Gestione delle risorse umane e leadership
COMMUNITY CARE possibile di
modello
integrazione sociale per uno Sviluppo Sostenibile di ComunitĂ
Studente Prof.ssa
Ippolita Gallo
Wilma Siciliano
matr. 174803
“L’altro è il nostro maestro e che si trova più vicino a Dio di noi, e che la nostra relazione con l’altro dovrebbe essere un movimento in direzione del Bene”. Levinas
INDICE
1.
Introduzione
pag. 1
2.
Riferimenti teorici
pag 2
3.
Per una definizione di “community care�
pag. 3
4.
Gli obiettivi della community care
pag. 5
5.
Funzioni e presupposti della community care
pag. 6
6.
Conclusioni
pag. 10
Biblio-sitografia
pag.13
1.
Introduzione
La crisi del welfare state così come la conosciamo è dovuta sia a una crescente burocratizzazione, rigidità, e aumento dei costi, sia anche per una sopraggiunta inadeguatezza sociale del sistema stesso. Le trasformazioni economiche, sociali e culturali avvenute negli ultimi decenni in seno ai diversi sistemi, anche quelli primari come la famiglia, hanno creato nuove soggettività e quindi nuove problematiche. Lo stesso concetto di benessere come welfare non è più adatto a descrivere le aspettative, le richieste e i bisogni degli individui. Si fa largo una nuova valutazione, non più solo materiale, ma anche immateriale, una sorta di benCOMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 5
essere, di buon vivere (wellbeing). Il sistema basato su una logica deterministica e unilineare non può reggere di fronte all'esplosione delle casistiche. Ciò che realmente sta avvenendo nella nostra attuale era è una crisi “comunicazionale” tra gli attuali sistemi di Welfare: i macro-sistemi (le Organizzazioni) e le micro-individualità (i Cittadini), ma si assiste anche ad una certa
tendenza
all’autoreferenzialità
(processo
di
istituzionalizzazione),
traducendosi in una evidente difficoltà di risposta ai bisogni di tipo sociale e sanitario. La sfida presente è il potenziamento di tutte le “trame” dei servizi
sociali,
sanitarie, psicologiche atte a sviluppare un’assistenza integrata, incentrata sui cittadini e sulla comunità, finalizzata a pratiche di muto-aiuto e con obiettivi di cambiamento partecipato da parte dei cittadini (Empowerment). Si prospettano sempre più nuove soluzioni di cura, che si distaccano dalla logica “segregante” delle istituzioni e dall’altra si tende a rivalutare quel lavoro sommerso che da sempre ha caratterizzato la cura dell’anziano, del cronico, del disabile, del malato mentale nell’ambito della famiglia e della comunità di appartenenza. Si è cercato di de-istituzionalizzare la persona e reintegrarla nel suo contesto di vita. A tal proposito emerge il concetto di Community care quale approccio fondato sul lavoro
di
cura
da
parte
di
soggetti
sia
del
“settore
informale”
(servizi,organizzazioni di advocacy, gruppi di self-help, associazioni e gruppi del Terzo Settore), sia del “settore formale” (settore pubblico e privato fondati sulla logica del profitto): tutto ciò comporta un ripensamento di ruoli, funzioni e responsabilità delle varie professionalità sociali e sanitarie coinvolte, quali attivatori dei diversi tipi di reti sociali.1 1 Bonomi Aldo, Il difficile sincretismo tra comunità di cura e comunità operosa, ASMEPA Edizioni, Collana INCONTRI PROFIT NON PROFIT, 2012, pag.22
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 6
In questa prospettiva di “ sviluppo di comunità sostenibile” le teorie e le politiche della Community Care divengono parte integrante e determinante di tutti i settori della società per garantire a ciascun cittadino di condurre una vita il più normale possibile “nella comunità”.
2.
