Stipendi più alti
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C’è lavoro Meno burocrazia
Quasi quasi me ne vado in
a r e z z i v S Si pagano meno tasse
) o c c i r o n o s n o n e s e h c (an Da paradiso per evasori fiscali a terra promessa per studenti, impiegati, imprenditori, professionisti. Ecco le storie degli italiani che hanno compiuto il grande passo e quello che c’è da sapere per fare come loro.
Panorama 12 giugno 2013 | Anno LI - N. 25 (2457)
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Un tempo era il paradiso degli italiani Oggi si è trasformata nell’eldorado che vogliono lavorare bene, pagando ma soprattutto liberandosi Per questo, dalla Lombardia hanno preso la residenza nella E dal 1997 a oggi 131 aziende si sono
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telli, na Cora 57. e Simo storia a pag. a re d n A ro lo la tti: archite
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evasori fiscali. di professionisti e imprenditori sì meno tasse, dai mille vincoli della burocrazia. al Veneto, in più di 6 mila Confederazione negli ultimi due anni. trasferite nel Canton Ticino. di Damiano Iovino - Fotografie di Alberto Bevilacqua per «Panorama»
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n Svizzera Maurizio M la sua sto olgora, grafico: ria a pag. 59.
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icordate la Svizzera paradiso degli italiani evasori fiscali? Bene, dimenticatela, perché oggi la Confederazione è soltanto il paradiso per chi, professionisti e imprenditori, ma anche artigiani e studenti, ha voglia di lavorare. Sì, la Svizzera è il nuovo eldorado degli italiani, anche se è vero che la vita costa più cara, gli alti stipendi e la bassa pressione fiscale, sommati all’efficienza del sistema paese, sono una calamita sempre più potente. Così, anche a causa della crisi, negli ultimi anni l’emigrazione è tornata a crescere. E dall’inizio del 2012 a oggi sono quasi 6 mila gli italiani che hanno ottenuto la residenza in Svizzera, per la maggior parte in Ticino, nei Grigioni e nel Vallese, i cantoni confinanti dove si parla la nostra lingua. Oggi la comunità italiana, con 294 mila residenti (che salgono a 500 mila con quelli di seconda generazione, che hanno il doppio passaporto), è la più importante fra gli stranieri che vivono in Svizzera e rappresenta più del 22 per cento degli 8 milioni di abitanti. Tanto che la nostra immigrazione, che si somma a quella degli altri paesi europei, inizia a preoccupare il governo di Berna. Le cronache politiche parlano di un possibile contingentamento all’ingresso degli stranieri, mentre il Canton Ticino ipotizza una revisione del patto che prevede la restituzione all’Italia di parte delle tasse pagate dai frontalieri in Svizzera. «Gli italiani ci rubano posti di lavoro» lamenta la Lega dei ticinesi, partito che ha connotati xenofobi «perché i frontalieri accettano salari più bassi dei nostri». L’affermazione lascia perplessi, se si confrontano i dati sulla disoccupazione: in Svizzera è ferma al 5 per cento, contro il 12,8 dell’Italia; e il dato fra i giovani scende addirittura al 3 per cento, nulla rispetto al drammatico 41,9 rilevato dall’Istat alla fine di maggio. Uno dei primi a fare le spese della protesta leghista è stato un giardiniere cagliaritano assunto a Chiasso: le polemiche sono state così forti che il comune ha appena rescisso il contratto. Queste recenti derive protezionistiche sono comunque in contrasto con la politica che la Svizzera da tempo ha adottato
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Confederazione, istruzioni per l’uso Per ottenere la residenza in Svizzera un cittadino italiano deve presentare un contratto di lavoro che abbia la validità di almeno un anno, o sia a tempo indeterminato, e un contratto di locazione. Gli italiani possono comunque lavorare in Svizzera in vario modo. Ecco come. ❶ I residenti. Chiunque riesca a ottenere la residenza nella Confederazione Elvetica perché ha un lavoro, paga le tasse sul reddito come un cittadino svizzero. ❷ I frontalieri. Dal 1° giugno 2007 non ci sono più le zone di frontiera, per cui tutti gli italiani non residenti che lavorano in Svizzera sono considerati frontalieri. ❸ I frontalieri di cintura. Sono considerati tali i cittadini italiani che vivono in una fascia di 20 chilometri dal confine e ogni giorno vanno a lavorare in Svizzera. ❹ I globalisti. Sono gli stranieri che risiedono in Svizzera senza svolgere un’attività. Devono però dimostrare di avere un reddito che consenta spese per almeno 196 mila franchi all’anno (circa 157 mila euro), e versare un’imposta fissa di circa 35 mila franchi (circa 28 mila euro). È in discussione l’innalzamento della capacità di spesa a 400 mila franchi annui e quindi è probabile il raddoppio della tassa fissa. Trattamento fiscale. Le tasse svizzere si dividono in tre voci: federale, cantonale e comunale (che è pari a una percentuale di quella cantonale). L’ammontare totale dell’imposta dipende dal reddito, dalla situazione familiare e dal numero dei figli a carico. In media può variare dal 10 per cento per un neoassunto che guadagna
