IL MaGazine DeL DesiGn N. 61 – 22 OTToBre 2010 NUMERO sPeciaLe PER I LeTTorI DI
FASHION & DESIGN EvenTI, sFILaTe e InsTaLLazIonI 2.0 A MILano
MODA & ARREDO Le ArcHITeTTure, GLI InTernI e I moBILI TessILI I Jeans vesTono La casa Le Borse DeLL’auTunno
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che gioia!
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eventi
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COMO UNISCE TESSILE E ARTE.
da non perdere
UN’INSTALLAZIONE, UNA MOSTRA E NUOVI MIX FASHION
laboratori creativi
ALLA TRIENNALE DI MILANO A DISPOSIZIONE DEI BAMBINI CI SONO ESPERTI E DESIGNER
mobili&co.
IDEE DA DESIGNER: LO SPECCHIO/CORNICE E IL VASO/CUORE
tendenze
ISPIRAZIONE ABC
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progetti tessili
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architettura soft
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PARETI, COPERTURE, PANNELLI E PAVIMENTI DI TESSUTO
ospitalità
ISPIRAZIONE HAUTE COUTURE. IL SOFITEL LE FAUBOURG A PARIGI
arredi tessili
IL DESIGN RUBA I SEGRETI ALLA MODA
materiali
SOTTO LA LENTE. PLEXIGLAS, CRISTALLO, PLASTICA
compleanni
I 40 ANNI DELLA MAISON KENZO
arredi tessili 2 DENIM FOREVER
case history
VANITY E IL SUO CULTO
movie
MAD MEN, BAD MEN. COME LA SERIE TELEVISIVA DI CULTO INFLUENZA LE COLLEZIONI DI MODA
IdeeINterNIPANorama
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storie di contaminazioni
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panorama dei trend
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UNA GIORNATA PARTICOLARE NEI CAFFÈ DI TORINO CON BORSE DI STAGIONE E ACCESSORI EXTRA CHIC
panorama degli eventi
MILANO OLTRE LA MODA. INSTALLAZIONI D’ARTISTA, COLLEZIONI D’ARREDO, RICERCA DI NUOVI LINGUAGGI STORE D’AMORE. I NUOVI NEGOZI DEI BRAND DI TENDENZA REALIZZATI DA CREATIVI DEL PROGETTO MODA PER TUTTI. A MILANO, NEL CUORE DELLA CITTÀ LE PERFORMANCE DI FASHION&DESIGN 2.0
panorama degli interni
UNA VITA NEL LIVING. LA CASA MILANESE DI DELFINA RATTAZZI LA RICETTA DELLA FELICITÀ DOMESTICA 101
cover story INCONTRO CON STEFANO BERALDO, AD DEL GRUPPO COIN
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rubrINterNIPANorama 109
techno cool
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new light
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INTERVISTA AD ADOLFO GUZZINI 114
materiali
UNO E CENTOMILA, IN OGNI LEGNO SI CELA UN MONDO 116
food
BERE CREATIVAMENTE. LE STRATEGIE DI COMUNICAZIONE DEL BEVERAGE LEGATE ALLA FOTOGRAFIA E AL CINEMA 123
hi-tech
CLOUD COMPUTING. IN RETE LE NUOVE RISORSE PER ELABORARE DOCUMENTI E IMMAGINI 124
wellness
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LA SPA IN CASA 126
in e outdoor
VERDE CON SORPRESA. LE MINIARCHITETTURE IN FERRO
DIRETTORE RESPONSABILE GILDA BOJARDI BOJARDI@MONDADORI.IT ART-DIRECTOR Christoph Radl christoph.radl@radl.it CAPOREDATTORE CENTRALE Simonetta Fiorio simonetta.fiorio@mondadori.it A CURA DI Patrizia Catalano interniv@mondadori.it
IN COPERTINA. ELABORAZIONE GRAFICA DI UN RITRATTO DI STEFANO BERALDO, AMMINISTRATORE DELEGATO DEL GRUPPO COIN RACCONTA LE PERFORMANCE DEL GRUPPO A PARTIRE DAL 2005, DATA DEL SUO INGRESSO NELLA SOCIETÀ. DAL RESTYLING DEI MAGAZZINI COIN, ALLA NASCITA DEI 500 STORES OVS INDUSTRY E AI NUOVISSIMI UPIM POP.
HANNO COLLABORATO Rosa Maria Bertoli Martina Casagrande Olivia Cremascoli Claudia Foresti Antonella Galli Ester Giarolli Katharina Horstmann Anita Martinelli Cristina Morozzi Andrea Pirruccio Danilo Premoli Rosa Tessa Laura Traldi Sandra Varisco GRAFICA Elena Mariani internie@mondadori.it Elena Michelini imkt2@mondadori.it
IL PROSSIMO
INTerNI Panorama
USCIRÀ IL 25 FeBBraIo 2011
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FOTO Iwan Bann Enrico Conti Giacomo Giannini Roland Halbe Simone Manzo Andrés Otero Henry Thoreau David Von Becker SEGRETERIA DI REDAZIONE Alessandra Fossati - responsabile Ada Uboldi- assistente del direttore Barbara Barbieri
NUMERO SPECIALE DI
PER I LETTORI DI ANNO 14° N. 61 ALLEGATO A PANORAMA N. 44 DEL 22 OTTOBRE 2010
ARNOLDO MONDADORI EDITORE 20090 SEGRATE-MILANO INTERNI La rivista dell’arredamento via D. Trentacoste 7 20134 Milano tel. 02.215631- 20 linee r.a. telefax 02.26410847 www.mondadori.com/interni www.internimagazine.it Pubblicità Mondadori Pubblicità 20090 Segrate - Milano Tel. +39 02 7542 2203 Fax +39 02 7542 3641 Coordinamento Silvia Bianchi silvia.bianchi@mondadori.it www.mondadoripubblicità.com Stampato da Mondadori Printing S.p.A., via Luigi e Pietro Pozzoni 11 Cisano Bergamasco (Bergamo) Stabilimento di Verona febbraio 2010 © Copyright 2010 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.- Milano Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati. Manoscritti e foto anche se non pubblicati non si restituiscono
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come si esprime la felicità? Un’intera città, Como, ha riempito le piazze e i musei di risposte sotto forma di arte e di cultura. Valgono per tutti. perché il legame tra creatività e vita crea bellezza E la bellezza genera letizia.
che gioia! fino al 21 novembre, a como, si può visitare 2010miniartextil, la xx mostra internazionale D’ arte tessile contemporanea, Curata dal critico d’arte Luciano Caramel e ideata e promossa dall’ associazione culturale Arte&Arte. LA Sede principale è L’EX Chiesa di San Francesco, Spazio Culturale Antonio Ratti, Largo Spallino. www.miniartextil.it nelle immagini alcuni tra i 54 minitessili (misure max 20 cm per lato) in mostra. dall’alto: “I wish” di Juany Mukmel, “swing” di Maija Paavola, “Flame” di Nesem Ertan.
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EVENTI
UNA MOSTRA, 25 installazioni, TANTI eventi RACCONTANO, ATTRAVERSO L’arte tessile, un GIORNO DI felicità. Artisti internazionali esprimono, in opere mini o in grandi installazioni, la loro idea di felicità: contatto con la natura, armonia con gli altri e con l’ambiente, rispetto, ricordi, famiglia, affetti ma anche arte, musica, gioco, fratellanza, pace. Questi i temi raccontati, e ripresi da performance ed eventi collaterali, alla mostra “Un giorno di felicità 2010 miniartextilcomo”, per un’ampia proposta culturale alla riscoperta
di valori autentici. Sono stati 412 i progetti pervenuti da oltre 40 Paesi dei cinque continenti. In mostra si possono vedere 54 minitessili. Per il ventennale è stato anche predisposto un percorso su più sedi con 25 installazioni e interventi all’aperto. (Simonetta Fiorio)
ALLA FELICITÀ DEL GIORNO DEL MATRIMONIO È DEDICATA LA RUOTA DI PIZZO “WALTZ 02042004” DELLA FINLANDESE MINNAMARINA TAMMI ( IN ALTO A SINISTRA) CHE HA VINTO IL PREMIO ANTONIO RATTI MINIARTEXTIL 2010. “OLIVE TREE” DI HEATHER COLLINS (IN ALTO) CON UN SAPIENTE UNCINETTO ESALTA L’ALBERO DELLA PACE, FONTE DI VITA, CAPACE DI RINASCERE E RIALZARSI ANCHE DOPO FORTI DISTRUZIONI. TRA LE INSTALLAZIONI, MOLTO ORIGINALE L’INVENZIONE DELL’ITALIANA GIUSEPPINA MARCHETTI CHE CON “MI RITORNI IN MENTE” RICOPRE CON 11.800 METRI DI FILATO ALL’UNCINETTO UNA FIAT 500 D’EPOCA (SOPRA). DI LATO: “REVOLVING HAPPINESS” DI NORIKO TAKAMIYA E “HIGH NOON” DI ANTRA AUGUSTINOVICA. IN BASSO, “HONEY DAY” DELL’ARTISTA EGLE BERNATONYTÉ CHE HA VINTO IL PREMIO ARTE&ARTE MINIARTEXTIL 2010..
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DA NON PERDERE IN MOSTRA a Bologna
UN Letto Da sogno Come avrebbe potuto essere il letto fiabesco della ‘Principessa sul pisello’ se non monumentale, morbido, colorato e molto, molto comodo? Dalla fantasia alla realtà il salto è stato breve per Hästens, azienda svedese specializzata in letti e materassi di alta gamma, che ha chiamato la stilista Angela Missoni, direttore creativo dell’azienda di famiglia, a interpretare il letto della favola in una installazione tra design e arte. Nell’Hästens Store di Como (in via Bellinzona 31) fino al 21 novembre si può ammirare il letto dei sogni di Angela Missoni: tra alti strati di materassi colorati, soffici piumoni e cuscini fioriti si mixano sapientemente i tessuti Missoni e il classico motivo a quadrettoni che caratterizza i letti Hästens. (A.G.)
RouCHES e balze È stata definita “la nuova perla di Chicago” e ha vinto recentemente l’Emporis Skyscraper, il premio per il grattacielo dell’anno. Parliamo dell’Aqua Tower progettata da Jeanne Gang dell’omonimo studio Gang Architects. La più alta struttura del mondo progettata da una donna è diventata la nuova icona della più grande città dell’Illinois grazie alla sua forma affascinante, il cui aspetto cambia completamente a seconda della prospettiva. Le sue facciate, caratterizzate da terrazze ondulate, evocano un perenne movimento: onde, pieghe, rouches. Drappeggi e balze, alternanza tra vuoto e pieno, liscio e drappeggiato (già presenti sulle passerelle della primavera estate 2010 grazie alle collezioni di Stella McCartney, Valentino, Marc Jacobs, Givenchy, Viktor & Rolf, Krizia, Giambattista Valli) nelle nuove collezioni 2011 (Ermanno Scervino o MiuMiu per esempio) creano capi che appaiono simili a sobrie sculture o, come dicevamo, ad architetture iconiche. (S.F.)
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PER dormire in una favola, CONOSCERE un IMPRENDITORE CREATIVO, SCOPRIRE UN’ARCHITETTURA drappeggiata.
Se lo conoscevate, vale comunque un ripasso, se amate il design e non avete idea di chi sia stato Dino Gavina allora non perdete questa mostra che il MAMbo - Museo d’arte moderna di Bologna gli ha dedicato. Attivo nel capoluogo emiliano dagli anni Settanta questa figura anomala di imprenditore creativo porta sulla scena del design italiano quello che oggi viene chiamato Art Design ovvero oggetti spesso realizzati da artisti importanti che avevano la specificità di essere opere d’arte perfette nella casa moderna. Qualche nome? Duchamp, Man Ray, Carlo Scarpa: scusate se è poco! Fino al 12 dicembre al MAMbo di Bologna. A cura di Elena Brigi e Daniele Vicenzi. (P.C.)
AQUA TOWER, IL NUOVO GRATTACIELO ICONA DI CHICAGO PROGETTATO DA JEANNE GANG. LE SUE FACCIATE, CARATTERIZZATE DA TERRAZZE ONDULATE, EVOCANO UN PERENNE MOVIMENTO: ONDE, PIEGHE, ROUCHES. CAPOSPALLA IN NYLON PLISSÉ CON PIEGHE A QUADRO E COLLO A CRATERE. COLLEZIONE PRIMAVERA ESTATE 2011 “ERMANNO” DI ERMANNO SCERVINO. TESSUTI TECNICI E DETTAGLI PREZIOSI.DALLA COLLEZIONE PRIMAVERA ESTATE 2011DI MIU MIU. TACCO ALTO PER IL SANDALO NERO DI VERNICE CON FIOCCO BIANCO APPLICATO A CAVIGLIA; BALLERINA DI VERNICE BICOLOR CON FIOCCO APPLICATO; DÉCOLLETÉ DI VERNICE BICOLOR.
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LABORATORI CREATIVI
AL Triennale Design Museum DI MILANO, TDMKids, i bambini TAGLIANO, MODELLANO E COLORANO. PER PROVARE IL brivido della creazione. di Antonella Galli
I creativi e i bambini condividono una dote preziosa: la fantasia, la capacità di trovare soluzioni fuori dall’ordinario. E dato che per attivare il corto circuito dell’invenzione non c’è altro sistema che mettersi alla prova, il Triennale Design Museum ha avviato da ottobre TDMKids, un programma di attività per i bambini da 4 a 10 anni per avvicinarli, con visite e laboratori, al mondo del progetto, alla storia degli oggetti e all’ebbrezza dell’invenzione. Tutti i sabati e le domeniche, nel pomeriggio, sotto la guida di esperti e designer i bambini partecipano a una visita del Museo, quindi a un laboratorio a tema ideato con la supervisione della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Bicocca di Milano. Tra i laboratori già attivati, ‘La casa di Leandro’ a cura di Daniele Papuli (oggetti in carta), l’’Intreccio’ e il ‘Punto croce’, a cura di Nicoletta Morozzi e Lorenza Branzi (fili e tessuti), lo ‘Stampo’ a cura di Vered Zaykovsky con Resinology (stampi in resina), ‘Crea il tuo vaso’, a cura di Paolo Ulian (la fabbricazione di un vaso). Per anticipazioni e notizie (e per divertirsi un po’ con i giochi), il Museo ha predisposto un sito dedicato ai bambini: http://kids.triennaledesignmuseum.it
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Se Provo, ImParo
IN ALTO: DUE MOMENTI DEI LABORATORI ATTIVATI DA TDMKIDS, LA SEZIONE DIDATTICA DEL TRIENNALE DESIGN MUSEUM DI MILANO, TUTTI I FINE SETTIMANA. QUI SOPRA: LA SALA IN CUI SI SVOLGONO I LABORATORI IDEATI E GUIDATI DA ESPERTI E DESIGNER.
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MOBILI & CO. IL vaso / cuore DI ALBerTo BIaGeTTI In quanti modi un designer può approcciare un oggetto? Moltissime ma nessuno si era mai dichiarato “un archeologo piuttosto che un ingegnere genetico che studia e manipola gli oggetti della nostra vita”. L’affermazione è di Alberto Biagetti designer, architetto, direttore artistico, che spiega “penso che quando si approccia un progetto non bisogna concentrarsi solo sulla funzione che ha: meglio pensare a chi lo usa, al corpo umano, allo spazio domestico come teatro della memoria”. Per Uomo di Vetro una prova d’autore realizzata Venini, Biagetti ha lavorato sulla fragilità del corpo umano: ne è nato un vaso in vetro soffiato a forma di cuore nei colori rosso, nero, verde e trasparente (foto di Yoshie Nihikawa).
LA VERSIONE QUADRATA DI GALLERY, LO SPECCHIO TRIDIMENSIONALE CON CORNICE IN CRISTALLO CURVATO DISEGNATO DA MARCO ACERBIS PER FIAM: PROPRIO COME UN QUADRO POSSIEDE UNA CORNICE RIMARCATA DALLO SPESSORE DEL CRISTALLO.
di Martina Casagrande
Lo sPeccHIo / cornIce DI Marco AcerBIs
IDee Da DesIGner
curvato, il secondo perché volevo realizzare un vero e proprio oggetto, una presenza tangibile per movimentare le pareti di casa. Gallery nasce Architetto appassionato designer Marco come un sequel: sono partito da una forma Acerbis è approdato al primo progetto di semplice essenziale come il quadrato per poi specchio da parete prendendolo come una portarmi verso forme diverse, dal cerchio al sfida: rivoluzionarne l’aspetto bidimensionale. rettangolo alle forme sagomate, per far sì che “Sono partito dall’idea di realizzare uno specchio in vetro curvato, quindi con una forma questo specchio fosse adatto ai diversi tipi di tridimensionale. Questo per due motivi, il primo appartamenti, da quelli minimal a quelli tradizionali o old style. Inoltre credo che lo perché stavo lavorando con Fiam, un’azienda che per tradizione usa la tecnologia del cristallo specchio, come nella cultura del Settecento,
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UOMO DI VETRO, PROVA D’AUTORE IN VETRO SOFFIATO CHE ALBERTO BIAGETTI HA REALIZZATO PER VENINI. BIAGETTI CHE HA REALIZZATO ANCHE ALTRI PROGETTI LAVORANDO SUL CONCETTO DI IBRIDAZIONE DEI VASI CLASSICI DELLA MAISON VENINI, È ANCHE IL PROGETTISTA DELLO SHOWROOM DI VIA MONTE NAPOLEONE A MILANO.
tornerà a essere per noi un oggetto indispensabile: abitiamo in case sempre più piccole e lo specchio amplifica lo spazio e veicola la luce; inoltre, stiamo vivendo nella società dell’immagine e siamo tutti un po’ più narcisi di qualche tempo fa”.
