CARTEGGIO
LUIGI STURZO - MARIO STURZO
CARTEGGIO
A CURA DI
GABRIELE DE ROSA
ROMA 1985 EDIZIONI DI STORIA E LElTERATURA
I!XITUTO LUIGI
STURU)
Tutti i diritti riservati
EDIZIOhq DI STORIA E LETTERATURA Roma - Via Lancellotti, 18 ISTITUTO LUIGI STURZO Via delle Coppeiie, 35 - 00186 Roma
[London, Paddington], 1 del 1929
Carissimo fratello, la prima lettera del nuovo anno è per te con i rinnovati auguri fervidissimi. Sto bene, benché un po' stanco del lavoro che va a finire. I1 tempo è mite. Pare che il freddo sia sceso da voi. Vorrei sapere bene in che senso non ammetti il sub-cosciente. Bisogna intenderci sulle parole. È impossibile non ammettere che in noi si accumula tutta un'esperienza intellettiva, morale, sensitiva, che adatta, sviluppa, seleziona i fattori della nostra vita complessa e sintetica. Ogni nuova esperienza (di qualsiasi genere) non può non giuocare sul complesso vissuto e sperimentato, che non è in atto, e non si attualizza mai completamente; ma per quel lato o per quelle sintesi che si sono formate da un risveglio spesso non cosciente di quel che è stata la nostra vita. Quel che si dice di noi, si dice della eredità dei nostri padri in noi; che forma un adattamento sensitivo che sviluppa qualità e fattori morali e conoscitivi specializzati. Perciò si dice che popoli nuovi come gli americani non possono facilmente assimilare la nostra cultura artistica e il classicismo che è nelle nostre vene. Tutto ciò forma un elemento spesso istintivo, confuso, intuitivo, che non arriva che rare volte alla coscienza diretta e chiara, ma che nella vita è un fattore non indifferente. È questo il sub-cosciente che tu neghi? o altro da questo? Non si tratta, secondo me di un'altra facoltà, ma di una continua sintesi di integrazioni e disintegrazioni di idee e di sentimenti e di sensazioni. Questa forma la base della unificazione della nostra vita. Invero se si rompe questa catena, la personalità si rompe nella sua coscienza, che è formata anche dal sub cosciente. Spero che questa nuova questione non ci trovi disse'nzienti. I o poi non concedo nulla all'immanentismo, ma non riduco tutto l'uomo all'attualismo del momento che passa, senza lasciar la traccia di una vita che si integra o disintegra a sua volta. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi * Le lettere del 1929 sono in prevalenza scritte su cartoline postali. Si segnalano solo i casi diversi.
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London, 5 gennaio 1929
Carissimo fratello, il freddo è venuto, finalmente, e oggi nevica. Io, grazie a Dio, sto bene, e posso lavorare. Di Bremond non so nulla all'indice, forse, mi dicono, la sua vita sulla Santa Francesca Chantal. Ma la produzione del Bremond è tanta e così accreditata nel mondo cattolico e in quello semplicemente letterario, che quel ricordo, se c'è, non desta nessuna preoccupazione contro. A parte ciò, io non comprendo l'accusa di immanentismo, nel senso gnoseologico della parola, se non come non espressionismo o anti-espressionismo. Ora a me non sembra che possa ciò dirsi del Bremond. Di Laberthonnière io ho un ricordo languido. Fra i miei libri di Caltagirone ce ne deve essere uno del ~aberthonnière,ma non ricordo più nulla. I1 problema sollevato da Bremond, e meglio nel Prière et Poésie, anziché nel Poésie Pure, che è un fastidioso libro di polemiche francesi, m'interessa e dal lato estetico e da quello mistico. Filosoficamente vorrei meglio definito quel che si dice intuizione, per la quale abbiamo tanto discorso nelle nostre cartoline. Mandami altre due copie dell'ultimo numero della Rivista. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
London, 8 gennaio 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto le copie della Rivista. Grazie. Proprio in questi giorni ho letto di Rosmini l'opuscolo Sull'Unità dell'Educazione l : uno scritto di opportunità vestito di forma generale e iilosofica; ma in sostanza ingenuo e superficiale. Di lui bisogna leggere i libri dell'ultimo periodo, dove, mi dicono, ci sono delle vedute profonde. Quella di Gentile è un'opera diversa e l'ho vista fortemente criticata dall'Italia. Ti ho scritto che Poésie Pure, come libro, è
LETTERA375. 1. A. ROSMINI,Saggio sull'uni!à deli'educazione, Firenze 1826.
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mal fatto, invece è assai migliore Prière ef Poésie; ma a me interessa il fondo della teoria di Bremond; a parte il gusto stilistico, che qui non è molto apprezzabile. H o visto annunziato un libro postumo di René Schwob, un giudeo convertito, dal titolo, Moi, Juif, Librairie Plon, Paris 2. È l'autobiografia della sua conversione ed è di grande interesse intellettuale e psicologico. Scriverò per averlo e poi te ne parlerò. H o letto prima S. Francesco e ora S. Benedetto di Salvatorelli 3. È uno scrittore preoccupato di fare l'anti-romanista e di ridurre il miracoloso al minimo possibile; ma ha belle qualità e interessanti penetrazioni storiche. Sto bene, il mio lavoro è ancora in pieno, ma spero finire la settimana prossima. Un abbraccio di cuore. Preghiamo uniti sulle tombe dei nostri cari in questo mese così doloroso per i nostri ricordi. Luigi
[London, Paddington] , 11 gennaio 1929
Carissimo fratello, la discussione sul subcosciente mi interessa assai, è vero che si fa poco bene per cartoline, ma ciò ci costringe ad essere più semplici e chiari, come fai tu. Per me il punto di divergenza da te è quello della memoria. Tu ne fai tante memorie, io ne fo una memoria, a cui contribuiscono tutte le facoltà nell'unità sintetica dell'intendere, sentire e volere. Questa memoria non è una facoltà puramente mnemonica, eccitabile dal di fuori di essa, è nella vita stessa di noi, potenzialità e atto insieme, e questo tanto cosciente e riflesso, quanto istintivo, subcosciente, spontaneo. Quando io dico che tutta la nostra esperienza si accumula, e le dispersioni e le conservazioni sono nella economia nostra, interiore, non intendo parlare solo di disposizioni fisiologiche, ma anche psicologiche, morali, intellettuali. Perché fare un taglio tra quello che può dare il corpo allo sviluppo dell'anima, e quello che può dare l'anima al migliore adattamento spirituale del corpo? 2. Edito nel 1928. 3. L. SALVATORELLI, Vita di S. Francesco &Assisi, cit.; S. Benedetto e I'ltalia del suo tempo, Latena, Bari 1929.
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I1 composto umano è uno, e i due fattori si condizionano. Io non vedo affatto, nel riconoscere un sub-cosciente, che si faccia del semplice fisiologismo. Perché per i spiritualisti la potenzialità non è la nuda facoltà; ma è questa adattata, sviluppata, espèrimentata, e quindi resa agile a sentire se stessa non solo nella riflessione cosciente, ma anche negli istinti spirituali sub-coscienti. Non concedo nulla al fisiologismo puro. L'accenno all'atavismo è fatto da me per indicare una disposizione somatica, che agevola determinati sviluppi spirituali. Nulla di strano, né di materialistico. Tu dirai che la potenzialità non è conoscenza; d'accordo: ma non occorre sciogliere l'uomo nell'analisi delle sue conoscenze. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddington], 14 gennaio 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua de11'8 c.m. e godo assai nel saperti bene, e anche molto nel sapere che da molte parti ti scrivono le loro felicitazioni per i tuoi lavori. Sono d'accordo con te che i due poli sono potenzialità e attualità; ma questo non toglie che la potenzialità si arricchisca di tutte le attualità passate, che oggi si chiamano « esperienze ». Se la potenzialità fosse nuda facoltà, sempre la stessa, noi saremmo sempre da capo; non ci sarebbe progresso, né individuale né sociale; non esisterebbe la storia. Né si tratta di pura memoria, in quanto è ricordare, ma di un vero e proprio arricchimento dell'essere; che oggi da vari filosofi è detta individualità, o coscienza dell'individualità, in quanto questa più è sentita, più è ricca, e più è individualizzata. Ammesso ciò non sembra difficile ammettere nel giusto senso le idee scientifiche moderne sull'eredità, sulle razze, e su tutto quel complesso di fattori fisicofisiologici, che influiscono nella formazione psicologica individuale e sociale. Non si tratta né di materialismo psicologico, né d'immanentismo naturalistico, ma di vero realismo psico-sociale. Io trovo, e te lo ripeto, che la tua teoria ammette la possibilità di spiegare questi dati di fatto incontrovertibili. Spero che ci troviamo d'accordo. Un abbraccio, tuo Luigi
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[London, Paddington], 16 gennaio 1929
Carissimo fratello, questa per gli auguri più vivi per il tuo onomastico. È ora per noi'un giorno più sacro, che ricorda la dipartita della nostra .suor Giuseppina. L'uno e l'altro ricordo servono a più unirci nella preghiera e nella fiducia nella Misericordia Divina. Sto bene. Qui ha nevicato, e sta per venire un bel sole. Un abbraccio, tuo Luigi Hai letto l'articolo M. Losacco nella « Rivista di Fil. neoscol. »? Interessante e ben fatto. Egli credo potrebbe collaborare alla tua Rivista.
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Carissimo fratello, di nuovo i più vivi auguri per il tuo onomastico. Io insisto sul problema dell'intuizione, perché è molto diffusa l'influenza dell'intuizionismo e merita di essere ben chiarita, utilizzando quel che c'è di buono e rigettando quel che invece nasconde di errore '. Oggi si può dire che l'arte e la poesia sono influenzate dall'intuiLETTERA 378. * Cartolina illustrata: « An Oxfordshire Garden » di F. Pilkington. LETTERA 379. 1. L'intuizionismo può essere inteso come una prospettiva filosofica che attraversa molti aspetti della filosofia del novecento. Esso inteso però come posizione di pensiero che mette al centro e al fondamento della conoscenza l'intuizione, ha origini più profonde. Dal momento in cui il modello della filosofia della natura, della scienza e del metodo della fisica meccanica applicato alla filosofia teoretica e d'etica si è dimostrato insufficiente rispetto al mondo dei valori e della storia, l'intuizione è venuta assumendo una sempre maggiore autonomia ed una centrale funzione come canone privilegiato nell'interpretazione della vita e della esistenza. Nel novecento la filosofia della vita (Simmel), l'intuizione degli Erlebnisse nello storicismo tedesco (Dilthey), l'intuizione eidetica della fenomenologia husserliana e, in funzione della costmzione del. mondo dei valori, quella scheleriana, l'intuizione della durata temporale infine in Bergson costitui-
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zionismo, mentre la storia è influenzata dall'idealismo e la pedagogia dal positivismo 3. I1 neo-scolasticismo non ha, fin oggi, nessun campo di influenza, meno che nella teologia cattolica. Pur troppo è cod. I1 neo-sintetismo può essere il passo decisivo del neo-scolasticismo verso le attività extra-filosofiche; cioè per la ripresa di influenza nel pensiero e nella cultura. Ma deve tener conto di tutta la corrente intuizionistica e mistica, non puoi perciò trascurarla. Tu hai una difficoltà pregiudiziale verso l'intuizionismo, cioè che riduci tutti i valori conoscitivi al ragionamento. E ciò ti porta a negare all'intuizione qualsiasi elemento conoscitivo diretto, e ridurla al grado di semplice percezione sensitiva, pur ammettendo in ogni atto dell'uomo la sintesi sensitiva-intellettiva. Ora, pensandoci bene, tu nel tuo sistema hai tutti gli elementi per affrontare il problema dell'intuizione e proiettarlo nella vita dell'arte e della poesia. E credimi che è di grande importanza quel che ti scrivo. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi H o ricevuto le imaginette e il sonetto, e mi son piaciute le une e l'altro.
scono alcuni dei momenti più rilevanti di un movimento di pensiero che doveva esercitare una sua influenza tanto più profonda, come awerte S t u m , quanto più aveva permeato di s6 la cultura del tempo. 2. Ci si riferisce qui in particolare alla dottrina secondo la quale da un lato la realtà, lo spirito è storia e non ha altra realtà se non ne& e come storia; dall'dtro iato la storia non costituisce un mero accadere privo di senso, ma il prodursi e il realizzarsi, i'individuaiizzarsi dello spirito. La stonografia dunque raggiunge il proprio fine esplicativo nel momento in cui dalla ricostruzione dei fatti si eleva ad interpretarne il senso con riferimento ai processi spirituali di fondo che li pervadono, i quali di mEeguenza vengono ad assumere la forma di origine remota e complessiva degli awenimenti. 3. La pedagogia ha subito influenze molto profonde dai positivismo soprattutto nella seconda metà del secolo scorso. Si ricordi la vasta accoglienza che ebbe la filosofia di Spencer nelle scienze umane e in particolare nella pedagogia in Italia. Qui Sturzo con ogni probabilita ha presente l'opera di Aristide Gabelli, deil'Angiulli e soprattutto di Roberto Ardigò.
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[London, Paddington], 22 gennaio 1929
Carissimo fratello, la questione della memoria non m'interessa molto, come studio fisico-psicologico o puramente gnoseologico, ma m'interessa come uno degli elementi fondamentali della personalità umana e del suo valore nella continuità temporale e nello svolgimento. E sotto questo aspetto m'interessa quel che si suole appellare coscienza. Anche qui, io abbandono la discussione se essa è o no una facoltà, in quanto, in questa sede di discussioni, non fo della morfologia dello spirito o meglio del composto umano. Per intenderci, coscienza chiameremo la permanenza del soggetto conoscente nella conoscenza di sé, sia attualizzata o no. In sostanza è il soggetto che è sempre lo stesso, che ha coscienza che è quello stesso, che fa quegli atti, che ha acquistato o perduto nella vita spirituale (in senso largo), ecc. ecc. Questa non è solo l'atto di conoscere, è anche la potenzialità di conoscere, e sono le refrazioni indicibili e misteriose dell'attualità e della potenzialità nel soggetto; perciò si dice, per intenderci, coscienza e sub-coscienza. Quello che con ciò intendo evitare è risolvere il soggetto in potenzialità non attuata, cioè in non-essendo per essere, e in attuazione transitoria, cioè in essendo per non essere. Ora non dico che tu fai così, ma l'escludere una coscienza e una sub-coscienza porta a simile conseguenza; il soggetto nel suo essere costante svanisce. Sto bene. Penso che sei con Nelina. Vi abbraccio, tuo Luigi -
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[hndon, Paddington], 25 gennaio 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 20 da Caltagirone. Finalmente sei uscito dalla tua Piazza; ma per poco: io penso che dovresti muoverti un po' di più, e spero che lo farai in primavera; dato che Pasqua è cosf vicina. I o sto bene e lavoro come sempre. Mi piace assai che fai filosofia anche in viaggio. Perché vuoi confondere il concetto di
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personalità, di cui io ti parlo, con quello dei fisiologisti? La personalità, cioè il soggetto individuo anima e corpo, composto umano, sempre in essere e in divenire, sempre identico benché mutevole, che si arricchisce e si approfondisce in se stesso spiritualmente, questa è la mia idea; i valori e sviluppi fisio-psicologici servono allo sviluppo reale di tutta la personalità, che è principalmente spirituale. I1 problema è venuto a proposito della coscienza e della sub-coscienza. Tu dici la coscienza è la conoscenza. Ora, la conoscenza è un atto transeunte, la coscienza è quel che di questo atto si acquista e rimane come conoscenza, somma e sistemazione di conoscenza, come memoria, come volontà, ecc.; cioè è il soggetto arricchito o la personalità arricchita. Tu consenti nel concetto di personalità, ma non so perché credi che quanto più complessa è la cultura, tanto pih è attenuata la personalità; io dico al contrario, è arricchita la personalità. Ma tu non consenti nella valutazione della coscienza, e quindi svaluti la stessa personalità. Cosi la disintegri in continue attuazioni della potenzialità. A proposito di potenzialità queste non sarebbero senza le attuazioni; e non possono che ridursi alla personalità e alle sue acquisizioni. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddingtonl, 29 gennaio 1929
Carissimo fratello, siamo d'accordo che non vi è antitesi o meglio contrasto fra autorità e libertà, ma è fra autoritarismo e libertarismo; e in pedagogia si fa una enorme confusione. Non mi sembra neppure esatto nei suoi termini il dire che l'uno è un principio sintetizzatore e I'altro da sintetizzare; perché la sintesi e la conversione è in entrambi. I1 problema della libertà sta in fondo nel modo di porla e di concepirla. Spesso si confondono i termini di libertà e di autonomia che, in filosofia, sono qualche cosa di diverso. Anche il concetto di ordine è vago e in gran parte subiettivo. Nella storia umana esiste la tendenza all'ordine, e mai l'ordine. Quel che diciamo ordine, è la imperfetta rispondenza d'ideale che dell'ordine cioè di un determinato ordine ci siamo fatti. Nel periodo romano
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delle persecuzioni cristiane esisteva un ordine e un disordine e cosi sempre. Lo stesso è nell'interiore di ogni uno. Donde il video meliora proboqzle. Ricevo la tua del 24 da Piazza. Giorno pieno di ricordi e di affetti. Tu parli di seconda intuizione; non mi ricordo di avere mai posto un simile problema. I1 problema è sempre un altro; cioè se si dà un'intuizione diretta dei valori estetici e mistici (che contenga perciò elementi intellettivi) senza elementi o fuori degli elementi ragionativi. Questo è il problema di Bremond. Io ti scrissi delle mie impressioni al sentire il Magnificat di Bach. S'intende che il pensiero, cioè l'elemento conoscitivo è spesso già formato in antecedenza e diventa coscienza o sub-coscienza. Ma questa è altra questione. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 1 febbraio [l9291
Carissimo fratello, la tua lettera aperta mi è arrivata regolarmente: è una buona invenzione. Non ho notizie da Nelina. Io le ho scritto due volte a Roma credendo che fosse là, ma non le ho più scritto a Caltagirone, dopo la tua partenza di là. Non vorrei che essa stia in pena per me non avendo ricevuto più mie notizie. Oggi le scrivo a Roma e a Caltagirone. Tu se hai notizie, scrivimele. Sto bene e sempre preso dal lavoro. Meglio cosi. Ti scrissi che desidero le tragedie di Eschilo. Cioè non mi ricordo bene se te l'ho scritto; ora aggiungo che desidero 1'Iliade trad. di V. Monti. Vedi di mandarmele; credo che tu l'abbia, e andando a Caltagirone ti prenderai quelli che sono nella mia stanza. Ho bisogno di poesia di tanto in tanto e la moderna non mi piace molto. Nelina mi disse che ti avrebbe offerto una bella stufa centrale per il tuo palazzo. Non so se lo fece: certo dovresti averla per i giorni freddi. Io non so come puoi resistere in un palazzo così freddo: io sarei morto. Guardati bene. Oggi vedo che la cartolina è già piena, e non c'è posto per la fiiosofia. Solo ti dico che la potenza-soggettività sempre esiste, e la soggettività-attualità sempre esiste fin che il soggetto è soggetto vivo. I1 sonno non toglie la soggettività, né la riduce a pura potenziaIità. Su questo siamo d'accordo. Occorre un altro passo:
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la coscienza e l'autocoscienza e la sub-coscienza come fasi coesistenti della soggettività. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 4 febbraio 1929
Carissimo fratello, finalmente ho avuto notizie da Nelina; tre cartoline, due da Caltagirone e una da Roma mi sono arrivate quasi contemporaneamente. Le ho risposto oggi stesso. Spero che il freddo sia costà diminuito; qui è stato mite i giorni passati, ma oggi è molto freddo. Io grazie a Dio sto bene. Ho cominciato lo studio per il nuovo libro e ce ne vorrà molto. Non mi hai mai risposto circa le encicliche di Leone XIII. Vorrei averle nel testo latino. Credo che Desclée le ha pubblicate in raccolta. Non mi è arrivato il libro di Gentile. La C Critica » è arrivata (il numero di gennaio) con l'avviso di pagamento. Ho riletto la tua lettera del 27 gennaio e la trovo sempre più vicina al mio pensiero: credo che la terminologia e certe idee che sono in te e in me sottintese, impediscono la completa comprensione. Tu dici che noi cerchiamo di ridurre l'irrazionale e il misterioso, in conoscenza e razionalità ed è vero; però in questo stadio secondo è stato ridotto di qualità e di proporzioni. Manca qualcosa che ce lo rendeva più nostro e più lontano da noi al medesimo tempo. Parlando del momento lirico, tu dici che è tale perché contemplativo; siamo d'accordo; ma occorre aggiungere che questa contemplazione è intuitiva e non ragionativa, e partecipa ad elementi sensitivi ed emotivi, di cui qualche volta non troviamo ragion adeguata. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 6 febbraio 1929
Carissimo fratello, io non sono d'accordo con il Bremond, parlando di io superficiale e di io profondo, come due mondi; e poi la terminologia è supehciale e non profonda. Però non potendosi negare la natura
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di quella che si dice intuizione estetica o intuizione mistica diversa dalla semplice conoscenza o diretta o ragionativa di una verità, si deve trovare la via della spiegazione e della differenziazione. Quando noi vogliamo analizzare con metodo ragionativo una intuizione estetica, noi facciamo come l'anatomista, che nell'analizzare le parti del corpo di un animale, lo ammazza; analizza il cadavere, il corpo senza vita. La vita è là, nel carattere specifico della emozione estetica. Tu dici che è lo stato ammirativo; ed hai ragione, ma se aggiungi come fai che è lo stato ammirativo del soggetto, devi concedere che la parte conoscitiva è la meno espressa, e la ragionativa è la meno sentita; e che è una sintesi delle facoltà, diversa dalla sintesi principalmente conoscitiva e diversa da quella principalmente volitiva; e così via. Quando si ragiona sd'emozione estetica, si traduce questa in termini ragionativi e sarà un'altra cosa. Fin qui, credo che più o meno, l'accordo c'è: quel che chiedono gli intuizionisti è di dare maggior valore a queste forme intuitive, come percezione diretta del reale; mentre la pura forma ragionativa sarebbe una traduzione della percezione del reale in un linguaggio speciale, quello del discorso. - Credo che cosl abbia posto esattamente i termini della questione che m'interessa. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddingtonl, 9 febbraio 1929
Carissimo fratello, il vostro freddo, per fortuna, non è arrivato qua; a 3% gradi in casa io sarei rimasto assiderato. Spero avrai una buona stufa. Per stare nel sistema di S.S. ho consultato il vocabolario italiano di Mari l . Intuire: apprendere con l'intelletto, spontaneamente, senza bisogno di rifìessione. I1 dizionario inglese di Oxford (il più autorevole e corrente) pone come prima spiegazione alla parola intuizione: Immediata apprensione con la mente, senza ragionamento; - secondo significato: immediata apprensione per mezzo di LETTERA386. 1. G . MARI, Vocabolario Hoepli della lingua italiana, 2 voiì. Hoepii, Milano 1913; p. 1101.
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sensi; - terzo significato: immediata conoscenza intima. Partendo, in filosofia, dal significato corrente al significato tecnico, secondo te il vero sarebbe il secondo significato del dizionario di Oxford, e gli altri per riferimento; invece I'opinione comune tradizionale è per la intuizione intellettiva (l0 significato Oxford) e quella moderna è per la conoscenza intima (3" significato Oxford). H o voluto tornare sulla questione della terminologia per chiarire che dire intuizione non si intende necessariamente, o principalmente, o esclusivamente la conoscenza sensitiva. Uno può dire: badate, io l'uso a questo solo significato; ma non può dire: si deve usare a questo solo significato. Ciò posto, resta la questione che ti ho segnalato nella cartolina precedente; se cioè la intuizione, come sintesi caratteristica di intelletto, volontà (emozione) e sensi attinga la realtà in modo diverso della conoscenza ragionativa e in modo più intimo e profondo secondo Bremond. Spero di aver posto chiaro la questione, e aspetto la tua risposta. Io ci studio per conto mio. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddingtonl, 12 febbraio 1929
Carissimo fratello, ringrazio Dio che tu puoi resistere a un simil freddo, e senza ricorrere ad un riscaldamento straordinario: il che vuol dire che la tua salute è ottima. Io sto bene, grazie a Dio: ogni tanto provo delle stanchezze generali, ma poi mi riprendo. I1 tempo è stato discreto, oggi molto freddo, ma certo non dura. Potresti abbonarmi d ' a Osservatore Romano »? Non ho notizie di costà dacché « L'Italia » sospese di inviarmi la copia che mi mandava d d a sua prima comparsa. Non mi hai dato risposta circa le Encicliche di Leone XIII; né circa il volume di Eschilo, Monti, ecc. Ho cominciato Io studio del tema Chiesa e Stato l . Per intenderci sub-coscienLETTERA387. 1. Cfr. L. STURZO,Chiesa e Stato. Studio sociologico-storico, 2 voll. Zanicheili, Bologna 1958 e 1959; lo studio fu pubblicato per la prima volta in francese, L'Eglise et i'gtat, Editions Internationales, Paris 1937, e poi in inglese, Church and State, London Geoffrey Bles e New York Longmans-Green, 1939.
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za non è una facoltà a sé, come non è, per me, facoltà la coscienza. Sono parole sintetiche atte ad esprimere un dato umano, che ha un valore x che i filosofi spiegano in un modo, i moralisti in un altro, i psicologi in un terzo, i fisiologi in un quarto. Fissato così il valore di queste parole, si possono fare due quistioni: eliminarli dall'uso? io credo che non si possa; chiarire il valore comune a filosofi, moralisti, psico-fisiologisti? Io credo che si debba. Ora a me sembra, pur accettando molto della tua spiegazione, che tu tendi troppo a risolvere i dati della coscienza in conoscenza, cioè intellettualizzi troppo quel che ha un valore completamente sintetico e inscindibile. Così tu riduci la sub-coscienza in memoria. È un semplicizzare? Vale la pena tornarci su. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 18 febbraio 1929
Carissimo fratello, or sono otto giorni si firmava al Laterano la Conciliazione l. Abbiamo ancora piena l'anima di santo gaudio e ringraziamo la È interessante rilevare che qualche giorno dopo questa lettera, uscì su « The Review of Reviews D, di Londra, 15 febbraio 1929, un articolo di Sturzo s d a soluzione della Questione Romana, inserito poi nella Miscellanea londinese, vol. I , cit., con il titolo Discussioni sulla soluzione della Questione Romana, pp. 172-176. È evidente che Sturzo scriveva al fratello sotto l'impressione della firma dei Patti Lateranensi, awenuta 1'11 febbraio 1929. Forse l'ultima sollecitazione a scrivere l'opera Chiesa e Stato venne proprio da questo evento, che potrebbe anche spiegare l'insistenza con la quale chiedeva ai fratello le encicliche di Leone XIII ed altra documentazione. LETTERA388. 1. I Patti Lateranensi furono stipulati l'l1 febbraio 1929, tra il Governo fascista e la Santa Sede, allo scopo di sanare il dissidio tra Stato italiano e Chiesa. Per Luigi Stuno « l a conciliazione (...) era praticamente il risultato di due tendenze convergenti verso un unico fine: da un lato troviamo il fascismo, che avendo fatto del suo Stato una concaione etica totale (noi diremo panteista), ha cercato in tutti i modi di inserirvi la Chiesa, senza perciò perdere il suo carattere laico; dall'aitro lato la S. Sede, che, fi dail'awento di Mussolini, aveva intravisto e inseguito la possibilità di raggiungere la soluzione della questione romana e la sistemazione, a mezzo d'un concordato, dei rapporti giuridici ed economici della Chiesa con lo Stato italiano D. Cosl richiamando le parole del Luigi Sturzo di Chiesa e Stato, cit., F. Piva e F. Maigeri sintetizzano la posizione del fondatore del Partito popolare che seppure appare subire la Conciliazione, non esprime giudizi definitivi. Cfr. F. PIVA, F. MALGERI, Vita di Luigi Sturzo, Ed. Cinque Lune, Roma 1972, p. 329.
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Provvidenza. Lo Schiller è pronto. Te lo manderò col Gentile che halmente spero ricevere fra giorni. L'Iliade (Monti) parmi avertela mandata tempo fa. Certo fra i miei libri non la trovo più. Cerca fra i tuoi. Riprendo il filo. Quando tu dici che la mente intuisce il bello, certo non ti riferisci zll'oggetto fisico né all'intuizione unità di sensazione e intellezione e affettività. La tua intuizione del bello è atto semplicemente mentale. Un atto che non sia intuizione d'un oggetto reale, non potrebbe essere che intuizione d'un oggetto mentale o ideale. Or l'oggetto mentale o ideale è prodotto dalla mente; è dunque creazione sua o sua espressione o sua deduzione e via dicendo. Per dirsi intuizione ci dovrebbe essere nella mente un oggetto, prima non intuito (non conosciuto), poi intuito. Ammettere ciò sarebbe contraddizione. Tu ti preoccupi dell'uso delle parole; io mi preoccupo del valore delle funzioni del soggetto umano. Circa l'intuizione io miro a un problema essenzialissimo, e vorrei che tu a questo volgessi l'acume della tua mente. I1 problema fu posto da S. Tommaso e da lui in parte risoluto, ed è questo: che l'intelletto nella vita presente non esercita il suo potere intuitivo (tranne, per S. Tommaso, circa l'essenza astratta). Fissa ben questo punto. L'uomo con la sua mente non fa nel presente atti d'intuizione vera e propria, che è la percettiva. Forse vedrai quel che a me par chiaro, cioè che la più parte delle oscurità del nostro conoscere derivino da ciò. Sto bene. I1 freddo persiste intenso. Tuo t Mario
[London, Paddington], 19 febbraio 1929
Carissimo fratello, fortunato mortale, che puoi stare a 4% gradi con la stufa spenta. Però non abusare della tua magnifica resistenza al freddo. Qui è veramente eccezionale, ma fin oggi non ho preso un rafEreddore, e grazie a Dio sto bene, benché di tanto in tanto la stanchezza ritorni. La tua ultima cartolina del 15 è molto chiara, e per te definitiva. Io nulla avrei da aggiungere, se non che con ii tuo sistema non puoi combattere l'intuizionismo, perché ti trinceri in due ridotte fosse: 1) intuizione = percezione dell'oggetto
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fisico; e 2) negazione di una conoscenza immediata intima. Io, per conto mio, non ho formulato una tesi in proposito, che mi appaghi e soddisfaccia; però noto che i fenomeni che si chiamano comunemente intuitivi, hanno caratteri non risolvibili in una conoscenza diretta o percezione (sensitiva) dell'oggetto; né nella conoscenza intellettiva dei rapporti. Questo problema, secondo me, rimane irresoluto, o non chiaramente risoluto nelle morse dei due punti, o due colonne di Ercole della tua teoria. Ed io, per ora non saprei aggiungere altro; che sarà meglio tornare a studiare il problema, come mi sono proposto da tempo, ma senza avere le ore disponibili. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddington], 22 febbraio 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto la Rivista ed ho letto anzitutto la postilla sul Prof. Varvello (ben fatta) l e quindi i sonetti di un fiato. Mi sono piaLETTERA390. 1. M. STURZO,Il neo-sintetismo e la critica del Prof. F. Varvello, in << Rivista di autoformazione », gennaio-febbraio 1929, pp. 32-39. Francesco Varvello aveva pubblicato sul primo fascicolo del 1929 della Rivista dei Giovani » un articolo nel quale criticava le tesi esposte da Mario Stuno nel volume I! Neo-Sintetismo come conmbuto aiia soluzione del problema deiia conoscenza. L'intervento mirava a difendere il tomismo e le altre teorie dualistiche dall'accusa di separatismo » in materia di funzioni gnoseologiche, che era loro mossa da M. Sturzo. Al centro del dibattito era la genesi delia conoscenza che M. Stuno spiegava in modo appunto <( sintetistico » - così da salvaguardare, a suo giudizio, l'unità del soggetto - e che Varvello distingueva, invece, in due momenti in principio separati - quello sensitivo e quello intellettivo - e solo in seguito uniti. La polemica riguardava più in generale lo scivolamento verso posizioni crociane e gentiliane che Varveilo rimproverava alle tesi stuniane. Da tali accuse M. Stuno così si difendeva al termine della Postilla: «No, amico mio, questo pericolo non c'è, perché non è nel sintetismo l'essenza deli'idealismo nostrano o straniero, ma nel monismo; e sino a che io professo il dualismo, tra me e gli idealisti c'è l'abisso. Ma come il timore del nuovo ha spinto tant'oltre il prof. Varvello? E non aveva egli detto da principio che S. Tommaso non è separatista? Se non è separatista, per Varveiio sarà sintetista. E se e& rivendica il sintetismo a S. Tommaso, senza paure, perché poi ha paura del mio sintetismo? Bando aiie paure e mano al lavoro. S. Tommaso è un grande, anzi grandissimo, ma non. è un Dio; vide molto, ma non vide tutto, perché a nessun uomo è concesso veder tutto. Restiamo tomisti, ma non diventiamo pedanti, perché il pedantismo, anche in nome di un santo, nuoce d a verità e dispiace agli uomini e a Dio ».
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ciuti come sempre; non tutti egualmente, si sa: ve ne sono dei bellissimi, I l passero, Tormento, Il Problema, ecc. '. Altri sono una traduzione in versi di pensieri o di immagini prosaiche, fatte bene il più delle volte, ma non arrivano ad essere vera poesia, per esempio Epicuro, Ribot. Mentre il I. Giovanni Gentile mi piace assai. Tu dirai: gusti! ed è cod. Quel che mi colpisce in tutto questo tuo poetare è la freschezza' delle immagini e dei sentimenti e la vena giovanile. Possibile che non potrai fare una raccolta stampata bene? Spero di sì. 2. Quanto ai sonetti di cui s'accenna nel testo, si riportano qui di seguito Tormento e Il problema: TORMENTO
Qual destino ogni dì qui mi rirnena
A logorar il già stanco pensiero, Se mi nasconde la sua faccia il vero O w e r in parte me la mostra appena? Spezza, dice un pensier, questa catena, E sii con te più mitemente austero, E torna un poco al florido sentiero Che delie muse al lieto colle mena. Ma io vivo cosl del fier tormento Di fender l'ombra che mi sta d'intorno, Che ogni altra gioia come pena sento; E aspetto il sole che rimeni il giorno, E come si fa d'oro il firmamento, Al penoso lavor con ansia torno. I L PROBLEMA
Quando indietro mi volto a mirar gli anni Deila mia vita, ch'oramai son tanti, Trovo soavi gioie o mesti pianti, Liete sorprese, amari disinganni; Ancor vivono in me gioie ed affanni, Senza l'ansie d'aiior, senza gli schianti, Senza vani desii, senza rimpianti, Senza ch'io conti le conquiste o i danni. Ma se rimiro quel che di me resta, I1 voler svigorito, il corpo lasso, L'anima mia si fa pensosa e mesta; E dico: Quando alfin nel cimitero Coprirà le mie membra un freddo sasso, Sarà spento per sempre anche il pensiero?
I sonetti, raccolti sotto il titolo Il canto dell'anima, furono pubblicati sullo stesso numero della a Rivista di autoformazione », pp. 43 ss.
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I due articoli e la nota 3, hanno il solito valore della chiarezza e della costanza delle tue idee. La nota mi ha interessato particolarmente, perché ho trovato eco delle nostre discussioni. I1 tuo pensiero sulla intuizione mi è così più chiaro, che non mi riusciva spezzettato nelle cartoline; anche perché a dieci giorni di distanza tra lo spedire della mia cartolina e il ricevere la tua, non ho più presente quello che ho scritto. Questo tuo articolo e nota farò punto di partenza per un migliore studio sull'intuizione ed eventuale ripresa di discussione. Ricevo la tua del 18. L'Iliade forse sarà a Roma nelle casse, di là è impossibile avere un libro. Qui il freddo è diminuito. Io sono stato poco bene per la solita stanchezza e palpitazione. Ora sto meglio. Prega per me. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 26 febbraio 1929
Carissimo fratello, anche qui oggi neve e bel vento di levante, freddo gelato. È uno scorcio d'inverno rigidissimo che speriamo passi presto. Io sto bene e lavoro. Non ti scrivo più dell'intuizione di cui mi torni a parlare nella tua del 22 c.m., perché, come ti ho scritto, farò punto di partenza (se occorre) l'articolo e la nota della tua Rivista. A proposito, nella Postilla a Varvello l, pag. 34, tu affermi che
3. M. STURZO,Il punto specifico del neo-sintetismo e Circa il per sé noto, in «Rivista di autoformazione », numero citato, pp. l ss. e 14 ss. La nota cui Sturzo si riferisce (ibid., pp. 25-31) è un'aggiunta che Mario fece al secondo arti col^ per chiarire il proprio concetto di intuizione. Ancora una volta al centro è il problema della conoscenza. M. Stuno intendeva rispondere a quanti, condividendo il concetto corrente di intuizione - qualcosa di molto vicino alla « divinazione » e ali'« interpretazione » -, ammettevano che esistessero funzioni conoscitive che sfuggivano alla «razionalità » e che rientravano nel campo del « non categorizzabile ». Tutto l'intervento mirava a sostenere che « nelia conoscenza tutto è conoscenza e tutto 2 razionale o. LETTERA391. 1. Cfr. nota 1 delia lettera precedente. Si riporta per intero il passo a cui L. Stuno si riferisce: « Al prof. Varvelio sarà sfuggito che io nego che neli'uomo ci siano due coscienze, una sensitiva e una intellettiva, perché io nego che la coscienza sensitiva sia una facoltà diversa dalle facoltà percettive e perché nego che
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« la coscienza è la stessa conoscenza », e « l'atto della coscienza lo stesso atto conoscitivo ». Ora desidero sapere se tu opini che
questi due atti abbiano la medesima portata o abbiano diversa portata. Sembrerebbe di sì, da quello che tu aggiungi. Ora lo stesso è a dire dell'atto della volontà, che è un atto cosciente e anche dell'atto sensitivo, che partecipa ad una certa coscienza in quanto è sensitivo, e non puramente fisiologico. Onde non è l'atto conoscitivo in quanto tale atto di coscienza, ma tutti gli atti umani, in quanto umani sorio atti di coscienza. Possono essere diretti o riflessi, ma quando non sono coscienti o sono incoscienti o imperfettamente coscienti, cioè sub-coscienti. Ecco perché, nel linguaggio comune, e in quello moralistico specialmente, si parla di coscienza come un riflesso sintetico di idee-sentimenti-ricordi, ecc. Credo che tu faresti bene a tener conto di tutto ciò anche quando hai ragione di affermare che coscienza è conoscenza. I o direi: ogni conoscenza è cosciente, e ogni atto di coscienza è anche di conoscenza; ma non posso ammettere la completa e unica convertibilità coscienza=conoscenza, né più e né meno. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
nell'uomo ci sia una vera fuSnzione sensitiva pura d'ogni intellezione. Per me la coscienza è la stessa conoscenza, l'atto della coscienza lo stesso atto conoscitivo; giacché se così non fosse, l'atto conoscitivo, per sé, sarebbe incosciente, e solo si farebbe cosciente per l'atto di un'altra facoltà; la qual teoria ripugna, perché ripugna che l'atto conoscitivo, da sé, non sia atto conoscitivo. I1 Varvello poi scrive che "l'unità del soggetto, nell'uomo, viene attestata dali'una e dall'altra coscienza" non tenendo presente il valore del passo di S. Tommaso, da lui poco prima riportato che "intelligere, proprie loquendo, non est intellectus, sed anirnae per intellecnun". Se dunque la coscienza intellettiva è lo stesso intelletto, come afferma ogni buono scolastico, e se non inteliige l'intelletto, ma l'anima; come potrebbe esso intelletto da sé attestare l'unità del soggetto? Ma come potrebbe la coscienza sensitiva attestare l'unità del soggetto umano, che è anche intellettivo, se il senso (e questo è certo) non può fare atti intellettivi? Se ci fossero dawero due coscienze neli'uomo e se la coscienza potesse davvero attestar qualche cosa, la sensitiva attesterebbe la soggettività sensitiva, l'intellettiva attesterebbe la soggettività intellettiva, e nessuna potrebbe attestare la soggettività vera, che è sintesi di sensitività e intellettività » (pp. 34-35).
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London, 2 marzo 1929
Carissimo fratello, ieri la tua solita cartolina non arrivò; né è arrivata oggi; domani domenica, non si distribuisce posta, sicché dovrò attendere, per avere tue notizie, fino a lunedì; e mi sembrano troppo lunghi sei giorni dall'ultima tua. Spero che starai bene; io sto bene; oggi giorno mite, e sto per andare a passeggio al parco, che già si ridesta per la primavera, che sta per venire. S.S. ti fa sapere che sarebbe disposto a mandarti un po' più in là un suo studio su Storicismo e trascendenxa ' e desidera sapere se ti piacerebbe di averlo oppure no. Che in questo secondo caso si rivolgerebbe ad altra rivista. Col tuo comodo me lo farai sapere e io glielo dirò. Che ne dici del volume su G. B. Vico della Università Cattolica2? io l'ho .e sono disposto a leggerlo, ma non ho avuto tempo fin ora. Ho finito di leggere Moi, Juif di René Schwob 3: è un giornale biografico spirituale e di pensiero, in cui si vedono i passi della sua conversione. È interessante e vi sono pagine belle, ma è diseguale e non sempre sicuro. Come studio di psicologia spirituale ha il valore di un documento. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi In questo momento ricevo la tua del 24 e fo a tempo a impostare questa.
[London, Paddington], 5 mano 1929
Carissimo fratello, ieri ho cominciato a ricevere l'« Osservatore Romano» e la prima notizia che vi leggo è quella dei funerali a Berlino del carissimo Carlo Sonnenschein; te ne ricordi '? E che perdita per Berlino! Prete così zelante, intelligente e disinteressato non ne ho conoLETTERA392. 1. S. S., Storicismo e trascendenza, in « Rivista di autoforma. zione », anno 111, fasc. IV, luglieagosto 1929, p. 191 ss. 2. AA.W., Volume commemorativo nel secondo centenario della pubblicazione della Scienza Nuova, Vita e pensiero, Milano 1929. 3. Cfr. nota 2, lettera 375. LETTERA393. 1. Vedi nota 1, lettera 83.
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sciuto. È morto a 52 anni. Preghiamo per lui. Lo avevo rivisto due anni e più fa, a Bonn, e lo avevo trovato molto sofferente. Gli hanno fatto funerali degni di lui. Mai ricevetti il Monti-Eneide '. Forse andò perduto: che peccato! Mi piace leggere il Romagnoli. Mandamelo pure: in lui si sente assai più Omero che in Monti. Circa l'intuizione non ho formulato completamente il mio modo di posare la questione e il tentativo di risolverla, per conto mio, perché non ne ho avuto tempo. Lo farò certo, perché il tuo modo di vedere non mi soddisfa completamente, benché sia giovato a correggere certe mie idee. Non posso consentire con te e con S. Tommaso circa la formula scrittami il 24 febbraio - cioè che << l'anima unita al corpo non esercita il suo potere intuitivo e solo esercita il suo potere razionativo D. Questo sarebbe un vero e proprio razionalismo. Tu aggiungi che intuisce in unione coi sensi. Ma tu non dirai che ragiona senza qualsiasi materia sensitiva. I1 così detto astratto è sempre formulato in maniera e con mezzi concreti e sensitivi, come le parole e la scrittura, le imagini e ogni altra sensibilizzazione di idee. Fra la raziocinazione e l'intuizione non sono i sensi che fanno la differenza. La differenza deve essere nella diversa ragione di sintesi. Sto bene. Tempo discreto. Un abbraccio, tuo Luigi L'ultimo sonetto bellissimo 3! Oh! sì. 2. Lapsus per Iliade. La famosa traduzione del Monti in endecasillabi sciolti è del 1810. La versione del Romagnoli, in prosa, è del 1924. 3. M. STURZO,Danza d'anime, in Rivista di autoformazione >>, anno 111, fasc. I, gennaio-febbraio 1929, p. 59. Eccone il testo: DANZA D'ANIME Volano verso il tuo sublime trono L'anime trepidanti a milie a mille, Dai corpi onde la morte dipartiiie, A sentir la condanna od il perdono. Balzan dal n d a di tua voce al suono L'anime come pioggia di scineille Per monti e vaiii, per cittadi e ville, Con sé recando della vita il dono. Salgon suso al giudizio che suggella Di ciascuna la sorte in sempiterno; Scendon la prole ad animar noveila, Perennemente, senza posa o mora, Sia giorno o notte, sia l'estate o il verno, I n ogni istante che compone l'ora.
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[London, Paddington], 8 marzo 1929
Carissimo fratello, ho avuto tre giorni di una assai leggiera influenza. I1 massimo della febbre è stato 37.3. Solo due giorni a letto. Ora sono alzato, oggi sono uscito per una mezz'oretta. I1 medico mi ha prescritto una cura ricostituente, per cacciare i residui dell'influenza. I1 tempo è tornato mite, e si sente la primavera. Non riprendo la discussione con te, solo ti prego di scrivermi sul seguente dubbio. 1) Ammesso, come io credo di accordo con te, che ogni conoscenza è sintesi di percezione sensitiva, atto intellettivo, e atto volitivo, e che lo stesso si dice e dell'intuizione, e della conoscenza razionativa, e della conoscenza come conoscenza; qual'è, non nell'effetto, ma nella causa sintetizzante, l'elemento discriminante, sì che una sintesi si possa appellare intuizione, altra conoscenza ragionativa e altra coscienza. 2) Un altro quesito: secondo té, può accettarsi la tesi che il soggetto umano, come ogni soggetto contingente sia sempre in atto, e sia sempre in potenza, l'uno e l'altro relativi, e l'uno e l'altro compientesi e superantesi? I n questi giorni di influenza ho letto una parte del Concilio di Costanza del P. Tosti '. Ma mi è riuscito pesantissimo, forse a causa della mia febbretta. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddington] , 11 marzo 1929
Carissimo fratello, stamane speravo ricevere la solita cartolina, ma arriverà o stasera tardi o domattina. Io ti scrivo per non farti stare in pensiero e darti mie notizie. Oggi è il primo giorno che ho ripreso il mio ritmo normale di orario e di lavoro. È un bel giorno primaverile. Anche la stanchezza dell'influenza è assai diminuita. Ringrazio il buon Dio che ha tanta bontà per me. H o letto il Tomismo LETTERA394. 1. Cfr. nota
3, lettera 159.
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e la civiltà di Maritain nella Rivista di Filosofia neo-scolastica ' - mi pare che si faccia una gran confusione tra le verità del Vangelo e loro efficacia, e un sistema filosofico, che non resta più sistema filosofico. Non consento affatto sul concetto di individuazione e la sua proiezione nel pensiero moderno 2. È esatto che S. Tomaso dichiara che il conoscere è essenzialmente atiiuo ? Si può dire che la dottrina tomistica è lo strumento proprio della vita intellettuale della Chiesa ? Quel che c'è nella conclusione (N. 20) oggi è superato nella coscienza moderna. Almeno sembra a me. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
LETTERA395. 1. J. MARITAIN, Il tomismo e la civiltà, in «Rivista di filosofia neo-scolastica », gennaio-febbraio 1929, pp. 12-33. 2. Riassumendo il pensiero di S. Tommaso a proposito del conflitto « dell'individualismo e della personalità » Maritain scrive: « E che cosa ci dice in proposito il filosofo tomista? Mentre la personalità si fonda sulla sussistenza dell'anima umana, esso ci dice che l'individualità come tale è fondata sulle esigenze proprie alla materia, principio d'individuazione perché principio di divisone, esigendo essa di occupare una posizione e di avere una quantità per cui ciò che è qui sarà differente da ciò che è altrove. Di modo che come individui non siamo che un frarnmento di materia, una parte, distinta, sì, ma parte, di questo universo [...l E se con tali frammenti d'individui uno stato dovrà costruirsi, d o r a con tutta logica, l'individuo, non essendo che una parte, verrà annesso interamente al tutto sociale, non esisterà che per la società, e cosi si vedrà l'individualismo portare naturalmente al despotismo monarchico di Hobbes, oppure al despotismo democratico di Rousseau, o al despotismo dello Stato-Prowidenza e dello Stato-Dio di Hegel (ibid., p. 20). 3. « Così, fin dall'inizio, Tomaso d'Aquino pone la conoscenza in assoluta dipendenza riguardo all'oggetto. Ma allo stesso tempo dichiara che conoscere è qualche cosa di essenzialmente attivo, vitale e spontaneo » (ibid., p. 23). 4. « I privilegi della dottrina di S. Tomaso di cui ho parlato in principio non si spiegano se fion perché S. Tomaso è veramente il Dottore comune della Chiesa se non perché questa dottrina (anche se la Chiesa non la impone mai come dogma di fede in quanto è una sintesi umana) è lo strumento proprio della vita intellettuale della Chiesa. Questo è il punto capitale. Ed è ciò che la conserva cosi pura, come l'uomo da solo non sarebbe capace di fare, è ciò che le assicura quel grado sommo di spiritualità e di universalità che la rendono veramente cattolica e che la proteggono da qualunque restrizione o particolarizzazione che potrebbero esserle apportate dai mezzi di cui si serve » (ibid., p. 31).
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[London, Paddington], 14 marzo 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 7 c.m. - con dispiacere ho appreso la morte del buon amico D. Vincenzo Vaccaro, e ti prego di fare le mie condoglianze a Mario. Come vanno via le nostre amicizie e conoscenze! così ci awisano che si awicina il tempo anche per noi. - Vico m'interessa molto, e vado leggendo il volume comm e m o r a t i ~con ~ piacere. Non tutto è scritto bene, ci sono delle superficialità, ma credo che giova il conoscerlo. Leggerò anche quello di Croce '. Sto bene; i residui dell'influenza sono lenti a passare, e nei giorni freddi mi tengo con maggior cura. Io penso che sarebbe tempo di tentare una raccolta dei tuoi versi, o meglio una scelta che serva come di contorno ai libri filosofici e non costi molto. Bisogna però avere un buon editore rinomato. - Io penso a Zanichelli di Bologna. Dacché col freddo lavori bene e col caldo soffri tanto, dovresti pensare a non farti cogliere ii Sicilia dall'estate intensa, e andare a villeggiare in un clima temperato. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi i
[London, Paddington], 17 mano 1929
Carissimo fratello, ricevuti i libri e la tua del 10. I1 discorso di G. Gentile è una cosa insignificante. Nella « Rivista neo-scolastica » ho visto la critica di un saggio di R. Lazzarini l . Ricordo che un tempo, molto addietro, fui in corrispondenza col Lazzarini e lo trovai molto inLETTERA396. 1. Cfr. B. CROCE,La filosofia di Giarnbattista Vico, Latena, Bari 1911. Probabilmente Stuno si riferisce all'edizione del 1922. LETTERA397. 1. Cfr. G.BONTADINI, Volontaristi italiani, in « Rivista di filosofia nmscolastica », gennaio-febbraio 1929, pp. 70-85. I1 saggio a cui la critica fa riferimento è quello di RENATO LAZZARINI, Saggio di una filosofia della salvezza, Libreria di cultura, Roma 1926. Su Bontandini cfr. anche lettera 580.
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teressante, benché vagolasse tra l'idealismo e il volontarismo. Certo che i tentativi dei volontaristi sono interessanti, per uscire dalla cerchia chiusa dell'intellettualismo passivo. I1 Bontadini dice che l'intellettualismo tomistico è attivo, ed io non me ne rendo conto esattamente. Certo che il sintetismo da te concepito è attivo e creativo; ma a me sembra che sia ancora troppo intellettualistico. Quel che lo rende, per me, la teoria dell'awenire, è la teoria della conoscenza come valore relativo, e della volontà come conoscenza appetitiva. Risolve molti problemi. Peccato che non c'incontriamo sulla questione dell'intuizione. Ma io credo che si tratta di diflerema di nomenclatura. Ci ritornerò appena avrò meglio studiato il problema. - Sto benino; gli strascichi dell'influenza non se ne vanno presto, e il freddo umido di questi giorni non mi permette di fare dei buoni passeggi. Che ne dici della polemica Guzm-Mazzantini 2 ? - Aspetto il Romagnoli e se hai, anche le Tragedie di Eschilo. Ti comincio fin da oggi a farti gli auguri pasquali. Prega per me. Salutami tutti gli amici. H o scritto i miei auguri e omaggi a Mons. Lavitrano, che conobbi parecchio tempo fa. Mi sembra ottima scelta. Un abbraccio, tuo Luigi
2. Cfr. A. GWO, Neo-scolastica e idealismo, in «Rivista di filosofia nascolastica », ibidem, pp. 34-69. L'articolo contiene la risposta del prof. Guw, ali'articolo di Carlo Mazzantini, Sopra una filosofia dell'kione assoluta, pubblicato sulla rivista nel fascicolo novembre-dicembre 1928, in cui si facevano rilievi a un libro deiio stesso Guzzo. Le posizioni dei due studiosi sono così riassunte in una nota pubblicata in appendice ai citato articolo di A. Guzzo, Neo-scolastica e idealismo: « I l prof. Guzzo nel suo esposto ha inteso: 1) mostrare che dallo stesso domma cattolico si pub forse cavare una filosofia che fondi l'antologia del dato su l'etica del libero volere divino; 2) mostrare che i'idealismo, con la sua affermazione che solo l'universale è individuo e persona, fonda, non nega, gl'individui empirici. D e h quale affermazione idealistica si cerca di mostrare la compatibilità col domma e il preciso significato filosofico. I1 prof. Mazzantini insiste: 1) sulla realtà delle cose sensibili e sull'oggettività deiie verità inteagibili, l'una e l'altra indipendenti dai pensiero umano; 2) suila legittimità del cosidetto argomento cosmologico, come processo dimostrativo che fondandosi su tale realtà e tale oggettività, conclude al Pensiero Divino come suprema Causa Efficiente deila prima e suprema Causa Esemplare della seconda; 3) sulla necessità di ammettere la separazione fra gl'individui reali finiti, e la trascendenza rispetto ad essi, e rispetto a tutte le loro azioni alcune delle quali contingenti e liberamente volute del Pensiero Divino come Atto Puro » (p. 69).
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[London, Paddington], 20 marzo 1929
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Carissimo fratello, ricevo quasi contemporaneamente le tue del 13 e del 16. Sto bene; si comprende che ho cura di non prender freddo, e quest'anno ho rinunziato a sentire i bei concerti del periodo della Passione. Pazienza. Hai piena ragione nel pensare che la teologia soprannaturale non è filosofia, e che le sistemazioni scolastiche non sono definitive, come nessuna sistemazione. Però servono sempre i valori acquisiti per i successivi acquisti; e in ciò la s~olas~tica è importante e viva anche oggi. Ho letto il volume commemorativo di G. B. Vico dell'univ. Catt. Vi sono studi interessanti, quelli di Chiocchetti e quelli di P. Rotta. Ora sto leggendo La filosofia di G. B. Vico di B. Croce (2" Ediz.), non so se è la edizione ultima. L'ho trovato presso un rivenditore 'di libri vecchi per tre scellini, (circa 14 lire). Vedo dove tende Croce; ma mi sembra uno sforzo. Però il contegno della critica dei cattolici del passato, può dar ragione a Croce, perché Croce identifica il cattolicesimo con lo scolasticismo il meno evoluto. - Te ne scriverò. - Credo che Desclée abbia pubblicato la collezione in latino delle Encicliche di Leone XIII; se è così le desidererei. Mi dispiace che ti annoio un poco per libri che desidero, ma tu puoi dirlo a qualcuno dei tuoi del Seminario ad occuparsene. Io qui non ho cataloghi né modo di riceverne. Sono con te d'accordo che le sintesi specifiche siano modi della sintesi fondamentale; però questa tesi la vorrei approfondita, sì da arrivare a spiegare (non giustificare) le due correnti moderne della filosofia francese: il volontarismo e l'intzrizionismo. I1 Tosti nel Concilio di Costanza fa teologia incerta (egli scriveva prima della definizione dell'infallibilità) e della polemica noiosa con quegli uomini, specialmente con Gerson che poi era un grand'uomo. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 23 mano 1929
Carissimo fratello, apprendo con piacere che l'organizzazione parrocchiale continua a svolgersi e a progredire nella tua diocesi. Fu una delle
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tue prime preoccupazioni pastorali, e il Signore ha benedetto le tue sollecitudini. I1 volume commemorativo su G. B. Vico dellJUniversità Cattolica di Milano è del 1926, per ricordare il 2" Centenario di Scienza Nuova (1725) l . Non è il caso occuparsene, perché in ritardo. Ho finito di leggere il libro di Croce sulla filosofia di Vico ', ed è molto ben fatto; solo due appunti gli si debbono fare e molto gravi; che egli non comprende affatto il cattolicismo di Vico, come coerente alle teorie di Vico o non ripugnante; e che egli il Croce confonde il cattolicismo, religione, con le teorie filosofiche e storiche più retrive e meno razionali, che sono servite mano mano a interpretare il fatto religioso del cattolicismo. Purtroppo lo storicismo, da Vico in poi, è stato guardato con sospetto dai più dei cattolici, e quelli che l'hanno praticato, l'hanno fatto parzialmente, per istituti (specialmente giuridici) o per correnti di pensiero (specialmente letterari) e mai per lo svolgimento della storia come realtà, e quindi convertibile con la filosofia. I1 Vico fu non solo un credente, ma un filosofo-cdente; e il tentativo di Croce, di scindere il valore perenne della sua filosofia, dalla corrente cattolica, e farne un precursore dell'idealismo, non è giustificato in sé, ma da due fatti estrinseci, che i dati vichiani furono sviluppati e utilizzati dallo storicismo e dalla filosofia idealistica; e che i cattolici combatterono Vico, proprio in quei termini, sui quali s i fondavano le sue migliori concezioni. Ora è l'inizio della rivendicazione dei cattolici. Ma non a parole. Sto bene. Auguri pasquali. Un abbraccio, tuo Luigi 400 [London, Padciington], 26 marzo 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 22 c.m. Sto molto riguardoso e curo come di dovere i resti dell'influenza; ma il clima variabile di questa primavera mi fa un po' soffrire. Del resto sto bene. Pensavo che sarebbe stato bene evitare le sofferenze del caldo che avesti lo scorso anno e anche due anni fa. Ma forse Gela sarà un bel sito per te. Non pensi di andare a Roma in questa primavera? e di LETTERA399. 1. Cfr. nota 2, lettera 392. 2. Cfr. lettera 396 nota 1.
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fare una corsa verso Santa Maria? Nelina mi scrive che per ora starà a Roma e non torna a Caltagirone. Blondel fu minacciato di vedere il suo libro sottoposto al S. Ufficio; ma Pio X gli concesse di no, se egli ritirava le ultime copie rimaste in circolazione e di non fame (per allora) altra edizione. Blondel secondò i desideri di Pio X. Passate le preoccupazioni moderniste, e anche l'offensiva dell'dction Franqaise, che allora passava per difensore della Chiesa, la posizione ortodossa di Blondel si è rafforzata, ed ora non solo circolano le edizioni dell'Azione, ma i commenti di alunni e ammiratori. Blondel cerca di deviare le correnti bergsoniane, che sono fortissime, anche presso i cattolici, come tu vedi nel Bremond. Di fronte vi sta Maritain, ma con la caduta dell'Action Frangaise, la stella di Maritain va tramontando. Che mélange di filosofia, politica e arte. Ma così è stato sempre in Francia più che altrove. Vedi di farmi avere la edizione della Scienza Nhva di Vico (la 2" Scienza Nuova), curata da Laterza l . Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
London, 28 marzo 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto una lettera del Prof. De Ruggiero che mi ha fatto dispiacere e meraviglia insieme: già non mi dovrei meravigliare di nulla! Egli mi dice che ti ha scritto intieramente la verità: come mi duole che io debba farti così ombra! Chissà se Vallecchi fosse disposto? Scrivi al Prof. Codignola. Ma ne parleremo anche di presenza. Non ti consiglio di perdere tempo né con l'Internazionale, né con Marietti. Forse l'Editrice Fiorentina. Ma tutti sono sotto l'influenza del neo-tomismo, che va divenendo una specie di... setta. Questa dovevo farla per gli auguri pasquali: la riceverai, credo, il giovedl santo sera o il Venerdì santo mattina: giorni che ricordano la Passione e il Dolore. È bene che, proprio in questi LETTERA400. 1. G. B. VICO,LA scienza nuova, a cura di F. Nicolini, Laterza, Bari 1928. LETTERA401. * Lettera su carta non intestata.
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giorni, tu sappia che io da alcuni mesi vado soffrendo una pressione, alquanto angustiosa, da parte di quelle persone che tu sai, e che facevano già la seconda prova con me quando tu eri a Roma, e andasti a parlare e con l'una e con l'altra persona. Ho ceduto su tutto, ma l'ultima richiesta mi ha lasciato perplesso ed ho preso tempo, in vista della tua prossima visita a Parigi. Onde, passando da Roma prima vedrai l'amico che verrà a trovarti subito e del quale oggi non ti faccio il nome, ma lo saprai quando arriverai a Roma; e poi vedrai o l'una o l'altra. Tutto a titolo di semplice informazione (che io non ti posso dare di qua). Quindi ci parleremo a Parigi, e poi si vedrà la linea da tenere al tuo ritorno. Io sono molto tranquillo e spero che non mi mancherà l'aiuto di Chi solo invoco in questo momento, come pel passato, e come sempre. Dunque, ti attendo il 16 aprile, non più in là: io andrò qualche giorno prima per combinare l'alloggio e tutto. Ho piacere di rivedere Fondacaro. A Parigi si usa la veste talare, quindi non occorre abito corto. Vedi di prepararvi tu e Fondacaro, il passaporto a tempo, con tutti i visti occorrenti, altrimenti non sarà possibile venire e si dovrebbe tardare. Già è troppo limitato il tempo di 15 giorni. Dammi tue notizie, specialmente per gli occhi. Riposa prima di partire dalle fatiche pasquali. Di nuovo auguri con il più vivo fraterno affetto, tuo Luigi
[London, Paddington], 29 mano 1929
Carissimo fratello, stamane non ho ricevuto la tua solita cartolina, perché il Venerdì Santo qui non si fa distribuzione postale. La riceverò domattina. Io intanto ti scrivo per non farti mancare mie notizie. Sto bene, benché la stanchezza del post-influenza non sia passata. Non sono neppure andato alle funzioni sacre, per evitare affollamenti e colpi d'aria. Ma ieri ed oggi qui un bel sole e un bel caldo.
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Hai letto la nota di De Ruggiero su E. Meyerson l ? È ben fatta, benché qua e là vi siano le solite incomprensioni degli idealisti. Essi vorrebbero che tutto il mondo pensasse come loro. Per loro l'idealismo non è solo filosofia, è religione! Per quale strana idea Benedetto Croce chiama l'Estetica e la Politica scienze diaboliche? Per lui non c'è pensiero cristiano fuori del Medio Evo (pag. 155, « Critica D) *. Hai letto la nuova stroncatura di Papini LETTERA402. 1. G. DE RUGGIERO, Note sulla più recente filosofia europea. V. Emilio Meyerson, in «La Critica », anno XXVII, fasc. 11, mano 1929, pp. 104113. La nota riguardava uno dei temi allora più dibattuti daila filosofia francese: il problema delle scienze della natura dal punto di vista della loro validità in campo gnoseologico. Analizzando il pensiero di Meyerson, contenuto soprattutto nelle sue tre opere principali Identité et réalité (1908), De I'explication dans les sciences (1921) e La déduction rélativiste (1925), De Ruggiero intendeva dar voce ad una tendenza che lui stesso definisce «idealistica », e che vedeva attestata anche d d e tesi di Brunschvicg. I1 merito che l'autore attribuisce al pensatore francese, che aveva esordito come cultore di scienze naturali e che solo in seguito si era avvicinato a temi più propriamente filosofici, è quello di aver dato alla « trama concettuale creata dal pensiero scientifico» il significato non più di un «contributo soggettivo e convenzionale» (così come volevano gli orientamenti espressi da Poincaré, Duhem, Bergson e soprattutto Le Roy in polemica con le tesi materialistiche e positivistiche), ma di un « elemento integrante e costitutivo del mondo deiia scienza D. 2. Riportiamo il giudizio di Croce, citato da Sturzo, quale risulta nella recensione al volume di Quintino Cataudeila, Critica ed estetica nella letteratura greca cristiana, Bocca, Torino 1928: «Bisogna essere riconoscenti a coloro che, con dottrina, pazienza e sagacia, compiono lavori in terreno ingrato, ricercandovi ciò che non vi nasce spontaneo e ferace o vi s'incontra solo come germe soffocato e pianticella intristita; e riconoscenti in ispecie a quelli di essi che, come il Cataudella, non alterano la qualità e non esagerano l'importanza delle loro ricerche, e si comportano vigili e cauti nei loro giudizii. In verità, l'estetica e la critica d'arte - dopo il suo periodo ingenuo, che non staremo a caratterizzare ancora una volta, e che fu quello greco-romano - non poteva sorgere davvero se non quando si fosse insieme ridato valore al sensuoso e immaginoso, e al tempo stesso posto il nuovo concetto di spiritualità come autonomia; il quale moto di pensiero s'inizia in modo spiccato col Rinascimento. Credo di aver detto altra volta che due nuove scienze sono le vere scienze diaboliche o di nuwa divinità del mondo moderno, i' E s t e t i C a e la P o l i t i C a o Economia: entrambe ignorate o negate dal pensiero medievale e cristiano, entrambe indirizzate a rendere saldo i'immanentismo o addirittura a renderlo possibile, perché un pensiero staccato dal sensibile e una morale staccata dall'utile tengono sempre aperta la porta al trascendente. Se ciò è vero, come a me sembra indubitabile, è vano cercare speculazioni di estetica nei padri deila chiesa e negli altri scrittori schiettamente n i stiani, per la contradizione che no1 consente. Vi si potrà trovare, e anzi vi si trova di certo, un più alto sentimento e concetto della vita spirituale; si potrà osservare che questo più alto sentimento e concetto era premessa necessaria per il sorgere di quella teoria dell'arte che gli antichi non potevano veramente conseguire. I1 che è verissimo, come è verissimo che anche la negazione dell'arte o la sua riduzione
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fatta da B. Croce (pag. 137)? Ho un dubbio che B. Croce ha ragione. Conosci 1'~vaigelosecondo Giovanni di Zanfrognini '? Che opinione ne hai? Fo punto, penso alla processione del Cristo morto a Caltagirone, e mi pare di essere là, in mezzo ai miei amici e con la folla dei miei ricordi. Di nuovo auguri Pasquali anche a tutti gli amici, specialmente a Mons. Fondacaro. U& abbraccio dal tuo Luigi ad allegoria fu, in modo negativo, stimolo possente ali'affermazione moderna. Ma ciò conferma che di critica e di estetica presso quegli scrittori non se ne può trovare. B. C. ». Cfr. « La Critica », marzo 1929, pp. 155-156. 3. Croce « stroncò » l'opera di Papini, Gli operai della vigna, Vallecchi, Firenze 1929: « Questo scrittore, ormai decilustre - scriveva sulla « Critica » - che da una trentina d'anni pubblica riviste su riviste e volumi su volumi, possiede senza dubbio, queiia che si suo1 chiamare la vena dello scrittore, queiia facilità di adoperare parole e forme, della quale sono sforniti altri che, pur avendo c e ~ e l l oe cuore, non si formano a scrittori senza qualche stento (sebbene, così stentando, pervengano ad opere vigorose e succose). Senonché alla sua vena di scrittore non rispondono né la forza deiia mente, né l'abbondanza del serio e raccolto e tenace e verecondo sentire. Perciò egli non può, in fatto di critica, spingersi !!p innanzi di qualche singola osservazione appropriata; né, in fatto di sentimento, piu innanzi di qualche fuggevole espressione di affetto, di qualche fresca impressione recatagli da uomini e cose. Se avesse saputo educarsi e vigilarsi severamente, avrebbe scritto non molte pagine, ma buone, e forse migliori di quelle poche che le persone di gusto possono ora trascegliere dai suoi troppi volumi e, pur con qualche riserva, lodare, praticando verso di lui quella giustizia che egli non osserva verso altrui. Ma, disgraziatamente, in lui c'è prepotente, invincibile, connaturato, - tale da non abbandonarlo mai né giovane né vecchio, né uomo del disordine né uomo deli'ordine, né blasfematore né pio, né ateo né cattolico -, il demone dell'esibizionismo, del cerretanesimo, d d a miserabile vanità, che vuol sempre suscitare intorno a sé meraviglia o scandalo, sorprendendo e ingannando l'immaginazione deila gente. E questo impulso è l'effettivo ispiratore della massima parte deile sue pagine, ed esso compone i suoi volumi, tutti, non esclusa la cosiddetta Storia di Cristo; ed esso lo induce ad atteggiarsi a uomo terribile, che poi non atterrisce nessuno, a ingiuriatore e calunniatore, che non ferisce i calunniati e gl'ingiuriati, perché, in fondo, questi sanno che egli non ingiuria né calunnia per malvagità ma per innocua vanità, e gli usano indulgenza vedendo che, senza quei gesti e quei detti, non potrebbe fare scorrere la sua "vena di scrittore" non potrebbe asciugare il calamaio che ha sempre grosso e pieno sul suo tavoliio. La sola meraviglia che io provo a questo spettacolo (che, ripeto, dura ormai da più decennii) è come mai egli, che poi non è uno sci-, non si sia ancora annoiato di questo suo giuoco, del quale è così evidente e noto il meccanismo. E vero che par che abbia pronta verso sé stesso la scusa: "Gli è che sono rimasto giovane..." (p. 216). Male essere stato giovane a quel modo; male rimanere giovane a quel modo; male, in ogni caso, rimanere giovane, quando la vera gioventù spirituale è, per l'adulto, saper essere adulto e, pel vecchio, saper essere vecchio. B.C. ». Cfr. c< La Critica », marzo 1929, n. 177. 4 . P. ZANTBOGNINI, L'Evangelo secondo S. Giovanni, Latena, Bari 1927. '
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[London, Paddington], 2 aprile 1929
Carissimo fratello, aspettavo oggi la tua solita, ma non è venuta; e io sono in ritardo di un giorno con la mia, perciò ti scrivo per non farti mancare mie notizie. Sto meglio; i postumi dell'influenza vanno passando. Abbiamo avuto tre giorni belli, ora di nuovo venti freddi. Però siccome io sto meglio, soffro meno del freddo. Leggo nella « Vie Catholique » ' di Paris (3 Rue Garanqière - Paris VIme)la recensione di un libro dal titolo: Les chemins de la Montagne par René Leyuraz - Collection Ars et Fides - Bloud et Gay éditeurs - 3 rue Garancière - Paris (VIme)ed è l'itinerario di un convertito con la prefazione di C. Journet, professore di teoIogia a Friburgo. Dice che è un'opera rimarcabile, dal punto di vista della psicologia di un convertito. Te la segnalo per i tuoi studi, tanto più che il Journet pare abbia la tesi opposta alla tua, nella prefazione. Avrei tante cose da scriverti, ma stasera è tardi e fo punto. Ad altra cartolina. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
LETTERA403. 1. Si riferisce alla recensione al volume di René Leyuraz, Les chemins de la Montagne. Itinéraire d'un converti, Coiledon Ars et Fides, Bloud et Gay, Préface de i'abbé Ch. Journet, professeur de théologie au grand séminaire de Fribourg. Autore delia recensione Gaston Tessier. Cfr. L'itinéraire d'un converti. Du rnarxisme It L'ordre socialchrétien, in «La vie catholique», 30 mano 1929, p. 11. I1 Tessier metteva in luce come l'autore del volume recensito, di origine protestante, era diventato militante socialista, aveva ricostituito una saione del partito socialista del Vaud a Leysin (Svizzera). Avendo dovuto lasciare Leysin, soggiornò a Costantinopoli, dove a poco a poco passò dai marxismo al cattolicesimo sociale. Sempre con riferimento alla biogrdia di Leyuraz, osservava il Tessier: « Une cause de trouble subsistait dans l ' h e du converti. Quelie attitude prendre, en face des injustices et des désordres sociaux? Est-t-il vrai que i'EgLise ait lié son sort à celui du capital, associé sa doctrine à celie du libéraiisme économique? La découverte du catholicisme social devait calmer cette nouvelie inquiétude. M. +raz souligne éioquemment la pleine valeur de la morale chrétienne, appliquée non seulement aux individus, mais encore aux coliectivités; il monue les bienfaits de l'organisation professiomelie fondée sur la justice et la charité; il signale i'erreur des hommes qui prétendent combattre le socialisme sans tenir compte de sa puissante armateur syndicale ».
LUIGI E MARIO STURZO
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404 [London, Paddington], 5 aprile 1929
Carissimo fratello, avrò piacere che tu mi scriva su Blondel. Un tempo (circa 28 anni fa) ne ero entusiasta; e più di me Torregrossa l . Poi ebbi dei dubbi e poi non me ne interessai più. Da tre anni vi è in Francia fra i cattolici un risveglio di Blondelismo, un po' per reazione al Tomismo stretto di lì, e un po' per contrapposizione all'intuizionismo di Bergson. Egli qual professore all'università di Aix ha formato una scuola (piccola ma fedele) attorno a sé. I o riconosco che la volontà è facoltà conoscitiva pratica, come tu sostieni molto bene nel tuo lavoro; ma la tendenza all'infinito è in essa, cioè anche in essa; altrimenti saremmo soddisfatti dei beni finiti. Nel tuo concetto sintetico, non dovresti demarcare così mente e volontà, da assegnare l'inibito alla prima e il fuiito alla seconda. Ma aspetto quel che mi scriverai. È vero che Croce rigetta ogni trascendenza, ma non è un buon critico, o un sereno critico, quando egli valuta il cattolicismo solamente attraverso gli scrittori della cosi detta destra ortsdossissima, e non attraverso tutti gli scrittori delle varie tendenze. Fa pena vedere quest'uomo, così acre con LETTERA404. 1. Ignazio Torregrossa (1864-1922), sacerdote palermitano, fece parte della prima Democrazia cristiana in Sicilia. Collaborò al giornale « La Sicilia cattolica » sulle cui pagine si distinse come uno dei più validi cultori del pensiero cattolico sociale deli'isola. Nel primo (1895) e nel secondo (1896) Congresso cattolico siciliano si batté per l'intervento cattolico nelia questione sociale e per la diffusione delie casse rurali. Al Congresso di Roma (1900) sarà fra quelli che più s'adopreranno per vincere le resistenze verso l'organizzazione di tipo sindacale per gli operai. Intanto si era awicinato aiie posizioni murriane e fu tra i primi collaboratori della « CuItura sociale ». Collaborò intensamente con Luigi Stuno, sostenendo la necessità di abbandonare la linea di intrasigenza contro i «fatti compiuti » (l'unificazione nazionale). I suoi contatti con ii sacerdote di Caltagirone erano iniziti attorno al 1898-99 dopo che Stuno, colpito dalla figura di Mum, era rientrato in Sicilia coll'intento di dare un'impronta più avanzata e democratica al movimento cattolico sociale. Nel 1900 favorì la venuta di questi a Caltagirone, grazie alla quale il legame tra i due si rinsaldò. Stuno e Tortegrossa parteciparono attivamente all'opera dei Congressi e vissero con animo awertito le vicende della sua a i s i e del suo scioglimento nel 1904. In seguito a tali fatti, Torregrossa fu acc* munato ai «malati di modernismo » ed ebbe una diffida da parte della curia. Rititatosi dall'azione, nel 1908 fu nominato parmo e svolse un'intensa attività omiletica, attirando la parte colta degli ambienti cattoiici palermitani.
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la Chiesa e con l'idea del Dio trascendente e infinito. Occorre combattere le teorie false perché è assai il danno che fa, e perciò anche accogliere il lato vero delle sue teor,ie. Perciò ho insistito con S.S. che ti mandi il suo studio su Storicismo e Tuascendenza '. Ma lo farà un po' più in là. Del resto c'è tempo per la Rivista di maggiogiugno, se c'è posto. Sto bene; ogni tanto il cuore diviene debole ma poi passa. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi Dopo tante peripezie è uscito il mio libro sulla Guerra.
[London, Paddington], 8 aprile 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 4; come non mi ricordo questa data! Me ne ricordo e prego assai per te. Godo dello sviluppo che prende il tuo sintetismo fra quelli che cominciano a conoscerlo con spassionatezza. Ma è proprio della vera conoscenza entrare quando la porta non è chiusa o socchiusa da pregiudizi, da passioni (buone o cattive) da sentimenti di attaccamento, ecc. Vedi come la volontà fa strada e siegue e circuisce il comprendere, l'apprendere, il pensare, il riflettere e ogni atto della mente. A me non piacque la Vita di G. Cristo di Papini l , non conosco gli Operai della Vigna e non ho nessuna attrattiva a leggerlo. Croce disintegra la poesia per trovare la poesia. La sua è una reazione al formulismo, all'accademismo, e a tutti gli ismi che hanno sostituito la poesia; per di più è una tendenza filosofica. Come reazione la sua opera ha un valore notevole, come filosofia ne ha meno; ma esprime in termini italiani di oggi quel che l'intuizionismo bergsoniano esprime in Francia. Con la differenza che in Francia ha prodotto l'irnpressionismo in letteratura ed arte, e da noi ha prodotto Pirandello e l'espressionismo; in sostanza decadenza. Il problema è in2. Cfr. nota 1, lettera 392. LETTERA405. 1. G. PAPINI,Storia di Cristo, Vaiiecchi, Firenze 1925. 2. Cfr. la nota 3 della lettera 402.
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teressante e dovrebbe essere affrontato in pieno. Peccato che io non vedo chi potrebbe su questo terreno collaborare con te. Una rivista inglese pubblicò nell'ottobre scorso un mio articolo dal titolo La moralità interiore dell'arte 3. Mi dicono che ha incontrato. D'Angelo l'ha trovato astruso. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddington], 11 aprile 1929
Carissimo fratello, io ti ho scritto regolarmente, e forse la posta avrà tardato a farti avere la mia solita cartolina. La mia salute così così, e aspetto che venga un po' di caldo; mentre in questi giorni il vento freddo del nord e dell'est domina. Pazienza. Appena farà meglio andrò un poco fuori Londra a cambiare aria. Tutti gli scrittori di storia della stessa società di Rin. hanno una mentalità antistorica e puramente filologica, con di più la confusione e alterazione delle linee e dei valori storici. Io non ne leggo più da parte loro. Quand'ero ragazzo ricordo che cominciai a leggere il discorso sulla Morale Cattolica di Manzoni: lo lasciai lì, e mai più ebbi occasione di leggerlo. A proposito della poesia, Croce nel disintegrarla arriva (secondo me) ad ammazzarla. Non è possibile aversi poesia senza la struttura di un pensiero entro cui abbia vita. Per Croce
3. L. STURZO,L'interiore moralità dell'arte, in Problemi spirituali del nostro tempo, ZanicheiLi, Bologna 1961, p. I l ss.; pubblicato in inglese in edizione originale, Spiritual Problems of our times, Longmans, Green and Co., New York 1945. I n apertura deli'articolo L. S. scrive: « Quando si parla di moralità dell'arte, si suole pensare ad una qualità esteriore dell'arte stessa, ad una specie di rispondenza dell'oggetto artistico, sia quadro o poesia, alle leggi etiche o semplicemente a h moralità di un dato ambiente. Da questo concetto, che considera la morale come estrinseca ali'arte, sono derivate due correnti: quella che prescinde in arte da ogni vincolo morale, donde la famosa formula: Z'arte per l'arte; l'altra che subordina i'arte a finalith moralistiche, togliendole ogni autonomia. Gli uni e gli altri di questi eterni antagonisti cadono in doppio errore, l'uno etico e l'altro estetico; perché fanno deiia morale una legge esteriore all'uomo e alle sue attività; e perché non comprendono che il valore estetico di un'opera d'arte in quanto tale è anche valore etico D.
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la Divina Commedia è un romanzo teologico ', che non è poesia e sono poesia solo gli stati d'animo, i momenti lirici che si trovano nella Div. Comm.; è come spersonificare l'uomo concreto e i7idurl.o a idea. Intanto vi sono i momenti lirici ed hanno il valore concreto in quanto sono nella Div. Comm., e cosl. per ogni altra poesia. Non può distinguersi la concezione poetica, dai suoi momenti. Luigi Un abbraccio di cuore, tuo LETTERA406. 1. Cfr. B. CROCE,LA poesia di Dante, Laterza, Bari 1921; inoltre la recensione a E. AUERBACH, Dante als Dichter der irdirchen Welt, in « La Critica », anno XXVII, fasc. 111, maggio 1929, p. 213. Cosi a p. 214 Croce giudica l'opera dell'Auerbach: «L'autore intende lo spirito. di Dante e ne sente anche l'austera e pur dolce poesia. Ma, quanto al problema propriamente poetico deila critica dantesca, l'Auerbach aderisce a un metodo che non crediamo giustificabile, un metodo che può essere indicato da ciò solo che egli cita con approvazione (p. 95) le conclusioni del saggio del Seifferth, del quale altra volta discorremmo in questa rivista. "Per Dante (egli dice) la bellezza non si distingue dalla verità, e noi non abbiamo alcun motivo di sentirci superiori a tale concezione, che è molto più sicura e unitariamente concreta della teoria moderna di filosofia dell'arte, e sarebbe molto deplorevole che una unità cosl perfetta mercè ragione e contemplazione non avesse alcuna validità". Ora che noi, individui, non abbiamo motivo di presumerci superiori a Dante, è certo; ma altrettanto certo è che cinque secoli d'intensa speculazione filosofica ed estetica hanno qualche ragione di credere di aver visto nei problemi deli'arte più a fondo che non avessero fatto il medioevo e Dante. D'altronde, la questione della natura deiia poesia e la critica deiie diverse concezioni estetiche e la eventuale polemica contro l'estetica dell'espressione son cose che non si possono spacciar di passata nel trattare del poema di Dante, e richiedono di essere dibattute e risolute in sede propria, dove si vedono poi le difficoltà che, di passata, non si vedono. Si può asserire, come fa più volte l'Auerbach, che in Dante teologia e poesia fanno tutt'uno; ma come dimostrarlo in teoria? Come dimostrare che l'acqua della poesia e l'olio della teologia si combinano in un teno liquido, che non è né l'uno né l'altro ed è l'uno e l'altro? Chi medita sulle forme dello spirito umano è condotto di necessità a riconoscere che l'un atteggiamento nasce, mercé contrasti e opposizioni, dall'altro ed ha la sua forza neii'altro e insieme nella negazione deli'altro. Questa dialettica bisogna affrontare e magari confutare: altrimenti, si rimane nell'opinare. Dante non la pensava cosl? E che cosa importa? Dante teorico non era Dante poeta, la sua poesia, come suole, era più grande d d a sua teoria (nei mediocri o cattivi poeti, di solito, la teoria è, invece, più grande deiia poesia!). L'Auerbach non si è reso pieno conto che la distinzione fra teoria e poesia, "intenzioni" ed effettualità poetica, ormai universalmente accolta in Italia e la cui tradizione dal De Sanctis risale al Vico, è qualcosa che preserva la critica italiana della poesia e dd'arte da quello psicologismo e storicismo in cui la critica tedesca cade assai spesso e di cui anche oggi offre esempii cospicui. Quanto a me, mi sono sforzato più volte di leggere la Divina Commedia tenendo presente Dante come me lo consegnava la storia del medioevo e quella particolare d'Italia e di Firenze, e come la mia qualsiasi erudizione me lo faceva ricostruire e rivivere; e, ogni volta, leggendo le sue terzine, quella figura dileguava e sorgeva l'altra, pura e semplice, del poeta ».
LUIGI E MARIO STURZO
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[London, Paddington], 15 aprile 1929
Carissimo fratello, m'interessa molto la tua analisi su Blondel e sulla tendenza d'infinito. Io mi guarderei bene dal dire che cosa precisamente sia questo infinito, perché non è da noi comprensibile; ma questo non vuol dire che ce ne manchi una tendenza qualsiasi. Tu dici che quando conosciamo l'infinito, lo amiamo. Ora non potremmo conoscerlo se non ci fosse una tendenza affettiva che ci fa volgere verso questo oggetto ignoto, che poi conosceremo in qualsiasi modo o dialetticamente o per mistica intuizione o per rivelazione e tradizione. I1 problema è importantissimo e tocca il fondo del misticismo moderno; esso si rapporta al problema del sacro di cui ti scrissi varie volte l'anno passato. Tu dici « se avessimo la tendenza ne avremmo la potenza ». Qui credo che la parolla tendenza tu prendi in senso stretto e quindi potenzialità; la potenza di che? di conoscerlo, in qualche modo indiretto, e di amarlo, credo più con la grazia che per pura natura. L'idea di disproporzione di Blondel non mi convince. I n natura non ci sono disproporzioni insite, cioè naturali, ma solo accidentali, cioè nel concreto individuo per difetti non essenziali. Sto bene: piccole sofferenze usuali e passeggiere. Un abbraccio di cuore, aff .mo Luigi
[London, Paddington], 18 aprile 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 13 c.m. Godo che stai bene. Anch'io sto bene. Una certa primavera si è fatta vedere, per quanto vestita di nubi, quasi tutto il giorno. Meno male. Ancora non mi muovo, perché a Londra fa meno freddo che altrove. Avrei piacere che il Prof. [...l ' e così mano mano altri si convincessero del tuo sistema. È difficile penetrare e superare mentalità fatte e posizioni credute sicure. L'editore catt. inglese che doveva pubblicare il tuo libro LETTERA 408. 1. Parola illeggibile.
