Università della Calabria Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione
Corso di Laurea in Scienze Pedagogiche per lʹInterculturalità e la Media Education Anno Accademico. 2015/2016
Intercultura e Integrazione
Per una Scuola Interculturale ed Inclusiva
Prof.ssa Rossana Adele Rossi
Studente Ippolita Gallo matr. 174803
“La solidarietà dei tempi ha tanta forza che le relazioni di intelligibilità tra essi
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sono veramente orientate in due sensi. L’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato, il passato, ove nulla si sappia del presente …” Marc Bloch
INDICE 1. Introduzione
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2. La pedagogia interculturale tra teoria e pratica
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3. Una scuola inclusiva e di competenze
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4. Aspetti didattici e metodologici per pratiche interculturali nella Scuola
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5. Conclusioni
22
Bibliografia/Sitografia 24
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1. Introduzione Questo lavoro si inserisce nel quadro di quelle riflessioni dell’Educazione Interculturale atte ad interpretare e ricercare strumenti di decodifica delle nuove realtà educative di Cittadinanza del Terzo Millennio, che richiede maggiore e serio impegno da parte di tutti gli educatori nei diversi contesti formativi. Entrare in una classe in qualità di docente comporta l’implicito farsi carico di una missione di civiltà, oltre che di un impegno etico in grado di essere al di sopra delle parti in qualsiasi circostanza, ed in particolar modo in condizioni in cui lo scenario che si apre davanti agli occhi dell’educatore appare non privo di differenze, diversità, contraddizioni. In quanto è inutile negarlo: I BAMBINI SONO TUTTI UGUALI. Queste sfumature definiscono e circoscrivono l’ambiente nel quale questi ultimi sono chiamati a crescere. Ed è proprio qui che gli uomini e le donne del domani affermano il loro modo di essere e gli insegnanti pongono la loro impronta incisiva e determinante in tal senso: si profila un testo da incidere in un contesto. Ed è proprio in questa delicata incisione che si gioca la partita dell’educazione, sempre tesa a sfruttare a pieno, nell’accezione positiva del termine, tutte le sue possibilità. In questo incontro testo-contesto i protagonisti si suggellano in un incontro: il ritrovarsi ed il riconoscersi specularmente l’uno nella cultura, nell’universo valoriale e nelle esperienze di vita dell’altro, determina il primo passo verso la comprensione delle differenze. Oggi il dibattito pedagogico è incentrato sul diritto alla cittadinanza che va ripensato in un periodo di mondializzazione dei processi sociali, culturali, economici e produttivi ed i processi formativi vengono ridisegnati nell’attuale scenario con l’affermazione di radicali trasformazioni in ogni settore in cui si svela l’attività umana. In questo attuale scenario l’idea di cittadinanza viene rivista nell’ambito dei nuovi fenomeni: globalizzazione dei mercati, la diffusione di situazioni multietniche e multiculturali, l’affermazione dell’universo mediatico, tutti fenomeni che costringono i soggetti a volgere lo sguardo oltre i propri confini, oltre i propri giudizi e pregiudizi, oltre le proprie visioni del mondo. Tali fenomeni e processi affermano l’idea di cittadinanza rivedendo i concetti di sovranità, territorio, appartenenza in nuove formule, politico ed etico, legate al riconoscimento universale del pluralismo connesso ai principi della pace, della giustizia sociale, della solidarietà umana. Chiaramente l’educazione riflette e pone questioni sulla complessità e sulla globalizzazione dei processi sociali, politici, culturali ed economici della nostra contemporaneità. L’educazione interculturale si innesta nella conflittualità e nella drammaticità di questi processi attuali, che non sempre risultano innovatori e risolutivi, ma deve assumere una sua posizione significativa come prospettiva pedagogica, nonostante le controversie e resistenze, per favorire l’integrazione, la via della formazione. L’educazione
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ha il fondamentale compito di realizzare un cittadino in grado di vivere la complessità di questa nuova era culturale, sociale e politica, di sentire pienamente l’appartenenza al proprio gruppo, di essere in grado attivamente e criticamente a essere partecipe ad un’esperienza comunitaria ampia e consapevole: pluralità delle culture, delle etnie, delle diverse modalità di credere, vivere, partecipare. Ogni cittadino attivo contribuisce con le proprie capacità, attività e competenze a fare delle scelte politiche con una visione d’insieme e di giudizio al fine di valutare le proposte e di prendere decisioni responsabili e consapevoli. Queste capacità si alimentano nella fonte conoscitiva dell’esperienza sociale diretta che deve essere articolata al di là della propria realtà. Questa prospettiva educativapedagogica è una risorsa di valore grande anche per l’aspetto politico, in quanto all’educazione è affidato il compito di realizzare un cittadino in grado di affrontare la problematicità che la realtà odierna presenta e capace di porsi e di agire per partecipare con coscienza ad un’esperienza comunitaria ad ampio raggio. La pedagogia della nuova cittadinanza deve necessariamente coincidere con il problema della formazione, un’occasione che si impegna ad affrontare le problematiche riguardanti l’incontro con le altre popolazioni, dell’emergenza della soggettività, dell’integrazione per edificare una Paideia per il XXI secolo corrispondente alle esigenze delle società interdipendenti, pluralistiche, multietniche e virtuali per garantire una dimensione umana, individuale e collettiva. Rispettate e celebrate ogni differenza culturale, consideratele come fiori di diversi colori nel giardino dell'umanità. -William Bloom-
2. La pedagogia interculturale tra teoria e pratica La crescente diversità culturale della popolazione ha portato ad un processo di cambiamento profondo dell’ambiente scolastico e delle pratiche pedagogiche. Il ripensamento strutturale di questo cambiamento ha creato un nuovo modello di Pedagogia Interculturale, che ha le sue fondamenta nella tradizione educativa inclusiva tesa a valorizzare la convivenza e l’accoglienza di varie forme di diversità. Nel modello educativo italiano della pedagogia interculturale gli sviluppi teorici e normativi non sono stati accompagnati da un investimento di risorse sufficienti che permettessero alla scuola di fare un reale ripensamento istituzionale sistemico tale da verificare l’aggiornamento del personale, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi, dei contenuti e dei metodi alla luce di quelle che sono le vere esigenze poste dalla contemporaneità, anche per ciò che riguardava l’approccio interculturale. Non sempre c’è stato un approfondimento del rapporto tra progettazione organizzativa della scuola dell’autonomia ed organizzazione delle conoscenze e dei saperi di questo fine millennio 1: l’innovazione didattico-curricolare ed innovazione organizzativa comportano una riflessione che li consideri come interagenti e non l’uno il sottoprodotto dell’altro. Un dispiegamento di buone pratiche che non sono state sempre accompagnate da una 1 Benadusi, Serpieri, 2005, Organizzare la scuola dell’autonomia, Carocci, p. 47.