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TENDENZE
DALL’ALTO IN SENSO ORARIO. SGABELLO A IN HELVETICA BOLD DI HASTELL. DONATELLA, DALLA SERIE GARMENT GRAFFITI. INSTALLAZIONE IN LEGNO DI THOMAS VOORN. ALPHABET DRAWERS, PRODOTTI DA KENT AND LONDON. PRIMAVERA/ESTATE 2010, DI YVETTE YANG. LETTERE/GAMBA CREATE DALLA GRAFICA INGLESE SOPHIE LEPINOY. SEDUTE NERE ABCHAIRS DI ROLAND OTTEN.
IspiRAzioNE aBc TIPOGRAFI CON LA mania DELLA moda E DESIGNER CON IL PALLINO DELLA TIPOGRAFIA. TRA alfabeti surreali e MOBILI CHE SI prestano A COMPORRE messaggi segreti, SI RICOMINCIA DALL’ABBECEDARIO. di Rosa Maria Bertoli L’alfabeto va di moda. Tipografi di nuova generazione con la mania dello shopping si ispirano agli accessori e capi visti in passerella, che trasformano in alfabeti più o meno leggibili. Come quello della graphic designer inglese Sophie Lepinoy, che unisce l’eleganza della tipografia con la stravaganza della moda. O come il coloratissimo font della coreana Yvette Yang, che gioca con la natura effimera delle tendenze: ogni stagione si ricomincia, con i capi cult presi dalle sfilate. Thomas Voorn, art director olandese, dedica i suoi ritratti agli stilisti più in voga, i cui nomi vengono ricreati da installazioni di capi d’abbigliamento su scenari desolati. Ma l’ABC non ha stregato solo i modaioli: spuntano ovunque mobili con messaggi nascosti, come la collezione ABChairs, una sedia per ogni lettera (tutte disponibili su ordinazione) del designer Roeland Otten, o lo sgabello ‘Helvetica LT Bold lower-case a’ in legno di betulla, che rende omaggio al leggendario carattere svizzero. O ancora la cassettiera realizzata a mano di Kent and London ispirata ai vecchi metodi di stampa, perfetta per fare ordine, dalla A alla Z.
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TELI TESI COME nervature d’acciaio O MORBIDI E trasparenti COME veli da sposa.TENDOSTRUTTURE, TENSOSTRUTT URE, PRESSOSTRUTTURE... I progettisti RIESCONO A DARNE INTERPRETAZIONI POETICHE, CREANDO costruzioni leggere COME MEMBRANE. E IL TESSUTO VINCE ANCHE NEL design E NELL’arte.
PRogettI TEssilI
IL MUSEO MAXXI, DISEGNATO DA ZAHA HADID E ILLUMINATO DA BARRISOL LUMIÈRE, UN TELO TRASLUCIDO RETROILLUMINATO CHE È STATO FISSATO SOTTO L’IMPONENTE TROMBA DELLE SCALE E IN DIVERSE PARTI DEL SOFFITTO, PERMETTENDO LA DIFFUSIONE UNIFORME DELLA SORGENTE LUMINOSA POSTA DI DIETRO. PHOTO CREDIT: © HELÈNE BINET
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nell’epoca dell’effimero e degli eventi che accolgono migliaia di turisti (vedi l’expo di Shanghai), il tessuto applicato nelle costruzioni sembra trovare una nuova forza espressiva. duttile, flessibile, scenografico, ecologico, diventa parete, copertura, pannello o pavimento. E gli architetti ne fanno un uso sempre più disinvolto. di Katharina Hortsmann
architettura “soft” In alto. il padiglione svizzero all’Expo 2010 di Shanghai, concepito dallo studio di architettura Buchner Bründler e caratterizzato da una struttura aperta e ibrida per tecnica e natura. Il corpo principale è avvolto da una facciata semitrasparente, creata da una rete metallica a maglie grosse con 10.000 cellule solari. (Photo Credit: ©Iwan Baan). A lato. l’installazione Blueprint, una collaborazione tra l’artista coreano Do Ho Suh e lo studio di architettura coreano Suh Architects per la Biennale di Architettura 2010 a Venezia. Consiste in una replica tessile a grandezza reale di 12,7 metri di una facciata di una casa di città tipica newyorkese e in un’immagine a terra, composta da tre facciate.
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In alto. un’opera dell’artista svizzero Rudolf Stingel che interviene sull’architettura della Neue Nationalgalerie a Berlino. Il tappeto opulento copre tutto il piano terra dell’edificio di vetro, guidando lo sguardo sugli elementi decorativi dell’architettura di Ludwig Mies van der Rohe. (Photo Credit ©David von Becker).
In basso a sinistra. il Serpentine Pavillion dell’architetto francese Jean Nouvel, un conglomerato rosso di diversi spazi aperti con pareti divisorie create da tende di un tessuto voluminoso e fogli traslucidi. In basso a destra. la casetta da the, disegnata dall’architetto giapponese Kengo Kuma per il Museum für Angewandte Kunst Frankfurt, è una struttura effimera con una membrana di doppia parete di un tessuto fibroso E semitrasparente riempito con aria tramite un sistema a compressione.
ella nostra vita quotidiana vediamo i tessuti industriali applicati in diverse situazioni: copertuire nei cantieri, tende da sole o anche dei tendoni per padiglioni estemporanei, tende da circo.E spesso sono proprio queste applicazioni di ogni giorno che caratterizzano il fascino particolare dell’architettura in tessuto. Le ispirazioni derivano spesso dal passato: i tetti trasformabili che coprono i nostri stadi trovano i loro precursori nella costruzione della “vela” che proteggeva dal sole gli spettatori nelle arene romane. E in diverse parti del mondo vengono ancor’oggi impiegate molte costruzioni tradizionali, come le tende dei nomadi nordafricani e arabi o le pensiline trasformabili in tessuto che riparano le strade e le piazze in Nord Africa o Sudamerica. Oltretutto esistono tante diverse tipologie. Ci sono i tessuti classici come quelli di fibra di cotone, di lino e di lana; ci sono quelli anorganici come fibra di metallo o di vetro, e ci sono anche fibre sintetiche come il poliestere e la poliammide. Esistono inoltre materiali membranacei che non corrispondono alla loro definizione classica ma che possiedono caratteristiche e funzioni simili ai tessili. Per esempio, le pareti divisorie giapponesi ricoperte di carta “washi” non sono tessili nel senso classico, come >> non lo è il foglio di plastica che viene applicato per proteggere
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dalla luce e da occhi indiscreti. Eppure rappresentano in alcuni casi un ulteriore sviluppo del materiale tradizionale. Ciononostante il tessile è stato un materiale negletto in architettura per molto tempo. Una ragione è forse stata la diffusione del riscaldamento centrale e del condizionamento dell’aria; un’altra l’ossessione per l’igiene che ha caratterizzato il movimento moderno che percepiva le ricche stoffe spaziali degli interni Fin de Siècle come “parapolvere” e orrore estetico. Poi, nella seconda metà del XX secolo incominciava una discussione sul tema delle costruzioni membranacee e pneumatiche che si tendono in modo libero. Queste costruzioni conquistavano nuove sfere di competenza e diventavano un’alternativa all’architettura classica. Ma imperfezioni tecniche e un dispendio di energia per il mantenimento di queste costruzioni sostenute con aria portavano ad un uso diminuito di questa tecnica. Negli ultimi anni vi è stato un rilancio del tessile nell’applicazione architettonica grazie allo sviluppo di fibre sintetiche e tecnologie avanzate. Emergono costruzioni innovative, che si contraddistinguono tramite un uso sperimentale del materiale. La gamma va da progetti di prestigiosi studi d’architettura, ad applicazioni high-tech, sviluppati da ingegneri, fino a giovani architetti, designer ed artisti che esplorano l’aspetto temporaneo dell’architettura tessile.
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Il padiglione spagnolo all’Expo 2010 di Shanghai ha una forma a cesto ed è stato disegnato dallo studio d’architettura Miralles Tagliabue e costruito da una parete di 7.000 metri di rattan, formando diversi cortili che rendono accessibile gli ambiti della mostra. (Photo Credit: ©Roland Halbe).
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Didier Gomez firma ventuno nuove suites per il Sofitel Le Faubourg, lussuoso hotel nel cuore di Parigi. Un progetto nel segno dell’alta moda francese.
Ispirazione Haute Couture di Antonella Galli
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on c’è nulla di più parigino dell’atmosfera che si respira passeggiando lungo Faubourg Saint Honoré, tra le vetrine di Hermés e Cartier e delle altre griffe stellari della moda d’Oltralpe. Una strada che si identifica con uno stile, fatto di eleganza, discrezione, estro. Quello stesso stile a cui Didier Gomez, interior designer francese e brillante interprete dell’esprit nazionale, si è ispirato per rinnovare ventuno suites dell’hotel Le Faubourg, gioiello della catena Sofitel, meravigliosamente posizionato in rue Boissy d’Anglas, leggendaria trasversale del Faubourg, a fianco dell’Eliseo. L’hotel, di fronte al Buddha Bar e all’Hotel Crillon, occupa due edifici di Sette e Ottocento, reinterpretati in chiave contemporanea. Le nuove suites, molto spaziose, ricavate dall’unificazione di due o tre precedenti stanze, vogliono accentuare il legame con il luogo speciale in cui si trova l’hotel, portare allo scoperto il DNA del Faubourg e delle maison d’alta moda che lo In alto, la stanza da letto e un particolare delle decorazioni dell’Apartment animano. Didier Gomez, che ha ridisegnato anche il sontuoso Couture all’ultimo piano dell’hotel Sofitel le Faubourg; qui sopra, il living. appartamento Couture all’ultimo piano dell’hotel e tutti i corridoi, ha Prevalgono tinte naturali raffinate e tessuti preziosi, con tocchi di oro. miscelato sapientemente alcuni frammenti del Secolo dei Lumi – i fregi
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“L’ATMOSFERA DELLE suites RICREA L’ARMONIA E L’ELEGANZA DEI SALONI DELLE grandi maisons di alta moda NELLA SCELTA DEI MATERIALI, DEGLI ARREDI E DEI COLORI” Didier Gomez.
in stucco, gli specchi con cornici dorate, le poltrone in stile Luigi XVI – a chaise loungues e tavolini contemporanei, mobili a parete lineari e una sala da bagno aperta sulla stanza con una parete a vetri. Il candido lino dei letti, i velluti e le sete alle finestre e sui divani in tonalità tenui e preziose aumentano il senso di accoglienza e intimo lusso. ‘La moda era una scelta legittima e naturale come base per il progetto’, racconta Gomez, ‘così ho voluto utilizzare alcuni elementi del XVIII secolo e, allo stesso tempo, creare una visione di forte contemporaneità. Volevo ricreare l’armonia e l’eleganza dei salons di alta moda grazie alla scelta di tessuti, materiali, colori. Un concetto molto contemporaneo è l’impiego della partizione in vetro tra camera e sala da bagno, che regala alla suite una prospettiva insolita’. Con questo progetto parigino la catena Sofitel, che dal 2007 sta affrontando un radicale rinnovamento per posizionarsi nel target del lusso, aggiunge un tassello distintivo al suo mosaico di residenze in tutto il mondo affidate a celebri designer. LE IMMAGINI DELLA FASHION PHOTOGRAPHER CATHLEEN NAUNDORF, Per Sofitel Didier Gomez completerà nei prossimi mesi il Mogador a CHE RITRAGGONO MODELLE DI JEAN-PAUL GAULTIER, DECORANO LE PARETI Essaouira, dopo il progetto appena concluso a Rabat del Jardin de Roses. DELL’APARTMENT COUTURE DEL SOFITEL LE FAUBOURG DI PARIGI.
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In alto. progetto Rooms, presentato al Salone Satellite di Milano nel 2010 Le giovani designer georgiane Nata Janberidze e Keti Toloria propongono sedute abbigliate di tutto punto. Lampada a sospensione Maria Antonietta con paralume in carta arricciata di Orsina Sforza, 2010 Net foaming, pouf in tessuto iniettato di poliuretano dell’ architetto Christian Flindt e del designer tessile Bodil Jerichau per Danish Design craft , 2010 Jean Paul Gaultier veste nel 2010 il classico MaJong di Denis Hopfer di Roche Bobois, creato nel 1971, con sei diverse grafiche, Dentelle, Calligraphie, Billet, Foulard, Kiss e Tatoo.
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il design ruba i segreti alla moda di Cristina Morozzi
Il tessile diventa materia strutturale e prende forma d’arredi e oggetti. la sua duttilità ed elasticità COSTRUISCE mostri bonari per sedersi,pouf simili a grandi pastiglie E severe sedute in smoking e trasforma in lampade, abiti leggeri e fluttuanti.
SOPRA,Appartiene alla collezione Monster di Pieke Bergmans, la seduta con lampada rivestita in tessuto stretch, 2010 A LATO, Seduta in pelle con bustier La Perla in pizzo trapuntato, esposta durante il FuoriSalone 2010 nell’allestimento SensoReal progettato da Silvio De Ponte.
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Vestito luminoso in carta di Geraldine Gonzales, 2010 Sgabello Mmes ExpanséeS in tessuto capitonnè iniettato con schiuma poliuretanica di Dimitri BÄhler, studente dell’Ecal di Losanna, proposto nell’ambito della mostra del Dipartimento del design industriale al Salone di Milano nel 2010
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SoTTo La LenTe
Plexiglas, cristallo, plastica, TUTTI RIGOROSAMENTE trasparenti. PER RIEMPIRE LA CASA DI LEGGEREZZA MA ANCHE PER regalare distorsioni ottiche ALLA Salvador Dalì. PER UNA CASA DA PAESE DELLE meraviglie.
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di Laura Traldi
IL TAVOLO DROP IN PLEXIGLASS, CIRCONDATO DALLE CINQUE SEDIE DELLA COLLEZIONE FAMILY CHAIRS: TUTTE DIVERSE, SEMBRANO NASCERE DALLA DISTORSIONE PRODOTTA DAL PIANO A LENTE DEL TAVOLO. PROGETTI DI JUNYA ISHIGAMI PER LIVING DIVANI.
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IN SENSO ORARIO. IL PACKAGING PER OCCHIALI DEL MARCHIO LONDINESE PRISM IN POLICARBONATO TRASPARENTE, PROGETTATO DA SABOTAGE PKG. FOTO DI STEVE THEODOROU, STUDIO 21, LONDON. LA POLTRONCINA DELLA SERIE INVISIBLES DI TOKUJIN YOSHIOKA PER KARTELL, IN POLICARBONATO TRASPARENTE. PEZZO UNICO. IL PUZZLE IN CRISTALLO DEI GIAPPONESI NENDO PER SWAROVSKI: I BLOCCHETTI CHE LO COMPONGONO POSSONO ESSERE TOLTI UNO DOPO L’ALTRO, RIVELANDO LA GEMMA CENTRALE. SI CHIAMA SPARKING, COME L’ACQUA GASATA. INFATTI È STATA REALIZZATA DA MAGIS UTILIZZANDO BOTTIGLIETTE IN PET RICICLATE. DESIGN: MARCEL WANDERS. LA SEDIA IMPILABILE ABARTH DI FABIO NOVEMBRE IN POLICARBONATO E ALLUMINIO PER CASAMANIA, ISPIRATA AL CELEBRE MARCHIO SPORTIVO LEGATO AL GRUPPO FIAT. IL TAVOLO BASSO QUARK 7 IN PLEXIGLAS CHIARO TRASPARENTE REALIZZATO IN EDIZIONE LIMITATA DA EMMANUEL BABLED PER LA GALLERIA MILANESE NILUFAR.
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QuaranT’annI DIvIso Due di Rosa Tessa
GIAPPONE-FRANCIA-ITALIA, UNA GEOGRAFIA EMOTIVA E CULTURALE CHE HA INFLUENZATO LA STORIA DEL marchio francese, DA Kenzo Takada, SUO FONDATORE, AD Antonio Marras, L’ATTUALE DIRETTORE CREATIVO.
