L'Amore è Amore
L'Italia e l'Europa alla prova dei diritti LGBT Edoardo Quadri
Irene Tinagli
14 febbraio 2015
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I ND I C E Introduzione ..…………….……………………………………………………………………………………………………. Pag. 3 Normativa e sensibilità politica ..…………….……………………………………………..…………………………. Pag. 4 Apertura della società ……………………………………….……………………………………………………..……. Pag. 10 Confronto tra politica e società …………………………….…………………………………………………….…. Pag. 14 Conclusioni ……………………………….……………………………………….………………………………….………. Pag. 17 Appendice I - Metodologia ……………….……………………………………….……………………………………. Pag. 19 Note metodologiche ……………………….……………………………………….…………………….………………. Pag. 20 Appendice II - Casi Internazionali …………….……………….……………………………………………………. Pag. 21 Bibliografia ………………………….……………………………………….………………………………….……………. Pag. 29
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IN T R O D U ZI O N E Da anni ormai, se non da decenni, in Italia si parla di riconoscimento dei diritti LGBT. Ovvero di riconoscere alle persone LGBT la libertà di vivere la propria vita privata e la propria affettività senza essere discriminati, emarginati o esclusi da quei diritti di cui godono tutti gli altri cittadini italiani. Un dibattito che è rimasto incagliato nei pregiudizi ideologici, nell’esasperato scontro politico, oppure nello scontro sui dettagli giuridici e normativi della soluzione che si dovrebbe adottare. Ciascuno di questi temi chiaramente ha la sua importanza, ma non rientra tra gli obiettivi di questo Report. L’obiettivo di questo documento, infatti, è semplicemente quello di analizzare, capire, approfondire, attraverso un’attività di benchmarking internazionale i percorsi che i vari Paesi hanno intrapreso verso un progressivo riconoscimento del diritto all’affettività e al pieno dispiegamento del proprio progetto di vita di tutti i cittadini, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale. E capire, in modo particolare, la relazione tra evoluzione e sensibilità dei cittadini da un lato e risposta della politica e delle istituzioni dall’altro. Questo aspetto specifico ci sembrava interessante soprattutto alla luce delle argomentazioni che spesso accompagnano le resistenze della politica all’adozione di normative che diano pieno riconoscimento ai diritti LGBT. Ovvero il timore che la società non si “pronta”, che non capisca, e che sia controproducente A questi timori e a queste argomentazioni occorre dare una risposta ed elementi di approfondimento. Una risposta che da un lato faccia appello al ruolo che la politica e le istituzioni devono avere nel saper vedere, interpretare i bisogni emergenti nella società e dare risposte che accompagnino i cambiamenti e prevengano disagi, discriminazioni, tensioni sociali. La politica non può abdicare questo ruolo, non può ritrarsi dai suoi doveri, dalla necessità di compiere scelte a tutela dei diritti di tutti i cittadini, magari solo per timore di “contraccolpi elettorali”. Ma dall’altro lato anche una risposta che guardi alla realtà dei fenomeni sociali di cui si parla, e che attraverso un’analisi di dati concreti mostri se e in che misura le reticenze ed i timori della politica abbiano un qualche riscontro nell’effettivo orientamento dei cittadini. L’analisi condotta in queste pagine offre alcuni elementi in questa direzione. E a tal fine raccoglie e mette a confronto dati riguardanti una selezione di quindici Paesi europei, costruendo indicatori numerici per mettere a confronto le percezioni e l’orientamento dei cittadini dei vari Paesi con le risposte normative che i sistemi politici ed istituzionali sono stati in grado di dare, valutandone sia il livello di profondità - quanti e quali diritti sono stati riconosciuti- che la tempistica -alcuni Paesi hanno avviato il processo già venti o venticinque anni fa mentre altri lo hanno fatto con molto più ritardo. Non si tratta quindi della produzione o raccolta di dati nuovi, ma della elaborazione di dati esistenti per sollecitare una prospettiva di analisi nuova e riflessioni sul percorso italiano verso il riconoscimento dei diritti LGBT.
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Il quadro che ne emerge è certamente interessante e offre molti spunti per una riflessione che ci auguriamo seria e lontana da strumentalizzazioni politiche ed ideologiche, perché occorre rendersi conto che i diritti LGBT non possono essere ridotti a bandiera politica o slogan elettorale. Quei diritti raccolgono le speranze e le vite di milioni di cittadini, di donne, uomini e bambini che non chiedono di diventare strumento di lotta politica, ma semplicemente di evoluzione civile, di libertà, di eguaglianza. N O R MATI VA E S E NS I B IL ITÀ P O L I T I C A In Europa le prime risposte “normative” alle richieste di riconoscimento delle coppie omosessuali sono arrivate a fine anni Ottanta e inizio degli anni Novanta, quando alcuni Paesi scandinavi hanno adottato delle normative che disciplinavano le unioni civili tra persone dello stesso sesso. La Danimarca ha fatto da apripista nel 1989, seguita dalla Norvegia nel 1993 e dalla Svezia nel 1995. Curiosamente in questa prima fila di Paesi “pionieri” troviamo anche la Spagna, che ha adottato una disciplina delle unioni civili nel 1994 (primo tra i Paesi mediterranei), mostrando una sensibilità e una rapidità di risposta da parte della politica a queste tematiche non comune nell’Europa del sud. Dopo questi primi passi molti altri Paesi hanno gradualmente introdotto normative analoghe, volte a disciplinare le unioni civili - senza ancora tuttavia introdurre il vero e proprio matrimonio per le coppie omosessuali (nonostante la disciplina delle unioni adottata dai Paesi scandinavi in sostanza regolava le unioni in modo identico al matrimonio). Furono così introdotte le unioni civili in Olanda nel 1998, in Francia nel 1999, e così via fino al Regno Unito, che ha adottato una disciplina delle civil partnerships nel 2005 (v. Tabella 1). TABELLA 1 – Le unioni civili ed i matrimoni tra persone dello stesso sesso in Europa. PAESE
UNIONI CIVILI
MATRIMONI
ADOZIONI
1.
Danimarca
1989
2012
2010
2.
Norvegia
1993
2009
2009
3.
Spagna
1994
2005
2005
4.
Svezia
1995
2009
2003
5.
Olanda
1998
2001
2001
6.
Francia
1999
2013
2013
7.
Belgio
2000
2003
2006
8.
Germania
2001
-‐-‐
2004*
9.