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efficiente e valida organizzazione strutturale per accogliere gli alunni stranieri nel contesto scolastico. Indipendentemente da come la legislazione e la ricerca pedagogica hanno avuto il loro decorso e sviluppo, è innegabile che la crescente diversità culturale della popolazione ha suscitato un processo di cambiamento profondo del contesto scolastico e delle pratiche pedagogiche nel panorama italiano. Lo sviluppo progressivo dei cambiamenti introdotti nella scuola italiana negli ultimi decenni può essere identificato in tre fasi2: LA FASE DELL’ACCOGLIENZA, in cui l’interesse era rivolto ad acquisire informazioni sulle culture d’origine degli alunni stranieri per cogliere gli aspetti più rassicuranti, ma che erano trattati in maniera folkloristica e stereotipata con scarsità di strumenti precisi e con minore professionalità. Franco Cambi3 afferma che: “dobbiamo riconoscere che, anche in Italia, come altrove, la scuola si è mossa per prima non appena si è affacciata la società multietnica. E si è mossa con impegno, con passione anche, con responsabilità teorica e strategica. Ormai il lavoro interculturale svolto dalle scuole è articolato e maturo, spesso di ottima qualità. Esso non risente più solo del principio dell’accoglienza, ma si è addentrato in dimensioni più sottili e complesse del fare‐ intercultura”. LA FASE DEI DISPOSITIVI D’INTEGRAZIONE ha comportato in risposta al maggior numero di presenze di studenti di origine straniera, una presa di misure a carattere compensatorio: presenza dei mediatori culturali, i protocolli di accoglienza, l’insegnamento intensivo dell’italiano, le modalità di valutazione, la rilevazione delle competenze culturali e linguistiche pregresse. Ciò non era altro che una risposta ad un’emergenza temporanea e al tentativo di riportare a norma lo studente straniero per lo sviluppo delle competenze linguistiche e curricolari. Oggi molte scuola si trovano in questo stadio con l’obiettivo di ripristinare una presunta “normalità” ma le scelte delle istituzioni scolastiche e degli operatori, per poter diventare lungimiranti, devono essere sostenute e indirizzate4. LA FASE DELL’INCLUSIONE riguarda l’azione della scuola mirata ad attrezzarsi per insegnare ed apprendere nella classe multiculturale, formata da bambini e ragazzi con un proprio bagaglio di storie ed origini diverse: “E’ importante dunque inaugurare la fase dell’inclusione, in cui si possano coniugare le due finalità: da un lato, diffondere e portare a sistema le pratiche e i dispositivi efficaci di integrazione fin qui sperimentati e, dall’altro, imparare e insegnare a vivere insieme, uguali e diversi, in pari dignità. Cittadini di uno stesso Paese.5 Il mondo scolastico italiano ha man mano maturato un’attenzione verso l’inclusione delle diversità culturali che si può anche riscontrare nella ricca normativa al riguardo. La via italiana6 come risposta alla multiculturalità nelle scuole è definita pedagogia 2 Favaro Graziella, 2010, Per una scuola dell’inclusione, p.2, disponibile online presso: www.cremi.it/pdf/per %20una%20scuola%20dell'inclusione.pdf 3 Cit. Cambi F., 2006, Incontro e dialogo. Prospettive della pedagogia interculturale, Carocci, Roma, p. 130. 4 Cit. Favaro Graziella, 2011, A scuola nessuno è straniero. Insegnare e apprendere nella scuola multiculturale. Giunti, Firenze, p. 35. 5 Favaro Graziella, 2010, Per una scuola dell’inclusione, p.3, disponibile online presso: www.cremi.it/pdf/per %20una%20scuola%20dell'inclusione.pdf
6 Documento di Indirizzo, MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE. La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri. Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale, 2007. Disponibile online presso: http://www.cittametropolitana.mi.it/export/sites/default/affari_sociali/Allegati/IMM_Scuola_Interculturale_Integraz.Miur_2007.pdf
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interculturale. Infatti nell’ultimo decennio ha avuto uno sviluppo normativo notevole, attraverso circolari ministeriali7, l’istituzione dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale8 e il Documento di Indirizzo che esso ha prodotto nel 2007, La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri. In questo documento si definisce cosa si intende per “via italiana all’intercultura”: “Scegliere l’ottica interculturale significa, quindi, non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni immigrati, né a misure compensatorie di carattere speciale. Si tratta, invece, di assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica). Tale approccio si basa su una concezione dinamica della cultura, che evita sia la chiusura degli alunni/studenti in una prigione culturale, sia gli stereotipi o la folklorizzazione. Prendere coscienza della relatività delle culture, infatti, non significa approdare ad un relativismo assoluto, che postula la neutralità nei loro confronti e ne impedisce, quindi, le relazioni. Le strategie interculturali evitano di separare gli individui in mondi culturali autonomi ed impermeabili, promuovendo invece il confronto, il dialogo ed anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare i conflitti che ne derivano. La via italiana all’intercultura unisce alla capacità di conoscere ed apprezzare le differenze, la ricerca della coesione sociale, in una nuova visione di cittadinanza adatta al pluralismo attuale, in cui si dia particolare attenzione a costruire la convergenza verso valori comuni”. L’educazione interculturale è oggi una proposta pedagogica articolata e complessa che è andata arricchendosi gradualmente9. Le preoccupazioni o valori fondamentali su cui si basa sono: 1) L’apertura alla diversità. 