MENSILE D’ATTUALITÀ E APPROFONDIMENTO
ANNO VII NUMERO 3 MARZO 2012
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Un last minute o un giro del mondo non importa LA SODDISFAZIONE DEL CLIENTE VIENE PRIMA DI TUTTO.
Expo bussa alle porte, il nuovo Pgt dovrebbe ridisegnare il volto della città. Casa, verde, trasporti le priorità. Gli interessi della gente comune e quelli dei grandi costruttori. Che futuro ci aspetta secondo Gabriele Albertini e Piero Bassetti.
LA MILANO CHE NON C’ È Comune dalle zone ai municipi
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Lavoro dove si trova un posto in città
Farmaci è la pillola che fa la malattia
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Solidarietà con la crisi si dona meno
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SOMMARIO
IL PUNTO Sea: le preoccupazioni dei lavoratori, l’azienda, il ruolo del Comune Ai lavoratori di Sea, che sono più di 5mila, interessa poco, probabilmente niente, se il Comune di Milano che è azionista di maggioranza, vuole vendere ulteriori quote della società per comprare - come è stato detto - 30 nuovi treni per metropolitana. Ai dipendenti della società che gestisce gli scali di Malpensa e Linate interessa prima di tutto sapere se il loro posto di lavoro sarà messo a rischio e se, dopo aver già dato in abbondanza per il risanamento dell’azienda, saranno rispettati gli accordi sindacali sottoscritti, a tutela dei lavoratori e dell’azienda. Strettamente connesso al loro futuro c’è l’ovvio interesse per quello della società per la quale lavorano: se le operazioni prospettate dall’azionista di maggioranza puntano, nella sostanza, a scaricare Sea oppure s’inquadrano in un progetto di crescita e di sviluppo della stessa. Per questo è stato proclamato lo sciopero del 27 marzo: - per sottolineare la preoccupazione dei lavoratori di fronte ai progetti annunciati, che comunque rimangono delle ipotesi finché il Consiglio comunale non deciderà cosa fare; - per ricordare a tutti che i lavoratori i sacrifici li hanno già fatti dai lavoratori e che non si può chiedere loro di farne altri. Forse sarebbe stata opportuna maggiore cautela prima di uscire pubblicamente con certe ipotesi tanto più che - appena qualche mese fa - il Consiglio comunale ha approvato una delibera che impegna l’amministrazione municipale a non scendere sotto quota 51% di Sea. È ovvio che, di fronte a un cambio di rotta così repentino, i diretti interessati si allarmano e pensano che si voglia vendere semplicemente per fare cassa. In ogni caso la questione non è semplicemente vendere o non vendere, quanto piuttosto cosa vendere, a chi vendere, per fare che cosa e definire preliminarmente la posizione dell’azionista di maggioranza, ovvero del Comune che deve continuare a svolgere un ruolo di garanzia sulla pubblica utilità di Sea e di continuità nel tempo dei patti sottoscritti. Messe sul tavolo tutte queste carte sarà possibile ragionare.Tutti insieme, con la tranquillità necessaria.
COMMENTI
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Il commercio e le opere pubbliche per l’Expo.
INTERVISTA
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L’assessore al Decentramento Benelli vuole restituire poteri alle Zone.
SALUTE
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Tumori, i lavori ad alto rischio.
SOCIETÀ Pari opportunità, si volta pagina
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MUSICA DIRETTORE PIERO PICCIOLI p.piccioli@jobedi.it REDAZIONE via Tadino, 17 - 20124 Milano 02/36597420 Fax 02/70046866 info@jobedi.it Christian D’Antonio, Innocente Somarè (grafica e impaginazione) Sveva Stallone, Benedetta Cosmi COLLABORATORI: Daniela Bianchi, Maurizio Bove, Massimo Casiraghi, Mauro Cereda, Remo Guerrini, Michela Loberto, Maria Quarato,Tommaso di Buono, Giovanni Provasi, Cinzia Frascheri EDITORE JOB NETWORK - PROPRIETARIO DELLA TESTATA Cisl Milano Via Tadino, 23 - 20124 Milano Responsabile trattamento dati, legge 196/03: Piero Piccioli Reg. Trib. di Milano n.293 del 26/04/2006 Iscrizione Roc n. 17405 del 09/08/2008 STAMPA: La Serigrafica Arti Grafiche - via Toscanelli, 26 - 20090 Buccinasco (Mi) 02.54708456 - www.laserigraficasrl.org
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L’emergente da tener d’occhio Marco Guazzone e il ritorno dei Cranberries.
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COMMENTI
EXPO.
COMMERCIO.
I PROTOCOLLI SONO FIRMATI, ORA APRIAMO I CANTIERI
LE LIBERALIZZAZIONI NON CREANO NÉ LAVORO NÉ CONSUMI.
Poco più di tre anni e poi sarà Expo. Con i cantieri in netto ritardo, complice le liti politiche ed i vari ricorsi. L’Expo che credevamo un’opportunità di crescita economica , con le circa 60 opere infrastrutturali correlate che hanno lo scopo di reggere impatto turistico previsto. Nel 2001 la Lombardia aveva 60km di strade per milione d’abitanti, quindi una media doppia, quasi tripla rispetto alle altre aree omogenee europee. Nel 2011 non sono stati fatti passi in avanti. Sono 210 km previsti per le opere legate a Brebemi-Tem-Pedemontana; Cremona-Mantova; Broni Stradella. Per Expo si calcola che ne saranno disponibili 55 km. (quasi ¼). Vediamo cosa non parte e perchè.
Il settore del commercio si distingue in tre aree: Commercio di vicinato, Grande distribuzione (Gd) e catene minori. Le recenti normative sulla liberalizzazione degli orari hanno provocato una forte discussione che ci ha visto protagonisti il 17 febbraio e il 4 marzo con due manifestazioni per denunciare gli effetti sulle famiglie che tale scelta governativa determinerà. È altresì evidente che la propensione ai consumi è peggiorata per i maggiori oneri che dovremo sopportare causa gl’incrementi dei costi determinati dall’aumento di tasse e dei prodotti partendo dai carburanti. Mentre le catene minori specializzate in distribuzione alimentare chiudono con bilanci in leggero aumento, la Gd deve affrontare la battuta d’arresto dei settori non alimentari che possono anche perdere percentuali significative (fino al 15% dei budget assegnati). Sono aumentate le richieste di utilizzo della PEDEMONTANA E TEM: importi per mobilità tra strutture, per riequilibrare lavori 5.7miliardi di euro. Il pubblico non i costi del singolo punto di ha una somma del genere, quindi si farà vendita e la richiesta di Cigs. un project financing, cioè l’opera senza Per il lavoro domenicale, esborso dalla pubblica amministrazione. invece, da una parte si Pedemontana: costo con oneri finanziari distribuisce diversamente 5 miliardi. Deve reperirne 3,6. la percentuale di fatturato TEM: investimento complessivo: 1.7 (che in alcune realtà miliardi, per ora ci sono 100 milioni. cala del 35% rispetto al ricavato del sabato) o BREBEMI è l’opera più vicina a chiudere si registrano incrementi il suo assetto finanziario da 1.9 miliardi che pongono in equilibrio di euro. economico l’apertura Morale, per le 3 opere mancano alla domenica; dall’altra all’appello 7 miliardi di euro e lo Stato il commercio di vicinato non è in grado di sopportare tali spese (prevalentemente a se non con un intervento del privato. conduzione familiare) Il governo per aiutare tale meccanismo deve farsi carico della dà la possibilità di utilizzare lo strumento maggiore richiesta del Project Bond (prestiti obbligazionari di espansione degli per garantire il finanziamento dei orari di apertura. Dobbiamo interrogarci progetti). E qui sta il vero nodo del se i maggiori costi di problema tutto italiano. Il governo non gestione derivanti ha i soldi per finanziare le opere, se dalle aperture e non attraverso prestiti. Le banche non la diminuzione prestano i soldi se non attraverso solide alla propensione garanzie, e le imprese, che per la loro alla spesa non struttura organizzativa e finanziaria scarichino sul prezzo sono più portate al nanismo che dei prodotti in vendita. Per questo, all’espansione non danno garanzie. E La Dia milanese ha fatto l’elenco dei cantieri Fisascat ha accettato di negoziare “sensibili” da tener d’occhio in Lombardia cosi il Project Financing, che è figlio coi datori di lavoro partendo dalle per infiltrazioni mafiose. Figurano l’alta di una cultura anglosassone onesta e seguenti richieste: occorre garantire velocità Milano-Verona, la nuova ferrovia o sviluppare l’occupazione e rigida, fa fatica a decollare. Alla fine per il terminal 2 a Malpensa, e appetiti anche proporre ai lavoratori part-time che sulla costruzione di nuovi carceri. però siamo convinti che il sistema Italia, decidano di lavorare la domenica, o meglio la fantasia italiana, farà in un aumento strutturale delle ore di modo che i cantieri partano e che verranno consegnati per le date lavoro settimanali (il 90% delle assunzioni nella Gdo sono partprestabilite anche se già questo obiettivo è una vera corsa contro il time) e, infine, ridurre le domeniche lavorabili a rotazione anche tempo. La preoccupazione sono i tempi stretti che non fanno bene alla al di sotto di quanto prevede il contratto nazionale e inserire il sicurezza dei lavoratori all’interno dei cantieri nonostante il grande concetto della rotazione. La liberalizzazione degli orari di lavoro, lavoro che anche la Filca ha fatto sul protocollo con la Prefettura di purtroppo, non genera tanta occupazione quanta il rilancio dell’ Milano. economia, base per il rilancio economico e sociale del Paese. Francesco Bianchi Luigino Pezzuolo generale Filca Cisl Milano segretario Fisascat Cisl Milano
LA FOTONOTIZIA
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FLASH HANNO DETTO Manterremo viva la memoria sulle vicende del Risorgimento e sul contributo offerto da Milano in nome dell’unificazione.
MILANO BOCCIATA PER VERDE E SVAGO Ci sono conferme e alcune sorprese nella classifica dei luoghi più graditi ai cittadini pubblicata dalla fondazione per la Sussidiarietà e curata dal Politecnico di Milano. Il capoluogo lombardo è giudicato bene dai suoi abitanti per i trasporti (secondo solo a Bologna) ma la stoccata arriva per verde (solo sesta, peggio anche di Torino e Venezia). La pagella punisce Milano addirittura per tempo libero (6° posto) e rifiuti (4°), con piazzamenti non drammatici ma lontani dall’immagine che ha la capitale del Nord.
GUIDO PODESTÀ presidente Provincia di Milano Il nostro debito diminuirà anche se c’è a crisi. L’antievasione e il lavoro spingeranno la crescita. FABRIZIO SACCOMANNI direttore generale Banca d’Italia
L’export alimentare italiano è ancora basso. All’estero va il 20% di quello che produciamo, siamo superati pure dalla Germania.
GARE PER LE PULIZIE, CI SONO TROPPI IMBROGLI Per le pulizie e i servizi integrati, in Lombardia ci sono 5mila imprese con 85mila addetti pari al 20% del totale nazionale. Un settore in crescita che ora si è fermato per la crisi. Ma i rappresentanti delle aziende riuniti nell’Onbsi dicono che il marcio sta nei ritardi nei pagamenti e nelle gare. Spesso l’importo dell’appalto non copre il costo del lavoro, con conseguente utilizzo selvaggio di rapporti di lavoro irregolari.
TRANQUILLI, RESISTONO SEMPRE I VALORI DI UNA VOLTA Altro che scontri generazionali. In Italia i valori di giovani e vecchi si somigliano sempre e, a quanto pare, da sempre. Secondo il Censis, gli abitanti del Belpaese, forse ispirati dal clima del 150esimo compleanno della nazione, indicano come valore al 65% il senso della famiglia, al 25% il gusto per la qualità della vita, al 21% la tradizione religiosa e al 20% l’amore per il bello. Unica novità è che secondo il commento del Censis gli italiani oggi hanno concezioni “allargate” di famiglia.