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lo fece leggere prima a un p. gesuita che disse non essere adatto alla mentalità catt.; poi a un prof. di filosofia di un Seminario, che disse è interessante, ma non si può adottare. E allora l'editore si è scoraggiato del far le spese e mi ha ritornato il volume. Non minori difficoltà ho in Francia a trovare un editore, ma lì spero di riuscirci, quando andrò a Parigi. Fammi mandare in tempo il nuovo ufficio del S. Cuore. Riguardo la tendenza all'inhito, la tua difficoltà (che ci distoglierebbe dal contingente) non mi sembra valida. C'è differenza fra tendenza e necessità. Noi abbiamo la tendenza al bene, e se erriamo o nella valutazione, o nella scelta, lo facciamo pur sentendo di volere il bene. Video meliora proboque, ecc. Così dell'infinito, se fosse in contrasto al finito; ma il contrasto non c'è perché non c'è che tendenza e non conoscenza diretta, cioè visione. Aspetto la tua critica a Blondel un po' più a lungo. I o non sono con lui, ma m'interessa. L'azione priva della realtà, e tutto l'uomo che si esteriorizza. Che altro sarebbe l'azione? È tutto - non esiste inazione. I1 pensiero o è azione o è nulla. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddington] , 22 aprile 1929
Carissimo fratello, mi scrive Nelina che tu forse andrai a Roma per la Beatjficazione di D. Bosco. Quando sarà? I o vi parteciperò in ispirito. Don Bosco mi è stato sempre simpatico e caro, anche quando non pensavo che fosse arrivato agli altari. Non ho modo di leggere la Morale di Manzoni, perché non l'ho né potrei averla qui facilmente; ma veramente non m'interessa. Rileggerei, se l'avessi, le sue poesie. L'azione di Blondel, e la sua attività ascetica, deriva (credo io) da Ollé-Laprune. Conosci la sua opera? Mi riuscì un po' stancante per il metodo di associare il lettore allo sforzo della sua ricerca; il che a me non piace; ma quel che dice è interessante. Non mi ricordo bene il titolo. Non so se tu hai piena ragione quando dici che il problema dell'estrasoggettivo da Blondel non è posto nella sua fase storica, perché a me pare che in Francia il kantismo
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non ha avuto gli stessi effetti che in Germania e in Italia. I n Francia in quel periodo vi fu A. Comte e il positivismo. Conosci tu La Philosophie francaise di Victor Delbos (Librairie Plon Paris) ' ? È interessante vedere come sia stato poco il riflesso del kantismo. Forse per questo Blondel non pone il problema nei termini che tu dici. A proposito di Blondel sarebbe da leggere il Cahier, edito da Archambault (che è un gran valore), su Blonde12. Credo (a quanto mi si dice) che è interessante, e segna un progresso sui lavori precedenti. Sto bene. Per ora non mi muovo, perché, per vari casi di vaiuolo, ci sono rigori sui viaggi per mare. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 25 aprile 1929
Carissimo fratello, ho già ripreso la cura del Ioduro che mi fa bene; io credo che la cura del sole mi gioverà di più, ma conviene aspettare ancora un poco. Per adesso è impossibile andare in Francia, per le misure sanitarie contro il vaiuolo, che è qui (benché pochi casi, relativamente). Credo che più volte abbiamo discusso sulle tendenze naturali, a proposito della tendenza verso l'infinito, e tu mi hai opposto che questa è acquisita e non naturale. (Così accenni nella tua del 20). Ora, secondo me, ogni natura, in quanto tale, postula determinate esigenze e tendenze; ciò indipendentemente (sotto l'aspetto di esigenza o natura) e congiuntamente (sotto l'aspetto di attuazione) con il modo di realizzazione e di sviluppo. Ogni soggetto conoscente (e per ciò spirituale) tende al vero, per sé, per natura, e questo vero, per l'uomo, è tratto dalla realtà sensibile, e non certo con forma a priori, ma in questo modo di trarre il vero dalla realtà sensibile, c'è quella di arrivare al vero necessario e assoluto, senza il quale non si arresta, non si ferma, soffre, devia, ecc. La tendenza è insita alla natura, e questa non LETTERA 409. 1. Stampato nel 1919. 2. P. ARCHAMBAULT, Vers un réalisme intégral. L'oeuvre philosophique de Maurice Blondel, Bloud et Gay, Paris 1928.
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può non tendere (modo suo) all'infinito. Insomma l'assoluto, I'infinito, non è un corollario della sua logica speculativa, come potrebbe essere una qualsiasi verità scientifica (se la terra gira attorno al sole o no e simile), ma è in questo un bisogno, che postula una soddisfazione. Desidero sapere se siamo d'accordo. Per me qua sta la base del misticismo umano, che poi elevato diviene misticismo divino. Leggendo quanto mi esponi di Blondel, io penso che p@ tresti farne un bell'articolo con rapporti col Sintetismo. Anch'io sono d'avviso che l'azione è ogni attività, anche il pensiero. Siamo abituati alla distinzione di vita attiva e vita contemplativa. La contemplazione è in senso largo azione. Ricevo la Rivista, leggerò subito e ti scriverò. Mandamene tre copie altre. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 28 aprile 1929
Carissimo fratello, ho letto il fascicolo 2 della Rivista, con il più grande interesse, come leggo le cose tue. I problemi che tu poni e risolvi (rapportualità e libertà) sono svolti magnificamente l . A me ha interessato più il secondo, perché per me il primo non è un problema, ma un postulato. E il secondo è risolto con metodo nuovo e sicuro. Te ne scriverò in dettaglio, dopo una seconda lettura fatta senza fretta, perché in questi giorni sono stato occupato. LETTERA411. 1. M. STURZO,Problemi di filosofia deli'educazione, I: Il problema della rapportualità; 11: Il problema della libertà, in « Rivista di autoformazione », anno 111, fasc. 11, marzo-aprile 1929, pp. 61-100. Così scrive M. S. in apertura d'articolo: « Il problema deiia educazione è dualistico, nel senso che s u p pone la dualità reale di soggetto e oggetto e la pluralità egualrnente reale degii educatori e degli educandi. I1 problema deli'educazione e ii problema della dualità sono così connessi, che negato ii secondo, è necessariamente negato anche il primo. I1 che significa che monismo e educazione son due dati che si escludono a vicenda. Esclude ogni possibilità d'educazione ii monismo materialistico, perché dov'è solo senso, è sola animalità, e dov'è animalità, è solo istinto e sola necessità, che consente sviluppo e altro non consente. Esdude ogni possibilità di educazione il monismo idealistico, perché pone ii soggetto come infinito ed eterno, e dov'è infinitezza ed eternità, c'è ii già fatto e non il fare o ii farsi, e dov'è ii già fatto, parlar di educazione sarebbe un controsenso ».
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Qua e là c'è qualche errore tipografico che modifica un po' il senso come a pag. 108, il 1" periodo non ha senso e l'ultimo rigo di pag. 108, dove si parla della libertà di pensiero in senso opposto, perché credo debba dire limitato o altra parola simile. Anche a pag. 109, invece di non adattandosi credo dovrebbe dire ma '. Piccoli appunti al bel lavoro che fate costà con la rivista che credo acquisti sempre favore. Ieri ho ricevuto la tua cartolina del 23. Sulla tendenza o esigenza di natura, ti ho scritto nell'ultima mia. Io non concepisco la natura fuori del rapporto, perché è inconcepibile. I1 metodo astrattistico serve solo ad individuare una realtà, che deve essere riportata nel suo quadro esistenziale. Dire che la tendenza verso l'infinito, il Sacro e il divino, la Divinità in concreto esiste, non vuol dire che sia un atto continuato, come nessuna esigenza di natura è un atto in sé, ma una successione attuata della rapportualità. Io escludo che ci possa essere uomo che non senta una tendenza qualsiasi verso l'infinito e il divino (sia pure deformata). Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddington], 1 maggio 1929
Carissimo fratello, va bene per 1'Iliade. Tanto non mi serve che per rinfrescarmi un po' la memoria. Vorrei pure le tragedie di Eschilo o Sofocle, quelle che hai costà. Tu sai che ogni tanto mi occupo un po' di poesia. Distrazioni. Intanto vo' avanti con lo studio del nuovo *ma, che è immenso, e dovrei forse restringerlo: Per ora studio e raccolgo materiali. Ho presente, mentre scrivo, le tue ultime tre cartoline su Blondel, e mi persuado, che il suo tentativo di poggiare sull'azione è degno di essere tenuto presente, e di essere sviluppato dalle contraddizioni e incertezze in cui egli si volge. Non so quale sia il suo pensiero di oggi; ché dopo trent'anni e attraverso la minaccia dell'indice credo che abbia subito modificazioni; a ogni modo è un tentativo di uscire dalle morse del neo-scolasticismo francese, più stretto di ogni altro. Non potrei dire di più per2. S. S., u La concezione liberale n di B. Crme, in u Rivista di autofonnazione n, cit., pp. 101-109.
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ché non ho per ora voglia di studiarlo: ho altro per le mani che m'interessa; ma quando andrò a Parigi cercherò di procurami il libro di Archambault su Blondel. La recensione di Croce su Bremond ' è buona, ma ha un difetto: quello di basarsi sulla sua estetica (ed è perdonabile e giustificabile) e quello di credere che il misticismo sia « una semplice negazione dell'intellettualismo ». Invece il misticismo implica (non "è") anche una certa negazione dell'intellettualismo. Inoltre Croce non capisce lo stato di animo di preghiera per cui possa essere avvicinata allo stato d'animo di poesia. Sto bene, per ora non mi muovo dato che il vaiuolo non è finito. Un abbraccio, tuo Luigi [London, Paddington], 4 maggio 1929
Carissimo fratello, io sono d'accordo con te (cartolina del 30) e non capisco come tu non sei di accordo con me. Quando tu dici che l'anima umana è un'entità spirituale, tu implicitamente ne affermi l'esigenza intellettiva e volitiva; quando affermi che è intellettiva tu ne affermi LETTERA412. 1. Recensione al volume di Henri Bremond, Prière et poésie, Grasset, Paris 1926, apparsa in « L a Critica», anno XXV, fasc. IV, luglio 1927, pp. 249-250. Croce rimprovera a Bremond di accostare e paragonare inopportunamente la poesia d a preghiera, e in altri termini al « misticismo ». L'autore spiega tale atteggiamento, presente pure in uno spirito avvertito quale è quello dello scrittore francese, come una conseguenza della tendenza della cultura cattolica francese ad opporsi ali'« intellettualismo » e al razionalismo scivolando poi, con gran facilità, su posizioni « intuizioniste ». I1 punto discutibile della posizione di Bremond consiste per Croce nel concetto stesso di rnisticismo, inteso non tanto come « semplice negazione deli'intellettualismo » - come è per lui -, ma come « vertice dell'ascesa », come « stato di perfezione ». A tale riguardo cosi Croce conclude la nota: « [...l non si può non osservare che l'errata posizione [...l si risolve, in ultimo, in uno svalutamento della poesia, concepita come cosa che abbia il suo fine fuori di sé stessa, come una tendenza ad altro (alla preghiera), o come tale che manca al proprio fine, come una mistica difettiva. Aiia quale concezione si giunge (ed è cosa dispiacevole per un così fine intenditore e amatore di poesia, quale si dimostra il Bremond) con l'attribuire ai poeta l'alquanto frivola smania di "comunicare agli altri", di "parlare", laddove il mistico saprebbe il valore del silenzio: nel che, come per noi è chiaro, il Bremond confonde quelio che in Italia abbiamo ben distinto, la comunicazione o estrinsecazione (momento secondario o pratico) e l'espressione (momento estetico primario): l'espressione, che è la concretezza della visione artistica, un parlare a sé prima che ad altri, una luce interiore che non può prodursi se non facendosi parola ». Su Prièle et poésie si veda anche la nota 24 dell'lntrodurione a questo carteggio.
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l'esigenza alla verità, e cosi via via. Tendenza è per me esigenza, cioè è natura. Nel modo come si attua siamo d'accordo, solo non sono d'accordo con te nella espressione recisa e definitiva: « l'uomo non conosce e vuole andando verso l'oggetto, ma reagendo alle azioni molteplici dell'oggetto ». Io ammetto tutte e due, il moto a e la reazione da. Ciò non è innatismo nel senso di idee innate, è esigenza naturale, finalismo naturale, per cui il soggetto non è mai del tutto passivo; proprio perché è sempre in atto o processo di atto. I o non intendo confondere l'esigenza di natura, con le tendenze acquisite. Tornando al punto di partenza, cioè se la tendenza all'infinito fosse una tendenza di natura, io concedo che 'la tendenza al vero, in cui si risolve la tendenza all'infinito non implica necessariamente lo sviluppo sino alla conoscenza della esistenza di un Dio personale, puro spirito, ecc. ma non può non arrivare alla idea di assoluto in rapporto a contingente. E questo in forma intuitiva viene oggi detto senso del Sacro, e messo a paro del senso estetico. Ma di ciò te ne scrissi più volte lo scorso anno. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi Spero che non ti stanco né ti annoio con le mie insistenze forse pseudo-filosofiche.
[London, Paddington], 7 maggio 1929
Carissimo fratello, ho riletto la tua interpretazione delle teorie scolastiche di potenza e atto e di materia e forma (pag. 63-72 delia Rivista) per verificare se la mia prima impressione fosse esatta '. A me sembra, ma può essere che io m'inganni, che tu dai una tua interpretazione di quelle teorie, ma una interpretazione che può dirsi innovazione e inveramento. Io l'accetto, ma non mi sembra più la vecchia teoria, se non come eco di parole. Può essere che io m'inganni, né ho il tempo e la voglia di andare a rileggere vecchi testi; comunque a me piace questo tentativo. E sopra tutto piace il seppellimento della teoria di materia e forma; è meglio parlare delLETTERA 414. 1. Cfr. p. 61 ss.
« Rivista di autoformazione n, mameaprile 1929, cit.
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la idea di pura passività, e della idea di pura attività, come elementi di analisi per chiarire il fatto. Quindi non direi, come tu dici a pag. 65, che essendo processo è . . . materia e forma, il che porta confusione '. Altra osservazione: io non userei indifferentemente le parole di passività e di potenza: potenza indica anche potenzialità, cioè virtù, ed è positiva; la passività è il lato negativo e perciò l'idea analitica del lato negativo della potenzialità o virtù. Onde non potrei accettare quello che tu dici a pag. 69 '. L'atto è prima della potenza sia anche in modo relativo, perché può essere relativamente prima e poi; nel generante la potenza è prima dell'atto, e nel generato l'atto è prima della potenza. A pag. 72 4, io non 2. « M o r a e solo allora la dialettica delle idee sprigiona tutta la sua luce, e l'uomo intende bene la ragione di contingenza e relatività del creato e la ragione di assolutaza e aseità del creatore, perché solo allora intende che il creato, essendo contingente, è processo; essendo processo, è potenza e atto, materia e forma, e che il creatore è atto puro; e solo allora intende che il tempo è successione e l'eternità non-successione, che il tempo non è una realtà per sé stante e nemmeno è una realtà per sé stante l'eternità; che tempo ed eternità nella mente son due idee, da sé son la stessa realtà creata (il mondo) e la stessa realtà increata (Dio). La potenza e l'atto non son due cose per sé stanti, che diventano una sola cosa, il reale creato, per successiva unione. Se potenza ed atto fossero originariamente separati, non sarebbero nulla, anzi sarebbero inconcepibili. La potenza è la virtù atta alla reazione, l'atto è la reazione a una azione esterna, o interna al soggetto, è l'azione sintetica, l'azione di risposta all'azione eccitatrice. Con altre parole diciamo che la potenza e l'atto sono il rapporto, e il rapporto è la relatività, e questa è la nota distintiva del temporale dall'etemo. Tutto ciò che esiste come temporale, per primo è relativo d'eterno, da cui derivò per creazione e dipende per conservazione. Tutto ciò che non è eterno, non è assoluto; come tale, non solo ha nd'assoluto la ragion del suo essere, ma non può sussistere come unità unica e puramente attuale D. 3. « Conchiudendo questo punto diciamo che la teoria della potenza e dell'atto d o r a è ben compresa, quando l'atto è posto prima della potenza e la potenza è considerata nella funzione dei rapporti. Però anche questo che ora diciamo ha bisogno di spiegazione. L'atto è prima della potenza non in modo assoluto, ma solo in modo relativo. I1 modo assoluto sarebbe porre I'atto primo come autonomo; e questo sarebbe errore. Le cose son atto non per virtù propria, ma perché Dio, creandole, loro dà l'essere, che è atto. Anche nel processo generativo delle cose già create, prima è l'atto, poi la potenza, perché prima è il generante, che è atto (e potenza), poi il generato, che messo all'esistenza è messo in atto (e in potenza). Anche gli scolastici dicono la stessa cosa, quando affermano che nessuna potenza passa all'atto, se una qualche virtù già in atto non agisce sulla p tema ». 4. «La potenza dunque è concepita come la ragion comune di tutti gli esseri, ed è chiamata materia prima. Però il processo è attività, attività non attualità pura, che pura solo compete a Dio; è dunque attività-passività, attività parziale, perché i'attività totale anch'essa si risolverebbe in pura attualità, in pura divinità. La forma
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direi sono elementi necessari per arrivare alla cognizione di Dio; ma sono elementi adatti a farci penetrare la distinzione fra Dio e le creature. Piccole idee che ti scrivo perché so che ti dan motivo a nuovi e sempre più utili pensieri. Ma sono tanto contento che finalmente è stato affrontato questo problema in modo chiaro e con idee moderne. Sto bene. Un abbraccio Luigi Ricevuta tua cartolina 3 maggio.
[London, Paddington], 10 maggio [ 19291
Carissimo fratello, ebbi già le encicliche l , il Manzoni, il Romagnoli, le copie della Rivista. Grazie. Subito ho riletto il Manzoni; non parliamo delle note che a me sembrano soffocanti e molto inutili. Le poesie quasi tutte hanno già le rughe. Liricamente si salvano il 5 maggio, la Pentecoste e I'Ermengarda, ma non sono sempre eguali in bellezza; anche qua e là si vedono le rughe. E poi, è un verseggiare troppo sonoro, troppo melodico e il nostro oxcchio non lo sopporta. Ciò non vuol dire che non gusto le bellezze disseminate nelle varie poesie. - Come mi piace sentire che costà si è eseguita una buona composizione musicale! Di dove è il M" Bellarmino? e che fa, costà? è I'organista della Cattedrale? È anche bella la poesia dell'oratorio? - Io quest'anno, come ti scrissi, non sono stato che a due conperciò & attività specifica, attività che distingue essere da essere, specie di esseri da specie di esseri, individui da individui. La forma si oppone d a materia prima, come il determinante al determinabile, il determinante molteplice -al determinabile unico. Superiamo le formule, l'analisi, l'ipotesi. Che cosa troviamo? Semplicemente potenza ed atto, nell'unità degli esistenti e inseparabili da tale unità. Ma troviamo ancora qualcosa di meglio, cioè, l'elemento che ignora ogni teoria materialistica e la distinzione che ignora ogni teoria idealistica. I1 materialismo ignora Dio; l'idealismo ignora la distinzione reale fra mondo e Dio. L'uno fa tutto materia, i'altro fa tutto spirito e lo spirito pone come Dio. Invece le due teorie delia potenza e deli'atto, della materia e delia forma, che sono una sola teoria, sia pure storicamente discutibili quanto alla tecnica, son gli elementi necessari per arrivare alla cognizione di Dio e alla distinzione fra Dio e le cose create assurgendo da ciò che è processo e divenire a ciò che è puro atto, da ciò che è temporale a ciò che è eterno ». L E ~ R415. A 1. Si tratta delle enacliche di Leone XIII già citate.
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certi. E' tutto. E anche adesso non vado, forse per esagerata precauzione, dato il vaiuolo che serpeggia a Londra. Tanti auguri, fin da ora, ai novelli suddiaconi. E che Dio benedica i tuoi sudori e ne colga buoni frutti. Non ho letto 1'Archambault. Da quello che ho potuto cogliere le volte che sono stato in Francia, o leggendo qua e là, io credo che il tentativo di Blondel ripreso ora con tanto ardore, come tutta la produzione di Bremond, che è importantissima, risponde ad un bisogno molto sentito, per loro, cioè quello di superare I'intellettualismo cartesiano, molto arido, che ha formato gran parte della mentalità francese; inoltre il tomismo è per loro (e per molti) troppo intellettualistico e razionalistico, e perciò molto arido. Non è rispondente alle correnti mistiche che oggi affiorano dappertutto. E poiché le teorie non solo valgono per quel che contengono, ma anche per gli stati d'animo che rappresentano, così non si può negare valore a quella di Blondel. Sto bene. Un abbraccio Luigi
[London, Paddington], 14 maggio 1929
Carissimo fratello, prega per me in modo speciale il 17 di questo mese (sono 35 anni della mia ordinazione) e che lo Spirito Santo m'dumini e mi infiammi ed abbia di me misericordia. Ho ricevuto il 4" Sinodo. Ringrazio Vincenzino. Quando io parlo di tendenza, non indico il moto concreto verso un oggetto particolare, ma la virtù, che è insita in noi e si confonde coll'essere nostro; questa è per necessità precedente a qualsiasi atto, ed è in sé virtù attiva, salvo che ad attuarla occorre l'oggetto concreto verso cui tendere. Quindi io non ammetto, e no1 potrei, un atto irrelativo, l'atto è relativo; ma il principio attivo che accetta la relatività è il soggetto, perché ha la virtù di fissare quella relatività. Perciò il soggetto è passivo e attivo d o stesso tempo. Ma prima e poi è analisi della nostra mente. Altra questione è se sia la conoscenza che guida la tendenza o viceversa; io ammetto il giuoco reciproco della tendenza verso la conoscenza e di questa verso quella. Altra questione: io sono di accordo che
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la conoscenza di Dio non è immediata, né quella dell'assoluto. Ma la tendenza verso il Vero, il Bene e l'Assoluto è una tendenza immediata, perché è nella nostra uis fondamentale in quanto intelletto e volontà; salvo l'esplicazione, lo sviluppo, la concretizzazione. In fondo si tratta del modo di concepire l'anima con l'intelletto e la volontà. Se pura passiva, o anche attiva cioè come virtù ed esigenza in sé. In tutto il resto siamo d'accordo. Sto bene. Mandami pure l'ufficio del S. Curato d'Ars l . Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 16 maggio 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 13 un giorno prima, e ciò mi ha dato una gradita sorpresa e una gioia speciale. In tre giorni da Piazza a Londra. Ti rispondo subito. Sto bene: da tre giorni un bel tepore. Tu non mi dici se stai bene; vedi di non dimenticarlo. Prego Giovanni di non mettere i francobolli sulla scrittura. Ricevi il « Mouvement » di Lugan? In questo numero c'è un accenno al tuo libro l . Se vuoi te Io mando. Giorni fa un P. Domenicano di qui, LETTERA 416. 1. Giovanni Battista Maria Vianney (1786-1859), fu curato dal 1818 alla sua morte nel paese di Ars-sur-Formens nella Dirnbes in Francia. La sua opera di evangeliazione fece divenire il piccolo centro una meta di costante pellegrinaggio. Canonizzato nel 1925, fu proclamato patrono dei parroci. LETTERA 417. 1. A. de L. (Alain De Lamartine, pseudonimo di Aiphonse Lugan), A propos du « Manuel de philosophie thomiste » de M. H. Collin, in «Le Mouvement des faits et des idées es», maggio 1929, n. 68, pp. 77-78. AUa pagina 78 deli'articolo si legge: « Justement il vient de paraitre un gros livre de phiiosophie par Mgr S t u m , éveque de Piazza Armerina, en Italie. Le titre est: I! neo sintetismo. Son érninent auteur veut y montrer que la théorie péripatéticienne de la connaissance par son unilatéralisme, son découpage abstrait d'une réaiité totale et vivante, est absolument inadéguate à répondre aux difficultés des subjeaivismes. I1 propose donc une théorie nouvelie dite néosynthétisme qui, à son sens, resoudrait le formidable problème. Nous engageons fort M. Collin à lire ce puissant travail. Il lui apprendra au moins la tempérance dans ses affirmauons. Nous espérons aussi que le Mouvement un jour ou i'autre parlera plus au long du livre de Mgr Sturzo qui est un événement philosophique ». Dopo aver accusato il Coilin di aver voluto « monnayer dans ces pages, la géometrie politique outrecuidante de M. Maurras D, l'articolo si concludeva con una severa critica dei partigiani di Maurras e dei cattivi risultati dell'educmione politica dispensata dalla sua scuola.
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certo Padre Rivees, ha detto ad una persona che gli parlava di me: ho letto di un altro Sturzo interessanti libri di filosofia, che dovrebbero essere conosciuti qui. Non so come ha fatto, perché questo Padre non parla l'italiano. Ma il rivo si spande, e ciò è consolante. I1 mio libro ha avuto fin ora molte recensioni buone, e qualcuna insignificante, nessuna contraria; solo qualche riserva gentile fatta da Chesterton. I o prego tanto per Parlagreco e anche per un altro amico che tu conoscesti. Sai dirmi nulla? Vedi di far pregare anime pie e sante. Torno alla tua elaborazione di potenza ed atto che più ci penso e più mi piace.. La mia questione esce un po' fuori della rotaia della tua questione. I o non considero l'atto come un elemento distinguibile dalla potenza che solo in un'analisi intellettiva, astratta; in concreto l'atto e la potenza sono L'abbé Alphonse Marie Lugan (1869-1931) è stato tra i più accaniti e decisivi avversari deli'Action frangaise e del maurrasismo. Era un gesuita secolarizzato e incardinato nella diocesi di Albi, dove godeva della protezione di mons. Mignot, Intégrisme et catholicisme intégral, p. 15. arcivescovo di Albi. Cfr. EMILEPOULAT, Poliglotta, professore di filosofia e di storia, di scienze e di lingue, collaboratore e corrispondente di riviste e di quotidiani francesi, belgi, spagnoli, inglesi e americani, scrittore abbondante. « Vocation d'apotre » secondo J. Rivière (« Journal du Tarn », 29 agosto 1931), « il ne s'est jamais totalement dépoudé du tempérement de Cemantes », così il suo amico l'abbé Birot (Semaine Religieuse d'Albi, 20 agosto 1931, p. 434). Tra i suoi scritti, ricordiamo: L'Action francaire et I'idée chrétienne, Bloud et Gay, Paris 1909; L'enseignement social de Jésus. Opera in più volumi, di cui l'ultimo apparve nel 1929, per i tipi delle Editions Spes, Paris. Nella prefazione alla 4a edizione Lugan precisava che scopo del suo lavoro era di dimostrare che il cristianesipo non era « u n ennemi de la vie noblement et harmonieusement entendue et développée », come « les rationalistes de toutes catégorie depuis Auguste Comte jusqu'à Renan et ses suiveurs, tous, avec ou sans hypocrisie » si erano affannati a sostenere. Ed aggiungeva: « A moins de consentir à l'emprissonnement de I'idée chrétienne à l'ombre de couvents ou sous quelques gestes rituels et d'admettre qu'on doive lui interdire l'accès de la conscience du citoyen, du banquier, de l'industriel, du commergant, du patron et de l'ouvrier, il faut protester contre cette doctrine qui n'a fait que trop de ravages ». Altre opere di Lugan: La
fin d'une mystification. L'Action francaise, son histoire, sa doctrine, sa politique, Valois, Paris 1928. Fondatore di « Le Mouvement des faits et des idées », mensile, di cui il primo numero apparve a Parigi nel marzo 1923. I1 mensile di Lugan esordi con una vigorosa campagna contro I'Action Fraqaire. Sotto lo pseudonimo d'Alain de Lamartine, Lugan pubblicò nel primo numero alcune riflessioni sulle due prefazioni di Chemin de Paradis di Charles Maurras. 2. Si tratta probabilmente di L. STURZO,The international community and the right o/ war, translated by B. Barclay Carter, with a foreword by G. P. Gooch, AUen & Unwin, London 1929, in seguito pubblicato in italiano col titolo La comunità internazionale e il diritto aiia guerra, Zanichelli, Bologna 1954.
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lo stesso. Inoltre la potenza per me non è solo passiva, ma passivoattiva, perché ha una virtù insita ed anche quella che io chiamo tendenza all'atto. Tutto ciò non menoma la tua teoria, ma aggiunge il colore della realtà, mentre la tua terminologia ci lascia nella astrattezza dell'analisi intellettiva. I o insisto in questo mio modo di esprimermi, come pure hai visto giorni fa, perché mi avvicino al sentire comune e alle esigenze deil'anima moderna, che più che insistere nelle analisi astratte, sente i valori delle sintesi reali. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi Andrai a Roma per don Bosco? Sai dirmi nulla di Santa Maria?
[London, Paddington], 19 maggio 1929 35O anniversario Ordinazione Sacerdotale
Carissimo fratello, oggi il ricordo e la imagine della Chiesa del SS.mo Salvatore è vivissima nella mia mente. Quale grazia, e quale indegnità! Prega per me assai assai. Sto bene: oggi bel sole: il Parco è un incanto. Ti scrivo senza aspettare la tua cartolina, perché qui né oggi né domani si distribuisce posta, e quindi mi conviene attendere vostre notizie martedì mattina. Riprendo la conversazione sulla tua ultima cartolina. Io non ho mai negato che il contingente e il creato sia elemento necessario per arrivare a Dio; io ho contestato la tua frase « Le due teorie . . . sono elementi necessari ». Ora, a parte che tu stesso chiami ipotesi di studio la teoria sulla materia e forma come pura passività e pura attività e la riduci ad una sola teoria quella della potenza e dell'atto; a parte ciò, tu non puoi confondere la teoria con la realtà. La teoria è una interpretazione deila realtà, e come interpretazione agevola il processo intellettivo dalle cose create a Dio; ma la teoria come tale, cioè questa teoria, la scolastica, non è necessaria per arrivare a Dio, tanto è vero che fortunatamente ci arriva la gente, senza sapere niente della potenza o dell'atto. Se tu invece intendi dire che dalia conoscenza del creato (in noi e fuori di noi) arriviamo a Dio, è un'altra cosa. Questo però non deve essere tale da escludere quel che oggi si
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chiama esperienza del divino, o intuizione (in senso lato) del divino, che è in sostanza un modo di sentire più che di ragionare, che è secondario e derivato, anche se sembra primario e diretto. A me sembra che gli scolastici, rispondendo ad un bisogno del tempo, intellettualizzarono troppo e razionalizzarono troppo la conoscenza di Dio. Del resto per più di un millennio i padri e i teologi seguirono vie diverse, e nessuno può dire che non sono ortodossi o irrazionali. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
Piazza Armerina, 21 maggio 1929
Carissimo fratello, la tua anticipa d'un giorno, e così la mia. Finisco di leggere Storicismo e trascendenza l . Interessantissimo e molto chiaro. Andrà in agosto, perché giugno è già pronto. A me pare che occorrerebbe qualche altro punto a renderlo completo, cioè, la risposta a quanto si dice sui disegni divini. Certo Dio ha disegni, come fu quello del Messia. Se questi devono attuarsi, come si spiega la libertà umana e il processo? Certo si potrebbe trovarvi la risposta implicita. Ma la esplicita compirebbe il bel lavoro. Altro punto. Berkeley dice che posto Dio, tutta la storia sarebbe da lui preconosciuta, tutto il pensieco pensato. Così la storia sarebbe un processo, né il pensiero pensiero, ma riproduzione e contraffazione. E questa è veramente l'obiezione più seria. Spero che mi si vorrà LETTERA419. 1. Si tratta di un articolo che apparirà, in patte corretto, nel numero di luglio-agosto 1929 della 4 Rivista di autoformazione», con la sigla « S. S. ». Nell'intervento Sturzo intendeva chiarire alcuni punti sul problema dei nessi tra il concetto di storia e quello di trascendenza, per supplire aiia « credenza » che tra i due termini esistesse un'antinomia insuperab.de. In chiara polemica con Croce e con tutte le posizioni idealistiche, egii nega d a storia il carattere di processo del divenire dello spirito, cosa che finisce per amdiare l'autonomia delle azioni umane. Pur accettando l'affermazione di partenza che «la storia non è che la filosofia P, in altri termini l'« interpretazione dei fatti umani rivissuti nel presente B, rifiuta le conclusioni immanentistiche correnti, lasciando spazio ad una prowidenza scevra da ogni rozzo determinismo. La rivelazione, concretizzatasi in precisi fatti, può quindi inserirsi nel processo storico come sua parte e suo fattore, senza ledere per questo la libera attività dell'uomo. Per le modifiche e le aggiunte che Luigi Sturzo apportò in un secondo tempo, cfr. nota 2, lettera 433.
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completare il lavoro che lo merita. Non conosco il « Mouvement » di Lugan. Circa il problema della tendenza io non dico cose diverse, quando parlo di potenza e atto. Rileggi il primo articolo dell'ultimo fascicolo della Rivista e te ne accorgerai. Faccio sì della analisi, e ciò è necessario, ma non trascuro la sintesi. E dico chiaro che la pura potenza è impensabile, e il puro atto è Dio. Solo divergiamo circa la ragione di tendenza. Tu poni una tendenza come natura; io pongo la tendenza come la stessa attività della potenza, che è natura bensì, ma non si attua che in particolare, di rapporto in rapporto. Circa il sentire comune, penso che va tenuto presente, ma non puramente seguito, e occorrendo combattuto. Sto bene. Santa Maria spero possa essere da me veduta in autunno. Prega pel tuo t Mario
[London, Paddington], 22 maggio 1929
Carissimo fratello, col noto ritardo postale (per le vacanze di Pentecoste) ho avuto la tua del 16. Siamo d'accordo sulla necessità di una teoria sintetica, e la tua era quella che ci voleva. Né io dico che le correnti mistiche e volontariste soddisfanno al punto centrale del problema gnoseologico, e quindi a tutta l'esigenza intellettiva umana. Ma invece di credere che le esigenze (non correnti o teorie), mistiche e volontariste possano e debbano essere superate, come l'idealismo, io credo che debbano essere valutate, tenute in conto, apprezzate e messe al loro giusto posto. Dal punto di vista del pensiero religioso le correnti volontariste e mistiche hanno avuto un valore molto maggiore di quelle puramente intellettualistiche. La ripresa del Tornismo dal Sec. XIX in poi, è un effetto a distanza di tempo del neo-razionalismo dei Sec. XVII e XVIII. Dico neo-razionalismo, perché quella degli scolastici, da Abelardo in poi, fu a modo suo un razionalismo '. I1 merito del sintetismo è quello di dare il giuLETTERA420. 1. Si fa riferimento qui al tentativo di Abelardo (1079-1142) di concepire la riflessione filosofica cume una ricerca razionale intorno d a fede.
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sto valore alle diverse facoltà e quindi alle diverse esigenze dell'uomo. Ora l'esigenza della conoscenza detta intuitiva, in contrasto alla conoscenza detta nozionale o razionale o discorsiva, è reale nella umana. Non si possono risolvere queste conoscenze l'una nell'altra, senza dissolversi. Le diverse sintesi esistono e debbono spiegarsi. Ecco perché io da tanto tempo insisto con te su questo lato, che vorrei affrontato e svolto da te al lume delle tue stesse teorie. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi Non ho ancora ricevuto l'ufficio del Cuore di Gesù.
Piazza Armerina, 23 maggio 1929
Amatissimo fratello, continuo su quanto ti accennai nella mia del 21. Berkeley obietta che se Dio ci fosse, tutto il pensabile sarebbe stato già pensato. De Ruggiero a proposito d'altro filosofo dice che in tal caso il nostro pensare sarebbe una falsificazione. « Perché? » Così leggo a margine, scritto di tua mano. A me pare che questa e simili obiezioni derivino dal non badare alla nozione di eterno e temporale. Se l'eterno è puro atto, parlar di prima e poi è errore. E poi cos'è il pensiero di Dio circa il creato? Un pensiero come il nostro? No. I n Dio tutto è Dio. Circa i disegni di Dio nel mondo, cioè la provvidenza speciale e miracolosa, direi che lo speciale e il miracoloso s'inseriscono nella storia e sono storia come il resto. Circa la provvidenza ordinaria non direi che si limiti nel fatto che Dio diede all'uomo la ragione, ma che sia quel che si chiama concorso divino, azione generale di conservazione non solo nell'essere, ma nell'operare. Chiarimenti su questi punti certo farebbero bene. Son necessari? Non oserei dirlo. E' bene però non dar pretesto ai miopi a travedere. Sto bene. I1 tempo è buono. E' mite. E ciò è Compito di tale rifiessione diveniva quello di svolgere una interpretazione delle verità cristiane a partire dagli insegnamenti della ragione la quale nella sua autonomia poteva per Abelardo solo avvicinarsi al senso vero della fede. Questo sottolineare la prospettiva razionale costituisce l'elemento che induce Stuno d a critica di tutta una tradizione scolastica.
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molto per me, che temo il troppo caldo. Non so indovinare chi sia l'altro amico. Sarà Mattias? E' già morto da più mesi, purtroppo come era vissuto. Dell'altro non so ancora nulla di determinato. E nemmeno da tempo so nulla di Randazzo. Povere anime. Dammi le tue nuove. E prega pel tuo aff.mo. t Mario
Piazza Armerina, 24 maggio 1929
Carissimo fratello, sorpasso la questione di parole e mi fermo al merito, e mi rallegro con me stesso nel trovarmi in questo d'accordo con te. Tu sai quanto conto io faccio del tuo giudizio. I1 dissenso da te mi fa pensoso e mi costringe a ristudiare i problemi. Dunque è affermato tra noi che la via « primaria e diretta » della cognizione di Dio è la intellettuale. Gli scolastici medievali sono intellettualisti oltre che per condizioni storiche, perché sono separatisti. Io son sintetista. Ciò posto, nel processo che io fisso per la cognizione di Dio, non agisce l'intelletto né la volontà, ma l'uomo sinteticamente. I1 processo è dialettico; il punto di partenza è la contingenza (attività-passività); la contingenza è conosciuta perché avvertita anche affettivamente, ed è avvertita affettivamente perché è conosciuta. La realtà che l'uomo coglie è organica, ed è realtà conoscibile e amabile, ed è colta conoscendo ed amando. Separate queste virtù son anche annullate. Io però, appunto perché ho il mio sistema che reputo valido, quel che penso e dico, lo penso in seno allo stesso. E ciò è un dovere. E perciò combatto tanto gli intellettualisti, quanto i volontaristi. E lavoro per superare il caduco del presente. Oltre a ciò occorre notare che io sin da principio, sin dal Problema della Conoscenza, mi son posto metodologicamente nella indagine del processo come origine. Molti filosofi antichi e moderni invece muovono dalla cognizione data, formata, sistemata. Questa posizione suppone la prima e suppone risoluti i problemi ed è revisione. Sto bene. Abbraccio iMario
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[London, Paddingtonl, 25 maggio 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto l'ufficio del S. Cuore e i libri su Pier Giorgio Frassati ' e Soloviev che m'interessano molto. Conobbi il Frassati nel 1923. Grazie degli auguri e delle preghiere per il mio 35". Ho tra le LETTERA423. 1. Pier Giorgio Frassati, figlio di Alfredo fondatore e direttore del quotidiano liberale « La Stampa » e di Adelaide Ametis, nacque a Torino il 6 aprile 1901. Dopo aver frequentato la scuola pubblica Massimo D'Azeglio passò d'Istituto Sociale retto dai padri Gesuiti, dove s'iscrisse all'Apostolato della Preghiera e all'Associazione dell'ddorazione Notturna. Ebbe una particolare devozione per la Vergine Bruna del Santuario di Oropa e per la Consolata di Torino. Nel 1918 s'iscrisse alle Conferenze di San Vincenzo. Intraprese gli studi di ingegneria con specializzazione mineraria al Regio Politecnico di Torino. Nel 1919 socio della FUCI e nel circolo «Cesare Balbo » e della G.C.I. entrò a far parte del Partito popolare. Nel 1920 il padre fu nominato ambasciatore in Germania. A Berlino Pier Giorgio conobbe don Carlo Sonnenschein e con lui visitò i poveri e frequentò i circoli di operai e studenti. Al lo Congresso della Pax Romana a Ravenna nel 1921, lanciò la proposta di uno statuto per unire la FUCI con la G.C.I. I1 mondo operaio era in cima ai suoi pensieri. Frequentava la sede dell'Unione del Lavoro e del circolo operaio « Savonarola » alla barriera di Torino. Giacinto Zaccheo dichiarò: « L'ingiustizia faceva fremere Pier Giorgio e chi ha vissuto il periodo del nostro movimento operaio sa che non vi era conferenza o convegno indetti per l'affermazione e la difesa dei diritti degli operai, nei quali 19 parola fraterna ed amorevole di Pier Giorgio non si facesse sentire con passio~e di apostolo a. Appoggib la sinistra del partito popolare. I l criterio morale era al fondo del suo giudizio politico. Nel 1922 di fronte alla crisi del gabinetto Facta scrisse: « speriamo che finalmente il nostro Paese possa avere un Ministero capace di farsi rispettare e si ponga finalmente fine a uno scandalo così grosso come è quelio rappresentato dal movimento fascista P; « io spererei nel ministero Popolare-Socialista D, « chissà se avremo i due Fiiippi » (allusione a Filippo Meda e a Filippo Turati). Nel novembre 1922 annotò: « Ho dato uno sguardo al discorso di Mussolini e tutto il sangue ribolliva nelie mie vene. Credi sono restato proprio deluso dal comportamento veramente vergognoso dei popolari; purtroppo quando si tratta di salire per gli onori del mondo gli uomini calpestano la propria coscienza. Dove la Fede che anima i nostri uomini, dove il bel programma? ». Pier Giorgio fu tra i fondatori del settimanale torinese s Pensiero Popolare H, diretto da Attilio Piccioni. Prese parte al congresso del Partito Popolare a Torino (1923) al teatro Scribe. La sorella lo ricorda affaccendato a urlare s abbasso Pestalozza~ rappresentante della destra. A questo congresso Pier Giorgio si presentò galoppino elettorale, attacchino di manifesti, distributore di schede, ma durante il congresso, distribuiva anche inviti per l'Adorazione Notturna. Quando in occasione della venuta di Mussoiini, nell'ottobre del 1923, il Circolo
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mani I salmi della Volgata tradotti in italiano da F. Ramorino, ora scomparso, che io conobbi e apprezzai2. È un libricino assai utile da dare in mano ai giovani, specialmente chierici del ginnasio, che non possono apprezzare bene i salmi nel nostro latino del Breviario, e che invece gusteranno e la bellezza mistica e quella poetica in una veste italiana molto accurata. C'è qualche neo, ma che non ha importanza. Edito dalla Libreria Editrice Fiorentina, per, credo, 6 lire. A proposito, hai pensato a questa Libreria per i tuoi versi? Credo che sarebbero accetti. Vedi di scrivere. - Io non dico che la tendenza è particolare, ma generale; ma non come tu dici in forma generalissima cioè alla cognizione e alla funzione, che così si confonde con le facoltà, ma in quanto indica delle facoltà stesse l'ictum, il conato, il bisogno, verso il vero, il bene, il bello e (secondo me) il sacro. Intendi che così ci siano nel soggetto delle idee o categorie a priori? I o non dico questo, no; io trovo che così si completa la idea di potenza da semplice passività, in un principio attivo in sé, da attivarsi dall'azione dell'oggetto esterno, verso cui tende in modo generico. Credo di essermi meglio espresso. Per tutto il resto riguardo la conoscenza (che è intuitiva e dinamica, intellettiva e affettiva) siamo di accordo. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi Cesare Balbo espose la bandiera, Pier Giorgio da solo risolse di togliere la bandiera, poi si dimise dal circolo. Nel novembre 1923 scriveva a Villani: « Che ne pensi tu di tutti questi girelli che quotidianamente si vendono al fascismo come ha fatto adesso il Momento [...l.Dinanzi a me ho il ritratto di quel mirabile ministro di Dio don Luigi S t u m e nelle ore di sconforto lo guardo attingendo oltre che dalla religione anche da lui la forza per proseguire D. Legato d'amicizia con i maggiori esponenti deii'antifascismo rimase loro vicino anche nelia disgrazia. Quando Giuseppe Donati fu costretto ali'esilio Pier Giorgio Frassati lo raggiunse al confine dove fu fermato. Nel 1922 entrò a far parte del Terzo Ordine Domenicano assumendo il nome di Girolamo in ricordo di Savonarola. Tramontate le speranze dei Popolari, Pier Giorgio continuò la sua battaglia quotidiana neii'ambito delllUniversità e si dedicò sempre di più alla San Vincenzo, ali'assistenza dei bisognosi e malati. I1 4 luglio 1925 dopo una settimana di sofferenze, colpito da paralisi infantile fulminea, moriva poco prima di conseguire il diploma di ingegnere. I1 processo di beatificazione ebbe inizio nel 1932. Nel 1981, quale ultimo gesto del processo apostolico, è stata aperta la tomba. Cfr. Luciana Frassati, Mio fratello Pier Giorgio, Città Armoniosa, Reggio Emilia 1983, p. 174. 2. F. RAMORINO, I Salmi della Volgata, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1925.
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Piazza Armerina, 27 maggio 1929
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Carissimo fratello, ricevo la tua cartolina del 22, e rispondo subito. I1 mio principio è questo: d'ogni sistema utilizzare le vere conquiste e combattere gli errori e superare ciò che va superato e inverare ciò che va inverato. Né tu dici cosa diversa. Circa il nostro divergere, ti ripeto quello che ti scrissi nella mia ultima, sperando di farlo più chiaramente. Tu e molti altri filosofi partite dallo studio del processo già attuato; io parto dallo studio del processo da attuare. Voi siete più realisti di me, io (per ragione di metodo) credo d'esser più logico. Dato il processo, la tendenza è spinta interna alla conquista o riconquista, perché è la potenza nella sua dinamica, la potenza orientata e agente. Considerata la genesi, io mi pongo all'inizio della vita conoscitivo-volitiva. Questa è posizione storica, perché l'uomo, è bensi sempre in atto, ma da principio è ignorante e si fa sciente progressivamente. Anche agli albori della vita I'uomo tende, senza dubbio, perché anche allora è in atto. Ma a che cosa tende? Alla prima intuizione logicizzata, egli attua un qualche vero che è anche un qualche bene, ma non è ancora un bello né è ancora una vera discriminazione, e perciò quel vero non si dialettizza in visione di contingente e assoluto. Allora c'è la potenza a ciò, non ancora la vera tendenza. Circa la distinzione fra l'intuizione e raziocinio (discorso) ti faccio osservare che è astrattistica. I1 sintetismo prova che nemmeno la prima intuizione è priva di discorso, perché la distinzione (che è la prima conoscenza) non si attua che distinguendo l'un termine per l'altro e questa per quello, il qual atto è vero raziocinio, benché semplice. Si curò distinguere fra raziocinio più semplice e meno semplice, mai veramente fra intuizione e raziocinio. È questo commento essenziale che studierai con cura. Sto bene. I1 tempo è fresco e bello. Tuo t Mario
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[London, Paddingtonl, 27 ma&o
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Carissimo fratello, stamane ho ricevuto insieme le tue cartoline del 21 e del 23, e la lettera di Vinoenzino. Parlerò di tutto con S.S. Desidero sapere se Vinc. ha tenuto copia o no. La questione dei disegni divini credi tu sia una questione filosofica o teologica? A me sembra che la preoccupazione di rendere ragionevoli i misteri ha fatto troppo razionalizzare la teologia. E' quello di che S. Bernardo rimproverava Abelardo. Tutto è disegno divino, perché la virtù divina creativa è sempre in atto. Noi facevamo molte distinzioni per capire per quanto è possibile, e perché avanti a noi si presentano i fatti esterni, dai quali salire al significato e all'origine. Questo è il punto di partenza. Ma che possiamo sapere di come Dio nella sua semplicità, infinita sapienza, volontà, ecc. cioè in se stesso opera? Diremo che l'infinito e il finito sono due piani diversi? E' vero, ma non soddisfa in quanto non può spiegare il mistero. E il mistero non riguarda il modo come noi guardiamo o interpretiamo la storia, ma riguarda tutto: la libertà umana, la predestinazione, la azione divina ed extra, ecc. Ingolfarsi in questo mare di misteri sarà bene per un teologo, nel suo campo di distinguere quello che è retto dire e quel che no, per non cadere in errori, ma non per spiegare il mistero, che non sarebbe tale se si potesse spiegare. La obiezione di Berkeley ed altri sulla storia rimane per loro in qualunque modo si concepisca la storia, perché rimane la confusione fra prescienza e libero arbitrio; fra pensiero divino e pensiero umano. Ecco il mio perché all'osserv. di De Ruggiero. Sto bene. I1 caldo mi fa bene. Io spero che a te il caldo non farà male quest'anno dopo tanto freddo. U n abbraccio di cuore, tuo Luigi
Piazza Armerina, 29 maggio 1929
Carissimo fratello, spero che la posta del pomeriggio mi rechi la tua consueta cartolina. Io anticipo, temendo che domani la festa di Corpus non mi lasci tempo libero. Nella tua del 22 ritorni sul problema della
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intuizione. Spero di potere questa volta esprimermi più adeguatamente. Per me l'intuizione è la percezione del reale concreto e fisico. Però non è puro rispecchiamento del reale, ma espressione costruttiva. È l'atto umano fondamentale, unità-molteplicità, percezione, ideazione, volizione, ragionamento. Quando io intuisco un oggetto, intuisco l'oggetto come vero, buono, bello; però io non intuisco il vero, il bene, il bello. Eppure esprimo questi rapporti. Quando li prendo come termine delle mie indagini filosofiche, io non faccio intuizione, ma riflessione. Quando ne deduco lo spirito, faccio ragionamento deduttivo; ma io non intuisco lo spirito. Quando esprimo il divino (momento logico o mistico) io non intuisco il divino, ma faccio atto logico o mistico, in rapporto (in seno) all'atto intuitivo e per quest'atto. Io insisto su questo mio concetto, perché pongo il conoscere come costruttivo e organico, scaturente da una prima cellula, la prima intuizione e la prima idea, che è distinzione. Sto bene. Sabato fu gran festa, pontificale solenne in cattedrale per l'ordinazione dei suddiaconi, formati alla mia scuola. Solennità raccolta, bella, estasiante. Domani è gran processione. Pregherò assai per te. Ti abbraccio .t Mario
[London, Paddington], 30 maggio 1929 Festa del SS.mO Sacramento Carissimo fratello, rispondo alla tua del 24. Io sono di accordo con te in quello che è il processo della conoscenza come origine e nella sua natura sintetica. I1 problema per me non è questo, è un altro e te ne ho scritto più volte; e ancora non sono in grado né di formularlo bene né di risolverlo perché non ho avuto tempo di studiarlo bene. Per precisarlo, io lo riassumo così: - I1 processo conoscitivo è di due qualità, uno discorsivo che ci porta alla cosidetta conoscenza nozionale, uno diretto o intuitivo che ci porta alla conoscenza cosidetta reale. Ora la sintesi conoscitiva è e deve essere di tono diverso o di qualità diversa (dico così per esprimermi) nell'uno e nell'altro caso. Quale il processo speciale di sintesi? quale il valore speciale di conoscenza? (nei due casi). Esempio. La conoscenza estetica è nozionale, discorsiva (se si tratta delle ragioni tecniche perché una
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scultura o musica è bella) o reale intuitiva (se il soggetto si immedesima dell'opera e ne prova le emozioni estetiche - la sente in sé stesso). Per la conoscenza di Dio si dà la discorsiva, e si arriva all'assoluto, al creatore, alla causa prima; ma può anche darsi la conoscenza che deriva dalla intuizione del sacro, dell'infinito o dalla cosidetta esperienza interiore, che certi teologi non negano anche ai non cattolici. Ecco perché io dico che l'intuizionismo e il volontarismo hanno lati degni di studio e, in forma manchevole, rispondono a problemi interessanti, che non mi sembrano ancora risoluti. Utilizzarli perciò nel buono e combatterli nel difettoso. Sto bene, un abbraccio di cuore, tuo Luigi
Piazza Armerina, 1 giugno 1929
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 25. Le tue nuove, spero, me le recherà la posta del pomeriggio. Tu dunque insisti sul tuo concetto della tendenza? Tu ammetti che la facoltà tenda prima che si attui, e perché tende, dirige l'atto. Io comprendo che la tua è una analisi e un'astrazione, perché una facoltà priva (sia pure per un'istante) d'ogni attuazione, è inconcepibile. Però l'analisi non mi pare rispondente al vero. Concepire una facoltà che tenda prima ancora che un oggetto la ecciti, è concepirla come agente fuori del rapporto. Ciò è assurdo. La facoltà è attiva nel senso che non è pura recettività e nel senso che non è mai solo in potenza e nel senso che è una virtù agente e nel senso che è una facoltà (nota questo), cioè nel senso che è ordinata a dati rapporti: la facoltà conoscitiva ai rapporti di conoscenza (che danno la verità), la facoltà volitiva ai rapporti di praticità (che danno la bontà), ecc. Se è questa la tendenza di cui tu parli, siamo d'accordo. Ma questa è la stessa potenza. Se poi non è questa, è un quid che la mia mente non coglie. Parliamo d'altro. Per gli antichi (e anche certi moderni) la virtù è abito; è la facilità di far atti acquistata per la loro ripetizione; è stato. A me pare (senza che neghi l'abito e lo stato) che la virtù sia attività, forza, potere di autodeterminazione, reso più spedito per l'abito. Il virtuoso non è colui che acquista e conserva, ma co-
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lui che perennemente acquista e conserva, perché vuole. Che ne dici? Sto bene. Abbracci. Tuo Jy Mario
[London, Paddington], 2 giugno 1929
Carissimo fratello, ieri sera ho ricevuto la rivista ed ho letto subito e in fila i sonetti l . Ve ne sono dei bellissimi; altri non hanno gli stessi pregi. I o per esempio, non gusto affatto le poesie che cercano di ritrarre qualche tratto caratteristico delle persone, o che ne pigliano occasione a motivi morali e ad uso didascalico. Credo questione di gusti ma in tutto quello che è intimità, sentimento, aspirazioni, si sente una profonda poesia. Ti scrissi di rivolgerti all'Editrice Forentina. Domenico Giuliotti è il dirigente la collezione letteraria. Non conosco bene questo autore, e quindi non posso giudicare dei suoi gusti. Ma vedi di tentare. H o ricevuto la tua del 27. Non mi sembra che la distinzione fra intuizione e raziocinio sia astrattistica. Certo, in ogni intuizione c'è un inizio di discorso, ma questo è direi quasi interiore o come dicono i filosofi di qui reale di fronte all'altro che qui chiamano formale, e in Francia norionale. La distinzione tra l'una e l'altra, intesa come oggi s'intende, almeno qui e in Francia, è qualitativa, non quantitativa né astrattistica cioè formalistica. La questione è sul significato della parola intuizione, che è usata come una conoscenza interiore, intima, a contatto della realtà, e non trasportata nell'ordine intellettualistico-discorsivo. Ma su questo tema ci siamo tornati tante volte, e non ci siamo incontrati. Peccato che invece di scrivere non possiamo discorrerne a voce. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi Ho qui incontrato il signor Bayol, lazzarettista, del Seminario di Caltagirone, che ti ossequia.
LETTERA429. 1. Cfr. u Rivista di autoformazione D, maggiegiugno 1929, 148 ss.
p.
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Piazza Armerina, 4 giugno 1929
Carissimo fratello, rispondo alle tue del 27 e del 30. Ancora qui non fa caldo, forse perché le pioggie non si fanno desiderare. Son d'accordo con te che altra cosa è la filosofia, altra la teologia. Credo però che non si possano scompagnare. È questo un mio pensiero, che ti esporrò altra volta. Ora mi limito a dire che la storia non può prescindere dai fatti straordinari, come, per es., le profezie. Del resto, circa il caso nostro, io desideravo qualche chiarimento (per miopi) che potrebbe andare in nota. La copia fu fatta. E sta bene lo studio, da sé, molto bene. Circa le due forme di processo conoscitivo siamo d'accordo, in massima. Io, prevenendo la tua, te ne ho già scritto. Non mi resta che precisare. I1 processo intuitivo si dice tale per l'intuizione del reale, che è la stessa percezione. Ma nella sua sintesi è atto raziocinativo, logico, affettivo, ammirativo. Questi son bensì elementi della sintesi, ma non sono l'intuizione, che è un elemento da sé, ed è l'elemento centrale e fondamentale. Perciò io non dico che l'uomo intuisce l'idea o la ragione di bontà o di bellezza, pure dicendo che son elementi necessari all'atto intuitivo. Non solo questo, ma dico che questi elementi (alcuni) possono restare come impliciti. I1 lavorante nell'atto del suo lavoro, intuisce, ma non sempre ammira. I1 bello è nel suo atto sintetico, ma egli non lo esprime sempre liricamente, perché non sempre prevale l'ammirazione. Uno il processo intuitivo, molti gli stati: questi son caratterizzati dal tenore della sintesi. Se la sintesi ha prevalente il pensiero, l'atto ha il teno= logico; se prevale l'affetto, ha il tenore pratico, se l'ammirazione ha il tenore estetico. Sto bene. La rivista è uscita con anticipo. Tuo t Mario
I hndon, Paddington], 5 giugno 1929 Carissimo fratello, ricevo la tua del lo. Siamo d'accordo circa la virtù abito e stato; sono modi di parlare, senza precisione filosofica. L'acquistare la virtù è attività perenne che mai resta; del resto anche gli
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asceti dicevano che il fermarsi è tornare indietro. I1 concetto di abito è relativo alla facilità o minore difficoltà negli atti e il concetto di stato al fatto di cadere il meno possibile e il meno gravemente del difetto opposto. Circa la tendenza siamo d'accordo quando tu chiami la potenza (parola che non mi piace) virtù agente; però tu non arrivi ad ammettere quella che si dice ictus, conato, tendenza, spinta interiore, abituale se non attuale, verso l'oggetto proprio anche quando un oggetto determinato non c'è. La tua del 29 maggio mi riporta all'intuizione. Tu dici che per te l'intuizione è la percezione del reale concreto fisico. Ora io non nego che in questo senso si usi la parola intuizione (benché a me non piaccia); io dico che ci sono altri significati che si dànno alla parola intuizione, ed io ti parlo di ben altro significato. Tu non dici che il cane intuisce, ma che percepisce un oggetto determinato; e ci sarà almeno una differenza fra percezione e intuizione. Ma a parte ciò, perché c'è un sistema determinato che si chiama intuizionismo, occorre tenerlo presente nell'uso della parola. L'intuizione non sarebbe, secondo me, l'atto della distinzione, divisione, analisi, ma della sintesi, unione, composizione. I1 soggetto trova i termini di confronto, simpatia, compenetrazione con l'oggetto intuito. I n ciò differisco da quel che tu scrivi: « La prima intuizione è la prima idea che è distinzione ». Io non so bene (scrivendo di ciò) se non facciamo una questione di parole o di sostanza. Perché io non comprendo come tu non ammetta il significato dell'intuizione come io lo sento. Sto bene. H o letto la Rivista - sono d'accordo e te ne scriverò. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 7 giugno 1929
Carissimo fratello, riprendo il discorso sd'intuizione, che torna ad animare la nostra corrispondenza. Riaffermo che l'intuizione è la percezione, cioè l'elemento percettivo della sintesi conoscitiva, e che questo elemento nell'uomo è fisico. Altra intuizione non si dà. Si tratta quindi d'altri elementi. L'oggetto è intuito come bello nello stato
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di liricità, che è ammiratività-contemplazione. S'intuisce l'oggetto come bello e non s'intuisce il bello a sé. Per me ciò è chiaro, perché il sintetismo mi mena a questa conclusione che l'atto conoscitivo è un solo con diverse prevalenze: è l'atto intuitivo, che è insieme raziocinativo, affettivo, ammirativo. Nessun elemento manca all'atto, e solo si nota varia prevalenza che fa le sintesi secondarie. I1 raziocinio c'è sempre, anche nel più semplice e primissimo atto, che è la prima intuizione di termini, conosciuti solo come distinti e diversi. L'uomo allora dice: distinto e diverso perché riferisce l'un oggetto (termine) all'altro, e questo al primo; e ciò è ragionamento. È fulmineo, semplice, cioè più semplice, ma è raziocinio. L'intuizione, se non fosse ciò, sarebbe il nato per sé, che non si dà. La conoscenza che Bremond chiama nazionale, non è cosa diversa, ma atteggiamento diverso. Lo stesso va detto per la conoscenza deduttiva, la quale è contenuta nell'intuizione, e se non vi fosse contenuta, non si attuerebbe. Pensaci. Sto bene. I1 tempo è sempre mite. Abbracci. Tuo .t Mario
[London, Paddington], 8 giugno 1929
Carissimo fratello, ho parlato con S.S. il quale ha fatto le seguenti aggiunte, che ti scrivo in violetto l: Al n. 6 - secondo comma: « attribuire a Dio creatore e ordinatore tutto quanto avviene nel creato per l'attuazione sempre in essere delle leggi creative (creazione e conservazione valgono lo stesso), pur ecc. » '. Al n. 6 - quarto comma: « Lo stesso può dirsi dei fatti estranaturali, soprannaturali, e miracolosi » '. Al n. 6 - nono m a : invece di « cioè d'attività che crea la storia » dire « cioè a quell'attiuità che fa la storia » 4. LETTEFA433. 1. Abbiamo messo in corsivo le parole della cartolina scritte con inchiostro violetto. 2. Cfr. S.S., Storicismo e trascendenm, in « Rivista di autoformazione », luglie agosto 1929, p. 198. 3. Ibidem, p. 198. 4. Ibidem, p. 199.
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Al n. 8 - terzo cornrna, dopo le parole: « e si attua secondo tale natura e tali leggi » aggiungere: « Inoltre Dio si è rivelato all'uomo, e le sue rivelazioni si sono inserite nella storia come verità, insegnamenti e fatti, che hanno ed auranno il loro proprio suiZuppo e la loro propria speciale influenza » '. Egli crede che ciò basti allo scopo. Non crede di occuparsi della obiezione di Berkeley, perché non conosce il testo esatto, e dato che è un autore inglese, non vuole prendere equivoco sul valore del suo pensiero, tanto più che Berkeley fu ministro protestante esimio e credente. Se la Redazione vuole su ciò fare una nota può farla, mettendo N.d.R. I o credo che su questo egli abbia ragione ad essere riservato. Sto bene. Finalmente il vaiuolo può dirsi cessato, e la Francia ha tolto il regime sanitario speciale. Convengo con te su quella che chiami tenore della sintesi, secondo che prevale un elemento o l'altro. Non convengo con te che « il processo intuitivo si &ce tale per l'intuizione del reale, che è la stessa percezione ». - Ma ne abbiamo parlato già troppo. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
Piazza Armerina, 10 giugno 1929
Carissimo fratello, la tua del 2 mi giunse quando la mia era già alla posta. Tu dici « la parola intuizione è usata come conoscenza interiore, intima, a contatto della realtà, e non trasportata nell'ordine intellettualistico, discorsivo ». Tolta la parola « interiore » come superflua perché conoscenza esteriore non se ne dà, tale anche per me è l'intuizione. E solo occorre precisare. La realtà intuibile è la fisica; l'intuizione la fa la mente coi sensi (come unità sintetica). I! contatto awiene nel campo sensitivo. Altra intuizione non se ne dà per l'uomo. Se ci fosse un'intuizione intellettiva, l'uomo avrebbe conoscenza propria dell'anima e di Dio. Ti prego di tener fermi questi dati, perché senza ciò si torna in alto mare. Quando prevale l'elemento raziocinante, l'uomo attende agli elementi lo5. Ibidem, p. 202.
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gici (teoretici) della sintesi, e si sente come lontano dalla realtà concreta. Quando invece prevalgono gli elementi affettivi (lirici) della stessa sintesi, l'uomo sente come il contatto di cui tu parli. Allora è il momento estetico o mistico naturale. Questo è lo stesso momento lirico rivolto non al bello ma all'elevazione dell'anima verso l'infinito. Quest'analisi a me sembra giustificata sotto tutti i riguardi. I o ci trovo la connessione logica con la tecnica del conoscere e con la ragione sintetistica del medesimo. Così si può prendere ciò che è conquista dei nuovi sistemi e lasciare ciò che è errore. Sto bene. Fa già caldo.. Non molto ancora. Né io ancora ci soffro. Penso già a S. Luigi e ti anticipo i più fervidi auguri. Ti abbraccio. Tuo Mario A momenti ricevo la tua del 5 e il « Mouvement ».
t
[London, Paddingtonl, 11 giugno 1929
Carissimo fratello, il I11 cap. dei Problemi di Filosofia dellJEducazione è tanto interessante quanto i primi due l . Io spero che l'editore trovi i fogli sì da vendere poi un libro da diffondersi per quanto sarà possibile. Piccole osservazioni. Tu dici che l'uomo divina le essenze e le profonde attività dell'essere « per via di ragionamento discorsivo ». I o toglierei questo comma, perché la divinazione può essere, secondo me, come una vera illuminazione o intuizione, in cui i termini del discorso non appaiono. Siamo sempre attorno il problema dell'intuizione; sul quale trovo l'intesa difficile. Tu dici che l'elemento intuitivo della conoscenza umana è il medesimo in tutti (p. 124) e a me sembra il più personale e differenziato LETTERA 435. 1. Cfr. « Rivista di autoformazione », maggiegiugno 1929, p. 117 ss. 2. L'elemento intuitivo deila conoscenza umana, in quanto è colto direttamente, concretamente e immediatamente, è, da sé, il medesimo in tutti gli uomini. Tutti gli uomini intuiscono forme colorate, suoni, odori, sapori, resistenze, da sé, d o stesso modo; n6 per intuire m r r e studio o giova scienza. Però questa è una considerazione analitica, fatta per comodo di studio e chiarezza d'intelligenza; giacché
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possibile. Così tu dici che l'intuizione è l'esperienza volgare; e per me è tanto l'esperienza volgare quanto la più elevata e profonda. Secondo la tua cartolina del 7 , tu chiami intuizione << l'elemento percettivo della sintesi conoscitiva D ed io non ho nessuna ragione di contestarti l'uso della parola intuizione in questo senso, benché a me non piaccia, e mi sembra porti confusione, quando, a questo senso, si può usare molto bene, anzi meglio la parola percezione. Perché due parole se hanno lo stesso significato? Rimane l'altro lato, cioè la prevalenza, nel processo sintetico di conoscenza, del valore intuitivo, non del sensibile concreto (che tu chiami fisico) ma del rapporto di simpatia, di unificazione, del di là del sensibile (bello - bene - vero - sacro) che ci lega all'oggetto conosciuto, vagheggiato, ammirato, amato. - Sto bene. Un abbraccio di cuore. Prega per me, tuo Luigi
Piazza Armerina, 11 giugno 1929
Carissimo fratello, eccomi di nuovo a te. Non so se mi ripeto. Del resto circa certi problemi, la ripetizione non è vana. Tu parli dell'ictus (slancio, tendenza), considerando l'atto. Così devo credere. Nell'atto l'ictus è la potenza che si attua nel rapporto. Io non nego questo, ma nemmeno studio questo. Te l'ho scritto più volte. Io cerco come si slancia la potenza, come esplica la sua attività tendenziale. Supponi la potenza nel suo stato di potenza, cioè, di prima dell'atto. Esempio. La polvere da sparo ha la tendenza allo scoppio. Scoppia prima che il termine agente Io determini allo scoppio? No. Ha in sé la direzione dello scoppio determinata? No. I1 caso i'intuizione non si attua né vive da sé, separata daiia funzione costruttiva. Ed è proprio per la funzione costruttiva, che gli stessi elementi deli'intuizione in quanto intuizione, si idealizzano, specificano, distinguono, diversificano, non solo da individuo a individuo ma da un momento a un altro deii'attività conoscitiva d'uno stesso individuo. Per questa ragione nella scienza, mentre sembra che permanga un fondo c e mune alia medesima e d a esperienza volgare, che è il fondo dell'elemento specifico dell'intuizione, in quanto tale; essa poi non solo supera detta esperienza, ma crea se stessa, come tal cosa, che non è più l'esperienza. Ibidem, pp. 123-124.
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della tendenza è lo stesso. Vero è che nessuna potenza è mai puramente passiva. Ma questo non sposta il problema. È attiva in un dato rapporto. Si considera come passiva, circa il rapporto non ancora attuato. I1 qual rapporto lo determina all'atto, e la potenza si determina all'atto nel rapporto e pel rapporto; il rapporto regola anche la direzione della tendenza, perché mette di fronte alla medesima l'oggetto &e. La tendenza non crea a sé l'oggetto, ma va verso l'oggetto nel rapporto. I1 cane intuisce anch'esso, però da puro sensitivo. La distinzione è il primo atto di intuizione (in ordine di tempo) ed è insieme sintesi e analisi. Del resto malisi e sintesi prendono un valore metodologico solo nella nostra elaborazione diversa. Facciamo quistione di parole? No. Qui è sostanza e quale sostanza! Sto bene. E aspetto le tue critiche.
t
Mario
Piazza h e r i n a , 13 giugno 1929
Carissimo fratello, ricevo a momenti la tua dell'otto. Le aggiunte stanno bene il senso è ben chiarito. Circa intuizione e percezione, visto che ancora l'accordo non è raggiunto, non ne abbiamo discusso abbastanza. I due nomi hanno lo stesso senso tanto nei dizionari comuni, quanto nei filosofici. Prescindendo da ciò, dicono la stessa cosa, perché non c'è una cosa diversa. Percepire non è rispecchiare la realtà puramente e semplicemente, perché se ciò fosse, non sarebbe atto conoscitivo. È esprimere nell'unità-molteplicità della virtù del soggetto: è distinguere, categorizzare, volizionare, rapportualizzare, nel vario tenore che è logico, morale, estetico, mistico. Questa è l'intuizione. Io insisto tanto su questo punto, perché è basilare, e perché deriva dallo studio dell'atto umano e della sua genesi. I francesi come Blondel, Bremond, ed altri trattano la genesi con superficialità, e fanno più che della soda filosofia, della colorita poesia. Circa le tue critiche io penso che si possano superare, studiando con nuova cura l'atto umano della percezione del reale (e il reale percepibile è solo il fisico). Tutto quello che connessamente alla percezione del reale fisico produce nello spirito
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(verità, bontà, bellezza, religiosità) non è cosa intuibile perché non è oggetto agente sul soggetto, ma è elemento dell'atto conoscitivo, espressione (creazione) e non intuizione. L'uomo riflette sui suoi atti, non però li intuisce (percepisce), perché sono già conoscenza. Sto bene. Il caldo è agli alti gradi. I o però sino al presente, a differenza degli altri anni, ci godo. Tanti affettuosi auguri pel tuo vicino onomastico. Tuo t Mario
[London, Paddington], 14 giugno 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 10, e i primi auguri anticipati pel mio S. Luigi. Grazie. Non ti ho parlato della Postilla: la prima parte (o meglio la prima postilla) mi è piaciuta molto e mi ha soddisfatto. La seconda parte mi lascia perplesso l . Mi sembra che siano combinate insieme varie questioni, non fuse né risolte. La ricerca di un principio unico delle forze cosmiche è legittimo dal punto di vista scientifico, anche nel nostro sistema creativo. Nulla ripugna che Dio abbia creato un'unità da cui sviluppare la molteplicità. Per noi il mondo si arresta alla posta dell'anima umana. Tra la creazione dell'universo e la creazione dell'uomo, il processo evolutivo e unificatore si può concepire. Altro sforzo scientifico è quello della unità della materia; ed è anch'essa concepibile. Qui risiede il tentativo scientifico. Chi trasborda passa dal campo fisico al metafisico; e allora o nega il metafisico, ovvero trasporta il fisico nel LETTERA438. 1. Cfr. M. STURZO,Del punto fermo nella conoscenza, in « Rivista di autoformazione », maggio-giugno 1929, pp. 140-147. N d a prima parte della Postilla (pp. 140-144)Sturzo affronta il problema della nozione di «punto di riferimento* nelie teorie della conoscenza, sotto l'aspetto della sua formulazione nel divenire del processo conoscitivo. Nella seconda entra nel merito del problema deli'unità delle forze cosmiche, ribadendo che il dualismo tra materia e spirito, tra contingente e assoluto, impone l'impossibilità di ridurre ad un principio unico tutta la realtà. Tuttavia, proprio in quanto le questioni relative aii'esistenza di un'unità e di una organicità si pongono a livello di conoscenza - che è dire rapportualità -, si può arrivare ad attribuire queste due caratteristiche alla realtà conosciuta. L'esigenza, poi, dello spirito di pervenire in qualche modo aii'unicità pone la questione deli'assduto e, quindi, deila conoscenza di Dio.
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metafisico. Un'altra osservazione: tu deduci l'unità e organicità del reale dall'unità e organicità del pensiero. È la stessa via di S. Anselmo per la prova dell'esistenza di Dio. Ora a me non dispiace il processo, ma sono in dubbio sul suo valore probativo. Infine il rapporto da contingente ad assoluto, non è in funzione del problema dell'unità delle forze cosmiche, ma eccede i termini del problema! A me sembra che vi sono dentro tre temi distinti per tre belle postille; e riunite insieme danno un'impressione di non comprensibilità. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi I o non ho mai detto che noi intuiamo Dio o l'anima. Tutta la conoscenza intuitiva o discorsiva parte dal reale sensitivo. Io parlo sempre di valori - qualità - tipi di conoscenza. Te ne scriverò altra volta.
Piazza Armerina, 15 giugno 1929
Carissimo fratello, questa ti reca i più fervidi auguri pel 'tuo onomastico, nel qual giorno io farò speciali preghiere per te. Spero che non ti recherà fastidio leggere ancora lo stesso argomento dell'intuizione. Mi preme assai chiarire il meglio che io possa questo punto. Io credo che nessuno dei filosofi moderni faccia vera distinzione fra percezione e intuizione. E credo che per loro preme affermare la differenza fra intuizione e atto logico o intellettua1.e. Si tratta a mio avviso di atteggiamento rivolto a superare il caduco dell'intellettualismo. Croce per esempio identifica in modo chiarissimo intuizione, percezione e questa e quella chiama anche sensazione. Però ammette, come sai, una intuizione pura, che per lui è sensazione pura. E questo è errore. Or siccome tu non discuti su cose vane o superficiali, così a me gioverebbe molto sapere che cosa per te è la percezione, e in che tu la distingui dall'intuizione. E ora parliamo d'altro. Per me tra filosofia e teologia non c'è antinomia, come vuole Croce, e invece c'è armonia nell'unità dell'atto del conoscere. Noto che per teologia ora intendo la teodicea o teologia naturale. La filosofia non si costituisce nella sua forma di sistemascienza, se non quando il pensiero perviene all'idea di assoluto.
L'idea di assoluto però contiene un elemento di sopra-ragione (che Blondel chiama impropriamente) soprannaturale l . Questo elemento deve rimanere distinto dalla filosofia, che è ragione e unità; perché senza di esso non si conosce bene la realtà del mondo fisico. La filosofia moderna risolve il sopraragione in filosofia, e diventa panteista. E nemmeno la filosofia si può risolvere in teologia. I1 resto altra volta. Abbracci t Mario
[London, Paddington], 17 giugno 1929
Carissimo fratello, io posso sottoscrivere tutto quanto tu hai scritto nella tua ultima cartolina dell'undici, arrivatami oggi, circa la potenza e la tendenza. Noi differiamo dal punto di vista dal quale guardiamo il problema. Sotto un certo aspetto può sembrare la questione della foglia dell'olmo se bianca o verde. Tu fai un'analisi astratta, per cogliere un dato della realtà, ma resta la tua astrazione analitica. Io invece guardo la realtà nella sua sintesi, come valore. Credo che tutte le nostre divergenze di idee partono da questo: il mio desiderio è conoscere il valore di un fatto o di un'idea. A parte ciò, io accetto la tua frase « la potenza si determina all'atto nel rapporto e per il rapporto D. Siamo d'accordo che non esiste potenza che non sia realmente in atto, né potenza (o meglio facoltà) puramente passiva. Circa l'intuizione, per chiarire il mio pensiero debbo aggiungere, che essa caratterizza gli elementi di unione, simpatia, compenetrazione fra il soggetto e l'oggetto; la distinzione del soggetto con l'oggetto o di un oggetto dagli altri è discorsiva e può sia precedere sia seguire l'intuizione, ma non è più I'intuizione (nel senso da me inteso). Ma su questo punto è più d&cile LETTERA439. 1. Si tratta delle riflessioni di Blondel svolte ne L'Action (cfr. lettera 280, n. l), secondo le quali la vita e la riflessione su di essa, la volontà degli uomini sono determinate a volere, ad agire. Questo detetminismo è di grande importanza perché è la condizione che pone costantemente l'uomo di fronte al conflitto fra il tendere alla realizzazione del proprio essere e l'insufficienza di ogni decisione fondata solo sulla sua condizione particolare. Conflitto dal quale scaturisce per Blondel la possibilità deli'opzione della trascendenza, del rimettersi a questa come sola possibilità di salvezza dell'azione.
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trovarci d'accordo. Sto bene. Partirò il 26 di questo mese, ma tu scrivi sempre a Londra fin che ti darò altro indirizzo. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 17 giugno 1929
Carissimo fratello, la tua dell'undici mi giunse quando la mia del 15 era già partita. È curioso! I o anticipo le risposte! Alle osservazioni che tu fai al I11 probl. non rispondo, perché tu dai alle parole da me usate, un senso diverso da quello inteso da me. Prendile nel mio senso, e troverai la risposta. Circa l'intuizione, benché abbia prevenuto le tue difficoltà, pure reputo bene insistervi. È problema non di parole. L'elemento intuitivo è l'oggetto reale. E questo t: lo stesso per tutti. Ma l'atto d,ell'intuizione ( e su ciò oramai l'accordo parmi raggiunto) non è uno rispecchiamento dell'oggetto, ma una elaborazione, proprio come dici tu, che ci dà il reale come trasfigurato. Cioè ce lo dà, quale esso è nel rapporto della conoscenza e nella varietà dei singoli individui, in quanto tali. È vero, buono, bello, ecc. Ed è sempre tale anche quando a noi non sembra per esempio, né logico né pratico né estetico. Cercando bene vi troviamo sempre questi elementi, perché sono gli elementi costimtivi, non già del puro intuire (percepire) che puro non si dà; ma del conoscere - esprimere. E sono anche nell'atto r'aziocinativo espressamente e riflessamente tale. Se tal atto non fosse per noi buono, noi non lo faremmo; e se non avesse del lirico non ci appassionerebbe. Ed infine si tratta sempre di prevalenza. E con ciò io torno al mio primo concetto (v. probl. deila conosc.) dell'unità evolutiva del conoscere. È ora raggiunto l'accordo tra noi? Per me, lo credo. Per te non resta che identificare intuizione e percezione. Sto bene. Abbracci. Tuo t Mario Questa ti giungerà il 21 e ti dirà tante cose affettuosissime.
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[London, Paddington], 19 giugno 1929
Carissimo fratello, che piacere ricevere cartoline quando non si aspettano, come in questi giorni; e molto mi fanno pensare le tue cartoline; e in questi giorni, che per la partenza ho tanto da fare, non posso risponderti come io vorrei. Solo ti fo qualche annotazione, che servirà per vedere se possiamo procedere a risolvere questo che per me è un nodo, ed è un punto che non supero facilmente come te. Io uso percezione solamente per la conoscenza sensitiva dell'oggetto particolare, sia la conoscenza sensitiva animale, sia quella umana, guardata però nel suo lato e nei suoi elementi sensitivi. Se a dare questo significato ci sono alcuni o molti che usano indiscrirninatamente anche la parola intuizione, non m'interessa, purché mi si conceda che intuizione è usata a significare altro che non sia la percezione quale è data dalla conoscenza sensitiva. Inoltre io non contesto che ogni conoscenza abbia inizio dalla percezione, e che l'oggetto che si percepisce sia ii sensitivo, tu dici fisico e a me non piace la parola, ma è questione estranea alla nostra discussione. Ciò posto, l'intuizione di cui parlo io è diversa, perché è conoscenza intellettiva, non nazionale, non discorsiva, non ragionativa, ma diretta, e in una tal quale comunione; direi è I'espressione subiettiva dell'elemento unitivo-conoscitivo che si trova o che deriva o che uno trova nell'oggetto. Tu dici ciò non è intuibile, perché per te vuol dire percepibile. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 21 giugno 1929
Carissimo fratello, stamani ti sono stato così vicino e ti ho sentito così presso a me nelle mie povere preghiere. Ma come torna soave la festa di S. Luigi! E come si rivive un passato lontano, ma bello d'in~ d r celete! o Ti scrivevo sui rapporti fra filosofia e teologia, cid. fra verità compresa e mistero, ragione e sopra-ragione, immanente
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e trascendente. I o nego che (come vuole Blondel) in noi ci sia qualche elemento di infinito. Ammetto invece' che come il finito non si dà senza l'inibito, così non si dà filosofia (vera, piena) senza teologia (naturale). La ragione scopre la sopra-ragione perché è in rapporto di natura con quella; la scopre dialetticamente. Però non la risolve mai in ragione (non la comprende). Ne afferma l'esistenza. Ciò awiene sinteticamente, perché il contingenne non è conosciuto come tale che per la opposizione ad assoluto. La quale opposizione è relazione, ed è la ragione del contingente. Ne desumo che il nostro conoscere allora è regolare (nel suo divenire), quando l'atto conoscitivo è unità e dualità, unità di cognizione, dualità di conosciuto; la qual dualità è distinzione che non si può mai identificare a risolvere in unica unità. Né la filosofia può risolversi in teologia, né questa in quella. Se la filosofia risolve in sé la teologia, come fa l'idealismo, diventa panteismo; e panteismo diventa la teologia se risolve in sé la filosofia. La filosofia è la storia; la teologia (data la rivelazione) è la sopra-storia. Elementi dell'unità del conoscere, che non possono né separarsi né confondersi, e devono sempre sintetizzarsi. Parmi che cosi si faccia meglio la critica di tutti i sistemi tendenti al soggettivismo. Sto bene. I1 tempo è tornato fresco per le piogge. Penso a te. E ti abbraccio. Tuo Mario
t
444 [London, Paddington], 21 giugno 1929
Carissimo fratello, figurati come mi sono arrivati graditissimi i ripetuti auguri per il mio S. Luigi, portatimi dalla tua cartolina del 17. Prega che egli mi protegga sempre e mi conduca al premio. - Tu torni sul problema dell'intuizione, e te ne ringrazio; le tue cartoline mi fanno pensare. Ancora però l'accordo non è raggiunto. Sulla distinzione fra percezione e intuizione leggerai le mie idee nella cartolina precedente del 19. In questa invece io ti pongo un problema che potrebbe essere di nomenclatura. Tu dici che intuire e percepire è lo stesso; però tu aggiungi che l'atto di intuizione è una elaborazione che ci dà il reale quale esso è nel rapporto della conoscenza e nella varietà dei singoli individui D... I&e
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si tratta sempre di prevalenza D. Ora a me sembra che tu usi qui la parola intuire in due sensi, nel primo = a percepire, nel secondo = a conoscere secondo la prevalenza degli elementi intuitivi sui discorsivi. Ora lasciando a te l'uso di intuire quale percepire, desidero da te avere una chiara distinzione fra conoscenza intzlitiva e conoscenza razionale o nazionale o discorsiva. Quali elementi prevalgono nell'una e nell'altra. A me non interessa il problema genetico; se il primo atto si chiami percepire o intuire, a me interessa la qualità e il valore dell'ultimo atto cioè il propriamente conoscitivo intuitivo. Così il tema è più preciso. Sto bene e sto facendo un po' d'ordine nella stanza prima della partenza. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 24 giugno 1929
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 19. Una conoscenza puramente sensitiva nell'uomo, priva di luce intellettiva, non si dà. È quello che io sostengo da più anni nella « rivista » e nel Neo-sintetismo. E tu hai plaudito alla mia « conquista » (la parola è tua). Ecco perché lungo un anno di discussione io non ho compreso quel che tu intendevi di dire. Ma sarebbe infatti sembrato impossibile che tu fossi tornato al vecchio concetto della sensazione pura. Spero che non voglia persistere in quella affermazione, perché spero che ricordando quanto hai letto nelle mie povere pubblicazioni, ti accorgerai .C la sensazione per essere pura dovrebbe essere fuori dall'Io. L'Io infatti è teoretico-pratico, mentre la pura sensazione sarebbe puramente pratica. È nei bruti, e perciò son bruti. Non è nell'uomo, perché in lui il principio animatore e conoscente è l'anima. Escluso che nell'uomo ci sia una sensazione pura, non resta che l'atto sintetico. Questo è percettivo (o intuitivo: le parole son sinonime, ed ora ti accorgerai che ciò non nuoce), e nello stesso tempo ideativo, volitivo, lirico, mistico. È tutto ciò sempre e per natura; si mostra diverso pel prevalere di uno dei suoi elementi. Tu ciò affermavi solamente di un atto che separavi dalla sensazione pura. Cancella dalla tua mente questa rancida nozione,
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e troverai che siamo d'accordo nel modo più pieno. Se però insisti nello ammettere la sensazione pura, ti mancherà il ponte per passare all'intellezione. Sto bene. Prego per te. E ti abbraccio. Tuo Mario
t
[London, Paddington], 25 giugno 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 21. Grazie. Sto bene, sulle mosse di partire e quindi con le valigie nella stanza e tutto sottosopra. Ho ricevuto la fotografia dei suddiaconi. Grazie assai. Sono d'accordo con te sulla questione della teologia naturale e la filosofia. Io rilevavo la cosa sotto altro senso, cioè riguardo il tentativo di razionalizzare (per quanto è possibile) la teologia sopranaturale; il che rimproverava S. Bernardo ad Abelardo l . Ora molte delle vedute della' scolastica riguardo la Divinità sono delle deduzioni sottili, delle analogie che non recano molta luce, e che si spiegano con le filosofie prevalenti del tempo, specialmente la neo-platonica. Ti scriverò appena arrivo e poi ti darò il nuovo indirizzo. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza h e r i n a , 27 giugno 1929
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 21. Circa il problema che mi proponi, non ripeto quello che ti ho scritto nella mia del 24, ma ad esso mi riferisco. Sino a questo punto abbiamo discusso sul valore gnoseologico di percezione e intuizione. Con la mia del 24 io ti ho provato che pura sensazione nell'uomo non se ne dà. E con ciò il nostro vecchio problema cade. Però ne restano altri. Primo di tutti cosa propriamente sia intuizione, giacché tu, per esempio parli di intuizione del vero. Stiamo al significato letterale delle LEmu 446. 1. L'opposizione di S. Bernardo fu manifestazione di una più diffusa opposizione che si concretizzb nel Concilio di Sens, del 1141, in cui varie tesi di Abelardo furono condannate come eretiche.