2) L’uguaglianza delle opportunità e l’equità. 3) La coesione sociale. 4) La partecipazione critica alla vita ed alla deliberazione democratica. 5) La preservazione della vita sul pianeta e lo sviluppo durevole. Nel contesto italiano è importante il documento “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli allievi stranieri” ed il testo esplicita nella prima parte i principi generali irrinunciabili, ovvero: 1) L’universalismo: assunzione di criteri universalistici per il riconoscimento dei diritti dei minori introdotta dagli anni ’90 con l’applicazione della Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia e con la tradizione della scuola italiana negli anni Settanta riguardo alle varie forme di diversità. Ciò significa riconoscere che: 7 In particolare la C.M. 24 del 1.3.2006 Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri: http://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2006/cm24_06.shtml, poi aggiornata nella C.M. 2 del 8.1.2010 Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza non italiana: http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/prot253_10 8 Istituito dal Ministro Fioroni con Decreto Ministeriale del 06.12.2006: http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm061206.pdf
9 Cfr, Fiorucci Massimiliano, 2011, Gli altri siamo noi. La formazione interculturale degli operatori dell’educazione, Armando Editore, pp.53-58.
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l’istruzione è un diritto di ogni bambino; l’istruzione scolastica è parallelamente un dovere degli adulti; tutti devono contare sulle pari opportunità (il riferimento a quest’ultime supporta la possibilità di azioni specifiche (politiche selettive) per minori immigrati). 2) La scuola comune: la scuola italiana immediatamente ha stabilito di inserire gli alunni con cittadinanza non italiana nella scuola comune per una maggiore accoglienza ed inclusione dei ragazzi stranieri 3) La centralità della persona in relazione con l’altro: (DL 30/2000 di riforma del sistema scolastico; la riforma 53/2003 e le Nuove Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo dell’istruzione) un orientamento, della pedagogia contemporanea, tesa alla valorizzazione della persona e alla costruzione di progetti educativi basati sull’unicità biografica e relazionale dello studente. 4) L’intercultura: scegliere l’ottica interculturale significa assumere le diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola del pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze. Tale approccio si basa su una concezione dinamica della cultura. La via italiana unisce alla capacità di conoscere ed apprezzare le differenze la ricerca della coesione sociale, in una visione di cittadinanza adatta al pluralismo attuale, in cui si dà particolare attenzione a costruire la convergenza dei valori comuni. Inoltre il documento individua dieci linee di azione che caratterizzano il modello d’integrazione culturale proprio della scuola italiana, riconducibile a tre macro-aree: 1) Azioni per l’integrazione 2) Azioni per l’interazione interculturale. 3) Gli attori e le risorse10. L’approccio di una pedagogia interculturale presenta una prospettiva aperta e pluralista che volge alla valorizzazione della diversità culturale che al contempo ricerca la coesione sociale intorno a valori comuni, scoperti attraverso un processo dialogico di reciprocità. Il documento d’indirizzo riflette ciò di cui parla Favaro11 riguardo alla terza fase: non è più l’allievo immigrato che ha il compito di integrarsi ad un sistema scolastico o è la scuola a preoccuparsi a compensare le sue carenze con interventi straordinari o di emergenza. Il documento spinge alla comprensione della diversità, ogni diversità, come parte della realtà scolastica ordinaria, un’occasione per aggiornare i sistemi scolastici alle esigenze della contemporaneità, rimuovendo le barriere culturali e nel superamento degli ostacoli linguistici e relazionali di “tutti” gli studenti. La pedagogia interculturale si è rinnovata, ed è stata chiamata pedagogia dell’inclusione e pedagogia interculturale di seconda generazione (Favaro), pedagogia interculturale/transculturale. Il pensiero pedagogico italiano, secondo Pastori12, ha maturato tre acquisizioni: 1. Uscire dal “mito dell’emergenza”, assumendo la diversità culturale come il paradigma della scuola, che richiede una progettualità interculturale “continua e strutturale” e non più “temporanea e speciale”.
10 Ivi, p.57. 11 Favaro Graziella, 2010, Per una scuola dell’inclusione, pp.2-3, disponibile online presso: www.cremi.it/pdf/per%20una%20scuola%20dell'inclusione.pdf 12 Pastori Giulia, 2010, Nello sguardo dell’altro. Pedagogia interculturale e identità, Guerini, Milano, pp.191-192.