IN ALTO, L’USCITA FINALE DELLA SFILATA KENZO AUTUNNO-INVERNO 04-05, CHE HA SEGNATO IL DEBUTTO DI ANTONIO MARRAS COME DIRETTORE ARTISTICO DELLE COLLEZIONI DONNA DELLA MAISON; SOPRA KENZO TAKADA, FONDATORE DEL MARCHIO, RITRATTO AI SUOI ESORDI, NEL 1975, INSIEME AD ALCUNE AMICHE. A DESTRA ANTONIO MARRAS.
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no dei fenomeni più interessanti che ha segnato il corso della moda negli ultimi anni è stato il rilancio di marchi storici, da Pucci a Balenciaga, da Christian Dior a Yves Saint Laurent. Non è un compito facile per chi lo eredita, dare nuovo slancio ad un nome storico rivalutandone il patrimonio di codici stilistici e nello stesso tempo esprimendo valore aggiunto. Non è un giochino da ragazzi rinverdire un brand molto importante, tanto più se ha avuto alle spalle indimenticabili maestri di stile e creatività. Ma esistono dei casi in cui l’allievo è decisamente all’altezza del maestro, ed anzi riesce ad esprimere, pur nella coerenza dei valori del marchio, nuove chiavi interpretative. È il caso di Kenzo che, brand creato nel 1970 da Kenzo Takada e dal 2003 sotto la direzione creativa di Antonio Marras, quest’anno festeggia la IN ALTO, DA SINISTRA IN SENSO ORARIO UN’IMMAGINE DELLA CAMPAGNA maturità dei quarant’anni, in piena effervescenza creativa. Da quando la PUBBLICITARIA KENZO DEL 2006, FIRMATA DA PAOLO ROVERSI; LA BOUTIQUE STORICA DI KENZO A PARIGI, IN PLACE DES VICTOIRES. APERTA DA KENZO TAKADA A METÀ supervisione dello stile è passata nelle mani dello stilista italiano, il marchio, DEGLI ANNI ’70, È STATA LA PRIMA DELLE 130 BOUTIQUE MONOMARCA IN TUTTO giapponese d’origine e francese d’adozione, ha riacquistato il fulgore che si era IL MONDO A PRESENTARE IL NUOVO LAY-OUT IDEATO DA ANTONIO MARRAS appannato negli anni Novanta e che invece aveva raggiunto l’apice della forma E REALIZZATO DALLO STUDIO DI ARCHITETTI BELTRAME E GELMETTI DI MILANO; negli anni Settanta e Ottanta. In effetti, la scelta del successore, qualche anno fa, UN SOLE COSTRUITO CON MILIONI DI PETALI DI ROSE ROSSE CHE, CASCANDO A TERRA, RIVELANO L’ULTIMO LOOK DELLA SFILATA AUTUNNO-INVERNO 08-09, DEDICATA non fu fatta a caso. Lo stilista italiano è sintonizzato con il fondatore del DA ANTONIO MARRAS A SAYOKO, MUSA E ICONA DI KENZO; UN BOZZETTO ORIGINALE marchio da più di un’affinità: l’amore per una particolare interpretazione degli DI ANTONIO MARRAS PER LA COLLEZIONE PRIMAVERA-ESTATE 2009, ISPIRATA AD ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE; SCENOGRAFICO FINALE DELLA SFILATA UOMO AI 10-11, elementi naturali, l’isola (il primo viene dal Giappone e il secondo dalla IN PLACE DES VICTOIRES, DEDICATA A JACQUES TATI E AL SUO MONSIEUR HULOT. Sardegna) e il mare. Giapponese di nascita e parigino d’elezione, nato nel ’39,
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MARRAS E TAKADA CONDIVIDONO UNA teatralità E UN senso scenografico CHE NON VENGONO MAI TRADITE NELLE sfilate DEL DIRETTORE CREATIVO ITALIANO.
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Destrutturare, mescolare culture, unire fantasie, colorare, stratificare, liberare il corpo femminile da abiti dalle forme troppo rigide.
Dall’alto in senso orario, una delle primissime immagini delle collezioni Kenzo, nel 1971; lo stile Kenzo nel 1986 visto dalla rivista Elle Francia; ispirazione tango con rouches e volants per la collezione autunno-inverno 07-08; cappotto in maglia con rose applicate per la Russia di Antonio Marras, nella collezione autunno-inverno 09-10; la collezione primaveraestate 2007 ispirata ad un onirico the nel deserto; 1981 L’abito da sposa rosa plissettato e con cappuccio proposto da Kenzo, vera e propria rivoluzione di look.
bambino, accessori e profumi) ma anche della casa. Kenzo Takada oltre ad essere stato uno dei nomi che più hanno rivoluzionato il mondo della moda era anche un artista. Ha realizzato costumi per il teatro e per il cinema, è stato protagonista di mostre e ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Ma al compimento del suo sessantesimo anno di età ha deciso di dare l’addio al Kenzo Takada arriva a Parigi nel 65, dove nel 1970 apre la sua prima boutique, mondo della moda e al suo marchio. Antonio Marras, che ha preso in mano le Jungle Jap in Galérie Vivienne che ristruttura e dipinge con decori di giunchi. redini del brand è stato scelto proprio perché con Kenzo condivide uno stesso Impregnato di cultura giapponese, ma orientato ad un gusto europeo e in vocabolario: destrutturare, mescolare culture, unire fantasie, colorare, particolare parigino, Takada si inventa un nuovo modo di vestire le donne. In stratificare, liberare da forme troppo rigide. E anche Marras, come Takada, ha un momento in cui i corpi femminili erano imbrigliati in abiti dalle forme una teatralità e un senso scenografico molto accentuato che non si attillate e spalline rigide, Takada destruttura le forme. Il colore, i fiori, le smentiscono mai in nessuna delle sue sfilate. Uno linguaggio che intride anche fantasie e un’anima folk rappresentano un segno di forte distinzione. Nel ’93 il lo spirito delle collezioni di abiti, accessori e l’interior decoration dei negozi marchio nippo-parigino entra nell’orbita del gruppo del lusso Lvmh di Kenzo, come quello aperto a Milano lo scorso anno, decorato con stucchi, Monsieur Bernard Arnault. Le boutique sono in tutto il mondo e Kenzo piante e fiori. Tutto suggerisce un equilibrio tra atmosfere glamour e richiami rappresenta un’intera filosofia del vestire (con collezioni da donna, uomo, culturali per un Kenzo che con la maturità è diventato molto più sofisticato.
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pare che la famosa tela indaco fosse già NOTA in europa dal rinascimento. resta solo dubbiosa la sua paternità: genova o nimes? al di là delle faide con cugini d’oltralpe, di vero c’è che i blue-jeans li hanno inventati gli americani nell’ottocento: onore al merito.
DenIM ForEVer
di Olivia Cremascoli
di 2cworkshop, bluejeans, pouf gonfiabili in gomma (Ø 80-120 cm) rivestiti in denim e 2c.Jeans, prototipo di futon in denim, trasformabile in seduta (con una cinghia). nella pagina accanto: presentato alla tokyo design week, un Handcrafted Objects della Raw gallery di g-star.
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di piero lissoni con Carlo Tamborini per kartell, poltrona pop, in policarbonato e rivestimento in denim. una saloppette in denim per cani da grembo, prodotta dalla cinese dobaz. s
nche Kevin Costner quando, nel lontano ‘85, ballava il fandango, estraendo sensualmente una bandana da una tasca dei suoi bluejeans, è stato un inconsapevole ma esplosivo promoter del potere dei jeans. Così come il compianto Steve McQuinn, non a caso di recente riesumato come testimonial da un un’azienda d’abbigliamento in denim, e come anche Paul Newman, fuorilegge ammaliatore in Butch Cassidy, o Ryan O’Neal, ricco preppy nella Love Story del secolo scorso. Per non parlare, poi, di James Dean. Si potrebbe andare avanti molto con i fascinosi ‘occhi blu’ americani dallo stile shabby chic, che amano specchiare l’azzurro della loro iride in camicie e pantaloni in denim délavé. Tutt’oggi Robert Redford, l’uomo che sussurrava ai cavalli, apre a Salt Lake City il Sundace, l’annuale festival del cinema indie da lui fondato, vestito con jeans da boscaiolo chic. Creati nel 1873 negli Usa da Jacob Davies e Levi Strauss, i blue-jeans sono
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passati da un’iniziale fruizione operaia (minatori, agricoltori, marinai) a giovanile simbolo di ribellione e anti-conformismo, per poi diventare capo d’abbigliamento evergreen. In Italia l’ha sdoganato Gianni Agnelli. Pratico e ‘neutro’, indossato dai piccini come dai settantenni, così come dalle ‘sciure’ grondanti oro, l’abbigliamento in denim è stato firmato negli ultimi decenni dai più celebri stilisti di moda, incrinando così il monopolio americano di Levi’s, Wrangler, Rifle e Lee, che, pur sempre rinnovandosi, propongono capi più autenticamente ‘selvatici’ (a nostro parere, il denim con gli strass è affare da trans). Con gli stilisti, i prezzi sono lievitati; per contro, il denim ha allargato i suoi orizzonti: oggi è utilizzato persino nell’arredo. Mai come negli ultimi tempi si sono visti imbottiti rivestiti in denim, piumini da letto e specifica biancheria in denim, per non parlare dei tovagliati che vestono deschi di campagna. Nell’arte, il denim è persino protagonista di mostre, come quella curata (sino al 9 novembre) da Gerlind Gruber alla galleria Canesso di Parigi: otto dipinti di un anonimo italiano del XVII secolo, il quale già all’epoca raffigurava indumenti in denim, sono accostati a nuovi capi di Marithé+François Girbaud, precusorsi della tela jeans nella moda, che, grazie alla watt wash (tecnica che utilizza luce laser e fa risparmiare il 97,5% d’acqua), sono riusciti a riprodurre i soggetti dei dipinti seicenteschi sulla tela jeans di magnifici capispalla contemporanei.
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di paul smith, borsa in pelle dalla stampa trompe l’oeil, che simula pile di blue-jeans ripiegati. di louis vuitton, borsa sunray, in tessuto monogram denim con effetto délavé e vacchetta naturale. fino al 6 Novembre, alla Gallerie Canesso di Parigi, c’è ‘IL MAESTRO DELLA TELA JEANS’, mostra che mette a confronto otto dipinti seicenteschi di un anonimo italiano con le giacche in denim di Marithé+Francois Girbaud, su cui sono state riprodotte alcune figure ritratte nelle tele seicentesche.
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di lexington, tovaglioli (50x50 cm) della collezione Lake House. in denim vengono anche realizzati tovaglie, grembiuli, guanti da forno e bbq, pattine. prodotta in edizione limitata dalla Galerie Italienne di parigi, luminaire denim di mattia bonetti, dalla struttura in resina e ottone nichelato, rivestita in schiuma poliuretanica e parti di jeans. da Successful Living from diesel with moroso, Nebula Nine Sofa, imbottito di varie dimensioni in lino stone washed che ricorda il denim, con struttura in frassino e piedi tinti anilina Indigo blue.
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Alla vigilia del suo centenario, nel 2012, Poltrona Frau mette a punto le strategie per realizzare i prodotti-culto dei prossimi anni. Complici la nuova campagna di comunicazione e l’apertura del nuovo showroom parigino. di Rosa Tessa foto di Giacomo Giannini
vanity e il suo culto
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Vanity Fair, creata all’inizio del secolo scorso rappresenta, insieme a pochi altri modelli, la poltrona per eccellenza, un’icona di stile.
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IN ALTO, VANITY FAIR È PROTAGONISTA DELLA FOTO ‘TRIBALISMO DI CULTO’, SCATTATA DA GIACOMO GIANNINI NEL’93 PER UN REDAZIONALE DI INTERNI, A DIMOSTRAZIONE CHE QUESTO PRODOTTO, DALLA FORTE PERSONALITÀ CONTINUA AD ESERCITARE UN POTERE EVOCATIVO, ANCHE FUORI DAL SUO ABITUALE CONTESTO LUSSUOSO. QUEST’ANNO IL MEDESIMO SCATTO È STATO INSERITO DA ALESSANDRO MENDINI NELLA COLLEZIONE DELLA TRIENNALE DESIGN MUSEUM DAL TITOLO “QUALI COSE SIAMO”. SOPRA, ALCUNE FASI DI LAVORAZIONE DEI MODELLI CHESTER E VANITY. QUESTI ULTIMI, IN ‘MISSIONE SPECIALE’ ALL’EXPO DI SHANGHAI HANNO REALIZZATO DAL VIVO, SOTTO GLI OCCHI ATTENTI DEI VISITATORI 12 SEDUTE CHE FANNO PARTE DELLA COLLEZIONE DI POLTRONA FRAU.
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mmaginiamo di entrare in un’ipotetica galleria di oggetti-culto, ognuno dei quali, nel proprio genere d’appartenenza, occupi una postazione da podio nell’immaginario collettivo. Valga un esempio nella moda, la Kelly di Hermès, borsa con la B maiuscola, e un esempio nel design, la Vanity Fair, la poltrona per antonomasia. Entrambe, nate nei primi decenni del Novecento, hanno attraversato il passaggio tra i due secoli senza che la loro immagine ne sia uscita scalfita, anzi. La questione è: oggi è ancora possibile costruire pezzi-culto, icone di stile che riescano ad andare oltre la moda? Quali sono gli ingredienti fondamentali per farlo, visto che negli ultimi anni la società dei consumi è molto cambiata? La domanda l’abbiamo rivolta a Dario Rinero alla guida di Poltrona Frau che, tra le aziende più storiche del design italiano, nel 2012 compie cento anni dalla sua nascita, avvenuta a Torino ad opera di Renzo Frau. Rinero, amministratore delegato di Poltrona Frau, è proprio la persona giusta a cui porre il quesito, visto che ha alle spalle una lunga esperienza nella gestione di marchi internazionali. “Le condizioni minime perché si crei un oggetto icona” spiega il manager “è che sia di qualità, che valga quello che costa e che mantenga quello che promette. Il tutto deve reggere per un lungo arco di tempo”. Aggiunge: “Ma oggi non basta. È altrettanto importante come si comunica il brand e come si distribuiscono i prodotti”. Mentre si sta concludendo la campagna pubblicitaria degli ultimi cinque anni, costruita intorno a una serie di testimonial, Poltrona Frau è alle ultime battute del progetto del nuovo advertising che partirà l’anno prossimo e che segue due piste. La prima racconta l’artigianalità dei prodotti, esasperandone i dettagli. La seconda è giocata sull’idea che un oggetto di lusso non è fatto solo per essere contemplato asetticamente, ma per essere goduto e vissuto pienamente. Anche la distribuzione è un tassello fondamentale, nella creazione di un oggetto di culto contemporaneo.
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Da qualche giorno è stato inaugurato il nuovo flagship store parigino di Poltrona Frau, che riprende il concept di Jean Marie Massaud: oltre 500 metri quadri, su tre piani, al 29 di Rue du Bac. Si trova all’interno dell’ex edificio della Dogana Francese riqualificato e trasformato in un grande mall del lusso. Intanto Poltrona Frau sa bene che oggi una delle sfide fondamentali è: “ Trovare designer che interpretino la contemporaneità, come spiega Rinero. E Jean Marie Massaud è uno di questi. Più di ogni altro in questo momento interpreta i canoni di Poltrona Frau”. Kennedee e Archibald due sedute disegnate da lui, hanno il potenziale della Vanity Fair. Tant’è che Etihad, la compagnia aerea di Abu Dhabi, dotata della prima classe più lussuosa al mondo, e gli yacht Pershing hanno fatto realizzare poltroncine con una lavorazione ispirata al Kennedee, con un decoro ricamato a mano che esalta la capacità artigianale del marchio. Anticipa Rinero: “Poltrona Frau sta lavorando con Jean Marie Massaud su un’idea di seduta che presenteremo al prossimo salone e che ha tutti i presupposti per diventare un’icona dei prossimi anni”. Ma se, come dice il sociologo Domenico De Masi ci vogliono un paio di generazione per trasformare oggetti di moda in oggetti di culto, la mitica Vanity Fair potrà godersi ancora a lungo, indisturbata, la sua leadership.
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VANITY E IL SUO CULTO / 55
DALL’ALTO A SINISTRA, IN SENSO ORARIO, ALCUNE SEDUTE REALIZZATE DA POLTRONA FRAU PER LA 500 DI FIAT, LA 456 DI FERRARI 456, 92 DI PERSHING PRESENTATO ALL’ULTIMO SALONE NAUTICO DI GENOVA, IL NUOVO SHOWROOM DI PARIGI. SOTTO ALCUNE FASI DI LAVORAZIONE DELLA VANITY FAIR, PRODOTTA A TOLENTINO NELLE MARCHE E PER LA QUALE NON È PREVISTA UNA CATENA DI MONTAGGIO, MA SOLO ARTIGIANI.
