that this is no time or place for a walk. After all, that is not what our streets are for. A few years ago a certain public administrator whose name has now been forgotten had the great idea of exempting the city from the responsibility of street maintenance. This measure would help to balance the municipal books! As a result, every building owner is also responsible for the facade of his building, leading to a lovely assemblage of colors, forms, topographies, reflecting the tastes and level of care of each house, each building, in relation to the city. If LeviStrauss said that American cities are already ruins when they are created, we might say the same of the situation of the streets in São Paulo. But let’s get back to the point: the car, not the pedestrians. I manage to advance a few precious meters. I see a neoclassical building, probably in late 18th-century style, built two years ago. I am reminded of an incredible situation, when they were beginning to construct this work. One Saturday morning I was rudely awakened by the din of a chain saw. They were cutting down all the beautiful old trees on the lot. I called all the proper authorities, but got no answer. One last try, I called the emergency number 190. I got a recording: “All our operators are busy at this time. Your call cannot be processed”. If you live in a city where emergency services function like that, you can realize that my attitude was utterly out of line. What’s the matter? Let them cut down all the trees! Who cares? I want to turn
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right at the next intersection, onto a street completely blocked by traffic. The stoplight is badly synchronized, jamming traffic throughout the neighborhood. I’ve already tried complaining about this, but there is no service for this type of problem. The people on the “articulated bus”, a 55-meter monster on wheels, get roughly jostled in the crowded space. From the windows they gaze into the void, trying to get to work on time. Demonstrating great urban planning acumen, in recent years the governments have set aside nearly all transport investment for automobile traffic. It’s the future! Tunnels, new streets, cable-stayed bridges, suspension bridges, viaducts. In the meantime, below ground, the subway grows at the amazing slow rate of less than 2.5 km per year. Who wouldn’t envy my position, sitting here in an ecological car behind a truck that spews out its mortal dose of air pollution? Experts say the diesel fuel supplied by Petrobras is unique, an endangered species: its goal is to pollute as much as possible, perhaps as an attempt to curb population growth, thus improving the quality of life in our big cities. That is the only possible explanation. I manage to turn right and I finally breathe a sigh of relief. I drive on for a while, then my car falls into an enormous hole in this recently repaved road. At the next stoplight a dwarf with a violin tries to get some spare change from motorists, blocking the road even more. A beggar on crutches rushes to get out of the way when the light turns green and the cars surge forward, only to return to their stasis a few meters ahead. Recently the city government replaced all the benches in squares and parks with a newly designed model, a first work of design for the urban furnishings of the contemporary city: a beggar-proof bench whose intentionally uncomfortable form makes it impossible to lie down and difficult to sit. I turn my head in the hope of seeing a beautiful girl in the car beside me, but both the glass and the car are black. The cars behind me and in front of me are also black. Nothing can be done, it seems like a scene from a science fiction film. I reach the next street, also blocked by traffic, of course. Worming my way into its lanes is one of my greatest achievements of the year. On the radio they’re talking about total chaos on the waterfront drive, due to an accident caused by a motorcycle. The news is the same every day, I feel like I’m stuck in time. In the opposite lane, a black SUV swerves abruptly through the only free zone in all suburbia; the owners of these big vehicles think they own the city, every day they kill dozens of pedestrians. War is war, and in São Paulo a war is on between cars and pedestrians. Four short nuns with enormous headgear enter a church. I look at the clock on the steeple. It must be showing the wrong time. But now, it works perfectly: 8:27! Some drunks are divvying up the street every 70 cm or so, with stakes strategically placed in the middle of the narrow lanes, while a woman with a baby carriage tries to squeeze her way through the cars. A disaster about to happen. A bike messenger, completely deranged as usual, slaloms through the gaps. The woman gets out of the way just in time. Whew! I’ve been behind the wheel for 40 minutes and I’ve just barely made my way around the block. I give up on the idea of writing this article. I decide to go home. Maybe I can walk to the office…
The other city p. 48 photos Andrés Otero/Luzphoto - text Antonella Boisi The trends say it all: about 40% of the millionaires in Latin America are in Brazil, and in a country that is seeing increasingly extreme polarization of wealth, real estate will be a fundamental driver of growth in the next few years. If we add the World Cup of soccer in 2014 and the Olympic Games in 2016, the context becomes clear: Brazilian cities are preparing to host these international events, building important architectural works. But at the same time, they cannot avoid attempting to bring some dignity to the poor, decayed areas of the cities, the ones you never see on postcards. We’re talking about the favelas, the huge contemporary slums that are now gradually being renewed and reborn. Because “the price of living in Brazil”, as some put it, summing up issues of security that demand constant attention and limit personal freedom (including the use of public transport that could put an end to paralyzing traffic jams), comes precisely from these zones, which have to be repaired and brought back into the normal life of the city. There are different takes on the matter. Some recommend soccer fields, those powerful magnets of social contact and playful activity. A recent study estimates that there are over 700 favelas in Rio. After years of being complete no-man’s-lands, over the last few decades renewal and improvement programs have had some positive impact. Andrés Otero, the Brazilian photographer who has been studying and documenting their transformations for many years, says “the pioneers of the pacification were foreigners, like the well-known English reporter Bob Nadkarni, who driven by personal motivations moved to the hills of Rio and began to renovate buildings, opening new activities, guesthouses, restaurants, bars. Nadkarni, for example, opened the pousada The Maze at the favela Tavares Bastos. This happened at the start of the 1990s. Then the State woke up, and the government started to move in a significant way thanks to the new public administration. Dona Marta was the first favela to be improved, in a structured program, four years ago: it gained a funicular railway and a chromatic project to brighten up the facades. The young people of the Associaçao Morrinho Oriundi of a rare favela (Pereira da Silva) that had already been quite pacific for years have even managed to display their models of architectural interpretation at the Venice Biennale, and in European galleries and museums”. The historic Conjunto do Pedregulho, in the barrio of São Cristovão, Rio de Janeiro, a building of great importance for modern architecture, designed by Affonso Eduardo Reidy (1947), was recently restructured, renovating its apartments and collective spaces (laundry, medical center, swimming pool, school). Still in Rio, an internationally acclaimed architect, Ruy Rezende, the head of the RRA studio that has done projects of architecture, urban planning and design throughout Brazil, has been active for some time now on the front lines of complex projects of renewal and social development. The first began in 2002 with the Favela Bairro, with a skillful compositional program of integration of residential projects, education and recreation services inserted in the urban fabric. São Paulo is also on the move in this area. The city has 22 million inhabitants, 3 million of them living in favelas. The Housing Estate project promoted by the Housing Secretariat’s Social Housing Program is focusing on Heliópolis, the largest slum, near Ipiranga, the region to the southeast of the city. Everything began in 2009 (though the area has been receiving public aid for over 20 years). Today a number of international studios are at work here, including Ruy Ohtake and Hector Vigliecca, Piratininga Arquitetos Associados and Mario Biselli & Arthur Katchborian. Based on the masterplan launched in August 2010, they are concentrating on how to remedy the housing deficit for 70,000 persons clustered in 18,080 makeshift dwellings in an area of one million square meters, also severely lacking in infrastructures and community services. The first lot was finished in October, when 288 families entered the brand new circular buildings in concrete and masonry, with white stucco and color fields, designed by Ruy Ohtake and built by Construbase. “The circular volume ensures less rigid, more open spaces, also with respect to the outside, for a healthy public-private spatial relationship”, says Ruy Ohtake, son of the famous sculptor Tomie, who has been working on the theme of the community for many years. “Architecture can integrate the favelas and the rest of the city”, he continues. “I can bring dignity and improve the quality of life of everyone. I was born, raised and educated in São Paulo. It is my city, but all of São Paulo is my city, the wealthy part and all the rest. Already in 2004 I worked together with the comunidades on the
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Interni dicembre 2011 painting of houses. I did not shut myself up in my studio. Dialogue is fundamental. The chromatic painting was an initial form of solidarity. I chose 30% of the colors, and the people of the place chose the other 70% – this is important, to understand that we were both part of a ‘construction together’. After this experience I worked on the design of a library. It was in 2008. Antonio Candido, a leading Brazilian architecture critic, compiled a book list, and got donations of many volumes from different publishers. Then five 15-year-old students from the place took a course in library science. This is not just an architectural project, it is a whole concept. When the city programmed the renewal of the Heliópolis area, the community asked that I be involved, and their wish was granted. Every circular building is for 18 families, on five levels (four apartments per floor plus a ground level with two housing units and a shared patio). The program calls for a first phase (16 buildings for 18 families each) with a deadline in October 2011; the second phase covers 21 buildings for 18 families each, in April 2012; then there is a third phase, 40 buildings (for 30 families) in a year and a half. The latter includes 7-storey buildings with lifts. Overall, the project creates housing for 1866 families (7000 persons). There are houses, but also shopping areas, schools, green spaces, sports facilities. At the center of the settlement a low volume contains a community center, a place for gatherings, events, weddings, anniversaries, exhibitions. Cars are kept outside the complex. For 70 Brazilian people acquire the right to live in 50 m2, organized with a circular layout in two bedrooms, a bath, a living room and a small kitchen, with spaces for a washing machine and a refrigerator. The floors are in ceramic tile, while the water and current systems are individualized, with gas heating units. In the living room a large continuous window, 6.6 meters, offers lots of light. The existing surroundings will be demolished and rebuilt, for primary facilities and community services. All of this, however, happens in a landscape that is already familiar, without uprootings or alterations to the social fabric”. - Caption pag. 49 On these pages, views of the Dona Marta favela in Rio de Janeiro, impacted by a renewal program for the last four years now, including the addition of a funicular railway and a chromatic project that adds bright color fields to the facades of the homes. In the other images: the young people of the Associaçao Morrinho, from the Pereira da Silva favela, and Bob Nadkarni, an English journalist, owner of the pousada The Maze at the favela of Tavares Bastos, the first such zone to be renovated, starting in the 1990s. The new vertical connection in the slum of Cantagalo, in Rio de Janeiro. - Caption pag. 50 Playing soccer in the street or on a green field as a fulcrum of gathering and social belonging (photo Jacob Langvad Nilsson). In the renderings, two projects by Ruy Rezende/Studio RRA for the Bairro favela, Muquiço and the Centralidade Comendador Soares at Nova Iguaçu, Rio de Janeiro. Caption pag. 51 Siteplan, sketches of residential buildings, view of the new Heliópolis of São Paulo, in the project in progress by Ruy Ohtake.
