Horizon 2020

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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

HORIZON 2020 ITALIA

a c r e c ri e n o i z a v o & inn Marzo 2013


Hanno collaborato alla stesura del documento: Mario Alì, Gianluigi Benedetti, Carolina Bloise, Andrea Bonaccorsi, Mario Calderini, Luciano Catani, Fabrizio Cobis, Francesco Crespi, Cinzia Daraio, Fulvio Esposito, Renato Fà, Emanuele Fidora, Gioacchino Fonti, Luigi Gallo, Luciano Hinna, Salvatore La Rosa, Damien Lanfrey, Raffaele Liberali, Daniele Livon, Giorgio Martini, Carlo Maria Medaglia, Francesco Molinari, Michelle Perello, Francesca Rota, Simonetta Sagramora, Donatella Solda-Kutzman, Maria Uccellatore, Nicola Vittorio. La composizione editoriale è stata curata da Carolina Bloise, Mario Calderini, Fulvio Esposito, Raffaele Liberali. Il logo è stato realizzato da Francesca Cuicchio. L’editing grafico è a cura di Egizia Marzocco, Andrea Quacquarini, Fabrizio Quadrani, Monica Straini. Il documento è stato chiuso con le informazioni disponibili al 21 febbraio 2013.


Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

HORIZON 2020 ITALIA

Marzo 2013


Premessa

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1. 1.1 1.1.1 1.1.2 1.1.3 1.1.4 1.1.5 1.2 1.2.1 1.2.2 1.2.3

I punti di partenza Punti di forza e criticità del sistema italiano della ricerca Europa e Italia nella competizione scientifica e tecnologica internazionale Il posizionamento dei ricercatori italiani La partecipazione italiana ai Programmi Quadro dell’Unione Europea I riflessi sul sistema economico e produttivo Conclusione Perché Horizon 2020 Italia - HIT 2020 Le caratteristiche salienti di Horizon 2020 EU Sintonizzare la programmazione nazionale con quella europea Verso una nuova governance del sistema della ricerca

11 11 11 17 20 23 26 27 27 28 32

2. 2.1

Strategia La ricerca italiana per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva: una matrice di lettura Oggettivare la scelta delle priorità Come scegliere? I bandi Clusters Tecnologici Nazionali e Smart Cities and Communities, primi esempi di un metodo nuovo La governance della programmazione congiunta transnazionale: protagonisti nella definizione degli schemi collaborativi Valorizzazione, anche economica, dei risultati della ricerca ed accesso aperto: conciliare l’inconciliabile? La declinazione regionale di HIT 2020: la smart specialisation a livello dei territori La Smart Specialisation: un nuovo modo di programmare L’inte(g)razione con la strategia nazionale Armonizzazione tra cooperazione internazionale e strategia nazionale per la ricerca

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2.1.1 2.1.2 2.1.3 2.1.4 2.2 2.2.1 2.2.2 2.2.3 3. 3.1 3.1.1 3.1.2 3.1.3 3.2 3.2.1 3.2.2 3.3 3.4 3.4.1

3.4.2 3.5 3.5.1 3.5.2 3.5.3 3.5.4

Strumenti Un piano per le infrastrutture di ricerca Priorità e strategie europee per le infrastrutture di ricerca Criteri per l’identificazione delle infrastrutture di ricerca di livello europeo Strumenti di valutazione e supporto finanziario Verso la sintonizzazione con gli strumenti europei La generalizzazione della peer review e della ciclicità del processo valutativo Format unificato e periodicità affidabile dei bandi Risultati (in)attesi: misurare l’impatto della ricerca e dell’innovazione I meccanismi competitivi nei bandi Le caratteristiche dei bandi Excellent Science per la ricerca knowledge driven, dei bandi Industrial Leadership per la ricerca technology driven, e dei bandi societal challenges per la ricerca mission driven Il livello regionale: caratteristiche dei bandi territoriali I meccanismi competitivi nei finanziamenti ordinari Certezza, competitività e premialità nel finanziamento di università ed enti pubblici di ricerca Ruolo e modalità del public procurement Tasparenza, certezza e rapidità nel finanziamento dei progetti di R&I: il credito d’imposta e gli strumenti a valutazione Accordi di programma e consorzi: trasparenza, valutazione e coerenza con HIT 2020

39 42 44 49 52 56 56 57 60 63 63 63 65 68 69 70 72 72 78

78 80 82 82 85 87 89


Le risorse umane

4. 4.1 4.2 4.3 4.3.1 4.3.2 4.4 4.5

5.

Le risorse umane Efficacia ed efficienza nel modello di alta formazione a tre livelli Un dottorato di ricerca innovativo per un Paese innovativo Un quadro unico delle carriere della ricerca per favorire la mobilità intersettoriale Strumenti per lo sviluppo professionale dei ricercatori La ‘terza missione’: nuovi profili per nuove professioni Gender in science: le donne nella ricerca La valorizzazione del ruolo del ricercatore: comunicazione, condivisione e ricadute sociali della ricerca

93 93 96 101 104 107 109

Le risorse finanziarie: risorse per cambiare, cambiare per crescere

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Appendici Appendice A Alcuni dati sulla Ricerca e Innovazione

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Appendice B1 L’esito dei bandi per i distretti e i cluster tecnologici

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Appendice B2 L’esito dei bandi Smart cities and Communities e Social Innovation

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Premessa Se, negli ultimi vent’anni, non si fossero manifestate criticità importanti per il posizionamento del sistema europeo della ricerca e dell’innovazione e, al suo interno, in maniera più accentuata, di quello italiano, non ci sarebbe stato bisogno, per l’Europa, di segnare una discontinuità con i Programmi Quadro, denominando il prossimo framework strategico per la ricerca dell’Unione ‘Horizon 2020’ (anziché ‘VIII Programma Quadro’), e, per l’Italia, di sperimentare per la prima volta l’adozione di un quadro strategico di riferimento coerente con quello europeo per durata e impostazione. Una decisione, questa, largamente condivisa dall’opinione pubblica (Inserto 1), interpellata attraverso una consultazione pubblica ad hoc.1

1 La Consultazione Pubblica sulle direttrici del Programma Quadro per il sistema della ricerca in Italia, Horizon 2020 Italia (HIT 2020), è stata aperta all’indirizzo http://consultazionepubblica. miur.it/horizon2020it/ dall’11 Ottobre al 16 Novembre 2012. Accanto al questionario, è stato messo a disposizione del pubblico un ‘Ideario’, nel quale erano proposti alcuni grandi temi di discussione, oltre alla possibilità di fornire contributi a tema libero. Nei 35 giorni di apertura, il sito ha registrato 6.242 contatti, sono stati completati 1.970 questionari, dei quali 77 per conto di istituzioni pubbliche, 88 da imprese ed enti privati e il resto a titolo individuale. All’ideario hanno partecipato oltre 3.500 cittadini, contribuendo con oltre 7.500 voti e 500 commenti sulle 133 idee che sono state avanzate dagli utenti. I risultati della consultazione sono disponibili all’indirizzo:

Inserto 1 Quale impatto sul sistema italiano della ricerca ritieni avrebbe un ‘programma quadro’ nazionale per ricerca e innovazione di durata uguale a quello europeo (7 anni).

Risposte individuali

Enti privati / Imprese

Enti pubblici

http://hubmiur.pubblica.istruzio ne.it/web/ministero/cs181212

e su www.facebook.com/MIURsocial

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Premessa

Come si vedrà nel primo capitolo del documento, nonostante gli sforzi compiuti per superare i limiti imposti dalla frammentazione statuale alla competitività della ricerca e della conseguente innovazione produttiva, i Programmi Quadro non hanno permesso all’Europa né di ridurre il divario con gli Stati Uniti, né di fronteggiare il prepotente ingresso nella competizione per le posizioni di leadership di paesi come la Cina e la Corea. Per questo con il documento Europa 2020 si è avviata una riflessione radicale, ponendo con chiarezza l’enfasi sulla necessità di guardare ai risultati concreti delle attività di ricerca in termini di risposte ai bisogni dei cittadini e alla capacità di sostenere la competitività dei sistemi produttivi europei e quindi alla crescita diffusa. Così, l’Unione Europea tenta di percorrere nuove strade, di responsabilizzare gli Stati Membri attraverso strumenti come la Programmazione Congiunta della Ricerca sui grandi temi di rilevanza globale, la creazione di nuove grandi Infrastrutture di Ricerca d’interesse europeo (o l’upgrade di quelle esistenti), la sperimentazione di strumenti innovativi di finanziamento (risk sharing e pre commercial procurement) basati sulla condivisione del rischio, strumenti cui Horizon 2020 attribuisce ruoli di rilievo. L’Italia, rimasta negli ultimi 15-20 anni spesso ai margini del confronto sulle politiche comunitarie della ricerca e dell’innovazione, non si accontenterà nel prossimo settennio di essere più presente e protagonista (come del resto è già avvenuto nel corso del 2012, con apprezzabili risultati), ma si dota oggi di uno strumento nuovo, Horizon 2020 Italia (HIT 2020). Il programma HIT 2020, pur coerente con quello comunitario, presenta elementi che lo distinguono e lo qualificano. Nella incomposta contrapposizione tra la ricerca volta al progresso della conoscenza (knowledge driven) e quella più vicina ai bisogni dei cittadini (technology driven), ovvero tra gli aspetti più ‘tecnologici’ e quelli più sensibili alle variabili sociali, la Commissione Europea ha ritenuto di articolare il programma Horizon 2020 su tre grandi categorie concettuali, dotate ciascuna di un finanziamento proprio, denominate Excellent Science, Industrial Leadership e Societal Challenges. In questo, HIT 2020 si differenzia da Horizon: nella consapevolezza che ricerca knowledge driven e innovazione nei beni e nei servizi per i cittadini costituiscono un continuum che solo artificiosamente si può interrompere, che il sistema della ricerca pubblica, con la sua forte compo-

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Premessa

nente orientata alla conoscenza e competenza, e quello privato, naturalmente orientato al ‘prodotto’, debbano fluidamente interfacciarsi e che l’inte(g)razione tra discipline tecnologiche e discipline sociali ed umane incrementa la qualità della ricerca e la sua competitività; anche su questo concetto si è registrato grande consenso da parte dell’opinione pubblica (Inserto 2). Inserto 2 Quanto ritieni che l’inte(g)razione fra discipline diverse sia decisiva per mantenere/incrementare la competitività del sistema della ricerca e dell’innovazione nel suo insieme.

Risposte individuali

Enti privati / Imprese

Enti pubblici

L’inte(g)razione fra discipline diverse è al primo o al secondo posto tra i dieci fattori proposti nella domanda quali determinanti la qualità della ricerca e dei suoi risultati per il 49,7% dei partecipanti a titolo individuale, per il 36% degli enti privati/imprese per il 50,8% degli enti pubblici

L’analisi descritta nel primo capitolo del documento (ed in parte, per renderne più spedita la consultazione, nell’Appendice allo stesso) dimostrano che l’Italia può contare su un pool di ricercatori e ricercatrici di elevata qualità e produttività. Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti, da una parte, da università ed enti

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Premessa

pubblici di ricerca e dall’altra dal sistema produttivo, permane una difficoltà nel trasformare i risultati della ricerca in innovazioni di processi e di prodotti capaci di rispondere con sollecitudine ai bisogni dei cittadini. Questa difficoltà emerge con chiarezza da alcuni confronti con i principali competitori, per esempio in termini di capacità brevettuale e di export ad elevato contenuto tecnologico, dalle collaborazione tra sistema pubblico e sistema delle imprese (Cfr. Par. 1.1.1). Ed oltre alla menzionata scarsa fluidità nella traduzione dei risultati della ricerca in prodotti socialmente fruibili, permane anche una limitata capacità di comunicare la ricerca ed i suoi risultati, mentre un’autentica esigenza in tal senso risulta chiaramente avvertita dall’opinione pubblica (Inserto 3). Questa limitata capacità di trasferimento, diffusione e valorizzazione dipende sia dalle caratteristiche dei ricercatori italiani le cui conoscenze e competenze sono concentrate su abilità e tecniche di ricerca del proprio ambito disciplinare a discapito di attività di management della ricerca, di ricerca di finanziamenti, di networking, di diffusione e valorizzazione dei risultati in forme diverse dalla pubblicazione scientifica, sia dal fatto che le università e gli EPR nazionali offrono servizi di supporto ancora insufficienti su quest’ultime tematiche e, salvo eccezioni virtuose, non presentano uffici, dotati di competenze specialistiche, dedicati a realizzare tali attività in modo sistematico.

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Premessa

Inserto 3 Comunicare efficacemente ad un pubblico non specialista i risultati della ricerca e le ricadute sociali dell’innovazione è fondamentale per incrementare la quota di risorse pubbliche destinate alla ricerca e all’innovazione. Risposte individuali

Enti privati / Imprese

Enti pubblici

Per 829 su 1668 partecipanti (50%) a titolo individuale, per 27/75 enti privati/imprese (36%), per 33/65 enti pubblici (55%), illustrare le ricadute sociali dell’innovazione è al primo o al secondo posto (su 10 opzioni proposte) per migliorare la comunicazione dei risultati della ricerca

Nel corso dell’ultimo anno, i bandi per i Clusters Tecnologici2 e quelli per le Smart Cities & Communities3 hanno rappresentato un chiaro segno, da parte del Governo, della volontà di rimuovere gli ostacoli che ancora si frappongono o rallentano un’efficace interazione tra ricerca e produzione, spingendo verso un’accentuata fluidità del ciclo ricerca-innovazione-produzione, ma sempre assumendo come primum movens i bisogni dei cittadini per la promozione di uno sviluppo qualificato e diffuso, quei major societal 2 Di cui al Decreto Direttoriale 257/2012 (da qui in avanti indicato come Bando Cluster). 3 Di cui al Decreto Direttoriale 391/2012 (da qui in avanti Bando Smart Cities).

challenges che le amministrazioni locali e centrali devono imparare ad ascoltare e ‘tradurre’ in domanda di ricerca. Con HIT 2020 s’intende generalizzare questo approccio e formalizzare una sostanziale innovazione di metodo:

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- nella definizione delle priorità nazionali e territoriali; - nello stimolo alla caratterizzazione delle istituzioni di ricerca e alta formazione del Paese; - nella valutazione dei programmi e dei progetti. La concretezza del Programma sarà assicurata da strumenti efficaci e semplici di gestione, tempi definiti per la realizzazione e dall’indicazione delle risorse complessive allocate, adeguate e certe nel tempo. Da parte sua, il MIUR applicherà questo metodo nelle proprie attività istituzionali riferite ad Università ed Enti Pubblici di Ricerca, ma lo proporrà altresì al settore privato, nella consapevolezza che le collaborazioni pubblico-privato nella ricerca rappresentano il più interessante banco di prova circa la scalabilità del metodo stesso, non solo in termini dimensionali, ma anche di complessità. La diffusione pervasiva di tale metodo passa anche e soprattutto tramite la sua condivisione con le Amministrazioni Regionali: il raccordo fra il metodo proposto e le strategie di supporto e promozione attuate sui territori è fondamentale alla realizzazione di un sistema di azioni coerenti e coordinate in grado di moltiplicare i loro effetti e di generare le premesse di sinergie tra attori e politiche. A ben guardare, con HIT 2020 il MIUR indirizza uno stimolo, un ingaggio alla collaborazione tra ricerca pubblica e privata, affinché venga definita la visione complessiva delle strategie, costruendo finalmente un quadro generale, completo ed unitario, del sistema nazionale della ricerca. Si offre così una risposta concreta al bisogno espresso da tutti i soggetti di dotare il Paese di un vero programma per la R&I, con obiettivi chiari e condivisi, tempi definiti di attuazione, strumenti semplici e risorse adeguate chiare e certe nel tempo, ponendo la base metodologica per i futuri Programmi Nazionali della Ricerca (PNR) che ne costituiranno l’implementazione di dettaglio. Se si riuscirà a raggiungere questo risultato, tanto insolito ed ambizioso, quanto necessario al Paese, non è fuor di luogo immaginare che HIT 2020 diventi anche un punto di riferimento importante per il Parlamento nell’elaborazione dei futuri Piani Nazionali della Ricerca.

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1.

I punti di partenza 1.1 Punti di forza e criticità del sistema italiano della ricerca

1.1.1 Europa e Italia nella competizione scientifica e tecnologica internazionale Per avviare una corretta revisione della programmazione comunitaria nonché delle priorità che l’Italia intende darsi per il periodo 2014-2020 è indispensabile elaborare una fotografia del contesto economico entro il quale si sviluppa la società della conoscenza. Il sistema produttivo attraversa una crisi che non sembra avere soltanto carattere congiunturale e che non pare territorialmente delimitata. Un’analisi dei principali indicatori del sistema innovativo può dunque essere utile a posizionare l’Italia nello scenario internazionale e a qualificare gli interventi di politica pubblica della ricerca proprio nella direzione dell’uscita dalla crisi. Grafico 1 Capacità innovativa europea nella competizione globale

4 L’indicatore sintetico dello IUS è calcolato aggregando indicatori che misurano: l’intensità degli sforzi innovativi, in termini finanziari e di risorse umane impiegate; le attività innovative delle imprese; l’intensità brevettuale; la capacità di produrre nuova conoscenza. Per il confronto su scala globale, il numero di indicatori semplici utilizzati è inferiore a quello relativo al confronto tra paesi europei.

Fonte: Commissione Europea, Innovation Union Scoreboard 2011

Uno dei principali indicatori sintetici, che permettono la misurazione della capacità innovativa di un paese attraverso pochi dati che riassumono però la molteplicità di aspetti legati ai complessi processi di ricerca e innovazione, è l’Innovation Union Scoreboard (IUS).4 Esso indica (Grafico 1) che: - l’Unione Europea dei 27 Paesi (UE27) ha prestazioni inferiori a quelle di

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I punti di partenza

Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud: negli ultimi cinque anni si è rafforzata la leadership della Corea del Sud, mentre il ritardo europeo nei confronti di Stati Uniti e Giappone si è ridotto, pur restando significativo per intensità di attività di R&I delle imprese, collaborazioni scientifiche tra settore pubblico e privato, realizzazione di brevetti ed acquisizione dei proventi esteri ad essi associati; - l’UE27 possiede una capacità innovativa superiore a quella di Australia, Canada e tutti i paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), ma, se rispetto a Canada e Brasile l’UE27 ha consolidato la propria posizione, nei confronti della Cina il vantaggio europeo si è ridotto, in particolare nel settore dell’educazione, delle pubblicazioni scientifiche, dei brevetti e dell’esportazioni a medio-alta tecnologia. In questo critico contesto di accentuata competizione, il sistema-Italia non riesce ad emergere: il nostro Paese si colloca, nel confronto con i principali competitori europei, al quindicesimo posto della classifica basata sull’IUS (Grafico 2) all’interno del gruppo eufemisticamente denominato ‘moderate innovators’, che poi sono i Paesi con una prestazione complessiva al di sotto della media UE27. Grafico 2 Graduatoria dello Innovation Union Scoreboard, Summary Innovation Index 2011 Fonte: Commissione Europea, Innovation Union Scoreboard 2011

Questo score insoddisfacente dipende da più fattori che, tutti, influenzano la capacità innovativa di un Paese; tra questi, per quanto riguarda l’Italia, assumono particolare rilievo: - la mancanza di un chiaro programma di politica economica che punti sulla R&I, con interventi strutturali ed efficaci per strumenti e risorse adegua5 In questo elaborato la notazione R&I viene usata come sinonimo del più usuale, ma forse meno appropriato, R&S.

te e certe; - la propensione all’investimento in R&I,5,6 un indicatore (di input) dell’attività innovativa che risulta molto penalizzante per il posizionamento italiano;

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I punti di partenza

- la frammentazione del sistema istituzionale di finanziamento, che parcellizza gli interventi, riconducibili a numerose amministrazioni, centrali e periferiche senza un efficace coordinamento; - la mancanza di strumenti fiscali per sostenere gli investimenti in R&I e i tempi lunghi nella gestione degli strumenti pubblici di cofinanziamento della R&I; - la forte presenza di piccole e medie imprese, che condiziona negativamente la quota di investimenti complessivi in ricerca e innovazione da parte del settore privato; - la scarsa propensione a collaborare tra sistema pubblico di ricerca e il sistema delle imprese, in particolare piccole e medie, e la debole attenzione ai risultati applicativi dei risultati della ricerca; - la mancanza di un vero sistema di Finanza per la R&I che sappia mettere a sistema strumenti pubblici e privati - la struttura del sistema produttivo caratterizzata anch’essa da frammentazione, con un tessuto imprenditoriale costituito prevalentemente da PMI, meno propense a investire in attività di ricerca e sviluppo, e poche grandi imprese; - l’elevata specializzazione delle imprese italiane che rende di fatto poco convenienti e scarsamente remunerati gli investimenti in ricerca con pochi sbocchi di mercato. HIT 2020 è nato infatti anche per razionalizzare gli interventi, favorire la 6 L’Italia è il Paese, tra quelli avanzati, con uno dei più bassi valori del rapporto tra investimento in R&I e PIL (1,26% nel 2010). La media OCSE si attesta infatti al 2,4%, Stati Uniti e Germania sfiorano il 3%, soglia superata dal Giappone (3,4%). Il dato italiano è rimasto, invece, sostanzialmente invariato rispetto al valore di 20 anni fa (era al 1,25% nel 1990), seppure occorre sottolineare che, dopo la flessione registrata nel corso degli anni ‘90, questo rapporto ha ripreso a crescere da alcuni anni, in particolare grazie all’aumento delle spese in R&I delle imprese. (Grafico A1 in Appendice). 7 Istat, La Ricerca e Sviluppo in Italia, dicembre 2012.

semplicità delle norme, accrescerne la stabilità, garantire la certezza delle erogazioni in tempi rapidi, prevedere meccanismi di monitoraggio e di valutazione degli interventi in un contesto in cui trasparenza e accountability del settore pubblico devono essere veri pilastri. In questa logica, il coinvolgimento di soggetti privati specializzati, sia per il finanziamento sia nella gestione, potrebbe contribuire ad accrescere l’efficacia della spesa riducendone l’incidenza sulle finanza pubblica. Approfondendo un poco l’analisi dei dati sulla R&I, si evidenzia l’esistenza di una forte concentrazione degli investimenti in R&I nelle Regioni del centro-nord: al Nord-ovest è infatti attribuibile il 37,3% della spesa complessiva nazionale, seguito dal Nord-est (22,6%), dal Centro (24,2%), mentre nel Mezzogiorno la quota è appena del 15,9%.7 Questa differenziazione nella spesa evidenzia ulteriormente il già noto problema di una differente propensione delle Regioni italiane a investire e richiama l’attenzione sul tema della governance delle politiche pubbliche di R&I, ripreso nei capitoli

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I punti di partenza

8 Grafico A2 in Appendice. 9 Cfr. Franco Amatori, Matteo Bugamelli, Andrea Colli, Le imprese italiane nella storia: dimensione, tecnologia e imprenditorialità, Banca d’Italia, Quaderni dell’ufficio ricerche storiche, N.13, ottobre 2011. In dettaglio, nel 2010 l’investimento in R&I era così distribuito: 69% dalle imprese con piu’ di 500 dipendenti, 22% tra 50 e 249, il 9% per imprese con meno di 50 dipendenti. Istat, La Ricerca e Sviluppo in Italia, Dicembre 2012. 10 Il confronto internazionale è realizzato su dati Eurostat che considera una popolazione di riferimento diversa da quella Istat.

successivi del documento (Cfr. in particolare Par. 1.2.3 e 2.1.3). L’insoddisfacente performance italiana in tema di investimenti in R&I si caratterizza per la peculiare composizione degli investimenti stessi. Se si guarda infatti al confronto internazionale, emerge la ridotta quota dell’investimento in R&I attribuibile al settore privato: in Italia, nel 2010, tale quota ammontava al 57,5% (52,5% nel 2006), mentre in Germania il 67,2% della spesa in R&I è effettuata dal settore privato, nel Regno Unito e in Francia la percentuale è rispettivamente del 63,4% e del 62,3%.8 L’origine di questa bassa propensione delle imprese italiane ad investire in attività di R&I è, almeno in parte, dovuta ad una struttura produttiva sbilanciata dal lato delle piccole e medie imprese.9 È pur vero che la bassa propensione agli investimenti in attività formalizzate di R&I non impedisce, in generale, l’introduzione o l’adozione di innovazioni da parte del sistema italiano delle imprese (Grafico 3): il Community Innovation Survey riporta che il 38% delle imprese italiane ha introdotto innovazioni di prodotto e/o di processo nel triennio 2008-2010 (era il 37,6% nel triennio precedente). Tale dato è distante da quello tedesco (50,2%), ma superiore a quello di paesi come Francia (32,2%) e Spagna (26,4%).10

Grafico 3 Percentuale di imprese che hanno realizzato innovazioni tecnologiche Fonte: Eurostat Community Innovation Survey (CIS 2008, CIS 2010)

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I punti di partenza

11 È degno di nota il fatto che, negli anni della crisi per i quali sono disponibili i dati, la dinamica dell’intensità brevettuale è stata migliore in Francia e Germania rispetto all’Italia, determinando un ulteriore incremento del divario tra il nostro sistema di R&I e quello dei principali Paesi europei. 12 OECD, Science, Technology and Industry Outlook 2012.

Dal confronto internazionale emerge chiaramente l’importanza dei collegamenti con il sistema della ricerca pubblico e con altre imprese per favorire l’aumento della propensione alla R&I anche delle piccole e medie imprese. In questa logica si inserisce inoltre l’azione a supporto dello sviluppo di ‘reti’ di imprese come strumento per facilitare l’adozione di nuove tecnologie e d’introdurre innovazioni, grazie ad una progressiva accumulazione di conoscenza tacita ed allo sviluppo di processi di ‘apprendimento reciproco’ (mutual learning). Naturalmente, una generica capacità di introdurre o adottare innovazioni sviluppate da altri è ben diversa dalla capacità di produrre in proprio innovazioni radicali, di cui quelle brevettabili rappresentano un ampio sotto insieme. A tal proposito, il Grafico 4 mostra i dati relativi all’intensità brevettuale dei principali Paesi industrializzati. Purtroppo, assai ampio è il divario tra la performance brevettuale registrata in Italia e la media dei paesi OCSE: nel nostro Paese, nel 2010, sono stati depositati 11,7 brevetti per milione di abitanti contro una media OCSE di 38,7, e soprattutto contro un valore per la Germania di 69,5 e per il Giappone di 118,2.11

Grafico 4 Numero di famiglie di brevetti triadici* per milione di abitanti * depositati presso EPO, USPTO e JPO Fonte: OECD, Main Science & Technology Indicators dataset, 2012

Tale criticità appare ancora più rilevante se si considerano le informazioni relative ai brevetti realizzati in collaborazione con inventori stranieri ed ai brevetti prodotti dalle nuove imprese. Per quanto riguarda il primo aspetto, che misura il grado di internazionalizzazione del sistema innovativo, in Italia, tra il 2007 e il 2009, il 13,5% dei brevetti è realizzato in collaborazione con inventori stranieri rispetto al 16,9% della Germania, al 17,6% della Spagna, al 20,6% della Francia, ed al 24,7% del Regno Unito.12

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I punti di partenza

I dati sui brevetti prodotti dalle nuove imprese consentono una valutazione prospettica della dinamica inventiva e della propensione dei ‘newcomers’ a sviluppare nuove attività e prodotti. In Italia la percentuale di imprese di età inferiore ai 5 anni sul totale delle imprese che depositano brevetti è pari, nel periodo 2007-2009, al 16,8%, contro il 20,7% della Germania, il 23,4% della Francia, il 24,3% della Spagna, il 27,9% del Regno Unito e il 28,7% negli Stati Uniti.13 Infine, anche la capacità delle imprese italiane di realizzare ricerca e innovazione in cooperazione con altre imprese, enti pubblici di ricerca e università risulta essere limitata, segnale di una criticità da risolvere per migliorare la capacità degli attori della ricerca e dell’innovazione di fare sistema. Secondo la settima edizione della Community Innovation Survey, in Italia solo il 12,1% delle imprese innovative nei prodotti o nei processi ha cooperato con altri soggetti. È il valore più basso in Europa, dove la media è pari al 26,5%. Questo dato è coerente con il limitato ricorso del settore privato al sistema della ricerca pubblica, testimoniato: a) dal basso livello del contributo finanziario da parte del settore privato alla R&I pubblica: l’Italia è al 33° posto su 38 paesi analizzati dall’OCSE/OECD per quanto riguarda questo indicatore;14 b) dalla bassa propensione italiana a realizzare pubblicazioni in cooperazione pubblico-privato: 20,7 pubblicazioni in partnership per milione di abitanti, contro le 36,2 realizzate in media in Europa.15 Questa modesta capacità di dialogo dipende certamente dalle caratteristiche delle imprese italiane (costituite in larga misura da PMI, concentrate soprattutto in settori tradizionali, che esprimono una domanda di laureati e dottorati ancora molto bassa, che vedono una ampia diffusione di modelli di gestione tradizionali e familiari, ecc.) ma è anche riconducibile ad una 13 OECD, Science, Technology and Industry Scoreboard 2011. 14 OECD, Science, Technology and Industry Outlook 2012. 15 Commissione Europea, Innovation Union Scoreboard 2011.

non elevata propensione del sistema pubblico a sviluppare attività di ricerca su commessa o in collaborazione con il mondo delle imprese. La strategia di HIT 2020 mira a accompagnare le istituzioni di ricerca verso un ruolo più attivo nell’attivazione di partenariati, nello sviluppo di network di ricerca internazionali, nella animazione di progetti congiunti sul territorio, trasformandole in attori dello sviluppo nazionale e dei territori ove operano. La Strategia che HIT 2020 propone si basa proprio sul principio della crea-

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I punti di partenza

zione di reti, fra imprese ma anche fra ‘amministrazioni della ricerca’ ed imprese, al fine di favorire sia lo sviluppo delle economie di scala nella produzione di innovazione che l’emersione e l’immissione nel ciclo formazione-ricerca-innovazione dei saperi taciti presenti nel tessuto produttivo. Questa strategia, tutta basata sulla sinergia fra le componenti del sistema, si allinea con i principi ispiratori della smart specialization dei territori, appena agli esordi nel 2012, ma che continueranno ad informare il percorso di HIT 2020.

