IL MaGazine DeL DesiGn N. 59 – 9 APRILE 2010 NUMERO sPeciaLe PER I LeTTorI DI
NEws Milano Ad Aprile si veSTE DI desIGn GIovanI DesIGneR i taLEnti CHE ce L’Hanno faTTA TreND MooD LIvinG, BAgno E CUciNA
THinK TaNK VIsioNI PRogETTI OggeTTI
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GLAM? J’AIME! SPAZI D’AUTORE, DALLA CASA AI PROFUMI
sostenibilità
ECO CHIC. ATELIER DEL RICICLO: SÌ ALL’USATO, MA D’AUTORE
interattività
DIGITAL ART. BYTES D’ARTISTA PER I NUOVI SHOWROOM
22
maestri
24
architetture
26 69
i nuovi luoghi di milano fashion & design
28 30 32
PASSIONE VINTAGE. AUTORI NOSTRANI E D’OLTREOCEANO STRADE DA VIVERE. SUITE D’ALBERGO ON THE ROAD
opening
NON CHIAMATELI MUSEI. ARTE E MODA A MILANO
la via top
LE NEW ENTRY NELLA STRADA DEL DESIGN
kitchen & food
IL NUOVO TRA I FORNELLI. ALL’INSEGNA DEL BENESSERE
emergenti
IL GIGANTE SCONOSCIUTO. GIOVANI PROMESSE POLACCHE
appuntINterNIPANorama 98
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attualità
41
architettura 1
44 46 51 58 60 65 69 124
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76 78 80
PER UNA STANZA IN PIÙ. IL PIANO CASA, ISTRUZIONI PER L’USO L’AVANGUARDIA SOSTENIBILE.
architettura 2
CHE CURVE! LA DOPPIA PELLE DI PALAZZO LOMBARDIA
tendenze
LEGNO LOW-TECH. SPERIMENTALE, INDUSTRIALE, ARTIGIANALE
aziende green
ESTETICHE ETICHE. IMPRESE E PROGETTI ECO
folies
DESIGN A FORMA DI ANIMALE
open air
RITORNO IN SELLA. LE NUOVE BICI ALL’INSEGNA DEL GLAMOUR
minimalismo bizzarro NOVITÀ DAL MONDO
avanguardie
LA LORO PRIMA VOLTA. PROGETTI DI INDUSTRIAL DESIGN
giardini & terrazze
MARAMAO ERA NELL’ORTO. MEGLIO UNA PATATA DI UNA ROSA
installazioni
L’ARTE DI STUPIRE. DESIGN DI ROTTURA DA ASSAB ONE, MILANO
movie
MILANO E IL CINEMA. PER SILVIO SOLDINI UNA CITTÀ DIFFICILE
IdeeINterNIPANorama 84 92
panorama dei trend
A CIASCUNO IL SUO (DIVANO). SETTE MODI DI ABITARE IL SOFÀ
panorama degli interni
IL CIELO IN UNA STANZA. UNA CASA DAL TRATTO SOFISTICATO DOMINATA DALLA LUCE. PROGETTO CLAUDIO LA VIOLA 98 MINIMALE DOMESTICO. L’ABITAZIONE PRIVATA DI CLAUDIO SILVESTRIN DOVE IL DECORO È DELITTO 104 QUINTE + COLORE. L’ATTICO DI PAOLO CAPUTO, L’AUTORE DI PALAZZO LOMBARDIA, GIOCA SUL RAPPORTO TRA CLASSICO E MODERNO
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GLAM? J’AIME! SPAZI D’AUTORE, DALLA CASA AI PROFUMI
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ECO CHIC. ATELIER DEL RICICLO: SÌ ALL’USATO, MA D’AUTORE
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DIGITAL ART. BYTES D’ARTISTA PER I NUOVI SHOWROOM
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i nuovi luoghi di milano fashion & design
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PASSIONE VINTAGE. AUTORI NOSTRANI E D’OLTREOCEANO STRADE DA VIVERE. SUITE D’ALBERGO ON THE ROAD
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NON CHIAMATELI MUSEI. ARTE E MODA A MILANO
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IL NUOVO TRA I FORNELLI. ALL’INSEGNA DEL BENESSERE
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IL GIGANTE SCONOSCIUTO. GIOVANI PROMESSE POLACCHE
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ESTETICHE ETICHE. IMPRESE E PROGETTI ECO
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MILANO E IL CINEMA. PER SILVIO SOLDINI UNA CITTÀ DIFFICILE
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panorama dei trend
A CIASCUNO IL SUO (DIVANO). SETTE MODI DI ABITARE IL SOFÀ
panorama degli interni
IL CIELO IN UNA STANZA. UNA CASA DAL TRATTO SOFISTICATO DOMINATA DALLA LUCE. PROGETTO CLAUDIO LA VIOLA 98 MINIMALE DOMESTICO. L’ABITAZIONE PRIVATA DI CLAUDIO SILVESTRIN DOVE IL DECORO È DELITTO 104 QUINTE + COLORE. L’ATTICO DI PAOLO CAPUTO, L’AUTORE DI PALAZZO LOMBARDIA, GIOCA SUL RAPPORTO TRA CLASSICO E MODERNO
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panorama degli arredi
FERZAN OZPETEK. LA TAVOLA È GIOIA. NOUVELLES CUISINES. PROGETTI CHE FANNO STILE CUOCERE SENZA CALORE AMBIENTE RELAX. LA STANZA DA BAGNO
coverstory
IL NUOVO LUSSO A EMISSIONI ZERO. L’AD ANDREA BORAGNO RACCONTA IL PROGETTO DI SOSTENIBILITÀ DI ALCANTARA
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wine and food
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showroom
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CUORE DI VITE. CINQUE IMPRENDITORI DI VINO MOLTO CREATIVI LA CUCINA AL CENTRO. NUOVA LOCATION DI SNAIDERO A MILANO
profili 1
STILE CLASSICO. VISIONNAIRE, UN BRAND PER IL LUSSO
benessere
GREEN WELLNESS. IL FENOMENO SPA AL FUORISALONE
progetti eco
UN POSTO AL SOLE. LA NUOVA SEDE DI 3M ITALIA
profili 2
TIRO IN PORTA. IL GRUPPO GAROFOLI SI RACCONTA
opening
RESTYLING ITALIANO. LA RINASCENTE INAUGURA A PALERMO
evento
THINK TANK. LA NUOVE MOSTRA DI INTERNI ALLA STATALE
wireless
GLI EVENTI DI INTERNI SCARICABILI SULL’IPHONE
INservice
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indirizzi
DIRETTORE RESPONSABILE GILDA BOJARDI bojardi@mondadori.it ART-DIRECTOR Christoph Radl christoph.radl@radl.it CAPOREDATTORE CENTRALE Simonetta Fiorio simonetta.fiorio@mondadori.it
IN COPERTINA. UNA ZEBRA RIVESTITA IN ALCANTARA. IL FAMOSO MATERIALE È PROTAGONISTA DELLA COVER STORY DI QUESTO NUMERO E HA, COME TESTIMONIAL, IL SUO AD, ANDREA BORAGNO, CHE CI RACCONTA LA VOCAZIONE GREEN DELL’AZIENDA. COLLEZIONE ALCANTARA GOFFRATO. FOTO DI MARTIN BARRAUD/ GETTY IMAGES.
A CURA DI Patrizia Catalano (attualità e rubriche) interniv@mondadori.it Tersilla F. Giacobone (architettura di interni e design) internig@mondadori.it HANNO COLLABORATO Olivia Cremascoli Antonella Galli Michelangelo Giombini Alma Mari Cristina Morozzi Andrea Pirruccio Alessandro Rocca Paola Romagnoli Giuditta Sironi Rosa Tessa Laura Traldi Matteo Vercelloni GRAFICA Elena Mariani internie@mondadori.it Elena Michelini
IL PROSSIMO
INteRni MaGazine DeL DesiGn USCIRÀ IL GIORNO 24 SeTTemBre 2010
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FOTO Claus Bach Martin Barrau/Getty Images Stéphane Chalmeau Anton Grassl Verena Herzog-Loibl Piero Mollica Frank Motz Pietro Savorelli Michal Seba Jefferso Smith/Media 1 Henry Thoreau Emanuele Zamponi SEGRETERIA DI REDAZIONE Barbara Barbieri Alessandra Fossati Ada Uboldi
NUMERO SPECIALE DI
PER I LETTORI DI ANNO 14° N. 59 ALLEGATO A PANORAMA N. 16 DEL 9 APRILE 2010
ARNOLDO MONDADORI EDITORE 20090 SEGRATE-MILANO INTERNI La rivista dell’arredamento via D. Trentacoste 7 20134 Milano tel. 02.215631- 20 linee r.a. telefax 02.26410847 www.mondadori.com/interni www. internimagazine.it Pubblicità Mondadori Pubblicità 20090 Segrate - Milano Tel. +39 02 7542 2203 Fax +39 02 7542 3641 Coordinamento Silvia Bianchi silvia.bianchi@mondadori.it www.mondadoripubblicità.com Stampato da Mondadori Printing S.p.A., via Luigi e Pietro Pozzoni 11 Cisano Bergamasco (Bergamo) Stabilimento di Verona marzo 2010 © Copyright 2010 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.- Milano Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati. Manoscritti e foto anche se non pubblicati non si restituiscono
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MIlano A 360
°
APRILE IN città. MOSTRE, installazioni, nuove aperture, SPAZI culturali. UNA PANORAMICA SULLA CAPITALE del design. E non solo DI QUELLO.
UNA DELLE QUATTRO SUITE PROGETTATE DA SIMONE MICHELI PER IL PROGETTO DI ALESSANDRO ROSSO TOWN@HOUSE STREET. SPAZI DISMESSI VENGONO TRASFORMATI IN STANZE D’ALBERGO DI LUSSO.
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FASHION & DESIGN
Irresistibile. COME ALTRO DEFINIRE la moda d’autore, CHE seduce CON IL FASCINO DI CHI OSA E SA DI POTERLO FARE? PER UN tuffo IN QUESTO magico mondo ECCO TRE LUOGHI da non perdere.
Milano capitale del design. E della moda. Un binomio che piace a giudicare dal successo di marchi come Missoni Home e FendiCasa: entrambi aprono infatti un nuovo showroom (rispettivamente in viale Elvezia e in via Durini). Il glamour, insomma tiene e, anzi, non esita ad abbandonarsi alla grandeur. Come quella, declinata in toni fantastici e surreali, della Maison Moschino che più che un albergo è una casa delle meraviglie raccontata attraverso i codici del linguaggio della moda. O quella del nuovo Olfattorio in via Brera, un vero e proprio bar à parfums dove è possibile degustare oltre 200 fragranze in speciali coppette di carta che sostituiscono le classiche mouillettes.
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GLam ? j’AImE!
di Laura Traldi e Antonella Galli e
IN ALTO, IL BAR À PARFUMS OLFATTORIO, IN VIA BRERA 23 (WWW.OLFATTORIO.IT). SOPRA. SI DORME TASSATIVAMENTE IN ABITO DA SERA (APPOGGIANDOSI A GUANCIALI CHE SEMBRANO TORTE) ALLA MAISON MOSCHINO IN VIALE MONTE GRAPPA 12 (WWW. MAISONMOSCHINO.COM), A LATO, IL NUOVO SHOWROOM DI MISSONI HOME IN VIALE ELVEZIA 22 (WWW.MISSONIHOME.IT).
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SOSTENIBILITÀ
Eco CHic Benvenuti nell’era dell’edonismo sostenibile. Ai milanesi, infatti, l’ecologia piace ma guai a professarla in mancanza di stile. Cade quindi a fagiolo, e atterra in quel covo di rigattieri e antiquari che sono i Navigli, il primo EcoConceptStore della città: una swap boutique di abiti di seconda mano (tutti firmati!) con library lounge, showroom di arte e design e uno spazio per le mostre. Gli organizzatori di Atelier del Riciclo promettono una stagione di intensa attività. Sempre in zona, cioè nello studio della designer polacca Dorota Koziara, l’artista Alice Visin ha invece dato vita a un giardino di carta utilizzando vecchi libri destinati al macero: un’installazione che celebra il lancio di un concorso che invita i giovani a presentare progetti di design realizzati proprio con questo materiale. Che la poetica del riuso ormai faccia tendenza lo si deduce anche da quanto accade in centro: il nuovo spazio SkillArt in via Turati festeggia infatti l’apertura con mobili dal “tranquillo splender d’opaco”, realizzati con pezzi recuperati in discarica da Robi Rienzi.
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di Tegan Rowley
SOPRA, A SINISTRA. ROSE IN CARTA DI ALICE VISIN ALLA MOSTRA-CONCORSO REBOOK, PRESSO LO STUDIO DI DOROTA KOZIARA IN ALZAIA NAVIGLIO GRANDE 42. ACCANTO, IL GIARDINO DELL’ECO CONCEPTSTORE IN VIA CASALE 3/A IN ZONA PORTA GENOVA (WWW.ATELIERDELRICICLO.IT.) SOTTO. UN MOBILE-STUDIO-BAR DI ROBI RIENZI: DA SKILLART IN VIA TURATI 6, ( WWW.SKILLART.NET).
CACCIA AL pezzo unico. DALLA moda AL design, INIZIA LA stagione dell’usato d’autore, ALL’INSEGNA DI UN consumo ATTENTO ED ECOLOGICO. ECCO I NUOVI SPAZI DOVE È lecito LASCIARSI ANDARE, SENZA FAR soffrire IL portafoglio O L’AMBIENTE.
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INTERATTIVITÀ
DIGital ArT
di Ester Giarolli
IL NIKE STADIUM DI MILANO, ALLESTITO DALLA COLLETTIVA DI ARTISTI ITALIANI E SOTTO, UN’ALTRA INSTALLAZIONE DEGLI ARTISTI, REALIZZATA IN SVIZZERA. FONDAZIONE MAZZOTTA, FORO BONAPARTE 50 (WWW.NIKE.COM). DUE ALLESTIMENTI DEL NUOVO SHOWROOM DI MOSAICO DIGITALE, VIA SETTALA 19 (WWW.MOSAICODIGITALE.IT).
LA creatività DEL NUOVO MILLENNIO? È tutta A pixel. SBARCANO A MILANO GLI artisti DELL’ERA digitale. DOVE TROVARLI PER CARICARSI DI ADRENALINA.
Tre piramidi che cambiano colore a seconda dell’evento che ospitano, sia esso una performance, uno spettacolo, una proiezione o una semplice festa con musica a tutto volume. Succede in Foro Bonaparte al nuovo Nike Stadium: in contemporanea con Parigi, Berlino, Londra, Tokyo e New York, il brand dello swoosh ha infatti deciso di regalare anche a Milano questo spazio tutto dedicato alla creatività, interpretato dalla collettiva di artisti Super (Patrick Tuttofuoco, Riccardo Previdi e Massimiliano Buvoli). Uno spazio dove l’arte la fa da padrona, certo, ma dove anche i serial shopper non saranno delusi, grazie alla presenza di uno store dove si troverà il meglio della produzione di Nike. Parla in bits e bytes anche l’arte musiva del nuovo millennio che sarà possibile ammirare al nuovo showroom di Mosaico Digitale di Pepe&Con Srl: uno spazio di 130 metri quadrati dove, oltre ai mosaici on-demand (realizzati da immagini scelte dal committente), ci saranno Mosaici Sonori e Radianti nati per occultare impianti stereo e riscaldamento.
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MAESTRI Buone notizie per i cultori del vintage. Dopo un imponente lavoro di ristrutturazione da parte dell’ex collaboratore Paolo Imperatori, lo studio di Vico Magistretti si è trasformato in una Fondazione ed ha aperto lo scorso marzo i battenti al pubblico. Una vera e propria mecca per i cultori del design d’autore. Grazie a un percorso figurato ed interattivo, fatto di modelli architettonici e prodotti ma anche presentazioni digitali e proiezioni, documenti, disegni e fotografie, il pensare progettuale di Magistretti viene riportato alla luce in modo chiaro ed esaustivo senza però perdere nulla della sua originale carica innovativa e sperimentale. E se guardare ma non toccare (e men che meno acquistare!) sono le parole d’ordine alla Fondazione, a coloro che non vogliono rinunciare a un pezzo vintage d’autore in casa si consiglia un salto alla mostra Brasilian Modern allo Spazio Miticoro,
UNA FONDAZIONE, DEDICATA A Vico Magistretti, testimone DELL’ITALIAN DESIGN. E UNA GALLERIA, CHE ACCOGLIE una collettiva D’OLTREOCEANO. PER CELEBRARE LA creatività di grandi autori. di Tegan Rowley
PAssIOne vInTAGE
in corso di Porta Romana a Milano. A inaugurarla, durante il FuoriSalone, ci sarà Sergio Rodrigues e tutti i pezzi (tra cui ci sono rarità di Joaquim Tenreiro e Giuseppe Scapinelli) saranno in vendita a mostra conclusa contattando le curatrici.
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QUI SOPRA, LA SALA RIUNIONI ALLA FONDAZIONE VICO MAGISTRETTI: SULLO SFONDO ALCUNI DEI MODELLI DI ARCHITETTURA DEL MAESTRO. IN ALTO. IL LOGO DELLA FONDAZIONE IN VIA CONSERVATORIO 20. (WWW.VICOMAGISTRETTI.IT).
LO SPAZIO MITICORO IN CORSO DI PORTA ROMANA 118 DOVE AVRÀ LUOGO, DURANTE IL FUORISALONE, LA MOSTRA BRAZILIAN MODERN, CON ARREDI D’EPOCA DI SERGIO RODRIGUES, JOAQUIM TENREIRO E GIUSEPPE SCAPINELLI (WWW.MONIKAUNGER.IT WWW.FERRARA-PALLADINO.IT).
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ARCHITETTURE L’ultima trovata in tema di ospitalità è targata Alessandro Rosso. L’imprenditore guru dell’hotellerie, insieme all’architetto Simone Micheli, ha infatti ideato le camere d’albero di lusso on the road. Collocate in negozi o spazi dismessi (ma tirati opportunamente a lucido) le suite ad alto tasso di design daranno infatti letteralmente sulla strada e, grazie a speciali pellicole, l’ospite potrà usufruire di una finestra sulla città e osservarne le attività senza però esserne visto. Un’idea che coniuga knowhow alberghiero e creatività e che ha mandato in visibilio il Comune di Milano che l’ha patrocinata. Per chi vuole provare l’ebbrezza del concept in anteprima
MILANO SI veste DI NUOVO CON LE camere d’albergo on the road E CON UNA mega struttura IN PORTA VOLTA FIRMATA DALLE archistar Herzog & DE Meuron.
STraDE Da VIveRE
di Ester Giarolli
sulle vere e proprie realizzazioni a Milano ma anche nel mondo) basta un visita in via Goldoni 33 durante il FuoriSalone oppure sul sito di TownHouseStreet. Pubblico e privato a braccetto anche nel progetto di riqualificazione urbanistica dell’area Porta Volta. La nuova sede della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, che sorgerà nel 2013 tra viale Pasubio, viale Crispi e viale Montello, firmata dalle archistar Herzog & de Meuron, è stata infatti voluta dal Comune di Milano e dal Gruppo Feltrinelli. Strizzando l’occhio alla tradizione lombarda degli edifici gemellari, due identiche strutture (adibite a uffici e spazi commerciali oltre che a sede della Fondazione) valorizzeranno e amplieranno le superfici verdi pubbliche create dalle antiche cinte murarie. SOPRA, UNA DELLE SUITE PROGETTATE DA SIMONE MICHELI PER IL TOWNHOUSESTREET, IL CONCEPT DI ALBERGHI SU STRADA DI ALESSANDRO ROSSO. (WWW.TOWNHOUSESTREET.COM). A LATO, LA NUOVA SEDE DELLA FONDAZIONE GIANGIACOMO FELTRINELLI IN PORTA VOLTA, PROGETTO DI HERZOG & DE MEURON (WWW.FONDAZIONEFELTRINELLI.IT).
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OPENING Che il concetto di museo contemporaneo sia lontano mille miglia da quello, polveroso e statico, che ancora alberga nell’immaginario di molti, lo si è capito da un pezzo: basti pensare alla quantità di proposte culturali che provengono quasi senza sosta da realtà internazionali come il Design Museum di Londra o la Tate Modern fino alla nostrana Triennale. Un’ulteriore conferma del trend arriva oggi con l’apertura della sede milanese del Centro Pecci, grande protagonista, in quel di Prato, dell’arte contemporanea internazionale (anche grazie all’avveniristico progetto architettonico che lo ospita di NIO Architecten). Nella nuova sede in Ripa di Porta Ticinese alle mostre si alterneranno presentazioni di progetti editoriali e opere site-specific: come la conturbante Dark Matter di NIO Architecten, un’installazione ispirata al concetto cosmologico di “materia oscura” e incentrata sul connubio fra creazione artistica, produzione industriale e innovazione tecnologica. Anche il neonato spazio espositivo a Palazzo Morando, in pieno centro, dedicato alla cultura di Costume, Moda e Immagine, si sviluppa come un luogo dove sapere ed emozione convivono, in oltre duemila metri quadrati gestiti in modo polivalente per promuovere, in un continuo divenire di mostre, un’immagine giovane e giocosa del costume e della moda.
A SINISTRA. UN’INSTALLAZIONE DALLA MOSTRA IL FILO DEI SOGNI – FRETTE 1860-2010. SOTTO, UN COSTUME DALLA MOSTRA LA COLLEZIONE TIRELLI. COSTUMI DELL’ATELIER TRA CINEMA E TEATRO. ENTRAMBE A PALAZZO MORANDO IN VIA SANT’ANDREA 6 FINO AL 2 MAGGIO. IN BASSO. L’INSTALLAZIONE DARK MATTER AL CENTRO PECCI MILANO, RIPA DI PORTA TICINESE 6 (WWW.CENTROPECCI.IT).
NOn CHIamaTELI MusEI
di Mattia Boroso
APPRODANO IN CITTÀ DUE NUOVI SPAZI, UNO PER L’ARTE contemporanea E UNO PER LA MODA. A OSPITARLI, DUE location MOLTO DIVERSE, UN palazzo nobile E UN EDIFICIO DI archeologia industriale. ENTRAMBI UNITI DALLO STESSO DESIDERIO: emozionare e stupire.
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LA VIA TOP Aprono come funghi gli showroom in via Durini, tappa obbligata per i design&fashion lovers. Approda qui Barovier & Toso e il palcoscenico per suoi chandelier l’ha progettato Ferruccio Laviani: è uno scrigno fatto di specchi, “tra la Wunderkammer e la lanterna magica”. È firmato Diego Grandi lo spazio di Lea Ceramiche: privo di arredi è perfetto per installazioni tridimensionali come OnTheRocks, disegnata dello stesso Grandi. E mentre FendiCasa gioca al raddoppio con un nuovo showroom, la moda continua la sua invasione, con Zagliani a Palazzo Durini e Alviero Martini in Piazza San Babila: lo fanno con poetiche opposte, arredando un interior storico con tavoli di Martino Gamper il primo e puntando sul contemporaneo il secondo, con strutture espositive in Hi-Macs® (un nuovo materiale in pietra acrilica) di Fabio Novembre. Ma la vera novità è la presenza di Technogym, che inaugura ad aprile la sua nuova sede con tanto di uffici e showroom proprio qui, in via Durini. E dove se no?
SUccede IN Via DUrini
di Laura Traldi
NUOVI inquilini PER LA STRADA A più alto TASSO DI SHOWROOM DI MILANO. A DUE PASSI DAL quadrilatero DELLA MODA, là dove, DA SEMPRE, HANNO CASA I grandi marchi DEL MADE IN ITALY, approdano infatti cinque nuove entry. MENTRE QUALCUNO GIOCA AL RADDOPPIO.
IN ALTO. SHOWROOM TECHNOGYM, VIA DURINI 1 (WWW.TECHNOGYM.COM) E IL NUOVO SPAZIO PROGETTATO DA DIEGO GRANDI PER LEA CERAMICHE, AL CIVICO 3 (WWW.CERAMICHELEA.IT). SOPRA. UNO SCRIGNO DI SPECCHI PER CHANDELIER D’ECCEZIONE: LO SHOWROOM BAROVIER & TOSO DI FERRUCCIO LAVIANI AL CIVICO 5 (WWW.BAROVIER.COM). A SINISTRA. PALAZZO DURINI TRASFORMATO IN SHOWROOM ZAGLIANI CON I TAVOLI DI MARTINO GAMPER. A DESTRA. LE TECHE IN HI-MACS® DI FABIO NOVEMBRE PER ALVIERO MARTINI ALV IN PIAZZA SAN BABILA. .
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KITCHEN & FOOD Bulthaup, con il suo nuovo showroom in via Locatelli, progettato da John Pawson suggerisce grandi novità: vi troviamo infatti, oltre allo spazio espositivo, anche un auditorium circondato da piscina a sfioro, bagno turco e sauna, una zona lounge con sedute di Carl Hansen e una cucina funzionante Bulthaup b3. La sperimentazione va alla grande anche nel settore ceramico: in occasione dell’apertura del suo nuovo spazio in via Brera, Brix ha infatti chiesto a 10 celebrity designer di proporre un progetto. Come li hanno scelti? Semplicemente assicurandosi che non avessero alcuna esperienza nel settore e quindi potessero pensare “out of the box”. Anche i nuovi accessori nascono all’insegna del sorriso: dal portacoltelli shanghai di Carlo Contin per Legnoart allo shaker per caffè da usare a ritmo di samba (di Giacomucci), dai piatti da portata impilabili di Matali Crasset per Alessi a quelli della collezione Romantica di Taitù, che portano in tavola la primavera.
IL nuOVo TRa I FOrneLLI
di Mattia Boroso
BASTA CON GLI spazi asettici, DA GUARDARE E NON TOCCARE. LA NUOVA cucina NASCE ALL’INSEGNA DI UN benessere FATTO DI RELAX, SPERIMENTAZIONE E divertimento.
IN SENSO ORARIO. IL NUOVO SPAZIO BRIX, DEDICATO ALLA CERAMICA, IN VIA BRERA 4 (WWW.BRIXWEB.COM). I PIATTI ROMANTICA IN BONE CHINA, DI TAITU. PORTACOLTELLI SPICY DI CARLO CONTIN PER LEGNOART. LES ESSENTIELS DE PÂTISSERIE DI MATALI CRASSET PER ALESSI. SHOWROOM BULTHAUP IN VIA LOCATELLI 6 (WWW.BULTHAUP.COM) .
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EMERGENTI
ALLA triennale QUEST’ANNO È LA VOLTA DI UN Paese deLL’est. SI TRATTA DELLA Polonia CHE METTE IN SCENA I SUOI promettenti giovani TALENTI.
IL GIGanTe ScOnoScIuTo
di Francesco Biasi
È il decimo paese al mondo tra i produttori di arredo. E il quarto esportatore, dopo Cina, Italia e Germania. L’impatto dovuto alla produzione dell’industria del mobile sul suo PIL nazionale è doppio rispetto alla media dei paesi dell’Unione Europea. Benvenuti nella Polonia del boom. Che, incidentalmente, avviene oggi. “Gli anni Cinquanta per noi sono adesso”, dice Tomek Rygalyk, insieme ad Oskar Zieta il più famoso tra i designer contemporanei polacchi. Dopo il successo in Inghilterra (e in Italia, con all’attivo collaborazioni doc come quella con Moroso) Tomek ha deciso di rientrare in patria. “C’è aria fresca da noi e tanto da fare, a partire dall’insegnamento. I giovani mantengono uno spirito sperimentale con una grande attenzione al fai-da-te e alla riduzione degli sprechi”, spiega. Quello che prima era una necessità, insomma, adesso si è trasformato in un modo molto particolare di progettare, che vedremo in Triennale dal 14 al 19 aprile alla mostra Young Creative Poland. Curata da Miska MillerLovegrove insieme a Anna Pietrzyk-Simone e Monika Unger, la mostra si propone come un breve excursus sui giovani talenti di un paese in cui fino a ventun anni fa il design era proibito
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LAMPADA IN CORIAN ® GENOTYPE DI TOMEK RYGALIK. SOTTO. LAMPADA SOLARIS IN PORCELLANA, LA CUI BASE STANDARD SI ADATTA A OGNI TIPO DI SORGENTE LUMINOSA. DI MARIA JEGLINSKA, PRODUZIONE LIGNE ROSET. LA CHIESA DEL DUO BETON, REALIZZATA COMPLETAMENTE IN LEGNO IN UN VILLAGGIO SULLE RIVE DEL FIUME VISTULA.
nella sua accezione industriale e tollerato solo come arte applicata. Una proposta culturale, certo, che però apre il capitolo due della saga polacca. Da produttore no logo (per tanti marchi anche kult del design internazionale), il paese sogna infatti un futuro da creatore e si è già messo in pista per non deludere le aspettative. Ma per vedere i primi risultati di questo sforzo, che mette in campo le principali aziende del settore, dovremo attendere non questo, ma il prossimo Salone. Per fare le cose bene, dopotutto, ci vuole tempo. Anche nella Polonia del boom.