INservice TRANSLATIONS / 121 Meuron, which will cost over 1 billion dollars. To make sure everything goes well during these major sporting events, the country will need energy resources. In spite of the use of alternative forms of energy (70% of the automobiles run on alcohol), the recent discovery, in deep waters, of petroleum reserves to rival the Arabian countries points to a future of greater prosperity (research centers and office buildings are being constructed to help Petrobrás, the state oil company; one particularly important project is the business headquarters of Santos, created by Ruy Rezende). The expansion of the airports, however, remains the number one priority, because domestic demand is also increasing by 10% per year. The most interesting project in progress is the addition to the Guarulhos terminal in São Paulo. Measuring 230,000 sq meters, the project is by the studio Biselli Katchborian, and it has the figurative image of an airplane. Will this be the airplane that will transport Brazil into the future? - Caption pag. 53 Museu do Amanhã (Museum of Tomorrow), Rio de Janeiro. Project by the Spanish studio of Santiago Calatrava. In the images: two renderings of the architecture and, facing page, a worksite view in June. Photo Andrés Otero/Luzphoto. - Caption pag. 54 1. Museu da Imagem e do Som (Museum of Image and Sound), Rio de Janeiro. Project by the New York studio of Diller Scofidio + Renfro. 2. Petrobrás headquarters, Santos. Project by the studio of Ruy Rezende. - Caption pag. 55 3. Estádio do Corinthians, São Paulo. Project by the Rio-based studio of Coutinho, Diegues & Cordeiro. 4. Guarulhos Airport (terminal 3), São Paulo. Project by Biselli & Katchborian. 5.6. Olympic Port, Rio de Janeiro. Project by the team of João Pedro Backheuser. 7. Luz Cultural Complex, São Paulo. Project by the studio of Herzog & de Meuron. Part of a larger operation of renewal of the Luz district, one of the most problematic in the city. It integrates different activities, including a school of dance and music, and an experimental theater for rehearsals and performances. 8. Italian Cultural Institute, São Paulo. Addition designed by Massimiliano and Doriana Fuksas. The new building will contain a library, an auditorium, an exhibition hall, a cafe and a winter garden.
Encounter
Bernardo Paz
p. 56 photos Ruy Teixeira - text Mario Gioia
Starting from nothing, he has created an empire of 39 companies. Now the magnate of Brazilian industry links his name to Inhotim, a contemporary art center near Belo Horizonte, where installations by the most highly acclaimed contemporary artists coexist with the uncontaminated Atlantic Forest. Tall, with pale eyes, Bernardo Paz was less nervous than in the past. In October, as he was welcoming foreign guests to Inhotim for the unveiling of new works, he smiled, gesticulating, not smoking anymore, a vice that had led to some picturesque episodes at the Brazil, country of the future p. 52 art center in the past: the restaurants of the complex were without “no smoking” signs to by Fernando Serapião discourage him. Commenting with his guests on the details of certain works, like the ‘bunker’ The World Cup of soccer in 2014 and – a first for South America – the Olympic Games in 2016, by Chris Burden installed in the highest part of the park – Beehive Bunker, formed by 332 bags in Rio de Janeiro, are the main future projects of this country. In the year of Italy in Brazil, we of cement – the video installation by the German artist Lothar Baumgarten – Fragmento Brasil, take a look at how they will change the cities in the future. In 1941 Stefan Zweig published which combines drawings made by the Indios of the Brazilian and Venezuelan Amazon region “Brazil, Land of the Future”, in which he stated that Brazil “is undoubtedly destined to become with fragments of canvases by painter-travelers – and the sculpture by Giuseppe Penone – one of the most important factors of future development of the world”. Since then Brazilians Elevazione, which includes a bronze casting of an age-old chestnut tree – Paz transmitted a have been anxiously awaiting that future. Apparently it is now arriving, as a result of 15 years great sense of calm. The chairman of the board of the Inhotim Institute is considered one of of economic and political stability. The slumbering giant of Latin America is now an island of the most important collectors of contemporary art in all of Latin America, and the creator of economic growth, thanks to the burgeoning of the domestic market and Chinese imports. The this very special Brazilian art center that has a good reputation in institutional circles, and possibility of hosting two of the world’s biggest sporting events has put Brazil in the spotlight. among Brazilian art critics and artists, as well as outstanding personalities on the international But how is the country preparing for these events? The World Cup of soccer in 2014 will take circuit. Their kudos are not a matter of chance. Opened in 2004, Inhotim has a unique story. place in 12 locations (the largest number ever for this type of event), the most separated of which It is located in Brumadinho, in the metropolitan area of Belo Horizonte, the capital of the state are 4563 km apart. This decision was political, and clashes with the desires of the FIFA. The of Minas Gerais, a large city in the southeastern part of the country, the richest in Brazil, but cost is high: each stadium requires investment of 500 million to 1 billion reals. Half of the 12 without the central focus on contemporary art found in São Paulo and Rio de Janeiro. The sites will be designed with the participation of foreign architects, like the Germans of GMP and mixture of a large botanical garden with plants from all over the planet and spaces set aside Schulitz+Partner. Only two of the stadiums will be completely new. To adapt to FIFA standards, for contemporary art on an international level – Matthew Barney, Doug Aitken, Doris Salcedo, five have been demolished and will be rebuilt. These works have raised controversy, because Dan Graham, Olafur Eliasson, Steve McQueen and Janet Cardiff are just a few of the many they involved the destruction of places considered architectural gems, like the stadium at artists whose works can be seen here – has given rise to a new type of cultural center. At Inhotim Manaus designed by Severiano Porto. Another controversial project is that of the restructuring many of the constructions have been made by the most famous names in Brazilian art, who of the Maracanã, in Rio de Janeiro, the stadium that will host the final match. This is a historic are not always properly represented in the museums of the rest of the country, due to institutional construction, opened in 1950. The renovation project by the architect from São Paulo Daniel shortcomings. Hélio Oiticica (1937-1980), Cildo Meireles and Tunga have permanent shows Fernandes conserves only the facade. The opening match will be held in São Paulo, where a here that also help to make their works known in their native land. Emerging artists, too, like new stadium is being built in the eastern part of the city, its poorest area. Located 20 km from Cinthia Marcelle, Alexandre da Cunha and Marcius Galan, can show their works in the the center, the stadium has been designed by the Coutinho, Diegues & Cordeiro. While the temporary exhibition areas. The numbers of the Institute created by Bernando Paz tell a success selection process of the architects for the design of the stadiums was confused and not very story: 700 employees for a total area of 245 hectares (1 hectare is roughly the size of a football transparent, two major international competitions were organized for the Olympics in Rio de field), 100 hectares of gardens containing the installations, another 145 hectares of Atlantic Janeiro. The first, called Olympic Park, was won by the London-based agency Aecom. Their Forest, a protected zone of native vegetation. Today only 1% of the forest heritage that existed project was judged the best among 58 works, of which 41 included contributions by foreign back in 1500 has survived. In a few years Inhotim has emerged as a tourist attraction, and the professionals. This is an urban plan similar to the one adopted for the London Olympics, by the center has received ample coverage in the specialized press. The 78 works now on display, out same team: the project covers the part closely connected to the Olympics, but also the aspects of a total of 500, the 18 pavilions – permanent constructions – and the 24 works scattered of structures that will remain when the games are over. In a space of 1.1 million square meters, throughout the park have attracted growing numbers of visitors. The average is 21,000 per the park will host 15 Olympic disciplines, and is located 30 km from the center of Rio. The cost month, but during the latest school vacation period, in July, 32,000 tickets were sold. An is 590 million reals. The second competition area is on the waterfront, in the city center. Known ambitious challenge. According to the traditional rankings in the prestigious ArtReview, on as the Olympic Port, this competition was won by a team headed by João Pedro Backheuser. the 100 most influential people in the art world, Paz is listed in 76th place. But this was not The space will contain lodgings for journalists and referees, and will offer the possibility of always the case. The critic Fabio Cypriano, in the Folha de S. Paulo, at the time of the opening revitalization of a large, problematic area. In parallel, in the same port zone, old warehouses of the first series of works, in 2004, had this to say: “Megalomania? The initiative certainly and buildings will be converted for cultural use. The most symbolic is the Museu do Amanhã reminds us of the excesses of the Opera House of Manaus, built in the Amazon jungle, but Paz (Museum of Tomorrow) designed by the Spanish architect Santiago Calatrava, at Pier Mauá adds the ardor of a true art lover, not seen in institutional terms since the days of the creation (in 2003, for this same site, Jean Nouvel designed a branch of the Guggenheim that was never of the MASP by Assis Chateaubriand in 1947. ‘I believe that contemporary art is in the hands built). The program of this new space will combine a traditional museum of natural history of a few collectors, but we cannot see it, it is a world of vanity. I have created this place so people with avant-garde technology, at a cost of 130 million reals. The project calls for the installation of can see the best of art’, Paz says”. The same critic, in a more recent article in September 2010, mobile facade elements. Inside this new complex of museums, the Museum of Image and Sound says that Inhotim makes “excellent curatorial choices”, regarding the exhibiting of works by by the New York firm of Diller Scofidio is also under construction. The project was selected in a names like Miguel Rio Branco, Dominique Gonzalez-Foerster and Rirkrit Tiravanija. Much of controversial competition that included the participation of seven other groups (with two other the capital invested in the pricy artworks seen in the green spaces of Inhotim comes from foreign entries – Shigeru Ban and Daniel Libeskind, who is building an apartment house in Itaminas, the mining company once owned by Paz, ceded to a Chinese group for about 1.2 São Paulo). With a cost of 70 million reals, the work is located on a lot facing the Copacabana million dollars. It is estimated that the mineral reserves of the small city of Sarzedo amount to beach. The museum will have spaces for temporary and permanent exhibitions, an auditorium 1.3 billion tons of ferrous materials. “I began working when I was 15, pumping gas, then I and a cinema, on seven levels. The facade, based on the pavement designs of Copacabana, will worked in a boutique. Then the stock market. In all those jobs I was always very efficient. I function as a vertical boulevard, giving visitors the chance to have a continuous, fluid experience. grew up fast as an industrialist, becoming one of the biggest businessmen in the country in In São Paul, among the various cultural spaces now in progress, one outstanding work is the the late 1970s and early 1980s, in the mining sector. I encountered many difficulties due to all addition to the Italian Cultural Institute designed by Massimiliano and Doriana Fuksas, with the plans that altered exchange rates to try to curb inflation. It was a tragedy for the economy the image of a big wooden insect. The structure will be built in the garden of a building from of the country and for those who were trying to export”, Paz stated in an interview with the the early 1900s, in the quarter of Higienópolis. Another important cultural space is part of journalist Marcos Augusto Gonçalves, in the Folha de S. Paulo in 2009. “I was a handsome an ambitious government initiative: a large complex in the center designed by Herzog & de youth, but I was ashamed of my beauty. People said that if you had the good luck of being
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122 / INservice TRANSLATIONS handsome you didn’t have to make much effort, especially to attract people of the opposite sex. They say beautiful people are stupid… So I had an inferiority complex; I didn’t think of myself as a handsome man, but as a person who had to prove he was normal. This was such an arduous struggle that I created 39 companies, providing jobs for 9000 people. I was a pioneer of doing business with the Chinese, and I have traveled all over the world”, he said in the same interview. Still striking at age 61, Paz has a team of professional curators at the center – the American Allan Schwartzman, the German Jochen Volz, co-curator of a Venice Biennale, and the mining entrepreneur Rodrigo Moura – and has transformed the center into a space of activities focused on the environment and social progress. Many of the employees are from Brumadinho, a city that prior to the opening of the center was going through a period of economic hardship. The institute also supports the activities of local artisans. An educational program permits the students of public schools to make use of the center. “I don’t know what the next step is. Things are not finished here. This place will be here always”, Paz says. But we can report on the initiatives slated for 2012: by the end of May the pavilions by Lygia Pape and Tunga should be completed, while in October the new constructions for the works of Claudia Andujar, Cristina Iglesias and Olafur Eliasson should be ready. A pousada with 42 rooms, a wellness center and an elegant restaurant will be opened in 2013. Paz has been able to overcome initial diffidence and emerge as a key figure on the circuit of Brazilian contemporary art. - Caption pag. 57 Above: Bernardo Paz in his home. Left, Immensa, a sculpture by Cildo Meireles, one of the many works at the Inhotim Instituto de Arte Contemporânea e Jardim Botânico, in Brumadinho, covering 245 hectares of the Atlantic Forest. - Caption pag. 58 Above, from left: the sparkling spheres of the installation Narcissus Garden by the Japanese artist Yayoi Kusama; interior and exterior view of the Sonic Pavilion by the North American artist Doug Aitken. Left: Hélio Oiticica, Invenção da cor, Penetrável Magic Square No. 5, De Luxe, 1977. Facing page: view of the pavilion by Adriana Varejão. - Caption pag. 61 Facing page: above, interior view of the pavilion by Adriana Varejão; below, a moment of educational activity inside the installation Forty Part Motet by Janet Cardiff. Above: two images of the pavilion by Matthew Barney, containing his work De Lama Lâmina (2004-2009).