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2. La presenza di studenti e studentesse di origine straniera rappresentano “un’occasione preziosa per ripensare i propri modelli educativi, didattici, relazionali e organizzativi e per metterli in discussione”. 3. L’educazione interculturale è uno degli elementi di un processo più ampio di rinnovamento della teoria e pratica dell’educazione che è “necessario per tutti, per le nuove generazioni nel mondo della complessità e della globalizzazione, nel quale, per esempio, una solida formazione plurilingue interessa il futuro di tutti i giovani, dove la curiosità e l’apertura verso forme culturali differenti non sono gesti di accoglienza ma importanti competenze per affrontare il mondo del lavoro” Lo sviluppo del pensiero pedagogico interculturale ha avuto un’evoluzione rispetto alle prime forme di accoglienza, in cui i problemi delle culture minoritarie a scuola erano considerati periferici rispetto al “mainstream” scolastico. Ma molte ricerche hanno riscontrato un ritardo nella scuola italiana nel mettere in pratica questi paradigmi didattici. Infatti si evidenziano evidenti distanze fra la riflessione teorica, i progetti dichiarati e la reale pratica messa in atto nelle scuole, alla varietà locale delle esperienze, non solo nelle regioni, ma tra città e tra scuole, non ancora però rilevando nessuna forma di controllo sull’implementazione di un approccio interculturale e d’integrazione nella scuola. La tendenza molto diffusa è quella oggi di mettere in atto solo misure compensatorie con l’obiettivo unico di trasmettere la lingua italiana per dare la possibilità di integrarsi in un percorso scolastico normale, senza aprirsi ad orizzonti innovativi ed a nuove sensibilità del tempo storico. La prospettiva dell’interculturalità13 può essere vista come un cambiamento di paradigma pedagogico che coinvolge non solo i contenuti, ma anche i metodi e i modi del sapere educativo, una pedagogia della formazione culturale che permetta ad ognuno di essere soggetto storico, individuato e differenziato, all’interno della cultura sociale. La pedagogia interculturale, in tal senso, va pensata anche come modo innovativo dell’educazione di tutti, specialmente per la formazione dell’identità personale e di quella socio-culturale.
Una classe non è un reggimento che marcia al passo, ma è un’orchestra che impara a suonare la stessa sinfonia «Ogni studente suona il suo strumento, non c'è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l'armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un'orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all'insieme. Siccome il piacere dell'armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica. Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini.»14 (Daniel Pennac)
13 Nanni Antonio, 2001, L’educazione interculturale oggi in Italia, collana Quaderni dell’interculturalità, EMI Editrice Missionaria Italiana, p.45. 14 Pennac Daniel, 2008, Diario di scuola, Feltrinelli, pp. 107-108.
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3. Una scuola inclusiva e di competenze Una buona scuola deve “educare al mondo” e l’asse portante delle scuole deve essere la conoscenza e la comprensione dell’altro15 ed il sistema scolastico oggi più di ieri deve educare persone capaci di vivere la vita di società democratiche, grazie alla proposta di materie/discipline umanistiche e delle arti. Quest’ultime secondo Tagore16 hanno il ruolo principale di sviluppare la comprensione degli altri e, evidenzia come questa funzione pedagogica fosse «sistematicamente» ignorata e «duramente repressa» dai modelli pedagogici tradizionali. Le arti, secondo lui, alimentano la formazione interiore, l’attenzione e la sensibilità per gli altri e le materie umanistiche garantiscono la formazione di una cittadinanza democratica. Dewey sostiene che “Democrazia ed educazione si influenzano reciprocamente in quanto la prima consente agli individui di svilupparsi attuando tutte le proprie potenzialità in un ambiente che consente scambi e approfondimenti tra componenti ma, a sua volta, l’educazione è condizione essenziale per lo sviluppo della democrazia perché favorisce la collaborazione e alimenta il metodo dell’intelligenza”17. Il nuovo modo di fare scuola, che ha portato al cambiamento nella progettazione dei curricoli didattici, è quello di adottare l’ottica di una pedagogia narrativa18, che significa educare all’ascolto e al progressivo distanziarsi dai propri parametri di riferimento per tentare di cogliere il significato che l’altro assegna all’esperienza. In una classe multietnica in cui si vuole adottare una pedagogia interculturale19, vuol significare che gli educatori/insegnanti sono proiettati a voler mettere in atto una pedagogia dialogica che permetta l’apertura delle identità, una pedagogia di apertura verso «l’altro», protesa ad affrontare problemi che possono emergere dal punto di vista didattico come lo shock culturale, la perdita dell’identità, il valore della diversità, l’essere stranieri agli altri e a se stessi. Tutti questi sono argomenti che molti insegnanti delle scuole di base sentono l’urgenza di affrontare e di risolvere a causa delle numerose presenze di ragazzi stranieri nelle loro classi. Nussbaum20 sostiene che bisogna offrire agli studenti un pacchetto di materie umanistiche che stimolino in loro le capacità di pensare e ragionare autonomamente, invece di conformarsi alla tradizione e all’autorità e la capacità di agire con metodo socratico, che possa essere utile alla democrazia, fortemente antiautoritario. L’educazione in genere, ma anche per quella interculturale, deve basarsi su una pedagogia socratica, afferma Nussbaum, che considera lo studente come un individuo che deve esprimersi dando il suo contributo attivo, creativo, rispettoso dell’altrui opinione, soggetto autonomo capace di giudizio indipendente e di risolvere da solo i problemi pratici, senza affidarsi all’autorità. I bisogni formativi fondamentali per una scuola interculturale sono: 15 Nussbaum Martha C., 2013, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, il Mulino, p.11. 16 Ivi, pp. 118-119. 17 Cit.,Dewey J., 1954, Democrazia ed educazione, Firenze, La Nuova Italia, cap. VII, pp. 128-134. 18 Calzi Alessandra, 2003, L’interculturalità nella scuola elementare, EMI Editrice Missionaria Italiana, p.77. 19 Giusti Mariangela, 2001, L’educazione interculturale nella scuola di base. Teorie, esperienze, narrazioni, La Nuova Italia, p.11. 20 Nussbaum Martha C., 2013, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, il Mulino, pp.65-66.