OSCAR FARINETTI Imprenditore e creatore di Eataly
Sono almeno dieci anni che Pirelli Estate manda a casa lavoratori a colpi di procedure di mobilità. Ora il mercato immobiliare è in crisi, ma non si può dire lo stesso del passato. SALVATORE DI RAGO Femca Cisl Milano
Vogliamo restare in Italia perchè è un mercato importante ma per avere un finanziamento dai fondi strutturali passano 7 anni.
ALTO GRADIMENTO PER LA CULTURA MILANESE In un clima di ristrettezze è bello constatare che Milano, città dal passato industriale, sta diventando sempre più una risorsa per il business legato all’arte. In una ricerca della Triennale si scopre che il “marchio” Triennale, per visitatori e soddisfazione del cliente varrebbe fino a 3,8 milioni di euro. E che i milanesi nell’ultimo anno si sono recati soprattutto alla Sala, al palazzo reale e alla pinacoteca di Brera. Da migliorare però, l’appeal sulle fasce giovani.
CON MENO SOLDI SI MANGIA MEGLIO AL DISCOUNT Dopo l’euforia degli anni 90 i discount sembravano relegati a “tappare” solo le emergenze dei poveri. Quest’inverno però è successo che la grande distribuzione ha sofferto mentre i 4.200 punti vendita low cost in Italia si sono riscattati con aumenti del 9%, che diventa +30% se si analizzano vendite di acque e merendine. Secondo una ricerca Nielsen, in media la merce da discount costa il 30% in meno rispetto ai supermercati.
MARIA ELENA CAPPELLO a.d. Nokia-Siemens
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FLASH HANNO FATTO HAPPY POPPING, COME ALLATTARE IN PUBBLICO Il Comune di Milano ha lanciato una campagna di sensibilizzazione rivolta a bar, negozi, ristoranti e pubblici esercizi invitandoli a riservare ed eventualmente allestire un punto adatto all’happy popping, l’allattamento “felice”. È semplice e decisamente non impegnativo. Basta garantire un po’ di privacy, di pulizia e di cortesia. Il punto popping verrà segnalato con adesivi in vetrina. Si tratta di una svolta: l’idea è arrivata da un’utente di Facebook, Maria Giulia Frailich.
LA DISILLUSIONE DEI DIPLOMATI, SOLO IL 60% VA AVANTI Ora si cerca lavoro col diploma. Perchè il 40% dei diplomati nemmeno pensa di iscriversi all’università, ed erano il 30% solo 10 anni fa. Quindi cresce la disillusione per le opportunità che lo studio offre e questo arretramento ci colloca tra i paesi europei con meno laureati nella fascia d’età dei 30 anni. Gli italiani con laurea sono meno del 20%, contro il doppio del Belgio e della Franca. Mentre ad oggi, 10 su 100 oltre i 55 anni hanno una laurea.
LA PROSTITUZIONE SI È RIPRESA LA CITTÀ Il racket del sesso torna a Milano nelle zone centrali dopo gli anni delle lotte dei comitati di quartiere. Si erano solo spostate, le prostitute. Ora lungo i viali della circonvallazione si rivedono rumene (39%) nigeriane (30%), albanesi (9%) secondo la ricerca annuale dei Padri Somaschi. Valeria Peroni che coordina l’associazione di volontari dei Somaschi dice che «è sconvolgente come si sia abbassata l’età delle sfruttate in strada. La media è di 21 anni ma spesso sono minorenni. E poi ora sono molto più celeri a spostarle da città in città».
ORA SI FA LA FILA ALLA POMPA LOW COST Da loro si risparmia in media 13 centesimi al litro. A Milano i benzinai low cost sono ancora pochi ma in Lombardia se ne contano 39. Come si fa a riconsocerli? Sono indipendenti quindi non associati a grandi marchi e non fanno pubblicità. I consumatori li cercano ora spontaneamente e li elencano su prezzibenzina.it e pompebianche.it. Con le liberalizzazioni alle porte, ora tutti i punti vendita potranno rifornirsi da più produttori e, in teoria, abbattere i prezzi.
CONTRORDINE: AI COLLOQUI È IL MOMENTO DEI SENIOR Rispetto a 3 anni fa la figura manageriale più richiesta è il web manager (+42%), seguito dall’export manager (+26%). Ma il dato più interessante di una ricerca curata da Intermedia Selection è che ora si cercano figure di alta responsabilità molto in là con gli anni. Fino al 2008 gli anni minimi di esperienza manageriale richiesta erano 15, ora 20. Vero è che con la crisi un quadro ci pensa bene prima di cambiare il lavoro: la metà rifiuta nuove offerte. Peccato per i giovani: in 3 anni è aumentato del 40% il tasso di chi si presenta a colloquio senza i requisiti richiesti.
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La TreNord, la società ferroviaria lombarda che riunisce Fs e Fn, lancia nuovi treni per prevenire i guasti che mettono in ginocchio i pendolari. Nuovi convogli sulla Treviglio-Novara, Mantova-Cremona e da e per Malpensa.
Gli animali dello zoo dell’ospedale San Raffaele di Milano servono come svago ai degenti e non venivano utilizzati a fini di sperimentazione. Lo precisa l’Ente Protezione Animali di Milano dopo gli allarmi del mese scorso. I dati sui trasporti, sull’ambiente, sulla raccolta dei rifiuti e gli orari dei negozi. Tutto sarà messo online grazie al progetto Open Data del Comune di Milano. I cittadini potranno scaricare app gratuite aggiornate con info.
Le donne manager nelle imprese private sono 15,5% in Lombardia. Un buon piazzamento sopra la media italiana (13%) ma nel complesso, le italiane fanno peggio di tutti i partner europei. Da noi c’è solo il 26% di manager donne, in Francia il 40%. I Creg, piccole imprese di medici per curare i malati cronici, non decollano. Solo 50 medici di base si sono associati per alleggerire gli ospedali. CIò significa che sarà seguito solo il 16% dei malati cronici milanesi.
marzo 2012
DANIELA BENELLI
ATTUALITÀ L’assessore al Decentramento vuole rivedere perimetri e fondi per le attuali 9 zone cittadine.
DALLE ZONE AI MUNICIPI IN TRE MOSSE di JACOPO MATTEI
chi è...
L’assessore all’Area metropolitana, Decentramento e municipalità, Servizi civici del Comune di Milano fa politica da 37 anni. Negli anni Ottanta è stata consigliere regionale e dal 1995 ha avuto due mandati come assessore alla cultura della Provincia di Milano. A lei dobbiamo l’apertura dello Spazio Oberdan, il polo culturale al centro di Milano.
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ai Consigli di zona ai Municipi in tre mosse. Tre step che entro il 2016, quando scade l’attuale legislatura, dovrebbero ridisegnare il decentramento milanese. La prima tappa è una delibera che l’assessore al Decentramento, Daniela Benelli ha messo a punto e, che è stata approvata con il voto del Consiglio. «Bisogna partire da una premessa esordisce l’assessore - negli ultimi 20 anni c’è stato a Milano un progressivo accentramento dei poteri e delle funzioni e, di conseguenza, a una riduzione del ruolo dei Consigli di Zona. Con questa prima delibera riprendiamo in mano il Regolamento del 1997 e gli diamo attuazione». Che in pratica significa vigilare sul riordino di strade, traffico, verde. Ma anche valutazioni sugli interventi del Comune su asili e scuole materne, su mobilità e traffico, e sulle aperture di spazi culturali e biblioteche. CAMBIO ROTTA «Finora - sostiene l’assessore - il loro parere arrivava a posteriori, quando le decisioni erano già state prese. La loro opinione, in pratica, era ininfluente. Oltre alla partecipazione attiva anche maggiore autonomia decisionale: i Consigli di zona,
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ad esempio, potranno decidere a chi assegnare gli impianti sportivi, trattare con eventuali sponsor la gestione del verde pubblico, stabilire dove fare le piste ciclabili, la destinazione degli spazi commerciali di proprietà comunale e altro ancora». La delibera è stata condivisa con tutti gli assessorati e i presidenti dei Cdz di cui sono state prese in esame le indicazioni e, quindi, non dovrebbe trovare sulla sua strada particolari ostacoli. BILANCI PROPRI La seconda tappa, fissata al 2013, riguarderà la possibilità dei Consigli di Zona di avere bilanci propri e quindi si dovrà affrontare direttamente il problema delle risorse, che ad oggi sono scarse e che, in ogni caso, dovranno essere adeguate alle nuove funzioni dei parlamentini. «Per la seconda fase - spiega l’assessore Benelli - dobbiamo aspettare il 2013 perché, finora, non è mai stato fatto il monitoraggio dei capitoli di spesa delle zone. Il 2012 sarà dedicato a raccogliere questi per poi decidere come procedere. Le risorse, economiche e personale, saranno proporzionali al grado di autonomia che assumeranno le Zone. Non si tratta di appesantire ulteriormente il bilancio comunale ma
Daniela Benelli è assessore dall’anno scorso. Nel suo programma: partecipazione civica e rilancio delle periferie.
di decentrare quello che attualmente è accentrato e non funziona». Quindi un’operazione di razionalizzazione, a ‘costo zero’ che non dovrebbe preoccupare più di tanto l’assessore al Bilancio ma, fatto anche questo, non siamo ancora al passaggio decisivo che dovrebbe portare ai municipi, dei veri e propri piccoli Comuni con il loro presidente/sindaco. Come quelli che già ci sono a Roma ma non è detto che sarà quello
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il modello milanese. «Per istituire i municipi è necessario modificare lo statuto del Comune e prima ancora stabile quale Milano del futuro vogliamo costruire. Sarà, ad esempio, discriminante decidere se fare o non la Città metropolitana. Quello che oggi possiamo dire è che, in ogni caso, i perimetri territoriali delle attuali zone dovranno essere ridisegnati. Cambierà anche il numero: dalle attuali 9 zone a 12/13 municipi, più o meno uno ogni 100mila abitanti». marzo 2012
il periodico d’informazione della fisascat cisl
il periodico di documentazione della fisascat cisl
PRESENTE E FUTURO
STORIA DI COPERTINA
Il Pgt, la casa, il lavoro e il verde. Priorità in discussione di una metropoli in divenire.