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parole. Intuire significa percepire, cioè, cogliere un oggetto reale. Intuire o percepire o cogliere l'oggetto reale, non è puro rispecchiamento del medesimo, ma sua elaborazione in rapporto alla natura dell'uomo. E questa elaborazione è categorizzare l'oggetto, rapportualizzarlo, idealizzarlo, esprimerlo come vero, buono, bello, sacro. Per te l'intuizione è questa elaborazione. È una improprietà; perché l'elaborazione è l'espressione dell'oggetto intuito. Convieni con me? Se s'i, anche qui l'accordo è raggiunto. Ed io lo spero, perché la cosa oramai mi sembra ben chiarita. E vengo al problema della tua del 21, notando che io non ho mai identificato l'intuizione col ragionamento riflesso. Nota la parola - riflesso, perché il ragionamento spontaneo non manca mai, essendo lo stesso atto della ragione. La diflerenza dei due modi di cognizione è che l'una è diretta, l'altra riflessa. Però io nego che la nozione, cioè la definizione sia data dal secondo. Essa è data dal primo. Senza ciò, non sarebbe cognizione. I1 secondo la fa esplicita e la sistema riflessamente. Aggiungo che il processo di scoperta (per esempio dell'anima) è deduttivo. E si dà un processo induttivo (secondo i casi). Però riflessione, deduzione, induzione son un lavoro attorno all'intuizione e non da sé. Spero che l'accordo sia tutto raggiunto. Sto bene. Mario
Paris, 27 giugno 1929
Carissimo fratello, sono a Parigi con la carissima Nelina. Ottimo il viaggio dell'uno e dell'altra. Qui fredduccio. Stiamo bene. Dopo qualche giorno partiremo per il Belgio e poi per la Germania. Quando ti arriva questa mi risponderai al seguente indirizzo: Ketteler-Heim (nome della pensione) Lindenstrasse, 5, Bad Nauheim (Germania). I o spero arrivare h il 6 luglio. H o parlato con I'editore Vrin per il tuo libro e gli ho lasciato copia. Se non hai mandato copia a Meyerson, vedi di spedirgliela. I o gliene parlerò domani o sabato. Un abbraccio di cuore Luigi
LUIGI E MARIO STURZO
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[Paris], 30 giugno 1929
Carissimo fratello, speravo ricevere qui tue notizie, ma fino a stamani la posta di Londra non mi ha portato la solita cartolina. Stiamo bene tutti e due e parliamo spesso di te. Ho lasciato all'editore Vrin il tuo volume per esaminarlo, se gli conviene: ne ho parlato a Meyerson che se n'è molto interessato. Egli non ne ha ricevuta copia. Io allora ho scritto a Londra per prendere e spedire quella che mi è rimasta D. Vedi di mandargli la Rivista, l'indirizzo è: E. Meyerson, 16, rue Clement Marat, Paris. Spero avere tue notizie domani. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
Piazza Annerina, 1 luglio 1929
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 25, ricevuta ieri. Sto bene. I1 tempo permane fresco e bello. Del resto le due trascorse estati furono una vera eccezione. Presso questa città, dalla parte che si va a Mazzarino, è stato scoperto un pavimento a musaico di un qualche tempio antico, il qual musaico, a dir del sen. Orsi, che ne ha diretto i lavori, è dei più interessanti che fra noi si conoscano. Ora i lavori son sospesi, per dar luogo alle espropriazioni. Saranno ripresi a suo tempo. Si tr<attaforse dell'antica Pluzia l . Ma dovette essere una città molto progredita. I1 mio accenno ai rapporti tra filosofia e teologia, trasse sì origine dal lavoro di S.S. ma è indipendente da quello. È un mio modo d'impostare il problema del conoscere e dell'essere, per affrontare con migliore speranza di LETTERA450. 1. Piazza Armerina è in provincia di Ema, a circa 30 chilometri dal capoluogo. Secondo una tradizione locale (non confermata) è sorta sul luogo di una antica « Platia n o u Plutia n. Nei suoi pressi è la Villa romana del Casale, di cui sono stati portati d a luce importanti mosaici pavimentali. La lussuosa villa, al centro di un abitato r u d e neil'ambito di un latifondo, risale alla fine del I11 secolo o aii'inizio del TV secolo dopo Cristo. I primi saggi nella zona furono eseguiti alla fine del secolo scorso. Successivamente sono stati eseguiti scavi sistematici nel 1929 da Pietro Orsi e nel 193.536 da Giuseppe Caltrera.
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successo, la critica all'idealismo. L'abbate Lugan non potrebbe collaborare alla rivista? Si potrebbero i suoi lavori stampare in francese. Ma perché non tratta di proposito del Neo-sintetismo, come promette nel Mouvement? Ho avviato pratiche con Zanichelli per le poesie. Aspetto l'esito. Se occorrerà vedrò con la Fiorentina. Come giudicarono in Francia il romanzo di Bourget (ora tradotto in italiano): Le opere ci seguono? Tante cose affettuose a te e alla cara sorella. Prega pel tuo t Mario
Bmssel, 3 luglio 1929
Carissimo fratello, siamo nel Belgio un po' in giro e quindi saremo in Germania. Stiamo bene, grazie a Dio. La tua del 24-6 mi è pervenuta in ritardo, perché in giro. Godiamo che stai bene. Che programma hai per le tue vacanze? Andrai in qualche posto a cambiare aria? Speriamo di si. Riprendo la conversazione filosofica soprattutto per disingannarti che io abbia abbandonato quella che chiamai la tua « conquista ». Sono d'accordissimo, né penso alle teorie abbandonate. La mia era un'analisi come ne fai tante anche tu, per ricavarne il valore. Tu sai che io mi preoccupo del valore più che dell'origine. Perciò insisto sulla differenza che io assegno alle parole percezione e intuizione, perché non ne ho altre atte a significare il mio pensiero. Certo si tratta di prevalenza, non di pura percezione sensitiva o pura intuizione. Ti porto un esempio. I o stesso, secondo il mio stato d'animo, la mia cultura del momento, le mille altre ragioni esterne o interne imprecisabili, sento per esempio il Magnificat di Bach; - ne percepisco i suoni, e anche i movimenti ritmici e melodici, e non ne intuisco il pensiero, l'anima, la vita che vi è dentro. Altra volta invece, arrivo a compe2. Paul Bcurget (1852-1935), accademico di Francia, moralista e scrittore, di cui nel 1926 furono pubblicate le opere Au service de I'ordre, Plon, Paris; L'Étape, Hachette, Paris; La Geole, Plon, Paris; Le Démon de midi, Plon, Paris; On ne voit pas les coeurs, Plon, Paris. U romanzo a cui Mario Sturzo si riferisce è Nos actes nous suivent, Plon, Paris 1927 (2 voll.), tradotto in italiano l'anno successivo col titolo I nostri atti ci seguono, per i tipi della A. Salani di Firenze.
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netrare il pensiero, non per riflessione o per deduzione ma per intuizione, cioè il mio spirito è in quel momento atto a simpatizzare e a ricreare in me il pensiero e i sentimenti beethoveniani, che io così intuisco. Questo fatto nuovo in me o innovantesi più volte, può essere effetto di un lungo processo di cultura, di conoscenze tecniche, di affettività, ma è principalmente aftlnità di sentimenti e compenetrazione di stati d'animo. Non è pura ammirazione che diverrebbe estetismo, che poi è esteriore, è intuizione vera. Non ti piace la parola intuizione? Trovane un'altra. Questo io provo per Dante più che per Petrarca, per Virgilio più che per Ovidio, per Bach più che per Mozart, per Michelangelo più che per Raffaello. Passi nell'ordine religioso e troverai lo stesso elevato, nobilitato, trasformato. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 3 luglio 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 27-6. Godo che con Nelina godete buona salute. Sto bene anch'io, non ostante il caldo che oramai è yenuto nel suo estivo fervore. Non è però quelio dei due anni ora d a r s i . Io ti ho scritto a Londra il 24, 27 giugno e il lo corrente. Le nostre conversazioni filosofiche fanno una pausa. Ora è tempo di villeggiatura. Per una qualche traduzione del mio libro, forse (almeno in un primo tempo) occorre limitarsi a un saggio. Potrebbe pubblicarsi tradotta la quarta sezione con una prefazione circa il sistema. A tal fine potrebbe giovare l'articolo pubblicato nella rivista « Punto centrale del neo-sintetismo » l . La brevità potrebbe incoraggiare gli editori. Ma perché non tentare una traduzione in tedesco. Forse la Germania è luogo più adatto. Circa la Francia ho i miei dubbi, perché la mentalità francese circa la filosofia è meno austera e corre per via diversa. Ma prima di tutto occorrerebbe avere qualche recensione del libro ampia e di proposito; recensione espositiva della ragione del medesimo. Ti ho scritto che ho avviato pratiche con Zanichelli per la pubblicazione dei miei versi. Se falliLETTERA452. 1. Si tratta deiia postilla Del punto fermo nella conoscenza, in u Rivista di autoformazione n, maggiegiugno 1929, pp. 140-147.
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scono, vedrò con la Fiorentina o con la Cardinal Ferrari. Insomma ora son deciso. Fate buona villeggiatu~ae datemi le vostre nuove. Io vedrò dove passare le vacanze. Vi abbraccio con vivo affetto. Vostro t Mario
[Koln], 5 luglio 1929
Carissimo fratello, in viaggio, stando in treno, si pensa più che parlare o leggere che affatica. Ed io penso volentieri a te, alle tue idee e alle discussioni che facciamo. Non ti meravigliare se tra una gita e l'altra, r i p ~ n d ocon te la lunga conversazione, scritta, sull'intuizione. L'ultima tua del 27 giugno mi riporta sulla questione dell'uso della parola intuire. Tu la usi per significare la percezione del reale-sensibile; io no, in questo caso preferisco percezione. Ma tu dici che l'atto conoscitivo finale, sintetico è creativo-espressivo, e perciò non può in nessun caso chiamarsi intuitivo. Ora se tu guardi l'atto conoscitivo nella sua natura gnoseo-fisiologica forse hai ragione; e anzi levo il forse, e ti do ragione. Ma se tu lo guardi nel suo valore, allora non puoi che usare il termine di conoscenza intaitiva, per caratterizzarla in sé o per distinguerla dalla conoscenza discorsiva, nozionale, riflessa, ecc. Tu dici che il ragionamento non manca mai, neppure nella conoscenza intuitiva. Io dico che il ragionamento, se è analisi, non c'è; se è sintesi ci sarà implicito, ma se tu vuoi riportare l'intuizione a formula ragionativa, non hai più il completo e spesso inesprimibile valore della intuizione specialmente nel campo mistico, ma anche nel campo estetico. Per me si tratta di due caratteristiche forme di conoscenza, delle quali l'una non equivale l'altna. Ora io non tengo alla parola intuire, intuitiva, ecc., ma non ne trovo altra adatta, usabile e chiara come questa. Ma come vedi il significato che io vi do è diverso da quello che tu vi dai. Caro fratello, come ti vorrei vicino, e sentire da te di~ttamentetutta la discussione su questo e su altri temi. E come mi giova il tuo punto fermo, benché io vaghi e giri per altri campi. Ma Dio ci tiene divisi. Sia fatta la sua volontà. Un abbraccio, tuo Luigi
LUIGI E MARIO STURZO
- CARTEGGIO
[Bad Nauheim], 7 luglio 1929
Carissimo fratello, siamo arrivati a Bad-Nauheim ieri sera, e abbiamo trovato una temperatura bassa; forse troppo fresca per me. Spero che venga il caldo. Stiamo bene. Qua ho trovato la tua cartolina del 3 c.m. Quella del 1" luglio non mi è arrivata. Credo che per il libro da pubblicare all'estero hai ragione. Dovrebbe essere più adatto al gran pubblico che legge. La Germania attraversa tale crisi economica che è diflicile pubblicare libri simili senza sussidii. I1 Dr. Dempf non dispera. Egli non riceve la rivista da gennaio. Mandagliela al nuovo indirizzo: 84 Hindenburg Strasse, Bonn. Un abbraccio Luigi Tante cose da Nelina che sta bene.
Piazza Armerina, 8 luglio 1929
Carissimo fratello, ricevo a momenti la tua del 3. Le notizie delle scoperte archeologiche te le davo nella mia del 1" corr. Non riprendo in pieno le discussioni filosofiche, perché non è tempo da filosofia quando si viaggia. Accenno. Tu dici: Sento il Magnificat di Bach; ne percepisco ,i suoni, i movimenti ritmici e melodici e non ne intuisco il pensiero, l'anima, la vita che vi è dentro D. Metti in luogo di <{ non ne intuisco D <( non ne percepisco D o viceversa, e un primo accordo è attuato. Quando tu hai date disposizioni e data preparazione, ecc., i suoni, i movimenti ritmici e melodici li percepisci in un modo; quando hai altre disposizioni, ecc., li percepisci in altro modo. Non è l'atto diverso: qui atto che coglie nudo l'oggetto, ll atto che ne coglie l'anima. Un oggetto nudo non lo cogli mai. L'atto è lo stesso (in quanto attuazione di potenza); ed è diverso in quanto elementi che vi concorrono, i quali elementi modificano la percezione dell'oggetto e la valutazione del medeLETTERA 454. * Cartolina illustrata con una veduta di Frankfurt a. M.
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simo. Prendi l'esempio del benessere fisico. Quando io sto fisicamente bene, faccio bene o meglio le mie elaborazioni estetiche che tu chiami intuizioni. Ora il benessere non mette in funzione un principio diverso di conoscenza, ma fa si che i soliti principii si attuino meglio, sintetizzando elementi, che nel malessere resterebbero inerti. Sto bene. I1 caldo è arrivato a gradi massimi e insoliti. Ora decresce. Ti abbraccio con la cara sorella. Tuo t Mario
Piazza Armerina, 9 luglio 1929
Carissimo fratello, questa cartolina fuori turno vuole sdebitarsi con Nelina, la cui carissima io ho ricevuto ieri con la seconda posta. Alla cara sorella dirai che la ringrazio. Circa gli affarucci di casa io posso far poco, perché le persone della medesima corrispondono con Nelina più che con me, e fanno bene. Comunque, in quei casi che mi è possibile non mancherò di fare il mio dovere. Ora riprendo l'argomento, benché ti abbia detto ieri che la filosofia ora non è nella sua stagione. I o combatto la tua teoria, perché non è quistione di forma o di analisi, ma di sostanza. Posso assicurarti che in filosofia nessuno (ch'io sappia) dà alle due parole: percezione e intuizione un senso diverso. Le due parole sono sinonime sia come lingua sia come dottrina. Indicano la conoscenza immediata. Presso certi filosofi è ammessa l'intuizione intellettiva di dati processi. Per esempio i primi principi. Qui non ha senso diverso la parola intuizione, ma è attribuita all'intelletto puro una funzione che pure non ha. I1 tuo problema è un altro. Tu chiami percezione ogni cognizione immediata dell'oggetto; e chiami intuizione la cognizione profonda, immediata, personale, lirica del valore. Se ho compreso bene, fissa il punto affinché la discussione non divaghi. Io credo aver visto (e l'ho detto nel Neo-Sintetismo e nella rivista passim) che non c'è percezione che non sia quello che per te è l'intuizione. I o pongo così il problema: uno l'atto conoscitivo, molteplice e sintetico; molti gli atteggiamenti o i gradi o l'intensità o la comprensione o la figura lirica del medesimo. Tu poi nella tua ultima distinguendo fra gli autori per
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esempio fra Dante e Petrarca, con ciò stesso dai ragione a me. Qui infatti non è l'atto che cangia per sé, ma cangia pel cangiare dell'oggetto, Dante è più profondo, ecc. Quando io son tutto preso del lavoro pratico del governo della diocesi, sento una bella musica, senza che io entri in stato lirico. Perché? Perché percepisco solo e non intuisco? No. Io intuisco; ma io non sono disposto, l'animo mio è pieno d'altro oggetto e non mi liricizzo. Sto bene. I1 caldo scema. Abbracci t Mario
[Bad Nauheim], 10 luglio 1929
Carissimo fratello, questa è la casa dove siamo e passeremo altri 20 giorni. È tenuta da Suore, molto ben tenuta. L'ordine di queste suore è stato fondato dal celebre Mons. Ketteler l . Stiamo bene, non ostante il freddo dei giorni passati. Oggi bel sole. Ho ricevuto qui la tua del 1" luglio. I1 tuo modo di impostare il problema di teologia e filosofia molto m'interessa; spero che ne scriverai sulla Rivista. L'abbé Lugan è attualmente in America. Non credo che si occupi più di problemi filosofici, scrive molto di cose sociali ed è oratore. Quando lo rivedrò gliene parlerò. Mi piacerebbe molto vedere le tue poesie edite da Zanichelli. Attendo qui tue notizie. Ti abbraccio insieme a N e h a , tuo Luigi
LETTERA457. * Cartolina illustrata con interno della Ketteler Heim, in Lidenstrasse 5-7, dove S t u m era ospite con la sorelia Nelina. 1. Wilhelm Emmanuel von Ketteler (1811-1877), nominato vescovo di Magonza nel 1850, fu iniziatore e sostenitore del cattolicesimo sociale tedesco. Fin da giovane awicinò e conobbe i gravi problemi sociali legati al nascere della rivoluzione industriale in Germania. Pose le basi per l'organizzazione di associazioni operaie di carattere religioso e professionale, dalle quali si sviluppò in seguito il sindacalismo cattolico tedesco. Come vescovo, favori l'interesse degli ambienti cattolici, e soprattutto della stampa, per i problemi sociali ed economia ed organizzb congressi e conferenze per richiamare suii'argomento l'attenzione deil'episcopato tedesco. Dal 1873 fu deputato al Parlamento, dove si distinse per le sue proposte in materia di legislazione sociale. Con altri deputati cattolici ebbe parte importante nella lotta contro il u Kulturkarnpf *.
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Piazza Armerina, 12 luglio 1929
Carissimo fratello, ieri di mattina ricevetti la tua mezza cartolina con la data del 7; ieri nel pomeriggio ricevetti la tua cartolina del 5. Una giornata di festa. Oggi però è per noi giorno di mesto raccoglimento: è il 7" anniversario della morte della nostra amatissima sorella Margherita. Ho celebrato per la sua anima. Che il buon Dio ci dia la grazia di riunirci tutti un giorno nel suo regno. I o son già vecchio, e penso che devo attender meglio alla mia preparazione alla gran partenza. Nella tua del 5 tu mi fai dire cose che io non dico, cioè « che l'atto sintetico (per me) in nessun caso può chiamarsi intuitivo »: Benedetta filosofia! Com'è difjticile esprimere bene il proprio pensiero. I o dico che l'atto si chiama intuitivo quando è provocato da un oggetto reale. Dico che fa lo stesso chiamarlo percettivo. E dico che l'atto intuitivo è sintesi completa, cioè sintesi d'oggetto, rapporti, ed è espressivo del vero, del bene, del bello, ecc. Insomma dico che l'intuizione non consiste nell'espressione dei rapporti, ma dei termini. L'espressione dei rapporti è logicizzazione, categorizzazione, liricizzazione, ecc. Se ancora non mi sonò spiegato bene, dimmelo. Così non faremo discussioni vane. Dico poi che l'atto induttivo o deduttivo è diverso dall'intuitivo, come dici tu. Diverso però nel senso che è lavoro della ragione su dati conosciuti o verso dati cercati. Però io dico che ogni cognizione è nozionale (la parola non mi piace), cioè, definitoria. Giacché se ciò non fosse, non sarebbe cognizione. E solo può dirsi che la definizione si fa sempre più determinata col procedere della conoscenza. Ne parlo a lungo nel Neo-Sintetismo al cap. filosofia e storia. Tutto ciò dico con convinzione, perché per me è chiaro che alla via a percepire (intuire) il reale, oltre la sensitiva, non ce n'è. L'intelletto conosce coi sensi. Sto bene. Abbracci. Vostro t Mario
LUIGI E MARIO STURZO
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Bad Nauheim, 14 luglio 1929
Carissimo fratello, tu dici « non c'è percezione che non sia quello che per te è l'intuizione ». Io sono di opposto parere: io affermo che c'è percezione che non sia quella che per me è l'intuizione. Invero, quando io arrivo ad avere di una cosa una conoscenza nozionale, c'è la percezione altrimenti non ci sarebbe conoscenza, ma gli elementi in funzione mi danno la conoscenza nozionale. Io posso cosi aver sentito il Magnificat di Bach, ed essere arrivato a conoscere che è un pezzo di musica sacra, tipo 700, con cori e assolo, con cori a canone, ecc. ecc. e non averne intuito il pensiero estetico e gli elementi mistici in esso contenuti. Io quindi quando parlo di intuizione intendo la conoscenza diretta di quegli elementi che costituiscono la vera realtà estetica e mistica in via principale, o quella in cui questi elementi son misti. Così io dico che in ogni conoscenza concreta di cose sensibili c'è la percezione, ma la conoscenza può essere o nozionale, logica, discorsiva, descrittiva, owero intuitiva. Non si dà conoscenza senza percezione, si dà conoscenza senza intuizione (nel mio senso). Ma è questo l'uso comune? Altra questione che non m'interessa; solo m'interessa sapere quale termine tu useresti al posto di intuizione se vuoi esprimere le mie idee. Riguardo poi l'uso, ti posso assicurare che in materia estetica o mistica l'uso della parola intuizione è generale presso filosofi e presso gente colta. Che gli antichi mistici abbiano preso la parola conoscenza intuitiva dal sensibile, niente di meraviglia, perché la mistica usa molte parole e imagini della vita sensitiva. Ma oggi la parola ha valore proprio, confonderlo con percezione (come valore) è per me una confusione. Stiamo bene. Speriamo domani avere la tua solita. Ti abbraccio, tuo Luigi È uscita la Rivista? -
Piazza Armerina, 15 luglio 1929
Carissimo fratello, ricevo a momenti la tua del 10. Godo nel sapere che state bene. Sto bene anch'io. La temperatura è stata fresca. Ora accenna
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a salire di nuovo. Ieri ho conferito i due ultimi ordini minori a cinque alunni. L'indirizzo del Dr. Dempf fu coperto dal bollo postale. Occorre che tu lo scriva di nuovo. Ritengo utile che qualcuno d'estero parli di proposito del neo-sintetismo. Qui non se ne parla né pro né contro. Però ritengo che apra lentamente il suo solco. E forse è meglio così. Le preoccupazioni tomistiche son cresciute. Così mi par di vedere dopo il congresso filosofico italiano dello scorso mese. Né ciò mi sorprende. Le vie della filosofia son cosi ardue. La rivista di Codignola « Levana » ha chiuso le sue pubblicazioni. In sua vece è nata altra rivista « Civiltà Moderna » diretta dallo stesso Codignola '. È filosofica, storica, letteraria. Vi collabora G. Gentile. Anche i salesiani hanno messo su una rivista storica, filosofica, letteraria « Convivium » *. Credo che gli avversari ci guardino con più simpatia che gli amici. Mons. Salotti ha pubblicato una vita del Beato G. Bosco '. È un lavoro mediocre, un buon racconto, che quando vuol diventare storia, mostra la noncomprensione storica dell'autore. Del resto tutta la stampa di parte nostra mostra sempre il lato debole che deriva dal campo chiuso in cui i nostri vivono. E ci vivono con volontà cieca, che non ammette discussione. A Nelina dì tante cose affettuose. E tutti e due ricordatevi di me nelle vostre preghiere. Abbracci t Mario
Bad Nauheim, 18 luglio 1929
Carissimo fratello, domani è il 26" della tua consacrazione episcopale, e pregherò per te con tutto l'animo mio. Ricordo un tale giorno come se fosse ieri; e ricordo più questo giorno che quello della preconizzazione. Che Dio ti assista sempre e aumenti ogni giorno le sue grazie per il LETTERA 460. 1. La rivista « CiviitA Moderna D, rassegna bimestrale di critica storica, letteraria e filosofica, fu fondata e diretta da Ernesto Codignola. Questa rivista, che iniziò le pubblicazioni nel giugno 1929, rappresenta una continuazione e una estensione alla storia e d a critica letteraria della rivista « Levana », fondata e diretta d d o stesso Codignola dal 1922 al 1928. 2. « Convivium » rivista bimestrale di lettere, filosofia e storia, fondqta a Torino nel 1929 da Carlo Calcaterra, Paolo Ubaldi e Luigi Stefanini. (Dal 1949 ne è iniziata una nuova serie). Cfr. anche la lettera 513. Il beato Giovanni Bosco, S.E.I., Torino 1929. 3. C. SALOTTI,
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tuo apostolato. Noi stiamo bene e godiamo questo tempo molto bello; tranne stanotte che abbiamo avuto un gran temporale. Ricevo la tua del 15, ed ho ricevuta quella del 12. L'indirizzo è: Dr. Alois Dempf, 84, Hindenburg Strasse - Bonn - Germania. Gli scriverò che se ne occupi su rivista. D'Angelo ne scrisse ma ancora l'articolo non è stato pubblicato, spero che lo sarà appresso. Ancora non ho ricevuto risposta dall'editore francese. Ripassando da Parigi vedrò se sarà possibile; speriamo esser là verso il 27, e poi giù in riva al mare come l'anno scorso, per il mese di agosto. Ancora non sappiamo che cosa farai tu quest'anno. Speriamo che uscirai da Piazza per una buona villeggiatura. È uscita la Rivista? Mandamene qua una copia. È interessante « Civiltà Moderna di Codignola? S; sì fammela mandare. Tornando al tema della nostra conversazione, poiché l'uso della parola intuizione e intuitivo, è diverso, e quindi dà significati diversi, è necessario che quando io l'uso, tu ci dia il significato che io intendo. Altrimenti sarebbe impossibile con,tinuare.-se tu affermi che l'atto conoscitivo sintetico è sempre nozionale, tu escludi che possa essere intuitivo (nel mio senso), pur essendo intuitivo (se si basa sopra un oggetto reale) nel tuo senso. Ora tutto il punto sta se tu mi concedi che possa d'arsi il significato che do io alla parola intuizione, e se tale conoscenza che io chiamo intuitiva esiste, e se esiste se è (come io penso) lo stesso atto conoscitivo sintetico. Mi pare che così la quistione sia chiarita. Un abbraccio di cuore insieme a Nelina. Tuo Luigi
Piazza Armerina, 21 luglio 1929
Carissimo fratello, rispondo d a tua del 14. La parola intuizione ha avuto sempre il senso che tu credi nuovo; però non come opposto a percezione, ma come opposto a ragionamento. Da Kant a Croce la parola intuizione ha assunto un valore tipico (estetico) identificandosi meglio con percezione anzi con sensazione. L'intuizione pura di Croce e sua scuola è sensazione pura. Tu dici che l'intuizione è « conoscenza diretta »; e questo è la percezione. Aggiungi che è conoscenza diretta « degli elementi della realtà estetica ». I n ciò
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segui i francesi, senza ragione veramente filologica o filosofica. Del resto gli esteti francesi sono ottimi analisti, ma filosofi deboli. L'errore che si nasconde sotto le belle apparenze d'una analisi seducente, è questo, che si pongono o due principi intuenti o due realtà separate (come tu fai) quando dici « si dà conoscenza senza intuizione ». Le mie povere ricerche mi hanno menato alla conclusione sintetistica, che tu conosci e che svolgo nella 4" sezione in modo più aperto. Per me l'atto conoscitivo che ha un principio unità-dualità (l'intelletto in unione essenziale coi sensi) sin dalla sua origine contiene tutti gli elementi della conoscenza, anche gli estetici. Gli atti si differenziano solo dal lor prevalere. Quando tu analizzi I'esempio del Magnificat, non ti awedi che confondi il fatto col principio. Nel fatto singolare io posso intuendo o non ben comprendere la realtà o non ben rispondere alla medesima. Ma quando io non comprendo, ho presenti gli elementi per superare la mia non comprensione. E quando non rispondo, sono in me (nel mio atto rudimentalmente) gli elementi per ben rispondere. Sto bene. I1 tempo è sempre mite. Abbracci t Mario
[Bad Nauheim], 22 Iuglio 1929
Carissimo fratello, dal 30 in poi dirigerai le tue lettere o cartoline all'H6tel Maritima - La Plage d'Hyères (Var), Francia. Stiamo bene. Nelina soffre un po' con l'acido dato il cibo di pensione; del resto sta bene. A me questo caldo e quest'aria giova. Da Parigi ti manderò il libro di Jacques Chevalier su Bergcon '. Chevalier è un cattolico, professore d'università di Grenoble, e LETTERA463. * Lettera su corta non intestata. Sul retro del foglio Nelina scrive: « Caro fratello, leggo la tua cartolina e vedo con piacere che il caldo quest'anno non ti fa soffrire. Qui sono parecchi giorni che fa caldo ed io godo nel vedere che Luigi vi sta molto bene. Mando a te una lettera per il cugino Sebastiano che gli darai o farai mriuare, cosl la leggi anche te. Per la iingua non è poi asse lutamente necessaria a sapersi, c'è sempre qualcuno che parla l'inglese e il francese e così ci si disbriga. Per fortuna vi è un prete che parla l'italiano che ci fa da interprete. Ecco tutto. Ti abbraccio con affetto col desiderio di riabbracciarti di presenza, Nelina D. 1. Cfi. lettera 469 note 1 e 2.
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vede in Bergson il filosofo moderno che è anche trascendentalista e credente. L'influsso della iilosofia bergsoniana in Francia è pari e più grande di quella di Croce, e non porta alla miscredenza come quella degli idealisti italiani. Anche in Inghilterra vi è del bergsonismo e anche in America. Non so se in Germania ha penetrato, mi pare di no. Te ne scriverò appresso. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
Piazza Armerina, 24 luglio 1929
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 18. La rivista esce il 15 dei mesi pari. Bisogna quindi aspettare il 15 agosto. Della « Civiltà Moderna >> è uscito appena un numero. Per farne giudizio è necessario aspettare un po'. Ed eccomi alle tue domande che riporto. Tu dici: « Se tu affermi che l'atto conoscitivo sintetico è sempre nozionale, tu escludi che possa essere intuitivo (nel mio senso)... Se è (come io penso) lo stesso atto conoscitivo sintetico ». Io direi che la risposta è nelle tue stesse domande. Tu vorresti conchiudere che l'atto nozionale (brutta parola! io direi: definitorio) non sia l'atto conoscitivo sintetico; mentre tu affermi che questo è solamente l'atto estetico e mistico. Or devi considerare che un atto conoscitivo non sintetico non c'è né ci può essere. Dunque la differenza non va cercata qui. E bisogna rifarsi daccapo e cercare se davvero l'atto conoscitivo è uno, sintesi di tutti i suoi elementi. Ed è tale perché nell'uomo vere dualità non ce ne sono, e c'è sempre unitàdualità, unità-molteplicità. Aggiungi che un atto non definitorio (non nozionale) non sarebbe atto conoscitivo. Conoscere (qudunque sia il modo) è sempre definire. Salvo che nell'atto estetico l'uomo non bada alla definizione, ma al suo tono. Nota poi che il bello si conosce intellettualisticamente e si sente esteticamente. Però si sente (momento estetico) perché si conosce (momento intellettuale). Se non si conoscesse, il momento estetico non si produrrebbe mai, e nemmeno si produrrebbe il momento critico, che è intellettuale e non estetico. Se tu avrai la pazienza di rifare lo
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studio dell'atto conoscitivo come genesi, mi darai finalmente ragione. E nota che ogni atto è un ri-conoscere. Sto bene. Abbracci con Nelina t Mario
[Bad Nauheim], 25 luglio 1929
Carissimo fratello, oggi è la festa del nostro Santo Patrono; e la mia mente e i miei più cari ricordi sono a casa, tra le prime gioie infantili, e le attività dei tempi maturi. Stiamo bene e sulle mosse della partenza. Ricevo la tua del 21; e mi sembra, da tutto il tenore della discussione, che io non riesco pib a far comprendere il mio pensiero; ed è un po' il torto mio, e un po' il difetto di scrivere in cartoline e a distanza di giorni, sì che non si ha più presente quel che si è scritto. Io non ho né dimenticato, né abbandonata la tua teoria sintetista, che ho abbracciato con convinzione. Solo che non mi piace usare la parola intuizione nel senso completo di percezione; ma poiché la parola percezione contiene tutto il significato di intuizione della realtà sensibile, questo mi basta; sono quindi d'accordo con te sulla origine gnoseologica e la natura sintetica di ogni conoscenza. Su questo adunque l'accordo è perfetto, meno la par'ola intuizione, ma questa è questione di gusto o di economia di parole, non di sostanza. Onde quando tu mi accusi di dire che « si dà conoscenza senza intuizione D non intendo dire che si dà senza percezione, ma che si dà senza la intuizione da me intesa, quella speciale forma, tipo o qualità di conoscenza che io chiamo intuitiva e che contrappongo alla conoscenza nozionale, tecnica, analitica. Io pertanto non pongo né due principi induenti, né due realtà separate, ma due modi o qualità o valori di conoscenza. Spero che così abbiamo trovato la via per intenderci. Quasi mi fa pena non potere intenderci bene. Nelina ti abbraccia con me, tuo Luigi
LUIGI E MARIO STURZO
- CARTEGGIO
Piazza Armerina, 27 luglio 1929
Carissimo fratello, ieri ricevetti la tua e quelle di Nelina. Spedii subito all'ing. Foti la sua. Continuo il mio discorso sull'intuizione. Intuizione indica cognizione diretta e immediata. Questo è il senso naturale della parola. Certo io non chiamerei pietra il pane, e, volere o no (se voglio essere inteso) devo chiamarlo pane. Intuire è vedere (in senso lato), cioè, percepire, cioè conoscere un oggetto reale e concreto non per ragionamento. Tu dici che per te l'intuizione è « l'atto conoscitivo sintetico D. Ora ogni atto conoscitivo è sintetico, come ogni atto conoscitivo è definitorio, perché conoscere è definire, cioè determinare e categorizzare. Prima insistevi sulla differenza d'atto intuitivo e raziocinativo. E qui bisogna insistere non perché l'intuizione non sia ragionamento, ma perché è ragionamento su termini intuiti e termini intuiti [sicl mentre il ragionamento inquisistico è ragionamento da termini intuiti a termini non intuiti, ai quali si arriva per deduzione o induzione. L'atto estetico (che mi sembra il ponte dell'asino) anch'esso ha il suo aspetto concreto, che si conosce intuitivamente come ogni altro oggetto. E tutti parliamo di oggetto bello. Perché poi non sappiamo dare del bello una definizione uniforme, o comunque adeguata? Perché oggetto non è tutto, e noi, analizzando l'atto, per definirlo, ci fermiamo all'oggetto. Occorre passare allo stesso atto, in quanto estetico; ma questo, che è contemplazione, passando all'analisi, scompare e ci resta avanti un elemento della sintesi e non più la sintesi. Sto bene. Il caldo non mi fa soffrire. Vi auguro buoni bagni. E vi abbraccio. Vostro -t Mario
Paris, 29 luglio 1929
Carissimo fratello, ieri sera siamo arrivati qui dopo un ottimo viaggio, e ci fermeremo qualche giorno. Stiamo bene. Io ho sofferto qualche giorno
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con lo stomaco per uno sbalzo di temperatura di quasi 13 gradi di calore. Ora sto un po' meglio, ma in dieta. Ho ricevuto la tua cartolina, ma non ti rispondo circa la nostra conversazione, perché questa è fatta in fretta solo per darti nostre notizie. Speriamo di trovare tue notizie laggiù. Un abbraccio di cuore con Nelina, tuo Luigi
Piazza Armetina, 30 luglio 1929
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 21. Tengo a dirti che questo discutere che facciamo da oltre un anno sulla conoscenza, senza raggiungere l'accordo è per me un fatto assai suggestivo e ricco di poesia. Ora però dawero che siamo all'ultimo atto. Io non ho ridotto al mio senso le tue parole, quando ho negato quel che tu ancora affermi, cioè, che. « si dà conoscenza senza intuizione », perché i due sensi sono uno solo, e la quistione, come tu ora mi concedi, è di « modi di conoscenza D. Preciso il mio pensiero. I1 mio sintetismo è sintetismo, perché afferma l'unità dell'atto del conoscere e la molteplicità degli elementi di tal atto. I1 che significa che l'atto intuitivo (percettivo) è, da sé, definitorio, affettivo, estetico. Ed è estetico, perché intuitivo (percettivo), perché il momento della percezione è, da sé, momento di ammirazione, di liricità. Ed è questo, perché allora l'elemento critico o inquisistico non si attua. La teoria deriva da Kant e si precisa con Croce. Io solo ne supero l'errore, che consiste nell'ammettere che l'intuizione estetica sia pura da ogni elemento concettuale. In quanto definitorio, questo momento è nozionale (come tu ami dire). Sicché la nozionalità non è esclusivamente propria del momento inquisitivo. Ma anche il momento inquisitivo ha la sua liricità, che è quel gaudio o entusiasmo che anima ogni processo del pensiero. Contrappongo con te i due momenti, però astrattisticamente, perché la realtà è quello che ora ho detto. Sto bene. I1 caldo è agli alti gradi. Ma non mi disturba. Prendo i bagni e mi riposo. Voi fate buoni bagni e pregate per me. Tuo e vostro t Mario
LUIGI E MARIO STURZO
- CARTEGGIO
469 Paris, 2 agosto 1929
Carissimo fratello, siamo ancora qui, ma sulle mosse di partire. I1 mal tempo e il freddo mi hanno obbligato a maggiori cautele. Ora sto meglio. Non abbiamo tue notizie, ma le troveremo subito appena arriveremo. Nelina sta benissimo. Ho letto la recensione di De Ruggiero su1 Bergson l , convengo in molte cose. Però De Ruggiero evita di mettere in rilievo gli elementi dualistici e la tendenza trascendentalistica che c'è; dico tendenza, sembra che Chevalier sforzi un poco, ma forse non ha torto '. Tu lo vedrai appena leggerai il libro che ti fò spedire oggi. Un abbraccio di cuore con Nelina, tuo Luigi
LETTERA 469. 1. Cosi G. DE RUGGIERO,in Note sulla più recente filosofia europea. L'ultimo Bergson, « La critica D, anno XXVII, luglio 1929, p. 264, prende in considerazione l'opera di Bergson e critica il libro di JACQUESCHEVALIER (cfr. nota seguente), Bergson, Plon, Paris 1926: «La pubblicazione de "L'éuolution créatrice" (1907) segna l'ultima fase del vero e proprio svolgimento del pensiero bergsouiano. Ultima non vuol dire però conclusiva; essa infatti lasciava aperto il problema dell'origine dello slancio vitale e della materia che ne scandisce il ritmo, cioè, in ultima istanza, del significato unitario e trascendente dell'evoluzione cosmica. La soluzione di questo problema avrebbe dovuto formare oggetto di una filosofia della religione, o forse piuttosto, di una teogonia: un'opera che il Bergson ha più volte promesso e i suoi scolari hanno preannunziata come un nescio quid maius, ma che poi egli non ha data, né probabilmente darà. E quasi per compensare questa mancanza - o per farla sentire più pungente - un recente biografo ha voluto costruire, lasciandosi guidare dagli scarsi cenni disseminati nell'opera del maestro, e più ancora dallo spirito informatore di tutto il sistema, quella che a suo awiso avrebbe dovuto o potuto essere la teologia del Bergson. Egli ci ha awertito, è vero, che il suo tentativo è stato incoraggiato e approvato dal filosofo; ma siffatto consenso non è forse diverso da quello che sogliono dare i maestri ai lavori degli scolari; e quand'anche noi dovessimo esser convinti che nessun altro epilogo meglio si appropria ali'intuizione bergsoniana del mondo, saremmo tuttavia tentati a giudicarlo spurio egualmente, perché vi fanno difetto quella tensione dello sforzo e della ricerca mentale, e queila profonda magia animatrice delle cose in apparenza fredde e morte, in cui consiste l'arte inimitabile del Bergson D. 2. Jacques Chevalier (1882-1962), filosofo di ispirazione cattolica, fu ministro del governo di Vichy nel 1940; di lui si ricordano I maestri del pensiero: Descarfes, Pascal, Bergson (1921-1926), L'idealismo nel X I I I secolo (1924), La vie de l'ésprit (1931), Lu storia del pensiero (1955-1961).
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470 Piazza Armerina, 2 agosto 1929
Carissimo fratello, ieri non ricevetti la solita cartolina, né l'ho ricevuta stamani. Spero arrivi con la posta della sera. I o frattanto non lascio il mio turno. Sto bene. I1 caldo è intenso, non però eccessivo. Lascia dormire, e ciò è molto. Torno al nostro problema dell'intuizione, ma sento che siamo alla fine. Nella mia del 30 ti dicevo che per me l'elemento lirico non manca nemmeno nella forma inquisitiva dell'atto conoscitivo. Dò ora qualche chiarimento. I o parlo di elemento e non di sua prevalenza. L'elemento però non può mancare; e ciò dico, non solo perché se potesse mancare, non sarebbe elemento dell'atto conoscitivo, ma perché ciò ricavo non a priori, ma a posteriori, per via d'analisi. Certamente quando io cerco col pensiero, cioè, quando deduco, induco, analizzo, critico, insomma quando faccio scienza, filosofia, matematica, cioè, tutto quello che ha più di prosastico; io non son guidato solamente dalla connessione delle idee, ma anche dalla loro buona armonia, e bado, anche senza farlo di proposito, alla buona armonia dell'espressione. E ciò faccio anche quando per pigrizia mentale o per altro motivo, dico a me stesso che non faccio arte. Non solo questo, ma io sento lavorando (qualunque sia il mio lavoro) o gioia o disgusto, o ispirazione o indisposizione. Se il disgusto e l'indisposizione eccede, io smetto. Quando non smetto, e quando sento l'ispirazione, quello è l'elemento lirico (positivo) che anima il mio atto; diversamente è lo stesso elemento, ma negativo. Abbiamo così la poesia che non si scrive, ma si vive. A Nelina tante cose affettuose e auguri di giovamento dell'aria marina e a te abbracci t Mario
[Toulon aux Salins d'Hyères], 4 agosto 1929
Carissimo fratello, ieri siamo arrivati alla spiaggia ed abbiamo trovato la tua cartolina del 27 e del 30. Nelina sta benissimo; io meglio sì d'aver potuto fare il lungo viaggio senza soffrire. Qui bel cielo, bel mare e bel sole. Sia ringraziato Dio. Non riprendo la conversazione sul-
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l'intuizione perché in questi giorni non ci ho pensato più, come mia abitudine di pensare quando non riesco a fare altro. Ma ci tornerò, perché vedo che tu insisti sull'unico significato filosofico della parola intuire = percepire. La qual cosa mi sembra ancora non accettevole. Ti ho fatto spedire il libro di Chevalier, e credo lo avrai ricevuto o lo riceverai fra qualche giorno. Soprattutto è int,eressante, chiaro, bene scritto come è uso francese. Ma lascia molti dubbi. Un abbraccio di cuore insieme a Nelina, tuo Luigi
Piazza Armerina, 6 agosto 1929
Carissimo fratello, stavo già da due giorni in pena pel ritardo della solita cartolina, e il cuor mi diceva che stavi poco bene. Spero che la presente ti trovi già del tutto rimesso e in pieno fervore di acqua e luce. Io sto bene. I1 caldo forte non persiste e torna la temperatura media che fa bene. Insomma l'eccesso delle due estati trascorse, questa non l'ha. Nel mio Neo-sintetismo al cap. storia e filosofia dimostro che l'atto conoscitivo è sempre definitorio (nozionale). La più valida ragione è questa, che conoscere è determinare, cioè, dir come un oggetto sta in rapporto ad altri oggetti, cioè, definire. L'atto estetico, se non fosse definitorio, non sarebbe teoretico, non sarebbe conoscitivo-intellettivo, ma sensazione puramente bruta. La distinzione che tu poni, si fa, ma astrattamente, cioè, considerando i due atti come son pensati per comodo d'analisi. Certo nell'atto estetico il soggetto non bada alla definizione che pure fa l'atto, ma alla liricità. Se facesse diversamente, il momento lirico svanirebbe. Al contrario nel momento analitico il soggetto bada alla nozione, alla definizione, alla sistemazione, e non bada agli elementi di liricità, che pure coloriscono il suo ragionare. Nella sua realisticità ogni atto è tutto, ha tutto, deve aver tutto, produce tutto, deve produrre tutto, perché il tutto forma l'atto, perché il soggetto è una potenzialità che si ripotenzia nel tutto. Aspetto le tue nuove con la posta del pomeriggio e quelle della cara sorella. A tutti e due auguro ogni bene. Aff .mo .f Mario
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[Toulon aux Salins d'Hyères], 7 agosto 1929
Carissimo fratello, qui ho ritrovato il bel sole, che non ho mai lassù, simile a questo, e già mi sento bene. Le sofferenze dei giorni scorsi sono passate, Nelina sta bene. Come saremmo felici se tu fossi con noi. H o ricevuto la tua del 2 agosto, e godiamo al sapere che quest'anno il caldo non ti fa soffrire troppo. Neppure qui fa il caldo dell'anno scorso. Vi è sempre la brezza marina. Tento di riassumere col mio linguaggio la tua teoria, ora che mi pare di averla bene appresa. In ogni atto conoscitivo sono in sintesi e in germe tutti gli elementi che si possono sviluppare. Però si sviluppano quelli che rispondono al carattere prevalente (o finalità prevalente, che è lo stesso) dell'atto conoscitivo, che come tale è in fondo sempre un atto pratico. Fin qui io sono d'accordo con te. Andiamo avanti. In ogni atto c'è l'intuizione (percezione), ma solo quando si sviluppa di più l'elemento intuitivo, si ha la cognizione intuitiva, che noi chiamiamo intuizione per distinguerla o contrapporla alla cognizione definitoria o nozionlale. A me sembra che nei due casi in cui qui usiamo la parola intuizione e intuitivo, i significati non siano identici; nel primo caso è percezione del reale sensibile, e nel secondo è uno dei modi della conoscenza in quanto distinto dall'altro, il definitorio. Siamo d'accordo fin qui? Se sì, non c'è altra differenza fra di noi che nell'uso della parola. Io preferisco nel lo caso usare solo la parola percezione. Continuerò in altra mia. Ti prego di rispondermi a questa con i miei termini e solo su quanto io ho scritto. Così comprenderò meglio. Un abbraccio dai due Luigi
Piazza Armerina, 9 agosto 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua cartolina del 4 con le buone nuove che mi reca. Dubiti ancora sul senso della parola intuizione. Per me non è solo quistione di vocabolario. Intuire è certo atto conoscitivo. Ma certo non è I'atto inquisitivo, critico, analizzante. M o r a non può essere
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che l'atto percipiente. Non resta che sapere se possa dirsi intuizione l'atto sintetico di elementi già percepiti ed elaborati. Cosa può essere quest'atto, se non un modo d'atti antecedenti? Se il modo deriva da una nuova percezione, è intuizione per un verso. Se no, non è intuizione nuova, ma intuizione vecchia che prende quella guisa. Io non trovo una terza via né credo che questa terza via sia possibile. Ho ricevuto il libro. Ho letto l'introduzione e qualche pagina del testo. Appena avrò finito di leggerlo, te ne scriverò. Sto bene. L'estate decorre senza eccessi. E oramai il meglio di essa se n'è ito. La rivista uscirà fra giorni. Te ne manderò subito costì una copia. Se poi ne vuoi costì anche altre, fammene cenno. Goditi con la sorella carissima il bel mare e il bel cielo di costà. E pregate per me, come io faccio per voi con vivissimo affetto t Mario
[Toulon aux Salins d'Hyères], 10 agosto 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 6. Stiamo bene - il tempo da tre giorni è tempestoso, perché abbiamo avuto la coda dell'uragano che si è scatenato nel centro della Francia. Nulla di male per noi, tranne continui acquazzoni e qualche tuono. Speriamo che domani ritorni il bel sole. Continuo l'argomento della cartolina del 7 agosto. Io ho detto che la parola intuizione è nei due casi di significato diverso. Se mal non ricordo, a me sembra che tu reputi che nei due casi la parola intuizione abbia lo stesso identico significato; cioè: percezione del reale sensibile. Sicché per te l'elemento intuitivo del conoscere non è che la stessa percezione, e il modo e la prevalenza della percezione è quella che dà alla conoscenza il valore maggiore o minore di intuizione. È questo il tuo pensiero? o io m'inganno? Se è questo, sta proprio qui il primo e fondamentale motivo di dissenso fra noi. Le ultime tue cartoline insistono sull'unicità dell'atto del conoscere e sulla sua totalità di valori; ciò io ammetto come potenzialità, non mai come attualità, come genesi, non mai come sviluppo, altrimenti tutte le conoscenze sarebbero identiche e tutti gli uomini conoscerebbero allo stesso modo e tutto. Posto adunque che
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l'attualità è parzialità e sviluppo, debbono distinguersi i modi e i valori della conoscenza, e farsene uno studio e una ricerca filosofica; ed è questo il punto di vista delle mie riflessioni sulla intuizione come « valore e come modo di conoscenza ». Credo d'avere così precisato i miei punti di dissenso e aspetto le tue precise osservazioni a queste mie due ultime cartoline, 7-10 agosto. Un abbraccio di cuore insieme a Nelina, tuo Luigi
Piazza Armerina, 13 agosto 1929
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 7. Godo delle vostre buone nuove. Sto bene anche io. I1 tempo è tornato fresco che è un piacere. Ieri ti ho spedito una copia del fasc. IV della rivista. Circa il riassunto che tu fai della mia teoria debbo dirti che non rispecchia il mio pensiero. Io dico che nell'atto percettivo ci sono realmente tutti gli elementi della sintesi, e non ho mai detto che ci sono in germe. Ma poi ho detto che « solo quando l'elemento intuitivo si sviluppa di più, si ha la conoscenza intuitiva ». Io sostengo che l'atto percettivo è l'intima cognizione delle cose, ed è lo stesso atto che tu chiami intuitivo. E perciò io uso la parola intuizione nel senso che tu le dai, che è l'unico suo senso, e che è identica nel senso alla parola percezione. Anche Bergson l'usa nel senso di percezione. Infatti reca l'esempio dell'intuizione della fotografia e del soggetto fotografato, due percezioni (intuizioni) nelle quali egli nota la differenza che l'una è intuizione del simbolo, l'altra del reale, e per questo dice che l'una coglie l'esterno, l'altra l'interno. Nota bene questo punto del Bergson, che forse ti gioverà a superare il tuo vecchio concetto. Io nego che le cose conosciute abbiano l'esterno e l'interno. Ammetto però che si possono conoscere le cose per altre cose. Come è il caso della fotografia. Questo sarebbe conoscenza impropria, perché non intuitiva, ma simbolistica. Però l'improprio riguarda l'oggetto rappresentato, non la fotografia. Di questa, come fotografia, si ha intuizione e si conosce l'interno, cioè si conosce quella che è. Ci tornerò, perché la quistione è fondamentale. Abbracci a te e alla cara sorella t Mario
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[Toulon aux SaLins d'Hyères], 13 agosto 1929
Carissimo fratello, da ieri è il bel tempo di qui, unico nel suo equilibrio di luci, calore e brezze. Stiamo bene e il tempo corre; oramai è metà del mese. La tua del 9 mi dà lo spunto a continuare le mie due precedenti cartoline del 7 e del 10. Dicevo bene che per te intuizione è sempre percezione, anche quando è un modo o qualità della conoscenza, perché è sempre percezione del reale sensibile. Per me invece (ricordo di avertelo scritto altra volta) è sempre un modo o qualità della conoscenza nella quale prevalgono gli elementi simpatici, di unione e compenetrazione del soggetto con l'oggetto della conoscenza, qualsiasi tale oggetto, o reale sensibile, o fantastico, o intellettivo cioè speculativo e astratto, puramente spirituale, ecc. La qualità principale, nell'intuizione, non è la discriminazione e differenziazione (che resta spesso implicita c indistinta), ma la unione e compenetrazione; non è l'analisi, il ragionamento, la definizione, ma la immediatezza. Perciò può essere intuizione tanto la conoscenza diretta, di un oggetto bello, che si ammira la prima volta, quanto la conoscenza profonda di un'opera d'arte (Divina commedia o Messa di Bach, ecc.) che può godersi, sentirsi propria, trasportandosi negli stati d'animo dell'aumre, dopo lungo studio e preparazione artistica. Tutto ciò lascia intatta, completamente intatta la tua teoria gnoseologica neo-sintetica. È cosi? Io lo vedo chiarissimo; solo che accettata la genesi delle idee come tu le fissi, darei svolgimento meno intellettualistico alla elaborazione degli elementi acquisiti dalla mente. Attendo la rivista, qui basta spedirci una copia. Tanti affettuosi saluti da Nelina. Oramai poco tempo rimane e la rivedrai. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
Piazza Atmerina, 14 agosto 1929
Carissimo fratello, riattacco la conversazione di ieri. AfEnché si possa sperare una conclusione occorre tener presenti i punti ammessi. Questi, se non
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erro, sono: identità di soggetto e facoltà; il soggetto facoltà fondamentale unità-molteplicità; potenza ed atto sempre sintesi e mai separate. Ciò ammesso, ne viene come conseguenza inevitabile che la percezione, che è reazione conoscitiva, sia l'attualità conoscitiva del soggetto. Ma il soggetto è potenza unità. Potrà egli reagire conoscitivamente fuori della sua unità? Ecco perché io identifico percezione e intuizione. Dopo che tu avrai ben considerato questa prima parte, potremo passare alla seconda, a risolvere la quale potrà giovare la teoria del Bergson a cui ieri feci cenno. Tu rechi l'esempio del Magnificat, e dici che puoi ben conoscere che è secondo un dato stile, ecc. ecc., senza immedesimarti con quello, cioè, senza attuare il momento lirico. Nel primo caso tu riferisci il Magnificat alle teorie d'arte e cosl rendi mediata la sua conoscenza; nel secondo caso tu prescindi da ogni riferimento, e rendi immediata la tua conoscenza. La conoscenza mediata non è intuizione ma procedimento intellettivo. È l'oggetto visto in un altro, come in simbolo. Però è l'intuizione circa il termine immediato. Come vedi la differenza non è tra percezione e intuizione, ma tra conoscenza immediata e conoscenza mediata. Però gl'intuizionisti mirano a qualcosaltro, cioè, a superare l'intellettualismo e a cercare l'immediatezza della conoscenza senza approfondire la vecchia teoria (in sé e ben compresa, sempre nuova) delle facoltà. E si corre il pericolo di passare al puro soggettivismo al modo idealistico. Sto bene. Siamo in festa: è la Patrona. Domani gran pontificale. Abbracci t Mario
[Toulon aux Salins d'Hyères], 17 agosto 1929
Carissimo fratello, ho tardato un giorno perché ho atteso la tua del 13 che mi è arrivata oggi. Godiamo delle tue buone notizie; anche le nostre sono buone. Nelina soffre un po' con l'acido; è la sua croce. Ho ricevuto la rivista ieri sera ed ho letto il problema della libertà e dell'autorità che mi è piaciuto assai l . Raccoglierai questi scritti LETTERA479. 1. Si tratta deiia IV parte dei Problemi di filosofia deli'educazione, intitolata Il problema della libertà e deli'autoritd, in « Rivista di autoforma-
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in un opuscolo? Quanti altri capitoli vi sono? Credo che questo riuscirò a pubblicarlo in Inghilterra meglio che l'altro, che è troppo voluminoso, e temono di non pigliarci le spese. Tornerei alla discussione dell'intuizione, ma temo che non riuscirò a prendere esattamente il tuo pensiero; e allora mi manca il punto di partenza. Tu dici: io sostengo che l'atto percettivo è l'intima cognizione delle cose (cart. 13-VIII) invece io fin qui ho creduto che nella tua opinione come nella mia la percezione sia solo la cognizione del reale sensibile. Tu, è vero, distingui la percezione animale (puramente sensitiva) da quella umana (sensitivo-intellettiva), ma non mi pareva che l'avessi fatta diventare intima cognizione. Perciò io credevo che per te la parola intuizione avesse due usi correnti; il primo uguale a percezione (sinonimo perfetto) e l'altro per indicare un modo di conoscenza in distinzione e antitesi, secondo i casi, con conoscenza esteriore, nozionale, simbolica, per concetti, ragionativa, ecc. Ora fo punto; il mio pensiero (diverso da quello di Bergson) te l'ho espresso bene o male nelle ultime cartoline del 7, 10 e 13. Mi sbaglierò, ma non riesco a trovare una via diversa al corso del mio pensiero. Forse dopo una lunga pausa potrò tornarci più fresco, e meno legato al mio stesso modo di vedere quale oggi si è formato. Di Bergson altra volta. Un abbraccio di cuore con Nelina, tuo Luigi
Piazza Arrnerina, 17 agosto 1929
Carissimo fratello, ricevo a momenti la tua cartolina del 13, alla quale subito rispondo. Sto bene. I1 tempo è mite. Ed ora al nostro problema. Precisiamo i termini, perché a me non piace la filosofia trattata zione», anno 111, luglio-agosto 1929, pp. 169-190. La serie terminerà nel numero di maggio-giugno del 1930, con la X parte. Qui Sturro, dopo aver chiarito il senso che intende dare alla nozione di libertà umana - razionalità e rapportuaiità inserita nel processo conoscitivo, termine relativo e non assoluto - affronta il problema dei limiti che ad essa pongono il concetto di dovere e gli istituti p liticesociali. Anche l'autorità viene riportata nell'alveo dei rappom e delle azioni reciproche che legano gli uomini, cosi da risultare inaccettabile parlare sia di dominio dispotico che di anarchia assoluta. Solo un equilibrio dei rapporti tra autorità e libertà così impostato diviene fattore di educazione e di formazione.
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come poesia. Niente immagini e espressioni late; dico: niente nel periodo della precisazione e ogni altra volta che oscurano il discorso filosofico. E oggetto della conoscenza solo quello che agisce sul soggetto, provocando la reazione, che, nel suo elemento specifico, &la percezione, cioè, l'intuizione. L'immagine fantastica che si ridesta, può chiamarsi intuizione in senso lato, perché in senso proprio l'immagine è memoria, riproduzione, e non vero atto espressivo-conoscitivo. Ciò affermato, io preciso l'uso delle parole percezione e intuizione. Per me tutto quello che tu concedi all'intuizione, lo ha anche la percezione, perché, se non lo avesse, non sarebbe conoscenza. Aggiungo. Tutta la elaborazione di cui tu parli e che, in massima, io approvo, non è l'intuizione, come atto specifico, ma è l'intuizione, come ragione centrale. Intuire, per sé, non è sintetizzare, ma percepire sintetizzando. Questa però è analisi. Nel fatto l'atto è unico e nella sua unità è quella molteplicità che tu dici. Ogni percezione è atto immediato, stati d'animo, penetrazione dell'oggetto, ecc. E solo si deve discutere del piili e del meno. Nego poi che si possa mai parlare di lato esterno o interno deu'oggetto, tutto essendo interno; nego che si possa parlare di assimilazione o penetrazione dell'animo degli altri. I1 conoscere è sempre individualizzare e differenziare. Quando crediamo d'immedesimarci con altri, non facciamo che metterci in rapporti d'armonia coi medesimi. Abbracci a te e alla cara sorella. Tuo Mario
[Toulon aux Salins d'Hyères], 20 agosto 1929
Carissimo fratello, le tue del 14 e del 17 mi sono arrivate una vicina all'altra, così ho avuto le tue notizie tanto attese, e di più la tua gradita conversazione filosofica. Ma io ti ho già scritto che su questo soggetto fo punto per parte mia. C'è qualche cosa che mi rende insuperabile accettare la tesi che percezione e intuizione siano la stessa e perfettamente uguale cognizione. E per parte mia non è strettamente necessario risolvere questo punto filosofico, né c'è pericolo che io cada nel soggettivismo. Quel che a me sembra, da
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tutta questa interessante discussione, è che tu tendi a meccanicizzare (dico una parola impropria ma non trovo altra) e a intellettualizzare (secondo Bergson a simbolizzare) troppo la conoscenza; e non dai il valore che merita all'elemento dinamico interiore. Pure con la tua teoria sintetica e con il dar valore al fatto creativo della conoscenza (è tua parola) hai tutti gli elementi per sviluppare questo dinamismo interiore, a cui io dò, secondo i casi, il nome di intuizione - coscienza - subcoscienza - inconoscibile o inesprimibile, fatto estetico o mistico o sacro. Tu credi che ci sia dentro della poesia, dell'orecchiantismo, del subiettivismo non confessato ma nascosto nelle pieghe, ecc. Io ti dico di no; io credo che, invece, accettata la tua azione della conoscenza, il tuo sintetismo tale quale è, il mio dinamismo interiore giuocherebbe il suo ruolo importantissimo. Ma io ho altro per le mani, spero mandarti qualche cosa, e quindi non ho il tempo di approfondire questo mio punto di vista; e poi, quando non si è più nella materia. si possono fare delle gaffe e a me non piace. Lascio a te la cura di trovare il vero nelle mie ... fantasticherie. Stiamo bene, i giorni corrono corrono. Un abbraccio insieme con Nelina, tuo Luigi Mandami l'indirizzo ultimo di Giovanni Sturzo.
Piazza Armerina, 20 agosto 1929
Carissimo fratello, ieri aspettavo la solita cartolina. Non è arrivata nemmeno oggi. Spero con la seconda posta. Temo di non averti ringraziato del libro su Bergson. Tu però sai quanto d e t t o mi lega a te e quanto cara sia al mio cuore ogni cosa che da te mi venga. Non ho materia, fresca almeno, di discussione. Però non sarà senza utilità discutere un po' su quella che tu chiami percezione in senso diverso da intuizione. I o ritengo che questa percezione non è discriminazione e analisi, ma, come la tua intuizione, unione, compenetrazione, sintesi. E se tale non fosse, non sarebbe percezione. La stessa prima idea, che è di differenza, è sintesi, perché anche la sintesi è distinzione, opposizione, discriminazione nell'unità; e se
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tal non fosse, non sarebbe conoscenza nemmeno essa. Però tanto la parola (grammaticale e filosofica) percezione, quanto l'altra: intuizione dicono reazione espressiva dell'oggetto; e da sé, non dicono né compenetrazione né altro. Però sono anche queste altre cose, perché senza di esse non si dà conoscenza. Non vado oltre, perché mi manca lo stimolo del tuo contrasto fresco. Sto bene. I1 tempo si mantiene mite. È la nostra vecchia estate senza il beneficio dei soliti temporali. Ma oramai siamo verso la fine. Ed io sospiro al mite autunno che mi consente il lavoro normale e veramente proficuo. Ancora il secondo fascicolo di « Civiltà Moderna >> non è uscito. Spero che la copia del nostro 4" fascicolo ti sia giunta regolarmente. Alla cara sorella di' tante cose affettuose. E vi abbraccio. M . m o t Mario
[Toulon aux Saiins d'Hyères], 22 agosto 1929
Carissimo fratello, colgo l'occasione della lettera della cara Nelina per mandarti un saluto; e per farti una questione, già altre volte accennata. Nel tuo cap. I V sui Problemi di Filosofia dell'Educazione che tanto mi è piaciuto, tu a pag. 179 dici: « se l'uomo tendesse verso l'infinito per puro fatto potenziale, naturale e pratico, sarebbe mllo stesso tempo finito in quanto potenziale, e infinito in quanto esigenziale dell'infinito, il che ripugna per diverse ragioni » - e a pag. 181 « Alla cognizione di Dio mena la dialettica delle idee e non la dialettica delle bendenze » '. Ora a me sembra che tu intellettualizzi troppo; io non vorrei togliere all'uomo nessun mezzo per arrivare a Dio, e non vorrei ridurre Dio a semplici idee. Ci sono molte anime a cui questo modo di parlare e di intendere Dio ripugna. Le correnti antintellettualistiche sono, bene o male, mo1t.e e forti nell'epoca presente. Perché non tenerne conto? Perché fare della filosofia un ostacolo ad avvicinare Dio? Ecco una mia impressione. Valga come impressione; ma mi è stata ripetuta anche da filosofi come da anime semplici. Un abbraccio, tuo Luigi LETTERA483. Lettera su carta non intestata. 1. u Rivista di autoformazione », lugiieagosto 1929, cit.
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Piazza Armerina, 22 agosto 1929
Carissimo fratello, ieri ebbi la tua del 17. Son proprio felice nel vedere che finalmente ci siamo compresi. Non resta che accordarci. Benedetta filosofia! Com'è difficile superare le prime acquisizioni! Tutta la mia teoria neo-sintetistica si fonda sul superamento della vecchia concezione della sensazione, cioè, della percezione sensitiva. Quando rileggerai il mio volume, mi comprenderai in modo certamente migliore. Ogni nostra percezione è tutto quello che è per te l'intuizione, perché ogni conoscenza di oggetto concreto è penetrazione del medesimo, la qual penetrazione deriva da tutto ciò che fa inteuettivo-affettiva la conoscenza stessa. Quando noi non penetriamo ancora dato oggetto, non facciamo atto non intuitivo, ma facciamo sempre qualche intuizione, la quale riguarda altro oggetto o suo aspetto e consideriamo l'oggetto o l'aspetto non penetrato, dico: lo consideriamo nel primo, che fa da simbolo, come direbbe Bergson. E ora fo punto anch'io, aspettando la tua ripresa. Di Problemi di filosofia dell'educazione l si fanno gli estratti. Ne verrà un volume di un duecento pagine. Credo anche io che sarà più agevole trovare un tipografo che ne pubblichi la traduzione. Circa il Neo-sintetismo occorrerebbe trovare uno scrittore come Chevalier che ne faccia la volgarizzazione, come questo professore fa delle teorie di Bergson. Cerca. I1 tempo è fresco e bello. Sento la nostalgia dell'autunno e del lavoro normale. Sto bene. Mando a Nelina tanti saluti. È morto il figlio di Turiddo Fanales, Gaetano. Ho fatto le condoglianze per telegrafo. Abbracci Mario
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Piazza Armerina, 25 agosto 1929
Carissimo fratello, la tua del 20 mi toglie il piacere di credere che finalmente ci fossimo compresi. Io non ho mai negato l'elemento dinamico Problemi di filosofia dell'educazione, cit. LETTERA484. 1. Cfr. M. STURZO,
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interiore, invece ho cercato di precisarne la natura e le funzioni. Prima di tutto io trovo che nel nostro conoscere nulla è esteriore, e tutto è interiore. Poi noto che dopo Kant si ama far la filosofia, come nel medio evo si faceva la scienza. Così Pascal poteva spiegare la pompa aspirante col principio che la natura rifugge dal vuoto. I1 medio evo ebbe il merito di dare una terminologia e una tecnica quanto mai precise. Fu però analitico e quindi separatista. Ma filosoficamente fu scientifico. Croce ciò l'ha compreso, ed ha dato i gradi dello spirito. Gentile invece nella parola atto inchiude tutto, ma non spiega nulla. E c'è altro male: accettare una terminologia che nacque col positivismo ed è positivista e fuori del positivismo non ha senso, come l'incosciente e il subcosciente. I1 mio programma è questo: inverare il tecnicismo del medio evo e il poeticismo di certi moderni. Sintesi dunque ma conoscendone gli elementi, e quindi prima analisi e poi sintesi. Accetterò per es. l'espressione di Bergson autointzrizione? No, perché il soggetto non può farsi a sé oggetto. Pure si conosce. Come? Conoscendo, cioè, facendo atti conoscitivi. Però non si conosce intuitivamente, ma cointuitivamente. Sto bene. Abbiamo fresco d'autunno. Desidero sapere se hai letto la postilla. A Nelina mille affettuosi saluti. E a tutti e due affettuosi abbracci. Tuo 1- Mario [Hyères], 27 agosto 1929
Carissimo fratello, come siamo dolenti all'apprendere la morte del figlio di Turiddo Fanales, Gaetano! Ma è così, giovani o vecchi, tutti faremo la strada di là; preghiamo Dio che ci assista e ci mantenga la sua grazia. Anche la morte di Mikros (Calligari) mi ha fatto tanto dispiacere l . LETTERA486. 1. Ernesto Calligari (1858-1929), giornalista, entrò come redattore nel 1882 al « Cittadino » di Genova dove collaborò fino al 1888, assumendo lo pseudonimo di Mikros, con il quale firmò sempre i suoi articoli. Del «Cittadino » divenne direttore nel 1889, e ne fece una cattedra per la difesa dei principi cristiani e per la conciliazione politic~religiosa. Fu consigliere e poi assessore al comune di Genova per diversi anni. Nel 1917 Benedetto XV lo chiamò aila direzione dell'u Unita cattolica » di Firenze, che sotto la sua direzione riprese risonanza nazionale. Fu inoltre direttore, ma solo per breve tempo, dell'u Italia D di MiIano.
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Forni il suo cammino con fede e fedeltà. Siamo già d a &e; tu non manderai qua più alcuna cartolina, ma solo una, per aver tue notizie, a Parigi Hotel S.te Marie 83 me de Rivoli, e poi le altre a Londra al solito indirizzo. Così per me è venuto subito autunno e inverno. Passando da Parigi vedrò l'editore Vrin e saprò le sue intenzioni. Appena avrai riunito in un libro Sui problemi di filosofia dell'Educazione, mandamene quattro copie a Londra. Ti ho scritto che non riprendo per ora la discussione sull'intuizione; ma per rispondere alle ultime due cartoline tue del 20 e del 22 ti fo notare che per me la percezione è sempre del reale sensibile, anche se non si dà nell'uomo sensazione pura, ma non può essere senza un oggetto sensibile mentre la intuizione (secondo me) può essere sia conoscenza di reale sensibile, sia anche di dati intellettivi (sia pur derivati da elementi sensibili). Inoltre la percezione per me è un elemento iniziale primordiale di ogni conoscenza (anche la nozionale) e l'intuizione no. Ma torniamo sul passato e sul già discusso, e non è più utile. Sarà meglio discutere d'altro e poi a mente fresca (per me) tornare sull'intuizione. Stiamo bene. Un abbraccio insieme a Nelina. Tuo Luigi
Piazza Armerina, 28 agosto 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto le vostre lettere. Ho subito trasmesso a Fati la sua. Ieri ricevetti la cartolina. E ora rispondo alla tua circa il problema della conoscenza di Dio. La filosofia ignora la parola « inconveniente », ed ha per motto: cerca il vero e avvenga che può. I1 filosofo non ha diritto di lagnarsi se la via per conoscere Dio è una o un'altra. Le anime poi si assicurino: a Dio si arriva senza bisogno di sistemi filosofici. Io son egualmente nemico del feticismo del vecchio e del nuovo. Tu, mi pare, senti troppa d e b lezza pel nuovo o moderno che dir si voglia. Esser nuovi non significa accettar tutto il moderno senza riserve e critiche. Io poi (e siamo sempre lì) studio il problema gnoseologico, non il morale. L'uomo a cui la società nulla dicesse di Dio, arriverebbe a questa cognizione, non per la supposta tendenza pratica, ma per la dia-
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lettica delle idee. Quando poi Dio è conosciuto (vi si creda o no), si arriva al possesso pratico di Lui per le vie etiche. È uno dei due problemi di Blondel. Questo mio atteggiamento metodologico, per me, è di fondamentale importanza. È tutta la mia filosofia, contro cui tu combatti dal 1924. Ho pnesenti i vari appunti da te fatti ai vari miei lavori: son sempre quiefi. Noi stiamo ancora agli antipodi (relativamente, s'intende); e credo che non ci accorderemo mai, dato che cinque anni non sono bastati per accordarci. Sto bene. Fa fresco, anzi freddo. È un bell'autunno venuto con gentile anticipazione. Desidero sapere perché non mi parli della postilla che contiene un problema fondamentale l . Mario
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[Toulon aux Salins d'Hyères], 30 agosto 1929
Carissimo fratello, spero che la mia del 20 non ti abbia dato l'impressione che io non valuti intieramente il tuo sforzo di sintesi; e anche il tuo metodo di utilizzare, in quel che è possibile, la tecnica e la terminologia del M. E. Però devi convenire che le varie filosofie successive, con il trovare una propria terminologia o col dare diverso significato all'antica, hanno soddisfatto non solo al bisogno logico della propria teoria, ma anche d a necessità di esprimere frazioni o guise di verità che non sono esprimibili con i vecchi termini. E tu, in base al tuo sintetismo dài a quei vocaboli un significato LETTERA 487. 1. Cfr. M. STURZO,Il pensiero moderno e la Conciliazione, in «Rivista di autoformazione », luglio-agosto 1929, cit. pp. 205-221. Così a p. 221 Mario S t m sintetizza la sua concezione: «L'ideale evangelico è quello'di un solo ovile e un sol pastore neli'unità della fede. Ali'attuazione di un così sublime ideale lavora la Chiesa da venti secoli. Quando i filosofi comprenderanno bene il nesso di ragione e sopra-ragione, di contingente e assoluto, di temporaneo ed eterno, di filosofia-storia e teologia sopra-storia, recheranno il loro valido contributo all'attuazione deli'ideale evangelico. M o r a il pensiero moderno ridiventera pensiero cristiano, lo Stato moderno anch'esso sarà Stato cristiano. In quell'auspicato awenire non occorreranno concordati per regolare i rapporti tra Chiesa e Stato, perché i concordati suppongono delle limitazioni di tali rapporti; lo Stato sentirà l'affiato divino che anima la Chiesa e ordinerà se stesso conforme lo spirito del Vangelo, e la Chiesa sarà la gran madre, che accogliera nel suo seno i figli, rendendo i medesimi sudditi fedeli dello Stato, che attraverso le contingenze del tempo che fugge, cercano la pienezza dell'essere nell'eternità che non muta ed è la pienezza deila felicità in Dio m.
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non perfettamente identico d'antico, proprio perché inquadrati in una teoria in parte diversa. Io poi non ti ho detto che tu trascuri l'elemento dinamico interiore, mentre ho riconosciuto e so bene che la tua teoria è là; ma colo ti ho detto o intendevo - che si ha l'impressione che nello sforzo di precisare natura e funzioni, sembra diventare troppo meccanica e intellettualista. Sulla questione particolare dell'intuizione io non sono ancora convinto del punto di partenza, cioè che intuizione è uguale a percezione. Tu però devi convenire che sull'intuizione c'è tutta una filosofia e non solo quella bergsoniana, che merita di essere tenuta in conto. A te sembra poetica? ma filosofia e poesia, sul nascere come idee nuove, sono unite proprio nell'intuizione. Nelina non scrive più laggiù; siamo sulle mosse. Ti raccomanda l'dare del frumento; scrivi a Don Giacomo che quello che non va nel posto, da conservare, si venda al prezzo che corre. Stiamo bene. Lasciamo presto il bel sole. Prega per noi. Un abbraccio. Io sono con te che non si dia autointuizione, ma conoscenza-cointuitiva,ma per te il cointuitivo sarà conpercettivo, e per me? resta il dubbio. Un abbraccio, tuo Luigi
[Todon], 1 settembre 1929
Carissimo fratello, sulle mosse di partire ti mandiamo insieme il più affettuoso dei pensieri; sempre di te parliamo e a te pensiamo. Spero che il Signore mi dia la consolazione di riabbracciarti quando Egli vorrà. Stiamo bene e godiamo che stai bene e senti già le carezze dell'autunno e il piacere del lavoro. Mi accorgo sempre più che sono un cattivo seguace del tuo Sintetismo, ma sono sempre un seguace convinto e fervido. Solamente io non studio certi problemi con metodo o nella loro connessione logica; e altri non ho tempo a studiarli.' E. dora, girando attorno, e con le vecchie e nuove idee o sotto altri aspetti che non il tuo fondamentale, e spesso scrivendo in fretta, non troviamo, cioè io non trovo, il punto di accordo, pur sentendo che c'è. Ma le tue osservazioni mi giovano molto e mi fanno pensare. Se sono lento a modificarmi è perché sono altri gli oggetti speciali dei miei studi. La mia os-
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servazione circa la conoscenza di Dio fu scritta in fretta e male; io non intendo levare barriere di inconvenienza in filosofia. Quando S. Agostino dice Fecisti nos ad te, indica un elemento finalistico; se questo è il vero e il bene in genere, corrisponde all'essenza della natura umana (intellettiva e volitiva). Secondo me il fine intrinseco si converte con la natura. Tu non ammetti la tendenza come esigenza della volontà, ma come esigenza sintetica, conseguente alla cognizione di Dio. Ma io sono in ciò d'accordo; solo credo che differisco nel dare alla tendenza un ictus interiore o di natura, in quanto natura e fine si convertono; e poiché la natura tende al vero e al bene, così implicitamente tende al Primo Vero e Sommo Bene. Si tratta quindi di tendenza generica. Genericamente questa non è idea moderna, ma antica, solo i moderni mistici e intuizionisti, se sono immanentisti, la confondono con un principio panico; se trascendentisti, accentuano la via per arrivare a Dio. Fo punto perché manca la carta e sono a far valigie. Un abbraccio di cuore, e scrivimi sempre le tue per me bene accette osservazioni. Tuo Luigi
[Paris], 4 settembre 1929
Carissimo fratello, ieri mattina sono arrivato qui, dove mi fermerò pochi giorni. Sto bene ed ho trovato bel caldo, forse un po' troppo; ma per me non è mai troppo. Starnane ho ricevuto un telegramma da Genova che mi dice che Nelina è passata benissimo. A quest'ora sarà a Roma, e poi verrà costà. Spero che tu passerai un po' di giorni con Lei a Caltagirone. Se si p0tess.e sbrigare la faccenda della parrocchia del Ponte ne sarei contentissimo. Come mi è dispiaciuta la notizia della morte del parroco Gueli. Fornì la sua giornata. Se tornassi a Caltagirone non troverei più molti e molti. Caro fratello, che il Signore ci aiuti nel nostro passaggio! Non ho letto Bourget, e non lo leggo mai; già non ho tempo e voglia per simili lavori, e poi Bourget mi stanca l . Tutta la letteratura monarchicoLETTERA490. 1. Cfr. lettera 450, nota 2.
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cattolica di Francia è insincera e fuori tono. Ho letto Filippo I1 di Bertrand in cui fa lo sforzo di discolparlo dell'uccisione di Escovedo '; ma è pieno di un fondo secondo me immorale dell'autorità dei monarchi assoluti. Peccato che è un vero ingegno, ma deviato. Non so che cosa sia il suo Sant'Agostino '. A proposito è stato pubblicato da Vrin un lavoro di Gilson sulla filosofia di Sant'Agostino 4. Spero di leggerlo; ma non ho tempo: forse più in là. I1 tema della tua postilla m'interessa molto, ma ho anche dei dubbi in vari sensi Spero di avere la risposta dall'editore per il tuo libro, e te ne scriverò. Salutami tutti, prega per me. Un abbraccio, tuo Luigi La mia casa di Londra è chiusa perché la cameriera è ammalata. Spedisci le tue cartoline al Convento dove dico Messa cioè: The Convent - 60, Gloucester Gardens W 2 London.
49 1 Piazza Armerina, 6 settembre 1929
Carissimo fratello, la tua del lo mi è giunta il 4 e quella del 30 mi è giunta il 5, e già stavo in pena. Tu torni alla tendenza come ictus. Ma chi sa se non diciamo la stessa cosa? Io ti faccio osservare che tanto il conoscere quanto il volere è un processo che va dall'oggetto al soggetto come inizio, e dall'azione dell'oggetto alla reazione del soggetto, come termine. Ed è così, perché l'uomo è relativo. Ma io affermo anche l'ictus come tendenza, e l'derma tanto pel conoscere, quanto pel volere. Però questo slancio non si slancia nel vuoto in cerca dell'oggetto, ma si slancia come risposta all'azione eccitatrice dell'oggetto. La tendenza volitiva, trovato con2. L. BERTRAND, Philippe II. Une ténébreuse affuire, Grasset, Paris 1929. 3. L.BERTRAND, St Augustin, Paris 1913. 4. E. GILSON, Introduction à l'étude de St Augustin, Vrin, Paris 1929. 5. Si tratta della postilla, già citata d a lettera 487, n. 1, Il pensiero moderno e la Concilimione. Quali potrebbero essere stati i a dubbi in vari sensi D di Luigi Stuno? Se teniamo presenti le sue prese di posizione quando seppe deila Conciliazione, possiamo ritenere che Stuno non condividesse l'impostazione troppo evangelica dei rapporti Chiesa e Stato, secondo l'articolo di Mario.
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veniente l'oggetto, l'ama; trovatolo sconveniente lo odia. Or come è l'oggetto che agendo sul soggetto, si fa da questo conoscere; così si fa dal medesimo volere o non volere. Ciò posto, per dire che la tendenza ci fa scoprire Dio, occorrerebbe che Dio agisse in modo concreto, diretto, immediato sul nostro spirito. Affermi tu ciò? Non oso crederlo. Ed d o r a occorre dire che attuata la conoscenza del reale che ci circonda e le relative volizioni, l'uomo procede oltre, nel conoscere, pel processo inquisitivo, nel volere, pel processo tendenziale idealizzato. E trova Dio come verità, e con ciò stesso, lo trova come bontà, come sommo bene, e l'ama, e tende al conseguimento concreto. Sto bene. I1 tempo è sempre fresco. Prega per me, come io faccio per te sempre. Tuo 1' Mario
[London, Paddington], 7 settembre 1929
Carissimo fratello, ieri sera sono arrivato a Londra, e poiché la mia casa è chiusa, sono venuto alla pensione dov'ero due anni fa: Hilton House, 15, Bayswater Terrace, London W 2. Puoi scrive^ tanto qui che ali'indi>rizmdel Convento. Sto bene. Sono un po' stanco di girare. L'editore Vrin non ha deciso perché Meyerson non è stato in grado di dargli il parere. Egli passerà il tuo libro a persona più intendente di questo genere di filosofia. Vedremo. SS. ti manderà una o due postille, forse dentro il mese. Per tua norma ti ho scritto il 30 agosto, il 1 e 4 settembre. Forse la spedizione non sarà stata regolare. Auguri anticipati per il tuo 40" sacerdotale. Domani è la S. Bambina: festa intima per noi con i più soavi ricordi di nostra giovinezza. Hai letto il Concetto di sostanza di Olgiati ' nella « Rivista neo-scolastica »? Io non ne ho avuto il tempo. Non mmsco il Don Bosco di Joergensen ', e aspetto il tuo parere. Spero che andrai a Caltagirone da Nelina non per un giorno; ma godo tanto che finalmente s'inaugura la ferrovia. Cosl (a parte LETTERA 492. 1. Cfr. F. OLGIATI, I i concetto di sostanza, in « Rivista di filosofia n~scolastica», maneaprile e maggiegiugno 1929, pp. 101 e 229. 2. Cfr. J. JOERGENSW, Don Bosco, S E I . , Torino 1928.
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altri motivi di gioia) vi potrete vedere spesso. Se vai a Caltagirone ti prego di ricordarti di spedirmi Eschiio e Sofocle. Fò punto per spedire subito questa, sì'che parta in tempo. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 9 settembre 1929
Carissimo fratello, tanti auguri affettuosissimi per il tuo onomastico. Spero che ti arriverà in tempo. Sto bene ed ho trovato bel caldo a Londra. Così mi sembra che la villeggiatura continua, anche perché la pensione dove sto e la mia stanza dà sui giardini di Kensington: una vista meravigliosa. Mandami tre copie della Rivista Luglio-Agosto '29. H o avuto notizie da Nelina che sta bene. Quando verrà fuori il volume sull'Educazione? E delle poesie non mi dai più notizie. Hai trovato l'editore? Prova a scrivere a Mons. Faraoni presso 1'Editrioe Fiorentina, Via del Corso n. 3, Firenze. Io ancora preso da tante piccole cose del viaggio e dell'alloggio, la malattia della cameriera, ecc. ecc. non ho ripreso i miei lavori e studi. Ma spero domani di mettermi in piena tranquillità e solitudine. Prega per me. Salutami tutti. Un abbraccio di cuore con rinnovati auguri Luigi
[London, Paddington], 12 settembre 1929
Carissimo fratello, ti rinnovo gli auguri fraterni affettuosissimi. Stamane ho celebrato per te; è il conforto vero: pregando non sento la lontananza, ma certe volte la solitudine ingrandisce la sofferenza del non vederti. Prega per me assai. H o ricevuto la tua del 6 . H o qualche dubbio sul tuo fraseggio più che sul tuo ragionamento. Tu dici che « il conoscere e il volere sono un processo che va
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dall'oggetto al soggetto, come inizio, e dall'azione dell'oggetto alla reazione del soggetto come termine >r. A me sembra che si debba dire meglio che l'ambiente sensibile o meglio la realtà sensibile condiziona il nostro conoscere e il nostro volere. In verità non si può parlare di vera azione quando non è altro che una eccitazione fisiologica quella dell'oggetto; né sono univoci, nel caso presente, azione e reazione, che la prima non è azione ed è in ogni caso fisiologica, la seconda è insieme azione e reazione ed è insieme fisiologica e psico-sensitiva. Così il tuo fraseggio dà un'idea meccanica ed equivoca di questo che tu chiami processo. Io ho anche dubbio sulla parola processo in questo senso, perché nulla procede dall'oggetto, nel senso vero della parola. Cosi mi sembra che cada anche l'obiezione che Dio dovrebbe agire in modo diretto e concreto sul nostro spirito. Non è il mio pensiero, e non ha rapporto con il valore della tendenza, che secondo me è per sé = a natura e = a fine intrinseco della natura; e nulla più. Ma altra volta che non c'è spazio. Tuo Luigi
Piazza Armerina, 12 settembre 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 7 e ricevetti le altre tutte. Grazie di cuore degli auguri pel mio prossimo quarantesimo Sacerdotale. Quanti anni! E quanti doveri! Non trovo rifugio che nella misericordia di Dio che è infinita. A novembre, se Dio vuole, compio 68 anni. Non credevo che sarei vissuto tanto, data la debolezza del mio stomaco. Ma ora siamo verso la conclusione. Aiutami con le tue preghiere al gran passo, e a distaccare il cuore da tutto ciò che non è Dio. Nel Cielo ci aspettano i nostri cari, che furono sì buoni in terra e tanto ci amarono. Com'era distaccata la cara suor Giuseppina nei suoi ultimi anni. Si vedeva da lettera in lettera che non pensava che al Cielo. Aspetto con vivo desiderio le cose di SS. Sempre interessanti. Il fascicolo di ottobre è già composto. Si correggono le bozze. Zanichelli non ha ancora risposto, perché la persona a ciò incaricata ha tardato sino a ora a far i primi passi. Vedremo. Se potessi indicarmi dove sono Eschilo e Sofocle, li
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troverei con più agevolezza. Non ho ancora letto lo studio di Olgiati sulla sostanza. Ho però visto che pone come presupposto fondamentale l'astrazione logica. Da ciò desumo che avrà (almeno) dei punti morti. Per me la teoria dell'astrazione logica altro non fu che un'ipotesi di studio. Implica una .cognizione diretta della essenza o sostanza, che non si dà. Prega per me, caro fratello, assai, e credimi tuo .1. Mario
[London, Paddington], 15 settembre 1929
Carissimo fratello, quando vedrai Nelina, discuterai con Lei la possibilità di fare la parrocchia del Ponte. A me è parsa possibile, quando ne ho parlato: vedi tu; anche a fare uno sforzo io ci terrei tanto e ne sarei tanto lieto e consolato. Tanti auguri per il nuovo anno del tuo Seminario: è un gran conforto essere circondati da giovani e vivere nelle speranze vive del bene futuro. Fra tutti i piccoli dolori e dispiaceri miei, vi è questa mancanza di giovani buoni, intelligenti, che aspirano a far del bene. Io li ricordo e li sento perché sono stato sempre con loro, ma ora non ne ho attorno. Pazienza: non rimpianti certo, né sconforto, nulla che incida nello spirito, ma è umano sentirne la privazione di tanto in tanto. Non ti parlo dei miei dubbi sulla postilla, perché voglio maturarli. Sono gli studi che vo facendo per un nuovo libro del quale ti scrissi. I1 tema tu sai se m'interessa: i punti di vista sono molti; ma secondo me, è prevalente il relativismo storico, e le teorizzazioni (entro un asse fisso) sono state varie e molteplici secondo i tempi. Devo dire a SS. di sospendere o di modificare? Non ho bene compreso. Sto bene. Prega per me. Un abbraccio, tuo Luigi Conosci i Lineamenti di metafisica generale di Michele Fatta l ?