Portogallo
2001
2010
2013*
10. Finlandia
2002
2014
2014
11. Lussemburgo
2004
2015
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12. Regno Unito
2005
2014
2005
13. Ungheria
2009
-‐-‐
-‐-‐
14. Italia
-‐-‐
-‐-‐
-‐-‐
15. Polonia
-‐-‐
-‐-‐
-‐-‐
*Germania e Portogallo consentono solo le cosiddette “stepchild adoptions”, ovvero l’adozione da parte di un partner del figlio dell’altro partner in una coppia omosessuale. Si tratta chiaramente di forme giuridiche che possono variare da Paese a Paese. Vi sono per esempio quelle considerate “opzionali” – tramite registrazione – e quelle “presuntive” – coabitazione per un numero definito di anni –, vi sono poi forme di equiparazione della disciplina patrimoniale, forme che garantiscono una chiara determinazione dei diritti sociali – equiparazione dei benefici fiscali e dei rapporti di lavoro alle coppie eterosessuali, forme volte a regolamentare il processo di filiazione e norme relative all’eventuale scioglimento dell’unione valutandone anche i riflessi collegati ad aspetti patrimoniali. Al di là dei dettagli tecnici e delle specificità dei vari Paesi (per le quali si rimanda all’Appendice), quel che è interessante notare è il fenomeno di graduale “contagio” e adeguamento normativo avvenuto nel giro di dieci anni in quasi tutti i Paesi che all’epoca facevano parte dell’Unione Europea. Con l’unica esclusione di Italia e Grecia. Con il progressivo allargamento dell’Unione Europea da fine anni Novanta e negli anni Duemila, sono arrivati numerosi nuovi Paesi ancora molto indietro su questo fronte. Bulgaria, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia: sono tutti Paesi che ancora non hanno alcuna forma di riconoscimento delle unioni dello stesso sesso. Ma certamente il loro ingresso nell’Unione Europea li ha da un lato costretti a prendere atto dei principi e dei valori europei sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani (v. Box 1), dall’altro li sta progressivamente rendendo più sensibili e più vicini a colmare il gap normativo che fino ad oggi li ha caratterizzati. Basta pensare al caso di Cipro. Fino al 1998 non solo non era riconosciuto alcun diritto alle persone LGBT, ma l’omosessualità era addirittura considerata un reato dal Codice Penale cipriota. Tuttavia l’adesione all’Unione Europea ha spinto Cipro verso una profonda e rapida revisione della norma del codice penale che considerava l’omosessualità un reato (condizione essenziale per poter aderire all’UE), lasciando però illegale la “promozione” dell’omosessualità. Tuttavia nel 2002 anche quest’ultima fattispecie di reato venne modificata, assieme alla norma che equiparava l’età del consenso a quella prevista per i rapporti eterosessuali (17 anni). Alcuni anni dopo il Governo ha annunciato che avrebbe avviato una riflessione sull’opportunità di introdurre una disciplina per le unioni omosessuali, cosa che è avvenuta nel 2013 quando è stato presentato un disegno di legge in Parlamento con l’approvazione del Governo. Il disegno di legge (che introduce le unioni ma non i matrimoni per le persone dello stesso sesso) non è ancora stato approvato, ma il fatto stesso che in questo Paese si sia passati nel giro di dieci anni o poco più dal considerare l’omosessualità un reato al presentare proposte per la regolamentazione Pagina !5 di 29 !
delle unioni omosessuali dimostra l’importanza dell’effetto “contagio” promosso dall’Unione Europea e dai progressi dei Paesi che ne fanno parte. Mentre nei nuovi Paesi ci si comincia ad avvicinare alla normativa sulle Unioni Civili, negli altri Paesi Europei invece si è ormai quasi completata la seconda fase del percorso di riconoscimento delle coppie omosessuali: l’introduzione del vero e proprio matrimonio. Il Paese apripista, su questo fronte, è stata l’Olanda, che appena tre anni dopo l’introduzione nelle unioni civili, nel 2001, ha introdotto il matrimonio. Anche in questo caso i Paesi in cui la politica ha mostrato maggior rapidità e sensibilità sono quelli del nord Europa, con l’eccezione della Spagna, che nel 2005 ha introdotto il matrimonio per le coppie dello stesso sesso. Molti anni dopo si sono uniti all’elenco anche altri Paesi mediterranei: il Portogallo nel 2010 e la Francia nel 2013. Purtroppo l’Italia risulta ancora ferma al punto di partenza: è tra i pochi Paesi europei (e l’unico tra i Paesi fondatori dell’Unione Europea) in cui non esiste ancora alcuna forma di riconoscimento legale delle unioni tra omosessuali. Tema diverso anche se strettamente collegato è quello della “filiazione”. E’ inevitabile, infatti, che, una volta regolamentata la relazione della coppia, emerga la necessità di definire e regolamentare il rapporto con i figli. Molti gay e lesbiche infatti hanno figli avuti da relazioni precedenti, che crescono assieme a loro e all’attuale partner. In altri casi, pur non avendo figli da relazioni precedenti, la coppia omosessuale decide di formare una famiglia e di avere dei figli. Si tratta di decisioni che, col tempo, hanno potuto realizzarsi sempre più facilmente sul piano “tecnico” (visto che oltre allo strumento tradizionale dell’adozione si sono sviluppate e divenute più accessibili tecniche come quelle dell’inseminazione artificiale o di surrogazione) ma per le quali mancava un quadro normativo che ne definisse le caratteristiche sul piano legale. Per questo i Paesi più sensibili e all’avanguardia sul tema dei diritti civili LGBT hanno adottato, assieme o successivamente alle normative sulle unioni o sui matrimoni, anche leggi per disciplinare i rapporti di filiazione, dando la possibilità di adottare i figli del partner e, nei casi di normativa più avanzata, dare la possibilità alla coppia di adottare congiuntamente bambini. Le soluzioni adottate dai Paesi sono diverse. Per esempio la Danimarca, che aveva introdotto le unioni civili nel 1989, ha introdotto la possibilità di adozione del figlio del partner nel 1999 e quella congiunta nel 2010. In Portogallo, invece, è consentita soltanto l’adozione del figlio del partner (introdotta nel 2013), ma non ancora quella congiunta. A di là delle differenze nei tempi e nelle modalità, comunque, quasi tutti i Paesi Europei hanno ormai leggi che regolamentano i rapporti di filiazione, escluse nuovamente, Italia e Grecia. Per avere un indice che riassumesse, in un dato unico, la sensibilità e la prontezza di risposta “normativa” dei vari paesi, per ciascun Paese europeo sono stati prima costruiti indicatori comparabili (espressi in una scala da 0 a 10, in cui 10 rappresenta il livello di sensibilità e riposta più elevato) sulla base del “se e quando” tali Paesi hanno adottato una disciplina normativa per le unioni civili, per i matrimoni e per i rapporti di filiazione. Sulla base di tali indicatori si è costruito un Indice sintetico che li riassumesse in un unico dato (dettagli metodologici in Appendice). Ne deriva una classifica mostrata in Tabella 2. Pagina !6 di 29 !
TABELLA 2 – Indice Unico di sensibilità politica e risposta normativa
PAESE
NORMATIVA UNIONI CIVILI
NORMATIVA MATRIMONI
NORMATIVA ADOZIONI
INDICE UNICO “SENSIBILITA’ POLITICA”
1.
Olanda
6,5
10,0
10,0
8,8
2.
Spagna
8,1
7,1
7,1
7,5
3.
Belgio
5,8
8,6
6,4
6,9
4.
Svezia
7,7
4,3
8,6
6,8
5.
Norvegia
8,5
4,3
4,3
5,7
6.
Danimarca
10,0
2,1
3,6
5,2
7.
Germania
5,4
0,0
7,9
4,4
8.
Regno Unito
3,8
0,7
7,1
3,9
9.
Portogallo
5,4
3,6
1,4
3,5
10. Francia
6,2
1,4
1,4
3,0
11. Finlandia
5,0
0,7
0,7
2,1
12. Lussemburgo
4,2
0,0
0,0
1,4
13. Ungheria
2,3
0,0
0,0
0,8
14. Italia
0,0
0,0
0,0
0,0
15. Polonia
0,0
0,0
0,0
0,0
La tabella mostra come ormai quasi tutti i Paesi europei, soprattutto quelli di “prima generazione” (ovvero i paesi dell’Europa occidentale, ed esclusi quindi i Paesi dell’est Europa che hanno aderito in anni più recenti), abbiano adottato misure normative su tutti i fronti rilevati: unioni, matrimoni e adozioni. Guardando a risultati si distinguono in particolare tre gruppi di Paesi. Un primo gruppo di realtà particolarmente avanzate, che vede protagonisti i paesi del nord-Europa e la Spagna. Tra questi si distingue in modo particolare l’Olanda che, sebbene non sia stato il primo Paese ad introdurre delle forme di riconoscimento delle unioni omosessuali, è stato tuttavia il primo Paese ad introdurre il matrimonio e le adozioni gay nel 2001. Mentre la Danimarca, pur essendo stato il Paese apripista sulle unioni, ha effettuato questo passaggio su matrimoni ed adozioni ben ventitré anni dopo le unioni civili. Un secondo gruppo di Paesi, in cui troviamo, per esempio, Germania, Francia, Inghilterra e Portogallo, è rappresentato da realtà che, pur essendo arrivati con ritardo sull’introduzione di alcune misure, si sono tuttavia adeguate nel tempo a standard sempre più elevati. Infine un terzo gruppo di Paesi che invece mostrano significativi ritardi. Tra questi spicca in modo particolare l’Italia, che non ha ancora adottato nessuna misura normativa sui tre fronti presi in considerazione dall’analisi. Unico assieme ai Paesi di recente adesione all’Unione Pagina !7 di 29 !