goes beyond individual sensory data, linked to a mere object, and goes further to focus our attention on the whole, where the sky becomes one’s own body: a sculptural habitat that gives equal treatment to organic and artificial sensuality, creating a unique situation where experience is reborn. Starting in 2000 the ritual aspect of occupying spaces through ‘organic’ forms and configurations makes a leap of scale and function, and the sculptures shift into architecture. They swell, and like rivers overrun places and spaces, gathering people together. It is a shift of scale and meaning that leads Neto to a radiation and communion with buildings and squares, reawakening their interpretation, transforming their logic of use and relations. While previously the sets had unity, now they are divided to permit multiplicity of use, always in relation to the beings that enter them and dwell in them. This is a leap from a detached, autonomous art to a practice that establishes ties with the culture of living and communication among beings. For example, in the courtyard of the MACRO in Rome the Brazilian artist produces a set of fragile drops from the ceiling, where the forms are in tune with the rays of light and the glazing, playing with transparency and luminous refraction. A sort of floral corolla that radiates from above to below, and by gravity creates a weave of petal and pistils that float in space, so the audience can sense the aroma as well as the tactile and visual softness. Almost an urging of sensory penetration, where the body of the observer becomes an ‘actor’ of a material immateriality. Elsewhere, as in Ovogênese, 2000, and in Acontece Num Film de Tarde, 2000, the sculpture accepts the invasion of persons who lie down, just as if they were in front of a television, where art produces a democratization and banalization of its way of presenting itself. On the other hand, in Leviathan Toth, in Paris in 2006, Neto’s intervention puts itself at the service of metaphysics, that of the Pantheon. Though absolutely independent with respect to the temple, the organic construction reflects its symbolic cruciform route, though with variations that adapt it to an earthly, physical projection. Here what counts is not to enter the sculpture, but to pass ‘below’ it, almost to indicate the itinerary of a life, the movements produced in the world, the pilgrimages and religious rituals that are there under the gaze or the bite of Leviathan. This is a way of alluding to a higher cosmos that is tactile and fluid, fabricated by the hand of the human being, another world, but physical. Seen from below, the sculpture is also a firmament, an architectural dome or a sky that becomes solid and colorful, only this dome is supported by mobile, sensual forms, almost an attempt to create an opposition between the religious heavens and a concrete universe. A super-temporal ‘great house’ that, starting in 2009, is transformed into a camp of nomadic tents that becomes the centripetal and centrifugal center of falling stars that connect sky to Labyrinths of sensation: Ernesto Neto p. 62 earth, as in ‘Anthropodino’. Elsewhere the transformation is into colored skies, O Bicho Suspenso na Paisagem, 2011, like ‘cosmic giants’ that remind us, with their symbolism, between the by Germano Celant mental and the suspended, that human beings are mortal with respect to the eternity of the The adventure of Brazilian art is marked by the polarities of a difficult, inextricable environment universe that hosts them. A temporary, transient condition that finds its counterpart in the in which it is not possible to find order or formulation, almost an intrigue of spaces with many anchoring to the earth of Em Cima Da Hora, 2011, where the space of the sacred gives way to visual, sensory and bodily alternatives connected to the myths and rites of thinking and the vibrations of existence, so much so that the sculpture is transformed into a small everyday sensation that have their roots in the Afro-Brazilian culture of Candomblé, based on the vitality tent with its utensils, like the television. Previously, in 2010, Neto had thought of a sculptural of nature, music and dance, festivals, sensuality and spirituality. A weave between the enigma whole that reflected the chameleonic and mutant aspect of movement and action in architecture. of an undecipherable territory, that of the Amazon jungle, but also that of the huge city, and A burst of spaces and forms that provoke a complete detachment from the environment and the religion of good cheer and pleasure that also comes alive in the ecstatic manifestations of the architecture, to themselves create a constructive and visual engagement, overwhelming the body possessed by magic and spirits. The visual research of this country, a crossroads of and seductive at times. A particularly magnetic place, without any symbolic or sacred center, different ethnicities, faiths and beliefs that combine native, white and black aspects, is reflected almost a labyrinth in which to get lost and to feel the pleasure of being there. In conclusion, a in a way of operating that wavers between the amused and the ironic, the passionate and the sculpture capable of creating spaces and environments open to being impregnated by existential gentle, expressed in the ongoing relationship between the environment and the human being, and bodily presences, constituting architectural labyrinths of sensation. - Caption pag. 63 O between social constraints and sensuality, picturesque contrast and the drama of life. The path Bicho Suspenso na Paisagem, 2011, Faena Arts Center, Buenos Aires, Argentina. - Caption of Brazilian artists, then, is marked by interest in anthropology and sociology, behavior and pag. 64 Suavêselva, 2010, Museu de Arte Moderna, São Paulo. Right: Camelo cacho lavanda ritual, and the elements of painting and sculpture mingle with miraculous events and witchcraft, camomila, 2010, Museu de Arte Moderna, São Paulo. - Caption pag. 65 Circleprototemple...!, connected with saints and Orixás, constituting an art that is the synthesis of a complex, open 2010, Hayward Gallery, London. - Caption pag. 67 A Liquid Finger Touch, from Leviathan identity. From Lygia Clark to Hélio Oiticica, Lygia Pape to Cildo Meireles, Tunga to Miguel Rio Thot - Finger, 2008, Museum of Contemporary Art, Tokyo. Anthropodino, 2009, Park Avenue Branco, Vik Muniz to Adriana Varejao, the subject of the architectural and bodily environment Armory, New York. is the protagonist, whether in the performative aspect of objects to manipulate, or through the image of the room as a psychological or physical place. There is a desire to excite the behavior of the viewer through sensory and instinctive, passionate and ingenuous stimuli, which we can also find in the sculptures and installations of Ernesto Neto that engage the senses of the participants, through malleability and penetrability. Made in Lycra, like a membrane that gives Brazil as a model of the world p. 68 things and borders an almost organic character, also because inside it is filled with soft, floating material like polystyrene, these wombs designed with ovoidal accesses, like vaginas, and by Andrea Branzi umbilical protuberances, configure nebulae in which to enter and move to find a harmonious Guy Bonsiepe (School of Ulm) and Victor Papanek (1927-1998) tried, but in vain. Because the new dimension of ourselves. Sometimes filled with pungent spices or pigments of the Amazon, Brazilian design, led by the Campana brothers, taps into the deepest roots of anthropological these organic forms waver between sacred and profane spaces, vital and sensual environments myth, native culture, the shamanic role of objects, the magical polytheism of the forest. There where transparency is a means of moving between sky and earth, spirit and flesh. Since 1987 is a facile way of thinking about the history of Brazilian culture, because every time one Ernesto Neto has focused on the transformation of the organic and the inorganic, starting by meets the temptation to interpret the country as an exemplary territory, one whose particular working on the interaction between rubber and iron, that meld and influence each other. His episodes have a meaning above all elsewhere, in other countries, for other people. This only installations of rectangular iron girders arranged on the ground or the floor, through the perpetuates the tradition of expropriation of Brazilian history, often replacing its reality with ‘mediation’ of a rubber sphere, investigate the mutual availability between the rigid and soft projections of meaning that have their origins and value above all in Europe. Therefore Brazil, parts of the universe. It is the attempt to trigger excitement and a connection between cold and besides being a real place, is also a cultural category for us. Its contemporary significance warm, sensual and neutral entities. The next passage is in 1988, the dialogue between the light, comes from many factors, including its essence as an artificial nation, but also one with a ghostly character of a transparent surface, that of polyamide stockings, and the heaviness and very strong ethnic identity. An example of the negative effects of globalization, but also of the gravity of lead spheres. A celebration of lightness and weight, transparency and opacity that negative excesses of localism, yet also a laboratory for the positive potential of both. A poor indicates an interest in an osmosis that leads to the downfall of fixed constraints and limits. country that is nevertheless one of the seven greatest economic powers in the world; a strange Art, for Neto, cannot have a permanent, fixed character, it must be immersed in a climate of economy based on music, entertainment, fiction, soccer, carnival, narrative. A country with constant variations, a sensual territory that does not admit limits of experience, a place of forms a strong identity, but also elusive, ambiguous, mysterious, the result of a great hybrid nation that come together and separate. This is why in 1989 his installation at the Macunaima Gallery where the majority is composed of a set of minorities. An optimistic, happy country, but one was made of 69 particles and mobile fragments. A body of things, always open to a continuous that is also sad and full of anxiety. We might put it this way: Brazil is a model of the world, dynamism, an infinite physical and visual excitation. It is the moment of the opening of sculptural because it is both a literary place and a complex historical phenomenon, syncretic and multiforms to a free organic growth, where full and empty, inside and outside coexist. Made in Lycra racial, that lives in the miraculous balance of continuous change. All this resembles what is and soft materials like cotton and polyamide, the arrangements of the surfaces and volumes now happening in the Occident, with many positive consequences, but also leading to many are open to all variations. At the same time, their ‘opening’ makes them ready to be touched, tensions and conflicts. If Europe has colonized Brazil, the opposite is also true: for many years, in handled, caressed. No reflex or sensitive reaction is ruled out, almost as if the art were a Europe, wild nature, the backdrop for projects by Le Corbusier, has been Brazilian in character, stimulation to bring out signs of life of ourselves and the things sculpted by Neto. Since 1992 like an ideal garden designed by Roberto Burle Marx. Uncontaminated, flourishing, scented this sensorial opening, a breath from inside art towards the outside, becomes the threshold nature we wished would surround the reformed, orderly city after modern industrialization. through which to pass information on the womb, which may contain participation, intervention, Optimistic, vital nature, like the deep green world of the Amazon. Heir to the noble traditions the engagement of the audience. The audience becomes a partner, sensitive and almost erotic, of the Enlightenment developed during the 18th century by the European Jesuits, in the 1960s in a penetration that leads to the intensification of tactile and mobile experience. The constructed the German designer, a colleague of Tomàs Maldonado at Ulm, thought that design might be a wholes live on protruding, organic walls, almost bodiless organs that require interaction or valid tool of regeneration of the independence of models of local developing, free of occidental feedback from the audience-partner. The hypothesis of the artist is to make human beings enter hegemony. So he moved to Brazil for twelve years, implementing a government plan for the a limbo that takes form between the geometric and the organic, where the thrust is impulsive, spread of design schools. In that same period Victor Papanek was developing, for the Third sublimating and making people into bodily and physical entities. This is the reasoning behind World countries, a fascinating theory on alternative technology, hypothesizing a development Nave Ovulo, 1998, or Nave Casa, 1999, all the way to It Happens at Dusk, 2000, which stimulate model based on the rejection of occidental technologies and socialist models, consisting in a voyage in the supersensitive, made of transparency and luminosity, in which the important the use of local, humble, primitive techniques seen as being naturally rational precisely due effect is the sensation of the self as heavy body and gaze. A work on sensory excitement that to those traits. The theories of Bonsiepe, like those of Papanek, made reference to the eternal
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Interni dicembre 2011 idea of Brazil as a New World, the land of possible alternatives to the corruption of occidental history. Their noble project was twice as abstract because it was proposed in a country that was shifting from a premodern to a postmodern condition, without passing through the phase of modernity… A failure proven by the fact that these programs intended to promote the development of Brazilian design, during the 1970s and 1980s, did not produce one single designer. The new Brazilian design, like that of the Campana brothers, was paradoxically born in the moment in which European rationalism went into crisis, and Brazilian designers were able to tap into the deepest (non-ideological) roots of native culture, anthropological myth, the shamanic role of objects, the magical polytheism of forest dwellers, that – as Pierre Restany had glimpsed in his “Manifeste du Rio Negro ou du Naturalisme Intégral” – reproduce not European culture, but the existential condition of contemporary man, immersed in an integrated space of technologies, information, immaterial presences, of which man, like the Indios of the Amazon, never manages to have an external, overall view. Like fish in the sea, who can never see the sea… - Caption pag. 69 In the images: the Yanomami, the oldest indigenous people in South America, have managed to conserve their Pre-Columbian cultural heritage, avoiding occidental influences. In the Brazilian Amazon they live in about 150 villages, located from 10 to 100 km apart from each other. In 2003 Fondation Cartier pour l’Art Contemporain in Paris organized, in collaboration with Survival International France, “Yanomami, the Spirit of the Forest”, a magnificent exhibition of works made by internationally renowned artists after a period of residence with the Yanomami, whose official spokesperson is Davi Kopenawa (page left, at the center of the photo).