LETTERA496. 1. ~ ~ I C M E L FATTA, E Lineamenti di metafiica generale, Pensiero n, Milano 1929.
u Vita
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Piazza Armerina, 16 settembre 1929
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Carissimo fratello, grazie degli auguri pel mio onomastico. I1 tuo affetto è al mondo per me la cosa più soave. Sia ringraziato Dio. I n questo istante ricevo la tua del 12 che mi rinnova gli auguri. Grazie di nuovo. Tu dici « la realtà sensibile condiziona il nostro conoscere ». Non consento, perché, se così fosse, il nostro conoscere non sarebbe conoscere quella realtà. Dici poi: « nulla procede dall'oggetto », e non consideri che invece procede tutto: etere luminoso, vibrazioni acustiche, corpuscoli odorosi, resistenza, ecc. Dici però bene, quando noti che il rapporto di questi fattori è con la nostra fisiologicità. Or la nostra fisiologicità è insieme sensitività, unità-dualità. E perciò la reazione è espressione dell'azione dell'oggetto nella natura del soggetto. Tutto il dualismo cristiano del conoscere poggia sul principio che la conoscenza procede (in un senso) dall'oggetto al soggetto. Io di ciò parlo a lungo nel mio neo-sintetismo. Senza ciò, si cade nel soggettivismo. Concedo che la tendenza è natura. È la sua attività e finalisticità. Né io ho mai negato ciò. I o invece cerco come la natura nostra si attualizza e procede nel conoscere-agire, cioè, nell'attuare e conseguire i suoi fini. I n punto mi scrive anche Nelina da Roma. Sta bene. Sto bene anch'io. Abbiamo caldo. Che sia l'ultimo. Oggi si riapre il seminario. Prega pei miei chierici e per me. Tanti saluti da tutti. Tanti abbracci dal tuo Mario
[London, Paddington], 16 settembre 1929
Carissimo fratello, il nostro dissenso sull'intuizione estetica comincia dal punto quando si vuole spiegare dove risiede il bello. Perché qualsiasi analisi ragionativa può darmi elementi tecnici, spiegazioni intellettuali, ma non mi costituisce la intuizione che è diretta e precedente alla spiegazione. La spiegazione è una tradu-
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zione intellettiva di quel che io ho intuito, ed è un'altra cosa; cioè è la spiegazione. Io poi non arrivo a comprendere la tua supposizione cioè che io possa negare la funzione intellettiva nell'intuizione. Ma no: tutta la discussione tra noi è partita al contrario dal tuo voler negare all'intuizione ogni valore intellettivo e ridurla alla pari di una percezione sensitiva. È evidente che la intuizione estetica contiene conoscenza, ma non risiede nella conoscenza come logicità, né nel ragionamento conoscitivo, ma in quella che io chiamerei sintesi estetica. Tu risolvi questa sintesi in sola conoscenza di rapporti? Io no, perché trovo che risoluta la sintesi non ti dà più l'intuizione estetica, ma una serie di ragionamenti estetici, che sono altra cosa. Tu concedi che si intuisca fisicità, cioè realtà oggettiva, ma questa intuizione è per te sensitiva e quindi mai estetica. Ho paura che non c'intendiamo. Sto bene nonostante il freddo. Un abbraccio di cuore. Tuo Luigi
[London, Paddington], 18 settembre 1929
Carissimo fratello, come prego per te: sempre, e ti ho sempre innanzi e ti penso sempre. Così vorrei avene la fortuna di rivederti: ma sia fatta sempre la volontà del Signore, ché tutto è per nostro meglio, se sappiamo di tutto trarre vantaggio, secondando gii impulsi della grazia. Le piccole angoscie quotidiane servono a più distaccarci dalla terra, ma non è possibile non sentirle. Sto bene: il tempo è stato discreto anche in questi ultimi giorni; oggi è grigio; ma per Londra è stata una meraviglia avere del sole fino a metà settembre. Hai ragione quando scrivi che l'astrazione logica fu un'ipotesi di studio oggi superata; ma ci vuole molto a far che altri la comprenda. Uno dei punti che io non comprendo, presso il gmppo neo-scolastico italiano, è quelio di contrapporre la teoria dell'ente (ontologia) a quella della conoscenza (gnoseologia). Si può arrivare d'ente senza la conoscenza? Owero si può presupporre come conosciuto? I o non ho afferrato il loro punto di vista, anche perché essendo fuori del loro campo, non ne penetro il segreto tattico, né il valore didattico. Io credevo che Eschilo, Sofocle ed
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Euripide (Edizioni Sonzogno) fossero fra i . tuoi libri e non fra i miei, ma forse non ricordo bene. Se fra i miei, saranno negli scaffali. Ma non ti dare troppa pena. In ogni caso, mi farai procurare quelle tradotte da Romagnoli. Nelina ti parlerà di certe mie idee pratiche. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi 500 Piazza Armerina, 19 settembre 1929
Carissimo fratello, la tua cartolina spero mi arrivi nel pomeriggio. Non avendo altra materia, torno su quanto mi scrivesti nella tua del 12. Se la realtà sensibile fosse condizione solamente, non sarebbe l'oggetto percepito. I n tal caso la conoscenza sarebbe tutta creazione del soggetto. Croce sostiene ciò. Posto che fosse davvero condizione, non potrebbe condizionare la conoscenza che agendo sul soggetto; giacché, se non agisse, resterebbe a lui irrelativa, cioè, per lui sarebbe come se non fosse. A. Rosmini dice che l'oggetto sensibile modifica il soggetto conoscente, il quale direttamente non conosce che queste modificazioni. Le parole son diverse, il processo è lo stesso. La azione dell'etere (o d'altro elemento, poco ciò importa), modifica la retina. Ma questa modificazione è la reazione della retina, e questa reazione è appunto la visione, che secondo me (v. il neo-sintet.) è visione, non per la sola reazione ottica, ma per la reazione sintetica del soggetto, cioè, per la risposta sensitiva, intellettiva, volitiva. Così il realismo ha senso ed è il meglio della nostra filosofia, anzi è la nostra filosofia. Pensaci. I1 17 ti ho spedito tre esemplari del fasc. IV della rivista. Abbiamo avuto belle pioggie e abbiamo fresco magnifico. Sto bene. Grazie assai della messa celebrata per me. Abbracci. Tuo Mario
[London, Paddington], 21 settembre 1929
Carissimo fratello, oggi, tuo 40" della ordinazione sacerdotale, ho celebrato per te, e con la memoria mi sono trasportato alla Chiesa del SS.mo
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Salvatore. Che commozione! e che ricordi! Che il Signore ti benedica e ti riempia delle sue grazie. Accetto in parte la tua osservazione e completo la formula: « I1 reale sensibile condiziona il nostro conoscere e ne è il primo oggetto ». Spero che ti vada. Riguardo a quel che procede dall'oggetto (e che scientificamente è sempre messo in discussione, quanti oggi non negano l'etere? e non si sa esattamente ciò che è) io nulla avrei da osservare, perché è di ordine fisico; però non so concepire tutto ciò come azione; si tratta di proprietà o qualità fisiche degli oggetti. Azione è perciò una concezione simbolica, è un'imagine derivata da un'analisi astrattiva. Oggi la fisica disintegra molte qualità degli oggetti, la formula stessa simbolica e astrattiva, può dirsi superata. Intanto vera azione metafisica non è. Inoltre, tutto l'interiore bisogno che spinge uomini ed animali verso gli oggetti esterni, tutta la forza subiettiva, che dice necessità di estrinsecazione, viene ridotta simbolicamente a passività e reazione. Ora quando si ammette la dualità di oggetto e soggetto, e la sintesi mnoscitiva, non vi è pericolo di subbiettivismo. Ma ciò non rende necessario parlare meccanicamente di azione dell'oggetto e di reazione del soggetto. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 22 settembre 1929
Carissimo fratello, ho parlato solo di chiarezza. Desiderate sempre e sempre ammirate le cose di lui, siano scritte in migliore italiano [sicl. Quanto alla mia postilla, è chiaro che studia l'aspetto strettamente filosofico. La storia non attua mai gli ideali. Che perciò? L'ideale è sempre presupposto e implicato. Se mancasse, mancherebbe la storia e il progresso, e mancherebbe la critica. Comunque, me ne parlerai quando ti sentirai disposto. Per la parrocchia del Ponte ci metterò tutta l'anima mia, anche perché fu mio suggerimento. Sto leggendo il Don Bosco di J . Joergensen. È un compendio gustosissimo. È però libro d'arte e non è storia. E c'è tutto il carattere di certi stranieri convertiti, che fa loro inserire nei loro libri tante cose estranee, che non stanno al posto, ma che non dispiacciono. Vedrò se
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continua cosi sino alla fine, e poi te ne dirò il resto. SS. ha .mandato una postilla, che non ho ancora letto, ma che dev'essere molto interessante. I1 seminario è in ritiro. Domenica prossima, a Dio piacendo, ci sarà sacra ordinazione, e poi si comincia l'anno scolastico con le lezioni. È un rinascer d'entusiasmi e di speranze. I Lineamenti di metajisica del buon M . Fatta sono un libro vecchio e nulla più che questo. Sto bene. La tua del 15 mi è arrivata ieri, cioè, dopo sei giorni. Scherzi della posta. Zanichelli non ha risposto ancora, ma veramente non c'è stato tempo, dato il ritardo delle pratiche iniziali. Abbracci. Tuo Mario
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[London, Paddington], 25 [settembre] 1 1929
Carissimo fratello, non so perché il 19 non ti era arrivata la mia solita cartolina spedita il 15. Desidero sapere se ti è arrivata, perché insieme spedii altre lettere importanti, e vorrei essere sicuro dell'arrivo, che non ci fosse stato qui alla partenza disguido, perché non l'impostai all'ufficio postale, ma in una buca di strada. Da1 giorno che ricevi questa, indirizzami lettere, cartoline, ecc., al solito indirizzo di 213 B Gloucester Terrace W 2 London, perché fra giorni tornerò a casa, perché la cameriera sta meglio. Ho letto in « Critica » la puntata sulla poesia popolare e sono d'accordo con l'Autore '. S m d'accordo con te circa l'azione-reazione o reazione-azione del soggetto e la sua caratteristica sintetica; è la novità che col tempo sarà accetta da tutti, ma ora è solo tua e dei tuoi seguaci. Ti scrissi che la parola azione dell'oggetto sul soggetto non mi piace; non è vera azione nel senso che noi diamo a questa parola, e non è sul piano univoco con la corrispondente reazione-azione; mi dà l'idea di meccanismo dove è dinamismo. Quindi non è il concetto, LETTERA 503. 1. L. Stuno data per sbaglio 25. 6. 1929. 2. Cfr. B. CROCE,Poesia « popolare » e poesia « d'arte », in « La Critica », anno XXVII, fasc. V, settembre 1929, pp. 321-339. Si tratta della prima parte del noto intervento sulla poesia che Croce fece in seguito alle considerazioni ampiamente esposte in lavori precedenti sull'arte e la letteratura popolare. Definendole espressioni dello spirito di un popolo, dette loro un posto di patticolare rilievo nella propria teoria estetica e critica letteraria. La seconda parte dell'atticolo uscì sul fascicolo successivo deiia rivista, novembte 1929, pp. 401-428.
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in cui dissentiamo, ma nella caratterizzazione e nomenclatura di quel che è l'influsso dell'oggetto sul soggetto. Ho ricevuto le copie della Rivista. Grazie. Aspetto le copie del volumetto in cui raccoglierai o hai raccolto gli articoli sull'Educazione. Sto bene. Domani la B.taLuisa di Caltagirone: è nel vostro calendario di Piazza? Prega per me. Un abbraccio, tuo Luigi Ti ho scritto il 15, 18, 21 e il 16 a parte.
Piazza Armerina, 25 settembre 1929
Carissimo fratello, la postilla è molto interessante e molto ben fatta e scritta con molta chiarezza. Di tali lavori se ne desidera il maggior numero possibile. Uno degli argomenti attorno a cui intendo lavorare in questo nuovo anno scolastico, se Dio vorrà, è i2 problema del criterio della verità. Tu sai come i soliti trattati da scuola pongono e risolvono il problema, cioè, dommatisticamente. La colpa risale a Mercier l . Conosci la sua Criteriologia? Ammette come unico o ultimo criterio l'evidenza, e questa pone nell'oggetto, per lui esso s'impone al conoscente. A me pare che se un trattato di criteriologia si vuol fare, questo non può esser che critica, cioè, valutazione del potere conoscitivo, e critica dell'atto di questo potere. I nostri dalla criteriologia, in ultimo, vogliono tirar fuori la prova della realtà dell'oggetto della conoscenza (mondo sensibile e sopra sensibile). A me pare che questa prova domandi altro procedimento. Io ne ho dato un saggio nella postilla Il pensiero moderno e la conciliazione. E. Kant dalla sua Critica cavò i paralogismi che tutti conoscono. Per lui la ragione teoretica non è in grado né di affermare né di negare la realtà trascendente, perché questa non è oggetto intuibile. Ecco qui l'intuizione che tanto ci ha occupato. Noi dalla nostra Critica dobbiamo cavare altra conclusione, e possiamo benissimo cavarvela. Sto bene. L'autunno reca pioggie e fresco, anzi freddo. È un incanto. Prega pel tuo Mario
t
, générale ou théorie générale LETTERA504. 1. DÉSIRÉ ~ ~ E R C I E RCritériologie de la certitude, Louvain 1899 ( f a parte del Cours de philosophie, ispirato al tomi-
smo, mai portato a tennine).
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Piazza Armerina, 26 settembre 1929
Carissimo fratello, quanto affetto! Grazie di nuovo. Dunque il 21 hai applicato ancora per me? Spero che il buon Dio mi renda idoneo a ricevere il frutto di tante preghiere. « Passività e reazione ». Traduci le due incriminate parole in « attività relativa » e troverai il mio pensiero genuino. I o poi dopo « etere » ho scritto, se non ricordo male, « o altre attività ». Da ciò indovina che io non posso accettare la tua formula: « il reale sensibile condiziona il nostro conoscere e ne è il primo oggetto ». Tu certo non ammetti il conoscere come puro creare o puro farsi. Dunque devi ammettere che è esprimere. Non certo nel senso primitivo e ingenuo degli scolastici della specie impressa ed espressa, ma nel senso che il soggetto toccato dalla realtà sensibile fisiologicamente, esprime la mutazione in lui avvenuta e l'esprime conoscitivamente, per un processo fisiopsicologico intellettivo. Se nulla entrasse nel corpo dell'uomo, la sua conoscenza sarebbe tutta oggettiva. Ipotesi assurda, perché (e questo è altamente scientifico) il nostro corpo non vive fuori del reale sensibile né potrebbe. La legge del determinismo universale, su cui tanto insiste Blondel l, benché non sempre in tono, è legge che non può essere negata né sconosciuta né trascurata. La vita del nostro corpo è perenne assimilare e dissimilare elementi che non sono esso corpo, ma sono in rapporto a lui. La conoscenza è un aspetto di questa legge. L'intellettività del conoscere non è parallela alla sensitività, come vollero gli scolastici, ma sintetica. E sotto questo aspetto è la parte più interessante della reazione conoscitiva. Come vedi, della scienza non occorre farne una pedanteria. Sto bene. Abbiamo freddo magnifìco. Abbracci. Tuo t Mario
LETTERA 505. 1. Cfr. nota 1, lettera 439.
LUIGI E MARIO STURZO
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[London, Paddington], 28 settembre 1929
Carissimo fratello, sono nella mia stanzetta, in mezzo ai miei libri e alle mie carte, e mi sembra di essere a casa mia. Giuoco della fantasia. Ho ricevuto e letto di un fiato il fascicolo 5 della Rivista, e mi è piaciuta da capo a fondo, tutta. Credevo che la Filosofia dell'Educazione fosse finita con la 4" puntata, e trovo con piacere la quinta, che è interessantissima e ben fatta l. A pag. 237 l'affermazione che l'origine dello spirito è sempre per creazione si suppone dimostrata; non è il caso (nella stampa del libro) di mettere una nota? Si può arrivare filosoficamente d'idea della creazione di ogni spirito, ma non più che come ipotesi: è per fede che si ha la certezza. Altrimenti le ipotesi emanazioniste [ ...l ', ecc. esprimerebbero senLETTERA506. 1. Cfr. M. STURZO, Problemi di filosofia dell'educazione. VO:Il problema dell'unith fondamentale e dell'individualità umana, in « Rivista di autoformazione », settembre-ottobre 1929, pp. 223-246. I1 problema è affrontato a partire dalla poca chiarezza che induce l'uso del termine di coscienza per indicare l'unità dell'attività deli'essere. Stuno richiama quanto detto sul problema del soggetto « potenza e atto, atto e potenza » e sulla sua unità-molteplicità, prendendo in tal modo Ie distanze da ogni posizione puramente psicologista (positivismo) o monista (idealismo). La seconda parte deli'intervento è centrata sul tema deli'individualità d'ogni singolo uomo. Neiia difesa deiie sue caratteristiche specifiche e& scrive: « Quel che noi vogliamo e dobbiamo mettere in luce, è questo, che l'origine per generazione riguarda la ,materia, non riguarda lo spirito. Lo spirito è un'entità che esaurisce in se stesso la sua attività di spirito; la sua origine è sempre per creazione; ogni uomo che nasce, è un corpo cui generano i parenti e un'anima cui crea Dio. Sotto questo rispetto l'individualità umana ha un carattere che manca a tutte le individualità a lui inferiori, ii quale deriva d d a spiritualità deli'anima e dal modo della sua origine D (p. 237). E poco oltre: « L'individualità distingue l'un uomo dagli altri e lo fa diverso, perché lo fa se stesso; certamente non lo fa altra natura, ma altra persona. Senza l'individualità, non ci sarebbe la realtà, senza l'universalità non ci sarebbe la fiiosofia, senza la generalità non ci sarebbe la scienza. La natura è l'elemento comune a ogni individuo, l'individualità è l'elemento esclusivamente proprio d'ogni natura individuata; l'individuo dunque per un verso è quel che non sono gli altri, per un altro verso è quello stesso che sono gli altri. Come già abbiamo detto, I'individuo è nello stesso tempo l'uomo e questo uomo. L'individuo è ciò che coglie l'intuizione, in quanto reazione percettiva; la natura non è colta direttamente come l'individuo, ma è colta nelia funzione discriminativa, costmttiva e valutativa della rapportualità fra individuo e individuo [...l » (p. 239). 2. Parola illeggibile.
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timenti e tendenze della filosofia antica, non del tutto spente. A pag, 239: l'inciso in quanto reazione percettiva, non mi va per le ragioni che ti ho scritto in altre cartoline. Mi è piaciuto in modo speciale l'articolo sulla conoscenza intellettuale del particolare; è chiarissimo e convincente 3. Si sa, fo la mia piccola riserva sulla frase di pag. 289 che i sensi sono le facoltà intuitive, perché io ammetto che i sensi sono le facoltà percettive, o secondo te facoltà intuitive, ma non le facoltà intuitive. Piccoli dissensi. L'assoluto nella morale (al quale io sottoscrivo pienamente) ti varrà a vedere non solo la relatività storica, ma la relatività teorica del problema della postilla del numero passato. È quel che nella tua cartolina chiami l'ideale. Spesso non è l'ideale desiderato, e guai se lo fosse, perché nel fatto risponderebbe al peggio; come in certi periodi storici. Le mie congratulazioni a Di Fede 4. La postilla chiarissima. Sto bene. Ora, in casa, mi rimetterò al lavoro con un po' di maggiore sistema e regola~ità.E il lavoro non mi manca grazi>eal cielo. Quando andrai a Caltagirone, cioè a S. Bartolomeo? È tempo! Un abbraccio, tuo Luigi
3. Cfr. M. STURZO,Della conoscenza intellettiua del particolare secondo S. Tommaso, ibid., pp. 247 ss. Si riporta il passo che Luigi Sturzo cita nel testo: «Posto il soggetto come virtù centrale ed immediata di tutto l'agire umano, I'analitismo separatistico delle facolta è superato, e si arriva alla loro sintesi soggettiva, d a lor defluenza dalla virtù centrale, alla lor confluenza in seno a questa stessa virtù, da poter dire con miglior significato, quello che dice S. Tommaso, cioè, che non conoscono né i sensi né l'intelletto, ma il soggetto. I1 quale però non conosce un po' pei primi e un po' pel secondo, ma sempre per gli uni e per l'altro insieme con concorso egualmente sintetico delle facoltà affettive. Non essendo le facoltà, come tali, che conoscono, ma il soggetto, il problema circa il modo come l'intelletto conosce il particolare, semplicemente si nega. I1 soggetto intuisce, perché è intuente; ed è intuente, perché è dotato di facoltà intuitive, che, nell'uomo sono i sensi. Intuendo, non fa atto di pura sensitività, perché è anche logicizzante; ed è tale, perché è dotato d'una facoltà intellettiva. E siccome è unità vivente, fa questi due atti sinteticamente, simultaneamente, e non separatisticamente e successivamente. Né occorre cercare una tecnica particolare, per trovare come la virtù sensitiva diventi più virtuosa e come la virtù intellettiva conosca per accidens, quel che non conosce per sé; ma basta considerare la ragione d'unità vivente e conoscente e la ragione di essenzialità delle varie potenze del soggetto » (p. 259). 4. Si riferisce, forse, d a nota bibliografica di Antonio Di Fede sul volume di F. VARVELLO, Istituzioni di filosofia, in u Rivista di autoformazione », settembre-ottobre 1929, p. 271.
LUIGI E MARIO STURZO
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Piazza Armerina, 30 settembre 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto tutte le tue cartoline, salvo che alcune, come quella del 15, son giunte con ritardo. I1 volume che raccoglie gli articoli sull'educazione non potrà uscire che verso la primavera, perché ancora ci son altri articoli da pubblicare. Son felice che il disaccordo circa l'azione-reazione è solo circa le parole. Spero che ci intenderemo anche su queste. La parola influsso mi pare meno propria, o, almeno, troppo generica. Del resto l'influsso non è tale, se non agisce sul termine influito. Agire è parola più caratteristica. Si dice, per esempio: questo acido su questo minerale non agisce, e vuol dire, non è affine, da esplicare la sua attività su quello. Attività. Ecco una parola espressiva quanto mai. E tutto nel mondo è attività, e nessuna pura passività esiste o è concepibile. Gli esseri sono attivi e relativi, sono attivi nei rapporti e pei rapporti. Questa è una catena che nel mondo è senza principio; Croce direbbe: è circolare; noi diciamo: il primo principio è in Dio. I1 termine che agisce su d'un'altro, e provoca su questo una reazione, è agito da altri termini, e questi da altri; i termini agiti, son nello stesso tempo e sotto altri rapporti agenti. Le parole: azione, agire, attività, reazione, agito, rispondenza, ecc. son caratteristiche. Non così le parole influenza e influsso e influito. Comunque, aspetto che tu mi aiuti a trovare altre espressioni, se ci sono, più proprie e più precise. Sto bene. Ieri ho tenuto la sacra ordinazione. I1 Don BOSCOdi Joergensen è un bel libro, più d'arte che di storia. Lo avrai già ricevuto da Vincenzo che te lo ha spedito. Fa freddo. Siamo proprio in inverno. Ora vado a inaugurare l'anno scolastico. Prega pel tuo aff.mo fratello t Mario L'azione dei corpi sull'uomo è univoca circa la sua fisiologicità.
[london, Paddington], 1 ottobre 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto le due cartoline del 25 e del 26. Grazie assai. Tu sai quanto mi fanno bene le tue parole. Interessante è il sog-
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getto del criterio della verità. Io ricordo che sono stato sempre insoddisfatto dei libri che ho letto su questo tema, a cominciare dagli anni di scuola. Non ricordo il volume di Mercier, anzi credo di non averlo letto. Dopo aver ricevuta la tua del 25, ho riletto la Postilla ivi citata, per studiare il saggio della prova della realtà sensibile e sopra sensibile, e la prova mi sembra raggiunta. Ma non somiglia il tuo argomento a quello di S. Anselmo? I o non trovo che S. Anselmo avesse torto, come fanno alcuni; tu fai un à ragione dell'idea, ma l'idea passo avanti, e trovi non la ~ a l t nella di assoluto incoattivamente nella ragione della realtà contingente. Riguardo poi l'intuizione di Kant, io non sono certo con lui; io penso che la realtà trascendente è in qualche modo intuibile, dico in qualche modo perché non intendo dire che sia direttamente, né completamente intuibile. Ma questa è altra questione, della quale abbiamo scritto tanto, senza però intenderci, perché diamo alla parola intuizione significati diversi. Anche la questione di azione dell'oggetto e reaziofie del soggetto, o zttività dell'oggetto e passività del soggetto, è principalmente questione di terminologia, e di associazione di idee. Perché, devi convenire, la testa dei moderni è fatta un po' diversa da quella degli antichi, e le parole chiamano e associano idee diverse oggi e allora. Io tento di evitare le parole che m'associano idee meccaniche, mentre ai tempi di Cartesio si cercavano parole che dessero idee meccaniche e matematiche. Sono i simboli attraverso i quali nelle diverse epoche ci esprimiamo. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 3 ottobre 1929
Carissimo fratello, ieri non ricevetti la solita cartolina e nemmeno la ricevo oggi con la prima posta. Spero con la seconda. Penso che il ritardo derivi dal tuo cangiar d'abitazione. La rivista è uscita da più giorni. Credo che sia andata al solito indirizzo e che l'abbia ricevuta. Vi troverai una delle mie lezioni su S. Tommaso l . Una prima fu pubLETTERA509. 1. Cfr. M. STURZO,Deli'astrazione logica secondo S. Tommaso, in u Rivista di autoformazione D, novembre-dicembre 1929, n. 6, p. 305.
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blicata nel fascicolo novembre-dicembre. Una terza sarà pubblicata nel prossimo fascicolo. Non ho ancora visto Nelina, avendo dovuto accudire alla riapertura del Seminario. Spero di rivederla presto. Ho però avuto le sue nuove dall'ing. Fati, il quale mi ha detto che sta benissimo. Sto bene anch'io. I1 tempo è bello; non più troppo freddo e nemmeno caldo. Sereno e mite che è un piacere. Io riprendo il lavoro. Ho un monte di pensieri cumulati nel tempo caldo, i quali aspettano di passar sulla carta. La rivista col nuovo anno, che è il suo anno quarto, aumenta di un foglio (16 pagine) i suoi fascicoli. h c o r a però non ci sono nuovi collaboratori. Spero però che non tarderanno a venire. È che le idee della rivista ancora non son troppo assimilate dai nostri simpatizzanti. È cosi difficile rifare la propria formazione. E bisogna contare sui giovani che non ebbero formazione diversa. E su essi io conto! Aspetto le tue nuove sempre con vivo desiderio. Mi raccomando alle tue preghiere. E ti abbraccio. Tuo t Mario
[London, Paddington], 4 ottobre 1929
Carissimo fratello, stamane ho ricevuto il Don Bosco di Joergensen ' che leggerò subito con gran piacere. Ringrazio di nuovo Mons. Fondacaro. Sto bene, qui fa anche freddo, ma non molto. Ho però fatto accendere il fuoco nella mia stanza, che dà a ponente e tramontana, più a tramontana che a ponente. Ho visto M.r Bayol che ti ossequia. Egli abita in un sobborgo di Londra dove è una Casa di Lazzaristi. Fra giorni vedrò un editore inglese, a cui darò i primi capitoli del tuo lavoro sull'Educazione. Vedremo se va. Nessuna risposta ancora da Parigi. A me non dispiace la parola attiuità, che è dinamismo e processo, che è il passaggio da un'attività ad altra; e neanche reazione o passività. Quel che a me non piace è il colore meccanico (non saprei bene come esprimermi) invece del colore dinamico, che è più vicino alla realtà. L'azione dei corpi sull'uomo sarà univoca fisiologicamente per analisi (e quindi astraLETTERA510. 1. Cfr. lettera 492 n. 2.
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zione logica) non nella realtà, che è eterogenea. Ora nel fatto quando si parla di azione dei corpi si ha un'imagine antropomorfica trasportando l'azione (che è dell'uomo e dell'essere cosciente) agli esseri che non agiscono in quanto non sono coscienti. L'azione e reazione chimica non sono in sé né l'una né l'altra, ma due attività correlative, in se stesse complete. L'uso adunque delle parole deve essere fatto in modo che non sostituiscano il significato di adattamento e analogico al vero significato fondamentale. Quando vai a casa? Un abbraccio Luigi
Piazza Armerina, 6 ottobre 1929
Carissimo fratello, ricevo a momenti la tua del 1 corr., quella del 28 la ricevetti la sera del 4. E dire che a volte le tue cartoline mi giungono dopo soli tre giorni! Ti ringrazio assai delle parole benevole circa il 5" fasc. della rivista. Se in quel fasc. c'è merito, sia ringraziato Dio. Circa l'intuizione noi differiamo in ciò, che io ammetto con S. Tommaso, una sola via di comunicazione col reale concreto: la via fisio-sensitiva; tu ne ammetti due: questa e la spirituale. Nel resto concordiamo del tutto o quasi. Però anche dove differiamo, io credo che in ultimo concordiamo, perché io non ammetto come S. Tomrnaso e gli altri scolastici una percezione sensitiva separata, ma ammetto l'atto sintetico. Così mentre gli scolastici ammettono due vie parallele di conoscenza e quindi due principi anch'essi agenti parallelamente, io ammetto un sol principio di conoscenza: il composto. Così ammetto nella stessa percezione sensitiva, che ci tengo a chiamarla intuizione, l'azione dell'intelletto, non come secondaria, ma come principalissima, perché nell'uomo la sensitività non è animata che dallo spirito. E dico che intuisce l'intelletto nell'unità di sé e dei sensi. Così essendo, è chiaro che l'umana intuizione, benché, in quanto intuizione del concreto, si eserciti sul concreto fisico (la parola è consacrata dall'uso), pure esprime aIcunché della realtà ideale e spirituale. Questo alcunché è il tuo « in qualche modo D. Non è vero? Però, quando torniamo d'analisi, dobbiamo riconoscere che tutte le no-
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stre cognizioni sopra-sensibili avvengono in rapporto alle sensibili, e tutto quello che ne concretizziamo nel nostro spirito, lo concretizziamo simbolicamente. Sta bene? Siamo d'accordo davvero? Come lo desidero! Sto bene e lavoro. Abbracci. Vedrò Nelina prestissimo. Tuo Mario
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[London, Paddington], 7 ottobre 1929
Carissimo fratello, per tua norma ti ho scritto il 25 e 28 sett., il 1 e il 4 ott.; e j12 ott. a Mons. Fondacaro. Spero che avrete ricevuto tutto. Ti ho scritto sulla Rivista: anche altri che l'ha visto, è molto contento di questo numero. Sono lieto che il tempo ti è propizio al lavoro, e che il lavoro ti si accumula, e che tu stai bene per lavorare. Io da qualche giorno invece non riesco a lavorare, perché il freddo mi tiene un po' intorpidito; il fuoco non è sufficiente a riscaldare la stanza, che dopo tre mesi che non è stata abitata deve essere un po' troppo fredda per me, che ho bisogno di caldo. Ma è fenomeno passeggiero; il camino, che ha taciuto l'estate, è fxddo e assorbe il calore del fuoco acceso, sì che ne lascia poco alla stanza. Vedi di che sciocchezze ti scrivo! È che siamo troppo abituati a parlare del tempo e delle nostre piccole sofferenze, e io che non ne parlo con altri, ne scrivo a te. Quasi vorrei lasciare questa cartolina e cominciarne un'altra. Come sono contento che la Rivista va a migliorare: io la ricevo sempre con festa. È vero, è d%cile avere buoni collaboratori. Solo ora Croce ha aperto le sue pagine a De Ruggiero, che è un valore. Ti accennai che quello che tu chiami dogmatismo in Criteriologia, è la vecchia rappresentazione catalettica degli Stoici; che sarebbe una specie di possesso dell'oggetto, una intuizione evidente. Ma la scuola stoica era in fondo sensista; benché non completamente. Aveva, credo, un certo sintetismo. I1 criterio delia verità, come dato critico, forse potrebbe divenire troppo ragionativo; le così dette idee chiare di Cartesio. Ci penso quando sento il bisogno di cambiare tema. Un abbraccio, tuo Luigi
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Piazza Armerina, 9 ottobre 1929
Carissimo fratello, mentre aspetto la posta che, come spero, mi recherà la tua solita cartolina, scrivo la presente. I1 prof. L. Stefanini dirige la parte filosofica di « Convivium D, la rivista dei Salesiani, di cui il prof. Calcaterra dirige la parte storica e il prof. Ubaldi la parte letteraria: un'aquila con tre teste. È un cristiano praticante, ma è scolastico convinto, il quale in un congresso aflermò che la scolastica contiene il vero di tutti i sistemi. È un po' facilista. Io scrissi una postilla intorno alla nozione che egli ha del concetto, un po' forte, e ciò fu in uno dei primi fascicoli della rivista. I n primo tempo egli respinse la nostra rivista, forse per detta postilla. Ora ci ha dato il cambio della rivista sopra cennata. Credo che da lui non potremo sperar nulla, tranne rapporti di buon vicinato. I1 resto me lo dirà l'andamento della sua rivista. La postilla si sta copiando. La leggerò sulla copia, anche per badare all'esattezza della copiatura. La posta non reca la sospirata cartolina, e bisogna aspettare la distribuzione del pomeriggio. Per ora la posta è pigra. Pazienza. I nostri non sentono il bisogno d'un rinnovamento della nostra filosofia; non solo non sentono questo bisogno, ma mostrano una grande preoccupazione di contrarietà ai tentativi di qualcuno. E parmi che si miri con certo ardore a ricalcare le orme degli antichi, cioè di S. Tommaso, senza ombra di discernimento. Bisogna rassegnarsi e aspettare. È quel che noi facciamo. Aspettare, non nell'inerzia, ma nel lavoro. Le idee son feconde, e solo hanno bisogno del tempo e agiscono sui giovani. Sto bene. Penso sempre a te e per te sempre prego. E conto molto sulle tue preghiere. Tuo t Mario
[London, Paddington] , 10 ottobre 1929
Carissimo fratello, alla tua cartolina del 6 di questo mese (che ho segnato con un interessante in lapis rosso) io non ho da fare alcuna obiezione,
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tranne che la tua intuizione cosi ben descritta, in cui l'azione dell'intelletto è elemento principalissimo (la parola è tua) non può essere identificata con la percezione (quale è l'uso comune di inzenderla) cioè la conoscenza del dato concreto, o del puro fenomenico. L'intuizione supera il dato e il fenomenico, ecco la sua intrinseca virtù, mentre la percezione (nel significato comune) non supera il dato e il fenomenico. I n quanto la 'intuizione supera il fenomenico e il dato sensibile (tu lo chiami concreto fisico e anche qui la parola non mi piace) è intuizione intellettiva. Qui non intendo che dare il tono principale alla cosa, perché, tu lo sai, non escludo mai la sintesi; ma se non ci esprimiamo così, facciamo della confusione. Ecco il punto che ci ha fatto scrivere tante cartoline. Spero che anche tu troverai le mie osservazioni ragionevoli. Ieri un amico filosofo mi diceva che quando noi crediamo di percepire un primo principio con evidenza in sé, non pensiamo a tutto il lavorio precedente, sperimentale e critico dell'umanità per arrivare a quella che a noi sembra evidenza per se stessa. Credo che abbia ragione, e cosi mi confermava nel tuo modo di guardare il problema del criterio della verità. Sto bene, un po' affaticato e non so il perché. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Amerina, 12 ottobre 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto tutte le cartoline da te accennate. L'ultima, cioè, quella del 7 mi è riuscita più cara, perché, proprio perché più a lungo, o meglio, meno brevemente mi parla di te. Anche qui freddo da inverno e di salto. Ma a me giova e mi rende più atto al lavoro. Come siamo in ciò diversi! Sto bene. Penso al problema della criteriologia. I1 nome - dommatismo - non è mio, è dell'uso, a indicare il nato per sé, fuori di ogni ragionamento. I o penso di fare un trattatino. Ma pel momento ho altri lavori alle mani. Tu dici: « non agiscono, in quanto non sono cqscienti. L'azione e reazione chimica, non sono in sé né l'uno né l'altro, ma due attività correlative, in se stesse complete ». Osservo. La parola azione qui significa attività, e questa parola è tua. Attività -in sé com-
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plete o esseri in sé completi nel mondo non ce ne sono; e ci son gli esseri sempre in rapporto a altri esseri e sempre in moto. La correlatività importa mutua azione. I o per es. metto un liquido al fuoco, vi verso un reagente, e faccio bollire. Un elemento precipita, il reagente si combina. Ecco l'azione e la reazione correlative. I1 chimico direbbe con parole scientifiche: quell'elemento precipita sotto l'azione del tal reagente. Circa la criteriologia vado cercando, se c'è, un criterio più vero e proprio. Se tu hai qualcosa da dirmi su ciò, te ne sarò gratissimo. Tu temi che possa tal criterio divenire troppo ragionativo. Certo che comunemente la verità direi quasi si sente. Ma io parlo di filosofia, e questa non è che ragione. Ecco: dimenticavo, e te ne chiedo scusa, di parlarti di storia filologica l , ecc. Lavoro importantissimo, fatto benissimo, chiaro e perspicuo che farà molto bene ai lettori. Ti auguro un po' di caldo e prego per te assai, che il buon Dio ti assista e consoli. Tuo t Mario
[london, Paddington], 13 ottobre 1929
CarisSimo fratello, io non comprendo le ragioni del ritardo delle cartoline, perché le imposto io regolarmente, al solito posto, e prima di mezzogiorno perché partino la sera. Spero che non vi siano smarrimenti. Ti ho scritto il 1, 4, 7 e 10 ottobre. Non conosco la Rivista « Convivium » '. I o ho letto di Stefanini Il problema morale nello Stoicismo e nel Cristianesimo 2; è una raccolta di testi, con delle note e introduzione non sempre complete o adatte. Ma mostra una certa larghezza e una conoscenza discreta. Credo che sia adatto per le scuole pubbliche. I giovani sono entusiasti, ma non ancora fossilizzati. Molta presa ha fatto Maritain sulla corrente cattolica giovanile. Qui in Inghilterra si tenta l'edizione completa di Maritain, LETTERA 515. 1. S. Storia filologica e storia filosofica, in «Rivista di autoformazione », gennaio-febbraio 1930, pp. 28-35. LETTERA 516. 1. Cfr. lettera 460 n. 2, e lettera 513. 2. L. STEFANINI,Problemi teorici e morali nei classici del pensiero. Il problema morale nello stoicismo e nel cristianesimo, S.E.I., Torino 1926.
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ma temo che sia un fiasco editoriale, come in Germania. Però, data la reclame nelle Università cattoliche dell'timerica, vi sarà un pubblico cattolico meno inerte che non in Germania. I1 bisogno di rinnovamento della filosofia si sente, ma si teme di fare dei passi in fallo; i più liberi seguono in Francia Blondel o Bergson, e in Germania la scuola storica prende sempre più consistenza; e la scolastica pura è lasciata ai Seminari e agli ordini religiosi. Bremond è molto seguito non solo in Francia, ma in Germania e qui, perché indirettamente combatte una buona battaglia di rinnovamento intellettivo e spirituale. Conosci tu la sua opera di grande valore e mole 1'Histoire du sentiment religieux en France? È un letterato e non un filosofo, ma la sua d u e n z a è enorme. Se non fosse per Maritain e un po' per un gruppo di domenicani francesi, lì la scolastica sarebbe senza nessuna influenza. Gilson è uno dei pochi che rimette le cose nel loro valore storico. Sto bene, un abbraccio, tuo Luigi I1 Dr Dempf può fare l'articolo sul tuo sistema.
Piazza Armerina, 15 ottobre 1929
Amatissimo fratello, mentre in un cielo tersissimo brilla il sole che ci rifà del gran freddo dei giorni scorsi, ed io al mio tavolino sento la gioia del lavoro, mi giunge la tua del 10, che aggiunge luce alla luce, calore al calore. Come son felice nel sapere che finalmente son riuscito a esprimerti il mio pensiero genuino, come freme in me da più anni, circa la conoscenza, e, sopra tutto, nel sentire che questo medesimo è il tuo pensiero! Sia ringraziato il buon Dio assai assai. Se tu ora torni a scorrere il mio volume « Neo-sintetismo », vedrai, con altra Iuce che in esso io mi adopero proprio a mettere in evidenza questo punto, cioè, che una percezione del puro sensibile (come tu preferisci di dire) o del puro dato particolare, non si dà. E così si spiega anche certa prolissità, e si spiegano certe ripetizioni, e si spiega anche l'andare della quarta sezione. Io presentivo che non sarei stato compreso tanto facilmente da lettori (e sono i più) poco benevoli e quindi poco attenti. E
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ciò presentivo, perché sapevo bene quanto è comune l'errore di credere a una percezione del particolare puro come inizio del processo conoscitivo. Devo poi esser grato a te, grato profondamente, perché tu con la tua critica, mi hai costretto a cercare e trovare formule più chiare ed espressive per rendere il mio vero pensiero. Ciò mi gioverà molto per quello che scriverò intorno al vecchio e fondamentale e decisivo problema. Sto bene. E sento tanta la gioia, la gioia di sentirmi d'accordo con te. Quando ti senti affaticato, per carità, non sforzare la macchina. Abbracci. Tuo Mario
[London, Paddingtonl, 16 ottobre 1929
Carissimo fratello, io ti mando questa a Piazza, ma io penso che già dovresti essere a Caltagirone: ho ricevuto la tua del 12 c.m. e godo che stai bene e il freddo ti giova. Anch'io sto bene, solo un po' raffreddato, una cosa leggerissima. Credo (a proposito di azione e reazione) non ci siamo intesi: il mio punto centrale, o mia fissazione è togliere l'impressione che si tratti di vecchie teorie meccaniche, là dove il dinamismo è prevalente; togliere l'impressione di univocità fra azione e reazione dove c'è analogia e quindi equivocità; togliere l'impressione che da un lato ci sia solo attività e dall'altro solo passività, mentre la così detta reazione non è che attività più fondamentale e di altro valore. Su questo punto credo siamo d'accordo; e allora non si tratta che di parole e di espressioni più adatte. La criteriologia m'interessa di più assai e ci penso su: te ne scriverò a lungo, quando avrò maturato qualche idea. L'autore di Storia filologica, entusiasta del tuo sistema, si è sforzato di applicarlo al problema storico; egli sarà contento delle vostre buone impressioni. Ci teneva ad essere pienamente d'accordo. Ora egli è occupato in un lavoro di larga lena ed ha sospeso, almeno per ora, di scrivere piccoli studi. Ma egli ritornerà certo sul problema della storia, che è molto importante. I1 suo lavoro precedente ha incontrato molto qui, e spera avere una edizione francese. Ma è così difficile combinare in Francia con un buon editore! Un abbraccio, tuo Luigi
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[London, Paddington], 19 ottobre 1929
Carissimo fratello, godo assai che io ho esattamente compreso i1 tuo pensiero e mi sono convinto del tuo principio, e che anche la'mia conversazione epistolare per cartoline non è stata del tutto inutile. Aggiungo che se nel concreto una pura percezione del dato sensibile non può darsi, nell'analisi degli elementi per raggiungere la sintesi conoscitiva, si parla della percezione del dato sensibile, e non potxbbe farsene a meno. Di qui la confusione anche deila terminologia per la quale io ho insistito. Inoltre poiché l'intuizione non è un atto dei sensi, ma una intellezione con e a mezzo dei sensi, così può parlarsi di intuizione intellettiva, e se dalla sintesi (concreta) passiamo all'analisi (astratta) insistiamo sui termini intuizione intellettiva, distinguendola da intuizione (o percezione) sensitiva. Di più poiché possiamo conoscere il concetto sotto diversi aspetti e qualità, e più o meno profondamente, secondo le precedenti acquisizioni intellettive, secondo gli stati d'animo, ecc., così spesso (per intenderci) distinguiamo la intuizione in estetica, mistica, pura intellettiva e così via. Infine, poiché vogliamo distinguere la conoscenza diretta e quella derivata, distinguiamo intuizione da ragionamento. Tutto questo non è solo un modo di esprimerci, ma ha un fondamento in esse. Anche su ciò siamo d'accordo e ne sono contentissimo. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi Quando andrai a casa?
[hndon, Paddington], 22 ottobre 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 18 c.m. da Caltagirone. Io ti scrivo a Piazza, perché non so il tuo itinerario e quindi è meglio fare il recapito al centro. Sto bene. Grazie dei consigli. Di fatto, per ora lavoro poco e non molto bene, e non ho ancora iniziato il lavoro a cui attenderò in questo inverno. Mi duole che stai così poco a
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casa con Nelina. Potevi sul serio fare un po' di villeggiatura a San Bartolomeo. E quando andrai a Roma? Non è ancora il tempo della visita ad limina? Spero che avrai aiuti nella visita e non ti aflaticherai troppo, specialmente con le Cresime. Ci vorrebbe per questo un buon Ausiliario. Ho letto il libro di Joergensen su Don Bosco. Non è fra i più bei lavori dello scrittore danese, ma è certo un bel lavoro. Manca per questo tipo di lavoro tutto il quadro storico, entro cui si può comprendere Don Bosco. Perché è proprio il problema giovanile del sec. XIX che egli affronta. E ogni secolo ha il suo aspetto del problema giovanile. Quello del sec. XX è caratterizzato dall'azione cattolica giovanile ma non completamente. È uno dei problemi più gravi per la Chiesa. Un abbraccio e tanti auguri di bene, tuo Luigi
Piazza Armerina, 24 ottobre 1929
Carissimo fratello, la tua del 19 m'è arrivata ieri, cioè, senza ritardo. Non mi parli del tuo raffreddore, e dici solo di star bene. Spero che sia passato interamente. I o sto bene e lavoro con gusto. Nulla avrei da aggiungere a quanto tu scrivi circa l'uso di espressioni astratte e analitiche; se non che il pericolo di non esser compreso, mi fa circospetto. I o nego la sensazione pura e la pura intellezione; ciò nel mio sistema è basilare. Tu comprenderai come io non debba usar parole che rechino ombra a ciò che per me è essenziale. Sono i momenti di reazione che impongono dati atteggiamenti. Vorrei conoscere il tuo pensiero circa quella che chiamano filosofia della storia. Croce la nega, perché, come esso dice, nega la nealtà trascendente e la teologia. Però dice che una filosofia della storia non si dà, perché la storia non si può risolvere che nel concetto di processo, che abbraccia ogni processo. Aggiunge che si dà la filosofia della morale, dell'estetica, ecc. perché queste attività si risolvono in dati concetti. Posta questa seconda impostazione, pare a me che riesca inutile la prima, cioè quella che riguarda Dio. Io invece credo che la filosofia della storia si dà, in quanto si dà la filosofia dei suoi elementi, che sono appunto la morale, l'arte, la politica, la sociologia, ecc. Ma credo anche che quella che i
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nostri chiamano iilosofia della storia, debba chiamarsi teologia della storia, la quale certamente consente il generico e non il particolare, perché i disegni di Dio ci sono ignoti, tranne che Egli non ce li faccia conoscere. Prega per me, come io con tutto il cuore faccio per te. Tuo j. Mario
[London, Paddington], 2.5 ottobre 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 21; come poco sei stato a casa. Godo che state benissimo, tu e Nelina. Anche io sto bene, grazie a Dio. I ricordi di casa io in questi giorni li ho vissuti più vivi, pensando a te e Nelina. Oggi fa cinque anni che io partivo da Roma. I1 tempo fugge, e vorrei guadagnarlo bene per il giorno della resa dei conti. Aiutami caro fratello con le tue preghiere. Grazie dei libri, che riavrò oon piacere. Ti mando fin da ora gli auguri i più vivi per il lo di Novembre. Celebrerò per noi tutti e specialmente per te; che il Signore ti conservi a noi quanto più a lungo, e ti dia la forza di continuare il tuo lavoro così utile in tutti i campi, e ti conservi la energia e i sentimenti così giovenilmente vivi ed efficaci. Quando Ieggeremo le tue poesie raccolte in un bel volumetto? Com'è difficile aver che fare con gli editori. A giorni un mio libro apparirà in spagnuolo. Un giornale di Spagna traduce certi miei articoli in cat-ano. Se potessi lavorare di più, ma quando sono stanco sieguo i tuoi consigli e smetto. Ieri pioggia enorme, oggi sole e sto per andane al Parco. Guardati bene dal wverchio lavoro nella Visita. Io sto tanto in pensiero per te. Salutami tutti gli amici. Un abbraccio, tuo Luigi 523 Piazza Armerina, 28 ottobre 1929
Carissimo fratefio, sabato ricevetti la tua del 22. Oggi è il 28 che col 24 fa per me come una sola data di memorie. I miei poveri aggressori ' son LETTERA 523. 1. Cfr. lettera 4, n. 2.
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morti l'un dopo l'altro di morte improvvisa. Stamani alla messa ho pregato per loro. Oh la povera vita! Beato chi sa santificare gioie e dolori, sollevandosi a Dio. La criteriologia sarebbe la ricerca del criterio o dei criteri della Verità. Ma la verità cos'è mai? LJadeguatio rei et intellectus suppone che il conoscente conosca la rappresentazione intellettiva e l'oggetto, paragoni, affermi. È chiaro che tal processo è inammissibile, perché comporterebbe che l'uomo avesse due cognizioni da paragonare, l'una soggettiva l'altra oggettiva. Però panni che, superando il morto della vecchia teoria, si possa cavar questo: che la verità sia l'oggetto conosciuto senza vizio funzionale e senza vizio processuale da parte del conoscente, concetto che io nella mia letteratura espressi con le parole « conoscenza giusta ». Ti sarò grato se vorrai su ciò dirmi il tuo pensiero. La S. visita è stata spostata per cause estranee alla mia volontà. Convengo con te circa il giudizio sul Don Bosco di Joergensen. Io ho anche letto il lavoro del Salotti e quello del Vercesi 3. Tutti mediocri, tutti deficienti. Tutti parlano di Don Bosco educatore, ma tutti ne parlano male. Del resto circa il problema dell'educazione come teoria, nel campo nostro c'è una grande miseria. Sto bene. Lavoro con molta buona disposizione. Prego per te e pei tuoi lavori. Nelina scrive a momenti. Sta bene. Ti abbraccio. Tuo t Mario
[London, Paddington], 28 ottobre 1929 SS. Simone e Giovanni
Carissimo fratello, il raffreddore mi è passato, solo mi è rimasto una maggiore sensibilità al freddo. I1 dottore dice che queste sono forme leggerissime d'influenza che corre. Spero (se così) di essere immunizzato per tutto l'inverno. Ora sto bene. Tu hai ragione nel mantenere fermo e chiaro il punto centrale del tuo sistema, né intellezione pura né sensazione pura. Però che devi convenire che in certi casi il vino nuovo ha bisogno di otri nuovi. Tu stesso vedrai, nel prosieguo, il bisogno di precisare meglio e con più sicurezza la ter2. C. SALOTTI, Il beato Giovanni Bosco, cit. 3. E. VERCESI, Don Bosco. Il santo italiano del secolo X I X , Bompiani, Milano 1929.
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minologia, anche per evitare le equivocazioni abituali alla mente assuefatta ad altro sistema. È forte lo sforzo, nell'un campo e nell'altro, da doversi fare per escludere e la pura sensazione e la pura intellezione. Riguardo la filosofia della storia, nel senso inteso nel secolo XIX, io sono d'accordo con Croce. Se si parla di leggi generali della storia, queste non sono altro che filosofia, la filosofia. Di leggi speciali dell'uomo (antropologia) o delle società (sociologia) o dei costumi (etica) ecc. ve ne sono; e creano le scienze speciali che sono in sostanza filosofia. Passiamo ad altro campo; è quello scientifico, biologia, psicologia ecc. Una filosofia della storia che non sia la filosofia non la capisco. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 31 ottobre 1929
Carissimo fratello, i tuoi auguri mi giungono gratissimi. Grazie, mio amato fratello. Ma grazie, sopra tutto, per le preghiere che fai per me. Aiutiamoci a vicenda con la preghiera a salvar le anime nostre. La S. visita a Niscerni è stata rinviata per ragioni indipendenti dalla mia volontà, cioè, perché certe malattie infantili vietano l'assembramento nelle Chiese. Del resto non ti dar pensiero del mio lavoro, quando andrò per la visita, perché saprò regolarlo con prudenza. E poi, che lavoro è la cresima, quando è ordinata? E io ci son abbastanza riuscito a ciò. In una delle tue ultime cartoline tornavi a parlare di intuizione intellettiva. Per l'esattezza del pensiero e dell'espressione, io direi: intuizione umana, o intuizione dell'uomo. Così non ci sarebbe il timore d'attribuire all'intelletto, cioè, d'anima una intuizione propriamente spirituale, direttamente tale, tale, indipendentemente dai sensi. Questo sarebbe separatismo. Tutto quello che l'uomo esprime nell'atto intuitivo, è sintetico. È bene dunque non mancare di precisione, e fermarsi ai termini uomo e sintesi. Credo che in fondo questo tu volevi dire h quella cartolina. Ma io, che vedo come gli scolastici son attaccati alle lor vecchie posizioni, e come gli altri son attaccati alle loro, picchio sempre n. Senza il necessario distacco anche dal modo di esprimersi, non sarà possibile richiamare l'attenzione degli altri
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su ciò che io dico di diverso. Sto bene. Nelina scrive a momenti che anch'essa sta molto bene. Domani è venerd'i. Ed io nacqui proprio di venerdì. Che bel giorno! Ti abbraccio con vivo affetto. Tuo. JF Mario
[London, Paddingtonl, 1 novembre 1929
Carissimo fratello, di nuovo auguri caldissimi, fraterni, tutti spirituali. Sto bene e godo che tu stai bene e lavori; e prego sempre per te. Andrai a Roma adesso? o nella primavera? Nelina mi scrive che andrai ad Enna per la visita. Ma non fa troppo freddo già a quell'altitudine? Guardati bene. È luglio il buon tempo per Enna, non ora. Tempo fa ti scrissi proponendo di dare agli alunni ginnasiali del tuo Seminario, fra i libri di lettura i Salmi della Volgata tradotti in italiano da Felice Ramorino, editi dalla Libreria Ed. Fiorentina, al tenue prezzo di L. 6 , Nella maggior parte dei casi sono ben tradotti, in un italiano corretto. Vi è qualche inesattezza, qualche espressione inadatta; e certi salmi non corrono nello stile. Ma sono piccoli nei. Così i ragazzi si abitueranno ad uno stile e ad un tipo di espressione, che fa bene letterariamente; ma arriveranno a capire i salmi più presto e prima di essere obbligati a recitarli. Ed eviteranno tutte le incomprensioni a cui dà luogo il linguaggio della Volgata, che non è un bel latino e certe volte contiene significati che non si percepiscono, senza uno studio speciale dell'uso delle parole. Credimi così sarà molto utile. Ti scriverò della criteriologia ma occorre pensarci. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 3 novembre 1929
Carissimo fratello, ieri ricevetti la tua carissima del 28-10. Godo nel sapere che stai bene e che il raffreddore è andato via. Sto bene anch'io e anche Nelina, che mi scrive a momenti. « Una filosofia della sto-
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ria che non sia la filosofia non si comprende ». Siamo pienamente d'accordo. Però non mi parli dell'altro aspetto, che, per me, non è filosofia, ma teologia. E l'aspetto che considerano i nostri, e del quale non sappiamo in particolare quasi nulla. Hai ricevuto i libri? della Guida di Caltagirone a casa ce n'è una seconda copia. Vuoi altri libri? Ne vuoi comprati? Scrivimi liberamente che mi fai piacere. Trovai fra gli altri libri I Martiri di Belfiore di Luzio l . Due grossi volumi, non ancora tagliati. Ne sto udendo la lettura a tavola. È una minuta documentazione, anche troppo minuta e spesso prolissa e a volte intralciata. Pure m'interessa molto. Non udrò leggere che solo il primo volume; il secondo è solo documentazione. Aspetta d'esser letto il terzo volume della Città di Dio di S. Agostino, e aspetta da molto tempo. È quella un'opera, certo importante, ma anche stancante. Prolissa, minuziosa, analitica. Lessi l'tlpologetico di Tertulliano, da cui, pare a me, derivi la Città di Dio. Un volume solo, ben piantato, forte, deciso, a posto. Io lo preferisco al S. Agostino. Ma vedi di che cosa ti parlo? Come se tu avessi bisogno dei miei giudizi, che possono esser troppo soggettivi. È che un problema d i filosofia, come quello dell'intuizione, ancora non l'abbiamo. Ti abbraccio. Tuo t Mario
[London, Paddington], 4 novembre 1929
Carissimo fratello, la mia frase, intuizione intellettiva, voleva chiamare l'oggetto dell'intuizione, che può essere sia il reale sensibile, sia un concetto intellegibile del qude noi penetriamo il valore. Così solo può parlarsi dell'intuizione del tempo (di cui si occupa a lungo Bergson), o dell'intuizione mistica o estetica; insomma intuizione di valori spirituali o di valori senz'altro. La partenza di ogni conoscenza è l'oggetto reale sensibile e le sue attività o il suo fenomenismo; ma non si resta là, si procede oltre e si tende verso le più alte speculazioni dello spirito. Insomma, io non mi riferisco esattamente d o struLETTERA527. 1. ALESSANDROLUZIO,I Martiri di Belfiote e il loro processo. Narrazione storica documentata, L. F. Cagliati, Milano 1924.
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mento conoscitivo (sintesi di senso e di intelletto) ma all'oggetto. Credo che adesso saremo completamente d'accordo. Circa la verità, questa non può avere una definizione, come non l'ha il bene; la verità è l'oggetto in quanto conosciuto; gradi della verità i gradi della conoscenza a penetrare l'oggetto. La sicurezza che la verità si è raggiunta varia secondo l'evidenza, e perciò va dalla conoscenza di oggetti sensibili, (quelli accertabili), alla conoscenza delle astraWoni. Dal fatto all'idea. Però quando l'idea è afferrata, diviene più evidente del fatto che sfugge nella sua integrità. Dunque, è questione di criteriologia per vedere se tanto l'oggetto proprio della conoscenza umana è realmente acquisito, quanto se i sensi e l'intelletto han proceduto senza vizio funzionale o processuale come tu dici. Sto bene. Un abbraccio, tuo Lui$ Conosci P. de Tonquédec Critique de la Connaissance - Beauchesne - Paris l ? È un tomista, che dicono di senso moderno.
Piazza Armerina, 6 novembre 1929
Carissimo fratello, ieri sera ricevetti la tua, tanto affettuosa del lo. Grmie di nuovo degli auguri che mi fai. Quel giorno io celebrai per tutti noi e per i nostri cari defunti; poi assistetti alla messa cantata del Seminario e poi pontificalrnente a quella della Cattedrale. E sentii vivissima la tua spirituale presenza. I chierici leggono la S. Scrittura tradotta dal Sales, che è fatta sulla traduzione francese del Crampon, che è molto accurata l . Ciò non ostante, ho già dato ordine che sia ritirata la traduzione francese dei Salmi del Ramorino ', tanto non costa molto. Vorrei da te una espressione sintetica di ciò che vuol essere la vecchia metafisica degli scolastici. Io non riesco. A me, sopratutto ora, che la chiamano ontologia, sembra una nomenclaLes principes de la philosophie LETTERA 528. 1. JOSEPHDE TONQUÉDEC, thomiste. Lo uitique de la connaissance, Beauchesne, Paris 1929. LETTERA 529. 1. Cfr. Lo Bibbia, commentata da M . M. SALES,Marietti, Torino 1926. 2. FELICERAMORINO, Salmi della Volgata, cit.
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tura. Sbaglio? Si trattano, è vero, i grandi problemi della sostanza, dell'essere, delle cause, ecc. Ma qual è il punto centrale? Quale la sintesi? E ancora: non si mettono così nello stesso piano le cose inanimate, l'uomo e lo stesso Dio, giacché a tutti è applicata la stessa nozione di ente, salvo poi a fare le infinite distinzioni? Sto bene. A Roma non so ancora quando andrò, ma mi sembra più probabile che vi vada dopo Pasqua. A Enna sono stato tante volte nell'inverno. Tra Piazza e Enna la differenza di temperatura non è poi molta. E poi li il lavoro è ordinato e calmo, essendovi come sai, dieci parrocchie. Ricevesti i libri? Ne vuoi altri? Sta sano. Usati riguardi. Amami, quanto t'ama il tuo t Mario
[London, Paddington], 7 novembre 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto i libri, credo di avertelo scritto. Grazile. Dal 1" novembre non ricevo più « L'Osservatore Romano », ora che è passato entro la Città Vaticana. Dipende ciò dal fatto che è scaduto l'abbonamento? Ti prego di interessartene. Di altri libri desidero solo lo Shakespeare, tragedie tradotte da Maffei l, se è possibile averlo, e i Sepolcri di Foscolo. Ogni tanto ho bisogno di un piccolo bagno poetico; serve per ricordarmi i begli anni passati. I1 lavoro di Luzio è importantissimo. Fra i miei libri di Roma c'è il Monitorium di Mons. Martini ', che è un libro di gran valore. E vorrei riaverlo: sono rari gli esemplari di quel libro. Non ti ho parlato del lato teo3. L. S. annota in margine: « (concettualismo realisticizzante Aristotele con la fisica, i neo scolastici concettualismo senza fisica) però insistono suiio staticismo matematico, anziché sul dinamismo processuale ». LETTERA530. 1. Si fa riferimento alle traduzioni di A. M~FFEIdel Macbeth (Firenze 1863), di Otello e La Tempesta (Firenze 1869) di W. Shakespeare. 2. Antonio Martini (1720-1809), arcivescovo di Firenze, fu noto come traduttore e commentatore delIa Bibbia. La sua versione, apparsa neii'edizione definitiva a Firenze tra il 1782 e il 1792, conobbe numerosissime ristampe e riedizioni. Essa restò per lungo tempo uno dei testi base adottati nei seminari. A p prezzato predicatore, svolse il suo impegno pastorale ai tempi del giansenismo. Nel testo ci si riferisce probabilmente ad una delle numerose serie di Istruzioni che stese ad uso di laici e sacerdoti.
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logico della storia, perché non so vederlo come tale. Io sono d'accordo con S.S. cioè con i due studi apparsi nella Rivista Storicizz. della Chiesa e Storicismo e Trascend. 3. I fatti soprannaturali si introducono nella storia modo humano e si storicizzano, come fatti e documenti e idee e sentimenti che producono fatti e così via. I valori che essi nascondono sono valori in parte soprannaturali e in parte naturali; ma i valori anche quelli storici umani, vanno interpretati al lume della ragione e della fede. Così un credente attraverso la storia evangelica trova Gesù Cristo figlio di Dio; e il non credente in buona fede rimane scosso dai fatti e forse ar~iveràa dire: Signore mio e Dio mio. Questo è il mio modo di vedere. Le costruzioni storic+teoIogiche fanno parte dell'apologetica, ma non della filosofia. Di esse non possiamo sapere che due dati, che la Incarnazione è il centro storico di convergenza, e che apparisce fin dalla caduta. Che la vita futura è il termine assoluto e che la Chiesa è indefettibile. Valori tutti dogmatici, che mano mano si storicizzano. Sto bene: un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 8 novembre 1929
Carissimo fratello, questa, che anticipa d'un giorno il turno, ti compensi dell'ultimo ritardo. La tua cartolina mi arriverà con la posta del pomeriggio. Questa dunque non è una risposta. Aspetto che tu mi dica il tuo modo di giudicare la metafisica; dico: la metafisica generale o ontologia. A me pare che possa avere, oltre che valore di nomenclatura, valore scolastico, come introduzione allo studio della filosofia. Né con ciò ne approvo l'impostazione. Or è proprio l'impostazione che mi fa pensare, perché non arrivo a penetrarne il vero spirito. Sarà difetto della mia mente? Non lo so. Ecco perché desidero conoscere il tuo pensiero su ciò. Per es., come intendi tu la pretesa di quei filosofi, di studiare l'ente reale? Ma l'ente reale è proprio quel particolare, che essi sorpassano, e, quando è il 3. Cfr. « Rivista di autoformazione », il primo nel numero di gennaio-febbraio 1927, p. 274 ss., il secondo in quello di luglio-agosto 1929, p. 191 5s.
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materiale, dicono di spiritualizzare. E sai tu come si spiritualizza la materia? Dico: come si spiritualizza dall'uomo? Passiamo ad altro. Pietro Mignosi, professore in una delle scuole superiori di Palermo e direttore della rivista « La Tradizione », ha pubblicato un volume La poesia italiana di questo secolo l , nel quale è il seguente tratto: « Dedito alle meditazioni filosofiche e non timido amico della solitudine e dell'indipendenza spirituale, il Vescovo Sturzo suole pubblicare spesso in appendice della sua "Rivista di autoformazione" delle memorie poetiche in forma di sonetti. Grande poesia non è: ma è poesia questo sostare e fuggire verso la tenerezza calda del passato o questo superare con l'ala e con la rima la dura scala dei sillogismi che devono portarci faticosamente a Dio ». Sto bene. Aspetto le tue nuove e prego per te. Abbracci. Tuo j. Mario
[London, Paddingtonl, 10 novembre 1929
Carissimo fratello, ricevetti la tua ieri sera tardi, e non facevo a tempo a impostare la cartolina si da partire ieri notte: quindi un giorno di ritardo. Sto bene: oggi, dopo tanto tempo, sono andato ad un concerto ed ho sentito la 5" sinfonia di Beethoven: la sentirei ogni giorno tanto è bella, profonda, unica. La metafisica degli scolastici non si può comprendere bene se non ci mettiamo nella posizione mentale di Aristotele, che volle combattere il realismo di Platone, senza cadere nel puro concettualismo: il suo sistema è perciò un concettualismo realisticizzante. E non può comprendersi bene la metafisica di Aristotele se non si conosce e comprende la sua fisica, talmente sono collegate e interdipendenti. Occorre pertanto partire dalla fisica, per una scienza metafisica, allora si vedrà bene come i concetti di sostanza, ente, causa sono passati dai rapporti fisici ai metafisici in base ai due principi di essenza e di individuazione, che poi sono forma e materia, potenza ed atto. La fisica moderna porterebbe ad altro concettualismo metafisico, ed ecco il distacco. Quindi il tentaLETTERA531. 1. PIETRO WGNOSI, La poesia italiana di questo secolo, Ed. del Ciclope, Palermo 1929.
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tivo di una ontologia concettualistica, secondo me, che tu chiami nomenclatura, perché non ha più la sua base realistica nella concezione scientifico-fisica del tempo moderno. Di qui la necessità dei neo-scolastici di mantenersi ancora oggi sullo staticismo matematico, anziché sul dinamismo processuale. Forse in una cartolina mi spiego troppo sinteticamente e non colgo le idee con precisione; ma la mia impressione è questa. Tornerò sull'argomento. Quando vien fuori la Rivista? Hai trovato qualche collaboratore? Tenta. C. Sca1ia è in rapporto con te? Egli volendo potrebbe, ora che è d a Biblioteca Vaticana credo che avrebbe del tempo. Un abbraccio di cuore Luigi I1 Ramorino dovrebbe servire per gli alunni di 4" e 5" Ginnasio e i Liceisti e per cultura scolastico-religiosa.
Piazza Armerina, 11 novembre 1929
Carissimo fratello, la tua carissima del 4 riapre il nostro dissenso circa l'intuizione e ci rimena quasi allo stato di prima. L'intuizione per me è l'atto conoscitivo di una realtà oggettiva, concreta, individuale. Noi, per l'unione del corpo, non intuiamo né le anime né Dio, e solo intuiamo gli esseri corporei. Tutti gli altri elementi che tu chiami valori, e tali sono, concorrono d'atto dell'intuizione, ma non sono intuiti. Senza delle categorie di tempo e spazio, verità, bontà, bellezza, unità, ecc. ecc., non ci sarebbe l'intuizione. Dico perciò che le categorie fanno intellettiva l'intuizione del corporeo, ma intuizione in senso stretto non la fanno che le cose corporee. Mi spiego meglio con un esempio, e, perdona se non è molto ideale. La digestione è digestione dei cibi, ma è anche segrezione dei succhi gastrici. Senza questi, il cibo resterebbe nello stomaco come un corpo morto. Nessuno però direbbe che lo stomaco digerisca i succhi gastrici. Ti ripeto ancora una volta che per me (e credo anche per te) la quistione non è di parole ed è capitale. Se tu ammetti I'intuizione delle idee, perché non dovresti ammettere
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I'ontologismo e il rosminianismo? Gioberti vuole altra cosa, che l'intuizione dell'ente l ? In quanto alla definizione del vero, non posso consentire a te che dici che non si può definire. Conoscere è definire. Definire è veder l'uno che può esser molteplice. Senza l'uno, tu non potresti dire: questo è un modo e questo un altro di parlar della verità. Sto bene. E ti abbraccio. Tuo t Mario
[London, Paddington], 12 novembre 1929
Carissimo fratello, anch'io anticipo di un giorno, e così siamo alla pari. Ti ho già scritto sulla metafisica, e ci ritorno perché il tema m'interessa molto. Più che il valore didattico o meramente scolastico, come tu dici, cioè adatto ad una formazione intellettiva (il quale problema non mi intexssa molto) - io credo che è invece di maggiore e di reale interesse vederne la natura filosofica. Ora secondo me, si tratta di vero residuo realistico: invero tutto il problema si aggira sulla natura metafisica del reale, o sul reale metafisicamente considerato: vi è pertanto una realtà metafisica, di egual nome fuori e dentro la natura, fuori e dentro la storia; ma il reale non è tutto di egual nome, ma eteronomo. Da qui la questione della differenza reale fra ente ed esistente. Se tu consideri come questa concezione realistica o concettualismo realisticizzante, si è proiettata sulla teologia cristiana, allora puoi benissimo comprendere LETTERA533. 1. Ci si riferisce qui ad uno dei concetti fondamentali della filosofia di Gioberti. Volendo infatti liberare la conoscenza da un sensismo che tendeva a minare i fondamenti stessi del pensiero, Gioberti da un lato privilegiava la prospettiva gnoseologica, dall'altro lato tendeva ad affermare che l'intuizione deli'idea da parte della mente poteva sottrarsi d'accusa di uno psicologismo infondato solo se si ritenesse che l'idea altro non fosse che l'Ente stesso (l'Essere nella sua p i e n e za) nel suo manifestarsi alla mente dell'uomo. Così Gioberti partendo dal problema gnoseologico giungeva a fondare quest'ultimo sul primato dell'essere e su una particolare forma di ontologismo. Forma particolare di ontologismo perché ad esempio la sua posizione differiva da quella del Rosmini. Quest'ultimo infatti pur fondando il conoscere sull'intuizione dell'idea dell'essere analogamente al Gioberti, riteneva che si dovesse parlare di un essere ideale, insufficiente in sé a fondare la conoscenza concreta se non nella sintesi della percezione intellettiva, sintesi cioè di essere e delle sue determinazioni, di idea e di sensazione.
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le due fasi, Aristotile: fisico-metafisica; S. Tomaso: metafisicoteologica. Non c'è più luogo a processo storico, e quindi la teoria, quella teoria è cristallizzata, formalizzata, sufficiente al servizio che presta. Per poterla far rivivere come filosofia, bisognerebbe partire dalla fisica di oggi e rifare il cammino aristotelico; ma è proprio qui che si vede come i processi si compiono una volta sola e si esauriscono. Un nuovo processo si formerà su nuovi elementi. Ma per quel che serve, cioè agli scopi di una formulazione teologica è già importante il suo compito. Ti sembrerà il mio modo di pensare troppo legato alle fasi storiche della teoria, e quindi troppo relativo, ed è così! e forse in ciò sta il suo pregio e il suo difetto. Sto bene, tuo Luigi Conosci 1'Introduction Iì la Philosophie de la Prière di H. Bremond l ?
Piazza Armerina, 14 novembre 1929
Carissimo fratello, ho fatto scrivere subito ali'« Osservatore Romano D. L'abbonamento dura a tutto dicembre, e sarà rinnovato. Ma sarà stata confusione di nomi, perché io ne ricevo due copie dal dì che cominciò a pubblicarsi nella città vaticana. Te ne ho spedito i numeri che conservavo. Circa il problema della storia non mi sarò spiegato bene. Quel che tu scrivi è da me ammesso senza discussione. I o invece cerco il tuo pensiero circa un aspetto molto accessorio. Croce nega la filosofia della storia, perché nega Dio. Ora a me pare che l'impostazioni di S. Agostino e Bossuet non possono chiamarsi filosofia della storia, ma devono chiamarsi teologia della storia. I o non cerco i limiti di questa impostazione, ma la natura. Tutto ciò che noi non possiamo conoscere che per rivelazione, non è filosofia, ed è teologia. Se s'inserisce nella storia, non cangia natura, non diventa filosofia; o meglio: non s'inserisce nella storia che il fatto; il principio resta sempre sopra-storia, sempre teologia. Ora LETTERA534. 1. H. BREMOND,Introduction à la philosophie de la priere, Bloud et Gay, Paris 1928.
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io desidero conoscere il tuo pensiero proprio su questo punto e solo su esso. Per me si tratta di sistemazione di nozioni. Cerchi pure il teologo il disegno divino che si attua nel tempo, e sia pure limitato il suo cammino. Nessuno per questo lo incolperà, o solo lo incolperà se gioca di fantasia. Egli però, così facendo, non farà mai aosofia della storia, ma farà teologia, buona o manchevole. Sto bene. Ti manderò i libri che desideri. Prega intanto pel tuo t Mario
[London, Paddington], 15 novembre 1929
Carissimo fratello, io non riapro il dissenso suli'intuizione, perché non ho mai detto che noi intuiamo l'anima o Dio. Tu invece sei costretto a marcare la distinzione di intuizione in senso largo e in senso stretto. Ora questo cosidetto senso stretto nel tuo sistema sintetistico non può aver luogo perché intuire l'oggetto sensibile (io non direi corporeo) è conoscerlo direttamente quale un x valore; senza l'x valore non vi è né intuizione né conoscenza intellettiva, ma sola sensazione, e nel tuo sistema giustamente non si da sola sensazione. Quando io sento una musica e ne intendo la bellezza, non fo un ragionamento, intuisco musica bella. I1 ragionamento del perché è bella o del perché è musica e di ogni altro perché è un atto distinto e diverso dalla intuizione del reale. Sicché tu non puoi distinguere il reale dal suo valore intuito direttamente, perché in ogni intuizione vi è intrinseca una valutazione. Quanto più fonda è la valutazione tanto più ha valore la intuizione. I1 semplice dato esistenziale di un oggetto intuito come semplice oggetto è lo stadio più superficiale e insignificante della intuizione. Tu ti fermi a questa e la chiami stricto sensu, io vado oltre ed estendo la portata dell'intuizione fino ad ogni più profondo valore, però come conoscenza diretta, in contrapposizione alla conoscenza riflessa o ragionativa o analitica, ecc. Io vorrei ora sapere se siamo d'accordo. I o credevo d'averti capito bene e di essere con te d'accordo: ora mi accorgo che non ti ho compreso bene. In me ci deve essere qualche difetto perché mentre in ogni altro punto ti comprendo bene, in questo non ti comprendo. Tu dici che io ammetto l'intuizione delle
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idee; ma neanche per idea. Le idee sono già analisi, io invece ammetto l'intuizione dei valori che è sintesi, è l'oggetto stesso nella sua realtà. Forse ciò ti è venuto per l'idea del oempo di Bergson da me citata nell'ultima cartolina, ma solo la frase è inesatta. Sto bene. Siamo a zero gradi. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 18 novembre 1929
Carissimo fratello, questa ti reca i più fervidi auguri per la ricorrenza del tuo natalizio. I1 26, a Dio piacendo, celebrerò per te e per Nelina. Che il buon Dio vi colmi delle sue grazie e vi conservi a lungo. I o penso che la metafisica altro non è che la filosofia. Né so pensarla in altro modo. Così mi rendo conto anche delle nomenclature che hanno fine più veramente scolastico. Sembrami poi errore far la nomenclatura attorno al supposto ente reale e universale insieme. I1 punto di partenza è certamente la realtà, ma questa non è l'ente, e sono gli esseri. I1 riferimento comune lo danno le categorie, ma queste non son l'ente reale, sibbene il logico. I1 rapporto in Aristotele fra fisica e metafisica non è un errore, anzi è una divinazione. Errore è pensare il mondo, come lo pensava Aristotele. I o poi non credo che si debba parlare di rapporto fra le scienze del mondo e la metafisica, dico: rapporto di dipendenza, che sarebbe un concordismo estrinseco e sempre sconfessato dal futuro. La filosofia parte dalla realtà, come è conosciuta in dato momento, e la trascende e passa alle ragioni ideali, che dominano le fluttuazioni delle cognizioni fisiche. Sto bene. La posta mi recherà spero le tue nuove. Abbracci. Tuo t Mario
[London, Paddington], 18 novembre 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto l'« Osservatore Romano ». Grazie, ma non occorre più perché ora lo ricevo regolarmente. Riprendo la conver-
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sazione sul problema della metafisica; ci ho tornato a pensare. Ora, a parte il grave problema dell'orientamento e della tradizione teologica, I'ontologia è per gli scolastici l'analisi metafisica della realtà individuata. Quando si d e r m a la realtà della materia prima diversa da quella della forma sostanziale, e così della potenza e dell'atto, della essenza e della esistenza, della sostanza e dell'accidente, e perfino della causa finale, tu vedi lo sforzo di far passare le categorie dallo stato di forme della conoscenza allo stato di valori della realtà. E poiché di reale non c'è che l'ente concreto, questo viene intellettivamente scomposto nei suoi principi metafisici che non sarebbero altro che la stessa realtà concreta in quanto intellettivamente analizzabile. Così da un lato si tende a dimostrare che la realtà creata è contingente e trasmutabile, e dall'altro lato che i modi della conoscenza umana dell'ente concreto non sono puri concetti, ma rappresentano la realtà che si rivela all'intelletto o a cui l'intelletto arriva scomponendo e analizzando. I1 problema ontologico si risolve quindi in quello gnoseologico, nel senso che se la nostra conoscenza è del reale estrasoggettivo allora le categorie conoscitive sono simboli dei valori estrasoggettivi; al contrario, se fossero modificazioni del nostro intelletto, allora le categorie (compresa quella generalissima dell'ente) sarebbero formule idealistiche. Manca lo spazio, e allora per proseguire prendo un'altra cartolina, così oggi ne mando due. Sto bene. Un abbraccio di cuore Luigi
[London, Paddington], 18 novembre 1929, 2a cartolina
Proseguendo nel merito del sistema ci sarebbe da notare anzitutto che questo sforzo di analizzare intellettivamente la realtà è in corrispondenza alla tesi che l'intelletto come suo oggetto proprio percepisce le essenze. Onde di ogni dato, non solo reale- sintetico, ma anche reale-analitico, si cerca l'essenza: così si parla dell'essenza della sostanza e di quella dell'accidente, dell'essenza dell'atto e di quella della potenza e cosi via via ricordo di aver letto che anche la materia prima non solo è reale ma ha una sua propria essenza. Come vedi lo sdrucciolio parte dalla gnoseologia, e
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la metafisica può div6nire metafisicherie, specialmente quando si trattano le scienze concrete con la stessa attitudine mentale. Secondo me, l'oggetto vero della ontologia è Io studio del valore reale delle categorie intellettive, cioè dei simboli intellettivi della realtà; e quindi gnoseologia e ontologia si dànno la mano e divengono unica branca vivente della filosofia, mentre distinte divengono formalistiche. Inoltre, bisogna tener presente che l'orientamento del pensiero moderno è più verso i valori della realtà concreta (natura, arte, storia) anziché verso i principi intellettivi della realtà. Ora dai valori della realtà concreta si deducono forse meglio le due conseguenze accennate nella la cartolina cioè la contingenza e la estra-soggettività del reale concreto. Secondo me non esiste filosofia della storia distinta dalla filosofia, così non esiste teologia della storia distinta dalla teologia. Te ne scriverò altra volta. Conosci i Sermoni di Tauler l ? C'è dell'oro tra le scorie della forma. Un abbraccio Luigi
[London, Paddington] , 19 novembre 1929
Carissimo fratello, in questi giorni lavoro con stento nel mio soggetto e mi viene di pensare alle questioni che tu mi poni: ecco il perché di quest'altra cartolina; e credo che ti farà piacere perché non aspettata. Secondo me non c'è né filosofia della storia né teologia della storia, ma la storia. Questa anche come semplice narrazione non può non contenere una interpretazione qualsiasi, e un punto di partenza filosofico-teologico: o è un punto di partenza irnmanente e panteista o panteisticizzante (sotto qualsiasi forma) owero è trascendente e deista, e per la nostra civiltà, cristiano. Nell'un caso e nell'altro non si sfugge alla teologia (nel senso largo della parola), perché vi sarà una interpretazione (vera o falsa) del mistero che circonda la storia. Storia senza mistero non se ne dà. Quelli che credono di fare una storia puramente razionalistica, creano per LETTERA539. 1. Johannes Tauler, mistico domenicano di ispirazione neoplatonica, nato a Strasburgo nel 1300 ca. e morto ivi nel 1361. Nel 1929 i Sermonr furono pubbpcati a Firenze a cura di R. Spaini Pisaneschi.
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conto loro il mito e il mistero della ragiòne, perché o cadono nell'evoluzionismo materialista o nel puro naturismo, e quindi parlano di Natura, Ragione, Spirito, Volontà, Fato, tutte con le maiuscole; ma sono parole che loro malgrado nascondono il mistero. L'origine creativa dell'uomo e la caduta, benché sono misteri e conosciuti per rivelazione, pure sono elementi che affettano tutta la storia. Da qui la concezione messianica che non fu esclusiva degli ebrei, ma antecedente all'ebraismo e diffusa nel mondo, il che oggi si prova anche storicamente. Lo stesso culto della Divinità, per quanto (fuori dell'Ebraismo) possa spiegarsi naturalmente, pure nel fatto ha una derivazione dalla rivelazione primitiva, e questo concetto è fondamentale nella coscienza dei popoli e quindi nella storia. Tutto ciò è insieme filosofia e teologia. L'analisi può farsi o filosofica o teologica, ma la storia è sintesi ed è una, e una, e sintetica è la interpretazione filosofica-teologica: falsa o vera. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Annerina, 20 novembre 1929
Carissimo fratello, ricevetti la tua del 12 e a momenti ricevo quella del 15. Questa è molto interessante, e anticipo il turno per non ti far desiderare la risposta. Circa il valore del tuo ragionamento siamo d'accordo. I1 dissenso però permane intero circa la tecnica delle funzioni. Tu dici: « io intuisco il bello »; io dico: « io intuisco l'oggetto, che esprimo come beiio ». L'oggetto (il Mosè per esempio) lo intuisco sempre in una data elaborazione; la elaborazione non sempre attinge l'esteticità. La prima volta che vidi (intuii) il Mosè, non mi parve bello. Per esprimere quella intuizione nella elaborazione estetica io mi son dovuto preparare riflessamente. Se questo modo d'analizzare l'atto ti pare giusto, noi siamo d'accordo sulla dottrina, e dissentiamo sulle parole. I1 perché di questa mia ostinazione è metodologico e logico. Se io consento all'intuizione più di quello che è, non posso fronteggiare i sistemi che travalicano nell'errore. Circa la metafisica dici bene che occorre lasciar l'aspetto estrinseco e fermarsi al valore. Credo che la mia cartolina del 18
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in fondo dica la stessa cosa. Ho però un dubbio, cioè, se dawero la nozione di realtà metafisica derivi dall'impostazione della metafisica. Io credo che derivi da tutta la maniera di porre la filosofia. S. Tommaso ammette che noi facciamo un'equazione fra la cosa e l'intelletto, da cui nasce la verità. E con ciò pone (e lo dice espressamente) la cognizione della cosa nell'intelletto, come forma, e in sé. Ciò ammesso siamo alla realtà metafisica. Non mi parli del giudizio di Mignosi? Sto bene. Ti rinnovo gli auguri e ti abbraccio. Tuo t Mano
[London, Paddington], 22 novembre 1929
Carissimo fratello, grazie assai degli auguri e delle preghiere per me. Io sono sempre unito con te e Nelina e i nostri cari nel pensiero e nella preghiera. Che Dio ci riunisca tutti in sé, nella grazia e nella gloria, e accetti il sacrificio di essere così lontani sulla terra. Tu pensi bene che la metafisica è la filosofia; essa è riguardata come una branca speciale, cioè la filosofia dell'ente. Gli scolastici insistono su ciò per paura che loro sfugga la realtà nel processo intellettivo. Io credo che col tempo il neo-sintetismo servirà a riconciliarli con la gnoseologia: ma ci vuol tempo; sono molti i pregiudizi. I o non ho detto che Aristotele errò nel rapporto tra fisica e metafisica; io dico che quella data metafisica è poggiata su quella data fisica: un rapporto storico più che filosofico; però se si vuole oggi resistere sulla metafisica di quel tipo, si dovrebbe (fatto condizionato dal metodo scelto) assumere i dati della fisica di oggi; e allora addio essenze. Io non dico che5l concordismo è necessario; io dico che esso è un aspetto della scienza. Cosa fa Meyerson se non trarre una metafisica del reale dalla sua fisica? E cosa fanno tutti gli scienziati di oggi che ammettono una realtà estrasoggettiva? I1 tentativo crociano di fare del separatismo è anch'esso un pregiudizio: di qua scienziati di là filosofi. Il pensiero umano cerca la sintesi concordistica dove può e come può; è un istinto notevolissimo del pensiero. Le barriere assolute non sono mai ben viste. Io dico se ci sono quelli che voglion fare la metafisica dell'ente,
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ebbene, partano dalla fisica di oggi, seguano sul serio il metodo aristotelico. Ecco tutto. Allora faranno un'altra metafisica del reale, un po' più adatta al nostro pensiero e al nostro tempo. Sarà la definitiva? no, perché neppure la fisica è la definitiva. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 23 novembre 1929
Carissimo fratello, che dolce sorpresa! due cartoline in una volta! Grazie di cuore, e sopra tutto, grazie di quel che mi scrivi intorno alla metafisica. Lo trovo interessante e lo trovo conforme al mio modo di concepire la metafisica, cioè, come filosofia simpliciter, e questa come gnoseologia. De Ruggiero nella metafisica di Aristotele si ferma a Dio e cerca di metterne in luce i contrasti, giacché per lui il Dio motore immobile è un non senso, cioè, io dico: egli non comprende come possa darsi il puro atto. Accetto quel che tu dici circa la storia e la teologia: non c'è che la filosofia, che è filosofia della storia e la teologia che è teologia della storia. Era quello che volevo sentirmi dire da te, per esserne più sicuro. Dunque noi non ci comprendiamo a vicenda solo su un punto dell'intuizione? Io credo che tu, quando dici che per es. il bello s'intuisce, in fondo non dica se non che s'intuisce l'oggetto in quanto bello. Questo affermo. perché tu escludi che s'intuisca l'idea. O r il bello, di là dall'oggetto non è che idea. Io non dico cosa diversa. Per me s'intuisce l'oggetto, non nella sua pura oggettività, ma da noi elaborato come vero, buono, bello, ecc. ecc. Dunque intuiamo l'oggetto bello, e non intuiamo il bello puro. Analizziamo questo, cioè, separiamo astrattamente l'oggetto dalle nostre,elaborazioni, e mettiamo di qua l'uno, di là le altre. Torniamo d'intuizione. Cosa faremmo noi intuendo? Applicheremo le seconde al primo. Cioè intuiremmo il primo, applicando ad esso le seconde. È così? Per me l'esempio chiarisce il dubbio. Spero anche per te. Sto bene. D. Ciccio Caruso è andato al premio del cielo l . Tuo t Mario LETTERA 543. 1. Sul Ciantro Francesco Caniso si veda la lettera 59.