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Bad Men
Gli uomini indossano impeccabili abiti di sartoria, cappelli con tesa in stile Borsalino, cravatte strette al collo e fazzoletto inamidato nel taschino. Le donne sfoggiano vestiti al ginocchio a vita ultra stretta, pettinature alla Tippi Hedren e collane di perle. Il loro aspetto è inappuntabile, la loro morale discutibile. Sono i protagonisti di Mad Men, serie televisiva talmente di culto da influenzare le ultime collezioni Prada e Louis Vuitton. di Andrea Pirruccio
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in alto a sinistra, stetson in testa, jon hamm interpreta don draper, il protagonista di mad men. a fianco, l’elegante grafica che contraddistingue i titoli di testa. sopra, i protagonisti del serial campeggiano dalla copertina di the new york times magazine.
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e anche una storica istituzione della critica cinematografica come i Cahiers du cinéma affronta il fenomeno televisivo rappresentato da Mad Men, vuol dire che la serie ha fatto centro. La qualità assoluta di Mad Men è così elevata che anche i cinefili più rigorosi hanno dovuto riconoscere quello che, ormai da anni, è sotto gli occhi di tutti: la serialità televisiva americana comprende capolavori che, per ambizioni e risultati, umiliano gran parte delle opere destinate al grande schermo. Creato da Matthew Weiner (uno degli autori de I Soprano, altra straordinaria saga televisiva), Mad Men è ambientato tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta e segue le vicende di un gruppo di creativi newyorkesi che lavorano per l’agenzia pubblicitaria Sterling Cooper, con sede in Madison Avenue. Sono loro i Mad Men, spregiudicati creatori di sogni che presto assumono l’impellenza dei bisogni, creature ciniche
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immagini di mad men da cui risalta l’ottimo lavoro svolto dalla costume designer janie bryant. a catturare l’attenzione sono soprattutto gli abiti indossati dalla giunonica christina hendricks (in alto e a sinistra) e dalla glaciale january jones (a sinistra con la sigaretta e in basso).
e affascinanti che sfruttano la credulità di un popolo ancora ingenuo, voglioso di affrancarsi dalla miseria attraverso l’accumulo di oggetti tutt’altro che indispensabili. Sullo sfondo si intravede un’America chiamata a scegliere tra la politica aggressiva di Nixon e l’idealismo di Kennedy, una nazione in bilico tra integrazione razziale e rigurgiti razzisti. Un Paese dove gli uomini di colore sono figure sullo sfondo, camerieri o lift-boy, in cui l’omosessualità costituisce ancora reato e chi è gay lo nasconde sposandosi. Nascondere appunto, occultare, dissimulare, mentire: nel microcosmo di Mad Men la polvere finisce sotto il tappeto e la bellezza distrae dallo squallore. Tutti i protagonisti del serial hanno un aspetto ineccepibile: gli uomini indossano completi dal taglio perfetto e dal taschino delle loro giacche fa capolino un fazzoletto inamidato. Portano cappelli in stile Borsalino (ma il protagonista, Don Draper, possiede un’invidiabile collezione di Stetson) ed esibiscono portasigarette piatti e raffinati. Le donne sfoggiano guanti bianchi, vestiti implacabilmente stretti in vita, reggiseni a punta, collier alla Grace Kelly e pettinature alla Tippi Hedren. Il look di Mad Men, curato dalla costume designer Janie Bryant, ha talmente fatto breccia nell’immaginario collettivo da avere influenzato le collezioni di
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griffe come Prada e Louis Vuitton. Eppure, dietro tanta perfezione estetica, si nasconde una corruzione morale allarmante. L’emblema di questa doppiezza è il protagonista, Don Draper, il direttore creativo della Sterling Cooper, interpretato con magnetica partecipazione da Jon Hamm. Draper fuma e beve come fosse destinato a vivere per sempre (tutti i personaggi di Mad Men sono vittime della medesima bulimia alcolica e tabagista), appare brillante, determinato, sicuro di sé, marito e padre ideale. Eppure tutta la sua vita è un bluff gigantesco. Il Don Draper pilastro della Sterling Cooper, in realtà, ha sottratto nome e identità a un suo commilitone morto in guerra, e lo ha fatto per recidere i legami con un passato umile (nato da una prostituta morta dopo il parto, viene affidato a una famiglia di braccianti). Il Draper padre e marito amorevole tradisce la moglie in maniera compulsiva e poi mente guardandola dritto negli occhi. Il pubblicitario senza scrupoli è un uomo depresso e fragile, disgustato dai propri tradimenti ma incapace di porvi un freno. Don Draper (e con lui gli altri Mad Men) è il simbolo di un’America che ha smarrito la propria identità e la propria innocenza (posto che mai l’abbia avuta) e che per (soprav)vivere ricorre al più facile e deplorevole tra gli espedienti: la menzogna.
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STorIe DI conTamInazIonI CLASSICO E CONTEMPORANEO, moda e design, CHIC AND POP: LA CREATIVITÀ CERCA nuove alleanze TRA stili, format e persone PER UN MONDO SEMPRE PIÙ glamour oriented.
APPOGGIATI SUL TAVOLO. GIUBBOTTO IMPERMEABILE COLOR VERDE MILITARE CON COLLO DI PELO DI BLUMARINE, FOULARD ROSSO CICLAMINO HERMÉS, BORSA IN PELLE LUCIDA NERA CON FIBBIA FUCSIA E PORTAFOGLIO LILLA DI PRADA. NELLA NICCHIA ACCANTO ALLA STATUA. BORSA IN PELLE LUCIDA E PORTA MONETE MATELASSÉ COLOR FIORDALISO DI MIU MIU, GUANTI IN PELLE LUCIDA AMARENA E NERA DI PRADA. (FOTO DI HENRY THOREAU)
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60 / IdeeINterNIPANorama APPOGGIATI SUL TAVOLO. GIUBBOTTO IMPERMEABILE COLOR VERDE MILITARE CON COLLO DI PELO DI BLUMARINE, FOULARD ROSSO CICLAMINO HERMÈS, BORSA IN PELLE LUCIDA NERA CON FIBBIA FUCSIA E PORTAFOGLIO LILLA DI PRADA. NELLA NICCHIA ACCANTO ALLA STATUA. BORSA IN PELLE LUCIDA E PORTAMONETE MATELASSÉ COLOR FIORDALISO DI MIU MIU. GUANTI IN PELLE LUCIDA DI PRADA. FOTO A LATO. SUL DIVANETTO. BAULETTO LOUIS VUITTON E CAPPOTTINO IN CAVALLINO TEXTURE ZEBRATA DI BLUMARINE. SUL TAVOLINO, BORSA LOUIS VUITTON, GUANTI GRIGI IN PELLE SCAMOSCIATA DI BOSS, OCCHIALI DA VISTA LAURA BIAGIOTTI, PORTAPILLOLE DI TIFFANY & CO., AGENDA E ROSSETTO DI CHANEL, PORTACHIAVI CON DADI SAMSONITE.
TRA BOISERIE, MARMI E STUCCHI. AFFRESCHI, CHANDELIER E STATUE OTTOCENTO. A Torino capitale del gusto È D’OBBLIGO UNA SOSTA NEI caffè storici: CON borse DI STAGIONE E accessori EXTRA CHIC.
Una GIornaTa ParTIcoLare
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di Patrizia Catalano foto di Henry Thoreau
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Borsa in cavallino fucsia di Marni, bauletto bordeaux di Louis Vuitton, agenda vernice lucida rossa, eau de parfum n° 5 versione da pochette, bracciale con loghi tutto di Chanel, occhiali da sole Laura Biagiotti, porta iPad matelassé nero di Louis Vuitton, guanti Boss, stilografica Dupont.
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Boiserie in legno intagliato, tappezzerie a motivo floreale, vetrate liberty si fondono con gli accessori moda di stagione.
Pagina a lato. Borsa bauletto, foulard e sciarpa rigati e porta usb rosso corallo di Paul Smith, cappottino a quadri Miu Miu, appoggiati sulla borsa occhiali da sole Persol, cofanetto trucco Dreamy, petal palette di Shu Uemura, rossetto Helena Rubistein, portamonete, guanti in lana e agenda di Gallo. Occhiali sole Miss Sixty.
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Atmosfere rétro tra tavolini di marmo e poltrone in velluto rosso cardinale. I caffè, a Torino sono un piacevole viaggio nella storia.
Appoggiati sul tavolo. Cofanetto trucco di Deborah, metal attraction, borsa matelassé argento di Chanel, occhiali da sole Zadig & Voltaire, giacchino double face di Piquadro, stilografica Mont Blanc, portachiavi in metallo di Juicy Couture. Sull’appendiabiti originale Thonet borsa in nappa con cerniere e inserti in pitone di Lupo e foulard di Fontana. Pagina a lato. Borsa con manici in pelle e texture plastificata di San Marco, foulard nelle nuances dell’azzurro di Hermés, guanti in pelle nera e lana bianca e nera di Louis Vuitton, occhiali da vista in tartaruga e metallo dorato di Super, agenda e portafoglio di Freitag, stilografica Tiffany & Co.
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SOPRA. SUL TAVOLINO DA SINISTRA IN SENSO ORARIO. PIUMINO MONCLER, BORSA APERTA IN PELLE LAVORATA NERA DI MARNI, PORTAFOGLIO PAUL SMITH, ACCENDINO DUPONT, OCCHIALI SUPER. APPOGGIATI SULLA POLTRONCINA. BORSA ZEBRATA MARNI, FOULARD HERMÉS. SULLO SFONDO, LA RACCOLTA DI ARGENTI E PORCELLANE APPARTENUTE AI SAVOIA ORA ESPOSTE ALLA CAFFETTERIA DI PALAZZO REALE A TORINO. A LATO. SUL TAVOLINO. FOULARD E BORSA APERTA DI HERMÉS, BORSA MARRON GLACÉ DI MORESCHI, PORTAFOGLIO LOUIS VUITTON, OROLOGIO MORELLATO, OCCHIALI DA VISTA MISS SIXTY, GUANTI PRADA. SULLA SEDIA. OMBRELLO NERO DI PRADA E SPOLVERINO CON INTERNO IN PANNO COLOR MELANZANA DI PAUL SMITH. SI RINGRAZIANO LA SEGUENTI CAFFETTERIE DI TORINO LA CAFFETTERIA DI PALAZZO REALE, IL CAFFÈ TORINO, IL CAFFÈ SAN CARLO.
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INSTALLAZIONI D’artista, COLLEZIONI D’arredo, RICERCA DI NUOVI linguaggi. TRA PROGETTO E CREATIVITÀ ESISTONO GRANDI affinità elettive CHE SI CONSOLIDANO NEI periodi CLOU DEGLI eventi milanesi. LA SETTIMANA DEL design, PER ESEMPIO. di Patrizia Catalano foto di Henry Thoreau
oLTre La moDa
LA BOUTIQUE MONCLER DI VIA DELLA SPIGA HA OSPITATO IL TOY DELLA SCULTRICE CINESE XIAN JING, CHE HA REINTERPRETATO L’ICONICO SIMBOLO DELLA MAISON IN RESINA TRIDIMENSIONALE.
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sopra. Davanti al megastore di zara di corso vittorio emanuele, una mega installazione di UNstudio, il prestigioso studio di architettura internazionale olandese. sotto. per max mara un lavoro di lorenzo damiani, una delle giovani promesse del design italiano. Questo sono io, rappresenta uno spazio di lavoro ideale. pagina a lato. prototype site by el ultimo grito, uno spazio giungle a firma del famoso gruppo di designer spagnoli per reply.
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sopra. un’immagine del nuovo negozio armani/casa, di via sant’andrea, uno spazio interamente dedicato alla casa secondo il gusto e lo stile del noto stilista. di fianco. una bacheca presentata da bottega veneta nel suo building di via marelli in occasione della mostra pop up store, dedicata alla tradizione e al design giapponese. pagina a lato. la nuova collezione casa di blumarine presentata nello showroom di via manzoni gioca su un gusto déco versione floreale.
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dall’oriente raffinato al déco dai toni pastello e in versione floreale. le home collection inventano il nuovo classico.
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Store d’amore
Scocca la scintilla tra brand di tendenza e creativi del progetto: i nuovi negozi portano il tratto inconfondibile di architetti celebri, da Paola Navone a Piero Lissoni. With love di Antonella Galli
In alto: la vetrina e gli interni della casa del panda, temporary store milanese dedicato all’orsetto in via di estinzione dA DoDo (marchio di pomellato). Il progetto è stato affidato a Paola Navone, che ha giocato con i colori e le forme del panda. A destra: i negozi DoDo di Lecce e dÜsseldorf, firmati da Paola Navone. Tra soffitti di prato (in silicone) e pareti materiche con superfici simili alla sabbia bagnata. (foto enrico conti)
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Matteotti, di ogni dimensione e materiale, li ha portati Dodo, il marchio di Pomellato che ai ciondoli in oro e brillanti a forma di piccoli animali ha affidato un successo che dura da 15 anni. Dal 1995 i ciondoli creati da Dodo conquistano un pubblico trasversale con il loro messaggio emozionale legato agli aspetti della personalità di chi li indossa. E alla difesa della natura, sostenendo i progetti del Wwf Italia. Ecco perché è arrivato il panda, in oro bianco e diamanti bianchi e black, ultimo nato tra i Dodo, la cui casa milanese – un temporary store aperto fino a fine anno – è stata progettata da Paola Navone. Dodo ha chiamato la Navone per ridefinire lo stile delle sue boutiques nel mondo: con sei nuovi negozi monomarca entro l’anno, Dodo conterà 24 punti vendita da Miami a Düsseldorf, da Lecce a Parma. Se i ciondoli Dodo hanno il pregio del gioiello e la leggerezza del gioco, Paola Navone ne ha interpretato lo spirito con il suo linguaggio visionario e affettuoso, eclettico e ispirato all’Oriente. A Milano, nella ‘casa del panda’, un ilano, corso Matteotti 9: da una vetrina mille teneri panda muro bianconero di novemila mattoncini Lego fa da supporto a una serie di occhieggiano attoniti e bamboleggianti il frettoloso viavai metropolitano. pupazzi panda allineati, mentre alle pareti compaiono le sequenze ripetute Quasi a dire: ferma un attimo, giochiamo un po’? Panda è Oriente, natura del tai-chi-panda. Baloon luminosi con il volto dell’orsetto sono sospesi al sotto assedio, voglia di tenerezza: l’animale originario della Cina, è ormai in soffitto e sulla parete di fondo sono esposti diversi gadget a tema. Inoltre, via di estinzione (non raggiunge i duemila esemplari), si nutre solo di bambù presso il temporary è possibile acquistare la mascotte Panda in feltro, da e trascorre le sue giornate a mangiare. Per i bambini è il peluche più collezione (in vendita a favore del Wwf Italia). Uno spazio dal carattere ludico, coccoloso, per il Wwf il simbolo della biodiversità in pericolo. I panda di corso un intreccio di variazioni sul tema, un gioco tra black and white e serialità.
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NELLA FOTO: UN’INSTALLAZIONE DI PIERO LISSONI IN UNA DELLE AREE DEL NUOVO NEGOZIO BENETTON DI LONDRA. SOTTO, A SINISTRA: ARREDI SU MISURA, IDEATI APPOSITAMENTE DALL’ARCHITETTO LISSONI PER LO SPAZIO ESPOSITIVO. A DESTRA: UNA GRADAZIONE DI COLORI, ELEMENTO DISTINTIVO DELL’IDENTITÀ DI BENETTON, SI ESTENDE PER L’INTERA ALTEZZA DEL NEGOZIO.
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“NEL NEGOZIO Benetton di Londra IL LINGUAGGIO SCELTO È NITIDO E RAREFATTO, ESPRESSO CON MEZZI ESSENZIALI”. Piero Lissoni
pening soon… così Benetton ha chiamato il programma di aperture di nuovi negozi nel mondo, avviato lo scorso anno a Istanbul con il flagship store progettato da Piero Lissoni. La liaison della Benetton con l’architetto Lissoni continua senza interruzione con inaugurazioni nelle principali capitali europee della moda: tra agosto e settembre 2010 hanno aperto i battenti i nuovi store di Londra in Oxford Circus, di Parigi in Place de l’Opera, di Milano in corso Buenos Aires. Un itinerario internazionale dello stile e della modernità, segnato dalla mano dell’architetto milanese, che ha trovato una particolare sintonia con la filosofia e lo stile Benetton. Il linguaggio compositivo applicato ai diversi progetti è caratterizzato da tratti essenziali e puliti, da linee e geometrie pure. Gli edifici prescelti dalla Benetton per i nuovi store vantano location centralissime in palazzi di pregio. A Londra l’edificio ottocentesco che affaccia su Oxford Circus è stato attentamente recuperato e adattato a store su quattro livelli, con arredi disegnati su misura dallo stesso Lissoni: “I materiali impiegati per gli arredi sono volutamente poveri, ma capaci di acquistare una qualità materica e decorativa forte e sobria”, ha affermato Lissoni riferendosi ai contenitori in legno e alle grandi scatole metalliche che contengono ed espongono gli abiti. Pur nell’ambito di un progetto essenziale e sobrio, il colore, vera identità del gruppo Benetton, non poteva mancare, dispiegato in una gradazione di quaranta tinte per tutta l’altezza del negozio, che si replica lungo le scale, dove a ogni gradino corrisponde un colore.