2.500 franchi al mese (quasi 2 mila euro) al 20 per cento per un professionista che guadagna 10 mila franchi (quasi 8 mila euro). Contributi sociali. Oltre alle tasse, dal salario dei residenti stranieri vengono dedotti i contributi sociali: il 5,15 per cento per l’Avs/Ai (pensione e assicurazione d’invalidità); l’1,1 per cento per la cassa disoccupazione; e dal 3 al 9 per cento per il Pilastro (un fondo di previdenza che si recupera quando si va in pensione). Accordi fiscali specifici. In base a un accordo stipulato dall’Italia con i tre cantoni confinanti (Grigioni, Ticino e Vallese), i frontalieri di cintura hanno diritto all’esenzione fiscale sui loro redditi svizzeri, che sono tassati direttamente alla fonte sul salario. Poi l’amministrazione elvetica versa ai loro comuni di residenza in Italia il 35 per cento di queste tasse. Anche gli stranieri non residenti che lavorano in Svizzera con un permesso di soggiorno sono tassati direttamente sul salario. Gli italiani che non abitano nella fascia dei frontalieri di cintura, quindi, devono dichiarare in Italia il reddito percepito in Svizzera e sottrarre all’imposta dovuta in Italia quanto già pagato in Svizzera. L’Iva è all’8 per cento. L’assistenza sanitaria in Svizzera è garantita attraverso la cassa malati: un’assicurazione privata che ogni lavoratore stipula con società del settore. Si parte da una base minima di 250 franchi svizzeri (circa 200 euro). Per i figli minorenni si paga meno ed è compresa l’assistenza dentistica.
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Un consulente di frontiera Gianluca Marano, 43 anni, è stato dirigente di banca a Milano e a Bolzano. Poi ha lavorato in una fiduciaria di Lugano e alla fine del 2008 si è spostato a Chiasso. Qui ha fondato la Swiss valor advisory, società legata alla Compagnia delle opere che si occupa di favorire l’ingresso di aziende e di privati italiani in Svizzera. Marano oggi è un frontaliero di cintura: vive nel Comasco e tutte le mattine va a lavorare a Chiasso. Il suo ufficio è a 100 passi dal valico di frontiera. «Ho creato la Sva all’epoca del crollo della Lehman Brothers». È stato uno dei primi a capire che bisognava «vedere la Svizzera non più come luogo dove andare a nascondere valigiate di soldi, ma dove fare impresa: anche perché la Svizzera può essere un ponte per lo sviluppo internazionale delle aziende, tanto che abbiamo aperto uffici a Londra e negli Emirati Arabi e joint-venture in Sud America». La Sva non si occupa solo di aziende, ma anche di professionisti. La sua ultima iniziativa è il Business lab, un centro che a Chiasso svilupperà le start-up di giovani laureati con finanziamenti di imprese private. 0 Mese 2012 | Panorama
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Anche tu andresti in Svizzera? Partecipa al dibattito sulla pagina Facebook di Panorama.
per attirare investimenti e cervelli stranieri: dal Progetto Copernico, che dal 1997 al 2012 ha portato 113 aziende italiane in Ticino, all’ultima campagna dell’Università della Svizzera italiana che, prospettando 700 mila posti di lavoro per informatici in Europa e 36 mila in Svizzera, oggi invita gli studenti italiani a iscriversi ai suoi corsi. Ma tanti sono anche i giovani italiani che a Mendrisio frequentano l’Accademia dell’archistar Mario Botta: come Giulia Pinoli, una milanese di 21 anni che in settembre, finiti i primi due anni di lezioni, andrà per un anno a Berlino e poi ne farà tre di master. «Pago 7 mila euro all’anno, seguo lezioni tutti i giorni, ma ho un futuro assicurato» dice Giulia. Una certezza che manca a molti dei suoi coetanei e amici, che pure in Italia pagano la stessa cifra nelle loro università private. In realtà la Svizzera ha una gran voglia di aprirsi al mondo, come dimostra il nuovo accordo per le trattative commerciali con la Cina, che presto dovrà essere ratificato dal parlamento. Se nel 1990 la sua fama di luogo ideale per riciclare denaro sporco fu scolpita dal sociologo Jean Ziegler con il best-seller La Svizzera lava più bianco, pubblicato in Italia dalla Mondadori, oggi il paese vuole cambiare immagine per uscire dalla «black list» dei paradisi fiscali a rischio riciclaggio. Lo dimostra anche il recente accordo con gli Stati Uniti per limitare il segreto bancario. «La Svizzera ha scelto di riformare il suo sistema creditizio» sintetizza Giulio Sapelli, docente di storia dell’economia alla Statale di Milano, «perché, essendo un paese fondato sull’ordine, la consapevolezza di attirare un’economia criminale ha prevalso su tutti gli altri vantaggi». Che la Svizzera sia il perfetto ponte fra l’Italia e il mercato mondiale, «e che sia tramontata l’epoca in cui era vista solo come un posto dove nascondere valigiate di contanti», è convinzione di Gianluca Marano, un milanese di 43 anni che nel 2008 ha creato a Chiasso la Swiss valor advisory (Sva) per aiutare imprenditori e privati ad avviare un’attività nella Confederazione. «Le tasse, a seconda dei cantoni, vanno dal 20 al 25 per cento sugli utili: è un elemento molto attraente per chi, come gli italiani, paga in media il 50 per cento» spiega 56
