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Pianificare il Po al 2050. Un Piano-Progetto integrato per una green infrastructure
Il testo proposto non è scritto da un ricercare ma da un tecnico e animatore instancabile della difesa e regolamentazione territoriale del Po. Ha quindi tutti i meriti e i difetti del linguaggio e della narrazione tecnica, in forma talvolta di appunti, talvolta di riflessioni sulle esperienze. Si inserisce tuttavia chiaramente nella letteratura dell’analisi di un caso esemplare. Gli obiettivi sono due: ricostruire la storia della pianificazione della fascia torinese del Po e provare a rilanciare il dibattito sulla pianificazione di questa fascia attraverso quattro proposte, sperando che altre candidature e nuove riflessioni possano essere condotte sul tema della pianificazione territoriale delle Green Infrastructures. Entro questo contesto il lavoro invita a una riflessione nuova che costruisca un sapere adeguato ai cambiamenti in atto. Come si sostiene, occorre riprendere lo spirito e la prassi di quelle elaborazioni collettive (fornite dal Politecnico e dall’IRES) avendo chiaro che una fase è finita. Questo passaggio è individuato come “ritirata organizzata”. Un’altra stagione quindi deve partire, che muova dagli obiettivi dell’Agenda 2030 (gli 8 obiettivi del di sviluppo del millennio -Millennium Development Goals, del 2005- poi divenuti 17 nel 2015) e stabilisca target generali di difesa di tutto il territorio e della natura al 2030: istruzione di qualità per tutti, parità di genere, povertà zero, fame zero, accessibilità all’energia rinnovabile; al 2050, zero CO2-equivalente, ecc.. Ma più rilevanti sono gli obiettivi territoriali su cui si sta discutendo e operando: città sostenibili e insediamenti umani inclusivi, sicuri e solidi; infrastrutture accessibili e sicure, promozione e misura degli ecosistemi terrestri, governo sostenibile delle foreste, difesa della biodiversità; al 2050, zero consumo di suolo.
La pianificazione e la salvaguardia ambientale, come emerge da questa riflessione, cambia pelle e entra in ogni città, quartiere, area agricola, foresta, in ogni metro quadrato di territorio. La stagione della Pianificazione (con la P maiuscola) dopo una fase di marginalità ridiventa centrale e necessita quindi di rinnovamento.
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E’ stata in passato, lo ricordiamo, un «fiore all’occhiello» della Regione, che fin dal gennaio 1977 approvò il primo Piano regionale dei parchi. Un piano ambizioso che prevedeva la tutela di 29 aree sui si aggiunsero, due anni dopo, altre 12 zone. Alla fine della seconda legislatura il Piano risultò in gran parte attuato, con l’istituzione di 28 parchi sui 41 previsti e, nel giro di tre anni, il Piemonte passò alla testa delle regioni italiane più virtuose in tema di tutela ambientale e protezione territoriale. Della seconda legislatura sono anche la Mappa del rischio idrogeologico e la Carta delle capacità d’uso dei suoli (della fertilità dei suoi) mentre nel marzo 1980 si posero le basi, con la firma della convenzione per il Consorzio di depurazione delle acque del Po, della futura programmazione del recupero e conservazione delle fasce fluviali.
Una stagione quindi ricca che, come ricorda l’autore, non nacque da dedicate strutture ambientali regionali ma dalla cultura e dai settori della Pianificazione territoriale. Questo dato rimase tale anche nelle legislature successive. Oggi, per ritornare ad eccellere, occorre riprendere e riarticolare quel dibattito e porsi le classiche, ma ancora necessarie, domande da cui ripartire: come rispondere alla complessità dell’azione progettuale sempre più integrata, per chi pianificare, a quali bisogni nuovi rispondere, con quali strumenti?
Fiorenzo Ferlaino IRES Piemonte