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SOMMARIO GIUGNO 2010 pag. 15
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TENIAMO GLI OCCHI APERTI Ognino di noi è oggetto di approfonditi studi da parte entità nascoste, ma più presenti di quanto pensiamo.
Comunicazione Persuasiva
Persuasione
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Le origini.
MOLTE, LE FORZE CHE AGISCONO SU DI NOI A NOSTRA INSAPUTA 6
Molti di noi vengono oggi influenzati assai più di quanto non sospettino, la nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto.
Implicazioni pedagogiche e suggestione del suono.
H NOW ON UNDERGROUNDMAGAZINE.IT H
Mussolini
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e la propaganda fascita.
Il silenzio degli innocenti
“I Persuasori Occulti”
I Messaggi Subliminali
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Nascosti, ma ovunque.
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e delle sette donne nude!
Renè Magritte
di Vance Packard.
Solo con l’edizione di Giugno in allegato:
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Biografia e opere.
Luigi Pirandello
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Crisi d’identità causate dal nostro “es” represso.
Rivista di curiosità relative al mondo dell’Arte. 3
COMUNICAZIONE
PERSUASIVA IL MONDO È INTRISO DI MESSAGGI E INFORMAZIONI CHE SUBDOLAMENTE CI CONVINCONO E CI CONDIZIONANO NELLE NOSTRE SCELTE.
testo di
Susanna Rosa
LE ORIGINI Fin dall’inizio dell’evoluzione gli esseri viventi hanno sempre avuto la necessità di comunicare fra loro. Essenzialmente, la ragione principale è riconducibile al perpetuare della specie, così in molti casi si può parlare soltanto di comunicazione di tipo chimico, fra esseri appartenenti allo stesso regno e alla stessa specie. Quando però si iniziano a prendere in esame gli appartenenti al regno animale, in particolare le specie più evolute, si può iniziare a parlare di comunicazione attraverso codici complessi, che, pur non essendo ancora veri e propri linguaggi, permettono di trasmettere vari tipi di messaggio, dai segnali di pericolo ai rituali di corteggiamento, alle prime rudimentali regole di convivenza sociale.Nell’uomo l’esigenza del linguaggio è stata una delle questioni centrali per la sopravvivenza, per potersi organizzare contro eventuali pericoli, per poter instaurare le prime relazioni sociali, per poter trasmettere alle generazioni successive le conoscenze fino a quel momento acquisite. In ultima analisi, il comunicare sottintende una trasmissione di informazioni di vario tipo, informazioni che possono riguardare fatti, pensieri, stati d’animo, istruzioni, codici, e via dicendo.
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Quindi, l’esigenza di trasmettere queste informazioni è riconducibile alla necessità di soddisfare dei bisogni, da quelli primari, fisiologici, che riguardano la sopravvivenza organica e della specie (e questa esigenza appartiene senz’altro a tutte le specie viventi: la fame, la sete, il freddo, la sicurezza), a quelli secondari, di natura sociale e psichica. Quando nell’uomo si sono consolidate le basi riguardanti i bisogni di sopravvivenza fisiologica, entra in gioco la seconda serie di bisogni, quella che riguarda la sopravvivenza psicologica dell’individuo, cioè i bisogni sociali, di appartenenza, per essere accettati da un gruppo, e del potere, per acquisire la considerazione e riconoscimento da parte degli altri. Se è vero che per gli individui più primitivi il prestigio è connesso alle qualità di forza fisica e di sprezzo del pericolo, è altrettanto vero che nella società moderna questi bisogni vengono soddisfatti anche da altri valori, che possono andare dal possesso di un titolo, al denaro, alla bellezza fisica, all’importanza sociale, all’autorevolezza. È proprio in questo quadro che si è sviluppata l’esigenza di poter influenzare, se non addirittura pilotare, la risposta dell’interlocutore all’emissione del mes-
saggio. Quando alcuni individui hanno capito che la risposta alla propria richiesta di soddisfacimento del bisogno poteva essere in un qualche modo guidata, diretta, indirizzata al soddisfacimento del bisogno stesso, è iniziata, nella storia dell’evoluzione umana, la ricerca di quegli elementi che potevano produrre quella influenza così determinante, in altre parole, la persuasione.