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Due architetti in Ticino Andrea e Simona Coratelli, due architetti di 47 e 44 anni, si sono conosciuti all’Università di Milano. Lui è svizzero di origine italiana, lei è brianzola; dal prossimo settembre vivranno in Svizzera. Quando si sono sposati, nel 1999, Andrea aveva deciso di lavorare a Lugano, mentre Simona, con i figli Giacomo e Alberto di 10 e 8 anni, viveva a Monza e lavorava nell’azienda di famiglia, che disegna tessuti. «Ora che i bambini sono cresciuti andiamo in Svizzera perché la qualità della vita e le prospettive sono migliori» dice Simona, che ha ottenuto la naturalizzazione. Vivranno a Tesserete, alle porte di Lugano, «perché è un paesino con una buona scuola vicino casa. A parte l’iscrizione, non paghiamo nulla: zaino, libri e astuccio delle penne sono gratis». Piccoli esempi di un sistema efficiente che ha già consentito ad Andrea, quando era senza lavoro, di ottenere l’80 per cento del suo ultimo salario per frequentare un corso sulla bioarchitettura: oggi ha uno studio per la riqualificazione energetica degli edifici. «La vita in Svizzera è più cara» precisa Andrea. «Per una casa di 115 metri quadrati paghiamo 1.600 euro al mese, in centro a Lugano costerebbe molto di più. Ma per il futuro dei nostri figli certamente è meglio vivere qui».
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gli italiani residenti un paese fatto in294.359 Svizzera alla data del dicembre 2012, per un quarto circa 4 mila in più rispetto al 2011. da immigrati 500.000 circa sono gli italiani residenti in Svizzera, considerando anche quelli di seconda generazione (e dotati di doppio passaporto).
BERNA Canton Ticino
61.000 sono i frontalieri italiani
in Svizzera, di cui 55.500 lavorano nel Canton Ticino (+6 per cento rispetto al 2011).
Marano. «Ma il fisco è solo una delle tessere del mosaico. La burocrazia è snella ed efficiente, le infrastrutture sono di primo livello, la stabilità politica garantisce la pace sociale, la flessibilità del mercato del lavoro è utile agli imprenditori e ai lavoratori, che sono assistiti quando perdono l’impiego». Il titolare della Sva sorride quando racconta le reazioni degli imprenditori italiani alle sue consulenze: «Spiego loro qual è il costo del lavoro in Svizzera e, regolarmente, li vedo sobbalzare sulla sedia. Del resto, per 1.000 euro di salario il datore di lavoro in Italia deve spenderne altri 1.300, qui appena 200. Perché la busta paga è molto semplice: ci sono il lordo, due voci per la sanità e la pensione, e il netto». In Svizzera l’azienda non paga per il sistema sanitario nazionale: è il dipendente che versa alla sua cassa malati, che chiede un versamento minimo di 300 franchi al mese (circa 250 euro), ampliabile a volontà. Per i minorenni la cassa costa meno e copre le spese del dentista. E la stessa sanità svizzera attinge dal bacino italiano medici e infermieri. «La richiesta di colleghi che vogliono venire qui è quintuplicata in poco tempo» afferma Rodolfo Bucci, 62 anni, di Ivrea, specialista in neuromodulazione del dolore. Bucci da poco ha preso la residenza a Chiasso, dove ora fa il consulente, ma conta di aprire presto un suo centro medico: «Ho lavorato a Denver, in Colorado, e ho diretto strutture private. Voglio fare ricerca sulle staminali, ma in Italia trovi subito un giudice che ti soffia sul collo. Qui hai meno vincoli, non sei ostacolato dalla burocrazia, parli con funzionari che ti danno solo input positivi». Bucci è talmente entusiasta della Svizzera da avere chiesto la residenza anche per sua figlia Francesca, che terminati gli studi di economia vuole aprire un centro di formazione a Chiasso. La reazione a catena è frequente: «Capita sempre più spesso che un imprenditore, al quale abbiamo delocalizzato l’azienda, dopo qualche mese decida di vendere quel che ha in Italia per trasferirsi qui con tutta la famiglia» riferisce il commercialista veneto Andrea De Vido, un consulente della Sva che a sua volta sta valutando l’ipotesi di trasferirsi a Chiasso. La qualità della vita attrae soprattutto chi ha figli ancora bambini: «Il sistema scolastico serve a dare 58
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sono gli stranieri residenti in Svizzera: rappresentano il 23 per cento di una popolazione di quasi 8 milioni di persone. La prima comunità è quella italiana, al 16,1 per cento (294.359), seguita dai tedeschi al 15,6 (285.379) e dai portoghesi al 13,1 per cento (238.432).