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Modern Tropicalism
INservice TRANSLATIONS / 123 the courtyard: the upper level is for the design area, the ground floor for the workshop. Below, the staircase connecting the two levels. On the wall, project prototypes. On the facing page, view of the workshop and production area. - Caption pag. 74 Blue Café, seating made with plastic chairs and woven plastic cord, with the statue of Yemanjá (a Brazilian mythological divinity); behind, the Preto Velho statues (representing spirits in the Umbanda religion), photographed in the shop of Afro-Brazilian religious objects Casa de Umbanda. Cake Stool made with stuffed animals purchased at the market of Rua 25 de Março in São Paulo, photographed in the shop of Luciano de Roma, O Casarão. Bookcase with iron structure and handmade wicker, with a Brazilian crafts piece purchased at the market of Praça da República in São Paulo, photographed against the backdrop of a work of architecture from the turn of the century. On the facing page, Transwood chair (prototype) made with a wooden chair and woven wicker, shown with two Marajoara statues, ceramic reproductions purchased on the island of Marajó (north of Brazil); left, cowhide lamp (prototype) and table made with bundles of rolled cardboard. In the background, the mural by the Gêmeos brothers on one facade of the MAM – Museum of Modern Art of São Paulo. - Caption pag. 76 Transported from João Pessoa, container for objects for recycling, cowhide crocodiles, lamps made with plastic gas tanks and woven wicker. Sushi table made with colored bands of rolled-up rubber (prototype), sculpture made with PER bottles, Copoleos lamp with plastic cup shade. In the background, the São Paulo Art Museum – MASP. - Caption pag. 77 Bamboo Blow-up, table with bamboo base and transparent glass top, with a straw deer purchased in Belém do Pará (a northern region of Brazil), and an antique crystal bird. Apuí chair in natural curved wood, photographed in the Trianon Park in São Paulo. Chair made with metal rings and woven wicker (prototype), sculptures of dogs in various recycled materials by folk artist Getúlio Damado. Anonymous mural.
The world of Marcelo Rosenbaum
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p. 70 photos Filippo Bamberghi photos Ruy Teixeira - ed. Regiane Mancini with Alison Limontt - text Cristina Morozzi text Valentina Croci
São Paulo, a metropolis without identity, without beginning or end, traditions or history, ready to welcome all diversities. The city where the Campana Brothers live and work is fertile ground for the birth and growth of a robust new design. “São Paulo is a horrible city, maybe the ugliest in the world. A formless city”, says the Argentine director Hector Babenco, a resident since 1969, creator cult films like “Kiss of the Spider Woman” (1985), on the pages of Liberation (10 July 2003). “Here no one knows where north, south, east or west are, where the sun rises or where it sets… São Paulo is a man-eating monster. The city never stops growing... It is faceless, without soul, without identity. This makes it very chic, because it can absorb everything. The Paulistano has no traditions and accepts all new things”. There are no traditions because the city was founded just 456 years ago. It has no historic sites, it is without memory, atemporal. All this makes it fertile ground for design. Brazilian design is young, like its capital, naive, primitive perhaps, but full of promise. This city offers all the contradictions on which design can feed: wealth and poverty, good cheer and saudade, music. Tropicalism is not just a soundtrack, it is a cultural and political movement. Bossa Nova was born “as an innovation with respect to traditional samba, but also and above all as an instinctive reaction against the military dictatorship, as opposition”, Caetano Veloso writes, and his song “Alegria, Alegria” is its manifesto. Because it is ‘nova’, Brazilian music is closely linked to contemporary Brazilian design, not that of a rationalist stamp that reached Brazil from Europe with refugees from repression, but local design connected with the tropical richness and contradictions of the country. Fernando & Humberto Campana are Bossa Nova fans, and always keep up to date on new artists. Whenever they come to Italy they bring new recordings, as if to emphasize their ties to Brazil and São Paulo. “We come to Italy”, they say, “but we always depart to rediscover the distance that offers us a different vantage point, and allows us to propose different codes of interpretation of objects”. They say they are always ‘children’, like their country that is still young. “Brazil”, the tell us, “is at the start of its parabola, while your country is reaching the end of its course. Therefore we have lightness, of living and creating. We don’t have a written history, everyone can write his own story. There can be many histories because Brazil has a hybrid soul. There are many cultures, and their codes are accessible. This multiplicity generates our freedom and anarchy. We have time ahead of us, that’s why we are calm, and we create naturally, without pressure or anxiety”. The attitude of welcoming all new things, also underlined by Babenco, the calm of those who feel young, with plenty of time ahead of them, the freedom of those who have no traditions, all make the new Brazilian design very special. The forms, the mixtures of materials, contain the risk-taking of people who have no models, no masters. Dissonance, ingenuous brutalism reflect the humid flourishing of Brazilian nature, and urban chaos as well. The fact that no one style exists, but a fertile linguistic Babel, is also confirmed by Waldick Jatoba, a refined design collector and promoter of Design São Paulo, whose first edition, directed by Maria Helena Estrada, took place at the park of Ibirapuera in June 2011. Design São Paulo, instead of a classic annual fair, is a platform conceived to develop disciplinary awareness and to educate sector professionals and visitors about contemporary design. This is why the event, which named Fernando & Humberto Campana designers of the year, was accompanied by a detailed program of conferences and debates, featuring international guests. Design São Paulo, in the intentions of its founder, also aims at being a tool to help designers to construct their own personality. Not having traditions or points of reference may be liberating, but it is also disorienting. The multiplicity of options is great wealth, but it can also be a real burden. Constraints can help to organize a path of research, while moving forward in chaos can be bewildering. The pursuit of a new language capable of conserving exuberance and metissage often leads to useless redundance and an excess of contaminations. Fernando & Humberto Campana have been the pathfinders. They have freed Brazilian design of European influence, taking it back to the essence of Brazilian nature. They have indicated a path that has no models and comes from personal-poetic improvisation, based on making things by hand. Fertile, but risky. So Waldick Jatoba is correct in saying that design education is needed. Though education always brings with it the danger of standardization, fortunately not a problem, at the moment, for Brazilian design. Still running wild, Brazilian design offers masterpieces of creativity and fantasy, though often running up against the pitfalls of trash and kitsch. Its great authenticity and quality come from its capacity to make harmonies and dissonances thrilling, to address the emotions before the intellect. This youthful, reckless force can provide a healthy kick for arid European design. A fruit from a humid climate, Brazilian design is still growing, like a plant ready to produce many new shoots and sprouts. - Caption pag. 70 The Campana brothers in their studio in São Paulo: left, Humberto in the ground floor workshop, and Fernando in the design studio on the upper level, with staff. On the facing page: the entrance to the design area, with a version of the Sushi table, with Transplastic wicker seating, from the Antibodies collection. Behind: the skins of the Leatherworks series and, on the wall, a prototype of the Vermelha chair, made for Edra. - Caption pag. 72 Left, view of the two levels of the studio, from
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The well-known designer from São Paulo lives in a house filled with objects that tell stories: modern vintage and signature design, alongside found objects and items by local and native artists. A mixture of identities and cultures that describes his vision of the ‘Brazilian way’. The home is the mirror of a way of being. It reflects interests, expectations, habits. The home of Marcelo Rosenbaum in São Paulo represents the soul of his design path, crystallizing it more than any single work. Constructed on a building from the Sixties, it maintains the original patio structure and walls, adapting the place to new uses. It is simultaneously an everyday home and a weekend getaway, when the spaces are invaded by friends and relatives. The 460 sq meters contain two domestic identities: the ‘normal’ one with bedrooms, a more intimate living area and a functional kitchen, and the part for socializing. The latter includes the swimming pool inserted in the original courtyard, the tree house in the garden – a childhood dream of Marcelo, now made for his two children – and the second kitchen, on the ground floor, with a big dining table, interpreted as a churrascaria. Dwelling is what Rosenbaum seeks in his work, behind physical space, beyond the mere aesthetics of objects. For two decades the Brazilian designer has been constantly pursuing a concept of useful design. Seen as construction of a bridge between needy and affluent communities, or the creation of lucrative activities for the native community, helping to conserve forms of know-how that are being lost in modern consumer society. Rosenbaum explores cultural diversity as a driving force of creativity, examining what happens through direct contact between ‘high’ culture and folk culture. This is evident in his house: chairs by Vico Magistretti are clad with local craft fabrics, fine carpets and international design seating are juxtaposed with humble finishes. A wall in the living area is covered with salvaged wood from the colonial houses of the late 19th century in southern Brazil. Dwellings of Italian and Polish immigrants, replaced by houses in reinforced concrete. Rosenbaum has collected modern vintage pieces for twenty years, because it is part of his imaginary, his background. With his first paycheck as a designer he bought the Tizio lamp by Artemide. The objects he has designed are scattered throughout the rooms of the house, mingling with vases and other things bought from craftsmen or found in flea markets around the world. The contrast underscores a collective theme: the history of international design and the unique products of local craftsmen narrate the same need of people to live better, adding beauty to their homes. Highly varied objects that share a sense of freedom of choice, the capacity to narrate stories. Like the cushions in the ground floor living area, made by sewing banners from a festival in a Peruvian city, an invitation to a “noche kaliente”. Among the many objets trouvés there are the puppets of the Maracatu, a musical parade originating in Pernambuco, in northern Brazil. Or the black ceramic pots made by the women of Espírito Santo to cook the traditional fish soup. There is also a collection of statuettes of Santo Espedito, the patron of impossible causes, a favorite saint of Rosenbaum. Objects that capture attention, combined in an almost acrobatic aesthetic balance. All this is the ‘Brazilian way’ of Marcelo Rosenbaum. A mixture of episodes and traditions, peoples, religions and cultures, blending in such a variegated way that they construct an identity. And a way of designing that is direct, involving participation, reflecting a shared history that blends with personal memories. - Caption pag. 78 Below: Marcelo Rosenbaum with his wife and their two children, ages eight and five. To the side: the courtyard of the house, containing a swimming pool. The tiles, designed by Studio Rosenbaum, are based on the patterns of the Marakatu, the musical parade of northern Brazil. The bench was made by a local artist, starting with a discarded tree trunk. On the facing page: the living area beside the garden, covered with glass and reeds, is furnished with many local crafts objects, like the spears of native Brazilians, and with ready-mades like the cushions sewn with advertising banners for a festival in Peru. - Caption pag. 81 Above: in the kitchen, organized like a churrascaria, a cupboard from a fazenda in Mina Gerais, with locally crafted baskets and vases. The embroidered lamps were designed by Studio Rosenbaum. Right, from top: part of the collection of statuettes of Santo Espedito, patron of lost causes, and a favorite of Rosenbaum; the tree house in the garden; the lounge area below the tree house, made with salvaged pieces. On the facing page: the kitchen, faced with tiles designed by Studio Rosenbaum. The doors of the cabinets are made with salvaged wood from the colonial houses of the 19th century in southern Brazil. The puppets come from the Marakatu musical parade. The chairs are by Vico Magistretti, covered with native fabrics. - Caption pag. 82 Above: the bathroom of Rosenbaum’s daughter, covered with colored tiles designed by Adriana Barra. To the side: in the second kitchen, for everyday use, the wall tiles are based on the pyramid form of a local fruit. The paintings of J. Borges are part of the Caruaru project, a brand of furnishings made by artisans from the region of the same name. Below: modern design vintage combined with local crafts. On the table by the divan, a collection of votive offerings. On the facing page: another view of the living area, clad with the same salvaged wood used in the kitchen. Here again historic design pieces like the Lounge Chair by Eames (Vitra), the Tulip table by Saarinen (Knoll) and the resin table by Gaetano Pesce are mixed with arts and crafts from different parts of the world.