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traduzione concreta dei principi costituzionali sulla eguaglianza e sul diritto allo studio nell’esperienza scolastica; decostruzione dei pregiudizi e prevenzione del razzismo e la discriminazione; promozione di una educazione alla cittadinanza partecipativa e non violenta nel rispetto dei diritti di tutti; coltivazione delle abilità relazionali e dialogiche che valorizzano l’incontro con la diversità: conoscere il diverso per conoscere il sé attraverso processi di identificazione e differenziazione; applicazione ed attuazione di strumenti didattici e valutativi che consentano di identificare e valorizzare le diverse competenze pregresse e l’introduzione creativa e giocosa dei saperi strumentali allo studio; formazione di competenze interculturali in tutti gli allievi per un significativo miglioramento delle loro qualificazioni professionali e la loro possibilità d’impiego. Tutti questi aspetti rendono visibile l’aspirazione della pedagogia interculturale. La scuola per diventare luogo d’integrazione di successo deve raggiungere un risultato principale: il consolidamento di un senso di appartenenza di tutti i bambini nei confronti della comunità scolastica, nel rispetto della diversità. La qualità di una scuola inclusiva e di competenze, nel raggiungimento di questa aspirazione della pedagogia interculturale, è orientata, secondo Cambi21, alla formazione di un determinato approccio cognitivo ed etico che induce i processi di una nuova comunicazione sociale. L’autore descrive una nuova, auspicata forma mentis interculturale, post-etnocentrica, dialogica, aperta all’ascolto e all’incontro, che nasce dalla pratica per attivarsi e capace di trasformare la stessa comunicazione sociale mediante processi rivolti a produrre conoscenza, convivenza e accordo tra soggetti di culture diverse. Tagore22 prevede che la formazione a scuola consiste nell’abituare la mente a diventare attiva, competente e responsabilmente critica verso la complessità e la diversità del mondo. L’insegnante ha la necessità di acquisire competenze specifiche di tipo interculturale, che dovrebbero innestarsi, per quanto riguarda la loro formazione primaria, una serie di competenze che permettano agli insegnanti di far affrontare agli allievi le difficoltà del bilinguismo: 1) Essere avviati alla conoscenza della cultura del bambino immigrato; 2) Imparare a stendere un profilo cognitivo e biografico del bambino immigrato per una progettazione educativa individualizzata; 3) Acquisire nuove competenze di glottodidattica necessarie per far affrontare agli allievi al meglio competenze di bilinguismo23. Agli insegnanti si richiede non solo un sapere teorico alimentato da tutte le discipline che si occupano delle condizioni socio-culturali dei soggetti, ma anche delle competenze relazionali e didattiche, condivise con tutta la comunità scolastica, per non restare solo pura retorica. Questo vuol significare di sviluppare nuovi filoni della ricerca pedagogica interculturale, di cui gli insegnanti dovranno essere attori corresponsabili più che utenti e fruitori, e che si dovrà rinnovare lo stesso modo di fare didattica e ricerca universitaria, se 21 Cambi F., 2006, Incontro e dialogo. Prospettive della pedagogia interculturale, Carocci, Roma, pp. 108109. 22 Nussbaum Martha C., 2013, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, il Mulino, p.36. 23 Fiorucci Massimiliano, 2011, Gli altri siamo noi. La formazione interculturale degli operatori dell’educazione, Armando Editore, pp.58-59.
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è vero che la formazione di tutti gli insegnanti dovrà passare attraverso questo filtro istituzionale che dovrà garantire la validità e l’efficacia24. Un insegnante interculturalmente preparato e competente deve saper svolgere le seguenti funzioni: • stimolare la curiosità; •
insegnare a documentarsi;
•
rendere critici nei confronti dei mass media;
•
far conoscere gli stereotipi e superare i pregiudizi;
•
porre attenzione al clima scolastico ed alla gestione dei rapporti interpersonali;
•
far sperimentare modalità di gestione non violenta dei conflitti;
•
sostenere gli allievi nella scoperta della propria e dell’altrui identità;
•
utilizzare positivamente e valorizzare le differenze;
•
suscitare la consapevolezza dell’arricchimento reciproco degli scambi.25
Qui di seguito una sintesi di Competenze Interculturali sul piano cognitivo, piano affettivo e piano relazionale:
24 Ivi, p.61. 25Ivi, p.63.
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4. Aspetti didattici e metodologici per pratiche interculturali nella Scuola
La formazione dei ragazzi emigranti è fattore principale per l’accoglienza e la loro stabilizzazione, che inizia con un percorso di reidentificazione linguistica, socio-culturale, professionale. Chiaramente la formazione non basta a risolvere tutti i problemi di inserimento dei migranti, perché questi percorsi devono essere anche inseriti nelle più complessive politiche di integrazione che un Paese deve mettere in atto. La scuola e l’educazione in genere consentono la socializzazione dei membri della comunità e la trasmissione dell’eredità culturale accumulata dall’uomo, che deve essere patrimonio di tutti gli uomini del globo terrestre26. L’educazione interculturale si caratterizza e si struttura nella pratica di un FARE SCUOLA in modo INTERCULTURALE con l’applicazione dei seguenti elementi fondamentali: • selezione di tematiche interculturali nell’insegnamento disciplinare e interdisciplinare con una successiva revisione dei curricoli; • svolgimento di interventi integrativi alle attività curricolari con il contributo di istituzioni e organizzazioni che propongono attività interculturali; • maggiore attenzione alla creazione di un clima di apertura e di dialogo ed attenta riflessione sullo stile di insegnamento; • adozione di strategie mirate agli alunni stranieri e non solo. Le proposte didattiche e metodologiche, per un’educazione interculturale, che devono mirare a sviluppare alcune competenze di tipo cognitivo ed affettivo sono: - la didattica dell’accoglienza che riguarda una fase iniziale in cui l’alunno straniero deve essere inserito nel contesto scolastico. Le scuole osservano ed evidenziano i bisogni specifici dei ragazzi/bambini stranieri con dispositivi e percorsi flessibili ed operativi per gestire nel miglior modo la loro accoglienza e quella delle loro famiglie. Le istituzioni scolastiche predispongono un “Protocollo d’accoglienza” che consta di un insieme di interventi, strategie: procedure messe in atto al momento dell’iscrizione; strategie per la prima conoscenza: storia personale del ragazzo ; dispositivi di accoglienza: gli strumenti offerti da centri di documentazione interculturale;
26 Graziella Favaro, Il Tempo dell’Integrazione, disponibile on line: http://www.retetrevisointegrazionealunnistranieri.it/download/Favaro%20marzo07-1.pdf
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‐ la didattica del confronto che prevede di individuare analogie e differenze fra i vari riferimenti culturali o le esperienze personali alla ricerca delle possibili convergenze; ‐ la didattica per il decentramento dei punti di vista per mettersi nei panni dell’altro, per presentare una pluralità di concezioni e permettere una comparazione. Questa didattica agisce nell’ambito di un etnocentrismo critico che impegna il soggetto ad una presa di coscienza etico-politica, agendo anche non solo sull’aspetto logico-cognitivo e culturale, ma anche sull’aspetto affettivo e delle rappresentazioni, il cui scopo è quello di esercitare il confronto critico ed il riconoscimento delle identità e delle differenze; ‐ la didattica per la prevenzione degli stereotipi e dei pregiudizi si orienta verso un approccio sulla riflessione dei contenuti disciplinari che indirizzano i docenti a rimettere in discussione alcuni assunti epistemologici e culturali degli apprendimenti finora proposti; ‐ la didattica per il cambiamento delle discipline e dei curricoli scolastici riguarda un approccio complesso che prevede nuovi contenuti con elementi culturali rispetto agli attuali curricoli; ‐ la didattica dell’italiano come lingua seconda è una strategia il cui obiettivo principale è promuovere l’acquisizione di una buona competenza nell’italiano scritto e parlato agli alunni stranieri; ‐ la didattica antirazzista, o l’educazione alla pace e alla solidarietà, una riflessione sulla dimensione psicologica per smontare gli stereotipi e adottare metodologie cooperative che incidano sugli atteggiamenti; - la didattica dell’espressività centrata sulle differenze nell’espressione artistica, nella danza, nella musica, nel folklore per conoscere ed entrare in relazione con differenti modalità di intendere lo spazio, il tempo, i suoni, il movimento. Gli insegnanti sono impegnati nella rivisitazione del curricolo in prospettiva interculturale che superi i rigidi programmi nazionali con riferimento a quadri culturali, che offrano occasioni di apprendimento tese a realizzare reali e significativi cambiamenti negli alunni stranieri e non. Le fasi di tale processo di insegnamento-apprendimento in un’ottica interculturale sono quattro: 1. scelta ed organizzazione degli obiettivi di insegnamento di una disciplina o più discipline; 2. scelta ed organizzazione di contenuti più idonei al raggiungimento degli obiettivi prefissati; 3. scelta ed organizzazione delle esperienze di apprendimento: contenuti, metodi, risorse; 4. valutazione e monitoraggio degli obiettivi raggiunti nel percorso educativodidattico ed eventuali modifiche da apportare. Per educare all’Interculturalità è molto importante applicare i metodi didattici proposti da Antonio Nanni27, che sono complementari tra loro e possono essere utilizzati di volta in volta per un apprendimento personalizzato in un contesto di classe cooperativo: Il Metodo Narrativo è un metodo accogliente e democratico per fare intercultura. Ognuno ha una storia da narrare e qualcuno che ci ascolti per manifestare, svelare e comunicare il racconto sulla sua vita. A scuola si può narrare una fiaba, un viaggio, un gioco, un’avventura, un sogno, un film ecc. Mediante la globalità del linguaggio e del racconto diretto delle proprie esperienze è possibile realizzare uno scambio di valori culturali e confrontare i punti di vista 27 Curci Stefano, Dalla “fase 1” alla “fase 2”: un’altra idea di interculturalità, disponibile online: http://www.reginamargheritapa.it/progetti/educazione_interculturale/INTERCULTURA_Curci.pdf