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NELLA FOTO: UN’INSTALLAZIONE DI PIERO LISSONI IN UNA DELLE AREE DEL NUOVO NEGOZIO BENETTON DI LONDRA. SOTTO, A SINISTRA: ARREDI SU MISURA, IDEATI APPOSITAMENTE DALL’ARCHITETTO LISSONI PER LO SPAZIO ESPOSITIVO. A DESTRA: UNA GRADAZIONE DI COLORI, ELEMENTO DISTINTIVO DELL’IDENTITÀ DI BENETTON, SI ESTENDE PER L’INTERA ALTEZZA DEL NEGOZIO.
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“NEL NEGOZIO Benetton di Londra IL LINGUAGGIO SCELTO È NITIDO E RAREFATTO, ESPRESSO CON MEZZI ESSENZIALI”. Piero Lissoni
pening soon… così Benetton ha chiamato il programma di aperture di nuovi negozi nel mondo, avviato lo scorso anno a Istanbul con il flagship store progettato da Piero Lissoni. La liaison della Benetton con l’architetto Lissoni continua senza interruzione con inaugurazioni nelle principali capitali europee della moda: tra agosto e settembre 2010 hanno aperto i battenti i nuovi store di Londra in Oxford Circus, di Parigi in Place de l’Opera, di Milano in corso Buenos Aires. Un itinerario internazionale dello stile e della modernità, segnato dalla mano dell’architetto milanese, che ha trovato una particolare sintonia con la filosofia e lo stile Benetton. Il linguaggio compositivo applicato ai diversi progetti è caratterizzato da tratti essenziali e puliti, da linee e geometrie pure. Gli edifici prescelti dalla Benetton per i nuovi store vantano location centralissime in palazzi di pregio. A Londra l’edificio ottocentesco che affaccia su Oxford Circus è stato attentamente recuperato e adattato a store su quattro livelli, con arredi disegnati su misura dallo stesso Lissoni: “I materiali impiegati per gli arredi sono volutamente poveri, ma capaci di acquistare una qualità materica e decorativa forte e sobria”, ha affermato Lissoni riferendosi ai contenitori in legno e alle grandi scatole metalliche che contengono ed espongono gli abiti. Pur nell’ambito di un progetto essenziale e sobrio, il colore, vera identità del gruppo Benetton, non poteva mancare, dispiegato in una gradazione di quaranta tinte per tutta l’altezza del negozio, che si replica lungo le scale, dove a ogni gradino corrisponde un colore.
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“LA SCELTA DI PRINCE STREET a New York È STATA, PER Moncler, DETTATA DALLA NECESSITÀ DI CONIUGARE L’ESCLUSIVITÀ ALLA SPERIMENTAZIONE”. Remo Ruffini IN ALTO: L’INTERNO DEL NUOVO STORE MONCLER A NEW YORK, PROGETTATO DAGLI ARCHITETTI FRANCESI DOROTHÉE BOISSIER E PATRICK GILLES. QUI SOPRA: LE VETRINE SU PRINCE STREET A SOHO; CON QUESTA BOUTIQUE SALGONO A VENTI I PUNTI VENDITA MONCLER NEL MONDO.
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ra una marchio tecnico, tanto tempo fa. Di quelli che producevano piumini e sacchi a pelo per montanari duri e puri. Oggi Moncler non ha abbandonato la montagna, questo mai. È il suo ambiente d’elezione. Ma non disdegna la città. Anzi, la metropoli con il suo ritmo frenetico. E i locali, le passerelle, addirittura il red carpet. Attrici, cantanti e modelle che indossano il capo imbottito ormai non si contano. Tutto ciò grazie all’intuizione e alla guida di Remo Ruffini, presidente e direttore creativo di Moncler e autore della grande rinascita del marchio. La sua è una leadership intuitiva e personalissima. Forse è per questo che una volta conosciuta (e apprezzata) la coppia di architetti francesi Dorothée Boissier e Patrick Gilles, Remo Ruffini ha affidato loro (oltre alle abitazioni e alle imbarcazioni personali) il progetto degli store Moncler a Milano, Parigi e, dal 15 settembre, anche a New York. Dorothée e Patrick, coppia nel lavoro e nella vita, hanno in curriculum nomi importanti, da Christian Liaigre a Philippe Starck. A New York lo spazio prescelto per la boutique si affaccia su Prince Street a Soho, quartiere esclusivo e di tendenza. “Soho rappresenta un laboratorio che mixa queste caratteristiche e riflette la natura di Moncler”, ha dichiarato Ruffini. Nei 220 metri quadrati dello store gli architetti Gilles & Boissier hanno creato richiami evidenti all’estetica e ai valori di Moncler: boiseries francesi in legno intagliato con motivi floreali a rilievo, Pierre Bleue alle pareti, la trasparenza del cristallo, il calore de legno. E immagini di alpinisti, per non dimenticare lo spirito delle origini.
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MOda Per Tutti
PER LA prima volta, DURANTE LA SETTIMANA DI Milano Moda Donna, LE PORTE RISERVATE AGLI ADDETTI AI lavori SONO STATE APERTE A TUTTI. GRAZIE A Fashion&design 2.0, L’OTTAGONO DELLA GALLERIA VITTORIO EMANUELE HA ESORDITO COME palcoscenico PER abiti e accessori.
È
stata sentita la partecipazione e l’interesse del pubblico alla “Fashion & Design 2.0”, l’evento promosso dal Comune di Milano e dal Gruppo Mondadori, con le testate Grazia e Interni. Durante la Settimana di Milano Moda Donna, dal 23 al 26 settembre, quattordici importanti marchi della moda italiana hanno mostrato le nuove collezioni di abbigliamento e accessori seguendo un calendario di performance accessibili a tutti, senza bisogno di inviti riservati e strettamente personali. L’entusiasmo della gente verso questa iniziativa ha confermato la validità dell’idea. Mai come ora, infatti, si parla di ‘moda democratica’. Importanti marchi internazionali e italiani di grande seguito dimostrano sempre più come la moda e lo stile non siano appannaggio di una ristretta elite, ma, al contrario, siano un fenomeno sempre più esteso. La moda diventa sempre più ‘pop’ nel senso di ‘popolare’, scende in piazza e va allo scoperto. Per questo, in occasione della Settimana milanese, la moda è uscita dai tradizionali luoghi deputati a esibire in anteprima abiti, borse e scarpe e ha scelto un posto tanto affascinante quanto accessibile a tutti, l’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele. Passando da questo luogo simbolo di Milano, la gente si fermava a guardare le performance dei marchi fashion che hanno partecipato all’evento o perché ne aveva sentito parlare o perché,
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a cura di Claudia Foresti testi di Antonella Galli e Rosa Tessa foto di Simone Manzo
trovandosi lì per caso, era incuriosita e divertita da abiti, scarpe e borse, indossati da bellissime modelle che camminavano a ritmo di musica ed erano accompagnate da note guest star musicali e televisive. Trasformato in una coinvolgente e animata festa di piazza, l’evento, inaugurato nella serata iniziale da “The Gold Case Sessions” con l’artista Malika Ayane vestita da Gold Case, si è concluso, cinque giorni dopo, con la performance di Siste’s, accompagnata dalla voce di Nina Zilli. Come location è stata realizzata la Fashion Design House, un palcoscenico costituito da una grande scalinata e allestito nel centro dell’Ottagono. Ed alla riuscita di ogni singolo show hanno contribuito alcune aziende di design che hanno fornito arredo e oggetti di grande effetto scenico. A suggellare ulteriormente l’alleanza tra fashion e design, sono state realizzate quattro macro installazioni, sempre in Galleria Vittorio Emanuele, che gli architetti hanno progettato ispirandosi a quattro grandi marchi della moda. Appendice di questo primo fashion happening di piazza è stato un percorso espositivo in Piazza San Fedele, con stand e allestimenti. Un risultato è certo: la Fashion & Design 2.0 è stata una buona occasione per dimostrare che la moda può diventare uno spettacolo alla portata di tutti.
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varie immagini di backstage delle fashion performance che si sono svolte al centro dell’ottagono della galleria vittorio emanuele ii dove è stata creata una fashion design house, allestita ogni giorno da una diversa azienda di design. palcoscenici arricchiti da oggetti hanno ospitato per 4 giorni di performance i 14 prestigiosi marchi della moda e dello stile made in Italy. sopra, a sinistra, l’Evento The Gold Case Sessions, dj-set di Malika Ayane. SOPRA, parrucchieri L’Oreal Professionnel che si sono occupati delle acconciature delle modelle. a lato, l’area espositiva Lancôme in piazza San Fedele, dedicata al trucco dei passanti. l’azienda di cosmesi ha anche curato il maquillage delle modelle. Nella pagina accanto: la Fashion Design House, palcoscenico con gradinate installato al centro dell’Ottagono in Galleria Vittorio Emanuele II, che ha ospitato gli eventi di Fashion & Design 2.0, tra performance di moda e spettacoli musicali.
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La Fashion Design House allestita da Corradi con arredi per esterni: la sedia lounge e il pouf della linea Narciso e il divano Foglia. SOTTO, Calinda DI mabrun, piumino corto in tessuto tecnico con vera piuma e alamari in pelle rifiniti a mano; il bordo del cappuccio è in Mourmasky. BORSA IN COTONE CON STAMPA FLOREALE, BRACCIALE DI PLASTICA, COLLANE, CERCHIETTO CON FIORE, ORECCHINI e ANELLO. TUTTO camomilla milano. due cappotti in 100% pura lana vergine e made in italy della collezione Conbipel. Nella pagina accanto: l’installazione Air du temps, ideata da Antonio Citterio Patricia Viel and Partners con Moncler; utilizzando tessuto tecnico e piumino d’oca, gli architetti hanno progettato due ali gonfiabili bianche e sinuose che accoglievano i visitatori all’ingresso della Galleria.
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l’allestimento della Fashion Design House di Poliform con la poltrona/divano Big Bug di Paola Navone, in primo piano, e la poltrona Bali di Carlo Colombo, sullo sfondo. sequenza moda: Camicia in cotone bustier DI nara camicie. abito monospalla di paillettes blu abbinato a una canotta nera sempre di paillettes. tutto nenette. Body a perizoma con coppe a balconcino in tessuto elasticizzato con Inserti in tulle trasparente; Reggicalze/stringivita coordinato. tutto Triumph. sandalo Scholl con suola ultrapiatta di sughero e gomma e gambale alla caviglia in pelle scamosciata con la fibbia icona del marchio. . Nella pagina accanto: ha la sagoma di un abito femminile ma le dimensioni di una piccola torre l’installazione Timeless Chic di Vudafieri Saverino Partners con Tod’s; la struttura, rivestita in tessuto di viscosa metallizzato, ospitava un video concettuale di Felice Limosani.
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area espositiva Surcanapè in piazza San.Fedele. a lato, Per lei, mantellina in nylon con cappuccio e interno in felpa E short in jeans. Per LA bambinA, giacca in nylon con camicetta a righe e short in jeans. TUTTO GEOX Respira. Cappottino goffrato in lana con cintura in vita Siste’s. Abito da cocktail in faille con inserti in georgette di seta ricamata e dettagli in swarowski di luisa spagnoli, sullo sfondo la design house allestita da surcanapè con manichini fasciati da alcune tra le più rappresentative collezioni del marchio di tessuti. Nella pagina seguente: Filo di legno è il progetto concepito da Lissoni Associati con Gallo; una torre in doghe di legno riciclato, che assomiglia a una gigantesca calza a righe nelle tinte-moda dell’autunno. Un ‘gioco’ architettonico con materiali semplici, di marcata allusività.
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Sforzin Illuminazione ha arredato la Fashion Design House con un prodotto innovativo, dal design giovane e colorato, la lampada Joyo, design Samuel Codegoni. A LATO, maxi abito in jersey a stampa floreale con giubbotto smanicato in denim trattato. tutto KOCCA. Abito longuette in cotone a stampa vichy con piccole rouches DI Kathy Van Zeeland. Giubbino in nylon con polsi e fascia IN MAGLIA E fodera in jersey yes-zee. Il primo raincoat a marchio Janet & Janet, Frutto della collaborazione con gli studenti DELLA Domus Academy.
Nella pagina accanto: sospesa sotto la volta della Galleria, l’installazione di Alberto Biagetti con yoox.com, dal titolo Apparizione, proiettava la Yooxcover n. 123 (una delle creazioni grafiche di Biagetti per yoox.com) in una cornice a forma di finestra. In un mix tra tecnologia, moda e architettura.
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Una vita nel living
Libri, foto in bianco e nero, oggetti belli e curiosi, la new york degli anni Settanta E un rigoglioso terrazzo dagli odori mediterranei. Tutte le passioni di Delfina rattazzi nella sua amata casa-vecchia milano. di Rosa Tessa foto di Henry Thoreau
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Tappeto a righe: Alberto Levi Gallery, Via S. Maurilio Milano. Lampadari a forma di macchine volanti in pergamena realizzate da Fabien Mazzupappa, artigiano-artista argentino. Tendaggi di C&C, Via Zenale Milano. Pavimento di ardesia. Collezione di disegni e foto in bianco e nero su ripiano a sinistra. Pagina a lato, in alto, tre poltroncine provenzali rivestite in cuoio di L’oro dei Farlocchi, Via Madonnina, Milano; in basso, libreria rivestita in ferro disegnata dall’architetto Roberto Giussani. Permette di appoggiarci anche libri d’arte di grande formato, fotografie in bianco e nero, quadri, oggetti e lampade. Poltrona con sedile in pelliccia felina, di famiglia. Divano di Arter, via Fiori Chiari. Milano.
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“La mia casa non ha molte pretese: libri, un posto in cui scrivere, un tavolo per radunare gli amici, divani e poltrone comode”.
In alto, uno scorcio del living. divano di Arter. Quadro di Tom Porta. Lance, in ricordo della casa di Karen Blixen in Danimarca. Tappeto kilim a di David Sorgato, via Sant’Orsola, Milano. Tavolo dell’Oro dei Farlocchi. A destra, appoggiato sul tavolino bronzo di Igor Mitoraj. A sinistra, una stoffa africana Kuba riveste il tavolo Shaker di De Padova, via San Damiano, Milano; sopra, da sinistra due sfere bianco nere e Un elicottero ricavato da un vecchio trapano, in stile objet trouvè, dell’antiquario Maurizio Epifani. piccola gabbia e museruola per orsi; nella pagina a lato, la stanza da pranzo: tavolo extra-large dell’Oro dei Farlocchi. Sedie chiavarine di Italhome, Largo Treves, Milano. Lampadario di Ingo Maurer. Armadiatura disegnata da Roberto Giussani.