Europea come Ungheria e Polonia (e altri non inclusi nella classifica come Cipro, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia, oltre alla Grecia). Nel caso dei Paesi di recente adesione una possibile spiegazione per tale ritardo è legata ai sistemi giuridici e costituzionali di tali Paesi, che in alcuni casi hanno considerato l’omosessualità un reato fino a non molti anni fa (come quello di Cipro descritto in precedenza ma anche Romania, Lituania e altri) e in molti casi hanno Costituzioni che vietano i matrimoni gay. Ma come spiegare i ritardi di Paesi come l’Italia o anche, in misura minore, la Francia e l’Inghilterra che hanno atteso così tanto rispetto ad altri Paesi europei ad adottare normative su matrimoni ed adozioni? Molto spesso si imputano (o si giustificano) tali ritardi con una maggior resistenza da parte della società. Ma è davvero così? Nella prossima sessione si affronta questo tema facendo leva su alcuni dati rilevati da Ipsos. Box 1 – L’orientamento sessuale è una condizione personale tutelata a livello nazionale ed internazionale come diritto e libertà fondamentale della persona. “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”. DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI (1948) – ART. 2 “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”. CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO (1950) – ART. 14 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA (1948) – ART. 3
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BOX 2 : Il caso tedesco Poiché in Italia si parla spesso di adottare il “modello tedesco”, è di particolare interesse approfondire le misure adottate da questo Paese. La normativa relativa alle unioni civili è stata introdotta il 16 febbraio 2001 dalla “Legge per la cessazione della discriminazione nei confronti delle coppie o dei conviventi dello stesso sesso”, che sancisce l’entrata in vigore dell’istituto giuridico della “convivenza registrata”. Tale norma non equipara però a tutti gli effetti la convivenza registrata al matrimonio ma ne disciplina un istituto autonomo ma sostanzialmente simile. La Legge del 2001 stabilisce che una convivenza registrata può nascere solo tramite una dichiarazione davanti all’autorità competente di voler intraprendere un’unione a vita – equiparando così al matrimonio tra coniugi tutti gli obblighi di assistenza e sostegno reciproci. I conviventi possono scegliere un cognome comune. Dal punto di vista patrimoniale, i conviventi sono obbligati a contribuire attivamente alla relazione mediante il proprio impiego e patrimonio sottoponendosi – eccetto in casi contrari – al regime della comunione degli incrementi. Per quel che riguarda le successioni, il comma 10 della Legge del 2001, garantisce – in caso di morte di uno dei conviventi – al superstite gli stessi diritti successori previsti per i matrimoni. Si prevede anche la possibilità di redigere un testamento congiunto. Nel 2004 la “Legge di revisione della normativa sulla convivenza registrata” ha modificato, integrandola, la precedente Legge del 2001 equiparando al matrimonio aspetti relativi al diritto patrimoniale, successorio e previdenziale, all’adozione ed all’annullamento della convivenza. Sono inoltre state modificate le norme sulle successioni consentendo al convivente superstite di avere diritto alla pensione di reversibilità nella stessa misura di un coniuge. Per quel che riguarda le norme legate alla filiazione, se un genitore con affidamento esclusivo del proprio figlio ha sottoscritto una convivenza registrata, il proprio convivente ha il diritto di codecisione per ciò che riguarda la vita quotidiana del bambino. Il processo di adozione avviato da uno solo dei conviventi che abbiano sottoscritto un’unione registrata può avvenire solo previo consenso dell’altro convivente. Un partner può adottare il figlio dell’altro. Inoltre, la convivenza registrata ha anche dei riflessi importanti su aspetti legati alla cittadinanza equiparando qualsiasi diritto in materia – dalle agevolazioni per le procedure di naturalizzazione alla ricongiunzione per le coppie conviventi straniere – a quelli garantiti ai coniugi di un matrimonio. A partire dal 1 gennaio 2008, è stato inoltre introdotto il mantenimento a seguito dello scioglimento di un’unione registrata– commisurato al tenore di vita precedente lo scioglimento –, il quale avviene mediante sentenza del giudice. Tale diritto si estingue nel caso in cui il convivente legittimato costituisce una nuova convivenza o contrae matrimonio. Il 14 novembre 2011 è stata approvata la “Legge per l’estensione alle convivenze registrate delle norme di diritto matrimoniale nell’ambito del pubblico impiego” con cui si equipara la convivenza registrata al matrimonio per tutti gli aspetti legati alla vita dei dipendenti pubblici – aiuti e sussidi, previdenza, indennità di famiglia ed assistenza al personale pubblico prestante servizio all’estero. Pagina !9 di 29 !
A PERT U R A D EL L A S O C IE TÀ Se il tema legato alla produzione normativa e al riconoscimento formale dei diritti LGBT, è spesso al centro del dibattito pubblico, meno frequente è il dibattito e l’analisi sul livello di apertura di una società, sul tipo di percezione nei confronti di determinate iniziative legislative e sul loro grado di accettazione da parte dei cittadini. Si tratta invece di un tema molto importante, soprattutto alla luce del fatto che spesso il motivo che i politici adducono per spiegare le loro resistenze verso certi provvedimenti è la “prontezza” della società e del Paese a recepire tali normative. “Il Paese non è pronto”. Una frase che si è sentita dire spesso in Italia, il Paese che in Europa è più in ritardo sul fronte della risposta normativa ai diritti LGBT. Per capire se e in che misura queste affermazioni hanno effettivo riscontro nella realtà, sono stati ripresi dei dati raccolti da Ipsos in 10 Paesi europei oltre ad alcuni asiatici ed americani, pubblicati nel 2013 nel Rapporto “Global Advisor: Same-Sex Marriage” (per ulteriori dettagli si rimanda all’Appendice metodologica). Tra le varie dimensioni analizzate da Ipsos ne sono state selezionate tre: atteggiamento nei confronti delle forme di riconoscimento delle coppie omosessuali, percezione dei matrimoni, apertura nei confronti dell’adozione. La Tabella 3 mostra i dati Ipsos sulla prima di queste dimensioni. Come si può notare quasi la metà dei cittadini italiani coinvolti nel sondaggio si sono dichiarati favorevoli al matrimonio tra persone dello stesso sesso, un valore naturalmente molto inferiore a quelli dei Paesi “leader” del nord Europa e della Spagna ma non molto lontano da quanto registrato in Francia ed Inghilterra – e significativamente più elevato di quello di Polonia ed Ungheria. Ma soprattutto è interessante notare che un altro 31% si è dichiarato non favorevole al matrimonio ma favorevole al riconoscimento delle unioni civili. Questo significa che il 79% degli italiani interpellati sono favorevoli a quache forma di riconoscimento delle unioni delle coppie dello stesso sesso. Un dato che pone l’Italia in linea con la maggior parte dei Paesi dell’Europa occidentale e lontano da quelli dell’est Europeo a cui invece l’Italia è accommunata dal ritardo politico e normativo in materia di diritti LGBT. TABELLA 3 – Apertura della società nei confronti di matrimoni ed unioni PAESE
% FAVOREVOLE AL MATRIMONIO
% FAVOREVOLE UNIONI MA NON MATRIMONIO
% TOTALE
1.
Svezia
81
9
90
2.
Spagna
76
13
89
3.
Norvegia
78
11
89
4.
Regno Unito
55
26
81
5.
Francia
51
29
80
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6.
Italia
48
31
79
7.
Belgio
67
12
79
8.
Germania
67
12
79
9.