Dal 26 al 45%
è il reddito disponibile medio per chi risiede in Svizzera, dopo avere pagato tasse, previdenza, cassa malati e spese per la casa. In Italia la quota del reddito disponibile è attualmente pari al 16 per cento.
Un grafico a Lugano Maurizio Molgora, 49 anni, è un grafico milanese. Nel 1997 si è innamorato di una giornalista svizzera, Ivana, e da allora vive con lei e le due figlie a Lugano, dove ogni 5 anni rinnova il permesso di residenza. «In Italia vivevo solo di collaborazioni, negli anni 90 guadagnavo un paio di milioni di lire al mese; qui mi hanno assunto a tempo pieno con uno stipendio che vale più del doppio». Confessa il grafico: «È vero che gli stipendi qui sono alti, ma tutto è anche più costoso. Ti devi pagare la cassa malati, anche l’affitto o il mutuo sono cari, per non parlare della spesa quotidiana. Però la qualità della vita è migliore. Qui ho la certezza di stare in un paese sicuro e stabile, dove la mia professionalità viene riconosciuta». Altri vantaggi? «C’è grande tolleranza. Ma soprattutto c’è insieme rispetto per la libertà individuale e per il bene comune. E c’è una grande cultura dello spazio urbano e un meraviglioso rispetto degli spazi condivisi, al contrario dell’Italia».
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Commercialista a Chiasso
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Andrea De Vido è un commercialista di 47 anni, sposato, con due figlie; dal 2001 ha uno studio a Conegliano Veneto. Ora ha avviato l’iter per ottenere l’abilitazione a esercitare in Svizzera. Ha già un permesso di lavoro, grazie a una consulenza con la Swiss valor advisory di Chiasso, ma cercherà di acquisire la residenza: «Se tutto va bene, non è escluso che il centro dei miei affari diventi Chiasso, o Lugano. E a questo punto la mia famiglia verrà con me: le mie figlie già frequentano la scuola steineriana, che c’è anche in Svizzera». «In questo paese» spiega De Vido «un commercialista ottiene soddisfazioni impossibili in Italia. Da noi si fa per lo più attività di service per l’Agenzia delle entrate e si passa il 90 per cento del tempo ad assolvere adempimenti formali. In Svizzera ci si chiede una vera consulenza globale». De Vido sa di essere in buona compagnia. «Conosco molti imprenditori che delocalizzano qui» dice. «Nel 98 per cento dei casi, dopo pochi mesi, spostano tutta la famiglia».
un lavoro ai ragazzi, non solo a mantenere gli insegnanti» dice, dura, Simona Coratelli. Con il marito Andrea, architetto come lei, Simona ha deciso di andare a vivere in Svizzera proprio per assicurare un futuro migliore ai figli. «Qui le regole sono chiare» spiega Andrea «paghi un’imposta ma sai sempre dove vanno a finire quei soldi: le tasse sulla benzina finanziano la ricerca ambientale, quelle sul fumo la ricerca sul cancro; non vanno a ripianare i danni della guerra d’Abissinia o del terremoto del 1900 a Messina». L’elenco dei vantaggi del vivere svizzero è lungo. «La consapevolezza del bene comune si affianca al massimo rispetto della privacy, però c’è anche molto amore per l’arte e la cultura» sottolinea Maurizio Molgora, un grafico che dal 1997 vive a Lugano con la moglie e due figlie, e negli anni ha visto crescere la qualità degli immigrati dall’Italia. «Nella mia azienda ingegneri e architetti sono quasi tutti frontalieri, così come lo sono le donne delle pulizie, ma ora stanno arrivando tanti ricercatori universitari, che vivono nel mio quartiere e possono permettersi uno standard di vita che 60
in Italia non si sognavano neanche». Dunque la Svizzera è davvero un paese ideale per gli italiani? Probabilmente per un tributarista è così, come conferma Giuseppe Marino, commercialista milanese e docente alla Bocconi, «perché hai la certezza dei rapporti tra fisco e contribuente» e perché «la pressione fiscale è più bassa e più equa». Il sistema tributario, continua Marino, non subisce gli stessi scossoni normativi del nostro, anche grazie allo strumento referendario: «In Svizzera c’è un forte controllo sociale sulla spesa pubblica e ogni nuova tassa può essere giudicata dal popolo». Il fisco e la burocrazia pesano. Ma a spingere un numero crescente di italiani a varcare la frontiera di Chiasso è tutto un sistema che offre regole certe e certezze di vita. È così anche nella giustizia. Dice Sapelli: «Vista da un Paese come il nostro, che sta andando a pezzi e dove ci sono magistrati che sequestrano le tesorerie delle aziende, com’è accaduto all’Ilva di Taranto, la Svizzera è ancora uno stato che funziona e offre garanzie». Non è poco, per chi ha voglia di cambiare vita e di lavorare, e figli ai quali offrire un futuro migliore. n
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martedì 7 maggio 2013