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liberi TUTTI!
di guadagnare spazio in modo creativo. di rendere la casa ecologicamente virtuosa. di riscoprire il gusto del fare con “arte e mestiere”. di passare, in tema di sostenibilità, dalle parole ai fatti. di usare l’arte dello stupore.
House Attack è un’opera di Erwin Wurm realizzata per il Mumok di Vienna nel 2006 (foto di Mumok, © VBK Wien, 2010/Erwin Wurm).
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Per una STanza In PIù
di Alessandro Rocca
SPIRAL HOUSE È L’ESPANSIONE DI UN’ANTICA FATTORIA IN BORGOGNA, REALIZZATA DALLO STUDIO OLANDESE/DANESE POWERHOUSE COMPANY. IL NUOVO VOLUME COMPRENDE UN SOGGIORNO, CON PATIO E LE CAMERE DA LETTO PER GLI OSPITI (FOTO DI STÉPHANE CHALMEAU).
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Rucksack House è una cellula parassita che l’artista Stefan Eberstadt ha già applicato a diversi edifici. Nelle immagini l’installazione al padiglione 14/ Baumwollspinnerei Lipsia, 2004 (foto di Frank Motz e Claus Bach).
Il piano casa permette di ampliare la propria abitazione: esempi e provocazioni dall’estero per guadagnare spazio in modo creativo, utile e divertente.
C
i capita spesso di scoprire, all’estero, meraviglie e paradossi architettonici che in Italia sono impensabili. Da noi gli ecomostri non mancano e l’abusivismo è dappertutto, ma resiste un’idea della casa come di qualcosa che si conserva, si aggiusta e si rifà più o meno uguale a se stessa all’infinito. E si considera ogni modifica tendenzialmente illegittima e quasi naturalmente abusiva, e perciò va nascosta, mascherata. La filosofia implicita è che ogni casa è praticamente un monumento storico e che ogni intervento moderno non può far altro che peggiorare la situazione. La bellezza di Londra e New York, per non parlare delle metropoli orientali, dipende in buona misura dalla provvisorietà e mutevolezza dei loro edifici, dalla evidente facilità con cui sono trasformati o ricostruiti in un continuo processo di adattamento alle mutevoli situazioni economiche e sociali, agli usi e alle mode. In Italia, i cambiamenti avvengono lo stesso, inevitabilmente, ma sempre sottotono, un po’ di nascosto, in un clima di eterno amore per il passato e di sincera sfiducia nel futuro. E gli architetti italiani si sentono penalizzati, rispetto ai colleghi europei, da normative e procedure farraginose e onerose che impigliano in mille lacci e lacciuoli la loro creatività. Ultimamente, ci sono segnali di novità. Il terremoto aquilano ha imposto tempi rapidi e materiali, il legno soprattutto, inusuali per le nostre abitudini, ma già il 31 marzo 2009, sei giorni prima della catastrofe abruzzese, il governo aveva varato il >> cosiddetto “piano casa”, un provvedimento che rende possibile,
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a determinate condizioni, l’ampliamento di costruzioni esistenti per una quota intorno al 20%, oppure la demolizione e ricostruzione di edifici di altre caratteristiche, in particolare le case popolari, con un bonus di cubatura supplementare del 35%. Fin dall’inizio si registrano delle polemiche suscitate da chi vede nel provvedimento una sanatoria camuffata o comunque una scorciatoia per legalizzare le opere tipiche dell’abusivismo italiano: sopralzi, chiusura di logge e terrazzi, recupero dei sottotetti, riempimenti di porticati e verande, trasformazione di serre, depositi e pollai in più confortevoli ambienti residenziali. In questi mesi il “piano casa” sta partendo lentamente, le amministrazioni locali lavorano per mettere a punto le nuove norme ed è impossibile, per ora, fare un bilancio. Non c’è dubbio che il pericolo che il piano venga inteso come un “liberi tutti” esiste, ma starà ai singoli comuni vigilare sulla correttezza dei progetti presentati. L’aspetto che però sembra più interessante è l’opportunità di intervenire su molti edifici vecchi e nuovi con un’architettura francamente contemporanea, introducendo elementi di novità, nuove energie, immagini coraggiose che serviranno a riqualificare e a rimettere in circuito vecchi edifici e luoghi trascurati, ma anche a intervenire con mezzi adeguati dove l’economia spinge più a fondo, sconfiggendo magari la malattia del tradizionalismo all’italiana che, nella maggior parte dei casi, sceglie di applicare una banale maschera in stile su un’edilizia di poche pretese.
DIDDEN VILLAGE, DEGLI ARCHITETTI OLANDESI MVRDV, È L’AMPLIAMENTO DI UN ATTICO SUL TETTO DI UN VECCHIO EDIFICIO DI ROTTERDAM. IMMAGINATO COME UN VILLAGGIO IN MINIATURA, VORREBBE ESSERE UN PROTOTIPO DA RIPETERE IN FUTURE SOPRAELEVAZIONI.
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appuntINterNIPANorama / 41 NEL GENZYME CENTER DI BEHNISCH ARCHITECTS, A CAMBRIDGE (USA), UN SISTEMA DI SPECCHI SOSPESI DIFFONDE LA LUCE NATURALE ALL’INTERNO DELLA CORTE COPERTA (FOTO DI ANTON GRASSL).
MENO estetica E PIÙ etica: L’ARCHITETTURA cambia volto E DIVENTA DOLCE, energetica, protettiva, PER ridurre EMISSIONI E consumi.
L’avanGUarDIa SosTenIBILe
di Alessandro Rocca
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non si tratta solo di costi e di energia ma di creare un’architettura rinnovata nei suoi presupposti tecnici e morali.
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E
coquartieri solari e senza auto, edilizia passiva, insediamenti “low carbon” o addirittura “carbon neutral”, edifici a emissioni zero, impatto energetico, impronta ecologica, fonti rinnovabili, prestazioni ambientali, certificazioni Leed, principi di bioclimatica, casa clima, green economy... per ora il mutamento più evidente prodotto dalla sfida ambientale riguarda il nostro linguaggio che incorpora gli slogan e le parole d‘ordine della sostenibilità. Nella realtà della costruzione, ci sono tanti piccoli accorgimenti che si fanno strada nelle pratiche quotidiane, interventi e tecniche innovative che magari non cambiano il volto di casa nostra e che la rendono un po’ più costosa, almeno all’inizio, ma sicuramente più virtuosa dal punto di vista ecologico. In questo rapido rinnovamento dell’architettura c’è un’avanguardia che, per vocazione e per ragioni di budget, è in grado di spingersi più avanti e di sviluppare l’immagine di un’architettura radicalmente diversa, aggiornata allo spirito e alle esigenze dei tempi. Oggi, l’obiettivo è rappresentare l’eccezionalità di un approccio
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L’AVANGUARDIA SOSTENIBILE / 43
IL BLOCCO PER ABITAZIONI E UFFICI KRAANSPOOR, COSTRUITO SOPRA UN MOLO ESISTENTE NEL PORTO DI AMSTERDAM (FOTO DI CHRISTIAAN DE BRUIJNE), E LA PIAZZA COPERTA DELL’EXPO DI HANNOVER, DI THOMAS HERZOG, UNA GRANDE STRUTTURA INTERAMENTE IN LEGNO (FOTO DI VERENA HERZOG-LOIBL). NELLA PAGINA ACCANTO, IL TETTO GIARDINO DELLA CALIFORNIA ACADEMY OF SCIENCES DI SAN FRANCISCO, PROGETTO DI RENZO PIANO (FOTO RPBW - JOHN MCNEAL), E IL GREEN LIGHTHOUSE DI COPENHAGEN, DELL’ARCHITETTO CHRISTENSEN.
Thomas Herzog, PIONIERE DELLA bioarchitettura, HA CREATO IMPONENTI strutture in legno CHE RIVALEGGIANO CON L’ACCIAIO. Renzo Piano HA COPERTO LA CALIFORNIA ACADEMY OF SCIENCES CON 1 MILIONE E 700MILA piantine... risolutamente sostenibile. Non si tratta solo di costi, di energia e di emissioni, ma anche di inventare una fisionomia riconoscibile per un’architettura profondamente rinnovata nei suoi presupposti tecnici e morali. La mostra Green Life, all’inizio del 2010, ha presentato, alla Triennale di Milano, una serie molto variegata di edifici e di interi quartieri che, in modi anche molto diversi, si misurano con il problema della sostenibilità. Come tutte le virtù, anche l’ecologia si vede quando si presenta con un bell’aspetto, ed emergono, come è giusto, gli architetti che affrontano il tema con più immaginazione. Come il veterano Thomas Herzog, pioniere della bioarchitettura, con le sue imponenti strutture in legno che rivaleggiano, per potenza e dimensioni, con l’acciaio e con il cemento armato. E come Renzo Piano, che ha coperto la California Academy of Sciences con prato su cui crescono un milione e settecentomila piantine scelte tra quattro specie di graminacee. Il tetto giardino diventa il manifesto verde di un edificio in cui il 95% delle strutture metalliche proviene da materiali riciclati, l’isolamento termico
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è garantito da un materiale derivato dalla lavorazione dei jeans e la climatizzazione è integralmente realizzata con la ventilazione naturale. L’attenzione all’ambiente si realizza anche in strutture avveniristiche come il Kranspoor di Amsterdam, in cui la doppia facciata, grazie a un sistema di controllo solare, regola il clima interno, insieme a un dispositivo di ricambio dell’aria a basso consumo. In alcuni casi sono proprio le esigenze ambientali a determinare la forma dell’edificio: la Green Lighthouse, un palazzotto per uffici nell’Università di Copenhagen, ha una forma circolare che limita al massimo la superficie esterna e quindi le dispersioni di calore, ulteriormente ridotte grazie anche a uno strato isolante dello spessore di ben 40 centimetri. Finestre e lucernai dotati di schermi mobili modulano la luce del sole mentre le celle solari poste sul tetto accumulano calore che può essere conservato e riutilizzato nella stagione invernale. Il risultato è un consumo medio annuo di 22 kWh per metro quadrato, un traguardo eccezionale considerato anche il rigido clima danese.
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CHe cuRve! A MILANO, IL PALAZZO LOMBARDIA SI “AVVOLGE” INTORNO A UNA corte E SI ALLACCIA ALLA CITTÀ. SFRUTTANDO LE fonti rinnovabili.
LA CORTE COPERTA DI PALAZZO LOMBARDIA È UNA PIAZZA APERTA AL PUBBLICO, IN CONNESSIONE DIRETTA CON I PERCORSI PEDONALI DEL QUARTIERE ISOLA (FOTO DI PIERO MOLLICA).
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rogettato dalla prestigiosa firma newyorchese di Pei, Cobb Freed & Partners, insieme allo studio milanese di Paolo Caputo, il nuovo Palazzo Lombardia (161 metri di altezza) sarà la sede del governo regionale in condivisione con lo storico grattacielo Pirelli (solo 127 metri, ma molto ben portati). Il nuovo grattacielo è composto da elementi curvilinei che si avvolgono intorno a una corte interna per poi allacciarsi alla città, in continuità con lo spazio pubblico circostante, e presenta tutti gli accorgimenti necessari a limitare il costo energetico sfruttando le fonti rinnovabili. Le pareti sono rivestite da una doppia pelle, due superfici separate da un’intercapedine d’aria che favorisce il raffrescamento attraverso un processo di ventilazione naturale e che contiene lamelle frangisole regolate da un software che elabora le indicazioni provenienti dai sensori ottici. Sulla facciata esposta a sud sono disposti i pannelli fotovoltaici, che incamerano energia e, nello stesso tempo, proteggono dall’eccessivo irraggiamento. Altra energia, destinata al condizionamento dell’aria, si trae dall’acqua di falda che ha una temperatura costante intorno ai 15 gradi. Secondo Henry Cobb, “è un grattacielo di tipo nuovo: una volta il grattacielo si progettava dall’interno verso l’esterno, oggi noi progettiamo dall’esterno verso l’interno perché vogliamo che il grattacielo sia un ‘buon cittadino’, e la nostra torre intrattiene una conversazione con il grattacielo Pirelli, gli è complementare. La sua forma non risponde a un principio astratto ma è definita in funzione della parte di città in cui si trova”. (A.R.)
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Grezzo o levigato, usato per mobili sperimentali o in oggetti tecnici, lavorato industrialmente o hand made, il materiale piÚ antico del mondo è protagonista di una stagione di progetti. che lo riportano in auge.
Legno low-tech
di Ali filippini
Il mobile di Peter Marigold della serie Flauna (flora/fauna) incorpora un ramo diviso in quattro parti che offre struttura e anima al pezzo. La sedia Brickchair che fa parte della collezione Brickseries di Pepe Heykoop da poco prodotta da Furnism, azienda danese di mobili sperimentali.
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I
l legno vive un nuovo protagonismo nel design dell’arredo e non solo, sottolineando forse quel ritorno di “concretezza” che sembra attraversare il momento epocale che stiamo vivendo. La materia in questione evoca di per sé creatività, gesti tecnici e saper fare. Si oscilla così tra un suo impiego quasi artigianale con un gusto “arti e mestieri” o al contrario industriale nei contesti dove viene piegata ad esigenze tecniche specifiche. Lo scenario complessivo è ricco e interessante per proposte, in bilico tra una duplice anima high-low tech, come negli esempi che seguono provenienti da ambiti diversi. Non stupisce, anzitutto, che i designer emergenti, si affidino al carattere più legato alla sua espressività e versatilità. L’inglese Peter Marigold, ad esempio, ha eletto da anni il legno a materiale con cui sperimentare forme destrutturate usando addirittura parti di pianta come i rami, che semplicemente tagliati e ricomposti danno forma a scaffali o contenitori, alcuni presenti come display di vendita nei negozi Paul Smith. Mentre sembra uscita direttamente dalle mani >> di un abile intagliatore la lampada di Klára Šumová che racconta
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La consolle Codice: Briccole della designer Terry Dwan fa parte del progetto Le Briccole di Venezia di Riva 1920, per il riuso del legno degli antichi pali di quercia veneziani. Colour Wood di Scholten & Baijings per Karimoku New Standard, sono tavoli in diverse misure e decori con trattamento speciale della superficie in colori traslucidi. foto di Takumi Ota
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3. ALL’INSEGNA DEL GREEN DESIGN LA RECENTE COLLEZIONE DI LEXON CHE IMPIEGA PLASTICA A BASE DI MAIS E BAMBOO COME NEL MODELLO DI RADIO CON FUNZIONAMENTO SOLARE O A DINAMO, CON AUTONOMIA DI TRENTA MINUTI.
1. VERSIONE DA PARETE, DOTATA DI BRACCIO CON CONTRAPPESO PER REGOLARNE L’ALTEZZA, DELLA LAMPADA IN LEGNO, PLASTICA E METALLO, PROGETTATA DALLA DESIGNER E TREND SETTER ILSE CRAWFORD CON IL SUO STUDIOILSE PER LA SVEDESE WÄSTBERG. 2. BICICLETTA BAMBOO DI ROSS LOVEGROVE, ULTIMO MODELLO DELL’AZIENDA BIOMEGA, IMPEGNATA DA ANNI SUL FRONTE DELL’INNOVAZIONE, CHE INTRODUCE UN BAMBOO ULTRERESISTENTE NEI TRAVERSI DEL VEICOLO REALIZZATO A MANO IN DANIMARCA.
4. W-EYE, OCCHIALI DI MATTEO RAGNI REALIZZATI DALLA FRIULANA MAWOOD, LABORATORIO DI RICERCA SULLA MATERIA LIGNEA, SONO “OCCHIALI DA INTERNI” LEGGERISSIMI E A MEMORIA DI FORMA, REALIZZATI IN FOGLI DI MULTISTRATO CURVATO IN SEI PREGIATE ESSENZE.
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attraverso il trattamento del suo stelo il processo di raffinamento della materia, in modo quasi concettuale: dal tronco grezzo della base al paralume in ruvida carta. Un gusto “brut” che ritroviamo nella collezione Le Briccole di Venezia di Riva 1920, che riutilizza dei pali di quercia provenienti dalla laguna di Venezia, sostituiti e quindi riciclati, per ricavarne mobili diversi su disegno di noti architetti e designer. Terry Dwan, ad esempio, nella sua consolle lascia che siano i segni del tempo a raccontare il DNA del materiale con il suo aspetto vissuto. Ancora nel segno del riciclo, l’operazione di un’antica manifattura giapponese, Karimoku, che con il progetto New Standard usa materiale proveniente dallo sfoltimento degli alberi delle foreste giapponesi per rinnovarsi nel segno, con la complicità di designer internazionali. Esperimento che per il duo olandese Scholten & Baijings si traduce in una serie di tavoli, assemblati a partire da piccoli tagli di materiale, curati nella finitura, con una duplice sovrapposizione di colore e decoro che conferisce profondità alla superficie. Segnali di un atteggiamento più ludico, provengono dalle fresche riletture di alcune tipologie tradizionali: nella Brave New World Lamp di Mooi, ad esempio, la lampada da tavolo è costruita secondo le logiche di un meccano ligneo, similmente alla collezione Brik del giovanissimo Pepe Heykoop che assembla mattoncini di legno come
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nel Lego, per ricavare scultoree e policrome sedute. Altrove il legno è reinventato come componente di oggetti più tecnici, regalando l’effetto sorpresa di abbinamenti inediti. Come nella bici di Biomega dove il bamboo ultreresistente è usato in complemento al telaio di alluminio; o nella radio di Lexon, parte di una collezione di oggetti elettronici di uso comune, realizzata sempre in bamboo, ma di riciclo, e plastica organica, con funzionamento a dinamo. Ed è un mix di innovazione e tradizione la nuova collezione W-Eye di Matteo Ragni con il laboratorio di ricerca Mawood, che interpreta la leggerezza dell’occhiale con una montatura in legno e lamina di alluminio, realizzata da un unico pezzo privo di giunture o cerniere, intagliato e rifinito manualmente. Mentre Odoardo Fioravanti per Palomar - Ayl rilegge in chiave di design il telescopio, omaggiando fedelmente l’originale di Galileo oltre che nelle misure e prestazioni anche nella scelta del suo materiale, come nel modello originale del 1609.
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1. LA LOVE LAMP DI KLÁRA ŠUMOVÁ È DISPONIBILE IN TRE ESSENZE DIVERSE, PINO, FRASSINO O LARICE, E RACCONTA, NELLA SUA LAVORAZIONE MANUALE E MECCANICA IL PROCESSO DAL NON FINITO AL FINITO, CON UNA FORMA LEGATA ALLA TRADIZIONE E UN FLAIR COMPLETAMENTE NUOVO (FOTO DI MICHAL ŠEBA). 2. GALILEO, IL TELESCOPIO DI ODOARDO FIORAVANTI PER PALOMAR, OMAGGIA E AL CONTEMPO RILEGGE LO STORICO STRUMENTO TANTO NEL MATERIALE ORIGINALE CHE NELL’OTTICA E NELLE MISURE (FOTO DI EMANUELE ZAMPONI).
Saper costruire BENE LE COSE: TRA TECNICA ED ESPRESSIONE, ARTIGIANATO E TECNOLOGIA. PER UN NUOVO linguaggio costruttivo e decorativo CHE RISCOPRE UNA MATERIA viva.
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3. LA BRAVE NEW WORLD LAMP DEL GRUPPO DI ARCHITETTI E DESIGNER FRESHWEST DISEGNATA PER MOOOI È COMPOSTA DALL’UNIONE DI PEZZETTI DI LEGNO DIVERSO COME IN UN’IMPALCATURA, SENZA UN DISEGNO IN MENTE MA SEGUENDO LA LOGICA DELLA COSTRUZIONE AUTOPORTANTE, PER CREARE UN VOLUME CON POCO MATERIALE.
3.
4.
4. DIETRO AI PROGETTI DEL COLLETTIVO RESIGN, GIOVANE STUDIO ITALIANO, IL RIUSO CREATIVO, WORKSHOP DEDICATI E UN CATALOGO DI IDEE CHE PARLA DI SOSTENIBILITÀ, COME NEL TAVOLINO AIDS (ANDREA MAGNANI & ANDREA DAMIANI) CON APPLICATE SCHEDE ELETTRONICHE DI APPARECCHI DISMESSI.
5. RADIATORE FLUTTER, DI ENZO BERTI PER I-RADIUM, BRAND ANTICONVENZIONALE CHE SPERIMENTA FORME NUOVE ACCOSTANDO IL CONCETTO DI RISCALDAMENTO AL LEGNO, SFRUTTANDO LA TECNOLOGIA A INFRAROSSI CHE OFFRE UN COMFORT TERMICO ALTERNATIVO AI SISTEMI TRADIZIONALE A CONVENZIONE.
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UN INTERIOR CON PARETE E PAVIMENTO RIVESTITI CON LA COLLEZIONE MARMI IMPERIALI DI IRIS CERAMICA, NELLA FINITURA AVORIO SEGESTA. SOTTO, LA PAVIMENTAZIONE DEL BELVEDERE DEL GRATTACIELO PIRELLI IN GRES PORCELLANATO DELLA COLLEZIONE PURE PLATINUM WAVE E WHITE PL WAVE DI GRANITI FIANDRE. SU ENTRAMBI È POSSIBILE APPLICARE LA METODOLOGIA PRODUTTIVA ANTI-BATTERICA ACTIVE CLEAN AIR & ANTIBACTERIAL CERAMIC™.
ESTeTIcHe eTIcHe di Laura Traldi
SONO TANTE LE AZIENDE ITALIANE CHE, IN TEMA DI sostenibilità, SONO PASSATE, IN POCHI ANNI, dalle parole ai fatti. SENZA DIMENTICARE LO STILE.
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Che cosa si può fare con 17 bottigliette d’acqua vuote? La risposta l’ha data la svizzera Fischbacher: un metro di tessuto. Fatto al 100% con PET riciclato. Mentre la GreenKitchen 2.0 di Whirlpool non si fa scappare nulla: né un goccio d’acqua (che riutilizza) né un watt di energia (quello che “avanza” da un elettrodomestico viene infatti prontamente impiegato da un altro).
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Imparare e professare l’arte del riciclo. Quello che recupera materiali ma anche acqua ed energia.
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ricerca risultati che possano concretamente migliorare la qualità della vita degli utilizzatori finali”. In altre parole, dare risposte immediate e concrete in tema di miglioramento della qualità della vita. Una ricetta che il suo Gruppo ha recentemente messo in pratica realizzando una nuova metodologia produttiva (Active Clean Air & Antibacterial Ceramic™) a necessità aguzza l’ingegno. Per questo sono in tanti a sognare che permette di trasformare i materiali per pavimenti e rivestimenti in che dall’emergenza ecologica e dalla crisi economica si uscirà migliorati, ceramica in agenti attivi antibatterici e anti-inquinanti. “Si tratta” spiega arricchiti di un rinnovato desiderio di consumare meno ma meglio e con Verdi “di materiali in gres porcellanato superiore rivestiti con uno strato in tasca un bel po’ di soluzioni intelligenti per migliorare il quotidiano di biossido di titanio, prodotti mediante cottura ad alte temperature”. e spianare la strada verso un futuro più sostenibile. Le aspettative non Il materiale ottenuto, una volta illuminato dalla luce naturale (diretta o saranno deluse. “Una strada per uscire dalla crisi”, dice Graziano Verdi, indiretta) o artificiale attiva il biossido di titanio che decompone gli agenti Presidente e Ceo del gruppo GranitiFiandre e Amministratore Delegato inquinanti ossidando la struttura delle molecole ed eliminando di Iris Ceramica “consiste non solo nel puntare con decisione sulla sfida i batteri nocivi”. In pratica con questa metodologia produttiva è possibile >> ambientale e sulla green economy, ma soprattutto nell’ottenere dalla oggi rivestire gli interni o gli esterni di un edificio con materiali
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esteticamente pregevoli e qualitativamente resistenti, ma anche in grado di abbattere significativamente il livello di inquinamento circostante generato da batteri o da ossidi organici ed inorganici prodotti dall’inquinamento urbano. “Grazie alla sua forma micrometrica, il biossido di titanio scelto per ottenere le proprietà di Active Clean Air & Antibacterial Ceramic™ è assolutamente privo di rischi per la salute” continua Verdi “ed è largamente disponibile in natura”. Già perché, se si punta sulla sostenibilità, è importante rendere ciò che si è tolto. L’ha capito anche Listone Giordano, marchio umbro famoso per i suoi parquet a “due strati” ad alta stabilità, che qualche anno fa ha realizzato la più importante opera di riforestazione italiana di latifoglie mettendo a dimora ben 25.000 nuove piante di rovere nella foresta di Città della Pieve negli Appennini. Un’iniziativa che, prima in Italia, ha ottenuto la prestigiosa certificazione secondo lo standard >> internazionale FSC. Del resto il Gruppo Margaritelli, cui fa capo
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Un interior con pavimentazione in legno della collezione Atelier Mantova di Listone Giordano. L’azienda investe nella riforestazione sia in Italia che nel mondo. A sinistra, la mini-architettura e mobile polifunzionale Luoto di Sami Rintala per Danese, rivestita con Essenza ILVA, una vernice ecologica ed invisibile che dà alle superfici legnose una resistenza chimico-fisica. Di lato, la sedia bi materica Madeira di Marc Sadler per Skitsch, realizzata con una miscela di legno riciclato e polipropilene.
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esistono soluzioni intelligenti per migliorare il quotidiano. con risposte immediate e concrete. Il sistema Tulip di Angeletti Ruzza Design per Azzurra: il WC scarica con soli 4,5 litri. Al Salone, Azzurra presenterà la collezione Thin, con scarico a 2,7 litri. A lato, Ombrae System, un processo che, intervenendo meccanicamente su una superficie, crea dei pixels che, a contatto con la luce, svelano un disegno. Un processo ecologico proposto da Evostone.
Listone Giordano, ha appena avviato il progetto Biosphera, un piano di cooperazione internazionale per l’eco-certificazione di alcune specie legnose tropicali. Sul versante idrico, un segnale importante sempre made in Italy viene da Azzurra, che presenterà al Salone Internazionale del Bagno il progetto Thin di Angeletti Ruzza Design: un WC con soli 2,7 litri d’acqua di scarico, obiettivo che sembrava fino ad oggi irrealizzabile. Risparmia invece acqua ma anche energia il concept di GreenKitchen 2.0 sviluppato dai ricercatori e designer di Whirlpool Europe (con sede in provincia di Varese): grazie ad un ingegnoso sistema di scambio tra i vari elettrodomestici, questa cucina ecologica ottimizza il consumo idrico e rimette in circolazione l’energia generata, evitando gli sprechi. La vedremo
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a Milano in occasione di Eurocucina. Non stupisce allora, alla luce di tanta attenzione al tema della sostenibilità, che sia nata proprio nel Belpaese un’iniziativa come quella di Evostone, un’azienda che si propone come intermediario tecnico e creativo tra le realtà produttive di materiali ecosostenibili di tutto il mondo e i progettisti e gli architetti italiani. Lo scopo? Aiutarli a definire quale materiale risponderà in modo esemplare alle loro necessità ecologiche ed estetiche. Perché non sia mai che, nella corsa verso il futuro sostenibile, ci si rimetta in termini di stile. Soprattutto quando si tratta di made in Italy.