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[London, Paddington], 24 novembre 1929
Carissimo fratello, grazie degli auguri e delle preghiere. Ogni data che ci ricorda è per noi cara, e ogni data che passa ci segna il cammino percorso. Sto bene e ringrazio Dio. Lavoro così cosl, e qualche volta resto in pena: ma è il primo sforzo di impostazione. Non so se riuscirò. Vedremo. Intuizione. Nella tua del 20 trovo un elemento nuovo, o che prima non avevo avvertito cioè la distinzione che tu fai di intuizione ed espressione. Io credo che si tratta di una distinzione puramente analitica da applicare d'atto della conoscenza. Ma se tu credi, con la espuessione di aggiungere un elemento intellettivo-conoscitivo che la intuizione non ha, tu complichi la conoscenza senza risolverla nell'una o nell'altra (intuizione o espressione). Se poi la intuizione ha in sé gli elementi che tu esprimi allora in sintesi non è che intuizione. Nel fatto qualunque conoscenza diretta del reale sensibile se non è semplice sensazione (il che si esclude) è intuizione sintetica (sensitivo-intellettiva): e si intuisce un valore, il quale è in rapporto allo stato d'animo attuale e alle conoscenze già accumulate che formano tale stato d'animo. E quanto più preparato è lo spirito alle intuizioni della natura o dell'arte, tanto più ne approfondisce il valore. E non solo intendo qui le intuizioni estetiche, ma anche quelle della realtà, dell'esistenza, della utilità o bontà. Sicché mettendo come base di ogni conoscenza diretta del sensibile reale la intuizione dell'oggetto come esistente, bisogna aggiungere che essa è sempre un'intuizione di valore; e se il valore sfugge, la stessa intuizione non ha luogo, rimane la sensazione fuggevole senza vera conoscenza dell'oggetto; come ci accade spesso nella vita quotidiana. Certo il valore intuito può essere o inadeguato o erroneo; la riflessione, cioè il processo ragionativo correggerà gli errori dell'intuizione; però dopo tale correzione, la nuova intuizione dello stesso oggetto, o diretta anche attraverso il ricordo della memoria modificato dalla fantasia, sarà o potrà essere una intuizione più esatta e più profonda, poiché sarà meglio intuito il valore dell'oggetto. I o non vedo in ciò né errore logico né pericolo metodologico. Un abbraccio, tuo Luigi Poche ma buone parole quelle di Mignosi.
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Piazza Armerina, 26 novembre 1929
Carissimo fratello, la tua del 22, cosa insolita, mi arriva a momenti, invece d'arrivarmi stasera; mentre la tua del 19 (a cui risposi subito) mi arrivò solo ieri. Puoi pensare quanto dolce sia stata questa nuova sorpresa per me. Stamani, come ti avevo detto, ho celebrato per te e Nelina. E mi sento fra voi. Che il buon Dio vi benedica. Sto bene. Oggi è una splendida giornata di sole e tepore insolito. Quanto mi scrivi circa la metafisica e la fisica lo trovo giustissimo. Penso che sia bene scriverne per la rivista. Ma io ora vorrei dar mano al lavoro sulla criteriologia. Scalia aveva promesso la sua collaborazione. Poi si è trincerato in un non molto cortese silenzio. I o lo scuso, perché egli è alla Vaticana. Come son miopi certi ambienti! Non so se ti annoia sentir parlare ancora d'intuizione. I o ritengo che l'uomo non intuisca che oggetti. I suoi atti conoscitivi li pensa riflessamente, ma non li intuisce. Questo per me è punto cardinale. Però gli - atti, che tu chiami immediati, non son fuori l'intuizione, ma sono l'aspetto categoristico della medesima, e sono con questa una unità - l'unità dell'atto immediato. Se dunque c'è divario fra noi, è così piccolo, da potersi trascurare, perché, io credo, si riduce a divario di nomi. Non conosco i sermoni di Tauler. Hai ricevuto lo Shakespeare? Appena lo ricevi, fammene cenno. Conosci il Giordano Bruno di G. Gentile l ? Che modo curioso di far la storia del Rinascimento! Prega per me. E credimi sempre tuo t Mario 546 [London, Paddington], 27 novembre 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 23, e son contento di trovarmi di accordo con te circa la metafisica. Veramente l'idea che di Dio ha Aristotele non è né la più chiara né la migliore. I o non ricordo bene il testo, ma il motore immobile credo che sia messo sul medesimo LETTERA545. 1. GIOVANNI GENTILE, Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento, Vaiiahi, Firenze 1920.
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piano del motore mosso; almeno nella nozione di entità esistente. Comunque, non è questo il lato interessante della metafisica di Aristotele, e per questo è più attraente ed esercitò più influsso quella di Platone. Circa l'intuizione, quando io dico o scrivo, forse con poca precisione, che noi intuiamo la bellezza di un paesaggio o di una musica, non intendo separar,e la bellezza dall'oggetto, né intendo dire che noi intuiamo l'idea di bellezza e poi l'applichiamo all'oggetto, o altre simili metafisicherie; intendo dire con fraseggio comune che intuiamo l'oggetto nel suo valore estetico; intuizione di valore, come l'ho chiamata di recente, tanto per trovare una formula ancora più vicina al mio pensiero. Tutto quello che è derivato dalla realtà di valore, è astrazione, analisi, ragionamento e non intuizione. Tutto quello che è conosciuto (percepito come tu dici) con e nell'oggetto (sia pure il fantasma rievocato dalla memoria) è intuizione. Credo che finalmente io, correggendo molte espressioni che ho scritto nelle molteplici cartoline sull'intuizione, ora mi sia avvicinato al tuo pensiero più strettamente che mi è stato possibile. Ma ciò ha reso più chiaro al mio pensiero il vero valore dell'intuizione. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armetina, 28 novembre 1929
Carissimo fratello, spiego meglio il mio pensiero. Per me è intuizione I'apprendimento immediato e diretto dell'oggetto reale. Questo apprendimento è conoscenza sia per quel che viene dall'oggetto, sia per quel che vi reca il soggetto. In sintesi è simpliciter l'intuizione. I1 suo modo e i suoi modi d'essere ha l'oggetto; il suo modo e i suoi modi di farlo essere ha il soggetto. Analizzando, io dico: I'intuizione, in quanto intuizione, in quanto apprendimento, riguarda l'oggetto e i suoi modi di essere. La stessa intuizione, in quanto elaborazione (ed è sempre elaborazione) riguarda i modi di far essere l'oggetto. Persistendo nell'analisi, io non posso chiamare intuizione il modo di far essere l'oggetto, ma devo chiamarlo modo dell'intuizione. Che se ne cava? Proprio questo, che non è esatto dire, come fai tu: io intuisco, per es. il bello, ~ e r c h éil bello non è un oggetto; e
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invece, per essere esatti, occorre dire: io intuisco l'oggetto come bello come buono o come vero o come sacro, ecc. ecc. Se io consentissi a reputare intuizioni quella del bello, del vero, del buono, ecc., consentirei a quello che tu non ammetti, cioè, alla realtà dell'intuizione delle idee, perché il bello da sé, il vero, il bene, ecc., non son che idee. Se io ciò ammettessi, perché poi dovrei negare agli ontologi l'intuizione dell'ente? Mi ha scritto P. Mignosi, che accetta il mio sintetismo (egli è tomista conservatore) e propone di sostenerlo nella « Tradizione », che è la sua rivista. Sto bene. Abbracci e preghiere. Tuo Mario
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[London, Paddington], 29 novembre 1929
Carissimo fratello, seguendo il tuo consiglio, da qualche giorno ho smesso di scrivere, e sto leggendo un libro interessante di Vossler sulla Cultura medioevale e Dante l . Peccato che è un protestante e razionalista, e parecchie cose del cattolicismo gli sono aspre, ma si sforza di comprendere Dante ed ha molta cultura. Torno al tuo quesito, più limitato. La filosofia della storia è stata una concezione moderna e fu erroneamente applicata a S. Agostino. Secondo me la filosofia della storia è stato un tentativo (o come tu dici ipotesi di studio) che ha dato due risultati definitivi: a) che la storia è filosofia; b) che le leggi storiche sono la sociologia; perché questa non è quello che pretendeva di essere cioè o fìlosofia o scienza biologica, ma la scienza delle leggi sociali; branca tecnica come la LETTERA 548. 1. SNZO lesse l'opera di Vossler, Die gottliche Komodie, nelI'ediuone inglese, cfr. KARLVOSSLER,Medieual Cdture. An introduction to Dante and bis Times, Constable and Co., 1929. S t u m recensì l'opera per « The Review of Reviews D, 15 giugno 1930. L a recensione, nella versione italiana, in Miscellanea londinese, vol. I , cit., pp. 358-362. « Vossler - scrisse S t u m - ha portato sul poema la sua coscienziosità di critico e il suo gusto di artista n. Naturale il confronto con Croce: « Dove Vossler - aggiunge Stuno - si distingue da Croce & in una più piena comprensione della costruzione deiia Divina Commedia - che Croce erroneamente considera come un 'romanzo teologico' - ne& sua relazione con la concezione poetica di Dante. Costruzione e materia trattata dipendono una dall'altra, come anima e corpo, ognuna con funzione separata, per altro formante un'unica vivente e personale creazione P.
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psicologia, la economia, la politica, ecc. La Filosofia della Storia è stata quindi né filosofia, né storia, né scienza, ma una ricerca, uno studio di valore, una critica, un superamento. Niente di tutto ciò in Sant'Agostino, che nella Città di Dio fece opera mistica, iilosofica, teologica, apologetica, storica, poetica, come tutte le opere di sintesi, che rivelano uno stato d'animo del tempo. I1 fondo è la sovrapposizione della città di Dio, creata per la redenzione e la grazia, alla città terrena, conseguenza del peccato. Posizione mistica, o interpretazione filosofica o etica su dati non storici, ma teologici. Errore chiamare la Città di Dio filosofia della storia, o farla passare come opera da precursore. I o poi non sono d'accordo con te nel pensare che vi possa essere una teologia della storia, cosi come non vi è una filosofia della storia. Io penso che non possa darsi interpretazione storica vera, senza ricorrere anche alla teologia. Ti parlerò altra volta di Bossuet. Sto bene. Un abbraccio di cuore. Saluta Vincenzino che credo sarà tornato costà, tuo Luigi
[London, Paddington], 1 dicembre 1929
Carissimo fratello, ci inseguiamo con cartoline inaspettate che è una gioia; così ti rispondo subito. Non arrivo a prendere bene il significato della tua proposizione « gli atti che tu chiami immediati non sono fuori d'intuizione, ma sono l'aspetto categoristico della medesima ». Si tratta qui di un'analisi gnoseo-logica della intuizione? l'intuizione sarebbe cosl il lato sensitivo della conoscenza immediata e i valori per essa conosciuti sarebbero gli aspetti logici? Vorrei penetrare ancora meglio questo tuo pensiero. Tu poi neghi (mi pare) che possa darsi intuizione sul fantasma memnemonico [sicl, così ho interpretato la tua frase generica che « l'uomo non intuisce che oggetti D. Ora a me sembra che la riproduzione imaginativa dell'oggetto (sia naturale o artistico) mediante la memoria è una realtà sensibile, e quindi intuibile. Nel fatto io posso ricordarmi così bene di una musica o di una pittura da averne date emozioni, non solo le emozioni già provate, ma anche altre nuove e originali: ora; alla base di ogni emozione vi sta un'intuizione, altrimenti l'emozione sarebbe puramente
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sensitiva, il che è da escludersi. Spero che su ciò siamo d'accordo. Comunque, la conversazione sd'intuizione m'interessa per il suo valore estetico. I o ci vedo gli elementi che completano la tua teoria estetica, sì da poterla contrapporre largamente a quella di Benedetto Croce. Non ho ancora ricevuto lo Shakespeare. Non conosco il Giordano Bruno di Giovanni Gentile l; di quest'ultimo ho letto poco, non ho avuto occasione di approfondire la sua teoria. Per ora io sieguo due linee del mio pensiero, una che mi porta alla storia, e l'altra all'estetica. Ho ricevuto l'ultima « Critica », con I'avvisetto per il nuovo anno. Ci penserai tu per l'abbonamento. Hai visto la recensione del libro di Dempf '? È dedicato a me. È assai interessante. Scrissi a Luigino Caruso mandando le mie condoglianze e ricordando i primordi dell'azione cattolica calatina di 34 anni fa. Come passa il tempo, e certe volte mi par proprio ieri. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi Croce ha ragione riguardo la poesia popolare. La fortuna di Croce è occuparsi molto e bene di letteratura e di storia. Che dice Zanichelli? Altrimenti tenta la Fiorentina.
Piazza Armerina, 1 dicembre 1929
Carissimo fratello, ripensando a quello che noi due abbiamo scritto intorno alla intuizione, sento che, tutto sommato, diciamo la stessa cosa. Faccio come uno schema, e aspetto la tua parola, che certo sarà di consenso. Quel che io sostengo, da quando scrissi il mono-intuizioniLETTERA 549. 1. Cfr. lettera 545 nota. 2. Si tratta di «La Critica » del 20 novembre 1929 in cui venne pubblicata una recensione di G. De Ruggiero al libro di A. DEMPF, Sacrum Imperium. Geschichte - und Stautsphilosophie des Mittelalters und der politische Renaissance. R. Oldenbourg, Miinchen und Berlin 1929. I1 volume fu dal Dempf dedicato a Sturm: «Domino Dociori - A. De Stuno - Ductori phiiosopho - viro spirituali - iusto patienti - venturi saeculi viaori amicus ». Tra i libri di Sturzo si conserva la seconda ristampa dell'opera del 1954 nella quale, sotto la dedica, rimasta immutata, il Dempf aggiunse e siglò di suo pugno le parole c< Magistro dedicatum n. Neiia traduzione italiana che di questa opera fece Carlo Antoni la dedica fu tolta: forse perché non piacque all'htoni?
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smo, che non vide la luce, è il seguente. Termine dell'intuizione è l'oggetto reale, concreto, particolare. Questo termine non viene riprodotto tal quale dall'atto intuitivo, ma viene elaborato sinteticamente e dalla virtù sensitiva e dalla virtù spirituale. L'uomo dunque intuisce l'oggetto come egli lo elabora; e perciò io dico (in termini propri esclusi i termini metafisici) che l'uomo intuisce, non già il colore, il suono, l'odore, ecc., ma un colorato, un sonoro, un odoroso, ecc.; ed intuisce simultaneamente, non già il tempo e lo spazio, ma un temporale e uno spaziale, non già il vero, il bene, il bello, ecc., ma un vero, un bello, un buono, ecc. I1 suono, ecc., il tempo, ecc., il vero, ecc., sono idee, che non s'intuiscono, ma son ciò per cui l'intuizione si attua nella sua ragione di conoscenza. E s'intuisce sempre un particolare elaborato e valorizzato. Tu certo non dici che s'intuisca il colore come separato dall'oggetto, il bello come separato dallo stesso oggetto. E dici, come dico io, che s'intuisce il colore d'un oggetto, il bello d'un oggetto, ecc. E dici che a misura che l'uomo è meglio disposto e preparato, intuisce nuovi valori dello stesso oggett~o.Siamo d'accordo? Lo spero. Sto bene e penso a te, e per te prego. Tuo Mario
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[London, Paddington], 3 dicembre 1929
Carissimo fratello, cono contento che P. Mignosi accetta il tuo sistema. Cosl ad uno ad uno verranno, non dubitare. Desidera il tuo libro (Il neosintetismo) il Rev. P. Déodat de Basly, des Frères Mineurs, 3, me Philippe Barrey, Le Havre-de-Grace, (Francia). Io non ne ho più, vedi di mandarglielo. Egli sta scrivendo uno studio sulla stessa questione, e ne parlerebbe in una rivista francese. Inoltre mandane una copia al seguente indirizzo: Mrs. M. Beer, 54 West Hill, Highgate N. 6 London (Inghilterra). È una filosofa cattolica che s'interessa ai problemi gnoseologici; appartiene alla Società Aristotele di Londra e scrive in varie riviste. Parla bene l'italiano. Prima di risponderti sull'intuizione aspetto tua cartolina che mi chiarisca quello che ti ho già scritto domenica scorsa; qui solo ti confermo
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che quando io scrivo che intuisco il bello di una musica o di un paesaggio, non intendo l'idea del bello: per me sono equivalenti le espressioni: io intuisco la bellezza del dato oggetto, o ne intuisco il dato oggetto bello; è questione di lingua e di orecchio. Altra è la frase io intuisco nell'oggetto dato l'idea del bello. Così per l'ente: -io intuisco l'entità dell'oggetto o io intuisco l'oggetto quale ente è lo stesso; ma io intuisco nell'oggetto l'idea dell'ente è altra cosa. Ma non insisto sulla fraseologia; solo intendo indicare i punti di contatto tra il fraseggio comune e quello filosofico. L'importante è che non s'intuisce la idea, ma l'oggetto. Sulla tua distinzione ti scriverò altra volta, dopo averci pensato su. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi 552 Piazza Armerina, 3 dicembre 1929
,
a
Carissimo fratello, la tua del 29 che ricevo a momenti, m'invoglia a anticipare la mia. La tua del 27 l'ebbi lunedì, cioè dopo un giorno della mia del lo, dove, presso a poco, dicevo circa l'intuizione quello stesso che dicevi tu in detta cartolina. È chiaro che la discussione ha recato i suoi frutti ed è ormai esaurita. A me però non piace la parola valore, né posso ammettere che il ricordo d'una intuizione, sia intuizione. È sua rievocazione, suo ricordo; questo e non altro. Piccole cose. Ma l'accordo ormai è raggiunto, è pieno e sicuro. E ne son oltre modo contento. E anche io ho più chiaro nella mente il concetto di intuizione. Quel che scrivi nella tua del 29 circa la storia è molto giusto. Io quando lessi or non è molto la Città di Dio, cercai invano quello che credevo trovarvi, cioè, la filosofia della storia. Però io ammetto come discipha speciale la ricerca delle leggi che reggono la vita e il consorzio umano, le quali, come tu scrivesti altra volta, son la stessa ragione nella dipendenza da Dio. Tal ricerca e sistemazione, non è veramente la storia-filosofia, ed è la filosofia come metodologia, che pel suo aspetto specifico e circoscritto, può ben chiamarsi filosofia della storia, come Croce chiama l'etica « filosofia della pratica » e come potremmo chiamare l'estetica « filosofia del bello o della iiricità ». Ciò affermato, logica è la
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conseguenza di poter anche parlare di teologia della storia. Sto bene. La giornata è limpida e ti'epida. Abbracci. Tuo Mario 553 [London, Paddingtonl, 6 dicembre 1929
Carissimo fratello, la tua lettera del 1 c.m. mi ha fatto tanto piacere, perché, dopo tutto, mi ha mostrato che nel fondo siamo d'accordo circa I'intuizione, e che usiamo terminologia diversa e assumiamo guise di pensiero differenti, perché ciascuno di noi vuole accentuare una propria valutazione teoretica o un presupposto riferibile alla teoria. Ti ho detto in fondo, perché ancora aspetto le esplicazioni alle mie precedenti cartoline circa le tua analisi d'intuizione ed espressione e circa l'aspetto categoristico, ecc. Inoltre credo che ci sia fra di noi la questione dell'intuizione a mezzo la riproduzione fantastico-mnemonica dell'oggetto. Infine, io insisto sulla frase: reale-sensibile e non oggetto reale, primo perché noi intuiamo la realtà a mezzo della conoscenza fenomenica, e per il primo intuiamo lo stesso fenomeno; secondo perché per noi l'oggetto non è una unità semplice ma una complessità. Se sentiamo una musica possiamo intuirla in sé indipendentemente dallo strumento, o possiamo intuire le qualità dello strumento indipendentemente d d a musica; così la pittura sta per noi a sé, ed è oggetto più che la tela o la tavola e così via; si può odorare rose senza bene intuire se ciò proviene dal fiore, o da acqua odorante, o dall'aria impregnata senza che più vi siano rose. L'oggetto realtà fisica, fuori dei fenomeni, ci sfugge in una sfera metafisica; e i suoi fenomeni sono prevalenti alle nostre percezioni quotidiane, sì che spesso si valorizzano quasi a sé, specialmente quando ci sfuggono le cause, il che è spesso. Credo che anche su ciò siamo d'accordo. Sto bene: l'aria oggi è mite, dopo tre giorni tempestosi. La mia padrona di casa è ammalata, prega per Lei. Tante cose agli amici tutti e a Don Giovanni. Un abbraccio di cuore Luigi
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Piazza Armerina, 6 dicembre 1929
Carissimo fratello, la tua del lo che ricevetti ieri sera, attenua un po' il senso di concordanza che spiravano le tue precedenti. Tu dici che la memoria « è una realtà sensibile e quindi intuibile ». Ora la riproduzione mnemonica è memoria, perché è riproduzione; prima non è nulla. Per essere intuibile, dovrebb'essere riproduzione, cioè, memoria, prima d'esser rievocata, cioè, prima di essere. I n tal caso, sarebbe bensì intuizione, ma non sarebbe ricordamento. Ora io nel tuo pensiero, credo di vedere un certo ritorno indietro. Ma forse m'inganno, anzi m'inganno, perché tu nelle cartoline precedenti mi hai concesso che l'intuizione è apprendimento di oggetto ed apprendimento sempre valorizzato (per usar la tua parola che a me non piace). O r il ricordamento non è valorizzazione nell'apprendimento, ma ripetizione, rievocazione dell'intuizione, non certo del tutto identica, ma certo quella intuizione. Ora io desidero che su questo punto non si usino espressioni discutibili o giudizi anch'essi discutibili, perché si tratta di una precisazione dell'intuizione su cui poggia tutta I'auspicata innovazione della fiIosofia. L'estetica appassiona anche me. Ma io credo che la 4" sezione contenga tutto quello che abbiamo riconquistato con la nostra discussione epistolare. Tu ci trovasti allora delle ripetizioni di cose dette avanti. E ci erano di proposito, nel fine anzi detto. Sto bene. Abbracci. Tuo 1. Mario
[London, Paddington], 9 dicembre 1929
Carissimo fratello, ricevo la tua del 3 c.m. e la Rivista che ho letto di già tutta d'un fiato. Mi è piaciuto assai il capitolo VI della Filosofia della Educazione l , solo che nelle pagine 300-302 ci trovo una concitaLETTERA555. 1. Cfr. M . STURU),Problemi di filosofia dell'educazione, V I : I problemi delliunificazione e delliimmedesimazione degli spiriti e della diversificazione nella consonanza, in « Rivista di autoformazione n, novembre-dicembre 1929, pp. 279-304. Ecco i passi a cui Luigi S m si riferisce: ci La dialettica dun-
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zione di stile, e una ripetizione di pensieri con altre parole e frasi, che danno un tono di ricalcato. Ma è impressione di poco valore. que è bensi un processo soggettivo, che si attua svolgendo la potenzialità nella logicità della medesima; ma non è un processo così soggettivo, che escluda ogni azione deli'oggetto. La dialettica non è pura creatività, perché questa sarebbe creazione d'oggetto mentre la dialettica è processo del soggetto; è creatività relativa, proprio perché è processo conoscitivo e costruttivo. E perciò, non solo non esclude l'esistenza d'un mondo esterno, ma la postula. Senza un oggetto da conoscere, il soggetto giacerebbe per sempre nella sua muta immediatezza, perché sarebbe un irrelativo, cioè, non esisterebbe nemmeno, giacché l'esistenza del contingente è rapportualità. Un processo puramente soggettivo, come lo pone l'idealismo, si risolve fatalmente in panteismo, e questo si condanna da sé perché confonde in unica realtà due elementi irriducibili: l'eterno e il temporale. Fissato bene il concetto di conoscenza come intuizione-costmzione, agevolmente si vede che la dialettica è unità di oggetto conosciuto e atto del soggetto conoscente, intuizione e costruzione, cognizione dell'organicità dell'oggetto, che dà l'organicità oggettiva alla conoscenza, e organicità di processo costruttivo, che è tale per la dialetticità delle potenze conoscitive e affettive. Le potenze conoscitive e affettive non sono originaria molteplicità, che si fa unità per susseguente applicazione, ma sono unità fondamentale di potenza del soggetto, che è molteplicità originaria nell'originaria unità, per cui non occorre verun processo di susseguenti applicazioni, ma tutto procede in modo sintetistico, perché il soggetto è l'unità sintetica, tanto sintetica, che, se non fosse tale nemmeno sarebbe soggetto, e nemmeno il suo processo sarebbe dialettico, anzi nemmeno sarebbe processo. Sintesi che si svolge, generando altre sintesi è fatto umano; ma le nuove sintesi non sono unità che si distaccano dalla prima sintesi e fan corpo da sé, sebbene sono sintesi che con la prima fanno una sola sintesi, complessa si, ma una, e son la sintesi che chiamiamo coscienza. La dialettica che è processo-unità che si fa molteplicità restando unità, è possibile, perché il soggetto ha una virtù che è la potenza fondamentale, la quale è sintesi del diverso, che son le potenze, virtù diverse della potenzialità fondamentale. Ma il processo ha anche bisogno del contrario per attuarsi nella sua dialetticità; il qual contrario, se non si trova nelle potenze, che son solamente il diverso, si uova neratto, che esprime il contrario dell'oggettività e il contrario dell'attualità soggettiva. Conoscere è intuire il diverso, e pel diverso è graduale definizione dei termini intuiti. Ma il diverso non sempre né solo è il diverso, ed è anche il contrario. Lo stato è il contrario del moto, la morte è il contrario della vita; come il sì è il contrario del no, il vero il contrario del falso, e va' dicendo. Ma conoscere non è puro pensare, ed è anche sentire ed è anche volere. Un puro pensiero, privo d'affettività, sarebbe la non conoscenza, e sarebbe inconcepibile, perché ogni atto del soggetto esprime oggetto che in atto conviene o non conviene al soggetto. I1 puro pensiero dunque sarebbe un atto né conveniente né contrario, cioè, sarebbe un atto fuori del soggetto, campato in aria, e quindi insussistente. Prima del pensare, secondo le vecchie teorie, ci sarebbe il puro sentire. Ma il puro sentire neli'uomo sviluppato, del quale noi parliamo, non sarebbe intuizione perché, idealmente sarebbe il non categorizzato, e fisicamente sarebbe il non distinto e il non classificato, cioè, non sarebbe intuizione. I1 volere è certamente volere qualche cosa. Che cosa vorrebbe l'uomo se non conoscesse l'oggetto voluto? Si dirà che l'oggetto lo conosce la stessa volontà? Ma dopo S. Tommaso che lo disse
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LUIGI E MARIO STURZO
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L'articolo sull'astrazione logica di S. Tommaso è cristallino *,e spero che arrivi a persuadere i neo-tomisti; è il punto centrale e il punto di minore resistenza, attraverso il quale dovrebbe farsi larga strada la tua teoria. È superfluo farti qualche riserva di frasi. Io capisco il perché tu usi la parola intuizione, in questo articolo, ma io invece userei al suo posto percezione, come del resto fai tu stesso in condizioni analoghe a pag. 302. A pag. 335 invece tu scrivi « Sentire, cioè intuire » e più giù « la sensazione che è intuizione ». Invece a pag. 302 tu neghi al puro sentire la qualità di intuizione. Ora io per evitane ogni confusione di termini e per riserbarmi di accettare o combattere i varii aspetti delle teorie intuizionistiche, userei la parola percezione e percepire per intendere il tuo sistema nel quale la sensazione umana è inizialmente conoscitiva dell'oggetto immediato, e riserberei la parola intuizione a quello che io ora chiamo conoscenza immediata di valore del concreto sensibile. Tu mi scrivi che non ti piace la parola valove. I o dopo tanto tempo, cercando e pensando, non ne trovo una migliore e più'espressiva. Ma se tu la trovi ne sarò lieto. Per quanto riguarda la intuizione della riproduzione fantastica dell'oggetto, io credo che valga la pena studiarla su dati psicologici. Sto bene. È ripresa la tempesta che ci tormenta da parecchi giorni. Un abbraccio, tuo Luigi espressamente, nessun tomista "per non parlar che di costoro" potrebbe dire senza fare ingiuria al Santo, che agiscono le facoltà, e tutti dovrebbero dire COImedesimo, che sente, conosce, vuole il soggetto; il quale essendo unità sintetica non può sentire senza pensare e volere, né pensare senza volere e sentire, né volere senza sentire e pensare, cioè, non può far atto che non sia sintesi di percezione, pensiero e affettività » (pp. 300-302). 2. Cfr. M. STURZO,Dell'ast~azionelogica secondo S. Tommaso, ibid., pp. 305338. Si riporta il passo a cui ci si riferisce: « La nostra teoria sarebbe certamente insostenibile, se l'oggetto intuito, in quanto oggetto intuito, fosse esterno ail'intuente. Non solo la nostra teoria, ma ogni dualismo sarebbe insostenibile, perché mondo fisico e mondo psichico, da sé, son due mondi irrelativi; dal qual concetto trae la prima origine ogni forma di filosofia idealistica. L'oggetto intuito è bensì l'oggetto fisico, non però in sé, ma nel soggetto; non puramente nel soggetto, ma come espressione psichica del rapporto fisico tra l'oggetto e la fisiologicità del soggetto, tra i quali termini è solo possibile il rapporto, essendo solamente essi termini affini. I1 soggetto non sente fuori di sé, ma dentro; né ci sono veramente sensi esterni e sensi interni, perché le attività del soggetto sono sue attività; e quindi ci sono solo sensi interni. Sentire, cioè, intuire, è atto del soggetto, per cui il soggetto rende in sé interno il mondo esterno, che, per l'oggettivazione, apprende come esterno » (p. 335).
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Piazza Armerina, 9 dicembre 1929
Carissimo fratello, la tua del 3 mi giunse ieri mattina, sul punto di recarmi alla Cattedrale per l'assistenza pontificale. Mando subito il libro ai due indirizzi. Se hai altre persone di indicarmi, fallo liberamente. Occorre non lesinare nella propaganda di una idea così interessante. Sull'intuizione - ripeto - credo raggiunto l'accordo, e perciò non ne scrivo sino a che tu, lette le mie ultime, me ne porga lo spunto. Solo insisto sulla mia affermazione di cui ti scrissi nella precedente cioè, che la memoria è memoria e non è intuizione; è memoria di intuizione o di raziocinio o di fantasia. Così dico che la fantasia è fantasia e non intuizione, non ostante la sua immediatezza. La ragione è sempre la stessa; s'intuisce l'oggetto. Intuito una volta, non si riintuisce ricordandolo, perché già si possiede come intuizione, e solo torna a galla dalle profondità della memoria. Croce chiama intuizione anche la fantasia, perché per lui tanto il percepire, quanto il fantasticare è creazione del soggetto. I o però dico che se tutto è creazione del soggetto, nulla è intuizione, e credo di dir bene. La rivista è uscita. Te ne mando quattro esemplari con I Sepolcri di Foscolo. Questi son infarciti di note, ma non ho altro qui. Del resto a te basta il testo. Ti prego di leggere con molta attenzione lo studio su S. Tommaso l, al quale io dò molta importanza pel fatto dell'intuizione. Sto bene. Abbracci. Tuo t Mario
[London, Paddington], 10 dicembre 1929
Carissimo fratello, ti scrivo questa per dirti che l'ultima cartolina di Nelina, che ho ricevuto, è del 30 novembre e la ricevetti il 4 dicembre. Da quel giorno avrei dovuto avere almeno un'altra cartolina. Io le ho scritto il 30 novembre il 3, 6 e 9 dicembre. Sino ieri sono stato tranquillo, ma stamane comincio a stare in pensiero. Forse sarà la LETTERA556. 1. Cfr. lettera precedente, nota 2.
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LUIGI E MARIO STURZO
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posta, spero così. H o ricevuto ieri sera la tua del 6 ; in tre giorni! La questione dell'intuizione del fantasma mernnemonico [sicl, secondo me, è un dato psichico. Anzitutto sgombriamo il terreno; la memoria ripresenta l'oggetto (primo atto); I'oggetto ripresentato può essere reintuito (secondo atto). Non c'è confusione. Io per più di un mese ebbi chiara e prepotente memoria, ogni mattina prima della messa, del Benedictus di Beethoven, e mi serviva per preparazione, e destava in me soavi emozioni; cosi altro tempo 1'Ave Verum di Mozart. Niente pensiero riflesso, niente considerazione intellettiva. Questi si sviluppavano in un secondo tempo, e allora la melodia si allontanava. Altre esperienze ho avuto per ricordi di quadri o di paesaggi o di odori, che è tutto ciò? Ogni volta ho sentito valori subiettivi ed obiettivi; e quando ho riudito, per es., il Benedictus di Beethoven, molte di quelle intuizioni sono state confermate. Tu mi puoi dire: non confondere l'emozione artistica o religiosa con l'intuizione; ma io ti ripeto che non saprei imaginare un'emozione senza un'intuizione. La questione è specifica e non influisce sulla teoria generale; io l'ho accennato per dirti che non userei la parola intuire oggetti, ma l'altra più generica: intuire realtà sensibili. I1 punto è questo; ed è interessante, perché mi dà la chiave per l'altra proposizione, intuire valori nella e della realtà sensibile. So che il fraseggio non ti va; ne vorrei altro che esprimesse questa idea. Sto bene. Un abbraccio Luigi
Piazza Armerina, 12 dicembre 1929
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 6 e prendo le mosse dalle parole <( reale sensibile e non oggetto reale D. Realtà I'oggetto reale, realtà il reale sensibile. Sta bene. Or il tuo <( reale sensibile » è nulla più che un atto conoscitivo, o meglio, un conosciuto. E tu puoi benissimo ricordarlo e fantasticarvi su o ragionarvi o estetizzarlo e contemplarlo. È un lavoro che fai attorno a una o più intuizioni antecedenti, conservate dalla memoria. I1 qual lavoro non è di conoscenza, giacché il reale sensibile è un conosciuto, ma di rielaborazione di conoscenza, cioè, non è di intuizione, ma di rielaborazione di intuizio-
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ne. Tu avresti ragione se « il reale sensibile » cessasse d'esser un conosciuto e diventasse una fisiologicità. In tal caso basterebbe un rapporto tutto soggettivo per determinarne la nuova intuizione, simile, per es. al rapporto intestinale che ti fa intuire la fame come data sensazione. Ma ciò non è possibile, perché quel che del tutto esce dalla memoria non vi si riintroduce che tornando all'oggetto. E così siamo nel cuore della mia teoria. Intuire è conoscere immediato. S'intuisce sempre « l'oggetto reale » si parli di oggetto esterno il mondo, si parli di oggetto interno, le modificazioni del corpo. Ciò che fu intuito, si ricorda, e può intuirsi di nuovo, tornando al rapporto col « reale oggetto ». Sto bene. I1 tempo è mite. Nelina sta benissimo. L'aspetto. Avrai certo ricevuto I Sepolcri. Aspetto il tuo giudizio sul VI fasc. Tuo t Mario
[London, Paddington], 13 dicembre 1929
Sta Lucia V. e M.
Carissimo fratello, l'altra sera ho ricevuto finalmente la cartolina di Nelina del 6 c.m. La posta aveva tardato due giorni. Oggi ho la tua del 9. Grazie. H o ricevuto il Fosco10 e le copie della Rivista. Te ne ho già scritto; ed ho subito notato l'importanza dell'articolo su S. Tomaso, e ne ho parlato già con altre persone. Riguardo l'intuizione sono io che aspetto i tuoi chiarimenti, in risposta alle mie varie cartoline. Nell'ultima ti ho già chiarito il mio pensiero circa l'intuizione dell'oggettivazione immaginativa. Ma quello è un problema a sé, e non ci ha che vedere la teoria di Croce. Se non ammetto la intuizione in questo caso, non potrei spiegarmi le diverse impressioni che ne ricavo, e che non ebbi nell'intuizione diretta del sensibile esterno. Se io ora ripenso il S. Pietro di Roma, ci trovo armonie e bellezze, che mai sentii, almeno chiare e potenti, le volte che andai a visitarlo. E così di molte altre imagini. E ciò non è un riflesso ragionativo, ma un'impressione diretta dell'imagine che mi ritorna. A pag. 340 della Rivista io direi « Lo stato che ne è... D, e a pag. 341 « Centrali e locali » l . Credo che dovrebbe interessare LETTERA 559. 1. Si riferisce ali'articolo firmato S., L'eticità dello Stato, in di autoformazione», novembre-dicembre 1929, pp. 339-344.
« Rivista
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parecchie persone. Ma l'uso corrente è in opposizione alle idee della Postilla. La « Vita e Pensiero » ha un discreto articolo sulla Città d i Dio di S. Agostino 2. A proposito, io non userei la parola filosofia della storia, per non creare equivoci, riportandoci ad un pensiero già superato filosoficamente, mentre non è superato nell'uso corrente. Né io direi teologia della storia, che sono due termini incombinabili ! L'azione provvidenziale della storia, cioè nella vita umana, non è che o teologia rivelata, o teologia naturale (filosofia), ma tradotta in termini storici è solo filosofia-processo dove è inserito il divino. La storia non è un concetto logico, come il bello, o l'utile, o morale, ma è il concreto dei fatti che si interpreta in sintesi. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
Piazza Armerina, 15 dicembre 1929
Amatissimo fratello, la tua del 9 mi dice più chiaramente delle precedenti, che il nostro accordo sull'intuizione è più apparente che reale. Sensazione pura non se ne dà. Dunque dir sensazione è dire intuizione. E così dir percezione è dire sensazione e intuizione. Affermato questo principio, le tue osservazioni non hanno più senso. L'intuizione è solo del concreto corporale (non sensibile, come tu dici, perché il sensibile è già conoscenza), perché solo pel tramite del nostro corpo noi comunichiamo col reale. Ecco perché sensazione vale quanto perce2. Cfr. F. MEDA,All'alba del centenario agostiniano. De Civitate Dei, in « Vita e pensiero », dicembre 1929, pp. 746-755. Traendo spunto dalle tesi contenute neli'opera di S. Agostino, Meda affronta il problema del concetto di provvidenza secondo la dottrina sociale cattolica. Analizzando il De Civitate Dei sotto il profilo storico e «politico D, egli awicina la figura di Agostino a quella di Ambrogio, almeno quanto alla visione teorica e politica di fronte alle sorti dell'impero e all'idea di un'unità, anche politica, della cristianità. I problemi che si ponevano erano quello del giudizio da dare sulle vicende che avevano portato alla caduta di Roma e quello della valutazione delle conseguenze che ne sarebbero potute derivare per la storia del cristianesimo. Nel concetto di una prowidenza « imperscrutabile », « promanante da un Dio infiito nella bontà, nella sapienza e nella giustizia, non meno che neiia potenza », l'autore vede il compendio del pensiero agostiniano, concetto questo centrale, a suo awiso, anche in Vico, il «fondatore deiia filosofia moderna deiia storia m.
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zione e intuizione. Non c'è percezione che non sia elaborazione del soggetto, cioè, che non sia percezione-valore. La parola valore dunque non si può prendere per indicare il solo fatto soggettivo che per astrazione e analisi. Ecco perché io non l'approvo. Cercarne un'altra? Ecco. L'altra è appunto la parola sensazione o percezione o meglio intuizione senza veruna aggiunta. Questo mio pensare circola in tutto l'articolo su S. Tommaso. E io sento di non poter modificarlo in nessun modo. Circa la memoria e la fantasia non ho nulla da aggiungere, e questo che dico è psicologia. I o per es. ripenso continuamente a te che amo, e ti ripenso e mi ti rappresento in mille guise, ma non ho la fortuna d'intuire la tua persona. Quel che penso di te è un passato lontano o è fantasia; nulla più. Sto bene. I1 tempo anche qui è st,ato tempestoso, però di solo vento di nord freddo anzi freddissimo. Oggi è primavera. Sento le gioie del Natale che si avvicina. E sento il bisogno di anticiparti gli auguri. Prego per te con più fervore in questi giorni. Tuo t Mario
[London, Paddington], 16 dicembre 1929
Carissimo fratello, stamani avrei dovuto ricevere la tua; forse arriverà stasera, ma io ti scrivo al solito per non mancare al turno. L'articolo di Bontadini nella « Rivista neo-scolastica » (settembre-dicembre 1929) l , a LETTERA 561. 1. Cfr. G. BONTADINI, Valutazione analitica e valutazione dialettica nella filosofia moderna, in « Rivista di filosofia neoscolastica », settembredicembre 1929, pp. 504520. L'autore prende spunto per il suo intervento dalle tesi di mons. Francesco Olgiati intorno alla « storicità >> degli studi filosofici e d a valutazione positiva che deiia filosofia moderna si poteva dare dal punto di vista deiia filosofia scolastica. Per Olgiati, in generale, il valore del pensiero moderno sta neiia «concretezza », valutazione di carattere analitico che Bontadini rifacendosi ad una polemica tra lo stesso Olgiati e padre Chiocchetti - intende integrare con una di carattere dialettico. Si riportano i passi a cui Sturzo fa riferimento: « La conaetezza pertanto era gia una qualifica che il pensiero moderno si era atmbuito da se stesso, contrapponendola ali'astrazione antica, neii'identico senso in cui contrapponeva l'irnmanenza alla trascendenza. Così fu che qualche critico rimproverò d ' O . di non intendere la concretezza moderna - che l'O. accetta come un valore - appunto perché tale concretezza l'O. scinde dall'im-
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parte la forma e varie affermazioni qua e là, ha un fondo interessante. Egli ha ragione neli'insistere sulla differenza fra la valutazione analitica e la dialettica della fiIosofia moderna, e nel precisarne il valore nella concretezza, sia come analisi, e sia come elemento di superamento dialettico. Però quando egli accenna al risultato, cioè manenza con cui essa, nelle dottrine moderne, è intimamente fusa. Senonché questo critico, in quanto si limitava a questa semplice osservazione, dimenticava o non scorgeva che I'O. nella sua interpretazione del pensiero moderno, non fa opera meramente storica, ma essenzialmente filosofica o storica in quanto filosa fica; ossia che egli sta di fronte al pensiero moderno in attitudine attiva, acrogliendone quel che si può accogliere e rifiutando quello che si deve rifiutare; per questo neli'immanenza concreta egli opera, in nome ed in forza della sua metafisica, un netto taglio e, lasciata l'immanenza, tiene la concretezza. Negare la legittimità di questo taglio vale negare quella metafisica con la cui forza è operato; e non è questo il punto in questione. I1 punto in questione & solo questo: quale significato o valore si può attribuire al pensiero moderno dal punto di vista del pensiero tomistico? Ora che ci sia nel pensiero moderno la concretezza nessuno lo nega; e che la concretezza, ossia lo studio del reale nelle sue particolari determinazioni, sia ammissibile da chi ha coltivato lo studio dell'astrazione, ossia lo studio del reale nelle sue universali determinazioni, è del pari evidente. Che poi i concetti stessi di universale e particolare, di astratto e di concreto siano diversamente determinati dai filosofi scolastici e dai filosofi moderni, è owio; ma ciò torna a confermare che per intendere la tesi dell9O. e non fraintenderla leggermente, occorre prospettarsela entro i limiti esatti che le sono propri, e che sono quelli che abbiamo detto » (pp. 507-508). E ancora: « Intanto però è certo che la valutazione che I'O. ha dato e dà del pensiero moderno presuppone unaanalisi critica; vale a dire che egli non attribuisce un valore alla sintesi moderna come tale, ma ad alcuni o ad uno dei suoi elementi. Una tale valutazione chiameremo analitica: quella invece che ricercasse il valore della filosofia moderna considerata nella sua unità storica ed ideale, sarebbe una valutazione dialettica. La differenza tra le due valutazioni sta soprattutto in ciò: che, mentre una, quella analitica, porta ad accettare e ad incorporare nella filosofia dal cui punto di vista si muove la critica quella tesi cui si attribuisce un valore positivo - e così si comporta I'O., ed a buon diritto, verso la concretezza al contrario la valutazione dialettica può anche non accettare nuiia di ciò che essa ha per obbietto, nulla dico, conclusivamente o definitivamente, ma solo attribuirgli un valore di trapasso o di preparazione ideale ad una diversa sintesi, in cui questa che si valuta viene annullata, ed in cui essa ritrova appunto il suo vero valore: valore dialettico, pertanto. I1 nostro awiso, che ci è parso non inopportuno di esporre qui sommessamente e brevemente, è che oltre alla valutazione analitica che l'O. sta esperendo, si debba operare da parte della Neoscolastica anche la valutazione dialettica, la quale, da un punto di vista polemico - che in filosofia non è mai secondario se lo si intende bene e non grettamente - sta alla valutazione analitica come l'offensiva alla difensiva: giacché la conclusione di quest'ultima - conclusione cui perviene appunto I'O. - è che non c'è bisogno di rifiutare tutt'intero il pensiero di cinque s a l i per aderire alla metafisica tomistica; che quei cinque secoli il loro ministero l'hanno esercitato in filosofia, ed il loro risultato positivo l'hanno pure raggiunto: la conclusione della critica dialettica sarebbe invese anche più radicale, e cioè che il significato complessivo del pensiero m e
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« risolvere il pensiero moderno nel pensiero tradizionale » (pag. 509), non ha il coraggio o non può affrontare sul serio il problema; invero questa risoluzione non si può fare ab extra, come una metodologia (è il sistema di Olgiati e Chiocchetti), ma deve operarsi ab intra, come una palingenesi: e questo è quello che fai tu, quando col neo-sintetismo arrivi alla conoscenza diretta del concreto, mentre gli scolastici restano nell'universale astratto; il valore della concretezza (natura e storia) è oggetto diretto della. conoscenza intellettiva; e allora tu puoi arrivare all'unità dell'Esperienza (pag. 516517). L'errore del Bontadini e di Olgiati sta nel rifiutarsi di esaminare il problema gnoseologico (pag. 508 - testo e nota). A me parrebbe che il Di Fede potrebbe fare su questo tema una buona postilla. In questo articolo il Bontadini accenna al concetto di Soprastoria, secondo me non esattamente, è che egli non arriva alla identificazione della filosofia con la storia, mentre risolve la filosofia in teologia. Ho avuto la pazienza di leggere l'articolo del P. Krzanic ', derno, tenuto conto anche di ciò che esso ha di contradditorio con la metafisica classica, è fuori di esso, è, appunto, in quella metafisica o in una nuova sintesi che, coincida con quella metafisica nelle affermazioni teologiche (che sono quelle che contano in filosofia). I1 risultato della valutazione analitica è che il pensiero moderno non contraddice in tutto al pensiero tradizionale, e che, pertanto, la conciliazione e la valorizzazione del primo dal punto di vista del secondo è possibile sotto qualche aspetto; il risultato della valutazione dialettica dovrebbe essere che i1 pensiero moderno, preso tutt'insieme nel suo sviluppo (che è già tutta una dialettica) vuol essere risolto nel pensiero tradizionale, ed il valore da attribuirgli sarebbe appunto questo, di reintrodurre in questo pensiero >> (pp. 508-509). E, infine, sul concetto di « Unità dell'Esperienza »: « Dal punto di vista generale e metodologico il problema che si pone oggi e che è merito del pensiero moderno - il merito che vorremmo fosse riconosciuto anche dal punto di vista della filosofia tradizionale - di aver posto, è appunto quello della possibilità di inferire qualcosa dall'esperienza, oltre l'esperienza; dal punto di vista propriamente filosofico (teologico) è, come abbiamo detto, se l'Assoluto si debba pensate come più ampio dell'esperienza o coincidente coll'esperienza. Ma questi due p r e blemi che sono poi due aspetti di uno solo, suppongono dunque manifestamente la posizione rigorosa del concetto deii'U. d. E., e che essa U. d. E. sia vista quanto più è possibile nella sua compattezza e integrità, acciocché non si dica che si è andati a cercare al di là di essa un'altra realtà, solo perché non si è saputo vedere la sufficienza di questa. Qui è dunque, finalmente, il valore dialettica del pensiero moderno: nell'aver poste le condizioni di un approfondimento ulteriore della classica dimostrazione di Dio: neii'averci posti in condizione tale da vedere - filosoficamente - la trascendenza di Dio riemergere come suprema ragione di intelligibilità del mondo umano inteso in tutta la sua ampiezza, potenza e coerenza logico-reale » (pp. 516-517). 2. Cfr. CRISTOFORO KRZANIC,La scuola francescana e I'avverroismo, ibid., pp. 444-494.
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e lì ho notato a pag. 470, quel che egli dice della gnoseologia di Duns Scoto, che avrebbe qualche affinità alla tua. È cosi? I o non conosco affatto le opere di Duns Scoto. Ma sarebbe interessante scoprire queste affinità. Credo che a ciò intende quel frate francese a cui ti ho fatto mandare il Neo-Sintetismo. Sto bene: la tempesta dei giorni scorsi è passata e il tempo è mite. Rinnovo gli auguri natalizi. Prega per me. Un abbraccio, tuo Luigi Ti ho spedito un numero della « Vie Catholique » di Paris. I1 nuovo Arcivescovo card. di Paris è quell'abbé Verdier che ti feci conoscere all'Institut Catholique.
Piazza Armerina, 18 dicembre 1929
Carissimo fratello, le tue ultime mi danno gli elementi per risolvere il problema della reminiscenza in rapporto all'intuizione. Tu noti molto efficacemente che la reminiscenza spesso viene rivalorizzata (la parola valore è tua) e anche in modo diverso. Da ciò ricavi la conclusione che ci sia intuizione anche nella reminiscenza. A me pare'che logicamente debba dirsi che ci sia nuova valorizzazione, né più, né meno. Fissiamo i termini. Intuire significa percepire. Non diamo altro senso a questa parola. A quella che tu chiami valorizzazione diamo il vero nome, che è elaborazione. L'uomo intuendo (conoscenza del reale diretta immediata) elabora. L'intuizione è sempre apprendimento dell'oggetto in una data elaborazione. Ricordare un'intuizione è proprio ricordare un'intuizione. Ma anche ricordare è elaborare. È un elaborare o meglio rielaborare l'apprendimento d'un dato reale. Dunque intuire e ricordare due atti diversi versanti su un medesimo oggetto. Elaborare o rielaborare un medesimo atto versante su due atti diversi. È noto che quando tu torni a intuire un oggetto già intuito, non lo elabori d'identico modo. L'oggetto è quello, ma per te è come un altro. E questa è come la riprova che l'intuizione è apprendimento elaborato, e non pura elaborazione; che intuizione è atto specifico, elaborazione atto comune a più funzioni. Sto bene. Leggo del gran maltempo di costà. Povero fratello, quanto devi
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avere sofferto. Nelina forse verrà domani. Ma se fa troppo freddo, dice che non verrà. I gaudii del Natale ci uniscono in Dio. t Mario [London, Paddington], 18 dicembre 1929
Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 12. Forse nelle mie successive cartoline avrò dato migliori chiarimenti sì che una nuova risposta non sarebbe necessaria. Comunque, la questione della frase « reale sensibile » e quella deli'intuizione del fantasma memnemonico [sicl sono distinte e diverse. Stando alla prima, mi pare di averti scritto che in fondo noi intuiamo il fenomenico, che spesso non può dirsi oggetto che per ragionamento deduttivo. Quel che mi disturba è la parola oggetto; non la teoria. Uso il generico « reale sensibile » che può essere tanto il fenomeno che induce l'oggetto, quanto quello che non lo induce anzi lo nasconde. Credo che su questo mi darai ragione. L'altra è una questione diversa: tu dici: è rielaborazione; sia; ma questa rielaborazione può essere puramente passiva, o attiva; può essere intuitiva o discorsiva; analitica o sintetica; tecnica nozionale o emozionale; può non essere rielaborazione ma puro ricordare, o ricordare con emozione. In tutto questo lavoro c'è un conoscitivo modalrnente nuovo, che era implicito che diviene esplicito; un emozionale nuovo, che non si era mai provato prima ecc. Tutto ciò può essere oggetto di indagini psicologiche o gnoseologiche secondo i punti di vista. Ma non si può negare il fatto che attraverso il ricordo si acquista in conoscenza sia discorsiva che intuitiva. Altrimenti noi avremmo un troppo povero strumento, se per acquistare maggiore conoscenza dovessimo riavere presente l'oggetto. Ma poi, sei tu sicuro che il fantasma non ha effetti fisiologici nella nostra testa? E questi effetti fisiologici non si risolvono in affioramento di sensibilità? È una domanda che mi viene sotto la penna, e che può essere anche stupida. Comunque sia, non puoi distrurre i fatti citati. E allora si devono poter spiegare. La pura rielaborazione può essere intuitiva? id aumenta la conoscenza? Ecco i punti da esaminare. Sto bene. Temo che la mia intuizione cominci a divenire un rompicapo. Se sì, facciamo punto. Un abbraccio, tuo Luigi
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[London, Paddington], 19 dicembre 1929
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 15. Questa ti arriverà alla Vigilia di Natale con tutti i miei più affettuosi auguri, mentre saremo uniti attorno al Santo Presepio. Così il Signore ci unisca nel Cielo. Sto bene. E oggi, pur freddo, c'è un po' di sole. Io ho l'impressione che facciamo come gli uccelli, disputanti sulla foglia dell'albero. Almeno per la mia parte. Dopo la lunga discussione avuta, io ho da te accettato che l'intuizione (a parte gli altri significati che a tale parola si danno) nel tuo sistema è la base di ogni conoscenza, ed è quella che per te è la sensazione-umana che è conoscitiva, e che tale conoscenza è diretta e immediata. Sin qui è il tuo sistema neo-sintetistico. I o allora fo un pasco e mi domando per primo: 1) che cosa si conosce con I'intuizione? tu dici: l'oggetto; io dico un dato valore x dell'oggetto. Per me anche la pura esistenzialità dell'oggetto, in quanto diviene a me relativa, è un valore. Questo valore è intuito immediatamente, e non è né un'astrazione posteriore, né una successiva rielaborazione subiettiva. Dopo di che io aggiungo per secondo: 2) Data che questa intuizione di valore è conoscenza, allora nell'analisi delle facoltà in azione, io attribuisco l'operazione conoscitiva all'intelletto, sia pure operante in sintesi con i sensi. 3) Esaminando quindi il valore della conoscenza intuitiva, potrò classificarla in esistenziale, affettiva, estetica, mistica; però nel fatto iniziale intuitivo tutti questi elementi di v a l o ~sono contenuti, ma lo sviluppo di uno più che di un altro, dipende dallo stato d'animo del conoscente. 4) Infine riflettendo la mente su questi elementi, potrà elaborarli in forma analitica, speculativa o pratica, e questa sacebbe operazione della Ragione ragionante, come dicono i francesi. Tutto questo perché sarebbe contrario alla tua gnoseologia? Io non lo credo. Un abbraccio, tuo Luigi H o messo ora per ora le questioni emozionali del « sensibile reale » e della « intuizione imaginativa D.
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Piazza Arrnerina, 21 dicembre 1929
Carissimo fratello, nevica. È una ripresa dopo un giorno di sosta. Tutto è bianco. I1 freddo è intenso. Nelina sta con la pelliccia. Ma sta bene. Sto bene anch'io e sento l'entusiasmo al lavoro come sempre quando il freddo è intenso ma non eccessivo. Di Fede sta poco bene, ed è andato a curarsi in casa sua. L'articolo o postilla sul Bontadini potrebbe benissimo farlo SS. il quale conosce il problema. Se io lo sapessi meno occupato e più in forze, lo Aspetto di sentire che le mie ultime cartoline abbiano raggiunto l'effetto circa il nuovo problema sull'intuizione. Ma come giova insistere, come noi abbiamo fatto, su un medesimo problema! Io sento di averne ricavato grandissimo profitto, perché -il problema dell'intuizione (come tu dici accennando nella tua ultima) è il problema dei problemi. Una palingenesi! Ben trovata la parola. Infatti anche la critica dei sistemi contrari si fa in modo più efficace partendo dall'intuizione, unità sintetica e dialettica. TU trovasti di ridire sull'espressione « sensazione, cioè, intuizione ». Spero che vi avrai scoperta la ragion voluta. I1 mio punto di partenza (ricordi?) è stata proprio la sensazione, nella quale scopersi l'intuizione valorizzata. Dir sensazione vale come dire intui~ione=~ercezione del reale che io &amo fisico e tu sensibile. La parola sensazione, in questo tempo che si pensa diversamente anche circa l'intuizione, è un'insegna di lotta, di riscossa, di conquista. Questo ho io sentito. Ora spero di attuarlo in modo più esplicito, più programmatico, più specifico, più palesemente tale. Grazie degli auguri. Io te li ripeto con tutto l'ardore deli'anima mia. Tuo t Mario N e h a ti abbraccia.
[London, Paddington], 22 dicembre 1929
Carissimo fratello, ieri sera aspettavo la tua solita, ma la posta per il Natale non arriva in perfetta regola, quindi l'avrò domattina; io però non voglio
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far passare il 3" giorno, e ti mando questa per dirti che sto bene, grazie a Dio, e che ti sto tanto vicino sempre, ma in questi giorni ancora di più. Sto leggendo l'lntroduction à la Philosophie de la prière di H. Bremond: non tutto mi piace, specialmente nel suo stile, ma m'interessa molto, e vi sono delle cose profonde e viste con un intuito speciale. Egli sostiene che la cosl detta preghiera pratica, non è per sé preghiera, ma ascesi; e chiama asceticismo (nuova parola) l'eccesso dell'uso della preghiera pratica e la confusione con la preghiera pura. La seconda parte è di testi scelti che si riferiscono a questa teoria, che tenderebbe a risolvere la vecchia questione fra gesuiti e antigesuiti. In questo rifiorire di studi mistici, è interessante vedere l'appassionamento di gente anche estranea alle abitudini e alle polemiche religiose. In fondo del pensiero di Bremond c'è sempre un presupposto intuizionista, che oggi circola nell'aria, e che è pura reazione contro il razionalismo sia dogmaticizzante sia antidogmatico. È un fenomeno che merita di essere studiato nelle sue cause e nella sua portata. A questo fenomeno si attacca il rifiorire del pensiero liturgico specialmente in Germania. Mi son fatto venire una recente pubblicazione tedesca (trad. in francese) di R. Guardini sul riguardo. Te ne scriverò appena letta. Ho ricevuto da P. Gemelli il Leibniz di Olgiati l , appena letto te ne scriverò. H o ricevuto il Foscolo, grazie. Che versi belli; me n'ero scordato. A tutti i miei auguri, specialmente a Mons. Fondacaro e a Giovanni. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Atmerina, 24 dicembre 1929
Carissimo fratello, la tua cartolina l'aspettavo ieri sera; non è arrivata nemmeno stamattina. Spero nel pomeriggio. Io sto bene, lieto della compagnia della buona sorella, dolente del suo ritorno in patria. La giornata è di primavera, dopo il cupo e nevoso inverno trovato da Nelina. Scrivo in fretta, perché oggi il tempo lo prendono gli auguri. Ed io rinnovo a te i miei auguri col più vivo affetto. Stanotte staremo LETTERA566. 1. F. OLGIATI, Il significato storico di Leibniz, Vita e Pensiero, Milano 1929.
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uniti a piè del santo Bambino. I n questa novena ho avuto una forte nostalgia di musica. E l'ho un po' secondata. Come siamo curiosi noi poveri mortali. Zanichelli non stampa poesia. Così mi ha fatto rispondere. Tenterò con la Fiorentina. Ma, come ti scrissi, non ho fretta. Di filosofia non ti scrivo oggi. Oggi è poesia. Ed io la sento profonda, e il mio seminario vi concorre intensamente. A Dio piacendo, dopo il pontificale, stanotte, a casa, dirò le due altre messe. H o fatto cosi negli scorsi anni. Ed è un gaudio vivissimo. Non ceno prima, ma dopo, cioè, verso le tre del mattino. E anche questo è poesia. Insomma la poesia o è in noi o la cercheremo invano. Quando non è in noi in atto, possiamo far bei ragionamenti sulle opere d'arte, ma la poesia resta assente. I1 buon Dio ti benedica. Io ti abbraccio. Tuo .f. Mario
[London, Paddington], quasi Mezzanotte del Natale 1929
Carissimo fratello, sono sulle mosse di andare a celebrare le tre SS. Messe a mezzanotte nella Casa delle Suore; e mando a te e a Nelina un pensiero affettuoso, neIl'unione con il Bambin Gesù e la Santa Vergine madre. Che conforto sentirci uniti così. Sto bene. I1 tempo è discreto. H o ricevuto la tua del 18. Godo che stai bene e spero che non ti stancherai con le varie funzioni episcopali di questi giorni. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 25 dicembre 1929
Carissimo fratello, ricevo a momenti la tua del 19 e col piacere dell'inattesa. Mi duole però sapere che lavori con fatica. Smetti per un po', e non forzare la macchina. Te ne prego. Quel che tu mi scrivi è giustisLETTERA568. * Cartolina illustrata: Westminster Abbey e Parliament Square.
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simo. Non è però il problema che io ti ho proposto. Io pongo così il mio problema, che poi non è problema, ma quistione, direi, di tattica. Si parla di filosofia della storia, e di S. Agostino e Bossuet che ne trattarono per i primi, e s'intende con questa parola indicare la ricerca della legge che guida il divenire storico o del piano divino che esso attua. Lo so; questa legge e questo piano, come scrisse SS. è la stessa umanità, la stessa libertà, la stessa storia. E ciò è filosofia. Ma io non posso cancellare quel che altri ha scritto e altri ripete; devo dunque confutarlo. È il tuo punto di vista, che approvo. Ma devo anche valutarlo. È un fatto? Ha un valore? Certo che sì. Ed io a chi cerca la legge, rispondo che fa, senz'altro, storia, che è filosofia; ed a chi cerca il piano divino, rispondo che, se lo cerca nella storia simpliciter, anch'egli fa storia che è filosofia; se poi lo cerca nella rivelazione, fa anche della storia, ma fa della storia che è teologia. Con forme più sintetiche, dirò che i primi fanno la così detta filosofia della storia, i secondi fanno la così dicenda teologia della storia, e questo fecero S. Agostino, Bossuet ecc. Sto bene. Ieri ho finito il mio lavoro sull'educazione, rimasto in tronco pel soprawenir del caldo. Son in tutto dieci capitoli. La rivista esce il 15 dei mesi pari. Però il fascicolo di dicembre è già pronto e spero uscirà presto. Abbracci, tuo f Mario
Piazza Arrnerina, 27 dicembre 1929
Carissimo fratello, la tua del 19 mi giunse il 24, quella del 18 ier sera, e quella del 22 stamattina. Sorpresa sopra sorpresa e gioia. È l'abbondanza! E te ne son gratissimo. La mia del 21 spero abbia recato un po' di luce al problema che tanto m'interessa. Restano però e forse intere, le difficoltà che mi fai con le ultime cartoline. Tento chiarire il mio pensiero che, certo, non giunge chiaro a te. Noi siamo d'accordo in tutto, meno, io ctedo, la parte che riguarda l'atto di memoria. Ora io all'atto che rivive e, come tu dici, rivalorizza la prima intuizione, concedo tutto, meno l'intuizione. Fo un passo indietro. Quando io dico che s'intuisce l'oggetto, non mi son mai sognato di
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dire che s'intuisca il non fenomeno; come nego che il fenomeno sia il non-oggetto. L'oggetto è dinamicità, e questo è la fenomenologia dell'oggetto. Torno al punto. Quando tu credi di intuire nel rivivere una cognizione, tu non fai che rivivere, cioè, fai atto soggettivo non in rapporto al reale estrasoggettivo, ma in rapporto alla cognizione di quello. I1 nuovo che tu scopri, non ti vien che dalla cognizione che rivive diversa, perché noi ci facciamo sempre diversi, e l'identico è un sogno. Questo è ciò che tu chiami « implicito D. Né c'è altro implicito, perché la cognizione o è « l'esplicito », cioè, l'attuale, o non è cognizione. L'atto del rivivere o rivalorizzare è sempre attorno a una data cognizione; è quella cognizione che si fa diversa pel farsi diverso del soggetto. Quando tu vuoi realmente conoscere meglio l'oggetto, è necessario che tu torni a intuire il reale e non la tua cognizione. Sto bene. La santa notte feci il pontificale. Poi in cappella dissi le altre due messe. Assistevano i più grandi del seminario, una ventina. Cantarono bei canti e fecero la comunione, dopo un mio fervorino. Poi essi ebbero dolci e io feci la mia cena. Poesia! Tuo t Mario
[London, Paddington], 28 dicembre 1929
Carissimo fratello, l'ultima tua è del 21, arrivatami il giorno di Natale; ho atteso ieri ed oggi qualche altra, ma la posta tace; domani domenica non c'è posta, bisogna attendere fino a lunedì. Spero che Nelina non abbia preso troppo freddo a Piazza, e che stia bene, perché non ho notizie da Nelina. Io sto bene, grazie a Dio, e in pieno lavoro. S. S. sarebbe disposto fare quella Postilla sul Bontadini, ma egli crede che sarebbe meglio una firma di costà; egli si presterebbe a mandare la trama. Se così va, scrivimi. Circa l'intuizione ti ho scritto una cartolina credo definitiva il 19 di questo mese; e io spero che sui quattro punti da me indicati siamo d'accordo. Solo mi domando se l'uso della parola sensazione come fai tu, e l'accenni nella cartolina del 21 c.m. non possa dar luogo a confusioni, perché per molti indica un sistema sensista, e altri non realizza facilmente la sintesi per l'abitudine mentale della distinzione di senso e intelletto come due
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principii a sé e non combinabili. Ti occorre quindi richiamarti sempre alla tua teoria in modo esplicito e chiaro; e sarà meglio quindi dare una maggiore importanza alla parola intuizione. Ecco la ragione delle mie insistenze nello sviluppare tutto quanto la parola intuizione può dare e oggi dà alla vita del pensiero moderno. A proposito: conosci tu l'opuscolo del P. Picard, S. J., La saisie immédiate de Dieu? Sostiene che in via naturale noi abbiamo la intuizione oscura di Dio e dell'anima. L'opuscolo ha fatto furore in Francia. Lo vuoi? Un abbraccio di cuore, tuo Luigi L'editore francese Vrin ha passato il tuo libro a E. Gilson per il parere definitivo.
Piazza Armerina, 31 dicembre 1929
Carissimo fratello, l'ultima tua è del 22, che io ricevetti il 26. Speravo che la posta mi avesse recato le tue nuove. Nulla. E spero che me ne rechi quella della sera. È l'ultimo giorno del 929. Domani sarà il 930. Passano gli anni e noi con loro. Ma io auguro a te e a me e a Nelina la sorte di quella altra vita dove non ci saranno più calendari. Sto bene. I1 tempo è tornato sereno e tiepido. Bello per noi, ma non per le campagne che aspettano la pioggia. Ripensando a quel che tu mi hai scritto circa la storia, mi viene in mente una maniera forse nuova di sistemare le idee in merito. Tutto è filosofia. L'espressione sarà corretta, se s'intende dire che tutto è conoscenza. Nella conoscenza tutto è filosofia, anche la teologia; tutto è storia, anche la rivelazione. Ma la conoscenza non è pura soggettività, ed è anche oggettività, ed è conoscenza, perché è oggettività. L'oggetto è oggetto conosciuto come oggetto. E come oggetto è quello che è. Noi conoscendo, pensiamo anche a ciò, benché non sapremo mai che cosa sia l'oggetto da sé. O r l'oggetto considerato come oggetto, e' considerate come oggetto le costruzioni della nostra mente, sono il mondo fisico (natura) il mondo trascendente (soprannatura) le arti, le scienze, la teologia. Due aspetti della conoscenza e due aspetti dell'oggetto, non certo separabili, ma certo distinguibili. I1 primo
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è sempre filosofia, il secondo, senza cessare d'esser filosofia, è l'oggetto con gli altri nomi. Aspetto le tue critiche. Tuo Mario
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[London, Paddington], 31 dicembre 1929
Carissimo fratello, eccoci alla fine dell'anno; che il Signore ci conceda di farci migliori nel 1930 e di meglio corrispondere alle sue grazie. Sto bene. Penso alla poesia della tua notte natalizia; anch'io ho goduto nel dire le altre sante messe, ma forse ero più stanco che tu non $ossi. Tu mi dici il 27-XII in primo luogo: « restano intere le difficoltà che mi fai con le ultime cartoline (18, 19 e 22 dicembre) D e poi, dopo un rigo: « noi siamo d'accordo in tutto, io credo, meno la parte che riguarda l'atto della memoria ». Ora io non attacco molta importanza, per la teoria dell'intuizione, d ' a t t o di memoria, e gii ti ho scritto che la lascio indietro come questione marginale. Messo ciò fuori combattimento, io ti domando se siamo davvero « d'accordo in tutto ». I o mi richiamo alla mia cartolina del 7 c.m., della quale ho preso nota, e desidero sapere il tuo pensiero sui miei 4 punti. Passando ad altra questione di pura terminologia, per me l'uso della parola « oggetto » come termine dell'intuizione non è proprio e può dar luogo ad equivoci; l'altro « reale sensibile » è per me più esatto e più comprensivo. Tu nella parola oggetto includi, è vero, la sua fenomenologia, ma spesso si percepisce il fenomeno senza percepire l'oggetto, il quale si può conoscere spesso per via di ragionamento e non di intuizione. La parola oggetto richiama individualità, e spesso l'intuizione non arriva a individualizzare, inoltre richiama un materiale esteso il che non è sempre né si manifesta tale. Ma anche questa è una questione marginale; la principale è quella sulla natura e sul valore dell'intuizione e mi piacerebbe sapere che siamo d'accordo. Se non è così, lascia queste due questioni, e vedi di contraddirmi sulla traccia della mia del 19, che avendone copia, potrò controllare le tue osservazioni. Auguri di nuovo e un caldo abbraccio dal tuo Luigi
Piazza Armerina, 3 gennaio 1930
Carissimo fratello, rispondo ai quattro quesiti della cartolina del 19-12. 1" Con l'intuizione, io ho detto, stampato e dico che si esprime l'oggetto in una creazione (relativa) del soggetto. Escludo la parola valore come impropria o troppo vaga. 2" Nulla da opporre che nell'analisi delle facoltà tu attribuisca l'operazione conoscitiva all'intelletto, sia pure operante in sintesi coi sensi. 3" Nulla da ridire anche qui; tu puoi classificare l'intuizione in esistenziale, affettiva, estetica, ecc. 4" E nemmeno qui ho da ridire. I1 soggetto può bene elaborare in forma analitica le sue intuizioni. Ma da queste domande che cosa cavi più pel problema da te posto nell'intuizione del fatto mnemonico (e non si dice memnemonico)? Nulla. Né son questi i punti in cui noi divergiamo. Fammi mandare l'opuscolo del P. Picard S. J. La saisie immédiate de Dieu l , benché la tesi non mi seduca, perché io penso che ci debba essere il solito equivoco d'interpretazione della nozione intuizionale. Sto bene. Lavoro fervidamente. I1 tempo è dolce e il sole non manca di splendere in giorni serenissimi, benché a volte lasci il campo alle nebbie e alle pioggie. SS. scriva l'articolo quando può in definitiva e lo mandi. I o credo che non sia necessario il nome; quel che preme è la sostanza. Del resto SS. è un collaboratore altamente apprezzato. Nelina scrive che sta bene. Ti abbraccio, tuo t Mario
* Le lettere del 1930 sono in prevalenza scritte su cartoline postali. Si segnalano solo i casi diversi. LETTERA 574. 1. G. PICARD,La saisie immédiate de Dieu dans les états mystiques, Editions Spes, Paris 1923. Cfr. su Picard, lettera 2007, note 1 e 2.
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[London, Paddiigton], 3 gennaio 1930
Carissimo fratello, speravo oggi ricevere la tua solita, ma non è arrivata; non voglio omettere il mio turno, e ti scrivo. Grazie a Dio sto bene. Sei in rapporti col Prof. Guido Manacorda ' ? Ti mando due suoi articoli, che rispondono al sentimento diffuso presso i cattolici francesi e tedeschi, e un po' inglesi, come orientamento di studi e di arte verso il misticismo. Penso che il Prof. Manacorda potrà interessarsi, oltre che alla tua filosofia, alla pubblicazione delle tue poesie. Egli è uno dei consiglieri della Editrice Fiorentina (Via del Corso 3, Firenze) ed è (credo) molto ascoltato, ed ha un fine gusto artistico. Vedi di prendere questa via. E mandagli anche la tua rivista al suo indirizzo di casa Firenze, via Coluccio Salutati n. 22. Io non scrivo a nessuno, quindi non scrivo nemmeno a lui, ma tu gli puoi scrivere direttamente, e forse anche mandargli copia del tuo Neosintetismo. Speravo andare a Parigi e vedere Gilson per la tua traduzione, ma per ora non mi muovo da Londra, fino che non passa il freddo e le tempeste nella Manica. H o letto un libro interessante del Prof. Romano Guardini, professore di filosofia all'università di Berlino; egli è nativo di Verona, ma da bambino la famiglia si trasportò in Germania ed è tedesco. I1 libro tradotto in francese ha il titolo L'Esprit de la Liturgie *. È uno dei suoi scritti giovanili, ma ha intuizioni brillanti, dottrina soda, . e farà molto bene. Se lo vuoi te lo manderò. Ringrazio Mons. Fondacaro degli auguri che ricambio a lui e al Seminario. Nel 2" articolo Manacorda accenna ad una estetica del Trascendente, LETTERA 575. 1. Guido Manacorda (1879-1965), pensatore cristiano, filologo, critico e professore di germanistica neile Università di Napoli e Firenze. Attraverso una lunga riflessione mistica egli giunse a una forma di agostinismo cattolico interpretato soprattutto dal punto di vista estetico. Tra le sue maggiori opere filosofiche si ricordano Verso una nuova mistica, Bologna [1921]; Delle cose supreme, vol. I : U n preludio, Firenze 1950; vol. 11: Nuovi principi di un'estetica del trascendente, ivi 1957. Scrisse anche alcune opere di carattere politico (Il Bolscevismo, Firenze 1942; Cornunisnro e catfolicesimo, ivi 1953) oltre a diversi lavori di apologetica e di traduzione. Césprit de la liturgie, Plon, Paris 1930. 2. R. GUARDINI,
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e cita gli sforzi di Bremond, Gillet e Maritain. I o non conosco le idee estetiche di quest'ultimo; tu lo segui Maritain? Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 6 gennaio 1930
Carissimo fratello, ti scrivo sul punto d'andare alla cattedrale e rispondo alla tua del 31. La quistione dell'oggetto non è così marginale, come tu credi, dato il modo come tu la poni. Io su ciò molto ho scritto e detto. I1 mio neo-sintetismo ne è pieno, proprio là dove parlo della costruttività della conoscenza. Noi non conosciamo intuitivamente che fenomeni. Poi, per ragionamento, priviamo i concetti di essenza, natura, sostanza, ecc. Ma c'è un oggetto senza fenomeni? I1 fenomeno è ciò che si mostra ed è l'attività dell'oggetto, e ogni oggetto è attività. L'intuizione, che attinge solo il fenomeno, è sempre individuante, perché è sempre determinata e particolare, ed è dell'esteso, sempre, perché l'inesteso (lo spirito) non s'intuisce, ma si pensa. E dobbiamo dire oggetto, se vogliamo parlar con esattezza, e dire che intuiamo oggetti, e porterebbe equivoci usare in suo luogo la parola fenomeno. Tu ancora non consenti meco che in parte. Queste quistioni che chiami marginali per me ne son la prova. Ai quattro punti risposi già, e ti dissi che per me su quelli (meno il primo) non c'è dissenso, ma nemmeno vi trovo importanza al caso nostro. Sto bene. Vado a pregar anche per te. Ti abbraccio, tuo t Mario
3. Martin Giiiet ( 1875-1951), teologo domenicano, professore dell'Institut Catholique di Parigi, fu arcivescovo e maestro generale deli'ordine. Scrisse fra le altre opere Il fondamento intellettuale della morale secondo Aristotele (1905) e San Tommaso d'Aquino (1949).
LUIGI E MARIO STURZO
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[London, Paddington], 6 gennaio 1930
Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 31 dicembre. I n questo periodo la posta è irregolare: io ti ho scritto il 25, 28 e 31 dicembre, e il 3 gennaio. Spero che avrai ricevuto tutte le mie cartoline. Sto bene, grazie a Dio, e in pieno lavoro. Circa la storia, siamo bene d'accordo: tutto è filosofia in quanto tutto è conoscenza; la storia, serie di fatti umani, come la natura fisica, serie di fenomeni, è materiale di conoscenza; la storia e la natura fisica, interpretati, sono filosofia. Fin qui siamo sul terreno della razionalità (e trascendenza), ma non del mistero. Ma nella storia si inseriscono fatti misteriosi, affermazioni incomprensibili alla ragione, ma comprensibili come fatti e come dati. La interpretazione razionale, filosofica, non è sdìciente ad essa; occorre una interpretazione diretta, ed è la rivelazione sulla quale, per quanto è possibile, anche si ragiona. Questa, come cognizione è filosofia anche essa (teologia), pur su dato di mistero, ma come virtù interiore è fede, è partecipazione al mondo sopranaturale, è vita sopranaturale e quindi soprarazionale. Questa vita spirituale - mistica, invisibile, che si completa nell'altra vita, ma che qui è anche vita sociale (corpo mistico) possiamo se ti piace chiamarla soprastoria, ma quella invece visibile, di fatti umani, o resi tali nel tempo e nello spazio, sono storia umana, come è la vita terrena della Chiesa da Gesù Cristo sino alla fine dei secoli. Credo che la tua idea e la mia convergono. Solo tu ne fai come una oggettivazione, le arti, le scienze e la teologia; cosa che a me non sembra perfettamente esatto, né sullo stesso piano. Ma questo è un dettaglio forse di espressione. Ho comprato il Saint Augustin di Gilson l, quando lo avrò letto, te lo spedisco. Un abbraccio Luigi
LEWRA 577. 1. Cfr. E. GILSON,Introduction à I'érude de Saint Augusiin, cit.
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[London, Paddington], 8 gennaio 1930
Carissimo fratello, nella tua del 3 c.m., dopo aver risposto ai miei quattro punti, mi domandi: « Ma da queste domande che cosa cavi più pel problema dell'intuizione del fatto mnemonico? Nulla». Ed è così; ma le quattro domande non si riferiscono alla questione mnemonica. Questa fu da me sollevata unicamente per provare che l'uso della parola intuizione dell'oggetto non fosse propria e adatta a includere tutti i casi di intuizione. Allora credevo che tu fossi d'accordo con me ad ammettere l'intuizione del fantasma mnemonico. Rigettato da te questo dato di fatto di natura psicologica, io non posso più usarlo verso di te come argomento nella questione dell'uso della parola oggetto. E l'ho lasciato lì; tanto più che secondo me, è una questione psicologica e non gnoseologica. Ecco perché ti ho scritto che questa è una questione marginale, secondaria, e per me di importanza assai relativa. Ciò posto, e chiusa la parentesi, torniamo alla questione principale. Sono lieto che tu non trovi a ridire sui miei quattro punti, tranne che sulla frase intuizione di valore. Ma poiché la intuizione nel tuo sistema ha un carattere determinato e preciso, diverso dal significato o dai significati che si danno in filosofia alla parola intuizione, conviene identificarla. Tu la chiami spesso: sensazione=intuizione, o percezione=intuizione; e queste frasi sono le stesse di quelle che sono usate da Croce o che vogliono essere usate dai .sensisti. Potresti chiamarla intuizione sintetica ovvero intuizione creatrice, ovvero intuizione di valore. Ma, credimi, sei costretto a dare una qualifìcazione alla intuizione nel tuo sistema. L'altro dissenso è nell'uso della parola oggetto: - io, tutto sommato, insisto nelle parole reale sensibile, e non trovo ragione perché tu non debba accettarle. In conclusione, credo che potrebbe dirsi che la base del tuo sistema gnoseologico è nell'intuizione sintetica del reale sensibile. Sto bene; preghiamo per i nostri cari, in questo mese di amari e dolci ricordi. Un abbraccio, tuo Luigi
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579 Piazza Armerina, 9 gennaio 1930
Carissimo fratello, domani è il 33 anniversario della morte di mamà, il 20 il secondo della morte di Suor Giuseppina, il 24 il trentesimoprimo della morte di papà. Che mese! Saremo uniti nella preghiera di suffragio e ci purificheremo meglio al pensiero delle virtù dei nostri cari. Una estetica del trascendente? La comprendi tu? S. Tommaso parla della bellezza di Dio, ma non può farla consistere che in nozioni del presente: luce, integrità, armonia, ecc. Tempo perduto! Non seguo Maritain; non mette il conto. È uno scolastico impenitente. Che se ne potrebbe cavare? Un tempo seguivo Gillet. È un domenicano che cerca di cavar profitto dalla psicologia moderna. Profitto illusorio, giacché, rimanendo la filosofia quella di prima, anche gli sforzi della psicologia restano inefficaci, perché non è possibile separare questa da quella. H o fatto scrivere a Giuliotti pei sonetti. Quando avrà risposto, vedrò se è il caso di fare scrivere a Manacorda. Sto bene. I1 tempo è mite e anima al lavoro. Di intuizione non ti scrivo, perché non avrei di che scriverti. Aspetto su ciò le tue cartoline circa quanto nelle mie ultime ho accennato. Ricevesti le tragedie? Ti prego farmelo sapere per mia norma. Prega per me e credimi tuo t Mario
[london, Paddington], 11 gennaio 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 6 , e rispondo subito. S.S. è disposto a fare la Postilla su Bontadini ma in febbraio; del resto, egli dice, avete già altra postilla per il numero del 1" bimestre. Non ho mai detto di usare la frase: intuizione dei fenomeni, ma l'altra più generica e comprensiva dei fenomeni e deli'oggetto, cioè reale sensibile. I1 perché te l'ho già scritto, ed è chiaro da sé. L'intuizione esiste anche se noi non attingiamo l'oggetto o non lo individuiamo, o non lo individuiamo bene. Di più l'intuizione può raggiungere l'oggetto
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quasi prescindendo dai fenomeni, o viceversa raggiungere il fenomeno senza conoscere l'oggetto o prescindendo dall'oggetto. Inoltre le individualità oggettive spesso ci sono sconosciute e quelle che conosciamo non le conosciamo bene; spesso prendiamo per oggetto individuato una individuazione fatta da noi, subiettiva. Tutto ciò è un Iato della questione. Ma c'è ancora tutto il linguaggio simbolico, e anche il comune è in certo modo simbolico, può crearci stati d'animo emozionali che si basano su elementi intuitivi. Quando leggo « conobbi il tremolar de la marina » ' ho una emozione estetica e una rappresentazione fantastica, basate su intuizioni o precedenti o rinnovellate. Se questo non ammetti, dovresti negare all'intuizione estetica il campo poetico e quello musicale. O attribuirla solo a fatti elementari del ritmo senza concomitanza di immagini. Se tu ammetti la intuizione estetica, che è concomitante alla emozione estetica, non puoi negare l'uso della frase generica intuizione del sensibile reale. Ma vedo che io insisto troppo, e forse non ti comprendo perché tendo ad ampliare il campo intuitivo ed a restringere quello ragionativo. Pur troppo è il clima della mentalità odierna. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 13 gennaio 1930
Carissimo fratello, ieri non ebbi tempo di scriverti. È un ritardo che spero compensarti al piiì presto. Circa la storia siamo ben d'accordo, tranne come noti tu stesso nella tua ultima, il punto che tu chiami oggettivazione. I o però credo che forse la differenza sarà più nelle espressioni che nel pensiero. La filosofia è storia, o meglio, la storia è filosofia e filosofia sono (e storia) le arti, le scienze, la politica, ecc. Però storia e filosofia coincidono in quanto sono pensiero. Non più quando la filosofia si considera come metodologia. In quanto metodologia essa guida se stessa e guida tutte le altre attività del pensiero. Presa cosi la filosofia, hanno luogo le distinzioni sopra cennate LETTERA580. 1. Cfr. DANTE ALIGHIERI, Divina Commedia, Purgatorio, I, v. 117.
canto
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cioè di arte, scienze, ecc. che sono bensì storia, ma sono anche dati elementi distinguibili tanto, che danno luogo a trattati speciali. Ora io son sicuro che tu non intenda negare questo. Croce non lo nega, anzi l'afferma. Sto bene. I1 tempo fra qualche pioggia e qualche po' di vento, in media si mantiene mite. Correggendo le bozze del prossimo numero della rivista ho fermato l'attenzione su una postilla di SS. Storia.filoCogica, ecc.'. È un piccolo capolavoro. Desidero sapere se hai ricevuto le tragedie di Shakespeare. Ciò ti ho chiesto più volte. Godo che stai bene e lavori di lena. Prego per te. E tu prega pel tuo Mario
[London, Paddington], 13 gennaio 1930
Carissimo fratello, certo questo è il mese più doloroso e più caro per i nostri affetti familiari, e la preghiera sola ci dà conforto a sperare per noi e i nostri cari. Ti mando i più fervidi auguri per l'onomastico e pregherò per te in modo speciale. Ricevetti le tragedie di Sofocle, non quelle di Shakespeare. Grazie. Ho fatto il bilancio della nostra discussione sull'intuizione, e per me la trovo attiva, in quanto io ho meglio penetrato il tuo punto di vista dell'intuizione base della coLETTERA581. l. Cfr. L. STURZO,Sto& filologica e storia filosofica, in <( Rivista di autoformazione », gennaio-febbraio 1930, p. 28 ss. Prendendo spunto dal volume di Louis Bertrand su Filippo 11, Sturzo si chiedeva <( se la storia filologica può dare dei risultati reali riguardo la verità storica, e se noi potremo mai attingere la verità storica nella sua pura oggettività S. Sturzo definiva storia fiologica u quella che cerca di conoscere i fatti concreti attraverso la migiiore documentazione possibile, e quindi con la critica dei documenti tende alla ricostruzione degii awenimenti e delle personalità storiche D. Pur riconoscendo che lo studio fiiologico è u importantissimo, serve a precisare elementi, a sgombrare errori, a dissipare le tenebre che circondano ii passato deli'umanità B, S t u m sosteneva che anche attraverso lo studio fiiologico, contrariamente alle tesi positivistiche, non era possibile pervenire alla storia pura, obbiettiva, che non è << mai esistita e mai esisterà né c'è ragione che esista D. S m però non concludeva la sua postilla con un'affermazione scettica, ma con ii riconoscimento della realtà del discorso storico: a Ogni pericolo di subiettivismo è eliminato se noi ammettiamo la realtà del fenomenico, come realtà distinta da noi, aoè estrasoggettiva; e ogni pericolo di scetticismo è tolto, quando ammettiamo che noi possiamo attingere tale realtà estrasoggettiva, che noi facciamo nostra e ricostruiamo come pensiero e come vita pratica ».