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Swissair, un miliardo ai creditori La procedura di liquidazione della fallita compagnia aerea di bandiera non è ancora conclusa. Dopo 12 anni dal grounding saldato soltanto il 10% dei debiti scoperti. Ats/Red
Il ricordo del drammatico grounding è ancora vivo
TI-PRESS
Zurigo – A quasi dodici anni dal grounding di Swissair, la liquidazione del gruppo aereo non è ancora terminata. I creditori di SAirGroup, il gruppo societario di cui faceva parte la più
nota compagnia aerea Swissair, hanno finora ricevuto circa un miliardo di franchi e il liquidatore del gruppo prevede che alla fine saranno restituite fra il 10 e il 20% delle pretese. In un’intervista alla Berner Zeitung, l’avvocato zurighese Karl Wüthrich afferma che il suo compito è quello di ottenere che una parte – la più consistente possibile – dei resti della defunta compagnia aerea di bandiera possa essere restituita agli oltre 10mila creditori. Le pretese riconosciute ai creditori di SAirGroup ammontano a circa 10 miliardi di franchi, di cui il 10% è finora
stato rimborsato. A questo miliardo si aggiunge “un altro mezzo miliardo di franchi circa” risarcito ai creditori delle tre società del gruppo: SAirLines, Flightlease e Swissair. Le azioni revocatorie contro le banche – fra queste la Banca cantonale di Zurigo – che hanno ottenuto il pagamento di crediti da SAirGroup poco prima della bancarotta hanno permesso di raccogliere circa mezzo miliardo di franchi in favore dei creditori, ha ricordato Wüthrich. Meno proficue sono invece risultate le cause intentate contro gli ex responsabili di Swissair.
Due settimane fa il Tribunale cantonale di Zurigo, per esempio, ha respinto una causa civile contro gli ex membri del Consiglio di amministrazione di SAirGroup, in relazione al versamento di 150 milioni di euro utilizzati all’inizio del 2001 per cercare di salvare la compagnia belga Sabena. Wüthrich ammette nell’intervista che questa sentenza comporta il versamento di compensi milionari agli avvocati della parte avversa. Queste somme rappresentano però soltanto pochi punti percentuali dei soldi ottenuti in favore dei creditori in altri processi, puntualizza il liquidatore.
A Chiasso si sta progettando un laboratorio d’idee imprenditoriali con capitali privati
Business lab transfrontaliero Nella città svizzera più a sud della Confederazione presto nascerà un ‘centrostudi’ con l’obiettivo di valorizzare progetti aziendali innovativi. di Generoso Chiaradonna È più di un’idea. Somiglia molto a un progetto che presto camminerà sulle proprie gambe. Si tratta del Business Lab di Chiasso promosso da Gianluca Marano, direttore e fondatore della Swiss valor advisory Sa (Sva), società fiduciaria specializzatasi nell’assistenza ad aziende che hanno intenzione di stabilire la propria sede sociale in Svizzera. «Dopo l’intensa attività degli ultimi due-tre anni – ci spiega il direttore di Sva Sa – è nata l’esigenza di diversificare il nostro raggio di azione. Non solo la consulenza a imprenditori italiani, in prevalenza del Nord Italia, ma anche oltre oceano fin negli Stati Uniti. La Svizzera ha una buona fama in tutto il mondo e gli imprenditori sono naturalmente attratti da un sistema economico e sociale che funziona», ci spiega Gianluca Marano. La bassa pressione fiscale, la burocrazia snella e soprattutto il rapporto non ostile tra imprenditore e pubblica amministrazione sono degli atout che attraggono chi è alla ricerca di luoghi adatti per sviluppare il proprio business. «Noi offriamo la Svizzera come ponte verso il resto del mondo», precisa Marano. Facendo intendere che non interessano le aziende che puntano a penetrare il mercato elvetico di per sé troppo piccolo, ma che guardano al resto del mondo come obiettivo prioritario. In una parola: internazionalizzare. Ora arriva il Business Lab. «Abbiamo già individuato la sede logistica che sarà a Chiasso. Il nome è ancora prov-
IL CASO
visorio e cambierà sicuramente. Il progetto prevede di valorizzare idee imprenditoriali sviluppate da neolaureati svizzeri e ticinesi con un occhio anche all’area insubrica da mettere al servizio delle aziende attive sul territorio. Si tratta di puntare e sviluppare alcune filiere chiave dello sviluppo economico, in primis la tecnologia», ci spiega il direttore di Sva. È qualcosa che somiglia molto di più a un centro studi, piuttosto che a un centro di start-up. Come si finanzia un progetto di questo tipo? «Premetto che non vogliamo sostituirci a progetti analoghi già attivi sul territorio e promossi da enti ed istituzioni pubbliche, ma crediamo che ci siano spazi per migliorare anche in questo campo. Vorremmo fungere da sprone anche su questo fronte, attirando – se possibile – anche dei ‘cervelli’. Per quanto riguarda il finanziamento abbiamo già dei contatti con dei ‘business angel’ che hanno intenzione di investire in capitale di rischio», conclude Marano.