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La mostra animal, rassegna storica di arredi, oggetti, abiti, accessori zoomorfi, annuncia una nuova stagione. gli animali tornano in casa da protagonisti. in forma di poltrone, librerie, soprammobili e lampade.
stile animalier
di Cristina Morozzi
Poltrona Banquete, realizzata assemblando peluche di panda. In edizione limitata, è una creazione di Fernando e Humberto Campana. In vendita da Moss New York. Libreria Joe in stratificato verniciato a forma d’orso, ideata e prodotta dal marchio francese Ibride.
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QUI SOPRA. Scultura arcobarena in vetro di Murano di Aristide Najean. IN cristalli di Baccarat il lampadario a forma di coccodrillo di Claire Cormier Fauvel. Teiera in porcellana di WieKi Somers. Statuina in porcellana di Committee per LladrÓ. Candeliere in porcellana “Rabitwonderland”, costituito da figurine in precario equilibrio, ispirate al mondo di Alice. Design Stephen Johnson per Artecnica. Lampada da tavolo di Front per Moooi. Panca Whippet bench in resina, design Radi designers, edizione limitata Kreo.
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italiani ciclisti svogliati? non più. Il rimedio, come sempre, è nello stile. Quello dei nuovi modelli di bici, dall’aria vintage, ma dal cuore high-tech. Irresistibili.
ritorno in sella di Antonella Galli
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È
curioso che l’Italia, Paese del sole e primo produttore di bici in Europa, non primeggi nell’uso quotidiano delle due ruote, come altri popoli europei, climaticamente più sfortunati, ma più propensi a pedalare (olandesi e danesi in prima linea): se nel 2009 l’Italia ha prodotto due milioni e mezzo di biciclette, di cui 50% da bambino, al primato produttivo non corrispondono quelli di vendita e di utilizzo. In termini assoluti siamo il 4° Paese in Europa dopo la Germania, l’Inghilterra e la Francia, ma se guardiamo la classifica del numero di biciclette ogni 100 abitanti, ci giochiamo le ultime posizioni. Mentre in Olanda e Danimarca si vendono 9 biciclette ogni cento abitanti, noi siamo ancora fermi a 3. Sarà perché, nonostante il sole, il nostro è un Paese con molte montagne; sarà perché le città italiane non sono amiche dei ciclisti, anche se il rapporto di Legambiente pubblicato all’inizio del 2010, pone tra i (pochi) dati positivi un aumento delle piste ciclabili (2.840 km in totale, ma l’Olanda ne ha 22.000). Il comparto produttivo ha tenuto nonostante la crisi, e questa è una buona notizia, a cui si affianca quella di un ritorno di fiamma per la bici come oggetto cult: le più nuove sono rifinite nei dettagli, colorate, sfiziose, e strizzano l’occhio al passato. Ma l’anima rimane tecnologica, e ai meccanismi perfetti si affidano fatiche e soddisfazioni. Pigiando allegramente sui pedali.
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In alto, Da sinistra. lo showroom More di Abici a Viadana (Mn) e lo spazio Sant’Erasmo, sempre di Abici, a Milano. Sopra, da sinistra. la bicicletta Montante Fashion Milano donna, rosso Ferrari, con sella con ricamo e manopole in pelle primo fiore. bicicletta Fuga gialla di Abici. pagina accanto, in alto. bici da donna Gallo, dell’azienda di moda che produce le famose calze millerighe. la nuova citybike Trussardi 1911, progettata da Milan Vukmirovic, direttore creativo della maison.
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una ruota per il clima. Parla italiano la tecnologia rivoluzionaria della Copenhagen Wheel, presentata nella capitale danese nel dicembre scorso davanti ai più importanti ministri dell’ambiente. Il progetto, infatti, è del Senseable City Lab, diretto dall’architetto torinese Carlo Ratti, del prestigioso MIT di Boston ed è stato presentato sul modello Bootleg Mystic Rats di Cinelli. Di cosa si tratta? La Copenhagen Wheel è un disco rosso che sarà possibile applicare alla ruota posteriore di ogni bicicletta: all’interno contiene sofisticati meccanismi che consentono di accumulare l’energia della frenata e di restituirla al ciclista durante la pedalata assistita (in salita, o per aumentare la velocità): inoltre è predisposta per raccogliere e trasmettere informazioni al ciclista, che potrà vedere su uno schermo il livello di inquinamento dell’aria, i chilometri percorsi, oppure individuare amici che si trovano nelle vicinanze. Il prototipo è stato sviluppato con la collaborazione di Ducati Energia e con il Ministero italiano dell’Ambiente. La Copenhagen Wheel andrà in produzione nel 2010. La città di Copenhagen sarà la prima acquirente, per montarla sulle biciclette per gli impiegati comunali in sostituzione dell’auto. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetuer adipiscing elit, sed diam nonummy nibh euismod tincidunt ut laoreet dolore magna aliquam erat volutpat. elit, sed diam nonummy nibh euismod tincidunt ut laoreet dolore magna aliquam erat volutpat.
Qui sopra. Seventy, bici pieghevole liberamente ispirata alla Graziella degli anni Settanta, novità di stagione per Cigno, brand italiano di biciclette di lusso. È prodotta in sei varianti di colore e rifinita con dettagli in pelle cuciti a mano. A sinistra. la Mystic Rats bianca della linea Bootleg di Cinelli, ideata per esplorare il territorio urbano.
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BICI, TRA ARTE E DESIGN. La bici è un esperimento tecnico eternamente in progress, uno strumento antico e nuovo che sembra trovare la sua migliore collocazione fuori dal tempo. Così la vede l’artista riminese Erika Calesini, che della bici ha fatto l’oggetto delle sue opere, composte con biciclette ripescate dall’abbandono e saldamente attaccate su resistenti tele, rimodellate, lavorate, colorate, schiacciate da presse, scomposte e ricomposte fino a farle diventare vere e proprie sculture. Dieci grandi tele più due sculture della Calesini costituiscono il cuore della mostra, Ma quando arrivano i ciclisti?, titolo che parafrasa un film di Pupi Avati, regista con cui la Calesini condivide le radici emiliano-romagnole. La mostra è in corso fino al 30 aprile alla galleria Oltre Dimore di Bologna. Sempre biciclette, questa volta fatte rigorosamente a mano, saranno protagoniste nella rassegna, Bespoke: the Handbuilt Bicylcle, organizzata dal Museum of Art & Design di New York dall’11 maggio fino a metà agosto. Il focus è puntato sulle biciclette rigorosamente fatte su misura, come emblema della capacità progettuale e artigianale degli specialisti di questo settore. Tra i produttori selezionati a livello mondiale per la mostra anche l’italiano Dario Pegoretti, di Caldonazzo, un vero e proprio mago della bicicletta, che per i suoi manufatti quasi perfetti ha meritato quest’anno il Wallpaper Design Award 2010.
PENSIERO A PEDALI.
Essere ciclisti è una scelta di vita, un modo di vedere il mondo che apre la mente alla fantasia e alla libertà. Così la pensa Didier Tronchet, giornalista e regista francese che vive a Parigi, e che ha deciso di fare della bici il suo principale mezzo di trasporto. Dalla sua esperienza sulle due ruote è nato il Piccolo trattato di ciclosofia, pubblicato da Il Saggiatore nel 2009, un breve saggio ironico e lieve, utile a ridare fiducia e coraggio ai ciclisti che si sentono una specie in estinzione.
FATTORINI ECOLOGICI. Il coraggio di cambiare e andare controcorrente l’hanno avuto. E sono stati premiati. Sono gli UBM Urban Bike Messengers di Milano: l’iniziativa, nata da tre amici appassionati cicloamatori, ha portato a Milano un servizio di pony-express in bicicletta, che da decenni esiste nelle principali metropoli mondiali, come Londra, Tokyo, Sidney, Berlino, Parigi, New York. La loro attività ha suscitato molta attenzione, perché oltre agli innegabili vantaggi di sostenibilità, i messaggeri in bici sono risultati più veloci ed efficienti di qualsiasi mezzo a motore. Sono già stati firmati accordi con realtà e aziende importanti: Legambiente, Enervit, Ambiente Italia, Europassistance, Domostyle, FAI- Fondo per l’Ambiente Italiano, Università Bicocca, solo per citare alcuni. Con l’arrivo di Fondazione Prada, UBM Urban Bike Messengers ha raggiunto a febbraio 2010 la quota 100 clienti. Ma per i cittadini che per piacere o utilità vogliono pedalare a Milano, la situazione delle piste ciclabili è ancora molto arretrata. Buoni propositi sono giunti dal Comune per il 2010 per voce del vicesindaco Riccardo De Corato: saranno realizzati i percorsi ciclabili continuati, ovvero da una zona all’altra della città (da Centrale a Cavour, intorno a corso Buenos Aires e Porta Venezia, da via Corelli a piazza Tricolore) senza il rischio di trovarsi a metà percorso privi di corsia riservata. I ciclisti milanesi attendono speranzosi.
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In alto. Erika Calesini, senza senso 13, opera in tecnica mista e smalto su tela, esposta alla galleria Oltre Dimore a Bologna fino alla fine di aprile. Al centro, a sinistra. uno degli Urban Bike Messengers effettua una consegna per le vie di Milano (ph. O. Sartor). A destra. la copertina del volume sull’arte di andare in bici, di Didier Tron chet pubblicato da Il Saggiatore.
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MIniMALIsmo MALI MALIsmo BI BIzza BIzzaRRo di Paola Romagnoli
DAL GIAPPONE, DAL BRASILE, DAL NORD EUROPA... LE FORME DESTINATE ALLO SCENARIO DOMESTICO, CAVALCANDO IL SOGNO, ARRIVANO A MILANO. IN SENSO ORARIO. POLTRONA SU RUOTE DI AKIHIRO YAZAWA, ALIMENTI RIVISITATI DA ‘PAPILA’, SOFA DI DITTE HAMMERSTRØM E PANCHINA FIRMATA FRANS WILLIGERS.
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È
un gioco tra luci e ombre d’oriente quello che avviluppa l’ambiente domestico nell’interpretazione di un gruppo di dodici talenti del design giapponese per la prima volta in Italia e che al FuoriSalone si riuniscono in un’unica “Voice in itinere”, di scena dal 13 al 19 aprile presso la Fonderia Napoleonica di via Thaon de Revel 21 (con reading, concerti e conferenze). Artisti che puntano a un linguaggio di forme universale, senza rinnegare la tradizione del Sol Levante, e per ossimoro la loro esplorazione prende il via accoccolati sulla poltrona di Akihiro Yazawa che svela a sorpresa un basamento su ruote da skate. Non resta che lasciarsi trasportare, magari attorniati dai porta-incensi in ceramica che la creatività eterea di Tomoko Hayakawa compone in volo di farfalle, e di cui presenta anche la declinazione luce che avviluppa in una nube soffusa. D’atmosfera anche il chiarore regalato dalla lampada da muro in metallo di Emi Kato, che plasma una forma ampollosa per ricordare un organismo vivente. Avvolgente e in continua mutazione la sedia work in progress del brasiliano Pedro Paulo Santoro Franco, non nuovo al Salone e che quest’anno miscela strutture e lana; al Padiglione Satellite il nuovo elemento della linea “Transformazione” avvolge il corpo di chi la utilizza e promette: la sedia di oggi non sarà quella di domani. Gioca con i filati anche la designer danese Isabel Berglund che, all’interno della mostra Mindcraft 10 (organizzata da Danish Crafts in via Savona 55a, 13-18 aprile) espone un guardaroba ‘knittato’ e invita a rivalutare oggetti consueti inseriti in contesti inusuali. Insieme a lei anche Ditte HammerstrØm e il sofà che ha rivestito della schiuma usualmente utilizzata per le imbottiture. Mentre pensa ai cani e gatti che convivono nelle nostre case Louise Hindsgavl, e della sua sedia ‘The Pet’ commenta: “Ha caratteristiche in comune con loro ma non sporca e non morde”. L’estro olandese invece esplora la sostenibilità e sotto il marchio TuttoBene raggruppa una dozzina di nomi in via Savona 18. Minimo comune denominatore sono produzioni dall’eco ecologico e sociale, così la panchina stilizzata di Frans Willigers,
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dall’aspetto futurista, si contrappone ai suggestivi vasi e utensili da tavola di vocazione primitiva per la cui messa a punto Jeroen Jonkers si è avvalso anche della consulenza di un archeologo. Tutti a tavola, infine, contagiati dalla vivacità spagnola che negli spazi dell’Instituto Cervantes in via Dante 12 (14-19 aprile) allestisce le installazioni culinarie Papila e Foodjects, con l’obiettivo di coniugare idealmente cibi e stati d’animo. Dolci, caffè o verdure presentati con verve, da servire poi in ciotole, portauovo o vassoi frutto della creatività di designer già affermati (una per tutte, la collezione di Bodo Sperlein prodotta da Lladró). Si scopre così che si devono proprio alla fantasia spagnola molti degli oggetti che già compongono il nostro scenario domestico quotidiano. Confortevole e amato.
Qui a sinistra sedia ‘The Pet’ in mostra da Mindcraft,ww10. Sopra, porta-incensi di Tomoko Hayakawa e, sullo sfondo, la sua declinazione poetica in luce.
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Nebula di Marko Macura (con Ingeborg van Uden) per MetalSpot. È uno chandelier con struttura in acciaio fatta di semicilindri a incastro ricoperti a specchio (di Antique Mirror). Sotto: Angolo, progetto vincitore del primo premio dell’Everyday Design Contest di Alcantara® nel 2007 e la panca in fibra di vetro Sulla Luna, autoprodotta.
non è facile fare breccia nel cuore di un’azienda e mettere un progetto in produzione. Sette giovani talenti raccontano come ce l’hanno fatta. dimenticandosi glamour e facili guadagni e iniettandosi una buona dose di pragmatismo e flessibilità.
la loro prima volta di Laura Traldi
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rea come un dio, comanda come un re e lavora come uno schiavo. Il motto di Brancusi è oggi il dictat di Marko Macura. Conoscete il primo ma non il secondo ed è normale. Marko non è una design celebrity. È però uno che ce l’ha fatta. Dopo anni di prototipi e collaborazioni (anche eccellenti come quella con Philips a Eindhoven), questo ragazzo di 39 anni arriva infatti oggi a Milano con il suo primo prodotto, lo chandelier Nebula, realizzato con MetalSpot. Non è una cosa da niente. Legare il proprio nome ad un oggetto per il grande pubblico non è una conquista scontata per un giovane designer. “Lo sviluppo di un prodotto richiede investimenti così alti che spesso le aziende ricorrono automaticamente al grande nome come garanzia di vendita”, dice Vittorio Passaro, che ad aprile presenta la sua prima collezione con Rosenthal. Per riuscire, nel
SCHOLTEN & BAIJINGS E IL LORO MOBILE GIORNO AMSTERDAM KAST IN ALLUMIO E ACCIAIO, COMMISSIONATO DAL ZUIDERZEE MUSEUM E PRESENTATO AL FUORISALONE 2009. SOTTO BUTTE, IL MOBILE CONTENITORE DA VIAGGIO IN LEGNO NELLA VERSIONE PROTOTIPO (A SINISTRA) E DI PRODUZIONE (A DESTRA). PER ESTABLISHED & SONS.
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design, meglio quindi allacciare le cinture fin da subito: “il viaggio sarà accidentato”, dice Macura. E non certo in prima classe. “Si fanno più soldi a vendere frutta e verdura”, dice Carol Baijings che lavora in tandem con il marito Stefan Scholten. “Bisogna vivere con un budget minimo, non investire troppo né subito e soprattutto evitare le banche”. Gli anni del rigore, però, per Carole e Stefan potrebbero essere finiti: il marchio cult inglese Established & Sons ha infatti messo in produzione tre loro concept, tra cui il contenitore in legno Butte. “Si sono innamorati dei nostri pezzi alla mostra dell’anno scorso al Romeo Gigli Café”, dice Carole. Già, perché il primo ingrediente per riuscire si chiama perseveranza, anche in tema di presenze alla kermesse milanese. Non a caso Scholten & Baijings qui sono di casa con all’attivo anni di presenze al FuoriSalone con i loro concept. “Ho mostrato il prototipo di Nebula in Zona Tortona due anni fa”, concorda
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BENJAMIN GRAINDORGE IN UN DISEGNO-RITRATTO. AQUARIUM, DAL PROGETTO PAYSAGES DOMESTIQUES. CENTRO TAVOLA DRESS IN LEGNO E TESSUTO A INCASTRO IL VASO CINNA PER LIGNE ROSET: QUATTRO DIVERSE FORME DA INCASTRARE A PIACERE PER POTER CONTENERE QUALSIASI TIPO DI FIORE, DA QUELLO A STELO AL BOUQUET.
Marko Macura. “È qui che MetalSpot l’ha notato”. E se metter su una mostra al FuoriSalone costa (e spesso molto caro) a volte può bastare l’esserci, armati di coraggio e, perché no, anche di un po’ di faccia tosta. Valerio Sommella e Alberto Saggia, ad esempio, non hanno mai esposto ma l’incontro della loro vita, quello con Ettore Fabbian dell’omonima azienda, l’hanno fatto al Bar Basso a Milano durante la settimana del design. “Ci siamo piaciuti e poi rivisti. Siamo andati armati di idee e progetti”. Rampu, una famiglia di lampade in vetro optical e led, ora in produzione da Fabbian, era uno di questi. Basta quindi il colpo di fortuna, l’essere nel posto giusto al momento giusto? “Quello aiuta”, ammettono i due, “ma è stato fondamentale presentare progetti ragionati e quasi completati, pronti per la produzione”. Altro ingrediente della ricetta per il successo, infatti, è il saper essere sulla stessa lunghezza d’onda dell’imprenditore, capire le >> problematiche e le sfide della
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ALBERTO SAGGIA E VALERIO SOMMELLA (SOTTO). IL PROTOTIPO CAGE, UNA LAMPADA A SOSPENSIONE CON DIFFUSORE IN VETRO SOFFIATO E STRUTTURA PORTANTE IN ACCIAIO. LA LAMPADA RAMPU (PRODUZIONE FABBIAN), CHE SFRUTTA LE PROPRIETÀ E LA PUREZZA DEL VETRO OTTICO ABBINATE A SORGENTI LED DI ULTIMA GENERAZIONE. GUM, LAMPADA A SOSPENSIONE IN VETRO E CERAMICA E OVO, LAMPADE DA TAVOLO IN VETRO BOROSILICATO, UTILIZZABILI ANCHE COME PORTAOGGETTI O ESPOSITORI. IL DIVANO SOFT, TRE POSTI IN POLIURETANO ESPANSO E RIVESTIMENTO IN TESSUTO ELASTICIZZATO.
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Vittorio Passaro con la collezione Papyrus, prodotta in porcellana biscuit da Rosenthal Studio-Line. Per realizzarla, Passaro si è ispirato alle texture e alle increspature della carta. La collezione comprende vasi, coppe e complementi tavola.
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produzione. Non a caso, sia Valerio che Alberto hanno alle spalle anni di gavetta, il primo negli studi di Stefano Giovannoni e Marcel Wanders e il secondo con Metis Lighting di Milano. L’esperienza sul campo, insomma, conta. Spesso di più della formazione. Ne sa qualcosa Vittorio Passaro che, con un passato da scultore, ha iniziato a dedicarsi al design a 37 anni per poi entrare nello studio di Patricia Urquiola, dove si occupa della realizzazione dei prototipi. “Lavorare in uno studio importante può facilitare a costruire fiducia e credibilità professionale, indispensabili in un primo approccio. Ma i contatti non bastano. Occorrono progetti validi e la professionalità di seguirli fino alla fine”. La cura del progetto, insomma, che Benjamin Graindorge, 30 anni, ha imparato in uno studio a Parigi, dove aveva maestri d’eccezione. “Sono un bébé Bouroullec”, dice. “La prima lezione dei due fratelli era non avere fretta e progettare con serietà, sempre, per ottenere solo il meglio”. Benjamin ha appena firmato la sua prima produzione: una collezione di vasi per Ligne Roset. Entrare direttamente in una realtà produttiva ad alto tasso di design è stata invece la strada seguita da Luca Mazza, 26 anni: da Slamp ha fatto il grafico, il communications manager e ora responsabile del reparto creativo. È a Milano per presentare la sua prima lampada entrata in produzione. “Lavorare in azienda permette di crescere nel pragmatismo e di pensare con una strategia a monte. Incanalare il talento in un progetto razionale è l’essenza della creatività, almeno >> per quanto riguarda l’industrial design”.
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LUCA MAZZA E LA SUA PRIMA CREAZIONE PER SLAMP, LA LAMPADA A SOSPENSIONE CRAZY DIAMOND IN LASTRE TRASPARENTI DI COPOLIESTERE TERMOPLASTICO, POLICARBONATO E 48 CRISTALLI TRASPARENTI.
Per chi sogna un futuro da battitore libero, invece, un’ottima strada da tentare è quella del concorso. “Ero ancora a scuola (all’Esad di Reims, ndr) quando ho vinto nel ’99 il concorso Jeunes Talents del Comité Colbert con un progetto per Chanel”, dice il francese FX Balléry, 33 anni, che presenta dei vasi per Domeau & Pères. A seguito della vittoria si è trovato prima a Londra per uno stage nello studio di Ron Arad (che l’ha convinto a iscriversi al Royal College of Arts) e poi un lavoro in tasca con Issey Miyake per cui ha fatto una ricerca materiali, colori e grafica per il profumo On The Rock. “Quando mi hanno pagato ho provato un grande piacere e mi sono detto: ecco, adesso sono davvero un designer”. Perché dopotutto anche se è dura, anche se ci vuole accanimento e una buona dose di fortuna, anche se i soldi sono spesso pochi, dare vita a cose belle e utili è sempre un sogno che da solo vale la pena. Soprattutto quando si trasforma in realtà.
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FX BALLÉRY E LA SUA PRETTY VASES COLLECTION IN PVC LACCATO PER DOMEAU & PÈRES. SULLO SFONDO, UN BICCHIERE DA DEGUSTAZIONE PROGETTATO DA FX PER BURGONDY HILLS.
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spontanei o coltivati, hortus conclusus o guerrilla gardening, l’orto è di gran moda: si risparmia, si mangia bene, si salva pure il pianeta.
maramao era nell’orto di Olivia Cremascoli
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rescono ovunque, approfittando di spazi interstiziali, dei terreni delle nuove urbanizzazioni, d’improbabili linee d’acqua e di tracce di sentieri clandestini: sono i cosiddetti orti ‘spontanei’, oggi in vistoso boom, in quanto anche forma di risparmio sul conto della spesa (al proposito, segnaliamo il seminario Orti spontanei e realtà agricole urbane, organizzato a Milano dal 30 giugno al 4 luglio dall’Acma). Significano inoltre alimentazione consapevole, aggregazione sociale, controllo del territorio, benessere psico-fisico. Ma al di là di quelli spontanei – spesso abusivi o da guerrilla gardening – c’è anche l’hortus conclusus, quello privato, progettato e coltivato secondo i più aggiornati dettami. Di questi ne sanno parecchio alla Fratelli Ingegnoli, primo stabilimento agrario-botanico italiano, fondato a Milano nel 1817, per la produzione, selezione e commercio di sementi e piante. Azienda tutt’oggi a conduzione familiare, che ha piantato radici anche oltre il territorio nazionale, al suo vivaio in zona Garibaldi (dal 1997, in via Pasubio 13), affiancherà a breve un’ulteriore area ‘garden’ nella periferia meneghina, in via Salomone 65 (zona Mecenate), accanto agli uffici aziendali e vicino al Mercato dei fiori di Milano. Interrogato al proposito, Francesco Ingegnoli, patron dell’azienda, conferma che “sì, l’orto-mania è sempre più dilagante, anche su balconi e terrazze di città; infatti riceviamo, tra il resto, molte richieste per le nostre cassette sovrapponibili, bianche e verdi, dalle tasche esterne, destinate appunto agli orti verticali domestici. Tra l’altro, nella nostra nuova sede
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nelle immagini, dall’alto: la residenza di monte olimpino (como) di piera chiara. due copertine dei primi del novecento del catalogo fratelli ingegnoli, che si rinnova di anno in anno da 130 anni. oltre che per corrispondenza, da una dozzina d’anni è possibile acquistare anche sul sito www.ingegnoli.it gli ortaggi, tessili e decorativi, degli olandesi Scholten & Baijings presentati durante il fuorisalone 2010 allo spazio rossana orlandi.
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un bell’esempio di orto inserito in un giardino che ha piante da frutto sparse ovunque: si tratta della casa di monte olimpino (co) di piera chiara, che ha come consulente ingegnoli. sotto: da PIATTI RITRATTI, personale (fino al 5 maggio) che arte sella ha dedicato a borgo valsugana (TN) al fotografogourmet bob noto, ceck salad di davide scabin, lo chef di combal.zero di rivoli (to).
tenera è la zolla: oggi l’hobby più cool è coltivare a casa propria fiori e ortaggi. riprendremo i corsi di orticoltura, frutticoltura e giardinaggio – organizzati in collaborazione con la Fondazione Minoprio – che oggi sono piuttosto richiesti, visto l’incremento dei mini-orti da terrazza e balconi, dove ormai si coltivano erbe aromatiche da cucina, fragole, pomodori cherry, rapanelli, cicoria e lattughini da taglio, peperoni e melanzane”. D’altronde, la Milano ottocentesca aveva una grande tradizione di orti, grazie ai suoi canali d’acqua... “Certamente. Quando la città di Milano era costituita solamente da quell’agglomerato centrale cintato dai bastioni, e, per esempio, Lambrate o Corpi Santi erano dei comuni a se stanti, in via Amilcare Ponchielli, dove abitava fuori porta la mia famiglia, nei cavi d’acqua si poteva addirittura pescare il pesce gatto. In pratica, oltre i bastioni daziari si era già in aperta campagna, e i gran signori la domenica prendevano apposta la carrozza per andare a pranzare alla trattoria I tre corvi, a Porta Venezia, appunto per assaporare le primizie degli orti campagnoli”.
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AL FuoriSalone SI GIOCA DI performance, COME NEL CASO DEL BELGA Charles Kaisin CHE NELLA LOCATION DI Assab-One LAVORA SUL concetto di rottura. DI PIATTI E BICCHIERI.
L’arte DI StupiRe
di Alma Mari
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na decina d’anni fa Milano apriva gli spazi industriali del centro agli allestimenti del FuoriSalone riqualificando in poco tempo questi incredibili building e i quartieri che li ospitano. Da qualche anno questo fenomeno si è esteso alle periferie, dove è ancora possibile trovare edifici di questo tipo allo stato originale e non ancora adibiti a loft. Assab-one è uno di questi, un affascinante ex tipografia che conserva ancora reperti di archeologia industriale, in passato sede dell’azienda grafica GEA e oggi trasformato in uno spazio espositivo no profit, attivo nella produzione di mostre, eventi, progetti culturali e artistici. In occasione del Salone del Mobile, Assab-one ospiterà la mostra Design In Motion,
del belga Charles Kaisin, una retrospettiva dei suoi dieci anni di lavoro e ricerca intorno ai temi del movimento e dello sviluppo sostenibile, alla base dei progetti esposti, come dimostrano i bozzetti e gli studi che completano il percorso espositivo di 1500 mq. Conosciuto ai più per le sue sedute estensibili K-Bench, la cui struttura alveolare ricorda una fisarmonica, Charles Kaisin fin dai suoi esordi si è concentrato sul tema del riciclaggio, come dimostrano i suoi primi progetti in vetro sabbiato: Containers, insalatiere e piatti ricavati dagli oblò delle lavatrici, e Glasses, bicchieri realizzati da vecchie bottiglie. I prodotti e i prototipi di Kaisin dialogheranno con l’immensa installazione Terremoto dell’artista spagnola Tere Recarens: diversi scaffali inclinati posati su una listellatura in legno che, con il movimento e il peso del pubblico, ondeggeranno provocando la caduta e il tintinnio degli oggetti in vetro collocati sopra i mobili.