Riferimenti teorici
La community care è definita, quindi, in prima istanza in termini negativi, vale a dire come semplice contrasto rispetto alla cura pre-moderna, costituita appunto dalle istituzioni segreganti, il cui prototipo sono state le ben note e famigerate workhouse britanniche. Sotto la stessa etichetta e sotto lo stesso significato onnicomprensivo di “tutte le forme di cura non macroresidenziali”, cioè riconducibili ai mondi della vita entro la propria comunità locale, si nascondono tuttavia concezioni affatto diverse. Le forme di assistenza possibili nella comunità sono di diverso ordine logico, anche se tutte vengono indicate a vario titolo come community care. Possiamo distinguere astrattamente tre di queste concezioni, non necessariamente disgiunte in pratica. La prima e statutaria (formale) e del tutto tradizionale: è quella che prevede la fornitura di prestazioni professionali, per lo più standardizzate, alle persone che vivono nel proprio domicilio. Tali prestazioni possono essere assicurate direttamente dalla pubblica amministrazione
o mediante fornitori privati in
convenzione. La seconda concezione è invece comunitaria in senso pieno. In base a come la si vuole intendere, essa si presenta come un progresso o una regressione rispetto alla
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 7
precedente: consiste nell’aspettarsi che gli aiuti, o una parte consistente di essi, emergano in forma “spontanea” dalla comunità stessa, in primo luogo dalle famiglie. La terza concezione ci riporta invece a un’idea sofisticata, ben argomentata da Bulmer e cioè che le cure debbono essere intrecciate (interweaved) o miste rispetto alle dicotomie: formale o informale, statutario o comunitario, organizzato o spontaneo)2. I primi due significati sono stati identificati nel 1973 da Bayley, il quale ha riformulato l’espressione community care in due modi: il primo come care in the community, cioè come aiuti forniti da organizzazioni ad hoc entro l’ambiente di vita della persona che ne usufruisce; il secondo come care by the community, ovvero come aiuti emergenti dalla comunità stessa.
3.
Per una definizione di “community care”
Si dice community care un orientamento idealtipico delle politiche sociali moderne, e come tale assunto ormai come concetto guida dato per scontato in tutti gli Stati di welfare occidentali, di qualsiasi coloritura politica sia il governo in carica. Tale principio suggerisce di procedere all’organizzazione delle misure assistenziali (care) a favore delle categorie sociali più deboli (particolarmente gli anziani non autosufficienti, i disabili fisici, le persone con difficoltà di apprendimento e con disagio mentale) attribuendo priorità alla fondamentale esigenza di queste persone di vivere entro i confini e la cultura della comunità locale di appartenenza (local community).
2 M. Bulmer, Le basi della community care, Erikson, Trento, 1992, pag.37
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 8
Il concetto di Community care si riferisce, in particolare modo, ad un tipo di approccio fondato sul lavoro di cura di soggetti sia del “settore informale”: servizi, organizzazioni di advocacy, gruppi di self-help, associazioni e gruppi del Terzo Settore, sia del “settore formale” che riguarda il settore pubblico, le cui basi si fondano sulla logica del profitto3. La community care è stata ampiamente discussa ed analizzata, ma il suo utilizzo in vari contesti non sempre ha chiarito la sua vera etimologia ed applicazione. Il significato di community care si può tradurre come cura di comunità o presa in carico della comunità da parte della comunità4 È la logica del servizio per tutti i bisogni che si vuole mettere in discussione. Non è percorribile principalmente perché quanto più aumenta la valenza “assistenziale” degli interventi, tanto più aumenta la dipendenza del cittadino, l’espropriazione delle sue competenze, la delega ad altri (servivi e mercato) della capacità di soddisfare i suoi bisogni. Al contrario lo sviluppo della comunità come ipotesi di guida, è proprio su questi aspetti che trova le sue giustificazioni più profonde. Se da una parte promuove lo sviluppo della democrazia come capacità del cittadino di influenzare i centri decisionali e del potere, dall’altra interviene all’interno della comunità su aspetti legati alla sua “cultura”. Sviluppando il senso di responsabilità sociale e quindi la capacità da parte della comunità stessa di farsi carico dei propri membri (caring community) si promuovono valori (la solidarietà e l’autodeterminazione), si promuovono legami e norme sociali, si promuove benessere e quindi la prevenzione. La community care è, comunque, una strategia impiegata da politici, da funzionari pubblici, da vari gruppi professionali ( i medici di comunità, gli infermieri psichiatrici di comunità, gli assistenti sociali di comunità), da organizzazioni 3 Cfr. Rossi G., Le nuove frontiere del terzo settore http://impresa-stato.mi.camcom.it/im_37-38/rossi.htm 4 Cfr. Donati P., Le basi della Community Care , Centro Studi Erickson, Trento, 2000
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 9
volontarie e da attivisti politici locali. Tale strategia è considerata una buona cosa da salvaguardare e sviluppare con appropriate politiche.