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noscenza oggettiva in sintesi intellezione e sensazione. Se poi io nel precisarla secondo il mio modo di sentire la chiamo intuizione di valore del reale sensibile, non fo che rendere in termini per me più chiari e comprensivi quello stesso che tu chiami sensazione-intuizione dell'oggetto. Ora fo punto su questo argomento, che potrò forse riprendere tra due o tre mesi, quando nel mio intimo si sarà elaborato da sé e senza ulteriori sforzi volitivi una migliore « intuizione » (in senso lato e diverso) del problema e dei suoi termini! Spero che tu ritornerai sul problema della storia e mi dirai se convieni con la mia formulazione. È questo un problema che mi si ripresenta spesso, perché non sono contento del modo come mi esprimo. Sto bene e lavoro. I1 tempo variabilissimo, passiamo dalla neve al tepore nello stesso giorno, e la notte vento e tempesta come stanotte. L'ultima di Nelina è del 4 c.m. Spero mi arrivi stasera qualche cartolina. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 16 gennaio 1930
Carissimo fratello, alla tua de11'8 rispondo facendoti osservare che io prendo la parola intuizione nel suo senso ovvio e stretto. Basta che io ciò avverta e faccia avvertire. Cangiare parola sarebbe errore. Alla tua dell'li non so quasi rispondere, perché tu affermi cose che distruggono ogni punto di accordo col mio pensiero. I o nego senz'altro tutto quello che tu affermi, cioè che l'intuizione possa essere inindivinata e possa cogliere ora il fenomeno ora l'oggetto. No. L'intuizione coglie solo i fenomeni; l'oggetto fuori o senza i fenomeni non si coglie mai dall'intuizione, ma si pensa per costruzione mentale. E coglie sempre distinzioni, proprio perchi è l'atto che per natura distingue, e quindi individua. L'indistinto può esser solo effetto di qualche vizio o di processo o di vanità. Bada all'elemento oggettivo dell'intuizione. Esso non è, come tu vuoi il reale sensibile, ma il reale insensibile. Anche quando comunichiamo con l'uomo, noi non abbiamo altro elemento oggettivo che il suono della voce, le forme o atteggiamenti del corpo, ecc. Arrivati al sensibile siamo già nel-
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l'atto intuitivo. L'intuizione si compie dagli elementi soggettivi. « Conobbi il tremolar della marina D. Tu qui dici bene. È un derivato da precedenti intuizioni. Io soggiungo: è creazione su elementi intuitivi posseduti. Sto bene. Lavoro. SS. faccia col suo maggior comodo. Prega pel tuo t Mario
[London, Paddington], 17 gennaio 1930
Carissimo fratello, ieri sono stato tutto il giorno ad attendere la tua solita cartolina, che è arrivata oggi. Ti scrissi che non ho ricevuto lo Shakespeare; non mi scrivi se vuoi il Gilson e il Romano Guardini. I1 P. Picard lo regalai alla Superiore del mio Convento di Suore; ma ne farò venire altra copia. Non ricordo in qual senso io abbia usata la parola oggettiuazione a proposito della Storia-Filosofia, e quindi non prendo bene il tuo rilievo. Si comprende che quando si parla di storia-filosofia si intende pensiero e non metodologia, ma pensiero sistemato, organico, di valutazione, e non semplice simbolo della realtà transeunte. Comunque, la questione della teologia della storia non può essere guardata come un elemento per se stante, ma deve far parte della Teologia Rivelata ed entrare in quel sistema di pensiero. Ma tutta la Teologia come valore di pensiero e come storia reale diviene Filosofia-Storia. Forse queste espressioni e formule possono suonare male, ma il senso mi pare esatto e ortodosso. Non ho tempo a studiare questo tema, per ora, ma mi interessa assai. H o letto un volgarizzamento degli inni di Prudenzio (Gli inni della giornata cristiana) Firenze Libreria Ed. La Fiorentina l . Ci sono belle cose, ma non mi soddisfa il tipo di volgarizzamento. Conosci tu questo piccolo libro? Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
LETTERA584. 1. PRUDENZIO, Gli inni delfa giornata cristiana, Libreria editrice La Fiorentina, Firenze 1929.
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Piazza Armerina, 20 gennaio 1930
Carissimo fratello, ieri fui così preso tutta la giornata, da non si dire. Ed eccomi con te di nuovo in ritardo. Ti ringrazio degli auguri. Oggi è il secondo anniversario della morte della nostra pia e buona sorella Remigia '. Ho celebrato per la sua bell'anima. Le tragedie di Shakespeare furono per te ordinate al tipografo Marietti verso la fine di novembre. Faccio subito scrivere per esser assicurato della spedizione e dei possibili reclami. Se me lo avessi scritto prima, sarebbe stato meglio. Sto bene. L'inverno decorre mite. I1 freddo - pochi giorni - fu riserbato per la fugace venuta di Nelina. Che ci si fa! Anche lo scorso anno venne nel tempo peggiore. Sento anch'io che occorre tornare sul problema della storia. All'uopo aspetto che tu mi risponda circa la distinzione da me ripetuta di filosofia e metodologia. Questo mi sembra il punto di partenza. Se tu non consenti con me su tal punto, si aprirà la discussione. E senza un vero contrasto, nessuna discussione dura né giova. Prega per me, come io faccio per te sempre. Tuo t Mario
[London, Paddingtonl, 20 gennaio 1930
Carissimo fratello, tutto il giorno mi pare di essere stato più vicino che mai alla cara Suor Giuseppina. Come saremo felici il giorno che saremo tutti in cielo. Prega per me che anche io ottenga una tale grazia. Ho ricevuto la tua del 16 c.m. Non riprendo più il tema della intuizione, perché, non ostante le tue impressioni, io mi sento più che mai convinto della tua teoria nella sua sostanza: e sulle questioni che io chiamo marginali ci vo pensando. Intanto non voglio lasciar passare un equivoco che forse il mio affrettato fraseggio cartolinesco LETTERA585. 1. La sorella che si fece suora con il nome di Giuseppina. 2. Luigi annota in calce: s 24.1. Tetraiogia Crist. Storia Filosof. ».
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ha potuto ingenerare. Quando tu dici intuizione dell'oggetto, per oggetto intendi certo il concreto fisico individuato; così lo prendo io, e non come la sostanza metafisica (reale insensibile). Tanto è vero che nella cartolina tu scrivi: « arrivati al sensibile siamo nell'atto intuitivo ». Ora come puoi scrivere che « l'elemento oggettivo dell'intuizione non è il reale sensibile, ma il reale insensibile »? La mia distinzione dell'intuizione dei fenomeni e di quella dell'oggetto (cioè dell'individuo concreto) è un dato di fatto; perché noi possiamo intuire il fenomeno senza intuire l'individuo; o intuire l'individuo senza avere intuizione di tutti i fenomeni che lo manifestano. Ciò ti ho scritto per provare che la mia formula reale sensibile è più comprensiva di oggetto. Tanto è vero ciò che noi abbiamo bisogno, parlando e sentendo, di poter dare come una propria individualità ai fenomeni, prescindendo dagli oggetti. Credo che tutta la dif£icoltà in me deriva dal significato che io do ai vocaboli, secondo il linguaggio non strettamente aderente al sistema. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 24 gennaio 1930
Carissimo fratello, anche oggi i ricordi carissimi e intimi ci uniscono nella preghiera. Sto bene. Rispondo subito, ma è già un giorno di ritardo con il mio solito turno di cartoline. Mi pareva di averti scritto che sono d'accordo con la tua distinzione di filosofia e metodologia. Veramente, nel caso, mi sembra più adatta quella che tu fai nel neo-sintetismo di filosofia in concreto = storia, e in astratto = sistemazione logica, e di filosofia al plurale = sistemi determinati. Dato il primo significato, cioè F = storia, ogni storicizzazione del soprannaturale diviene filosofia. Credo che sul resto siamo d'accordo. Quando riceverai la Tetralogia Cristiana ' ti prego di leggerla e di LETTERA587. 1. Sturzo fece leggere a Londra a Croce, durante il congresso internazionale di filosofia che si tenne a M o r d dal lo al 3 settembre 1930, il testo del suo dramma IL ciclo della creazione. (Sul congresso londinese cfr. n. 2 deiia lettera 639). Sturzo inviò a Croce il lo settembre 1932 una copia stampata del dramma in cui, tra l'altro, rivelava: «Mi sono indotto a pubblicare il Ciclo
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scrivermi non solo le tue impressioni, ma le tue critiche. Bada che si tratta di un testo provvisorio, come è messo in calce. Non c'è fretta. Attendo la tua Rivista. « La Critica » è più letteraria che filosofica, però insinua sempre le idee fondamentali del suo pensiero. Mandami qualche numero della rivista « Tradizione » per vederne il tipo. Non ho ancora cominciato a leggere il S. Agostino di Gilson. Ho invece per le mani una traduzione francese di Scivias di Santa Hildegarda *. Te ne scriverò. Hai notizie per i tuoi sonetti? Tornando alla storia io non ho contrasto col tuo pensiero, io ho dei dubbi sul mio e tuo pensiero, ma dubbi vaghi e imprecisi. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 27 gennaio 1930
Carissimo fratello, anche a questa volta mi trovo in ritardo. Colpa del lavoro pressante. Spero fra qualche giorno tornare alla normalità. Sto bene. Il tempo è mite, ma oscuro. Dunque dissi e confermo che l'elemento oggettivo dell'intuizione è l'insensibile - Mi spiego. Sensibile significa - dotato di senso e atto a esser sentito - E della Creazione per superare un ostacolo al mio lavoro ordinario, perché questo Poema ... andava di giorno in giorno divenendo un peso, che non mi faceva andare avanti nella correzione del mio libro su Chiesa e Stato. Ora mi sento più libero. La prego di leggere la scena del Filosofo (p. 215 e ss.). Quando la scrissi pensai al suo atteggiamento e alla sua figura nella presente situazione ». La lettera di Sturzo in F. BATTAGLIA, Croce e i fratelli Mario e Luigi Sturzo, Ravenna 1973, p. 143. A Oxford, due anni prima, quando Croce lesse il poema di Sturzo, sembra abbia detto: «Don Sturzo, non vi pare che i vostri angeli ribelli dicano parole e formule ed emettano gridi assai fascistici, che pare strano che già risuonassero in tempi cosi remoti, prima deiia creazione del mondo? ». Stuno avrebbe riso e ammesso: «La lingua batte dove il dente duole ». Su questo episodio, cfr. il testo di Croce, Esuli, scritto a Sorrento nel 1944, riportato per la prima volta in F. BATTAGLIA, Croce e i fratelli Mario e Luigi Sturzo, cit., pp. 134-135, e G. DE Rosa, Sturzo, Torino 1977, pp. 378-79. Diversa la versione che dette Sturzo dell'incontro a Londra con Croce e della discussione sul Ciclo della creazione. La deduciamo da una lettera inedita che Sturzo diresse al prof. Massimo Petrocchi, conservata tra le Carte di Don Giuseppe De Luca. A tale proposito si vedano le note 71 e 72 dellJIntroduzione a questo carteggio. 2. Santa Ildegarda di Bingen, mistica benedettina, nacque nel 1098, mori nel 1179. Le sue opere principali sono il Liber Sciuias (1145-51), il Lber uitae meritortim (1159-1164), il Liber divinarum operurn (1164-1170).
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dunque parola che può dar luogo all'equivoco. Io conservo sensibile per indicare senziente, e cerco altre parole per indicare il mondo non senziente. Ora il rapporto intuitivo comincia ad attuarsi fra i fenomeni corporei, luce, suoni, ecc. e la fisiologicità del soggetto, perché qui c'è affinità, mentre fra detti fenomeni e la sensibilità in quanto tale, affinità non ce n'è. È il ponte dell'asino degli idealisti questo problema mal posto. Ecco perché da sei anni adopero sempre un linguaggio atto a evitare l'equivoco, contro del quale tu da sei anni combatti senza tregua. I1 campo conoscitivo è campo chiuSO. Questo fatto, accentuato un po', mena all'idealismo. Inteso a dovere, mena al sintetismo. Voglio dire: nel campo conoscitivo non si entra che attraverso la fisiologicità del corpo umano. Sono i centri nervosi, unità-dualità di fisiologico e sensitivo, che fanno la traduzione dell'insensibile in sentito. E così il campo conoscitivo, si apre al mondo esterno, e nello stesso tempo resta campo chiuso, in quanto conoscitivo, Ed io dico: nella conoscenza c'è il mondo esterno, non quanto all'essere (che rimane esterno), ma quanto al conoscere. Vedi se ho ragione di difendere la mia terminologia. Le parole che non sono idee? Ed ora aspetto i tuoi assalti. Abbracci, tuo
t
Mario
[London, Paddington], 27 gennaio 1930
Carissimo fratello, il parere di Gilson è che il libro è molto importante, teme però che l'editore non ci prenda tutte le spese. Un amico mi ha consigliato di garantire un certo numero per la vendita - ma io non so decidermi. Inoltre, si dovrebbe vedere se si potesse ridurre di un quinto o un quartc. Tu che ne dici? Sto bene, ho ricevuto la tua del 23. Per il momento non posso dirti nulla circa il S. Agostino di Gilson perché non l'ho cominciato a leggere. Come mi dispiace sentire la morte di Mons. Ferraris; era un vero apostolo, credo quello che ci voleva per Catania. Ma egli è già al premio. H o letto con interesse l'articolo di Guido de Ruggiero su Hamelin l , e trovo e
LETTERA589. 1. Cfr. G. DE RUGGIERO, Note sulla più recente filosofia europea - V I I . Hamelin, in « La Critica n 20 gennaio 1930, p. 30. Octave Hamelin,
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che la costruzione logica di questo autore ha una importanza notevole, come studio critico della logica hegeliana e dei continuatori. Peccato, per quel che vedo che il suo trascendentalismo sia così zoppicante, ma forse sarà bene leggere il suo libro. Che ne dici? M'interessa molto l'idea delle serie dialettiche positive di integrazione, invece della dialettica dei contraddittori di Hegel. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 30 gennaio 1930
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 24, in fretta, perché son tutto preso dal lavoro. Sto bene, e, lavoro, grazie a Dio, fervidamente. I sonetti aspettano la risposta della Fiorentina, che ormai tarda troppo e ciò non fa sperare bene. Sarà pel meglio. Anch'io sento qualcosa, che non so definire, circa il'concetto di storia. Occorrerebbe una discussione come quella dell'intuizione per arrivare a vederci chiaro. Ma i contrasti non si inventano, quando non ci sono. Ti manderò il primo numero di questo nuovo anno della « Tradizione » appena uscirà. La nostra rivista dovrebbe uscire il 15 febbraio, ma è già pronta e la riceverai fra qualche giorno. La postilla sulla cosa in sé ', (1856-1907), professore a Bordeaux e alla Sorbona, discepolo di Renouvier, sviluppò la sua filosofia in una direzione idealista e deista. LETTERA590. 1. Cfr. M. STURZO, Circa il problema della cosa in sé, in « Rivista di autoformazione », gennaio-febbraio 1930, p. 35. Così esordisce l'articolo di Mario Sturzo: « 1) La cosa in sé. La cosa in sé non è l'essenza, ma tutto l'oggetto, con tutte le sue determinazioni essenziali e accidentali. È l'oggetto, o meglio, son gli esseri, quali esistono nella lor pura oggettività, fuori d'ogni rapporto con qualche soggetto conoscente. 2 ) La cosa in sé, considerata come oggetfo, non è che un'astraxione. La cosa in sé, considerata come oggetto è ciò che si oppone a un qualche soggetto; giacché, se questa opposizione mancasse, non solo non sarebbe oggetto, ma nemmeno sarebbe concepibile. Chi dice oggetto, dice anche contingente, cioè, dice cosa, che ha la ragion dei suo essere, non in sé ma in un altro; e, con ciò, dice cosa, che esiste, perché un altro la fa esistere e che, se non ci fosse chi le desse l'essere, non esisterebbe. Se questo è l'oggetto, sarà sempre relativo a qualche soggetto, e non sarà mai h o r i d'un tal rapporto, perché se non fosse relativo, sarebbe assoluto, sarebbe soggetto, presa questa parola nel suo più alto significato.
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che fu scritta due anni fa, vuol essere una risposta a certa critica di D'Angelo a un mio articolo, dove dicevo che la cosa in sé non è conoscibile, e poi, più avanti dicevo che è fisicità. Bada che il punto preciso della risposta è verso la fine. Aspetto di sapere se la troverai concludente. Aspetto la Tetralogia Cristiana, che potrò leggere più in là, ora non ho tempo. Ti abbraccio, tuo t Mario
Ne viene che dir cosa in sé e dire oggetto, è dire l'assurdo. L'oggetto come cosa i n sé, non esiste né può esistere. Quando dunque se ne parla, non si fa che un'astrazione, perché si suppone che l'oggetto sia queiio che di fatti non è. 3) La cosa i n sé, considerata come soggetto, non è che Dio. La cosa in sé, considerata come soggetto, è l'assoluto. L'assoluto è Dio. Vero è che noi adoperiamo la parola assoluto anche per indicare cose che Dio non sono; ma è anche vero che, ciò facendo, noi non l'adoperiamo che in senso lato. Si suo1 due che, almeno l'idea, si deve reputare assoluta, e tale di fatti la reputano non pochi filosofi, ma se ciò si dice sul serio, si commette un errore. Secondo gli aristotelici le idee son assolute e quindi anche eterne, perché per loro, son l'attuazione deii'universale unte rem che esiste in Dio. Or, come nota S. Tommaso, l'univertale, che è una povera contraffazione del Dio dei Cristiani. Per un Io che si pone nessuno direbbe che tutte le cose create sono assolute, perché il lor Primo Principio è assoluto; cos'i nessuno può fare un'eccezione per le idee. Dio infatti non produce le cose per emanazione, perché, in tal caso, produrrebbe diviniti, la qual produzione è impossibile; Dio non produce le cose, ma le crea, e creandole, non le fa assolute, perché ciò non è possibile, ma le fa relative. E tutto nel mondo è relativo [...l. Secondo gli idealisti, non solo son assolute le idee, ma è assoluto ogni atto dell'uomo, compresa la sensazione, come dice Giovanni Gentile. Però l'assolutezza degli idealisti è molto diversa dall'assolutezza degli scolastici, che poi è la vera assolutezza. Pei primi è assoluto ciò che è quello che poteva essere, anche gli atti umani che noi reputiamo difettivi, come dice lo stesso Gentile. Però, in ultimo, la ragione di questa curiosa assolutezza degl'idealisti va cercata nell'Io trascendentale, che è una povera contraffazione del Dio dei Cristiani. Per un Io che si pone come un Dio e, neilo stesso tempo, si pone come incosciente, e solo cosciente nei singoli Io, che son gli uomini, atto e non individui, è, se si vuole, un dio da commedia, ma certamente non è un dio da filosofia [...l P. Nella parte finale della postilla, Mario Stuno sosteneva che noi affermiamo l'assolutezza di Dio, anche se non la conosciamo: u Che importa che nella nostra conoscenza l'assolutezza in sé non si trova? [...l l'affermiamo come irrelativa a noi, benché noi siamo relativi ad essa; la pensiamo come cosa in sé, senza però comprenderne l'intimo nesso ».
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[London, Paddingtonl, 31 gennaio 1930
Carissimo fratello, vedo che devi avere molta pazienza con me, ma solo così potrai vincere tutte le mie innumere difficoltà e incomprensioni. Fra le altre l'uso speciale e un po' ermetico delle parole. Sensibile ha per significato comune e principale quello di atto possibile ad essere compreso per mezzo dei sensi, e indica perciò l'oggetto e non il soggetto che è indicato con la parola senziente. Questo il linguaggio comune dal quale io non mi distaccherei che in via molto eccezionale. Detto ciò-di passando, debbo confessarti che non avevo compreso la parola insensibile nel senso di « oggetto del senziente D e quindi mi andò il pensiero alla sostanza metafisica, il che mi diede una enorme confusione. Ora, dopo la cartolina del 27 c.m. vedo chiaro quel che tu volevi dire; ma io non ho mai negato un tale rapporto tra soggetto fisico-psichico (che è uno) e l'oggetto-fenomenico; è la base del tuo sistema che accetto e che non è in discussione fra noi. La discussione è (per ora) se è migliore l'uso delle parole intuizione dell'oggetto, o intuizione del sensibile concreto. Ora comprendo perché &n ti piace la parola sensibile, che tu riferisci al soggetto più che all'oggetto; ma io sfido chiunque se nella mia frase possa comprendere il soggetto invece dell'oggetto. La parola sensibile a me soddisfa, perché mi dà l'idea di quel che può essere percepito dall'uomo a mezzo dei sensi, sicché si esclude quello a cui i sensi non arrivano di fatto o non possono arrivare per natura loro. Del resto, se tu invece di usare oggetto, usassi la parola oggettivo, cioè intuizione dell'oggettivo, io potrei avvicinarmi alla tua frase, in quanto ogni dato esterno e sensibile (nel significato generale) è oggettivo, anche se non è un oggetto individuo. Spero ora di essermi spiegato molto chiaramente; e niente assalti, caro fratello, ma desiderio di chiarezza. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi Rileggendo la cartolina, vedo che non mi piace « oggettivo D. La pura subiettività dell'oggetto sentito è una teoria così poco diffusa anche tra gli hegeliani fuori d'Italia che non viene affatto alla mente di nessuno nella cultura generale letterario-storica.
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[London, Paddington], 3 febbraio 1930
Carissimo fratello, godo assai che stai bene e che lavori di lena; anch'io sto bene e lavoro, ma non di lena, ché di tanto in tanto mi prende la stanchezza. Ti prego di avvisarmi quando avrai nelle tue mani la Tetralogia Cristiana. SS. ti manderà uno studio, credo un po' lungo, sul quale desidera solo la tua critica e il tuo parere, ma non è destinato a essere pubblicato almeno per ora. Circa la storia non c'è contrasto fra noi, ma ricerca; io ne fo un largo uso, perché tendo di per me ad un largo relativismo storico; ma il punto centrale del rapporto con il sopra-natura non so precisarlo se non come già ti ho scritto. E se non ne sono soddisfatto appieno non è perché mi sembra erroneo quel che ho scritto, ma perché non lo vedo in piena luce. Aspetto tua risposta circa la possibilità di combinare l'edizione francese, al più presto. Ma temo che tu non trovi possibile la riduzione di un quarto o un quinto. Ho letto la Spiritualité médiévale di Félix Vernet l; è un buon manualetto per conoscere scritti, libri e teorie ascetiche e mistiche del Medio Evo, fatto con accuratezza, precisione e schematismo. Credo adatto per i teologi; conoscono i tuoi la lingua francese? o forse si potrebbe domandare alla Fiorentina di tradurlo e pubblicarlo. L'Editore è Bloud et Gay - 3, rue Garancière - Paris (VI). Non so il prezzo perché io l'ho avuto in regalo; e non c'è nella copertina. Non ho ancora ricevuto le tragedie di Shakespeare. Andrai da Nelina prima che parte per Roma? E tu andrai a Roma in primavera? Prima o dopo Pasqua? Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
LETTERA592. 1. Cfr. F. VEBNET,La spiritdité rnédiévale, Bloud et Gay, Paris 1929.
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Piazza Armerina, 7 febbraio 1930
Carissimo fratello, ritardo e fretta ... anche a questa volta. Spero che ti abbia in parte compensato la rivista. Sto bene nella gioia del lavoro incalzante. I1 tempo è mite, benché piovoso. Ebbi la tua del 21. Sulla parola oggetto non c'è da discutere, perché è la parola propria e d'uso. È anche la corrispondente alla parola soggetto. E non bisogna cavillar circa la lingua, se non si vuol tornare (per altro verso) a P. Cesari. Parliamo di storia. Noi diciamo che tutto è storia e tutto è filosofia. Poi, quando, per esempio lo scienziato nega Dio, perché a ciò lo menano le sue costruzioni, diciamo che passa in campo non proprio, cioè, nel campo della filosofia. Tutte espressioni giuste. Resta però a precisar meglio il carattere di filosofia, in quanto domina tutte le attività del pensiero (arte, scienza, politica, ecc.) e se ne distingue. È una considerazione astratta questa? Penso che no. Aspetto il tuo parere. Le tue persistenze nella polemica mi fanno tanto bene, perché mi fanno pensare e riflettere. Attendo le tue nuove - spero - a vespro. Tuo t Mario
[London, Paddington], 7 febbraio 1930
Carissimo fratello, aspetto di leggere il tuo studio sulla teoria deIl'unità sintetica, e forse sarà bene pubblicare questa prima qui o in Francia. H o ricevuto le Sintesi Sociali e le quattro copie della Rivista; già cominciavo a dubitare che mi fosse stata spedita la Rivista perché altri l'ha ricevuta quattro o cinque giorni fa, ed io no. H o letto subito i sonetti; come si fa? La poesia attira più che la filosofia; cioè la trattazione filosofica. Mi sono piaciuti tanto! Peccato che non riesci ancora a metterli su in un bel libro; ma forse non è male aspettare; te ne vengono di così belli e giovanili. H o letto anche Il problema della cosa in sé, e sono pienamente d'accordo. Sentirò fra giorni D'Angelo quando lo vedrò. La rivista inglese filosofica il
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« Mind » (pron.: maind = intelletto o spirito o pensiero) ha chie-
sto a D'Angelo un articolo sul tuo sistema, per quando sarà finito di pubblicare la Filosofia dell'Edtlcazione. Appena è pubblicato in libro glielo spedirai. Io non ho letto il libro di Hamelin, e quindi non so come egli caratterizza i contrari, ma credo HameIin che meriti di essere studiato. Qui è tenuto in gran conto. Sto bene. Ho notato i Sonetti: La Cartolina Postale, ecc. Bellissimi: Dammi, Parlo al Signore, Paradiso l . Godo che stai bene e lavori, al punto che non hai tempo a scrivermi. Un abbraccio dal tuo Luigi ,
Mandami due copie della Rivista anno I fasc. 6. Supplemento. Non ne ho più.
[London, Paddington], 10 febbraio 1930
Carissimo fratello, speravo ricevere oggi la tua solita, ma vedo che sei troppo occupato; bene, io non voglio perdere il turno e ti scrivo; sto bene, grazie al cielo, benché il vero freddo sia già venuto. Ho letto il Cap. VI1 della Filosofia dell'Educazione e mi è piaciuto intieramente. H o qualche dubbio (a pag. 25) sul fatto dell'uomo totalmente segregato dalla società, perché può accadere che nella segregazione parziale si ottengano profondità di conoscenze e intuizioni che non si hanno nella vita comune '. L'unica cosa è certa che non si dà
LETTERA 594. 1. Si tratta di 38 sonetti di Mario Stuno pubblicati sotto il titolo Il canto dell'anima in « Rivista di autoformazione D, gennaio-febbraio 1930, pp. 50-68. Riportiamo solo il testo della Cartolina postale, che ha evidente riferimento d a corrispondenza con il fratello: «Gravida di pensier a me tu vieni, / e una storia d'amor è ogni parola / che rechi all'alma nel tumulto sola / dei giorni già si placidi e sereni. / E tu mi prendi e quasi oltre mi meni, / e con te i'alma desiosa vola / Iontan, lontan, lontano, e si consola / ch'altro desio non la distolga o affreni. / Breve lusinga! Va sul tuo sentiero, / il corpo no, che invan l'ali desia, / ma, desiando invan, solo il pensiero. / È ver io parlo ed ho quasi presente, / Colui che da lontano a me t'invia / Ma quello il suon del mio parlar non sente! D. LETTERA595. 1. Neli'articolo citato Mario Sturzo sottolinea l'importanza dell'elemento del rapporto con il mondo esterno per la formazione dell'uomo. Di qui la sottovalutazione dell'elemento della « segregazione parziale » richiamato da Luigi; cfr. M STURZO,Problemi di filosofia dell'educazione, in «Rivista di autoformazione », gennaio-febbraio 1930, pp. 1-27. I1 passo dell'articolo rilevato da Luigi alla
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vera segregazione; il darla (proprio vera) è la morte o fisica o intellettuale. Ottimo Rivelazione e Libertà '. Nell'e Osservatore Romano » del 6 febbraio c'è un cenno del pensiero di Massis riguardo la Storia (Cahier 1930) 3. Io non l'ho letto, e non posso dire se quel che scrive l'articolista sia esatto. Massis appartiene alla schiera dei cattolici reazionari francesi, come L. Bertrand e Maritain, influerizati dall'Action Franqaise prima della condanna. Come alla filosofia del pensiero si contrappone la filosofia dell'ente, cosi allo storicismo si contrappone il naturismo. I1 problema è interessante. Ma a me sembra che in Italia non si curano bene i problemi posti dallo storicismo, e dire che è la terra di G. B. Vico. Se c'è un punto da fronteggiare l'idealismo è proprio qui; non col negare, ma col valutare. Gnoseologia, Storia ed Estetica i tre campi della lotta di oggi. Dimmi se hai ricevuta la Tetralogia Cristiana. Quando rivedrai Nelina? Spero che stia da vero bene; ma ho l'impressione che non deve essere stata molto bene. Salutami gli amici tutti. Un abbraccio, tuo Luigi 596 Piazza Armerina, 11 febbraio 1930
Carissimo fratello, ricevo a momenti la tua del 7. Ricevetti l'altra del 3. Godo nel sapere che stai bene. Certo! La cartolina postale non potevi non notarla! Sto bene anch'io e sono ancora tutto preso dal lavoro. pag. 25 dice testualmente: « Il fatto dell'educazione è come il fatto della conoscenza. L'uomo segregato daila società umana (notando che segregazione totale non è mai possibile), non resterebbe idiota, ma nemmeno arriverebbe ai gradi superiori della conoscenza, perché dovrebbe percorrere da solo tutto quel cammino, che si abbrevia tanto nella convivenza con altri uomini e sotto la disciplina dei maestri D. 2. Cfr. la postilla di M. STURZOSe la rivelazione limiti l'umana Libertd in « Rivista di autoformazione P, gennaio-febbraio 1930, pp. 46-47. 3. Cfr. nella rubrica Tra una rivista e l'altra dell'« Osservatore Romano »: La rivelazione nella storia. 4. Henri Massis fu seguace di hlaurras. Oltre aile polemiche con André Gide e Anatole France (Giudizi, 1923) vanno ricordati gli scritti Difesa deli'occidente (1927) e Mauvas e il nostro tempo (1951). 5. Louis Bertrand, (1866-1941), professore universitario e scrittore; di lui si ricordano fra le altre opere, IL rivale di Don Giovanni (1903) e L'invasione (1907). È autore anche di un volume su Filippo 11, da cui Sturzo prese spunto per la sua postilla, citata nella lettera n. 582. Cfr. anche lettera 123 n. 5.
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Sarà eccesso di pochi altri giorni - spero. La filosofia dell'educazione sarà finita di pubblicare col fasc. 3, cioè, in aprile. Appena pronti gli estratti te ne manderò più copie. A Caltagirone credo che non andrò, perché non ho tempo, e poi viene la quaresima, che è tempo nel quale è vietato a noi di lasciar la residenza. Mons. Scalia e Basly mi hanno scritto sul Neo-sintetismo in modo molto favorevole e senza riserve. Basly ne ha chiesto altre copie per la propaganda, che gli sono state spedite. Dice che ne parlerà in certe sue pubblicazioni. L'ha segnalato ai PP. Francescani di Quaracchi (Firenze) cioè, a un padre che assai si occupa di questi studi. Molti consensi vengono dagli abbonati. Ringraziamo il buon Dio. Tuo
t
Mario
[London, Paddington], 12 febbraio 1930
Carissimo fratello, sono contento che sei nella gioia del lavoro incalzante, anche se ciò causa ritardo e fretta ... nelle cartoline. I o invece, che sono nella pena che produce il lavoro lento e incerto, ti scrivo un giorno prima. Sto bene. Tu hai ragione nel dire che la parola oggetto è di uso ed è corrispondente a soggetto; però in tal caso si tratta dell'oggetto della conoscenza, come l'estra-soggettivo, ed è oggetto tanto il reale che l'ideale, tanto il materiale che lo spirituale, tanto il fisico che il metafisico, tutto ciò che può essere conosciuto e in qualsiasi maniera conosciuto è oggetto. D'accordo. Ma quando tu parli di intuizione dell'oggetto, allora tu intendi (a quel che io ci ho capito) esclusivamente « il concreto individuato », è questo il punto di divergenza fra me e te; perché io reputo che l'intuizione si estende sopra tutto il raggio della « realtà sensibile » (nel senso comune della parola) e non limitata al concreto individuato. In sostanza si tratta di dare il preciso significato alla parola che si usa. Che se poi tu mi dici che anche tu estendi l'intuizione a quello che io chiamo reale sensibile, prescindendo dal fatto della individualizzazione del concreto, allora siamo d'accordo sulla idea, benché amiamo esprimerla con parole diverse. Qui proprio P. Cesari non ci ha che vedere. Circa la filosofia io credo che la migliore distin-
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zione l'avevi fatt, a nel tuo Sintetismo. La filosofia in astratto è la scienza delle idee, in tale veste guida arte, politica, scienze particolari, cioè tutta la conoscenza teorica e pratica. Un abbraccio, tuo Luigi 598 [London, Paddington], 15 febbraio 1930
Carissimo fratello, è davvero consolante questo tuo fervore di lavoro senza che ne soffra la salute; però bada, caro fratello, che non ne risenta dopo. Godo assai che il neo-sintetismo vada mano mano acquistando consensi e penetrando; non poteva essere che così. E la penetrazione lentà è la più sicura. Ti mando le bozze di un articolo di Lugan pubblicato nel luglio passato a Parigi sopra un libro di Horton a proposito della filosofia di Bautain, dove in fine vi è un cenno al neo-sintetismo. Io credo che possa dirsi che la storia è la filosofia vissuta, e la filosofia è la storia pensata. Sembra una di quelle frasi a combinazione, e che piacciono più per la formulazione che per la sostanza, ma a pensarci si vede che la formula è piena di sostanza. Per questo occorre distinguere i significati di storia come realtà processuale delle attività umane nel mondo, e storia come studio e ricostruzione del passato. E così di filosofia come sapienza della vita realizzata nei fatti, e filosofia come sistema teorico della realtà e conoscenza. Un abbraccio, tuo Luigi
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[London, Paddington], 18 febbraio 1930
Carissimo fratello, non ho ricevuta la tua, ma ho ricevuto in cambio la « Tradizione » e la letterina di Vincenzino. Grazie. H o letto subito il tuo articolo che mi è piaciuto assai, per la chiarezza e l'evidenza LETTERA 598. 1. W. M. HORTON, The philosophy of the Abbé Bautain, New Bautain (1796-1857) teologo e filosofo francese. York 1926. L.-E.-M.
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cristallina '. Mi piace che altra Rivista pubblica simili articoli che andranno ad un pubblico diverso dal solito. Una osservazione da pedante: in Italia i filosofi si prendono la libertà di creare vocaboli troppo largamente, il che non avviene né in Francia né in Inghilterra: come tradurre, per esempio analiticistico? Non si può coniare qui una parola corrispondente, e così altri dello stesso tipo. Ma forse è commodo, e quindi va consentito. Però, in Italia i filosofi non acquistano che stentatamente un posto tra i classici nazionali e invece in Francia e in Inghilterra quasi tutti i grandi filosofi sono dei classici, specialmente in Francia, e quindi il loro influsso si estende al di là della classe professionale dei filosofi o della classe degli studenti (che resta alla superficie). Noi invero dobbiamo stentare per leggere Vico, Gioberti, Rosmini: sono intollerabili, letterariamente parlando. Non applico al tuo stile chiaro, mosso e interessante questo appunto, che forse posso applicare a me. Però se tu usassi meno termini tecnici, e qualche volta meno stringatezza di stile, avresti un gran vantaggio su molti: quello di interessare anche il pubblico letterario. Cioè la cultura generale. I1 che fa Croce più che per il suo stile (che è discreto) per il tema storico o letterario dei suoi scritti. Non so perché mi sono diffuso su questi argomenti, mi è venuto a proposito. Ma tanto ora è scritto; e questa passa per la cartolina usuale di ogni terzo dì. Sto bene. Attendo tue impressioni e critiche. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 21 febbraio 1930
Carissimo fratello, comprendo bene l'uso della ipotesi dell'uomo isolato, ma per quanto esso sia semplice pensamento astratto, poiché per pensarlo realizzabile dobbiamo concretizzarlo in dati storici, non troviamo in sostanza che un cumulo di contraddizioni. È la critica che si fa a Rousseau. Ma questo te lo scrivo per giustificare il mio appunto: in sostanza io intendo dire che le ipotesi bisogna piazzarle nel loro
.,
1. Cfr. M.STUBZO,Il neo-sintetismo nella sua dialettica, in « La gennaio-febbraio 1930, p. 3.
LETTERA 599.
Tradizione
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posto: o tutto astrazione o tutto realtà. Nulla mi dici della risposta della Fiorentina per i tuoi sonetti. I o penso che un Canzoniere Religioso è maturo. Certo non è dello stile moderno; ma è pieno di vita e di colore, con quello che si potrebbe chiamare lo stile costante della nostra poesia. Penso che avrai ricevuto e letto parecchio di quel che ti ho scritto e attendo le tue impressioni. Sto bene. Chi predica a Piazza la Quaresima? Come sta Di Fede? non scrive più nella Rivista? Conosci tu il libro sul male del P. Di Rosa di cui ho letto la recensione in « Tradizione » '? È veramente irnportante? è ben fatto? Credi che non possa darsi una soluzione filosofica e occorre invece la Teologia? Spero che le tue cartoline mi arriveranno regolarmente. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 25 febbraio 1930
Carissimo fratello, godo assai che continuano i consensi sul neo-sintetismo, come mi scrivi nella tua del 19 c.m. Sia ringraziato Dio: le idee nuove stentano a farsi strada, ma quando hanno un fondamento di verità penetrano e convincono. Che il Signore ti mantenga la forza sì che l'opera tua possa rassodarsi e sviluppare a bene. I1 male è un dato negativo e relativo, cioè una relazione negativa. I o non so come il P. Di Rosa pone il problema; ma molto di quel che giudichiamo un male fisico, è un dato insito alla natura, e quindi per sé non è un male, come la morte e quel che conduce alla morte. Tutto ciò filosoficamente si spiega. Quel che non può spiegarsi filosoficamente è la decadenza originaria della umana natura, ma questo è un dato reale, storicamente accettabile e perciò filosoficamente si deve supporre. Se tu sai che il libro del Di Rosa è importante e ben fatto, fammelo spedire. Non ho ricevuto ancora lo Shakespeare. Forse non si trova più in vendita in Italia? Sto bene. AnLETTERA 600. 1. L. DI ROSA,Il problema del male, Ires, Palermo 1929, recensito da A. LA PORTAin « La Tradizione », gennaiefebbraio 1930, p. 40.
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che qui fa freddo più che nell'inverno, cioè nei mesi scorsi; e già dovrebbe sentirsi un po' di primavera. Come vuol Dio. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
Piazza Armerina, 27 febbraio 1930
Carissimo fratello, ho letto Chiesa e Stato trovando sempre da consentire e ammirare. Ma, giacché mi si chiede parere e critica, ho meditato tre giorni su ciò che ho letto. Nulla trovo da indurmi a modificare le impressioni ricevute leggendo. Ci sarà qualcosa che io non vedo. E aspetto che mi si determini i punti che danno da pensare ali'autore, affinché possa non cercar invano. Il problema è di supremo interesse, è ben posto e trattato con i criteri nuovi della storia. Forse il lavoro è troppo schematico, forse qualche frase dovrebbe modificarsi, per non dar appiglio ai pedanti. Così, per esempio, io non direi che l'espressione - società perfetta - sia stata superata e nemmeno l'attribuirei a Leone XIII. Essa credo sia già antica, e, in fondo, vale quanto dire - società suprema. Non conosco il libro del Di Rosa sul male. Credo però che il problema del male morale non consenta soluzioni né filosofiche né teologiche. È mistero. Dir che Dio non vuole il male e lo permette, in termini teologici è dir che non sappiamo rispondere; in termini filosofici è dir una contraddizione. Sto bene. I1 lavoro continua intenso, ma l'intensità è alla sua fase risolutiva. Di Fede è ancora in patria, in cura ma sta meglio. Spero torni presto. Le tragedie di Shakespeare tradotte da Maffei non si trovano. Vuoi altra traduzione? Mario
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[London, Paddington], 28 febbraio 1930
Carissimo fratello, non ti piace « filosofia vissuta e storia pensata ». Si potrebbe dire: la storia è il concreto, e la filosofia ne è l'astratto, ovvero: la storia è la realtà e la filosofia l'astrazione o la interpretazione (metafisica o morale o estetica). Trovi altre parole ma non puoi non accettarne i termini di relatività. Quando la filosofia si occupò della realtà come entità, cercò di fondarsi sulla fisica, e ne divenne meta-fisica. Quando si occupò del pensiero come valore rappresentativo, e strumento di conoscenza, ne venne la logica, come tecnica. Quando si occupò della realtà nel suo dinamismo o temporalità, ne venne la filosofia della storia, che poi si è chiarita (attraverso la gnoseologia) come filosofia dell'ente concreto, cioè della realtà = storia. Anche la natura è una realtà = storia. Ecco perché ben si può dire che la realtà è storia, e la filosofia è la interpretazione della realtà (cioè della storia). Ma tu sei tanto occupato (e sono curioso a saperne e leggerne quanto vai facendo in questi giorni) e non puoi seguire quel che io scrivo. Sai se Vincenzino ricevette la mia del 15? Nulla mi dici della Tetralogia, il che mi fa pensare. Io ti sieguo col mio pensiero sempre. Chi è questo Prof. Fuggiotto l ? Non lo conosco, ma son lieto delle adesioni. Spero che anche Milano modificherà il suo atteggiamento. S.S. mi ha detto che fra giorni scriverà la promessa postilla appena avutala te la manderò. Sto bene. Domani marzo, fra 20 giorni la primavera ... che vedrò col pensiero, tranne in qualche bel giorno che non mancherà. Prega per me. Un abbraccio, tuo Luigi
LETTERA 603. 1. A. Fuggiotto collaboratore della rivista « La Tradizione D (Cfr. un suo articolo su Verità e senso comune, nel numero di febbraio 1930, p. 30).
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CLondon, Paddingtonl, 3 mano 1930
Carissimo fratello, nulla di preciso, ma un dubbio generico sul sistema sociologico-storico applicato allo sviluppo di una realtà cosi importante e di tanto superiore. È una novità nel campo di questi studi; nessun precedente che possa farne vedere le deficienze e gli scogli. Si tratta di schema, perché è la linea di una parte di un lavoro in grande. La frase società perfetta è contestabile, per la concezione dinamica. Vedo che non ti piace la parola polarizzare. Quale tu useresti per indicare la stessa idea? Qui neppure è in uso polarizzare, ma invece è in uso cristallizzare come concretizzazione nella forma individuale adatta. Tutto il linguaggio umano proviene dal figurato, e poi perdendo l'origine figurata sembra proprio. Forse che orientare non viene da oriente? cioè dal sole, e così polarizzare dalla stella polare, ecc. Mi è stato chiesto da una Rivista inglese un articolo sul tuo pensiero filosofico. Prima di rispondere desidero avere il tuo parere, se credi opportuna la mia firma. I o farei solo l'esposizione del nuovo del tuo pensiero, con un confronto sulle correnti gnoseologiche inglesi. Te lo manderei per l'esattezza. Rispondimi subito. Circa il male morale, il tuo pensiero (trattasi di mistero che in termini filosofici si traduce in contraddizione) non mi soddisfa. Ma te ne scriverò altra volta. Vedi di farmi mandare il libro di P. Di Rosa. Mandami lo Shakespeare anche in altra traduzione, visto che Maffei è esaurito. Un abbraccio di cuore Luigi
Piazza Armerina, 7 marzo 1930
Carissimo fratello, la santa quaresima allevia il mio lavoro, perché intensifica quello dei parroci. La tua del 28 che prende la filosofia come « interpretazione della realtà = storia », secondo me è un regresso. La interpretazione della realtà è la stessa conoscenza. Se ciò non fosse, l'uomo non potrebbe mai interpretare la realtà. Io ritengo che non
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bisogna abbandonare l'identificazione di filosofia e storia. La distinzione di concreto ed astratto io la conservo, ma sotto altro rispetto. L'astratto è la storia simpliciter, la filosofia, simpliciter, perché nel fatto non c'è la storia né la filosofia, ma una storia che è una filosofia; e perciò il concreto è una data storia-filosofia, o semplicemente una data filosofia. Se uno volesse fare la storia universalissima, nel fatto non farebbe che date storie unite in unico disegno. L'uomo o distingue per volontà di metodo o distingue per necessità di natura, ma distingue sempre. Il distinguere non è fare astrazioni; è concretezza. Ed è concretezza trattar di sociologia o di botanica, di guerre o di poesie, di fatti o di idee; ed è concretezza la stessa logica, perché ben concretizza le stesse idee. Nessuno applica una filosofia a una storia, come tu accenni; ma chi fa una storia la fa secondo il modo suo di conoscere, e facendola secondo fece prima una filosofia, che fu storia, non fa altro che rifare una filosofia in un nuovo aspetto. Questo punto ora mi appassiona. E ci tornerò. Non ho ricevuto nessuna Tetralogia. Ma che cosa era essa mai. Sto bene e lavoro e penso a te, tuo Mario
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[London, Paddington], 7 marzo 1930 Festa di S. Tomaso d'dquino
Carissimo fratello, stamane ho pregato assai S. Tomaso per te e la tua attività filosofica, che benedetta da Dio, farà molto bene. Tieni pure il Confortatorio di Martini l, e poi me lo spedisci raccomandata o assicurata perché vi sono pochi esemplari in giro. Delle Tragedie di Shakespeare fammi spedire quei volumi dove sono Re Lear, La tempesta, e il Sogno d'una notte d'estate e poi vedrò. Non mi hai detto che cosa scrivi con tanto ardore. Ma certo lo vedrò stampato al più presto. Io credo che il problema del male morale ha lati misteriosi, ma ha lati spiegabili; e questi bastano per la filosofia naturale. Ecco perché vorrei vedere il libro di Di Rosa. Questo probleLETTERA 606. 1. Luigi Martini (1803-1877), sacerdote, confortatore dei martiri di Belfiore, autore del Confortatorio di Mantoua negli anni 1851-52-53-55(1870).
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ma non è in verità affrontato esaurientemente dai filosofi, che io sappia. Ma credo che sia interessantissimo. A proposito di ciò, penso che tu lasciasti inedita (solo in dispense) la tua etica, che aveva tante idee nuove e interessanti e affrontava molti problemi. Ci tornerai dopo l'educazione? Dì a Vincenzino di rimandarmi le carte, ma non c'è premura. Dammi notizie dei tuoi sonetti. Hai letto l'articolo di Sinistrero su la Distinzione fra essenza ed esistenza in A. di Hales (« Rivista Neo-Scolastica ») 2 ? Non ti sembra che voler porre l'ente metafisico del contingente e dell'assoluto (Dio) sopra una quasi unica linea di astrattismo sia confondere il reale col pensiero? O meglio col nostro pensiero? Leggerò, appena mi arriva, il libro di René Kramer, La théorie de la connaissance chez les néo-réalistes anglai~,e te ne darò conto. Un abbraccio, tuo Luigi Fammi spedire 1'Haue Roma! di P. Perali - Casa Ed. Optima Roma - (vedi recensione nell'« Osservatore Romano » del 5 marzo).
Piazza Armerina, 8 marzo 1930
Carissimo fratello, rispondo subito alla tua ultima. Nulla trovo da opporre alla proposts di un articolo sul mio pensiero filosofico, anzi ne sono contentissimo. Circa il problema del male etico io dico quello che dico circa tutti i misteri dell'infinito: se noi li vogliamo razionalizzare, cioè, comprendere, h i r e m o con porli in termini contraddittori. Noi li poniamo così, ma cosi non sono. Questo è ovvio. Poni in termini filosofici, per es. l'unità di persona nell'uomo-Dio? Se la persona è la sostanza razionale, e se l'anima è sostanza razionale, 2. Cfr. V. SINSTRERO, La distinzione fra essenza ed esistenza in A. di Huies, in « Rivista di filosofia neo-scolastica n, gennaio-aprile 1930, p. 62. Padre Sinistrero in polemica con le tendenze immanentistiche deil'idealismo, cerca di rivendicare un senso u autentico n della trascendenza, trattando del rapporto fra essere e essenza in Alessandro di Hales al fine di mostrare che solo in divinis e non in creatis c'è reale identità fra l'essenza e l'atto di essere, solo in Dio, infatti, l'assoluto atto di essere è l'essenza stessa.
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tu dovrai dire, se vuoi razionalizzare questo mistero, che l'anima di Gesù Cristo è una sostanza ragione che non è persona. Dunque bisogna porli in termini teologici, che sono nomenclatura e non teologia, che è sempre filosofia, cioè, bisogna enunciarli e basta. Spiegarli è pretendere di comprenderli. E ciò è assurdo. Sul libro di P. Di Rosa ho letto una recensione di dodici pagine nella « Civiltà Cattolica » l . Vi si dice che è un zibaldone, forse la raccolta di vari articoli; che l'aspetto filosofico vi è quasi del tutto tralasciato. Insomma si tratta di sottigliezze nel campo del mistero o di povera apologia. Son due volumi, che insieme fanno circa 1.200 pagine. Se ciò non ostante, lo vuoi, te lo farò subito spedire. Polarizzare è parola creata dalla galvanoplastica. I o direi: far convergere o convergere, secondo i casi. Sto bene. Abbracci. Tuo t Mario
[Paris], 11 marzo 1930
Carissimo fratello, speravo, prima di partire da Londra di ricevere la tua solita cartolina, ma ieri non arrivò. Spero mi verrà a raggiungere. Qui pioggia e neve. Sto bene grazie a Dio. Continua a scrivere a Londra perché ritornerò ai primi dell'entrante settimana. Qui tornerò a vedere per l'edizione francese; in caso diverso attendo il tuo libro sulla Educazione. Qui mi ricordo di S.te Marie. Sono quasi quattro anni. Come passa il tempo. Credo che SS. ti manderà un buon lavoro sulla valutazione della filosofia moderna. Un abbraccio di cuore. Tuo Luigi
LETTERA607. 1. Cfr. recensione a L. DI ROSA, Il problema del male, in Civiith Cattolica », l marzo 1930, p. 429, in cui si legge, tra l'altro: « I1 lavoro sa di concitato e fremente ... si direbbe piuttosto una raccolta di studi e articoli affini che non una trattazione strettamente connessa e logicamente esposta come parrebbe insinuare ii titolo e la mole del lavoro ». LETTERA608. * Cartolina illustrata con 1'Arc de Triomphe de 1'Etoiie. « La
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609 Piazza Armerina, 11 marzo 1930
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 7. Riattacco il discorso non potuto continuare nella mia del 7 per mancanza di spazio. L'uso diede alla parola filosofia un senso limitato, cioè, speciale, ma incoerente. Per un verso questa parola indicò la scienza del pensiero, per un altro verso la scienza di ciò che non s'intuisce, l'anima, Dio, per un altro verso ancora la scienza del rispetto generale di ciò che s'intuisce, il mondo; e così abbiamo la logica e l'ontologia, la psicologia e la teologia naturale, la cosmologia. L'incoerenza è potente; ma è anche potente che la parola filosofia abbraccia tutto lo scibile. E perciò, volendo precisare i termini, occorre dire che tutto è filosofia, dalle arti alla teologia e che solo muta l'oggetto o il suo aspetto. Noi non creiamo una filosofia e poi l'applichiamo alle diverse discipline, ché un vero processo d'applicazione non si dà né è possibile, questa una delle prime verità che io ho visto e su cui insisto da più anni. Quando uno fa la scienza del conoscere, prende come oggetto il conoscere. Ma quando fa la scienza della natura, fa insieme o rifà la scienza del conoscere. E così quando tratta di arti o d'altra cosa. E ciò perché lo stesso conoscere è sempre conoscere e ri-conoscere. Ricordo che questa parola = ri-conoscere = tu la trovasti esatta. Infatti se il conoscere non fosse sempre conoscere e riconoscere, non avremmo la sintesi che chiamiamo coscienza. Per questo io ora dico che la filosofia è tutto sotto diversi aspetti ed è sempre concreta. Solo è astratta la filosofia concepita come l'idea [ ...1 l unitario e definitivo. E in [...I senso è astrazione dir l'arte, [...l scienza, la teologia, ecc. Sto bene. Ti abbraccio
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Mario
LETTERA 609. 1. I puntini in parentesi quadre segnalano qui e di seguito le parole mancanti a causa di un angolo strappato.
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610 [Paris], 13 marzo 1930
Carissimo fratello, ho ricevuto le tue cartoline del 7 e de11'8. Grazie. Oggi stesso risponderò alla Rivista Inglese che manderò lo studio sul neo-sintetismo. Qui sto trattando per l'edizione - te ne scriverò. La Tetralogia Cristiana è un lavoro che a mio parere è interessante e dal punto di vista mistico ed estetico. Si divide in 4 parti. Gli angeli - Adamo - La Redenzione - L'apocalisse. Ve ne sono quattro esemplari. Te ne ho mandato uno circa due mesi fa. Volevo averne il tuo parere. Farò fare delle ricerche. Credevo che Nelina te ne avesse parlato. Non mi mandare il libro di Di Rosa. Chi potrebbe leggere 1.200 pagine? Però il problema del male morale è anche filosofico e non può non essere filosofico; è una realtà, come sono realtà la vita, la morte, ecc. che anch'esse hanno la loro misteriosità, ogni cosa ha un elemento misterioso; ma hanno la loro razionalità. È diverso il caso del mistero teologico, cioè di fede, conosciuto per rivelazione e non spiegabile dalla ragione, né conoscibile con le forze della ragione. Riguardo filosofia e storia, io non ne ho abbandonata la identificazione. Ma io non arrivo a comprendere bene la differenza che tu fai tra conoscenza e filosofia. Ogni conoscenza o è filosofia (categorizzazioni implicite o esplicite, intuitive o deduttive) o non è conoscenza. Qui filosofia e conoscenza si identificano; i: che si capisce è diverso da filosofia sistema, il che è quel dato sistema concreto. Riguardo poi l'astratto e il concreto, secondo i punti di vista si può dire o astratto o concreto; il che è difficile stabilire in una forma assoluta, perché i punti di vista sono sempre numerosi e indefiniti. Del resto, a parte il modo di esprimerci, siamo d'accordo nella sostanza. Quando io scrivo cosi in cartoline, uso una terminologia di fatto, cioè la terminologia del mio modo di pensiero e dei miei atteggiamenti usuali, e non fo spesso lo sforzo di rapportarla alla tua terminologia, che entro un sistema ha la sua interiore esattezza. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
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* [Paris], 16 marzo 1930
Carissimo fratello, sono sulle mosse. Sto bene grazie a Dio. H o iniziato le pratiche con altro editore, per l'interessamento deU'Abbé Lugan e di altri. Vedremo. Intanto mi si consiglia di scrivere un articolo su una Rivista di filosofia. Ricordo che altra volta te ne scrissi. Se sei disposto ripiglierò le pratiche. Spero trovare tue notizie all'arrivo. Un abbraccio, tuo Luigi
Bruxelles, 19 marzo 1930 Festa di S.Giuseppe e di Riparazione per la persecuzione religiosa russa
Carissimo fratello, ho qui ricevuta la tua dell'll c.m. Godo che stai bene; anch'io sto bene e conto di essere stasera a casa e riprendere il mio lavoro interrotto dal viaggio. Sono pienamente di accordo con te circa il significato, la portata e l'uso della parola filosofia. Faresti bene a fare una postilla per la « Autoformazione ». Certe idee è bene ripeterle in vari toni. Mentre scrivo ricevo la tua del 14; sempre gradite e aspettate con ansia le tue cartoline. Accordo perfetto sul male morale; aspetto di leggere la postilla. L'idea di società suprema, è anch'essa inesatta, perché la società come tale è una e molteplice insieme; si tratta di aspetti giuridici, o politici, o religiosi delle relazioni sociali. Te ne scriverò più a lungo. Ora vedo che è già tempo di chiudere le valigie e di andare a fare quattro ore di ballo sul mare. Prega per me e raccomandami assai a S. Giuseppe. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
LETTERA611.
Cartolina illustrata con le Jardin de Luxembourg a Parigi.
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[London, Paddington], 22 marzo 1930
Carissimo fratello, ieri ti ho spedito un giornale per indicarti che sono arrivato qui, che sto bene. H o ripreso il mio lavoro. Domani SS. mi darà la Postilla che leggerò e poi spedirò subito. Però desidero che' mi sia rinviata al più presto perché mi servirà (se avrà la tua approvazione) per tenerla presente nello studio sul Neo-Sintetismo per la rivista inglese. I1 P. Keating nella rivista dei Gesuiti («The Month* - il mese) ha pubblicato un lungo studio molto favorevole sul mio libro il Diritto di guerra, benché chiama la mia un'astrusa sapienza (abstruse wisdom) l . I1 libro della Tetralogia contiene quattro poemi drammatici. Purtroppo lo diedi ad un amico per spedirlo, ma non sapevo che egli andava a sposare. Ora ne ho rintracciato l'indirizzo e saprò se l'ha spedito o no, e se è andato disperso per la posta, spero che abbia conservato la ricevuta per fare qui il reclamo. Vedrò. Siamo di accordo sul lato misterioso del male morale, e anche sulla esistenza (razionalmente accertabile) del mistero. I o non metterei in antitesi misticismo e realismo. La parola misticismo ha in sé una portata realistica importante. È stato il razionalismo a svalutare il misticismo e a far credere che non sia che sentimentalismo irrazionale. Quindici gradi per te è caldo? quasi insopportabile? Ci credi che per me 15 gradi sono un moderato che inclina al freddo? Come siamo diversi. Prega per me. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 25 marzo 1930
Carissimo fratello, proveniente da Roma ricevo la Tetralogia. Trattandosi di un lavoro poetico e lungo, aspetto d'esser meno oppresso dal lavoro per leggerlo e gustarlo. Ora gusto la gioia dell'attesa. Circa la LETTERA 613. 1. Ch. J. KEATMG,Catholics and the peace Movement. Critical and historical notes, in « The Month », marzo 1930, p. 247 in cui è recensito il libro di LUIGISTURZO,The international Community and the Right of War, cit.
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espressione « società perfetta », io non ho interloquito per difenderne il concetto, ma per segnalare una inesattezza storica, che è d'attribuire a Leone XIII il primo uso della parola. H o poi soggiunto che l'espressione « comunità perfetta » si trova in S. Tommaso ed ho segnato il luogo sul manoscritto. Ma io ritengo che debba andarsi ancora più in là: voglio dire: io non affermerei che questo concetto di società o comunità perfetta sia nata con S. Tommaso, ma solo che si trova in lui. Circa il vero valore da attribuire alla società, sia civile, sia religiosa, convengo con te pienamente. Scriverò sicuramente un articolo sul concetto di filosofia, che tu scrivi d'accettare. Son più disposto a scriverne, perché il tuo consenso pieno mi rende più sicuro della mia visione. Del resto questo rassettamento entra nel quadro di tutti i rassettamenti che io vado facendo, perché rimane dello stesso principio, che è il sintetismo. Ho sul neo-sintetismo scritto un altro articolo per « Tradizione » '. Io lo reputo adatto per una rivista francese, cedendo al tuo consiglio. Credi tu che stia bene pubblicarlo qui e là nello stesso tempo? Se si, te ne manderò subito una copia. Sto bene. La temperatura persiste alta pel tempo. E arrivata a 17, e questa per noi è temperatura di maggio. Ma il freddo dovrà tornare. Certamente. Abbracci, tuo t Mario
[London, Paddington], 25 marzo 1930 La SS. Annumiata
Carissimo fratello, ringrazio Vincenzino della sua lettera, non gli rispondo perché gli ho scritto ieri. Sto bene. H o ricevuto la tua del 21. L'articolo per la rivista inglese lo farò secondo la mentalità di questo pubblico, che è assai diverso da quelio francese. Poi vedrò se è il caso di farne un altro. Voglio essere sicuro che io interpreto bene il tuo pensiero. Tu sai come i due linguaggi sono differenti; farò quindi uno sforzo per l'esattezza e la precisione. Peccato che il tuo lavoro sulla Filosofia deZl'Educazione non si avrà prima di LETTERA 614. 1. Cfr. lettera 599 nota.
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giugno; perché durante le vacanze qui e in Francia c'è poco da fare. Sarà per ottobre-novembre. L'idea di società perfetta non si combina con le teorie sociologico-storiche, che sono una conquista moderna. La società umana dal punto di vista sociologico, è una sempre in divenire. Mettere le due società più alte, come due entità distinte e complete è fare dell'astrattismo, non del realismo. Quel che è a sé, è la vita mistica in Gesù, la vita della grazia che circola nelle anime; la Chiesa ne è insieme la società interiore e la organizzazione esterna. Sotto questo aspetto la parola società è analogica e non identica. Quando la parola società diviene identica, allora non è divisibile, è la società umana. Perché in questa società il potere nel senso complesso della parola è uno e partecipabile a più organi e a più entità, ma stanno effettualmente. Tutto ciò deriva da quegli studi di storia comparata che al sec. XIII non poteva esistere e non aveva valore: predominava l'entità metafisica. Ti scrivo in fretta perché è ora della posta, e non voglio far passare il giorno segnato. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 29 mano 1930
Carissimo fratello, mandami subito l'articolo sul Neo-Sintetismo per « Tradizione », vedrò se mi sarà possibile farlo publicare in Francia; però non posso garentire il tempo, e quindi non vorrei che ritardasse per « Tradizione ». Sarebbe meglio far certe modifiche e adattamenti sì da non essere completamente identico. Leggerai la Tetralogia col tuo comodo: a me interessa avere a suo tempo le tue impressioni, senza rimandarmi il testo, almeno per ora. I1 testo è provvisorio e soggetto a modifiche di sostanza e di forma, ma dopo i tuoi consigli. Sono contento che scriverai un articolo sul concetto di Filosofia, e l'aspetto per un prossimo numero della Rivista. Pur essendo di accordo con Croce circa la poesia latina del Seicento l , per il lato artistico, non mi sembra che egli abbia LETTERA 616. 1. Cfr. B. CROCE,Appunti di letteratura secentesca inedita Poesia latina del seicento, in « La Critica », 20 marzo 1930, p. 143. Questo il giudi-
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tenuto conto dell'ambiente storico e della funzione didattica. Certi testi sono per lui causa di eccitazione. I1 suo frammento è interessante, ed ha ragione quando guarda la Provvidenza come un momento teorico e il libero arbitrio come un momento -pratico; ma in lui manca la sintesi spirituale, e il valore trascendentale. . Così si riduce a una teoria formalistica. Che sistema di distinzione che tiene Croce come un anticlericale qualsiasi tra gli uomini di pensiero e quelli che negano il pensiero! (pag. 142) 2. Pel resto ha ragione. Non ho detto che Leone XIII inventò la formula di società perfetta, ma che è questo il punto di partenza, o che egli usa, ecc. Sto bene. Anche qui tempo mite, il che mi concilia COI lavoro. Nelina mi ha scritto appena arrivata a Roma, ora è cinque giorni che non ho notizie. Un abbraccio, tuo Luigi zio di Croce: « Quel culto simultaneo della poesia latina e dell'italiana che si vide sul finire del quattro e nella prima metà del cinquecento nel Poliziano e nel Sannazaro, ne1 Bembo e neli'Ariosto, nel Castiglione e nel Molza, e in alm elegantissimi, e che era indizio della duplice attrazione che essi risentivano verso due diversamente belle tradizioni di poesia d'arte, e talora del loro titubare se darsi risolutamente all'una o all'altra; quella simultaneità di culto, nel seicento, vien meno. Già in Torquato Tasso l'esercizio dei versificare latino ha piccolissima parte; ma addirittura non se ne vede traccia nell'opera del Marino, né in quella di tanti e tanti poeti del nuovo indirizzo. Riappare bensi presso ii Fiiicaia, il Menzini, lo Schettini, e simili altri incolori o minori o meno significanti scrittori; ma anche in costoro è un'abitudine o un'abiiità, e non nasce daiia stessa radice che in quelli del cinquecento. La modernità, quale che fosse allora nella sua forma particolare, dopo essersi ben nutrita di latino, aveva ottenuto il pieno trionfo. I1 versificare latino si ritirava nelle classi delle scuole di umanità. Cosicché non sembra infondato per questa parte il lamento, che anche si ode allora, sulla decadenza della poesia latina, per colpa non degli ingegni ma dei tempi, che non ne volevano più sapere. Contro di ciò, par che stia il fatto che di versi latini se ne composero e stamparono allora, statisticamente parlando, quanti o assai più che non nel secolo innanzi. Ma si composero da chi e dove? Da preti, e segnatamente da gesuiti, nei loro collegi e accademie e per le sacre cerimonie e funzioni a cui erano addetti. Di proposito coltivarono essi quella sorta di produzione letteraria per fini pratici, per edificazione e propaganda, senz'alcun effettivo motivo poetico D. 2. Cfr. Atti del V I I Congresso nazionale di filosofia, Roma 26-29 maggio 1&9, Bestetti e Tumminelli, Milan-Roma 1930. Cfr. anche la recensione di B. Croce in « La Critica », 20 marzo 1930, p. 142: « Questo Congresso fiiosofico, tenuto in Roma nello scorso anno, è stato veramente cosa deplorevole, perché fu inscenato come una battagli (che diventò in certi momenti una baruffa e un parapiglia) tra filosofi e cattolici, idealisti e scolastici, laici e preti, Stato e Chiesa. I1 sentimento di rispetto verso se stessi, e anzi il modesto buon senso, avrebbe dovuto dissuadere i promotori del Congresso dal porre sullo stesso piano gli uomini di pensiero e coloro che negano il pensiero, o, ch'è il medesimo, lo sottomettono ad autorità estranee. E aItresi li avrebbero dovuti dissuadere ragioni di buona edu-
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[London, Paddingtonl, 1 aprile 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 28 marzo. Mi riferivo ad una frase della tua cartolina ricevuta il 21 (che ora non trovo) dove dicevi che si trattava di realismo e non di misticismo (a proposito del male, ecc.). Una frase messa là; rilevata per la mia abitudine solita; ma non aveva importanza. Attendo l'articolo su « Tradizione » l; non ne hai una copia? Godo dei consensi, e spero che ne verranno degli altri, col tempo certo, perché a smontare certi pregiudizi ci vuole. Manda una copia del Neo-Sintetismo al British Museum - Great Russe11 Street.W.C.1. London. I n quella libreria c'è il tuo Problema della Conoscenza e non il Neo-Sintetismo. È abitudine qui di riscontrare i libri al British Museum quando se ne parla nelle riviste. Io comincerò presto ad occuparmene, e spero mandarlo entro il mese. Sto bene; un po' di primavera si daccia; anche qui da 10 a 12 gradi al sole, meno male. Qui c'è stato Maritain che ha avuto un gran ricevimento dai neo-tomisti inglesi; i quali studiano con il fervore di neofiti, ma anche con l'equilibrio inglese! H o ricevuto l'attesa cartolina da Nelina: spedita il 24 è arrivata il 30. Invece le tue arrivano regolarmente. Spero che questi giorni di gran lavoro non ti stanchino troppo. Guardati. Prega per me e fa' pregare. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 4 apriie 1930
Carissimo fratello, rispondo alla tua cartolina del 29. A momenti il copista mi porterà l'articolo di S.S. che leggerò subito. I1 frammento di Croce cazione e di riguardo verso queiii tra gl'inte~enutiche erano sinceramente cattolici (supponiamo che ce ne siano stati), e il cui animo non poteva non essere ferito e offeso da discussioni che per essi sonavano blasfematorie, e che, d'altra parte, tornavano affatto inutili ai fini della scienza. Chi legge i verbali del Congresso non può non provare un senso penoso di vergogna alle cose che i signori filosofi dissero, e più ancora a q u d e che si lasciarono dire P. LETTERA 617. 1. Cfr. Iettera 599 nota.
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è puro idealismo. La provvidenza non può reputarsi momento teoretico di fronte al libero arbitrio momento pratico, perché teoretico e pratico non si oppongono come due momenti, ma si sintetizzano e fanno un sol momento. È poi inconcepibile come possano gli idealisti negare la vera individualità. Bisogna dire che le esigenze dei sistemi fanno spesso sparire le esigenze della ragione. Manderò la copia deli'articolo, appena mi tornerà da Palermo con le bozze di stampa. Non farò mutazioni, che guasterebbero. E poi, chi legge la « Tradizione » in Francia? P. Gemelli è stato bene accolto, ed ha lasciato buona impressione. Stamani parla a Caltagirone. In pochi giorni gira tutte le città vescovili della Sicilia. Ti saluta. I n che senso l'individuo e la famiglia precedono lo stato. Ciò riafferma il Papa nell'enciclica sull'educazione. È dottrina cattolica? Mi preme vederci chiaro. Finisco di leggere l'articolo di S.S. Son commosso. Che pagine e che lucidezza e trasparenza ed efficacia e verità! Solo posso dire che l'articolo acquisterebbe in forza dinamica e diventerebbe travolgente, se potesse almeno in nota, tener conto di quello che ho scritto nello studio per « La Tradizione ». I1 titolo di questo lavoro è « I1 neo-sintetismo nella dinamica di immanenza e trascendenza ». Dimostra che per darsi la conoscenza, il reale (pure essendo esterno) deve farsi immanente. Tale si fa nel rapporto e pel rapporto fisiologico. L'espressione sensitivo-intellettivo non è che trascendenza dell'immanente fisiologico. Lo spazio manca. Presto te ne manderò copia. Sto bene Mario
[London, Paddington], 5 aprile 1930
Carissimo fratello, la tua mi è arrivata con un giorno di ritardo, e quindi ho tardato anch'io. Invece del Gilson ti manderò un altro libro, quello di Le Roy che ha destato tante discussioni in Francia ', e una conferenza contro a Roma, come ho letto sull'a Osservatore Romano ». In gran parte è una ristampa; è bene studiarlo come mentalità LETTERA619. 1. Cfr. E. LE ROY, Le problPme de Dieu, L'Artisan du lime, Paris 1929.
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diffusa anche fra cattolici. Vedrai; tarderò a spedirtelo perché c'è persona qui che vuole leggerlo. Dammi notizie della conferenza di P. Gemelli. L'Università Cattolica ha i difetti della sua giovinezza e una serie di preoccupazioni che non possono facilmente superarsi, ma svilupperà bene e fa e farà gran bene. È tua impressione che io abbia scritto che Leone XIII abbia inventato la frase società perfetta. I o ho detto che ha costruito la sua teoria su questa idea; è altra cosa. Del resto ci siamo intesi. Non credi che questo tuo sentire troppo caldo e che credo vada aumentando cogli anni, non sia un fatto normale? Io, è vero, ho sentito sempre troppo freddo nella mia vita, ma a me sembra che le tue sofferenze pel caldo siano troppo aumentate. L'importante è che stai bene, ma non eccedere col lavoro. I n questi giorni di ricordi sacri e mistici uniamoci nella preghiera, che il Signore ci sia misericordioso e ci conservi il suo premio. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
CLondon, Paddington], 8 aprile 1930
Carissimo fratello, ho passato a S.S. l'articolo e gli ho detto la vostra buona impressione; egli ne è tanto contento. Circa la nota, egli vedrà se possibile appena letto l'articolo di « Tradizione »: nel caso che egli non possa farla, credo che potrebbe essere fatta dalla stessa Redazione. Del resto io credo che andrebbe nel numero di maggiogiugno, e allora il tempo c'è. Aspetto l'articolo di « Tradizione » che credo mi servirà per l'articolo da fare sulla rivista inglese. Si capisce che il frammento di Croce è puro idealismo; egli non può fare la sintesi, ma dal punto di vista analitico degli stati d'animo subiettivi vi è un certo fondo di verità. Mi pare. Dire che l'individuo precede lo Stato o ogni altra forma sociale ha solo il valore simbolico che i diritti dell'individualità sono inalienabili, perché in sostanza la società è per l'individuo e non viceversa, in un senso relativo, si capisce; perché c'è il momento sociale al quale gli individui si sacrificano. Allo stesso modo si può considerare la famiglia come originaria e precedente alla for-
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mazione giuridico-militare (che è lo Stato). Sociologicamente non si dà che società; e in qualsiasi forma sociale vi sono compresi tutti i valori sociali, i familiari, i giuridici, i religiosi, i militari, cioè potere, legge e forza. Ma i fìni della conservazione della specie sono insieme a quelli dell'individualità prevalenti e quindi considerati come primordiali. Così io credo che possa apprezzarsi la teoria nostra tradizionale. Sin da ora ti mando i più vivi e fraterni auguri per la S. Pasqua. Sto bene e il lavoro non mi manca. Un abbraccio Luigi 62 1 Piazza Armerina, 10 aprile 1930
Carissimo fratello, ieri ricevetti la tua del 5 . Torno ancora un po' sulla quistione di « società perfetta », unicamente per rilevare il vero senso delle mie impressioni. Leone X I I I ebbe veramente teorie proprie? Fu veramente innovatore? Ecco il punto. Allora pensavamo così. Era la poesia e l'azione. Ora io penso un po' diversamente. Non so come pensi tu, ma la quistione sopra accennata mi fa credere che pensi ancora come allora. Leone fu un gran papa, comprese il momento, uscì dal vicolo chiuso della politica del card. Antonelli, ma non fu innovatore e restò conservatore. Le sue encicliche, che son certo mirabili, nulla dicono di nuovo. La stessa sua posizione antitetica a Bonifacio VIII, non è veramente sua, ma del pensiero cattolico, che s'era precisato in quel senso. La Rerum Novarum e la Graves de communi hanno del coraggio, ma molto contenuto; affermano quel che palpitava nella società; ma non prevengono il tempo né antivedono. Ecco perché io eviterei quel riferimento in un lavoro che non deve dar luogo a discussioni per motivi così piccoli. E ciò anche se tu facessi di Leone un giudizio diverso dal mio. Mi arriva il libro di Gilson su S. Agostino Introduzione allo studio di Sant'Agostino. È questo? I1 taglio del libro, o meglio, l'indice, non mi piace. Vedrò il contenuto. I o non sento troppo caldo, ma sento troppo il caldo. E l'ho sempre sentito troppo nella mia vita. Però sino a che non m'impedisce di lavorare, è nulla. Sto bene. I1 lavoro s'è fatto normale. I1 tempo è tornato fresco con belle e utili piogge. Abbracci. Tuo Mario
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[London, Paddington], 11 aprile 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 7; sono d'accordo con te circa l'immanenza preconoscitiva del reale; è la tua teoria. Tu non hai usata la parola immanenza, ma ne hai sostenuto l'idea. È sempre l'immanente che in noi si fa trascendente, e attraverso l'immanente-trascendente del contingente (scusa i tre ente) che noi arriviamo all'assoluto. I1 guaio è che la parola immanenza richiama la teoria opposta a quella della trascendenza, ma è un abuso di parola, come è in molti campi, sì che ci si rende diflìcile l'intenderci. A proposito c'è stata in Francia una strana controversia. Un gesuita ha attaccato Blondel per la sua teoria che egli chiama immanentistica; un altro gesuita (non ricordo il nome) ha esplicato il pensiero di Blondel in forma ortodossa. Allora Blondel gli scrive dicendo che questa è la interpretazione giusta, ma il primo gesuita riattacca dicendo che la vera interpretazione è la sua. Per informarti del musicista potresti scrivere al Dr. Giuseppe Caronia, salita San Nicolò di Tolentino, n. l bis Roma l . Forse egli saprà se questo musicista ha scritto qualche cosa di importante e se è giovane o no. Aspetto l'articolo e farò la nota. L'articolo mi gioverà anche per quello che io sto scrivendo per la rivista inglese. Spero che sarà copiato bene, per poterlo (se del caso) passare ad un traduttore francese. Sto bene. In questi giorni la temperatura fredda si alterna con la mite, e si vede un po' di sole velato. Meno male. Tanti auguri pasquali. Un abbraccio, tuo Luigi
LETTERA622. 1. Giuseppe Caronia, medico, professore di pediatria e malattie infettive presso l'università di Roma, svolse attività politica nel movimento cattolico e fu deputato nella Democrazia cristiana alla Costituente e nelle prime due legislature. Quando Stuno tornò deli'esilio in Italia, Caronia gli fu vicino, assistendolo nei giorni della malattia.
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Piazza Armerina, 14 aprile 1930
Carissimo fratello, ieri le sacre funzioni m'impedirono di scriverti. Ecco perché reco un giorno di ritardo. Ricevetti la tua dell'otto. Grazie degli auguri pasquali, che ti ricambio con vivissimo ,affetto. A quest'ora avrai certo ricevuto 1'Haue Roma, le due copie del Neo-Sintetismo e la copia dell'articolo. Se questo ti pare adatto per una rivista francese, non ti preoccupare di << Tradizione D, che, a quel che pare, non lo pubblicherà subito. Quel che mi scrivi, in risposta, circa l'individuo, ecc. mi sembra molto giusto. Ora mi occorrerebbe sapere quale estensione danno i teologi alla impostazione dell'enciclica di Pio XI. Ciò dico, perché la dottrina enunciata col prima e col poi, è la dottrina dei teologi, dei flosofi e dei sociologi di parte nostra. Insomma io sento ancora certa cosa nel fondo del mio spirito, che potrebbe paragonarsi a uno scrupolo, cioè, al timore di urtare con una dottrina cattolica in senso stretto. Ma con chi parlarne? Se i nostri non hanno agilità mentale per le cose di filosofia, molto meno ne hanno per le cose che in qualche modo attengono alla fede. Sto bene. Sento il gaudio della liturgia, sempre nuova e sempre efficace. I1 tempo è scuro e ventoso, e s'accorda con la liturgia. Ti ho più presente in questi giorni. Ti abbraccio. Mario
[London, Paddington], 14 aprile 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 10. Sono di accordo con te nel valutare l'opera di Leone XIII. Egli seppe precisare le posizioni da prendere nel momento quando un'ondata reazionaria voleva legare la Chiesa ad un passato che come tale non poteva più tornare. E se non ostante le sue encicliche, il tentativo di andare indietro non è mancato, figurarsi a che punto saremmo oggi se queste non ci fossero state. Egli fu il savio conservatore, che però tolse molta polvere e molta scoria e segnò alcune linee sobrie ma sicure per l'avvenire. E se guardia-
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mo tutti i papi del sec. XIX dobbiamo convenire che egli fu il più illuminato e il più moderno. 11 documento al quale mi riferisco è per segnare la formulazione più chiara e più autorevole della teoria (che non è sua), ma che egli prospettò in posizione diversa e di parziale riforma di quel che avea fatto e detto il suo predecessore. Chiarirò bene questo punto. Ci credi che ancora non ho letto il S. Agostino di Gilson? È che mi è venuto tra mano, in prestito, il Jésas Christ di L. de Grandmaison ' - due volumi - che mi ha preso. È veramente una grande bella opera. Appena finiti, tornerò a Gilson. Tu sai come egli taglia questi libri. È un analitico. S. Bonaventura di Gilson mi è piaciuto più che S. Tomaso; ma non completamente né l'uno e né l'altro *. Però le sue viste sono esatte e coscienziose come storia e come esposizione del pensiero. Sto bene. Di nuovo auguri pasquaIi, tuo Luigi
[London, Paddington], 17 aprile 1930 Giovedl Santo
Carissimo fratello, stamane ho celebrato nella Cappella delle Monache; è sempre una consolazione per me potere celebrare il Giovedì Santo; e mi ricordo le funzioni che quasi ogni anno facevo a Santa Maria di Gesù. Sto bene, grazie a Dio e non ostante il freddo di tramontana che da un po' di giorni imperversa. Stamane dovea arrivare la tua solita, ma comprendo come sei sovraccarico in questi giorni. L'altra sera del resto mi è arrivato l'articolo con la letterina di Vincenzino che mi dava vostre nuove. Ho letto subito l'articolo, che mi è piaciuto da un punto all'altro. Per la rivista francese mi sembra un po' lungo e qua e là troppo polemizzante (indirettamente) con gli scolastici cosa che nella rivista francese di filosofia (in fondo LETTERA 624. 1. Cfr. L. DE GRANDMAISON, J ~ S U S Christ. Sa personne, son message, ses preuves, G. Beauschesne, Paris 1928. 2. Cfr. E. GILSON, Études de philosophie médiéuale. I Le Thomisme, Vrin, Paris 1922; I1 La philosophie de Saint Bonauenture, Vrin, Paris 1924. Cfr. anche St. Bonauenture et l'iconographie, Picard, Paris 1924, e St. Thomas d'Aquin, Gabalda, Paris 1925.
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psico-positivista) non interessa un gran che. A ogni modo oggi scriverò al direttore e ti saprò dire che cosa mi risponderà. Intanto vedrò per una breve nota alla postilla di SS. l . Ho ricevuto anche la Rivista che ho letto tutta quasi di un fiato. Piena adesione al Cap. VI11 di Filosofia dell'Educazione e fino a pag. 132 della Postilla ', del resto ho delle diflicoltà che ti scriverò in due o tre cartoline, e tu mi risponderai quando avrò terminato le mie osservazioni, così le avrai tutte presenti, e forse ciò ti darà occasione ad altra postilla completiva. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi Hai visto che il carissimo Mons. Pini è volato al cielo? Prega per Lui.
Piazza Armerina, 18 aprile 1930
Carissimo fratello, ieri non ebbi tempo. Le funzioni del Giovedì Santo son così lunghe nelle cattedrali! Stamani ho appena il tempo di prender la penna. Quel che preme è che io non ti faccia troppo aspettare le mie nuove. Una nota della redazione è sempre cosa antipatica, quando è correttiva o completiva. Tu poi dici bene che la nozione d'immanenza è nello stesso sistema. Però siccome SS. parla d'immanenza in senso diverso e contrario, così e per questo io credo che occorra o una modificazione dell'articolo o, almeno LETTERA625. 1. Probabilmente si riferisce d a postilla firmata S., Storia fdosofica e storia filologica, in « Rivista di autoformazione D, gennaio-febbraio 1930, p. 28. 2. Cfr. M.STURZO,Problemi di filosofia dell'educazione - VIII. Il problema della tendenziaiità e della finalisticità, in « Rivista di autoformazione », marzoaprile 1930, p. 69; cfr. anche la postilla di M. Sturzo apparsa nel medesimo numero dal titolo Della filosofia della storia, p. 106. In questa postilla Mario Stuno discute del problema dell'esistenza di Dio, della divina provvidenza e dei rapporti tra il concetto di filosofia della storia e di « storia-filosofia». Tali problemi vengono considerati come condizioni per la comprensione corretta di una filosofia deiia storia. Nell'altra postilla Mario Sturzo individua nella « realisticità D dei fini e delle tendenze deli'agire, nel loro immediato rivelarsi come affini all'agire umano l'essenza stessa dell'educazione come processo presente nell'operare stesso da parte dell'uomo.
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una nota. L'articolo andrà nel fascicolo di giugno. Dunque il tempo c'è. Sto bene. I1 tempo è tornato freddo, anzi molto freddo. È inverno daccapo. Ed è noioso per le sacre funzioni. A me però piace, benché sento il troppo. Infatti ho daccapo i geloni alle mani, che non avevo da gennaio. Auguri fraterni per la santa Pasqua. Ieri la messa pontificale io l'applicai per me, per te e per Nelina. Ti abbraccio t Mario
[London, Paddington], 19 aprile 1930 Sabato Santo Aiieluja
Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 14 c.m. e godo che stai bene, e penso a te, e ti rinnovo gli auguri in questo giorno di gaudi pasquali. Sto bene non ostante il gran freddo straordinario di questi giorni. Torno alla questione educativa: a me sembra che il punto centrale in cui convengono tutti i teologi e filosofi è il Diritto della famiglia (genitori o chi per loro) all'educazione dei figli, fino a che questi non acquistano una propria personalità. Ciò si concilia con il veni separare patrem a figlio nurum a socru ecc. l; altrimenti non si comprenderebbe il diritto personale alla fede, e i Pancrazi, le Agnesi e altri di minore età, non potrebbero giustificarsi e lodarsi. I1 punto di partenza dell'Enciclica è che l'educazione è un fatto sociale e guardando questo dal punto di vista giuridico, cioè dell'esercizio del diritto-dovere, o meglio del dovere-diritto, non può non accordarsi la prevalenza alla paternità terrena. Ma forme sociali non possono essere considerate che come aiuto, integrazione della paternità terrena. Ma nella stessa enciclica è riconosciuto (benché non molto) il diritto individuale, in quanto l'azione educativa è un dovere, e solo può dirsi diritto in comparazione all'azione educativa di altri. 11 prima e poi non è quindi temporale; ma organico, e qui in modo speciale e astrattiuamente o analiticamente giuridico. Riguardo poi i doveri-diritti della Chiesa e dello Stato si potrebbe fare una lunga dissertazione, perché è difficile precisare i limiti LETTERA627. 1. Cfr. Matteo, 10, 35.
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fuori di un determinato ordinamento storico come criteri astratti e assoluti, tranne in forma negativa e limitativa; che non può risolversi che nel diritto fondamentale dell'individuo. Invero il problema è qui: che tutte le forme sociali sono per l'individuo e non viceversa; e d'altro lato anche gl'individui sono in certo modo nelle e per le forme sociali. Non UL Arcolo, ma due circoli non autonomi. A me sembra che entro questi termini si è perfettamente nel pensiero tradizionale. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddingtonl, 21 aprile 1930
Carissimo fratello, ti ho promesso di scriverti qualche mio dubbio sulla Postilla. A pag. 134 tu precisi la definizione della Filosofia della Storia, come « la ricerca dell'ultimo perché dell'accadimento umano, cioè se ci sono leggi sociali... se esiste un disegno universale; se ciascun popolo rappresenta un'idea ... » l . Guardando questa ricerca come storia, noi non arriviamo ad uscire dai fatti che mediante un'analisi o sociologica o etica, o metafisica, o economica, o politica, o teologica, ecc.; cioè risolviamo alcuni dati deiia storia in materiale specifico di scienze determinate. Così le leggi della formazione, sviluppo, crisi della società (famiglia - Stato internazione) ha certe leggi più o meno larghe e di valore, che possono trovare un certo riscontro (di semplice analogia) in leggi e ipotesi psicologiche o fisiche. Lo stesso è a dire per ogni altra branca; anche la stessa metafisica, che si appoggia sulla psicologia e sulla storia. A proposito, una parentesi che ha il suo valore. Tu dici a pag. 140 che la idolatria prima e dopo Gesù Cristo non può spiegarsi 2; e se LETTERA628. 1. «Per filosofia deiia storia si intende la ricerca deii'ultimo perché deil'accadimento umano, cioè, se ci sono leggi sociali di progresso e decadenza dei popoli, di vita e morte: se esiste un disegno universale, ali'attuazione del quale cooperino tutti i popoli, ciascuno secondo la sua natura, il suo genio, la sua vocazione; se ciascun popolo rappresenta una idea, che si connetta a un'idea più alta e più generale, cioè, aii'idea del destiio deli'umanità n. Cfr. M. Smazo, Della filosofia della storia, in « Rivista di autoformazione n, manaaprile 1930, p. 134. 2. «Così quando, per esempio, cerchiamo l'ultimo perché deil'idolatria, così
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intendi ciò in rapporto al concetto che noi abbiamo della Provvidenza dici bene; ma è il concetto di Provvidenza che è un mistero, non la spiegazione dell'idolatria (e di ogni altro male) che tu stesso spieghi gnoseologicamente a pagg. 313 e segg. del Neo-sintetismo, e che può spiegarsi anche eticamente e sociologicamente. Chiusa la parentesi, nessuno dirà che è far della filosofia della storia ogni spiegazione analitica del processo storico, fatto dalle varie branche della scienza positiva o anche dalIe stesse scienze metafisiche ed etiche. I1 resto ad altra cartolina. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 22 aprile 1930
Carissimo fratello, ho ricevuto la tua del 18. Siamo di accordo, per la nota; è meglio che sia della stessa penna. Si può prendere lo spunto dall'articolo su « Tradizione » se non è pubblicato? Ho letto sul17«Osservatore Romano » ' l'accenno ad un articolo di Olgiati (« Scuola Cattolica », ultimo numero) sul libro di Le Roy '. Desidero leggegenerale prima della venuta di Gesù Cristo, cosi persistente dopo la sua venuta, così prevalente anche dopo duemila anni di cristianesimo, cerchiamo I'introvabile, sino che Dio non ce lo dirà; e se qualche ragione ne affermiamo, non facciamo che o della poesia o del romanzo ». Idem p. 140. LETTERA629. 1. Cfr. la rubrica Tra una rivista e l'altra - Il problema di Dio in Le Roy, in « L'Osservatore Romano », 19 aprile 1930. Neli'articolo si legge che Olgiati, nel suo scritto apparso su « La scuola cattolica » analizza criticamente le argomentazioni di Le Roy contro le tesi tomistiche comprovanti l'esistenza di Dio e specialmente deUe controversie che si riferiscono al problema del moto. In tali argomentazioni, infatti, sarebbero ripetute « l e vecchie tesi di un ventenni0 fa, con tutte le infiltrazioni bergsoniane e le inesattezze storiche e teoriche sul pensiero di S. Tommaso ». Cfr. nota seguente. 2. Cfr. F. OLGIATI,Edouard Le Roy ed il problema di Dio in « L a scuola cattolica D, mano 1930, pp. 177-193. L'autore definisce il lavoro di Le Roy «caso di ignoranza assoluta nella mentalità contemporanea a proposito della philosophia perennis », di incomprensione completa della filosofia moderna di fronte alla filosofia cristiana. L'opera sarebbe piena di «cose madornali », di errori concettuali grossolani e di equivoci che interpretano in senso riduttivo e talora stravolgono il pensiero di S. Tommaso. In particolare Le Roy deforma, secondo Olgiati, il concetto metafisico di motus, di divenire, facendolo diventare «una materia o un sustrato inerte del cambiamento! D.