COME SARà LA CITTÀ CHE VERRÀ TROPPO PICCOLA PER ESSERE MILANO
Vocazione futuristica e i problemi di una parte della popolazione impoverita dalla crisi. Siamo a un bivio. Con in mezzo i tempi pressanti di Expo.
di DANILO GALVAGNI Milano è, territorialmente, troppo piccola per rispondere alle esigenze della sua popolazione e alle aspettative di città europea, anzi globale, a cui ambisce e a cui è storicamente e geograficamente preposta. Per essere di nuovo motore della crescita e dello sviluppo, locale nazionale, Milano deve superare i confini del perimetro amministrativo assegnato al Comune. Primo, perché per far fronte a fabbisogni essenziali come la casa, le aree per costruirne nuove sono limitate e comunque, prima ancora, bisogna intervenire a sistemare il patrimonio pubblico e regolare il mercato privato dell’affitto. Secondo, Milano è il punto di attrazione (di arrivo e di partenza) di reti materiali (trasporti) e immateriali (internet, banda larga) che inevitabilmente la portano ad agire ben oltre i confini del proprio confine amministrativo. L’obiettivo non è erodere territorio ai Comuni limitrofi e nemmeno di stabilire formalmente (per legge) se Milano è la capitale della Lombardia, del Nord o di altro, ma di iniziare a ragionare, anche dal punto di vista del lavoro, che è quello che a noi interessa particolarmente, su un concetto di città completamente diverso da quello con cui siamo stati finora abituati a ragionare. Da questo punto di visto lo stesso Pgt in discussione, è uno strumento utile, necessario, secondo noi da migliorare, ma limitato: non è più come ai tempi dei Piani regolatori, ci vogliono altri strumenti per governare una realtà come quella milanese. La stesso concetto di città metropolitana, di cui sembra s’inizi finalmente a parlare, rischia di essere insufficiente.
di CHRISTIAN D’ANTONIO
* segretario generale Cisl Milano
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STORIA DI COPERTINA
L
a nuova faccia di Milano, quella che sarà la città che nel 2015 il mondo dovrà guardare, è un work in progress. Meglio dire che, in tempi di crisi e mancanza di risorse, è una faccia dai connotati molto sfumati. Il Pgt (Piano di governo del territorio), introdotto da una legge regionale del 2005, dovrebbe sostituire il vecchio piano regolatore. Ma è da sette anni che se ne discute e l’attuale giunta Pisapia sta facendo i conti con quello che era stato già fatto in precedenza. Come sarà Milano nel 2015 lo si può immaginare come un mix di interventi legati all’Expo e revisioni apportate dal Pgt. «Non crediamo sia una buona cosa la concomitanza dell’Expo» esordisce diretto Leo Spinelli, che per il Sicet (sindacato degli inquilini) si sta occupando della revisione del Piano. Già, revisione. Ma perché, cosa c’era che non andava? «Anzitutto il vero cambiamento ci dovrebbe essere per la questione abitativa, che dopo quella occupazionale è, attualmente, il maggiore problema di Milano. Dal momento in cui verrà approvato il Piano, in 5 anni si prevede un aumento della popolazione attorno alle 100mila unità. Questa stima è già più realistica rispetto a quello che si era detto qualche anno fa, quando si ipotizzava una massa in arrivo vicina alle 800mila persone». Che per un comune di 1,3 milioni di abitanti avrebbe
La piantina di Milano con evidenziate le aree soggette a modifiche secondo il Piano. Come si vede le aree verdi sono quasi impercettibili. Le macchie blu corrispondono grossomodo a palazzi per Expo.
costituito un problema. Posto che quindi si costruirà di meno, Spinelli però non è convinto, e con lui tutti i sindacati, che la direzione scelta sia quella giusta: «Il Pgt milanese stabilisce un rapporto tra edilizia residenziale libera (66%) e sociale (34%). All’interno del sociale solo poco più del 5% dovrebbe essere destinato a residenze sociali a canone convenzionato. Cioè
una minima parte delle nuove costruzioni serviranno per i poveri». CONTI ALLA MANO Facendo due conti, gli alloggi per chi è in difficoltà secondo questo sarebbero poco più di mille. E cosa si risponderà ai 20mila in fila per avere una casa all’Aler? E quando si sbloccheranno i 5mila alloggi
Piano di governo del territorio LO SPAZIO C’È, BASTA RICONVERTIRE Milano dichiari la disponibilità a riconsiderare la propria pianificazione urbanistica insieme ai comuni della istituenda area metropolitana. Inizia così il documento di osservazione al Piano di governo del territorio elaborato dall’architetto Antonello Boatti per conto di Cisl Milano. «La domanda endogena che nasce nella provincia - scrive l’esperto - con un fabbisogno forte e crescente di abitazioni a basso costo e quella che non trova risposte sufficienti nella città di Milano, suggeriscono una soluzione nuova in cui, in una sorta di circolo virtuoso, Milano e l’hinterland si scambino valori e funzioni tendendo all’obiettivo dell’eliminazione del concetto stesso di periferia e di cintura periferica attraverso la formazione di nuovi poli insieme residenziali e produttivi». Secondo lo studio un sistema del genere sarebbe in grado di ridurre i fenomeni di traffico e di congestione che affliggono Milano e la sua area urbana. Non c’è bisogno di «nuovi quartieri dormitorio nella periferia e nei comuni di prima cintura, ma al contrario nuove polarità di una cittàcostellazione in grado di introdurre qualità della vita e nuovi valori paesaggistici urbani». Oltre che sui legami con le aree circostanti e sulle “promesse” di non erodere verde al Parco Sud, c’è dell’altro. Leo Spinelli del Sicet, sindacato degli inquilini, dice che «un primo passo è stato fatto nella giusta direzione quando questa amministrazione ha deciso di ridurre
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la cementificazione. Il piano che avevano ereditato prevedeva troppe case inutili. Certo, hanno però deciso di non cambiarlo radicalmente e di accettare le linee guida che si son trovati». Questo significa inevitabilmente discussioni lunghe tra parti sociali e Comune e paletti ormai già fissati. Come sull’edilizia: intesa come somma di tutto (convezionato, agevolato, concordato, moderato e sociale) la quota non supera mai il 34,2% del complesso della capacità insediativa di piano. Si tratta di 70mila alloggi nuovi allo stato attuale con solo il 5,2% di edilizia residenziale pubblica. E veniamo alle proposte. Cisl dice che si può fare leva su caserme e comparto housing sociale provinciale trasformandoli tutti complessivamente in edilizia pubblica. Ma di mezzo c’è una vertenza da far partire a livello nazionale per le aree demaniali. In secondo luogo viene la tutela paesaggistica della città. Con Expo alle porte e la definizione del Pgt (perentoriamente entro fine 2012) si pensa alla riattivazione idraulica e paesaggistica del sistema dei Navigli. I circa 300-500 metri per lato saranno, su iniziativa pubblica, ripensati e si dovrà garantire la fruibilità del percorso, i diritti d’accesso dei residenti e il sistema delle passeggiate (con piste ciclabili) che portano dall’Adda al Ticino.
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STORIA DI COPERTINA sfitti nel patrimonio comunale? E cosa cambierà con l’aumento delle disponibilità sul mercato dei palazzoni di Expo? Spinelli spiega: «Attualmente in città ci sono 80mila appartamenti residenziali in più di quello che il mercato chiede. Sono vuoti o invenduti perché non ce n’è bisogno. E in questo calcolo ci sono i nuovi palazzi di Porta Nuova e City Life (ex fiera in città) che dovevano essere il simbolo di Expo. Per questo noi chiediamo di individuare delle
80% edilizia privata 13% edilizia convenzionata 5% edilizia sociale aree demaniali dove fare interventi e fare una reale politica abitativa». PRIORITÀ Se la casa è una priorità della Milano che verrà, lo è anche il verde. Gianluca Pedericini,
della commissione ambiente della Zona 1 dice che «l’attenzione dei cittadini verso il verde è alta, solo nella mia zona ho censito 30 tra associazioni e comitati che si occupano del recupero dello spazio pubblico. Il vero scempio è la situazione della Darsena dei navigli, che è ormai ridotta a discarica». Il nuovo obiettivo della zona si chiama Parco Lineare dei Navigli, una zona che dovrebbe recuperare l’interconnessione tra La Darsena dei Navigli dovrebbe tornare a essere navigabile. la campagna e la città, così com’era stato pensato un tempo. Porta Genova-Romolo la riqualificazione «Pochi sanno che Milano è il quarto comune sarà profonda. La ferrovia dovrebbe essere agricolo italiano. rimossa e si sta cercando di individuare quali Attorno alla città c’è una grande biodiversità zone siano di interesse comunale e quali da e fare dei navigli in città un punto terminale dare ai privati. di passeggiate in bicicletta e navigabilità I cittadini, ovviamente, vorrebbero verde e verso l’esterno è un progetto ambizioso ma case popolari. Priorità che, chissà perché, doveroso». Secondo progetti embrionali anche in tempi come questi sono difficili da che siamo riusciti a verificare, lungo il tratto accogliere.
STORIA DI COPERTINA PIERO BASSETTI
GABRIELE ALBERTINI
SIAMO SEMPRE AL CENTRO D’EUROPA
UN’ OCCASIONE PERSA PER LO SVILUPPO VERO
Il primo presidente di Regione: Milano è una “glocal city” con gli occhi del mondo addosso.
L’ex sindaco: bene le privatizzazioni, ma le ricchezze bisogna prima attrarle e poi distribuirle. «Non mi unisco al coro ricorrente sui danni della crisi che assomiglia a un piagnisteo» dice Gabriele Albertini, sindaco di Milano per due mandati dal 1997 e ora parlamentare Ue. «Vero è che siamo nella congiuntura peggiore dopo la seconda guerra mondiale. Ma Milano è la città italiana che più di tutte reagisce, ha una capacità creativa ed evolutiva che le ha consentito di rinascere più volte». Cosa si dovrebbe imparare dal passato? Dopo l’epoca della ferriere Milano si è inventata la tv, la moda, la pubblicità e tutto l’indotto che oggi coinvolge il marketing urbano. Ma la rivoluzione di questi anni è epocale. Nel dopoguerra c’erano solo 3 milioni di mq da riqualificare, oggi parliamo di 11 milioni di mq di aree industriali e servizi dismessi che debbono essere restituiti alla vita della città. Cosa pensa di come si sta trasformando Milano? Quando vedo sorgere i nuovi quartieri penso agli investimenti che stanno facendo anche i capitali stranieri sulla rigenerazione della città. Ci sono 30 miliardi in gioco in una città che è un settimo della superfice di Roma. Cosa resta oggi del mito della locomotiva d’Italia? Nessun dato fa pensare al contrario, resta il 10% del Pil della nazione che anche se non viene prodotto tutto qui genera un gettito fiscale che da qui parte. Oggi negli investimenti sono coinvolte le biotecnologie, i marchi della moda, la ricerca, la finanza, le industrie innovative e resiste anche una buona dose di manifatturiero. Non crede che accanto a tutto questo ci siano delle esigenze che non vengono intercettate? Se si riferisce alle proteste per la nuova urbanizzazione credo siano delle pretestuose prese di posizione che alcune frange verde-talebane stanno tenendo. Se si deve fare un Pgt per piacere a Celentano allora si dirà addio a molti degli investimenti che arrivano dall’estero. Cosa pensa del Pgt? Il cruccio che accompagna tutte le politiche economiche degli stati moderni è: bisogna investire sui ricchi o su chi ha bisogno? Capisco che l’edilizia convenzionata è un bene che ha domanda ma per avere questo ci deve essere prima la creazione e poi distribuzione di ricchezza. Detto questo sono molto critico sul Pgt perché in un periodo di crisi rinunciare a 70 milioni di oneri di urbanizzazione è stata una decisione che ha portato a un bilancio compromesso. Un’amministrazione che riesce ad andare a fondo poteva fare scelte diverse. Tutte le nostre realizzazioni prevedevano zone verdi dove non ce n’erano, tipo in fiera o nelle aree Ansaldo o negli scali ferroviari. È una scelta conservativa che non tiene conto della necessità di attrarre risorse sul territori. Poi dopo le distribuiamo, ma prima le ricchezze bisogna attrarle. La visione catastrofica del futuro è figlia della politica corrotta, di chi pensa che la politica sia schiava degli interessi privati. C’è da dire che l’amministrazione attuale almeno sta investendo nella privatizzazione, la Moratti si era ben guardata dal farlo. Cos’è cambiato da quando lei era sindaco? Dal punto di vista economico c’è un situazione diversa dalla fine degli anni 90, perché l’Italia è zavorrata da molte incombenze che derivano dalle sue divisioni interne, o dall’evasione che poi è frutto di eccesso di tassazione e poca mentalità calvinista. Ma al parlamento europeo i colleghi ancora oggi mi dimostrano una visione rispettosa della città. (C.D’antoni)