4.
Gli obiettivi della community care
Dai nuovi scenari di politica sociale conseguono servizi istituzionali e prassi operative più rinnovate e di qualità rispetto alle tradizionali burocrazie assistenziali. Quest’ultime sembrano destinate a profonde riorganizzazioni dovute anche all’aumento oggettivo di bisogni ed esigenze di cura personale che si evidenziano nei contesti delle società postindustriali: condizioni di handicap, disabilità, non autosufficienza, patologia mentale, emarginazione, nuovi rischi sociali e le “nuove povertà” psicorelazionali. Nuove solidarietà sociali più mature ed organizzate, finalmente, in grado di entrare in sinergie feconde con le aspirazioni e le risorse della gente, che vengono considerati partner effettivi delle reti comunitarie e non depositari di monopoli5. La priorità fondamentale di una community care è quella di organizzare cure assistenziali a favore delle categorie sociali più deboli ponendo come esigenza fondamentale la possibilità per queste persone di continuare a condurre la propria vita entro i confini della comunità di appartenenza dove sono sempre vissute, anziché rivolgersi a strutture residenziali. Il presupposto valoriale di questa politica è che, per le persone assistite, sia preferibile ricevere l’assistenza continuando a condurre la loro vita nella località in cui sono sempre vissute, piuttosto di essere internate in macroistituzioni di carattere residenziale, espressamente allestite per produrre in maniera razionale e standardizzata le necessarie cure assistenziali o terapeutiche. Secondo i dettami
5 Cfr. Maguire L., Il lavoro sociale di rete, Edizioni Erickson, Trento, 1987
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 10
della community care , lo Stato democratico dovrebbe appunto costruire le sue politiche socio assistenziali nel rispetto di tale preferenza societaria. Inoltre il percorso sostanziale dell’approccio della community care indica la possibilità , per i servizi e gli operatori istituzionali del benessere, di rivivificare la loro operatività ponendosi come stimolo a dinamismi comunitari di cura e sviluppo, contribuendo all’organizzazione di servizi flessibili in quanto articolati a rete, integrati nei loro aspetti formali ed informali, con la grande capacità di attribuire garanzie
universalistiche
e di attenzioni individuali alla persona
(care)6. L’approccio della community care con i suoi obiettivi fondamentali rivalorizza, in modo particolare, il ruolo dei soggetti-attori e delle loro reti, considerandoli non tanto come destinatari/oggetti di politiche e prestazioni, bensì come soggetti basilari dei servizi alla persona attorno ai quali si dovranno riorganizzarsi, integrandosi, gli aiuti formali ed i supporti comunitari (il volontariato territoriale, in primo luogo).
5.
Funzioni e presupposti della community care
Il concetto di community care va analizzato suddividendo i due termini: community e care al fine di comprendere al meglio le sue funzioni e strumenti sostanziali di applicazione, come prassi socio-politica. Il termine “community”fa riferimento, in modo determinante, al concetto di “comunità” nella sua concezione più ampia e più profonda di rapporti interpersonali e non tra i soggetti coinvolti. 6 Cfr. Folgheraiter F., Donati P. ( a cura di), Community Care: Teoria e pratica del lavoro sociale di rete., Edizioni Centro Studi Erickson, Trento 1991.