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The body of symbols of Rodrigo Almeida p. 84 photos Filippo Bamberghi - stylist Adriana Frattini - text Stefano Caggiano
table like the big wooden tables of Tuscany, a small low table, a box of ash wood full of sand to contain little things found on the beach. These objects are inserted in a space outfitted with bookshelves and storage units that contain his personal art collection, the sole furnishings on the Following the lesson of the Campana brothers, the self-taught Brazilian designer weaves objects white walls, intentionally without paintings or decorations. - Caption pag. 89 View from above, and writes jewelry as tangible signs. From deep inside his creations, constructed in material the portrait of Irma, part of the Waste Land project, in which Vik Muniz involved trash pickers layers, emerges an ancestral sense of open, still vivid symbolism. “Just as the body is the object at the Jardim Gramacho dump of Rio de Janeiro. The artist photographed these people, then of the soul, so the home is the object of the body”. For Rodrigo Almeida, the self-taught exponent projected their photos onto a large surface and had them cover the surface with trash, following of the new generation of Brazilian design, this is the human and design meaning of his own the shadings and forms of their portraits. Right, Vik Muniz in his home in Rio de Janeiro, seated home, an aesthetically restless place in which his prototypes coexist with native pieces and on the table he designed, made by Atrium. - Caption pag. 90 Above: the large living area in the paintings by Fernand Léger. The mixture, varied but clear, conveys a very precise idea of design home of Muniz, facing the Ipanema beach. Furnished with the Jagger upholstered system by that points to the meaning of material phenomenology in the way with which the project turns Rodolfo Dordoni for Minotti; the low “mentirinha” table is made by Atrium, based on a design things over to release their buried significance, in keeping with a perspective of aesthetic risk that by the artist, who took an active role in the interior design of his home. Above, exterior view of is a natural part of the impetuous Brazilian approach to design. “Beyond the different cultural the house and a corner of the kitchen. On the facing page: another view of the living area, with and material strata that influence the formal fulfillment of my objects, there is an immaterial the Nolan divan by Rodolfo Dordoni for Minotti. Behind, the bookcase produced by Atrium, aspect constructed by the Brazilian style of living. Brazil is a very young country; we don’t designed to contain books but also the many objects Muniz enjoys collecting. - Caption pag. 91 have a great tradition in the construction of objects. But, as a historical reference, we do have Above, self-portrait of Vik Muniz in 2005. Seven works by the Brazilian artist are on display the aesthetic atmosphere generated by the melting pot that forms the Brazilian populace”. So in the exhibition “Vik Muniz. Matrici Italiane”, until 16 December 2011 at the Galleria Cortona Almeida’s sources do not come so much from the tradition of the design discipline, as from the of Palazzo Pamphilj, home of the Brazilian Embassy in Rome. musical movement of Tropicalism, that mixes different influences inside a particular ‘cinematic music’ full of images of his country. This is why while designers with degrees are busy creating complex computer visuals for industry, Almeida prefers to take the objects found in the streets of São Paulo and rework them with traditional techniques, obtaining formally imperfect but functional objects that are symbolically dense, which is the true thrust of his research. “In all my Projetos do Mediterrânico p. 92 projects”, Almeida explains, “I have worked with visible structures, overlaying different layers photos Ruy Teixeira - edited by Regiane Mancini with Alison Limontt of materials, creating tension between the flexible and the inflexible”. This is the lesson, openly acknowledged, of the Campana brothers: “Before them there were important designers who Design hits the stage in the oldest museum in São Paulo. Divans, chairs, lamps and tables enter made objects of extreme quality, but they only had a slight Brazilian accent. The real Brazilian the human-scale rooms of the Pinacoteca do Estado, a former high school, whose rigorous object was born with the Campana brothers, and the challenge of my generation is to take their spaces offer an extraordinary setting for the international flair of design Made in Italy. - Caption legacy forward, pushing for an even more contemporary language that can conquer its own pag. 92 From left, Re-trouvé outdoor table with base in pregalvanized rod and top in sheet territory and strive for its own, independent success”. So it was just in the order of things if his metal painted in six colors. Design Patricia Urquiola for Emu. Arne sofa from the upholstered career has moved from furnishings (interpreted with iconoclastic irony) to jewelry, the symbolic furniture system, in different modular sizes. Design Antonio Citterio for B&B Italia. Sidewall object par excellence. The result is Caligrafia, his first experience with this theme, designed for bookcase column in matte or glossy painted wood, with a range of colors and a swivel base. Aria of São Paulo, in which the encounter between Occident and Orient (the firm’s owner is Design Piero Lissoni for Porro. Kubit credenza in painted wood with top in marble or pietra of Korean origin) is woven through the physical, bodily exploration of language, rather than serena. Design Giuseppe Bavuso for Alivar. Above the credenza, Blow-Up Bamboo Collection, through ‘intellectual’ abstraction. The Roman alphabet (letters in cast gold or alternating with citrus holders in natural hand-crafted material or steel. Design Fernando & Humberto Campana traditional beads) is combined with Sumi-e (the monochromatic oriental painting technique for Alessi. Bench, table with drawers, in lacquered wood or oak. Design Giovanni Bavuso for that uses only black ink), and it is the material quality of the symbols that does the talking, Alivar. Caramel chair covered in removable fabric or leather. Design Jean-Marie Massaud for bringing out a new tangible character of the ancestral spirit of signs, attached to their meaning Poliform. The Marie Antoinette (above) and Philippe tables in painted MDF with walnut inserts, like prayers in the ear of indefinite divinities, not guaranteed, but necessary. - Caption pag. top in transparent or mirror glass. Design Sam Baron for Casamania. Mix LED table lamp in 84 Above, Rodrigo Almeida and two pieces from his first jewelry collection, called Caligrafia, natural or white painted aluminium. Design Luca Meda for Luceplan. In the background, designed for Aria Joalheiros of São Paulo. The collection, composed of necklaces and bracelets, Musa Impassível by Victor Brecheret. - Caption pag. 95 Right, clockwise: Boum swivel seat began as exploration of visual languages, with the theme “East meets West”. - Caption pag. with polypropylene chassis, padding covered with Teflon fabric, steel base. Design Monica 85 A corner of the home of Rodrigo Almeida in São Paulo, with some of his prototypes. From Graffeo and Ruggero Magrini for Kristalia. Post Modern table with transparent extralight glass the top: the Cuia lamps, the Arapuca cabinet, the Factory chair, the Oxum chair. - Caption top and legs in borosilicate glass, turned and shaped. Design Piero Lissoni for Glas Italia. On pag. 86 Below: the living area in the home of Rodrigo Almeida. The creations of the designer- the table, Giuseppina chair in semitransparent polycarbonate, also for outdoor use. Design artist coexist with vintage furnishings, Brazilian manufactured objects and artworks, like the Pocci&Dondoli for Bonaldo. Passion chair with base in chromium-plated or painted steel, paintings by Fernand Léger, Helio Vinci and Keith Haring on the walls of this space. Below: chassis in nylon padded with polyurethane and polyester batting; covered in fabric or quilted a necklace created for Aria Joalheiros. On the facing page: other views of the house and other leather. Design Philippe Starck for Cassina. Kai height-adjustable swivel stool with steel base, prototypes of furniture by Almeida. In the living room, the Harlequin chair; in the bedroom, seat in natural or stained curved plywood. Design Shin Azumi for Lapalma. Berenice adjustable the Dragonfly chair; in the dining room, the Eyes mirror. Almeida makes furniture by using LED table lamp in aluminium with glass or aluminium reflector. Design Alberto Meda and everything he finds in reach: wood and paper, but also recycled items like pieces of cloth, old Paolo Rizzato for Luceplan. Below, from left, Xradyo table from the Rock collection by Moroso for Diesel Home Collection, with top in glass with printed decoration and base in painted steel backpacks and belts. rod, and Shadowi chair with steel structure and woven colored plastic cord. Design Tord Boontje for Moroso. Brasilia table with top composed of various assembled shapes in mirror-finish colored methacrylate, legs in shiny brushed steel. Design Fernando & Humberto Campana for Vik Muniz p. 88 Edra, and Tolomeo Micro adjustable table lamp in colored anodized aluminium. Design Michele architectural design L2 Arquitetura/Luciana Pereira De Lucchi for Artemide. Cactus divan composed of Tattoo poufs of different sizes covered in interior design Liliane Barboza - photos Gabriel Arantes - text Ricardo Bello Dias elasticized fabric, design Maurizio Galante, made for the project of the Ecole de la Chambre One of the best-known Brazilian artists, seen in his home in Rio de Janeiro: a white container Syndicale de la Couture Parisienne by Cerruti Baleri. Photos to the right: from left, Zen Cap with nude walls, a decompression chamber for the artist, whose materic works set out to reveal bar/garden stool produced by hand in red Canadian cedar. Design Ludovica+Roberto Palomba a different reality in things with respect to what we’re used to seeing. Impressionist technique? for Exteta. Flat table in lacquered aluminium with top in glossy painted glass, wood or white Creative process that looks back to a Renaissance pedagogical model, according to which learning Carrara marble. Design Giuseppe Bavuso for Rimadesio. Flow chair with polycarbonate chassis, happens by copying the work of an earlier master? There are lots of ways to describe the work of glossy on the outside and matte on the inside, with legs in natural oak. Design Jean-Marie Vik Muniz, Brazil’s leading artist on the international market. “Take something you think you Massaud for MDF. Now stackable chair in fiberglass-reinforced polypropylene, structure in know well. Then try to take it apart: you will realize that you have been looking at it for a long chromium-plated metal. Design Stefano Sandonà and Stefano Sandrin for Infiniti by OMP time without seeing it correctly. It is a question of mental reconstruction, of optical illusion, of Group. On the facing page, clockwise: Sweet chair with structure in matte black painted metal repairing reality”. Muniz is a draftsman/painter/photographer who uses diamonds, perforated tubing, woven seat made with black PVC. Design Paola Navone for Gervasoni. Plus stackable paper, cotton, chocolate syrup, sugar, trash, dust, jam, sawdust, pins: this mixture