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ppena varcata la soglia di questa inconsueta abitazione milanese si entra in pieno nel mondo di chi la abita. Che Delfina Rattazzi, giornalista e scrittrice, abbia una grande passione per i libri, in qualità di lettrice e autrice, non è un segreto. Il living lo dimostra. Aperto e scandito in tre diverse zone relax e conversazione da sedute, tavolini e teche, rappresenta l’anima della sua casa. È interamente attraversato da una libreria in ferro che, nei diciotto metri di lunghezza, contiene almeno 6000 libri, tra romanzi, saggi, libri d’arte e fotografia. Realizzata da Roberto Giussani, l’architetto che ha aiutato la padrona di casa a progettare gli spazi e l’arredo, appoggia alla
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parete che fa da spina dorsale alla casa e accoglie calorosamente chi entra già dal corridoio che, completamente finestrato, si affaccia su un cortile interno della vecchia Milano. I libri si intrecciano indissolubilmente con la vita e le passioni della scrittrice. Lo dimostrano le ultime due sue fatiche letterarie. “Say Goodbye” che racconta la New York anni Settanta, all’apice dell’effervescenza creativa e intellettuale che Delfina Rattazzi ha vissuto in prima persona e a fianco di personaggi come Truman Capote, Andy Warhol, Warren Beatty, Robert Mapplethorpe, Jacqueline Kennedy, Norman Mailer. Un legame affettivo con l’America di quegli anni, rintracciabile nella sua casa in più di un frammento visivo, come l’enorme bandiera Usa, vintage, che campeggia centrale, nella parete del soggiorno, come il bellissimo ritratto di Marilyn Monroe e altre foto in bianco e nero che fanno capolino dalle nicchie della libreria. Nella sua ultima pubbicazione “Storie di insospettabili
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giardinieri”, Delfina Rattazzi racconta la passione per piante e giardini di noti personaggi storici e contemporanei, da Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, alla bella attrice Catherine Deneuve. Anche questo libro parla molto della padrona di casa e del suo amore per le piante che ha trasferito nell’intimo terrazzo della sua abitazione, ricco di vegetazione mediterranea. Ha viti, fichi e corbezzoli, misti a melograni, piante con bacche, erbe odorose e qualche fioritura autunnale. E una casa in cui Delfina Rattazzi vive da qualche anno e che lei racconta così: “Non ha molte pretese: libri, un posto in cui scrivere, un tavolo per radunare gli amici, divani e poltrone comode. Mi piace avere luci calde di sera ed è per questo che per gli abat-jour ho scelto la pergamena o le sete indiane. Ho usato molto bianco e nero perché è una combinazione che non stufa mai”. È la sua prima abitazione di proprietà (ha >> sempre vissuto in affitto). Ed esprime bene la sua personalità e la sua
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storia, visto che qui ha trasferito molti oggetti che arredavano le precedenti case in cui ha vissuto e ne ha aggiunti di nuovi e sorprendenti. Come le “macchine volanti” che, realizzate con fogli di pergamena e fil di ferro, illuminano la casa in un modo così speciale da darle un aspetto notturno completamente diverso da quello diurno. Altrettanto magiche le piccole voliere appoggiate sui tavolini che trasportano l’immaginazione di chi le guarda in serre e giardini d’altri tempi. Solo due o tre concessioni all’arte contemporanea, tra cui un quadro di Tom Porta. Non ultima, traspare la passione per le foto, in bianco e nero, con personaggi che le piacciono, da Karen Blixen a Picasso. Non le piace, invece, esporre le foto di famiglia, a parte qualche eccezione, un paio di ritratti di Thea e Filippo, i suoi due figli, e l’immagine di sua madre, Susanna Agnelli, impressa sulla copertina di un libro molto speciale a lei dedicato, che ne contiene tutte le foto, dall’infanzia alla maturità, stampato solo per la signora Rattazzi e i suoi fratelli. Niente è casuale in questa abitazione. Ogni oggetto ha una storia singolare e un legame con la proprietaria che l’ha voluto e scelto personalmente. in alto, Stanza da letto con stoffa Kuba sulla testiera, cassettiera l’Oro dei Farlocchi con sopra pastello di Rubens Santoro, tende e copriletto in tessuto Malabar. Sedia in vimini, pavimento in legno di rovere. Lampade e abat-jour di Angelica Frescobaldi, Via del Carmine, Milano; sopra, una foto in bianco e nero di Marilyn Monroe appoggiata fra i libri. pagina a lato, in alto tra gli oggetti d’affetto, vaso in rame e bandiera vintage americana. La serra, ideata per far entrare la luce e nascondere il cavedio; in basso, Uno scorcio del terrazzo visto dal living.
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vegetazione mediterranea: viti, fichi e corbezzoli, misti a melograni, piante con bacche, erbe odorose e qualche fioritura autunnale.
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IdeeINterNIPANorama / 95 IL TAPPETO PAGLIETTA DI DEANNA COMELLINI DI GT DESIGN IN JUTA E FILATO DI POLIESTERE, LAVORATO A TELAIO MANUALE IN RICCIOLI SUPERFICIALI.
COSTRUIRE ambienti raccolti, DOVE VOLERSI BENE. È QUESTA LA ricetta di felicità PROPOSTA DA UNA GURU DEGLI INTERIOR per il nuovo abitare. ED ECCO QUI I SUOI ingredienti.
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Il tessuto per l’arredo Bessi in Velluto Trevira dalla Collezione Mazza Casin dei Nobili di Rubelli: un velluto jacquard in cui vari effetti di pelo disegnano cerchi che si susseguono regolarmente sulla superficie. Sopra, SENSITIVE® Classic di Eurojersey®, ultra leggero ad alte finezze, impalpabile e velato, dalla mano serica. Effetti straordinari grazie alla stampa ECO PRINT, l’innovativa tecnologia di Eurojersey® che offre notevoli vantaggi sul piano estetico, economico e soprattutto ambientale. Centro pagina. Barceloneta, una reintepretazione contemporanea del classico di Mies van der Rohe. Impilabile, mantiene l’effetto originario capitonné malgrado sia realizzata in plastica. Utilizzabile sia interni che esterni e impilabile. Di DeepDesign per Serralunga. Nella pagina accanto. In alto il mobile contenitore Corteccia di Andrea Salvetti in legno di cedro grezzo e scocca in MDF laccato goffrato. A centro pagina, tre vasi della Rosenthal Structura Collection da un progetto di Martin Freyer sviluppato alla fine degli anni ’60. Realizzati in porcellana bisquit, propongono i rilievi tipici della carta, del tessuto e della pelle.
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Stare soli, regalarsi tempo per sé, vivere al rallentatore: è questo che trasforma un luogo in un rifugio in cui sentirsi bene.
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na vera casa dolce casa, secondo Elizabeth Leriche, è come un nido. “Il vero lusso oggi è l’intimità”, dice la ricercatrice di tendenze che ha presentato all’ultima edizione di Maison & Objet a Parigi la sua visione per gli interior a venire. “La possibilità di stare in solitudine, di regalarsi del tempo per sé e di vivere al rallentatore: è questo che trasforma un luogo in una casa in cui sentirsi bene”. Circondati da un mondo in cui sembra quasi d’obbligo mostrare e mostrarsi per esserci, per contrasto il luogo abitativo si trasforma quindi in un ambiente segreto, intimo, da condividere solo quando necessario e solo con chi si ama. “Ci proiettiamo sempre di più verso le nostre origini primordiali per ritrovare i nostri istinti più vitali e rinnovare il nostro rapporto con la natura”, continua la Leriche. “Il sogno di domani è una casa-rifugio. Arcaico”. Le indicazioni della Leriche già si ritrovano
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puntualmente nella produzione che fornisce gli ingredienti di questa ricetta di felicità abitativa. Dando spazio ai tessuti, innanzitutto. Decorati o monocolore ma comunque sempre morbidi e utilizzati come elementi chiave dell’arredo, utilizzando materiali naturali. Lo fa Rubelli, ad esempio, con la sua collezione Mazza Casin dei Nobili in lino e cotone, i cui effetti a rilievo sono ottenuti mescolando le più antiche tecniche artigianali e il know-how contemporaneo. Il risultato è un look prezioso che non cade mai nell’ostentato poiché nella casa-nido non c’è spazio per il glamour glitterato. Anche quando vi si ritrova il luccichio, infatti, esso è frutto di sapienti accostamenti tra materiali poveri e high tech, come nel tappeto Paglietta di Deanna Comellini di GT Design, dove la juta si mescola al lucente filato di poliestere. Basta artificialità, insomma, e largo ai materiali autentici, naturali e soprattutto ecologici. Il legno, ad esempio, funziona se utilizzato grezzo (come nel caso dei mobili contenitori Corteccia di Andrea Salvetti per Minotti Italia) oppure se sapientemente ricoperto da vernici che non danneggiano l’uomo o l’ambiente (come Hecopur di Ilva, che pur essendo completamente priva di solventi aromatici offre le stesse proprietà chimico-fisiche dei prodotti tradizionali). E le pietre naturali piacciono di più quando sono state sviluppate in chiave sostenibile, come quelle di Salvatori: Lithoverde, l’ultima novità dell’azienda toscana, ad esempio, è composto al 99% di scarti provenienti dalla produzione del materiale lapideo e dall’1% da una resina naturale utilizzata da collante. Il look grezzo va anche alla grande nel complemento d’arredo >> e non a caso Rosenthal ha attinto a piene mani dalle forme concepite
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Un ambiente bagno con pavimento e rivestimento doccia in pietra naturale Avana finitura Infinito, formato 29,5 x 59,8 x 1,4 cm e pareti centrali in pietra naturale Piombo finitura Infinito, formato 29,5 x 59,8 x 1,4 cm. Entrambe di Salvatori. A destra, una sedia in legno verniciata con Hecopur di Ilva, una linea di vernici industriali senza solventi aromatici, dannosi per l’uomo e per l’ambiente, ma capace di offrire tutte le proprietà di resistenza chimico fisica dei prodotti tradizionali.
Piacciono i materiali naturali purché siano ecologici e sostenibili. il look grezzo-arcaico.
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da Martin Freyer alla fine degli anni Sessanta con la sua Structura Collection: vasi che ripropongono in porcellana bisquit le irregolarità della carta, del tessuto e della pelle. Mentre nell’arredo si privilegiano forme morbide, arrotondate, che strizzano l’occhio al grande design del tempo che fu, come nella Barceloneta di DeepDesign per Serralunga. Quella arcaico-ecologista è una tendenza che si ritrova anche nell’universo che sempre di più marcia a pari passo con il design: quello della moda. Va alla grande infatti il look volutamente primordiale, spesso realizzato utilizzato tecniche del passato (come nelle borse Neó di Rossana Contadini, in vendita presso lo show share shop Aton a Bergamo, in neoprene lavorato a maglia, a telaio o all’uncinetto). Mentre sempre più aziende del fashion si interrogano, come quelle del design, non solo sull’estetica delle cose ma anche sulla loro sostanza. L’ha fatto ad esempio Eurojersey® con il suo metodo Eco Print: realizzata senza vaporisaggio né lavaggio, questa stampa offre grandi vantaggi in termini di risparmio energetico, idrico e riduzione dell’impatto ambientale in generale pur mantenendo un’ottima definizione di stampa del disegno su tessuti extra
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Il look modesto che fa tendenza in un interior realizzato con arredi di Zanotta: il tavolo Album e gli sgabelli Giotto e Mezzadro. Foto di Adriano Brusaferri. In alto. Due borse della collezione Neó di Rossana Contadini, in neoprene lavorato a maglia, a telaio o all’uncinetto: sono in vendita presso lo show share shop Aton a Bergamo, un luogo pensato per far uscire l’arte dalla bottega creando continuità tra lo spazio espositivo e i luoghi privati.
morbidi ma allo stesso tempo solidi e resistenti agli sfregamenti. In perfetta linea con il programma SensitivEcoSystem® dell’azienda che ha portato a una riduzione dei consumi, all’ottimizzazione del riciclo e all’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili per tutto il ciclo produttivo. Insomma la casa rifugio è bella, morbida e tutta da vivere. E ha a cuore il benessere dell’uomo e dell’ambiente.
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ABITO IN LANA DELLA COLLEZIONE BABY ANGEL PER OVS INDUSTRY CURATA DA ELIO FIORUCCI. INTERNO DELLO STORE OVS INDUSTRY INAUGURATO LO SCORSO SETTEMBRE A MILANO: IL N° 500. RITRATTO DI STEFANO BERALDO, AD GRUPPO COIN. ALLE SUE SPALLE UNA DELLE OPERE DI ANDY WARHOL PRESENTATE IN OCCASIONE DELL’APERTURA DEGLI UPIM POP.
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Mr EnerGY
Stefano Beraldo, AD DEL Gruppo Coin, È UOMO DI SANI PRINCIPI. COSA LO MUOVE? LA VOGLIA DI FARE NEI SUOI department stores COSE belle e buone CHE PIACCIONO ALLA GENTE E CHE FANNO STARE BENE. Abiti, arredi, oggetti, food E MOLTO, MOLTO ALTRO. UN MONDO IN CONTINUO MOVIMENTO. di Patrizia Catalano
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“i negozi coin sono spazi vitali, energetici. con ovs industry abbiamo lanciato un urban department store.
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in alto, democratic rain jacket. limited edition disegnata per Coin dalla giovane creativa Sarah Stevenson che è stata venduta dal 25 settembre da coin a 10 euro, andando a ruba. logo di democratic wear, un progetto partito lo scorso aprile che propone da coin in date stabilite capi limited edition a prezzi democratici. giubbino verde, della collezione Grand & Hills. gilet e cappotto di Ovs industry.
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tefano Beraldo a detta di molti è un uomo vulcanico: da quando nel 2005 è diventato amministratore delegato del Gruppo Coin pare non si sia mai fermato: dalla ristrutturazione degli storici magazzini Coin, alla definizione dei department stores OVS industry ai recentissimi Upim Pop. Una serie di performances davvero sorprendenti. Come ha concepito la trasformazione di questo grande marchio. Da cosa è partito? Quando sono arrivato mi sembrava tutto un po’ superato: Coin era diventato un grande magazzino che, per difendersi, aveva smesso di ospitare le alte marche: la maggior parte dei prodotti che si vendevano erano fatti in casa. Certo si ha un margine di guadagno maggiore ma si perde il senso del grande negozio plurimarca. Risultato: un fatturato che calava, marche che uscivano. Gestione impoverita, building impoveriti, mancanza di emozione. Così ho cercato di creare un’atmosfera che si basasse sul touch & feel: il cliente doveva sentire che entrava in un posto vivo. Quello che mancava era l’energia. Beh tutti vorrebbero un negozio suggestivo, lei però ci è riuscito, esattamente come è intervenuto? Faccio l’esempio dello store Coin di Milano in piazza Cinque Giornate: era un grande edificio in una posizione di estrema visibilità, per niente sfruttata: noi lo abbiamo trasformato in una macchina di luce, proprio >> come molti building di città internazionali in grado, grazie ai maxi
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Interno di upim pop di corso buenos aires inaugurato lo scorso settembre insieme ad altri 3 negozi. l’intenzione di berardo è di aprirne una trentina entro i prossimi due anni. il concetto: un mini centro commerciale in città dal tratto pop e pieno di sorprese. sotto. il coin di piazza cinque giornate a milano, megaschermo e strisce luminose con informazioni.
tenga presente che un bambino italiano su tre oggi veste OVS – sentivo che andavano radicalmente modificati. L’abbigliamento donna soffriva e significava che il gruppo non riusciva a mantenere il passo con il pubblico femminile che è certamente la fascia più curiosa, creativa, attenta ai cambiamenti: e poiché noi ci occupiamo di abbigliamento dovevamo riconquistare il pubblico femminile. È così che sono nati i vostri OVS industry, come li ha concepiti? Sono partito pensando al ruolo etico che deve avere un grande magazzino rivolto al grande pubblico: se un marchio come OVS riempie il mercato di stupidaggini, finisce che la gente compra stupidaggini. Ho cambiato quello che giornalisticamente voi chiamate ‘la linea editoriale’, ho rifatto la ‘copertina’, che nello specifico era il format dei negozi, a quel punto tutti i miei uomini si sono resi conto che certi contenuti erano totalmente inadeguati. Così sono nati i nostri OVS industry, concepiti schermi , alle pareti in vetro con 12mila Led e al ticker informativo, come dei loft metropolitani, interni con mattoni a vista e un’atmosfera di rendersi attivo e visibile anche su strada. contemporanea: 500 negozi di cui almeno un terzo in centro città e devo dire Un accorgimento scenografico molto efficace: è piaciuto ai milanesi? che la prova del centro, che è la più ardua, ha retto molto bene. Moltissimo. Ma non è finita, dobbiamo lavorare ancora di più su Per le collezioni vi siete affidati a dei fashion designer esterni all’azienda: quell’edificio perché vogliamo che il nostro nuovo progetto trasmetta forza, qual è il valore aggiunto che apporta un creativo? energia, innovazione, modernità. Per questo abbiamo inserito il reparto food, Abbiamo portato delle contaminazioni dall’esterno: la prima è stata con con Eataly, il parrucchiere con Coppola, il ristorante con il Globe all’ultimo Elio Fiorucci un grande talento che con noi ha creato la sua linea dedicata piano. Ma continuiamo a lavorarci cercando di affinare il progetto. alle teen agers, la seconda con un giovane stilista molto intraprendente, Ci parli di OVS e delle nuove prospettive di questo marchio: a che pubblico si rivolgono, Davide De Giglio creatore di Grand & Hills una collezione maschile esiste uno standard di grandezza di questi store oppure è variabile a seconda della città? ispirata al glamour della moda dei college universitari anglossoni: un Se ho trovato i magazzini Coin piuttosto opachi, la situazione degli OVS casual di grande qualità a prezzi accessibili. Il prossimo ingresso, molto era diversa. Avevano dei linguaggi superati ed era più forte nelle aree importante, è la collezione Eequal firmata da Ennio Capasa: una linea >> periferiche che centrali. Nonostante andassero bene commercialmente – uomo donna sobria e sostenibile che lanceremo la prossima
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22 ottobre 2010 INTERNI•PANORAMA pantalone della collezione Grand & Hills ispirata ai college anglosassoni, di ovs industry. Democratic Sneaker by Coin. sedie della collezione Vibrazioni per Coincasa, mobili di art design nati dal recupero delle lamiere dei bidoni industriali. in vendita a partire dal prossimo novembre.
primavera estate. Parlo di contaminazione perché l’arrivo di talenti dall’esterno porta anche chi lavora all’interno a migliorare e a trasformare le collezioni. Finalmente adesso noi cresciamo nel core business che è la donna. E i risultati sono soddisfacenti, rappresentiamo la prima azienda nel fast fashion per quota di mercato. Un risultato straordinario soprattutto tenendo conto la forte penetrazione in questi anni di competitors internazionali come Zara e H&M. In questi ultimi anni questi due marchi sono passati da una presenza in Italia pari allo 0,8 per cento al 2,9 per cento: sono più che triplicati, dove sono cresciuti? Spesso in fianco a noi, vicino a noi. Hanno scelto le migliori location, soprattutto Zara, abbiamo dovuto reagire alla loro forza. La strategia dei nuovo OVS industry, abbiamo inaugurato il cinquecentesimo lo scorso settembre a Milano, in via Torino, che è andato a sostituire un Upim è stata quella di rendersi competitivo e visibile. Ci siamo riusciti e, nonostante questi due anni di crisi profonda, siamo cresciuti in quote di mercato dal 3 al 3,6 per cento. Il nuovo volto di Upim con l’inaugurazione degli Upim Pop dove ha addirittura portato in mostra opere di Andy Warhol, da quali considerazioni siete partiti? In questa formula di Department Store cè molto dei miei viaggi del curiosare in giro per il mondo. Ho capito che l’era del centro commerciale è finita, si ritorna alla vita di quartiere più umana più idonea al periodo
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storico che stiamo attraversando. Gli Upim Pop per me sono una proposta innovativa, riportano in uno spazio di 2000 metri quadri il meglio della cultura Pop: il ristorante con take away, il ferramenta, la merceria, la libreria, oltre alla moda alla bellezza alla casa che ritorna con il marchio storico Croff: è una formula che va benissimo, i risultati sono ottimi con incrementi a doppia cifra rispetto ai negozi Upim. Parliamo di casa: Coincasa e Croff come si differenzia la proposta casa di questi due marchi? Anche qui abbiamo un progetto importante: rilanciare il marchio Croff. Se la casa di Coin ha un’immagine ormai impostata sull’eclettismo dei diversi stili etnico, moderno, provenzale, Upim vuole presentare una casa più semplice basica anche nel prezzo, legata sia alla funzione che al decoro. Ha un sogno nel cassetto? Più che un sogno: un progetto si chiama Excelsior come il cinema milanese che ospitava prima che lo acquistassimo. Quattromila metri quadri in corso Vittorio Emanuele: sarà qualcosa di specialissimo ma per ora preferisco starmene abbottonato. Dico solo una cosa, che il progetto architettonico è stato affidato a Jean Nouvel.