E Como chiede di fermare la fuga
Il commodity trading ticinese si presenta a Londra La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino, l’associazione Ticino for Finance e la Lugano commodity trading association hanno unito le forze per ‘esportare’ le competenze ticinesi nella capitale mondiale del commodity trading. La sede della London chamber of commerce and industry, nel cuore della city londinese, a due passi dalla Cattedrale di St. Paul e dalla Banca d’Inghilterra, ospiterà il prossimo 16 maggio una conferenza targata Ticino ma di respiro internazionale. ‘Current trends in financing commodity trading operations’ è il titolo dell’evento in programma che fornirà
La Svizzera attira sempre
una panoramica su quelle che sono le opzioni possibili per il finanziamento delle operazioni di Commodity Trading (il commercio di materie prime, ndr). Per presentare gli strumenti più adatti e i trend in atto interverranno due specialisti dei grandi istituti bancari elvetici: Tobias Merath, Head of commodity and alternative inve-
TI-PRESS
stment research presso Credit Suisse e Jane Wood, Deputy head of commodity trade finance presso Ubs Ticino (Lugano). Thomas Patrick, presidente della Lcta, e Gianluca Bassi, Cfo presso DP Trade (Lugano) forniranno il punto di vista dei trader che operano dalla Svizzera italiana.
Stop alla fuga di aziende comasche – e lo sguardo va oltre i confini provinciali, verso la Svizzera – che hanno risposto alle ‘sirene’ di alcuni programmi ad hoc, primo fra tutti quello del governo ticinese, chiamato Copernico. Sono una trentina le aziende comasche che lasciate le sponde del Lario si sono affacciate su quelle del Ceresio. Non di rado assieme ai dipendenti, per non perdere un importante capitale umano, fatto di esperienze maturate sul campo. Ma sempre più spesso lasciandosi alle spalle disoccupati. Un numero che, anche nel Comasco, continua a crescere. E della fuga delle aziende in Ticino, che fa il paio con la fuga di capitali, si è parlato ieri mattina a Villa Erba di Cernobbio nel corso della riunione del ‘Tavolo della competitività’, del quale fanno parte una quarantina di soggetti, fra cui anche parlamentari e consiglieri regionali. Aveva dato la sua adesione Roberto Maroni, neogovernatore della Regione Lombardia che ha già dimostrato di essere molto interessato ai problemi transfrontalieri, solo che l’incontro con Enrico Letta, presidente del Consiglio, per la nomina del commissario straordinario di Expo 2015, lo ha trattenuto a Milano. Il Tavolo ha approvato un documento che sarà inviato a Maroni, considerato l’interlocutore più immediato, nel quale si chiede “un’azione che non richiede investimenti: la sburocratizzazione, in grado di rendere attrattivi i nostri territori”. Sul fronte della burocrazia il confronto con il Ticino mette a nudo una distanza abissale. Per non parlare di altri aspetti: tassazione e certezza del diritto. M.M.
Frenano auto e commercio al dettaglio Zurigo – L’economia elvetica sta leggermente rallentando: è quanto emerge dall’ultima inchiesta realizzata dal Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo (Kof), che vede l’indicatore sull’andamento degli affari in calo in aprile. Le aziende non sono riuscite quindi a mantenere la dinamica osservata a inizio anno, ma non mancano peraltro aspetti positivi: le imprese confidano più che nel passato in un miglioramento degli affari e pensano meno frequentemente a una riduzione del personale, si legge in un comunicato del Kof. Nel dettaglio, nel ramo della finanza e delle assicurazioni la situazione è peggiorata rispetto a inizio 2013. In particolare le banche si lamentano della debole attività del comparto estero e considerano gli organici ancora troppo gonfiati: nei prossimi mesi sono quindi da attendersi nuovi tagli al personale. Rimangono invece buone le condizioni
generali nell’edilizia, nonostante l’inverno insolitamente rigido. È atteso un chiaro aumento delle attività di costruzione nel prossimo futuro. Nel commercio al dettaglio la congiuntura è lievemente peggiorata. I ricavi degli ultimi tre mesi sono in calo. Le aziende si aspettano un fatturato stabile e le aspettative si sono fatte un po’ meno ottimistiche. Un raffreddamento è riscontrabile anche nel ramo turistico, ma vi sono segnali di speranza: per la prima volta da due anni a questa parte è cresciuta la speranza di un’uscita dalla crisi. Nell’industria la situazione viene giudicata in modo negativo dalle imprese orientate all’esportazione, mentre quelle che puntano sul mercato interno hanno una visione più positiva. In calo anche le vendite di vetture nuove, ma a un ritmo meno sostenuto che nel mese scorso: in aprile sono state comprate 28’397 auto, l’1,5% in meno
che nello stesso mese del 2012. In marzo la contrazione era stata ben maggiore, superando il 12%. Sull’arco dei primi quattro mesi dell’anno la flessione è del 7,2% a 100’148 unità, ha indicato oggi dell’Associazione degli importatori (auto-svizzera). “Considerando lo straordinario andamento delle vendite del 2012 valutiamo come molto positivo l’attuale andamento degli affari e guardiamo con fiducia ai prossimi mesi”, afferma il presidente dell’organizzazione, Max Nötzli. Segnali eccellenti giungono in particolare dal settore dei 4x4 (+7% fra gennaio e aprile) e dei veicoli con motori alternativi (+28%). Per quanto riguarda le singole marche e rimanendo ai primi quattro mesi spicca il buon andamento di Suzuki (+51%), Mazda (+32%), Honda (+30%), Subaru (+15%), Bmw (+10%) e Audi (+5%), cui fanno da contraltare Renault (-25%), Ford (-24%) e Volkswagen (-21%).