of materials chair in polypropylene, in a range of colors. Design Alessandro Busana for Pedrali. Hi-Cove is painstakingly worked to create images that reproduce the masterpieces of the past, works by chair with steel swivel base, seat covered in fabric. Design Ferruccio Laviani for Molteni&C. Rubens, Rembrandt, Van Gogh, Monet, Matisse, Delacroix and Cranach, just to name a few. After Star Trek chair in solid cherry or American walnut, seat and headrest in curved plywood, this phase, the artist photographs the image and prints it as a limited edition of copies using padded and covered with fabric or leather. Design Roberto Lazzeroni for Ceccotti. Moor swivel the Cibachrome technique. The photographs are the final work. This clearly mannerist process chair with fiberglass structure, padded seat covered in quilted leather. Design Philippe Starck achieves surprising accuracy. The photographs of the works made with chocolate syrup, in this for Driade. Beverly chair with internal steel structure and flexible polyurethane foam, covered sense, are particularly striking. Their original, poetic creativity generates nebulous imprints of in leather, with chromium-plated steel base. Design Mauro Lipparini for i 4 Mariani. Center, a reality that is even more real than the one we truly know. Muniz puts it this way: “Chocolate Karelia chair (reissue from 1966) with structure in polyurethane and removable eco-leather, is linked to many psychological states, desire, sex, dependency, luxury, romanticism, etc. I’ve Texiré, Stelvio fabric or leather cover. Design Lisii Beckmann for Zanotta. Stone lamp in moulded never met anyone who doesn’t like chocolate”. Waste Land is Vik Muniz’s latest project. This white polyethylene, energy saving bulb. Designed and produced by Slide. Left, Deusa da short film, done with the director Lucy Walker, has won many prizes and was nominated for Primavera, sculpture by Victor Brecheret. - Caption pag. 97 Fly table with brushed metal base an Academy Award as best documentary. The project was developed at Jardim Gramacho, and Canaletto walnut, natural/stained ash or marble top. Designed and produced by Flexform. the world’s biggest outdoor dump on the outskirts of Rio de Janeiro, where 25,000 people Air Can lamps with blown glass diffuser, coated with milk glass, structure in nickel-plated live every day, picking through mountains of garbage. The artist stimulated this population brushed metal. Design Christophe Pillet for AV Mazzega. Pasticca modular system of circular to express itself through art, documenting the work and the evolution of a group of men and elements in different diameters for various configurations, covered in removable fabric or women who were able to create a work from the refuse they gathered. “These people have leather. Design Piero Lissoni for Living Divani. Regina bergère with steel swivel base and never had any relationship with art, have never looked through an art book or heard a lecture hassock, padded and covered with zippered quilted fabric, polyurethane chassis. Design Paolo on Caravaggio, but they have a certain sense of aesthetics. Beauty is crucial for reproduction, Rizzatto for Poltrona Frau. In the background, Genius of Eternal Rest, sculpture by Auguste and it can be found anywhere”, Muniz says. Born in São Paulo, the economic center of Brazil, Rodin. Paulo Mendes da Rocha, born in 1928, winner of the Pritzker Prize in 2006, is an Vik has decided to live in Rio de Janeiro, the “cidade maravilhosa”, in an apartment next to the outstanding figure on the Brazilian scene. While Oscar Niemeyer embodies the vitality and beach of Ipanema. He took an active part in the design of his home. “I thought of it as a place sensuality of the Carioca nature, Mendes represents the other side of Brazilian culture, with to live. To spend most of my time, looking at as many images as possible, finding new ideas. roots in São Paulo, pursuing a more rigorous, essential modernism. With frequent use of I need to come home and free my mind, doing a sort of download. Here I look at the sea and exposed concrete, and daring structures, as in his most famous work, the Brazilian Sculpture the Cagarras islands, the best therapy in the world, my screensaver.” A fan of the Californian Museum built in São Paulo in 1988, like a gigantic beam spanning a space of over 60 meters. architecture of the 1960s (Neutra, Lautner), Vik is also very interested in design. So much so The building that contains the Pinacoteca do Estado, again in São Paulo, was opened in 1905 that he has decided to design a collection of furnishings called “mentirinha” (“fibs”): a dining and contained the high school “de Artes y Ofícios”. This was a private education association,
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Interni dicembre 2011 and at the time, to show the collection of 26 paintings by Brazilian artists from the 19th century, a single room on the third floor was sufficient. Almost one century later, in 1994, a heritage of over 8000 works imposed a radical rethinking of the building. Mendes da Rocha intervened as an architect, not a restorer, transforming the physiognomy of the old rooms and making the courtyards into large exhibition spaces. Inside and outside, he follows the same clear principle: the old brick walls are literally stripped and displayed with all their powerful materic character, in an operation similar to the one conducted by David Chipperfield for the Neues Museum in Berlin. A winning strategy honored in 2000 by the Mies Van der Rohe Prize for Latin America. The old building has thus been transformed into a fascinating setting, a loft of sturdy, worn bricks, where the 19th-century architecture loses its retro look and takes on the atmosphere of a salvaged ruin, a relic stripped down and reutilized “as found”. The new focal points of the exhibit itinerary, the courtyards, become internal patios covered with light skylights in glass and white steel. Staircases, suspended walkways and divider panels cross the spaces like sculptural inserts in Cor-ten steel. (Alessandro Rocca) - Caption pag. 99 On the facing page, Fork Floor, the adjustable floor lamp with fabric shade and metal stem. Design Diesel for Foscarini. Saville chair and hassock with solid curved and painted beech structure, seat padded and covered in removable fabric or leather, quilted cushions. Design Gordon Guillaumier for Minotti. One of the courtyards of the 19th-century building, transformed as exhibition space, covered by skylights in glass and white painted steel, crossed by Cor-ten walkways. Left, view of the Pinacoteca do Estado, restructured by Paulo Mendes da Rocha in 1993-98.
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Tropical New Wave p. 100 photos Andrés Otero/Luzphoto - text Paula Acosta Zanini de Zanine, Guto Indio da Costa, Bruno Temer, Leonardo Lattavo, Pedro Moog, Ricardo Graham Ferreira: six protagonists of new Carioca design, seen inside the Cidade das Artes designed by Christian de Portzamparc. The springtime of design in Rio de Janeiro. The title of the book by the Austrian writer Stefan Zweig, “Brazil, Land of the Future”, published 70 years ago, seems very prophetic. This is proven not just by positive economic statistics, but also by the spread of important, modern architectural and cultural projects in Rio de Janeiro. As the city prepares to host the World Cup of soccer in 2014 and the Olympics in 2016, brick by brick buildings are taking form, like the Museu do Amanhã by the Spanish architect Santiago Calatrava, the Museu de Arte do Rio (MAR) by the Brazilian Bernardes & Jacobsen Arquitetura, and the Museu da Imagem e do Som, by the American studio Diller Scofidio + Renfro. But inside this city ‘under construction’ lurks another ‘city’ now being completed. It is the Cidade das Artes, in the Barra da Tijuca district, slated for official opening in 2012. Created by the acclaimed French architect Christian de Portzamparc (also author of the Cité de la Musique in Paris) and financed by the City of Rio, this mega-space, over 90,000 square meters in a rapidly growing zone in the southwest of the city, has a concert hall with up to 1800 seats, and a chamber music theater for 500 listeners. The complex also includes 12 spaces for rehearsals, presentations and electroacoustic recording, and exhibitions, joined by a cinema, a bookstore, restaurants and cafes. Zanini de Zanine, 33. It’s hard to get away from the cliché: artistic offspring. Also because his name leaves little room for doubt. From his father – José Zanine Caldas, the famous self-taught designer, landscape expert and architect – he has inherited a talent for drawing and the culture of aware design. He gained work experience in the studio of Sergio Rodrigues, and in 2002 he took a degree in industrial design. He has won a number of national prizes, did his first solo show in 2009 at the Thomas Hayes Gallery of Los Angeles, and has shown work in New York, London, Saint Etienne and Milan. His production trademark is Doïz, though he also designs for other companies. The pluck of a tattooed surfer, Carioca through and through, who lives in close symbiosis with nature and the environment, also surfaces in his design, translating into a pop language. But experimentation with materials like salvaged wood, recyclable plastic, metals and concrete is another constant in his work, done in his studio near the waterfront in Rio de Janeiro. Guto Indio da Costa, 42. To think that his dream was to design only airplanes... it took just a few weeks of preparatory training in aeronautical engineering for him to realize that wasn’t his career path. When a friend invited him to attend some design lectures he understood it would be much more interesting to widen the field of action. So he steered his way over to the Art Center College of Design in the US and then to Switzerland, taking a degree in 1993. He has worked with Christopher Reitz, Wolfram Peters, Jacob Jensen, Angela Carvalho, and founded his own studio in Rio de Janeiro as part of the Indio da Costa AUDT group, in partnership with his father, the architect Luiz Eduardo Indio da Costa. The Spirit ceiling fan – almost 1 million units sold – is the result of his inventive verve. Like the Smarthydro transparent automated bathtub, both winners of the IF Design prize. After winning many honors he has moved from being a competitor to being a judge, for leading international design competitions like the Compasso d’Oro. Always with an eye on innovation, he recently designed the LED Aura chandelier, made with fiber optic membranes, hand embroidered by artisans of Minas Gerais, the state near Rio. His pride and joy is the Tex project, an alternative suspended vehicle designed to improve the traffic situation in big cities: a good example of the working of his high-speed imagination. Bruno Temer, 29. Together with his partners in the studio Fibra Design (Thiago Maia, 27, Pedro Themoteo, 28, and Bernardo Ferracioli, 29), he is part of a group of modern Charles Darwins, devoted to the study of the species of Brazilian flora, and bent on spreading the theory and practice of eco-design. A team that designs products that respect the environment, developing new materials starting with certified natural substances. Their experimentation in this field has led to BIOPlac, a ‘non-wood’ composite based on different botanical families bonded with vegetable glue, winner of the IF Material Awards 2008, leading to the Folha Seca skateboard (created in collaboration with Let’s Evo), a finalist in the Volvo Sports Design Awards that same year. Their research has also generated the organic bamboo laminate used for the Chico bicycle, and MateriaBrasil, an online archive of sustainable materials, done in partnership with Sistema Ambiental, soon to be activated. For them, the past is recent. Everything began in industrial design school at the State University of Rio de Janeiro ESDI, and took off fast with the opening of the studio in 2005: a constantly evolving collective project. Leonardo Lattavo and Pedro Moog, both 41. Their characteristic is identification of the particular traits of the Brazilian cultural-landscape-ethnic tradition, reinterpreted in the form of contemporary products. The tables made with azulejos or Portuguese stones are reminders of colonial imagery. The Viralata furnishings collection makes reference to the typical racial blend of Brazil: the products come from the combination of famous Brazilian and international pieces. They have also made objects as tributes to their city: the Ipanema and Copacabana chairs that replicate the promenades along the beaches, the São Cristóvão table whose form evokes the railings of suburban houses, like those of the district of the same name in Rio. The story of the duo is curious, like their creations. At first design was just a hobby, for both of them: Leonardo was working as an architect in London, Pedro had a