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sulla realtà. La via narrativa è un metodo che offre un impianto narrativo a tutto il percorso educativo. Si possono proporre le storie di vita degli emigranti, biografie di testimoni, diari di viaggio, film e documentari di autori stranieri, poesie e drammatizzazioni su fiabe/favole di altre culture. Il Metodo Comparativo consiste nel mettere a confronto due o più narrazioni, sguardi o versioni su uno stesso oggetto, che educa alla complessità e al pluralismo, alla relatività e al confronto. Il Metodo Decostruttivo è una strategia indispensabile per educare all’interculturalità, che riguarda la pratica della decostruzione dei pregiudizi, degli stereotipi, dei luoghi comuni, delle immagini deformanti, delle categorie linguistiche etnocentriche. Questa decostruzione consiste nella capacità di mettersi in questione, di rivisitare e rivedere le proprie idee: decentramento delle proprie categorie concettuali. Nella scuola la didattica della decostruzione può essere attuata a quattro livelli: linguistico-concettuale, relazionale-psicologico, strumentale, strutturale. Il Metodo del decentramento (o dei punti di vista) permette di considerare il proprio modo di pensare non l’unico possibile e legittimo ma “uno” fra molti. Il decentramento combatte l’intolleranza e il razzismo, un esercizio democratico che concorre all’accettazione dei propri limiti e dei propri errori ed il riconoscimento di aver bisogno degli altri, di essere disponibili all’ascolto e alla collaborazione. Alcuni esempi concreti di questo metodo: la fiaba di “Cappuccetto Rosso” raccontata dal punto di vista del lupo; la fiaba dei “Tre Porcellini” secondo il punto di vista di ciascuno di essi e degli altri personaggi; la scoperta dell’America vista dalla parte degli indios; il Colonialismo in Africa raccontato dagli africani, ecc. Il Riconoscimento del Debito Culturale è un particolare metodo che porta l’alunno a riconoscere il debito culturale che la sua cultura di appartenenza ha nei confronti di altre culture. Tante realtà culturali (parole, utensili, prodotti alimentari, piante, animali, simboli, riti, ecc.) oggi sono parte essenziale della mia cultura, che prima mi appartenevano, ma con gli scambi culturali, le mescolanze, le contaminazioni, le ibridazioni, i prestiti, ecc. sono elementi incorporati della altrui cultura. È molto importante far scoprire ai bambini che, ad esempio, molti termini, che usiamo nella lingua italiana sono di origine araba; che i numeri della matematica sono arabi e che lo zero ci è stato trasmesso dagli arabi che lo hanno mutuato dagli indiani asiatici; che tanti prodotti alimentari provengono dalle Americhe ecc. Il Metodo dell’azione (o pedagogia dei gesti). L’educazione interculturale oltre alle conoscenze e agli atteggiamenti deve saper valorizzare anche i gesti, le azioni, i comportamenti, ossia la via pragmatica dell’educazione alla cittadinanza attiva. Per formare nei giovani “menti più accoglienti” e atteggiamenti interculturali è importante anche promuovere iniziative e azioni, perché il gesto ha un grande valore educativo. Qui di seguito ecco un elenco di esempi: invitare a scuola uno o più immigrati per un confronto diretto; organizzare un gemellaggio o altre forme di scambi culturali (corrispondenza interscolastica) tra scuole diverse; partecipare ad iniziative di antirazzismo; programmare una visita alla Moschea o alla Sinagoga o in un centro Buddista ecc.; allestire una mostra interculturale;
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preparare uno spettacolo con musica etnica; organizzare una festa dei popoli (anche cucinando piatti etnici); progettare azioni e iniziative facendo sempre attenzione a far cogliere agli alunni il valore educativo del gesto. Questi metodi mirano all’interculturalità come finalità positiva dell’educazione, come arricchimento cognitivo ed antropologico, come ampliamento dell’orizzonte culturale da collegare all’interno del processo di apprendimento che apra la persona ad un’identità migrante, nomade, meticcia. La messa in pratica del fare interculturalità richiede operazioni di rilettura, innesti di nuovi saperi, comparazioni e mescolamenti con altre realtà culturali. Il gioco è uno strumento molto importante per l’educazione interculturale, perché si valorizza il coinvolgimento diretto, il mettersi in gioco mediante simulazioni, giochi di ruolo, danze, spettacoli teatrali, drammatizzazioni, ecc. Giocare è uno dei sistemi più efficaci per lavorare al riconoscimento e alla denuncia degli stereotipi e dei pregiudizi, che non possono essere rimossi a “colpi” con le informazioni e le conoscenze28. La presenza dell’altro, che può essere molto minacciosa, nel gioco diventa una piacevole fonte di curiosità e questa curiosità contribuisce allo sviluppo di atteggiamenti sani in amicizia, in amore e, più tardi, nella vita sociale e politica di una comunità29.
5. Conclusioni
Io sono nella sola misura in cui sono responsabile dell’altro (E. Lèvinas)
A conclusione di questo mio contributo scritto ed ampiamente approfondito, ma molto stimolante per me, la mia riflessione si concentra su alcuni aspetti/obiettivi ben precisi e fondamentali per attuare una SCUOLA INCLUSIVA, INTERCULTURALE E COMPETENTE, orientata alla valorizzazione delle diversità e che puntano alla promozione di percorsi interattivi con specifiche metodologie educativo-didattiche di integrazione/inclusione appropriate allo scenario scolastico e alla realtà classe oramai più che plurale, che offra ai bambini una ricerca e una scoperta delle culture altre, affinché possano provare il desiderio di giocare con le lingue, manifestando in ogni occasione la voglia di scoprire elementi linguistici nuovi da confrontare. I bambini vanno messi alla prova, devono imparare l’uno dall’altro e, soprattutto, devono arricchirsi delle loro reciproche differenze. Tutto ciò va promosso ed attivato per fare in modo che nel percorso interculturale i bambini siano i veri promotori del progetto interculturale, per conoscere 28 D’Andretta Pasquale, 2002, Il gioco nella didattica interculturale, collana Quaderni dell’interculturalità, EMI Editrice Missionaria Italiana, pp. 24-25. 29 Nussbaum Martha C., 2013, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, il Mulino, p.112.