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 11
Il concetto di comunità è stato trasportato dalla ricerca sociale, all'opinione pubblica, alle politiche pubbliche sia inteso come discorso, che come intervento; ma si è diffuso anche al senso comune. Concetti come comunità, lavoro di comunità e del welfare community hanno preso più piede e sostanza grazie alle riflessioni della psicologia di comunità e della psicologia sociale. In linea generale la comunità7 è un insieme di persone che hanno legami sociali e valori condivisi e agiscono per il complesso collettivo che esse stesse costituiscono, si inserisce a un livello intermedio tra il micro delle relazioni interpersonali e il macro della società più ampia; può anche non riferirsi ad un luogo fisico specifico (la città, il quartiere, il paese, ecc...), tanto che si parla anche di comunità virtuali, ma "ciò che conta è la qualità, ossia il legame dinamico che proietta le persone in una dimensione di apertura reciproca”. Tuttavia la comunità oltre ad essere un luogo dove la gente vive e/o lavora in un sistema di relazioni, può essere anche intesa come "un paradigma che rappresenta un sistema sociale in cui vengono, o possono venire garantite, fraternità, libertà e soprattutto uguali opportunità di accesso alle risorse fra cui il potere. L'importanza delle relazioni, o meglio della rete di relazioni che ogni individuo può coltivare nel corso della sua vita, è sintetizzata nella definizione di "capitale sociale"8. Nell'ambito dello studio di caso sulle tradizioni politiche italiane, Putnam lo definisce come "l'insieme di quegli elementi
dell'organizzazione
sociale, come la fiducia, le norme condivise, le reti sociali, che possono migliorare l'efficienza della società nel suo insieme, nella misura in cui facilitano l'azione
7 M. Bulmer, Le basi della community care, Erikson, Trento, 1992, pag.50 8 Cfr. Putnam R.D. (2000), Capitale sociale e individualismo. Crisi e crescita della cultura civica in America, ed. Il Mulino Saggi
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 12
coordinata degli individui". Che i legami sociali contano e vanno valorizzati, è una conoscenza consolidata anche nel senso comune. Lo sviluppo della comunità è un' investimento a lungo termine, che deve essere costantemente coltivato e potenziato anche attraverso delle politiche ad hoc. Investire nella comunità non significa che il servizio pubblico dovrebbe sparire, perché ad esso si sostituirebbe la comunità, ma vuol dire che lo stesso sistema sociale dovrebbe adottare un approccio di sviluppo di comunità nella progettazione delle politiche, di programmi e degli interventi. Mettere al centro delle politiche la comunità significa vedere nelle relazioni sociali delle risorse su cui puntare, ne consegue che ogni politica dovrebbe riservarsi sempre, fortificare le reti già presenti e costruirne di nuove, adottando strategie partecipative. Non ci può essere, infatti, sviluppo di comunità senza partecipazione della stessa, che non è il semplice coinvolgimento, ma è la possibilità di contare sulle scelte pubbliche, collettive. Lo sviluppo di comunità si fonda sulla logica dell’empowerment, che è la capacitazione dei soggetti coinvolti, cioè la crescita delle capacità e delle competenze per poter esercitare un proprio controllo sulla propria vita e sulle proprie ed altrui scelte. In questo modo i cittadini stabiliscono la direzione delle agenzie di servizio, definendone gli obiettivi, le priorità e gli interventi. Il servizio diventa una delle risorse funzionali alla partecipazione dei soggetti, dal momento che sostiene e supporta il coinvolgimento, il senso di responsabilità, la promozione delle competenze e il potere. Il processo che innesca lo sviluppo di comunità, e la stessa community care, si basa su tre pilastri fondamentali di organizzazione e animazione di comunità: il coinvolgimento, la partecipazione e la connessione. I concetti-target (obiettivi e funzioni) che gravitano intorno all'approccio dello sviluppo di comunità sono, appunto, la comunità come soggetto sociale e soggetto politico, la partecipazione e il welfare come promozione di benessere relazionale COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 13
della comunità. Nel generale termine di community care che si può tradurre nell’altrettanto generalistico termine di sviluppo di comunità, vi sono le metodologie dell’animazione socio-culturale, dell’organizzazione ed attivazione di comunità. Infatti il welfare community si proietta come la nuova frontiera del sistema sociale dopo il welfare plurale, e il welfare mix.