«Anche le istituzioni stanno prendendo coscienza di quello che è già presente in buona parte della società civile: il punto di riferimento di Milano non è più il territorio circostante, nemmeno la Lombardia e l’Italia ma il mondo. Milano è sempre più una “glocal city”: un forte radicamento locale all’interno di reti globali». Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia, ex parlamentare, presidente della Camera di commercio e molto altro, Milano la conosce bene: ha conosciuto quella industriale, quella del terziario e, ora, è già immerso in quella che sarà. «Cambia il concetto stesso di città. Per 3mila anni è stata un luogo fisico, un territorio (all’epoca dei Comuni si costruivano le mura per proteggersi dal feudo), oggi è come una campo magnetico, che non è infinito ma sconfinato. La moda, non il made in Italy, è già in questa dimensione. La produzione di macchine utensili meno. Altri esempi? La Scala non è più il teatro della borghesia milanese ma è globale; Palazzo Marino, che è di fronte, è ancora lontano anni luce da questa dimensione». Una critica al nuovo sindaco che pure lei ha sostenuto e sostiene? No, semmai un suggerimento. Pisapia, anche se è la sua tentazione, sa di non potere fare solo il “sindaco mamma” quello che si occupa solo dei deboli; che deve lavorare perché anche l’apparato burocraticoamministrativo del Comune si muova nella nuova dimensione della glocal city. Non basta un po’ di banda larga in centro, l’arretramento informatico della città è enorme: se non s’interviene fra cinque anni siamo fuori gioco. Non è più con un Pgt che si governa lo sviluppo per il semplice fatto che non è più il territorio il parametro assoluto di riferimento. Certo, problemi come quello della casa, del riutilizzo delle aree industriali, della viabilità eccetera vanno affrontati e regolati ma bisogna guardare oltre. Del resto queste sono, in gran parte, le cose che voi avete già detto a Loano. Ma ci sono le condizioni perché Milano assuma ruolo globale? Sì, perchè nonostante lo Stato centrale abbia sempre tentato di ridurla a città italiana, Milano per la sua posizione geografica, è l’unica grande metropoli sotto le Alpi, ha sempre avuto un ruolo centrale per l’Europa e ora per il mondo. Secondo la Camera di Commercio di Milano, ci sono più di 4mila multinazionali e più consolati che nelle altre città del mondo (solo New York ne ha uno di più). E poi il milanese è già in parte policentrico: per esempio a Linate c’è il polo aeroportuale; a San Donato quello energetico; a Vimercate, con Ibm, quello informatico. Expo può contribuire a questa trasformazione? Sì, se non si riduce a una fiera di padiglioni nazionali. Il suo successo si misurerà sullo spessore culturale con cui sarà capace ad affrontare il tema, assolutamente globale, di come “nutrire il pianeta”. (P.Piccioli) www.jobnotizie.it
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CONSUMI
CREDITO
Regole rigide e precarietà fanno scendere le richieste di finanziamenti
ILBRACCINO CORTO DELLE BANCHE di MASSIMO BERTAMI (Fiba Milano)
I
l mio amico Ciro, muratore che sa come tirare su una casa “da solo, dalle fondamenta al tetto” ha perso il lavoro perchè gli ultimi quattro appartamenti costruiti dalla sua impresa sono andati invenduti. Ciro dice che è tutta colpa delle banche: di quella che obbliga la sua impresa al rientro dai finanziamenti, ma soprattutto di quelle che non concedono mutui ai giovani che da sempre ne sono i clienti di riferimento. Ciro definisce “braccino corto” quello che gli economisti chiamano “credit crunch” cioè “stretta del credito”. La vicenda di Ciro è esemplare: il settore dei mutui non accenna a dare segnali di ripresa.
MUTUI DIMEZZATI
Se il 2011 è stato un anno contraddistinto
da un trend in continua discesa, con una diminuizione del 19% rispetto all’anno precedente (dati Crif), a fine anno, secondo i dati rilevati da Of (Osservatorio Finanziario), la richiesta di mutui si sarebbe dimezzata. La combinazione di tre fenomeni sta alla
base della brusca frenata: l’incremento, dovuto alla incapacità di incidere sul rapporto tra capitale e lavoro, della precarizzazione delle fasce giovanili; la stretta creditizia delle banche; l’aumento degli spread applicati dalle banche al servizio. Pietro Giordano, segretario generale di Adiconsum, ha denunciato l’applicazione da parte delle banche di regole più restrittive nella concessione dei mutui: dalla riduzione dell’ammontare finanziato al 60% del valore dell’immobile, alla richiesta di maggiori garanzie, all’allungamento dei tempi di erogazione. Non solo: all’inasprimento delle regole è corrisposto un inasprimento degli spread attualmente intorno al 3,5%, a fronte di indici di riferimento della BCE che stazionano all’ 1%!
&DOMANDE RISPOSTE
PREVIDENZA
risponde REMO GUERRINI PATRONATO INAS 0229525021 - milano@ inas.it
Ho compiuto a febbraio 60 anni e posso fra valere 36 anni di versamenti maturati lo scorso anno. A ottobre del 2011 ho concordato con la mia azienda l’uscita dal lavoro, certo che sarei andato in pensione con le vecchie regole. Ora con la riforma Monti corro il rischio di rimanere senza stipendio e senza pensione per qualche anno. Mi è stato detto, però, che il decreto milleproroghe ha previsto per i casi come il mio una ciambella di salvataggio. Me lo conferma?
PENSIONE CERTA ANCHE CON LE NUOVE REGOLE GRAZIE AL MILLEPROROGHE Si, è vero! All’indomani dell’entrata in vigore della Legge 214/2011, un apposito provvedimento normativo, contenuto nella legge di conversione del decreto n.216/2011 (il cosiddetto “decreto mille proroghe”) riparando ad una dimenticanza del legislatore ha aggiunto un’altra categoria all’elenco dei lavoratori che possono accedere alla pensione anticipata con le regole in vigore fino al 31 dicembre 2011. Si tratta dei lavoratori che avevano risolto il rapporto di lavoro sulla base di accordi individuali, senza passare per la mobilità, nella certezza di andare in pensione secondo i vecchi criteri. Un esempio tipico è quello che del lavoratore che aveva alla fine del 2011 39 anni e 11 mesi di contributi e che, con un mese di versamenti volontari, talvolta anche anticipati dall’azienda, a marzo del 2013 sarebbe andato in pensione; con la nuova legge, invece, il traguardo si sarebbe spostato ad agosto del 2014 ma, per di più, avrebbe dovuto pagare i contributi volontari fino a raggiungere 42 anni e sei mesi di versamento. La rettifica introdotta dal provvedimento stabilisce, ora, che, in presenza di alcuni requisiti, anche questi lavoratori andranno in pensione con le vecchie norme. Per poter avvalersi di questa deroga sarà necessario che la data di cessazione del rapporto di
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lavoro risulti da elementi “certi e oggettivi” e che il lavoratore “alla data di risoluzione del rapporto di lavoro deve risultare in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato il conseguimento del trattamento entro un periodo non superiore a 24 mesi”. Attenzione, però, ad un’importante postilla. Il numero di coloro che potranno avvalersi delle norme precedenti non è, infatti, illimitato. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della nuova legge un apposito decreto del Ministro del lavoro, d’intesa con quello dell’Economia, indicherà, infatti, le modalità di individuazione ed il numero dei potenziali beneficiari della deroga, rispettando, però, un vincolo preciso: la spesa non potrà superare 240 milioni di euro per i 2013; 630 milioni per il 2014; 1.040 milioni per il 2015; 1.220 milioni per il 2016; 1.030 milioni per il 2017; 610 milioni per il 2018; 300 milioni per il 2019. Si rivolga con fiducia al Patronato Inas per avere maggiori informazioni e per la gestione della sua domanda di pensione che, vista la particolarità della deroga che andrebbe applicata, deve essere gestita attentamente e con competenza. Il servizio è gratuito.
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Ora le banche vogliono finanziare solo il 60% del valore dell’immobile Lo spread attualmente applicato ai clienti è del 3.5% BANCHE CAUTE
La Bce con la prima tranche dell’operazione Long Term Refinancing Operation ha recentemente finanziato il sistema delle banche al tasso dell’1% per circa 500 miliardi. A fronte di questi interventi le richieste di mutuo dei giovani clienti di Ciro saranno
soddisfatte? Solo in parte, non nel breve termine e questo per due motivi. Da un lato le banche, dopo aver messo a garanzia i titoli di stato nei loro portafogli per ottenere il finanziamento, hanno acquistato titoli di stato sui quali hanno ottenuto un differenziale positivo di interesse, in sostanza: si sono finanziate all’ 1% e hanno investito al 4%. Dall’altro, le banche manifestano timori per gli adeguamenti patrimoniali relativi all’attività creditizia imposti dai regolamenti Basilea 2, risultato: le banche non solo hanno limitato l’attività creditizia ma hanno depositato, al tasso dello 0,25%, quindi in perdita, i finanziamenti ricevuti dalla Bce. Mario Draghi si è recentemente rammaricato di questa situazione e ha auspicato la ripresa dell’attività creditizia. Aldilà del rammarico cogliamo l’assunto base che guida il Presidente della Bce: prioritario è salvare le banche (dai requisiti patrimoniali incerti), al fine di salvare gli stati (in deficit di sovranità), al fine di salvare l’Europa. Quale Europa? “Soglia: oh pensa, che è per due che si amano logorare un po’ la propria soglia di casa”. Al poeta le parole da poeta a noi l’evidenza dello distanza tra priorità della finanza ed economia reale e ancora di più la dolorosa sensazione dello iato tra l’ economia reale – nuovo mantra di politici ed economisti - e le nostre esistenze.
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Ho avuto una serie di contratti di lavoro in somministrazione con un’agenzia per il lavoro milanese che mi ha distaccato presso una grande azienda del settore assicurativo. Quando non hanno più avuto bisogno di me semplicemente non mi hanno più rinnovato il contratto. Che cosa posso fare ora? S.D.
DIMISSIONI VALIDE SOLO ALLA DIREZIONE PROVINCIALE La incivile pratica delle “dimissioni in bianco” estorte alle lavoratrici è ancora molto diffusa in Italia. Questa sua situazione però interessa anche la questione maternità che per fortuna prevede ancora particolari tutele nella legislazione italiana. Infatti per le lavoratrici in stato di gravidanza, e comunque durante il periodo cha va dall’inizio della gravidanza e fino al compimento del primo anno del nascituro, le dimissioni devono essere firmate e convalidate solo presso la Direzione provinciale del Lavoro. Nel suo caso quindi queste dimissioni non sono valide. Comunque va detto che anche nel caso di dimissioni “vere”, la lavoratrice può sempre revocarle nel momento in cui si accorga di essere incinta Vorre inoltre ricordarle che nel 2007 il Parlamento aveva previsto per tutti che le dimissioni sono valide solo se “certificate” presso un Centro per il lavoro; purtroppo questa norma era stata cancellata dal Governo Berlusconi poco dopo. Ora un gruppo di 188 donne (esponenti sindacali, politiche e dei movimenti) ha sottoscritto un appello al nuovo Governo per chiedere di reintrodurre questa regola di civiltà. Tornando al suo caso, lei adesso deve revocare per iscritto, attraverso una raccomandata all’azienda, la nullità di questa lettera di dimissioni, peraltro non compilata da lei, in quanto non è stata sottoscritta in modo conforme alla legge. In ogni caso lei si può rivolgere all’ufficio tecnico-legale del sindacato per garantirsi il rispetto dei suoi diritti.
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IL BORSINO DEL LAVORO
I MESTIERI CHE ‘TIRANO’
Una figura professionale con una buona richiesta. Ecco cosa fare per affermarsi.