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INservice TRANSLATIONS / 125 visual communications studio. On vacations they would draw together. In 1999 and 2000 this led to the Knot sofa in foam and plastic, a project that remained suspended, without a precise goal. But then, in 2002, Interni published the Boa sofa by the Campana brothers on its cover: a mere coincidence, but it truly resembled their unknown creation. This became a stimulus, helping them to believe in their ideas and to found the Lattoog brand, a word made from another combination: that of their surnames. Ricardo Graham Ferreira, 37. The desire to become a cabinetmaker brought him to Italy in 2002; he studied design, woodworking and restoration in Milan, and then managed to gain access to workshops in Brianza, to learn from the master craftsmen there. Later he moved to France, and took a specialization course at the École Superiéure d’Ébénisterie in Avignon. Back in Brazil, in 2006 he began to invest in his own output, opening a workshop in the middle of the Foresta Atlantica, to make furniture and objects in fine ecologically certified tropical wood. He has a passion for interlocks and likes to show them off, because they give identity to his creations. He uses traditional carpentry techniques, reinterpreted with a modern, curious gaze, adding a contemporary touch to oneoffs and limited editions he shows in the atelier he has opened together with his fashion designer sister in the historical center of Rio. Acknowledgments: Secretariat of Culture of the Municipality of Rio de Janeiro – secretary Emilio Kalil and alderman Pedro Igor de Alcantara; Subsecretariat for Commerce and Services of the State of Rio de Janeiro – subsecretary Dulce Ângela Procópio de Carvalho. - Caption pag. 100 Above: view of the Cidade das Artes designed by Christian de Portzamparc, due to open at the start of 2012. Located in the Barra da Tijuca area of Rio, it is one of the major works of architecture that will update the profile of the city that hosts the soccer World Cup in 2014 and the Olympic Games in 2016. Furnishings designed and produced by Zanini de Zanine under the trademark Doïz. Above, the Trapezio chair in five types of salvaged tropical wood; facing page, the Beton stool in concrete and the Trez seat in carbon steel, finished with texturized electrostatic paint in four colors. - Caption pag. 102 The Arraia chair designed by Guto Indio da Costa for Saccaro, with a slender stainless steel structure and seat in handwoven natural fiber, and high-density foam cushions. - Caption pag. 103 To the side, Guto Indio da Costa and the Aura lamp he has designed for Iluminar. A perfect synthesis of high technology and crafts, made with LEDs and optical fibers embroidered by hand by a group of artisans from Minas Gerais. Below, view of the Cidade das Artes as it nears completion, with oblique columns and diagonal cuts, designed by Christian de Portzamparc. Bruno Temer of the Fibra Design studio, which together with Meu Móvel de Madeira and Instituto e has developed and designed the Celebrate Wood seat, in FSC-certified teak with cotton and jute cover. - Caption pag. 104 Below, view of the hall of the Cidade das Artes and the Temes chair, produced by Schuster and designed by Lattoog, combining two design icons: the 1940s chair by the Brazilian designer Joaquim Tenreiro, and ‘La Chaise’ by Charles and Ray Eames. Below, Leonardo Lattavo and Pedro Moog of the studio Lattoog. - Caption pag. 105 On this page: Ricardo Graham Ferreira with the Tropical credenza in solid wood with linseed oil finish, and the Rondine bench in Ipê wood, named for its swallow-tail interlocking structure.
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Design Brasileiro
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photos Ruy Teixeira If you are looking for high-quality Brazilian design, talk with the folks at Dpot. Why? We found out from Baba Vacaro, designer, art director of this brand and other Brazilian furniture brands. Interviewed for Interni with Sérgio Buchpiguel, founder of the company. He also explains the sense of his work to spread the word on local design culture. Interview with Sérgio Buchpiguel Is Brazilian design now in vogue? Brazil is in vogue in general, and today we are experiencing a moment of great opportunities, we can show our stuff all over the world. This happened before, in the 1950s and 1960s, when our architects and designers, trained on the ideas of the Modern Movement, gained the international spotlight, which then also focused on our lifestyle, our music, our culture. Those were the golden years that inspired the Mole chair (soft chair) by Sergio Rodrigues, a perfect symbol of the time. Was the idea of reliving that ‘bossa nova’ moment what prompted you to wager on Brazilian design? My family has been working on furniture distribution for almost 40 years. When I got involved, Brazil was going through a moment of revitalization of the national furniture industry after a negative phase, caused by the political and economic openings of the late 1980s, when our country was invaded by a wave of imports. We understood that we had the chance to position ourselves precisely in this specific niche, that of 100% Brazilian furniture. This happened over ten years ago. At the time, many people thought we were nuts. Why? Because our market was still very attracted by foreign goods; imports were seen as better, and Brazilian designers, with few exceptions, were not widely esteemed. What does Dpot offer now? We have a mature collection that is quite representative of Brazilian design in its evolution over time. We have over 50 designers and 300 products, historic and contemporary, many of which have also won honors abroad. These products, from my viewpoint, interpret the Brazilian way of living: they are pieces of furniture that combine the practical comfort of modern life with the emotional comfort conveyed by the forms, fabrics and materials of Brazilian design. I can say, without hesitation, that Dpot is a reference point for people in search of quality Brazilian design. And precisely because we are a reference point, our task is also to encourage our designers to create, without restrictions. I believe this can help to further open the borders of our market. What is the company’s strategy to achieve all this? From the outset we have focused entirely on launching the products of Sergio Rodrigues, reissued at the start of the 2000s. Today it might seem incredible, but Sergio’s products were not known to a wide audience, and we are proud of the fact that we were the first to put them on the market. At the beginning sales were slow, but the situation has changed completely today. At the same time, we have made room for young designers who are still unfamiliar to the general public. (Baba Vacaro) Interview with Baba Vacaro Is it possible to talk about a Brazilian soul of the home? The products that express the Brazilian soul transmit an idea of a pleasant life, an authentic way of living, in total harmony with the new necessities and models of behavior of the market, based on differentiation and identity. What is the relationship between Dpot and design? Dpot has established itself on the market as the brand of high-quality Brazilian design. The firm has focused entirely on design for over ten years. When I became the creative director of Dpot, we were guided by the desire to offer a collection that would represent the history
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126 / INservice TRANSLATIONS of Brazilian furniture, outside of museums, bringing it to the market and, as a result, into the lives of people. Over the last six years we have concentrated on the reissuing of historic pieces, and the creation of original furniture. This has nothing to do with nostalgia and xenophobia. Looking at our repertory and analyzing it, we want to interpret the things in a modern way. So…We look for products that express the Brazilian soul, language and way of living, and every product should offer the best synthesis of form, function and emotion, an aspect that takes on greater importance in contemporary design. What are your short-term programs? Today our way of working goes beyond products. We have tried to bolster Brazilian design on our market, through a range of different initiatives. One of the most recent was the co-production of a television series, Casa Brasileira, that talks about architecture and lifestyle from the viewpoint of the most important architects and designers in our country. - Caption pag. 107 1. Chifruda chair, the rarest and most spectacular piece created by Sergio Rodrigues, in 1962, reissued by Dpot as a numbered limited edition. 2. Graves table designed by Estudiobola and made with original azulejos by the artist Athos Bulcão; Xibô lamp by Sergio Rodrigues. 3. De Balanço rocking chair, one of the best-known pieces by the architect Oscar Niemeyer, created in 1977. 4. Installation made with the Manos multiples, based on the idea of combining art and design. The latest project presented by Dpot, created by Heleno Bernardi. On the facing page: the 3 Apoios chair, an original design by John Graz, 1960s. Reissued in 2005. - Caption pag. 108 1. The Mole chair, one of the most representative pieces by Sergio Rodrigues, created in 1957. 2. The Dominó bench, designed by Cláudia Moreira Salles for the Imaginários Dpot exhibition, 2010. 3. Guaimbê cabinet, designed by Paulo Alves; Paulistano chair, designed by Paulo Mendes da Rocha, 1957, reissued in 2004. 4. Bianca cabinet, designed by Sergio Rodrigues, 1993, reissued in 2005; Pinhão bench in recycled hand-crafted cardboard, design Domingos Tótora. On the facing page, from left: Frei Egidio folding chair, designed by Lina Bo Bardi, Marcelo Suzuki and Marcelo Ferraz, 1987; GB chair, reissue of the first chair created by Geraldo de Barros in 1954; Zanine I chair, designed by Zanine Caldas, 1948, reissued in 2009.