Polonia
21
39
60
30
21
51
10. Ungheria
Fonte: Ipsos (2013), “Global Advisor: Same-Sex Marriage”. Risultati analoghi emergono dalla seconda dimensione considerata, ovvero la percezione del matrimonio tra persone dello stesso sesso come dannoso per la società e riportati nella Tabella 4. Anche su questo fronte l’Italia, con un 10% degli intervistati che si dichiarano convinti che il matrimonio tra persone dello stesso sia dannoso per la società (ed un ulteriore 15% di persone parzialmente convinte di tale affermazione), presenta un profilo molto più vicino a quello dei Paesi europei più avanzati sul fronte del riconoscimento dei diritti LGBT che non a Polonia e Ungheria, dove tale percentuale è quasi doppia. L’ultima dimensione considerata, quella relative alle adozioni, presenta invece un quadro diverso, più in linea con quanto osservato nella prima parte del Rapporto sulla risposta della politica e gli aspetti normativi. Infatti, solo il 19% degli italiani interpellati si dice convinto della necessità di equiparare i diritti di adozione tra coppie eterosessuali e omosessuali, con un altro 22% che si dichiara parzialmente d’accordo. Questi dati sono sensibilmente più bassi rispetto a quanto rilevato negli altri paesi dell’Europa occidentale e più vicini ai risultati di Polonia e Ungheria. TABELLA 4 – Percezione del matrimonio tra persone dello stesso sesso come dannoso per la società PAESE
% CONVINTO
% IN PARTE D'ACCORDO
% TOTALE
1.
Norvegia
4
5
9
2.
Spagna
5
10
15
3.
Svezia
6
10
16
4.
Germania
6
13
19
5.
Belgio
8
15
23
6.
Regno Unito
8
16
24
7.
Italia
10
15
25
8.
Francia
15
17
32
9.
Polonia
18
22
40
22
25
47
10. Ungheria
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Fonte: Ipsos (2013), “Global Advisor: Same-Sex Marriage”. TABELLA 5 – Dati sull’equiparazione dei diritti sulle adozioni tra coppie eterosessuali ed omosessuali PAESE
% CONVINTO
% IN PARTE D'ACCORDO
% TOTALE
1.
Svezia
56
22
78
2.
Spagna
52
20
72
3.
Belgio
41
26
67
4.
Norvegia
41
26
67
5.
Germania
37
33
70
6.
Regno Unito
34
31
65
7.
Francia
31
22
53
8.
Italia
19
22
41
9.
Ungheria
18
24
42
13
14
27
10. Polonia
Fonte: Ipsos (2013), “Global Advisor: Same-Sex Marriage”. Per poter poi analizzare meglio questi dati e confrontarli in modo più sistematico con quelli raccolti sul fronte politico-normativo, sono stati trasformati in “indicatori” utilizzando la stessa metodologia utilizzata per costruire gli indicatori di sensibilità politica (e quindi espressi in una scala da 0 a 10) e riassunti in un unico indicatore di “apertura della società”. Sulla base di questi Indicatori e dell’Indice Unico è stata costruita la Tabella 6. Non sorprende notare come i Paesi che si collocano ai vertici di questa classifica siano i Paesi del nord-Europa e della Spagna. Meno scontato invece il dato relativo all’Italia che, nonostante il risultato sull’indicatore delle adozioni, e nonostante il posizionamento nella parte bassa della classifica, registra però un dato di “apertura” o prontezza della società molto più vicino agli altri Paesi dell’Europa occidentale. La prossima sezione affronta un confronto più approfondito e sistematico tra la sensibilità politica dei vari paesi e il livello di “apertura” dei loro cittadini.
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TABELLA 6 – Indice unico dell’apertura della società su unioni civili, matrimoni e adozioni.
PAESE
APERTURA RICONOSCIMENTO COPPIE
APERTURA ADOZIONI
PERCEZIONE MATRIMONI
INDICE UNICO “APERTURA SOCIETA’”
1.
Svezia
10,0
10,0
6,6
8,9
2.
Norvegia
9,9
8,6
8,1
8,9
3.
Spagna
9,9
9,2
6,8
8,6
4.
Germania
8,8
9,0
6,0
7,9
5.
Belgio
8,8
8,6
5,1
7,5
6.
Regno Unito
9,0
8,3
4,9
7,4
7.
Francia
8,9
6,8
3,2
6,3
8.
Italia
8,8
5,3
4,7
6,2
9.
Polonia
6,7
3,5
1,5
3,9
10.
Ungheria
5,7
5,4
0,0
3,7
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C O NF R O NTO TR A P O L I T IC A E S O C I E TÀ Sulla base degli indici costruiti ed illustrati nelle sezioni precedenti, è possibile condurre un confronto sistematico ed approfondito tra apertura della società e prontezza della politica nel dare risposte ed introdurre provvedimenti normativi come il riconoscimento delle unioni civili o il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Tale confronto è stato effettuato prima sugli indici di apertura presi separatamente (unioni e matrimoni da un lato e adozioni dall’altro) ed infine confrontando i due indici sintetici di apertura della società e di sensibilità politico-istituzionale. I risultati sono illustrati attraverso matrici (grafici 1, 2 e 3), che consentono di posizionare i Paesi lungo le due dimensioni considerate di volta in volta e identificare a quale dei seguenti gruppi appartengono: 1) i “PIONIERI”, ovvero quei Paesi che mostrano sia un’elevata apertura della società sulla tematiche LGBT che un’elevata e rapida risposta del sistema politico-istituzionale; 2) i “PRONTI MA LENTI”, categoria che raggruppa tutti quei Paesi in cui, sebbene la società mostri un elevato livello di apertura e “prontezza”, il sistema politico ha reagito e dato risposte normative con un pò di ritardo oppure - come nel caso dell’Italia- non ha ancora dato alcuna risposta; 3) i “RITARDATARI”, ovvero quei Paesi in cui alla lenta o mancante risposta politiconormativa è associato un basso livello di apertura sul tema dei diritti LGBT. Vi sarebbe in realtà una quarta categoria. Il quadrante in basso a destra, infatti, identificherebbe quei Paesi in cui, nonostante un basso livello di apertura della società, si rileva un’elevata prontezza e sensibilità della politica. Tuttavia non ricade in questa fattispecie nessuno dei Paesi analizzati. Andando a guardare le matrici illustrate dai grafici emerge che ricadono nel primo gruppo i paesi del nord-Europa e la Spagna, sia per quanto riguarda le unioni e i matrimoni che le adozioni. Mentre tra i paesi del secondo gruppo troviamo Francia, Germania e Inghilterra, che hanno adottato normative di riconoscimenti dei diritti LGBT anche se con maggior ritardo e in alcuni casi maggior cautela (come nel caso della Germania). A questi Paesi si aggiunge l’Italia, che, come è già stato osservato in precedenza, pur avendo un elevato livello di apertura e “prontezza” della società non ha ancora dato alcuna riposta di tipo normativo. Infine, nell’ultimo gruppo, i “ritardatari”, troviamo quei Paesi dell’Europa dell’est, Polonia ed Ungheria, che ancora hanno un lungo cammino davanti a sé, sia sul fronte dell’apertura della società che della risposta politica (purtroppo la rilevazione Ipsos non include altri paesi dell’est europeo). Il tipo di analisi condotta non consente di fare inferenze su eventuali “pattern” tipici che guidino il percorso di riconoscimento dei diritti LGBT nei vari paesi, ovvero se a fare da traino al percorso di riconoscimento dei diritti LGBT sia più la spinta proveniente dalla società o dall’azione politica e legislativa. Certamente, l’impressione che si ha osservando i dati è che in molti casi la politica Pagina 14 ! di 29 !
su questi temi fatichi ad assumere quel ruolo di guida e traino che potrebbe o dovrebbe avere. Emblematico il caso dell’Italia – in cui nonostante un elevato livello di “prontezza” della società la politica non è ancora stata in grado di dare neppure una risposta concreta. Ma anche il caso della Germania, considerato che, a fronte di un livello di apertura e accettazione della società tra i più elevati d’Europa, il sistema politico pur avendo dato delle risposte concrete lo ha fatto con gradualità e cautela. Naturalmente è impossibile trarre teorie generalizzate d queste osservazioni empiriche, basta pensare al caso della Francia. Quando ha introdotto matrimoni ed adozioni, nel 2013, nel Paese si sono avute importanti manifestazioni di protesta, ed il livello di apertura e accettazione della società nei confronti di tali istituti è molto lontano da quello dei paesi del nord Europa (e in taluni casi anche peggiore dell’Italia come visto in tabella 4). Nel caso francese, quindi, è il sistema politico-istituzionale che si è assunto la responsabilità di introdurre un riconoscimento di diritti LGBT, come le adozioni per esempio, su cui ancora la società non aveva maturato un livello di accettazione al pari di altri Paesi del nord-Europa. Sarà interessante osservare, nel tempo, se l’iniziativa politica adottata in Francia contribuirà a migliorare il livello di accettazione e apertura della società, suggerendo l’esistenza un rapporto di interdipendenza e influenza reciproca tra apertura della società e del sistema politico. Dimostrando quindi che non solo è vero che una società aperta e sensibile stimola e “spinge” un sistema politico a dare risposte, ma anche che il riconoscimento dei diritti LGBT da parte del sistema politico contribuisce a rafforzare la consapevolezza e la progressiva accettazione dei diritti LGBT in parti sempre più estese della società.