La proprietà è ancora sicura? La tassa di stabilità e i controlli sulla circolazione dei capitali a Cipro segnano una nuova tappa della crisi finanziaria. Su questo sfondo, per l’investitore la diversificazione ha la priorità assoluta. Il «Dialogo con Notenstein» ne ha discusso con il Dr. h.c. Beat Kappeler nel suo ultimo numero che vi invitiamo a leggere sul sito www.notenstein.ch. <wm>10CAsNsjY0MDAw1TUwMzMzNgcA0cYQXQ8AAAA=</wm>
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Svizzera, l'appeal del Fisco leggero - Una volta dall'Italia arrivavano solo - Il Sole 2...
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Svizzera, l'appeal del Fisco leggero G
Una volta dall'Italia arrivavano solo capitali. Ora in Svizzera traslocano anche le piccole e medie aziende. Per sfuggire a un fisco sempre più opprimente e a un sistema-Paese sempre meno competitivo trasferiscono la sede in Canton Ticino.
Il movimento migratorio ha subito un'accelerazione con le politiche fiscali restrittive del governo Monti. Tra Chiasso e Lugano è un brulicare di attività commerciali e manifatturiere – tessili, meccaniche, farmaceutiche, chimiche, elettroniche, energetiche – di origine italiana . Il Comune di Stabio, 4.370 anime, è stato rinominato la fashion valley. Vi si sono insediati i marchi della moda: Armani, Gucci, Zegna; le statunitensi Timberland, North Face. Inutile affannarsi a cercare dati ufficiali. Il paese elvetico non tradisce mai il suo proverbiale senso della riservatezza. Al dipartimento economico cantonale di Bellinzona riferiscono che, dal 1997 al 2012, grazie al programma «Copernico» si sono insediate in Ticino 241 aziende, di cui 113 di nazionalità italiana. Ma «Copernico», con i suoi finanziamenti agevolati, è solo una delle vie d'ingresso. Altre aziende preferiscono attraversare il confine con passo più felpato, affidandosi a uno studio legale o a società di consulenza come la Swiss valor advisory, una fiduciaria di Chiasso da poco associata alla Compagnia delle Opere, costituita da un italiano, Gianluca Marano, che ha portato qui una trentina di imprese tra cui il gruppo Habitare, 350 milioni di vendite nell'arredamento. Dice Marano: «I fattori d'attrazione sono molteplici. Accanto a un fiscalità più equa, c'è uno Stato che funziona: burocrazia snella, pace sociale, stabilità politica, microcriminalità zero, niente lavoro nero, disoccupazione al 4%, libertà di licenziare, due anni di indennità per chi è a spasso, personale qualificato che parla più lingue, infrastrutture eccellenti, un sistema finanziario e un sistema scolastico di primo livello, banche commerciali in grado di accompagnare il cliente nel mondo. La Svizzera è un trampolino per l'Europa e il Medio Oriente. Abbiamo appena fatto uno studio di mercato per una società meccanica monzese da 100 dipendenti che vorrebbe insediarsi in questa zona per poi vendere negli Emirati Arabi». Le prima ondata migratoria di aziende italiane in Svizzera coincide con le grandi rivendicazioni sindacali del decennio 1970, con l'avanzata elettorale del Pci, il terrorismo, i sequestri di persona. A lasciare l'Italia e il clima sociale rovente di quegli anni sono industriali già affermati come Zegna, Perfetti, Recordati, Zambon. Oggi il Ticino è il rifugio dei piccoli imprenditori. Spiega Luca Venturi, consulente in comunicazione: «Talvolta arrivano padroncini con moglie, figli e operai al seguito. L'imprenditore italiano tipo che oggi viene in Ticino si considera vittima dell'euro, non crede nell'Unione europea ed ha paura dell'instabilità politica e sociale del suo paese». Nel Cantone è il benvenuto, purché non faccia concorrenza alle imprese locali; e se assume cittadini elvetici o si insedia in zone depresse gli si spalancano le porte dell'amministrazione. Talune aziende sono riuscite a negoziare con il Comune svizzero di residenza esenzioni fiscali anche decennali. Essere centro d'attrazione d'imprese porta utili anche nelle casse delle comunità locali. Paradiso, che con i suoi 4.500 residenti è tutt'uno con Lugano, è tra i Comuni ticinesi più ricchi perché annovera tra i propri contribuenti la Fiat Group International, holding estera della casa torinese, e la Mabetex di Behgjet Pacolli, l'imprenditore leader per l'Alleanza del Nuovo Kosovo. Di tanto in tanto è ospite a