1.1.2 Il posizionamento dei ricercatori italiani A fronte del quadro critico per il nostro Paese disegnato dai dati che precedono, l’Italia presenta, negli ultimi cinque anni, tassi di crescita superiori alla media europea per alcuni indicatori legati alle risorse umane per la ricerca, quali i nuovi dottori di ricerca e gli studenti di dottorato extraeuropei. Anche il dato relativo al numero di addetti alla R&I in relazione al totale della forza lavoro, che pure risulta in Italia inferiore alla media europea (nel 2010, operano in Italia 8,8 addetti alla ricerca ogni 1.000 occupati, mentre sono 10,4 nel complesso dell’UE27),16 presenta una dinamica positiva: l’Italia ha infatti realizzato una delle migliori performance nel differenziale 2006-10. È dunque utile, nel momento in cui s’impostano le politiche pubbliche per la ricerca 2014-2020, approfondire l’analisi di questi punti di forza e valutare in particolare il posizionamento dei ricercatori italiani nel contesto internazionale. A tale scopo si possono esaminare alcuni indicatori ‘chiave’ delle nostre capacità, quali: - la produzione di letteratura scientifica, in termini di numero di pubblicazioni in valore assoluto e normalizzato rispetto alla popolazione; - le citazioni ricevute da ogni pubblicazione (parametro considerato ‘proxy’ della qualità della produzione scientifica); - le collaborazioni internazionali, come misura del grado di apertura del 16 OCSE, Main Science & Technology Indicators dataset 2012.

sistema. La produzione di letteratura scientifica è una misura della capacità del

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I punti di partenza

paese di condurre ricerca di frontiera in un contesto internazionale caratterizzato, negli ultimi anni, da una frenetica evoluzione in termini di distribuzione geografica, con l’emergere di nuovi attori dotati di enormi potenzialità di sviluppo (Grafico 5). In particolare, nel periodo tra il 1996 e il 2011, la produzione di articoli scientifici della Cina è passata da 27.549 articoli a ben 373.756, risultando così seconda solo a quella degli Stati Uniti (519.573) e sopravanzando nettamente quella di Paesi come Regno Unito, Giappone e Germania. Non solo, dal 2011 la Cina si è collocata al primo posto, superando anche gli Stati Uniti, per la produzione di pubblicazioni scientifiche nelle aree dell’ingegneria, delle scienze informatiche e dell’energia. Grafico 5 Numero di pubblicazioni scientifiche 1996-2011 Fonte: SCImago Journal & Country Rank. 2012

Nella graduatoria dei primi venti paesi al mondo per numero di pubblicazioni scientifiche prodotte nell’orizzonte 1996-2011, l’Italia occupa un onorevole ottavo posto, con circa 852.000 pubblicazioni complessive, valore superiore a quello della Spagna (666.000), ma inferiore al dato di Francia (1.141.000), Germania (1.000.582) e Regno Unito (1.000.712). In testa alla graduatoria figurano gli Stati Uniti, che superano i 6 milioni di pubblicazioni nel periodo considerato. Per quanto riguarda le citazioni ottenute dai lavori scientifici (Grafico 6), il 9,8% delle pubblicazioni italiane rientra nel gruppo delle 10% più citate, un dato superiore a quello della Spagna ed in linea con quello francese (10,1%), anche se inferiore alla media UE27 (10,7%) e alla quota di Germania (11,4%) e Regno Unito (12,8%).

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Grafico 6 Quota di pubblicazioni scientifiche appartenenti al gruppo delle pubblicazioni più citate (primo 10%) Fonte: Commissione Europea, Innovation Union Scoreboard 2011

Ogni articolo scientifico prodotto da ricercatori italiani ha ricevuto una media di 15 citazioni nel periodo 1996-2011.17 Tale risultato è superiore a quello realizzato da Paesi come Spagna (13,7 citazioni per pubblicazione) e Giappone (12,1) e prossimo a quelli dei principali partner europei come Francia (15,6) e Germania (16,2). Guidano questa graduatoria Svizzera (22,5 citazioni per pubblicazione), Olanda (20,8) e Stati Uniti (20,5). In particolare, l’Italia registra un numero di citazioni per pubblicazione nelle aree dell’ingegneria e della medicina superiore sia alla Francia sia alla Germania. Infine, un ulteriore elemento di valutazione della qualità dei sistemi nazionali della ricerca è quello delle collaborazioni internazionali, che testimoniano l’inserimento dei ricercatori nella comunità scientifica internazionale e il livello di partecipazione a programmi di ricerca su scala internazionale. In Italia, nel periodo 2008-2010, la percentuale di articoli scientifici aventi tra gli autori anche ricercatori di altre nazionalità è stato del 40,9%, dato inferiore alla media OCSE (46,8%), simile a quello spagnolo (40,2%), ma più basso dei valori registrati in Francia (47,6), Germania (47,2) e Regno Unito (44,9).18 Come è ampiamente dettagliato nel Capitolo 4, HIT 2020 intende quindi potenziare le capacità dei ricercatori italiani puntando a: - ottimizzare l’attività formativa universitaria e meglio raccordandola con il fabbisogno delle imprese attraverso la consultazione del tessuto produt17 Grafico A3 in Appendice.

tivo e forme di partenariato quali stage aziendali e apprendistato di alta formazione, industrial PHD, assegni di ricerca congiunti tra università ed

18 Grafico A4 in Appendice.

imprese,

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- stimolare la caratterizzazione industriale del dottorato di ricerca e qualificando il percorso dottorale secondo i criteri individuati in sede comunitaria, - favorire la mobilità intersettoriale dei ricercatori, nell’ottica di una più ampia circolazione dei saperi e delle innovazioni da essa prodotta, - promuovere la mobilità inter-istituzionale dei ricercatori, favorendo lo sviluppo di percorsi di carriera che alternino periodi interni all’accademia con periodi di ricerca e sperimentazione nelle imprese, e incentivando la mobilità fra istituzioni di ricerca sia nazionali che internazionali, - delineare e tutelare i nuovi profili professionali dei ricercatori nell’ambito della comunicazione e delle ricadute sociali dell’attività di ricerca.

1.1.3 La partecipazione italiana ai Programmi Quadro dell’Unione Europea I tassi di partecipazione e di successo ai Programmi Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico dell’Unione Europea rappresentano un indicatore di rilievo per definire il posizionamento del sistema italiano della ricerca nel contesto internazionale e soprattutto per individuare i punti deboli su cui intervenire per riuscire a far crescere in qualità e quantità la partecipazione italiana. Da un’analisi della partecipazione italiana al V, VI e VII Programma Quadro si può osservare che l’Italia si colloca al quarto posto, sia in termini di proposte presentate che di finanziamenti ricevuti, dopo Regno Unito, Germania e Francia. Il trend della performance italiana, misurata come percentuale di finanziamenti ottenuti sul totale degli erogati, è andato però peggiorando nel tempo, come emerge dalla Tabella 1.

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I punti di partenza

Tabella 1 Partecipazione italiana ai Programmi Quadro Fonte: MIUR, Commissione Europea

Si è passati infatti da uno share del 9,4% nel V PQ all’ 8,4% nel VII PQ, che si avvia a conclusione. Questo trend discendente si può spiegare, almeno in parte, con la maggiore competizione generata dall’apertura dei PQ ai nuovi Paesi Membri. Se consideriamo il differenziale tra il contributo italiano al budget europeo e i finanziamenti ottenuti sul VII Programma Quadro, il saldo netto per l’Italia è negativo per -3,94 punti.19 Da un confronto con i maggiori Paesi europei, la Francia ha un risultato peggiore di quello italiano (-4,99), mentre la Germania si trova in una situazione molto vicina al pareggio (-0,91) ed il Regno Unito ha un ritorno nettamente positivo (+4,4) (Tabella A1 in Appendice). Nel VII Programma Quadro, nonostante questo non si sia ancora concluso, è già possibile delineare un quadro della partecipazione italiana.20 Secondo il 19 Traducendo in ‘mancate risorse’ per il sistema nazionale di R&I, il differenziale negativo si può calcolare in oltre 400 milioni di euro/anno, che supererebbero i 600 milioni di euro/anno in Horizon 2020, a meno d’incrementare il tasso di successo. 20 I dati riportati di seguito sono ripresi dal rapporto del MIUR del Febbraio 2012, integrati con i dati del 5° Rapporto di Monitoraggio del VII PQ ad opera della Commissione Europea.

rapporto del MIUR, a dicembre 2011, l’Italia aveva ottenuto finanziamenti pari a 2.221 milioni di Euro sui circa 27 miliardi di Euro nei bandi già assegnati. Rispetto ai precedenti PQ, è interessante osservare che l’Italia occupa il terzo posto in termini di proposte presentate e detiene, per le stesse proposte, il primato per numero di coordinatori, mentre scivola in quarta posizione nelle proposte in negoziazione. Se ne ricava quindi che il tasso di successo del coordinamento italiano (12,3%) è inferiore al tasso di successo generale delle proposte (15,9%). Evidentemente si tratta di un dato medio, con settori più competitivi e altri meno. È importante sottolineare da qusto punto di vista che i settori che meglio sono riusciti a presentarsi in modo coeso, generando masse critiche più significative, hanno avuto superiori tassi di successo.

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I punti di partenza

Per quanto riguarda i finanziamenti per la mobilità dei ricercatori, la performance dell’Italia è andata migliorando nel corso dei programmi, e nel VII PQ il programma ‘Persone’ risulta essere l’unico caso in cui il tasso di successo italiano supera la media europea.21 La mobilità in uscita (ricercatori italiani che vanno all’estero) rappresenta la quota più importante dei progetti finanziati. Già nel V PQ infatti l’Italia rientrava nel gruppo con il più alto tasso di ricercatori in mobilità in uscita, insieme a Paesi come Romania, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovenia e nel gruppo appena superiore alla media europea per numero di ricercatori ospitati.22 Il divario tra mobilità in entrata ed in uscita si conferma nel VII PQ: il 78% della mobilità riguarda ricercatori italiani che vanno all’estero contro un 22% di ricercatori stranieri in Italia,23 un dato assai allarmante. Nel Programma Idee, che rappresenta una delle novità del VII PQ, il tasso di successo dell’Italia è particolarmente modesto (3,2%) e nettamente inferiore alla media europea (14%). Un tasso di successo così basso si spiega con l’alto numero di progetti presentati: il maggior numero di proposte presentate allo European Research Council provengono infatti da 21 Tabella A2 in Appendice. 22 Commissione Europea, Impact assessment of the Marie Curie fellowships under the 4th and 5th Framework Programmes of Research and Technological Development of the EU (1994-2002). 23 Commissione Europea, Directorate General for Research and Innovation, FP7-PEOPLE Marie Curie Actions - Country fact sheet: Italy, 18 Ottobre 2012. 24 Tabella A3 in Appendice.

ricercatori italiani, mentre in termini di progetti approvati l’Italia si colloca in quinta posizione, dietro a Regno Unito, Germania, Francia e Paesi Bassi. I ricercatori italiani finanziati nell’ambito del programma sono 154 (65 per gli Advanced Grants, 89 per gli Starting Grants)24 e 86 di questi (oltre la metà dunque) risultano essere ospiti in strutture estere, un altro dato che genera preoccupazione, anche perché si accompagna all’osservazione che, come Paese di destinazione di ricercatori stranieri finanziati dal programma, l’Italia risulta soltanto in settima posizione: i ricercatori ospitati operano principalmente nel campo delle scienze fisiche e dell’ingegneria, seguiti da scienze della vita e scienze sociali e umanistiche in egual misura.25 Rispetto al Programma Capacità, l’Italia registra un tasso di successo del 17,3%, inferiore alla media europea (19%). All’interno di questo programma le migliori performance si registrano nei bandi Scienza nella Società e

25 Grafico A5 in Appendice.

Potenziale di Ricerca, con tassi di successo prossimi alla media europea.

26 Commissione Europea, DG for Research and Innovation, SME in FP7, Report, Autumn 2012.

ziamento ricevuta sul totale per i programmi a beneficio delle PMI.26

Infine, rispetto al VI PQ, si registra un peggioramento sulla quota di finan-

Per avere successo nei programmi della R&I europei è necessario partecipare attivamente e in modo continuativo ai processi di definizione degli

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I punti di partenza

obiettivi (sia nella fase di stesura dei programmi sia nelle singole azioni) e di gestione delle attività. Richiede quindi un sistema Paese attento ai temi europei della R&I, nonché la strutturazione di un coordinamento interno e in Europa (Ministeri competenti, Regioni, Rappresentanze, esperti di programma e nei vari gruppi europei), la qualificazione e lo sviluppo di servizi per favorire la partecipazione (Cfr. Par. 2.1.3). Anche in questo ambito diventa indispensabile fare massa critica e quindi favorire processi di confronto e collaborazione per definire idee progettuali forti.

1.1.4 I riflessi sul sistema economico e produttivo Per quanto riguarda la competitività internazionale, l’evoluzione delle competenze scientifiche e tecnologiche presenti all’interno dei diversi Paesi costituisce un fattore essenziale nel determinare le tendenze della divisione internazionale del lavoro. A tal proposito, particolare interesse riveste l’analisi della composizione delle esportazioni: essa riflette infatti caratteristiche legate alla struttura del sistema produttivo e consente una misura della capacità di competere sui mercati internazionali. Grafico 7 Esportazioni del settore manifatturiero per intensità tecnologica nei principali paesi industrializzati, 2009 Fonte: OECD, STAN Bilateral Trade Indicators Database, 2012)

Purtroppo, i dati più aggiornati disponibili evidenziano che, seppure con lodevoli eccezioni in alcuni settori, la quota di esportazioni ad alto con-

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I punti di partenza

tenuto tecnologico è per l’Italia appena del 10,8% sul totale dell’export. Tale quota è la più bassa fra i Paesi considerati nel Grafico 7, meno della metà di quella della Francia, circa la metà della quota realizzata in Germania ed un terzo di quella del Regno Unito. Per contro, la quota complessiva di esportazioni a medio-basso o basso contenuto tecnologico è del 49,3% nel 2009, dato che conferma la specializzazione italiana nei settori più tradizionali dell’economia. Questi dati sono ovviamente coerenti con la collocazione del sistema-Paese Italia nel gruppo dei ‘modesti innovatori’ (Cfr. Grafico 2). Anche se il Paese è caratterizzato da elementi di eccellenza, occorre riconoscere che il sistema nel suo complesso risulta poco innovativo. Quindi, se da un lato si possono enfatizzare la capacità e il merito delle singole eccellenze, dall’altro bisogna prendere atto di come il Paese sia spaccato in due: a fronte di una componente dinamica e innovativa, la cui attività è soprattutto basata sull’export, ce n’è un’altra che si rivolge esclusivamente al mercato interno e che rimane schiacciata per valore aggiunto e performance innovativa. Il punto cruciale, sul quale riflettere ed agire, riguarda dunque i meccanismi attraverso cui ‘ricucire il Paese’ tra queste due componenti, tra le imprese innovative che ormai quasi interamente si rivolgono ai mercati internazionali e quelle che invece si concentrano sulla domanda interna e che non solo non innovano ma non riescono nemmeno ad assorbire innovazione dall’esterno. In questa azione di ricucitura, il sistema pubblico della ricerca può esercitare un ruolo fondamentale, attraverso meccanismi di mobilità intersettoriale dei ricercatori, l’attivazione di ‘dottorati industriali’,27 incentivazione di spin off a capitale misto. Insomma, riconosciuta l’importanza/preponderanza dei settori low- e medium-tech nel panorama produttivo italiano, attraverso HIT 2020 saranno previsti ed incentivati meccanismi che permettano d’integrare innovazioni e output della ricerca scientifica e tecnologica in tali settori produttivi. Un elemento essenziale sarà poi l’analisi degli effetti di HIT 2020 in 27 Esemplare a tale proposito il ‘Progetto EUREKA’ della Regione Marche, con il finanziamento di dottorati a carico per un terzo della Regione, un terzo le Università ed un terzo le PMI presso le quali svolgono attività di ricerca i dottorandi

termini d’impatto sul sistema produttivo (cfr. Par. 3.3), soprattutto come capacità sia di generare nuova industria, sia di ‘rigenerare’ industria esistente. Occorre infine sottolineare che, rispetto alla dinamica della produttività, il cambiamento tecnologico derivante dall’introduzione e diffusione delle

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nuove tecnologie ha effetti rilevanti sulla produttività dei fattori impiegati nella produzione. La dinamica della produttività riflette quindi la capacità innovativa dei sistemi economici e influenza in maniera cruciale la competitività internazionale degli stessi e i tassi di crescita di un dato sistema economico. Le stime realizzate nell’ambito del rapporto Innovation Strategy dell’OCSE28 evidenziano come gli investimenti immateriali legati all’innovazione (R&I, software, capitale umano, nuove forme organizzative, etc.) contribuiscono in maniera decisiva alla crescita della produttività del lavoro. Le differenze in termini di capacità di ricerca e innovazione spiegano molto del gap presente tra paesi avanzati e paesi emergenti. Ciò implica che le prospettive di crescita future e il posizionamento nello scenario globale sia dei paesi avanzati sia dei paesi emergenti saranno sempre più legati alla qualità dei sistemi della ricerca e dell’innovazione. Grafico 8 Produttività del lavoro, 2000-2011 (base 2000=100) Fonte: OECD.Stat: Labour productivity growth in the total economy, 2012

In tale contesto, alcune delle criticità evidenziate per il sistema italiano possono contribuire a spiegare come, negli anni più recenti, il valore della produttività del lavoro in Italia rimanga pressoché costante (Grafico 8): fatto 100 il dato relativo alla produttività del lavoro in Italia nel 2000, lo stesso nel 2011 è, in Italia, appena a 100,3. Incrementi decisamente maggiori vengono registrati negli altri Paesi considerati, soprattutto Stati Uniti (con un incremento complessivo del 22,4%), Giappone (20,7%), Regno Unito (18,4%); Francia e Germania registrano aumenti di produttività più 28 www.oecd.org/innovation/str ategy

modesti (rispettivamente 11,6% e 13,6%), ma comunque largamente superiori a quello italiano.

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I punti di partenza

Nell’ultimo decennio, in Italia, i mancati aumenti di efficienza produttiva hanno contribuito a determinare una minore crescita dell’economia nel suo complesso rispetto ai principali Paesi industrializzati e ad ampliare gli effetti negativi della crisi economica ancora in corso.

1.1.5 Conclusione I dati illustrati nei paragrafi che precedono documentano l’esistenza di notevoli differenze tra i sistemi dell’innovazione e della ricerca dei vari paesi. Tali differenze incidono fortemente sulla capacità di competere sui mercati internazionali. Gli effetti indotti dallo sviluppo tecnologico in relazione alla crescente entità del valore aggiunto per addetto delle produzioni hightech, rispetto a quello dei comparti a medio-bassa tecnologia, sono infatti sempre più rilevanti ai fini della crescita economica. Più in generale, il ‘potenziale di ricerca’ di un paese incide in maniera determinante sulla sua competitività nella società della conoscenza, misurata come capacità di produrre innovazione e quindi di rispondere in maniera adeguata ai bisogni espressi dai cittadini. Un sistema della ricerca sano ed efficiente, non frammentato e privo di duplicazioni, forte, coeso e strategicamente orientato genera benessere economico e coesione sociale: questo è il grande obiettivo di HIT 2020.

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1.2 Perché Horizon 2020 Italia - HIT 2020

1.2.1 Le caratteristiche salienti di Horizon 2020 EU La Commissione Europea ha presentato la sua proposta per il Programma Quadro di Ricerca e Innovazione 2014-2020 il 30 novembre 2011. Il nuovo Programma, denominato Horizon 2020, esplicita il contributo che i sistemi di ricerca e d’innovazione dei Paesi Membri e degli Stati Associati al Programma sono chiamati a fornire per conseguire gli obiettivi della ‘Strategia Europa 2020’. In particolare, con una proposta di budget di 80 miliardi di euro, Horizon 2020 rappresenta l’elemento portante per la costruzione di quella ‘Unione dell’innovazione’,29 componente della Strategia Europa 2020 volta a potenziare la competitività globale del Sistema Europa. Con Horizon 2020, viene per la prima volta ricondotto ad un quadro unico l’insieme degli investimenti dell’UE per la ricerca e l’innovazione. Il Programma dedica una forte attenzione alla conversione delle nuove conoscenze in prodotti, processi e servizi innovativi, che, al tempo stesso, offrano opportunità al sistema produttivo e contribuiscano al miglioramento della vita dei cittadini. Il Programma prevede infatti finanziamenti che coprono l’intero percorso, dalla ricerca knowledge driven, alla sua traduzione in innovazione technology driven, fino alle applicazioni industriali e commerciali (society driven). Altro aspetto rilevante è lo sforzo di riduzione delle formalità burocratiche, testimoniato ad esempio dall’adozione di un tasso forfettario unico per i costi indiretti e da procedure di valutazione dei progetti ed erogazione dei finanziamenti più rapide, per attrarre un maggior numero di ricercatori e, soprattutto, di piccole imprese innovative. Horizon 2020 articola le risorse su tre ‘priorità’. 29 http://ec.europa.eu/research/ innovationunion/index_en.cfm

- poco meno di un terzo del budget complessivo del Programma (circa 25 miliardi di Euro nella proposta della Commissione) è destinato a rinforzare la posizione dell’UE nella ricerca di frontiera (priorità Excellent Science). 27


I punti di partenza

In quest’ambito, un forte sostegno finanziario è assegnato al Consiglio Europeo della Ricerca, alle borse di formazione e mobilità per i ricercatori (Azioni Marie Curie) e alle tecnologie future ed emergenti; - risorse per circa 18 miliardi di Euro sono previste per la ricerca di più immediata traduzione in innovazione (priorità Industrial Leadership), con investimenti in tecnologie-chiave abilitanti, nonché un più ampio accesso al finanziamento e sostegno alle PMI; - infine, quasi 32 miliardi di Euro, dunque una quota che, nella proposta della Commissione, è ben superiore ad un terzo del totale, sono dedicati (attraverso sia l’ampliamento delle conoscenze sia le relative applicazioni) a trovare risposte sempre più efficaci ed efficienti alle sfide globali che la società contemporanea è chiamata ad affrontare (priorità Societal Challenges). Il Programma Horizon 2020 contribuirà dunque, almeno nelle intenzioni, alla realizzazione di un autentico Spazio Europeo della Ricerca, anche grazie ad una sinergia molto più pronunciata che in passato fra le risorse finanziarie del Programma ed i Fondi comunitari per la coesione 20142010. In questo quadro, l’allineamento dei programmi nazionali tramite iniziative di Programmazione Congiunta della Ricerca rappresenta una delle maggiori sfide cui la politica europea e le politiche pubbliche nazionali sono chiamate a rispondere. Il Programma HIT 2020 intende rappresentare la risposta a questa sfida da parte dell’intero sistema italiano della ricerca e dell’innovazione.

1.2.2 Sintonizzare la programmazione nazionale con quella europea Nella prospettiva di Horizon 2020, la sfida della Programmazione Congiunta della ricerca (Cfr. Par. 2.1.3) presuppone che gli Stati Membri e i territori dell’Unione si dotino di meccanismi di regolazione e finanziamento il più possibile complementari e reciprocamente integrabili. Per l’Italia, come per le altre nazioni europee, questo obiettivo si traduce nella necessità di una progressiva sintonizzazione delle procedure e degli strumenti vigenti con quelli indicati a livello europeo, in modo da facilitare le iniziative di co-programmazione e coordinamento, limitando incompatibilità procedurali e/o legate alle tempistiche.

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Questo non significa negare o annullare le differenze a livello socioeconomico, politico e culturale che esistono tra i Paesi Membri dell’UE, che si traducono a loro volta in sistemi diversi di regolazione dei processi innovativi e delle relazioni che presiedono tali processi. Anzi, l’UE riconosce questa diversità come una risorsa che, opportunamente valorizzata attraverso politiche place-based,30 contribuisce ad accrescere il vantaggio competitivo delle singole nazioni e dell’Unione nel suo complesso. Coerentemente, nel riformulare i propri obiettivi in materia di ricerca e innovazione con riferimento al prossimo periodo di programmazione, l’Unione pone, come condizionalità ex-ante per l’accesso ai finanziamenti europei, l’adozione, da parte dei governi nazionali e regionali, di strategie di smart specialisation ritagliate sulle specifiche caratteristiche dei territori (Cfr. Par. 2.2). Al momento, l’obiettivo della sintonizzazione tra la programmazione nazionale e quella comunitaria sembra presupporre livelli diversi di impegno da parte dei diversi Stati Membri. Alcuni Paesi, soprattutto quelli con più forte accentramento delle competenze, hanno avviato un percorso di sincronizzazione burocratica e procedurale con l’Unione e si trovano quindi più avanti nella costruzione dello Spazio Europeo della Ricerca. Altri (fra questi l’Italia), devono affrontare i problemi connessi con l’eccessiva frammentazione e parcellizzazione del sistema istituzionale di regolazione e finanziamento. Nel nostro Paese, gli interventi in materia di autonomie locali adottati sul finire degli anni ‘9031 hanno prodotto un generalizzato trasferimento verso il basso delle competenze (devoluzione), che ha a sua volta prodotto una moltiplicazione, spesso incontrollata, dei centri di decisione e di spesa. La conseguente poco chiara ripartizione di competenze tra Stato e Regioni e l’assenza di un’appropriata funzione di indirizzo e coordinamento hanno accentuato le differenze tra territori, ostacolando così qualsia30 Barca F. (2009), An Agenda for a reformed Cohesion Policy, Indipendent Report prepared at the request of Danuta Hübner, Commissioner for Regional Policy. http://ec.europa.eu/regional policy/policy/future/barca en.htm

si intervento di riordino verso un quadro maggiormente omogeneo, coeso

31 Legge 59/1997 (cd. Bassanini) e D.Lgs. 112/1998.

valutare con sistematicità le ricadute economiche e sociali delle politiche

e coerente con la strategia europea. La carenza di un coordinamento strategico dei forse troppo numerosi centri decisionali e di finanziamento si è anche tradotta in una eccessiva burocratizzazione e in una perdurante limitata capacità di monitorare e d’investimento. Questo ha avuto l’effetto, da un lato, di limitare la capacità

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I punti di partenza

del Paese di intervenire per risolvere le molte inefficienze che contraddistinguono il sistema nazionale della ricerca e dell’innovazione; dall’altro, ha determinato un depotenziamento della capacità del Paese di essere attrattivo rispetto alle opportunità, ai finanziamenti ed alla forza lavoro qualificata (in particolare ricercatori) proveniente dall’estero. L’assenza di regole chiare, stabili, trasparenti nella regolazione dei processi e nell’allocazione dei finanziamenti, i tempi lunghi delle procedure e la non strutturalità degli interventi sono fattori che contribuiscono in maniera sostanziale ad aggravare i problemi di cui il Paese soffre. Di qui l’importanza per l’Italia di dotarsi, attraverso HIT 2020, di uno strumento d’indirizzo, in cui identificare con chiarezza le linee di azione principali da implementare per avvicinare alle prassi europee la programmazione nazionale e regionale in materia di ricerca e d’innovazione, rendendola altresì più competitiva e coesiva. HIT 2020 fornisce il quadro strategico di medio-lungo periodo entro cui pianificare le svolte necessarie per sostenere la transizione del sistema italiano verso la piena affermazione di un’economia basata sulla conoscenza e permettere al sistema italiano della ricerca e dell’innovazione di recuperare competitività e tornare a giocare un ruolo di protagonista in Europa. HIT 2020 offre proprio in questo senso alcune indicazioni: - Una prima discontinuità s’identifica nell’orizzonte temporale della programmazione degli interventi in sostegno della ricerca e dell’innovazione. In Italia, la legge prevede che i Piani nazionali abbiano una durata triennale; HIT 2020, al contrario, assume un orizzonte temporale più ampio, coincidente con quello della nuova programmazione 2014-2020. - Una seconda discontinuità riguarda i meccanismi di finanziamento del sistema della ricerca (pubblica e privata) e gli strumenti di governance ad essi sottesi, per i quali HIT 2020 prefigura un ripensamento complessivo: HIT 2020 fa proprio l’obiettivo di ottimizzare il legame tra risorse e linee di finanziamento, prevedendo, per esempio, la possibilità di accedere simultaneamente e in modo sinergico e trasparente a più fondi, afferenti a linee di finanziamento diverse (ivi incluse quelle tradizionalmente considerate distanti dalle questioni tecnologiche, come nel caso dei fondi per le politiche rurali) e/o disponibili in capitoli di bilancio di natura diversa. - Una terza discontinuità riguarda i meccanismi di predisposizione e

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I punti di partenza

implementazione delle politiche in sostegno della R&I. Da un lato, attraverso HIT 2020 l’Italia fa proprio l’obiettivo comunitario della semplificazione (‘through a single set of rules’), e della rapidità degli interventi (timer to grant) indicando un sistema comune di regole e strumenti di selezione, entro cui riportare tutti gli interventi per la R&I (una linea d’indirizzo che ha registrato ampio consenso da parte dell’opinione pubblica; Inserto 4). Dall’altro, in coerenza con l’obiettivo della smart specialisation, s’introduce un meccanismo di governo delle politiche di RS&I che vede i livelli di governo locale responsabili attivi nel definire un ordine di priorità nell’identificazione delle azioni da intraprendere, finalizzato a realizzare forme maggiormente integrate e sinergiche di impiego, monitoraggio e valutazione delle risorse impiegate. Inserto 4 Gli strumenti finanziari di HIT 2020 dovrebbero includere anche gli interventi specifici (borse di dottorato, assegni di ricerca)?

Risposte individuali

Enti privati / Imprese

Enti pubblici

Attualmente, l’insieme degli ambiti produttivi e tecnologici su cui si è orientato l’investimento pubblico in R&I mostra una casistica piuttosto

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ampia di possibilità, che include tanto i settori tradizionali, quanto i settori a elevato contenuto tecnologico e creativo. Nella strategia di HIT 2020, al contrario si indica con chiarezza l’obiettivo della selezione di un numero limitato di ambiti verso cui orientare gli investimenti. In più, rispetto alle prassi consuete, HIT 2020 individua l’obiettivo di una maggiore attenzione alle iniziative di R&I sviluppate nel resto d’Europa e all’identificazione di possibili partnership e opportunità collaborative di tipo trans-territoriale oltre che trans-settoriale. Per procedere efficacemente all’individuazione delle Smart Specialisations il Paese deve dotarsi di una infrastruttura che, mettendo a sistema le informazioni già disponibili e strutturando in modo evoluto il loro completamento, possa dar vita ad uno strumento di analisi, monitoraggio e valutazione ampio, oggettivo e partecipato. Nell’ambito di HIT 2020 si procederà pertanto alla realizzazione di una mappatura delle competenze in R&I che metta a sistema le analisi parziali già disponibili, dalle analisi sui cluster e sui recenti bandi (Cfr. Par. 2.2.2), dai dati presenti presso le Regioni, dalle analisi realizzate dall’Istat su R&I, dai dati del Miur sulle competenze nel sistema pubblico di ricerca, dalla Mappa delle competenze delle imprese in R&I realizzate da Confindustria, e altre informazioni disponibili. Si tratta di un intervento necessario che permetterebbe al Paese di fare un salto culturale e qualità delle informazioni notevoli. Su questa base sarà più efficace l’individuazione di interventi e politiche per sostenere la crescita.