BORSA ESTENSIBILE IN PELLE PRODOTTA DA DELVAUX, ACCANTO POUF IN CARTA DI GIORNALE PRODOTTO IN SERIE LIMITATA A 100 ESEMPLARI. IN ALTO. L’ALLESTIMENTO DI CHARLES KAISIN DA ASSAB-ONE. NELLA PAGINA ACCANTO, HAIRY CHAIR IN CARTA RICICLATA OTTENUTA DA TRITA-DOCUMENTI, ACCANTO VASO KALEIDO, CRISTALLERIE VAL SAINT LAMBERT, UN DETTAGLIO DELLA STRUTTURA DELLA SEDUTA ESTENSIBILE K-BENCH. Per informazioni www.assab-one.org
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milano e il cinema di Andrea Pirruccio
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resentata fuori concorso al Festival di Berlino, Cosa voglio di più è l’opera che segna il ritorno di Silvio Soldini a Milano, la città in cui è nato e nella quale ha ambientato le sue prime, intense opere (tra cui Paesaggio con figure, Giulia in ottobre e L’aria serena dell’ovest). Il film racconta la passione che deflagra, improvvisa e incontrollabile, fra un uomo sposato (Pierfrancesco Favino) e una donna (Alba Rohrwacher) che ha appena deciso di volere un figlio dal proprio compagno. Personaggi che vedono crollare le proprie certezze e cercano una via di fuga, metaforica ma anche concreta e geografica, dal quotidiano. Soldini, nei suoi film precedenti Milano era ritratta come una città inospitale, distante, fredda. Che Milano vedremo in Cosa voglio di più? Ancora una volta poco accogliente. Avevo bisogno di una grande città del nord per raccontare il rapporto periferia-centro. I miei personaggi si muovono dall’hinterland (la zona è quella di Peschiera Borromeo) per andare a lavorare nel centro storico. Mi interessava raccontare il disagio del pendolare, di chi è costretto a prendere il treno ogni giorno per raggiungere il proprio posto di lavoro. Il cinema migliore può e deve mostrare il mondo in cui viviamo e, in particolare, il mio cinema si sforza di documentare in maniera significativa il paesaggio urbano che rappresenta.
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Dopo una lunga assenza, Silvio Soldini torna a girare a Milano. Abbiamo chiesto al regista che città vedremo nella sua nuova opera. Ma anche che tipo di accoglienza trova chi vuole realizzare un film nel capoluogo lombardo.
un primo piano di silvio soldini sul set di cosa voglio di più, l’opera con cui il regista torna a girare a milano dopo anni di assenza.
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scene tratte da cosa voglio di più, in cui i protagonisti, pierfrancesco favino e alba rohrwacher, si muovono in una milano periferica e per niente ‘da bere’.
Ancora una volta quindi la Milano dei suoi film è una città arcigna, ostica. Immagino che lei la giudichi davvero così. Guardi, se non avessi a Milano i miei affetti (i miei tre figli vivono qui), non avrei remore ad andarmene altrove. Sceglierei un posto in cui sono possibili attività del tutto ordinarie che però a Milano sembrano diventare straordinarie. Banalmente: camminare, respirare un’aria decente. Il Comune mette a disposizione dei cittadini le biciclette, ma non le piste ciclabili. Ne consegue che utilizzare la bici diventa un’attività rischiosa, senza contare il problema rappresentato dalle polveri sottili. E pensare che a Berlino tutti utilizzano le biciclette, anche con diversi gradi al di sotto dello zero. E com’è invece la situazione per chi decide di girare un film nel capoluogo lombardo? Non vorrei apparire troppo negativo, ma anche da questo punto di vista non c’è da stare allegri. La situazione della cultura a Milano è avvilente: parlo del cinema ma forse quella del teatro è ancora peggio. In città ci sono iniziative interessanti legate al cinema, penso a Filmmaker e al Festival del Cinema Africano, ma incontrano troppe difficoltà e non sono sostenute come sarebbe doveroso. Girare un film a Milano è un’impresa ardua, sembra quasi di dare fastidio: non esistono strutture adeguate. Torno
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adesso da Genova, dove è appena stato inaugurato Cineporto: sono i primi studios cinematografici liguri progettati e realizzati dalla Genova Liguria Film Commission. È una struttura creata appositamente per fornire un sostegno alle produzioni cinematografiche e televisive. Non capisco perché a Milano non si investa in iniziative di questo tipo: c’è una miopia totale. Eppure il caso di Torino dovrebbe insegnare qualcosa: lì è presente una Film Commission assai attiva, non a caso molte opere per il cinema e la televisione sono girate in quella città. Grazie all’opera della Film Commission e alle Olimpiadi invernali, Torino ha goduto e gode di una visibilità straordinaria, anche internazionale. Parafrasando Moretti, non le chiederò di dirmi ‘qualcosa di sinistra’, ma di dirmi, a questo punto, se c’è qualcosa che le piace di Milano. Naturalmente ci sono delle cose di Milano che amo, anche se forse piacciono solo a me… Si tratta di angoli, scorci in cui ci si imbatte quasi per caso. Mi piacciono molto i cortili interni delle case di inizio Novecento. E poi devo confessare una passione per i portoni vetrati, quelli anni CinquantaSessanta, attraverso cui filtra la luce degli androni e si intravedono le scale che portano ai diversi piani… Grazie, non è molto, ma è meglio di niente.
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IdeeINterNIPANorama L’arte di abitare in tutte le possibili declinazioni: giappo minimal, urban chic. l’oggetto cool di stagione? il divano, e poi, cucine superstar e bagni salotto.
La casa siamo noi Chaise longue Wink di Toshiyuki Kita per Cassina, porta riviste di con&con, cubi optic di Patrick Juin, Kartell, Sedie Eva a base girevole in cuoio rosso e nero Zanotta, tappeto Ligne Roset. (FOTO henry thoreau).
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A ciasCUno IL Suo DIvano di Patrizia Catalano foto di Henry Thoreau
Per iniziare LA GIORNATA senza stress, PER lavorare O CONSUMARE UNA COMODA colazione. E ANCORA, per leggere, OZIARE con gli amici, GIOCARE AL seduttore E, PERCHÉ NO, DORMIRCI UNA notte intera.
H 8.00: BREAKFAST TIME POUF CONTENITORI TRIP E DIVANO KIVA DI KARIM RASHID PER VALDICHIENTI, TAPPETO CAMOUFLAGE DI CAPPELLINI, LAMPADA DA TERRA BRAZIL DI STEFANO ZECCHINI PER DANESE, VASI BIANCHI CASCADE DI LIGNE ROSET, VASSOIO TONDO DRIADE, VASSOIO DUNE BLU RETTANGOLARE DI MARIO BELLINI PER KARTELL, SERVIZIO TE MOON DI ROSENTHAL, TÈ DAMMAN FRERES, FLACONE DI CULTI.
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A ciasCUno IL Suo di Patrizia Catalano foto di Henry Thoreau
Per iniziare LA GIORNATA senza stress, PER lavorare O CONSUMARE UNA COMODA colazione. E ANCORA, per leggere, OZIARE con gli amici, GIOCARE AL seduttore E, PERCHÉ NO, DORMIRCI UNA notte intera.
UN DIvano Per oGnI oRa 2_IP 59 _00_00_DIVANI1_LT .indd 84
H 8.00: BREAKFAST TIME POUF CONTENITORI TRIP E DIVANO KIVA DI KARIM RASHID PER VALDICHIENTI, TAPPETO CAMOUFLAGE DI CAPPELLINI, LAMPADA DA TERRA BRAZIL DI STEFANO ZECCHINI PER DANESE, VASI BIANCHI CASCADE DI LIGNE ROSET, VASSOIO TONDO DRIADE, VASSOIO DUNE BLU RETTANGOLARE DI MARIO BELLINI PER KARTELL, SERVIZIO TE MOON DI ROSENTHAL, TÈ DAMMAN FRERES, FLACONE DI CULTI.
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H 10.00: BUSINESS & RELAX DIVANO GROUNDPIECE CON BRACCIOLO A SCAFFALATURA E TAVOLINO QUADRATO, CARLOTTA, DI FLEXFORM, TAVOLINO TONDO DI ARMANI CASA, LAMPADA DA TAVOLO DIVA DI ROTALIANA, TEIERA DAMMAN FRERES E TAZZA ANATOLIA DI DRIADE, BORSA DA UFFICIO E AGENDA NAVA, OCCHIALI RAYBAN, RADIO TIVOLI, LAMPADA DA TERRA TRINITAS DI LIGNE ROSET, MACBOOK DI APPLE.
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H 10.00: BUSINESS & RELAX DIVANO GROUNDPIECE CON BRACCIOLO A SCAFFALATURA E TAVOLINO QUADRATO, CARLOTTA, DI FLEXFORM, TAVOLINO TONDO DI ARMANI CASA, LAMPADA DA TAVOLO DIVA DI ROTALIANA, TEIERA DAMMAN FRERES E TAZZA ANATOLIA DI DRIADE, BORSA DA UFFICIO E AGENDA NAVA, OCCHIALI RAYBAN, RADIO TIVOLI, LAMPADA DA TERRA TRINITAS DI LIGNE ROSET, MACBOOK DI APPLE.
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H 16.00: LETTURA DIVANO PRIVÉ DI CASSINA, TAVOLINO REVERIE (IN PRIMO PIANO) DI NUBE, TAPPETO GOLRAN, APPENDIABITI DI ZANOTTA, TRENCH UOMO DONNA DI AQUASCUTUM, VASO OPALE ORIENTE DI DIEGO CHILÒ E VASI NERI DI VENINI, TELEFONO E SET SUSHI DI ALESSI, TOVAGLIETTE DRIADE, BORSA TRUSSARDI 1911, TAVOLINO IN ACCIAIO NIKEL NERO ARMANI CASA, LAMPADA DANESE.
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9 APriLe 2010 INTERNI•PANORAMA
H 13.00: LIGHT LUNCH DIVANO HOUSSE IN PELLE GRIGIA CON CUSCINI POGGIA RENI DI PAOLA NAVONE PER BAXTER, COPERTA DI CACHEMIRE DI AGNONA, CELLULARE NOKIA, LIBRERIA DI B&B ITALIA, VASI ARGENTO LIGNE ROSET, TAPPETO GOLRAN, CUFFIE PANASONIC, MATITE CARAN D’ACHE, TAVOLINO B&B ITALIA, MARRONS GLACÉ AGRIMONTANA, SVEGLIA DA TAVOLO LORENZ.
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H 13.00: LIGHT LUNCH DIVANO HOUSSE IN PELLE GRIGIA CON CUSCINI POGGIA RENI DI PAOLA NAVONE PER BAXTER, COPERTA DI CACHEMIRE DI AGNONA, CELLULARE NOKIA, LIBRERIA DI B&B ITALIA, VASI ARGENTO LIGNE ROSET, TAPPETO GOLRAN, CUFFIE PANASONIC, MATITE CARAN D’ACHE, TAVOLINO B&B ITALIA, MARRONS GLACÉ AGRIMONTANA, SVEGLIA DA TAVOLO LORENZ.
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A CIASCUNO IL SUO DIVANO / 87
H 16.00: LETTURA DIVANO PRIVÉ DI CASSINA, TAVOLINO REVERIE (IN PRIMO PIANO) DI NUBE, TAPPETO GOLRAN, APPENDIABITI DI ZANOTTA, TRENCH UOMO DONNA DI AQUASCUTUM, VASO OPALE ORIENTE DI DIEGO CHILÒ E VASI NERI DI VENINI, TELEFONO E SET SUSHI DI ALESSI, TOVAGLIETTE DRIADE, BORSA TRUSSARDI 1911, TAVOLINO IN ACCIAIO NIKEL NERO ARMANI CASA, LAMPADA DANESE.
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H 18.00: LOISIR DIVANO COMPONIBILE VOYAGE E TAVOLINI BIANCHI DI ROCHE BOBOIS, LAMPADA DA TERRA FUMÉ DI SLAMP, PARAVENTO FIORE IN FERRO DI ZANOTTA, VASSOIO CHRISTOFLE, CAPPELLI BORSALINO, LAMPADA DA TAVOLO DI AZUCENA, ZAINO MACULATO E GIACCA ROSSA TRUSSARDI 1911, FRUTTA DI MARZAPANE PASTICCERIA FRATELLI FRENI, RISIKO! DI EDITRICE GIOCHI.
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H 18.00: LOISIR DIVANO COMPONIBILE VOYAGE E TAVOLINI BIANCHI DI ROCHE BOBOIS, LAMPADA DA TERRA FUMÉ DI SLAMP, PARAVENTO FIORE IN FERRO DI ZANOTTA, VASSOIO CHRISTOFLE, CAPPELLI BORSALINO, LAMPADA DA TAVOLO DI AZUCENA, ZAINO MACULATO E GIACCA ROSSA TRUSSARDI 1911, FRUTTA DI MARZAPANE PASTICCERIA FRATELLI FRENI, RISIKO! DI EDITRICE GIOCHI.
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H 21.00: SEDUZIONE DIVANO PUMPKIN LIGNE ROSET, TAVOLINO XXX DI GLAS ITALIA, CANDELIERE E VASO IN PORCELLANA BIANCA DRIADE, PROFUMO ZEN CON FLACONE A CUBO IN CRISTALLO DI SHISEIDO, ABITO SERA E SANDALI DI ANTONIO MARRAS, SECCHIELLO CHAMPAGNE BOULLE D’ARGENT DI CHRISTOFLE, CHAMPAGNE CORDON ROUGE DI MUMM, PORTAOMBRELLI DI SKITSCH, LAMPADE DA TERRA DI ITALAMP, CALLE CENTRO NAZIONALE BULBI DA FIORE, TAPPETO SHINE DI I+I.
H 24.00: BUONANOTTE! DIVANO IN PELLE DI PATRICIA URQUIOLA PER B&B ITALIA. TAPPETO IN CAVALLINO COLOR VIOLA DI PARENTESI QUADRA, TAVOLINO COLLEZIONE OPPIACEI E SACCO A PELO MONDAY’S DI SKITSCH, CANDELABRO DRIADE, PIGIAMA FRETTE, RADIO TIVOLI, FLACONE CULTI, ABAT-JOUR DI BAROVIER & TOSO, CUSCINO ARMANI CASA, APPENDIABITI DI CAPPELLINI, CALZE A POIS GALLO. HA COLLABORATO GIUDITTA SIRONI.
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9 APriLe 2010 INTERNI•PANORAMA
H 21.00: SEDUZIONE DIVANO PUMPKIN LIGNE ROSET, TAVOLINO XXX DI GLAS ITALIA, CANDELIERE E VASO IN PORCELLANA BIANCA DRIADE, PROFUMO ZEN CON FLACONE A CUBO IN CRISTALLO DI SHISEIDO, ABITO SERA E SANDALI DI ANTONIO MARRAS, SECCHIELLO CHAMPAGNE BOULLE D’ARGENT DI CHRISTOFLE, CHAMPAGNE CORDON ROUGE DI MUMM, PORTAOMBRELLI DI SKITSCH, LAMPADE DA TERRA DI ITALAMP, CALLE CENTRO NAZIONALE BULBI DA FIORE, TAPPETO SHINE DI I+I.
H 24.00: BUONANOTTE! DIVANO IN PELLE DI PATRICIA URQUIOLA PER B&B ITALIA. TAPPETO IN CAVALLINO COLOR VIOLA DI PARENTESI QUADRA, TAVOLINO COLLEZIONE OPPIACEI E SACCO A PELO MONDAY’S DI SKITSCH, CANDELABRO DRIADE, PIGIAMA FRETTE, RADIO TIVOLI, FLACONE CULTI, ABAT-JOUR DI BAROVIER & TOSO, CUSCINO ARMANI CASA, APPENDIABITI DI CAPPELLINI, CALZE A POIS GALLO. HA COLLABORATO GIUDITTA SIRONI.
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Nel centro di Milano, una casa progettata da claudio la viola e pensata per catturare la luce grazie alla radicale reinvenzione della sua copertura. Un tetto che diventa un nuovo paesaggio composto da volumi trasparenti e spazi all’aperto.
di Matteo Vercelloni foto di Pietro Savorelli
il cielo in una stanza
I
l fenomeno del recupero dei sottotetti e della conseguente sostanziale trasformazione dello skyline urbano nonostante l’apparente limitatezza della scala d’intervento, puntuale e costretta oggettivamente ad operare sul costruito, ha assunto nell’ultimo decennio proporzioni quantitative così consistenti da essere individuato come uno degli aspetti della trasformazione edilizia di alcune città italiane. Purtroppo, nella maggioranza dei casi, alla quantità degli interventi non ha corrisposto un livello qualitativo e di attenzione altrettanto esteso. Tuttavia l’ambito progettuale del sottotetto, del costruire “in alto”, in alcuni casi ha espresso un elevato grado di sperimentazione legato sia alle soluzioni d’interni, sia al rapporto tra gli ambienti della casa e gli spazi all’aperto ricavati sulla copertura, vere e proprie stanze sospese affacciate sul paesaggio urbano. Questo progetto, realizzato da Claudio La Viola con Massimo Reccanello
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(luci di Mario Nanni Viabizzuno), si inserisce in tali eccezioni affrontando il tema del disegno della casa come occasione per sperimentare nuovi percorsi compositivi, in cui la luce naturale è chiamata ad assumere un ruolo chiave. L’intero spazio domestico si configura come una calibrata e rigorosa rilettura della tradizione della casa milanese con una netta separazione tra spazi privati (la zona notte) e pubblici (la zona giorno), che in questo caso diventano protagonisti legando i due livelli dell’abitazione, e proponendosi come zone di accoglienza e comfort. L’ingresso principale avviene direttamente dall’ascensore entrando, senza filtri di spazi comuni condominiali, nel foyer che anticipa il grande soggiorno. Un ambiente di passaggio che è la cerniera dei percorsi e degli spazi, che annuncia il carattere d’insieme nel volume a doppia altezza in cui si sviluppa la nuova scala di collegamento. A sottolineare il valore di quest’ultima come elemento di connessione, ma anche come episodio di grande respiro spaziale, un’opera appositamente eseguita da Getulio Alviani – protagonista della vicenda dell’arte programmata e ghestaltica che tenne banco sulla scena italiana fra gli anni Sessanta e Settanta – si sviluppa coprendo l’intera parete su >> cui si affaccia la balconata soprastante. Al piano d’ingresso, sulla
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Sopra e a lato, uno dei nuovi volumi vetrati che hanno trasformato in spazi abitabili il tetto di questo palazzo milanese. La parte centrale della copertura del padiglione soggiorno si può aprire per catturare la luce zenitale e per portare il cielo nell’interno. Divani Flexform.
La sala da pranzo ricavata sulla copertura connessa con il soggiorno. I due ambienti sono scanditi da un piccolo giardino esterno segnato da una vasca d’acqua.
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Sopra E lato, la zona giorno a livello ingresso è caratterizzata da una serie di aperture su due lati, la parete cieca ospita una libreria su disegno. pagina accanto, il soggiorno del livello soprastante verso lo sbarco della nuova scala interna.
sinistra si sviluppa la zona notte, che rispetto alla luminosità, ai toni e ai materiali del living gioca su atmosfere più raccolte e calde. Alla camera da letto padronale, corredata da un ampio bagno proprio e da una capiente cabina armadio, si aggiungono una seconda camera da letto, uno studio con bagno di servizio aperto anche verso il soggiorno, e una piccola cucina per la colazione mattutina. La grande sala della prima zona giorno è scandita da un’infilata di alte aperture su due lati per organizzare invece lungo la parte cieca una libreria su disegno che è tutt’uno con la superficie muraria. La luce naturale è catturata dall’alto e scende lungo la scala, ma è solo salendo che si scopre la nuova dimensione dell’architettura “sospesa”. Due stanzepadiglioni vetrati, un ulteriore soggiorno e la zona pranzo, con tetti in parte trasparenti per vedere le stelle e il cielo, sono scandite da un piccolo spazio verde con vasca d’acqua, mentre un sistema di terrazze a diverse quote affianca il primo volume vetrato organizzando un riuscito percorso di spazi aperti protetti da un’alta siepe verde, filtro naturale tra casa e città.
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Viste della nuova scala di collegamento tra i due livelli, collocata in un volume a doppia altezza. A sottolineare la dimensione del vano, un’opera dell’artista Getulio Alviani è stata appositamente eseguita in rapporto allo spazio che l’accoglie.
La nuova scala di collegamento è un elemento di connessione di grande respiro spaziale.
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il cielo in una stanza / 97
Scorcio della camera da letto padronale con la boiserie ad andamento orizzontale che, segnata da scuretti color avorio e ebano, raggiunge il soffitto.
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minimale domestico
L’abitazione privata del famoso architetto minimalista Claudio Silvestrin. Uno spazio disegnato con geometria arcaica, privo di ornamenti e di presenze effimere, dove le relazioni umane sono le vere protagoniste.
Pagina accanto: ritratto di famiglia nella zona living. Il divano Le foglie di Dema e la lampada Notte di Viabizzuno sono prodotti disegnati da Claudio Silvestrin. In questa pagina: vista del living dal piano soppalco. Il televisore è schermato da un anta in legno di rovere, che è il materiale ricorrente ovunque, dal pavimentoa listoni, alle finiture, ai mobili, tutti realizzati su disegno di Silvestrin.
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di Tersilla Giacobone foto di Jefferson Smith/Media 1
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9 aprile 2010 INTERNI•PANORAMA In questa pagina, un momento di intimità famigliare con Claudio Silvestrin e il piccolo Giotto.
Pagina accanto: due viste della zona cucina e un particolare del pranzo. Tavolo e panca Millenium Hope sono prodotti da Cappellini; anche la ciotola Taglio è un pezzo disegnato dal progettista. La cucina è risolta con un lungo bancone, finito da un piano in porfido bianco, suddiviso nelle diverse aree funzionali attraverso setti in muratura rivestiti anch’essi in porfido.
S
embra impossibile che in una casa così monacale viva una famiglia. Con un bambino che ancora non cammina. Suo padre è un famoso architetto, Claudio Silvestrin, italiano di nascita e di formazione, londinese come studio di progettazione. Quando, all’inizio degli anni ’90, si impone sulla scena dell’architettura internazionale desta stupore per le sue residenze. Sono l’esatto contrario di quel gusto ridondante, tipico del decennio precedente, in cui lo status symbol della ricchezza e del potere si concretizza in case dal lusso esibito. Le abitazioni di Silvestrin sono invece caratterizzate da un rigore di segno che non ammette fronzoli o sbavature, impostate su contrasti assoluti spinti con audacia fino al limite estremo. Il risultato è quello di un’architettura rigorosa, controllata, che diventa solenne proprio in virtù della sua voluta ed estrema semplicità. L’ornamento, così come la presenza degli oggetti, si riduce al minimo. Lo chiamano subito minimalismo questo nuovo modo di progettare e rappresenta l’icona di una società che non chiede più alle proprie abitazioni di esprimere ricchezza e aggressività, ma semmai di proteggere – con una sensibilità quasi orientale – la calma, la meditazione e il riposo. Questo concetto “zen” dell’abitare domestico appare ancora più evidente nelle realizzazioni recenti dell’architetto. Tra le quali la sua nuova casa londinese: “uno spazio disegnato con geometria arcaica, rigorosa e decisa – come lo definisce Silvestrin – ma allo stesso tempo armoniosa ed elegante, quasi senza tempo, priva di ornamenti e di presenze effimere”. Si tratta di un appartamento di 180 metri quadrati situato all’ultimo piano di un edificio modernissimo nel quartiere di Hoxton, da cui si gode una splendida vista sul Regent’s Canal: uno spazio aperto destinato a living e cucina, con studio e camera da letto soppalcati, potendo fruire di una altezza di cinque metri. La luce naturale, invade tutta la casa attraverso finestre a nastro che percorrono le pareti perimetrali da pavimento a soffitto. Molteplici e variate sono le viste che si rincorrono dal piano principale al soppalco e viceversa. Viste dall’alto sul soggiorno, sulla cucina, sul pranzo; viste reciproche dalle varie zone che compongono il living. “Le relazioni umane percepite in forma chiara e trasparente – dice, infatti, il progettista – sono le vere protagoniste, mentre gli oggetti e la tecnologia, pur essendo presenti, non sono mai visibili”. Anche la sua abitazione privata è testimone dell’inesausta ricerca di uno spazio
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armonioso e rarefatto, grazie alla quale, come afferma lo stesso Silvestrin, “con il minimo numero di oggetti, di materiali, di figure, di linee, di colori, di segni, l’invisibilità dello spazio quasi svanisce: lo spazio diventa, almeno a livello intuitivo, visibile”. Un concetto arduo da assimilare e fare proprio come la scelta, per esempio, di realizzare l’involucro con materiali esclusivamente naturali (legno, pietra, intonaco) perché “se ne possono respirare le energie invisibili”. La ricchezza se c’è non è ostentata perché deve prevalere lo spirito di una cella monastica. “Il superfluo, lo spreco, il materialismo, la volgarità, la bruttezza, lo sporco, il rumore, le urla, le tensioni e i conflitti urbani – soggiunge l’architetto asceta – rimangono al di là delle mura”.
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MINIMALE DOMESTICO / 101
Rigorosi piani murari in toni chiari e neutri come quelli dei materiali naturali formano suggestive quinte che inquadrano ampie vedute dell’abitazione.
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Vivere in questo spazio è come immergersi in un ambiente calmo, sereno, silenzioso, riflessivo. C’è tutto quello che serve, ma appare solo l’essenziale.
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MINIMALE DOMESTICO / 103
Anche nel bagno il materiale che ricorre come rivestimento è il porfido bianco, impiegato per le superfici sia verticali che orizzontali. Molto interessante e tipico del modo di progettare di Silvestrin è il concetto di esaltare la fisicità dei materiali naturali applicandoli a partiture murarie imponenti. Rubinetterie Vola di Rapsel e lampada Quasi di Viabizzuno. Pagina accanto: la camera da letto situata sul soppalco e pensata come una cella monacale. Un semplicissimo “tatami” appoggiato a pavimento è l’unico ed essenziale elemento di arredo.
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QuiNTE + colore
di Anita Greco foto di Henry Thoreau
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si affaccia sul parco sempione l’attico milanese di Paolo caputo. l’autore di palazzo lombardia opta per una felice combinazione tra un impianto moderno e tocchi di classicità.
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L’appartamento di Paolo Caputo all’ottavo piano di un palazzo moderno in zona Parco sempione è un attico completamente finestrato e circondato da un unico terrazzo . Due immagini del living. uno spazio aperto diviso da pareti colorate arredato con un mix di pezzi classici e contemporanei.