Step by step
p. 110 text Francesco Morace
The story of Grendene and its production of plastic footwear is closely linked to the history of the family from Vicenza that reached Farroupilha, in Brazil, at the start of the 1970s. Now, after various cycles, they are getting ready to approach the challenge of sustainability. When we talk about Brazil we often think of a compact country, gathered around big stereotypes that make the place appealing all over the world: the beaches of Rio, the rainbow mixture of races that has produced Carnival, Samba, Bossa Nova. More refined observers also know about Candomblé, or the novels of Amado. But the reality is obviously more complex: Brazil has the variety and scope of an entire continent. Few people, for example, know about the deep South, which corresponds to a socio-cultural stratification linked to German culture and, where Italy is concerned, to Venetian communities that came here in the period of the second wave of immigration, after the desperate, more impoverished migration of the early 1900s, that reached New York and Buenos Aires. An Italy that was already productive and industrious, that in the 1960s and 1970s, from the tanneries of Valle di Chiampo, near Vicenza, set off for similar but more open territories, looking for a bigger future than Italy seemed able to offer. So we reach Farroupilha, about 100 km west of Porto Alegre, a landscape of foggy hills not so different from the Colli Berici of Vicenza, the former home of the Grendene family which in a few decades, starting in 1971, created first a packaging factory, then moved toward the production of plastic accessories, which involved the designing of dies and moulds, leading to the creation of new product families and typologies. Once again, we can observe the virtuous relationship between the craftsman’s passion for a unique, well-made product and production with industrial machinery that is equally unique and innovative, permitting the creation of products in plastic, in pursuit of the utopia of a radical modernization of the country through the magic of a material that speaks of the future. In the 1980s Grendene made another innovative leap forward – always guided by applied creativity – making it the most advanced factory of ‘injected’ footwear in the world: for the first time, plastic was used to produce monomateric footwear. Its features of functional quality, hygiene and easy cleaning soon made it an irresistible market success – sustained by an unbeatable price-quality ratio – in a period difficult transition of Brazil from an underdeveloped nation governed by a military regime to an emerging country capable of constructing its future with its own extraordinary natural and human resources. It is here that design thinking – at the start of the new millennium – supplies material and knowledge for this final leap, an innovative feat of athletic prowess that now takes the form of the regeneration and worldwide success of the Grendene Group. In particular, the company is thriving on the success of Melissa, a brand guided by Edson Matsuo – an enlightened designer who for more than a decade has been at the helm of the R+D division of Grendene, and directs its in-house design center – that has literally revolutionized the idea of plastic footwear as a mere low-cost product for everyday use. Melissa, in fact, like Alessi in Italy at the end of the 1980s, has launched an unlimited series of collaborations with Brazilian and international designers (from the Campana brothers to Zaha Hadid), to create, produce and sell a highly innovative family of footwear products, starting with the plastic matrix to experiment with forms, structures, colors and even odors (the Melissa collection, in fact, has a unique smell that has become a sort of trademark), corresponding to the tenets of Quick & Deep, of creative quality in the everyday dimension, of spontaneous personalization of dress through the use of accessories. This entire creative and productive effort has been on display for a decade in the first concept store born in Brazil, on the street of fashion and innovation, Rua Oscar Freire in São Paulo: Galleria Melissa. But the story doesn’t end here. It even seems to be headed for a new beginning. The latest challenge faced by the company, with great expenditure of resources and research, has to do with a third passage, after those of productive innovation and design thinking: the challenge of sustainability. In the case of Grendene and its brands (besides Melissa, the front line brand on the women’s market, and Ipanema, which with the collaboration of Osklen has found a new path for the creation and production of flip-flops with a strong Rio character, we should also mention Rider, Grendha, Ilhabela and Grendene Kids) sustainability corresponds to the entire life cycle of products, most of which are made with just one material. Along the lines of the new Crucial & Correct paradigm, the story of Grendene and its plastic jelly footwear seems to be renewing its message, first in Brazil and then in the world. - Caption pag. 111 Moments of production in the Grendene plant at Farroupilha, in Southern Brazil. This is the world’s most advanced factory for the ‘injection’ production of plastic footwear. Photo Cicero Rodrigues. - Caption pag. 112 Melissa, the leading brand on the women’s market of the Grendene Group, has been working with many international designer for over a decade. The creative and productive results are periodically displayed at the concept store on Rua Oscar Freire in São Paulo. On this page: the Galleria Melissa installation designed in 2008 by Zaha
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Hadid. Photo courtesy of Melissa. - Caption pag. 113 The window of Galleria Melissa and the Corallo flats (in the gold/copper version, by the Campana brothers, 2007). The perfumed plastic shoes designed for Melissa by Gaetano Pesce in 2010 (center), Karim Rashid in 2009 (upper right) and Zaha Hadid in 2008 (below).
Future Maker
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photos Oskar Metsavaht text Francesco Morace The creative dynamics of Osklen, the sportswear brand of super-natural style. Founded by the Brazilian designer Oskar Metsavaht, known for his ability to mix poetry and sports, experimenting with new materials in the name of sustainability, the brand has a production philosophy that translates into a mission. The story of Osklen, with its identity and international credibility, comes from the brand’s capacity to propose, in a spontaneous, sophisticated way, a world of vitality and energy that has been extended in just a few years from the dimension of sports – including the first model of technical-sports jacket using advanced materials – to the active dimension, or an adventure that also takes an original approach to urban experience. Since 1989, the year of its debut, Osklen has established its market position thanks to a unique vision based on scientific experimentation, and knowledge based on expertise – in the field of sports medicine, thanks to the founder Oskar Metsavaht, a mountain climbing enthusiast – that works on subtle balances between health and style, aesthetics and ethics, natural environment and personal energy. Behind these creative dynamics, we find an original ability to organize, in a sustainable way, promotion, commerce, communications and distribution, as well as the more precisely cultural and ideal aspects of the process, leading to the birth of the E-Institute that for several years now has been part of the productive philosophy, vision and mission of Osklen. Oskar Metsavaht, in fact, is recognized by the international community as one of the most advanced protagonists of the paradigm of sustainability, bringing an ideal dimension of “new luxury” to the market. The WWF, in fact, has named him a Future Maker. The evidence is there in the sustainable development of materials – always a trademark of Osklen creativity – like the famous e-fabrics the company has launched in partnership with institutions and research centers, in its search for textiles and materials developed with socio-environmental criteria. Besides the projects and products that are distributed and purchased all over the world now (62 shops in the major fashion capitals, from Tokyo to New York to Milan and Rome), the most interesting part of Oskar’s work is the totally Brazilian ability to harmoniously reconcile ethics and aesthetics, to capture the dynamism of rapidly growing cities like São Paulo or Rio de Janeiro, and the exuberance of Brazilian nature. At the center of this perceptive vision of reconciliation between nature and culture, biology and modernity, we find a very original conception of the body, its beauty and its care. In order to trace back to the roots of this phenomenon, we can think about the women of indigenous peoples, with their focus on cleanliness and hygiene, and extreme attention to physical appearance. It comes naturally to compare this with the cult of beauty of ancient Greece, or with Japan, cultures that share Brazil’s pagan and polytheist aspects. This physical, bodily element is not just conceptual, and it belongs not so much to the history of Brazil as to its geography: not a concept but a vital behavior, a spontaneous energy to which Oskar refers directly when he says “my creative process begins with a scene, a story, a style I have desired or experienced. Starting with this, I create the mood, the atmosphere, the look, the attitude of my collections”. This reference to direct experience arriving from the vital reality of people and the biological scenario that surrounds us seems to set the direction not only for the work of Osklen, but also for the whole Brazilian New Wave. A regenerated “Bossa Nova” we also find in the design of Fashion Week, the work of the Campana brothers, the music of Maria Gadù, in cinema and the arts general, where Oskar Metsavaht operates as a multidisciplinary creator, interacting with the world of audiovisuals, interior design, art and music. Talking about his own poetics and creative techniques, Oskar says: “Very often I think of the communications campaign before the collection. Perhaps because I love doing the art direction of the photography. I create the atmosphere of the story and do my own shoot, through which I can share the scene I imagined at the start of the process. The clothes are designed to be the ‘costumes’ of my film, and it is possible to look at each detail of the collection. In the end, I am satisfied only when the elements proposed for each garment, the colors, fabrics and silhouettes, are worn by the characters of the film I have created”. This procedure, in keeping with the logic of the total artist, indicates the same attitude, in this particular historical moment, that enlivened the Brazilian Modern Movement as it fed on the Tropicalist poetics. Here what emerges is an experience of disorientation and suspension triggered by contact with tropical nature, which certain Brazilian poets and writers have captured very well, placing Brazilian literature on the same level as European modern literature. For example, Carlo Drummond de Andrade writes “only the contemplation / of an enormous and still world”. Or Clarice Lispector: “a grand, quiet moment with nothing inside it”. This cosmic sensation is not alienation, but a typical appropriation of the Brazilian Way, not far from the ‘oikeiosis’ spoken of by the ancient Stoic philosophers, precisely in reference to the relationship between human beings and the natural world. This experience has little to do with the sentiment of solitude and nostalgia for the past typical of Portuguese culture: the word ‘suavidade’ is perhaps the most pertinent to describe Brazilian Tropicalism. Sweetness has the same root as persuasion: but the task here is not to convince or to communicate an idea. Sweetness of this sort is something that can be expressed only through poetry, which not coincidentally is one of the best parts of Brazilian culture. In human relations, in the definition of rapports and situations, sweetness emerges clearly and continuously, determining (for example) the experience of Brazil for foreigners. The same sensibility seems to emerge in the work and the shops of Osklen: hard to define, but easy to recognize when you encounter it. - Caption pag. 115 Photo shoot by Oskar Metsavaht at Ipanema Beach. These shots are part of an exhibition by Metsavaht at Art Basel in Miami (1-4 December 2011). Facing page: a photo from the Osklen Spring Summer 2012 fashion show.
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Interni dicembre 2011 A.V. MAZZEGA srl Via Vivarini 3/b 30141 MURANO VE Tel. 0412737300 - Fax 0412737320 www.avmazzega.com avmazzega@avmazzega.com ALESSI spa Via Privata Alessi 6 28887 CRUSINALLO DI OMEGNA VB Tel. 0323868611 - Fax 0323868804 www.alessi.com, info@alessi.com ALIVAR srl Via Leonardo da Vinci 118/14 50028 TAVARNELLE VAL DI PESA FI Tel. 0558070115 - Fax 0558070127 www.alivar.com, alivar@alivar.com ARIA JOALHEIROS Tel. +551130512395 www.ariajoalheiros.com.br ariajoalheiros@uol.com.br ARTEMIDE spa Via Bergamo 18 20010 PREGNANA MILANESE MI Tel. 02935181 - Fax 0293590254 nr verde 800 834093 www.artemide.com, info@artemide.com ATRIUM Al. Gabriel Monteiro da Silva, 642 (650) BRA 01442-000 SAO PAULO Tel. +551130613885 Fax +551130646754 atrium@gruppoatrium.com.br B&B ITALIA spa S. Provinciale 32 15 22060 NOVEDRATE CO Tel. 031795111 - Fax 031791592 www.bebitalia.com, info@bebitalia.com BOFFI spa Via Oberdan 70 20823 LENTATE SUL SEVESO MB Tel. 03625341 - Fax 0362565077 www.boffi.com, boffimarket@boffi.com BONALDO spa Via Straelle 3 35010 VILLANOVA DI CAMPOSANPIERO PD Tel. 0499299011 - Fax 0499299000 www.bonaldo.it, bonaldo@bonaldo.it CASAMANIA Via Ferret 11/9 31020 VIDOR TV Tel. 04236753 Fax 0423819640 www.casamania.it casamania@casamania.it CASAMATRIZ Alameda Gabriel Monteiro da Silva 683 BRA São Paulo - SP Tel. +55 11 3064 6050 www.casamatriz.com.br info@casamatriz.com.br CASSINA spa POLTRONA FRAU GROUP Via Busnelli 1 20821 MEDA MB Tel. 03623721- Fax 0362 342246-340959 www.cassina.com, www.cassina-ixc.jp info@cassina.it CASUAL EXTERIORES R. Eng. Oscar Americano, 999 BRA 05673-050 – Cidade Jardim – SP Tel. +55 11 3815 0632 Fax +5511 3031 8951 www.casualmoveis.com.br CECCOTTI COLLEZIONI srl V.le Sicilia 4/a 56021 CASCINA PI Tel. 050701955 - Fax 050703970 www.ceccotticollezioni.it info@ceccotticollezioni.it CERRUTI BALERI BALERI ITALIA spa Via F. Cavallotti 8 20122 MILANO Tel. 0276023954 - Fax 0276023738 www.cerrutibaleri.com info@cerrutibaleri.com press@cerrutibaleri.com DOïZ DESIGN www.doizdesign.com.br DPOT Tel. +551130829513 - Fax +551130860692 www.dpot.com.br - dpotded@dpot.com.br
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Nell’immagine: una vista dell’ ordos art and city museum a ordos, mongolia, cina, recente progetto dello studio cinese mad architects. in the image: In the image: view of the Ordos Art and City Museum in Ordos, Mongolia, China, a recent project of the Chinese studio Mad Architects. (FOTO DI/phOTO BY iwan baan)
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