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Un’ultima osservazione sul tema delle adozioni riguarda l’evidente polarizzazione che emerge dal grafico 2, molto più marcata rispetto ai risultati sul fronte di unioni e matrimoni. Infatti nel caso delle adozioni la distribuzione dei Paesi tra i tre gruppi della matrice appare meno equilibrata e più schiacciata verso i due estremi: “pionieri” e “ritardatari”.
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C O NC L U S I ON I Dagli inizi degli anni Novanta, quando ancora l’omosessualità era illegale in molte parti del mondo (incluso alcuni Paesi che di lì a poco avrebbero aderito all’Unione Europea) l’Europa ha avviato un processo di riconoscimento dei diritti LGBT che nel giro di due decenni ha portato al riconoscimento di unioni, matrimoni e adozioni in quasi tutti i Paesi europei, tranne in quelli di più recente adesione come Polonia, Ungheria, e molti altri dell’est europeo. Si è verificato quindi una sorta di progressivo ed inarrestabile “contagio” che ha fatto sì che pian piano nell’arco di questi anni i diritti LGBT venissero riconosciuti in un numero sempre maggiore di Paesi, partendo da quelli dell’Europa del Nord e dalla Spagna (i “pionieri”) coinvolgendo pian piano anche quelli dell’Europa continentale e alcuni del sud Europa. Tuttavia questa opera di contagio è stata disomogenea nei tempi e nei modi, soprattutto per quanto riguarda la risposta politica. Vi sono infatti ancora molte differenze nelle soluzioni giuridiche adottate per dare risposta ai diritti LGBT così come vi sono differenze anche profonde nelle tempistiche con cui tali provvedimenti sono stati adottati. Il processo di convergenza dei Paesi europei verso un’uniformità di trattamento e di riconoscimento dei diritti LGBT è ancora troppo lento e disomogeneo, creando disparità tra i cittadini dell’Unione e facendo periodicamente emergere contraddizioni e problematiche giuridiche anche rilevanti. E’ evidentemente contraddittorio che i cittadini europei abbiano la libertà di muoversi liberamente tra i Paesi dell’Unione ma non la libertà di vedersi riconosciuti gli stessi diritti individuali e civili in uno o l’altro Paese. Questo è un tema che i sistemi politico istituzionali europei e dei singoli Paesi devono affrontare con urgenza, perchè non possono pensare di scaricare questo tipo di scelte sui sistemi giudiziari che di volta i volta si trovano ad affrontare dispute legali collegate al riconoscimento in un Paese di diritti e benefici ottenuti in altri Paesi dell’Unione. Oltretutto, nonostante il processo di convergenza della risposta politica dei vari Paesi dell’Unione e le soluzioni normative adottate sia piuttosto lento e contraddittorio, il processo di convergenza delle opinioni, degli atteggiamenti dei cittadini e dell’apertura della società appare molto più rapido e lineare. La stragrande maggioranza dei cittadini Europei è ormai molto in sintonia sulla necessità di aprirsi ad un pieno riconoscimento dei diritti LGBT, in particolare quelli legati all’affettività e alla vita privata - con qualche residua resistenza e maggiori divergenze solo sul tema delle adozioni. Eppure questa apertura della società non sempre trova riscontro in una equiparabile apertura e prontezza di risposta da parte dei sistemi politici-istituzionali. Al contrario, quello che emerge dall’analisi è che in molti casi sui diritti LGBT la politica non riesce a svolgere quel ruolo di guida coraggiosa e lungimirante che dovrebbe avere, ma tende a reagire con lentezza e forti resistenze, aprendo un divario tra politica e società. E’ questo il caso dell’Italia. L’Italia si trova nel paradosso di avere un livello di apertura e consapevolezza sociale al pari o vicina a quella dei paesi più avanzati – Francia, Belgio Pagina 17 ! di 29 !
Inghilterra, Germania – ma un livello di risposta politico-istituzionale pari alla Polonia e all’Ungheria. E’ importante che nella società si continui quell’opera di comunicazione, informazione e sensibilizzazione che ha consentito di avere un livello di apertura culturale al pari del resto d’Europa su molte tematiche LGBT. Ma è altrettanto se non più urgente che la politica recuperi il suo ruolo e che adotti al più presto dei provvedimenti e delle iniziative non solo per riavvicinare l’Italia agli altri Paesi europei ma soprattutto per dare risposte concrete a milioni di cittadini che le aspettano da anni. Le priorità su cui l’Italia dovrebbe impegnarsi sono molte, in particolare se ne segnalano due: 1. Promuovere iniziative legislative che possano riallineare l’Italia ai principali Paesi partner dell’Unione Europea sul fronte del riconoscimento dei diritti LGBT, perchè è sempre più evidente che è necessario una maggior convergenza ed armonizzazione delle normative dei singoli Paesi. 2. Promuovere un’azione congiunta dell’Unione Europea che possa favorire ed accelerare il processo di convergenza dei vari Paesi attorno ad una normativa comune che eviti le contraddizioni e le problematiche giuridiche che sempre più spesso emergono al suo interno e che rischiano di ccreare discriminazioni tra i cittadini europei; Tali azioni non sono più rimandabili e vanno compiute nella consapevolezza che esse servono non tanto e non solo ad “adeguarsi” agli standard europei, ma a costruire una società in cui le persone siano libere di esprimere se stesse e realizzare il proprio progetto di vita. Una società più libera e più felice.
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A PPE ND ICE I – M ETO D O LO G I A
INDICE
INDICATORI
NormaJva Unioni Civili
RISPOSTA POLITICA
APERTURA SOCIETA’
DESCRIZIONE
Anno di adozione di una norma:va volta al riconoscimento delle unioni civili
NormaJva Matrimoni
Anno di approvazione del matrimonio omosessuale
NormaJva Adozioni
Anno in cui sono state consen:te le adozioni nelle coppie omosessuali (include casi in cui è permessa solo la “stepchild adop:on”)
Apertura riconoscimento coppie
▪ % favorevole al matrimonio omosessuale ▪ % favorevole solo ad unioni civili
FONTE Senato della Repubblica, (2014), Nota Breve n. 42. ILGA-‐Europe, (2014), “Annual Review”
Senato della Repubblica, (2014), Nota Breve n. 42. ILGA-‐Europe, (2014), “Annual Review”
Senato della Repubblica, (2014), Nota Breve n. 42. ILGA-‐Europe, (2014), “Annual Review”
Ipsos, (2013), “Global Advisor: Same-‐Sex Marriage”.