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LOREM IPSUM DOLOR SIT AMET, CONSECTETUER ADIPISCING ELIT, SED DIAM NONUMMY NIBH EUISMOD TINCIDUNT UT LAOREET DOLORE MAGNA ALIQUAM ERAT VOLUTPAT. UT WISI ENIM AD MINIM VENIAM, QUIS NOSTRUD EXERCI LOREM IPSUM DOLOR SIT AMET, CONSECTETUER ADIPISCING ELIT, SED DIAM NONUMMY NIBH EUISMOD TINCIDUNT UT LAOREET DOLORE MAGNA ALIQUAM ERAT VOLUTPAT.
ABITARE UNA CASA dove TUTTO È SOTTO controllo, facile DA GESTIRE. Pura utopia? Forse, MA LA tecnologia CI AIUTA.
Techno echno COOL
L’INTERNO DEL GRAND NATIONAL THEATRE DI PECHINO, PROGETTO DI PAUL ANDREAU, REALIZZAZIONE ILLUMINOTECNICA DE IGUZZINI ILLUMINAZIONE.
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In un mondo dove la luce è protagonista, incontriamo Adolfo Guzzini, che ci parla di elettronica, sostenibilità, riqualificazione urbana.
New light
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di Sandra Varisco
Sopra, Shangai Expo 2010, Padiglione Italia. SOTTO, IL Gran National Theatre, Pechino. Entrambe architetture illuminate da iGuzzini illuminazione.
re di coda per sognare con le magiche architetture dell’Expo 2010, alcune illuminate da voi. Cosa ci dice Adolfo Guzzini amministratore delegato della più importante azienda di illuminazione italiana? Expo è una consuetudine dai tempi di Siviglia ‘92. Un appuntamento con i migliori architetti che propongono nuovi concetti di spazio, architetture d’avanguardia, tecnologie sempre più sofisticate. In queste manifestazioni la luce ha un ruolo importante, diventa un materiale in grado di plasmare lo spazio. Oltre l’Expo che posto occupa attualmente la luce nel panorama del progetto? La considero un materiale a tutti gli effetti, come i mattoni o il vetro. In passato questo ruolo spettava solo alla luce naturale: oggi le tecnologie di cui disponiamo, come, i Led, gli Oled, le lampade a scarica o i Laser controllati da sistemi computerizzati, consentono di raggiungere obiettivi notevoli, fino a qualche anno fa appannaggio esclusivo del cinema. La nostra strategia è finalizzata a un uso eco-sostenibile della luce artificiale non solo in relazione al consumo energetico, ma anche per la capacità che questa ha di migliorare la qualità della vita. Sempre in tema di sostenibilità, ci parla di Street Light. Dato che l’inquinamento luminoso è doppiamente dannoso: spreca (soldi ed energia) e inquina (contribuisce all’aumento di CO2). Come uscirne?
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L’edificio UBPA promosso dal Ministro dell’Ambiente, Shangai 2010, illuminato on apparecchi di iltima generazione, a basso impatto ambientale. SOTTO, Archilede, rivoluzionario sistema a LED per l’illuminazione urbana. Consente un risparmio energetico del 40%.
Già nelle prime campagne stampa, nel ’93, indicavamo la via migliore da seguire per migliorare la qualità dell’ambiente urbano di notte: il giusto equilibrio tra tecnologie innovative e progettazione consapevole. Oggi la tecnologia degli apparecchi può controllare l’emissione di luce, evitando che si disperda verso la volta del cielo. Questo consente di ridurre i consumi energetici del 40%. Archilede, per esempio, è un apparecchio a Led che abbiamo sviluppato per Enel. Se ben utilizzato garantisce una riduzione dei consumi anche del 70%. Un terzo delle strade e autostrade di tutta Europa sono illuminate con tecnologie obsolete, a bassa efficienza energetica. Le tecnologie esistenti consentirebbero un abbattimento nella produzione di CO2 e un relativo risparmio di costi. È il momento di una riqualificazione dell’intera rete, siamo culturalmente pronti? La soluzione è chiara: progettare i nuovi impianti con criteri e tecnologie innovativi. Qualche esempio recente? Ad Alessandria, il primo impianto realizzato da Enel con Archilede. Poi, Lodi e Arezzo, per citarne solo alcuni in Italia. Perché molto è stato fatto anche in Spagna, a Leida, o nella Repubblica Ceca e in Svizzera. Cosa si sentirebbe di suggerire alle amministrazioni pubbliche a questo riguardo? Anzitutto occorre che adottino un piano della luce affidandone la redazione a lighting designers. Questo strumento di pianificazione dell’illuminazione permette di coordinare i diversi progetti di illuminazione pubblica in una strategia unitaria e, soprattutto, permette di adottare criteri di gestione degli impianti che ne garantiscano il buon funzionamento. Non bisogna dimenticare che oggi è possibile applicare sistemi computerizzati di controllo degli impianti, che permettono di controllare il corretto funzionamento e di pianificarne la manutenzione. Oltre a ridurre il flusso luminoso e quindi il consumo di energia, quando e dove questo è necessario. Come funzionano questi sistemi di controllo computerizzati? Tramite un computer è possibile inviare agli apparecchi dei comandi e riceverne delle risposte. Sia con le lampade basate sulle tradizionali tecnologie, come le lampade a scarica e a fluorescenza, che con i Led. Con le lampade tradizionali si può gestire non solo lo spegnimento e l’accensione ma anche la riduzione della quantità di luce emessa da ogni singolo apparecchio. Mentre con i Led si può anche modificare il colore della luce emessa.
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Potremmo semplificare dicendo che la città, l’architettura, gli spazi urbani possono essere trattati come dei palcoscenici dove utilizzare la luce come elemento di riqualificazione urbana. Esattamente, in questo modo l’architettura e gli spazi urbani possono essere resi ancora più vivi non solo nelle città che hanno scelto di promuovere attività notturne, ma anche in quegli spazi urbani in cui la qualità non è certamente da portare ad esempio. Mi riferisco alle periferie in cui di notte grazie a un uso sapiente della luce artificiale si possono creare condizione di vita “sostenibile” per gli abitanti. Ci segnala casi di progetti da voi realizzati, particolarmente riusciti? L’elenco sarebbe lungo e potrebbe diventare una specie di guida turistica internazionale dell’architettura by night. Dovendo fare una selezione, citerei gli ultimi edifici dell’EXPO di Shanghai, dal Padiglione italiano a quello francese. Interessanti anche gli edifici di Mario Occhiuto che realizzano una specie di pelle luminosa cangiante che sottolinea il progetto architettonico. A brevissimo, tutti gli edifici dovranno avere la certificazione energetica, secondo i vostri calcoli quanto pesa a questo riguardo il costo della luce? Una premessa: il “conto della luce” è sicuramente inferiore a quello degli altri elettrodomestici, come un condizionatore o un computer. Comunque, secondo i dati di una recente indagine della Comunità Europea, l’illuminazione contribuisce al 20% del totale dei consumi elettrici. In Italia, in particolare, è pari al 16%. Ma, al di là dei costi ci terrei a sottolineare che, anzitutto, la luce è importante per migliorare la qualità della vita, e questo deve essere il primo obiettivo da raggiungere.
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DRIADE
l’incantesimo dell’arcobaleno
Nemo, la poltrona dal volto umano disegnata da Fabio Novembre per Driade, laccata nelle sfumature dell’arcobaleno, ha inaugurato, NEL MESE DI OTTOBRE, la prima Moscow design week con uno spettacolo dal fascino ambiguo
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Per festeggiare il 15° compleanno di Driade store, il marchio dedicato ad un pubblico allargato, grazie ad un reale processo industriale, Driade gli ha dedicato tutto lo stand del Salone del mobile di Milano 2010, raggiungendo i migliori risultati degli ultimi 10 anni. Nel coro dei designer, Philippe Strack. Miki Astori, Ron Arad, Christophe Pillet, Tokujin Yoshioka, che hanno dato vita al progetto, prefigurando un modo d’abitare colorato e informale, quest’anno si sono aggiunte due nuove voci: Roberto e Ludovica Palomba e Fabio Novembre. La poltrona Nemo, creata da Fabio Novembre in versione colorata, è stata protagonista anche a Mosca nel mese di ottobre: un segnale forte adatto a far da traino dell’intera collezione. “La presentazione ‘Design Superheroes’, che il 5 ottobre (2010) ha inaugurato la prima design week moscovita alla Provision Warehouse nel centrale Zubovskiy av., è stata uno spettacolo emozionante”, racconta Elisa Astori di Driade, con voce vibrante di gioia. Voluto da Alexander Fedotov, presidente di Art trading Group (cliente Driade) e presidente della Moscow design week, l’evento ha avuto come regista Fabio Novembre, che ha messo in scena 40 poltrone Nemo dal volto umano, laccate nei colori dell’arcobaleno. “Tutte in fila nel grande spazio” prosegue Elisa, “accattivanti nella girandola dei loro colori, ma distanti per via dei loro occhi cavi, emanavano il fascino indicibile dei guerrieri di terracotta di Xian. Lo spettacolo è stato ancor più incredibile, se si considera che solo a settembre abbiamo iniziato a laccare le Nemo”. “Design Superheroes” conclude Elisa “conferma la capacità di Fabio Novembre di catturare l’attenzione. Il nostro rapporto con lui è una storia di colpi di fulmine. Tra noi e Fabio c’è una speciale alchimia, che ogni volta si rinnova. Nemo è speciale. È una poltrona-volto, amichevole, eppure misteriosa. Non è per caso che Fabio ce l’abbia proposta citando Oscar Wilde: “Nessun uomo dice la verità, ma dategli una maschera e sarà sincero”. NELLA PAGINA ACCANTO. quaranta Nemo in fila, misteriose e colorate, raccontano l’enigma dell’uomo, espresso magistralmente nell’opera pirandelliana “Uno, nessuno e centomila”. IN QUESTA PAGINA. UN ritratto di Elisa Astori Chief executive office di Driade. A LATO. Un’immagine dello spazio daDriade con divano Gran Plié e tavolino Piaffè di Ludovica e Roberto Palomba, lampade Zelight e tavolo Kissi Kissi di Miki Astori, sedia Pip-e di Philippe Starck.
DRIADE spa Via Padana Inferiore 12/a 29012 FOSSADELLO DI CAORSO PC Tel. 0523818618 Fax 0523822628 www.driade.com
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114 / rubriINterNIPANorama In senso orario. Il tavolino Ludo in quercia rossa americana (American red oak) di Terry Dwan per Riva 1920. Auditorium di Gent in Belgio, realizzato da Xaveer de Geyter e Stéphane Beel in quercia bianca americana (American white oak). Bench press in tulipier americano (American tulipwood) di Sebastian Wrong, con Richard Woods per Established & Sons.
In ogni legno si cela tutto un mondo, da scoprire taglio per taglio, venatura dopo venatura.
Uno e centomila di Ester Giarolli
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a sempre ‘fa casa’. Caldo, versatile e sempre di moda, il legno si propone, attraverso il design, in centinaia di diverse declinazioni, raccontate dall’American Hardwood Export Council, l’associazione dell’industria statunitense del legno di latifoglia. Sta bene ovunque. Per terra, sui muri, nell’arredo. In cucina, in camera da letto, in soggiorno, perfino in bagno. Materiale evergreen per eccellenza, il legno è come una certezza, una presenza rassicurante in un interior. E oggi, grazie al design, fa anche e sempre di più tendenza. La sua estrema versatilità (soprattutto quando viene accoppiata alla certezza di una provenienza da foreste sostenibili) piace infatti ai progettisti che da anni lo hanno riscoperto come materiale per lo sviluppo di arredi o superfici di rivestimento per interni o esterni. In tema di legno vige infatti l’imbarazzo della scelta. Ci sono i toni biondi del frassino e quelli mori del noce; c’è il calore del rovere rosso e il chiarore della betulla; ci sono le venature delicate del faggio e quelle dai toni contrastanti del tulipier e dell’albero della gomma. Lo stesso legno, proveniente dallo stesso albero, assume texture diverse a seconda di come è stato segato. È questo il messaggio dell’American Hardwood Export Council, che funge anche da trait-d’union per le aziende italiane che vogliono attingere dall’enorme patrimonio boschivo (tutto rigorosamente sostenibile) degli Stati Uniti: perché limitarsi ai “soliti” tipi di legno quando nuove emozioni, texture, venature, tonalità di colore possono dare un volto nuovo agli interior e all’arredo? Spesso, infatti, le aziende tendono a utilizzare tipologie lignee già impiegate in passato, privandosi così della possibilità di raggiungere vette elevatissime in tema di sperimentazione e qualità del risultato finale. L’abitudine, insomma, nuoce all’innovazione. Scoprire i segreti del legno (e soprattutto aprirsi a diverse tipologie di legno) significa quindi aprirsi a un nuovo mondo, dove tutto è possibile. www.americanhardwood.org
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BerE CREatiVAmenTE IN ALTO, LA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE LANCIATA DA NASTRO AZZURRO PER CELEBRARE IL PROPRIO RUOLO DI SPONSOR UFFICIALE DELLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA. A DESTRA, LE SCHEDE INFORMATIVE CHE COMPONGONO IL KIT PER EFFETTUARE IL TEST CUVÉE DESIGN, CREATO DA GIACOMO MOJOLI E GIULIO CEPPI PER CONTADI CASTALDI. NELLA PAGINA ACCANTO, ALCUNE IMMAGINI DEL CALENDARIO LAVAZZA 2011, ISPIRATE AL TEMA FALLING IN LOVE IN ITALY. IL FOTOGRAFO SCELTO PER QUESTA EDIZIONE È L’AMERICANO MARK SELIGER.
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di Andrea Pirruccio
Due grandi MARCHI Italiani LEGATI ALL’UNIVERSO DEL Beverage, Lavazza E Nastro Azzurro, PROPONGONO STRATEGIE DI comunicazione differenziate E DI forte IMPATTO, CONFERMANDO LEGAMI strategici CON LA fotografia E IL cinema.