PIACERE SONO UN AGENTE DI COMMERCIO a cura di BENEDETTA COSMI in collaborazione con GIGROUP
U
na delle professioni che possiamo ritrovare in diversi contesti lavorativi è quella dell’agente di commercio. Negli ultimi anni si è assistito ad una forte richiesta di professionale. L’agente di commercio è una persona chiamata a stringere dei contratti tra un’azienda e i clienti; in sostanza rappresenta l’azienda in una determinata area geografica. Ed è quindi una sorta di intermediario, un lavoratore autonomo che può quindi gestire il tempo a disposizione tenendo conto sia del territorio sia del numero di clienti. Principalmente esistono due tipi di agenti di commercio: - agenti di commercio monomandatari: lavorano per conto di una sola azienda - agenti di commercio plurimandatari: possono lavorare per più aziende allo stesso tempo Per quanto riguarda lo stipendio percepito
250 Beauty Consultant
dall’agente di commercio questo può prevedere una parte fissa ed una variabile o provvigione (legata quindi al fatturato, a quanto riesce a vendere) oppure solamente una parte fissa. In quali settori può operare un agente di commercio? In quello dell’abbigliamento, della cosmesi, farmaceutico (in questo caso si parla solitamente di informatori medico scientifici e viene, quasi sempre, richiesta una laurea ad indirizzo scientifico). Quali sono le caratteristiche principali di buon agente di commercio? Deve avere una buona capacità di resistenza allo stress, conoscenze informatiche, essere disponibile a viaggiare, essere un abile venditore e conoscere alla perfezione i prodotti che è chiamato a vendere. Da agente di commercio si può ambire a ricoprire il ruolo di capo area e quindi essere responsabili di più agenti di commercio.
Requisito richiesto ai Beauty Consultant è l’aver maturato una precedente esperienza nel canale profumeria e la padronanza delle principali tecniche di make up, oltre che di vendita. Il profilo viene completato dalla conoscenza dei principali brand del settore e da una particolare attenzione rivolta sia alle esigenze specifiche del cliente, che alla propria immagine. Questa la figura professionale che la Divisione Fashion&Luxury di Gi Group sta ricercando in tutta Italia da inserire presso le profumerie e/o i corner dedicati alla cosmesi situati all’interno di importanti strutture commerciali e aeroporti. “Malgrado un quadro economico ancora difficile, il settore della cosmesi in Italia ha registrato una sostanziale tenuta registrando 9.300 milioni di euro di valore per una crescita pari a un punto percentuale rispetto al 2010– afferma Cristina Lodi, Responsabile della Divisione Fashion & Luxury di Gi Group – Dopo aver supportato, in occasione della settimana della moda di Milano, alcune prestigiose aziende del settore nella ricerca del personale, si sta occupando di selezionare nuovi profili per il comparto bellezza, ambito nel quale, si attende un consolidamento della crescita nel 2012”. Nuove opportunità di lavoro nella bellezza, le candidature possono essere inviate a: ProgettoBeauty@gigroup.com indicando nell’oggetto dell’e-mail la posizione per cui ci si propone.
Per quanto riguarda il percorso scolastico solitamente viene richiesto il diploma di scuola media superiore e in determinati casi la laurea ad indirizzo economico.
Ingegnere meccanico addetto alla progettazione funzionale Principali funzioni svolte: Applica le conoscenze della meccanica delle macchine, dei meccanismi e delle vibrazioni a problemi convenzionali di analisi e di progettazione funzionale di sistemi meccanici orientati, in particolare, all’automazione industriale e alla robotica. Sbocchi occupazionali: i laureati in Ingegneria meccanica hanno amplissime possibilità di impiego, trovando la loro collocazione in quasi tutti gli ambiti della moderna società tecnologica. Tutte le aziende, nei settori più disparati hanno moderni sistemi meccanici, dai più snelli e accurati ai più possenti e resistenti, che svolgono operazioni con elevate prestazioni in termini di potenza e/o con caratteristiche di accuratezza e precisione dimensionale e geometrica sempre maggiori. Le competenze fornite dal corso di laurea in Ingegneria Meccanica sono richieste e apprezzate, non solo dall’industria specifica del settore, ma anche da quelle di un’area tecnologica più vasta, quali le aziende del settore elettrico ed elettronico, della gestione dell’energia, del settore alimentare.
MILANO E DINTORNI
ATTUALITÀ Si salva solo il centro storico e i posti sono perlopiù precari e malpagati.
ECCO DOVE SI TROVA IL (POCO) LAVORO CHE C’È di BENEDETTA COSMI b.cosmi@jobedi.it
La ricerca di occupazione si divide in zone. Al centro ci sono possibilità per servizi e ricerca. In periferia resistono le industrie.
C
ome dice Raffaele Bonanni “Il mercato del lavoro è come una rete idrica, che se perde acqua va rattoppata. Ma se l’acqua non c’è, cioè se non ci sono crescita e sviluppo, serve a poco”. La crisi del posto fisso; lo stravolgimento delle aziende (che cambiano città, continente, settore merceologico, proprietà e persino valori) spinge a un ripensamento del dualismo tra lavoro dipendente e lavoro autonomo. Francesco Giubileo, dell’ Università Bicocca, ha condotto un’indagine indubbiamente accattivante Dove si trova lavoro a Milano. Attenzione, non è una guida al collocamento ma un’analisi su dove sono stati assunti più lavoratori nei primi sei mesi del 2011. Emerge chiaramente come sia il centro storico il principale attrattore del mercato del lavoro a Milano, mentre zone come Gratosoglio e Baggio assumono sempre più il ruolo di quartieri dormitorio. In generale, l’intera periferia di Milano si contraddistingue per una bassa concentrazione di lavoratori avviati, ad eccezione della zona Fiera. Un secondo tipo di informazione che si ricava dalla ricerca è la distribuzione territoriale della “precarietà” dei nuovi contratti di lavoro. Questo è possibile grazie all’indice
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di flessibilità: tanto maggiore è il valore percentuale dell’indice, tanto maggiore è il numero di volte che un individuo è stato avviato al lavoro (nuovi contratti e proroghe). Infatti, emerge un quadro piuttosto preoccupante per quanto riguarda alcune zone della periferia ovest di Milano, dove i pochi rapporti di lavoro instaurati sono anche di breve durata. Inoltre la domanda di lavoro è diventata estremamente pretenziosa verso le competenze che riguardano i laureati. In tal senso, colpisce la differenza tra le caratteristiche richieste e la povertà delle proposte: redditi bassi, largamente inferiori a quelli medi europei, contratti senza garanzie, sottoccupazione per soggetti che devono essere contemporaneamente “molto giovani”, “con buon curriculum”, “conoscenza fluente delle lingue”, “conoscenze informatiche”, “esperienze lavorative tra tre e cinque anni”. L’inflazione dei titoli di laurea, sembrerebbe portare a un progressivo innalzamento dei livelli di istruzione, anche in assenza di una reale necessità da parte del mercato del lavoro. Questo fa emergere non pochi dubbi sull’effettiva difficoltà da parte dei rappresentanti del mondo produttivo di reperire
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laureati con caratteristiche adeguate. Sul piano sociale tale fenomeno segnala la difficoltà del sistema economico italiano di assorbire manodopera altamente qualificata. La crisi ha fatto sentire tutto il peso del mantenimento della forza lavoro quando non è strettamente necessaria, ha fatto prevalere ancora di più l’attenzione alla flessibilità, a sfavore degli ultimi arrivati. D’altro canto, l’elevato numero di laureati in condizione di sovraistruzione rischia di spiazzare in molti casi i possessori di credenziali educative di livello inferiore, i quali rappresentano sempre di più i principali utenti dei Servizi pubblici per l’impiego, così una laureata in giurisprudenza risponde alla domanda di lavoro per segretaria. Anche considerando gli avviamenti per settori di attività economica nell’anno 2010 in valori assoluti (1.282.890), in percentuale il 76% delle domande di lavoro sono state in attività di commercio e servizi, contro il 15%, in valore assoluto (254.754) per lavori nell’insudtria in senso stretto, di cui il 7% nelle costruzioni. Il futuro è di estetiste, chef, meccanici. In effetti i quattordicenni italiani tornano a scegliere l’istituto tecnico. In Lombardia la crescita è del 9%.
marzo 2012
MARKETING FARMACEUTICO
SOCIETÀ
Si chiama disease mongering e consiste nel ‘gonfiare’ una patologia per vendere più farmaci.
É LA PILLOLA CHE FA LA MALATTIA di GIOVANNI PROVASI giovanni.provasi@cisl.it
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isease mongering è un’espressione inglese, che letteralmente significa mercificazione della malattia, viene comunemente usata per indicare la pratica di “inventare” delle malattie per poter commercializzare dei farmaci. In questo senso il disease mongering può anche essere definito una tecnica di marketing. Evidentemente il soggetto è rappresentato dalle case farmaceutiche, ma non solo, in quanto vi sono necessariamente coinvolti anche i medici, intesi sia come professione che come mondo accademico e della ricerca. Benché i suoi effetti incidano quotidianamente sulla vita di milioni di persone, individuarlo non è facile in quanto si tratta un fenomeno border-line, al limite tra quello che fa parte della normale prassi e la forzatura che sconfina nell’illecito. Il primo e più rilevante modo in cui esso si manifesta è tramite l’ampliamento dei criteri per cui si dichiara che una certa situazione è patologica. I casi più spesso citati sono i livelli di pressione arteriosa,
LA DIFFUSIONE Il fenomeno è stato per primo discusso in un libro inglese del 2002 “Vendere la malattia”. Il primo congresso mondiale sul tema si è tenuto in Australia nel 2006. La pandemia della febbre “suina” risale al 2009. colesterolemia e glicemia. Questi parametri vengono decisi dalla comunità scientifica, sulla base di criteri che dovrebbero essere oggettivi. Purtroppo, nella realtà delle cose, gli organismi scientifici non sempre sono indipendenti. Per esempio, negli Stati Uniti, nel 2004 una commissione ha riformulato i livelli limite di colesterolemia; su nove membri di cui era formata, ben otto lavoravano anche come relatori, consulenti o ricercatori proprio per le case farmaceutiche coinvolte nella produzione di farmaci ipocolesterlomizzanti.
TROPPO DI PARTE?
Un’altra forma di disease mongering è costituito dall’intervento delle case farmaceutiche nella stesura di quelli che www.jobnotizie.it
Ha fatto scalpore in Inghilterra lo studio sugli psicofarmaci condotto da esperti indipendenti. Il 74% di questi era legato ad aziende che avevano interessi nella cura.
dovrebbero essere dei testi oggettivi, come il manuale diagnostico per i disturbi mentali in dotazione ai medici inglesi. Come ha rilevato il British Medical Journal, il 74% degli esperti “indipendenti” che l’hanno redatto, erano a libro paga o consulenti delle aziende multinazionali che producono psicofarmaci. Il risultato, non difficile da prevedere, è stata la proliferazione delle malattie mentali e dei disagi psichici da curare con trattamenti farmacologici.