1.2.3 Verso una nuova governance del sistema della ricerca L’obiettivo del rafforzamento del sistema europeo della ricerca passa attraverso il perseguimento di una strategia fortemente improntata alla competitività, alla concentrazione e integrazione delle fonti di finanziamento, e all’identificazione di un quadro coerente e non ripetitivo di specializzazioni tecnologiche attraverso cui sostenere crescita, occupazione e benessere. Per realizzare questi obiettivi, HIT 2020 sancisce l’urgenza di ottimizzare le logiche di governance e di elaborare quindi nuove modalità di regola-

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I punti di partenza

zione, sia in orizzontale che in verticale, delle decisioni assunte in materia di R&I, in un quadro di maggiore coerenza con quanto perseguito nel resto dell’UE. In tale contesto, la nuova fase di programmazione può rappresentare un’importante occasione per aumentare la capacità di concertazione tra i diversi livelli di governo, e per ripensare al ruolo ed al contributo che i governi regionali possono apportare al livello nazionale ed europeo, non solo nell’ottica di utilizzo sussidiario dei fondi di coesione, ma anche e soprattutto come interlocutori attivi capaci di alimentare idee, temi e metodi per disegnare e rinnovare le politiche per la ricerca e l’innovazione (progettazione e gestione di politiche, cooperazione tra regioni, clusterizzazione di iniziative e di competenze). Alla base di questi interventi, di cui si dirà meglio a seguire, risiede la capacità di stimolare nell’intera PA, di ogni livello e competenza, l’assunzione di un ruolo forte e coeso per la gestione delle politiche per la ricerca e l’innovazione; e dall’altro riconoscerle il ruolo di ‘innovatrice’ attraverso la funzione di committenza di beni e servizi qualificati. Con l’adozione di strumenti di ‘Precommercial public procurement’ (Cfr. Par. 3.5.2) e di accompagnamento della PA nella diagnosi delle proprie esigenze e nella conseguente traduzione in obiettivi di innovazione, si ottiene infatti il duplice obiettivo di favorire l’’intelligenza’ complessiva ed interna delle amministrazioni (con notevoli riflessi sulla governance stessa in un processo continuo di apprendimento-programmazione) e di creare mercato per prodotti e servizi innovativi realizzati dalle imprese e di stimolarle ulteriormente, grazie alla spinta della domanda di innovazione della PA a posizionarsi sulla frontiera tecnologica e a farsi altresì promotrici di un nuovo protagonismo delle attività di ricerca da parte delle imprese. Oltre al ripensamento delle logiche nel rapporto fra pubblica amministrazione e imprese, HIT 2020 evidenzia l’importanza di potenziare il legame tra mondo della ricerca e innovazione e società civile, verso cui è necessaria soprattutto una forte campagna di informazione per aiutare la comprensione del legame fra ricerca e sviluppo (Cfr. Par. 4.4). La Consultazione Pubblica su HIT 2020 ha dimostrato la sensibilità dell’opinione pubblica alla necessità di una revisione dei meccanismi di governance ed un’attenzione al benchmarking rispetto alle migliori prassi europee

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I punti di partenza

(Inserto 5). Inserto 5 Nel processo di revisione e miglioramento della governance del sistema della ricerca, quali sono le priorità ?

Per quel che attiene la governance verticale, l’Italia sconta il già citato ritardo nella realizzazione di forme sinergiche e integrate di coordinamento tra gli enti e gli organismi istituzionali che, ai diversi livelli di governo (nazionale, regionale, locale), hanno competenze in materia di ricerca e innovazione. A questo riguardo, gran parte della possibilità per l’Italia di conseguire gli obiettivi menzionati in apertura del paragrafo dipenderà dalla capacità del Paese di avviare una efficace riforma della Pubblica Amministrazione, capace di coniugare gli obiettivi del riordino e della razionalizzazione del sistema delle funzioni pubbliche secondo principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza con gli obiettivi di efficacia ed efficienza indicati dall’UE. In quest’ottica, HIT 2020 si pone in una linea di coerenza con le istanze, da tempo presenti nel dibattito politico e nell’opinione pubblica, verso l’adozione di misure dirette a razionalizzare gli assetti amministrativi e la ripartizione di competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali e a semplificare regole e procedure. Alcuni degli obiettivi indicati dall’Unione, in particolare, richiedono capacità tecniche, decisionali e di ricomposizione delle diverse istanze che difficilmente sono possedute dagli Enti Locali. È questo il caso, per esempio, dei

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I punti di partenza

processi di identificazione delle grandi infrastrutture di interesse comunitario, per le quali si prefigura un ruolo forte di indirizzo da parte del Governo centrale, distinto nelle sue varie articolazioni (Ministeri, Dipartimenti, Agenzie). Per altri obiettivi si rende al contrario necessario un coinvolgimento dei livelli locali in grado di apportare una conoscenza fine dei territori, capaci di realizzare le precondizioni di contesto favorevoli allo sviluppo delle attività di R&I (realizzazione di specifiche infrastrutture, incentivi alla connettività, potenziamento dell’attrattività rispetto alle risorse esterne). In quest’ottica, HIT 2020 prefigura la possibilità di operare una distinzione dei ruoli e delle funzioni in materia di R&I che tenga conto delle diverse competenze possedute dai vari enti e organismi istituzionali e che, al contempo, mira a realizzare una più organica e formalizzata integrazione. È necessario prevedere un ruolo di indirizzo, di programmazione e di attuazione da parte degli organismi centrali sui temi delle ricerca e innovazione sulla base di una consultazione e confronto con le Amministrazioni regionali, nonché un ruolo di coordinamento per la realizzazione di una composizione delle strategie regionali sulla ricerca e innovazione in un disegno coerente e unitario di SSS, anche attraverso il ricorso a strumenti flessibili di programmazione negoziata. In linea con le indicazioni comunitarie per l’implementazione a livello regionale della strategia di smart specialisation, HIT 2020 riconosce l’importanza delle specificità produttive, tecnologiche, culturali e istituzionali del Paese e dei suoi territori nella generazione di conoscenze e linee specifiche di ricerca e innovazione. Per quel che attiene la governance orizzontale, HIT 2020 prevede un approccio maggiormente integrato non soltanto perché intende ottimizzare la cooperazione interistituzionale tra il MIUR e il Ministero dello Sviluppo Economico, direttamente coinvolti nella programmazione delle politiche a supporto della ricerca e d’innovazione, ma anche perché punta a favorire il coinvolgimento nell’attività di policy making di Ministeri ed Enti con competenze e deleghe non precipuamente legate a queste funzioni come, soltanto a titolo di esempio: il Ministero dell’Interno per le competenze dei Dipartimenti dei Vigili del Fuoco, del Soccorso pubblico e della Difesa Civile, soggetti attivi nel finanziamento e nello sviluppo di specifici ambiti di ricerca; il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali per il collegamento tra ricerca e innovazio-

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I punti di partenza

ne e mondo delle imprese agricole e agro-alimentari; la costituenda Agenzia per l’Italia Digitale che ha un ruolo determinante nell’indirizzare e coordinare le scelte tecnologiche nell’ambito dell’ICT. L’idea è quella di realizzare una sorta di ‘Governo unico trasversale’ al cui interno enti con deleghe su temi diversi siano in grado di coordinarsi nel presidiare tutta la filiera ricerca-innovazione-produzione. In questo processo di rimodulazione della governance si punterà a favorire sia una maggiore cooperazione multilivello tra tutta la PA coinvolta (Ministeri e Amministrazioni Regionali), i soggetti della ricerca (Università ed Enti pubblici di Ricerca) e il sistema delle imprese, nonché ad integrare nel sistema anche quegli attori locali in grado di aprire il sistema produttivo verso il mercato globale e il confronto con la comunità scientifica internazionale. Proseguendo un’impostazione già espressa nella programmazione nazionale, HIT 2020 assume una definizione ampia di innovazione, tesa a rimuovere distinzioni che, valide fino a qualche decennio fa (distinzione tra ricerca pubblica e ricerca privata, tra innovazione tecnologica e innovazione degli asset immateriali), non hanno più significato nell’attuale modello economico basato sulla conoscenza. Per questo, HIT 2020 ricomprende tra gli ambiti di intervento anche le questioni della produttività, della creatività, del capitale umano e dell’innovazione istituzionale e sociale. A completare il quadro di una PA forte e con nuovi ruoli, che opera in contesti di governance orizzontali e verticali più sinergici, HIT 2020 aggiunge anche profonde innovazioni di strumentazione disponibile per migliorare il rapporto fra pubblica amministrazione e imprese. Oltre agli incentivi per l’adozione del già citato PCP, è stata avviata anche una procedura di ristrutturazione degli strumenti di competenza del MIUR, i cui esiti hanno comportato l’abrogazione della normativa vigente per il finanziamento della ricerca industriale, in favore dell’adozione di ‘procedure uniche e semplificate, meccanismi valutativi oggettivi e trasparenti, tempi certi e ristretti sia per le fasi di valutazione, sia per le fasi di erogazione delle risorse’.32 Mutuando le buone pratiche europee, nel quadro di HIT 2020 saranno indicati in anticipo i tempi di attuazione delle singole azioni, verranno assicura32 D.L. 83/2012, convertito nella Legge 134/2012 (cd. Decreto Sviluppo).

ti tempi di gestione rapidi (time to grant) e tempi rapidi nelle erogazioni. I finanziamenti previsti nell’ambito di HIT 2020 avranno quindi procedure di accesso fortemente semplificate, proprio per incoraggiare la partecipa-

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zione ai progetti da parte delle imprese, in particolare piccole e medie. Sempre nell’ottica del miglioramento dell’integrazione e delle sinergie tra soggetti pubblici e privati, HIT 2020 prende a riferimento quanto già sperimentato con successo a livello europeo per identificare una serie di strumenti innovativi, le cui caratteristiche sono descritte nel capitolo 3 del presente documento. Tra gli altri si segnalano le PPP (Public Private Partnership), quale strumento efficace di collaborazione tra soggetti pubblici e privati, che stimola gli investimenti e favorisce la crescita economica. Come si vedrà, questi rappresentano un insieme diversificato di soluzioni volte spesso a sostenere il contributo dei privati nella generazione di innovazione e delle risorse ad essa necessarie, la cui applicabilità e opportunità dovranno comunque essere modulate con riferimento alle specifiche caratteristiche ed esigenze delle imprese e dei sistemi produttivi del Paese.

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2.

Strategia 2.1 La ricerca italiana per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva: una matrice di lettura

Figura 1 Attori, processi e prodotti di HIT 2020: la matrice

Nell’ambito di un rinnovato impegno del Paese nel processo di costruzione di un’Unione Europea più forte, più coesa, più competitiva, HIT 2020 mette a punto le strategie specifiche per questo fondamentale e pervasivo ambito di attività contribuendo, attraverso di esso, a realizzare lo Spazio Europeo della Ricerca. In un disegno complessivo che vede la formazione (scuola e università) come motore primo della creazione di cittadinanza attiva e consapevole, capace di esprimere i bisogni delle persone e delle comunità, HIT 2020 diventa lo strumento delle politiche di ricerca e innovazione mediante il quale lo Stato, in tutte le sue articolazioni, esercita il ruolo di interprete di questi bisogni, ne estrae le sfide sociali maggiori, le codifica e le traduce in programmi e misure per il finanziamento della ricerca. Le tecnologie abilitanti ed i nuovi prodotti e servizi, sviluppati in risposta a

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tali bandi e programmi, serviranno a rafforzare la competitività del settore industriale nazionale, creando occupazione, crescita e prosperità economica. In questa funzione lo Stato non è solo. Esso da una parte s’interfaccia dialetticamente con l’Entità sovranazionale (l’Unione Europea), per utilizzarne al meglio le capacità di previsione di medio-lungo periodo (foresight), per creare sinergie con altre realtà europee su tematiche comuni (joint programming), per realizzare economie di scala in azioni trasversali (per esempio, valutazione tramite peer review), ma anche per far sì che le priorità del Paese vengano adeguatamente prese in considerazione nell’orientare strategie e risorse. Dall’altra, tutta l’Amministrazione Centrale, attraverso un unico centro di coordinamento e di riferimento, s’interfaccia con le Regioni per: - condividere ed ottimizzare la concreta espressione della strategia, la realizzazione cioè dei programmi e delle necessarie infrastrutture; - promuoverne la specializzazione intelligente, unica via per eliminare la duplicazione e ridurre la frammentazione, dando luogo a poli (clusters nazionali) forti, efficienti e competitivi a livello globale; - poter intercettare al meglio il flusso dei fondi europei destinati allo sviluppo regionale. Come ben evidenziato dai documenti di Europa 2020 e successivi, in questo processo di individuazione di esigenze, priorità, obiettivi e strumenti un gran peso va dato alle grandi sfide sociali e ai bisogni dei cittadini: ciò comporta un più stretto legame tra ricerca e innovazione e soprattuto un coinvolgimento sempre maggiore di tutti gli attori economici e sociali interessati. A fronte di un recuperato ruolo di programmazione e d’indirizzo dello Stato, la scommessa per la realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva è nelle mani delle imprese, delle università, degli enti di ricerca. A loro il Paese, attraverso HIT 2020, si affida per una capacità progettuale, una rinnovata creatività in ambiti tradizionali e nuovi che non può che passare per una straordinaria enfasi sul capitale umano. La consultazione pubblica che ha condotto all’elaborazione di HIT 2020 ha messo in evidenza in maniera inequivocabile come un reclutamento aperto e trasparente, dunque basato unicamente sulla valorizzazione del merito e del talento, sia considerato essenziale per la qualità e la competitività del sistema della ricerca (Inserto 6). Le istituzioni di ricerca hanno la

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possibilità, se lo vogliono, di realizzare questo obiettivo. Gli interlocutori pubblici e privati hanno tutti gli strumenti normativi e contrattuali per realizzare quest’obiettivo. L’Autorità centrale è pronta ad accompagnarli ed incentivarli in questa direzione. Inserto 6 Quanto la trasparenza e l’apertura del reclutamento sono decisive per la competitività della ricerca?

Risposte individuali

Enti privati / Imprese

Enti pubblici

Per 920 su 1667 (55,2%) partecipanti a titolo individuale, per 19 su 63 (26%) enti privati/imprese, per 30/64 (46,9%) enti pubblici, trasparenza e apertura nel reclutamento sono al primo o al secondo posto tra i 10 fattori proposti nella domanda quali determinanti la qualità della ricerca e dei suoi risultati.

Una positiva interazione, un matching di successo fra la domanda di ricerca, espressa dalle ‘comunità intelligenti’ attraverso le rappresentanze politiche sovranazionali, nazionali e regionali, e l’offerta di ricerca, sia nella componente volta ad ampliare le conoscenze, sia in quella volta a convertire le conoscenze disponibili in nuovi processi e nuovi prodotti, determinerà le ricadute sociali ed economiche indispensabili per innescare una crescita diffusa del benessere e della consapevolezza, che porterà inevita-

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bilmente ad altri bisogni e ad altra domanda, in un ciclo virtuoso che è garanzia di sviluppo, se sa essere inclusivo e coeso. Solo in questo modo si genererà nella pubblica opinione e nelle sue espressioni di rappresentanza politica la convinzione profonda che le risorse destinate alla ricerca e innovazione ed all’alta formazione rappresentano il più vantaggioso e redditizio degl’investimenti del pubblico denaro (Cfr. Par. 3.3). Investimenti che dovranno raggiungere, nel periodo 2014-20, il livello necessario per consentire alla comunità scientifica, responsabilmente autonoma, e alle imprese di rispondere, in maniera adeguata e competitiva, alle grandi sfide poste dalla società del nuovo millennio. Nei capitoli e paragrafi che seguono, sono descritte in dettaglio la strategia e gli strumenti per conseguire questo risultato.

2.1.1 Oggettivare la scelta delle priorità Nell’ambito di politiche complesse, come quelle a sostegno della ricerca, è frequente imbattersi in programmi di finanziamento indifferenziati, onnicomprensivi, che tendono velleitariamente a sostenere tutti i settori, senza una realistica valutazione della disponibilità di risorse necessarie a raggiungere soglie accettabili di competitività internazionale. All’incapacità di selezionare le priorità di investimento si aggiunge talora la tentazione di riprodurre, di ‘copiare’ scelte effettuate altrove, senza preoccuparsi di condurre preliminarmente un inventario critico ed accurato delle specifiche caratteristiche dei territori, delle loro imprese, delle loro potenzialità di ricerca 33 Definito dalla Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea come ‘un processo sistematico partecipativo, che comporta la rilevazione di informazioni e la creazione di visioni sul futuro a medio e lungo termine, destinato a orientare le decisioni del presente e a mobilitare i mezzi necessari per azioni congiunte’, cfr. http://cordis.europa.eu/foresi ght/definition.htm.

(università, centri di ricerca, ...). La selezione delle priorità è dunque la prima sfida da affrontare nel processo di programmazione, poiché - assieme alle difficoltà metodologiche ed applicative - quest’ultimo porta con sé la possibilità che il decisore pubblico sia già ‘catturato’ da visioni e interessi o troppo generalisti o troppo particolari. A questo duplice rischio si può sfuggire integrando nel processo di identificazione delle priorità una consistente attività di foresight,33 che conferisca

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ad esso solida relazione con le caratteristiche del contesto territoriale (presenti e prevedibilmente future), concretezza, fattibilità e ‘neutralità’ rispetto ad interessi costituiti. Le attività di foresight non servono a prevedere il futuro, ma combinano il contributo degli esperti ‘di settore’ con dati empirici e indicazioni emerse dall’interazione con attori sociali e politici. Esse rappresentano dunque uno strumento da utilizzare a supporto delle decisioni di politica per la ricerca e l’innovazione, per il rafforzamento della partecipazione degli attori sia alla definizione delle politiche sia al loro dispiegamento spaziale (nei territori) e temporale (misure/attività urgenti, di medio e di lungo periodo). Con la sua declinazione spazio-temporale, il foresight contribuisce dunque a posizionare le economie locali e le opportunità di innovazione offerte dai rispettivi sistemi di ricerca all’interno di un quadro evolutivo realistico di sviluppo dei processi e di domanda di prodotti. La necessità di ragionare sulla dinamica dei sistemi (sul film, piuttosto che sulla fotografia, e su un film di cui non si conosce la fine!) è resa sempre più urgente sia dalla pervasività degli effetti della globalizzazione sia dalla velocità e ampiezza con cui si manifestano i cambiamenti sociali e tecnologici. Nonostante queste premesse, il foresight è rimasto fin qui poco praticato e poco compreso nelle politiche (pubbliche) per la ricerca in Italia. Non a caso, la domanda sul foresight nella Consultazione Pubblica su HIT 2020 è quella che ha registrato la più alta percentuale di ‘non risponde’! Per contro, HIT 2020 assume una logica interpretativa dei fenomeni che assegna al foresight un ruolo-chiave nel supportare il processo decisionale dell’intero sistema istituzionale della ricerca e dell’innovazione italiano. La necessità di dotare il Paese di uno strumento oggettivo ed efficace, aperto e trasparente per procedere ad un vero foresight tecnologico è stata d’altronde da tempo evidenziata da tutto il sistema delle imprese; la proposta era già stata inserita nel precedente PNR 2010-2012 e partiva dalla realizzazione delle Mappe delle competenze in R&I, come infrastruttura fondamentale per poter poi passare davvero ad azioni di foresight efficace. Il Programma HIT 2020 metterà dunque a disposizione delle comunità dei decisori metodi e strumenti applicativi adeguati alle risorse disponibili.

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Così, tutti gli attori del sistema (chi fa e chi finanzia ricerca e innovazione) potranno adottare lo strumento del foresight e ad esso fare riferimento nelle rispettive attività.

2.1.2 Come scegliere? I bandi Clusters Tecnologici Nazionali e Smart Cities and Communities, primi esempi di un metodo nuovo 34 Per una disamina delle questioni principali su cui si orienta l’azione di rinnovamento delle politiche per la ricerca e l’innovazione si rimanda al Rapporto ‘Migliorare le politiche di Ricerca e Innovazione per le Regioni. Contenuti e processi di policy’, in cui sono riassunti gli esiti di una serie di incontri tematici (tenutisi tra luglio e dicembre 2008), promossi dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione economica (DPS) del Ministero dello Sviluppo Economico nell’ambito del ‘Progetto di Accompagnamento del Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013’. Indicazioni interessanti sono anche contenute nel progetto ‘Sostegno alle politiche di ricerca e innovazione delle Regioni’ avviato nel 2010 su iniziativa congiunta del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica (DPS) e dell’Agenzia per la Diffusione delle Tecnologie per l’Innovazione, allo scopo di sviluppare concetti innovativi e strumenti operativi cantierabili con riferimento ad alcune priorità principali, tra cui l’adozione di strumenti di technology foresight regionali e la ricerca di nuovi sistemi di valutazione e implementazione dei processi di selezione nei bandi di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo. Altri temi coperti dal progetto sono stati: il public procurement e le tecniche controfattuali di valutazione di impatto.

La selezione di un insieme limitato di priorità è, come si è detto (Cfr. Par. 2.1.1), uno dei capisaldi della strategia HIT 2020 e rappresenta uno dei principali elementi di rinnovamento delle politiche per la ricerca e innovazione tradizionalmente adottate in Italia.34 La selezione delle priorità e la concentrazione degli interventi e delle risorse deve essere sempre più condivisa tra tutti quei soggetti che, ciascuno con un proprio diverso livello di responsabilità, sono istituzionalmente coinvolti nelle definizione e nella gestione delle politiche di ricerca ed innovazione e dei relativi strumenti attuativi. La cooperazione istituzionale è condizione necessaria e indispensabile per poter programmare interventi e risorse, rafforzandone la sostenibilità, favorendo sinergie, riducendo le duplicazioni. Proprio in riferimento a tale ambito occorre proseguire con la azione di coordinamento tra i diversi livelli di governo, con la individuazione di pochi e comuni obiettivi, coerenti con le strategie nazionali e regionali, che dovranno essere sempre più orientate, anche in linea con quanto previsto dalla nuova programmazione 2014-2020, verso specializzazioni intelligenti territoriali. HIT 2020 individua, dunque, in coerenza con le più recenti scelte effettuate in sede governativa, un obiettivo duplice: - concentrare e specializzare le risorse su pochi temi strategici; - individuare, a livello settoriale e territoriale, un sistema chiaro di grandi aggregati di competenze, attraverso il quale guidare il riposizionamento del Paese sulla frontiera tecnologica europea e internazionale; da raggiungere attraverso nuovo sistema di politiche nazionali di ricerca ed innovazione. Anche per la programmazione dei Fondi comunitari per la coesione 2014-

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2020, il Ministero per la Coesione Territoriale, d’intesa con i Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, ha avviato un confronto con tutti i Partner35 nella logica della concentrazione delle risorse su ambiti tecnologici prioritari di specializzazione. L’idea di fondo condivisa è che, su specifici ambiti produttivi e tecnologici, il sistema industriale nazionale possa e debba certamente giocare una partita importante. Obiettivo di HIT 2020 è individuare, anche con il contributo conoscitivo fornito dalle istituzioni locali e dalle imprese, gli strumenti necessari, da un lato, per individuare quali siano questi ambiti, dall’altro lato, per ricomporre la diversificata offerta di innovazione proveniente dai sistemi produttivi in cui si articola l’industria nazionale entro un quadro unitario di interventi. Quello che si prefigura è un modello innovativo di selezione/identificazione degli ambiti verso cui indirizzare le azioni per la R&I, basato su un principio di partecipazione e di solidarietà scientifico-tecnologica tra attori e territori tra loro molto diversi per vocazioni e percorsi di sviluppo. Un modello, dunque, che sia capace di coniugare gli aspetti di forte specializzazione (settoriale e territoriale) che connotano le fasi di costruzione delle capacità scientifiche e tecnologiche, con la necessità di realizzare modalità innovative di condivisione aperta e collettiva dei risultati applicativi di queste specializzazioni. Primi esperimenti nell’applicazione di questo nuovo modello si sono realizzati attraverso il processo di selezione delle alleanze territoriali alla base dei bandi per i distretti e i Cluster tecnologici, sia attraverso i bandi a sostegno di progetti per le Smart Cities and Communities e la Social Innovation. Nel caso dei Cluster, i finanziamenti messi a disposizione dal Governo sono andati nella direzione di aggregare le diverse iniziative di distretti tecnologici esistenti nel Paese verso una migliore efficacia nel rapporto tra sistema della ricerca, industria e nuova imprenditorialità e verso una più spinta 35 Cfr. il Documento ‘Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi Comunitari 2014-2020. Documento di apertura del confronto pubblico’ presentato dal Ministro Fabrizio Barca il 27 dicembre 2012.

coerenza su scala nazionale. In accordo con le politiche europee indirizzate ai world class clusters, l’obiettivo dei bandi lanciato dal MIUR è stato, per l’appunto, la ricostruzione di pochi grandi aggregati pubblico-privati di attori, competenze e progettualità, specializzati su specifici e definiti settori tecnologici di interesse strategico per l’industria nazionale.

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Nella prospettiva di HIT 2020 l’identificazione di alcuni settori (chimica verde, tecnologie per gli ambieni di vita, aerospazio, sistemi di trasporto, scienze della vita, food industry, tecnologie per le smart communities, energie rinnovabili, tecnologie per la fabbrica intelligente) costituisce un passo importante verso il raggiungimento di condizioni di maggiore massa critica e ibridazione/osmosi (tecnologica ma anche organizzativa) tra università, enti di ricerca pubblici e imprese. L’iniziativa ‘Smart Cities and Communities’ si basa invece sulla necessità di avviare un processo di convergenza delle competenze del sistema nazionale di ricerca e innovazione e la loro ricombinazione entro specifiche ‘verticalizzazioni applicative’. Più specificamente, i bandi che il MIUR ha gestito su questa tematica sono stati indirizzati a finanziare progetti innovativi per la sperimentazione di tecnologie trasversali e pervasive nella risoluzione di grandi temi e problemi di rilevanza sociale che si manifestano nelle comunità e in modo particolare nelle città. La metrica della rilevanza sociale è quindi utilizzata per selezionare un insieme compatto e coerente di interventi, attraverso cui: costruire il sistema di competenze, concentrate in specifici poli scientifici o industriali, necessarie per la realizzazione del modello di Smart Community; sostenere le città e le comunità nello sviluppo di nuove progettualità basate sulle smart and clean technologies. Nel momento in cui, con HIT 2020, si disegna la futura strategia nazionale per la R&I, entrambe queste esperienze costituiscono elementi attraverso le quali è possibile perseguire livelli maggiori di massa critica nell’investimento in R&I e una migliore integrazione/sinergia tra le specializzazioni tecnologiche espresse dai territori. La rilevanza dei bandi, tuttavia, non si limita alla identificazione e selezione delle vocazioni tecnologiche strategiche del Paese. La loro importanza si coglie anche con riferimento all’obiettivo potenziamento dell’efficacia delle politiche di innovazione attraverso la revisione e innovazione degli strumenti di supporto a disposizione. Dal punto di vista della gestione, i bandi Cluster e Smart Cities introducono le seguenti novità con riferimento a: - l’introduzione di procedure uniche e semplificate di finanziamento della

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ricerca; - l’introduzione di meccanismi valutativi oggettivi e trasparenti, basati sul coinvolgimento di revisori internazionali; - l’adozione di tempi certi e ridotti sia per le fasi di valutazione, sia per le fasi di erogazione delle risorse. In particolare, considerando l’importanza del rispetto dei tempi rapidi nelle fasi di gestione dei progetti si assicurerà un monitoraggio continuo delle fasi di attuazione per l’identificazione e la veloce soluzione di tutti gli eventuali ostacoli, interni ed esterni all’amministrazione. Inoltre, in un quadro di coerenza con l’obiettivo della piena trasparenza e riutilizzabilità dei dati pubblici quale strumento per conseguire non solo l’obiettivo della piena accountability dell’azione politica, ma anche una piena valorizzare del patrimonio informativo del settore pubblico, i dati relativi alle proposte progettuali presentate per il finanziamento pubblico, per la prima volta sono raccolti e integrati con le informazioni derivanti da altre procedure di erogazione dei finanziamenti per la R&I, per ricavarne un quadro complessivo comunicabile al pubblico. Nell’ottica di HIT 2020 è questo un passaggio importante in quanto permette di rendere accessibile e utile una fonte insostituibile di conoscenze aggiornate sui sistemi economici, produttivi e tecnologici da cui dipende 36 I primi esiti del lavoro di mappatura delle specializzazioni delle regioni convergenza sono stati presentati 12 dicembre 2012 in occasione del convegno Le Politiche per la Ricerca e Innovazione e la Specializzazione Intelligente dei territori per la nuova programmazione dei Fondi Strutturali. Oltre ai bandi Cluster e Smart Cites per le Regioni convergenza, il lavoro di mappatura ha considerato i bandi distretti tecnologici e laboratori pubblico-privati (titolo ii titolo iii), progetti di ricerca industriale, progetti potenziamento strutturale, per i quali l’ammontare totale delle risorse finanziarie attivabili è pari 2.848,7 milioni di euro.

l’offerta e la domanda di innovazione espressa del Paese, indispensabile per creare servizi innovativi e nuovi modelli di gestione dei beni. In tal senso, l’attività di mappatura delle specializzazioni tecnologiche regionali recentemente condotta con riferimento agli esiti dei bandi in ricerca e innovazione gestiti dal MIUR nelle Regioni convergenza,36 (di cui si dirà ampiamente nel paragrafo 2.2.2), va nella direzione di identificare una prima selezione di eccellenze utili ad orientare la selezione delle specializzazioni intelligenti (importante collegare questa mappatura a quelle già esistenti per la realizzazione in tempi rapidi di uno strumento condiviso). In più, il processo di mappatura ha costituito l’occasione per sperimentare forme di più stretto coordinamento tra il Governo centrale e le Amministrazioni regionali nella selezione dell’insieme sinergico e non ripetitivo delle priorità di investimento. È altrettanto importante collegare questo primo esercizio di mappatura

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con quelle gia’ esistenti (come quella sulle competenze realizzata da Confindustria) per la definizione in tempi rapidi di uno strumento di analisi territoriale condiviso e utile alla elaborazione di scelte di governo informate. Scorrendo l’ampia casistica di possibilità progettuali ci si accorge che non si tratta di una selezione ad escludendum, ma la novità consiste in una ‘polarizzazione territoriale’, che non esclude, ma evita frammentazione e duplicazione. Da ultimo, la rilevanza dei bandi Cluster e Smart Cities risiede anche nel tentativo di attuare, attraverso la semplificazione e innovazione delle procedure di valutazione dei progetti e allocazione dei finanziamenti, forme di coinvolgimento più attivo da parte delle grandi comunità afferenti al sistema della ricerca e innovazione (studenti, imprenditori, ricercatori, e innovatori in genere ivi compresi anche i valutatori per la ricerca). Un’ampia e qualificata presenza di esperti di provenienza industriale tra i valutatori è condizione ineludibile per una valutazione efficace delle possibili ricadute. In questo senso, ad essi è demandato un importante compito di catalizzatori e integratori di sistema, attraverso cui riportare in un quadro di coerenza l’articolato e spesso confuso quadro delle politiche nazionali e, allo stesso tempo, il ruolo di piattaforme di integrazione tra le decisioni assunte dai diversi Ministeri con competenze in materia di R&I e tra quelle che maturano ai diversi livelli della pubblica amministrazione. Nello stesso tempo, però, perché questi primi esperimenti diventino prassi ordinarie, condivise ed efficienti, è necessario procedere, nell’ambito del quadro di riferimento di HIT 2020, verso il rinnovamento degli strumenti normativi e finanziari con cui sostenere le attività di ricerca e d’innovazione, sia nella direzione di semplificare ed accorciare il ciclo di selezione dei progetti e di erogazione delle risorse, sia al fine di assicurare un maggio37 In particolare, la legge 297/99 ed il corrispondente decreto attuativo DM 593/00 per la definizione del quadro normativo unico per le politiche di ricerca e innovazione predisposte dal MIUR.

re impatto economico delle attività finanziate. Un rinnovamento, che, si immagina, dovrà necessariamente passare attraverso la revisione degli strumenti legislativi vigenti,37 che sono stati concepiti con riferimento a uno scenario economico e tecnologico radicalmente diverso da quello attuale, e rispetto ai quali sono oggi necessari interventi di semplificazione e rinnovamento.