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affè e fotografia, birra e cinema. Due grandi brand italiani legati all’universo del beverage, Lavazza e Nastro Azzurro, impostano le loro strategie di comunicazione stringendo legami virtuosi con il mondo dell’arte ottenendone in cambio grandi risultati in termini di visibilità. Appuntamento che si rinnova con puntualità e senza mostrare cenni di ‘cedimento’ qualitativo è quello con il calendario Lavazza. Dopo le precedenti edizioni, che hanno coinvolto artisti del valore di Annie Leibovitz e Miles Aldridge, per l’edizione 2011 è stato l’occhio del fotografo americano Mark Seliger a immortalare lo spirito dell’italianità. Affrontando il tema del calendario, Falling in love in Italy, Seliger ha realizzato otto immagini di grande valore plastico ed espressivo (una per ogni bimestre, a cui si aggiungono le cover di apertura e chiusura), esprimendo il romanticismo e la sensualità di un incontro a due e ambientando questi momenti in una serie di paesaggi simbolo dell’Italia, giocando con ironia con gli stereotipi più vieti. Un paesaggio toscano, l’acqua alta di Venezia, il balcone di Giulietta e Romeo, i faraglioni di Capri, un giardino ‘incantato’ a Firenze e i panni stesi di Napoli diventano sfondi ideali per un racconto di immediata leggibilità, a proposito del quale Seliger ha dichiarato: “essere un fotografo consiste anche nel creare una storia e raccontarla, partendo dal bisogno di renderla vera”. Passando dalla fotografia al cinema e dal caffè alla birra, nel 2010 e per il secondo anno consecutivo, Nastro Azzurro è stato lo sponsor ufficiale della Mostra Internazionale d’Arte
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Cinematografica di Venezia: un ruolo che l’azienda ha voluto celebrare con una campagna media on air di grande impatto visivo, e che ha portato allo sviluppo di un restyle del packaging del prodotto realizzato in versione limitata. La birra del gruppo Peroni è stata presente al Lido con un proprio spazio, il Nastro Azzurro Club che — destinato a interviste, incontri, party, presentazioni e conferenze stampa — ha visto transitare esponenti di spicco del mondo del cinema e della cultura, tra cui John Turturro, Paul Giamatti, Alessio Boni (al quale è stato assegnato lo speciale premio Nastro Azzurro come attore dell’anno), Luca Zingaretti e Silvio Orlando. Tra le iniziative promosse da Nastro Azzurro, merita una citazione il laboratorio Officine Artistiche, che ha permesso a otto aspiranti attori di respirare, per tre giorni, l’atmosfera impregnata di grande cinema del Lido, e di partecipare a set fotografici, interviste e dibattiti. La sponsorizzazione della Mostra del Cinema di Venezia rientra nell’aggiornata strategia Nastro Azzurro che, attraverso uno stile di comunicazione inedito, aspira a portare un tocco di glamour nel mondo della birra e, insieme, a offrire al pubblico uno sguardo originale sulla rassegna veneziana. Dopo il caffè e la birra, appare doveroso indagare gli inediti strumenti di comunicazione a cui fa ricorso un’altra eccellenza italiana nel campo del beverage: il vino. Marchio del gruppo Terra Moretti e leader nella produzione di una particolare tipologia di Franciacorta, il Satèn, Contadi Castaldi ha recentemente promosso il test cuvée design. Nato da un’idea di Giacomo Mojoli e Giulio Ceppi (docenti del Politecnico di Milano), il test rappresenta un ‘viaggio dei sensi’ che, attraverso una degustazione, permette di capire i passaggi complessi che portano alla creazione finale di una cuvée Franciacorta. Ai partecipanti al gioco viene fornito un kit composto da schede didattico informative e da test multisensoriali, grazie alle quali ogni giocatore potrà interagire con il metodo Contadi Castaldi. Chi risponderà correttamente alla domanda conclusiva di ogni scheda, potrà accedere alla Scuola di cuvée: una vera e propria esperienza del fare cuvée che intende creare, attorno a uno dei vini più caratteristici del territorio, (il Satèn appunto), un nucleo di appassionati in grado di diventare allievi e a loro volta educatori esperti di uno dei fattori cardine dell’unicità del ‘fare cuvée’, la progettazione.
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GUSTARE IL Prosecco CON IL cucchiaino IN UN calice DA PORTARE A TRACOLLA. OPPURE BERE UNO chardonnay, UN rosato O UN cabernet IN UNA BOTTIGLIA ecologica IN alluminio. LE GRADITE sorprese fioccano QUANDO LA CULTURA DEL vino SPOSA IL DESIGN.
FelIci INcontrI
di Laura Traldi
QUATTRO CONCEPT EMERSI DAL WORKSHOP VOLUTO DA VALDO SPUMANTI E REALIZZATO IN COLLABORAZIONE CON LA SCUOLA ITALIANA DI DESIGN DI PADOVA PER CELEBRARE L’ECCELLENZA TERRITORIALE SPOSANDO PROSECCO E DESIGN. SOPRA, A SINISTRA, IL CALICE PARTY (DESIGN MORSELLI E VISCOMI), PROSSIMO ALLA PRODUZIONE E, A DESTRA, IL SECCHIELLO QUADRATO KUBIC DI BASSO, GAMBATO, LION. IN ALTO, IL SECCHIELLO IMPILABILE V (DESIGN BASSAN, TONIOLO E ZARDO) E IL SECCHIELLO DOPPY DALLE TEXTURES PREZIONE DI MORSELLI E VISCOMI. A DESTRA. È DELLA CASA VINICOLA CALDIROLA L’IDEA DI IMBOTTIGLIARE IL VINO IN BOTTIGLIE IN ALLUMINIO, LEGGERO, RESISTENTE AGLI URTI E ALLA CORROSIONE, ECCELLENTE CONDUTTORE TERMICO, RIUTILIZZABILE MA SOPRATTUTTO RICICLABILE AL 100%. UN’IDEA PENSATA PER I GIOVANI, A PARTIRE DAL NOME: W! [AL GENERATION], CHE STA APPUNTO PER GENERAZIONE ALLUMINIO, USATO COME SINONIMO DI GREEN.
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shopping crEaTIvO di Anita Martinelli
il caro vecchio negozio sembra destinato a un inesorabile declino. a sostituirlo una nuova versione del retail, più ludica, tecnologica, interattiva.
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stop alle code al camerino: uno specchio intelligente sceglierà i capi ideali per la nostra silohuette e ci darà modo di vedere come stanno indossati. pagina a lato. foto grande. Il fashion Solutions Store inaugurato lo scorso luglio presso la sede di IBM Italia, nell’IBM Forum di Segrate. foto piccoli. Il commesso si aiuta con l’iPad per mostrare ai clienti merce in stoccaggio. Un touch screen permette di visionare tutte le alternative di un capo selezionato.
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i chiama Fashion Solutions Store, è uno spazio innovativo ideato da Ibm Italia, un progetto che raccoglie il contributo di numerosi attori interni a Ibm e di alcuni partner italiani. Di cosa si tratta? Semplice, di una proiezione di quello che sarà il negozio di moda del futuro, un vero mix tra le nuove tecnologie e la struttura tradizionale del negozio d’abbigliamento attuale. Quante volte siamo entrati in un fashion store e ci siamo sentiti ‘smarriti’? Colpa dei commessi oberati di lavoro e un po’ distratti, piuttosto che di una comunicazione (di prezzo o di prodotto) poco trasparente, di fatto spesso non si riesce nemmeno a varcare la soglia del camerino proprio a causa di questa scarsa complicità tra il negozio e l’ipotetico acquirente. Il progetto di Ibm lavora propria nella direzione opposta cioè, attraverso l’uso delle nuove tecnologie, cerca di trovare un modo per rendere la comunicazione di un negozio di moda facile, accessibile per interagire con i clienti e creare
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una vera e propria comunicazione tecnologicamente avanzata.
CAMERINI CON SPECCHI E PANNELLI touch screen, IL NUOVO CONCEPT DI IBM Italia HA nuove visioni.
Come? Con uno specchio interattivo, per esempio. Che durante una prova d’abito in camerino può far cambiare colore e finiture al vestito che indossiamo, piuttosto che proporci un set di accessori in nuance con l’abito scelto. Se proprio vogliamo scoprirci diversi in un paio di minuti il nostro specchio magico ci mostra con un nuovo total look, trucco (per le signore) e capelli compresi. Ma non finisce qui. La vetrina sensibile capta i commenti dei passanti, individua da chi arriva l’apprezzamento, un pubblico giovane piuttosto che maturo, uomini piuttosto che donne: in tal modo con grande velocità il negozio può rivedere mutare le proposte a seconda del pubblico a cui si rivolge. Anche l’iPad sarà uno strumento utile, per il Shop Assistance: per mostrare ad esempio merce in stoccaggio o in arrivo; un touch screen intelligente sarà applicato per fidelizzare il cliente, riconoscendo i suoi gusti e facendo
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DISPONIBILI SOLO QUANDO SERVONO, FACILMENTE GESTIBILI SENZA SPRECHI E A COSTI CONTROLLATI, LE RISORSE PER L’elaborazione di documenti E IMMAGINI SI TROVANO IN RETE. DA OGGI ANCHE PER LA stampa. di Danilo Premoli
STamPare suLLe nuvoLe
LE DIMENSIONI CONTENUTE, 427X336X102 MM, E IL DESIGN COMPATTO IN VETRO E ALLUMINIO CONSENTONO DI COLLOCARE LA STAMPANTE ENVY 100 DI HP IN QUALSIASI AMBIENTE. CON IL TOUCHSMART SCREEN ANTERIORE SI POSSONO CONTROLLARE TUTTE LE FUNZIONI, DALLA NAVIGAZIONE IN RETE SENZA LA NECESSITÀ DEL COLLEGAMENTO AD UN PC ALLA SELEZIONE DEI FILE ARCHIVIATI SU UNA MEMORY CARD. LE CARTUCCE AD ALTA CAPACITÀ GARANTISCONO UN’AUTONOMIA SUPERIORE.
dettagliato; anzi l’idea è proprio che l’implementazione sia un insieme eterogeneo e distribuito di risorse”. HP è tra i protagonisti di questa rivoluzione tra le nuvole e propone una nuova periferica: la Envy 100, definita “e-All-in-One” perché in grado di stampare, copiare, scansire e connettersi al Web. Dispone infatti di un indirizzo e-mail semplice e univoco al quale è possibile inviare una stampa, così come si farebbe proprio con un messaggio e-mail. Alla periferica di casa o in ufficio lla voce “cloud computing” Wikipedia riporta questa oppure in un albergo, grazie ad un’applicazione mobile HP ePrint, si definizione: “In informatica, con il termine cloud computing si intende possono inviare, tra i formati supportati: documenti Microsoft Office, Pdf un insieme di tecnologie che permettono l’utilizzo di risorse hardware e immagini Jpeg. La Envy 100 stampa nel formato massimo A4 in bianco (storage, cpu ecc.) o software applicativi distribuiti in remoto. Una e nero e a colori, anche in fronte-retro automatico, ed è dotata di slot per caratteristica del cloud computing è di rendere disponibili all’utilizzatore la lettura di memory card. Nell’ePrintCenter appositamente realizzato da tali risorse come se fossero implementate da sistemi standard. HP (www.hpeprintcenter.com) sono disponibili numerose applicazioni in L’implementazione effettiva delle risorse non è definita in modo diverse lingue per incrementarne uso e produttività.
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di Ester Giarolli
La spa in casa
Farsi coccolare dall’acqua. In piedi oppure comodamente sdraiati. Le nuove frontiere del wellness hanno forme morbide e performance elevate e si declinano in sistemi idromassaggio all’avanguardia. in cui tecnologia e design si fondono.
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La ‘cornice del benessere’ France, di Mario Ferrarini per Jacuzzi®: un box doccia pensato per i wellness, superaccessoriato, multifunzionale e dal design pulitissimo. Sopra, la mini-piscina spa Delos di Kaluderovic & Condini per Jacuzzi®: personalizzabile nei colori del guscio è una vera e propria macchina high tech per il benessere lounge.
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on chiamatela vasca. L’ultima nata di Jacuzzi ®, la spa Delos, realizzata con materiali di prima qualità e caratterizzata dall’estrema accuratezza delle rifiniture, è infatti una mini-piscina idromassaggio personalizzabile nei colori del guscio e utilizzabile sia in interni che in esterni. Ma non solo. Grazie all’ampia seduta lounge, tre poggiatesta e il morbido cuscino optional, la Delos può trasformarsi in una zona per il benessere lounge high tech anche grazie alla presenza di un sistema audio con lettore MP3 e MP4 Bluetooth. Mentre la potenza e la tipologia del getto d’acqua viene controllato da un pannello di controllo progettato per un’immediata comprensione ed utilizzo. E per chi ha problemi di spazio o semplicemente preferisce farsi coccolare dall’acqua stando i piedi, c’è Frame di Mario Ferrarini (sempre di Jacuzzi®). Più che una doccia, un sistema benessere a tutto tondo, con bagno turco, idromassaggio verticale shiatsu, cervicale e lombare, cascata energizzante, effetto pioggia del doccione centrale, doccia a colori con cicli cromatici preimpostati e benefiche azioni aroma-terapeutiche. E grazie al piatto doccia in techstone, ai cristalli laterali a tutta altezza e alla maniglia in vetro, Frame si posiziona come uno spazio architettonico all’interno dell’ambiente bagno.
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Con delle miniarchitetture in ferro per De Castelli, Aldo Cibic rinnova la tradizione del giardino in e outdoor.
Verde con sorpresa
di Ester Giarolli
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er un architetto, soprattutto uno come lui, da sempre attento alle tematiche paesaggistiche, è normale doversi confrontare con la natura ogni giorno. È una relazione che non viene mai a noia ad Aldo Cibic: “Sono sempre stato attratto dalla natura che manifesta la sua forza in contesti inaspettati”, dice. Per questo, quando è arrivata l’opportunità di lavorare su una collezione per De Castelli, l’architetto ha colto la palla al balzo. La sua idea? Dare vita ad un paesaggio in miniatura per interni ed esterni. Lavorando in tandem con Cristiano Urban, dello studio Cibic & Partners, Cibic ha progettato Riviera, una serie di contenitori in cui accogliere dei piccoli giardini oltre ad una collezione di tavoli e sedie in pendant. Le strutture, realizzate in lamiera brunita, si presentano come delle razionalissime mini-architetture, tutte giocate sull’iterazione della forma quadrata. I profili, sottilissimi, danno un’impressione di leggerezza e fluidità, come nel vaso-tavolino Riviera Flower in cui la pianta sembra quasi fluttuare nel vuoto. Di grande impatto è anche poi il dettaglio dei materiali, resi “caldi” dalle tonalità del rame e dalla sensorialità delle superfici. Un altro capitolo della nuova storia di De Castelli Edition, il nuovo marchio sperimentale di De Castelli che nasce dall’incontro tra la creatività dei grandi autori contemporanei e il knowhow tecnologico e produttivo dell’azienda. Nella più pura tradizione dell’Italian Design.
In senso orario: Riviera Table e Chair in lamiera brunita o rame. Riviera Flower, nella versione monoposto anche disponibile nella versione a tre fiori: porta-piante in lamiera brunita, acciaio inox satinato, anche disponibile in laccato.
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128 / inservice / indirizzi 2C WORKSHOP srl Via Don Luigi Sturzo 218/h 95014 GIARRE CT - Tel. 0957799898 www.2cworkshop.com info@2cworkshop.com ALBERTO LEVI GALLERY Via S. Maurilio 24 20123 MILANO- Tel. 0289011553 www.albertolevi.com ALFREDO SALVATORI srl Via Aurelia 395/E 55047 QUERCETA DI SERAVEZZA LU Tel. 0584769200 www.salvatori.it - info@salvatori.it ARTER Via Fiori Chiari 9/a 20121 MILANO - Tel. 0236630635 www.artermilano.it info@artermilano.it BENETTON GROUP spa Villa Minelli 31050 PONZANO VENETO TV Tel. 0422519111 www.benetton.com www.benettongroup.com info@benetton.it BLUMARINE - BLUFIN spa Via G.Ferraris, 13/15/15a 41012 CARPI MO - Tel. 059637511 www.blufin.it - showroom Milano: Via Manzoni 38 - Tel. 02784340 C & C MILANO Via G. Falcone 12 21010 FERNO VA - Tel. 0331726140 www.cec-milano.com office@cec-milano.com CASAMANIA by FREZZA spa Via Ferret 11/9 31020 VIDOR TV - Tel. 04236753 www.casamania.it casamania@casamania.it CHANEL Via Montebello 39/a 20121 MILANO - Tel. 02290891 www.chanel.com COIN spa Via Terraglio 17 30174 MESTRE VE - Tel. 0412398000 www.coin.it - www.coincasa.it CONTADI CASTALDI Via Colzano 32, Fornace Biasca 25030 ADRO BS - Tel. 0307450126 www.contadicastaldi.it contadicastaldi@contadicastaldi.it CONTADINI ROSAnNA - NEÓ Via Dardanelli 13 00195 ROMA - Tel. e Fax 063728430 www.neodesignart.com neo.rosannacontadini@gmail.com DANISH CRAFTS Amagertorv 1, 1 DK 1160 KØBENHAVN K Tel. +45 33126162 www.danishcrafts.dk www.craftscollection.dk mail@danishcrafts.dk DE PADOVA srl Strada Padana Superiore 280 20090 VIMODRONE MI Tel. 0227439795 www.depadova.it - info@depadova.it DECASTELLI Via del Commercio 16/18 31041 CORNUDA TV - Tel. 0423638218 www.decastelli.com commerciale.celato@decastelli.com DIESEL Via dell’Industria 7 36060 MOLVENA VI Tel. 0424477555- www.diesel.com DOBAZ LTD. Goldenasia industrial park, 285 Gingyang Road CHINA 215300 Kunshan www.dobaz.com service@dobaz.com
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