MACCHINA ORGANIZZATIVA
Dubbi sorgono anche sulle pandemie di cui molto si è parlato, l’influenza A, chiamata anche “suina”, e, anni addietro, la cosiddetta “aviaria”. La prima è contraddistinta da una elevata infettività, nel senso che il virus colpisce molte persone, per fortuna però, nella quasi totalità dei casi in modo benigno. La seconda, per cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2005 aveva previsto fino a sette milioni di morti, in realtà ha ucciso 262 persone in tutto il mondo. Eppure, in entrambi i casi l’allarme è stato grande, come pure lo devono essere state le vendite di farmaci, primo fra tutti il Tamiflu, prodotto dalla multinazionale svizzera Roche, la cui efficacia per queste malattie non è mai stata dimostrata in modo convincente e che, come quasi tutti i farmaci del resto, non è privo di effetti collaterali anche gravi. Si diceva all’inizio del disease mongering
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come marketing. In questo ambito, una delle tecniche più usate, e più peculiari del settore, consiste nell’organizzare degli eventi ad hoc, come convegni o congressi, per dare legittimazione scientifica sia alla malattia che al farmaco e allo stesso tempo indurre i medici ad iniziare a prescriverlo ai pazienti. L’effetto più insidioso, però, in quanto meno percepibile, consiste nel cambiamento della percezione dei concetti di salute e malattia. Il disesase mongering induce a medicalizzare sempre di più la vita, a considerare come patologiche delle cose assolutamente normali come i piccoli malesseri stagionali, la calvizie o la menopausa e a focalizzare l’attenzione sull’approccio farmacologico, perdendo di vista aspetti essenziali quali l’alimentazione, lo stile di vita, la sfera relazionale e affettiva, l’umore, lo stress psicologico. Un tentativo di analisi è però possibile dopo queste riflessioni. Il disease mongering sembra formato da due elementi essenziali: da una parte una serie di fattori involontari, in larga parte ascrivibili a eccessi di prudenza da parte di chi ricopre delle posizioni di responsabilità in campo sanitario, dall’altra il marketing, ossia un insieme di scelte consapevoli finalizzate a un determinato scopo. Se le cose stanno così, questi sono anche i due campi su cui intervenire per combatterlo.
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MESTIERI PERICOLOSI
SALUTE
Sono oltre settemila i decessi per cancro legati alle condizioni lavorative. Ed è solo la punta dell’iceberg.
TUMORI I LAVORI AD ALTO RISCHIO di CINZIA FRASCHERI (responsabile nazionale Cisl salute e sicurezza sul lavoro)
L
e patologie oncologiche, purtroppo, nell’ultimo decennio stanno registrando un trend in costante crescita, anche se la ricerca e la medicina, dal canto loro, stanno ottenendo risultati sempre maggiori, offrendo ai malati non solo il prolungamento del tempo di vita o la diminuzione delle sofferenze psicofisiche, ma soprattutto la guarigione completa. Le patologie oncologiche sono di natura multifattoriale, ma occorre ricordare che, alla luce dell’art.41 del codice penale, è sufficiente che venga riconosciuto il nesso di causalità tra un fattore determinante e l’evento per arrivare a considerare l’intera patologia derivante da quella fonte. A tale riguardo, oggi, non sono pochi i casi che vengono riconosciuti come patologie oncologiche lavoro-correlate (circa 7mila casi nell’ultimo anno), seppur si è ancora molto lontani da un riconoscimento adeguato del fenomeno
I CASI il 60% dei decessi nei maschi è causato da tumori al colon e al polmone il 50% dei decessi nelle donne da tumori al seno e al pomone del quale possiamo considerare emerso solo la punta di un enorme iceberg. Con una specificità di genere, ma con conseguenze di danno indifferenziate, i casi di tumore lavoro-correlati, rappresentando oggi statisticamente la seconda causa di morte, dopo le malattie cardio-vascolari. Se è difficile poter stipulare una statistica puntuale e precisa dei diversi casi, visto l’attuale non ancora adeguato sistema di raccolta dei dati e delle informazioni relative - tenuto conto proprio della natura multi-fattoriale della patologia - certo è che se per gli uomini i decessi per tumore del polmone, del colon-retto, dello stomaco e della prostata rappresentano circa il 60% dei casi di mortalità complessiva, mentre per le donne, i tumori del seno, del polmone, del colon e dello stomaco, rappresentano il 50% dei casi di mortalità complessiva, con un trend che vede, per gli uomini, negli ultimi anni, una leggera ma costante flessione, non confermata
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invece per le donne, con dati in aumento. Questo nonostante siano cresciute nel tempo forme diverse di prevenzione e diagnosi precoce, mediante la diffusione di screening mammografico, promossi e previsti, seppur ad adesione volontaria, in alcune realtà lavorative, quali interventi di promozione alla salute nell’ambito di programmi di responsabilità sociale delle imprese.
CAUSE EVIDENTI
Se nessuna causa oggi sembra confermarsi quale fonte certa di danno per i casi di tumore, a differenza di quelli al seno per i quali sembra rilevante il lavoro notturno, per le giovani-lavoratrici, negli ultimi anni si è registrata una significativa conferma nella correlazione tra l’avvento della malattia e il ritardo della prima gravidanza o del non allattamento, entrambi fattori che oggi sempre più giungono a non risultare così distanti e non correlabili con le inadeguatezze delle condizioni di lavoro e dei modelli organizzativi adottati dalle realtà lavorative, vista la mancata possibilità per le lavoratrici di poter agevolmente coniugare (come negli altri Paesi europei) scelte di vita (quali l’avere una propria famiglia) e di lavoro (trovando non solo un’occupazione, e quindi una retribuzione, ma anche una propria realizzazione e soddisfazione in esso). Ci sono anche delle precauzioni per i rischi sul lavoro. Le rotazioni, se sono ben programmate e le persone si avvicendano
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con la giusta frequenza, non hanno ripercussioni sul naturale andamento sonno-veglia dell’organismo, e quindi sono considerati dagli esperti meno “colpevoli” dei turni massacranti.
LAVORARE DI NOTTE É PIÙ PERICOLOSO Scientificamente provata la relazione tra turni e patologia neoplastica. Sulla correlazione tra tumori al seno e lavoro notturno, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) nel 2007 dichiarava che il «lavoro a turni che comporta un’alterazione dei ritmi circadiani» è fra i possibili fattori che agevolano la formazione di tumore. Il rapporto precisava che c’era pericolo per la salute solo quando si altera il naturale ritmo circadiano (ovvero l’alternanza sonno/veglia) dell’organismo. Tre le spiegazioni fornite dagli studiosi. La prima si riferisce allo squilibrio nella produzione di melatonina (l’ormone prodotto al buio che ha proprietà anti-ossidanti, costituendo un fattore protettivo per il corpo) indebolisce il sistema immunitario, rendendolo meno capace di difendersi dall’aggressione tumorale. La seconda, collega i troppi turni di notte all’indebolimento nel tempo dell’organismo e, pertanto, alla maggior vulnerabilità e minor difese immunitarie. La terza, fa riferimento all’interruzione della regolarità del ciclo sonno-veglia che comporta significativi squilibri ormonali al punto di favorire lo sviluppo di neoplasia.
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ATTUALITÀ
NUOVE LINEE GUIDA
Il ministro Fornero ha annunciato politiche concrete per diritti e protezione delle donne.
PARI OPPORTUNITÀ SI VOLTA PAGINA di ROSANNA FAVULLI (Fistel Cisl Milano)
F
inalmente un documento dalla politica che promette di fare un passo avanti decisivo sul tema delle donne in Italia. Il ministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità, Elsa Fornero, ha pubblicato le linee guida in materia di pari opportunità. Con le politiche di contrasto ai fenomeni di violenza sulle donne e sui bambini si vuole affermare diritti umani e il richiamo all’impegno contro la violenza di genere, sia sessuale che domestica, sia fisica che attraverso forme di stalking. Serve far “emergere” il fenomeno con un’oggettiva analisi per elaborare strumenti, coordinare azioni e sviluppare servizi finalizzati. Diventa fondamentale il coinvolgimento ministeri dell’Interno e della Giustizia e l’interlocuzione con istituzioni e associazioni rappresentative. Prevenzione, contrasto e rimozione sono, invece, le strategie da applicare per le politiche volte a contrastare i fenomeni di discriminazione. Metodi che richiamano la direttiva dell’Unione europea contro le discriminazioni, tuttora in fase di discussione, attraverso azioni di formazione e aggiornamento degli operatori coinvolti nel “progetto UNAR” (Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza e sull’origine etnica). Centri servizi, immigrati, agenzie per l’impiego, associazionismo gli attori coinvolti per generare azioni positive nei luoghi di lavoro, per contrastare l’omofobia e per definire piani di azione consentendo “la diversità come fonte di ricchezza” un obiettivo raggiungibile. Il documento poi parla di un approccio
orientato alla centralità dell’individuo e alla tutela dei diritti umani delle vittime per le politiche di contrasto al traffico delle persone e alle mutilazioni genitali femminili. Serve promozione e coordinamento delle azioni per contrastare questo fenomeno “criminoso” che lede la dignità delle persone. L’impegno per le politiche di pari opportunità per le persone con disabilità deve garantire autonomia e vita indipendente. Le istituzioni, operando con i gruppi di lavoro istituiti nell’ambito dell’Osservatorio nazionale devo creare condizioni oggettive di sviluppo.
Con il documento programmatico del ministro Fornero, per le pari opportunità sono previste prevenzione e contrasto a tutte le violenze contro le donne.
“Parità di merito” nella condizione professionale, partecipazione alla vita culturale e ricreativa, opportunità concrete che rilevano attenzione particolare alle donne con disabilità, spesso soggette anche a forme di violenza le azioni da contrastare. Le politiche di sostegno al lavoro delle donne, all’imprenditoria femminile e all’assunzione delle donne e i giovani prevedono agevolazioni fiscali e finanziarie mirate a contribuire alla crescita del fenomeno. Azioni previste anche nei decreti “Salva Italia” e “Cresci Italia” che auspicano alla costruzione di una “società semplificata” creando nuove opportunità, in particolare nel settore della cura alle persone e dei servizi alla famiglia. Occupazione, lavoro di cura familiare, responsabilità personali e professionali non sono esclusivamente tematiche “al femminile”. E le politiche per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro devono essere condivise all’interno della coppia. Nuove forme di flessibilità che produrranno contrattazione dialogo anche con buone relazioni industriali. Ben chiara, invece, la discussione in materia di prevenzione, salute, sicurezza e vigilanza. Un Testo Unico da applicare che già consente di garantire le condizioni, in materia, per l’equità di genere. Diventa fondamentale garantire e vigilare sulla sua applicazione e prevedere percorsi formativi con la presenza di temi della cultura e criteri di genere. Poi c’è il tema delle dimissioni in bianco, sempre più d’attualità che merita priorità anche perché è da lì che parte una vera parità sul posto di lavoro.
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ANTONIA ARSLAN Il ruolo delle donne nella trasmissione della memoria e della cultura armena.
LIBRI
LE TESTIMONI DI UN POPOLO di DANIELA BIANCHI d.bianchi58@gmail.com
P
Lei è arrivata a parlare di erché insistere tanto “Shoah” degli Armeni, un sulla parola genocidio termine molto forte e con un a proposito del massacro preciso significato. degli Armeni avvenuto Per capire bisogna ricordare nel 1915 a opera del una frase che Hitler pronunciò governo dei “Giovani nel 1939 a proposito del suo Turchi”? «Perché è programma di eliminazione del proprio di genocidio popolo ebraico: “Noi possiamo che si tratta, vale a dire fare quello che vogliamo, chi di una eliminazione a si ricorda oggi dello sterminio freddo eseguita su una degli Armeni?”. Questa minoranza per ragioni affermazione dimostra come etniche, religiose o quello che è accaduto alla mia politiche». gente sia stato un modello che Non usa mezzi termini la ha ispirato in seguito quello che scrittrice Antonia Arslan: è stata la tragedia degli ebrei. il suo ultimo romanzo, La copertina del libro che Il Libro di Mush, che racconta la storia di due Ma quale è stata la molla racconta la storia del coraggiose donne armene che ha generato questa salvataggio rocambolesco persecuzione? di un prezioso manoscritto miniato del Il nazionalismo, sicuramente: la Turchia 1202 da parte di due coraggiose donne ai turchi, questo era il motto, e gli Armeni armene, come il precedente La masseria erano una minoranza indoeuropea; sempre delle allodole nasce dalla precisa volontà secondo questa logica anche i curdi sono di mantenere viva la memoria sull’immane stati perseguitati. tragedia del popolo armeno. Quello che però non si capisce è la politica negazionista dell’attuale governo Perché ha scelto due donne come turco: devo dire però che per fortuna molti protagoniste del suo libro? intellettuali hanno abbracciato la causa Innanzitutto bisogna dire che mi sono armena. Tra questi la scrittrice Elif Sharaf ispirata ad una storia vera. E poi il che ha detto: “Noi turchi non dobbiamo meccanismo dello sterminio programmato leggere i libri di storia che mentono ma portava prima all’uccisione di tutti gli ascoltare le nonne”. Anche l’Onu ha uomini, poi all’inserimento in famiglie usato la parola genocidio a proposito turche e la conseguente conversione delle degli Armeni: la strada è ancora lunga ma bambine di 8-10 anni di età. Rimanevano bisogna avere pazienza e, sulla scorta solo le donne, che si facevano così carico della “consolazione degli affetti”, non della conservazione e trasmissione della arrendersi mai. cultura.