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2.1.3 La governance della programmazione congiunta transnazionale: protagonisti nella definizione degli schemi collaborativi Nell’ambito del processo di costruzione dello Spazio Europeo della Ricerca, un ruolo cruciale è affidato al processo di Programmazione Congiunta delle Ricerca Europea, che ha come obiettivo l’allineamento, su base volontaria, dei programmi nazionali di ricerca degli Stati Membri e dei Paesi Associati ai Programmi Quadro dell’UE. Questo processo, basato su una ‘nuova’ metodologia di lavoro, è stato definito dalla Commissione nella Comunicazione del 15 luglio 2008 e approvato dal Consiglio Europeo Competitività il 2 dicembre 2008 nelle Conclusioni dal titolo, appunto, ‘Per una Programmazione Congiunta della Ricerca’.38 Il processo di Programmazione Congiunta (JP) diventa così il framework che dà (o dovrebbe dare) ordine e respiro strategico a strumenti già in uso, quali l’applicazione degli artt. 185 (già art. 169) e 187 (già art. 171) del Trattato per il funzionamento dell’Unione Europea e le iniziative denominate ERANET ed ERA-NET Plus.39 Mentre nell’opinione pubblica è pienamente avvertita l’opportunità/necessità di una programmazione congiunta della ricerca a livello dell’Unione (Inserto 7), la sporadica e poco incisiva presenza istituzionale del nostro Paese ai tavoli europei ha rischiato di emarginare l’Italia dal processo di JP ed in particolare dall’identificazione dei temi prioritari (Major Societal Challenges) verso i quali far convergere i programmi nazionali. Non solo, in questi anni la partecipazione delle imprese alle iniziative congiunte è stata penalizzata dalla esiguità delle risorse messe a disposizione dall’Italia e dai tempi lunghi delle procedure di valutazione (determinati 38 ‘Per una Programmazione Congiunta della Ricerca, Cooperare per affrontare più efficacemente le sfide comuni’, Comunicazione della Commissione del 15 luglio 2008, http://europa.eu/legislation_ summaries/research_innovati on/general_framework/ri000 3_it.htm

anche dalla necessità di una doppia valutazione poi superata con gli interventi di semplificazione inseriti nel 2011). Il più ampio richiamo alla progettazione congiunta nel prossimo programma quadro, Horizon 2020, richiede pertanto una forte impegno Paese affinché non si determinino situazioni di svantaggio competitivo rispetto ad imprese e centri di ricerca di altri Paesi membri.

39 Idem, pag. 8.

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Inserto 7 Una quota delle risorse di HIT 2020 dovrebbe essere riservata alla partecipazione ad iniziative di programmazione congiunta della ricerca comunitaria.

Risposte individuali

Enti privati / Imprese

Enti pubblici

Si è rischiato cioè, ancora una volta, di vedere sì i ricercatori italiani partecipare, talora con esiti molto brillanti, alle varie iniziative (ERA-NET, art. 185, etc.), ma l’Italia come Paese esclusa dalla fase delle scelte ‘a monte’ e dunque incapace di mettere adeguatamente in luce le proprie eccellenze. Il rischio, grazie ad una ritrovata sinergia fra il MIUR, la Rappresentanza Permanente a Bruxelles ed i rappresentanti italiani nei Gruppi di Esperti della Commissione, è stato per una volta sventato, con l’inserimento di almeno un grande tema su indicazione italiana - quello della valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale - ed una forte presenza in altri ambiti tematici sui quali il nostro Paese ragionevolmente e dimostrabilmente ritiene di poter essere protagonista. Proprio questa recente ‘success story’ dimostra una volta di più l’esigenza di una profonda revisione dei meccanismi di partecipazione alla governance del processo di Programmazione Congiunta: accanto all’indispensabile

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presenza di esperti nazionali provenienti sia dal sistema pubblico sia privato negli organismi ‘tecnici’ e di valutazione dei progetti, è altrettanto indispensabile una presenza continua, informata ed autorevole dei decisori politici negli organismi di governance di natura strategico e la capacità dell’apparato pubblico (ministeri e altri soggetti) di seguire in modo competente la fase di implementazione e gestione. Nell’ambito di HIT 2020 questa è considerata una priorità assoluta, per evitare che prenda piede un’erronea concezione del processo di JP, recentemente stigmatizzata da un Gruppo indipendente di Esperti chiamato a farne una prima valutazione:40 che la JP venga cioè fraintesa come un sistema per il finanziamento ed il lancio di qualche bando al quale partecipare per rimpinguare le esangui casse di gruppi di ricerca nazionali. Un’efficace partecipazione italiana al processo di JP richiede quindi, anche a livello nazionale, una nuova governance, attraverso la quale identificare efficacemente le risorse umane da impiegare nei diversi organismi di governo del processo di JP e delle singole Iniziative di Programmazione 40 Il report è stato approvato nella seduta del Gruppo di alto livello per la Programmazione Congiunta della ricerca europea del 4 dicembre 2012.

Congiunta (JPI). Questo avverrà attraverso un coordinamento stretto e proceduralmente definito tra le varie Amministrazioni Centrali e Regionali, per eliminare sovrapposizioni e duplicazioni e per strutturare il dialogo con la comunità scientifica, l’industria e i territori (Figura 2).

Figura 2 Ipotesi di governance orizzontale sui grandi temi di ricerca (programmazione congiunta a livello nazionale, comunitario, internazionale)

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In questo modo, l’impegno sui diversi ambiti tematici identificati dalla Commissione e dal Consiglio Europeo (e l’eventuale promozione di nuove JPI) verrà ad essere necessariamente coerente con l’interesse strategico nazionale e sarà gestito in maniera efficace, efficiente e trasparente.

2.1.4 Valorizzazione, anche economica, dei risultati della ricerca ed accesso aperto: conciliare l’inconciliabile? Un approccio strategico all’innovazione ed alla ricerca presuppone un impegno per l’ottimizzazione dell’impatto dei finanziamenti pubblici per la ricerca, anche attraverso un efficiente accesso, una libera circolazione ed un ampio utilizzo dei risultati sia da parte dello stesso sistema della ricerca, pubblica e privata, sia da parte del sistema produttivo. La Consultazione Pubblica su HIT 2020 ha mostrato una consapevole attenzione su questo tema da parte della pubblica opinione e della comunità scientifica (Inserto 8): se pochi dubbi sussistono circa l’esigenza di un accesso aperto alle pubblicazioni, ci si rende d’altra parte ben conto della necessità di un approccio ‘laico’ nei confronti di certe componenti dei risultati della ricerca. Questo punto è stato oggetto di intenso dibattito anche a livello europeo nelle fasi di definizione del programma Horizon 2020 e delle nuove regole di partecipazione; è stata evidenziata la necessità di coniugare l’aspirazione ad una ampia condivisione dei risultati della ricerca pubblica con la evidente necessità di tutelare la proprietà intellettuale dei risultati soprattutto a tutela dell’efficacia dei servizi e dei prodotti per i cittadini. Come auspicato nella Comunicazione41 sull’Unione dell’innovazione nell’ambito della Strategia ‘Europa 2020’, la ricerca deve diventare motore dello sviluppo di migliori prodotti e servizi per migliorare la qualità della vita dei cittadini e perché l’Europa rimanga competitiva nel mercato globale. Tra le iniziative dirette specificamente alla valorizzazione dei risultati della ricerca, i punti chiave [19]-[23] della citata Comunicazione mirano, tra l’altro, ad affrontare l’eccessiva frammentazione del sistema della ricerca pubblica e ad evitare potenziali duplicazioni, ottimizzando l’uso delle risorse investite nel sistema della ricerca. 41 http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/Lex UriServ.do?uri=COM:2010:05 46:FIN:IT:PDF#page=2

In questa logica vanno pensati e strutturati servizi e strumenti efficaci per favorire l’accesso ai risultati della ricerca pubblica da parte delle imprese e la definizione di modelli innovativi di collaborazione.

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Posto che un’innovazione realmente aperta esige la costruzione di reti cui tutti gli operatori possono partecipare su base di uguaglianza, HIT 2020 si propone, coerentemente con gli obiettivi prioritari definiti a livello europeo,42 di definire e implementare una strategia condivisa per l’accesso ai risultati della ricerca del sistema pubblico nazionale competitivo pur nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Tale obiettivo sarà perseguito attraverso la realizzazione di una piattaforma per l’offerta di servizi informativi smart per la ricerca, che permetta deposito, archiviazione e ricerca integrale (full text) dei contenuti, allo scopo di facilitare l’individuazione e l’accesso ai risultati dei progetti di ricerca finanziati da fondi pubblici. A tale scopo, è di fondamentale importanza l’adozione di standard e formati interoperabili per la circolazione della produzione scientifica, la costituzione di data centers, repositories ufficiali e relativi applicativi a disposizione del sistema della ricerca, delle imprese e del pubblico. Inserto 8 Grado di consenso sull’accesso aperto alle pubblicazioni o agli altri risultati della ricerca.

42 The milestones in the development of the Commission’s policies on access to scientific information are highlighted below. http://ec.europa.eu/research/ sciencesociety/index.cfm?fuseaction =public.topic&id=1301&lang =1

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Nell’ambito delle azioni mirate alla valorizzazione dei risultati scientifici nella loro fase di circolazione e utilizzo nel sistema della ricerca e sul mercato, il programma HIT 2020 individua opportune misure per incoraggiare e realizzare un’efficiente ricerca collaborativa tra pubblico e privato, incentivando le sinergie tra i due ambiti e stimolando la pubblica amministrazione ad assumere il ruolo di stazione appaltante di servizi innovativi precommerciali (Cfr. Par. 3.5.2). Per stimolare la ‘traduzione’ commerciale dei risultati del sistema pubblico, nell’ambito di HIT 2020 è previsto: - lo sviluppo di un quadro semplificato di incentivi per le attività di trasferimento tecnologico da parte del sistema pubblico di ricerca (università, enti pubblici di ricerca) anche in ottica trans-nazionale (attraverso, ad esempio, le infrastrutture di ricerca d’interesse europeo e i Consorzi Europei per le Infrastrutture di Ricerca - ERIC);43 - lo sviluppo di un equo ‘mercato della conoscenza’, attraverso una gestione semplice e trasparente dei diritti di proprietà intellettuale (brevetti, disegni e modelli, diritto d’autore, …). Accesso aperto elettronico ai risultati della ricerca L’accesso aperto, gratuito, senza restrizioni e in formato interoperabile a dati e informazioni frutto delle attività finanziate esclusivamente con fondi pubblici è essenziale per rinforzare la relazione tra scienza e società, rinsaldare la fiducia collettiva nella ricerca e massimizzare anche in termini di consenso il ritorno dell’investimento pubblico in ricerca. Nell’ambito di HIT 2020 saranno definite misure specifiche per conseguire un adeguato bilanciamento tra l’ottimale divulgazione della conoscenza ed un livello sufficiente di incentivi all’innovazione. Non è possibile rinviare 43 European Research Infrastructure Consortium

oltre una risposta soddisfacente alla richiesta della ‘quinta libertà’ - libertà

44 Si veda, per esempio, la Berlin Declaration on Open Access to Knowledge in the Sciences and Humanities, 2003. http://oa.mpg.de/lang/enuk/berlin-prozess/berlinererklarung/

forza proviene dalla società civile europea. La comunità scientifica globale,

45 Consultation on scientific information in the digital age. http://ec.europa.eu/research/ consultations/scientific_infor mation/consultation_en.htm

cioè di libera circolazione dei ricercatori e delle idee innovative - che con appoggiata in questo dal sistema biblioteconomico, sostiene infatti che l’avvento del world wide web debba essere considerato un fattore determinante per cambiare i modelli di disseminazione della conoscenza scientifica in modo da garantirne l’adeguata fruizione da parte della società e del sistema scientifico stesso.44 Del resto, la Commissione Europea ha recentemente adottato una Comunicazione45 in cui definisce gli obiettivi della politica di accesso aperto ai risultati della ricerca finanziata nell’ambito del Programma Horizon 2020, insie-

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me ad una Raccomandazione46 in cui si definisce un quadro politico esaustivo per migliorare l’accesso e la conservazione dei dati scientifici e si invita a sperimentare nuovi modelli di apertura dei dati primari e di altri risultati della ricerca. In considerazione del target indicato nella Raccomandazione della Commissione: rendere liberamente accessibile, entro il 2016, il 60% delle pubblicazioni realizzate come output di progetti finanziati con fondi pubblici europei, HIT 2020 si propone di perseguire un risultato almeno di pari livello, relativamente ai risultati della ricerca finanziata con il Programma Quadro nazionale. Per raggiungere l’obiettivo, le pubblicazioni finanziate dai fondi di HIT 2020 saranno rese accessibili secondo una delle due modalità previste dalla Raccomandazione europea: - immediatamente, da parte dell’editore che li pubblicherà online (‘via aurea’), con la possibilità di indicare i costi di pubblicazione tra quelli eleggibili per il finanziamento della ricerca; - al più tardi 6 mesi (12 per gli articoli nell’area delle scienze sociali ed umane) dopo la pubblicazione (‘via verde’), anche tramite l’auto-archiviazione da parte dei ricercatori stessi. A tal proposito, il portale ResearchItaly rappresenta il gateway ideale per aggregare le iniziative sull’accesso aperto del sistema nazionale della ricerca. All’interno della piattaforma, il MIUR intende fornire agli altri Ministeri competenti e a tutti i soggetti pubblici e privati di disporre di uno spazio centralizzato in cui siano elencati i repositories locali di università e centri di ricerca ed un repository nazionale aperto per l’archiviazione volontaria delle pubblicazioni e degli altri risultati della ricerca, che potrà integrare o sostituire gli ‘spazi’ offerti dalle singole strutture. Al fine di promuovere ed accelerare il conseguimento degli obiettivi indicati, nell’ambito di HIT 2020 saranno introdotti specifici indicatori da utilizzare tanto nelle procedure di valutazione dei progetti di ricerca 46 Open access to publications and data in Horizon 2020. http://ec.europa.eu/research/ sciencesociety/document_library/pd f_06/background-paperopen-access-october2012_en.pdf

quanto nelle procedure per il reclutamento e la progressione professionale dei ricercatori.

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2.2 La declinazione regionale di HIT 2020

2.2.1 La strategia di specializzazione intelligente dei territori La strategia europea di sviluppo dei territori definita Smart Specialisation47 richiede l’individuazione di specifici percorsi regionali di crescita sostenibile basati sull’innovazione, tenendo conto delle competenze locali e delle opportunità tecnologiche e di mercato globali. L’idea è semplice: mentre solo alcune regioni in Europa possono collocarsi sulla frontiera del progresso tecnologico, questo può essere adottato/usato a/da pressoché tutte le regioni per innovare e crescere, provvisto che esse individuino con accuratezza le proprie vocazioni, i loro campi di applicazione per adottare quelle tecnologie. Tale strategia, rivolta ai territori, utilizza la dimensione regionale come uni47 Per Strategia di ‘Smart Specialization’ (SS) si intende la definizione di una ‘traiettoria di sviluppo del territorio’, integrata e place-based, attraverso la individuazione delle risorse/competenze e del potenziale innovativo dei propri territori, e la selezione di priorità, in termini di settori produttivi e di ambiti tecnologici, su cui concentrare i propri investimenti. La SS è orientata a costruire un vantaggio competitivo durevole basato sulla capacità di diversificazione produttiva e specializzazione tecnologica per l’adattamento dei sistemi produttivi territoriali al rapido e costante mutamento delle condizioni del sistema economico e del mercato. Cfr. EU Guide to Research and Innovation Strategies for Smart Specialisation (RIS 3), marzo 2012, link: http://ec.europa.eu/regional_ policy/sources/docgener/pre senta/smart_specialisation/s mart_ris3_2012.pdf.

tà di analisi delle eterogenee condizioni di sviluppo dei territori, ma assume nell’attività di definizione delle attività la dimensione nazionale: questo consentirà di bilanciare le specializzazioni emergenti nei territori al fine di massimizzare l’efficacia degli interventi, evitando duplicazioni di esperienze, traendo il maggior vantaggio dalla prossimità tra specializzazioni differenti. Il recepimento di questo approccio e le difficoltà incontrate nell’esperienza attuativa della programmazione in corso obbligano a procedere a un intervento di discontinuità nelle politiche di ricerca e innovazione, particolarmente necessario nelle regioni in ritardo di sviluppo. In questa prospettiva, sia il Piano d’Azione per la Coesione (PAC), in particolare attraverso la riprogrammazione del PON Ricerca e Competitività 2007-2013, sia l’iniziativa del MIUR di ‘Sviluppo e potenziamento di cluster tecnologici nazionali’, hanno inteso suggerire ambiti tecnologici prioritari di specializzazione su cui concentrare i prossimi sforzi, facendo altresì proprio un concetto ampio di innovazione tecnologica applicata al campo produttivo e sociale ed estesa alla così detta non-R&D innovation, che utilizza fonti innovative diverse dal solo investimento in ricerca. In continuità con le scelte operate dal PAC, le azioni per il ciclo di programmazione 2014-2020 devono ispirarsi al principio di concentrazione degli interventi su pochi obiettivi prioritari e traducibili in risultati misurabili, che riguardano la qualificazione della domanda di innovazione pubblica e pri56


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vata dei territori, la valorizzazione del capitale umano altamente qualificato e lo stimolo all’imprenditorialità innovativa, mirando alla capacità dei sistemi produttivi di competere sui mercati internazionali. Il disegno e la selezione degli interventi devono essere guidati da quattro principi: - composizione a livello nazionale delle strategie regionali di smart specialisation; - accurato bilanciamento dell’approccio ‘orientato alla diffusione’, caratterizzato da finanziamenti di importo limitato e finalizzati al sostegno di attività innovative di tipo incrementale, e un approccio più chiaramente ‘di missione’, che miri alla selezione di interventi ambiziosi e dall’esito non scontato, in molti casi più rischiosi; - apertura delle realtà produttive dei territori in ritardo verso la dimensione internazionale, facilitandone il collegamento con i le grandi filiere di produzione del valore; - revisione dei meccanismi di selezione delle proposte di intervento, con particolare riferimento alla definizione delle regole di composizione delle commissioni giudicatrici, privilegiando la dimensione nazionale rispetto a quella regionale, e disegno di meccanismi incentivanti del risultato finale, come il finanziamento per stadi e condizionato agli esiti intermedi.

2.2.2 L’inte(g)razione con la strategia nazionale La strategia di Smart Specialization richiede infine di individuare a livello nazionale il luogo della ‘composizione’ delle strategie regionali in un disegno coerente unitario, inteso come tavolo di confronto di natura tecnicopolitica. La regia nazionale di questi processi permetterebbe di prevedere, tra le altre soluzioni, la definizione di un unico spazio a livello nazionale che sostenga tutti gli interventi della politica regionale in ricerca e innovazione, rispondendo in modo puntuale alle diverse necessità dei territori, garantendo allo stesso tempo tanto la convergenza verso le traiettorie di specializzazione individuate a livello nazionale, quanto il rispetto di adeguati requisiti di accesso al finanziamento pubblico degli interventi, migliore qualità delle domande di partecipazione e maggiore certezza sui tempi di risposta. In linea con gli obiettivi della Strategia Europa 2020, che individua nella ricerca e nell’innovazione le leve su cui puntare per assicurare e rafforzare

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la competitività dell’Europa, dinanzi a una presenza sempre più significativa delle economie emergenti anche in settori e produzioni a più elevato contenuto di conoscenza e tecnologia, il Governo italiano ha avviato una strategia nazionale declinata in azioni ed interventi per favorire la concentrazione dei progetti e delle risorse disponibili verso un numero limitato di ambiti e settori riconosciuti come prioritari o per interesse strategico o per potenzialità rispetto al sistema pubblico e privato della ricerca (Cfr. Par. 2.1.2). Per lo sviluppo di questa vision ha assunto particolare rilevanza l’attività di mappatura delle ‘specializzazioni’ regionali, realizzata al fine di supportare il processo di creazione della complementarità e sinergia tra i fondi Horizon 2020, HIT 2020 ed i Fondi comunitari per la coesione 2014-2020. L’esito di tale mappatura rappresenterà un utile elemento di confronto tra strategia nazionale e autonome scelte delle amministrazioni regionali al fine valorizzare le specializzazioni territoriali più significative (in termini di densità di competenze nelle università, presenza di enti e centri di ricerca, di imprese, di progetti e di soggetti coinvolti) definendo, per ciascun ambito/settore, le traiettorie più promettenti per far convergere domanda ed offerta di ricerca, che ad oggi continuano spesso a muoversi in maniera disordinata, se non divergente. Da un punto di vista metodologico, la ricognizione si articola in tre fasi (Figura 3). Figura 3 L’approccio metodologico della mappatura: le fasi

La prima fase è volta a definire per ciascun settore prioritario le tendenze evolutive (Cfr. Par. 2.1.1 sulle attività di foresight), identificando gli ambiti più promettenti in termini di sostenibilità infrastrutturale, finanziaria e di

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mercato nonché di disponibilità di competenze per confrontarli con le presenze industriali (o, in genere, produttive) e di ricerca presenti in quel territorio o in quella regione. L’esito della prima fase si traduce nella verifica della sussistenza delle condizioni per realizzare investimenti e progetti in quel settore e, ancor più, identificare, per un determinato settore, la linea o traiettoria più sostenibile a livello territoriale. La seconda fase, condivisa con i vari livelli istituzionali, è orientata ad individuare e riclassificare, per ciascun settore e per ciascun territorio regionale, i principali esiti degli investimenti realizzati o in corso di realizzazione, finanziati negli ultimi anni (triennio 2010-12) con risorse comunitarie, nazionali e regionali. Il lavoro di ricognizione si conclude, nella terza fase, con la definizione di un ‘perimetro’ all’interno del quale identificare e ricondurre i principali progetti, investimenti, soggetti impegnati in un determinato ambito. Tale perimetro consente di far emergere il potenziale di integrazione tra le diverse aree con l’obiettivo di: - favorire il consolidamento ed il rafforzamento dell’esperienze più significative, in grado cioè di offrire maggiore massa critica, contribuendo così alla specializzazione dei territori; - razionalizzare e concentrare gli interventi, valorizzando le complementarietà e le sinergie, riducendo le sovrapposizioni e la sovraesposizione di soggetti, ed individuando, altresì, gli ambiti di minore significatività; - migliorare la cooperazione istituzionale tra gli attori impegnati, a livello nazionale e regionale, nella definizione delle politiche e nella gestione degli strumenti in materia di ricerca e di innovazione. L’esito atteso di questa attività, che può costituire solo uno degli elementi di costruzione di un dialogo stato-regioni verso la specializzazione intelligente è quello di identificare le ‘reti lunghe’ e le integrazioni tra le maggiori e migliori competenze, esperienze, produzioni ed investimenti per uno specifico settore o ambito tecnologico, ed in quello specifico ambito sostenere, attraverso HIT 2020, l’integrazione e la cooperazione tra i diversi soggetti, progetti e investimenti, nel rispetto delle vocazioni e delle volontà politiche delle Regioni italiane.

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2.2.3 Armonizzazione tra cooperazione internazionale e strategia nazionale per la ricerca Con HIT 2020 s’intende porre fine all’estrema polverizzazione delle attività di cooperazione internazionale nella ricerca e nell’alta formazione favorendone l’inserimento nella strategia più ampia di supporto alla competitività del sistema Paese. A tal fine si procederà ad una ridefinizione delle attività favorendo una più efficace integrazione tra i diversi enti coinvolti. Questa azione ovviamente punterà anche a costruire o rinforzare l’interoperabilità dei sistemi di ricerca ed alta formazione nel loro complesso, e a inquadrare quelle iniziative che rappresentino lo sbocco internazionale di quei poli territoriali (clusters) che si stanno cominciando ad intravedere e che HIT 2020 contribuirà a sostenere e consolidare. Non solo, essi s’imporranno come naturali partners di reti internazionali, nell’ambito delle quali la mobilità dei ricercatori non potrà che raggiungere un ragionevole equilibrio tra ingresso ed uscita, in luogo del terribile saldo negativo delle competenze e dei talenti che il nostro sistema in questi anni sta pagando (Cfr. Par. 1.1). In aggiunta alla proiezione internazionale delle attività di ricerca ed innovazione ‘tematiche’, condotte dai clusters nazionali intorno alle priorità condivise nel sistema italiano, nell’ambito di HIT 2020 sarà avviato un numero limitato di programmi che riconoscono denominatori comuni diversi da quello tematico: ad esempio quello geografico, ma anche quello delle emergenze umanitarie e/o sanitarie o quello culturale. Il primo di questi programmi allo studio è uno schema cooperativo basato sull’art. 185 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)48 che riconosce come elemento fondante di aggregazione l’area geografica mediterranea. Infatti, l’acronimo che designa il programma, PRIMA, signifi48 L’art. 185 del TFUE mira ad integrare parti di programmi nazionali per l’attuazione congiunta, insieme alla Commissione Europea, di un programma comune di ricerca, al fine di ridurre la frammentazione degli interventi e di aggregare, armonizzare e coordinare le risorse e le capacità di ricerca nazionali.

ca Partenariato nella Ricerca e Innovazione nell’Area del Mediterraneo. Esso prevede la partecipazione attiva e paritaria dei Paesi Mediterranei alla definizione di una programmazione congiunta. La finalizzazione della complessa procedura potrebbe avvenire durante la Presidenza italiana dell’UE, nel secondo semestre del 2014. Ci si attende che il sistema italiano della ricerca e dell’innovazione, in tutte le sue componenti pubbliche e private, sappia cogliere l’opportunità che

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questo programma - ove approvato dagli organi comunitari - indubbiamente potrĂ rappresentare, ma sappia anche mobilitare le proprie energie per identificare altre possibili aggregazioni progettuali coerenti con la logica di HIT 2020.

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3.

Strumenti 3.1 Un piano per le infrastrutture di ricerca

3.1.1 Priorità e strategie europee per le infrastrutture di ricerca La ricerca scientifica di frontiera e la capacità d’innovazione richiedono Infrastrutture di Ricerca (IR) di alta qualità ed adeguata dimensione, aperta al sistema delle imprese, e la possibilità per i ricercatori dei sistemi privato e pubblico di accedere alle risorse e ai servizi che queste IR rendono disponibili. Questa necessità è avvertita come priorità dalla comunità scientifica e dal sistema produttivo, tanto che da entrambi gli stakeholders il potenziamento delle IR è avvertito come priorità (Inserto 9). Inserto 9 Fatto 100 l’investimento di HIT 2020 sulle infrastrutture di ricerca, come ripartirlo fra potenziamento delle esistenti, realizzazione di nuove, sostegno alla mobilità dei ricercatori per partecipare ad infrastrutture all’estero?

È infatti evidente che le sfide maggiori che la società contemporanea è chiamata ad affrontare richiedono IR i cui costi d’impianto e di funzionamento travalicano le risorse disponibili a livello dei singoli Paesi.

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La Commissione Europea definisce le IR ‘facilities, resources and related services used by the scientific communities to conduct top-level research in their respective fields’, che possono essere localizzate in un’unica struttura o ‘distribuite’ a costituire un network, o anche ‘virtuali’, nel qual caso i servizi sono forniti per via telematica. Al fine di predisporre un piano comunitario per la realizzazione di IR d’interesse europeo, la Commissione Europea ha sollecitato gli Stati Membri ed i Paesi Associati ai Programmi Quadro per la ricerca ad allineare le strategie nazionali nell’ambito del Forum Strategico per le Infrastrutture di Ricerca (ESFRI). L’ESFRI, attivo dal 2002, ha prodotto una roadmap europea per le IR, con l’obiettivo di rispondere alle esigenze dello Spazio Europeo della Ricerca per i prossimi 10-20 anni. Sono stati così selezionati circa 50 progetti per la realizzazione di nuove IR o per interventi di riqualificazione sostanziale di IR esistenti, in base ai seguenti requisiti: - ricerca eccellente, con le più avanzate tecnologie; - management di straordinaria qualità; - evidente valore aggiunto per l’Europa nel suo insieme; - servizi di alto livello; - accesso aperto ai ricercatori, sulla base di procedure competitive (domanda superiore all’offerta). I progetti approvati, che coprono diversi ambiti disciplinari (5 sono nelle Scienze sociali ed umane, 13 nelle Scienze della vita, 9 nell’Ambiente, 7 nell’Energia, 6 nei Materiali, 10 nella Fisica ed Astronomia, più una ‘e-infrastruttura’), prevedono in maggioranza infrastrutture distribuite; solo un quarto IR è localizzato in un unico sito. Il contesto giuridico delle IR d’interesse europeo è stato definito nel Regolamento comunitario 723/2009, che fissa le norme per i cosiddetti ERIC, norme che l’Italia, insieme ad altri 5 paesi europei, ha già recepito. Attualmente, 10 progetti sono in fase operativa, ma si stima che altri 16 lo saranno fra breve. L’agenda strategica per l’Unione dell’Innovazione stabilisce che, entro il 2015, il 60% dei progetti dovrà essere operativo. La Commissione Europea stima che attualmente vi siano in Europa circa 550 IR (non tutte dello stesso livello, ovviamente) e nella proposta per il programma quadro Horizon 2020 indica l’obiettivo di portarle a 1000 entro

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il 2020; il Governo italiano ha proposto invece che si riduca il numero a 300, ma se ne aumenti l’efficienza e la competitività. Certamente, nell’ambito di HIT 2020 ci si orienterà secondo questi criteri, anche in base ai risultati della Consultazione Pubblica (Inserto 10). Inserto 10 Quante infrastrutture di ricerca d’interesse europeo dovrebbero essere realizzate in Italia?

3.1.2 Criteri per l’identificazione delle infrastrutture di ricerca di livello europeo Nel VII Programma Quadro, il rapporto tra ricercatori impegnati in progetti associati alle IR fuori del proprio paese e numero totale di ricercatori è del 2,4% per l’Italia, contro 1,8% per UK, 1,4% per la Francia e 1,3% per la Germania. Questo confronto: - indica che i ricercatori italiani attingono efficacemente alle attività ed alle risorse delle IR europee; - testimonia la relativa scarsità di risorse infrastrutturali adeguate presso università ed enti di ricerca dislocati sul territorio nazionale, nonostante l’Italia possegga una consolidata e valida tradizione nella progettazione e realizzazione di elementi complessi per la realizzazione o il potenziamento di IR di caratura internazionale.