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Paradiso anche il leader del Movimento 5 stelle, Beppe Grillo, che ha casa (ma non residenza fiscale) a pochi passi dall'Hotel de la paix, della famiglia Recordati. Fiscalità ai minimi e basso costo del lavoro. Potrebbe sembrare un paradosso per uno dei paesi con il maggior Pil pro-capite al mondo, ma non lo è per niente. I 60mila frontalieri – gli italiani che varcano ogni giorno il confine per andare a lavorare in Svizzera – rappresentano, per le imprese dello Stivale che hanno eletto domicilio nel Cantone, una specie di "esercito salariale di riserva". Ce lo spiega un imprenditore comasco che ha spostato l'attività di vendita a Lugano: «Abbiamo costituito in Svizzera una società indipendente da quella italiana, che acquista l'intera produzione del nostro stabilimento di Como e la rivende qui a marchi come Gucci ed Etro, che poi la esportano in tutto il mondo. I frontalieri che impiego mi permettono di risparmiare il 30% delle imposte che dovrei versare in Italia. Mi costano meno, anche se ora l'ufficio del lavoro impone un livello minimo di stipendio per evitare la concorrenza tra dipendenti italiani ed elvetici. D'altra parte, pagando le tasse in Svizzera, il frontaliere si ritrova un netto in busta paga più sostanzioso di quello che avrebbe in Italia a parità di stipendio. L'unica complicazione sono le spedizioni dall'Italia. La Svizzera non è nella Ue. La merce, per attraversare il confine, deve essere accompagnata sempre da fattura». Gli chiediamo quanto diffusi siano nella zona di Como i processi di delocalizzazione. Sfodera un sorriso sornione: «Chi si sposta non lo dichiara certo ai quattro venti. Sarebbe un guaio se la Guardia di Finanza stabilisse che l'attività in Svizzera e quella in Italia sono tra loro correlate». L'azienda che apre una unità in Svizzera, ma mantiene il suo centro decisionale in Italia resta infatti sottoposta, per l'Agenzia delle entrate, alla sovranità fiscale italiana. L'intera questione si ricollega all'inziativa dell'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti di includere la Svizzera nella "lista nera" dei rifugi fiscali. Una decisione che ha già fatto vittime illustri come la Elti. Sede ha Sovere, in provincia di Bergamo, la Elti, che opera nella siderurgia, ottenne dalla Svizzera nel 2007 un finanziamento pubblico senza interessi e un'esenzione fiscale decennale per realizzare un impianto a Giornìco (Bellinzona). Ma la nuova struttura industriale non è mai entrata in funzione per i vincoli della black list. Per non sottostare al regime impositivo italiano la Elti Suisse sembra abbia preferito rinunciare ai dieci anni di esenzione fiscale ottenuti in Svizzera e riconvertire il progetto. Un monito, ma anche il rischio che un numero crescente di aziende decida di chiudere la sede in Italia per passare definitivamente, armi e bagagli, al di qua del confine. iuseppe Oddo © RIPRODUZIONE RISERVATA LE CIFRE CHE SPIEGANO UN FENOMENO Il Canton Ticino è da sempre il rifugio dei capitali in uscita dall'Italia. Ora, insieme ai capitali, a lasciare il nostro paese sono anche le piccole e medie aziende manifatturiere. In Svizzera trovano condizioni fiscali molto più vantaggiose e servizi di prim'ordine: da quelli di logistica a quelli bancari e finanziari. Le aziende in Ticino possono ridurre del 30% il costo del lavoro assumendo i "frontalieri", i residenti in Italia che varcano il confine ogni giorno per andare a lavorare in Svizzera. A loro volta, versando le imposte in Svizzera, i "frontalieri" percepiscono uno stipendio più alto di quello che prenderebbero in Italia. Parecchie piccole imprese italiane hanno deciso di spostare la sede in Svizzera per le complicazioni derivanti dalla scelta di includere il paese elvetico nella lista nera dei rifugi fiscali. Le politiche fiscali punitive del governo Monti e l'eccesso di burocrazia dell'amministrazione italiana hanno accentuato il flusso migratorio. La Svizzera attrae in misura crescente. L'italiano tipo che oggi prende la residenza in uno dei tanti Comuni del Canton Ticino fugge anzitutto dal rischio euro, teme il tracollo del nostro sistema bancario e sostanzialmente non crede nei vantaggi dell'Unione europea.
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