CONSIGLI PER LA LETTURA a cura di Mauro Cereda IL DIAVOLO CUSTODE Philippe Pozzo di Borgo Ponte alle Grazie Philippe, nobile, ricco, colto, è paralizzato per un incidente di parapendio e ha perso da poco la moglie. Reagirà con l’aiuto di un vulcanico badante, un immigrato algerino, il suo “diavolo custode”. Questa storia vera è diventata un film: “Quasi amici”. IL DESTINO DEI MALOU Georges Simenon Adelphi Eugène Malou, imprenditore, si uccide con un colpo di pistola. Tutti, nella cittadina francese in cui vive, pensano che lo abbia fatto per i debiti. Al figlio minore Alain toccherà ricostruire un’immagine coerente del padre e delle ragioni del suicidio. PICCOLO MONDO VATICANO Aldo Maria Valli Laterza Una guida al più piccolo Stato del mondo. Valli conduce il lettore in un viaggio nella Città del Vaticano, un luogo dove convivono l’umano e il divino, lo straordinario e il quotidiano. Racconto appassionante, curiosità e misteri insoluti. Intrigante. GALEOTTO FU IL COLLIER Andrea Vitali Garzanti Una nuova amabile storia di Andrea Vitali. Bellano e il suo lago, gli anni del Fascio, gli amori, i tradimenti, le miserie e le nobiltà di un vecchio angolo di Lombardia, con i suoi personaggi dai nomi improbabili: Lidio, Eugeo, Olghina...
L’ALTRA FACCIA DELLE LIBERALIZZAZIONI Benedetta Cosmi, in un saggio Rubbettino Editore, si avventura su un terreno di indubbia attualità, le liberalizzazioni, ma lo fa da un altro punto di vista rispetto al dibattito politico-mediatico che ci ha pervaso in queste settimane. Innanzitutto il titolo Liberalizzaci dal male” – Orari, mercato del lavoro, trasporti-reti: come quando, chi, dove e perché. La prima domanda che balza subito alla mente è “cos’è e dove sta il male?”. Vabbè le lobby che si arroccano a difesa di antichi privilegi. Vabbè categorie, come i tassisti, che, almeno così vogliono far credere, cercano di salvaguardare gli investimenti fatti. Tutte resistenze dure a morire e che frenano il processo di modernizzazione della società italiana, ma parlare di ‘male’ sembra un po’ eccessivo. E, in effetti, è la stessa autrice a chiarire e contestualizzare: il male non è inteso in senso etico-morale e tantomeno spirituale ma come tutto quel sistema di veti e contro veti, di compartimenti stagni che depotenziano gli stessi atti politici e amministrativi, che sgonfiano in partenza quello che potrebbe www.jobnotizie.it
essere l’effetto innovatore delle liberalizzazioni. Perché avviene questo? Perché si procede per schemi: gli orari da una parte, il lavoro dall’altra, i trasporti e le reti (reali e virtuali) da un’altra parte ancora, quando, invece ognuno di questi rappresenta una tessera legata alle altre e che insieme costituiscono il nostro modo di vivere. Perché le liberalizzazioni siano vere vanno considerate da un altro punto di vista: quello degli utenti che quotidianamente si scontrano con limitazioni e restrizioni che non ci sono negli altri Paesi. Ad esempio, un negozio di calzature, dopo l’orario di normale apertura, potrebbe essere utilizzato da altri gestori per attività, commerciali e non, con una diversa clientela, promuovendo al tempo stesso l’attività principale. Belle idee ma irrealizzabili? Chissà … Soprattutto, e questa è un delle tesi principali del libro, esiste una generazione di “senza orario”, di flessibili per natura, i giovani nati e cresciuti con internet, che potrebbero essere la forza lavoro ideale per gestire intelligentemente e con profitto la partita delle liberalizzazioni. Si può essere d’accordo o meno con quello che sostiene il libro, di sicuro la lettura che Cosmi fa delle liberalizzazioni è originale e proprio per questo fa discutere. Per chi ne volesse sapere di più: appuntamento sabato 24 marzo a Milano, Piazza della Scala 2, Palazzo Marino, sala Arazzi ore 11.00. Il 2 aprile ore 10 a Roma, sala Carroccio, al Campidoglio.
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SOCIETÀ
TENDENZE
Calano le donazioni (-9%), diminuiscono i volontari, aumenta l’egoismo.
SIAMO MENO BUONI C’È LA CRISI
di DANIELA BIANCHI d.bianchi58@gmail.com
L
a crisi economica ha profondamente cambiato le abitudini degli italiani: si risparmia su alimentari, abbigliamento, vacanze e perfino sui farmaci, si va meno a teatro, cinema e ristorante. Ma non solo: la crisi fa sentire i suoi effetti anche sul volontariato e sulla disponibilità della gente di donare agli altri, a quelli che hanno più bisogno, denaro o tempo libero Secondo una recente indagine di Astraricerche, effettuata su un campione di mille persone dai 18 ai 69 anni, al 15% degli italiani il volontariato non interessa più perché “ ha perso la speranza nel futuro” mentre il 10% disprezza la generosità e “teorizza l’egoismo come atteggiamento efficace e positivo nell’aspra lotta della sopravvivenza”. Viene registrato anche un sensibile calo, nella misura del 9%, nell’ambito delle donazioni: a questo proposito il 20% degli intervistati dichiara di dubitare che i soldi donati vadano a buon fine e il 30% afferma inoltre che c’è una proliferazione eccessiva degli enti che chiedono un’offerta.
I RAPPORTI CONFERMANO
Questo trend è confermato anche dal
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Rapporto del Ciessevi presentato a novembre 2011, da cui emerge un rallentamento della crescita del numero di associazioni: a Milano e provincia nel 2009 le nuove organizzazioni che si sono iscritte al Registro del volontariato sono state 29, quasi la metà del 2008 quando erano state ben 56. «Non bisogna prendere questi dati in senso assoluto - ci spiega Guido Lacagnina, presidente del
In Lombardia le associazioni che si sono iscritte al Registro del volontariato sono quasi la metà dell’anno precedente
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Ciessevi di Milano - ma bisogna leggerli sapendo che è stata operata una “pulizia” da parte della Regione, sulla base della quale rientravano in suddetto registro solo le associazioni che possedevano requisiti ben precisi: in questo modo alcuni di questi enti ne sono automaticamente esclusi facendo così calare il numero delle iscrizioni».
42MILA VOLONTARI
Le cifre del volontariato a Milano e provincia restano comunque alte: 888 le organizzazioni iscritte al Registro , 42.000 i volontari. «È importante poi – continua Lacagninaevitare sovrapposizioni e frammentazioni, cercando di non disperdere le energie e adeguandosi alle esigenze del territorio. Ne deriva un aumento, cosa di fatto positiva, delle associazioni che rispondono a bisogni diversificati, rivolgendosi a utenze diverse» Resta comunque il fatto che il numero dei volontari sempre a Milano e provincia nel 2008 era 45mila mentre i dati attuali ci parlano di 42mila. «Sicuramente è un dato su cui bisogna riflettere - sottolinea Lacagnina - ma la crisi
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SOCIETÀ Il ministro Riccardi: non ci sono i soldi. Niente servizio civile per il 2013. potrebbe anche costituire l’occasione per ripensare il volontariato come occasione di formazione al lavoro, sia per i giovani sia per gli ultracinquantenni: soprattutto per quest’ultimi fare volontariato potrebbe essere un aiuto per non sprofondare nell’isolamento e nell’inattività».
SERVIZIO CIVILE
Su questo ultimo punto, parlando di servizio civile, forma di volontariato per eccellenza, riportiamo il parere di Michelangelo Chiurchiù, presidente di Cesc- Project (organizzazione no profit che si occupa di servizio civile e cooperazione internazionale): in una lettera pubblicata il 5 marzo dal settimanale VITA, Chiurchiù sottolinea come il servizio civile vada apprezzato in particolare dal versante dell’ingresso nel mondo del lavoro, perché ha in sé gli elementi per favorirlo: la possibilità di conoscere il mondo del terzo settore, di assumere responsabilità esercitando il tutoraggio e il supporto di persone adulte, e infine di avviare e completare un bilancio delle competenze.
GOVERNO, MANCANO I SOLDI
Ma le notizie che arrivano da Roma, dal Governo, non sono delle migliori. È di pochi giorni fa la dichiarazione del ministro Andrea Riccardi, riportata dal quotidiano Avvenire, secondo cui “a causa della sfavorevole congiuntura economica,
La mensa dell’Opera san Francesco di Milano dove vengono preparati 3mila pasta al giorno. Ci sono 600 volontari e 300 in lista di attesa .
per il 2012 non sarà possibile garantire la presentazione dei progetti di servizio civile da parte degli enti e, di conseguenza, non potrà essere avviato alcun volontariato nel corso del 2013”. “Se vogliamo davvero uns ervizio civile efficiente - sosteine Emanuele Rossi, soncisgliere dell’agenzia per il Terzo Settore - i numeri devo essere alti e quindi avere le risorse. Come con il 5X1000 dovremmo evita che a ogni legge finanziaria si decida se e quanti soldi impiegare. Una delle parti di finanziamento - continua Rossi - potrebbe essere l’8X1000 destinato allo stato. Una
soluzione semplice ma efficace”. In un suo intervento di diversi anni fa, il cardinale Carlo Maria Martini, a proposito di ciò che caratterizza chi fa volontariato, parlava di “eroismo nascosto”: in questi tempi bui queste parole si rivelano quanto mai profetiche e attuali.
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L’Opera San Francesco “DA NOI C’È LA FILA PER FARE IL VOLONTARIO”
«Abbiamo in lista d’attesa 300 volontari: qui non mancano le persone che vogliono spendersi per altri». A parlare è la signora Elisa Biondi, che da 25 anni è sia responsabile turno in mensa sia aiuto alla segreteria presso l’Opera San Francesco. «Ricordo che nel 1987 eravamo solo 30 volontari - continua la signora Elisa - , ora siamo in 600. La nostra mensa prepara circa 3000 pasti al giorno: se si pensa che a settembre ne preparava 2400, ci si rende subito conto di quali sono gli effetti della crisi». Per accedervi è sufficiente presentarsi a un colloquio, puramente conoscitivo, al onoranze funebri_Layout 1 15/02/12 16.16 Pagina 1 front-office dell’Opera . «Gentilezza e un
sorriso sono i requisiti indispensabili per accogliere queste persone, che spesso arrivano da noi vergognandosi di essere in una condizione di necessità - ci racconta la signora Ornella Belluschi, volontaria da circa 4 anni. Alla fine del colloquio viene fornita alla persona una tessera che gli permetterà di usufruire dei vari servizi» Fiore all’occhiello dell’organizzazione è l’ambulatorio medico, in Via Antonello da Messina: .vi prestano servizio 150 medici, la maggioranza dei quali sono pensionati o liberi professionisti. Le prestazioni mediche, completamente gratuite, sono riservate esclusivamente
a immigrati senza permesso di soggiorno. «Per quel che riguarda la mia specialità, l’utenza è composta prevalentemente da donne adulte, di età compresa tra i 26 e i 35 anni - ci illustra il dottor Nicola Natale, primario di ginecologia in pensione. Qui si effettuano, oltre che visite di routine, pap test, ecografie e test di laboratorio, e grazie a una donazione della Barclays, adesso possiamo usufruire anche di un colposcopio.» Ma cosa c’è alla base della decisione di regalare il proprio tempo e la propria professionalità? «Non l’intento di fare beneficenza - risponde il dottor Natale ma una modalità di essere nella realtà».