Percezione matrimoni
▪ % convin: che il matrimonio Ipsos, (2013), “Global gay sia un danno per la Advisor: Same-‐Sex società Marriage”. ▪ % in parte d’accordo
Apertura adozioni
▪ % favorevole all’equiparazione dei diriZ Ipsos, (2013), “Global alle adozioni tra coppie etero Advisor: Same-‐Sex ed omosessuali Marriage”. ▪ % in parte d’accordo
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N OT E M E TO DO LOG IC H E Gli Indicatori relativi alla dimensione “Risposta della politica” sono stati costruiti assegnando a ciascun Paese un punteggio da 0 a 10 che rispecchia sia l’introduzione (o l’assenza) di normative volte al riconoscimento dei diritti LGBT sia l’anno di introduzione, in modo che ai Paesi che hanno adottato da più tempo tali normative venga assegnato un punteggio più elevato rispetto ai Paesi in cui la stessa normativa sia stata adottata in tempi più recenti (con l’assegnazione del massimo punteggio al Paese che ha adottato per primo una determinata normativa, e l’assegnazione di zero punti al Paese che non ha ancora adottato alcuna normativa). Specificatamente i tre indicatori sono stati costruiti sulla base di tre tipologie di normative: a) riconoscimento delle unioni per l’Indicatore “Normativa Unioni”, b) introduzione dell’istituto del matrimonio per le persone dello stesso sesso per l’indicatore “Normativa Matrimoni” e c) la possibilità di adottare il figlio del parter e/o effettuare l’adozione congiunta per l’indicatore “Normativa Adozioni”). L’Indice Unico di Risposta Politica è la media del risultato ottenuto da ciascun Paese nei tre indicatori che lo compongono. Gli indicatori relativi alla dimensione “Apertura della Società” sono invece costruiti sulla base dei risultati di un sondaggio internazionale sulla percezione dei diritti LGBT condotta da IPSOS e pubblicata nel 2013: “Global Advisor: Same-Sex Marriage”. Anche in questo caso i risultati sono stati trasposti in una scala da zero a dieci in cui al Paese più “virtuoso” viene attribuito il massimo punteggio e al meno virtuoso il minimo. Il sondaggio si basa su un campione di 12,484 persone di età tra i 16 e i 64 anni. Le domande del sondaggio su cui sono stati costruiti gli indicatori sono le seguenti: - L’indicatore relativo ai “Favorevoli al riconoscimento delle coppie LGBT” (tabella 3) si basa sulla domanda: “Quando riflette sui diritti delle coppie omosessuali, quale tra queste opzioni si avvicina di più alla sua opinione personale? Rispondendo: (a) Le coppie omosessuali dovrebbero potersi sposare; (b) Le coppie omosessuali dovrebbero ottenere un riconoscimento legale ma non dovrebbero potersi sposare”. - L’indicatore relativo alla percezione dei matrimoni LGBT (tabella 4) si basa sulla domanda: “Riflettendo sul matrimonio omosessuale, a suo parere i matrimoni gay sono o possono essere dannosi per la società?” e la scelta tra “convinto” ed “in parte d’accordo” come risposta. - L’indicatore relativo alla necessità di equiparazione dei diritti relativi alle adozioni tra coppie eterosessuali ed omosessuali (Tabella 5) si basa sulla domanda: Riflettendo sul matrimonio omosessuale, in che misura (“convinto”, “in parte d’accordo”) ritiene che le coppie dello stesso sesso debbano avere gli stessi diritti all’adozione delle coppie eterosessuale?”. Anche in questo caso l’Indice Unico di Apertura della Società è ottenuto calcolando la media dei risultati che ciascun Paese ha registrato sui singoli indicatori.
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AP P EN D IC E II – A LC U N I C AS I I N T E R N AZ I O N AL I Danimarca La Danimarca è stata la prima nazione al mondo a produrre una normativa volta al riconoscimento delle unioni civili (registreret partnerskab) tra persone dello stesso sesso nel 1989. Per quel che riguarda il matrimonio omosessuale, invece, la Danimarca ha dovuto attendere ben ventitré anni quando del 2012 il Paese scandinavo è diventato l’undicesimo Paese a riconoscere il matrimonio di genere neutro, includendo però la possibilità di sposarsi in Chiesa. In Danimarca, l’adozione del figlio del partner in una coppia omosessuale è consentita dal 1999 mentre quella congiunta dal 2010. Il 15 giugno del 2012 la legge sulle unioni civili fu abrogata con l’entrata in vigore della normativa sul matrimonio di genere neutro. A partire dal 2006 l’introduzione del matrimonio aperto a tutti fu proposta varie volte, fino a quando – a seguito di una sconfitta di pochi voti per l’approvazione di una norma a riguardo nel 2010 – l’anno seguente il Ministro per le Pari Opportunità e per gli Affari di Culto Manu Sareen, annunciò la possibilità di introdurre una legge sui matrimoni gay nel 2012. Nel gennaio del 2012 vennero infatti presentati due progetti di legge: uno consentiva alle coppie omosessuali di sposarsi sia in comune che in chiesa (con automatico riconoscimento per coloro i quali avessero già sottoscritto un’unione civile), mentre l’altra legge consentiva ai singoli preti di scegliere se sposare o meno una coppia gay. La legge sul matrimonio gay fu approvata il 7 giugno del 2012, ricevette l’assenso reale il 12 giugno ed entrò in vigore il 15 giugno. Norvegia La Norvegia è stata il primo tra i Paesi scandinavi ad introdurre i matrimoni gay nel gennaio del 2009. Le unioni civili registrate sono consentite in Norvegia dall’agosto del 1993, secondo Paese dopo la Danimarca ad approvare una norma in tal senso. Dal 2002, le unioni registrate consentono l’adozione del figlio di un partner da parte dell’altro ed a seguito dell’approvazione della legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, è stata rimossa la possibilità di effettuare unioni registrate. Nel maggio del 2008, dopo varie discussioni sulla materia, i due partiti di opposizione - quello Liberale e quello Conservatore - hanno dichiarato che avrebbero appoggiato la nuova legge in favore di un matrimonio di genere neutro. La legge, che consente tra l’altro l’adozione congiunta e la possibilità - in accordo con la comunità religiosa di riferimento - di sposarsi in chiesa, venne votata ed approvata nel giugno del 2008 con 84 voti favorevoli e 41 contrari nella Camera bassa e con 23 voti favorevoli e 17 contrari nella votazione tenuta nella Camera alta. A differenza di altri Paesi in cui la Chiesa nazionale ha concesso la possibilità di consacrare matrimoni gay in chiesa, il Consiglio Nazionale della Chiesa di Norvegia nel 2014 ha bocciato tale possibilità.
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Spagna In Spagna, le coppie omosessuali possono sottoscrivere una cosiddetta “Unione Stabile”, istituto non previsto per i minori, le persone sposate, i parenti in linea retta e collaterali fino al secondo grado e coloro i quali facciano già parte di un’unione stabile. Le Unioni Stabili godono dei medesimi diritti delle coppie eterosessuali, ad eccezione della possibilità di adottare un figlio. A prescindere dalle varie denominazioni che variano di regione in regione, il principio di base ruota attorno all’unione tra due persone adulte, indipendentemente dal sesso e dall’orientamento sessuale, facendo espresso divieto di qualsiasi forma di discriminazione. Con la Legge n.13 del 2005, venne modificato il Codice Civile nella parte relativa alla definizione stessa di matrimonio, sostituendo ad esempio i termini “marito e moglie” con “i coniugi” e le parole “padre e madre” con “genitori”. In tal modo, tutti i diritti ed i doveri spettanti alle coppie eterosessuali sono stati estesi ed equiparati alle coppie omosessuali. Inoltre, la normativa consente sia l’adozione del figlio di un partner da parte dell’altro partner che l’adozione congiunta da parte di coppie omosessuali. Svezia I matrimoni tra persone dello stesso sesso sono legali in Svezia dal maggio del 2009. Con il passaggio della legge sul matrimonio neutro approvata l’1 aprile del 2009 con 261 voti favorevoli, 22 contrari e 16 astenuti, la Svezia è divenuta il settimo Paese a legalizzare i matrimoni gay. Nel 1995 le partnership registrate sono state introdotte in Svezia che divenne così il terzo Paese a riconoscere le unioni dopo Danimarca e Norvegia, consentendo anche l’adozione congiunta. Le partnership registrate fino all’approvazione della legge sul matrimonio continuano ad avere valore legale e possono, qualora ci fosse la volontà dei partner, essere convertite in matrimonio. Per tutte le nuove coppie, il matrimonio - indipendentemente dal sesso - è l’unica forma di unione riconosciuta legalmente. Nell’ottobre del 2009, il consiglio della Chiesa di Svezia ha votato con 176 voti favorevoli e 62 contrari, la possibilità per i preti di sposare coppie dello stesso sesso utilizzando comunque il termine “matrimonio”. A livello politico, sei dei sette partiti in Parlamento votarono in favore del matrimonio, dai partiti di sinistra ai verdi, ai liberali, moderati ed i centristi - con l’unica opposizione dei Democratici Cristiani. Nel 2009, Eva Brunne è stata consacrata Vescovo di Stoccolma difendendo così il primo vescovo lesbica ed il primo vescovo della Chiesa di Svezia ed aver sottoscritto una partnership registrata.