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S
pesso le case dove abitano gli architetti non sono perfettamente aderenti allo stile delle architetture che edificano per gli altri. Spesso gli architetti si dilettano in rocambolesche, improbabili architetture. Poi (loro) abitano in straordinari palazzi d’epoca che trasudano un magnifico passato, lontani anni luce dalla loro ideologia di progetto. Al contrario, Paolo Caputo, autore del nuovissimo Palazzo Lombardia della Regione, opta per una coerenza di stile tra la sua abitazione e la sua poetica di progettista. “Moderno”. Semplice e secco è l’aggettivo che Caputo (tra l’altro, tra i protagonisti di Think Tank, l’evento di Interni all’Università Statale di Milano) usa per definire il suo progetto residenziale: un attico all’ottavo piano di un palazzo degli anni Settanta realizzato da un allievo di Gio Ponti. “Ho volutamente progettato una casa classicamente moderna nell’impostazione generale, nella sobrietà dei materiali. Nelle >> scelte cromatiche. La ricerca è stata quella di essere in uno spazio
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lo spazio è interrotto creando angoli di privacy all’interno di un unico grande ambiente. 2_IP 59_104_109_CASA CAPUTO _LT_ch.indd 106
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QUINTE + COLORE/ 107
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sopra. la zona pranzo con Il tavolo ottocento inglese e, alla parete, un’opera dell’artista contemporaneo spagnolo miguel ibanez. pagina accanto. una delle zone relax del living con divani di christian liaigre.
continuamente guidato dal rapporto tra interno ed esterno”. Immaginate un grande contenitore a pianta rettangolare completamente finestrato. Che si affaccia su un unico terrazzo che gira attorno a tutta la casa. L’interno è contrassegnato da scelte secche e decise, come il pavimento, in legno scuro, a doghe giganti. Dai pannelli in cartongesso che ritmano lo spazio in modo da creare angoli conversazione, pranzo e lettura. C’è privacy ma siamo in un open space. Il trattamento delle pareti in toni naturali, è interrotto dalle pareti quinta tinteggiate in toni freddi e decisi: azzurro inchiostro e verde mare, che modulano l’ambiente, senza chiuderlo. La luce, secondo Caputo, è elemento fondamentale di ogni progetto. Quella artificiale è controllata da un sistema di illuminazione basato su plafoniere incassate nei contro soffitti. La naturale invece, è modulata attraverso dei forti contrasti di chiaroscuro, nell’interno della zona notte per esempio, una boiserie di ebano interrompe la luminosità del living: si passa dal chiaro allo scuro per poi ritornare al chiarore delle singole camere. Per quanto riguarda l’arredo, l’architetto opta per la coniugazione tra antico e moderno, tra presente e passato. Divani in velluto porpora di Christian Liaigre (con stoffe scelte personalmente), tavolini in cristallo su disegno del progettista, tavoli e consolle Ottocento. Alle pareti, quadri contemporanei firmati da Miguel Ybanez, artista spagnolo che vive in Olanda, particolarmente apprezzato da Caputo.
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Il colore modula la luce e dà carattere allo spazio. blu inchiostro e verde mare, un omaggio alle origini salentine dell’architetto sono i toni introdotti in un ambiente completamente neutro. un angolo della camera da letto. accanto allo scrittoio, sedia di Rietveld per cassina e divano prototipo gavina. Pochi cenni preziosi caratterizzano la casa, all’insegna di una composita sobrietà. qui a lato, un mobile inglese primo ottocento e, accanto, un vaso orientale.
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Ferzan Ozpetek, la tavola è gioia
di Antonella Galli
Intervista esclusiva. Nei suoi film, da Mine vaganti a Saturno contro, la vita ruota attorno alla cucina, ambiente che il regista predilige. Da buon cuoco qual è.
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Dall’alto, in senso orario: Ferzan Ozpetek nella sua cucina in un momento della lavorazione di Saturno Contro (2007) con Pierfrancesco Favino, Margherita Buy, Stefano Accorsi; un’altra scena di Saturno Contro, con Favino e Luca Argentero; la famiglia a tavola in Mine Vaganti (2010). Paola Minaccioni ed Emanuela Gabrieli in Mine Vaganti. foto di scena di R. Eucalitto Nella pagina precedente: il regista sul set di La finestra di fronte (2003).
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amiglia, tavola, cibo, amore sono un poker d’assi sempre vincente per Ferzan Ozpetek. Il regista ha recentemente conquistato critica e pubblico con Mine Vaganti, la storia di una famiglia pugliese tra tavolate ufficiali e tramezzini volanti. Dove il cibo, come l’amore, è una passione sublime. E, talvolta, fatale. La cucina e la tavola sono fonte di ispirazione… Da quando sono bambino le tavolate sono state importanti nella mia vita. Il cibo, la cucina, stare insieme a tavola. Ho tantissimi bicchieri e posate, mi piace sorprendere, mettere dei colori diversi secondo la giornata. Ci sono oggetti o stili che prediligi? Mischio tutto, non seguo uno stile, mi baso sul mio gusto estetico. Ma non solo a tavola: è importante anche come presento un piatto.. Ti piace cucinare? Tantissimo. Sono come Wilma de Angelis, do anche le ricette. Cosa in particolare? Primi piatti, il pollo, le melanzane, con cui preparo polpette e insalata… Inventi o segui le indicazioni? Seguo le ricette, ma aggiungo ingredienti. Un segreto? Nell’insalata,
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prima di condirla, grattugio la buccia del limone; solo dopo condisco, diventa buonissima. Nei tuoi film in cucina succede sempre qualcosa; è così anche nella vita? La mia cucina è grande, è quella di Saturno Contro. Noi mangiamo lì, tutti arrivano lì… Quando ero bambino mia madre voleva che a tavola si stesse uniti: non si doveva litigare o discutere. I miei erano divorziati, abitavano nella stessa casa e non si incontravano, tranne che a tavola. C’era sempre un’atmosfera bella, è sempre stato un piacere tornare all’ora di cena a casa, o a pranzo la domenica. Noi abbiamo sempre avuto molti ospiti a pranzo, ed è una mia abitudine, quando vado a fare la spesa, acquistare cibo per otto o dieci persone, anche se siamo solo in quattro, perché so già che in breve diventiamo otto… Oggi in cucina si incontra la famiglia allargata… Toglierei questi aggettivi. Che vuol dire allargata, o tradizionale? Basta una parola: famiglia. In Mine Vaganti ci sono varie tavolate: il cibo entra nel film… Riccardo Scamarcio ha detto che è la prima volta che su un set gli capita di vedere tanto cibo così curato. Pretendo che sul set bicchieri e piatti siano perfetti; tutto è cucinato al momento in una sala accanto, viene servito caldo, si dà motore e il ciack, poi si toglie e si rimette, fino a che non è completa la scena. Gli attori quel giorno mangiano in scena. Questo rende il film reale. Questa passione ti deriva dalle tue radici italiane, oppure la porti dall’origine turca? Io ho radici ovunque, mescolate, ma la cosa meravigliosa è essere mediterranei: greci, turchi, italiani, spagnoli, tunisini, marocchini, per noi la condivisione a tavola è fondamentale. C’è qualche architetto o stile che prediligi? No, accolgo tutti gli spunti: a Lecce, quando giravo Mine Vaganti, un’amica mi ha portato a pranzo in uno stallo rurale vicino a Otranto, trasformato in casa. Non volevo sedermi a tavola tanto era bella… Guardavo i colori, le luci… La tavola è una cosa che dà gioia.
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Ispirazione natura
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nouvelles cuisines
di Antonella Galli
Tajine per sei persone color oliva, della serie Flame di Emile Henry; in ceramica smaltata, è adatta anche alla fiamma diretta. Il piatto Flowers di Thomas riproduce fedelmente su fondo nero la celebre opera di Andy Warhol. Sotto: vasi Reunion di Rosenthal Studio-Line, in porcellana della giovane designer olandese Pieke Bergmans, che assemblano forme realizzate da Rosenthal negli anni passati.
Progetti e oggetti di ultima generazione rinnovano l’ambiente fulcro della casa. Amato e vissuto più che mai. con qualche segreto raccontato da cinque protagonisti.
A destra: teiera con finitura blu della collezione T.A.C. Celebration, su disegno di Walter Gropius, che Rosenthal Studio-Line ripropone in edizione speciale a quarant’anni dal suo lancio. Pagina precedente: cucina Contempora in legno di ulivo di Aster Cucine. Sotto, da sinistra: vaso Poppy di Abhika in porcellana cinese con motivi floreali rossi e supporto rotante in legno; piatto Butterfly di Thomas, ispirato al motivo dipinto di Andy Warhol; posate Mirrow in acciaio di Abhika, progetto di G+R Design.
Oggi crediamo nell’innovazione, nella ricerca, ma anche nell’attenzione artigianale al prodotto, nell’emozione che un abbinamento o un contrasto sanno suscitare. Come nella cucina Contempora con legno di ulivo, che ci ha sorpreso per il gradimento riscontrato tra i nostri clienti. L’intuizione vincente è stata quella di inserire un’essenza calda e preziosa accanto a materiali contemporanei. Tra le novità del Salone 2010 proporremo anche ragole e zucchine, pollo e branzino, salvia e basilico… la natura il legno di timo, in una splendida tinta arancione chiaro. irrompe in cucina con il gusto e il profumo degli alimenti, con l’acqua che Quale cucina ha scelto per la sua famiglia? scorre e la forza del fuoco. La cucina è fucina, e il sentimento della natura Una Aster, naturalmente, bicolore, in legno ebano naturale e con finitura è il suo spirito guida. Tanto più in un’epoca asettica e tecnologica come la arancio mattone. È ampia, un’area living che viviamo anche a pranzo. nostra. Ecco perché materie e decori che tracciano una linea diretta con A Pesaro, come in molte città di provincia, si riesce a tornare a casa a pranzo forme e colori del mondo naturale sono un trend intramontabile. La chiave di anche durante la settimana. un’estetica senza tempo. Applicata da Aster Cucine al progetto Contempora, Come trascorre il tempo in cucina? in cui la densa matericità del legno di ulivo è incorniciata dalla leggerezza del Io non posseggo nessuna abilità nel cucinare, ma ricordo alcuni episodi laccato bianco, ravvivata dal glamour dell’acciaio. Come racconta Mirko del ‘culinari’ in cui venivo coinvolto quando i miei figli erano più piccoli: Prete, pesarese e amministratore delegato di Aster Cucine. capitava nei fine settimana di preparare la torta o un dolce tutti insieme. Che filosofia persegue nel progettare le cucine della sua azienda? La nostra cucina è grande e questo rende tutto più semplice: i piccoli L’azienda è stata fondata ventisei anni fa da mio padre, che era nel settore già elettrodomestici sono sempre a disposizione sul piano di lavoro, senza da diversi anni. Abbiamo imparato strada facendo, compiendo anche errori. bisogno di riporli ogni volta.
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Come vi trascorre il tempo? Parlando, raccontando la giornata, talvolta discutendo. Solitamente la domenica in cucina mi ritrovo con gli amici: beviamo un buon bicchiere di vino rosso a cui segue un fiume di barzellette. Com’è oggi la sua cucina? ono lontani i tempi in cui la cucina era un ambiente di lavoro Nella casa di campagna è una cucina calda in legno: il nostro modello riservato al personale di servizio. La rivoluzione si è definitivamente Diamante, con una bella isola su cui impastare le frittelle il giorno di San compiuta, e che guadagno per l’ambiente domestico! Preparare il cibo, Giuseppe. Nella casa di città ho una cucina molto moderna, il modello Vola, gustarlo, condividerlo è prima di tutto una buona ragione per stare insieme. ricca di elettrodomestici per velocizzare i tempi di preparazione dei piatti. Chiacchierando, con un po’ di jazz in sottofondo e un calice tra le mani. Che evoluzione ha avuto questo ambiente? Il progetto cucina si è adattato, espandendosi al soggiorno, abbinandosi a L’evoluzione c’è stata, soprattutto dovuta alla riduzione della metratura delle divani e librerie. Senza stonature. Come nella cucina Segno di Effeti, progettata casa. L’ambiente cucina si è ampliato, è entrata nella zona salotto, è stato da Giancarlo Vegni, pensata per essere il centro della convivialità. Idea arricchito da zone a giorno, librerie. Le stesse cappe sono diventate oggetti fortemente condivisa e vissuta in prima persona da Armido Ristori, direttore di design che si integrano con l’arredo. generale di Effeti e fondatore dell’azienda di Tavarnelle Val di Pesa (Fi). Come deve essere la cucina ideale? Come vive l’ambiente cucina? Vissuta, calda; deve raccontare la mia storia, quella della mia famiglia. È il luogo dove mi rilasso dopo la giornata lavorativa, dove posso Che valori, aspetti privilegia progettando le sue cucine contemporanee? piacevolmente trascorrere il tempo con le mie nipotine. La praticità, l’ergonomia sempre rispettando l’artigianalità nella lavorazione.
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NOUVELLES CUISINES / 115 SET PER FINGER FOOD ENTITY 20 DI MEBEL, DESIGN MARCO MAGGIONI; NUOVO MODELLO DI STAMPO CHOCO-ICE LOVE DI PAVONIDEA, IN SILICONE PLATINICO PER CIOCCOLATINI O GHIACCIOLI; POSATE IN PLASTICA GIALLA ZLIN DI FUTURE SYSTEMS, TRA LE NOVITÀ ALESSI PER LA PRIMAVERA 2010; VASSOIO E PIATTI TOTAL BLACK TEXTURA DI COMATEC, IN POLISTIRENE, INDICATI PER IL DELIVERY O IL TAKE-AWAY. SFERA TRASPARENTE PERLA DI COMATEC, IN POLISTIRENE, CON CHIUSURA ERMETICA E FORI PER L’AERAZIONE; CIOTOLE ENTITY 9 DI MEBEL, PER SNACK E SALSE, IN VARI COLORI, DESIGN MARCO MAGGIONI. QUI SOTTO: IL COORDINATO PER SERVIZI DI CATERING LUX BY STARCK IN POLISTIRENE STAMPATO A INIEZIONE, CHE IL DESIGNER FRANCESE HA PROGETTATO PER COMATEC, DISTRIBUITA DA CHS. PAGINA PRECEDENTE: CUCINA SEGNO DI EFFETI, DESIGN GIANCARLO VEGNI.
I CONFINI DELLA CUCINA SI DILATANO, gli spazi si contaminano PER DARE RESPIRO A UNA convivialità fluida, INFORMALE, GIOIOSA.
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idee, anima e vita
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studi, la produzione si era già convertita alle cucine. Eravamo entrambi appassionati di design, così abbiamo coinvolto i protagonisti dell’Italian Design degli anni Sessanta. A quale dei suoi modelli si sente più affine? ostalgia. Che a volte assale di fronte a un presente Non ce n’è uno in particolare. Mi piacciono perché tutti sono caratterizzati da anestetizzato e impersonale, a un’attualità che sfugge dalle mani, in cui il un forte segno. Ho sempre cercato di seguire la lezione di Vico Magistretti, tempo è sempre contratto. Riappaiono, allora, visioni di tavole grandi, che mi diceva che dietro a ogni disegno ci deve essere un’idea. Non una moda con famiglie ancora più grandi, o compagnie di amici che dimenticavano o una tendenza. Ma un’idea. Così è nata anche la nostra ultima cucina, Mesa lo scorrere del tempo. In stanze accoglienti in cui il camino non mancava di Alfredo Häberli, che torna al significato originario di cucina. Ovviamente mai. Il passato ci consegna alcuni segreti di felicità: la centralità della letta in spirito contemporaneo. tavola, il valore dei materiali e degli allestimenti. Pensati per durare una Che significato ha per lei l’ambiente cucina? vita. Su questo terreno il pensiero creativo di Alfredo Häberli ha incontrato È un luogo centrale per la casa, e penso che sia necessario ridare un’anima a l’esperienza produttiva di Schiffini: così è nata Mesa, intorno a una grande questo ambiente. Si vedono spesso cucine improbabili, difficili da vivere. Ma la tavola con panche di legno. Enrico Schiffini, presidente dell’azienda spezzina, cucina è prima di tutto un luogo della vita, del quotidiano. Così va progettata. racconta, tra l’altro, come è arrivato a questo progetto. Che modello ha nella sua casa? Da quanto tempo si occupa di cucine? Ho un modello Cina disegnato da Magistretti, ancora in produzione dopo Direi da sempre: mio nonno ha fondato la società, che produceva arredi oltre trent’anni. E non sente il tempo. In questo caso, il design è l’esatto navali; quando sono subentrato io con mio fratello Carlo, al termine degli contrario della moda.
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Sotto, da sinistra, la nuova linea Ken Scott by Desart ispirata ai disegni e ai colori dello stilista definito ‘il giardiniere della moda’: calice rosso in vetro soffiato della linea Galla Placidia; piatto della collezione Portofino; vassoio rettangolare in porcellana e bicchiere da acqua verde Galla Placidia. Qui a destra: la bacinella cul-de-poule, con escrescenza che permette di miscelare una piccola quantità di ingredienti, la frusta a due funzioni e la spatola, tutti progettati da Matali Crasset e dal pasticcere Pierre Hermé per Alessi. In basso: Piccantino, lo sminuzza-peperoncino in gomma e acciaio di LPWK e Jim Hannon-Tan per Alessi; sotto, il set Piccoli Fiori di Pavonidea, mini-stampi in silicone per creare un bouquet di torte. pagina precedente: cucina Mesa di Schiffini, design Alfredo Häberli, in finitura nero gomma, Il piano di lavoro è in rovere naturale e riprende l’essenza del grande tavolo al centro della stanza; in primo piano, il piatto fiorito Galla Placidia di Ken Scott by Desart.
I progetti contemporanei non dimenticano i riti, gli allestimenti e i materiali che il passato ci ha consegnato. Ma li rileggono con sapienza. E un pizzico di ironia.
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un luogo di aggregazione nel quale invitiamo gli amici e nel quale siamo protagonisti mentre cuciniamo. Che ricordi ha della cucina dell’infanzia? ucinare, giocare, mangiare, conversare, disegnare, studiare. Tenendo conto che la mia famiglia produce cucine da oltre sessant’anni, Quante cose si fanno in cucina in una famiglia di tre, quattro, cinque la cucina rappresenta la mia vita. Dell’infanzia ricordo la cucina nella casa persone. Spesso contemporaneamente. Spesso in poco tempo. Oggi il dei miei genitori negli anni ’70: Spazio Vivo dell’architetto Forchiassin, nucleo familiare ha aumentato le esigenze, ritrovandosi in uno spazio più una cucina innovativa, dal punto di vista della componibilità e contenuto e dovendo ottimizzare le risorse. Senza dimenticare l’ambiente. dell’ergonomia con un’isola centrale. È stata inserita al Moma di New York. Un’utenza sensibile e dinamica a cui hanno cercato di rispondere i migliori Com’è oggi la sua cucina? progetti di cucina. Snaidero lo ha fatto con il sistema Orange, che cerca Sia io che mia moglie siamo molto affezionati alla nostra cucina che ha di aderire alle esigenze del vivere contemporaneo. Come racconta Edi circa 15 anni; non vogliamo cambiarla perché rappresenta un pezzo della Snaidero, presidente e amministratore delegato di Snaidero, a partire nostra storia e del nostro design. È il modello Contralto dell’architetto dall’esperienza personale. Offredi in pero. Nonostante gli anni, è ancora attualissima. Come vive l’ambiente cucina? Come deve essere la cucina ideale? Il fulcro della casa. È il nostro luogo di ritrovo, per mangiare, per discutere, Esteticamente bella, tecnologicamente avanzata e rispettosa dell’ambiente. per stare insieme. Questa non è solo una tendenza che emerge dalle recenti La cucina Orange e la Code che presenteremo al salone Eurocucina, ricerche di mercato ma un’evidenza che riscontro ogni giorno in prima assieme ad altri due progetti di Pininfarina e Iosa Ghini, sono l’ultima persona, nella mia famiglia. La mia cucina è un locale aperto al living, espressione di questa nostra filosofia.
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INTERNI•PANORAMA 9 aPRiLe 2010 MACCHINA DA CAFFÈ ESPRESSO SINGLE DI FRATELLI GUZZINI, DESIGN HIROSHI ONO, POCO PIÙ GRANDE DI UNA CAFFETTIERA DA SEI TAZZE; A FIANCO, CALICI ASSORTITI FROSINE IN VETRO, DI BITOSSI HOME. TAZZINA DA CAFFÈ VINTAGE VICHY ROSSO, DI BITOSSI HOME; SET DI TRE TAGLIERI LATINA DI FRATELLI GUZZINI, DESIGN ANGELETTI RUZZA. QUI SOTTO: CARAFFA SOFFIATA HAPPY HOUR DI GUZZINI, ANCHE IN VERSIONI COLORATE. IN BASSO: BOLLITORE PRELUDE DI ROWENTA IN ACCIAIO INOX SATINATO, ILLUMINAZIONE INTERNA DURANTE L’UTILIZZO. PAGINA PRECEDENTE: UN ALLESTIMENTO DELLA CUCINA ORANGE DI SNAIDERO IN VETRO, NUOVA FINITURA DALLE CARATTERISTICHE DI LEGGEREZZA E RESISTENZA, CON UNA VERSATILITÀ ESTREMA GRAZIE A SPECIALI TECNICHE DI LAVORAZIONE.
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ACCESSIBILE, SOSTENIBILE, multifunzione. UNO SPAZIO CAPACE DI RISPONDERE AL dinamismo della famiglia CONTEMPORANEA, IN CUI I RUOLI SI SOVRAPPONGONO E IL TEMPO È SEMPRE TROPPO POCO.
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concentrato ergonomico
Quindi come trascorre il suo tempo in cucina? A tavola, direi. Mi piace molto mangiare in questa stanza, mi aiuta n ambiente prezioso, esteticamente compiuto. Senza ingombri a rientrare nel mio mondo; credo sia l’ambiente più intimo della casa, che interrompano il fluire delle linee, l’armonia delle tinte, la composizione insieme al bagno. In cucina si fanno entrare quelli che consideriamo dei volumi. In cui l’efficienza di strumenti ed elettrodomestici sia celata, davvero amici, coloro a cui consentiamo di accedere alla nostra sfera quasi invisibile. Come un’opera d’arte, questa tipologia di cucine sa personale. È un luogo in cui si vive l’aggregazione e l’intimità: nascondere le difficoltà, facendo emergere le virtù. Esercizio in cui è riuscito con la famiglia, con gli amici. Carlo Colombo con il progetto Twelve di Varenna. In tandem con Giovanni Ma di cucine deve occuparsi per lavoro… Anzani, amministratore delegato del Gruppo Poliform e Varenna, che svela Per chi produce arredo, la cucina è l’ambiente più difficile della casa: il suo modo di pensare e vivere la cucina. riunisce in una sola stanza funzioni molto diverse e complesse, che Ci racconti il suo rapporto con la cucina… devono entrare in sintonia tra loro: cuocere, lavare, raffreddare, elaborare Premetto che da brianzolo tradizionale quale sono, in cucina non so fare manualmente con attrezzi potenzialmente pericolosi… Quindi sicurezza, niente. Sono un vero esperto… nel caffè: riesco a prepararlo sia con la funzionalità ed ergonomia devono coincidere. E poi la cucina si usa più macchinetta che con la moka. Ma questo è davvero tutto. Ho avuto una di ogni altro ambiente, subisce un logorio a cui non è sottoposto nessun mamma che non aveva alcun trasporto per la cucina, e non ci ha trasmesso altro arredo domestico. Per queste ragioni abbiamo scelto di curare questa passione. Ammetto che sono un po’ viziato, perché ho una moglie particolarmente i materiali e le finiture (gli incollaggi sono fondamentali), molto brava in cucina. Mi piacerebbe, una volta, fare qualcosa per lei, e le dotazioni di elettrodomestici. Come la cappa, poiché il ricambio degli ma credo di non esserne davvero capace. odori è di primaria importanza per la vivibilità dell’ambiente.
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PIATTI DA DESSERT E TAZZINA DA CAFFÉ DELLA NUOVA LINEA ICEBERG BY DESART, COLLEZIONE LUCHA, DISEGNATA DALLO STUDIO ESPLORATORI DELLO SPAZIO, CHE HA UTILIZZATO I SEGNI GRAFICI DI UN TESSUTO DELLA MAISON ICEBERG. IN ALTO A DESTRA: ALCUNI PEZZI IN PORCELLANA DELLA COLLEZIONE HANAMI DI CHRISTOFLE, DESIGN MARINA CHASTENET. IL SERVIZIO SI COMPONE DI SEI PIATTINI, TRE IN COLOR AZZURRO INDACO E TRE IN BIANCO, PIÙ LE TAZZINE DA TÉ E CAFFÈ. PAGINA PRECEDENTE: LA CUCINA TWELVE DI VARENNA, DESIGN CARLO COLOMBO, NELLA VERSIONE NATURAL; CON NUOVI CROMATISMI E MATERIALI IN CONTRASTO: ANTE IN LACCATO LUCIDO FANGO, SCHIENALI IN ROVERE BRUNO, PIANO IN ACCIAIO.
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A SINISTRA: IL BOLLITORE VERA DI CASA BUGATTI NELLA VERSIONE IN METALLO CROMATO CON FINITURA A EFFETTO LUCIDO, DESIGN STARSMILANO ANDREAS SEEGATZ. SOTTO A SINISTRA: PENTOLE DELLA LINEA SALVASPAZIO DI LAGOSTINA, CON MANICATURE AMOVIBILI IN ACCIAIO, BAKELITE BIANCA O BAKELITE NERA. SOTTO, A DESTRA: LA MACCHINA PER IL CAFFÈ DIVA DI CASA BUGATTI, IN VERSIONE TERMOCOLORE CHE UNA VOLTA ACCESA E RISCALDATA CAMBIA COLORE.
RICEVERE IN CUCINA, PERCHÉ NO? UN AMBIENTE DA ESIBIRE, DI CUI PARLARE. Un esercizio di stile, UN CONCENTRATO DI PRESTAZIONI. Per arrivare all’eccellenza.
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Il focolare intelligente IP59_112_123_SetCucine_LT.indd 122
Cuocere senza calore è una scommessa della tecnologia Ormai vinta grazie ai piani a induzione. Rapidi, precisi, sensibili. Perfetti anche per i cuochi piÚ esigenti. e, per scaldare, anche tanto, tanto colore.
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A DESTRA: NUOVO PIANO AD INDUZIONE FLEXINDUCTION T44T43NO DI NEFF BICCHIERE DELLA COLLEZIONE BUBBLE E PIATTI IN CERAMICA DELLA COLLEZIONE MORSE DI LA GALLINA MATTA. SULLO SFONDO, IL TESSUTO SIIRTOLAPUUTARHA 133, NOVITÀ DI MARIMEKKO PER L’ESTATE 2010. LINEA DI PENTOLE TERRA IN ALLUMINIO PRESSOFUSO DI TVS, DESIGN MATTEO THUN. PAGINA PRECEDENTE: CUCINA CON PIANO COTTURA A INDUZIONE DTI789VE DI DE DIETRICH, CHE PRESENTA IN MODO LINEARE TUTTI I FUOCHI. IN PRIMO PIANO: PADELLA DELLA LINEA ECO SPACE DI TVS, CON MANICO SMONTABILE E CON RIVESTIMENTO CERAMICO CERAMIT. NELLA STESSA LINEA, IL SET ECO SPACE INDUCTION, SPECIFICO PER PIANI A INDUZIONE.