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Nel complesso, il sistema delle IR in Italia soffre, come molte altre componenti del sistema della ricerca e dell’alta formazione, di un’eccessiva frammentazione, che comporta talora duplicazioni e spesso dimensioni inadeguate, sia nelle risorse materiali che nelle risorse umane, rispetto alle sfide da affrontare ed alla crescente competizione internazionale. Il quadro che si ha di fronte manifesta insomma una serie di criticità, quali: - una partecipazione ai progetti di IR d’interesse europeo assicurata, di norma, da gruppi di ricerca di massa subcritica; - una limitata capacità di sfruttare i benefici socio-economici connessi alla realizzazione e al funzionamento di una IR fisicamente localizzata; - una cronica latitanza di pianificazione pluriennale ed una conseguente incertezza circa la sostenibilità nel medio-lungo periodo delle IR; - una insufficiente presenza di IR di livello europeo sul territorio nazionale; - un debole collegamento con il sistema produttivo. Nell’ambito del programma HIT 2020 verrà pertanto elaborata una strategia nazionale, coerente con quella europea, per l’identificazione di IR con caratteristiche adeguate. I criteri per l’identificazione delle IR funzionali alla strategia nazionale non possono che rifarsi a quelli messi a punto dall’ESFRI e cioè: - capacità di svolgere ricerca di frontiera, sostenuta da dotazioni tecnologie adeguate; - supporto amministrativo eccellente; - ruolo riconosciuto a livello europeo (almeno il 30% degli utilizzatori proviene dall’estero); - capacità di fornire formazione avanzata per giovani ricercatori; - eccesso della domanda rispetto all’offerta (selezione dei progetti tramite peer review); - pubblicazione dei risultati ottenuti secondo le migliori pratiche dell’ambito disciplinare. A tali criteri codificati a livello europeo deve evidentemente aggiungersi la valutazione dell’impatto che tali infrastrutture hanno sul sistema scientifico e produtttivo nazionale, ivi compresa la loro capacità di fornire servizi di frontiera al sistema delle imprese. Nel Piano Nazionale per le IR (PNIR), messo a punto nell’ambito di HIT 2020, saranno previste strutture che possano associare nello stesso ‘peri-

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metro’ anche fisico, oltre che relazionale, attività di ricerca knowledge driven ed attività technology driven, promuovendo così l’eterogeneità fra ricercatori di estrazione universitaria (o comunque pubblica) e ricercatori operanti nel settore privato (in particolare PMI). In questo modo si ritiene di poter riuscire non solo ad incrementare l’efficienza della trasformazione dei risultati della ricerca in prodotti e processi innovativi, ma anche a ridurre considerevolmente i tempi (e quindi i costi) di questa conversione. Infrastrutture di Ricerca e Territori Il PNIR prenderà come ovvio riferimento la strategia europea e nazionale di smart specialisation, puntando a localizzare le IR (sia quelle concentrate in un unico sito fisico, sia il centro propulsore di quelle distribuite o virtuali) in coerenza con le scelte vocazionali dei territori. Per quanto riguarda gli ambiti tematici, si farà riferimento a quanto definito nel piano dei Cluster Tecnologici Nazionali. Pertanto, anche in base alle indicazioni raccolte tramite la Consultazione Pubblica, il PNIR provvederà ad una revisione dell’assetto delle oltre 50 IR censite sul territorio naziona49 Roadmap Italiana Infrastrutture di Ricerca (2010). http://www.infrafrontier.eu/d ocs/roadmaps/Roadmap_Ital y.pdf

le,49 considerato anche che il nostro Paese partecipa alla maggior parte dei progetti della roadmap ESFRI. A questo proposito, HIT 2020 identifica la costituzione di ERIC come uno strumento valido per aggregare IR di interesse pan-europeo distribuite. Alcuni dei progetti identificati dall’ESFRI (per esempio Eurobioimaging, Euro-FEL) ed ERIC già costituiti o in avanzata fase

50 L’investimento nelle attuali IR ha un valore attualizzato stimato ad oltre 120 miliardi di Euro ed i relativi costi di funzionamento ammontano a circa 10 miliardi di euro/anno, che corrispondono al 4% della quota media di PIL spesa in R&I dai 27 paesi dell’Unione. Questi costi sono sostenuti dagli Stati Membri per il 95% e dalla UE per il restante 5%. Il completamento delle nuove infrastrutture della roadmap ESFRI richiede un investimento complessivo di circa 20 miliardi di euro, da realizzare nei prossimi 10-15 anni ed una spesa annua di circa 2 miliardi di Euro per il funzionamento, con un incremento del 20% rispetto all’attuale.

di costituzione (come SHARE-ERIC e CERIC-ERIC solo per citarne alcuni) sono coerenti con il modello indicato di infrastrutture di ricerca di interesse pan-europeo distribuite. Gli stessi concetti si applicano alle infrastrutture single site: a titolo d’esempio, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso sono già ben posizionati per la costituzione di un ERIC. Investimenti economici importanti, come quelli richiesti dalle IR,50 necessitano di un quadro consolidato di valutazione e monitoraggio, basato su valutazioni ex ante, in itinere ed ex post, condotte attraverso meccanismi di peer review internazionale. In termini generali, la valutazione terrà conto dell’impatto che le IR avranno realizzato a 3 livelli: - il livello regionale include l’impatto socio-economico della IR sul territorio di riferimento, il suo contributo alla specializzazione intelligente ed all’apertura internazionale del sistema produttivo regionale, che deve far

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parte della missione della IR fin dalla sua costituzione; - a livello nazionale, l’impatto sarà misurato nella capacità di evitare duplicazioni di iniziative, di favorire l’utilizzo della IR da parte di ricercatori di altre regioni e nazioni, di coagulare sinergie finalizzate alla sostenibilità della struttura, di ottimizzare il ritorno scientifico, tecnologico, sociale e finanziario sul sistema paese; - l’impatto a livello europeo/internazionale sarà rappresentato dal posizionamento che la IR avrà conseguito rispetto al benchmark determinato da IR di riferimento, in termini di output scientifico-tecnologico e di qualità delle risorse umane, tanto nell’ambito di ricerca in senso stretto che in quello di management della IR.

3.1.3 Strumenti di valutazione e supporto finanziario Attualmente il sostegno finanziario alle IR esistenti sul territorio nazionale è assicurato con una certa continuità dal Fondo Ordinario degli Enti di Ricerca (FOE) e da alcuni interventi specifici nell’ambito dei Fondi comunitari per la coesione 2014-2010. La partecipazione italiana alla costruzione ed al funzionamento delle nuove IR inserite nella roadmap ESFRI è garantita da un finanziamento di circa 90 milioni di Euro all’anno a valere sul FOE. L’accesso dei ricercatori italiani alle IR di livello europeo localizzate in altri paesi è sostenuto in maniera sinergica sia da fondi europei che da risorse finanziarie provenienti direttamente dagli enti e dalle università di appartenenza. Tenendo conto delle citate indicazioni fornite dalla CP HIT 2020, una volta effettuata la revisione delle IR esistenti, sarà costituito presso il MIUR un Fondo Unico a supporto del PNIR, finalizzato a sostenere, nel rispetto delle priorità identificate, tre distinti interventi per: - il potenziamento delle IR esistenti, affinché possano qualificarsi come IR d’interesse europeo; - la realizzazione di nuove IR, in accordo con la roadmap dell’ESFRI; - la mobilità dei ricercatori italiani verso IR d’interesse europeo localizzate fuori del territorio nazionale.

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In funzione della tipologia della IR e degli ambiti disciplinari di riferimento, sarà attivato un meccanismo di governance orizzontale, per garantire il coordinamento di fondi provenienti da altri Ministeri, earmarked per le IR di rispettivo interesse. Il sistema di governance garantirà inoltre una partecipazione unitaria e condivisa delle varie amministrazioni ad azioni transnazionali.

3.2 Verso la sintonizzazione con gli strumenti europei L’esigenza di sintonizzare le azioni nazionali per il supporto alla ricerca ed all’innovazione con i relativi indirizzi europei deve trovare una specifica realizzazione anche sul versante degli strumenti procedurali utilizzati a livello nazionale, caratterizzati da un’impostazione complessa e farraginosa, oltre che da un’evidente disomogeneità non solo con gli analoghi strumenti europei, ma anche tra gli stessi strumenti nazionali. Sulla base della ferma convinzione che l’attuale sistema nazionale di incentivazione alle attività di ricerca pubbliche e private debba essere profondamente ripensato verso logiche di semplificazione, velocizzazione, coerenza con le attuali esigenze di sviluppo dei territori e dei sistemi, è necessario procedere ad una profonda ristrutturazione degli strumenti in materia introducendo procedure uniche e semplificate, meccanismi valutativi oggettivi e trasparenti, tempi certi e ristretti sia per le fasi di valutazione, sia per le fasi di erogazione delle risorse.51 In particolare per poter giocare un ruolo rilevante in Europa, un’importanza strategica dovrà essere rivolta: - al supporto ai nuovi investimenti ‘capital intensive’ da parte dell’industria, per lo sviluppo delle capacità industriali europee con una particolare 51 Il processo peraltro si è già avviato con le disposizioni del D.L. 83/2012, convertito nella Legge 134/2012 (cd. Decreto Sviluppo) che prevede, tra l’altro, l’abrogazione delle normative vigenti (in particolare, il D.Lgs. 297/1999 per la ricerca industriale).

attenzione ai settori connessi alle ‘Key Enabling Technologies’ (KET); - alla maggiore presenza internazionale dell’Italia da attuarsi anche tramite i diversi strumenti attivabili (come soltanto per esempio JTI-Joint Technology Initiatives, Eureka). Infine il modello delle Partnership Pubblico Privato (PPP), già sperimentato

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con successo in Europa, diventerà in futuro schema di riferimento per tante iniziative miranti a coinvolgere i soggetti interessati - a livello europeo, nazionale e regionale, pubblico e privato - per conseguire obiettivi ben definiti in settori che uniscano la capacità di affrontare importanti sfide per la società e le potenzialità anche dell’Italia di affermarsi a livello europeo e mondiale.

3.2.1 La generalizzazione della peer review e della ciclicità del processo valutativo Nel processo di ‘sintonizzazione con l’Europa’ del sistema nazionale della ricerca e dell’innovazione, particolare attenzione viene dedicata ai meccanismi di valutazione, in tutte le fasi in cui questa si svolge: ex ante, in itinere, ex post. La golden rule alla quale tutta la valutazione di HIT 2020 fa riferimento consiste nella individuazione di pochi criteri valutativi, centrati sulla: - qualità tecnico-scientifica dei contenuti progettuali; - qualità dei soggetti proponenti; - misurabilità dell’impatto dei risultati. Particolare attenzione, in tale quadro, sarà rivolta agli aspetti sostanziali, superando abitudini nazionali troppo concentrate su preventivi aspetti formali, con completa disattenzione ai risultati generati e da generarsi.

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Inserto 11 La peer review dovrebbe essere lo strumento di riferimento per tutti gli interventi finanziari di HIT 2020 a sostegno della ricerca e dell’innovazione.

Risposte individuali

Enti privati / Imprese

Enti pubblici

I meccanismi valutativi previsti optano per una generale applicazione della peer review (raccomandata anche, con largo consenso, dai partecipanti alla CP HIT 2020, cfr. Inserto 11), utilizzando di norma valutatori nazionali ed internazionali ed eliminando l’intermediazione di comitati, commissioni et similia, oggi pervasivamente presente. In tal modo s’intendono realizzare quelle condizioni di reale competenza e ‘distanza’ tra valutato e valutatore, la cui assenza oggi rappresenta forse la principale causa di valutazioni lente, opache, spesso assai poco oggettive. In HIT 2020 si prevede un progressivo incremento ponderale relativo delle valutazioni ex post rispondendo alle esigenze di assicurare elevato impatto degli interventi realizzati.

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3.2.2 Format unificato e periodicità affidabile dei bandi Nel contesto descritto, assume particolare importanza il fatto che i ‘format’ messi a disposizione degli utenti seguano il più possibile logiche di unificazione e semplificazione, evitando al sistema inutili, faticose e dispendiose attività formali che nulla a che vedere hanno con gli sforzi da concentrare sui contenuti dei progetti proposti. Già i più recenti bandi MIUR (Cluster nazionali, Smart Cities) vanno in questa direzione, che sarà resa ordinaria in tutti gli interventi di HIT 2020. Nella stessa logica, analogo valore si attribuisce alla regola che vi sia un’attendibile cadenza temporale degli interventi, con una periodicità certa per consentire a tutti la necessaria programmazione interna delle risorse e delle scelte. La definizione e il rispetto dei tempi di attuazione delle azioni previste dal Programma HIT 2020 rappresenta uno dei punti distintivi della nuova impostazione.

3.3 Risultati (in)attesi: misurare l’impatto della ricerca e dell’innovazione Alla classica tripartizione delle forme di valutazione (valutazione o selezione ex ante, valutazione in itinere, valutazione ex post) si è in anni recenti aggiunta una categoria di valutazione che ha assunto rapidamente rilievo centrale in alcuni Paesi, ovvero la valutazione di impatto. Ad esempio, fonti autorevoli USA52 riportano che il Progetto Genoma Umano ha determinato un ritorno per l’investimento (ROI) di 141:1, cioè per ogni dollaro pubblico investito ne sarebbero stati generati 141! Ad oggi, in Italia, elementi solidi (=dati) per una seria valutazione dell’impatto che gli investimenti nelle diverse aree della ricerca hanno prodotto sul sistema industriale/produttivo, o più in generale sulla società civile del Paese, non sono disponibili. Eppure, è evidente che la valutazione di impatto delle attività di R&I è esigenza fondamentale per il supporto che essa può dare alla definizione di strategie e politiche pubbliche funzionali allo sviluppo dei 52 http:// www.genome.gov/27544383

sistemi produttivi e più in generale del Paese, nonché per misurare l’allineamento (o il divario) della performance nazionale rispetto a quella degli altri

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Paesi europei, che sono spesso già in grado di utilizzare questo strumento per orientare le politiche pubbliche di ricerca e di sostegno all’innovazione. Assieme a questi obiettivi ‘interni al sistema’, la valutazione d’impatto soddisfa anche le esigenze istituzionali di rendicontabilità (accountability) nei confronti del cittadino-contribuente sull’utilizzo delle risorse e permette di affinare quella indispensabile conoscenza delle potenzialità territoriali che è il punto di partenza di qualsiasi strategia. La molteplicità di obiettivi che la valutazione di impatto può assolvere determina inevitabilmente una molteplicità di approcci e - a cascata - di metodi applicabili. Si tratta infatti di una tipologia di valutazione ex post che tenta di misurare tutti i possibili effetti della spesa pubblica per R&I, anche differiti nel tempo e lontani nello spazio. Mentre quindi la classica valutazione ex post si occupa del prodotto della politica (output) o al massimo del suo risultato (outcome), la valutazione di impatto (impact) tenta di definire tutti i sentieri o ramificazioni (pathways) attraverso i quali la spesa pubblica genera effetti, in particolare effetti indiretti, ritardati e, talora, inattesi. Per esemplificare, la valutazione della ricerca pubblica svolta dalle università può essere effettuata ex post misurando la produzione o output (per esempio il numero di pubblicazioni scientifiche) e valutandone la qualità come risultato o outcome (per esempio numero di citazioni ricevute, giudizio di peer review). Ma una vera valutazione dell’impatto della ricerca pubblica, svolta quindi da soggetti pubblici con risorse pubbliche, non può prescindere da una valutazione dell’effetto reale sulla crescita del Paese sia in termini culturali sia economici. È questo uno dei punti fondanti della nuova politica di Horizon 2020 individuato come esigenza primaria dell’Europa, e ancora di più dell’Italia. La stessa ricerca pubblica dovrebbe quindi essere soggetta ad una ulteriore valutazione di impatto, la quale si farebbe carico di identificare tutti i possibili effetti a valle. Tali effetti sono di norma: - diretti, ovvero legati alla volontà e all’impegno del sistema di ricerca pubblico di operare in collegamento con il sistema economico e produttivo; - indiretti: non sono direttamente prodotti dai risultati della ricerca, ma si generano attraverso vari passaggi che coinvolgono attori diversi; - differiti: si manifestano anche molti anni dopo la produzione della ricerca; - spesso anche non intenzionali e imprevisti: chi ha prodotto la ricerca

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e/o chi l’ha finanziata non li aveva previsti o voluti esplicitamente. Una valutazione di impatto della ricerca pubblica richiederebbe di studiare, ad esempio: - qual è il livello del capitale umano (laureati, dottori di ricerca, giovani ricercatori) creato attraverso la ricerca e quali sono gli sbocchi occupazionali; - se le conoscenze generate sono state utilizzate e da chi (imprese, pubblica amministrazione); - se sono state utilizzate per la produzione di beni pubblici o beni di mercato; - se vi sono brevetti generati dalla ricerca di laboratorio; - se vi sono imprese nate sui risultati della ricerca. Come è evidente dunque, si tratta di: - identificare tutte le ramificazioni a valle della ricerca, che possono coinvolgere attori diversi rispetto a chi ha prodotto i risultati e avere effetto in momenti differiti; - misurare gli effetti generati. Dal punto di vista metodologico la valutazione di impatto: - utilizza una serie di tecniche differenziate, combinando metodi qualitativi e quantitativi (panel di esperti, interviste in profondità, analisi bibliometriche e dei brevetti, analisi testuali, surveys); - conduce ad una stima del tasso di rendimento sociale dell’investimento; - non può utilizzare metodi controfattuali, in quanto assai difficilmente può disporre di un vero campione di controllo (i ‘non beneficiati’ dall’intervento). Negli anni recenti, numerosi governi e agenzie pubbliche hanno intrapreso esercizi di valutazione di impatto della ricerca pubblica. Tra i risultati più importanti di questi studi53 si possono ricordare i seguenti: - i sentieri attraverso i quali la ricerca pubblica genera degli effetti sono numerosi e diversi: aumento dello stock di conoscenza, formazione di laureati, creazione di nuovi metodi e di strumentazione tecnica e scientifica, sviluppo di reti di contatti e collaborazioni, ricerca conto terzi e a contratto, consulenza e capacità di problem solving, generazione di nuove imprese, produzione di nuova ‘conoscenza sociale’; 53 Questa sezione è basata sull’utilissima sintesi degli studi e della letteratura recentemente effettuata da Alan Hughes e Ben Martin (2012) Enhancing impact. The value of public sector R&D. CIHE-UK~IRC.

- la ricerca pubblica ha effetti più ampi (anche se più differiti) di quella privata, perché è maggiormente accessibile e genera ricadute (spillover) diffuse, anche in settori lontani da quello di origine; - in molti casi, l’impatto non si manifesta solo attraverso prodotti o risultati tangibili (pubblicazioni, brevetti) ma attraverso relazioni personali svolte da ricercatori in interazione con soggetti esterni (consulenza tecnica,

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corsi di formazione, conferenze, collaborazione ad attività di problem solving, mobilità del personale): si parla in proposito di un impatto ‘peoplebased’; - l’orizzonte temporale entro il quale si verifica l’impatto è molto esteso, non meno di uno o due decenni. Esistono stime del tasso di rendimento della spesa pubblica in R&I differenziate, alcune con tassi spettacolari (come quella statunitense citata in avvio di paragrafo), spesso ottenuti con assunzioni discutibili nella analisi. Le stime più prudenti e robuste sono tuttavia concordi nell’affermare che il tasso di rendimento è largamente più elevato di quello dell’investimento pubblico in altri settori di attività e del tasso medio di rendimento privato per gli investimenti fissi. Una stima che si trova in vari studi si attesta intorno ad un tasso del 40% annuo: per ogni Euro di investimento si ottiene un beneficio sociale netto di 40 centesimi ogni anno: come dire che l’investimento pubblico si ripaga in poco più di due anni! Come appare evidente, questi risultati pongono delle sfide importanti per un paese, come l’Italia, che ha ampi spazi di miglioramento delle collaborazioni tra ricerca pubblica e privata. La definizione di strumenti efficaci e pervasivi di valutazione di impatto della spesa pubblica in R&I permetterebbe quindi di dare un impulso concreto al sistema Paese, valorizzando l’azione di tutti coloro, sia nel sistema pubblico sia privato, realmente interessati a contribuire con al R&I allo sviluppo del Paese. Nel panorama italiano le esperienze di valutazione di impatto della ricerca pubblica sono ancora limitate.54 Tuttavia esiste un quadro di esperienze e competenze tecniche di valore, che costituiscono una buona premessa per lanciare esercizi di valutazione di impatto. A livello nazionale, le esperienze esistenti sono riconducibili al quadro delle Politiche di Coesione, che tradizionalmente hanno incardinato saldamente la valutazione all’interno del ciclo decisionale. Alla fine del periodo di programmazione 2000-2006 dei Fondi Strutturali, il Dipartimento per lo 54 Una discussione introduttiva è svolta in Bonaccorsi A. (2012) Nuovi ruoli della valutazione delle politiche pubbliche per ricerca e innovazione: oggetti, effetti, metodi, dati. Rassegna Italiana di Valutazione, no.

Sviluppo e Coesione economica (MISE) ha promosso uno studio sull’impatto del finanziamento pubblico alla ricerca nelle Regioni meridionali. Tra le Regioni che hanno svolto una valutazione di impatto dell’insieme delle politiche di R&I finanziate con i Fondi Strutturali si segnala la Sardegna, che ha prodotto un ampio documento su tutte le misure del periodo

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2007-2013, che ripercorre anche i periodi precedenti di programmazione.55 Altri studi sono in corso in diverse Regioni. Anche al di fuori del perimetro delle Politiche di Coesione, si segnalano alcune esperienze. Ad esempio, la Provincia Autonoma di Trento si è dotata di un sistema di valutazione della ricerca che prevede anche la valutazione di impatto. Nei Ministeri di spesa per ricerca e innovazione (MISE e MIUR) esistono tradizioni diverse di valutazione ex post. Il MISE ha un’attitudine consolidata alla valutazione controfattuale delle misure di incentivo pubblico alla ricerca per le imprese. Su questo terreno esistono anche numerosi studi promossi dalla Banca d’Italia, esperienze interessanti in molte Regioni (ad esempio tra gli altri Umbria, Marche, Toscana e Piemonte) e studi di numerose università, del CNR e di centri di ricerca come IRVAPP, RES e altri. Il MIUR ha svolto esperienze di valutazione di singoli programmi del PON 2000-2006 in collaborazione con ISMERI. Inoltre ha collaborato alla costituzione dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR), che ha la missione di svolgere la valutazione ex post di tutta la ricerca finanziata dal Ministero. Da evidenziare la necessità di considerare attentamente, nella valutazione dell’impatto e dell’efficacia degli interventi pubblici a supporto in particolare delle attività di ricerca realizzate dalle imprese, il fattore tempo: l’efficacia degli strumenti dipende infatti direttamente dai tempi di attuazione degli interventi. Si potrebbe dunque concludere che la valutazione d’impatto sia oramai acquisita, in una concezione moderna delle politiche pubbliche, ma sarebbe una conclusione eccessivamente ottimistica: nella pratica vi sono ancora ostacoli e difficoltà da superare, di natura sia politica (ridimensionamento della valutazione in favore di scelte autonome e accentrate nei vertici politici, con il conseguente ricorso ad una pseudo-valutazione che altro 55 Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici della Regione Autonoma della Sardegna (NVVIP). Gruppo di lavoro ricerca scientifica e innovazione tecnologica. (2011) Piano di valutazione della politica regionale unitaria 2007-2013. Rapporto di ricerca conclusivo.

non è se non mera conferma ed enfatizzazione delle scelte compiute) che tecnica, quali: - l’estesa e differenziata scala temporale degli effetti; - la natura sistemica e non lineare dei meccanismi in atto; - la disponibilità di dati robusti sui fenomeni; - la capacità delle amministrazioni di creare sistemi di misurazione con indicatori chiari e realmente misurabili.

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È opportuno sottolineare come un’attenzione particolare, nella pratica della valutazione d’impatto, debba esser riservata alla capacità di far emergere anche i risultati ‘inattesi’, che sono spesso i più interessanti. La ricerca è infatti un’attività a forte rischio di insuccesso, ma anche intrinsecamente collegata alla possibilità di generare importanti ed imprevisti salti tecnologici e della conoscenza (quantum leaps). La capacità degli esercizi valutativi di individuare i risultati inattesi rappresenta la frontiera con la quale HIT 2020 deve necessariamente confrontarsi, facendo proprie quelle competenze ed esperienze di valore che complessivamente il sistema italiano ha espresso e che costituiscono una buona base di partenza. HIT 2020 individua nella misurazione dei risultati e nel capacity building generato dagli stessi processi valutativi il core dei propri principi ispiratori e, per affrontare e superare i problemi tecnici posti dalla valutazione di impatto, adotta, come riferimenti metodologici principali: - la condivisione - attraverso una consultazione la più ampia possibile aperta anche e soprattutto al mondo delle imprese - di un set di indicatori di impatto; - l’integrazione tra le banche dati sugli investimenti in ricerca e innovazione e tra queste ed altre fonti (quali, per esempio, le banche dati sulle pubblicazioni, sui brevetti, ...); - l’impiego combinato ed integrato di tecniche analitiche quantitative e qualitative; - la regolarità nella raccolta e l’aggiornamento periodico dei dati; - la realizzazione di uno spazio di condivisione delle problematiche metodologiche che emergeranno fra i ricercatori, gli esperti e gli amministratori che avvieranno i processi valutativi, per migliorarne sempre di più la capacità di individuare quei risultati inattesi che sono i principali indicatori della riuscita delle politiche pubbliche a sostegno della ricerca e dell’innovazione.

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3.4 I meccanismi competitivi nei bandi

3.4.1 Le caratteristiche dei bandi Excellent Science per la ricerca knowledge driven, dei bandi Industrial Leadership per la ricerca technology driven, e dei bandi societal challenges per la ricerca mission driven Uno dei principi sui quali si fonda la ‘nuova stagione’ degli interventi nazionali a sostegno della ricerca e dell’innovazione, inaugurata con HIT 2020, è certamente rappresentato dall’esigenza di una competizione autentica e fair tra i progetti proposti e che qualità e merito prevalgano in maniera incondizionata rispetto ad ogni altro elemento. Strettamente collegata a tale aspetto è l’esigenza di concepire e specializzare in modo organico e coordinato ogni intervento in una logica di azione sistemica, guidata dalla preventiva definizione degli obiettivi da raggiungere, da individuarsi in modo funzionale alle più ampie politiche di rilancio e crescita del Paese. In tale quadro, dunque, i centri di spesa pubblici dovranno evitare interventi di tipo ‘generalista’, a vantaggio di una progressiva quanto rapida specializzazione del sistema della ricerca, verso ambiti e settori sui quali il Paese risulta meglio equipaggiato (in termini quantitativi, ma soprattutto qualitativi) e dunque più competitivo a livello internazionale. Il MIUR, in particolare, s’impegna altresì a condividere questo approccio strategico con gli altri Dicasteri che, a vario titolo, intervengono nel sostegno alla ricerca nazionale. Inoltre, sarà superata decisamente la perdurante quanto anacronistica logica, in base alla quale le attività di ricerca knowledge driven continuano ad essere considerate separate e scollegate rispetto a quelle technology e mission driven, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale, con la conseguente dissociazione tra le attività di ricerca pubblica e quelle che più tipicamente ricadono nel perimetro del settore privato. Questa azione dovrà essere sempre realizzata puntando ad ottenere risultati concreti e monitorabili degli interventi in termini di impatto socio-economico (quindi capacità di sostenere la competitività internazionale del Paese). Gli interventi saranno concepiti e sostenuti secondo la logica di un conti78


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nuum che colleghi le attività di ricerca ed i soggetti pubblici e privati che le svolgono, distinguendole unicamente dal punto di vista della ‘distanza temporale’ dal mercato finale di riferimento. Saranno costruiti dunque interventi omogenei fra loro, distinti soltanto in base alle ricadute dei risultati (in)attesi, che possono essere a breve, medio o lungo termine, in una concezione che veda queste distinzioni in maniera flessibile e continua e non, com’è avvenuto fin qui, rigidamente distinta. Anche i risultati della CP HIT 2020 incoraggiano a procedere in questa direzione (Inserto 12). Inserto 12 Gli strumenti finanziari di HIT 2020 dovrebbero coprire tutto il ciclo della ricerca e dell’innovazione.

Risposte individuali

Enti privati / Imprese

Enti pubblici

Nel quadro degli orientamenti sopra descritti, i bandi di HIT 2020 per la ricerca knowledge driven dovranno mirare all’innalzamento delle conoscenze scientifiche nei vari ambiti, prevedendo, accanto a interventi a sostegno delle attività di ricerca di singoli ricercatori, in particolare quelli più giovani, incentivi a progettualità di ampio respiro, capaci di promuovere l’aggregazione di una massa critica di competenze nazionali e/o miste, in grado di

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competere positivamente a livello internazionale. Per questa tipologia di bandi, in coerenza con l’orientamento comunitario, sarà tratta ispirazione dalle procedure seguite dall’European Research Council (ERC), distinguendo bandi riservati a ricercatori di profilo R256 (starting grants), R3 (advanced grants) ed R4 (research strengthening grants), questi ultimi con valenza di supporto a strutture di ricerca ed incentivazione di consistente massa critica. Quale che sia il profilo, una particolare attenzione sarà dedicata al sostegno dell’avanzamento della conoscenza su tecnologie-chiave abilitanti (KET), attraverso interventi ‘mission oriented’, che vedano insieme attività di ricerca di base e ‘industriale’. Il principio della collaborazione tra il sistema della ricerca pubblica e quello delle imprese sarà costantemente applicato, nella consapevolezza della necessità di superare distinzioni e separazioni prive ormai di qualsiasi valida giustificazione. Sarà incentivata l’interdisciplinarità e la partecipazione ed il coordinamento dei progetti da parte di ricercatori appartenenti al genere femminile. Secondo il principio ‘excellence with impact’, sarà superata la tradizionale tendenza al finanziamento ‘a pioggia’ (poche risorse a una miriade di piccoli progetti, dispersi in ogni microsettore dello scibile), privo di qualsiasi ricaduta per la qualità del sistema italiano della ricerca, virando verso progettualità di maggiori dimensioni finanziarie e con più evidente capacità di impatto nei vari settori di riferimento. Anche i criteri di valutazione saranno adeguati ai nuovi obiettivi, privilegiando la capacità di cogliere impatti economici, sia pure nel medio e nel lungo periodo.

3.4.2 Il livello regionale: caratteristiche dei bandi territoriali Un’esigenza di profondo ripensamento si avverte anche per quanto riguarda gli interventi di spiccato carattere territoriale, con particolare riferimento all’utilizzo delle risorse comunitarie destinate alla Politica di coesione 56 Per la definizione di questi profili, si veda: http://ec.europa.eu/euraxess/ pdf/research_policies/Toward s_a_European_Framework_fo r_Research_Careers_final.pdf

nelle regioni più svantaggiate. Sebbene gli investimenti delle regioni in R&I siano aumentati negli ultimi anni, essi tuttavia risultano ancora bassi rispetto alla media europea, così come ancora troppo diverse le strategie definite a livello regionale, con

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alcune significative buone pratiche che potrebbero essere utilmente replicate e diffuse, e le relative modalità di attuazione e di gestione degli strumenti individuati. Nel rispetto degli indirizzi comunitari, per accedere ai finanziamenti del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) le regioni dovranno individuare una propria strategia di Smart Specialization, con una caratterizzazione distintiva rispetto alle strategie ed alle scelte definite dalle altre amministrazioni, mettendo in luce i propri vantaggi competitivi (Cfr. Par. 2.2). Inoltre, occorre rispondere alla sollecitazione, anch’essa già emersa in sede comunitaria, affinché sia rafforzato, tanto in sede di programmazione che di attuazione, la integrazione tra i diversi strumenti finanziati con risorse comunitarie (FESR), nazionali e regionali. Il MIUR ha già avviato, con i recenti bandi Smart Cities, un’azione finalizzata a comporre in un quadro unitario e coerente le diverse strategie regionali proprio in linea con i nuovi orientamenti strategici comunitari e nazionali. HIT 2020 rappresenta pertanto una formidabile occasione per poter definire, in maniera condivisa, i confini tra gli obiettivi e gli interventi nazionali e regionali, per evitare le sovrapposizioni e favorire sinergie e convergenze di progetti, competenze e risorse in grado di generare reali discontinuità nei processi di crescita e di sviluppo dei territori. La programmazione 2014-2020 definirà interventi che pur destinati a specifici territori mantengono un interesse ‘nazionale’, perché di maggiori dimensioni, di maggiore massa critica, di medio-lungo termine, riservando, agli interventi da realizzare a livello regionale quelli in grado di dare risposte a specifici fabbisogni territoriali. Tanto nella definizione che nella attuazione degli interventi, nazionali o territoriali regionali, è importante confermare il valore di un partenariato socio-istituzionale leale tra Amministrazione Centrale e Regioni, che eviti rigorosamente la tentazione di far prevalere specifici interessi in luogo del merito e della qualità degli interventi, la cui valutazione deve essere sempre orientata alla individuazione delle migliori soluzioni, anche favorendo il ricorso alla pratica della peer review, con un ancora più evidente ricorso ad esperienze e competenze internazionali.