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MARCO GUAZZONE
Il giovane che a Sanremo ha convinto tutti con la sua delicata canzone Guasto. Merito di studi classici e di una bella gavetta.
BASTANO PIANO E VOCE PER FARSI ASCOLTARE di CHRISTIAN D'ANTONIO c.dantonio@jobedi.it
S
e c’è un personaggio che è rimasto in mente a tutti quelli che hanno seguito i giovani di Sanremo Social, questo è Marco Guazzone. A 23 anni le ha fatte tutte per farsi ascoltare e conquistarsi un posto nel panorama pop italiano. Su Youtube ci sono i pezzi dei suoi passaggi a innumerevoli concorsi musicali per nuovi talenti, video amatoriali, esibizioni con espedienti creativi davvero spassosi. «Ma non vorrei si dicesse che cerco la celebrità perché mi sono battuto anche per non far mettere la mia faccia sulla copertina dei dischi», ci dice con onesta innocenza. Un po’ naive Marco lo è e forse vuole restarci: il pubblico si sta interessando alle sue proposte anche per la sua faccia. Poi ci sono le giacche sgargianti, i riferimenti inquieti alla Coldplay, le canzoni sussurrate su degli arpeggi al piano che non si sentivano da parecchio. Tutto il mondo di Guazzone sembra uscito da un pianeta che credevamo perso tra il fracasso del tritacarne mediatico degli ultimi anni. «Volevo che il passaggio a Sanremo fosse un capitolo in un percorso già scritto - spiega - perché è prezioso riuscire a farsi notare, ma lo è ancora di più non stravolgere le basi su cui si fonda il mio modo di vedere questo mestiere». Anzitutto Marco ha scartato tutte le
proposte di manager che volevano farne un teen idol. E soprattutto ha puntato a conservare dietro di sé la sua squadra, gli Stag, che sono il gruppo con cui si è fatto le ossa dal vivo nei piccolo club di tutta Italia. «Sono convinto che per andare in tv ci sia bisogno di immediatezza e a volte è difficile presentarsi come gruppo. Ma la mia carriera è legata a questi validi musicisti con cui scrivo anche».
è la magia e la ricercatezza di una composizione come Guasto, il brano che lo ha lanciato, ad aver già stabilito il suo marchio di fabbrica. «Merito di un libro di Cormac McCarthy e di uno studio sulle liriche di Tenco e De Andrè» prova a spiegare lui. Ma ha già dimostrato che il talento, quando c’è, ha solo bisogno di essere foraggiato.
PASSIONE TOTALE Quello che colpisce è come Guazzone per effetto della sua passione per la musica (è uscito dal conservatorio di Santa Cecilia) abbia votato i suoi sforzi completamente in questa direzione. A Londra per cercare fortuna, è entrato in contatto con Steve Lyon, uno che ha fatto i migliori dischi di Cure e Depeche Mode. «Mi sento privilegiato a poter dire che Steve ha ridotto drasticamente il suo cachet per seguirci e darci consigli. Uno di questi è stato inaspettato, mi ha chiesto di comporre la maggioranza del nostro disco d’esordio in italiano. Perchè secondo lui è importante che un artista emergente si rivolga iniziamente al suo pubblico nella sua lingua». E mai consiglio fu più azzeccato: Marco parla e pronuncia bene l’inglese, lo riversa con energia in alcuni suoi pezzi già popolari su Facebook. Ma
Guazzone sarà dal vivo il 27 aprile alla Salumeria della Musica
CRANBERRIES, MUSICA CONTRO LE TENSIONI Non ne potevano più del successo e dell’attenzione che gli veniva tributata negli anni 90 e si sono lasciati per quasi un decennio. Ora dall’Irlanda i Cranberries, gruppo rock capitanato dall’acclamata Dolores O’ Riordan, tornano con un disco, Roses e un tour che farà tappa a Milano il 4 luglio all’Arena civica. «Siamo convinti che il lavoro che ci piace fare ora - dicono della reunion - non sarebbe stato possibile se non ci fossimo allontanati. Ci era venuto a mancare l’interesse per stare assieme e creare altre cose che
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potessero competere con i nostri dischi di esordio, che restano i migliori. Anzi, se fossimo stati furbi avremmo dovuto rallentare l’attività proprio al culmine, quando tutti invece volevano spremerci». Un altro caso di business che soffoca la creatività? Non proprio: i Cranberries sono stati capaci di sfornare pezzi piacevoli anche quando tutti li inseguivano
e li copiavano. Il “cantato” della loro front-woman ha fatto scuola e ha dato a una generazione la speranza che anche la donna potesse guidare una formazione rock senza diminuirne la credibilità. Ma è stata Dolores, che nel ‘95 per il duetto con Pavarotti si presentò da sola a Modena, a riunire gli amici musicisti. «Ci siamo rivisti qualche anno fa
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tutti assieme, anche con i suoi figli - dice Noel Hogan che con Dolores compone i pezzi della band - e ci siamo rimessi a lavorare senza pensare a una meta. Volevamo recuperare una creatività distesa, senza tensioni. Poi ci siamo resi conto in un secondo tempo che stavamo rinascendo come gruppo. E da lì ci siamo chiesti: ma se ci rimettiamo in giro, chi ci verrà a sentire?». Come per tutte le band iconiche del passato, il seguito non è mancato. E il successo della loro nuova, speranzosa canzone Tomorrow lo conferma.
marzo 2012
L’INTERVISTA
SALVO GUGLIELMINO
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SOCIAL NETWORK LA BATTAGLIA DEL “MI PIACE” di MAURO CEREDA m.cereda@jobedi.it
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social network stanno rivoluzionando il modo di comunicare, informarsi, lavorare, interagire con gli altri. Il fenomeno è al centro di un interessante e documentato libro, scritto a quattro mani dai giornalisti Salvo Guglielmino e Andrea Benvenuti: Combook.Twitter, Facebook, Linkedin… Come comunicare con i social network (Centro di Documentazione Giornalistica, 16 euro). Un libro che nella prefazione (a cura di Sergio Rizzo) svela anche l’arretratezza italiana nelle connessioni veloci. Guglielmino, come possiamo definire il vostro lavoro: un saggio, un manuale, un’inchiesta? Credo sia un po’ tutte queste cose insieme. È una guida all’utilizzo di questi strumenti, ma anche un viaggio nell’universo dei social network per capire come vengono utilizzati nei diversi contesti: nei mass media, nelle imprese, nel sindacato, in politica, nella società. È infine un’analisi dello scenario in cui è esploso il fenomeno e di quello futuro: i social network avranno un ruolo sempre più importante nella vita di tutti noi. Quale impatto hanno oggi questi strumenti nella società? I social network hanno cambiato e stanno cambiando la vita delle persone. I numeri parlano chiaro: Facebook ha mezzo miliardo di iscritti, Youtube 200 milioni di utenti al mese, Twitter cresce ogni giorno di più… Ad esempio, attraverso questi strumenti moltissimi politici coltivano il
proprio consenso elettorale, mentre le aziende fanno marketing. E la battaglia, soprattutto economica, si gioca tutta sul pulsante “Mi piace”. Prendiamo poi la comunicazione: con i social network il cittadino-utente diventa protagonista. Non è più passivo: carica foto, video, notizie, commenta, vota. E questo incide anche sul modo di fare giornalismo. In che senso? Gli operatori dell’informazione non possono fare a meno di relazionarsi con questo mondo. La forza dei social network è di fornire contenuti, s p e s s o gratuiti, che permettono ai giornalisti di arrivare a raccontare eventi che non avrebbe mai potuto seguire dal vivo. Pensiamo alle rivoluzioni in Medio Oriente: sono state tutte raccontate attraverso Facebook e Twitter. O prendiamo un sito come YouReporter: i video caricati dagli utenti finiscono regolarmente nei palinsesti dei telegiornali più importanti di tutto il pianeta. Enzo Biagi diceva che la radio dà la notizia, la tv la fa vedere, i giornali la spiegano. Oggi la Rete fa tutto questo insieme e in più permette di commentarla.
Salvo Guglielmino e, di fianco, la copertina del libro scritto con Andrea Benvenuti.
Spesso ormai sono i cittadini che pongono un tema su cui poi i giornalisti scrivono o fanno inchieste. Ma in questo scenario che fine farà la carta stampata? Non vedo crisi per la figura del giornalista o per la carta stampata. I social network sono un importante strumento in più. Tant’ è vero che nelle scuole di giornalismo si punta sul giornalista inter-mediale, che sa usare tutti i mezzi e tutti i linguaggi. Il giornale cartaceo diventerà sempre più un luogo di approfondimento, che si relaziona con la testata on-line: ma di fatto è già così. Non penso vi sia un pericolo immediato per la carta stampata. Certo, considerando anche il successo clamoroso dei tablet, che consentono di leggere gli articoli a video, è difficile dire cosa succederà tra vent’anni.
SE LEGA E FEDE VANNO A BRACCETTO... Un tempo pregavano il Dio Po e si sposavano con rito “celtico” (come l’ex ministro Roberto Calderoli, il cui matrimonio fu celebrato dal “druido” Marco Formentini, già sindaco di Milano). Oggi sono diventati i più strenui difensori della fede cristiana: un tripo salto carpiato. È quello che ha fatto la dirigenza leghista, passata (almeno a parole) con estrema nonchalance dal paganesimo al cattolicesimo più tradizionalista. Cos’è successo? A spiegarlo è un libro di Augusto Cavadi (Il Dio dei leghisti, Edizioni San Paolo, 14 euro), che si chiede: “Si può essere cattolici e votare Lega?”. La riwww.jobnotizie.it
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sposta è sì e no. Sì, perché è ciò che accade. In questi anni Bossi ha conquistato voti in Lombardia e in Veneto, intercettando consensi che una volta andavano alla Dc. Com’è stato possibile? Come fa un credente a riconoscersi nell’ex sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini, che vorrebbe travestire gli immigrati da “leprotti” per impallinarli? O nell’eurodeputato Mario Borghezio che dà del patriota al generale serbo Ratko Mladic (accusato di genocidio nella guerra della ex Jugoslavia)? O ancora nel consigliere comunale milanese, Matteo Salvini, autore di accuse feroci al
cardinale Dionigi Tettamanzi? Se è nei fatti che si può essere leghisti e cattolici insieme, sembrerebbe lo sia molto meno a livello teologico. Certe posizioni leghiste sono incompatibili con il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa. L’idea di fondo è che il Carroccio si serva strumentalmente del “fattore religione” per raggiungere i suoi obiettivi politici. Il libro aiuta a capire cosa si agita nelle coscienze di tanti fedeli-elettori lumbard. Che magari vanno a Messa alla domenica, ma quelli lì con la pelle nera non riescono proprio a sopportarli… marzo 2012