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ultima evoluzione del piano cottura si chiama induzione: un sistema che cuoce i cibi facendo a meno di fuoco, fiamme o piastre roventi. Il segreto è racchiuso in una bobina che crea un campo magnetico, grazie a cui si mettono in movimento le molecole di metallo della pentola. L’energia viene trasmessa ai tegami e cuoce i cibi con molta rapidità (in circa tre minuti può far bollire un litro d’acqua contro i cinque del gas) e precisione nelle temperature, in operazioni anche delicate come far sciogliere il cioccolato (per cui solitamente si utilizza la cottura a bagnomaria). Possono essere utilizzate tutte le pentole il cui fondo è di materiale ferroso, come le comuni pentole in acciaio, in acciaio smaltato o in ghisa. I vantaggi? Funziona senza scaldarsi, quindi non scotta, non brucia i cibi, non si sporca, fa a meno del gas perché utilizza la corrente elettrica e ha massima efficienza senza dispersioni. Non ultimo, l’aspetto della sicurezza: nei piani a induzione la zona di cottura si attiva soltanto se a contatto con la pentola, evitando accensioni accidentali da parte dei bambini. Inoltre,
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poiché il calore si genera esclusivamente sul fondo della pentola, la superficie del piano resta fredda, senza il rischio di possibili scottature. Il piano a induzione è, dunque, una delle frontiere della tecnologia domestica, sviluppato da De Dietrich con grande flessibilità di forme e modelli e un’ampia casistica di applicazioni. I suoi modelli vanno dai 65 cm di larghezza ai 93 cm, con una potenza che arriva a 3600 W e con i fuochi disposti in modo lineare. Novità assoluta tra i fuochi è lo spazio Continuum, che può essere sfruttato in due zone separate o in tutta la sua ampiezza (40 x 23 cm) disponendovi una grande pesciera o tante piccole casseruole. L’idea di uno spazio libero da sfruttare secondo le esigenze di cottura è applicata anche da Neff nel nuovo modello FlexInduction T44T43NO: se da un lato sono posizionate due zone di cottura tradizionali, dall’altro un’area di 760 cm2 può accogliere liberamente più pentole contemporaneamente. E anche i possibili problemi con il consumo energetico sono risolti, grazie alla funzione Powermanagement, che adegua l’assorbimento del piano cottura al contatore.
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Amb A mbIE IEnt ntE ntE
RelA elAx elA Ax
IL BAGNO SI è trasformato IN UN LOCALE da personalizzare, ARREDARE E VIVERE COME LE ALTRE STANZE. E SI FA SPAZIO NELLA CASA CON NUOVI ARREDI E MATERIALI CHE, IN UN MIX DI design classico e contemporaneo, SANNO ADATTARSI OMEGA È UNA DOCCIA CON SEDUTA ERGONOMICA IN TEAK A QUALSIASI CONTESTO. E GENERATORE DI VAPORE PER IL BAGNO TURCO. ESSENZIALE NELL’ASPETTO IN REALTÀ È TECNOLOGICAMENTE MOLTO INNOVATIVA. DESIGN PININFARINA PER JACUZZI.
di Alma Mari
PAGINA A LATO.LUMIÈRE È UN SOFFIONE CIRCOLARE PENSATO COME UN ELEMENTO DI ARREDO: DECORATO E LUMINOSO FA UN GETTO D’ACQUA AMPIOE DIRETTO, BOSSINI.
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Opera è una collezione in ceramica bianca dalle forme totemiche e importanti, Ceramica Cielo. Vasca e pavimento rivestiti in ceramica NUDO di diversi formati. Design Claudio La Viola per Brix. PAGINA A LATO. Vasca Novecento in Cristalplant® bianco con bordo rettangolare. È accessoriabile con portasalviette in acciaio inox. Design Benedini Associati, Agape.
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PEZZI sicuri e INTRAMONTABILI VANNO “colorati” CON OGGETTI, biancheria, RICORDI DI viaggio E profumi.
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NOMADISMO, INNOVAZIONE E BELLEZZA PER I PRODOTTI FREE-STANDING DELLA COLLEZIONE FARAWAY, ZUCCHETTI.KOS.
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Creare una piccola toilette, separata come si usa in Francia, permette di aprire la stanza da bagno alla camera da letto o alla zona fitness a vantaggio del comfort, della condivisione e dell’estetica..
SOPRA, la doccia Multicomfort per gestire diversi tipi di getto, verticale, orizzontale e idromassaggio, da un unico corpo, Cristina Rubinetterie. Old-fashion rivisitato: la Ceramica Nera lucida, trasforma le pareti grazie alla sua forma convessa e all’effetto tridimensionale, Mutina. La Vasca Sartoriale di C. Colombo è un mix di classico e contemporaneo. Suoi anche i lavabi da terra Cupola e i sanitari Mascolo, tutto Antonio Lupi.
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Vasca da incasso Paper disegnata da G. Talocci e realizzata con l’esclusivo materiale Duralight®. Previsti rivestimenti anche in diverse finiture di legno abbinabili con gli arredi circostanti, Teuco.
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Aziende e prodotti suggeriscono ambientazioni in linea con il resto della casa. la vasca arreda camera da letto, living e spazi esterni.
Charme e prestazioni per Colette, consolle in fire-clay bianco o nero con gambe nello stesso materiale o in alluminio cromato e oro, Devon&Devon. Ellipso, Duo Ovale è una vasca free-standing in acciaio rivestito da una speciale smaltatura autopulente, Kaldewei.
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È UFFICIALE. E FA PIACERE POTERLO RACCONTARE. VA ALL’ITALIA LA PALMA DELLA SOSTENIBILITÀ IN TEMA DI emissioni zero. Alcantara S.P.A., L’AZIENDA CHE DA 36 ANNI PRODUCE ED ESPORTA IN TUTTO IL MONDO L’OMONIMO MATERIALE DI RIVESTIMENTO, HA INFATTI OTTENUTO LA certificazione di carbon neutrality. di Gilda Bojardi
IL nuovo Lusso a emISSIonI zero UN RICONOSCIMENTO SERIO E PRESTIGIOSO, FORTEMENTE VOLUTO DAL PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO ANDREA BORAGNO.
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os’è esattamente la certificazione di Carbon Neutrality? Tradotta in parole povere, la certificazione attesta che per produrre Alcantara® non si immette nell’atmosfera nemmeno un grammo di CO2. Significa che abbiamo saputo azzerare il bilancio di emissione di gas serra nella totalità del nostro processo produttivo, dalla culla ai cancelli: da quando reperiamo le materie prime a quando il prodotto finito esce dallo stabilimento e viene consegnato. Come avete fatto ad ottenere un tale risultato? Innanzi tutto utilizziamo solo energia proveniente da fonti rinnovabili. Questo ci ha permesso, in un solo anno, di dimezzare l’emissione di CO2 del 49%. E per quanto riguarda il rimanente 51% abbiamo compensato investendo quote in tre progetti dedicati allo sviluppo di energie sostenibili e patrocinati dall’ONU: una centrale eolica in Nuova Zelanda e due impianti idroelettrici, in Honduras e in India. Quello che immettiamo da una parte (che comunque abbiamo ridotto della metà!), lo compensiamo quindi dall’altra. Perché avete voluto così fortemente questa certificazione? Il mondo sta cambiando e con esso il concetto di lusso. Quello ostentativo, che non rispetta il sociale e l’ambiente, quello non etico insomma, ha fatto
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sopra, alcantara® collezione starlite. a sinistra, andrea boragno, presidente e amministratore delegato di alcantara s.p.a., e l’impianto eolico te apiti in nuova zelanda. acquistando quote nel progetto, patrocinato dall’onu, alcantara s.p.a., dopo aver dimezzato le sue emissioni di co2, compensa il rimanente. in questo modo, l’azienda ha ottenuto il certificato di carbon neutrality. pagina accanto, la sede di alcantara s.p.a. a milano
il suo tempo. Stiamo cavalcando un’onda lunga il cui impatto però sarà sempre più forte. Il futuro va certamente in questa direzione. Come si definisce il nuovo lusso? È fatto di soluzioni sartoriali, che puntano sull’unicità dell’offerta. In termini industriali questo significa tailorizzazione. È fatto di qualità, certamente, ma non da sola. Ad essa va aggiunta l’attenzione per il design, la capacità di coniugare alte qualità estetiche e sensoriali con la funzionalità. Il nuovo lusso cerca l’elemento straordinario e vuole poterne godere ogni giorno. In questo ci aiuta la natura stessa di Alcantara®: la possibilità di declinare questo materiale in un’infinita varietà di applicazioni lo rende infatti perfetto per gli interior, per la moda, il car design… Ma il nuovo lusso è anche attento all’ambiente ed ha una forte connotazione etica. Ricerca e richiede onestà, non uno dei tanti slogan aziendali sostenibili adesso tanto in voga. Per questo tutti i passaggi più importanti del progetto di sostenibilità aziendale di Alcantara S.p.A. sono certificati da TUV, un ente certificatore tedesco riconosciuto a livello internazionale. Non abbiamo tempo per la sostenibilità come moda. Alle parole preferiamo i fatti. La sartorialità dell’offerta è stato anche uno dei punti fondamentali della nostra ampia operazione di riposizionamento operata negli ultimi anni. Una volta colto il cambiamento nel concetto di lusso, la nostra priorità è stata quella di indirizzare i nostri sforzi di innovazione per poter offrire soluzioni tecnico-stilistiche tailorizzate. In questo processo è fondamentale il ruolo del dipartimento Ricerca & Sviluppo che si occupa costantemente di individuare nuovi prodotti, alla scoperta di processi adatti al mercato futuro. Del resto, l’azienda dedica >> attualmente alla ricerca il 4,5% del fatturato e collabora con le più
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sta emergendo un altro concetto di lusso, fatto di sartorialità, sensorialità, tecnologia ma anche e soprattutto rispetto per l’ambiente.
ANDREA BORAGNO Ingegnere chimico con master in Business Administration alla Bocconi, Andrea Boragno è entrato in Alcantara S.p.A. nei primissimi anni Novanta. Dal 1998 al 2004 ha lavorato negli Stati Uniti, come Presidente e Amministratore Delegato della divisione di un importante gruppo tessile americano acquistato dalla Toray (uno dei due principali azionisti di Alcantara S.p.A.). Nel 2004 rientra in Italia come Amministratore Delegato di Alcantara S.p.A. per poi diventarne anche il Presidente nel 2006. Da quando è alla guida dell’azienda, Boragno ha operato un’ampia operazione di riposizionamento che ha ulteriormente avvicinato il marchio al mondo del design e della moda e di cui la certificazione di Carbon Neutrality è l’ultimo atto in ordine di tempo.
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ALCANTARA®: COS’È E COSA NON È. Non è un tessuto perché non ha trama o ordito. Non è una pelle, men che meno sintetica. Non è uno scamosciato naturale né artificiale. Non è una microfibra o una ultramicrofibra né un tessuto sintetico o un velluto. Cos’è allora Alcantara®? Dice Andrea Boragno: “Si tratta di un materiale di rivestimento di fatto unico. Compatta come la pelle ma traspirante, Alcantara® resta fresca d’estate e calda d’inverno. È lavabile e stirabile, come il cotone e il lino, e indistruttibile come i tessuti tecnici ma leggera. Ha una duttilità unica che le permette di essere trasparente come un velo, avvolgente come un abito di seta, consistente come un velluto, con spessori che variano da 0,4 a 1,2 millimetri. Adatta, insomma, a rivestire di tutto, dal divano all’abito, dal sedile dell’auto allo yacht”. LA POLTRONA GHOST 18 DI PAOLA NAVONE PER GERVASONI REINTERPRETATA CON ALCANTARA® STAMPATo E TAGLIATo AL LASER, ALL’EDIZIONE 2009 DELL’ ALCANTARA DESIGN MUSEUM AL SUPERSTUDIO PIÙ IN VIA TORTONA.
“utilizziamo solo energia proveniente da fonti rinnovabili. questo ci ha permesso, in un anno appena, di dimezzare le emissioni di Co2”.
importanti realtà universitarie europee attive in tutti gli ambiti di possibile affinità con i prodotti Alcantara. Il vostro Direttore Artistico è Giulio Cappellini. Sono ormai anni che Alcantara S.p.A. è una presenza costante alla settimana del design milanese. Avete anche presentato recentemente un progetto dedicato ai talenti emergenti della moda. Come mai c’è una così grande affinità tra la vostra azienda e il mondo del design? Quello tra noi e il design è certamente un rapporto privilegiato. Un rapporto che esiste da sempre perché i designer sono come delle antenne che percepiscono le tendenze e il cambiamento. Sono loro che danno forma al nostro quotidiano con gli oggetti, gli arredi, le vetture e gli abiti che progettano. E sono loro che hanno capito da subito le grandi potenzialità di Alcantara® e il vero significato di quello che chiamiamo Extraordinary, Every Day: lo straordinario da vivere nel quotidiano attraverso i valori estetici e sensoriali che offre Alcantara® uniti al suo altissimo livello di funzionalità in termini di durabilità, lavabilità, traspirabilità. È un rapporto che esiste e ci piace coltivare, ad esempio con le iniziative che proponiamo ogni anno in occasione del FuoriSalone a Milano. Cosa vedremo quest’anno? La seconda puntata di Alcantara Design Museum al Superstudio Più in
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Via Tortona. Un evento che è nato da una sorta di circolo virtuoso tra di noi, i designer e le aziende per le quali lavorano. Aziende del made in Italy ma anche realtà produttive francesi, tedesche, olandesi, svedesi e svizzere. Anche questa volta abbiamo chiesto a tanti grandi nomi del design (Paola Navone, Carlo Colombo, Piero Lissoni, Matteo Thun, Marcel Wanders e Christophe Marchand solo per citarne alcuni) di cimentarsi in una personale reinterpretazione di un loro progetto utilizzando Alcantara®. Di fatto raccontiamo la nostra capacità di offrire soluzioni tailor-made che trasformano pezzi di produzione, come sono quelli che vedremo all’Alcantara Design Museum, in pezzi unici. Che però sono alla portata di tutti perché quando si tratta di rivestire un arredo in Alcantara® basta chiedere e tutto è possibile. È questo il vero lusso: dare a tutti la possibilità di vivere lo straordinario ogni giorno. Cosa rende straordinario il suo quotidiano? A parte Alcantara? Lavorare al mio progetto di ristrutturazione di una casa al mare, immersa nella macchia mediterranea. La sto rimettendo a nuovo insieme ai locali, gente che conosce le pietre e le piante del posto e che lo sa fare nel totale rispetto del genius loci. Perché solo dal rispetto nascono le cose belle.
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nuovo lusso a emissioni zero / 135
SOPRA. IL VIP LOUNGE DI PAOLA NAVONE A MAISON ET OBJET CON IL DIVANO AIRPORT (PRODUZIONE POLIFORM) IN ALCANTARA®. A DESTRA, ALCANTARA® PERFORATo COLOR CREMA. IN BASSO A DESTRA, IL PROGETTO DI PATRICIA URQUIOLA PER L’ALCANTARA DESIGN MUSEUM 2009: PER RIVESTIRE LA SUA POLTRONA VOLANT PROGETTATA PER MOROSO, LA DESIGNER SPAGNOLA HA UTILIZZATO ALCANTARA® STAMPATo, PIEGATo E CUCITo A MANO. sotto. Abito senza maniche con gonna a petali sovrapposti di varie dimensioni, borsa sferica e scarpe bondage: il tutto realizzato in Alcantara® Light 0,6 mm da Sara Lanzi, già vincitrice del concorso moda per giovani talenti “who’s next?”.
“LA sostenibilità SEMBRA ORMAI una moda. AL GRANDE PUBBLICO DICO: DIFFIDATE DEGLI SLOGAN FACILI E DI CHI SI AUTODEFINISCE eco SENZA AVER DAVVERO OPERATO IL CAMBIAMENTO SUL SUO intero iter produttivo”.
ALCANTARA S.p.A. FACTS&FIGURES 1972: NASCE ALCANTARA S.P.A. 70-30: IL RAPPORTO IN PERCENTUALE TRA I DUE PRINCIPALI AZIONISTI GIAPPONESI DELL’AZIENDA, RISPETTIVAMENTE TORAY INDUSTRIES INC. E MITSUI CO., LTD 70: I MILIONI DI FATTURATO DI ALCANTARA S.P.A. NEL 2009. 80: I MILIONI DI FATTURATO CHE ALCANTARA S.P.A. STIMA DI OTTENERE NEL 2010 (RITORNANDO COSÌ AI VALORI DEL 2008) 15-85: IL RAPPORTO IN PERCENTUALE DELLE VENDITE DI ALCANTARA® TRA ITALIA ED ESTERO (SOPRATTUTTO EUROPA MA ANCHE USA E CINA).
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LOisir
OVVERO IL piacere DI riconoscersi IN UN progetto, COSTRUIRE UN GRANDE EVENTO, sposare LE nuove tecnologie mobili, IMMERGERSI NEL relax DI una Spa DI DESIGN. LA GIOIA DI VIVERE è L’ARTE DEL fare.
LA SCALA A CHIOCCIOLA DELLA CANTINA BOCCA LUPO, A MINERVINO MURGE, TENUTA TORMARESCA DEGLI ANTINORI.
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Un fotografo lancia un vino di qualità. un grande produttore PROPONE bottiglie da enoteca low cost. E ancora, un concept biodinamico, una cantina d’avanguardia e un ambizioso progetto export. In italia la viticoltura è sempre più creativa.
Cuore DI vite
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di Rosa Tessa
ola Toscani, mentre è in auto con suo padre Oliviero racconta come sta andando la vendita di OT wine che, (annata 2006, 12 mila bottiglie frutto dei 12 ettari di vigneto a Casale Marittimo, in Toscana, sul terreno di famiglia), da quest’anno è per la prima volta sul mercato. “Quella con il vino è una liaison che ha antefatti lontani – spiega Lola–. Comincia negli anni Ottanta, quando mio padre comprò la terra in Toscana, con un casolare diroccato. Pian piano ha messo alberi, costruito altri casolari e poi nel 2000 una ditta francese ha piantato il vigneto che fa parte di questa azienda come i cavalli, le mucche, i maiali, e – ride – anche noi figli”. “Mio padre dice che finalmente ha trovato il suo vero lavoro. Non deve più fare il fotografo… può finalmente fare il contadino”. ( Suo padre che sta ascoltando quello che dice sua figlia, corregge “non faccio il contadino, ma l’artista del vino, nel senso che voglio viverlo e comunicarlo con arte, a mio modo insomma”). Lola Toscani, 24 anni, lavora insieme al fratello Rocco, 29 anni e a suo padre sui progetti di tutti i clienti della Sterpaia, società di comunicazione di Toscani, e anche sulla comunicazione del vino. Mentre la parte gestionale e produttiva è lasciata in mani amiche ed esperte: l’agronomo Federico Kurtaz e l’enologo Attilio Pagli che fanno il rosso OT con il 50 per cento di Syra, il 35 per cento di Cabernet Franc e il 15 per cento di Petit Verdot , 12 mila bottiglie per 12 ettari. “Gli esperti fanno il vino e noi lo comunichiamo con il nostro spirito giovane e fresco che rompe i toni troppo austeri e seriosi con cui comunemente viene comunicato” dice Lola e le fa eco suo padre: “Il vino è un elemento di comunicazione e di civiltà. Il mio deve essere allegro, piacevole e così lo comunico”. Parole, ma anche progetti perché Toscani con il designer Peter Zumthor sta definendo i dettagli della nuova cantina. “La mia idea è non avere un monumento, ma una porta che entra nella terra, un quadrato rosso. Vorrei iniziare quest’anno i lavori”. E ci tiene ad aggiungere: “Per me il vino è un progetto serio, voglio arrivare al vertice della qualità”.
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Primo anno di lancio per ot, il vino di Oliviero Toscani che si presenta allegro, vivace e amichevole.
Lola e Rocco, due dei quattro figli di Oliviero TOScani che lavorano per la Sterpaia, lo studio di ricerca e comunicazione del padre. sopra, le bottiglie OT wine che hanno come etichetta i colori primari per fare una foto: il magenta, il giallo e il CIANO.
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Vittorio Moretti, fra i primi a chiamare un grande architetto, Mario Botta, per PROgettare la sua cantina in Toscana, vuole usare il design come ingrediente fondamentale per gli edifici, le barche, gli alberghi e, naturalmente, il vino. Sopra. la cantina di Petra, progettata da Mario Botta a San Lorenzo Alto, a Suvereto, nella maremma livornese, in Toscana; foto di famiglia, Vittorio Moretti con la moglie Mariella e le figlie Carmen, Francesca e Valentina. a sinistra. un corridoio della cantina di Petra; a destra un Bellavista, Convento Santissima annunciata, cento per cento chardonnay.
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ittorio Moretti, uomo di Franciacorta, terra di mezzo tra Brescia e la costa orientale del lago d’Iseo, si definisce uno che sogna a occhi aperti, ma che realizza quello che sogna. È stato tra i primi in Italia, sette anni fa, a costruire una cantina progettata dall’architetto Mario Botta, un segno architettonico sul territorio, nella sua azienda agricola Petra a San Lorenzo Alto a Suvereto, nella Maremma livornese. L’azienda – trecento ettari di vigneto, oliveto e bosco – è diretta e gestita dalla giovane Francesca che insieme a lui e alle altre figlie Carmen e Valentina si dividono compiti e ruoli nella holding di famiglia. All’Andana, nella tenuta La Badiola a Castiglione della Pescaia nella Maremma vicino a Bolgheri, Moretti ha trasformato la fattoria dell’Acquagiusta, residenza del Granduca di Toscana, in un resort di lusso, con ristoranti di Alain Ducasse e, naturalmente i vini. Una panoramica territoriale e progettuale, che suggerisce quali sono le due anime di Moretti, quella da costruttore edile e quella da imprenditore del vino, la prima ereditata dal nonno paterno e la seconda da quello materno. Ma l’imprenditore di Franciacorta ha anche un altro pallino: il design che “alza – spiega – il livello qualitativo della vita. È indubbio che il bello ci faccia stare meglio”. Intorno ai suoi terreni in Franciacorta, sopra e sotto la stessa collina di Bellavista, Vittorio Moretti ha riunito la casa di famiglia, la prima vigna, la cantina, e l’Albereta – un albergo extra lusso, il ristorante
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di Gualtiero Marchesi, l’Espace Vitalité di Henri Chenot e gli uffici della holding Terra Moretti. Sempre lì con il marchio Contadi Castaldi ha affinato il concetto di Satèn, riunendo in un vino i due canoni francesi di blanc de blanc e crémant. E recentemente insieme al designer Giulio Ceppi e con la consulenza di Giacomo Mojoli, ex vicepresidente Slow food, ha messo a punto un kit che diventa strumento di comunicazione del ‘progetto vino’ presso il pubblico che a sua volta contribuisce attivamente alla definizione del Cuvée. Moretti ha anche la passione per il mare che si è trasformata in una realtà imprenditoriale, un cantiere navale, il Maxi Doplhin che progetta e costruisce barche a motore e vela firmate anche da Bruce Farr, German Frers, Luca Brenta.“Il design interviene molto nelle nostre aziende” commenta Moretti “Cerco una persona giusta che mi faccia proposte di progetto nel design delle mie attività”. E nell’attesa di trovare chi si occupi in modo permanente del design si cimenta lui stesso. Ha disegnato la bottiglia Bellavista, le bottiglie dell’olio Petra e Tenuta La Badiola. “Importante è la cultura del prodotto” dice. Sfida di quest’anno? Mettere sul mercato il ‘Mareto’, un vino il cui prezzo di vendita in enoteca è di poco più di 3 euro, “il nostro primo vino alla portata di tutti, ma che deve essere buono come tutti gli altri”.
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PER Cristian Giorni e Filippo Ferrari I vini CHE PROVENGONO DA terreni riequilibrati CON LA biodinamica SONO MIGLIORI E più SANI.
IN ALTO DA SINISTRA, CRISTIAN GIORNI E FILIPPO FERRARI, CHE INSIEME CONDUCONO LA TENUTA LE SORGENTI; A DESTRA, LA VILLA LE SORGENTI, DOVE È POSSIBILE OSPITARE CLIENTI; A DESTRA: RESPIRO UNO DEI VINI DE LE SORGENTI.
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na giovane coppia: Filippo Ferrari, enologo e Cristian Giorni, sommelier. Una terra: il Chianti, a pochi chilometri da Firenze con il fiume Armo che fa da cornice alla loro fattoria Le Sorgenti. Una filosofia applicata alla terra: la biodinamica, come rispetto degli equilibri naturali del suolo. E una serie di riconoscimenti ai loro vini, ultimo dei quali l’eccellenza aggiudicata dalla guida dell’Espresso 2010 per lo Scirus 2006. “In questo territorio – raccontano Ferrari e Giorni - faceva già il vino il cugino di Giacomo Leopardi”. Si tratta di 18 ettari di terra da cui ricavano circa 45 mila bottiglie di Chianti e IGT rossi e bianchi. “ Ma – spiegano – prima di tutto la nostra attenzione va ai terreni che in Toscana sono bisognosi di cure e aiuti. Non possiamo permetterci di mettere in dialisi la nostra terra, con concimazioni e stress di varia natura”. L’azienda ha 35 anni di vita, e ha visto già succedersi 4 generazioni della famiglia Ferrari. Con l’ultimo passaggio generazionale c’è stato anche un cambio di visione. “Ci siamo sentiti in dovere di approfondire il mondo dei vini e abbiamo deciso di cercare una qualità che riporti un equilibrio nel terreno”. La biodinamica offre l’opportunità di ripulire quello che è stato sporcato per ridare nuova vita. “Il terreno va recuperato per mantenere un equilibrio che nei territori toscani si è rotto. “La biodinamica – spiegano – è uno stile di vita che, rispetto ai terreni, si traduce con l’osservazione della biodiversità che il suolo offre e un conseguente trattamento che lo riequilibri attraverso fasi che non prevedono chimica ma soltanto macerazioni, infusi e pratiche di sostanze organiche”. Il risultato è un vino, prodotto secondo una coltivazione più attenta, senza forzature di alcun genere.“La biodinamica si applica a tutta la filiera del territorio che diventa a ciclo chiuso: io produco i miei concimi con i mie animali che pascolano sulla mia terra. Questo è l’obiettivo per la nostra fattoria”. Un vino integralmente a chilometri zero che profumi di terra di Chianti.
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UNA cantina D’AVANGUARDIA CON IMPATTO AMBIENTALE ZERO. Nascerà NEL 2012 E sarà sottoterra. FIRMATA Antinori.
ALBIERA ANTINORI ( A SINISTRA) CON LE SORELLE ALESSIA E ALLEGRA. TUTTE E TRE GUIDANO LE PROPRIETÀ DI FAMIGLIA INSIEME AL PAPÀ PIERO CHE È IL PRESIDENTE DEL GRUPPO ANTINORI. L’AVVENIRISTICA CANTINA DEL BARGINO CHE, QUASI COMPLETAMENTE INTERRATA, SARÀ PRONTA NEL 2012. SOTTO, LA SCALA CHE PORTA ALLA CANTINA BOCCA DI LUPO A MINERVINO MURGE E APPARTIENE ALLA TENUTA TORMARESCA; A DESTRA UNA BOTTIGLIA DI MONTENISA ROSÉ DI CASA ANTINORI.
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eicento anni di produzione vitivinicola, ventisei generazioni che si sono succedute nella gestione delle viti, i vini Antinori, non nascono solo in Toscana, terra del casato, ma un po’ in tutto il mondo, lì dove la terra è adatta per dare buoni frutti. Fiore all’occhiello le cantine. Considerata molto speciale dalla famiglia Antinori è quella a Bargino che nascerà nel 2012 su progetto di Marco Casamonti. Fa parte di un progetto molto articolato che rappresenta il nuovo quartier generale della famiglia e comprende tutto, dagli uffici alla cantina, nel cuore del Chianti classico a metà strada tra Firenze e Siena. “L’idea” spiega Albiera, una delle tre figlie di Piero Antinori, a capo del marketing e di tutti gli immobili della famiglia “è di fare una cantina d’avanguardia, ma con il minor impatto possibile sull’ambiente. Sarà interrata, in modo che, nascendo sottoterra ribadisca l’importanza del ritorno alle origini, a partire dall’utilizzo dei materiali”. È stata progettata in modo che il visitatore possa percorrerla, vedere tutto quello che la circonda e fare un’esperienza su come nasce il vino, dal campo alla tavola. Sempre nello stesso complesso ci sarà un ristorante dove mangiare i prodotti tipici della zona e uno spaccio dove comprare tutti i prodotti che crescono su quel terreno. Ci sarà anche un museo con i vecchi attrezzi per lavorare la terra, un torchio che fu fatto su disegno di Leonardo da Vinci e qualche centinaio di stampe antiche. Il dettaglio fondamentale è che di tutta questa struttura l’unica cosa che si vedrà saranno solo due tagli nella montagna che sembreranno strade sterrate con una serie di curve. “Molto particolare – spiega Albiera Antinori – anche la cantina pugliese della tenuta di Tormaresca nella masseria Maime nell’alto Salento”. Antinori ha per ogni tenuta una cantina, all’incirca una quindicina, più o meno interessanti da un punto di vista architettonico.