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che un’altra lingua e provenire da un’altra cultura rappresenta una ricchezza e non un ostacolo, interagendo gli uni con gli altri senza distinguere alcun confine né linguistico né culturale. Le nostre scuole, in questo scenario così complesso e difficile possono fare qualcosa: creare fiducia nelle potenzialità di ciascuno, di libertà piena, di vera democrazia e di educare le nuove generazioni all’etica sociale e di tutta la specie. In questo modo si può realmente costruire l’idea di cittadino, dotato di autonomia, capacità, competenze e valori che a mio avviso sono necessari e determinanti per pensare ad una cittadinanza planetaria. Ne risulta un’educazione di ogni persona che è anche soggetto portatore di un’etica solida, intesa come risposta alle diverse sfide della postmodernità e fondata unicamente su grandi valori. L’orizzonte a cui la scuola dovrà ispirarsi è dunque basato su un’idea aperta di cittadinanza e di appartenenza. La riflessione sui valori rappresenta uno degli obiettivi della pedagogia e dell’educazione in genere, una sfida culturale che richiede impegno, ma fondamentale per creare nella collettività una concezione plurale di appartenenza e di una cittadinanza globale. La promozione di PERCORSI INTERATTIVI-FORMATIVI INTERCULTURALI nella scuola deve rivelarsi un’occasione significativa per arricchire il proprio bagaglio culturale e per confrontarsi con l’altro. Per noi docenti, invece, rappresenta un’occasione di crescita professionale di grande valore; consente di mettersi in gioco con la possibilità che la scuola possa incidere positivamente sulla vita di tutti gli alunni, sulle loro relazioni e sui loro modi di vedere ed accettare l’altro mediante un approccio interculturale: UNA SCELTA POSSIBILE DI VITA E DI FORMAZIONE GLOBALE DEI FUTURI CITTADINI DEL MONDO. La scuola, inevitabilmente, è divenuta “plurale” ma, per rimanere tale, deve permettere ai bambini di entrare in contatto e convivere con la varietà culturale, introducendo nel curricolo l'educazione interculturale non come una materia in più, ma come una prospettiva da adottare, la promozione del dialogo e del confronto tra le culture, per tutti gli alunni e a tutti i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, discipline, relazioni, vita di classe. Scegliere l’ottica interculturale significa, quindi, non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni immigrati, né a misure compensatorie di carattere speciale. Si tratta, piuttosto, di assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema scolastico alle differenze. Alla luce di quanto detto, la richiesta formativa che attualmente viene in più modi rivolta alla scuola italiana, nonché ad ogni insegnante, si caratterizza non solo come un bisogno di integrazione culturale ma, soprattutto, come creazione di una cultura dell’integrazione/inclusione.
6. Bibliografia Balboni Paolo E., 2007, La comunicazione Interculturale, Marsilio Editori, Venezia
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Burza V., Cosenza 2002, La formazione tra marginalità ed integrazione. Processi, percorsi, prospettive, Periferia Calzi Alessandra, 2003, L’interculturalità nella scuola elementare, collana Quaderni dell’interculturalità, EMI Editrice Missionaria Italiana Cambi F., 2006, Incontro e dialogo. Prospettive della pedagogia interculturale, Carocci, Roma Dewey J., 1954, Democrazia ed educazione, La Nuova Italia, Firenze Favaro Graziella, 2011, A scuola nessuno è straniero. Insegnare e apprendere nella scuola multiculturale, Giunti, Firenze Fiorucci Massimiliano, 2011, Gli altri siamo noi. La formazione interculturale degli operatori dell’educazione, Armando Editore Giusti Mariangela, 2001, L’educazione interculturale nella scuola di base. Teorie, esperienze, narrazioni, La Nuova Italia Nanni Antonio, 2001, L’educazione interculturale oggi in Italia, collana Quaderni dell’interculturalità, EMI Editrice Missionaria Italiana Nussbaum Martha C. , 2006, Coltivare l'umanità, I classici, il multiculturalismo, l'educazione contemporanea, Carocci Editore Nussbaum Martha C., 2013, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, il Mulino Pastori Giulia, 2010, Nello sguardo dell’altro. Pedagogia interculturale e identità, Guerini, Milano Sitografia La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale http://www.flcgil.it/files/pdf/20071001/la-via-italiana-per-la-scuola-interculturale-e-lintegrazione-degli-alunni-stranieri-osservatorio-nazionale-intercultura-e-integrazione4821491.pdf Normativa su alunni stranieri http://www.smontailbullo.it/webi/index.php?s=48 Favaro Graziella, 2010, Per una scuola dell’inclusione, disponibile online presso: www.cremi.it/pdf/per%20una%20scuola%20dell'inclusione.pdf Favaro Graziella, Il Tempo dell’Integrazione, disponibile on line: http://www.retetrevisointegrazionealunnistranieri.it/download/Favaro%20marzo07-1.pdf Curci Stefano, Dalla “fase 1” alla “fase 2”: un’altra idea di interculturalità, disponibile online: http://www.reginamargheritapa.it/progetti/educazione_interculturale/INTERCULTURA_C urci.pdf Riflessi dell’attivismo pedagogico di John Dewey nella Philosophy for children (Matthew Lipman): una possibile educazione alla cittadinanza http://educazionedemocratica.org/?p=2166 Onlus Intercultura. Incontri che cambiano il mondo
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http://www.intercultura.it/Homepage/
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PER ATTIVARE LABORATORI INTERATTIVI SUL TEMA DELL’ INTERCULTURA:
D’Andretta Pasquale, 2002, Il gioco nella didattica interculturale, collana Quaderni dell’interculturalità, EMI Editrice Missionaria Italiana Lodi Mario, 2005, Favole di pace, Edizioni La Meridiana Mirabelli Elena Giorgiana, a cura di, 2015, Il mio nome è Mel Bauzon, Luigi Pellegrini Editore, Progetto finanziato dal MIUR dell’Istituo Comprensivo G. Troccoli Scuola Secondaria di I Grado Cassano allo Ionio-Lauropoli (CS) Presutti Serenella, 2004, Benvenuto in classe. Accoglienza e riforma per una scuola dell’integrazione, SCUOLAFACENDO, Carocci Faber INTERCULTURA E MATERIALI PER ALUNNI DI RECENTE IMMIGRAZIONE http://www.maestrantonella.it/intercultura.html Link utili per fare intercultura a scuola http://www.edugo.it/?p=1687
http://www.edugo.it/ Altri popoli, altre culture... in nove film http://www.anpi.it/eventi/1713/altri-popoli-altre-culture-in-nove-film#content
Nativi digitali e Scuola 2.0
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