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Secondo l’ufficio statistico svedese, al luglio 2013, 4521 donne si sono unite in un matrimonio con altre donne e 3646 uomini si sono sposati con i loro partner uomini. Olanda L’Olanda è stato il primo Paese a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Già nel 1995 il Parlamento decise di istituire una commissione ad hoc per valutare la possibilità di introdurre tale istituto nella normativa a riguardo. Il lavoro della commissione terminò nel 1997 con un parere favorevole al matrimonio civile tra persone dello stesso sesso e, nel settembre del 2000, due anni dopo le elezioni politiche del 1998, un disegno di legge venne discusso in Parlamento. Sempre nel 1998, il Governo olandese introdusse una norma volta a permettere le partnership registrate. Dopo l’approvazione alla Camera della legge sul matrimonio gay con 109 voti favorevoli e 33 contrari ed al Senato con 49 voti a favore e 26 contrari, la legge venne approvata nel dicembre del 2000 ed entrò in vigore l’1 aprile del 2001. L’articolo 1 comma 30 della legge sul matrimonio venne così modificato e tuttora legge: “Un matrimonio può essere contratto da due persone di sesso diverso o uguale”. Nel caso in cui esista un padre naturale di un figlio neonato la cui madre fa parte di una coppia gay, la partner della madre naturale può diventare genitore solo tramite l’adozione del bambino. Nel caso di un’inseminazione artificiale portata avanti da una coppia di donne gay, e quindi nell’assenza di un padre riconosciuto legalmente, entrambe le madri vengono riconosciute genitrici automaticamente. Dal 2004 la Chiesa Protestante Olandese consente alle singole congregazioni di decidere se concedere o meno la consacrazione a matrimoni gay. Tra il 2001 ed il 2011 sono stati contratti 14,831 matrimoni gay mentre il numero di matrimoni eterosessuali ammontava a 761,010. Nello stesso periodo sono stati registrati 1,078 divorzi di coppie gay. Francia Il 15 novembre 1999 il Parlamento francese ha approvato la Legge n. 99-944 che istituisce il cosiddetto “Patto Civile di Solidarietà” meglio noto come PACS, definendolo come “un contratto concluso tra due persone maggiorenni, dello stesso sesso o di sesso diverso, al fine di organizzare la loro vita in comune”. Con tale definizione, i PACS si differenziano dunque dal concetto più semplice e giuridicamente più limitato negli effetti e nei diritti della “convivenza”, definita dall’art. 518 comma 1 del Codice Civile francese come “un’unione di fatto, caratterizzata dalla vita in comune, stabile e continuativa, tra due persone di sesso differente o dello stesso sesso , che vivono in coppia”.
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Viene tra l’altro anche specificato che un PACS non può mai essere contratto tra persone già sposate, legate da un precedente PACS e tra ascendenti/discendenti e/o parenti in linea retta e tra collaterali sino al terzo grado incluso. La sottoscrizione di un PACS avviene tramite una dichiarazione presso la cancelleria del tribunale di prima istanza nella giurisdizione di residenza. Una volta sottoscritto un PACS, i partner si impegnano a condurre una vita in comune – che va oltre la mera condivisione di interessi e l’esigenza di coabitazione -, e ad impegnarsi nella reciproca assistenza, anche materiale. Il PACS cessa per volontà di uno o di entrambi i contraenti, a seguito di matrimonio o successivamente alla morte di uno dei partner. Il 17 maggio 2013, con la Legge n. 404, la Francia entra ufficialmente a far parte di quei Paesi che consentono il matrimonio tra le persone dello stesso sesso. A seguito di 170 ore di dibattito parlamentare, l’Assemblée Nationale ha approvato la legge che modifica l’articolo 143 del Codice Civile definendo il matrimonio come contratto tra due persone di sesso differente “o del medesimo sesso”, estendendo così tutti i diritti e gli obblighi propri del matrimonio anche alle coppie omosessuali, incluse le norme relative all’adozione. Belgio Nel giugno del 2003, il Belgio ha approvato una legge per legalizzare il matrimonio gay dopo soli tre anni dall’approvazione della legge in favore delle unioni civili. Il Belgio è stato il secondo Paese a legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. A metà degli anni 90 alcune organizzazioni gay hanno cominciato a spingere per la legalizzazione del matrimonio gay e nel 1995 una proposta di legge venne introdotta in Parlamento per regolamentare le cosiddette “coabitazioni legali”. La proposta di legge garantiva una serie di diritti alle coppie registrate indipendentemente dal sesso o dall’orientamento sessuale, modificando il Titolo V del Codice Civile introducendo l’istituto della coabitazione legale, che peraltro – ed a differenza di altri Paesi con simili norme – non dipendeva esclusivamente da un rapporto di coppia: ad esempio, una coabitazione legale poteva essere sottoscritta anche tra parenti. Sebbene approvata alla Camera dei Rappresentanti con 98 voti favorevoli e 10 contrari ed al Senato con 39 voti a favore e 8 contrari nel novembre del 1998, la norma non entrò mai in vigore e divenne uno dei punti del programma politico del Governo guidato da Guy Verhofstadt, assieme alla formulazione di una normativa relativa alle partnership registrate. Con l’approvazione reale del dicembre 1999, la legge sulle coabitazioni legali entrò in vigore dal 1 gennaio del 2000. A seguito del primo matrimonio gay celebrato in Olanda nell’aprile del 2001, il Governo Belga decise di elaborare un disegno di legge in materia che, dopo essere stato bocciato dal Consiglio di Stato sulla base di un concetto di famiglia definito dall’unione tra un uomo ed una donna, venne ritirato e ripresentato nel maggio del 2002 da alcuni senatori (bypassando così l’intervento del Consiglio di Stato). La legge venne approvata nel novembre del 2002 al Senato Pagina 24 ! di 29 !
con 46 voti favorevoli e 15 contrari ed alla Camera nel gennaio del 2003 con 91 voti favorevoli e 22 contrari. Nel febbraio del 2003 il re Alberto ha firmato la legge che è entrara in vigore l’1 giugno dello stesso anno. Il primo paragrafo dell’art. 143 del Codice Civile Belga (Libro I, Titolo V, Capitolo 1) ora legge: “Due persone di sesso diverso o uguale possono contrarre matrimonio”. Nel giugno del 2006 entrò in vigore una legge che permise l’adozione all’interno di una coppia omosessuale e, più recentemente, il Governo Di Rupo ha approvato nel maggio del 2014 una legge che, per le coppie formate da due donne unite in matrimonio, la compagna della madre del neonato viene automaticamente riconosciuta come genitore. Fino ad allora, i genitori del neonato venivano riconosciuti legalmente nelle figure della madre e del padre biologico. Al momento una legislazione simile applicabile alle coppie formate da uomini non è ancora stata discussa. Portogallo Le unioni di fatto sono state dapprima introdotte per le coppie eterosessuali nel luglio del 1999 e vennero poi estese alle coppie del medesimo sesso nel maggio del 2001. A differenza di altri Paesi, non esiste un processo di registrazione di tale unione ed i diritti legati allo status di “coppia di fatto” possono essere richiesti dopo una convivenza di almeno due anni. I matrimoni tra persone dello stesso sesso sono stati riconosciuti in Portogallo nel giugno del 2010. La legge a riguardo fu introdotta dal Primo Ministro Socrates nel dicembre del 2009. A seguito dell’approvazione da parte del parlamento portoghese, e dell’approvazione della Corte Costituzionale, la legge venne pubblicata nel Diario da Republica il 31 maggio 2010 ed entrò in vigore il 5 giugno del 2010. L’iter della legge sul matrimonio gay venne avviato da una sentenza della Corte Costituzionale nel processo che vedeva due donne – alle quali era stata respinta la richiesta di matrimonio – sostenere l’incostituzionalità della discriminazione in base all’orientamento sessuale. Il 31 luglio 2009, la Corte Costituzionale decise con tre voti favorevoli e due contrari che, data la mancanza di qualsiasi riferimento contrario e/o favorevole al matrimonio omosessuale nella Costituzione, la decisione volta a normare tale istituto fosse di competenza dell’Assemblea della Repubblica. Per quanto riguarda il tema dell’adozione, sebbene il parlamento portoghese abbia bocciato più di una proposta di legge volta all’adozione congiunta da parte di coppie del medesimo sesso, il 17 maggio 2013 il Parlamento ha approvato una legge che permette ad un partner di adottare il figlio dell’altro. Finlandia Il 28 novembre del 2014, i deputati Finlandesi hanno approvato con 105 voti favorevoli e 92 contrari, la Legge di iniziativa popolare “Tahdon”, “lo voglio” in finlandese. Pagina 25 ! di 29 !