Per ciò che riguarda il “care”9 il significato si rivolge, in particolar modo, alla conoscenza e comprensione del bisogno sociale. L’aiuto o la cura che viene offerta ad un soggetto più debole non comprende solo aspetti materiali, ma anche quelli psicologici10. Il sostegno o supporto è anche comunicare a queste persone più deboli, disagiate il senso che gli altri si interessano del suo benessere, mediante l’interazione sociale e lo stato emotivo. La care si connota in tre modi di offrire il proprio sostegno: 1) assistenza personale o accudimento fisico, che è un tipo più intimo; 2) sostegno materiale e psicologico, che non comprende il contatto fisico; 3) e un generico interesse circa il benessere degli altri, che più o meno conduce agli altri due tipi di aiuto11. Oltre a questa triplice distinzione, si può effettuare una ulteriore distinzione tra il prendersi cura come mestiere e il prendersi cura come azione comunitaria, cioè come azione con una base affettiva o di tradizione, che conduce ai valori e alle motivazioni di chi assiste12. Se il termine care è usata in associazione al termine comunità, si connota come qualcosa di buono e positivo, qualunque sia il contesto in cui viene utilizzata, per la promozione a pieno dello sviluppo sociale e 9 M. Bulmer, Le basi della community care, Erikson, Trento, 1992, pag.42 10 Cfr. Maguire L., Il lavoro sociale di rete, Edizioni Erickson, Trento, 1987 11 Folgheraiter F., Donati P. ( a cura di), Community Care: Teoria e pratica del lavoro sociale di rete., Edizioni Centro Studi Erickson, Trento 1991. 12 Cfr. Max Weber, Economia e società [1922 e 1956], Ed. di Comunità, Milano, 1968
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 14
comunitario e degli elementi basilari del senso di comunità, che sono: l’appartenenza, l’influenza, l’integrazione, la soddisfazione dei bisogni e la connessione emotiva condivisa (non obbligo morale). Nel lavoro di cura molti tipi di relazioni sociali giocano un ruolo significativo atte a sviluppare altruismo, beneficenza, tradizione, dovere o obbligazione, reciprocità, tutte quest’ultime risorse che scaturiscono dalle relazioni sociali.
La prospettiva funzionale della community care impone di ripensare il sistema dei servizi a livello di comunità locali, progettandoli ed attivandoli come reti di intervento le cui basi si fondano sull’incontro creativo e collaborativo fra soggetti del “settore informale” (vicinato, gruppi amicali, famiglie, associazioni locali) e del “settore formale” (organizzazioni pubbliche, private e non profit), attraverso relazioni di reciprocità sinergica. Questo intreccio tra reti formali ed informali, tra professionalità e figure non specialistiche, tra pubblico e privato, porta a coinvolgere nelle attività di cura tutte le risorse presenti nell’interno della comunità, che mediante apposite misure di interazione e collaborazione l’informale e il formale si potenziano a vicenda: l’informale può animare e sensibilizzare il formale, mentre il formale può stimolare e supportare l’informale, in una relazione di reciproco accrescimento. In quest’ottica di comune accrescimento il Community Care viene inteso come “assistenza nella comunità”, “cura di comunità”, ma anche “presa in carico della comunità da parte della stessa comunità”, in quanto contempla forme di assistenza e di supporto erogato tanto nella comunità, quanto dalla stessa comunità che vengono attivate per opera sia di professionisti pubblici, privati, volontari, care-giver informali (parenti, amici, vicinato…). La Community Care richiama la necessità di approdare alla
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 15
definizione di un “bene comune relazionale” come condivisione tra chi offre un intervento e chi lo riceve13.