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3.5 I meccanismi competitivi nei finanziamenti ordinari

3.5.1 Certezza, competitività e premialità nel finanziamento di università ed enti pubblici di ricerca Il MIUR, attraverso il finanziamento della ricerca nelle Università e negli Enti Pubblici di Ricerca (EPR) vigilati, persegue l’obiettivo di stimolare e migliorare la performance del sistema della ricerca pubblica, una ricerca rivolta al progresso della conoscenza ed al miglioramento della qualità della vita dei cittadini. D’altra parte, tramite incentivi destinati a programmi e progetti di ricerca industriale, il MIUR interviene anche a sostegno del trasferimento e della crescita di competenze e conoscenze nelle imprese, in collaborazione con gli attori pubblici (Università, EPR e altri organismi pubblici di ricerca). La riforma degli EPR,57 attuata nel corso del 2010, ha introdotto specifici strumenti di programmazione e premialità, per un utilizzo efficiente ed efficace delle risorse pubbliche grazie ad una nuova governance dell’intero sistema. Le nuove norme prevedono che la ripartizione del fondo sia effettuata sulla base della programmazione strategica preventiva degli enti, nonché della valutazione della qualità dei risultati della ricerca, effettuata con il concorso dell’Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca (ANVUR). L’ANVUR, la cui attività sarà di supporto per il successo di HIT 2020, dovrà tra l’altro valutare che i Piani Triennali di Attività (PTA) ed i Documenti di Visione Strategica decennale (DVS), introdotti con la riforma del 2010, siano coerenti e coordinati con la programmazione nazionale ed europea. La quota premiale del fondo di finanziamento degli EPR (non inferiore al 7%), sarà utilizzata nell’ambito di HIT 2020 per garantire l’incremento qualitativo nella programmazione e nella realizzazione dell’attività di ricerca ed 57 D.Lgs. 213/2009, Riordino degli enti di ricerca in attuazione dell’art. 1 della legge 27 settembre 2007, n. 165.

il miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse. Una volta rodato il meccanismo, quote crescenti saranno destinate alla parte premiale del fondo, al fine di far emergere le realtà più qualificate e consentire loro di competere con successo sul piano europeo ed internazionale.

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Tenuto conto del fondamentale ruolo che il sistema universitario riveste nel perseguimento degli obiettivi di formazione avanzata e di ricerca previsti dall’Agenda Horizon 2020, diventa cruciale per il nostro Paese la partecipazione convinta del sistema universitario nazionale ‘come tale’, cioè in modo sinergico e coeso, al Programma HIT 2020. A tale riguardo, certezza delle regole, competitività e premialità dei finanziamenti giocano un ruolo chiave in un percorso che il MIUR ha intrapreso e che converge in maniera ‘naturale’ nella logica di HIT 2020. Infatti, come per gli EPR, anche per le Università una quota crescente del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) è correlata per 2/3 ai risultati ottenuti nella ricerca e nella formazione. Tale quota, inizialmente del 7%, è cresciuta negli anni e si prevede che nel futuro si incrementi ulteriormente tra un minimo dello 0,5% e un massimo del 2%. Già adesso (FFO 2012), si attesta al 13%, che corrisponde a 910 milioni di euro, confermando l’impegno assunto dal Paese. Considerando la proporzione sopra ricordata, già oggi vengono immessi nel sistema universitario oltre 600 milioni di Euro sulla base di parametri quali la capacità di attrarre finanziamenti europei ed in particolare essere vincitori di progetti finanziati dai Programmi Quadro. Con l’avvio delle attività dell’ANVUR e l’imminente completamento della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR), di sicura utilità per la definizione della smart specialization strategy a livello nazionale e regionale, assume concretezza, in piena sintonia con HIT 2020, la linea di indirizzo che vede nell’autonomia responsabile degli atenei il concetto di riferimento cui legare la progressiva affermazione dei criteri premiali con cui sono attribuite le risorse del Ministero. Ecco quindi che, sempre sul tema della ricerca e dell’innovazione, accanto ai risultati della ricerca s’inserirà, come ulteriore criterio per graduare la premialità, la valutazione delle politiche di reclutamento. Si tratta quindi di prestare la massima attenzione alla volontà e capacità di reclutare i migliori ricercatori, in grado di competere a livello internazionale sia nell’ambito della produttività scientifica, sia in quello della capacità di partecipare e coordinare progetti di successo nell’ambito dei programmi europei. Poiché un obiettivo-cardine di HIT 2020 è aumentare il return for investment del conferimento italiano ad Horizon 2020, la quota premiale cui si è accennato in precedenza non può che aumentare in HIT 2020. Del resto, la larga

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maggioranza dei partecipanti alla CP HIT 2020 ha espresso favore rispetto all’ipotesi che una parte delle risorse di HIT 2020 sia dedicata ad azioni di leverage del finanziamento internazionale ed europeo (Inserto 13). Inserto 13 Gli strumenti finanziari di HIT 2020 dovrebbero avere prevalentemente una funzione di leva rispetto ad altre fonti di finanziamento, per esempio comunitarie

Risposte individuali

Enti privati / Imprese

Enti pubblici

In coerenza con tali indicazioni, il MIUR, nell’ambito di HIT 2020, fissa un obiettivo di ulteriore incremento della percentuale dei finanziamenti premiali legati alla ricerca attribuibili alle Università che potranno arrivare al 20% nel 2015 ed al 25% nel 2020. L’intervento pubblico per la ricerca va ulteriormente elevato e qualificato. Gli obiettivi ed i target d’investimento, rispetto al PIL, sono ancora lontani dal traguardo minimo necessario per garantire una risposta soddisfacente alle grandi sfide che la società del nuovo millennio pone alla comunità scientifica. È questo un impegno prioritario per il futuro. A fronte di questo impegno

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tuttavia deve irrinunciabilmente corrispondere un rinforzo delle attività di valutazione secondo lo schema ex ante - ex post- ex ante descritto in precedenza; occorre sistematizzare il ricorso alla peer review condotta a livello rigorosamente internazionale, in modo da garantire al contribuente ed all’opinione pubblica in genere la qualità e la trasparenza dell’investimento effettuato e l’impatto dello stesso sulla crescita del Paese e sul benessere dei cittadini.

3.5.2 Ruolo e modalità del public procurement L’innovazione tecnologica e organizzativa che risponde a precise sfide sociali e di cambiamento sostenibile non può che fare riferimento al sistema pubblico come acquirente di ultima istanza, e non solo certificatore dell’esistenza di un interesse generale rilevante. Di questo assioma è ormai pienamente consapevole il mainstream comunitario, ma anche nel nostro Paese cominciano ad essere numerosi e significativi i casi di applicazione, pur sperimentale, del procurement pubblico (sia commerciale che precompetitivo) alla promozione della R&I soprattutto a livello regionale. Recentemente MIUR e MISE hanno lanciato un’iniziativa pilota nelle quattro Regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), finalizzata alla manifestazione di fabbisogni, da parte delle pubbliche amministrazioni locali, in settori predefiniti e coerenti con gli obiettivi di sviluppo formalizzati all’interno del Piano Azione Coesione (PAC). All’interno di HIT 2020 saranno introdotti meccanismi incentivanti per la diffusione di buone pratiche che consentano di identificare i soggetti capaci di produrre risultati, in termini di R&I, che realmente eccedono lo stato dell’arte ed hanno ricadute industriali e commerciali nelle aree di competenza della pubblica amministrazione in senso lato. In questo quadro, saranno ‘sperimentalmente’ applicati e valutati percorsi innovativi anche dal punto di vista dei meccanismi procedurali e contrattuali, con particolare attenzione a quelli in grado di agevolare l’attivazione di partnership con una pluralità di operatori economici, siano essi interni o esterni ad un determinato territorio. Tenuto conto dei vincoli di finanza pubblica, che non lasciano ipotizzare

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incrementi nelle potenzialità di investimento della pubblica amministrazione, l’impiego del public procurement come strumento di stimolo e d’incubazione rispetto alla ricerca ed all’innovazione, in particolare nelle PMI, in una logica di ripartizione del rischio tra attori pubblici e privati, dovrà muoversi in HIT 2020 lungo una strategia di soft co-ordination, focalizzata su tre principali direttrici: - favorire il consolidamento e l’accreditamento (anche all’interno delle strategie regionali di smart specialisation) della strumentazione giuridicoamministrativa in tema di appalti precompetitivi e commerciali con finalità di promozione della R&I;58 - promuovere la partecipazione, fin qui poco significativa con riferimento al VII PQ, di stazioni appaltanti italiane a consorzi europei di committenza promossi o sostenuti dalla Commissione e/o da Horizon 2020; - approfondire, a livello sperimentale, il tema della federazione della domanda di ricerca e innovazione da parte di più amministrazioni regionali o locali, secondo una logica di riuso, ovvero per rafforzare le prospettive di mercato delle soluzioni tecnologiche e organizzative individuate, in particolare nelle aree dell’Obiettivo Convergenza. La Consultazione Pubblica su HIT 2020 ha mostrato la scarsa dimestichezza che il sistema nazionale della ricerca, soprattutto nelle sue espressioni pubbliche (Università, EPR), ancora presenta nei confronti del public procurement. Si tratta di una criticità da risolvere rapidamente ed HIT 2020 costituisce la palestra ideale per sperimentare, applicare e diffondere questo strumento. Il public procurement infatti, con altri strumenti demand-side (adozione di standard, certificazione) se opportunamente integrato in una strategia complessiva che comprende anche misure rinnovate di sostegno all’offer58 Le sperimentazioni attualmente in corso in alcuni contesti nazionali e locali presentano molti aspetti innovativi, anche rispetto al mainstream comunitario.

ta, risulta particolarmente idoneo a favorire, attraverso nuove modalità di ingaggio tra gli attori pubblici e privati, il superamento di fasi critiche come l’attuale ed a cogliere tempestivamente le prime avvisaglie del rilancio e della crescita.

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3.5.3 Tasparenza, certezza e rapidità nel finanziamento dei progetti di R&I: il credito d’imposta e gli strumenti a valutazione L’efficacia degli interventi previsti è fortemente condizionata dall’equilibrio tra politiche ordinarie e straordinarie in tema di ricerca e innovazione. Sia le politiche di sostegno all’accesso ai fondi competitivi messi a disposizione dalla Commissione Europea nell’ambito di Horizon 2020 sia gli strumenti previsti dalla programmazione dei prossimi fondi strutturali devono poggiarsi su un solido impianto di politiche ordinarie che assicurino un sostegno strutturale e diffuso alle competenze delle imprese. A questo scopo, HIT 2020 prevede nell’ambito delle politiche ordinarie l’utilizzo coordinato di strumenti automatici (per favorire la R&I diffusa, le nuove imprese high tech, la collaborazione università-impresa) a selezione e negoziali (per realizzare grandi progetti in settori/aree tecnologiche strategiche per il Paese aumentando la massa critica attraverso la collaborazione di grandi imprese con PMI e con il sistema di ricerca pubblico). La combinazione di questi strumenti potenzierebbe ulteriormente il processo di consolidamento sul territorio nazionale di competenze, operando nella duplice direzione di sostenere e sviluppare competenze ‘place based’ e di collegarle attraverso processi che permettano di superare i territori per conseguire il consolidamento di filiere e cluster nazionali (cluster, piattaforme tecnologiche). Fondamentale è sostenere la collaborazione tra imprese e mondo della ricerca pubblica sia all’interno dei grandi progetti che attraverso le misure automatiche. Proseguendo nell’azione di semplificazione e razionalizzazione degli strumenti di supporto alla R&I HIT 2020 promuove l'omogeneizzazione delle misure di sostegno a disposizione delle amministrazioni a tutti i livelli, da inquadrare in un sistema univoco nazionale e regionale, capace di coprire l'intera gamma progettuale, dai piccoli investimenti in ricerca, ai grandi investimenti innovativi; l'adozione di un modello univoco di valutazione delle iniziative progettuali di ricerca e sviluppo tecnologico, nazionali e regionali; l’adozione di procedure e strutture operative che siano capaci di assicurare tempi rapidi e certi per ciascuna fase dei processi di valutazione e gestione del supporto degli investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico.

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È inoltre fondamentale assicurare rapidità nella fase di erogazione dei finanziamenti approvati, semplificando le procedure e soprattutto definendo tempi certi e rispettati per le singole fasi. In sintesi il Programma HIT 2020 prevede di promuovere politiche ordinarie specificamente indirizzate alle imprese basate su: - introduzione di uno strumento di sostegno trasversale alle attività di R&S, di ‘primo livello’, in grado di stimolare la ricerca e l’innovazione in modo ‘automatico’ ad ampio spettro all’interno di strutture organizzative caratterizzate dalla presenza di aree di ricerca e sviluppo. - Riorganizzazione degli strumenti di ‘secondo livello’ di tipo valutativo, indirizzando gran parte delle risorse finanziarie che si vorranno rendere disponibili, al sostegno di ambiti tecnologici e dominii applicativi specifici, di prioritario interesse per il Paese, individuati da una programmazione di alto livello, e destinando nel contempo quote residuali (percentualmente non marginali) al supporto finanziario di tematiche di R&S a tema libero e di nicchia, le quali ancorchè di attuale ridotta consistenza/impatto, inglobino un’elevata potenzialità in termini di futuri sviluppi per il Paese a livello economico-industriale. - rivitalizzazione di una modalità implementativa degli strumenti di ‘terzo livello’ di tipo negoziale, in accordo con quanto previsto dall’articolo 19 del DL 179 del 18 Ottobre 2012, rivolti sopratutto a grandi gruppi ed imprese estere (nuove localizzazioni e/o nuove iniziative sul territorio nazionale), con lo scopo di supportare tali attori in iniziative di grande respiro e rilevante impatto socio-economico sul territorio, suscettibili di significative ricadute sia in termini di R&S che di potenziali effetti a medio-lungo termine di natura industriale, attuando piani d’intervento concertati tra imprese, P.A. e enti locali Questi interventi vengono completati dalle misure specifiche di supporto alla nascita e allo sviluppo delle start up sistematizzate con il DL 18 ottobre 2012.

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3.5.4 Accordi di programma e consorzi: trasparenza, valutazione e coerenza con HIT 2020 Al fine di garantire la trasparenza e la valutazione degli strumenti di programmazione negoziata come dispositivo per sostenere e accelerare gli interventi di sviluppo, il MIUR si è dotato di un sistema organico di governance condivisa tra le diverse Amministrazioni interessate. Il coordinamento istituzionale dà operatività agli strumenti normativi59 che istituiscono meccanismi di stimolo a favore di sinergie interministeriali e del coordinamento interistituzionale con le programmazioni regionali ed europee. Le azioni di R&I si svolgono secondo archi temporali variabili. Esse vengono attuate nel lungo-medio periodo prioritariamente dal MIUR, con il concorso di altre Amministrazioni e di componenti private, ove necessario e strategicamente utile; nel breve periodo, particolarmente a cura dei Ministeri tecnici e dalle imprese private, anche in forma di consorzio. Le iniziative di cui il MIUR è promotore utilizzano come strumenti finanziari del Fondo per gli Investimenti nella Ricerca Scientifica e Tecnologica (FIRST) e del Fondo Competitività. Al fondo FIRST confluiscono le risorse di competenza del MIUR: per i progetti di interesse nazionale (PRIN); per i nuovi Progetti a Partecipazione Mista (imprese, Università. EPR) indirizzati allo sviluppo delle iniziative europee di Programmazione Congiunta e Infrastrutture di Ricerca; per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR);60 per gli investimenti in ricerca di base (FIRB);61 nonché, per quanto di competenza, le risorse del Fondo per le Aree Sottosviluppate (FAS). Per quanto riguarda, in particolare, il sistema universitario, è opportuno ricordare che, nella logica della governance condivisa, il MIUR ha iniziato da qualche tempo ad indirizzare le singole istituzioni verso accordi di programma finalizzati a realizzare processi di fusione e federazione ‘forte’, dove la sinergia e la capacità di aumentare la massa critica delle risorse umane e materiali, accompagnata dall’efficienza nell’impegno delle stesse, rappresentano elementi fondamentali per accrescere la capacità di compe59 Per esempio D. Lgs. 204/1998.

tere a livello regionale, nazionale e sovranazionale. È evidente che questo

60 Di cui al D.Lgs. 297/1999.

degli obiettivi di HIT 2020 e pertanto continuerà ad essere perseguito ed

orientamento è non solo coerente con, ma funzionale alla realizzazione incentivato, anche attingendo alle risorse per la ricerca, per la qualità della

61 Ex art. 104 L. 388/2000.

quale la frammentazione costituisce uno degli ostacoli principali.

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In questa logica si inseriscono le iniziative di analisi e indirizzamento strategico nell’ambito della negoziazione con le Regioni, gli enti e gli altri soggetti interessati da tali procedure, finalizzate alla individuazione degli interventi da realizzare nei diversi settori e ambiti tecnologici, da perseguire con una visione di sistema ed un approccio volto a promuovere una effettiva coordinazione e integrazione delle proposte emerse anche in sede di procedure competitive. Al riguardo, va sottolineato come lo strumento della programmazione negoziata tra Amministrazioni centrali e Regioni debba considerarsi uno strumento di intervento privilegiato, specie su settori quali la ricerca e l’innovazione dove sempre più visioni, riferimenti e orientamenti globali debbono connettersi con impatti e ricadute a livello territoriale. Tale logica, peraltro, contribuisce a disegnare una modalità idonea di interpretazione del Titolo V della Costituzione che distribuisce, proprio nel campo della ricerca e innovazione, competenza a livello nazionale e locale. Per valorizzare gli spazi di opportunità e il loro impatto sulla ‘mutazione strutturale’ dei sistemi economici regionali, sono stati attivati gruppi di esperti che, nell’ottica della visione di sistema, integrano e potenziano la capacità ministeriale in relazione alle competenze nelle diverse tematiche disciplinari. Visti i buoni risultati ottenuti fin qui, queste modalità operative verranno mantenute, diffuse e potenziate in HIT 2020. In questo quadro, va pure segnalato come il MIUR, nel recepimento delle indicazioni comunitarie, ha già cominciato ad adottare le misure necessarie per semplificare gli schemi amministrativi nazionali, armonizzandoli a quelli Comunitari. La misura di semplificazione si applica in modo specifico all’impiego della quota dei Fondi Strutturali dedicata ad iniziative di ricerca, sviluppo e innovazione. Anche al fine di assicurare la massima coerenza con l’agenda programmatica europea (Horizon 2020), HIT 2020 intende applicare il modello di peer review internazionale che garantisce la necessaria valenza premiale alle proposte coerenti con gli obiettivi di ricerca cruciali del Paese individuati come di interesse strategico e prioritario nazionale. Un aspetto sul quale si intende potenziare la capacità di intervento strategico di tutte le Amministrazioni italiane riguarda la valutazione ex post delle iniziative, attribuendo a questa fase un ruolo fondamentale per effettuare anche una compiuta valutazione dell’impatto (Cfr. Par. 3.3) non

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solo scientifico-tecnologico, ma anche socio-economico delle risorse attribuite, sia con riferimento ai singoli soggetti beneficiari, sia alla crescita del sistema territoriale di riferimento, sia alla misurazione della capacità competitiva dell’intero sistema Paese. Deve, infine, sottolinearsi, come il potenziamento, nel senso indicato, delle complessive attività di valutazione sarà accompagnato in HIT 2020 da una decisa valorizzazione di trasparenza e comunicazione delle attività finanziate, affinchè i cittadini-contribuenti possano conoscere, comprendere e analizzare l’utilizzo di risorse di natura pubblica. Un esempio, che nell’ambito di HIT 2020 sarà generalizzato, è rappresentato dal sito www.ponrec.it sull’impiego dei Fondi Strutturali per le Regioni della Convergenza. In questa vetrina virtuale sono visibili tutte le informazioni rispetto ai progetti finanziati in modalità ‘open data’, inpiena coerenza con le indicazioni definite a livello comunitario e internazionale. Il coronamento di questa strategia è l’attivazione, simultanea al ‘lancio’ di HIT 2020, del portale ‘ResearchItaly’ che estende queste buone pratiche all’insieme del sistema pubblico e privato della ricerca italiana.

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4.

Le risorse umane 4.1 Efficacia ed efficienza nel modello di alta formazione a tre livelli La qualità delle risorse umane è elemento decisivo per la competitività di un sistema-paese. È impensabile che possa produrre buona ricerca e perciò vera innovazione un sistema che non sia dotato di percorsi di formazione superiore efficaci ed efficienti. Un eccellente sistema formativo per quanto condizione necessaria per il rilancio della competitività, può tuttavia non esser sufficiente in un paese caratterizzato da una elevata frammentazione del tessuto produttivo dove resiste un forte mismatch qualitativo fra offerta e domanda di lavoro. Oltre a formare buoni studenti occorre realizzare tutte le azioni possibili per favorirne l’ingresso nel mondo del lavoro e la collocazione in posizioni coerenti con le loro competenze. L’università italiana ha affrontato, in questi ultimi anni, cambiamenti radicali nella didattica, nelle modalità di finanziamento e nella governance. In particolare, l’introduzione del modello di alta formazione a 3 cicli ha comportato la profonda revisione di un’offerta formativa consolidata negli anni, ma che aveva negli abbandoni e nei tempi di laurea i suoi punti di maggiore criticità. La (ri)progettazione dei percorsi formativi è purtroppo avvenuta, nella gran parte dei casi, senza la consapevolezza di aver finalmente a disposizione la possibilità di costruire un’architettura più flessibile e innovativa del sapere. Occorre rimettere il percorso sui giusti binari e rilanciare l’armonizzazione dei processi formativi nell’ambito dello Spazio Europeo dell’Alta Formazione. Questo processo, iniziato più di dieci anni fa con il cosiddetto Processo di Bologna, continua ad essere un impegno dei Ministri incaricati

62 http://www.europarl.europa. eu/sides/getDoc.do?pubRef= -//EP//TEXT+REPORT+A720120035+0+DOC+XML+V0//IT

dell’insegnamento superiore, come sottolineato anche nell’ultimo comunicato di Bucarest dell’aprile 2012, e del Parlamento Europeo, come mostrato dalla risoluzione del 13 marzo 2012.62 È urgente, per il sistema universitario italiano, una riflessione critica e

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approfondita sul rapporto tra i tre cicli ed in particolare sul ruolo del titolo di I ciclo (laurea). In molti casi, occorre procedere ad una rivisitazione di quest’ultimo, (ri)definendone i saperi minimi essenziali per una robusta formazione di base e chiarendone obiettivi formativi e sbocchi professionali. Grafico 9 Frazione della popolazione tra 30 e 34 anni in possesso di un titolo di formazione terziario Fonte: Commissione Europea, Innovation Union Scoreboard, 2011

Se uno degl’indicatori di successo nella costruzione della ‘Unione dell’innovazione’ è la percentuale della popolazione di età compresa fra 30 e 34 anni con un livello d’istruzione terziario,63 le università italiane non possono ignorare che la situazione corrente (Grafico 9) è del tutto insoddisfacente.64 Un’azione da intraprendere celermente è quella di incrementare l’indipen63 Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions ‘Europe 2020 Flagship Initiative Innovation Union’, SEC(2010) 1161. 64 Ad oggi, in Italia, i laureati costituiscono appena il 20% della popolazione con età compresa tra i 25 e i 34 anni (contro il 43% della Francia ed il 45% del Regno Unito). Scendono ad appena il 10% nella fascia di età compresa tra 55 e 64 anni (contro il 25% della Germania e il 29% del Regno Unito).

denza e la discontinuità tra lauree e lauree magistrali, consentendo quella ‘mobilità verticale’ (prevista peraltro dal D.M. 270/2004, ma poco attuata dalle università) nel passaggio tra I e II ciclo, che sola rende possibile una formazione più aperta e interdisciplinare, ma al tempo stesso restituisce al I ciclo una sua autoconsistenza di percorso, con sbocchi lavorativi chiari. Proprio per questo, la capacità delle università di assicurare carattere non formale agli organismi di consultazione con il tessuto produttivo, previsti già dal D.M. 509/1999 e poi dal D.M. 270/2004, ma che risultano talora addirittura non costituiti o, dove lo sono, comunque circoscritti a mera ritualità, costituirà parte integrante dei parametri di valutazione della performance a partire dal 2013. Questo perché i potenziali datori di lavoro, di già nel settore privato ed in maniera crescente in quello pubblico, determi-

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nano il proprio fabbisogno di capitale umano sulla base delle competenze del laureato. Dunque, ulteriore elemento di valutazione, anche per quanto riguarda l’accesso alle risorse di HIT 2020, sarà la capacità, da parte delle istituzioni di alta formazione, di sviluppare forme strutturate di partenariato (stage aziendali, progettazione didattica per competenze, apprendistato di alta formazione, laboratori congiunti, etc. ) che mirino allo sviluppo delle competenze trasversali richieste dal mondo del lavoro per garantire buone prospettive occupazionali ai laureati di I ciclo. In questa ottica, nelle procedure di valutazione dei Corsi di Laurea particolare rilievo verrà dato alla mobilità internazionale degli studenti. Oltre ad un’attenta riconsiderazione del ‘processo’ e del ‘prodotto’ delle lauree di I ciclo, una cura particolare sarà dedicata all’accesso alla formazione universitaria. Va ricordato che uno dei punti di forza dell’attuazione del D.M. 509/1999 prima e del D.M. 270/2004 dopo è stato il rafforzamento su tutto il territorio nazionale delle reti di orientamento. Scuola e Università erano (e talvolta ancora sono) realtà distanti, spesso tra loro non comunicanti, e molto è stato fatto per superare questa situazione. Sono stati realizzati diversi progetti pilota. Il Progetto ‘Lauree Scientifiche’65 ha mostrato l’efficacia di una metodologia, quella del laboratorio e dell’inquiry-based learning, che ora deve essere messa a sistema per tutte le discipline. L’obiettivo è quello di rendere la scelta universitaria degli studenti una scelta matura e consapevole, che minimizzi le difficoltà di passaggio dalla scuola all’ università che sono alla base del fenomeno degli abbandoni. Un decisivo contributo al superamento della visione del I ciclo della formazione universitaria da ‘opera incompiuta’ a elemento fondante per promuovere il livello culturale e professionale del Paese, capace di dare risposte giuste al sistema produttivo, sia nel settore pubblico che in quello privato, verrà da una revisione del raccordo tra Laurea Magistrale e Dottorato di Ricerca. Si tratta qui di (ri)pensare la Laurea Magistrale come inizio di un percorso di ricerca che può eventualmente proseguire con la formazione dottorale. Iniziative di sperimentazione in questa direzione troveranno appositi meccanismi incentivanti in HIT 2020, in quanto perfettamente funzionali all’ac65 www.progettolaureescientific he.it

celerazione del percorso verso il conseguimento degli obiettivi fondanti del Programma.

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Un accenno in questa direzione i Ministri lo fanno nel comunicato di Bucarest: ‘Oltre al dottorato, anche l’esistenza di corsi di studio di secondo ciclo di alta qualità è una condizione necessaria per collegare positivamente insegnamento, apprendimento e ricerca. Occorre quindi una (ri)progettazione anche dei corsi di II ciclo (Laurea Magistrale) che preveda una naturale continuità con il Dottorato, con soluzioni che minimizzino ripetizioni inutili tra II e III ciclo e massimizzino il tempo lasciato ai dottorandi per la ricerca. Scuole di Dottorato che organizzino e coordinino corsi di Laurea Magistrale e Dottorato potranno meglio garantire questa continuità, in aggiunta a massa critica, multi e interdisciplinarietà, opportunità di rapporti con il sistema economico-sociale-produttivo e con la comunità internazionale. Per evitare che un sistema così organizzato finisca per promuovere il reclutamento ‘interno’ dei dottorandi, sarà incentivata la mobilità dei laureandi magistrali, aggiungendo questo agli altri indicatori dell’internazionalizzazione dell’istruzione superiore e del sistema ricerca. Sarà così possibile individuare, in uno scenario globale e in modo altamente competitivo, i talenti più brillanti, i più adatti ad intraprendere un percorso di ricerca e innovazione che contribuisca a raggiungere gli obiettivi di HIT 2020.