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Dall’Irpinia a Chelsea. I Feudi di San Gregorio parlano americano e aprono un ristoranteenoteca a New York.
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In alto da sinistra, tre bottiglie di vino dei Feudi di San Gregorio con le etichette disegnate da Massimo Vignelli il graphic designer che ha progettato anche il wine bar ( sopra) e che insieme a Lella, sua moglie, segue da anni la comunicazione visiva del marchio irpino; a lato, Antonio Capaldo, presidente; sotto, Marennà il ristorante dell’azienda vitivinicola.
el cuore dell’Irpinia, ai Feudi di San Gregorio, vino e design si intrecciano con il territorio. Dall’85 la famiglia Capaldo, ha cominciato a piantare vigneti in zona San Gregorio, e successivamente ha realizzato un ristorante e una cantina progettata dall’architetta giapponese Hikaru Mori con gli interni di Massimo e Lella Vignelli, la nota coppia di graphic designer che per l’azienda vitivinicola campana cura tutte le etichette dei vini e ha progettato un wine bar. Nuovo tassello dei Feudi, un ristorante enoteca a New York che, messo in piedi dalla famiglia Capaldo con altri soci americani, verrà inaugurata a Chelsea a metà giugno “Portiamo l’immagine della nostra terra e dei nostri vini negli Stati Uniti – racconta il trentaduenne Antonio Capaldo, presidente di Feudi di San Gregorio – vogliamo farci conoscere dai newyorchesi e ci aspettiamo grande ritorno mediatico per i nostri vini e per la nostra zona”. Quello di far viaggiare insieme vino e territorio è un pallino per i Capaldo: “A noi interessa – aggiunge il giovane presidente – che il consumatore finale abbia la curiosità di conoscere la nostra terra. Noi abbiamo investito con coraggio, assumendoci dei rischi, visto che siamo in una zona, l’Irpinia, che dal punto di vista mediatico e di tradizione vitivinicola è nuova, difficile da raggiungere. Però abbiamo anche pensato che da un punto di vista commerciale preferivamo essere i primi qui piuttosto che i centesimi in Toscana”. Nata nell’86 Feudi di San Gregorio è la trentacinquesima azienda vitivinicola in Italia per fatturato. “Abbiamo sempre voluto fare dei progetti di alta qualità, proprio per comunicare un territorio meno noto di altri. Per esempio il nostro Marennà non è il solito ristorante cantina, ma reinterpreta la tradizione culinaria locale con uno standard alto. Per questo si è meritato una stella Michelin. Protagonisti rimangono i vini: il serpico, un aglianico rosso che viene dalle vigne vecchie utltracentenarie e il bianco, un blend di Fiano d’Avellino e greco di tufo .
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a Milano, durante la settimana del FuoriSalone, SI inaugura un nuovo spazio per le cucine Snaidero. Uno showroom centralissimo, per esporre i modelli di punta dell’azienda friulana.
la cucina al centro
di Antonella Galli
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Edi Snaidero, presidente e amministratore delegato del Gruppo Snaidero. La cucina Kube in legno di olmo, design di Giovanni Offredi, sarà in esposizione nel nuovo showroom Snaidero Milano Interni. Il modello Skyline bianco con isola, progettata da Lucci e Orlandini per ambienti open space, anch’esso protagonista del NUOVO SPAZIO milanese.
ia De Amicis, tra Sant’Ambrogio e le Colonne di san Lorenzo: il cuore della milanesità. È qui che Snaidero approda nella settimana del Salone del Mobile, inaugurando lo spazio Milano Interni interamente dedicato alle cucine della nota azienda di Majano (Udine). I numeri confermano il successo dell’azienda: oggi Snaidero è il primo gruppo italiano per dimensioni attivo nel panorama internazionale e tra i primi dieci produttori di cucine in Europa. Nello spazio milanese saranno esposti i prodotti di punta dell’azienda, come le cucine Kube (design Giovanni Offredi) e Skyline (sistema progettato da Lucci e Orlandini). Per sottolineare il legame con il territorio d’origine, nell’evento di inaugurazione saranno coinvolti anche i migliori chef della cucina friulana, in una dimostrazione pratica che unirà ‘hardware’ e ‘software’ culinario. Edi Snaidero, presidente e amministratore delegato del Gruppo, così commenta questo nuovo passo: “L’apertura dello showroom nel centro storico di Milano rappresenta senza dubbio un passo importante che garantisce un completamento della strategia distributiva nella città. La collaborazione con Milano Interni inoltre, è senza dubbio un punto di forza fondamentale, essendo la location un riferimento sia per il consumatore, sia per gli architetti, sia per gli stranieri che vengono in Italia alla scoperta delle migliori espressioni del design made in Italy. Forte di oltre sessant’anni di storia aziendale e di quarant’anni di esperienza nei mercati esteri, Snaidero è senza dubbio uno dei marchi più significativi del design italiano nel mondo”.
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IN UN IDEALE ‘PASSAGGIO A OCCIDENTE’ Samuele Mazza, CREATORE DEL BRAND Visionnaire, ATTINGE FORME E LINEE DAL mondo classico. PER UN DESIGN SENZA TEMPO.
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di Antonella Galli
IN ALTO: IL TAVOLO DA PRANZO ABBINATO ALLA FOODROOM VISIONNAIRE E IL MOBILE BAR AUGUSTUS. AL CENTRO: IL DIVANO DOMUS IN VELLUTO BLU. QUI SOPRA: LA NUOVA VASCA CHAISE.
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uesta volta il designer Samuele Mazza, vulcanico creatore del marchio Visionnaire prodotto dall’azienda bolognese Ipe Cavalli, ha rivolto il suo sguardo a ritroso nel tempo: per la nuova linea che Visionnaire presenta al Salone 2010 ha attinto suggestioni dalla classicità, periodo da cui l’intera estetica dell’Occidente ha tratto la sua linfa vitale. La Grecia dell’ellenismo e la Roma imperiale, con archi e colonnati, solennità ed equilibrio, hanno fornito l’impronta formale alla nuova linea Visionnaire, battezzata ‘Contemporary Past’ dallo stesso Mazza. Come dimostrano i divani Domus, in cui il profilo di schienali e braccioli è continuo ed enfatizzato, per accentuarne l’impianto nobile, quasi monumentale. O come la visione integrale proposta da Foodroom, progetto di arredo per l’ambiente living-cucina basato su un sistema modulare di boiserie bianche con scanalature, intervallate da colonnati e con inserti a specchio. A completamento del sistema cucina, un tavolo da pranzo in acciaio e vetro con poltroncine in velluto bordeaux e complementi come il mobile bar Augustus, in cui le pareti rivestite di specchi giocano con il modulo architettonico dell’arco. Utilizzato senza timori reverenziali, nel linguaggio dinamico dell’interior design contemporaneo.
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Green weLLness SEMPRE, OVUNQUE E COMUNQUE. La Spa esce dai confini del bagno E DIVENTA IL FILO ROSSO PER IL nuovo abitare ALL’INSEGNA DEL BENESSERE. DI UOMO E AMBIENTE. di Laura Traldi
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l futuro del wellness? È all’insegna della sostenibilità. Materiali ecologici e antibatterici, soluzioni per il risparmio idrico ed energetico, oggetti riciclati e riciclabili saranno infatti di casa a Home & Spa Design, la kermesse del benessere, ideata e curata da Carlo Matthey, che durante il FuoriSalone sarà ospitata dal Superstudio 13 in Zona Tortona. Un percorso pensato per raccontare le tendenze in tema di benessere andando ben oltre il tradizionale approccio di Spa nell’ambiente bagno: “quello che proponiamo è un nuovo modo di vivere la casa nella sua totalità”, spiega Matthey. Nei milleottocento metri quadrati espositivi troveremo infatti non solo delle home Spa e dei “wellness bathrooms” ma anche una zona living interpretata in Total White da Sandro Meneghello e Marco Paolelli e una Spa portatile di Pela Associati, da allestire quando e dove si vuole. Per un wellbeing davvero senza confini.
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UN PosTo aL soLe SOPRA. UNA DELLE TERRAZZE DELLA NUOVA SEDE DI 3M ITALIA, CON STRUTTURE IN GRADO DI FILTRARE E REGOLARE LA LUCE DEL SOLE. A SINISTRA. L’ORIENTAMENTO DELL’EDIFICIO PERMETTE L’ESPOSIZIONE DELLE TERRAZZE VERSO SUD.
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a parola sostenibilità nell’architettura contemporanea può avere molte declinazioni, ma una sola radice: la ricerca di sintonia – si potrebbe quasi dire empatia – con l’ambiente. È stato questo il principio guida per lo studio Mario Cucinella Architects nell’ideare la nuova sede di 3M Italia, società multinazionale che commercializza 75 mila prodotti nati dalla sua ricerca in decine di mercati, che ha nella sostenibilità uno dei principi base. Alla fine di maggio l’edificio, sviluppato da Pirelli RE, verrà ufficialmente inaugurato: è all’interno del Malaspina Business Park, al confine tra il comune di Milano e quello di Pioltello, in una zona già fortemente vocata al settore terziario. L’edificio è un lungo
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parallelepipedo (130 m x 22) con due cortili aperti (giardini d’inverno), di cui è stato particolarmente studiato l’orientamento (NE-SO), per poterne derivare i migliori vantaggi sul fronte del condizionamento e dell’illuminazione naturale. Sul lato esposto a sud l’altezza dell’edificio decresce gradualmente da cinque a due piani, con una serie digradante di terrazze che hanno la doppia funzione di offrire spazi ombreggiati e di agire come tampone, proteggendo il complesso dagli sbalzi climatici sia estivi che invernali. Le altre facciate, invece, prevedono rivestimenti con vetri e particolari sistemi di ombreggiatura che favoriscono l’ingresso >> della luce, ma schermano dal calore eccessivo. Alla sostenibilità
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lo studio Mario Cucinella Architets ha ideato per le facciate a vetri sistemi di ombreggiatura che diventano elementi estetici caratterizzanti il profilo dell’edificio.
complessiva dell’edificio (che ha ottenuto la certificazione CENED in classe A), contribuiscono anche le energie rinnovabili grazie ad un impianto geotermico per il riscaldamento e il raffrescamento dell’immobile e ad un impianto fotovoltaico in copertura per una produzione annua di energia elettrica di circa 88.000 kWhe. Per Mario Cucinella, infatti, gli edifici sono da intendersi come “macchine bioclimatiche”, in cui, sin dalla fase iniziale, il progetto e scelta dei materiali devono integrare l’impiantistica, per ottenere efficienza energetica e comfort abitativo ottimale per le persone che lo abiteranno. Pirelli RE ha sposato pienamente il progetto modulandolo, sin nei minimi dettagli per rispondere appieno alle esigenze del cliente, società multinazionale estremamente innovativa che necessitava di spazi nuovi, flessibili e sempre diversi oltre che “sostenibili”. Con questo progetto lo studio di Cucinella, ha ottenuto nel febbraio scorso l’US Award 2009 per la categoria architettura. Il premio, giunto alla seconda edizione, è organizzato dalla rivista US-Ufficio Stile, edita da Il Sole 24 Ore Business Media, con l’intento di promuovere e diffondere la cultura della qualità e dell’innovazione nell’ambiente di lavoro tema di cui la stessa Pirelli RE è stata tra i precursori. Il premio assegnato alla nuova sede di 3M Italia è stato selezionato tra oltre cento progetti partecipanti. Per maggior informazioni contattaci@pirellire.com
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Un’azienda, tutta italiana, di rilievo internazionale ma con radici solide nelle Marche: è il Gruppo Garofoli, che produce porte di pregio, dal classico al contemporaneo. Segnando molti goal. di Antonella Galli
tiro in porta l’azienda di Castelfidardo e la famiglia Garofoli, con Fernando, al centro, i quattro figli.
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d arco, con ante scorrevoli, in vetro fumé, in massello, in alluminio, in rovere wengé, laccate avorio, decapate, con boiserie coordinata: per le porte Garofoli il gioco delle combinazioni non è infinito, ma poco ci manca. Ed è il punto di forza dell’azienda fondata da Fernando Garofoli nel 1968 a Castelfidardo, in provincia di Ancona. Il Gruppo, composto dalle due società Garofoli s.p.a. e da G’Idea s.r.l., propone al mercato ben 320 modelli di porte, ciascuno dei quali può essere declinato in molteplici versioni e colori. L’inizio di questa avventura imprenditoriale è nel lontano 1968, quando la produzione Garofoli si orientava su cornici e sportelli per l’industria del mobile; negli anni Ottanta l’azienda si è evoluta verso un prodotto di pregio come le porte in legno massiccio, >> strada maestra da cui non si è più allontanata. All’origine di tutto
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porta della collezione Gdesigner, modello Ive, con telaio in alluminio, finitura inox, vetro madras riflettente; e porte modello Rotia rovere wengè. A destra: porta rovere tabacco. Sotto a destra: 110 e lode, in legno massiccio. Qui sotto: porta scorrevole a due ante Gdesigner rovere wengè e vetro fumé. attrezzatura per cabina armadio Miria G’Idea. boiserie rovere wengè e porta collezione Poema.
l’iniziativa di Fernando Garofoli, attuale presidente e amministratore delegato, che in azienda ha portato anche i suoi quattro figli, Giuliana, Gianluca, Giusy e Giacomo. Oltre quarant’anni di storia aziendale e una crescita ininterrotta hanno collocato il gruppo marchigiano tra i leader mondiali della progettazione, costruzione e commercializzazione di porte, e ad essere un simbolo riconosciuto del made In Italy. Infatti, il processo ideativo e produttivo si svolge interamente in Italia, in tre stabilimenti che coprono un’area di centomila metri quadrati a Castelfidardo, in cui sono impiegati 350 dipendenti e realizzate duecentomila porte l’anno. Le due società che compongono il Gruppo Garofoli hanno un ruolo differente e complementare, con molti punti di sinergia, come spiega Leonardo Filippetti, direttore marketing di Garofoli: “La Garofoli produce principalmente porte classiche in legno massello, anche se negli ultimi
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anni ha sviluppato proposte sul prodotto di design, con anta e telaio complanari, in acciaio spazzolato e alluminio, in rovere grigio, secondo criteri consoni all’interior design di ultima generazione. G’Idea, invece, sin dalla sua nascita propone linee moderne e materiali alternativi, dal laminato all’acciaio, realizzando correlazioni di prodotti con la Garofoli, tra ante scorrevoli, cabine armadio e boiserie, con colori e soluzioni complementari”. Le strategie aziendali puntano a elevare costantemente la qualità della produzione, incluse le ricadute sull’ambiente, sia dal punto di vista dell’impatto delle attività produttive, sia per la gestione sostenibile delle foreste (la prestigiosa certificazione PEFC ottenuta nel 2009). Nonostante la crisi, gli investimenti nel marketing e quelli nelle nuove tecnologie sono significativi: a ciascuna voce è assegnato il 5% del fatturato annuo, che nel 2009 ha raggiunto i 70 milioni di euro.
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A PALERMO SBARCA UNA Rinascente TUTTA nuova. Glamour E golosa, PER LA GIOIA DEI fan dello shopping.
REstYLinG ITaLIano
di Rosa Tessa
SOPRA. COLORE ED EFFETTI SCENOGRAFICI PER UNA DELLE VETRINE DE LA RINASCENTE ALLESTITE PER L’INAUGURAZIONE.
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A LATO, LA SCALA DI COLLEGAMENTO DEGLI ULTIMI DUE PIANI DELL’EDIFICIO, CHE PORTA DALLA FOOD HALL ALLE TERRAZZE PANORAMICHE CHE SI AFFACCIANO SUL CENTRO STORICO DI PALERMO.
ono passati un paio di mesi da quando la Rinascente ha rilanciato la propria immagine a Palermo, con un palazzo d’epoca, completamente ristrutturato nel centro storico della città. Erano circa trent’anni che, all’interno della rete del department store italiano, non veniva fatta un’operazione di rinnovo in così grande stile e per la quale sono stati investiti una trentina di milioni di euro. “È la prima volta che abbiamo avuto il coraggio di fare un rinnovo così radicale – commenta Maurizio Borletti, presidente de la Rinascente. Solo da qui a fine anno avremo modo di verificare i risultati e se saranno positivi, come crediamo,
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Sopra e sotto, il piano terra dello store dedicato alla bellezza e agli accessori, disegnato da Flavio Albanese. a lato, l’esterno del nuovo palazzo de la Rinascente, con il restyling seguito da Albanese che ha preservato lo stile barocco del lato che guarda piazza san domenico. interpretato con vetri e led l’affaccio su via Roma.
faremo dei restyling profondi anche in altre città italiane della provincia”. “Gli obiettivi per Palermo – spiega il presidente – sono di arrivare ai 30 milioni di euro nel giro dei prossimi quattro anni, cifra che rappresenta un raddoppio rispetto al fatturato del vecchio negozio”. Alberto Baldan, direttore generale de la Rinascente aggiunge alcune cifre per confermare l’avvio positivo dello store palermitano: “Le persone che operano nel nuovo grande magazzino sono 196 rispetto alle 115 di prima; ogni settimana entrano mediamente 15 mila persone, il doppio rispetto a prima e lo scontrino medio è aumentato del 30 per cento”. E in quanto a gusti e attitudini allo shopping, sembra che non ci siano grandi differenze tra un consumatore palermitano e uno milanese. Entrambi hanno un gusto internazionale. “La concorrenza esiste ed è forte a Palermo – conferma Alberto Baldan – ma la nostra carta vincente è il concetto di accessibilità. Chiunque può entrare in negozio anche solo per bere un caffè, comprarsi una penna da un euro e cinquanta centesimi oppure una borsa da 2000 euro”. Altra esigenza irrinunciabile per la Rinascente: il bel design e la bella architettura. “È importante, in qualsiasi città – commenta Baldan– realizzare dei bei negozi che invoglino le persone a trattenersi a lungo”. Ed è per questo che per Palermo è stato scelto un palazzo d’epoca in pieno centro, in via Roma all’angolo con piazza San Domenico, cinquemila metri quadrati a cui hanno lavorato Flavio Albanese, lo studio Dordoni, Vincet Van Duysen e Cibic & Partners.
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THInK TanK a cura di Patrizia Catalano e Rosa Tessa
Nuovi linguaggi, future tecnologie, fonti di energia rinnovabile. poetiche e visioni di un mondo a venire. questo, e molto di più, all’evento di Interni di aprile. nei cortili dell’Università degli Studi di Milano, progetti, architetture e installazioni di luce ad alto tasso di pensiero. IP 59_00_00_EVENTO definitivo_LT_4.indd 162
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hink tank? “Nel pragmatico mondo anglosassone, dove il concetto nasce, nel periodo a ridosso della seconda guerra mondiale, il think tank è un incubatore, una piattaforma in cui si condividono dei temi: politica sociale, strategia, economia, scienza e tecnologia”. (Francesco Morace) Il mondo del progetto è in fibrillazione: nell’arco del primo decennio del millennio il rinnovo dei linguaggi, dovuti agli ormai noti mutamenti finanziari e di assetto del mercato, all’innovazione tecnologica e ai mix culturali, sono stati molti, spesso inaspettati. Per questo, in occasione della Settimana milanese del Design e dell’appuntamento del FuoriSalone, INTERNI ha scelto di organizzare, presso la sede storica dell’Università degli Studi di Milano, una grande mostra evento, un laboratorio a cielo aperto sul tema del pensiero progettuale nella sua complessità: THINK TANK (13 - 25 aprile 2010). “Letteralmente think tank significa serbatoio di pensiero” spiega il sociologo Francesco Morace a cui chiediamo il significato allargato di questo termine. “Oggi il significato di think tank ha un valore molto incisivo: le discipline storiche del pensiero creativo e produttivo, si muovono nella direzione di un processo di positiva contaminazione, e grazie all’innesto di nuovi linguaggi, nascono nuove modalità del fare”. Prosegue Morace. “Siamo di fronte a un cambiamento epocale che coinvolge tutti e per un lungo periodo. Mi spiego, mentre fino al secolo scorso assistevamo a delle micro/macro tendenze che si succedevano di volta in volta, oggi lo scenario a livello globale è cambiato e c’è la necessità di un confronto più ampio e condiviso sui temi forti che ci porteremo avanti almeno per i prossimi quindici anni. Valori stabili, come la sostenibilità piuttosto che l’uso
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delle tecnologie che immesse massicciamente dalle nuove generazioni negli ambiti domestici e di lavoro sono ormai condivise dalle generazioni più adulte. Anche nello specifico campo del progetto, la figura del genio architetto o dell’intuitivo imprenditore, che risolvevano da soli i problemi non è più praticabile. C’è bisogno di un think tank appunto, di una riflessione condivisa fra più attori. Le grandi sfide vanno ormai affrontate a livello corale e non dal singolo: si butta lì un tema, lo si affronta secondo la propria competenza, successivamente sul tema interviene un altro attore che contribuisce al progetto da un altro punto di vista. Oggi bisogna mettere insieme i talenti e su quello far nascere le scintille”. In questo orientamento si muove il progetto di Interni. A rendere l’occasione imperdibile, la partecipazione (e riflessione) di grandi progettisti italiani e stranieri attivi sulla scena internazionale che hanno espresso, attraverso
una composita serie di installazioni distribuite nello spazio dei cortili della Statale, il loro think-tank, condividendolo con altrettante imprese attive sul fronte dell’innovazione. I temi sul tappeto sono molti: le future tecnologie, le fonti di energia rinnovabile, i nuovi materiali (anche nati dal recupero e dallo scarto di lavorazioni industriali) e le tecniche di lavorazione che consentono inedite performance al mondo degli oggetti, l’ecosostenibilità, il verde, il futuro delle città (e, di conseguenza della vita dell’uomo) e perché no, anche il tema della bellezza come fonte rigenerativa e di benessere. A coronare la forza espressiva dell’evento la location: i celebri cortili bramanteschi della Statale di Milano (l’ex Ospedale Maggiore, opera iniziata dal Filarete nel 1456), uno dei complessi storici più rappresentativi della città.
durante la Settimana milanese del design (13-19 aprile 2010) interni allestisce presso i cortili dell’università statale di milano (nella foto), interni think tank, un evento che affronta le tematiche calde del progetto contemporaneo fino al 25 aprile. visitabile sUl sito www.internimagazine.it e su application INTerNI FuorIsaLone® disponibile su iTunes APP STore.
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just home L’architetto Paolo Caputo premette: “Quello che più mi interessa è che le mie architetture siano chiare e comunicative, in modo semplice e immediato”. Spiega: “Io progetto sempre oggetti radicati nel territorio. E cerco di trovare, con i miei lavori, nuovi significati che, in qualche maniera, si traducano nell’interpretazione di nuovi modelli di vita”. E ancora: “Il mio think tank architettonico oscilla tra momenti interpretativi e momenti in cui cerco di mettere a fuoco delle verità”. La sfida di Caputo è restituire l’enorme complessità della realtà attraverso architetture che introducano un segno di verità. Ne è un esempio Just Home. Si tratta di un modello abitativo che nasce grazie all’expertise nell’architettura tecnologica mobile di Franz Isella, azienda in grado di realizzare qualunque richiesta di progetto abitativo ‘su misura’. Just Home rappresenta l’evoluzione delle residenze di carattere temporaneo, costituite da container attrezzati. “L’installazione – spiega l’architetto – è un prototipo per residenze di immediata e semplice realizzazione. Il tema iniziale è stato: affronto un oggetto di design più che una vera e propria architettura. L’idea successiva: come posso avvicinare un oggetto di design a un’architettura? Ho pensato a una casa che, partendo da un modulo base, potesse essere assemblata in tanti modi, sia in altezza che per tipologia di rifiniture e materiali, potesse avere morfologie differenti e si integrasse nel paesaggio in modo sempre diverso, nei materiali e nei colori”. Insomma si tratta di un sistema realmente dinamico che consente di trasformare in tanti modi un’abitazione, semplicemente ‘montando e smontando’ l’infinita gamma di moduli e finiture previste. Paolo Caputo che ha appena realizzato la nuova torre milanese, sede della Regione Lombardia sta lavorando a numerosi, importanti progetti tra cui: il masterplan dell’area ex Necchi di Pavia; un progetto strategico per la provincia di Lecce; il completamento di Palazzo Lombardia e la messa a punto del masterplan di cascina Merlata a Milano, un progetto urbano integrato con L’Expo.
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Trasformabile ed economico, il modello abitativo progettato da Paolo Caputo, cambia aspetto e dimensioni con un semplice montaggio e smontaggio.
Just Home, realizzata con l’azienda Franz Isella, esperta nell’architettura tecnologica mobile, parte da moduli base già predeterminati che possono essere composti e scomposti, come un vero e proprio puzzle.
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INTERNI•PANORAMA 9 aprile 2010
LE CHIAMANO reti intelligenti E RAPPRESENTANO il futuro dell’ambiente, PERMETTONO LO scambio tra diverse fonti energetiche E FAVORISCONO LA DIFFUSIONE DI fonti rinnovabili.
ph. Nienke Klunder
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SmaRT GrID GaLLerY
Le ‘reti intelligenti’, o Smart Grids, giocano un ruolo fondamentale nel futuro dell’ambiente. Come internet agisce sulle informazioni, rendendole accessibili a tutti, così faranno le Smart Grids: permetteranno a tutti i tipi di energia di interagire favorendo la diffusione di fonti rinnovabili. Si tratta di uno dei più importanti progetti di studio e ricerca di Enel. Un tema che si è meritato di giocare una parte da protagonista nell’evento di Interni, all’Università Statale di Milano. A interpretare in modo creativo il ruolo strategico delle Smart Grids è il designer-artista madrileno Jaime Hayon che, nella sua veste consueta di narratore di fiabe contemporanee, è riuscito a darne una visione d’impatto. Hayon ha interpretato le Smart Grids come una griglia
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L’ARTISTA-DESIGNER JAIME HAYON INTERPRETA ENEL CON MOBILI E OGGETTI A CONFINE TRA ARTE, DESIGN E ALTISSIMO ARTIGIANATO. IL PROGETTO DeI VASI E deI CORPI LUMINOSI è prodotto AD HOc DA BOSA.
luminosa, metafora di un luogo ideale dove avviene uno scambio virtuoso tra differenti fonti energetiche. La stanza è arredata in questo modo: una serie di oggetti antropomorfici illuminano un tavolo realizzato con pannelli fotovoltaici (energia solare) che a sua volta è collegato, tramite cavi a un mobile interamente rivestito da piccole eliche (energia eolica) e a vasi girevoli (energia nucleare). Il tutto è interpretato secondo i codici creativi di Hayon: con oggetti e mobili a confine tra arte, design e altissimo artigianato. Proprio per questo è stata scelta un’area della Statale dal tono museale, ambito che meglio si presta a questo progetto dai contenuti tecnologici innovativi e dall’aspetto fortemente creativo.
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Un muro, se è in organza, tradisce il suo ruolo tradizionale. Svela, più che nascondere, unisce più che separare.
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Kengo Kuma si ispira a Casalgrande Ceramic Cloud, L’opera progettata per l’azienda Casalgrande Padana.