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LUIGI E & M I O STURZO
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re il testo dell'articolo: potrei averlo? Cioè puoi far scrivere che me lo mandino? Sto bene; continuo la cartolina di ieri. Secondo me dobbiamo renderci conto di quel che fu nel fatto la Filosofia della Storia nei secoli XVIII e XIX. Fu la ricerca di leggi di quella storia che noi chiamiamo civile-politica (e vi comprendiamo anche la storia religiosa e la economica - come un tutt'uno) o meglio, assurgendo a più larga veduta, si può dire la storia delle civiltà (l'antica orientale ed egiziana, la indiana, la cinese, la greco-latina, la cristiana medievaie, la musulmana, la moderna). Ora se leggi si possono scoprire nel flusso e riflusso delle Civiltà, come una sintesi dell'attività dei popoli, queste potranno ben dirsi leggi della società umana e quindi sociologia nel senso più ampio della parola. Allo stesso modo che nel campo delle scienze potranno trovarsi (spesso come ipotesi) delle leggi generali che governano un nucleo largo di dati dello svolgimento della materia. Si sa che la sociologia, come l'economia sociale hanno avuto tendenze deterministiche, perché nate sotto l'influsso del positivismo. Ma oggi si riconosce dai più il valore del fattore umano come libero nella sua originalità, benché determinato negli effetti complessivi. Ma questa è una questione diversa. I n sostanza, comunque si vogliano guardare le leggi storiche, non possono che essere risolute in forma analitica o nella sociologia o nelle altre scienze particolari; o nelle leggi generali dell'etica e della metafisica. I1 seguito ad altra cartolina. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington, 241 aprile 1930
Carissimo fratello, stamane aspettavo la tua che non è venuta; ma mi rendo conto e delle tue occupazioni nei giorni scorsi e del ritardo postale per l'affollamento della corrispondenza. Sto bene. Questa è la 3" e ultima cartolina della serie « Filosofia della Storia D. A me sembra che della Filosofia della Storia resta quel che tu scrivi a pag. 140, cioè « la pretesa di certi filosofi di scoprire il disegno divino n. Perché, o tutta la storia o meglio I'accadimento come tale si risolve neli'ordinamento e Provvidenza divina e quindi è accaduto perché
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doveva accadere e doveva accadere perché è accaduto. Qui siamo fuori della filosofia del mistero; ovvero cerchiamo di trovare nei fatti le leggi della Provvidenza, e queste non possono essere, secondo me, che la stessa natura delle cose; il che è analisi metafisica, etica, fisica, sociologica. Al di là di questa .analisi noi sappiamo quel che Dio ci ha rivelato. Questo dato o è puro oggetto di fede (il dogma) o è anche indagine storica (il fatto e la quasi spiegazione del fatto Adamo - Mosè - Gesù Cristo - la Chiesa). Tutto ciò non è secondo me oggetto di una filosofia della storia, a meno di usare un termine improprio. I n conclusione io credo che la filosofia della storia è stato un tentativo interessante, circoscritto storicamente a circa un centinaio d'anni (1750-1850 all'ingrosso) che ha preludiato e dato la spinta da una parte alla sociologia e dall'altra parte alla dialettica storica, che è poi filosofia. Non so se siamo di accordo nelle conclusioni: io .temo di no; e mi piace sentire il tuo parere. Ti ho spedito un numero della « Revue apologétique » di Paris, dove è un articolo di Gorce sul Neo-Sigtetismo l . Credo che potresti ottenere il permesso di tradurlo e pubblicarlo nell'« Autoformazione ». È interessante Primaire, nell'uso giornalistico francese vuol dire maestri elementari con senso di ignoranti presuntuosi; non è tradurre così in Italiano. Un abbraccio aff.mo Luigi
[London, Paddington], 29 aprile 1930
Carissimo fratello, l'ultima tua è del 22, arrivatami il 25 sera. H o atteso la solita ieri sera e stamani, ma non è arrivata. Spero che starai bene, e che il ritardo è dovuto o alla posta o ai tuoi &ari e occupazioni sempre pressanti e interessanti. Io sto bene; grazie a Dio e non ostante il tempo. Lessi 1'Have Roma appena arrivata: una delusione. Conosco l'Autore e così credevo qualche cosa di meglio. Godo del frutto religioso della Quaresima costà. Non conosco questo Congresso Missionario del Ven. Del Monte; certo il metodo missionario calNeo-thomisme et simple philosophie, in LETTERA 630. 1. Cfr. M. GORCE, « Revue apologétique D, mano 1930, p. 287.
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tagironese era molto buono, e non dovrebbe perdersi. Io, col freddo, non sono andato neppure alla Cattedrale, ma solo alla Parrocchia vicina; così quest'anno nulla ho sentito di speciale, tranne, prima della Settimana Santa la Passione secondo S. Matteo di Bach nel suo testo intero; quasi cinque ore di musica, con un'ora e mezzo di intervallo - per la cena. È bella assai, ma mi stancai parecchio a questo tour de force. Sto seguendo la Settimana Agostiniana nell'« Osservatore Romano » '. Che ne dici del problema della esistenza di Dio secondo S. Agostino e della discussione relativa? Si pubblicheranno le relazioni? Se si, fammene avere copia. Spero avrai ricevute tutte le mie e gli appunti, ecc. e attendo tue risposte. Nelina mi scrive che non ha notizie da te: non mancare di scriverle. Quando il tuo articolo sarà tradotto in francese, vuoi rivedere tu il testo, o ti basta che lo riveda io stesso? Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddigton], 2 maggio 1930
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Carissimo fratello, anch'io involontariamente ti scrivo con un giorno di ritardo; ho avuto la tua del 26 scorso, godo che stai bene e sei andato a Canicattì a commemorare S. Agostino. Penso che quest'anno ne avrai inviti per tale centenario. Hai letto la relazione di De Simone alla Settimana Agostiniana l ? Credo che tu conoscerai De Simone; è figlio del vecchio De Simone, capo dell'azione cattolica napoletana - non so se è ancora vivo. Mi fu assicurato che il figlio è veramente un ingegno. Dal punto dell'« Osservatore Romano » non ho potuto prendere grandi cose. In genere mi pare che si voglia tirare troppo S. Agostino verso la scolastica medioevale. Due mentalità e due tempi diversissimi. Circa la filosofia della Storia, in sostanza tu dai al nome un significato che non è quello per cui nacque e fiorì e venne alla fine. Perché aliora mantenere un nome che non ci dice LETTERA 631. 1. Cfr. La seffimana agostiniana-tomizta - Il fondamento dello moralità in S. Agostino, in « L'Osservatore Romano », 28-29 aprile 1930. LETTERA 632. 1. Cfr. La settimana agostiniana-tomista - S. Agostino nel Medioeuo: una storica controversia, in « L'Osservatore Romano 30 aprile 1930.
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più nulla? Ecco il mio dubbio. Tu dici bene la filosofia della storia è la filosofia-storia, ma poi aggiungi, è anche alcuni problemi particolari della filosofia, come potrebbe essere la cosmologia o meglio la metafisica, o l'etica - a me non pare: ma sotto questo aspetto ai problemi della Prowidenza, ecc. che tu aggiungi come storia, non è meglio mantenere la divisione di teologia naturale, o teodicea e simili? Mentre scrivo ricevo la tua-del 29; bella sorpresa. Rileggerò tutta la postilla da capo; ma per quanto comprenda il tuo pensiero, non posso credermi a chiamare filosofia della storia la Teologia. Ma ci ritornerò. Attendo notizie circa la Tetralogia, che spero non avrai dimenticato; e se hai risposta sul musicista, me lo fai sapere. H o quasi ultimato l'articolo sul neo sintetismo per la rivista inglese e te lo manderò. Attendo risposta alla mia del 25 aprile. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 7 maggio 1930
Carissimo fratello, ieri ho ricevuto la tua del 2 - siamo di accordo circa le tue vedute sulla filosofia; a me piace il nome Filosofia del pensiero; ma ho paura che si possa fraintendere; quindi è meglio usare i nomi specifici, e per quanto riguarda la conoscenza usare ancora gnoseologia. Circa la filosofia della storia, chi vuol fare, come a trarre utili considerazioni dalla storia, può fare i Ragionamenti sulla storia, o i Discorsi come Machiavelli; ma non mai filosofia nel senso che intendiamo oggi - e in ciò siamo d'accordo anche -. H o mandato l'articolo al traduttore; spero che lo comprenderà bene; è difficile per una mentalità francese. Te ne puoi rendere conto se leggi i libri francesi di filosofia - quelli usuali e correnti. Ma io rivedrò la traduzione. Ora lascio di lavorare di soggetti pesanti, e per un po' di giorni ritorno alla letteratura e ai versi. H o fatto delle correzioni al testo della Tetralogia e altre ne farò; ecco il perché ti ho domandato se l'hai letto e quali le tue impressioni. Spero non siano del tutto cattive. Sto bene; ma il variar di temperatura rapidamente dal freddo al caldo e peggio dal caldo al freddo, mi fa soffrire un poco. Ma [sono] solo le sofferenze di stagio-
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ne. H o visto che G. De Ruggiero ha pubblicato la 3" Parte della Storia della Filosofia. Rinascimento, Riforma e Contro Riforma '. La guarderò perché un amico ne ha qui una copia. Un abbraccio di cuore Luigi
[London, Paddiigton], 10 maggio 1930
Carissimo fratello, ho ricevuta la tua del 5 c.m. I o son rimasto un po' deluso della Settimana Agostiniana. Avrei voluto altro tono. Ma sarebbe stato possibile? Pubblicherai il tuo discorso tenuto a Canicattì? Gilson mi piace, ma sino a un certo punto. Sto bene. H o riletto la postilla, come ti promisi; e l'ho trovata così interessante e lucida come alla lalettura. A proposito dell'argomento della contingenza, ho letto in questi giorni in un libro che ti manderò, che secondo I'A., questo argomento prova la necessità dell'assoluto, ma non mai che l'assoluto sia un essere personale e che non sia un aspetto del reale che noi conosciamo. Parlando della conservazione delle cose create a pag. 121 ' tu dici, i(affermatal'eternità del mondo (nelle tesi avversarie), ma la frase può non riuscire chiara per coloro che secondo S. Tommaso, Aristotele affermano la possibilità dell'eternità del mondo, pur ammettendo l'azione creatrice di Dio. Si tratta di frase, non di idee. Dove parli del male morale, mi sembra che vai in gran fretta. È un tema che occorre riprendere da solo. Fin qui; siamo a pag. 132; la Filosofia della Storia nel senso ordinario della parola non ci ha che vedere - siamo in tema o gnoseologico o Storia della filosofia - Parte 111: RiLETTERA 633. 1. Cfr. G . DE RUGGIERO, nascimento, Riforma e Controriforma, Latena, Bari 1930. LETTERA 634. 1. « b) II problema della conservazione delle cose create. Coloro che negano la creazione, ignorano il problema della conservazione, perché per loro non esiste. Infatti negare che il principio delle cose sia avvenuto per aeazione, è negare che il mondo abbia in un altro la sua ragion d'essere. E siccome chi ha in sé la sua ragion d'essere, a più forte ragione ha in sé la sua ragion di durare; così, affermata l'eternità del mondo, non occorre cercar altro per spiegarne la durata. I1 problema deila conservazione è dunque problema per coloro che riconoscono che dove è contingenza, non è eternità, ma temporalità, e dove P temporalità, è principio, e dove è principio, è primo cominciamento per creazione n. Cfr. M. STURZO,Della filosofia della storia, in u Rivista di autoformazione », marzo-aprile 1930, p. 121.
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teologico. Entrando nel tema, tu dici (pag. 135) che storia-filosofia e filosofia della storia sono la stessa cosa, in quanto il concetto di filosofia della storia è compreso nella storia-filosofia '. Ora io non consento neppure in questa ultima concessione ai filosofi della storia, per le ragioni che ti scrissi. Sono di accordo con te nella critica che fai a Croce sotto il titolo di Trascendenza; ma tu stesso nella Conclusione consenti che la filosofia della storia come storia è la stessa storia-filosofia. Come soprastoria non è scienza né pensiero umano. È solo una sfumatura che ci divide. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 11 maggio 1930
Carissimo fratello, ieri ebbi lettura dell'articolo sul mio sistema. Chiaro, esatto. Un po' lungo, perché il processo è un po' lento. Penso che ciò sia dipeso dal badare al pubblico a cui l'articolo è indirizzato. Per ridurlo alla misura prescritta, credo che si possa compendiare un poco qualche tratto della prima metà. Tu però saprai su ciò giudicare con più competenza. Per la Tetralogia non c'è dimenticanza nel mezzo, ma lentezza da parte di chi mi deve dare le notizie sul musicista. Se tarda ancora, gli scriverò di nuovo. Mignosi pensa a un convegno filosofico a Palermo nel prossimo autunno fra filosofi &i. Che ne dici? a me pare che sia meglio non chiudersi in sé, trattandosi di convegni e congressi, e solo a me pare che 2. « Infatti se la storia è storia pel pensiero, e se, come pure afferma B. Croce, "il pensiero storico è dialettica dello svolgimento" (l. C. I, I, p. 164); tanto è storia un problema particolare, quanto un problema generale o universale che dir si voglia. Sotto questo rispetto tra la storia-filosofia e la filosofia della storia non solo si trovano rapporti di buon vicinato, ma si scopre che non son due cose, sibbene la stessa cosa; e solo si distinguono in ciò che il concetto di storia è più vasto del concetto di filosofia deila storia, e, come tale, comprende in sé anche la filosofia della storia, mentre questa non si estende a tutta la storia, ma a dati problemi, che, più o meno, son quelli da noi più sopra indicati. Se dunque i'idealismo nega la filosofia della storia, non la nega per le ragioni che sorpassano le angustie dei sistemi particolari, ma proprio per le ragioni particolari deiio stesso idealismo, e sopra tutto per la soggettività del conoscere, come contraria d a causalità e alla trascendenza n Idem, p. 135.
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LUIGI E MARIO STURZO
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occorra impostar bene il programma e il regolamento. Egli ha chiesto il mio parere, e si mostra molto disposto di seguirlo. La posta non è ancora venuta. Recherà le tue nuove? Lo spero. Poi dico che la lettera e l'articolo dell'altro giorno han certo tue nuove e quanto belle. Comunque, chiudo questa cartolina, sperando che parta senza ritardo, benché sia domenica. Sto bene. Mi preparo per la S. visita. Prega per me. Abbracci. Tuo t Mario
[London, Paddingtonl, 13 maggio 1930
Carissimo fratello, leggendo la tua cartolina dell'8 c.m. mi rendo perfettamente conto del tuo pensiero circa la Filosofia della Storia e della tua intenzione nello scrivere la Postilla. Così l'ultima osservazione fatta nella mia cartolina del 10 c.m. non ha più ragion d'essere. Tu credi che se non ti sei spiegato chiaramente la colpa è della penna; e forse sarà così. I o invece per disimpegnarmi dall'idea della Filosofia della Storia (che mi fu tanto cara negli anni giovanili) ho dovuto fare degli sforzi; è che allora io non vedevo bene che la Filosofia della Storia mi portava alla Sociologia, tanto più che per una falsa impostazione degli scrittori cattolici del tempo, si confondeva la sociologia con la economia politica, che poi da essi veniva chiamata economia sociale o sociologia, anche ciò per una serie di equivoci non del tutto dissipati. D'altro lato la Filosofia della Storia di quel tempo preparò lo Storicismo, che purtroppo cadde nelie grinfie dell'idealismo. E se tu riesci a trarlo fuori e rimetterlo in sella, farai opera buona. Allo storicismo sta accadendo quel che accadde all'individualismo, che, nato razionalista, non è riuscito a riguadagnare la giusta cittadinanza fra di noi. Dopo aver letto i sunti della Settimana Agostiniana penso che non vale la pena avere il testo dei discorsi, che non avrei tempo di leggere. Hai ricevuto la « Revue Apologétique » con l'articolo su S. Tomaso? Che ne pensi? Attendo ancora la tua critica, che spero sia a fondo, sulla Tetralogia Cristiana: mi dispiace rubarti del tempo, ma avrai pazienza questa volta. Sto bene. Fra giorni è il mio 36" di Sacerdo-
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zio. Ne sento il peso, e non so come mi presenterò a Dio; la sola sua misericordia mi farà salvo come io spero fermamente. Prega per me e fa pregare. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddington], 15 maggio 1930 39O della Rerum Novarum
Carissimo fratello, sono contento che lo studio sul Neo-Sintetismo sia andato bene e ti sia piaciuto. Un po' lungo è, cercherò, di fare qualche taglio; m'interessava più che altro la chiarezza e l'esattezza. E il tuo giudizio mi conforta. Adesso la difficoltà è tradurlo, perché la lingua inglese non ha molte parole che noi usiamo o nel significato in cui noi le usiamo. Ma curerò tutto perché riesca bene. E ne sono tanto contento, caro fratello. Circa la Tetralogia Cristiana non m'interessa affatto la questione del musicista. È difficile che ci si riesca, e forse è meglio che resti quel che è. Si capisce migliorando la forma, come tanti lavori destinati a vivere la loro piccola giornata, e poi finire. Interessa il tuo parere, la tua critica, sia estetica sia religiosa; quella che spinge a nuovi studi a nuovo lavoro in cosa ancora abbozzata. Ti prego di trovare un po' di tempo e di scrivermi a lungo su ciò, non nella corrispondenza usuale delle nostre cartoline, ma a parte fuori ruolo, perché la nostra conversazione epistolare ha per me un valore a sé e l'aspetto perché mi fa bene. L'idea di un Convegno a Palermo è buona, ma è matura? chi verrà? chi potrà difendere le tue tesi oltre che te? Se si dà un colore troppo ecclesiastico penso che potrebbe nuocere anziché giovare. Insomma, ho dei dubbi; e ci penserò sopra. Andrai alla S. Visita? quando? e dove? Vedi di non affaticarti troppo. Non potresti per la S. Cresima pregare qualche altro Vescovo? Salutami e ringraziami Vincenzino e tutti gli amici. Prega per me assai. Oggi è il 39" della Rerum Novarum. Quanti ricordi! Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
LUIGI E h4ARIO STURZO
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[London, Paddington], 19 maggio 1930 36O del mio sacerdozio
Carissimo fratello, oggi per me è un giorno di santi ricordi ed emozioni. La messa ho celebrato per tutti noi - vivi e morti - che il Signore ci riunisca tutti in Lui. Aiutami con le tue preghiere. Ricevo la tua cartolina del 14. Grazie. Gli angeli hanno una conoscenza di Dio o naturale o personalmente rivelata prima della rivelazione, diciamo storica. Gli accenni non mancano nella la parte. Michael dice: a me del supremo Essere apprender la potenza i misteri adorar l; Lucifer: tu sacerdote sarai di arcano nome2; Gabriel: lo canta come gioia e amore, e dice di averne avuto una rivelazione 3; Lucifer dice ch'io lo conosca, ch'io senta la sua voce e anch'io l'adori 4. È lo stadio della ricerca come periodo iniziale - mentre dopo la Rivelazione è lo stadio della predestinazione, pur nella libertà - e questa culmina nella Rivelazione del nome di Gesù 5 . L'intenzione di rappresentare nel mistero degli angeli quello (che noi viviamo) cioè il mistero dell'uomo. L'ipotesi di una Rivelazione non primigenia (agli angeli) è in qualche padre della Chiesa. Ma in questo campo le ipotesi si possono moltiplicare. L'importante è rimanere aderente al pensiero cattolico. Circa la Rivelazione di Dio, non ci sono che due mezzi o la luce o la voce. I1 primo mezzo è quello scelto da Dante; il secondo mezzo vale meglio per Adamo, con cui Dio comunica a voce come nel Genesi. Ma anche qui la luce è completiva. Altro modo non avrebbe effetto sulla imaginazione e sui sensi. Hai ragione circa l'analiticità della introduzione. Anche corretta, l'analiticità rimane; credo che la dif£icoltà sta nell'adattare il tema poetico alla forma musicale. Circa la drammaticità della 2" e 3" parte: anche qui hai una certa ragione; benché non manchino il progredire e gli elementi di contrasto. Attenuata nella 3" LETTERA638. 1. Il testo definitivo fu: « deli'Essere Supremo apprender la potenza, i misteri adorar... D, cfr. L. STURSO,I1 ciclo della creazione. Tetralogia cristiana, Bloud et Gay, Paris 1932, p. 25. 2. Ibidem, p. 26. 3. Ibidem, p. 30 ss. 4. Ibidem, p. 33. 5. Ibidem, p. 77.
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parte la situazione di lotta antropomorfica ma non eliminata del tutto; sembra impossibile allo scopo scenico. Quanto mi scrivi servirà per una prossima revisione quando farà caldo e si avrà il sole a disposiziolze. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi Procurami il libro di Novello Papafava (molto colto) L'idealismo assoluto, Ed.ce Athena, Milano, 1930, vedi « Osservatore Romano », 16 maggio.
[London, Paddington], 22 maggio 1930
Carissimo fratello, non ti ho ancora spedito il libro su Le problème de Dieu l perché un amico ha desiderato leggerlo. Appena l'avrò avuto, te lo spedisco, ma per mia norma desidero sapere se ricevesti la « Revue apologétique »; non vorrei che si sia smarrita. H o ricevuto la tua del 16. Sono lieto che ti è piaciuta la 2" azione. Tengo conto delle osservazioni che fai: Adamo passa presto alla conoscenza di Dio e alla scienza infusa, perché è solo, e non ha con chi comunicare; mentre gli angeli sono innumeri. Ma può svilupparsi ancora il periodo antecedente alla rivelazione. La scena della tentazione e caduta musicalmente può essere potente. Molto è pensato in funzione della musica. Strano: io credevo che la 3" parte fosse potente nel suo schematismo e nel suo simbolismo: ma la tua opinione concorda con quella di un amico che l'ha letto. Certe volte ci s'incanta in una veduta e non se ne avvertono le deficienze. Aspetto il resto. Quando andrai in S. Visita? e dove andrai? Dal lo al 5 settembre vi è a Oxford un Congresso Internazionale di filosofia e vi an6. Novelio Papafava dei Carraresi (1899-1973), studioso di filosofia e storico, antifascista, occupò, dopo la caduta del regime, importanti cariche pubbliche. Scrisse, tra l'altro, Fissazioni liberali, stampato da Gobetti nel 1924. LETTERA639. 1. Cfr. la lettera 619, nota 1. 2. Guido De Ruggiero ne offre un resoconto in « La Critica P, 20 gennaio 1931, p. 59 ss. In esso, dopo avere lamentato « la scarsezza delle relazioni sul tema della dotuina deiie scienze naturali n, De Ruggiero scrive: « Neila sezione di estetica abbiamo osservato che il centro di tutte le discussioni s'imperniava neiie dottrine del Croce: segno non dubbio deli'influenza sempre più vasta che esse esercitano
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dranno Gentile, Aliotta, Varisco, forse anche Croce - non è certo e qualche altro - non so se vi andranno degli scolastici da Milano. Me ne informerò. Non sarebbe una bella occasione per te? C'è una sezione, la la della Divisione B col tema La natura della percezione e i suoi obietti. Potresti mandare una Relazione sulla tua teoria. Si ammette la lingua italiana. Ma per leggerla non dovrebbe eccedere 10 minuti. Per non leggerla - una lunghezza di 2.000 parole; e battuta a macchina. Tutto da arrivare entro luglio. Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi anche fuori l'Italia. Ma anche a costo di passare - quod fata avertant - per un nazionalista, credo che in questo campo abbiamo raggiunto una maturità maggiore, per il fatto stesso che siamo stati più tempestivamente iniziati, dali'esempio del Croce, allo studio di tali problemi. C'è tra gli stranieri ancor molta ingenuità, non priva del resto di una certa suggestiva freschezza, com'è dato notare nella relazione dell'Alexander, un filosofo che, dopo aver segnato un'impronta duratura in altro ordine di problemi speculativi, s'è dato da qualche anno a uno studio approfondito deli'estetica, ma è rimasto impigliato in una distinzione tra forma e contenuto, tra arte e tecnica, da cui non riesce a distrigarsi. Ma se la relazione Alexander ci lascia perplessi, il relatore Alexander, conversatore arguto e insieme bonario, così diverso daila compassata figura deli'oratore inglese, resta uno dei ricordi più vivi e interessanti del Congresso. La sezione storica è stata, a mio awiso, la più importante, e di essa conviene fare un più lungo discorso. Veramente il tema posto in discussione ("se la filosofia della storia possa accordarsi coi fatti della storia") era sconcertante per chi sentisse, più modernamente, l'esigenza di una diversa impostazione del problema; ed era inoltre così limitato, che la relazione più importante - quella del Croce sull'antistoricismo - non ha potuto trovar posto nella sezione storica ed è stata ospitata ne& sezione filosofico-religiosa. Altre relazioni di molto interesse, che trattavano dei rapporti tra le scienze naturali, specialmente le scienze biologiche, e la storia, sono state anch'esse deviate verso la sezione scientifica. Bisogna quindi, per farsi un'idea complessiva delle quistioni trattate, attingeme qua e là le notizie. Richiamo innanzi tutto l'attenzione del lettore sulla comunicazione del Radl, un professore di Praga, autore di una storia critica del darwinismo, di cui mi propongo di parlare a parte, perché rappresenta uno dei più felici incontri tra la cultura scientifica e la mentalità filosofica. La comunicazione alla quale ora mi riferisco ha per titolo History without evolution e tratta delle differenze tra il punto di vista evoluzionistico delle scienze naturali e il punto di vista propriamente storico. "Gli oggetti inanimati della natura, scrive Radl, come le combinazioni chimiche, le rocce, le stelle, ecc., non sono connessi a una data concreta e possono essere trasferiti in qualunque tempo. I1 crescere di un cristallo di sale richiede del tempo; ma ogni qualvolta si presentano condizioni favorevoli alla sua crescita, esso si forma oggi esattamente come molti secoli fa... È impossibile scrivere una storia della terra o del sistema solare per la stessa ragione: Kant e Laplace ci dicono solo come il sistema solare si è solidificato: un processo che può essere accaduto in qualunque tempo. Dato un caos, sorgerà sempre un sistema solare, e non v'è ragione perché sorga in questa era piuttosto che in un'altra. La teoria del ritorno eterno di tutte le cose è la conseguenza di tale ipotesi, ed è una teoria che nel suo princi-
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[London, Paddington], 25 maggio 1930
Carissimo fratello, grazie dei tuoi auguri e voti pel mio 36" Sacerdotale. Le tue preghiere per me sono un gran conforto spirituale. Vedo che ancora sei a Piazza e non sei andato in S. Visita; io continuerò a spedirti le mie cartoline a Piazza. Sto bene benché un po' stanco, e desidero il sole che ancora non si vede che raramente qualche ecpio è opposta d a storia". Invece nella storia è fondamentale la nozione deli'evento, cioè di qualcosa ch'è accaduto e non può essere non accaduto, come d i un'isola che emerge dalla corrente del divenire. Mentre nell'evoluzione il tempo è solo un mezzo per misurare la lunghezza del processo, nella stona ogni evento è connesso con una data. E gli eventi storici non possono essere mostrati dali'esterno ai nostri sensi, ma debbono essere intesi, come s'intende un linguaggio. Gli oggetti naturali sono suscettibili di una descrizione che va dalla superficie al centro e può esser percepita da chiunque; mentre una proposizione di Pitagora esiste solo per chi l'intende. In tal caso, noi non andiamo dalla superficie al centro, ma viceversa. Ancora: il termine evoluzione suggerisce l'idea di una continuità, mentre la storia è discontinua, e la sua continuità apparente sussiste solo per chi la considera dall'esterno. Inoltre, nella storia il passato è un fondamento necessario degli eventi presenti, mentre nella natura esso non ha influenza costruttiva. E nella storia, in contrasto con la natura, il presente e il passato sono connessi insieme non dall'evoluzione, ma dal libero atto dell'uomo che sceglie nel passato ciò che occorre aile sue presenti esigenze: non evoluzione dal passato, dunque, ma appello al passato. E questo appello non diminuisce la responsabilità dell'uomo, ma è un atto della sua libertà. "I1 centro delia storia è sempre il qui e l'ora; il passato non domina il presente, ma trae la sua vita dal presente". In questo senso la storia è, come dice il Bergson, continua creazione. "Ma Bergson, soggiunge opportunamente il Radl, è rimasto viti tima dell'evoluzionismo; il suo slancio vitale, qualunque cosa sia, è soltanto una forza della natura. Esso è troppo muto, troppo biologico. Quanta poca parte, neUa sua filosofia, è formata dalia storia, specialmente dalla storia della civiltà, deUa letteratura, della scienza, della politica! Bergson è troppo attaccato alle speculazioni naturaiistiche del secolo scorso, intorno all'evoluzione deile piante e degli animali, ali'origine della vita, alla differenza tra intelletto e istinto. Ma gli oggetti della natura non sono i temi più adatti ailo studio della storia; essi non possono essere interpretati dali'interno e non fanno appello d a coscienza. La pienezza della storia si mostra soltanto nella vita deu'incivilimento". Da notare la caratteristica inversione di r6les: qui è uno scienziato che fa delle calzanti obiezioni filosofiche a un filosofo P. Dopo aver brevemente analizzato le relazioni di N. Hartmann e dello Chevalier, De Ruggiero concludeva così: « Qui si vede che scrittori diversi per lingua, per tradizione, per cultura, convengono spontaneamente nel porre il problema della storia al centro dell'interesse speculativo. Se poniamo questo risultato a raffronto con la severa diagnosi che il Croce ha fatto dell'antistoricismo contemporaneo, possiamo trarre la confortante conclusione, che, contro le forze negatrici e disgregatrici cominciano gih a reagire quelle che scaturiscono dalla coscienza più profonda del pensiero filosofico D.
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cezionale giornata o qualche ora di tanto in tanto. Ieri sera ho ricevuto la tua del 21 e le tue impressioni sulla 3" Azione, che è quella alla quale io tengo di più. Essa può avere le due caratteristiche di dramma sacro e di oratoria; e se avrà buona musica, potrà divenire un numero costante nelle esecuzioni del periodo della Passione e Settimana Santa. Come penso a Perosi l ! che peccato la sua malattia. A me sembra che Isaia veggente sia più musicale che Isaia narrante; certo che nel narrare si hanno più motivi da svolgere. Altra preoccupazione la scena del limbo è immobile e quindi non deve essere troppo lunga; e musicalmente ha già un lungo svolgimento. Tutte le tue osservazioni sono interessanti; ed hai ragione circa la forma un. po' negletta. Penso d'altra osservazione circa .la traduzione delle parole sacre; forse andrebbero meglio in latino, o in greco o in ebraico? Come levarle del tutto io non vedo. Ma è come tu dici. H o ricevuto Martini e Vico; veramente non ti ho domandato Vico, perché l'avevo almeno non ricordo; ma l'edizione che mi hai mandata è migliore dell'altra e quindi più facile a leggere. Non mi mandare l'articolo dell'olgiati in « Scuola Cattolica » su Le Roy *: non m'interessa più dopo che ho letto il libro, del quale ti parlerò altra volta. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington] , 27 maggio 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 23. Grazie assai di quanto mi scrivi e mi consigli: in sostanza è tuo parere che ritorni sul lavoro per darvi corso e non è il caso di lasciarlo là. Questo è un gran conforto e incoraggiamento. Ora mediterò un poco sui vari punti, e poi quando il sole sarà visibile e splendente tornerò al lavoro. Tu dici che ci vorrebbe un periodo di ritorno a Dio a vita collettiva, ecc. LETTERA640. 1. Lorenzo Perosi (1872-1956), sacerdote, musicista, fu maestro deiia Cappella di S. Marco e della Cappella Sistina. Si ricordano fra gli altri gli oratori: Lu resurrezione di Lazzoro (1898); Lu resurrezione di Cristo (1898); 11 Natale del Redentore (1899); I1 MosP (1901); Vespertina oratio (1912). 2. Cfr. nota 2, lettera 629.
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Tutto ciò è simbolizzato nell'azione dei tre vegli ' - che perciò si ritengono viventi e non morti - e nella pubblica affermazione di fede e di perdono. Mancano i riti pubblici, che non sarebbero simbolizzabili sulla scena; e che (secondo me) dovrebbero cessare avanti che cessi il mondo intiero; ecco la ragione della scena della Vergine 2, che anch'essa giuoca il ruolo di simbolo di un fatto che si suppone ripetersi in ogni angolo della terra. Questo è un punto delicato sia dal punto di vista estetico sia da quello religioso. Se hai qualche veduta nella tua mente, mi piacerebbe conoscerla. Di altro ti scriverò dopo averci pensato. Ti segnalai l'articolo di Gorce per la critica che fa ai primaires a quelli che credono alla monolithe métaphysiqzre (Maritain?), ecc. Non ho dato importanza a quel che dice della psicologia, perché io non stimo la psicologia vera filosofia, ma scienza sperimentale. H o pensato che se una critica così franca, (benché non completa né storica nel senso vero) viene pubblicata nella « Revue Apologétique » diretta da Mons. Baudrillart o sotto il patronato del Cardinale di Parigi, ciò vuol dire che il mito del neo-tomismo come mito filosofico va ad avere una scossa nella mente di molti. Ecco tutto.. Tu vivi un po' fuori di questi ambienti e quindi non ne noti l'importanza di sintomo. Sto leggendo La philosophie contemporaine en France di D. Parodi (Felix Alcan) '. È un manuale molto chiaro. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 31 maggio 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 26 c.m. da Butera: quanti auguri di bene ti prego dal Signore! Ti seguo con tutto l'affetto nella tua attività pastorale. Quel che mi scrivi sulla Tetralogia avrebbe valore se si trattasse di pura lirica; ma la tragedia o il dramma epico non possono svilupparsi che nel conflitto e dal conflitto fra il bene e il LETTERA 641. 1. Cfr. L. STURZO,Il ciclo della creazione..., cit., azione 111, p. 153 ss. 2. Ibidem, azione IV, parte 11, p. 215 ss. 3. Paris 1920.
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male. E questo contrasto diviene sublime illuminato dalla fede rivelata e risolventesi nella Incarnazione e nella Giustizia finale. Non saprei pensare il bene fuori del conflitto; un tal bene è solo Dio e a tale bene partecipano i beati. Ma Dante nel suo Paradiso non poté fare a meno di ricordare e rivivere i conflitti terreni fra il bene e il male. Circa la figura di Lucifero, io credo che il senso del male e della insoddisfazione è sempre presente; ma nella revisione si cercherà di badarvi meglio a questo punto. J. Vialatoux ha pubblicato un volumetto dal titolo Le Discours et l'lntuition (Bloud et Gay - Paris 9 Frs.). Non l'ho letto o meglio non l'ho; però ho letto una recensione abbastanza buona. Ma mi sembra che rimanga alle vedute comuni e che non porti nessun contributo. Però sarebbe da vederlo e da farne una critica sulla « Autoformazione ». Sto bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddington], 3 giugno 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua da Butera del 27 scorso maggio. Dacché manderai la relazione a Oxford io ti spedirò il modulo per l'adesione che manderai a me, ed io la rispedirò ad Oxford con la sterlina di tassa. Così avrai diritto a mandare la relazione. Non insisto per la venuta, perché un viaggio in agosto per arrivare qui il 31 agosto sarebbe troppo per te che soffri il caldo. Godo assai che Butera è una parrocchia modello, e se vale qualche cosa la mia congratulazione per parroco e preti, io non so tenermi dal mandarla. Sto esaminando la traduzione francese del tuo articolo, che in massima mi par buona. A pag. 1 tu scrivi: « il dinamismo gn. ... pone la potenza che è forza ». I1 traduttore domanda se la parola potenza deve tradurla puissance o faculié - a pag. 2 tu scrivi « l'uomo essendo conoscente teoretico ». Non c'è in francese théoretique, e il traduttore ha posto théorique, il che non regge. Scrivimi altra parola. I1 guaio è come tradurre fisiologicità essendovi in francese solo phisiologique; sinteticità, in francese solo synthetisme; fisicità, in francese solo phisique, ecc. Va bene usare la parola nature physique, ecc.? Pel resto tutte le difficoltà che presenta il linguag-
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gio tecnico nel testo, sono state superate con un certo garbo e abilità. Sto bene: - ti scriverò altra volta delle tue osservazioni sulla Tetralogia. Per ora penso e rifletto. Tanti auguri di bene per la S. Visita e prego il Divino Spirito che c'illumini e ci infiammi. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 6 giugno 1930
Carissimo fratello, hai fatto bene a troncare la S. Visita dato che fa caldo e che tu ne soffri tanto. Qui da due giorni il tempo è buono, dopo una settimana grigia, fredda e piovosa; spero che duri siamo in giugno! Del resto sto bene, e penso che fra un mese prenderò le mie vacanze e potrò andare al mare mediterraneo. Lì ripiglierò la Tetralogia tenendo conto di quanto mi hai scritto e scriverai. Tu dici che la fonte incantata nell'Apocalisse non ti va. Anch'io ho qualche dubbio; ma non saprei trovare altro elemento che sia il simbolo della seduzione diabolica (la bestia e i tuoi tre spiriti immondi), e che valga a far capire l'abbandono di ogni spiritualità. Insomma quello è per me l'elemento di struttura di tutta la favola (nel senso letterario della parola); altrimenti l'epopea resterebbe campata nell'aria. È debole, come potrebbe sembrare debole il pretesto di Dante a fare il viaggio dei tre mondi, e come in genere sono deboli i punti di partenza umani o umanizzati per i voli mistici. Ma occorre soddisfare alla logica interiore della costruzione e del simbolo. È l'anticristo cui vastidduzzi caudi ': mito - simbolo - realtà. M'interessa la tua opinione su questo punto. Una persona che l'ha letto trova solo un contrasto simbolico; la fonte della giovinezza nel simbolo medievale è la vita di natura, quel che nel simbolo greco era l'età Saturnia; e urta all'imaginativa sensibile che sia una invenzione diabolica e sfruttata dalla potenza del male. È del resto il ricordo dell'Eden. Vedi quanti richiami. Per forza si deve stare sui simboli in un campo mistico ed escatologico. Un abbraccio tuo Luigi LETTERA644. 1. Espressione dialettale siciliana, che tradotta letteralmente significa: piccoli pani caldi. L'espressione però suona come se ci si volesse riferire a qualcosa di attuale, di recente, che è legata a vicende in corso.
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[ London, Paddington] , 8 giugno 1930 Veni Sancte Spiritus
Carissimo fratello, il bosco di Cimora come mi ricorda la Russa - Santopietro l , ecc. Ma anche qui ci sono bei boschi, non così caldi. Sto bene. H o voluto rivedere le parti riguardanti Lucifero. Nella laazione egli è il ribelle e quindi inverte i termini fino a credersi simile a Dio; e ciò è nella logica della sua ribellione. Diversa è la sua psicologia dopo la caduta. Nelle sue ulteriori manifestazioni egli, pur incarnando il male, non può certo assumere l'aria di rivale. E a me sembra che non l'assuma. Adamo 1" Incontro con Gabriel: ho tolto la frase « il Titano », lasciando: « Non basta al superbo che volle (passato!) esser siccome Dio » 2. Le frasi successive preludiano il suo potere nel mondo. Ho tagliato la battuta (fiacca) « Del male altrui, ecc. » che sarà meglio svolta nella 4" parte dell'Apocalisse. Questo primo incontro finisce col « Piegarti a Dio ... Non posso » 3. È la sintesi dell'attuale sua posizione. 2" Incontro con Uriel; si svolge il tema della Tentazione. L'unica frase un po' accentuale « Così conobbi la scienza del male » forse sarà levata, ma è solo un richiamo alla scienza del bene e del male 4. 3" La Tentazione (non so se resterà); non c'è nulla di reprensibile '. Apocalisse 4" Incontro con Gabriel. Qui è il tema della giustizia divina. l a battuta « La mia parte ... » risponde Gabriel: « Ministro di Giustizia ... » 6. ,? battuta « La mia superbia ... » riprende Gabriel « I1 tuo LETTERA645. 1. La « Russa dei Boschi », proprietà degli Sturzo di 40 ettari a 8 chilometri da Caltagirone, vicino a San Basilio, verso Gela, con oliveti, mandorli, vigne e querce. Prima di partire per l'esilio, Luigi Sturzo cedette la sua parte al fratello Mario e alla sorella Nelina. L'eredità restò indivisa. Mario lasciò erede il Seminario di Piazza Armerina e N e l i a quello di Caltagirone. Luigi, tornato dall'esilio, fu nominato arbitro per dividere i beni familiari fra il Vescovo Capizzi di Caltagirone e Mons. Catarella di Piazza Armerina. « Russa dei Boschi » toccò al Seminario di Piazza Armerina. 2. Sono parole di Lucifero nel suo incontro con Gabriel; cfr. L. STURZO,Il ciclo della creazione..., cit., p. 91. 3. I1 testo definitivo è: Gabriel: « ...io ti amerei / se piegarti potessi a Dio Lucifero: Non posso D; Ibidem, pp. 92-93. 4. La frase non è stata tolta; Ibidem, p. 114. 5. Ibidem, p. 121 ss. 6. «Lucifero: Ho la mia parte, Gabriel; la preda/mia, e l'aspetto qui.../ Gabriel: Ministro di giustizia/ agli altri e a te sei N », Ibidem, p. 255.
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soffrire accresce » '. Manca quel che tu rilevi. Ti prego di tornarci e di scrivermene si che io comprenda meglio la tua impressione. Delle altre cose altra volta. Per ora ho poco tempo per occuparmene bene, ma il pensiero vi ritorna sovente. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[London, Paddington], 11 giugno 1930
Carissimo fratello, hai letto nella « Rivista neo-scolastica » gennaio-aprile, l'articolo di G. Cantagalli sulla Filosofia del Fantasma? Per quanto scritto pesantemente (i filosofi italiani - specialmente i giovani - scrivono male) pure è una critica coraggiosa (pel neo-scolastico) circa la conoscenza del reale concreto e contro 1'Aristotelismo. Avrebbe dovuto ricordare la tua opera; ma può essere che non la conosca... I1 libro di D. Parodi La philosophie contempovaine en France, Paris, Felix Alcan. Fr. 12.50 - è molto chiaro, qualche volta troppo lineare, in genere troppo francese, sicché non passa quasi mai i confini della Francia, come se il pensiero avesse confini nazionali. La critica che egli fa per cenni non è profonda, ma dimostra che egli è in fondo un cartesiano e un credente. Tutto sommato, è un buon libro per conoscere la filosofia contemporanea francese, che per quanto svalutata da B. Croce, pure ha importanza e influisce più che ogni altra filosofia sulla cultura generale del mondo e anche nel campo cattolico, per quanto è possibile. I1 libro che ho letto non è mio, ma se lo vuoi, quando andrò in Francia te lo farò spedire da F. Alcan. H o ricevuto la tua del 7. Va bene per le frasi del tuo articolo, che farò battere a macchina e poi spedirò in Francia. Anche il mio articolo è stato tradotto, cosa difficile per l'esattezza delle frasi tecniche, e domani lo spedirò alla Rivista. Attendo il numero di questo mese dell'« Autoformazione ». Tanti auguri ai novelli sacerdoti. Che 7. «Lucifero: La mia superbia è il mio tormento... Gabriel: Ma il tuo soffrir accrescesi/ dal soffrir dei malvagi ...»; Ibidem, p. 255.
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consolazione per te. Pensandoci non saprei cosa potrebbero fare i tre vegli tranne che annunziare la parola di Dio e la fine del mondo; non possono uscire dal simbolo all'attività, perché manca il campo dell'attività sotto la passione di una catastrofe inevitabile. È come quando una nave è in naufragio e non vi è più nulla da fare per la salvezza delle persone, delle cose. Si diviene statici, lasciando che la catastrofe si svolga. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddingtonl, 13 giugno 1930
Carissimo fratello, che sorpresa! ricevo in questo momento il tuo nuovo volume Il pensiero dell'avuenire ' con la dedica affettuosissima. Ora capisco il tuo lavoro dell'inverno, e il non aver mai risposto alla mia LETTERA647. 1. M. STURZO,Il pensiero dell'auvenire, Vecchi e C., Trani 1930. Diamo qui di seguito la recensione a questo volume che usci nella « Rivista di autoformazione » (maggio-giugno 1930, p. 198 ss.) a firrna Antonino Di Fede: «L'intuizione! Cos'è l'intuizione? Tutti ne parlano molti ne scrivono, ma non pare che, almeno sotto il rispetto filosofico, ancora se ne sia bene determinato il valore. Ci son filosofi che parlano d'intuizione immediata ed intuizione mediata, come ci furono filosofi, e ce ne sono ancora, che parlano d'intuizione astratta. Noi riteniamo che la filosofia non troverà mai il suo punto centrale sino a che il concetto dell'intuizione rimane cosl mai determinato. Chi comprende tutta l'importanza della filosofia e vuol trovare qualcosa di meglio determinato circa il concetto dell'intuizione, legga il Pensiero dell'avvenite di M . Stuno. Con una migliore determinazione di questo concetto troverà una migliore determinazione del concetto di processo inquisitivo, giacché i due problemi son così connessi tra loro che una migliore determinazione dell'uno genera, per sé, una migliore determinazione dell'altro. Gli antichi ed i medievali si travagliarono intorno allo studio deil'ente astratto, e San Tommaso poté dire che l'uomo naturalmente non cerca che i generi e le specie, come se il genere e le specie fossero intelligibili senza gli individui. I moderni cercano l'ente concreto neiia sua multiforme attività; ma l'ente concreto essi risolvono nello stesso soggetto, cioè, pongono il soggetto come a se stesso oggetto, e così anch'essi in ultimo ricadono neli'astrattismo. Ma c'è di peggio perché negando ogni altra realtà che non sia il soggetto, volere o no, si cade nello scetticismo del pensiero che può dir solamente io penso, e non può mai dire con coscienza di vero filosofo: quel che penso, è. L'idealismo parla anch'esso d'intuizione, perché l'intuizione è un fatto, e i fatti non si negano; ma in quel sistema tanto vale intuizione, quanto pensiero, perché nulla è vera percezione di veri oggetti, e tutto è creazione deli'unico soggetto. L'idea-
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domanda, che lavoro stavi facendo. Mi hai fatta una sorpresa graditissima. Mi metto subito a leggerlo: l'indice è promettente: il titolo mi piace. Leggo l'ultima pagina (è il mio difetto di leggere per prima l'ultima pagina di ogni libro). Vedo il tono marcato. Te ne parlerò al più presto delle mie impressioni. Ti spedisco oggi stesso il libro di Le Roy: la prima parte è la riproduzione di vecchi articoli di circa 25 anni fa - nel periodo modernista: - la seconda sono lezioni fatte in due tempi. Vi sono insieme tre correnti la modernista razionalista, la bergsoniana e la idealista; col proposito di restare ortodosso e realista. Ciò non ostante interessa e come fenomeno subiettivo, come tormento di molti pensatori, e come osservazioni particolari. Vale la pena di leggerlo. Di Parodi ti ho scritto che è cartesiano. Anche lui pende fra il razionalismo (inteso come dominio della ragione nel campo intellettivo) e l'idealismo, con una punta di intuizionismo bergsoniano. È la stessa crisi di Le R O ~Tutto . da conciliare con la fede. Peccato che in Francia i catlismo potrebbe aver ragione, se nella nostra coscienza non ci fosse l'opposizione di io e non io esterno e se questa opposizione non fosse assolutamente irriducibile. Fissar bene il concetto d'intuizione, significa fissar bene il concetto di realtà oggettiva; ma significa anche serrare per sempre ogni altra via di conoscenza per lasciare aperta solamente la via dell'intuizione. I1 che significa che il processo inquisitivo non potrà scoprire che realtà scoperte già dali'intuizione, almeno in modo implicito. Oltre a ciò significa scoprire il vero criterio della verità. L'intuizione è da sé certa e vera, perché è processo duetto ed immediato. L'errore può aver luogo solamente nel processo inquisitivo, perché questo è successione di giudizi, e perché l'errore è l'inserzione d'un giudizio non appropriato, nella serie dei giudizi. Avendo però scoperto che l'inquisizione non lavora che sui dati dell'intuizione è anche scoperto il vero criterio della verità, il quale non può essere che un lavoro di risoluzione deli'inquisizione in intuizione. I problemi dei quali andiamo parlando sono di tale importanza da determinare una maniera di filosofia piuttosto che un'altra, secondo che vengono risoluti in un modo o in un altro. E sono i principali problemi che M. Sturzo studia nel suo recentissimo volume di cui abbiamo fatto cenno. Non sono però trattati in modo rigorosamente tecnico e invece son come l'anima d'altri problemi i quali tutti nel loro insieme fanno il pensiero o filosofia dell'awenire. E si percorre in quadri molto suggestivi l'andare del pensiero umano dai secoli antichi ai medievali, ai moderni, aila divinazione di quel che sara o potrà essere I'awenire, con fare chiaro e suffiaentemente piano da rendere agevole la lettura del libro anche alle menti di media cultura. Non saremo noi a dire che il Pensiero dell'avvenire di M . Stuno sia un a w e nimento librario, perché la nostra parola, per quanto serena, potrebbe parere s e spetta; e noi aspettiamo che la parola venga dalle nostre consorelle che con più serieta ttattano la bibliografia. Noi solamente diciamo che quest'ultimo libro di M. Stuno, è uno di quei libri che non possono venire ignorati. A. D. F. >p.
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tolici sono ancora fuori delle correnti di pensiero. I n generale tutta la filosofia francese è fuori della corrente storicista e di una concezione storica adeguata. È strano. Un abbraccio. Sto bene, tuo Luigi
[ h n d o n , Paddington], 15 giugno 1930
Carissimo fratello, ho letto già le prima 100 pagine con gran godimento. Potevi dirmi che avevi questo nuovo libro in corso ed io tardavo a scrivere l'articolo per la « Dublin Review ». Ma ora l'ho mandato e aspetto di sapere se al Direttore piace o no, sia per la tecnicità (alla quale qui non sono abituati specialmente nelle Riviste di culttira generica) sia per la lunghezza (un po' più della misura ordinaria). Vedi di mandarmi altre tre copie del Pensiero dell'avvenire per darle qui al British Museum, al Prof. D'Angelo e ad un'altra persona. Tu dici a pag. 31 che Aristotele divinizzò l'intelletto agente; la frase è un po' forte e potrebbe accusarsi di inesatta: tanto Platone che Aristotele concepirono Dio, il primo più interiore all'uomo, il secondo come esterno e immobile. Altra frase troppo calcata: che il concetto di apriorità di Kant sia lo stesso delle idee prenatali di Platone: non mi pare (pag. 51). Non direi (pag. 38) che reca sorpresa che Platone, Aristotele, S. Agostino, S. Tommaso non abbiano scoperto, ecc. È un problema non posto allora così. E poi tu ne dai altrove le ragioni. Quando parli della forma di Aristotele (pag. 71 e segg.) è lo stesso che la specie sia impressa che espressa? (Pensa la mia ignoranza!) Piccole impressioni di un lavoro importante oltre modo. Un abbraccio, tuo Luigi
LETTERA648. * Scritta
su carta non intestata.
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[London, Paddington], 18 giugno 1930
Carissimo fratello, ho finito di leggere il Pensiero dellJauuenire: libro tutto di getto, massiccio, con foga giovanile, con qua e là delle pagine martellanti; costruzione e polemica, e in tanto polemica in quanto costruzione: si sente qualche volta l'oratore e il poeta che si frena e si domina; e se ciò porta qualche diseguaglianza non importa, il libro riesce più interessante; è il libro che ci voleva. Non mancherò di scriverti di qualche punto che mi fa sollevare o dubbi o dissensi, ma punti particolari. Di alcune cose vorrò con te discutere, ma non in questi giorni che sono sulle mosse di lasciare Londra ed ho molto daffare. Tu dici (pag. 151) di preferire il nome di filosofia Cristiana a quello di Scolastica. Ora Scolastica è la filosofia storicamente individuata dal XI al XIV secolo - come Neo-Scolastica è quella del XIX-XX sec. La filosofia cristiana contiene un'idea più larga e generica e comprende l'agostinismo - la Scolastica - e anche il Cartesianismo e Pascalismo, cioè la Filosofia cristiana del Rinascimento, che altrove si confonde con l'altra di G. Bruno, Telesio e Campanella o con Spinoza. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi Non ho ricevuto l'antologia. È uscita?
[London, Paddingtonl, 20 giugno 1930
Carissimo fratello, grazie degli auguri per il mio onomastico che da te mi arrivano così pieni d'affetto. Ti ho spedito la Circolare del 70" Congresso Internazionale di Filosofia. Non c'è modulo di adesione, ma una lettera che tu farai e mi manderai subito, ed io pagherò la sterlina di tassa. Tu devi indicare nella lettera che non puoi venire, ma che mandi l'adesione e che prima del loagosto manderai una tua Comunicazione, che potrebbe essere letta da me. Tale Co-
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municazione deve essere di soli 10 minuti di lettura. Mi correggo: io credo che è meglio rinunziare alla lettura, e invece domandare che sia stampata e-presentata fra le Comunicazioni del Congresso, per fare ciò occorre che il manoscritto sia di non più di 2000 parole per le sedute di Lezioni; e che la Lezione scelta sia la propria; per te credo la 1" Lezione della Divisione B. cioè Natura della percezione e suoi oggetti - o la 2" Lezione cioè Natura e sorgente dei fattori non percettivi nel pensiero. Ti prego di rispondermi subito, per aver tempo di andare a parlare col Segretario del Congresso, prima che io parta da Londra, il che sarà sui primi di luglio. Sto bene. Godo delle consolazioni pastorali che ti dà il Signore. Sulla Tetralogia ci penserò quando avrò un periodo adatto, che non è il presente quando sono sulle mosse di partire. Non ho ancora ricevuta la Rivista, e attendo (prima di partire) almeno tre copie del Pensiero dell'avvenire. Un abbraccio di cuore tuo Luigi Manda il Pensiero dell'avuenire al Dr. Alois Dempf 84 Hindenburg Strasse - Germania.
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[London, Paddiigtonl, 23 giugno 1930
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 19. La mia frase aveva un significato concreto; cioè che i filosofi francesi in genere e i cattolici in specie, mentre hanno discusso e discutono a fondo il problema filosofico della scienza della natura (fisica e naturale in genere) e mentre han creato (bene o male) la scienza sociologica, nel senso della struttura e delle leggi della società (avvicinandola prima alla biologia - poi alla psicologia - fino a farne poi una scienza originale) sono rimasti estranei alla corrente dello storicismo, come studio del valore delia storia nella filosofia. Per essi la frase la storia è filosofia è incomprensibile perché estranea al loro pensiero. E gli storici francesi d'altro lato, o fanno ancora della filologia, o fanno del determinismo irrazionale: caso, natura, causalità esterna di avvenimenti, ecc.; ovvero fanno della psicologia individualista:
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tutto meno che vera storia. Tutto ciò, per me significa, che di fronte al pensiero tedesco e in parte a quello italiano e sotto certi aspetti a quello inglese, la Francia ha una posizione singolare. Ciò può essere primo perché la Francia ha subito meno l'idealismo ed è rimasta in fondo in fondo realista (sia nel senso intellettualistico, sia in quello antintellettualistico) : e in secondo luogo perché la formazione della mentalità francese è più giuridica e formalistica. Non tutti i problemi si sentono kpalrnente dapertutto, ciò non significa che i francesi non sono storicizzati, ma che sono stovicizzati a modo loro. Conservo così la mia riserva alla frase storicizzarsi nel senso di essere in un determinato ritmo di pensiero. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
[London, Paddington], 27 giugno 1930 I1 S. Cuore di Gesù
Carissimo fratello, oggi ho ricevuto le quattro copie del tuo libro, ma non la solita cartolina. L'altro ieri ho avuto la Rivista. Fammene mandare 4 copie. H o letto la Rivista subito '; s'intende. Così anche i Problemi di Filosofia dell'Educazione è finito, e vedrà la luce spero presto. I1 Cap. IX mi è piaciuto assai; la conclusione troppo stringata e serrata nella la parte e credo stanchi (potevo essere io stanco per altri lavori). La chiusa con Don Bosco mezza laudatoLETTERA652. 1. Cfr. «Rivista di autoformazione », maggbgiugno 1930. 2. Giovanni Bosco (1815-1888), fondatore deila congregazione dei salesiani, rivolta ad opere di educazione, fu canonizzato nel 1934. Così Mario Sturzo conclude su Don Bosco: « D i fronte a tanta pienezza spirituale, che cosa dice l'idea di metodo preventivo? E che cosa dicono le più belle massime e i più savi precetti? Tutto e nulla. Dicono tutto, se si risolvono in pienezza spirituale; non dicono nulla se restano soli, nella lor empirica relatività. Però razione del beato Giovanni Bosco, lunga, varia, complessa, non esaurita con la sua esistenza, e vivente ancora e prosperante e progrediente nella bella attività della congregazione da lui fondata, dice a chi sa intenderla, che essa fu processualità ricca deiia più intensa attivita, ma dice anche che fu processualità etica, e fu sistematica neile sublimi intuizioni del genio, e fu finalistica, perché da Dio prese le mosse, Dio ebbe sempre presente, come il vero principio animatore, e a Dio fu rivolta, come al vero fine d'ogni umana attività e della stessa vita. L'opera del beato Giovanni Bosco merita dawero il nome di filosofia deii'educazione in azione; e se di metodo di lui si vuol parlare, si lascia da parte l'espres-
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ria e mezza polemica non mi soddisfa; mi sembra fuori linea. Ogni epoca ha i suoi educatori, santi o laici, secondo date esigenze e dati modi di sentire, che non si esauriscono mai. Così fra i grandi io metto San Girolamo Emiliani e San Giovanni Battista La Salle 4; quest'ultirno credo addirittura grandissimo; ma rispondevano alle esigenze e ai bisogni dei tempi e di determinati ambienti. Il Beato Giovanni Bosco è sorto quando si sviluppava la istruzione obbligatoria e la preparazione tecnica dell'artigianato in evoluzione. I1 suo tipo di educazione è adatto a quell'ambiente. Altra piccola osservazione. A pag. 153 tu dici che la vita ascetica nel suo più alto grado è detta mistica; secondo me sono due tipi di vista distinti e per sé stanti. L'ascetismo è educazione di volontà e di sensi, e può essere diretto a fini religiosi e a fini pratici. Gli stoici erano asceti, e i cinici di più ancora, e sono asceti molti tipi orientali di mussulrnani, di indù e di cinesi, ecc., ogni uomo a suo modo è o deve essere asceta. I1 misticismo è adesione dello spirito verso l'assoluto. Che per avere questa adesione a noi occorre dell'esercizio ascetico non vi ha dubbio; ma si tratta di due cose distinte. Inoltre ora è ammesso da tutti i mistici cattolici più ortodossi che si dà vero misticismo anche fuori della Religione Cattolica. Occorre quindi valutare in tutta la sua ampiezza il misticismo naturale e differenziarlo dal soprannaturale. I1 quale ultimo non sappiamo bene in che consista, ma sappiamo che esiste. Né possiamo differenziarlo sul dato della grazia, che è un dato soprannaturale che è richiesto per ogni buona azione. La filosofia ne prescinde, ma non per questo è meno reale in ogni azione nostra. Getto così le mie impressioni senza cercare la frase esatta. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi sione di metodo preventivo, come inadeguata, e si preferisca l'espressione di mete do deli'azione integrale. W, per l'opposta ragione, la filosofia dell'educazione si deve chiamare l'educazione in idea. Con che non vogliamo dir che questo: che la filosofia & generata daila realtà, e la realtà è trasformata e sistematizzata daiia filosofia; la prima è la storia, la seconda la sua metodologia, e tutte e due altro non sono che la storia concepita come filosofia e la filosofia concepita come storia, con questa sola differenza che la filosofia dell'azione è un aspetto della filosofia considerata nella sua integralità ». Cfr. M. STURZO, Problemi di filosofia dell'educarione in «Rivista di autoformazione D, maggimgiugno 1930, pp. 186-187. 3. S. Girolamo Emiliani (1456-1537),la sua opera fu rivolta all'educazione dei giovani e in particolare degli orfani. 4. S. Giovanni Battista de La Salie (1651-1719)pedagogista francese, fondatore delia congregazione dei Fratelii delle Scuole Cristiane.
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Piazza Armerina, 30 giugno 1930
Carissimo fratello, la tua del 23 mi è giunta con due giorni di ritardo. Stamani aspettavo l'altra cartolina. Si vede che la posta ha perduto la puntualità di farmi arrivare le tue dopo tre giorni. Quanto tu mi scrivi circa il concetto di storicizzazione, è molto giusto. Pure non parmi del tutto errato il concetto che ha Benedetto Croce, che è quello dell'inserirsi nel processo attuale. Penso però che per comporre il dissidio, occorre cercare un terzo concetto. Un uomo che vestisse secondo il figurino del medio evo, sarebbe un anacronismo. Croce direbbe: sarebbe uno che non si storicizza; tu diresti: sarebbe uno che si storicizza a suo modo. Tu qui prendi la parola in senso lato, perché anche l'anacronismo è storia; Croce la prende in senso stretto, perché l'anacronismo o arcaismo è il non attuale, il non vivo, quasi l'eterogeneo, e quindi l'elemento morto, che il processo storico espelle da sé, come l'organismo espelle da sé ciò che non assimila. Or, mentre la parola - storicizzarsi - può ben prendersi in senso lato e comprendersi; la parola - storicizzarsi a suo modo non consente tal senso, perché - l'a suo modo - è un determinativo dello storicizzarsi. Sicché in ultimo, io inclino a favore del concetto crociano. Sto bene. Fa già caldo. Ancora però non mi fa soffrire. Vincenzino ha lasciato il letto. Ora andrà a Fiuggi per la cura delle acque. Ti abbraccio. Tuo t Mario
[London, Paddington], 30 giugno 1930
Carissimo fratello, stasera ricevo la tua del 27 e rispondo subito. Ho ricevuto le copie del libro e quelle della Rivista. Grazie. Circa la procura sta sicuro che è ad omnia. Piuttosto insisti perché sia ritrovata. Mi duole che Vincenzino sia ancora a letto; ma che cosa ha? Dammi più esatte notizie della sua salute e digli che prego per lui e mando i migliori auguri. Credo che riceverai questa cartolina
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il 4 o il 5 luglio; mi risponderai a Paris (VI) Hotel de 1'Avenir 65 rue Madame. Di là poi ti manderò l'ulteriore indirizzo. Sto bene, grazie a Dio, e spero, nelle vacanze, ripigliare un po' il mio lavoro lasciato in aria da parecchio tempo. Domani, iinalmente, manderò il tuo articolo alla « Revue Philosophique D. H o dovuto rivederlo perché in vari punti non mi sembrava esatto, e perché la dattilografa vi avea fatto tanti errori; per fortuna ho trovato una signora gentile che si è prestata a fare ciò. Ma si è perduto molto tempo. Anche il mio articolo ha subito ritardi perché il Direttore l'ha voluto ridotto di un certo numero di parole; lo rispedirò oggi. Circa la tua comunicazione al Congresso filosofico per essere pubblicata credo occorra che vi sia la traduzione inglese; in ogni modo è meglio. Quindi dovresti mandarla in tempo. Fa' così: mandane una copia dattilografata - e in italiano - direttamente alla Segreteria del Congresso A. H. Hannay - 74 Grosvenor Street - London W I. E l'altra copia a me (dove mi troverò) e io curerò di far fare la traduzione. Occorre non passare la misura; qua sono troppo rigorosi su ciò. Puoi mandarmi il « Perfice munus » ' con il sunto? ne vale la pena? A pag. 197 della Rivista c'è un in pace invece di in parte che dà una sensazione curiosa *. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Atmerina, 3 luglio 1930
Carissimo fratello, rispondo alla tua carissima del 27 giugno. Grazie delle buone parole circa il cap. IX. Dell'osservazione non mi rendo conto, LETTERA654. 1. Rivista mensile di vita pratica per il clero, iniziata a Torino nel 1926. 2. Si tratta dell'articolo a firma S. S., Lo neo-scolastica e la valutazione della filosofia moderno, in « Rivista di autoformazione », maggio-giugno 1930, p. 188, in cui figura il seguente passo citato nella lettera: «Certi neo-scolastici sono talrnente esclusivisti da non riconoscere vera trascendenza al di fuori del proprio sistema; questo, dal punto di vista storico, è un errore. Forse che Descartes, Pascai, MaIebranche, Leibniz, Vico, a parlare dei più grandi, non sono tutti trascendentalisti? Certo non furono scolastici, ma non possono classificarsi come immanentisti; e la loro filosofia, moderna al loro tempo, vive in pace oggi, come vivono le altre filosofie del loro tempo; cioè, realizzate nello sviluppo e processo del pensiero umano ».
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perché non mi pare a proposito. Io non parlo di ascetismo, ma di ascetica. L'ascetismo è quello che tu dici; l'ascetica invece è la vita interiore ordinaria, che va dal grado degl'incipienti (via purgativa) al grado (il terzo) dei perfetti (via unitiva). In questo grado, in quanto ascetico, i dottori pongono i primi saggi dell'orazione-contemplazione straordinaria, la quale orazione-contemplazione è poi propria della mistica. L'ascetica ha per oggetto la pratica della perfezione cristiana; è dunque anch'essa adesione a Dio (la parola adesione è tua, ma è limitata alla mistica). La mistica è adesione per vie non ordinarie, che vanno fino all'intuizione di Dio. Ai fini dell'educazione dunque, io non potevo segnalare l'una senza accenni all'altra. Ed io sto in tema, perché considero ascetica e mistica nella vita cristiana. Circa le osservazioni al cap. X nulla dico per ciò che riguarda il gusto o l'arte. Dico però che è una sintesi, che, spero non riesca pesante, a chi leggerà di seguito il libro. I1 Ven. Bosco da me non è preso come il prototipo; e perciò il cenno tuo ad altri educatori non ha vero senso. Ho scelto il Ven. Bosco, perché nessuno ha capito il valore del suo metodo. Sto bene. Fa caldo. Tuo Mario
[London, Paddington], 4 luglio 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 30; anche a me arrivano le tue dopo 4 giorni e non dopo 3 come prima. Ci sarà qualche variazione nelle comunicazioni postali. Sto bene. Godo che Vincenzino si sia alzato e spero che la cura di Fiuggi gli farà bene. E tu dove andrai quest'anno? Resterai a Piazza? Tornando al probIema dello storicizzarsi, io penso che la parola non può avere che un solo uso veramente proprio, ed è quello che deriva dal significato storia-filosofia; ogni altro uso non può essere che improprio o analogo. Ora stando a quel concetto fondamentale, tutte le forze che operano nella formazione del pensiero, cioè neila rappresentazione ideale della realtà, si storicizzano, e quanto più intensamente operano tanto più efficacemente si storicizzano. Ecco la ragione del più o del
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meno. Per esempio: un modesto operaio o agricoltore, con la sua opera personale nulla contribuisce (così sembra) allo sviluppo del pensiero e quindi alla vera storia; ma anche egli partecipa agli infinitesimali della vita sociale, che dà gli elementi della storia. Tutto è quindi nella storia e si storicizza. I1 pensiero crociano parte da un dato per lui definitivo: il suo sistema interiore; quelli che vi sono dentro sono nella storia, gli altri sono... gl'infedeli. A questo concetto assoluto porta lo storicismo crociano; il mio invece è relativo, gradualizzante entro il concetto delle sintesi effettuali della storia. Cinquant'anni fa il positivismo era il pensiero dominante nelle scienze, e il determinismo nella storia. Secondo quel momento, la storicizzazione delle attività umane avveniva e nella lotta al positivismo e nell'affermazione. Questo il mio modo di vedere; ma secondo Croce si dovrebbe concludere che si storicizzavano solo i positivisti. È enorme. Scrivo così come mi viene, perché debbo pensare a far le valigie. Tuo Luigi
[London, Paddingtonl, 7 luglio 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 3 c.m.; godo che stai bene e spero che il caldo non ti farà soffrire molto, come gli altri anni. Anch'io sto bene, e in mezzo alle valigie e alle carte da riordinare prima di lasciare Londra. Forse la mia del 27 giugno non era chiara, perché scritta in fretta; e temo che la stessa fretta mi spinge a scrivere questa, per arrivare ad impostarla in tempo, e non sarò chiaro nemmeno ora. Ci proverò. Anzitutto intendevo accennare ad una questione di metodo. Quando noi facciamo filosofia pura, facciamo dell'analisi, perché prescindiamo dai problemi connessi aila nostra vita umana, che sono quelli della rivelazione e della grazia. Nel fatto tutti e in tutte le nostre azioni siamo così pervasi di sopranaturalismo, che il puro naturalismo non si dà, nemmeno in coloro che non partecipano alla vita cristiana. Ciò posto, lo studio filosofico si fa tutto sul piano naturale, prescindendo dal sopranaturale, per un metodo ragionevole, sì da comprenderne i carat-
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teri, i limiti e le ragioni. Ora tu nei vari articoli dei problemi educativi ti sei posto strettamente (come dovevi facendo filosofia) dal punto di vista naturale. L'accenno quindi all'ascetica e alla mistica, stando al metodo, non dovevano uscire da questo quadro, come quando in filosofia morale si parla delle virtù e dei vizi. L'altra osservazione riguardava il campo distinto e in certi casi opposto dell'ascetica e della mistica, sia nel senso naturale e sia nel senso sovranaturale. Anche i più ortodossi dei moderni ammettono che i due campi, pur potendo interferire, sono assolutamente distinti e non per gradi. Ed io parlando di ascetismo, ho inteso includere anche l'ascetica nel senso ortodosso. Ascetica è disciplina, distacco (senso originario), mistica è comunione con Dio. Che per avere lo stato mistico occorre il distacco dal mondo (ascesi) non può mettersi in dubbio. Ma sono due stati distinti. I o dico che la mistica è per vie non ordinarie, e questa è un certo stato mistico, ma non quello naturale, anch'esso ammesso. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[Paris], 9 luglio 1930
Carissimo fratello, ieri sono arrivato a Parigi, dopo un ottimo viaggio. Oggi è qui arrivata Nelina, anch'essa bene e dopo un ottimo viaggio. Immagina la mia gioia, che sarebbe completa se anche tu fossi con noi. Ma con questo caldo chi pensa mai ad un tuo viaggio? Potrò sperarci per il prossimo autunno? Io prego il Signore che mi conceda questa grazia, se c'è la sua Volontà. Stiamo bene. Per ora la corrispondenza la teniamo qui. Ti ho già scritto l'indirizzo e spero domani avere la tua solita cartolina. Un abbraccio, tuo Luigi Nelina Spero che hai ricevuto il pacco e la lettera.
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Piazza Armerina, 10 luglio 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 4 e rispondo subito. Quel che tu mi scrivi circa lo storicizzarsi, è chiaro e convincente. È anche esauriente? Ecco quel che non so affermare. Tu rechi l'esempio del positivismo imperante cinquant'anni fa, e dici bene che si storicizzava anche chi lo combatteva. Ora io domando a te: chi allora avesse preteso combattere l'aspetto tecnico-scientifico del positivismo con la fisica di Aristotele, si sarebbe storicizzato anche lui? Ti prego di badare a quel che io ora dico. I o dico che anche questo arcaico entra nella storia e può iI suo atteggiamento venire studiato dallo storico. Ma, secondo me, non è questo il problema, sibbene un altro. La storia non è solo il ripensamento dei fatti umani, ma è anche I'accadimento umano, in quanto accadimento. Ora come accadimento, la storia è un processo dialettico, col cozzo, non solo del diverso, ma anche del contrario. È il processo vivo. L'arcaico che o ignora o non comprende il vivo del processo, e si stacca dal processo vivo per sostenere un processo del passato, qual fu nel passato, entra nella dialettica del processo attuale? Io credo che no, come il ramo morto non entra più nella vita dell'albero. Aspetto la tua risposta. Sto bene. Ti abbraccio con la cara sorella. Tuo Mario
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Paris, I l luglio 1930
Carissimo fratello, abbiamo ricevuto la tua del 6 di questo mese e godiamo che stai bene. Nelina è contenta che tutto ti è piaciuto - ti ossequiano Mr e M.me Dequinelle. Qui fa fredduccio; Nelina che viene dal caldo di Roma ne è contenta; io invece non ne sono contento e attendo di potere andare alla Plage d'Hyères verso il 26. La Società Tip. Ed. Nazionale di Torino nel 1927 pubblicò un Christus e la vita umana di F. W. Forster. Questi è un protestante, ma
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che si avvicina al cattolicesimo, celebre pedagogista e tedesco pacifista che vive in esilio a Parigi perché condannato per il suo pacifismo. I1 libro, benché vago e generico, ha belle pagine e credo possa fare del bene a certe anime incerte. Te lo segnalo per ogni buon fine. Mr. Lévy-Bruhl, il direttore della « Revue Philosophique D, trova che il tuo articolo è scritto con un linguaggio troppo tecnicamente stretto e fuori dello stile della Rivista, e fa le scuse che non può pubblicarlo; egli vedrà di farlo pubblicare da altra rivista l . Io gli ho risposto che sono assai dolente dell'incidente, specialmente che gli avevo scritto prima di farlo tradurre (il che m'è costato più di 300 lire italiane) di vederlo nel testo italiano. Egli invece mi rispose di farlo tradurre subito che sarebbe lieto di poterlo pubblicare. Riconosco che in Francia non si scrive filosofia in forma cosi tecnicamente stretta, però Lévy-Bruhl esagera un poco. Egli ha trovato il tuo articolo interessante ed egli in fondo conviene con te. È un disappunto per me, anche perché avevo tanto lavorato a far che la traduzione fosse chiara e ben fatta. Vedremo cosa succederà con qualche altra rivista. Come è difficile l'ambiente intellettuale di qua. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi
[Paris], 12 luglio 1930
Carissimo fratello, appena ricevi questa vedi di far spedire il Pensiero dell'avvenire al Prof. Le Roy, 27 rue Cassette, Paris (VI); egli dovrà leggere nelle vacanze il tuo libro per conto di un editore. Però egli va in vacanza il 20 o il 21 del mese, e lascia al portiere l'ordine di non mandargli i pacchi di libri (come fo io) per non essere obbligato a riempire le valigie nelle varie tappe delle sue vacanze. Io non ne ho più copia: le ho già date prima di partire. Egli ha detto che si interessa al tuo sistema. Vedremo. Noi stiamo bene, nonostante il fresco, che la sera e la mattina diviene freddo. Ma per pochi giorni. Qui poca gente; oramai sono tutti per partire o partiti per le vacanze e Parigi si svuota. E tu dove andrai per LETTERA660. 1. Si veda la nota 32 deli'lntroduzione a questo carteggio.
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le vacanze? Resterai a Piazza? Forse fino alla festa di mezzo agosto. Prega per me: un abbraccio da me e Nelina, tuo Luigi
P.S. - La « Dublin Review » di Londra pubblicherà il mio articolo sul neo-sintetismo nel numero di ottobre. Appena uscito te ne manderò una copia. Vuoi anche l'italiano? I o credo che non potrà servirti. I o non ho altra copia disponibile. S.S. mi disse (prima di partire) che voleva mandare una Postilla sul relativo in funzione di assoluto. Che ne pensi? Tuo Luigi
[Paris], 15 luglio 1930
Carissimo fratello, la tua del 10 mi è arrivata oggi 15; un giorno di pih che a Londra. Figurati come l'ho attesa. Stiamo bene; io un po' raffreddato; col freddo che fa è una fortuna prendersi un semplice raffreddore. Nelina ti raccomanda di spedire subito le 400 lire d ' I n gegnere. La tua osservazione è sottile, ed ha una notevole importanza. Però non è conclusiva contro il mio modo di vedere. Coloro che vorrebbero combattere con le armi bianche contro i cannoni e le mitragliatrici, se ci fossero, sarebbero rappresentanti di un fenomeno così strano da meritare lo studio dal punto di vista psicologico o patologico, ecc. Se poi un tale fenomeno fosse diffuso, dovremmo trovarne le ragioni in qualche strato profondo della umanità, che avrebbe o lasciata questa sopravivenza o fatta ritornare. Forse l'esempio non è completamente a proposito: altro esempio: il contadino che di fronte ai metodi di coltivazione più evoluti o più redditizii, resta al suo metodo tradizionale, e ciò fa non un solo contadino, ma molti, quasi la maggioranza. C'è un dato psicologico e morale in questa resistenza che ha il suo valore storico e non può solamente reputarsi un pregiudizio. Se i1 fatto di combattere il positivismo con la scolastica è avvenuto (come è in realtà awenuto) si che essa ha ancora il predominio di una zona un po' immobile o fossile del pensiero, ciò dipende da altre cause storiche e perciò
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storicizzate, che ne producono la sopravivenza anche irragionevole e ingiustificata. Del resto quanto di irragionevole, di istintivo, di derivativo si storicizza! Quel che è realtà è storia, ciò che vuol dire che si è storicizzata. Se poi gli effetti sono quelli voluti o i contrari, questo non dipende dalla semplice intenzionalità dell'operante ma dal complesso dei fattori storici. Un abbraccio, tuo Luigi Ricordati di mandare in tempo l'articolo per il Congresso di
Oxford.
[Paris], 17 luglio 1930
Carissimo fratello, il 12 siamo stati uniti nella preghiera. Oggi siamo stati a Chartres a vedere la Cattedrale. Per me è la più bella tra le cattedrali gotiche che ho visto, e forse la più bella di tutte: è veramente una meraviglia. Le vetrate sono quasi tutte del X I I e X I I I secolo ancora vive, fresche, armoniose, straordinarie. Stiamo bene. Dal giorno che ti arriva questa, scriverai a Maritima Hotel - La plage d'Hyères (Var.) Francia. H o ricevuto la tua del 13. Tomo alla nostra discussione sull'ascetica e la mistica non per impuntatura (tu mi conosci), ma perché da più di un decennio a questa parte in Francia e in Inghilterra è questa una non più discussione, ma cosa ammessa. Cioè che tutto quel che nell'ascetica cristiana tende a congiungere l'uomo a Dio è elemento mistico, e ciò che serve a dominare e mortificare l'uomo sensitivo, a educarlo, ecc. è ascetica. Questa per sé è ordinata non a Dio ma al fine del dominio su se stesso, il quale può essere o no ordinato a Dio, secondo i casi; invece la mistica, anche naturale è sempre elevazione a Dio, Che questa elevazione non possa compiersi bene anche nell'ordine naturale senza un esercizio ascetico è certo; ma nella mistica naturale possono darsi istanti di elevazione a Dio anche senza vero e regolare esercizio ascetico. Io credo che siamo d'accordo. Forse il disaccordo è sulla qualità di mistica alla mistica naturale. Ma questa, secondo me, è altra questione, e in ogni caso, i mistici moderni cattolici sono di accordo nell'ammetterla. Ho letto che Mons. Patanè è stato eletto Arcive-
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scovo di Catania. Che il Signore lo protegga e lo benedica. I o non ricordo se egli è arcivescovo della diocesi di Acireale ovvero di Catania stessa. Un abbraccio, tuo Luigi
[Paris], 19 luglio 1930
Carissimo fratello, oggi 27" della tua Consacrazione Episcopale. Siamo ancora di più uniti nelia preghiera. Ho letto la Comunicazione per Oxford che mi è piaciuta. H o scritto subito per vedere di farla pubblicare. Dipende dal Comitato di scelta. Hanno un gran numero di manoscritti. Se occorre la traduzione inglese sarà fatta da una professoressa di filosofia, che comprende benissimo l'italiano filosofico. Stiamo bene e sulle mosse per partire. Quando avrai letto il libro di Le Roy mi dirai le tue impressioni. Un abbraccio, tuo Luigi
Lyon, 21 luglio 1930
Carissimo fratello, ci troviamo di passaggio a Lione e ti mandiamo un affettuosissimo saluto. Stamane ho ricevuto la tua cartolina del 18 c.m. S.S. credo manderà presto la sua postilla. Ieri ho visto il Prof. E. Le Roy che mi ha detto che si occuperà del tuo lavoro al ritorno della villeggiatura. Vedremo. Avendo, con l'aiuto generale, venduto tutto come posso io intervenire per i censi della Marchesa Motta? I o non capisco questo fatto. Io non ho ritenuta più nessuna proprietà e tutto ho alienato. Vedi di guardare bene l'atto. I o di qui non posso perché l'atto è a Londra. Circa il resto ti scriverò altra volta. Stiamo bene. Un abbraccio insieme a Nelina, tuo Luigi LETTERA 664. L E ~ E R665. A di Lione.
Cattolina illustrata con l'interno di Saint-Etiennedu-Mont. Cartolina illustrata con l'abside di Notre Dame de Fourvi&re
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D'Angelo è entusiasta del tuo libro: fa qualche osservazione che ti scriverò. Scriverò al dr. Dempf. Gli hai mandato il Pensiero dell'auvenire? Luigi
Avignone, 24 luglio 1930
Carissimo fratello, ci siamo fermati ieri sera ad Avignone, e proseguiremo per La Plage. Stiamo bene grazie a Dio. Stamane abbiamo letto del terribile terremoto del Mezzogiorno d'Italia. Nulla i giornali francesi dicono della Sicilia. Che il Signore la risparmi. Tutto ci parla di Lui e tutto ci conduce a Lui. Domani è il nostro Santo Protettore e celebrerò per noi tutti e per i miei concittadini. A La Plage troveremo tue notizie, e di là ti scriverò più a lungo. Salutami tutti e prega per me e Nelina. Un abbraccio di cuore insieme a Nelina, tuo Luigi Con affetto, Nelina
La Plage d'Hyères (Var), 26 luglio 1930
Carissimo fratello, dopo un ottimo viaggio, questa sera siamo arrivati alla Plage. Ho trovato la tua cartolina del 22 c.m. Sei giorni senza tue cartoline (perché in giro) mi sono sembrati tanto lunghi. Siamo un po' stanchi ma bene, grazie a Dio. Tanto afflitti dalle notizie del terremoto del Mezzogiorno. Quello che mi scrivi è interessante, te ne parlerò in altra mia. Questa è per darti notizie. Ieri siamo stati ad Arles (ne parla Dante nell'Inferno) « Dove il Rodano stagna » '. È interessantissimo di monumenti romani e medievali. Un abbraccio, tuo Luigi LETTERA 666. * Cartolina illustrata con il panorama di Avignone. LETTERA667. * Cartolina illustrata: TouIon aux Saliis d'Hyères. 1. Cfr. Inferno, Canto IX, verso 112.
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[Toulon nux Salins d'Hy&res], 29 luglio 1930
Carissimo, ricevo la tua del 25; in questo luogo la corrispondenza vi mette di più che a Londra. Stiamo bene; il caldo mi conforta e mi giova. Non cosi a Nelina; però per essa fa meno caldo qui che a Roma o a casa. Desidero leggere l'articolo di Fenu sull'« Avvenire d'Italia » l . Scrivi per averlo e mandarmelo. Fenu è un giovane d'ingegno e di cultura. Mi sembra che tu lo conosca di persona. A proposito di giovani ho letto la recensione di Croce (« Critica » di luglio) all'articolo di R. Rinaldi '. Lo conosci tu? Come ha ragione, benché egli presupponga il suo sistema, in ogni sua osservazione. A proposito, dimmi il tuo pensiero sulla Postilla antiattualista di Croce 3, circa cioè il fallimento dell'attualismo e il giudizio che ne dà Croce. Forse ciò è una risposta alla Critica anticrociana degli epigoni dell'attualismo e loro recenti pubblicazioni. I o ho creduto sempre che l'attualismo di Gentile fosse il paradosso logico del Crocismo. È proprio così? o può Croce riguardare il disfacimento dell'attualismo senza vedere crollare la sua filosofia? Mi piacerebbe leggere un tuo studio su « Autoformazione » che tratti questo argomento. Altro tocco vivace è a pag. 295 nella recensione di Franz Kronen 4. In sostanza Croce rimprovera agli attualisti la definità della conquista filosofica; invece della relatività del pensiero. Ma in Croce non c'è implicata questa definità pur il suo relativismo? E non è questo l'anima del suo storicismo e della sua estetica? Io non sono così proLETTERA 668. 1. Cfr. E. FENU, Il neesintetisrno, in « L'Awenire d'Italia », 22-7-1930.Nella recensione il Fenu rileva che il libro di Mario Stuno trova ostacoli da parte sia degli idealisti, che dei neo-tomisti. La ragione di cib viene rintracciata ne& stessa posizione teoretica dello Snino, diretta a mantenere un dualismo fra soggetto e oggetto per non ricadete nel nduzionismo idealistico (riduzione deii'oggetto al soggetto assoluto) e in quello realistico (riduzione dal soggetto all'oggetto). 2. Cfr. R. RINALDI,L contraddizione della dialettica, (estratto deiia «Rivista filosofica »,gennaio-marzo 1930), recensione di B. Croce in u J i Critica »,20-7-1930, p. 296. 3. Cfr. B. CROCE,Osservando il corso clelle cose, in u La Critica », 20-7-1930, p. 317. 4. Cfr. F. KR~NEN, Die Anarchie der philosophischen System, (Meiner, Leipzig, 1929), recensione di B. Croce, in u La Critica D, 20-7-1930,p. 294.