4.2 Un dottorato di ricerca innovativo per un Paese innovativo Il dottorato di ricerca è il nodo della crescita intelligente del Paese. In esso s’incontrano il sistema dell’alta formazione e quello della ricerca e da esso si dirama l’intero ventaglio delle attività di ricerca, dalle frontiere della conoscenza fino alle applicazioni prossime allo sviluppo industriale ed alla valorizzazione commerciale. Accanto al noto, ma non per questo meno preoccupante, dato dell’esigua proporzione di ricercatori sul totale della popolazione attiva in Italia (4 per mille, contro il 6 della media UE27, l’8 della Germania e il 16 della Finlandia), desta allarme ancora maggiore la scarsissima presenza di ricercatori nel settore privato. In un quadro che vede l’Unione in sofferenza rispetto ai competitori globali, con un modesto 3 per mille di ricercatori impiegati nel privato, contro il 7,5 in USA e Giappone, l’Italia si presenta con un insoddi-

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sfacente 1,5 per mille. Anche, ma non solo, per il successo di HIT 2020, occorre pertanto superare definitivamente un modello di formazione dottorale votato principalmente, se non esclusivamente, all’inserimento in ambito accademico dei futuri dottori di ricerca: questa rimane un’opzione, ma certamente non quella più rilevante dal punto di vista quantitativo e di ciò si deve tener conto nella progettazione dei percorsi di formazione dottorale. La possibilità di stipulare convenzioni Università-Imprese per l’attivazione di corsi di dottorato, previo accreditamento, introdotta dal recente regolamento sull'accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato entrato in vigore a fine febbraio 2013, e di affincare formule di industrial PHD ai tradizionali percorsi di formazione dottorale saranno adeguatamente incentivati nell’ambito di HIT 2020. Considerato il ruolo cruciale del dottorato, un’attenzione particolare sarà dedicata al processo di accreditamento dei programmi dottorali, da affidare a rigorosi meccanismi di peer review che dovranno valutarne la coerenza con i Principles for Innovative Doctoral Training formulati a livello europeo,66 interpretati nella logica di HIT 2020. L’obiettivo fondamentale dei Principi che si declinano a seguire è quello di favorire l’acquisizione di una precoce autonomia e dell’indipendenza scientifica da parte da parte dei ricercatori in formazione, quali devono essere considerati i dottorandi di ricerca, così da non penalizzare i nostri dottorandi nella competizione con i colleghi di altri paesi europei ed extra-europei. j - Ambiente di ricerca attrattivo - L’ambiente nel quale i dottorandi vengono inseriti gioca un ruolo fondamentale. Esso deve essere in grado di 66 http://ec.europa.eu/euraxess/ pdf/research_policies/Princip les_for_Innovative_Doctoral_ Training.pdf I Principi sono stati adottati nelle Conclusioni del Consiglio sulla Modernizzazione dell’istruzione superiore, tenuto a Bruxelles il 28-29 November 2011.

assistere e favorire il conseguimento dell’indipendenza scientifica dei dottorandi, che solo così possono sentirsi attori protagonisti del proprio progetto di tesi. Senza prefigurare posizioni garantite, l’ambiente di ricerca (pubblico o privato che sia) deve proporre opportunità interessanti d’impiego e di carriera, per risultare attrattivo a livello nazionale ed internazionale. È importante a questo riguardo ricordare che il nostro Paese occupa il terzo posto dell’Unione nella classifica delle Università più atti-

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ve nella ricerca, dietro a Germania e Regno Unito,67 ma davanti a tutti gli altri. Si tratta di una posizione da consolidare. D’altra parte, occorre migliorare sensibilmente lo ‘share’ delle pubblicazioni più significative, che attualmente vede l’Italia al 14° posto con una quota inferiore al 10%, rispetto al 16% della Svizzera, al 12,83% del Regno Unito ed all’10,73% della media UE27 (Cfr. Par. 1.1.2 - Grafico 6). - Interdisciplinarità ed intersettorialità - La sperimentazione di ‘scuole di dottorato’ multi-interdisciplinari ed intersettoriali sarà sviluppata ed incentivata poiché, se è vero che le sfide maggiori che il sistema della ricerca e quello dell’innovazione si trovano ad affrontare su scala globale richiedono solidissime basi disciplinari, queste devono comunque essere riferibili ad ambiti sufficientemente ampi (ad esempio quelli definiti dall’European Research Council), in modo che sia garantita la capacità di dialogare efficacemente con professionisti di formazione differente, per produrre risultati di assoluto valore. Nel nostro Paese infatti, la proporzione di ricercatori del settore pubblico che hanno rapporti formali di collaborazione con il settore privato è soltanto del 23%, contro una media europea di 32%, il 31% della Germania ed il 40% della Francia.68 Inoltre, per promuovere attività di ricerca intersettoriali e interdisciplinari, per favorire una più ampia partecipazione alle reti internazionali di ricerca e per lo sviluppo di momenti di raccordo con il settore privato, accanto alla qualità della ricerca ed alle reti di collaborazione scientifica dei docenti, rivestono un ruolo cruciale i servizi di supporto degli uffici specifici che negli atenei sono preposti alla promozione, valorizzazione e protezione dei risultati delle attività di ricerca. - Esposizione agli ambienti lavorativi - Che il percorso dottorale presenti formalmente le caratteristiche del ‘dottorato industriale’ o meno, l’avvicinamento agli ambiti lavorativi più diversi (industria, commercio, servizi, pubblica amministrazione, organizzazioni assistenziali e di volontariato, istituzioni culturali, etc.), anche attraverso la partecipazione di esponenti di questi ambiti nei collegi dei docenti, deve essere una caratteristica 67 http://ec.europa.eu/euraxess/ pdf/research_policies/121003 _The_Researchers_Report_20 12_FINAL_REPORT.pdf 68 Idem.

comune ed irrinunciabile. Come per gli altri segmenti formativi (laurea, laurea magistrale e master) è impensabile che questa esposizione sia ‘rimandata’ soltanto ad una fase successiva al conseguimento del titolo. Tra l’altro, è esperienza diffusa che questi periodi trascorsi all’esterno dell’istituzione primariamente responsabile della formazione si traducono

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spesso in occasioni d’impiego, oltre a rappresentare significativi momenti di trasferimento di conoscenze e competenze. - Partecipazione intensa alle reti di relazioni internazionali - Le istituzioni sede di formazione dottorale devono impegnarsi in tal senso per estendere al massimo il ‘mercato’ sul quale i dottori di ricerca potranno spendere le loro competenze. Questo risultato sarà conseguito anche attraverso periodi consistenti di mobilità internazionale, ma soprattutto sviluppando schemi di doppio titolo, co-tutela e titolo congiunto. Attraverso queste azioni sarà possibile incrementare anche la proporzione di candidati stranieri nelle scuole dottorali nazionali. Attualmente infatti poco più del 6% dei dottorandi in Italia proviene da altri continenti, contro una media europea del 19% e valori molto alti di paesi come la Francia (34%) o la Svizzera (addirittura 47%). Anche nel caso di dottorandi provenienti da altri paesi dell’Unione, in Italia essi rappresentano appena il 2%, valore che rappresenta meno di un terzo della media europea (7%) e largamente inferiore, per esempio, alle scuole britanniche (15%).69 - Sistema di assicurazione della qualità - È indispensabile che le istituzioni sede di dottorato se ne dotino per assicurare il miglioramento continuo dell’ambiente di ricerca ed il presidio delle procedure di ammissione, supervisione e rilascio del titolo. Come qualunque altro SAQ, ciò che si misura non è in questo caso la ‘qualità del prodotto’, ma quella del processo, dalla selezione dei candidati al conseguimento del titolo, garantendone trasparenza e responsabilità (accountability) nei confronti dei portatori d’interesse. - Qualità della ricerca - Criterio fondamentale di riferimento, quali che siano le discipline oggetto della formazione e l’orientamento del dottorato, compreso quello industriale, rimane la qualità della ricerca. Puntare all’eccellenza deve essere la stella polare della formazione dottorale, ma conseguire questo risultato è possibile solo se l’obiettivo diventa quello di far emergere talenti particolarmente creativi, critici ed autonomi. La loro selezione deve essere affidata a meccanismi di peer review internazionale ed essi devono essere inseriti in ambienti attivi e stimolanti, dotati di sufficiente massa critica. 69 Idem.

- Qualità complessiva - Finora, nell’ambito della formazione superiore in

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genere e di quella dottorale in particolare, non si è valorizzato a sufficienza il conseguimento di competenze complementari e trasferibili agli ambiti più diversi. Questa attitudine risente dell’impostazione prevalentemente o esclusivamente accademica della formazione, spesso limitata ai micro-ambiti definiti da anacronistici settori scientifico-disciplinari, del tutto inadeguata al contesto attuale. I cosiddetti transferable skills (per fare alcuni esempi: abilità comunicative e divulgative, capacità imprenditoriale, gestione di progetti, proprietà intellettuale, etc.) devono essere parte integrante dei programmi formativi e devono essere formalmente certificati al termine del percorso, in un apposito diploma supplement. - Come accennato in precedenza, la qualità del prodotto viene garantita attraverso procedure di peer review, che devono essere adottate sia ex ante nelle procedure di reclutamento dei candidati, che ex post in quelle per il rilascio del titolo. Da quanto dettagliato sopra, discende l’esigenza di una evoluzione del sistema delle ‘borse ministeriali’ per il dottorato di ricerca. L’esistenza infatti, nelle istituzioni che si candidano ad essere sede di formazione dottorale, delle condizioni ‘ambientali’ necessarie e sufficienti a garantire la qualità del processo e del prodotto è testimoniata nella maniera più efficace anche dalla presenza di ricercatori capaci di assicurarsi competitivamente le risorse necessarie a svolgere qualificate attività di ricerca e dunque a sostenere il finanziamento di posizioni dottorali. Inoltre, la ‘percezione’ dell’importanza della formazione dottorale per lo sviluppo e la specializzazione intelligente dei territori da parte delle regioni è dimostrata in maniera concreta dall’impiego delle apposite risorse comunitarie per sostenerla finanziariamente. Ciò premesso, si prevede comunque che parte delle risorse di HIT 2020 vengano destinate al sostegno di programmi di formazione dottorale di particolare ed originale significato, identificati come tali attraverso bandi nazionali, congiunti o comunitari. Il rispetto puntuale dei Principi qui ricordati faciliterà l’integrazione della formazione dottorale svolta nel nostro Paese con quella degli altri Paesi dell’Unione e contribuirà in tal modo alla realizzazione dello Spazio Euro-

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peo della Ricerca e, soprattutto, di quel ‘mercato unico dei ricercatori’70 che ne amplierà significativamente le possibilità d’impiego. L’Italia s’impegna a stimolare l’adozione di questi Principi da parte di tutti gli Stati Membri dell’Unione, nonché dei Paesi associati al programma Horizon 2020, allo scopo di giungere ad un ‘Dottorato Europeo’ che rafforzi l’identità sovranazionale e si caratterizzi come modello capace di attrarre su scala globale i migliori talenti verso lo Spazio Europeo della Ricerca.

4.3 Un quadro unico delle carriere della ricerca per favorire la mobilità intersettoriale Com’è stato osservato in precedenza, non solo la proporzione di ricercatori impegnati nel settore privato è fortemente insoddisfacente, sia in Italia sia (in media e con rimarchevoli eccezioni) nella UE, ma anche i rapporti tra il settore della ricerca pubblica e quella privata hanno avuto fin qui sviluppo marginale. I ricercatori che hanno affrontato esperienze professionali in entrambi i settori sono solo il 17% in Europa (il 18% in Italia, ma il 21% in Germania ed il 33% in Danimarca) e la mobilità è prevalentemente dal pubblico verso il privato, con scarsissime dinamiche nell’altro senso e scarsi flussi bi-direzionali.71 La limitata ‘permeabilità’ fra il settore della ricerca universitaria, quello degli enti di ricerca e quello della ricerca privata è testimoniata in maniera eclatante dal fatto che le pubblicazioni aventi autori appartenenti ad almeno due dei tre settori sono il 70% del totale in USA, il 56% in Giappone e soltanto il 36% nell’Unione Europea.72

70 http://ec.europa.eu/euraxess/ pdf/research_policies/era_gr een_paper_eg1_lowres.pdf 71 http://ec.europa.eu/euraxess/ pdf/research_policies/121003 _The_Researchers_Report_20 12_FINAL_REPORT.pdf

La pluralità di missioni e visioni nell’ambito della ricerca e dell’innovazione è senza dubbio una ricchezza che deve essere mantenuta, evitando rigorosamente snaturamenti ed ‘ibridi’ di qualità discutibile: ci sono sedi per la ricerca blue sky, che un paese come l’Italia deve consolidare e sviluppare, e sedi per la ricerca close to market, che è altrettanto indispensabile per la competitività e lo sviluppo del Paese. È evidente d’altronde che un incremento dei flussi di informazione e, soprattutto, di risorse umane (e quindi,

72 Idem.

inevitabilmente, di conoscenze e competenze, ma anche di ‘sensibilità’ cul-

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turali) tra università, enti di ricerca ed imprese ha un impatto positivo sull’efficienza del sistema nel suo complesso, con il risultato finale di ridurre considerevolmente i tempi di transizione fra l’idea, il risultato scientifico e l’applicazione di mercato (from bench to retail). Al contrario, la reciproca ‘chiusura’ e l’irreversibilità delle scelte di carriera, una volta compiute, hanno pesanti ripercussioni negative sullo sfasamento tra domanda e offerta di ricerca e di competenze, sulle opportunità occupazionali dei giovani ricercatori, sulla perdita di talenti (brain drain) e sulla competitività del sistema produttivo e del Paese nel suo complesso. Del resto, anche il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Art. 179), assume l’obiettivo di assicurare la libera circolazione dei ricercatori tra i diversi settori. Tra gli ostacoli di varia natura che si frappongono alla mobilità intersettoriale, un ruolo non secondario (oltre alla iperframmentazione dei settori scientifico-disciplinari in ambito universitario) è esercitato dalla disomogeneità delle carriere e dei profili. Le indesiderabili conseguenze di questa barriera sono state messe in luce da organizzazioni quali la European Science Foundation (ESF), la League of European Research Universities (LERU), la European University Association (EUA), il Coimbra Group, l’European Council of Doctoral Candidates and Junior Researchers (EURODOC) e la European Industrial Research Management Association (EIRMA). Da qui la necessità di sviluppare una classificazione dei diversi ‘profili’ di carriera che sia totalmente indipendente da discipline e settori e possa indifferentemente applicarsi all’alta formazione come alla ricerca, al pubblico come al privato e l’opportunità d’introdurre, anche in Italia, un Quadro Comune di Riferimento per le Carriere della Ricerca (QRCR), che consenta la massima ‘interoperabilità’ fra settori e discipline, sul modello di quello 73 http://ec.europa.eu/euraxess/ pdf/research_policies/Toward s_a_European_Framework_fo r_Research_Careers_final.pdf 74 Allo scopo di consentire la massima riconoscibilità a livello europeo, si mantiene la formulazione in lingua inglese del documento della Commissione Europea citato in precedenza

recentemente sviluppato a livello europeo,73 così da abilitare il sistema nazionale ad interfacciarsi senza cesure sia all’interno, sia con quello degli altri paesi dell’Unione. In coerenza con il Quadro definito a livello europeo (European Framework for Research Careers) e con il criterio della sua ‘applicabilità universale’, il QRCR identifica 4 soli profili per le carriere della ricerca, così definiti:74 - R1 (First Stage Researchers, fino al completamento del dottorato);

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- R2 (Recognised Researchers, dottori di ricerca o equivalenti, che non hanno ancora conseguito la piena indipendenza ed autonomia); - R3 (Established Researchers, che hanno conseguito autonomia ed indipendenza); - R4 (Leading Researchers, che sono punti di riferimento nel rispettivo ambito). Volendo perseguire l’obiettivo della perfetta neutralità rispetto ai settori (università, enti di ricerca, privato) ed alle discipline, è possibile delineare in maniera ampia, ma non generica, le competenze dei ricercatori nei 4 profili indicati.75 Tanto i ricercatori che i potenziali loro datori di lavoro avranno modo di apprezzare i vantaggi di un quadro di riferimento così concepito. - I primi avranno, attraverso di esso, l’opportunità di commisurare l’adeguatezza del proprio profilo rispetto alle offerte di lavoro da qualunque settore provengano (università, ente di ricerca, impresa, etc.), di presentarsi con un profilo univocamente determinato ed universalmente decifrabile, di aver chiaro l’insieme delle competenze da acquisire ai fini di una progressione di carriera finalmente svincolata dall’obbligo di proseguire nel settore dove essa ha avuto inizio; - I secondi potranno, dal loro punto di vista, valutare l’adeguatezza dei candidati rispetto alle proprie esigenze, indipendentemente dal settore nel quale i candidati hanno fino ad allora operato (università, ente di ricerca, impresa, etc.), pianificare razionalmente i percorsi formativi per colmare eventuali gap di competenze, mettere a punto in maniera razionale una strategia efficace ed efficiente per la gestione, il potenziamento e lo sviluppo delle risorse umane, conoscendo il portafoglio delle competenze disponibili e di quelle eventualmente da acquisire. Il QRCR sarà utile anche alle Autorità che esercitano funzioni d’indirizzo e controllo sul sistema della ricerca e dell’innovazione: a livello centrale, il MIUR e il MISE, senza escludere, in prospettiva, una partecipazione ed un concerto con le Regioni, nel quadro della strategia di smart specialisation. Esse potranno così programmare meglio le strategie volte alla formazione dei ricercatori, conseguire gli obiettivi di R&I nazionali e regionali e sin75 I descrittori, le competenze richieste e quelle auspicate per i 4 profili sono consultabili nell’allegato del citato documento.

tonizzare domanda ed offerta, ottimizzando i livelli occupazionali, sia in assoluto, sia rispetto agli altri paesi dell’Unione. Il QRCR infine avrà un impatto positivo anche sugli studenti che hanno

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intenzione d’intraprendere il percorso delle carriere della ricerca, permettendo, attraverso un panorama comprensibile e trasparente delle competenze richieste ai vari livelli, una critica autovalutazione dei talenti e delle inclinazioni. Adeguatamente promosso e comunicato, il QRCR diventerà uno strumento per diffondere nella società nazionale un messaggio chiaro sul ruolo dei ricercatori nello sviluppo intelligente del Paese e per attrarre verso il sistema italiano i talenti disponibili sul ‘mercato’ internazionale della ricerca che, attualmente, come si è visto (Cfr. Par. 1.1) in misura molto modesta prendono in considerazione il nostro Paese per intraprendere una carriera nella ricerca o progredire nella stessa. In conclusione, nell’ambito di HIT 2020 ci si attende che tutte le organizzazioni private e pubbliche che impiegano ricercatori (imprese, amministrazioni, enti di ricerca, università) e gli enti, privati e pubblici, che finanziano attività di ricerca, adottino il QRCR e ad esso facciano riferimento nelle rispettive attività, in particolare in quelle legate alle procedure di reclutamento e di progressione nella carriera. La Commissione Europea ha ‘dato il buon esempio’, introducendo i profili del QRCR nella piattaforma EURAXESS Jobs, dove vengono pubblicate le offerte di lavoro ed i bandi per progetti. È probabile che, dal 2014, al QRCR si faccia riferimento anche negli strumenti di finanziamento collegati al programma europeo Horizon 2020.

4.3.1 Strumenti per lo sviluppo professionale dei ricercatori L’auspicata omogeneità delle carriere e dei profili nelle varie discipline, e trasversalmente nel settore pubblico e privato, porterà, come anticipato all’inizio del paragrafo, a dinamiche più ampie e flessibili nello sviluppo delle carriere, che si caratterizzeranno sempre più come ‘carriere portfolio’, collezioni di esperienze professionali e formative, eventualmente disomogenee, ma auspicabilmente complementari, che daranno vita a profili di competenze non più necessariamente riconducibili a modelli predefiniti. Significativamente, la recente Consultazione Pubblica ha confermato come l’interazione e l’integrazione fra discipline diverse siano considerate, dai numerosi ricercatori che hanno partecipato a questo esercizio, tra i fattori maggiormente decisivi per mantenere e incrementare la competitività del sistema della ricerca (Inserto 2).

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Anche in questo contesto di accentuata flessibilità e nonostante lo sviluppo non più lineare della propria carriera, per il ricercatore deve rimanere possibile valutare il posizionamento delle sue competenze rispetto ad uno schema di riferimento che riunisca e presenti in maniera organizzata le conoscenze, i comportamenti e le qualità di un ricercatore, in relazione ai ‘profili’ citati in precedenza. Questa necessità è già stata intercettata delle organizzazioni europee sopra menzionate che si sono attivate con iniziative specifiche. Una proposta interessante è emersa tra i risultati di un gruppo di lavoro76 impegnato nella definizione di un framework pan-Europeo per lo sviluppo professionale dei ricercatori che prende spunto dal Researcher Development Framework (RDF) proposto dall’organizzazione britannica Vitae. Il RDF è un modello di riferimento pensato per pianificare, promuovere e sostenere lo sviluppo personale, professionale e di carriera dei ricercatori delle università e degli istituti ed enti di ricerca, indipendentemente dalla disciplina scientifica in cui operano. Rappresentati da corrispondenti ‘descrittori’, il RDF riunisce, organizzati in domini e sotto-domini, le conoscenze, i comportamenti e gli attributi riconoscibili tra le caratteristiche del ricercatore e incoraggia tutti i ricercatori ad aspirare all’eccellenza e alla crescita del loro potenziale, impegnandosi nello sviluppo professionale. Il RDF è stato concepito per: - consentire ai ricercatori di valutare e pianificare il loro sviluppo personale, professionale e di carriera; - guidare i responsabili delle attività di ricerca e i supervisori dei ricercatori nel loro ruolo di sostegno allo sviluppo dei ricercatori; - ‘formare i formatori’, cioè i responsabili per le risorse umane nelle istituzioni di ricerca, nella progettazione ed erogazione di opportunità per lo sviluppo professionale dei ricercatori; 76 The European Science Foundation Member Organisation Forum Report ‘A pan-European professional development framework for researchers’, ESF MO-Forum on European Alliance on Research Careers Development. http://www.esf.org/activities/ mo-fora/european-allianceon-research-careersdevelopment.html

- consentire ai giovani interessati a diventare ricercatori di valutare in modo completo le prospettive di una carriera scientifica. Sono evidenti i punti di contatto (ed anche alcune sovrapposizioni) fra il RDF ed il QRCR, ma nel RDF, il ricercatore dispone di uno strumento specifico, il Professional Development Planner (PDP), per la pianificazione e lo sviluppo continuo delle proprie competenze nelle varie fasi della carriera. Lo stesso strumento può eventualmente essere d’aiuto alle stesse organizza-

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zioni (enti di ricerca, università, etc.) come ausilio allo sviluppo delle strategie di formazione, potendolo utilizzare sia per intercettare la domanda formativa, che per valutarne i benefici. Le iniziative che, in questa direzione, verranno intraprese nell’ambito di HIT 2020 potranno trarre vantaggio da questi risultati, usandoli come riferimento, o facendoli propri qualora la loro applicazione fosse promossa dagli organi Comunitari. Il Vitae RDF77 è strutturato in quattro settori che presentano i descrittori della conoscenza, delle capacità intellettuali, tecniche e standard professionali per gli operatori della ricerca, così come le qualità personali, le conoscenze e le competenze per lavorare con gli altri e garantire l'impatto più ampio della ricerca. A questo proposito la disponibilità continua di opportunità e di adeguati strumenti di formazione assume una notevole importanza. Mentre la formazione specifica nelle varie discipline è parte integrante dello sviluppo professionale di ogni ricercatore e, come è noto, è prevalentemente su questo aspetto che attualmente si sviluppa il percorso di crescita professionale, lo sviluppo di competenze complementari ed eventualmente ‘trasferibili’ consentirà di introdurre nel profilo professionale dei ricercatori un catalizzatore dei processi di mobilità intersettoriale e interdisciplinare e un facilitatore delle iniziative di collaborazione tra ricerca knowledge driven e ricerca technology driven (ESF MO-Forum Research Careers Report).78 Competenze in organizzazione, finanziamento e impatto delle attività di ricerca, group leadership, o le già menzionate communication and dissemination skills dovranno completare, con il progredire della carriera, il bagaglio culturale di ogni operatore della ricerca. Il valore di ognuna di queste competenze complementari non sarà in se stessa, ma potrà essere misurato indirettamente dall’accresciuta capacità 77 Vitae (2011), Advisory Centre (CRAC), Cambridge, UK www.vitae.ac.uk/rdf. 78 Research Careers in Europe Landscape and Horizon, ESF MO - Forum on Research Careers. http://www.esf.org/activities/ mo-fora/completed-mofora/research-careers.html

del ricercatore di approfittare prontamente delle opportunità che si potranno presentare durante la carriera e con la rapidità con cui queste transizioni raggiungeranno la massima efficacia. Altrettanto importanti saranno le esperienze di collaborazione interdisciplinare o intersettoriale che, oltre ad essere uno degli obiettivi del processo di rinnovamento delle carriere scientifiche, rappresenteranno esse stesse un’opportunità formativa per i singoli e di crescita per le loro comunità

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attraverso l’acquisizione di metodologie ed esperienze non proprie del settore di appartenenza. Per sostenere l’auspicata crescita di mobilità sarà quindi importante rimuovere innanzitutto gli ostacoli che possano disincentivare, o impedire, il suo sviluppo naturale e sostenere il ricercatore nell’accesso a queste opportunità. Questa attenzione, appena sollecitata, nell’identificare e rimuovere gli eventuali ostacoli alla mobilità ed alla collaborazione interdisciplinare, intersettoriale ed internazionale dovrà estendersi ad altri aspetti che interessano le modalità di lavoro e di sviluppo della carriera di un ricercatore. Fondamentali sono quelli relativi alle normative previdenziali ed assistenziali, o la richiesta di visti per lo svolgimento di attività lavorative in un paese estero, che non devono disincentivare le richieste di mobilità introducendo penalizzazioni e complessità amministrative che sicuramente porterebbero a scoraggiare i singoli interessati. Nell’affrontare questi aspetti sarà fondamentale procedere di comune accordo con i partners dell’area di ricerca Europea i modo da costruire un sistema normativo quanto più possibile omogeneo, aperto, e riconoscibile come proprio dai Paesi della European Research Area. Nell’organizzare le attività di formazione dei propri ricercatori, enti e università trarranno vantaggio da un approccio coordinato che consenta di condividere strategie, iniziative e risorse per la definizione e implementazione degli strumenti più efficaci. Allo stesso tempo sarà importante prevedere e stimolare anche un processo bottom-up per la selezione delle iniziative di formazione, attraverso strumenti semplici e flessibili per rispondere alle richieste con rapidità e in maniera capillare. Un’ulteriore ottimizzazione delle risorse dedicate alla formazione sarà ottenuta mettendo in comune le iniziative non solo all’interno del comparto pubblico, ma condividendole con il settore privato, divulgando e aprendo alla partecipazione esterna le iniziative di formazione per le quali vi sia un interesse multisettoriale.

4.3.2 La ‘terza missione’: nuovi profili per nuove professioni Da oltre un decennio è emersa l’importanza di accorciare le distanze, anche fisiche, dai luoghi ove si producono idee, i ‘luoghi della ricerca’ (uni-

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versità, enti pubblici di ricerca) e quelli dove si produce innovazione, nelle forme sia di processi che di prodotti. Con pari vigore è emersa altresì l’esigenza di incrementare le occasioni in cui gli abitanti dei luoghi della ricerca, i ricercatori, manifestano alla società nel suo complesso la propria accountability, la propria responsabilità sociale, anche attraverso la narrazione del proprio vissuto professionale (si pensi, ad esempio, ad eventi quali la ‘Notte dei Ricercatori’, lanciata nel 2005 dalla Commissione Europea e, da allora, regolarmente condotta nell’ultimo week end di settembre in tutta Europa). Infine, la nota e già ricordata insufficienza dello stock di ricercatori in Europa ed in particolare nel nostro Paese (per eguagliare i livelli statunitensi e giapponesi, occorrerebbero, da qui al 2020, un milione di nuovi ricercatori, di cui 100.000 in Italia) implica la necessità di promuovere l’attrattività delle carriere della ricerca fin dai livelli d’istruzione primaria e secondaria, attraverso iniziative mirate e ben organizzate, sul modello del ‘Progetto Lauree Scientifiche’ (Cfr. Par. 4.1), che ha prodotto fin qui eccellenti risultati, e attraverso strutture specificamente dedite allo scopo, come science centres e musei scientifici (Cfr. Par. 4.4). Le attività sopra-elencate, - di trasferimento di conoscenze e competenze, - di diffusione dei risultati della ricerca, - di promozione delle professioni della ricerca, complessivamente designate come ‘terza missione’ delle università e dei centri di ricerca, sono state fin qui condotte in genere da ricercatori ‘prestati’ a queste attività, ammirevoli self made persons, di norma prive di formazione ad hoc ed oltretutto spesso sottratte ad attività considerate ‘più istituzionali’ talora perfino dalle rispettive strutture di appartenenza e quasi mai valorizzate da parte degli organi di valutazione delle rispettive progressioni di carriera. È evidente che, se non si pone rimedio a questa situazione, sarà sempre più difficile trovare persone di valore che si dedichino, eventualmente anche a tempo pieno, a queste attività. Alla luce di quanto espresso nel capitolo/paragrafo precedente, non si ritiene opportuno introdurre ulteriori profili nelle carriere della ricerca, anche in vista del fatto che l’impiego nelle attività di terza missione può fruttuosamente essere assolto per periodi limitati della vita professionale, piuttosto che ‘dall’assunzione al pensionamento’. Si tratta dunque di valorizzare adeguatamente questo tipo di attività

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professionale nelle procedure di valutazione che accompagnano la transizione, in particolare, da R2 ad R3.

4.4 Gender in science: le donne nella ricerca Si è già visto che, in piena sintonia con la strategia Europa 2020, HIT 2020 intende promuovere, attraverso la ricerca e le sue ricadute sull’innovazione declinata in tutte le accezioni possibili, una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Ciò presuppone un pieno utilizzo del capitale umano disponibile, limitando gli effetti dei meccanismi di discriminazione diretta ed indiretta, consapevole ed inconscia, che giunga in particolare alla promozione della parità di genere a tutti i livelli, come strumento per incrementare efficacia ed efficienza del sistema della ricerca. Diverse iniziative nazionali, europee e internazionali sono state assunte negli ultimi 20-30 anni al fine d’incentivare le donne ad intraprendere una carriera scientifica, ma i risultati stentano ad emergere, a causa del perdurante fenomeno della ‘leaking pipeline’: le donne, maggioranza ormai non solo tra i laureati, ma anche tra i dottori di ricerca, diventano progressivamente minoranza man mano che si procede lungo la carriera della ricerca, fino alle posizioni di massima responsabilità (Grafico 10). La messe di dati a questo proposito è ampia e tale da superare qualsiasi obiezione, per cui alla fase di ‘denuncia e rivendicazione’ succede oramai la condivisa necessità di un approccio operativo che conduca ad una trasformazione strutturale delle istituzioni (institutional change) sistematica, globale e sostenibile.

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Grafico 10 Il bias di genere nella progressione delle carriere della ricerca Fonte: She figures 2009. Statistics and Indicators on Gender Equality in Science

Tra i determinanti di particolare impatto per il perdurante squilibrio di genere nel sistema della ricerca, l’opacità nei processi di reclutamento e progressione di carriera costituisce sicuramente un ostacolo, un limite al riconoscimento del merito per entrambi i generi, ma che incide in maniera più pesante su quello femminile. La discriminazione di genere produce delle implicazioni anche sui contenuti dalla ricerca: è dimostrato che la rappresentanza omogenea di genere nel gruppo di ricerca aumenta la qualità della produzione scientifica e migliora l’accettazione dei risultati dell’innovazione sul mercato. Rimane peraltro evidente che, oltre alla persistenza di aree circoscritte di divario retributivo tra i sessi, in molti casi l’approccio organizzativo del lavoro non è neutrale rispetto al genere, rendendo spesso difficile per le donne di talento la possibilità di conciliare lavoro e famiglia o di relazionarsi con una struttura gerarchica organizzata secondo il modello dell’uomo breadwinning mentre la partner femminile è il ‘secondo’ lavoratore del nucleo familiare. Tutte le procedure di valutazione, riguardino esse progetti o individui, condotte nell’ambito di HIT 2020 prevedono processi decisionali trasparenti, basate sulla peer review da parte di commissioni e panel rigorosamente gender balanced, per evitare distorsioni anche inconsapevoli. La valutazione delle istituzioni di ricerca terrà anch’essa nella dovuta considerazione una gestione delle risorse umane che segua criteri ispirati alla promozione

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della parità di genere, alla promozione delle eccellenze attraverso la diversità ed al miglioramento della performance nella ricerca anche attraverso l’integrazione di una prospettiva di genere. Tra le azioni che HIT 2020 promuove come premessa del cambiamento organizzativo nelle istituzioni di ricerca, si prevede in primo luogo la promozione della consapevolezza interna alle istituzioni stesse, attraverso indicatori che misurino il progresso e l’impatto della componente femminile.