6.
Conclusioni
Per concludere, si può prospettare che è ancora tutto da costruire e che comunque il mondo del non profit dovrebbe mirare a dar vita a un nuovo Welfare di comunità. Il mondo della comunità di cura sarà toccato dalla metamorfosi del Welfare. Si è convinti che nel mondo, in particolare in Italia, ci si sta lentamente avviando verso un suo smantellamento, giungendo alla fine del modello sociale europeo. In sintesi, lo Stato farà sempre meno e sempre più dovrà fare la società. A tal proposito ci si potrebbe chiedere se la sussidiarietà debba venire dall’alto o dal basso. Certamente la seconda alternativa sarebbe la migliore, per cui la comunità di cura con tutte le sue ramificazioni – dagli operatori scolastici ai volontari passando per le cooperative, il mutualismo e le cooperative sociali -, si dovrebbe mobilitare facendosi portatrice del benessere collettivo. Ovviamente in accordo con il mondo del profit e con ciò che rimane con la statualità, ridisegnando insieme una nuova coesione sociale e un nuovo Welfare di comunità. Ma se questa difficile metamorfosi si compie, allora sarà su questo terreno che profit e non profit dovranno incontrarsi nel prossimo futuro. In questo processo di sviluppo sostenibile della comunità di cura gli obiettivi centrali sono le persone con la propria individualità e diversità e le relazioni significative che si generano nell’azione di aiuto e di cura. Inoltre tali relazioni 13 M. Bulmer, Le basi della community care, Erikson, Trento, 1992, pag. 178
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 16
devono essere tenute al centro cercando di coglierne e accoglierne le diversità, solo in questo modo accediamo all’obiettivo ultimo dell’andare incontro all’altro: la costruzione del bene comune. Riflettere per agire è determinante per dare e offrire il benessere alle persone, ma anche comporta il riconoscere e restituire alle persone la loro interezza e integrità. Per cui ciò fa crescere il bisogno di metterci in una posizione di ricerca e azione sia rispetto all’organizzazione che al linguaggio del nostro “fare” e “operare” nella comunità sociale.
L’efficacia della prevenzione
La qualità della vita si può oscurare quando ci si sente isolati. Si oscura ancora di più quando subentrano danni alla salute fisica e mentale. Diventa drammatico quando si dispera di riuscire a trovare giustizia. Avere un punto a cui rivolgersi e ricevere sostegno crea uno spiraglio importante.
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 17
La possibilità di ragionare e riorganizzare le idee è già un primo passo per spazzar via molte oscurità ed avere consapevolezza della realtà e di ciò che è giusto fare ridona la speranza verso la giustizia. (Anonimo)
7.
Biblio-sitografia •
Bonomi Aldo, Il difficile sincretismo tra comunità di cura e comunità operosa, ASMEPA Edizioni, Collana INCONTRI PROFIT NON PROFIT, 2012.
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 18
•
Bravo G., Le trappole del welfare, www.amm.unibs.it/content/dav/unibs/eco/gibravo/Pub/SOCECO/disp09 -Welfare.pdf
•
Bulmer M. (1992), Le basi della community care, Erikson , Trento, 1992
•
Donati P, Le basi della Community Care , Centro Studi Erickson, Trento, 2000
•
Folgheraiter F., Donati P. ( a cura di), Community Care: Teoria e pratica del lavoro sociale di rete., Edizioni Centro Studi Erickson, Trento 1991.
•
Maguire L., Il lavoro sociale di rete, Edizioni Erickson, Trento, 1987
•
Moruzzi M., Reti del nuovo welfare. La sfida dell’e-care, Franco Angeli, Milano, 2005.
•
Rossi G., Le nuove frontiere del terzo settore http://impresastato.mi.camcom.it/im_37-38/rossi.htm
•
Legge 8 novembre 2000, n. 328 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2000 - Supplemento ordinario n. 186 http://www.parlamento.it/parlam/leggi/00328l.htm
COMMUNITY CARE Ippolita Gallo
Pagina 19