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fondo cultore di filosofia Crociana da vederci opposizione completa fra il suo atteggiamento e quello dell'attualismo. Non ho qui il fascicolo deU'« Autoformazione » per rivedere le mie impressioni circa l'ascetismo e il misticismo. Io ti scrissi sotto l'impressione avuta, e pensando che tutto raccoglierai in un volume, credevo che ti potessero interessare le mie impressioni. Tu dici che la mia critica è fuori posto e quindi vale come non fatta. Un abbraccio di cuore insieme a Nelina Luigi
[Toulon aux Salins d'Hyères], 1 agosto 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 29; mandami qui una copia dei Problemi dellJEdzicazione così avrò agio di rileggerli di un fiato. Le altre copie me le manderai a Londra, però in settembre, perché se li mandi adesso, me li Nspediscono qui, e ciò aumenterebbe il peso delle mie valigie. Oggi ho ripreso in mano la Tetralogia. A me sembra che tutte le altre azioni sono in funzione dell'ultima; e quindi occorre rifarsi da questa. Prima di rivedere la concezione esteticodramatica occorre riesaminare la sostanza mistico-teologica. A me sembra che la fine del mondo non possa concepirsi come un evelito storico che metterebbe fine alla storia; né come un processo fisicocosmico che metterebbe fine alla vita; né come un atto negativo della Divinità che distruggerebbe la sua creazione; ma solo come un'epifania mistica, cioè il culmine delia lotta fra il male e il bene, e il loro coronamento di giustizia e di rivelazione dell'altra vita. Proprio come è dato dal Nuovo Testamento nel suo doppio carattere escatologico e simbolico. Ciò posto, non mi sembra che si possa sfuggire all'elemento simbolico, comunque concepito, e alla accentuazione della lotta del male, che è più terrenamente sensibile e quindi più rappresentabile, mentre il bene si presenta come elemento di contrasto, di tendenza e di sopravvento finale. Prima di procedere avanti nelle mie considerazioni, ti prego di darmi il tuo parere. Dopo una tua risposta (con o senza replica) ti parlerò di altre cose che mi interessano. Poiché non fo con te una discussione
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teoretica, ma a fini pratici, ti prego di secondarmi nel mio metodo che è l'unico (vedo io) che possa essermi utile. Stiamo bene. Un abbraccio dal gemello, tuo Luigi
[Toulon aux Saiins d'Hyères], 4 agosto 1930
Carissimo fratello, se la procura si deve fare, ed è esattamente quella che mi hai mandato, è meglio farla qui che altrove. Il testo italiano costa molto, non potrebbe tradursi in francese? Ti prego di rispondermi presto si che io possa farlo verso il 20-25 del mese. Io non insisto nel dire che la procura fatta a Barletta è valida anche per questa; e pazienza si faccia pure questa spesa. Mi devi indicare, agli effetti della tassa, il valore capitale di tutto quel per cui in modo specifico io fo la procura. Ma non sarebbe meglio una procura ad omnia? O costa di più? Io poco me ne intendo, ma desidero che sia l'ultima, e che io non abbia altre noie per cose omesse o indebitamente imprecisate. Mi raccomando alla tua esattezza. Tu non puoi comprendere le noie che mi procurano questi atti legali o notarili, con tutto il seguito. Se poi si potrà attendere qualche anno ancora, allora sarà meglio rimandare ad altra occasione che ti scriverò. Abbiamo fatto buon viaggio, stiamo bene; il caldo è temperato dalla brezza marina; certe volte è anche troppo il fresco; cioè è troppo per me. Ringrazio il Signore che mi dà questo conforto fisico, che giova alla mia salute, che ha bisogno di caldo. Ti spedii la Postilla di SS. Se credi che vada corretta, rimettemela con le tue osservazioni, e io gliela farò tenere, come andrò a Londra. O meglio me la rimetterai a Londra quando sarò là perché qua non voglio raccomandate; ma mi scriverai le osservazioni lo stesso. Nelina sta bene, ed è per me un gran conforto averla per più di un mese. Ma i giorni volano e oramai comincio a pensare alla dipartita. H o avuto i saluti di Vincenzino, che mi ricambierai. Godo che sta bene e che la cura gli è giovata. Ossequiami pure Mons. Lidestri che penso tornerà anche lui ad aiutarti. Attendo l'« Avvenire d'Italia ». Un abbraccio, tuo Luigi Che lavori dovete fare in codesta Cattedrale?
ANNO 1930
67 1 Piazza Armerina, 5 agosto 1930
Carissimo fratello, ieri ricevetti la postilla di SS. Fu subito copiata, letta e spedita al tipografo. È molto interessante e trattata con sana modernità. Forse un po' affrettata, o meglio, forse non completa. Al punto che SS. si ferma, non può parlare di vera scoperta di Dio l. I n fondo questo è l'argomento medievale dell'orma di Dio nelle cose create. I1 qual argomento, da sé, non mena che a un Dio non assoluto e non personale. È lo stato di pensiero dei filosofi moderni. Se ci fosse quel tal presentimento, si ammetterebbe una non conoscenza come guida della conoscenza. È il mio punto di vista sul quale insisto da tanto tempo. Per trovar Dio bisogna tener la via opposta; invece di contare sull'assolutizzarsi del relativo (che non varca la relatività), occorre contare sulla contingenza, cioè, sulla ragione che fa piccole le cose create più grandi. Solo allora la mente del filosofo scopre la ragione di assoluto, come eterno, come mente, come unità personale. SS. potrebbe tornarci su per un'altra volta. Mi scrive spontaneamente Tommaso Nediani (che ha letto i miei sonetti) esortandomi a stamparli, profferendosi a trovarmi lui il tipografo. Speriamo che a questa volta si arrivi. Abbiamo gran caldo, il gran caldo di queste plaghe. Passerà. Io non ci soffro ancora. Lascia pure il lavoro attorno alla Tetralogia: ti toglierebbe il meglio del profitto della villeggiatura; quello è un lavoro (il rifarlo) che mi spaventa. Tuo
j' Mario P.S. - Ti ho mandato l'articolo di Fenu.
LETTERA671. 1. Su questi argomenti cfr. S. S., La neo-scolastica e la ualutazione della filosofia moderna (« Rivista di autofomazione », maggiwgiugno 1930, p. 188) e L I relativo in funzione di Assoluto (a Rivista di autoformazione », luglio- agw sto 1930, p. 240). Nella prima postilla si critica la n~scolasticaperché non riuscirebbe a spiegare il passaggio dal soggetto ali'oggetto, dall'itelletto d a sensazione e viceversa. A tali posizioni vengono contrapposte le idee di Mario Sturzo circa la sintesi di sensazione e intellezione come base deiia conoscenza diretta del reale espressa nell'intuizione.
LUIGI E MARIO STURZO
- CARTEGGIO
[Toulon aux Salins d'Hyères], 7 agosto 1930
Carissimo fratello, Oggi non è ancora arrivata la tua solita e sempre attesa cartolina, ma io ti scrivo lo stesso perché mi sembra più piena la giornata quando posso parlare con te. Ho ricevuto l'articolo di Fenu; mi è piaciuto. È il tono adatto che ci voleva per certi ambienti impenetrabili. Non avrà grande effetto, ma che sia stato pubblicato è già un buon segno. La penetrazione lenta e difficoltosa è, secondo me, la migliore, perché conquista passo passo e forma dei convinti. Se Scalia avesse del tempo e della volontà, per scrivere un opuscolo sul tuo pensiero, potrebbe riuscire molto utile. Dal punto di vista dello stile Fenu scriverebbe meglio, ma Scalia ha una buona preparazione. Nulla mi dici del Congresso a Ottobre a Palermo. Si farà? Non ho notizie da Oxford. Penso, non sarebbe sufficiente per intervenire nell'atto, farmi fare un altro originale della procura che nel 1925 (o 1926) feci a Barletta? Quella stessa che fu unita all'atto allora stipulato? Poiché era una procura generale e non è stata mai revocata, credo che sia sufficiente. Vedi se ciò può essere; ne sarei lieto, poiché eviterei una noia. I1 tempo non è ancora veramente caldo ma basta per fare i bagni. Stiamo bene e parliamo sempre di te. Credi ti faceva bene non cambiare aria? e lavorare anche in questo periodo non solo per te, ma per i tuoi vicari che sono assenti? Fra giorni è la festa dell'tlssunta: farai il, Pontificale? Vi è gran festa a Piazza? Ho letto la teoria poetica del Newmaii scritta da F. Oliviero professore d'università Cattolica di Milano. Ma non credo che valga gran che. Forse sarà meglio leggere lo stesso Newman. Sto rileggendo le tragedie di Eschilo. Sono davvero grandiose e immense pur nella loro linea scheletrica. Un abbraccio da tutte e due Luigi
ANNO 1930
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[Toulon aux Salins d'Hyères], 10 agosto 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 5 c.m. Per quello che io so, SS. non aveva nessuna intenzione di presentare la sua tesi del Relativo in forma di assoluto come una prova dell'esistenza di Dio o una via alla scoperta. La chiusa accenna alla presenza di Dio, ma come un elemento supposto o di semplice riferimento. Forse andrebbe meglio tolto, e lasciare la chiusa con il riferimento all'assoluto. I1 tema, come tu hai visto, è semplicemente ideo-psicologico: il modo come noi valutiamo e sentiamo il relativo e il suo necessario riferimento all'assoluto. La questione poi del come noi scopriamo l'assoluto e ne precisiamo (per quanto ci è possibile) la entità, è del tutto diversa. Riguardo poi a quel che tu dici che « per trovar Dio bisogna tener la via opposta », tu sai che io la penso un po' diversamente, nel senso che non è per me una sola via per arrivare a Dio, ma le vie sono molteplici e varie, come sono vari i bisogni, i temperamenti, la storia, l'ambiente e l'educazione degli uomini. La tua strada ha un valore indiscutibile, ma non bisogna pensarla come unica; altrimenti limiteremmo quel che non va limitato e aumenteremmo le difficoltà mentali per arrivare a Dio. Tu mi dirai che io confondo qui un problema filosofico con uno spirituale; ma a pensarci bene, non possono due problemi guardarsi come non comunicanti in qualche modo. Spero che Nediani riesca a far pubblicare i tuoi sonetti. Faranno un gran bene. Per quanto trovi difficoltà gravi nella correzione della Tetralogia, pure è una buona occupazione per le lunghe mattinate. Tu sai che con il caldo io lavoro meglio. Ma ... aspetto una prima risposta. Siamo al 10, e non ho ricevuto risposta alla mia del 1" agosto; mi sento qui più lontano da te che non a Londra. Stiamo bene. Un abbraccio dai due gemelli Luigi
LUIGI E MARIO STURZO
- CARTEGGIO
Piazza Armerina, 11 agosto 1930
Carissimo fratello, ieri non m'accorsi che mi toccava scriverti. Ecco la causa del ritardo. I1 caldo che da dieci giorni era agli alti gradi, ora è stato temperato molto da un'ondata di tramontana veramente fresca. Com'è bella questa tramontana nell'estate! Ma com'è terribile nell'inverno. Ieri da Oxford son tornate le due copie della mia relazione, con la scusa che per mancanza di spazio la mia relazione non è entrata nel programma del congresso. La lettera senza firma finisce così: « Spera (il Congresso) ch'ella voglia prender parte alla discussione nelle adunanze ». I1 disaccordo tra Croce e Gentile sta in ciò; che Croce pone i gradi dello spirito, che son le facoltà degli antichi, e quindi pone il soggetto come soggetto e l'atto come atto; Gentile invece pone il soggetto stesso come atto (attualismo) cioè, come atto che è e come atto è pensiero. Croce osserva che se tutto fosse atto e solo atto, potrebbe sì esser pensiero ma non potrebbe esser autocoscienza-coscienza. Ciò dice, perché per lui l'atto pensiero resterebbe chiuso nella sua ragion d'atto pensiero, e quindi non potrebbe diventare coscienza di quel pensare. Circa la procura ecco quanto. Urgenza da parte nostra nessuna. Preme invece l'avvocato dei Dacona. Se far la singola procura per questa reluizione costa meno, conviene; perché va allegata all'atto. Sto bene. Vincenzo è tornato rimesso del tutto. Ti saluta. Nelina non mi scrive? Come sta? Quando sarà uscito il fascicolo col tuo articolo me ne farai avere più copie. Vi abbraccio t Mario
[Toulon aux Salins d'Hyères], 12 agosto 1930
Carissimo fratello, ieri ho ricevuta la tua del 7, tanto attesa; e te ne ringrazio assai. Veramente non ho fatto con te la questione estetica del simbolo, perché sono in gran parte di accordo, dico in gran parte, perché io ammetto anche il simbolo rappresentativo e fantastico. Ma
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questa questione ci farebbe andare lontani dal tema che a me preme. A me per ora interessa una vana concezione teologica della fine del mondo (la quale può essere secondo i gusti pessimistica o ottimistica - cosa per ora fuori della nostra discussione). Tornando al tema: escludo che la fine del mondo possa concepirsi come un euento storico, né come un processo fisico-cosmico, né come un atto negatiuo della Divinità. Come ti scrissi, io credo che debba concepirsi quale il culmine della lotta fra il bene e il male, e la finale prevalenza del bene. Tu inveci, a quel che posso dedurre, riporti la fine del mondo sul piano storico. Che cosa sarebbe l'attività di Elia verso l'ordine e la normalità se non storia? Invece per me Elia è l'annunziatore della catastrofe e quindi nel regno del mistero e del a riesce perché è simbolo fuori della storia. ~ o s tu f dici: ~ l i non la fine ». L'idea di riuscire è storia, dinamica, volitiva, umana, la fine è statica, fatalistica, non umanamente volitiva, perché divina. Dato il tema della fine, non possono concepirsi che due epifanie: il massimo del male (l'anticristo) e il massimo del bene (i tre vegli, la domanda di perdono della folla, la giustizia Divina - compimento dell'opera di redenzione). Fuori di questi termini, io non vedo una esatta concezione teologica della fine del mondo, ma un contrasto fra la storia che deve continuare e la fine che sopprime la storia, e questo non è concepibile. Ecco il problema che tu hai ridestato con le tue osservazioni, e che io credevo di avere risolto con la mia impostazione. Questo è il punto sostanziale e non altro. Stiamo bene. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 14 agosto 1930
Carissimo fratello, la risposta circa la Tetralogia la mandai il 7, cioè subito ricevuta la tua e anticipando d'un giorno il turno. Spero che tu l'abbia ricevuta regolarmente. Circa la postilla di SS. io credo che se non si risolve in ricerca (o prova) di Dio, resta inefficace l . Infatti non LETTERA676. 1. Cfr. S. S., Il relativo in funzione di Assoluto, in « Rivista di autoformazione D, cit. Sosteneva S. S. nella postilla: « È impossibile vivere la nostra
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LUIGI E MARIO STURZO
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mirando a Dio si rimane sempre nel relativo, valutato diversamente per esigenza del moto sistematico e processuale. Circa le vie molteplici di giungere a Dio, io non dissento come fatto, ma come altro problema. I o mi pongo sempre (idealmente) al primo inizio dei processi. Tu con i pih lasci il primo inizio e miri al momento storico. Ora storicamente Dio è trovato (la storia ne è piena) e resta solo il fatto individuale di credere o no in Dio. Qui davvero le vie son molte. Invece logicamente io suppongo lo stato di non conoscenza totale di Dio. I n quello stato, quale è la via della scoperta? Una sola. Quella da me indicata. Analogo è il caso del filosofo che si pone, non il problema della conquista di adesione, ma della prova rigorosamente filosofica. Questa per me è egualmente una sola. Più volte abbiamo parlato di questo problema, e più volte siamo rimasti su due piani diversi. Ci metteremo ora sullo stesso piano circa il mio, come io mi son da tempo messo sullo stesso piano circa il tuo? Lo spero. Circa la procura, se è davvero ad omnia, la copia si può estrarre qui. E così tutto è aggiustato. Ho a ciò incaricato il mio notaro e a momenti avrò la risposta che ti comunicherò. Abbracci Mario
[Toulon aux Salins d'Hyères], 16 agosto 1930
Carissimo fratello, ieri non ti scrissi in attesa della tua che è arrivata oggi. Sono molto dolente della risposta di Oxford, io speravo molto nell'interessamento di una persona che è entusiasta del tuo Neo-Sintetismo. Io sono stato lontano. Così passano le occasioni; ma spero ne verranno altre migliori. Da LévyBruhl nessuna lettera; ma è in vacanza e neppure so dove si trovi. È questo un periodo difficile per tenersi in comunicazione con gli uomini di studio. I1 mio studio uscirà in ottobre, ma ho dovuto abbreviarlo un poco, per stare dentro il letto di Procuste che sono le misure delle riviste inglesi. Stiamo bene - anche noi abbiamo avuto e abbiamo la tramontana; ma io vita relativa contingente, e viverla da conoscente e non da bruto, senza sentire la realtà deli'Assoluto come presente n.
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preferisco il ponentino. La cartolina che mi spedirai il 25 del mese la indirizzerai all'H6tel de 1'Avenir - 65 Rue Madame - Paris (VI) e dopo a Londra al solito. Io sarò ad Oxford il I" sett. pel Congresso Filosofico, ma la posta è meglio che vada a Londra. Circa la procura speciale occorre sapere esattamente il valore capitale dei censi che si restituiscono: certo costa meno di una procura generale. Ma io non vorrei avere piG oltre simili procure da fare. Pertanto aspetto la risposta se basta avere un altro originale di quella fatta nel 19251926. Oramai, la farò al mio ritorno a Londra; oppure se il notaro accetta la procura in francese, quando andrò a Parigi. Perché le procure in lingua straniera (almeno a Londra) costano molto di più. Non ti ho domandato in che differiscano Croce e Gentile, ma se sia, a rigor di sistema, ragionevole il giudizio di Croce su Gentile, al punto di negare ogni valore a questa filosofia. E in proposito ti suggerivo di fare uno studio; andrebbe bene nell'« Autoformazione ».Conosci il Saggio sull'arte creatrice (Bologna, Zanichelli - 1921) di G. A. Cesareo '? E che ne pensi? I o sto leggendola, ché la trovai sul tavolo di un amico. E nonostante molte espressioni erronee o inesatte, e molte ripetizioni che stancano, m'interessa. Se non la conosci, te ne scriverò quando l'avrò finito. Un abbraccio, tuo Luigi Nelina ti scriverà.
[Toulon aux Salins d'Hyèrec], 18 agosto 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 14. A me sembra che lo studio di SS. non può condurre ad altro che a rilevare l'esigenza di un assoluto nella formazione del pensiero, quindi un'esigenza subiettiva, ideologica. Quale poi sia questo assoluto sarebbe un altro studio, non quello precisamente, e in ciò hai ragione quando dici: la via per arrivarci è questa. Per ciò ti scrissi che secondo me stava meglio quella PoSaggio sull'arte creatrice, Zanicheiii, Bologna LETTERA677. 1. G.A. CESAREO, 1919. Giovanni Alfredo Cesareo (1860-1937), critico e poeta, fu professore di letteratura italiana a Palermo e senatore del Regno. (Canti di Pan, 1920; 1 poemi dell'ombra, 1923).
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LUIGI E MARIO STURZO
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stilla, levando la frase finale, che è più d'effetto che altro. Circa poi l'altra questione, se sia, cioè, una sola la via della scoperta, o ve ne sono più, io propendo per la molteplicità delle vie, e non per la unicità della via, non solo come fatto storico, ma come processo mentale. Altrimenti tu dovresti ammettere che non ci sono, nel tempo e nello spazio, diversi sistemi filosofici, ma un solo sistema filosofico; non diversi cammini per arrivare alla verità, ma un solo cammino. Gli scolastici si basano sulle cinque prove e loro bastò; Sant'Anselmo sulla prova ontologica e gli bastò, e così via. I moderni pragmatisti sulla esperienza religiosa, e loro basta e così via. Intendo non confondere il problema filosofico con lo storico, ma piazzarmi entro la logica di ogni sistema, e trovare che in tale e per tale logica essi possono arrivare a Dio; però quando tale logica cade, cade quella via razionale, occorre avere altro sistema, che, con la sua logica, ci conduca a Dio. Certo che fra tutte le vie, la fondamentale è quella a contingentia mundi, ma intesa secondo un dato sistema e non fuori del dato sistema. Spero che ora mi sarò piazzato dal tuo punto di vista. Ieri ho ricevuto i Problemi di filosofia dell'Educazione che rileggerò in questi giorni. Un abbraccio, tuo Luigi
[Toulon aux Salins d'Hyères], 20 agosto 1930
Ricevo lettera Vincenzino circa procura che scriverò da Londra. Stiamo bene. Un abbraccio Luigi '
LETTERA679. * Cartolina illustrata: i dintorni di Hyères. 1. Parole scritte di seguito alla cartolina di Nelina: «Carissimo fratello, non ho scritto perché le mie notizie le hai avute per mezzo del caro nostro. Sto bene e quest'anno non mi sono bagnata, l'acqua non stata molto calda e quindi sto a godermi l'aria. Non ho nessuna notizia di casa. Hai tu visto Sebastiano? Per l'affare di Palermo pensa a farti pagare le annualità poiché per la procura passerà del tempo. Non so più nulia dei Gravina; accettarono il mio dono? Spero che il caldo non ti faccia sofftire e che a settembre verrai a tenermi compagnia. Un abbraccio Nelina ».
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[Toulon aux Salins d'Hyères], 21 agosto 1930
Carissimo fratello, è vero, siamo sopra due piani differenti e l'intesa è difficile. E poiché io desidero arrivarvi oggi mi fermo sopra un punto, che credo sia per te il più importante: quello che tu chiami pessimismo. A me non sembra. I1 prevalere del male sul mondo è uno dei toni scritturali più marcati, dal Omnis caro amiserat perdiderit viam saam ' al - non est qui faciat bonum usque ad anum - al totus mandus in maligno, ecc. 3. La storia ci dice del piccolo popolo ebraico (non sempre fedele) in confronto al resto del mondo (infedele). E poi, che cosa è stato ed è finora il cattolicismo se non un più grande popolo ebraico in confronto al resto del mondo? Oggi, dopo 20 secoli i cattolici sono 400 milioni nello stato civile, in confronto a 1.900 milioni di uomini. Di più, la storia ci dà periodi di estinzione quasi completa del cattolicismo in certe regioni; così la Cina dopo la persecuzione del secolo XVIII, il Giappone dopo la persecuzione del secolo XVII. Quasi tutta l'Asia minore, Persia, India, Africa dopo Maometto e poi dopo Tamerlano e poi lo scisma orientale in Russia. In Inghilterra per due secoli nessun culto cattolico, e appena 13 mila cattolici nascosti; così in tutti gli Stati baltici, Olanda, e Russia, ecc. La Rivoluzione fraficese, periodo breve, ma senza culto pubblico. Ora nell'Apocalisse si afferma che vi è stata la persecuzione e la resistenza e il martirio; si dice che i cristiani sono nelle catacombe e nelle isole, che forse maturano la riscossa. All'esterno prevale il dominio del male (I'Anticristo) che trarrebbe in inganno se fosse possibile anche gli eletti - fino a che i tre vegli, predicano la fine, cacciano 17Anticristoe il popolo traviato domanda il perdono. Anche questo popolo è degli eletti, come tutti gli altri, a cui accenna la 3" Visione di Giovanni interpretata da Uriel (I parte) e poi da S. Michele (IV parte) 4. Fo punto centrale la domanda di perdono della folla e la preghiera di S. Giovanni perché il mondo è come il moribondo in punto di morte. LETTERA680. 1. Cfr. Genesi, 6, 12. 2. Cfr. Salmi, 13, 1; Idem, 13, 3. 3. I Giovanni, 5, 19. 4. Cfr. L. S r v ~ z o Il , ciclo della creazione, cit., p. 199 e p. 259.
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Altro non può fare che pentirsi e pregare. Stiamo bene. Un abbraccio, tuo Luigi 68 1 Piazza Armerina, 22 agosto 1930
Carissimo fratello, ieri ebbi la tua del 18. Cara sorpresa. L'arte creatrice di Cesareo la conobbi subito; feci su di esso a Palermo (1922) una conferenza, con entusiasmo dei discepoli del Cesareo, stufi del libro. Scrissi anche uno studio su « Rivista di letture ». La postilla di SS. che ho riletto per la correzione delle bozze, è un conato non riuscito, ma è un bel conato, perché vissuto. C'è un certo pathos che la rende interessante. Non è vero quel che tu dici, che non ricerchi il vero assoluto. Infatti il relativo che si assolutizza, è un semplice modo di porre il rapporto. È come il concetto di stato di fronte a moto. Nego poi, che, filosoficamente, si debbano ammettere le varie vie verso Dio che pongono i vari sistemi. I1 filosofo pone i vari sistemi, e li combatte, per ridurli a uno, il suo o il preferito. Se così non facesse, sarebbe lo scettico dilettante. Circa la procura ti ha scritto Vincenzino. Potrebbe farsi in lingua straniera. Ma poi dovrebbe andare al Tribunale che ne ordinerebbe e approverebbe la traduzione. Noie e spese che è bene evitare. Croce ha ragione di reputare insostenibile l'attualismo di Gentile, per le ragioni che ti scrissi, e che, in massima, trovo giuste. L'atto che non sia l'atto d'un essere e sia esso l'atto di se stesso, è inconcepibile. Sto bene. Abbracci Mario
t
6 82 [Toulon aux Salins d'Hyères], 23 agosto 1930
Carissimo fratello, credo che sarà opportuno che tu mi rispedisca la copia della comunicazione per Oxford. Vedrò se ci sarà nulla da fare. Mandala (appena ricevi questa) a Hilton House, 15 Bayswater Terrace - London W 2. Lì, fo recapito, perché credo che la casa mia sarà chiusa, perché la cameriera è andata in campagna e le padrone di
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casa d'estero. Tu mi scriverai, per ora, lì, fino a che ti avvertirò del cambiamento. Siamo agli sgoccioli, e quindi si pensa alle nuove destinazioni. Stiamo bene. Il tempo così, così; il gran caldo da me desiderato quest'anno non è venuto. H o finito la correzione del Prologo e degli Angeli. La struttura è rimasta pressocché eguale, ma ho rifatto molte cose; e nelle correzioni ho tenuto presenti le tue osservazioni. Nel prologo non credo di avere raggiunto la sintesi da te voluta, ma mi sembra migliorato. La parte I" è rimasta identica con dei ritocchi di forma, ho dato un carattere più chiaro ad Ahriman, ed ho svolto di più il tema di Gabriel. I1 punto insuperabile è la manifestazione di Dio. Luci o Parole? I o ho lasciato le luci, perché non so concepire parole adatte. È diverso il caso quando le parole sono nella S. Scrittura. Ci sarebbe altro modo? quale? Tu dici che nella parte 2" l'azione non progredisce; a me non sembra. Le correzioni sono state di limatura con qualche taglio. Ho rifatta la 3" parte. Come tu mi scrivesti, niente lotta antropomorfica, niente trombe, ecc. Ho tolto tale introduzione, ho messo un incontro fra Lucifero e Michele; ho ampliato la profezia di Gabriel. Ti ringrazio delle tue osservazioni, moltissimo. I n generale trovo molta difficoltà a rifare il già fatto e spero che le correzioni siano davvero miglioramenti. Un abbraccio di cuore Luigi
Al momento di impostare questa ricevo la tua del 2018. Godiamo che non hai sofferto del caldo. Nelina ha scritto. Un abbraccio, tuo Luigi.
[Toulon aux Salins d'Hyères], 26 agosto 1930
Carissimo fratello, è l'ultima che ti mando da questa bellissima costa: da quattro giorni è un incanto. Così è passata anche quest'anno. Ora restando solo, penso ad altra occasione (se Dio vorrà) quando potrò rivedere chi io desidero ardentemente. Pel resto, è sempre un bene fare la volontà di Dio. Ricevo la tua del 22 c.m. Io trovo il libro di Cesareo interessante, e non comprendo perché si doveva essere addirittura stufi. Non mi piace certo né lo stile né le ripetizioni, né
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- CARTEGGIO
certe cose che non stanno né in cielo né in terra. Ma vi sono molte cose interessanti delle quali ti parlerò in seguito, perché ho desiderio di affrontare il problema estetico, sotto il tuo punto di vista, ma con una certa autonomia. È un'idea per ora vaga. Tu non sei della mia idea circa le varie vie del pensiero verso Dio. Ora io mi metto da un punto di vista di relativismo storico anche in filosofia (che non è dilettantismo scettico); cioè che in ogni tempo, entro i sistemi filosofici delle varie epoche, si trova quel tanto sufficiente a portare i1 pensiero teoretico verso Dio. Le stesse affermazioni scritturali come quella dei Maccabei (peto, nate, ecc.') sono affermazioni filosofiche, oltre che valori di tradizione. (A proposito, vale la pena studiare il lato filosofico del pensiero ebraico). I1 filosofo che costruisce un suo sistema, o che accetta e propugna un determinato sistema, si mette sul piano di un pensiero assolzlto, che perciò nega ogni altro pensiero in cui vede una verità parziale o una deviazione, s'intende in rapporto al suo sistema. Che egli e i suoi seguaci ci credano, è altra cosa. Ma uno storico o chi si mette sul piano generale, non può non costatare che entro la logica di ogni sistema o si arriva a Dio o si arriva al panteismo; cioè o si è dualisti o monisti. È impossibile che non sia così. La mia questione è un'altra: posto Croce, si arriva logicamente a Gentile? ovvero non? Stiamo bene. Un abbraccio, tuo Luigi
[Parisl, 29 agosto 1930
Carissimo fratello, trovo qui a Parigi la tua cartolina del 25 c.m. Sono arrivato in questo momento,' dopo un viaggio molto stancante per il caldo, la folla e l'insonnia. Ma sto bene. Penso alla sorella che in questo momento fa il viaggio di ritorno. Stiamo bene. Dopo quanto mi scrivi sull'intelletto agente di Aristotele, è cessato il mio dubbio suii'uso dell'aggettivo « divino ». Per quanto è una cosa molto confusa, o almeno non chiara. Ho dato mano aiie correzioni della 2" azione Adamo. Le difficoltà di revisione sono aumentate. Ho paura che le modifiche non migliorano, tranne che in qualche punto. LETTERA 683. 1. 2 Maccabei, 7, 28.
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Ho accettato la tua idea di svolgere meglio la prima sorpresa di Adamo; mi pare che vada. Lascio la scena degli animali, che tu volevi tolta. Oltre che è nel testo del Genesi, ha anche un significato di solidarietà della vita psico-sensitiva, e di una vita (anche per gli animali), migliore avanti la colpa che dopo. Non so se le parole divine devo metterle in latino. Punto dacile la tentazione e la caduta. Te ne parlerò in altra mia, quando avrò preso una vera decisione. Spero trovare a Londra la tua Relazione per Oxford. Ti scriverò le mie impressioni. Hai seguito le polemiche in riviste francesi sull'insegnamento della carità nei catechismi usuali? Interessante. Un abbraccio tuo Luigi
[London], 30 agosto 1930
Carissimo fratello, sono arrivato a Londra, dopo un ottimo viaggio. Sto bene. Trovo un gran caldo; il che è bene, non sento così il passaggio dal sud al nord troppo rapidamente. Qui non trovo né tua cartolina, né la Relazione per Oxford. Spero lunedì mattina (domani non c'è posta). Lunedì dopo pranzo sarò ad Oxford e ti scriverò le mie impressioni. Trovo qui il telegramma di Nelina da Roma, che è rientrata dopo un ottimo viaggio. Come è buono Dio che ci assiste anche in queste piccole cose! Sto leggendo l'Estetica di Croce l . Dopo rileggerò la parte estetica del tuo neo-sintetismo, ma non potresti fare un libro (sia pure piccolo) - un buono opuscolo di 100 pagine svolgendo più ampiamente il tuo pensiero? L'estetica e la storia sono state il veicolo del Crocismo. Fo punto, sono un po' stanco. Un abbraccio di cuore e prega per me tuo Luigi P.S. - Ho pensato di eliminare del tutto la 3" parte di Adamo, cioè la morte di Abele. Che ne dici? « I1 sì e il no nel capo mi tenzona >> '. Meglio scrivere altra volta. Aff.mo Luigi LETTERA685. 1. B. CROCE,Estetica come scienza deli'espressione e linguistica generale, Laterza, Bari 1902. 2. DANTE ALIGHIERI, Divina Commedia, Inferno, VIII, 111.
LUIGI E MARIO STURZO
- CARTEGGIO
Piazza Armerina, 31 agosto 1930
Carissimo fratello, mi devo essere espresso molto male, per dar luogo alla tua risposta e, segnatamente alle parole: « Uno storico non può non costatare che entro la logica di ogni sistema o si arriva a Dio o si arriva al panteismo ». Questo io l'ho affermato nella mia precedente, anzi è il punto di chiarificazione. Io ho detto e dico che lo storico constata, il filosofo afferma o nega. Ma anche lo storico deve in ultimo far come il filosofo, pena la vita intellettuale e morale. Quando egli ha detto che entro la logica di ogni sistema si arriva o a Dio personale o a Dio non personale, deve dire, non può non dire, non pensare, non sentire, dico, non può, dunque, deve dire: per me è vera l'una o l'altra soluzione. Se infatti dicesse: per me non esiste il problema della verità delle soluzioni, ovvero, per me son tutte vere le soluzioni, egli con ciò stesso avrebbe rinunziato a pensare da uomo. Ma tu stesso che sostieni le molte vie per arrivare a Dio, perché poi contendi con me, che ne ammetto una sola? Se ogni sistema è da rispettare, perché tu non rispetti il mio? I1 perché è la legge: perché tu non puoi; e quando scrivi diversamente, consideri non il problema reale, ma un astratto. Sto bene. Sul problema Croce Gentile altra volta. Abbracci. Tuo Mario
Piazza Armerina, 2 settembre 1930
Carissimo fratello, rispondo alla tua del 29. Io non leggo riviste francesi, perché non ho tempo. Puoi dirmi su che cosa s'è discusso circa l'insegnamento catechistico della carità? Da Croce si va a Gentile? I1 problema è altro, cioè, che l'attualismo di Gentile è l'ultimo conato dell'idealismo hegeliano. È logico il conato? Sì per un verso; no per un altro. Tutto sommato Gentile pone un nuovo problema o un problema vecchio messo a nuovo, cioè, il problema del moto.
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E perciò combatte Platone, Aristotele, Hegel. Circa Hegel osserva che la dialettica di costui non spiega il moto, perché pone il nonessere accanto all'essere. Occorre porlo dentro, egli dice, perché, un essere tutto essere e un non essere tutto non essere non si dinamizzano e la scintilla del moto (processo) non si accende. Per porre l'essere dentro del non essere e vice versa, occorre porre la realtà (che è il soggetto) come atto, cioè, come pensiero per se stante e non come pensiero d'un pensante - come pensiero pensante, e non come pensiero pensato. Ecco l'attualismo. È logico? Sì, ho detto, se si vuole ad ogni costo restare idealisti. Ora dico: no, se si vuol semplicemente trovar la verità. I1 che significa che le interne incoerenze del sistema sono tali, da far cercare altra via, che per me 2 quella dell'unità di realismo e idealismo. Sto bene. Tuo t Mario
Oxford, 3 settembre 1930
Carissimo fratello, in fretta. Sono qua al Congresso di Filosofia. Italiani solo Croce, Ferretti, Enriques e De Ruggiero. La tua relazione non fu compresa; il presidente della Commissione [ ...1 ' amico personale di Croce, anticlericale e non comprende bene l'italiano. Preconcetto: bisogna far posto o alle notabilità o ai professori delle varie università. Così la decisione non toccò il merito del problema. Temo non fu neppure letta la Relazione. Era meglio mandarla in inglese. La persona a cui io diedi la copia per tradurla, si affidò al Regolamento che dice che è ammesso l'italiano. Nel fatto una sola relazione italiana: quella di Croce, il quale poi al Congresso parla il francese. Non ho insistito (in queste condizioni) per la lettura extra programma, che sempre (quando è concessa) riesce noiosa ai presenti, che preferiscono la discussione a viva voce. Ieri ho parlato nella Lezione di filosofia della storia ed il mio discorso fu il tema principale del riassunto del Presidente. Oggi nella sezione Metafisica e Religione non arrivai a parlare perché iscritto uno degh ultimi, l'ora del pranzo sopravvenne e così si dovette rinunziare. Te ne scriverò più a lungo LETTERA688.
1. Parola illeggibile.
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LUIGI E MARIO STURZO
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e con migliori dettagli. Sto bene. Ho ricevuto la tua del 27. Un abbraccio tuo Luigi P.S. - Stamane ho detto Messa per te e le tue intenzioni e la tua filosofia.
Piazza Armerina, 5 settembre 1930
Carissimo fratello, la tua del 30 mi è giunta ieri. Hai trovato gran caldo, ma, credo, anche il temporale e quindi il fresco. Per ora io devo finir di approfondire il neo-sintetismo. Poi potrei tornare sull'estetica. Se il mio neo-sintetismo troverà iinalmente l'attenzione che ancora non trova, esso sarà il veicolo di se stesso. Riprendo l'argomento deli'attualismo di Gentile. L'idealismo, negando la realtà esterna, o meglio, l'oggetto simpliciter, nega la spinta dualistica al moto processuale del conoscere. Non restava ad esso che la dialettica hegeliana della tesi, antitesi, sintesi. Però conservando il soggetto del conoscere, come soggetto, e la conoscenza come atto, con ciò stesso tornava a porre, (anche non volendo) il soggetto come indiuiduo, e quindi la pluralità dei soggetti per la pluralità degl'individui. E allora? Sopprimiamo il pensiero pensato (disse Gentile), e conserviamo solo il pensiero pensante, che sarà soggetto-atto, atto di sé, atto puro. Questo è un andare da Hegel all'attualismo. Croce si oppone. (Vedi « La Critica » del 1924, fasc. I, pag. 49 e seg.). Egli dice che l'atto di Gentile è l'indistinto, e quindi il non intelligibile. Soggiunge che egli pose le distinzioni o gradi e il rapporto, e con ciò anche l'autoconoscenza, come autotrasparenza. La verità è che l'idealismo va logorando se stesso perché gli manca la linfa vitale dell'oggetto. Sto bene. Ti abbraccio t Mario
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[London, Paddington], 5 settembre 1930
Carissimo fratello, ricevo la tua del 31; l'equivoco della nostra discussione continua, per cui l'intesa è difficile. Allora io ripeto di nuovo, per intero, il mio pensiero. In ogni periodo i sistemi iilosofici trascendentalisti, che riconoscono un Dio personale, sono diversi, pur preva!endo uno più che un altro. Ora, secondo me, nella logica interiore di un dato sistema, la prova razionale dell'esistenza di un Dio personale è conclzrsivci. Io preferirò uno a un altro sistema, per ia mia logica completa del sistema e non in funzione ad una prova più o meno evidente di una tesi particolare; ma non può negarsi che ogni sistema dualistico e trascendente porti a Dio. Così d'inverso di ogni sistema monistico porta necessariamente al panteismo. I1 che vuol dire che come in ogni tempo dati sistemi filosofici rispondono alla mentalità ed esigenza del tempo, così occorre tener conto dello svolgersi degli atteggiamenti mentali per la loro retta interpretazione iìlosofica. Vuol dire pure che la verità elementare e fondamentale è comune alla coscienza dei popoli, pur soggetta a deviazione; e che la interpretazione e prova sistematica non ne dà che un lato (il prevalente in un ambiente concreto). Questo non è relativismo storico, perché questo non mi esime dalla scelta secondo convinzione. In conclusione la tesi stretta che una sola è la prova della esistenza di Dio (per esempio quella di causalità - oggettivamente parlando - o quell'altra ontologica e così via) è un limite secondo me arbitrario e antistorico. Sto bene. Finito il Congresso. H o parlato ancora. Te ne scriverò. Un abbraccio, tuo Luigi
691 [London, Paddington], 6 settembre 1930
Carissimo fratello, questa anzitutto per gli auguri vivissimi per il tuo onomastico. Celebrerò per te. Ricevo la tua del 2 , circa Croce e Gentile. Chiara e precisa. Non credi di farne una postilla? Congresso di Oxford:
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LUIGI E MARIO STURZO
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prima impressione: maggioranza professori universitari di cattedre speciali; costoro portano una mentalità analitica e non sintetica. Per cui problemi come i rapporti tra metafisica e religione e filosofia e scienza, non possono discutersi bene. 2" impressione, l'idealismo è rappresentato principalmente da tedeschi e italiani, meno da inglesi, niente da francesi. - C'è ancora qualche residuo di positivismo in Francia, in America va sviluppandosi molto il neo-realismo e in Francia il Bergsonismo o la filosofia formalista. Benché ci fossero dei preti (non molti, uno di Lovanio, uno d'Austria, tre o quattro d'Inghilterra, due pastori inglesi e un americano) pure il neo-scolasticismo non fece capolino. I o ho parlato 4 volte in senso neo-sintetico. 3" impressione - L'utile vero di questi congressi è la reciproca conoscenza personale, inoltre si ha modo a valutare-l'esistenza e il valore di altre correnti. Non più. Ho parlato del neo-sintetismo con diversi: manda il Pensiero dell'Avvenire ai seguenti indirizzi: 1. Prof. Frank Abauzit - Prof. de philosophie à Genève Thonon (Haute Savoie) Francia; 2. Mrs. M. Beer, 54 West Hill, Highgate, L o d o n N. 6 (Inghilterra) ; 3. Prof. Léon Brunschvicg Membre de l'Institute, 53 rue Scheffer Paris (XVIe) '; 4. Prof. Jacques Chevalier, Université Grenoble *; 5. P. August Valensin 6 me d'Auvergne, Lyon (France). Altri indirizzi altra volta. Sto bene. Un abbraccio tuo Luigi Assicurami quando li hai spediti perché scriverò loro.
LETTERA691. 1. Leon B w c h v i c g (1944-1969),filosofo ideaiista francese, autore di Introduction à la vie de l'esprit, Paris 1900; L'idéalisrne contemporain, ivi, 1905; Les étapes de la philosophie rnathématique, ivi 1912; L'expériance hurnaine et la causalité physique, ivi, 1922; Le progrks de la conscience dans la philosophie occidentale, ivi, 1927. 2. Cfr. lettera 469, nota 2.
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Piazza Armerina, 7 settembre 1930
Carissimo fratello, oggi la posta non mi ha recato la solita cartolina. Spero domani. Penso che ti abbia impedito di scrivermi l'andata ad Oxford. Attendo le notizie del congresso, che sarà stato interessante. Son contento che leggi l'estetica di Croce. Spero si accenda tra noi un po' di conversazione proficua su tale argomento. Ritengo però che Croce ebbe il risultato che ebbe, più che altro, per l'idealismo, che nell'estetica si ridermava. I1 neo-sintetismo ancora non interessa, anzi (forse) reca fastidio agli avversari e ai nostri. Chi sa quando verrà il suo momento. E perciò credo che una estetica neo-sintetistica lascerà (come ha lasciato) il tempo che trova. Pure io non m'arrendo. Aspetto però, per tornar a lavorarvi attorno, un qualche stimolante, che potrà benissimo venirmi da te. I1 mio pensiero tu lo conosci. Per me l'estetica non è né fuori né sopra né prima dell'atto conoscitivo sintetico; è in tale'atto. È elemento del medesimo, che non manca mai, come non mancano mai gli elementi logici e volitivi. Tutto dipende dalio stato di prevalenza. Nel ragionamento prevale l'elemento logico, nell'azione il volitivo, nella contemplazione l'arnmirativo. O forse meglio: i tre momenti rispondono agli stati di spirito, che possono essere di pensiero, affettività, ammiratività. Sto bene. Ieri abbiamo avuto pioggia refrigerante. I1 caldo è agli sgoccioli. Nelina mi ha scritto. Tuo t Mario
[Paris], 8 settembre 1930
Carissimo Mario, oggi la Bambina, quanti dolci ricordi ed emozioni; e il 12 il tuo onomastico; rinnovo i più caldi auguri. Ho letto l'« Autoformazione » di luglio-agosto; avanti tutto i sonetti; mi piacciono moltissimo, Come la goccia, Amore e dolore, Incoerenza, ecc. l . I o LETTERA693. 1. Cfr. p. 245 ss.
« Rivista di autofomazione D, lugiieagosto
1930,
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LUIGI E MAXIO STURZO
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direi: Che declina fra 1'Austro e l'oriente. La parola Sud non mi piace. La Genesi del Neo-sintetismo è l'articolo che ci voleva ', c'è chiarezza e c'è pathos; e quindi interessa più che tutti gli altri. Batti, batti, e si vinceranno le diffìcoltà. I1 volume sulla Filo. sofia dell'Educazione (che mi mandasti) dovetti darlo ad una persona interessante. Cosi me ne manderai altra copia, o meglio, mandamene 4 copie. Continuo i nomi a cui mandare il Pensiero dell'auvenire, fra coloro che ho incontrato ad Oxford: Joaquim de Carvalho - Professeur à 1'Université de Coimbra; R. de Itha - 7 (Portogallo) 3; R.G. Collingwood - Pembroke College, Oxford (Inghilterra) 4; Prof. Ivajum Hiran - Università Barcelona (Spagna); Adam Zoltowski - Université de Poznam (Polonia) Ogradowa 9. Meno al P. Valensin che non era a Oxford, e che non incontrai a Lyon, ma parlai con un suo amico, a tutti gli altri ho parlato di te e del neo-sintetismo; essi han mostrato interesse. Leggono bene l'italiano. Ho avuto promesse di interessamento; alcuni mi han detto che è quello che essi cercano. Io scriverò loro appena so che il libro è stato spedito. Se troverò l'articolo sull'insegnamento della Carità che ha dato luogo alla controversia, te lo spedirò. Credo che l'autore abbia ragione. Non si insiste a suf3lcienza nei rapporti sociali sul valore della carità e su tutte le sue applicazioni pratiche nella vita di oggi. Sto bene, benché un po' stanco di tanti viaggi e riunioni, e desidero I'angoletto della mia piccola stanza. Sarò a Londra domani sera a Dio piacendo. Un abbraccio tuo Luigi Mandami 5 copie dell'a Autoformazione », (luglio-agosto). 2. Cfr. M. STURZO,Genesi del neo-sintetismo, in « Rivista di autoformazione », luglic+agosto 1930, pp. 201-239. 3. Joaquim de Carvalho (1892)filosofo portoghese, autore fra le altre opere di Estudos sobre as leituras filosbjicas de Camoes, Lisbona 1925; Newton e o idea1 da Ciencia Moderna, Coimbra, 1932. 4. Robin George Collingwood (1889-1943),filosofo idealista ingiese, autore fra le altre opere di Speculum mentis, Oxford 1924; The Principles of Art, ivi 1938; Essay on Philosophicd Method, ivi 1933; The Idea oj History, ivi 1946; The New Leuiathan, ivi 1942.
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Piazza Armerina, 10 settembre 1930
Carissimo fratello, rispondo alle tue del 3 e del 5. Entro subito in argomento, perché l'argomento m'interessa assai. Tutto quello che tu dici, io l'ammetto, però io non mi fermo lì, come tu fai. Io dico: storicamente si pongono più vie per arrivare alla conoscenza di Dio. Soggiungo subito: quelle vie - per me - si riducono a una sola, ovvero, son un diverso modo di valutare l'unica via. Poi soggiungo ancora: normalmente non si parla della prima scoperta di Dio, ma della fede o credenza, perché l'idea di Dio riempie di sé tutte le civiltà e tutta la barbarie. Qui sì che le vie son molte, e c'è anche la via affettiva. La prima scoperta di Dio suppone l'uomo isolato, e perciò resta un postulato ipotetico, nel senso che non si attua mai. Ma resta la dimostrazione rigorosamente filosofica, dove solo si trascende il creato, mentre nelle altre prove Dio vien sempre concepito in modo immanente, cioè, o come causa o come ordinatore, insomma come l'ottimo massimo e non ancora come l'atto puro e il creatore. I1 creato non si trascende che per via della nozione di contingenza, che postula l'assoluto trascendente, eterno, creatore. Ti ho spedito quattro copie dell'ultimo fascicolo della rivista ed alcuni estratti. Sto bene. Ti abbraccio t Mario
[London, Paddington], 11 [settembre] 1 1930
Carissimo fratello, sono di nuovo a Londra e questa volta definitivamente per questo anno; dal giorno che ricevi questa scrivimi al solito indirizzo 213B Gloucester Terrace London W 2. Un po' stanco, ma, grazie a Dio, sto bene. Ricevo la tua del 7. Ti parlerò altra volta di problemi estetici; per ora ti dò qualche particolare del Congresso. Uno dei Congressisti sostenne che l'assoluto, la cui realtà è irnmanente, non può essere altro che l'autocosciente che sempre si realizza in LETTERA695.
1.
L. Sturzo data per errore 11.8.1930.
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infinito, relativo che è insieme relativo ed assoluto. I o risposi che relativo ed assoluto si escludono a vicenda; bisogna concepire un assoluto che sia esclusivamente tale per essere assoluto; questo non può essere che attualità perfetta e mai divenire, ecc. Mi fu risposto che questa mia concezione è pura idea, analisi del concreto, ma non è il concreto; non c'è trapasso dall'astratto al concreto, dal concetto alla realtà. Soggiunsi io che l'idea dell'assoluto si deduce dalla realtà che è la nostra, come di un assoluto reale (e non concettuale) benché tale assoluto non s'intuisca. Replicò un noto idealista: Questo che si deduce è solo un'idea; la realtà dell'assoluto che si crede di conquistare come puro assoluto, è un prodotto della propria mente. Intervenne Chevalier per dire che noi deduciamo l'esistenza dell'assoluto senza comprenderne la realtà. Allora gli idealisti replicarono che quel che è inconoscibile (Dio - Volontà Natura e altro che voglia dirsi) non è oggetto di filosofia e deve reputarsi un'espressione mitica. Qui la discussione s'interruppe e quando fu ripresa, fu posta in termini mistici e prese altro andamento '. H o ricevuto le copie dell'« Autoformazione » e degli estratti. Credo che questo articolo, in estratto, avrà buona fortuna. Te lo auguro. Un abbraccio tuo Luigi
Piazza Armerina, 12 settembre 1930
Carissimo fratello, ti ringrazio di cuore degli affettuosi auguri. Ho già spedito il Pensiero dell'auvenire agI'indirizzi mandatimi con la tua del 6, a cui rispondo. Ho unito copia degli ultimi estratti sulla genesi 2. Stum scrisse e pubblicò sulla « Rivista di autoformazione » un saggio sul problema deli'Assoluto, (fasc. I V deli'anno 1930), saggio che maturò in occasione di discussioni che si svolsero dentro e fuori del congresso fiosofico di Oxford: « At a reception given at Miìgdalen Coiiege those attending the congress, - così ricordò Sturzo nella prefazione d'edizione inglese di Problemi spirituali del no&o tempo - a catholic Poiish philosopher (whose exact name escapes me) gathered us around Benedetto Croce. Later, the French writer Léon Brunschvicg, Guido De Ruggiero, mrs. B e e s and others also joined the group and we engaged in a discussion of the Absolute. The discussion continued that evening in another o£ the colleges and again the next day, at wich time so many took part that I was reminded of my university life in Rome P. (p. XII, dell'ediz. dell'opera Omnia).
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del neo-sintetismo. Ti son grato della parte che prendi per la mia filosofia. Dell'ultimo fascicolo della rivista non mi parli? Torno al problema di Dio. La via dei bisogni dell'anima, non è conclusiva. È come l'argomento ontologico di S. Anselmo l . La via della causa non fa uscire dal creato, perché la causa non produce dal nulla l'effetto, ma esso deriva dal seno di quella e dal termine agito. Lo stesso si dica di tutte le altre vie. È ciò che hanno visto quelli che negano un Dio trascendente e personale. La via della contingenza solamente è davvero conclusiva, perché fa vedere il rapporto reale e necessario con l'assoluto, e perciò fa scoprire l'assoluto *. Scoperto l'assoluto, come trascendente, è anche scoperto come personale. Ciò è chiarissimo. La mia posizione ha il vantaggio di star bene di fronte agli errori moderni circa Dio. Sto bene. Mandami altri indirizzi, mandane quanto più puoi. Prega per me e credimi sempre, tuo JF Mario 697 [London, Paddington], 14 settembre 1930
Carissimo fratello, sono da un giorno a casa; ho ritrovato il mio angoletto di studio, ma per ora sono attorno a riordinare carte e oggetti e per giunta un po' raffreddato dal primo freddo, venuto d'un colpo. Sto LETTERA696. 1. La prova dell'esistenza di Dio di S. Anselmo, detta prova ontologica, costituisce una deduzione a priori dell'esistenza di Dio. Nel Proslogion S. Anselmo mostra che è lo stesso concetto di Dio che ne implica l'esistenza. Dio viene inteso come ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore; ma se esso è tale e se ciò che è nella realtà è maggiore di a ò che esiste solo nella mente, non si può pensare Dio privo deli'esistenza, poiché non sarebbe più ciò che per d e f i i o n e è maggiore. Se gli si nega l'esistenza la definizione stessa di Dio entra in contraddizione, se si afferma quest'ultima definizione, non si può che dedurre l'esistenza di Dio. 2. Le vie che conducono ali'esistenza di Dio per S. Tommaso partono, a differenza di S. Anselmo, dà un ragionamento a posteriori. Fra di esse la terza via considera come punto di partenza il fatto che noi abbiamo esperienza delle cose come qualcosa che può essere e può non essere. Le cose non sono dunque necessarie, ma semplicemente contingenti. Esse non hanno perciò in sé la ragione del proprio essere, ma sono appunto catatterizzate dal rimandare a qualcos'altro come propria ragion d'essere. Per evitare che si ricada in un costante rimandare infinito che come tale negherebbe sia la possibilità di attingere all'essere delle cose, sia quel *dare stesso ad una ragion d'essere che è propria delie cose, si deve presup porre un essere necessario che è Dio e che è ragione stessa d d a contingenza degli enti.
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con cautela ed ho acceso il fuoco. Hai visto nella « Rivista di Filosofia Neo-Scolastica » le note di G. Bontadini ' sulla dottrina ontologica di V. La Via 2? (sarà La Via un siciliano?) M'interessa conoscere il tuo parere sul punto di vista centrale che l'affermazione ontologica sia immediata, in quanto è un presupposto del pensiero stesso, il quale non può essere puro. Non so se ho bene compreso. Ma tu me1 dirai meglio. Aspetto le copie della Filosofia delL'Educazione. Credo che S . S. tornerà sulla questione dell'assoluto. Tu vedrai se ti andrà o no. I o non credo che l'estetica di Croce abbia avuto valore per l'idealismo, ma che l'idealismo di Croce sia stato valorizzato dalla sua estetica e dal suo storicismo. A Oxford, se in altre lezioni Croce ha avuto accoglienze di stima, in quella estetica invece ha avuto larghi consensi anche da non idealisti. I1 che vuol dire che indipendentemente dall'idealismo, quella estetica contiene elementi vitali, o che, almeno corrispondono alla mentalità presente. I o non ho ancora avuto tempo a rileggerla e formarmene un concetto chiaro e poi confrontarla con la tua, ma lo farò e forse (se trovo una rivista inglese che l'accetti) ne scriverò un articolo 3. Poiché si suole fare rapporto a facoltà dell'anima, si dice che il pensiero teoretico è dell'intelletto, il pratico della volontà, l'estetico della fantasia. Alcuni fanno della fantasia una terza facoltà spirituale, in sintesi con i sensi, la vera facoltà creatrice. Che ne pensi? Ricevo una cartolina da NeIina e mi dice che sta bene. Un abbraccio di cuore, tuo Luigi Che dispiacere la morte di Mons. Benedetti! LETTERA697. 1. Cfr. G. BONTADINI, La dottrina ontologica del Prof. Vincenzo La VM, in « Rivista di filosofia neo-scolastica », maggio-agosto 1930, p. 289. 2. Vincenzo La Via, filosofo, allievo di Varisco e di Gentile, fu professore all'università di Messina e fondatore della rivista « Teoresi P. La sua filosofia si svolse in un processo che d d a critica ali'idealismo approdò ad una visione di « assoluto realismo » di ispirazione anche rosminiana. Fra le opere principali vanno ricordate: L'idealismo attuale di G. Gentile (1925); I1 problema della fondazione e I'oggettivismo antico (1940); La risoluzione delZ'idealisrno in assoluto realismo (1964); Lo problematica religiosa in A. Rosmini (1964). 3. Sturw, in un articolo intitolato L'interiore moralità deli'arte in Problemi spirituali del nostro tempo cit., scriveva: cc Non è opinione comune che il valore estetico di un'opera d'arte sia anche valore etico; i'abitudine di studiare questi valori analiticamente e in forma autonoma fa spesso credere che si tratti di vera e reale autonomia di valori, il che non è [...l. I1 beiio è fondamentalmente etico; ed in quel che manca di eticità intrinseca, mancherà anche di esteticità [...l. La
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Piazza Armerina, 15 settembre 1930
Carissimo fratello, ricevetti la tua carissima de11'8. Ti ringrazio di cuore dei rinnovati auguri. Anch'io ricordo il fascino della festa della SS.ma Bambina. Ora ricevo la tua dell'i l . I1 Pensiero dell'avvenire è stato spedito anche al secondo elenco recato dalla tua dell'otto. Lo stesso giorno furono spedite a te cinque copie di Problemi di filosofia dell'educazione e due altre copie del fascicolo della rivista. Se altre copie desideri di qualunque delle mie cose, scrivi. A me preme che siano divulgate. H o letto con vivo interesse la tua ultima cartolina. Ma quello non è problema che si possa risolvere né in congresso né per discussioni: esso investe tutti gli opposti sistemi. Ripenso al tuo savio consiglio datomi quando mi misi al lavoro circa otto anni fa; tu mi dicesti: agli avversari non critica pura, ma un nuovo sistema bisogna opporre. Ed è così. Però gli effetti buoni non si possono vedere che nelle nuove generazioni. Ma qui sento l'opportunità per ripeterti per qual ragione io do tanta importanza al problema delle vie per giungere a Dio. Ora dico che questo mi sembra il primo problema. Ma non bisogna lasciarsi sedurre dall'apparente efficacia delle molte vie. Sto bene. Abbiamo già un bel fresco autumale, effetto di lunghe piogge. Prega pel tuo &.m0 fratello Mario
[London, Paddingtonl, 16 settembre 1930
Carissimo fratello, ieri ho ricevuto la tua del 10, e rispondo al tema. I o mi son messo nel tuo punto di vista fin dal principio; ed ho paura di non essermi bene espresso, e quindi di non essere bene inteso. Secondo me o tutti i sistemi dualistici arrivano a Dio, come creatore vera opera d'arte è paragonabile a quel bene che 8 tale ex integra causa; perché in natura come in arte, il vero, il bene e il bello convergono, sono la stessa realtà in quanto conosciuta, in quanto goduta e in quanto ammirata » (pp. 11-18).
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LUIGI E MARIO STURZO
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e provvidente, o non sono sistemi dualistici. Ciò può awenire, cioè che arrivino a Dio. Anzitutto per la logica, interiore del sistema A o B. Se cade il sistema, anche la via per arrivare a Dio è compromessa. Esempio l'ontologismo. Però può awenire che determinati sistemi filosofici abbiano acquisito dei valori extra della stretta logica del proprio sistema, valori che appartengono alla coscienza del pensiero comune, come la tesi della esistenza e natura di Dio; solo che tali sistemi, nell'assimilare tali valori, aggiungono il proprio tono speciale. Esempi: i sistemi di Cartesio, Malebranche, Leibnitz, Vico, ecc. Sotto un certo aspetto lo stesso può dirsi della scolastica aristotelica e della platonica. Tu dici: questa è storia. Bene; trasporta tutto al presente: qua neo-scola-, stici, là platonici, cartesiani, vichiani, rosminiani, bergsoniani alla Chevalier, ideo-realisti alla Le Roy. Ciascuno esprimerà le ragioni dell'esistenza di Dio creatore e Provvidente, secondo il proprio sistema. Tu, da filosofo, sosterrai il tuo punto di vista. Quello che è certo è che tutti arrivate alla medesima conclusione. Tu dirai che per molti ciò sarà opera della fede o della Tradizione o della coscienza comune, più che della ragione. Se ciò vorrà dire che lo strumento ragione, isolato da ogni altro strumento della vita umana, non sia assolutamente conclusivo, non ti contraddici. I1 puro razionalismo, formale o sostanziale, non può darci che un certo controllo della verità. Se poi ciò vorrà dire che nell'interno dei loro principi o per valori acquisiti, gli altri sistemi dualistici non possono logicamente arrivare a Dio Creatore Provvidente, con ciò si negherebbe tutta la filosofia dualistica e la loro storia. Sto bene. Ancora raffreddato. Un abbraccio Luigi
Piazza Armerina, 18 settembre 1930
Carissimo fratello, ieri la tua solita e attesa cartolina non giunse. Giungerà nel pomeriggio. Io frattanto non lascio passare il turno. De Ruggiero nella sua Storia della filosofia l , parlando di De Wuif dice che LETTERA 700. 1. Cfr. G. h RUGGIERO, S t o h della filosofia, cit.
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adopera nella sua Storia ecc. del Medio EvoZ un procedimento antistorico. Dal contesto parmi si ricavi che l'antistoricismo è riposto nel modo che il De Wulf taglia la filosofia, che è di scolastica e non scolastica. Corrisponde (mi pare) d'accusa che fa Croce ai cattolici, di concepire gli uomini come eletti e reprobi. I1 problema m'interessa, perché, per me, è lo stesso problema di cuì noi discutiamo al presente a proposito delle vie che menano a Dio. È possibile che il filosofo e lo storico non concepisca la storia (che è filosofia) e la filosofia (che è scienza del pensamento), è possibile, dico, che non concepisca ciò come due opposti: il proprio modo di giudicare e l'altrui in quanto a quello contrario? De Ruggiero forse che non rimena tutto all'idealismo, anche l'intelletto agente d'Aristotele? E forse che non condanna la scolastica, come filosofia superata? Venendo a noi: possiamo noi non concepire la storia come cristianesimo e non cristianesimo, fedeli e non fedeli? E non è tutta qui la dinamica sociale del mondo dalla venuta di Gesù Cristo in poi? Aspetto con vivo interesse il tuo parere. A me pare che l'argomento meriti di essere studiato seriamente. Sto bene Mario
t
[London, Paddington], 19 settembre 1930
Carissimo fratello, ho le tue del 12 e del 15 c.m. Scriverò a coloro a cui hai mandato il Pensiero dell'auvenire. I1 problema della conoscenza di Dio è certo il più importante di tutti, ma non' può essere posto, dal punto di vista razionale, fuori di un dato sistema filosofico e quindi subisce, come tutti i problemi, l'usura del sistema entro cui è presentato. Quando tu dici: « La mia posizione ha il vantaggio di star bene di fronte agli errori moderni circa Dio » (Cartolina 12 settembre) tu avvalori il punto di vista storico della mia tesi. Ai tem2. M. DE WULP, Storia della filosofia medievale, Libreria editrice la Fiorentina, Firenze 1913. Maurice De Wulf (1867-1947), belga, filosofo e storico della filosofia medievale, &evo del Meraer, fu tra i maggiori esponenti della scuola di Lovanio e contribuì a rinnovare gli studi storici suila scolastica. Collaborò dal 1894 alla morte d a « Revue némscolastique de philosophie D.
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pi di S. Tomaso, nella mentalità generale aveva più valore, credo io, l'argomento dell'immobile movente, perché risolveva Aristotele nel Cristianesimo. Pei concettualisti e nominalisti, avea più valore l'argomento ontologico di S. Anselmo. Pei misticizzanti l'argomento di S. Agostino, fecisti nos ad te, ecc. Non mi seduce la molteplicità delle vie per arrivare a Dio perché sono molte; solo mi rendo conto che le disposizioni di spirito sono cosi varie, che quegli argomenti che per noi sono difettosi, per altri sono validi, e ciò sia per la logica interiore di un dato sistema dualistico, sia perché un dato sistema ha assimilato (più o meno bene) i valori di altri sistemi. Oggi dunque posizione diversa, rinnovata, relativa alla mentalità presente. Così agli errori nuovi o vecchi sotto nuova veste occorre valorizzare una posizione più adatta, quale la tua, e di farla valere e per sé e in confronto agli altri argomenti, che al lume di queste filosofie, mostrano il loro lato debole, la loro insufficienza relativa, al nostro pensiero moderno. Questo è valore storico, che in un dato momento crea lo stato d'animo della conclusività e deil'assolutezza (come un tempo avvenne ad altri sistemi). I o credo che non si può passare oltre a questo segno. Sto bene. I1 raffreddore è quasi scomparso. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 20 settembre 1930
Carissimo fratello, non ho ancora letto l'ultimo fascicolo della « Neo-Scolastica n. Tu sai che quest'anno ho passato l'estate senza né vicario né provicario. Posso però dirti che l'affermazione ontologica, presupposto del pensiero, altro non dev'essere che il per sé noto, di cui io ho già parlato nella Rivista. L'analisi delle facoltà, a cui tu accenni, è una sciocchezza di chi ignora la flosofia, come Cesareo. La fantasia creatrice è una contraffazione della teoria di Croce. L'estetica di questo contiene certamente elementi vitali. I1 suo vizio è filosofico più che propriamente estetico; il qual vizio investe tutta la filosofia di Croce, ed è il vizio delle forme dello spirito, analisi e nulla più, perché le varie attività, dalla logica all'estetica, son delle sintesi e non dei gradi analiticamente considerati. Croce fa
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la sintesi, ma vi eccettua l'intuizione, che perciò pone come pura all'origine, come fanno i vecchi scolastici e i nuovi circa la percezione. Son cose codeste di cui io più volte mi sono occupato e che hanno poi generato Il Pensiero dell'avvenire. Sto bene. I1 tempo torna belio. Mite oramai, e perciò più bello. Prega per me. E credimi sempre tuo t Mario
Piazza Armerina, 22 settembre 1930
Carissimo fratello, tu mi fai dire quel che non ho mai pensato, cioè, che gli altri sistemi dualisti non possono arrivare a Dio. I o ho detto e ripeto che la via che mena a Dio - a rigore di logica - è una: la via della contingenza. Secondo me ogni altra via o si risolve in questa o non è probativa. Tu poi dici con altre parole una cosa detta altra volta, cioè che puoi ammettere che lo strumento ragione, separato da ogni altro strumento della via, non sia conclusivo. Questa a me pare una proposizione priva di senso. Storicamente è analitismo. Hai letto sull'ultimo fascicolo della « Critica >> quel che Croce scrive sulla casistica, recensendo un libro francese ' ? È questo un vecchio motivo, che Croce riprende a volte LETTERA703. 1. Cfr. la recensione di B. Croce a F. DeIarue, Le système mora1 de Saint Alphonse de Liguori, docteur de l'Église, L'Ap6tre du Foyer, Saint-Etieme, 1929, in « La Critica », 20 settembre 1930, p. 360. Al fine di una migliore comprensione del dibattito sulla casistica riportiamo il pensiero di Croce nella recensione citata: «La curiosità mi porta talvolta a scorrere i trattati di casistica e le discettazioni s d a casistica; ma è una curiosità che va insieme col profondo disinteresse filosofico per quelle questioni. Né credo, col dir ciò, di mancare di riguardo al cattolicesimo, se un gran cattolico, Alessandro Manzoni, non provava nemmeno quella mia curiosità e aveva per quella materia un pari o maggiore disinteresse, tanto da dichiarare di non aver letto neppur uno dei libri dei casisti, e che, insomma, non gliene importava nulla. Ma sarebbe errato credere che questo disinteresse voglia due che la filosofia moderna ignori la qualità di quelle questioni: laddove il contrario è il vero [...l. Poniamo il caso che iI Delarue dice "classico" (p. 145) del soldato che non sa sè la guerra a cui egli è chiamato sia giusta o ingiusta, e qui peut et doit se dire: "io posso e debbo obbedire ai miei capi legittimi, finché non m i vien provato che i loro ordini sono ingiusti". Peut o doit? È evidente che, trattandosi di enunciare una "legge morale", il peut è fuori luogo e non ha luogo altro che il doit. Ma dove è mai quella "legge morale", che faccia obbligo
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a volte. Certamente ha ragione, quando pone la morale come fatto
di coscienza e non di pura legge; ma non ha ragione quando esclude la funzione della casistica. Levar la casistica significherebbe levare l'aspetto scientifico, cioè filosofico, cioè sistematico delle risoluzioni umane. Sarebbe come negare la filosofia dei filosofi, per conservare solo il buon senso. Tolto il dottore che tratta dei casi filosoficamente, forse che l'individuo sarà liberato dal dovere e bisogno di risolvere i suoi casi volta per volta? o forse che è meglio risolverli ad orecchio, anzi che con metodo e sistema? H o visto Tomrnaso Nediani che ti saluta tanto. Sto bene. E siamo già in autunno. Prega per me. E sta sano. Per le flussioni frequenti fa' qualche cura. Tuo t Mario di obbedire ai superiori? e dove è mai quel "soldato", quell'astratto soldato? Nella realtà, c'è il soldato che ubbidisce perché uso a ubbidire senza pensare, c'è l'altro che vorrebbe disubbidire ma ubbidisce perché teme il peggio per la sua persona, c'è quello che spera di far carriera e diventare sergente o addirittura ufficiale, c'è l'altro che gode a menar le mani; e via dicendo: coi quali casi si resta nella sfera utilitaria, non si entra in quella morale. Ma anche quando si sia entrati in questa e si considerino perciò indebite le precedenti soluzioni, anche nella cerchia morale riappare la varietà [...l. Ora, tutte queste soluzioni morali, diverse e opposte, non sono unificabili in un'unica soluzione dettata da una legge la quale ripugnerebbe d e singole coscienze o converrebbe a una e sconverrebbe aiie altre; e, d'altra parte, la realtà e la storia hanno bisogno deiia loro diversità e deila loro opposizione Ciascuno deve risolvere il suo proprio problema, e trovare la sua propria determinazione morale, la sua e non quella d'altri, la sua che implica la propria responsabilità; a ciascuno è assegnata la sua parte neli'ordine e nello svolgimento delle cose, e la ricerca di quella parte mette capo alla certezza, se anche costi travagli e tormenti. Lgx dubia non obligat; ma come ci può essere la dubietas e la mancanza di obligatio in morale, se non c'è la lex: dice, la legge particolare, che è la legge propriamente detta? Quella che si chiama "legge morale", al singolare, ed esclude il plurale, "le leggi morali" è detta così per metafora e per comodo di discorso talvolta la si pluralizza. Ma la curiosità che tuttavia mi volge talora ai libri dei casisti è frivola o di semplice passatempo, o non ha qualche motivo più serio?, I1 primo motivo è nella soddisfazione che si ha nel toccar con mano le perplessità e le stravaganze a cui l'abbandono del principio della coscienza morale e l'adozione di quello delle leggi morali conducono, e nerottenere una riprova negativa di quel che solo teniamo vero. Questo motivo il Manzoni non sentiva, sia perché rifuggiva dal fermar I'occhio sui pudenda deristituto religioso al quale egli era ossequiente, sia anche perché era poco filosofo, un filosofo fermatosi a mezza strada. Ma un altro motivo egli neppur sentiva; ed è i'interesse storico a considerare come mai quella casistica si svolgesse così riccamente nel seicento e abbia anche ora tanta importanza nella Chiesa cattolica. Naturalmente, sarebbe da sciocchi descrivere quei casisti come uomini corrotti e malvagiamente spargenti corruzione intorno a sé. Che ce ne fossero di basso ani-
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[London, Paddingtonl, 22 settembre 1930
Carissimo fratello, ti ho scritto il 14, il 16 e il 19. Sto bene; il raffreddore è passato. Rispondo alla tua del 18 c.m. Tu sai che io non ammetto l'antistoricismo sistematico; te ne ho scritto altra volta. Io credo che tutto ciò che si assimila da una qualsiasi corrente storica e che prende vitalità, si storicizza; salvo a essere per manco di vitalità rigettato poco dopo come corpo morto fuori dal flusso vitale dell'attività umana. Così quando Croce e i suoi dicono che lo Scolasticismo come filosofia è superato ed è quindi oggi antistorico, se si riferiscono ai metodi hanno ragione, se a quella sostanza, che ancora vive, hanno torto. I o non sono d'avviso di dividere la società in due; di qua fedeli (a qualsiasi pensiero sistematico), di là reprobi. Questa è un'astrazione. La realtà è il vicendevole influsso di tutte le correnti nel dinamismo e relativismo storico. Se la fede cristiana si concepisce come fuori di questo dinamismo, verrebbe inaridita (se possibile) e si ridurrebbe a non avere più mo, è da ammettere, come si ammette per ogni accolta di uomini che compongono partiti o scuole. Ma i maggiori, e i più aborriti, Antonio Escobar, Giovanni Caramuel, Alfonso dei Liguori, erano uomini degnissimi, di vita non solo incensurabile ma austera, incapaci di concedere a se stessi una sola delle facilita che accordavano agli altri. Essi erano mossi a quel loro probabilismo o lassismo o equiprobabilismo e simili, e cioè alla larghezza e ali'indulgenza, da due sentimenti, talvolta disgiunti più spesso intrecciati tra loro. I1 primo era una tenerezza di cuore (che giustamente il Delanie attribuisce al buon Caramuel, al quale io, come studioso del più barocco seicento, sono particolarmente affezionato pei suoi zibaldoni di Ritmica e di Metrica), un awedimento di non far che, col troppo rigore, le creature umane disperassero della salvezza e si abbandonassero al vortice del male, perdendo il paradiso, e, poiché quelle creature sono le più, spopolando il paradiso. I1 secondo era un analogo motivo politico di non sottrarre, con le troppo rigorose esigenze, uomini (e specialmente sovrani, principi, ministri, aristocrazia, nobili donne, ecc.) d a forza di cui ha bisogno la Chiesa di Roma per lottare, come potenza politica, con le altre potenze politiche. Certo, per questi stessi fini politici, alla Chiesa di Roma non piacevano gli eccessi, né queiii di rigore né quelli di lassismo; chè, se i primi toglierebbero uomini, i secondi richiamerebbero nella cerchia della Chiesa turbe indisciplinate e indisciplinabili; e perciò dopo aver esitato e provato, essa prescelse per questa parte, e dichiarò dottore della Chiesa, Alfonso dei Liguori, awocato, gentiluomo, ricco di buon senso e (che non guasta) non fanatico spagnuolo ma giudizioso italiano e napoletano. Senonché, né il problema del popolamento del paradiso né quello delia prosperita della Chiesa di Roma hanno nulla da vedere coi problemi di coscienza o problemi morali, e con la corrispettiva filosofia [...l D.
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influsso storico; ma non è così; anch'essa va concepita entro il dinamismo storico, che sempre si attua, onde si può dire come S. Paolo: adimples quae desunt. . . l . Altro punto: la storia non si può risolvere nel pensiero di un singolo, sia Croce o Gentile o altri. 11 soggetto giudica in rapporto al suo pensiero tra fedeli e reprobi; ma se egli trasporta questo giudizio nella realtà, egli subiettivizza la realtà che sfugge alla sua categoria e a qualsiasi categoria. I1 cristiano è tale, ma non è mai completo, così l'idealista, ecc. Come dentro noi così fuori di noi pugnano i divisi principi. La visione che hanno gli idealisti della realtà è schematica unilaterale e perciò irreale; e quando Croce allarga il suo orizzonte, allora esce fuori del suo schema. Un abbraccio Luigi
Piazza Armerina, 23 settembre 1930
Carissimo fratello, la tua del 16 mi giunse ieri. E rispondo subito benché io ti abbia scritto poco prima che mi giungesse la tua. I1 problema m'interessa. Ma non trovo di modificare il mio modo di risolverlo. Tu scrivi: « Questo è valore storico, che in un dato momento crea lo stato d'animo della conclusività e dell'assolutezza ». Così tu cadi in un relativismo eccessivo e soggettivo. Io invece pongo il relativismo oggettivo, cioè in dipendenza del principio adottato. Così discutendo il principio e trovandolo insufficiente o mal invocato, nego le conclusioni. Esempio. La via del motore immobile. Trovo che deriva da Aristotele e suppone la materia prima, pura passività eterna, cui Dio muove. Ciò non regge. Ed io arrivo ad eliminare questa via. Ora assurgo a una tesi generale: ogni uomo o risolve o nega o dubita. Lascio il dubbio, che si risolve in ignoranza e mi attengo agli altri due termini. Risolvere è affermare il proprio sistema o modo di pensare; negare, è negare ciò che a quello si oppone come irriducibile. O così lo scetticismo. Sento che la flussione [si] risolve. Devi far qualche cura preventiva, per esempio di china. Costà ci saranno buoni preparati. Vedi che sei LETTEBA704. 1. Cfr. Colorsesi, 1, 24.
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troppo soggetto ai raflreddori. E ciò non va bene. Io sto bene. I1 tempo è di buono autunno. Prego per te sempre. Un abbraccio
t
Mario
[London, Paddington], 24 settembre 1930
Carissimo fratello, l'affermazione ontologica di cui parla La Via non mi pare che sia il per sé noto, ma l'affermazione dell'oggetto contenuto nel pensiero. Nel cogito ergo sum c'è di necessità compreso un oggetto, che sono io stesso pensante, in quanto non posso pensare senza un oggetto del pensiero, il quale perciò stesso è antecedente (metafisicamente) al pensiero. Non ho tempo di rileggere l'articolo (scritto in uno stile faticoso) e quindi può essere che io prenda un abbaglio. Lascio per ora l'estetica, di cui avrò tempo a parlarti, e ritorno all'antistorico. Parlando della scolastica, io credo che questa debba guardarsi anzitutto nel suo valore storico, e in quegli elementi che la storia ha conservati. Che cosa rimane della fisica scolastica nella lotta con la scienza sperimentale? Solo degli elementi metafisici; poiché questi erano stati assimilati in gran parte nella Teologia Cattolica e in essa sopravvissero ancora come concetti analoghi di una realtà misteriosa, che è necessario enunciare in termini che non portino equivoci e sensi erronei. Questo fatto porta con sé la necessità di comprendere quei termini in senso positivo come gli scolastici, ovvero basta che siano presi in senso negativo o limitativo per esprimere esattamente una formula misteriosa? i2 questo il grave problema in cui si dibattono anche oggi molti che non accettano la metafisica scolastica e intanto non intendono ~ r e ~ i u d i c a rlae loro fede. Questo è uno dei punti più interessanti della storicizzazione della scolastica non in sé ma nella teologia. Di qui anche il concetto della funzione della scolastica. Del resto altra volta. Sto benino. Un abbraccio, tuo Luigi
LUIGI E MARIO STURZO
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Piazza Armerina, 24 settembre 1930
'
Carissimo fratello, in questi giorni sento una insolita volontà di scriverti, come a rifarmi in anticipo del minor tempo che avrò appena torna il vero periodo del lavoro. Quel che, accennando, ti ho scritto circa il relativismo oggettivo, ecc., è come la premessa d'una importante conclusione, cioè, che ogni uomo, teoreticamente, è intollerante, e che altra tolleranza non si può pretendere che la pratica. Quando si dice che occorre rispettare le opinioni, non si dice che occorre giudicarle vere, ma che occorre portarsi (atto pratico) con tolleranza. Le risposte che tu potresti darmi oltre a quelle che mi hai date, non mi turbano, perché c'è modo di risolverle. Nessun errore è solo errore, nessuna verità solo verità. Chi dissente, ha le sue ragioni. E nel dissenso degli uomini d'una data società o civiltà (per non parlar che di questi), c'è sempre un elemento di consenso, che rende possibile la vita di studio e la vita pratica. Esempio. I o professo il neo-sintetismo e nego tutte le altre teorie dualistiche, pure vivendo in contatto con le medesime. Ma io con quelle teorie ho tanti elementi comuni, così comuni, da far dire che anch'io sono uno scolastico. Questi elementi li ho risoluti nel mio sistema, e son diventati parte di esso. I n questi elementi io vedo la mia parentela con chi mi ha preceduto. Ma la sintesi è altra cosa. E nella sintesi io li nego, come sintesi che quelle teorie pur sono, e, ciò non ostante io dico che ci sono, ci hanno da essere, hanno la loro funzione. Sto bene. Penso sempre a te. Ti amo. Tuo t Mario
Piazza Armerina, 26 settembre 1930
Carissimo fratello, ricevo a momenti la tua del 22. Non entro in argomento, aspettando che tu abbia ricevuto tutte le mie sino a quella del 24 e abbia risposto. Ora ti parlo della risposta di quel congressista, cioè che dall'astratto non si passa al concreto. Secondo me in tale modo di pensare c'è un errore vecchio, quello di supporre
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che ci sia un astratto o una vera idea senza il concreto e la realtà corrispondente. L'astratto e l'idea nascono con l'intuizione: sono l'astratto del concreto intuito, il logico del rapporto particolare. Dato l'astratto, è dato il concreto, come suo antecedente (analisi) e come suo concomitante (sintesi). Data l'idea, è dato il rapporto particolare e son dati i termini anch'essi come antecedenti e concomitanti. Quello che non consente l'affermazione del concreto reale è solamente il fantastico. E l'uomo lo sa. I1 fantastico è bensì un derivato da molti concreti, ma è una sintesi arbitraria. L'ippogrifo è un fantastico, non un astratto, non una idea. Nella realtà ci sono il cavallo e il grifone. A questo non badano molti. Se ci badassero, molti errori sarebbero evitati. Sto bene. La entrante settimana avremo il ritiro spirituale pel clero. Prega per noi. Un abbraccio. Tuo . t Mario '
[London, Paddington], 27 settembre 1930
Carissimo fratello, ricevo le tue del 22 e 23; la doppia razione mi ha dato la gioia della sorpresa. Ti prego di rileggere la mia del 19 c.m. e vedrai che io non nego che tu filosofando possa e debba arrivare a preferire un argomento (sull'esistenza di Dio) e quindi di farlo valere in confronto di ogni altro argomento. Quel che io non posso accettare si è la posizione critica che nega che gli altri sistemi dualistici possano arrivare a Dio (s'intende personale e creatore). Tu nella cartolina del 22 mi dici che « non hai mai pensato ciò >> - però nella cartolina del 12 scrivevi: « La via dei bisogni dell'anima non è conclusiva; è come l'argomento ontologico di S. Anselmo. La via della causa non fa uscire dal creato ... lo stesso si dica di tutte le altre cose ». E di fatti chi si mette solo sulla pura posizione razionale (o razionalista!) non può uscirne, e deve negare la conclusività di ogni altro sistema. Invece io, messomi sul piano del relativismo storico (passato o presente) affermo che ogni sistema dualistico è probatorio secondo le condizioni di un dato LETTERA708. 1. In margine a questa cartolina, Luigi annota: « Risp. neiia postilla D.
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ambiente; messomi sul terreno critico, affermo che ogni sistema dualistico, nella logicità interna del sistema stesso, conduce a Dio (sempre personale e creatore); e infine messomi sul terreno razionale del nuovo sistema preferito, riconosco che questa è la via che per me è la più conclusiva e la preferibile. Se tu avrai tempo e pazienza a rileggere in fila le mie ultime tre o quattro cartoline su questo spec8co argomento, per quanto scritte senza un nesso prestabiiito, troverai che hanno tutte la stessa idea, e tendono a non invalidare duemila anni di filosofia dualistica e teistica. I1 relativismo storico non è scetticismo; né il criticismo è mancanza di convinzione; attestano che sul terreno deduttivo o inquisitivo vi è sempre insieme provvisorietà e conclusività. Sto bene. Un abbraccio, tuo Luigi
Piazza Armerina, 27 settembre 1930
Carissimo fratello, questa passi come intermezzo, nell'attesa delle tue risposte d e mie precedenti sino a quella del 24. Tu nella tua del 22 dici tante cose vere ed utili, ma pare che ancora non prenda il vero punto del mio argomento. Io citavo l'esempio di Croce e De Ruggiero quest'ultimo in rapporto alla Storia ecc., del De Wulf, non come autorità, ma come fatto, che, se ben consideri, è d'ordine generale, Per gli idealisti noi siamo gli uomini che non pensano (la frase è di Croce), pei nostri gl'idealisti son gli uomini che non ragionano e non vogliono ragionare. Ma cosa è pei nostri tutta la parte della storia, da Gesù Cristo a noi, dico, la parte che riguarda gli avversari del cristianesimo? Forse che non [è1 giudicata come lotta per odio o altri rei fini, puro male, pura antitesi. Riconosco il vizio degli eccessi, ma non posso per questo negare il fatto. I1 qual fatto è rivelatore d'una legge, che per me è uno degli elementi del progresso: la lotta teoretica. La legge è questa, che ogni uomo pensa risolvendo o negando e perciò pensa risolvendo ciò che è risolvibile nel suo quadro, e negando il resto. Per dirla con la frase da te preferita: ogni uomo assolutizza il suo modo di vedere e relativizza l'opposto, che perciò afferma come fatto e nega come verità. Ora io desidero che tu, per ora
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almeno, ti attenga a studiare questo che è il punto centrale, evitando ogni divagazione in altri argomenti, per quanto importanti. Godo nel saperti risanato. Usati riguardi. Sto bene. Prega per me. Tuo t Mario
[London, Paddingtonl, 30 settembre 1930
Carissimo fratello, come mi fanno bene le tue cartoline, e che carissima sorpresa, quattro in cinque giorni! Rispondo oggi alla tua del 24. La mia non è una posizione pratica, né di tolleranza né di convivenza con i professanti teorie diverse che abbiano elementi in comune. La mia è una posizione teoretica, sotto gli aspetti della valutazione storica, di quella critica e di quella che dissi razionale, ma che dico meglio sistematica. Di ciò ho fatto chiaro accenno nella mia ultima (2719). Essi sono per me tre aspetti di uno stesso pensiero, Le conclusioni di queste tre posizioni possono essere identiche, ma possono anche essere diverse come è il caso che discutiamo (argomenti esistenza di Dio). Perciò bisogna concludere, come accennavo nella mia del 27, che sul terreno deduttivo, o inquisitivo (come tu lo chiami) con la conclusività logica vi è sempre una provvisorietà sistematica. E perciò occorre chiamare in aiuto la posizione storica come controllo della conclusività; e quella critica come controllo della provvisorietà. Altrimenti si può cadere o nel razionalismo metafisico o logico degli scolastici, o nel razionalismo critico degli illuministi o positivisti. I1 tuo Neo-Sintetismo, che fa unica sorgente del conoscere l'intuizione del concreto, per interna logica deve dare il maggior valore possibile non solo all'intuizione del dato naturale, ma anche a quella del dato storico (che poi fanno un solo concreto). L'ipotesi dell'uomo isolato che fa la scoperta di Dio per dimostrazione rigorosamente ftlosofica (cartolina 1019) è una posizione astrattistica la quale perciò deve essere inquadrata in quella che io chiamo posizione storica critica. Allora si ottiene un valore permanente quando le tre posizioni convergono nell'insieme. Sto bene. Un abbraccio Luigi