4.5 La valorizzazione del ruolo del ricercatore: comunicazione, condivisione e ricadute sociali della ricerca Un tema emerso con evidenza dalla consultazione pubblica su HIT 2020 riguarda la comunicazione della ricerca, con particolare enfasi sulla necessità di valorizzare il ruolo del ricercatore e di migliorare la comunicazione delle ricadute sociali della ricerca. Due azioni in particolare ‘illustrare le ricadute sociali della ricerca’ e ‘presentare i risultati della ricerca con strumenti di comunicazione innovativi’ - sono state indicate dai partecipanti alla consultazione quali azioni prioritarie e chiave di volta nel rapporto tra: - produzione della ricerca; - collocazione della ricerca nella società. Tale indicazione è stata inoltre confermata dalla buona partecipazione online all’area di discussione online associata agli ‘incentivi per la comunicazione’.79 Come indicato dai cittadini, l’importanza di valorizzare la ricerca e le sue ricadute sociali (e con essa il ruolo del ricercatore) fa leva su una fondamentale consapevolezza: non è più possibile, in un contesto di ‘tensione’ finanziaria e bilanci pubblici schiacciati tra azioni di esplicito impatto sociale e pressante competitività internazionale, considerare gli investimenti in ricerca come politica pubblica ‘dovuta’ e slegata da una chiara rendicontabilità (accountability) sociale. In questo contesto, comunicare i risultati, i processi e le ricadute sociali della ricerca, in particolare ad un pubblico non specialista, diventa un compito ineludibile ed insieme un meccanismo cruciale per aumentare la quota di risorse pubbliche dedicate alla ricerca 79 http://h2020it.ideascale.com

(come confermato dal 90% dei partecipanti alla consultazione pubblica),

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abilitando tre dinamiche centrali, che HIT 2020 fa proprie, assumendole come habitus caratterizzante: avvicinare cittadini, imprese e altri stakeholders, rafforzando la fiducia pubblica nella ricerca, dare rendicontabilità sociale agli investimenti in ricerca e infine ambire ad una maggiore apertura di processi ed organizzazioni della ricerca per innovarne i confini e gli ambiti di applicazione. Si identifica e si descrive qui di seguito un insieme di aree di intervento - e le relative azioni progettuali o buone pratiche di ispirazione - che HIT 2020 adotta nell’ambito della comunicazione della ricerca. È fondamentale a questo proposito chiarire che ci si riferisce alla comunicazione nella sua accezione più ampia. Associata in maniera sempre più profonda a tecnologie emergenti, la comunicazione è in grado di abilitare nuove modalità di produzione e distribuzione della conoscenza, di coinvolgimento pubblico e di gestione di architetture organizzative complesse. Infrastrutturazione. Come indicato da numerosi cittadini nel contesto della consultazione pubblica, il tema dell’infrastrutturazione della ricerca è da considerarsi essenziale per l’efficacia delle azioni di comunicazione. Tra queste, il programma HIT 2020 intraprende opportune misure per la promozione di standard, preferibilmente open, per la comunicazione e condivisione della ricerca e dei suoi prodotti e la predisposizione di data centers pubblici e relativi applicativi per permettere provisioning on demand di ambienti virtuali di calcolo e di archiviazione e facilitare la portabilità dei dati della ricerca su sistemi di storage distribuiti. Accesso ai risultati. Qualora possibile e desiderabile, e in particolare nei casi di ricerche finanziate interamente o in larga parte da contributi pubblici, la comunicazione della ricerca passa da una forte relazione con politiche di valorizzazione quali l’accesso aperto ai risultati (open access), cui è dedicata una sezione di questo documento (Cfr. Par. 2.1.4). Strettamente correlata a questa azione e al tema dell’infrastrutturazione è l’adozione, tramite il programma HIT 2020, di una politica open data associata sia ai dati primari della ricerca che ai suoi processi chiave (per esempio. fonti e percorsi di finanziamento e reti di collaborazione, nel caso delle pubblicazioni). Gli open data, recentemente rafforzati nel contesto normativo italiano,80 rap80 D. Lgs. 179/2012 (cd. Crescita 2).

presentano una modalità di gestione, presentazione e distribuzione delle informazioni in grado - per definizione - di stimolare il riutilizzo, la rappre-

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sentazione e quindi l’impiego di informazioni sulla ricerca in contesti e tramite attori non necessariamente istituzionali. Questo offre molteplici occasioni di trasmissione e analisi del messaggio della ricerca seguendo percorsi non banali e maggiormente in grado di raggiungere campioni di popolazione non necessariamente adiacenti al mondo della ricerca. Esperienze pubbliche come ‘data.cnr.it’81 e ‘opencoesione.gov.it’,82 sviluppata dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica e considerata best practice a livello europeo nel campo di trasparenza e monitoraggio online dell’impiego di fondi pubblici, costituiscono punti di partenza di valore in questo senso. Sulla scia del progetto OpenCoesione, ad esempio, il MIUR sta sviluppando il progetto ‘Bandi ad Impatto Aumentato’, piattaforma web nazionale per la comunicazione e valorizzazione dei progetti finanziati dai bandi MIUR a partire dai fondi PON R&C. Capitalizzando progetti come Bandi ad Impatto Aumentato, HIT 2020 si propone di concretizzare due obiettivi: creare un collegamento evidente tra investimenti in R&I e componente umana dei beneficiari di fondi pubblici, e, nel farlo, valorizzarne l’impatto sul territorio, offrendo meccanismi di interazione con pubblico, interlocutori privati e tra i beneficiari stessi. In questo senso, è possibile combinare valorizzazione degli investimenti in ricerca e forme di monitoraggio ex post, contribuendo così a costruire nuove narrative sull’innovazione come forma di apprendimento e generatrice di conoscenza. Media: successi e sfide della ricerca. Analogamente a quanto proposto da diversi cittadini nel contesto della consultazione pubblica, evidenziare le sfide della ricerca, le sue finalità e i suoi successi, anche identificando meccanismi premianti il riconoscibile impatto sociale, diventa fondamentale. Acquisire un posizionamento centrale nei media, sia intervenendo nel contratto di servizio pubblico, sia attraverso format innovativi ed appetibili anche dal mercato, rappresenta una delle leve del programma HIT 2020. Una strategia di presenza mediatica dei contenuti della ricerca contribuirà a veicolare la qualità e i successi della ricerca anche attraverso premi nazio81 Si veda http://data.cnr.it 82 Si veda http://opencoesione.gov.it

nali, specifici a singoli territori o discipline o legati a costituzione di imprese innovative (startup), competizioni coinvolgenti direttamente i cittadini e campagne cross-mediali di finanziamento, anche sfruttando pratiche di crowdfunding, anche ispirandosi a format televisivi di successo. Allo stesso

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tempo, è necessario comunicare la quotidianità della vita dei ricercatori, ad esempio evidenziando le sfaccettature legate al suo posizionamento nella società come precariato, difficoltà nella conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro - soprattutto per le ricercatrici donne - gli ostacoli alla mobilità (geografica, disciplinare, settoriale) e la crescente pressione competitiva, non sempre fair. Socialità e territorio. Congiuntamente ad iniziative centrate sulla presenza mediatica, è fondamentale mettere a fuoco la relazione tra ricerca e territorio. In questo caso, format promossi dalla Commissione Europea come la ‘Notte dei Ricercatori’83 indicano un punto di partenza più che adeguato per capitalizzare su ottimi risultati di scala locale (solo nel 2012, la Notte dei Ricercatori è stata declinata localmente in numerose città italiane ed europee, ciascuna con una sua indipendente strategia web di riconoscibile successo) e sperimentare modalità di ingaggio con la cittadinanza attraverso dimostrazioni live, iniziative per i più giovani, competizioni a livello locale, collaborazioni con privati e raccolte fondi. A livello di contenuti, tali format possono massimizzare il coinvolgimento della cittadinanza, come suggerito anche dai cittadini tramite la consultazione pubblica, con la promozione di iniziative ad hoc su temi ‘caldi’, affrontati con ampiezza interdisciplinare. Condivisione, collaborazione e reti sociali. Valorizzare i fondamentali momenti di condivisione della comunità della ricerca e la sua nativa dispersione territoriale, non si esaurisce nel promuovere applicazioni di social media. Occorre, tramite HIT 2020, favorire un approccio marcatamente proattivo in cui la pubblica amministrazione centrale agisce da collettore e facilitatore di dinamiche sociali ed interazioni produttive. In questa direzione, l’iniziativa congiunta MIUR-MAE Innovitalia.net, community per l’aggregazione di professionisti ad elevata competenza con periodi di ricerca o permanenza all’estero, rappresenta un tentativo di mitigare e possibilmente rivolgere in positivo le conseguenze del brain drain in particolare se inserita in una strategia generale volta ad attirare talenti nel nostro paese. Innovitalia.net crea, a supporto di questa strategia un ponte digitale per generare, mappare e formalizzare scambi bi-direzionali tra i sistemi di ricerca in Italia e all’estero, basandosi sul capitale sociale, culturale e professionale dei ricer83 Si veda http:// www.nottedeiricercatori.it

catori italiani nel mondo. Con la sua preziosa diversità di esperienze, con le reti sociali e professionali che ha sviluppato, esso rappresenta una risor-

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sa strategica per lo sviluppo e la crescita del Paese, un punto di partenza per la creazione di opportunità strategiche di scambio, interazione e partenariato di cui HIT 2020 non intende fare a meno. L’approccio del programma HIT 2020 deve essere volto quindi alla costruzione di banche dati vive, formata non solamente da informazioni anagrafiche (come nel caso di progetti istituzionali ormai datati, quali Da Vinci), ma da un sistema di relazioni umane e professionali in continua evoluzione. In questo modo, l’ingaggio delle grandi comunità rappresenta l’approccio necessario per generare una ‘rete delle reti’ in grado di rafforzare comunità esistenti, come ISSNAF (Italian Scientists and Scholars of North America Foundation) o incoraggiarne di nuove, come nel caso di comunità dei ricercatori italiani in Asia. Lo stesso sistema di relazioni formali e informali composto, ad esempio, da collaborazioni istituzionali, occasioni di mobilità per ricerca a diversi livelli (tesisti, dottorandi, ricercatori e docenti in varie fasi della ricerca, anche con double appointment) e partnership con centri di eccellenza diventa meccanismo cardine per incoraggiare processi virtuosi quali la creazione di database di valutatori internazionali per la ricerca italiana. Partendo da iniziative come Innovitalia.net, lanciata in versione beta ad Ottobre 2012 e prevista in una sua seconda release a Marzo 2013, HIT 2020 si propone di tradurre i legami sociali e reti sviluppati dalla community in co-progettazione di iniziative quali la creazione di format di eventi a carattere culturale, il coinvolgimento nella programmazione di politiche per la ricerca per l’Italia e con l’Italia, lo sviluppo di strategie legate a particolari aree geografiche, la creazione di contenuti ad hoc per il paese e il ripensamento di nuove forme di mobilità per la ricerca. A tal proposito, si segnalano come buone pratiche per efficacia ed innovatività il social network per l’innovazione ed il trasferimento tecnologico UK connect.innovateuk.org, promosso dal Technology Strategy Board, il progetto francese Le Moteur de la Recherche,84 piattaforma per trovare partner pubblici e privati per progetti di ricerca voluta dal Ministère de l’Enseignement Supérieur et de la Recherche e il portale europeo per la ricerca di finanziamenti ed opportunità di impiego Euraxess.85 84 Si veda http://www.lemoteurdelarecherche.fr 85 Si veda http://ec.europa.eu/euraxess/links/index_en.htm

Da portali a ‘redazioni diffuse’. Collegata alla visione precedentemente descritta è la necessità di ripensare l’offerta di portali istituzionali pubblici in chiave di valorizzazione del patrimonio informativo ed organizzativo e del coinvolgimento degli stakeholders. È evidente come l’organizzazione di

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questi portali non possa più seguire approcci redazionali di stampo ‘frontale’ o top-down, sia per la crescente complessità e specificità delle materie affrontate che per l’insufficiente capacità manifestata di attirare il pubblico generalista. Il progetto MIUR ‘UniversItaly’, lanciato a luglio 2012, costituisce un primo esempio di ripensamento, anche gestionale, dell’offerta di comunicazione pubblica: la piattaforma è gestita in modalità ‘redazione diffusa’, promuovendo la gestione di porzioni indipendenti del portale da parte delle singole università e la competizione da parte delle stesse su contenuti, comunicazione, offerta formativa e capacità d’internazionalizzazione. Sulla base di simili premesse, si intende implementare una strategia coesa di valorizzazione dell’offerta pubblica dei contenuti della ricerca, principalmente attraverso la realizzazione di una piattaforma per l’offerta di servizi informativi smart. Il punto di partenza è offerto dal portale MIUR per la ricerca pubblica ResearchItaly (lancio previsto per Marzo 2013), che coinvolgerà le università e gli enti pubblici di ricerca attraverso una strategia di ‘redazione diffusa’ marginalmente coordinata da una redazione centrale e sul quale capitalizzare il valore delle esperienze generate da e per la ricerca in Italia. Spazi della ricerca 2.0. L’esigenza di promuovere occasioni di condivisione e collaborazione non deve rimanere vincolata all’ambito degli spazi digitali. Piuttosto, nell’ambito del programma HIT 2020 occorre arricchire l’offerta di spazi della ricerca da nuovi luoghi di interazione dove re-ingegnerizzare parte dell’offerta informativa e comunicativa della ricerca. In questa direzione, si segnalano, come punti di partenza per una strategia di lungo periodo: - il progetto congiunto MIUR-MISE dei Contamination Labs, spazi per studenti gestiti dalle università e co-finanziati tra università, imprese e pubbliche amministrazioni in cui promuovere contaminazione interdisciplinare ed intersettoriale e nuove modalità di fruizione della conoscenza, particolarmente associate alla comunicazione digitale; - il movimento dei FabLabs,86 laboratori di artigianato digitale e prototipazione (attualmente ve ne sono 3 in Italia), strategicamente posizionati all’intersezione tra ricerca, creatività, impresa e territorio; 86 Si veda http:// www.fablabitalia.it/ 87 Si veda http:// www.cittadellascienza.it/

- una strategia nazionale per la creazione di poli museali e didattici per le scienze sul modello delle Cités des Sciences francesi, svizzere e tedesche o della Città della Scienza di Bagnoli,87 anche con il sostegno di partner privati;

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- il progetto Future Labs, parchi dedicati alla formazione, alla ricerca e sviluppo di tecnologie immersive e alle applicazioni neuroscientifiche, principalmente per fini educativi; - il modello dei Living Labs, ambienti di ricerca incentrati sul territorio (generalmente una città, o un perimetro territoriale definito) e su modelli di ricerca e innovazione open e legati alla soluzione di esigenze locali, finanziati da partnership pubblico-private. Una strategia per ‘Gli spazi della ricerca’, sostenuta attraverso i finanziamenti HIT 2020, contribuirà, nel periodo 2014-20, a promuovere l’interdisciplinarità ed un approccio de-strutturato alla produzione di conoscenza, favorendo contaminazioni inter-settoriali e disciplinari e la sperimentazione di modelli distribuiti di ricerca, finalizzati alla soluzione di esigenze reali del territorio. Processi e tecniche di comunicazione innovativa. È esigenza fondamentale, nel contesto di HIT 2020, sviluppare una strategia di alfabetizzazione e promozione di tecniche di comunicazione innovativa, sia tramite la costituzione di task forces interne al mondo della ricerca pubblica (Università, EPR), coinvolgendo in particolare la fascia più giovane dei ricercatori ed attivando meccanismi premiali legati ai risultati ottenuti e alla condivisione di buone pratiche, sia attraverso momenti di formazione e disseminazione specifici, sia con l’elaborazione di linee guida (‘playbooks’ per il public engagement, sul modello dei Research Councils britannici)88 di facile uso per l’applicazione di tecniche di comunicazione innovativa. Tra le competenze e le tecniche di comunicazione innovativa ritenute centrali per una disseminazione efficace della ricerca ad un pubblico non specialista, si identificano metodologie provenienti dal mondo del design (infografiche, graphic design) del performing media e delle arti visive (smart-mobs, experience design, tag cloud live, editing audio-video), dei nuovi media (strategie di social media, Search Engine Optimisation, creazione di opinion media-makers, community management, viral communication), del giornalismo (instant blogging, reporting fotografico e video, short stories, narrative), delle tecnologie mobili (mobtagging, geoblogging e georeferen88 Si veda ad esempio http://www.rcuk.ac.uk/pe r/Pages/Concordat.aspx 89 Si veda http://gallica.bnf.fr

ziazione in generale) e dell’informatica (apps per smartphones e tablet, sull’esempio di ‘Gallica’,89 applicativo della Bibliotheque Nationale de France). Rapporto Scuola-Ricerca. La comunicazione della ricerca parte dalla formazione e, soprattutto, dalla costruzione di meccanismi di ingaggio

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Le risorse umane

durevole per studenti e scuole. In questa direzione, HIT 2020 si propone, partendo da progetti come UniversItaly e ResearchItaly, di predisporre le necessarie misure per sviluppare una strategia coesa scuola-ricerca, prevista nel quadro di spazi di comunicazione pubblica interamente dedicati a promuovere: - una migliore comprensione delle carriere e delle opportunità della ricerca, anche attraverso la promozione di casi di successo e la creazione di collegamenti diretti scuole-centri di ricerca e studenti-ricercatori, in Italia e all’estero; - un’offerta innovativa di contenuti e di fruizione dei risultati e delle scoperte della ricerca, in particolare attraverso giochi interattivi e modalità di fruizione e interazione di ultima generazione; - la valorizzazione di iniziative esistenti ed espansione, anche attraverso meccanismi competitivi, di iniziative istituzionali; - un’azione congiunta con l’azione precedentemente menzionata di rafforzamento della presenza mediatica della ricerca, mirata allo sviluppo di una strategia incentrata sugli studenti, sia capitalizzando su relazioni esistenti (per esempio RAI Educational, MTV) sia sviluppandone di nuove, con attori emergenti, in particolare sul lato nuovi media. I concetti, le relazioni e le interazioni narrate in dettaglio in questo paragrafo sono sintetizzati nella Figura 4. Figura 4 Comunicare e valorizzare la ricerca: una visione integrata

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5.

Le risorse finanziarie: risorse per cambiare, cambiare per crescere La crisi economica attuale ha ulteriormente evidenziato la centralità di R&I per assicurare sviluppo e crescita diffusa e sostenibile, assicurando una necessaria combinazione di politiche di rigore con interventi per la crescita. È pertanto indispensabile porre R&I al centro di una politica di sviluppo chiara e condivisa del Paese. Il processo di definizione di HIT 2020 insieme a tutti gli attori coinvolti rappresenta l’occasione per identificare e pianificare in dettaglio queste azioni. Uno degli obiettivi di tutto il sistema della ricerca e delle imprese nazionale deve essere sicuramente aumentare la capacità di essere protagonisti nei programmi europei di R&I, per crescere grazie alla collaborazione internazionale, ma anche per riuscire a ‘riportare’ in Italia più risorse. È al contempo evidente che l’individuazione delle risorse per il HIT 2020 non può limitarsi all’utilizzo delle risorse europee, ma va corredato da risorse nazionali, promuovendo lo sviluppo di un sistema efficace per l’innovazione. Nella definizione di dettaglio di HIT 2020 si dovrà procedere ad una quantificazione stabile delle risorse necessarie, partendo degli obiettivi condivisi di medio e lungo periodo. Sulla base dei dati riportati nel Capitolo 1 e nella relativa Appendice, si può stimare che, alla conclusione del VII Programma Quadro (budget complessivo 50 miliardi di Euro per il periodo 2007-13), il sistema italiano della ricerca avrà ottenuto finanziamenti per circa 4,2 miliardi di Euro (8,4%), ovvero, in media, 600 milioni/anno. Nello stesso periodo 2007-13, il finanziamento pubblico per la ricerca, assumendo che il 50% dell’investimento nel sistema universitario possa essere attribuito alle attività di ricerca degli atenei (il restante 50% si assume destinato alle attività formative), è stato di 3,5 miliardi/anno per le università e 1,7 miliardi/anno per gli EPR, per un totale di 5,2 miliardi/anno. Le risorse ‘europee’ hanno rappresentato dunque, in media, appena l’11% delle risorse investite in ricerca dalla mano pubblica. Si tratta di una quota certamente insufficiente a modificare in positivo la condizione di sofferenza del sistema nazionale della ricerca. 119


Le risorse finanziarie

È inoltre ben noto che, nel settore ricerca, l’Italia ha versato nel paniere comunitario, nel periodo 2007-13 circa 7 miliardi (il 14% dei 50 miliardi totali), recuperandone su base competitiva, come si è appena visto, solo 4,2. Sempre nel Capitolo 1 si è argomentato sulla buona qualità delle ricercatrici e dei ricercatori italiani, in particolare in materia di produzione scientifica. Occorre dunque uscire dal paradosso che vede ottimi ricercatori ottenere scarse risorse; HIT 2020 contiene, nel metodo che lo ispira e attraverso l’analisi e l‘identificazione dei processi al centro della valorizzazione della ricerca nella società, tutte le potenzialità per riuscirvi. Se il ciclo illustrato nella Figura 1 di questo documento viene alimentato con convinzione, se cioè: - Scuola e Università costruiscono (e sono incentivate a valorizzare) percorsi formativi adeguati alle aspettative della società contemporanea, contribuendo allo sviluppo di ‘comunità intelligenti’; - le comunità intelligenti contribuiscono a far emergere le esigenze reali dei cittadini, aggregandole in maniera inclusiva e solidale, con particolare attenzione nei confronti dei segmenti più ‘deboli’; - le amministrazioni locali e quelle centrali codificano i bisogni espressi dalle comunità, ‘traducendoli’ in domanda di ricerca e si coordinano per esprimerla in un numero limitato di grandi sfide proposte al sistema complessivo della ricerca, in coerenza con le specializzazioni intelligenti dei territori; - il sistema della ricerca, dalle sue componenti più orientate al progresso della conoscenza (pubblico) fino a quelle più prossime alle applicazioni industriali e commerciali (privato), lavorando in sinergica sintonia, riesce ad offrire risposte pronte ed efficaci, generando ricadute sociali ed economiche che stimolano a loro volta la crescita del sistema paese, - si intercettano le prospettive di crescita e di investimento del sistema delle imprese ed il sistema-Paese assicura attenzione e competenze nella partecipazione alla fase di definizione e gestione dei programmi europei di R&I; si potrà finalmente fare incontrare domanda ed offerta di ricerca ed ambire, grazie alla qualità dello stock di ricercatori che operano nelle nostre imprese, nei nostri Enti Pubblici di Ricerca, nelle nostre Università, almeno al pareggio tra investimento nazionale nel budget europeo di Horizon 2020 e ritorno sul sistema nazionale.

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Le risorse finanziarie

Tradotto in cifre, questo risultato significa immettere nel sistema nazionale della ricerca (ove sia mantenuta la proposta della Commissione di un budget di 80 miliardi di Euro) una cifra intorno ad 1,6 miliardi l’anno, ovvero circa 2,7 volte il ritorno ottenuto nel VII PQ. Non solo; se le Regioni: - porranno crescente attenzione ed enfasi su meccanismi che puntino ad integrare le conoscenze scientifico-tecnologiche con i settori produttivi di maggior rilievo nell’attività economica italiana e quindi a quindi a ‘ricucire’ il divario tra imprese innovative e dinamiche ed imprese dal basso valore aggiunto e bassa performance innovativa; - s’impegneranno ad intrecciare tra di loro strutture di ricerca, strutture produttive e strutture istituzionali in contesti operativi sempre più ampi; - opereranno, di concerto con le Amministrazioni Centrali, alla piena realizzazione della strategia di specializzazione intelligente dei territori, allora dai Fondi per la Coesione, il cui importo totale si prevede superi i 50 miliardi nel settennio 2014-20, con il vincolo che il 50% sia destinato al potenziamento dei sistemi di R&I, sarà possibile recuperare fino a 3,5 miliardi l’anno da investire in ricerca. Si può dunque ragionevolmente ipotizzare che, prendendo come base i 5,2 miliardi che il sistema pubblico oggi investe annualmente a livello nazionale, ad essi si aggiungano 1,6 miliardi dal Programma Europeo Horizon 2020 e 3,5 miliardi dai Fondi Coesione, per un totale di 5,1 miliardi ‘europei’, determinando così un incremento del 50% delle risorse a disposizione del sistema (Grafico 11), grazie ad un approccio in grado di stabilizzare una visione coesa del sistema della ricerca, basato su un metodo che ne valorizza tutti gli attori, pubblici e privati.

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Le risorse finanziarie

Grafico 11 Risorse acquisite (2007-13) e acquisibili (2014-20) in miliardi di Euro/anno

Ma il ciclo di HIT 2020 (Figura 1) è, per natura, dinamico ed auto-alimenta la sua crescita grazie ad un moltiplicatore intrinseco: l’acquisizione di consapevolezza da parte di tutti gli stakeholders (singoli cittadini, enti privati, imprese, enti pubblici), ad un tempo protagonisti e beneficiari delle ricadute sociali ed economiche dei risultati della ricerca, genera un forte impulso ad investire ulteriormente nelle risorse umane e infrastrutturali per avere ricercatori e risultati sempre più competitivi e spendibili sul mercato internazionale, alimentando così una crescita economica, sociale e civile che a sua volta determina un miglioramento della performance, in un circolo virtuoso senza fine. Questo è HIT 2020, queste sono le sue potenzialità. Alle ricercatrici e ai ricercatori il compito di tradurle in atto, alla politica, alle istituzioni, alle imprese il dovere di sostenerne, con unanime determinazione, l’impegno autonomo e socialmente responsabile.

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Appendici Appendice A: Alcuni dati sulla Ricerca e Innovazione

Grafico A1 Intensità degli investimenti in R&I nei principali paesi industrializzati. Spesa totale in R&I in percentuale del PIL * stime per il 2010. Dato 2009 per Giappone, Stati Uniti e Ocse Fonte: OECD 2012 ‘Science and technology’ Key tables

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Appendici

Grafico A2 Composizione della spesa in R&I per settori istituzionali nei principali paesi europei, 2010 * stime per il 2010 Fonte: ‘Main Science & Technology Indicators’ OECD 2012, Istat, La Ricerca e Sviluppo in Italia 2012

Grafico A3 Primi venti paesi al mondo per numero di citazioni per articolo scientifico, 1996 - 2011 Fonte: SCImago Journal & Country Rank, 2012

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Appendici

Grafico A4 Percentuale di articoli scientifici in collaborazione internazionale Fonte: OECD Science, Technology and Industry Outlook 2012

Tabella A1 Partecipazione al VII PQ e ritorno finanziario: dati per Paesi Fonte: MIUR, VII Programma Quadro di ricerca e sviluppo dell’Unione Europea (2007-2013), dati della partecipazione italiana, 1 Marzo 2012

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Appendici

Tabella A2 Tassi di successo del VII PQ: media europea e Italia Fonti: elaborazioni su dati Commissione Europea (Fifth Monitoring Report - FP7) e MIUR, VII Programma Quadro di ricerca e sviluppo dell’Unione Europea (2007-2013), dati della partecipazione italiana, 1 Marzo 2012

Tabella A3 Proposte presentate e ammesse a finanziamento nell'ambito del programma Idee del VII PQ. Distribuzione per paesi Fonte: MIUR, VII Programma Quadro di ricerca e sviluppo dell’Unione Europea (2007-2013), dati della partecipazione italiana, 1 Marzo 2012

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Appendici

Grafico A5 Distribuzione per paese e per tematica degli enti ospitanti nell'ambito del programma IDEE- Bandi 2007, 2009, 2010, 2011, 2012 Fonte: European Research Council 2012

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Appendici

Tabella A4 Tasso di successo e quota di finanziamento della partecipazione italiana per aree tematiche del programma Cooperazione nel VI e VII PQ Fonte: MIUR, VII Programma Quadro di ricerca e sviluppo dell’Unione Europea (2007-2013), dati della partecipazione italiana, 1 Marzo 2012

Rispetto alle tematiche ed attività, all’interno di ogni programma, che hanno rappresentato punti di forza (o di debolezza) del sistema italiano della ricerca, si osserva che nel V PQ, l’Italia registrava una buona partecipazione nelle tecnologie per la società dell’informazione (ICT), nelle tecnologie industriali ecoefficienti e nei trasporti (due tematiche incluse nel programma ‘Crescita competitiva e sostenibile’). Queste aree hanno continuato ad essere un punto di forza del sistema italiano anche nel VI PQ, dove buoni risultati sono stati ottenuti anche nei settori dell’energia e delle biotecnologie. Nell’ambito del Programma Cooperazione del VII PQ, le aree che sono state premiate con un maggior ritorno finanziario sono Trasporti, Nanotecnologie, ICT, Spazio e Energia. Rispetto al VI PQ, Trasporti, Spazio, Energia ed Ambiente sono le tematiche che registrano un miglioramento in termini di ritorno finanziario mentre Salute, Biotecnologie, Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione registrano un arretramento. Rimane immutato il rientro finanziario per il settore delle Nanotecnologie, per il quale l’Italia ricopre la seconda posizione in termini di finanziamenti ricevuti (Tabella A4).

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Appendici

Appendice B1 L’esito dei bandi per i cluster tecnologici Nell’impostare una rinnovata politica di cluster, il MIUR ha lanciato un primo bando rivolto ai sostenere i distretti tecnologici nelle Regioni Convergenza, a cui è seguito un secondo bando rivolto alle Regioni del nord e del centro del Paese Sul primo bando il MIUR ha emanato due azioni rispettivamente denominate ‘Distretti tecnologici e relative reti’ e ‘Laboratori pubblico-privati e relative reti’ per un impegno finanziario complessivo che ammonta a 915 milioni di Euro a carico del PON R&C e con copertura a valere su risorse comunitarie (FESR) e nazionali (FDR). Di questi, 389 milioni sono stati destinati allo sviluppo/potenziamento di distretti di alta tecnologia (282) e laboratori pubblico-privati, (107); i restanti 526 milioni sono stati dedicati alla creazione di nuovi distretti e/o aggregazioni. Come esito della valutazione, le domande presentate a valere sul Titolo II dell’Avviso n. 713/Ric. del 29 ottobre 2010 sono state in totale 26, di cui 19 approvate (8 relative ai distretti alta tecnologia, 11 ai laboratori pubblicoprivati). Quelle a valere sul titolo III sono state 193, di cui 42 approvate (18 relative ai distretti alta tecnologia, 24 a proposte di aggregazione pubblicoprivate). Sul secondo bando, denominato ‘Cluster tecnologici nazionali’, le domande pervenute sono state 11 per un totale di 44 progetti e di 556 soggetti proponenti, di cui 440 imprese e 156 università ed enti di ricerca. Il valore complessivo dei progetti ammonta a 499,6 milioni di euro. Gli accordi di collaborazione internazionale previsti sono complessivamente 46 e coinvolgono 29 partner internazionali (per lo più europei). La ripartizione delle domande per ambito operativo e tecnologico mostra una prevalenza delle richieste di copertura di costi legati alla ricerca industriale (322.401.434,16 euro) più che allo sviluppo sperimentale (122.238.285,80 euro) o alla formazione (55.001.475,17 euro) e una netta prevalenza delle proposte nell’ambito delle scienze della vita (17,6%) e dei mezzi e sistemi per la mobilita di superficie terrestre e marina (17,9%). Dal punto di vista geografico, le Regioni più attive nel sostenere le domande sono state Piemonte (presente in 11), Lombardia (10), Puglia (8) e Emilia Romagna (7). Dopo la valutazione, sono risultate ammissibili 8 domande e 30 progetti su 129


Appendici

8 aree tecnologiche coinvolte (nessun progetto selezionato sul tema energia), 461 soggetti proponenti (di cui 349 soggetti industriali privati e 112 soggetti pubblici di ricerca) e un finanziamento complessivo di circa 345 milioni di euro dei 408 disponibili, di cui 368 dal FAR e 40 dal PON R&C.

Appendice B2: L’esito dei bandi per le Smart cities and Communities e la Social Innovation Sul tema Smart cities and Communities, il Governo ha recentemente lanciato due bandi di cui il primo, del valore di 240 milioni di euro, indirizzato alle sole regioni del Mezzogiorno, ha riscosso un rilevante successo, raccogliendo progetti per circa 2,5 miliardi di euro e testimoniando una buona capacità di attivazione delle comunità di ricerca delle Regioni Convergenza. Il secondo bando, indirizzato alle regioni escluse dal primo bando, è ancora in fase istruttoria: gli esiti della valutazione saranno resi noti a fine gennaio. A valutazione conclusa, il bando permetterà di assegnare circa 656 milioni di euro, di cui 170 milioni di contributo nella spesa e 486 milioni per il credito agevolato. Inoltre, nell’ottica di favorire i giovani, una quota della dotazione finanziaria - pari a 25 milioni di euro - è stanziata per i progetti di innovazione sociale presentati da soggetti di età non superiore ai 30 anni (Bando per la presentazione dei Progetti di Social Innovation). Complessivamente, i finanziamenti previsti per le due iniziative andranno a sostenere interventi per lo sviluppo di comunità intelligenti, attraverso la realizzazione, in tutto il territorio nazionale, di una casistica ampia di possibilità progettuali (sicurezza del territorio, invecchiamento della società, tecnologie welfare ed inclusione, domotica, giustizia, scuola, waste management, tecnologie del mare, salute, trasporti e mobilità terrestre, logistica last-mile, smart grids, architettura sostenibile e materiali, cultural heritage, gestione risorse idriche, cloud computing, technologies per smart government).

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