A cinquantasei anni Kengo Kuma continua ad avere lo stesso sogno: cancellare l’architettura. Il maestro giapponese elogia il vuoto rispetto al pieno: “Il vuoto” dice “ha in architettura la stessa importanza che ha il silenzio in musica”. Cerca materiali alternativi: “Prima in Giappone c’era il legno e in Italia la pietra, poi il cemento ha annullato tutte le differenze culturali. Bisogna trovare un’alternativa, credo sia un modo concreto per realizzare un’architettura sostenibile”. E una buona soluzione, per esempio, l’ha trovata in un materiale ceramico speciale
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dell’azienda Casalgrande Padana che lui ha già sperimentato in un’opera commissionata dall’azienda e che Kuma ha riproposto nel CCCWall, Casalgrande Ceramic Cloud Wall, l’installazione che a quel lavoro si ispira. Anche questa volta l’architetto giapponese ha creato un muro, oggetto sul quale si è sempre concentrata la sua riflessione progettuale, ma in questo caso è impalpabile, in organza. Divide in due, trasversalmente, il cortile quattrocentesco dei Bagni. Nascono così due giardini triangolari che rimangono sempre in relazione con la pianta
originaria, vista la leggerezza della cortina che vela e svela, divide e unisce. Entrambi sono disseminati di frammenti ceramici che accennano al tema del recupero e riutilizzo e ciottoli silicei, impiegati nella produzione ceramica. La parete è semitrasparente durante le ore diurne ma, durante la notte, si trasforma in uno schermo sul quale vengono proiettati dei video. È poetico e suggestivo il richiamo concettuale al tema dell’identità e della differenza.
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Novantanove strutture TOTEMICHE IN LEGNO RAPPRESENTANO UNA VISIONE DELLA ‘città futura’ CHE NASCE DA UN DIALOGO aperto tra realtà materiale e SPIRITUALE.
FuTuroPoLIs Daniel Libeskind appartiene al genere creativo dei ‘visionari’. Autore di importanti progetti tra cui il Museo ebraico di Berlino, l’area del World Trade Center di New York e una delle tre torri di Citylife, il progetto di riqualificazione dell’ex Fiera di Milano, crede fermamente che il compito dell’architettura sia quello di raccontare la storia dello spirito umano. Sostiene che quando pensiamo a un particolare periodo storico o a una civiltà è proprio un’architettura a rappresentare meglio le lotte, le conquiste e le speranze del periodo in cui è stata eretta, come le Piramidi o il Partenone, per esempio. Libeskind, quando progetta, ha sempre uno sguardo al passato e uno al futuro. Non dimentica la sua storia (nato nel ’46 in Polonia, emigrato con i suoi genitori in Israele, a 11 anni, e a New York, a tredici) e proietta la sua architettura nel futuro: è Futuropolis, l’installazione di 98 sculture totemiche in legno lamellare, alte fino a tre metri e mezzo. Un trailer di sette pezzi è presente all’Università degli Studi, dominando dal loggiato est del primo piano, il Cortile d’Onore, mentre gli altri 91 elementi si trovano nell’area della ex Fiera milanese, nel nuovo spazio CityLife. “Un esperimento” spiega Libeskind “per vedere se siamo ancora capaci di testimoniare la nostra realtà e rappresentare creativamente il nostro modo di vivere il presente”. “Non è una città vera e propria” racconta “ma uno scenario per la società urbana del futuro, una visione”. Spiega: “L’architettura si occupa degli spazi pubblici della città, che non sono formati solo da cemento e vetro, ma da persone e spirito”. E ancora: “Bisogna ricercare il potenziale di una città, osservarne i suoi limiti sotto diversi punti di vista, ma anche considerare la forza di ogni singola persona. Questo dialogo tra materia e spirito fa parte del processo creativo per costruire Futuropolis”.
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DANIEL LIBESKIND HA PROGETTATO LO SKYLINE DELLA ‘CITTÀ DEL FUTURO’: LA COMPOSIZIONE ESPOSTA IN UNIVERSITÀ COSTITUISCE UN ASSAGGIO PER L’INSTALLAZIONE MONUMENTALE ALLESTITA NELLO SPAZIO CITYLIFE, CHE NE HA RESO POSSIBILE L’ESPOSIZIONE.
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Ancorata alla terra e aperta verso il cielo, La casa in pietra di John Pawson interpreta le due opposte tensioni emotive.
house of stone John Pawson, per la sua casa, usa Una nuova pietra, Lithoverde, messa a punto da Salvatori e interamente ricavata dal riciclo degli scarti di lavorazione, fa risparmiare in termini di smaltimento e consente di essere modellata per ottenere diverse finiture.
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Il pensiero di John Pawson è sintonizzato sul ‘minimo’ che non significa ‘povero’. Anzi, architettonicamente, si traduce in un lusso fatto di componenti primarie: spazio, luce e materia. Elementi che si ritrovano in tutti i lavori: la sua casa di Notting Hill, quella realizzata per lo scrittore Bruce Chatwin, l’abitazione progettata per il direttore d’orchestra Pierre Audi, per il collezionista d’arte Doris Lockart Saatchi, per i negozi di Calvin Klein, gli showroom di B&B Italia e Bulthaup a Londra fino al monastero cistercense di Novy Dvur in Boemia. Sarà perché viene da una famiglia di metodisti
dello Yorkshire, in Inghilterra, e perché ha alle spalle un apprendistato giovanile in Giappone, Pawson, 61 anni, porta con sé una cultura progettuale che lo ha sempre tenuto lontano dalle mode e dai trend dominanti dell’architettura. Ha invece approfondito una poetica fondata sul concetto di semplicità e ispirata dalle tradizioni giapponesi zen e dall’architettura monastica cistercense. “L’architettura contribuisce a far sentire la gente a proprio agio, sia quando compra i vestiti, che quando vuole pregare Dio” afferma Pawson. La stessa idea l’architetto inglese l’ha trasposta in House of Stone. È realizzata con una pietra speciale, Lithoverde, messa a punto dall’azienda Salvatori, interamente ricavata dal riciclo degli scarti di lavorazione, che fa risparmiare in termini di smaltimento e consente di essere modellata per ottenere diverse finiture. Un materiale che ha un ruolo tanto fondamentale, nella resa lirica e drammatica del progetto, quanto lo è il segno progettuale, pulito e minimale dell’architetto. La casa, posta nel centro dell’austero cortile del Settecento, ha una forma iconica. Ed è proprio la semplicità che le conferisce un’aura di mistero. Il cambio di registro emotivo interviene quando si varca la soglia. La struttura ha un taglio nella parte centrale del tetto, così l’interno è pervaso dal gioco mutevole della luce solare e dei mutamenti atmosferici.
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beauty cave
La Spa, o grotta del benessere nell’interpretazione di Marco Piva, diventa portatile. E si ispira alle forme fluide dell’acqua.
Il progetto nasce dalla collaborazione di Jacuzzi con aziende legate alla sfera dei materiali sostenibili e della tecnologia: TABu e VDA.
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La Spa, luogo deputato al relax, diventa portatile, mobile, prefabbricata e si sviluppa in forme e dimensioni, a partire da un modulo base. L’architetto Marco Piva la chiama Beauty Cave, grotta del benessere, e l’ha realizzata con elementi del progetto Jacuzzi Spa, con legni lamellari privi di formaldeide e materiali naturali e sostenibili. “È uno spazio destinato a perseguire un’idea di bellezza che non è solo estetica, ma sinestetica” spiega Piva. “Mi piace giocare sull’effetto sorpresa – prosegue l’architetto spiegando l’installazione – a un aspetto esterno molto severo, corrisponde un interno molto armonioso e morbido, simile alla natura dell’elemento che la Spa è destinata ad ospitare, l’acqua. Questa ‘scatola’ si presenta come un volume giocato con due diversi materiali. A terra è rivestito con materiale lapideo che trasmette davvero la sensazione di un blocco di pietra, mentre in alto sovrasta il gioco delle reti serigrafate che rappresentano delle nuvole”. Obiettivo della Beauty Cave è esaltare il piacere dei sensi anche con suoni e immagini: “Cerchiamo di realizzare una dilatazione artificiale dello spazio con pareti a specchio” spiega l’architetto. Marco Piva ha fatto e continua a fare parecchi progetti legati all’area dell’hotellerie, sempre con l’idea progettuale di creare situazioni di benessere: “Trovo interessanti nelle strutture ricettive – racconta – i luoghi di collegamento tra l’interno e l’esterno. Sono aree che diventano punti caldi del territorio per il flusso dinamico di persone che le attraversano”. Tra i lavori che in questo momento lo appassionano c’è il ponte sul fiume Ob’, a Novosibirsk, con una torre ad uso alberghiero. A Milano, invece, vicino all’area dell’Expo, sta mettendo a punto la Crystal Tower, una torre-hotel con un grandissimo centro benessere.
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alimentazione, energia, pianeta, vita, biodiversità, gestione dell’acqua, cambiamenti climatici, tracciabilità, desertificazione
alcuni disegni del progetto speciale Interni per Expo 2015. .
Un padiglione firmato Italo Rota che diventa una mappa per sensibilizzare e orientare il grande pubblico sul tema del prossimo Expo 2015 ‘nutrire il pianeta, energia per la vita’.
INTerNI Per ExPo 2015 ‘Interni x Expo 2015’ è il titolo dell’installazione dedicata all’Esposizione Universale che si svolgerà a Milano tra cinque anni. “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, un tema che include tutto ciò che riguarda l’alimentazione, dal problema della mancanza di cibo per alcune zone del mondo, a quello dell’educazione alimentare, oltre ad altri argomenti che si intrecciano tra loro: Energia, Pianeta, Vita. Ed è proprio per raccontare la complessità di questo grande contenitore di concetti che Expo, con Interni, hanno voluto mettere in scena un’installazione che diventa una mappa per incominciare a comunicare e sensibilizzare il pubblico ai temi del 2015. A Italo Rota è stato affidato il compito di trasformare il tema in un progetto reale con la sua visione onirica. “Si tratta di un padiglione” racconta Rota “che diventa anche un diagramma per capire, pensare e immaginare i prossimi cinque anni che ci separano dall’evento. Sono rappresentati numeri, concetti, immagini, progetti e visioni. Insomma, cerchiamo di raccontare i concetti e le complessità dietro il tema dell’Expo”. Italo Rota partecipa con il suo personale dna progettuale che rende ogni suo lavoro un processo ‘aperto’, la metafora di un rapporto a due: da una parte l’architetto e dall’altra chi osserva la sua architettura, la vive e ne gode. Un dialogo a più voci, in divenire che, di volta in volta, assume un tono diverso, con le tinte immaginifiche che appartengono al suo stile.
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Il sogno è che tutti, idealmente, possano collocare una pala eolica sul tetto o nel giardino della propria casa per poter creare energia a larga diffusione.
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Dall’incontro tra due visioni, quella creativa e fuori dagli schemi di Philippe Starck e quella imprenditoriale e lungimirante di Pramac, nasce quella che il designer francese definisce “rivoluzione democratica dell’energia”. Presentata come prototipo durante l’evento Green Energy Deisgn (FuoriSalone 2009), torna questo aprile sempre all’Università degli Studi in veste di prodotto finito, la microturbina RevolutionAir. Un nuovo modo per ottenere energia eolica in misura “domestica”, con l’utilizzo di un oggetto, oltre che funzionale anche bello, di un formato tale da poter essere collocato sul tetto o nel giardino della propria casa. Philippe Starck si è cimentato in questa impresa e ha dato la sua interpretazione
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Le microturbine, prodotte da Pramac nello stabilimento di Siena e progettate da Philippe Starck, sono alte fra i tre e i sei metri, con una potenza compresa fra 400 watt e 1 kW Concept.
formale a questi nuovi oggetti pensati e studiati con la tecnologia sviluppata nei laboratori dell’azienda senese. Un oggetto innovativo per due motivi: le dimensioni che le permettono di essere utilizzata anche a livello domestico e la forma. Si tratta di un vero e proprio oggetto di design, ideato per micro-produzioni, in linea con gli schemi più moderni di produzione e distribuzione dell’energia da fonti rinnovabili. I modelli sono due, con potenza e design differenti: la WT 400W, una microturbina eolica a forma quadrangolare con una potenza pari a 400W e la WT 1KW e una a forma elicoidale con una potenza pari a 1KW. Si tratta di micro-turbine adatte ad essere installate anche in aree urbane, perché, a differenza delle turbine tradizionali sono indipendenti dalla direzione del vento e sono in grado di sfruttare anche i fenomeni di turbolenza oltre ad essere estremamente silenziose. Ambito di applicazione? Anche ad imbarcazioni, giardini e arredi urbani.
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Per Matteo Thun e Consuelo Castiglioni, Architettura e moda raccontano vita, morte e rinascita dei materiali e degli oggetti.
the wooden beacons Il progetto The Wooden Beacons, “I fari di legno”, realizzato da Matteo Thun a quattro mani con Consuelo Castiglioni, direttore creativo della maison di moda Marni, vuole coniugare architettura e moda per rappresentare l’idea del ciclo della vita. La vita, la morte e la rinascita di un oggetto o di una struttura sono temi molto cari all’architetto Thun che, della sostenibilità economica, ecologica, socioculturale, ha fatto oggetto costante del suo pensiero progettuale. Per Thun gli architetti devono diventare ‘lifecycle manager’, vale a dire dei gestori del ciclo di vita dei prodotti. ‘Ecotecture’, l’insieme di ecologia e architettura, è la sua risposta alla sfida dello sviluppo sostenibile. Non è un caso dunque che The Wooden Beacons, formata da tre gabbie di legno o ‘fari’, posizionato lungo il Portico Richini dell’Università e realizzato da R1920 con il legno di quercia rossa americana dell’American
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Hardwood Export Council, riguardi proprio il processo di gestione dell’intero ciclo vitale di un prodotto. Nello specifico, i legni saranno recuperati a fine costruzione, riutilizzati da R1920 per una nuova linea di pezzi d’arredo. Ogni “gabbia” contiene differenti materiali decorativi: elementi usati per creare gioielli, tessuti per confezionare abiti e accessori e i cartamodelli (le sagome di carta che i sarti e gli stilisti usano per tagliare i tessuti) provenienti dall’archivio di Marni.
I fari di legno sono stati realizzati con i legni di quercia rossa americana dell’American Hardwood Export Council.
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DA Luca Trazzi, Fiori tecnologici ILLUMINATI A LED E rivestiti da tessuti metallici. PER UN GIARDINO MANIPOLABILE DALLO SPETTATORE.
T-GarDen T-Garden è il giardino spettacolare e sperimentale ideato da Luca Trazzi in uno dei bellissimi cortili quattrocenteschi dell’Università degli Studi di Milano per provocare una riflessione sul rapporto tra uomo, tecnologia e ambiente. Realizzato con nuove tecnologie luminose a LED dell’azienda Cross Point e con applicazioni di tessitura metallica dell’azienda Eurojersey, solitamente usate per l’abbigliamento, T-Garden ha un suggestivo effetto complessivo: fiori tecnologici che illuminandosi creano migliaia di combinazioni di colore. Lo spettatore, attraverso l’uso di una consolle digitale, interviene e cambia completamente l’aspetto luminoso e cromatico dell’opera. “Mi piace disegnare oggetti che non seguano le mode” racconta Trazzi “che si possano toccare, accarezzare, che ci
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accompagnino quotidianamente. Mi piace anche disegnare elettrodomestici, pezzi facili da usare e capire, dalle forme semplici e immediate”. Ama la tecnologia. “Computer, televisioni, macchine da caffè – spiega – sono in perenne mutamento grazie all’avanzamento inarrestabile delle tecnologie”. Gli piace ricordare di aver avuto una grande scuola, lavorando per quindici anni come stretto assistente e collaboratore dell’architetto Aldo Rossi. Oggi, Trazzi ha due studi, a Milano e Shanghai. Progetta architetture e pezzi di arredo, ma dichiara il suo grande amore per il disegno industriale. E la sua prossima sfida sarà quella di utilizzare sistemi produttivi mutuati dall’automotive.
COSTRUITA NEL CORTILE DEL 1400, L’INSTALLAZIONE È STATA REALIZZATA CON I LED DI CROSS POINT E I TESSUTI METALLICI DI EUROJERSEY.
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Dodici paraventi leggeri in alluminio, diventano vere e proprie architetture per la città, con un alfabeto di colori, forme e segni, piacevole e comprensibile a tutti.
alfabeti
“Il nostro tema principale è quello del ‘parlare facile’ e in modo ‘diffuso’. Per farlo, usiamo spesso forme iconiche del design, facilmente riconoscibili, un pretesto per essere comprensibili a tutti”. Mario Trimarchi e Frida Doveil che hanno fondato insieme Fragile, studio multidisciplinare di Corporate Identity Care, spiegano il loro think tank progettuale: “È interessante trasportare questo nostro linguaggio nelle città. Anche perché il mondo degli alfabeti visivi nell’arredo urbano si è fermato da tempo”. E infatti l’installazione per Interni si chiama Alfabeti. Vuole essere una riflessione sulla bellezza che nasce dalla trasposizione nel linguaggio grafico e architettonico delle forme di design studiate per il mondo della bellezza di Deborah Milano. Trimarchi e Doveil hanno creato dei pannelli frangi-ombra d’alluminio in cui sono ritagliate al laser le sagome degli astucci di Deborah che in questo modo diventano veri e propri linguaggi espressivi. “Abbiamo moltiplicato questo alfabeto con l’idea di creare una nuova natura e un nuovo rapporto con la luce – spiega la coppia di architetti – il risultato sono questi oggetti di arredo urbano: paraventi che potrebbero diventare cancellate, pensiline, finestre e facciate di edifici”. L’installazione esprime l’attitudine creativa di Trimarchi e Doveil che crea cortocircuiti tra grafica, design e architettura e inventa alfabeti Il progetto Alfabeti, di Mario Trimarchi e Frida Doveil, visivi per luoghi e aziende, basati, come spiegano nasce da una trasposizione in chiave grafica i due architetti “sul contrappunto e sulla partitura del design degli astucci da trucco di Deborah Milano. musicale”.
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Un’architettura, quella di Jean-Michel Wilmotte, per meditare al riparo dal mondo esterno. Il design si propone come collante tra le persone e l’ambiente che le circonda. The Hedgehog, il porcospino, è uno spazio ‘vegetale e meditativo’ pensato per ‘alleggerire’ ambienti urbani ormai troppo saturi e affollati. L’installazione è una metafora del design: può apparire come una fortezza indecifrabile, con una pelle addirittura pungente, piena di aculei, e quindi respingente, ma poi si lascia scoprire da chi si avvicina, creando intimità e invitando a una contemplazione silenziosa. Jean-Michel Wilmotte, che lo ha realizzato, è architetto d’interni, urbanista, museografo e designer. Costanti del suo pensiero progettuale: il rispetto del patrimonio, il senso della misura, una costante ricerca di qualità da condividere, pensata e costruita per tutti. Il progetto è composto di una struttura lignea resa “inattaccabile” dagli agenti atmosferici tramite una particolare vernice per legno Milesi-IVM Group e di una pelle molto speciale in zinco color grigio-scuro (Umicore-VM Zinc). La superficie è perforata per accogliere oltre 100 piante di alloro, messe in risalto da altrettanti led di Artemide. Il fine di Wilmotte è quello di esprimere la volontà, l’impegno a fare interagire le persone con l’ambiente che le circonda. Un manifesto schietto e sincero che spiega come il design sia in grado di introdurre elementi di poesia nella vita di tutti i giorni.
the hedgehog
L’installazione è realizzata grazie al supporto di Cristina Rubinetterie, con uno speciale rivestimento in zinco dell’azienda Umicore – VM zinc.
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arlecchino urbano
Nuovi segni per le città. Ispirata all’arte giapponese dell’origami, la pensilina di Marco Zanuso Jr. rappresenta una sosta rigenerante nel caos cittadino.
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“Cerco di progettare architetture che facciano riflettere, che emozionino, che mettano l’osservatore in uno stato d’animo particolare. Spero sempre che le persone che entrano in contatto con uno dei miei lavori, ne escano arricchite in qualche modo”. Marco Zanuso jr. inverte il modo con cui architetti e imprese dialogano. “Invece di aspettare il committente che mi contatti, sono io a cercare aziende che mi diano la possibilità di applicare le mie ricerche progettuali”. Da qualche anno le creazioni di Zanuso, sia nel design che nell’architettura, sono legate allo scouting di lavorazioni e tecniche artigianali speciali (come la lavorazione dell’alluminio di Donati Group). “Il progetto per Interni Think Tank, Arlecchino Urbano, è una piccola architettura, una pensilina. Ho cercato di fare un oggetto che sia un esempio della combinazione tra artigianato sofisticato e realizzazione
industriale di qualità”. La forma a cui si ispira è l’origami, l’arte giapponese di piegare la carta, rappresentata in questo caso da grandi fogli d’alluminio. Spiega Zanuso: “È un oggettoarchitettura che spera di far fermare la gente, di staccare la spina del quotidiano, per guadagnare un momento di introspezione. Credo sia importante che questi oggetti trasmettano energia e vitalità”.
Il gazebo policromo è stato realizzato da Donati Group, che ha un profondo know how tecnologico per tagliare e assemblare enormi fogli di alluminio e dar loro forme inconsuete.
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GoLDen FLeece
UN enorme vello d’oro, FIGURA ANCESTRALE NELL’immaginazione DI Jacopo Foggini DIVENTA UNA guida ideale.
“Il colore è sempre stato una costante fondamentale nel mio lavoro e continua a esserlo” spiega Jacopo Foggini. “Ma, in questa fase storica e della mia vita, sento il bisogno di maggior leggerezza e quindi ho fatta un’installazione trasparente che, solo quando viene illuminata, assume i toni dell’argento e dell’oro. È un’enorme figura primordiale, sopraelevata 4 metri da terra nel punto più alto, lunga 25 metri, fatti con 200 moduli tridimensionali realizzati a mano, uno diverso dall’altro, che insieme sembrano un unico pezzo”. Un’enorme scultura che Foggini ha realizzato con Nice, azienda specializzata in sistemi di automazione per la casa. L’ha intitolata Vello d’oro, per ricordare un oggetto desiderato, a lungo ricercato secondo la mitologia greca. “Ha l’aspetto di un grande foulard femminile che si muove nel vento, ma in realtà è un mantello dove ci si può nascondere e sparire” racconta Foggini. “Ha qualcosa di regale, di primordiale. È come una grande madre che ti guida e ti protegge, come una manta che nuota negli abissi marini”. È in metacrilato trasparente e viene illuminato con proiettori di immagini che creano migliaia di
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UNA SCULTURA LUMINOSA, LUNGA 25 METRI, IN METACRILATO TRASPARENTE REALIZZATA CON NICE, AZIENDA SPECIALIZZATA IN SISTEMI DI AUTOMAZIONE PER LA CASA.
rifrazioni di luce. Spiega: “Io che sono una sintesi del barocco piemontese, perché arrivo da Torino, mi sto avvicinando sempre di più a una pulizia del segno e della progettualità per realizzare i miei oggetti che vivono nel mondo del design, ma hanno una grandissima libertà espressiva. L’ispirazione in questo momento la trovo in una immaginaria macchina del tempo che mi fa tornare all’infanzia. Ho grandi difficoltà nel riconoscermi nel mondo in cui viviamo”.
Intanto Foggini nel suo laboratorio milanese sta lavorando su più fronti: una casa privata in Russia, in collaborazione con lo studio Palomba Serafini, dove il metacrilato sarà protagonista assoluto; un libro sul suo lavoro che uscirà fra un anno con Electa e una grande installazione in Corso Venezia a Milano, davanti al Museo della Scienze Naturali.
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sleeping doors
Decorazione ed effetti scenografici per i portali realizzati da Paola Navone.
“Una porta sul mondo che sorprende e invita a entrare. Archetipo effimero. Soffice, colorato e tattile”. Con queste parole Paola Navone descrive i due portali d’ingresso al primo piano del Loggiato Ovest. La designer li reiventa “imbottendoli” con grandi materassi impunturati e colorati rivestiti di tessuti Rubelli. Un mix cromatico e di ispirazioni, dalle maioliche olandesi del Settecento, all’effetto cangiante della seta, ai cotoni rigati ottocenteschi. Il risultato sono due progetti in linea con la consueta interpretazione ironica e antiteorica del design di Paola Navone che viaggia insieme alla sua vena etnica, decorativa e scenografica, attitudini consolidate e segni visibili della sua personalità creativa.
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Soffice, colorato e tattile: Paola Navone ha scelto i tessuti Rubelli per realizzare le sue installazioni
La designer, torinese d’origine e milanese d’adozione, è nota per il suo gusto nell’allestimento e per la capacità di trovare oggetti, di saperli comporre e trasformare, contaminandoli fino a creare degli ibridi. Da sempre animata da una vivace curiosità per le culture più diverse - soprattutto orientali – ha trascorso gran parte della sua vita viaggiando: la sua lunga e complessa carriera la vede muoversi con disinvoltura tra i ruoli di architetto, designer, art director, arredatrice, saggista, curatrice di esposizioni ed eventi, sia individualmente che per una committenza selezionata.
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Grafiche, luci, proiezioni PER la mise en scène DI un laboratorio di car design virtuale.
Mini COuntRYmanDEsigN STudiO Non c’è alcun dubbio che uno degli oggetti di design più complessi da progettare sia l’automobile. Interessante perciò è il percorso creativo che porta alla sua realizzazione e che MINI ha voluto rappresentare con una grande installazione-laboratorio nel Cortile d’Onore Suggestivo lo scenario creato dell’Università. da Mini per spiegare Per raccontare il “processo” di car design, dalla come nasce e si sviluppa il progetto di un’automobile. nascita al lancio, l’azienda ha deciso di mettere
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in scena tutte le fasi progettuali che portano alla creazione di una quattro ruote, con la collaborazione dello studio di progettazione della casa madre tedesca. Un allestimento multimediale e spettacolare che è anche l’occasione per la presentazione dell’ultima nata, MINI Countryman, primo modello a quattro porte e a quattro ruote motrici.
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FuorISaLone® 2010 MOBILe
DIGITA INTerNI SU APP STorE E SCARICA L’APPLICAZIONE PER IL TUO iPhone.
Interni festeggia il seicentesimo numero con un regalo per tutti i visitatori del FuoriSalone® 2010: la nuova applicazione Interni FuoriSalone per iPhone, disponibile gratuitamente su Apple iTunes in concomitanza con l’uscita della Guida FuoriSalone, giunta alla ventunesima edizione. Questo nuovo strumento, che affianca le altre pubblicazioni di Interni nel già articolato Sistema editoriale di aprile, rappresenta la naturale evoluzione in digitale della Guida e sfrutta lo stato dell’arte delle tecnologie wireless, ormai accessibili da tutti gli utenti provvisti di dispositivi mobile. L’applicazione di Interni, la prima dedicata specificamente agli eventi della Settimana milanese del design, rende disponibile sempre e in ogni luogo un’informazione in costante aggiornamento sulle oltre quattrocento presentazioni che animano la città, offrendo ai suoi utenti gli strumenti per vivere il FuoriSalone e Milano in modo completo ed estremamente efficiente. I dati raccolti e organizzati nella Guida vengono integrati con le funzionalità multimediali di iPhone e offrono una serie di sevizi studiati per organizzare la visita della manifestazione e scoprire quanto di meglio la città ha da offrire in termini di ospitalità e intrattenimento. Le funzionalità interattive sviluppate per l’applicazione e il collegamento ai principali social network consentono poi di condividere commenti, immagini e video relativi ai luoghi visitati per creare di fatto una vera e propria comunità digitale attorno al FuoriSalone, che possa restituire un’immagine complessa e approfondita della manifestazione e contribuisca a rendere l’esperienza più completa e, perché no, ancora più divertente. (Michelangelo Giombini)
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IN ALTO. IMMAGINI DAL FUORISALONE® (FOTO DI S. ANELLI, G. GIANNINI, A. OTERO, E. UMMARINO). IL TASTO CHE IDENTIFICA LA NUOVA APPLICAZIONE DI INTERNI PER IPHONE: PERMETTE AI VISITATORI DEL FUORISALONE MILANESE DI RAGGIUNGERE CON FACILITÀ GLI EVENTI DEL DESIGN SELEZIONATI NELLA GUIDA FUORISALONE. TRE SCHERMATE DEL PROGRAMMA DI NAVIGAZIONE.
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