Le firme per poter avviare l’iter della legge erano state raccolte sul web in meno di ventiquattro ore. Dopo 12 anni dall’approvazione delle unioni civili, e quindi della possibilità di adottare il figlio del partner, la Finlandia ha compiuto nel 2014 lo storico passo del matrimonio tra persone del medesimo sesso, dando quindi la possibilità anche di adottare al di fuori della coppia. L’approvazione della legge ha portato ad una soddisfazione estremamente condivisa, sia in ambito politico che religioso. Si ricordano le parole di Alexander Stubb, premier di centrodestra: “La Finlandia deve diventare un Paese dove non esistono discriminazioni, i diritti umani sono rispettati e due adulti possono sposarsi a prescindere dal proprio orientamento sessuale”; e quelle dell’Arcivescovo Kari Manine: “So quanto questa giornata significhi per la comunità arcobaleno, per i loro cari e per molti altri. Provo gioia con tutto il mio cuore per loro e con loro”.
Lussemburgo Dopo dieci anni dall’approvazione delle unioni civili, riconosciute nel 2004, il Lussemburgo è divenuto l’undicesimo Paese europeo a riconoscere il matrimonio gay. Già nel 2007, si era tentato di introdurre una mozione volta alla legalizzazione del matrimonio gay che venne però respinta con 38 voti contrari e 22 favorevoli. Nel luglio 2009, però, il Governo guidato da Jean-Claude Junker annunciò l’intenzione di approvare una normativa in favore dei matrimoni omosessuali. Esattamente un anno dopo, nel luglio del 2010, il Consiglio dei Ministri del Lussemburgo ha approvato la legge sottoponendola all’esame del Parlamento nell’agosto dello stesso anno. A seguito di alcune modifiche, della discussione in Commissione Affari Legali della Camera e delle elezioni del 2013 - che portarono all’elezione di Xavier Bettel, PM apertamente gay l’approvazione della legge slittò a fine 2014. Il 18 giugno 2014 il parlamento del Lussemburgo ha approvato con 56 voti favorevoli e 4 contrari, la legge a favore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso e le adozioni per le coppie gay. La legge avrà effetto a partire dal 2015 anno in cui potranno essere celebrati i primi matrimoni tra persone del medesimo sesso. Da ricordare il commento di Felix Braz, Ministro della Giustizia: “Il Lussemburgo diventerà un Paese più solidale e giusto”.
Regno Unito Il 5 dicembre 2005 è entrato in vigore il “Civil Partnership Act” che fu approvato nel novembre del 2004. Come del resto negli altri Paesi analizzati che hanno introdotto normative in favore delle unioni civili, il Civil Partnership Act fu votato dal Parlamento Inglese al fine di ottenere un riconoscimento giuridico delle unioni registrate.
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In Inghilterra ed in Galles le unioni registrate sono costituite attraverso la sottoscrizione da parte di entrambi i partner, in presenza dell’ufficiale di Stato civile e di due testimoni, del cosiddetto “civil partnership document”. Dal punto di vista pensionistico, previdenziale, fiscale e successorio, i partner sono equiparati ai coniugi di un matrimonio. Con l’”Adoption and Children Act” del 2002, inoltre, si prevede la possibilità per uno dei partner di acquisire il potere di concorrere alle decisioni relative alla vita e allo sviluppo del bambino (“parental responsibility”) dell’altro partner qualora quest’ultimo sia d’accordo e vi sia anche il consenso dell’altro genitore. I partner possono adottare. Le Civil Partnerships terminano a seguito della morte di uno dei partner, o per “dissolution” ovvero per scioglimento o annullamento anche tramite una forma di separazione legale. L’istanza di scioglimento della Partnership può essere presentata all’autorità giudiziaria solo dopo un anno dalla costituzione della stessa. Con il “Marriage (Same Sex Couples) Act” l’Inghilterra ed il Galles hanno introdotto – modificando il “Marriage Act” del 1949 – il matrimonio tra persone dello stesso sesso, mentre in Scozia tale normativa è stata introdotta nel 2014. Ad oggi, l’Irlanda non si è ancora espressa favorevolmente all’adozione di tale istituto e qualsiasi matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero viene equiparato ad una Civil Partnership. Islanda Con l’approvazione della legge in favore del matrimonio di genere neutro nel giugno del 2010, l’Islanda è divenuta il nono Paese ad aver legalizzato il matrimonio tra persone del medesimo sesso. Nell’aprile del 2009, il Governo islandese annunciò l’introduzione di una normativa in favore del matrimonio di genere neutro. A differenza di altri Paesi, anche il partito Progressista all’opposizione si disse favorevole al matrimonio neutro. Le partnership registrate (staofest samvist) sono state introdotte in Islanda nel 1996. La normativa a riguardo garantiva gli stessi diritti e responsabilità del matrimonio ma, al contrario di altri Paesi, questo tipo di unione era sottoscrivibile solo da persone del medesimo sesso. Riguardo alla filiazione, le unioni registrate permettevano l’adozione del figlio del partner. Nel giugno del 2006, il Parlamento votò un disegno di legge che equiparò le coppie eterosessuali a quelle omosessuali in materia di adozione: nessun parlamentare votò contrario e la legge entrò in vigore il 27 giugno del 2006. Esattamente due anni dopo, il 27 giugno del 2008, venne approvato un emendamento che permetteva alla Chiesa d’Islanda di benedire matrimoni gay. Il 23 marzo del 2010, il Governo presentò un disegno di legge per abrogare le partnership registrate consentendo alle coppie di sposarsi indipendentemente dall’orientamento sessuale. L’11 giugno del 2010 il Parlamento islandese ha approvato il disegno di legge con 49 voti favorevoli e nessun contrario, solo 7 astenuti e 7 assenti. L’allora Primo Ministro Johanna Siguroardottir e la sua compagna Jonina
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Leosdottir si sono sposate il 27 giugno del 2010, giorno in cui entrò in vigore la legge sui matrimoni omosessuali.
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BIB L I O G R A FI A
Eurobarometer, (2012), “Discrimination in the EU in 2012”. http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_393_en.pdf
European Agency for Fundamental Rights, (2013), “EU LGBT survey: Results at a glance”. http://fra.europa.eu/sites/default/files/eu-lgbt-survey-results-at-a-glance_en.pdf ILGA-Europe, (2014), “Annual Review of the Human Rights Situation of Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex People in Europe”. https://dl.dropboxusercontent.com/u/15245131/Annual%20Review%202014%20web %20version.pdf Ipsos, (2013), “Global Advisor: Same-Sex Marriage”. http://www.ipsos-na.com/download/pr.aspx?id=12795
Senato della Repubblica, (2014), “Unioni o matrimoni civili tra persone dello stesso sesso in alcuni Paesi dell’Unione Europea”. Servizio Studi del Senato, Nota Breve n. 42. http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00826258.pdf
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