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L
a persuasione
Ma cos’è in realtà la persuasione? Dietro questo interrogativo si possono celare innumerevoli risposte, ma solo alcune di queste possono essere accettate. Se generalmente la persuasione viene vista come un artificio subdolo, essa può benissimo essere vista anche da un lato più accettabile. Nel suo libro “L’arte di persuadere”, Massimo Piattelli Palmarini propone un’accezione non negativa della persuasione. Egli sostiene che “quando una volontà, un’intenzione, una credenza, o una decisione, devono trasferirsi da una mente a un’altra, allora si devono innescare, sul momento stesso, moti convergenti nell’una e nell’altra”, e da qui prende lo spunto per affermare che “per sua natura intima, l’arte della persuasione è un esercizio lieve. Aborrisce i mezzi pesanti. La persuasione non è un’opera di convincimento, che si propone di “indurre” qualcuno ad agire contro la propria volontà, si tratta invece di un atto che comporta sempre una scelta, un esercizio di libera volontà, significa, cioè, indurre un cambiamento dell’opinione altrui solo per mezzo di un trasferimento di idee, un passaggio di puri contenuti mentali”. Per concludere con le parole di Piattelli Palmarini, “non si può persuadere uno, che so io, a vedere, a sapere, ad arrivare. Lo si può persuadere, però, rispettivamente, a guardare, a studiare, a partire. Persuadere implica che la persona sia libera non solo di volere, di agire, ma anche di pensare, di credere, di decidere.”
IMPLICAZIONI PEDAGOGICHE
ALTRI ASPETTI DELLA PERSUASIONE LA COMUNICAZIONE RESPONSABILE DI PROCESSI PERSUASIVI CI CIRCONDA OGNI GIORNO, SOTTO OGNI ASPETTO, ANCHE IL PIÙ INIMMAGINABILE.
testo di
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Susanna Rosa
della persuazione Se consideriamo preoccupanti le conseguenze della persuasione sugli adulti, a maggior ragione ce ne dovremmo preoccupare per quanto riguarda gli effetti prodotti nell’età infantile. Il maggior pericolo, agli occhi degli psicologi e dei sociologi, sembra derivare dall’esposizione dei bambini all’effetto persuasivo della pubblicità. Già alla fine degli ‘50, nel suo libro “I persuasori occulti”, Vance Packard sosteneva che l’azione continua dei mass media esercitava una sorta di investimento, abituando i bambini al condizionamento pubblicitario, in modo da “allevare” dei docili consumatori del domani. In effetti i vantaggi fondamentali dei media applicati ai processi educativi sono molteplici: possono contare su una vasta dimensione potenziale della loro audience, sono caratterizzati da un’estrema velocità di penetrazione del messaggio, dispongono di una ricchezza dell’apparato illustrativo audiovisivo. In definitiva costituiscono delle nuove esperienze di apprendimento, che fungono da “prolungamento” del sistema scolastico, e che, se ben condotti, possono dar luogo ad importanti evoluzioni educative e formative, oltre che, semplicemente, informative. Inoltre, c’è anche da considerare una forte funzione socializzante dei media:
attraverso TV e cinema, infatti, il bambino può anticipare situazioni sociali che non ha ancora vissuto in prima persona, e osservare dei modelli di comportamento che si propongono come adeguati. C’è da dire, poi, che secondo una posizione diffusa sia fra gli studiosi che nell’opinione pubblica, negli ultimi decenni, si sarebbe verificata una progressiva perdita di potere delle due principali “agenzie” responsabili della socializzazione, la famiglia e la religione, a vantaggio di due nuovi soggetti: la scuola, prima, e i mass media, poi. Questo cambiamento sembra rappresentare una evoluzione sia culturale che sociale, in quanto responsabile di un progressivo distaccarsi dai dogmatismi e dai sistemi statici di credenze, valori, e modelli di comportamento. Purtroppo però, alla realtà dei fatti, questo uso coscienzioso dei mezzi di comunicazione di massa nei confronti dei fanciulli continua a non attuarsi. Tutte le qualità dei media vengono stravolte in maniera da diventare degli ottimi supporti atti alla persuasione. Quindi, in conseguenza di quanto premesso, non resta che osservare un deleterio bombardamento dei media (grazie anche alla complicità della mancanza di efficaci alternative di socializzazione e di dialogo, per cui si arriva alla TV babysitter) nei confronti dei bambini. Questa, incentrata su una rappresentazione stereotipica della realtà, produce degli effetti a lungo termine per i quali i ragazzi,
una volta usciti dalle mura domestiche, rimangono immersi in una dimensione fittizia, e non reale, nel senso che il linguaggio dei media, e della pubblicità in particolare, viene adottato nelle conversazioni dei gruppi giovanili, convergendo a definire una sorta di cultura specifica dei preadolescenti.
LA SUGGESTIONE DEL SUONO Un ultimo aspetto da analizzare è, infine, l’importanza della suggestione della musica, intendendo con questo tutta la componente audiologica, riguardante la preparazione del prodotto mediatico. Se nell’immagine è insita la forza rappresentativa più immediata, questa viene del tutto privata dalla forza evocativa e suggestionante, che spetta alla parte fonica (nella quale è compreso anche il silenzio, in quanto “suono zero”). In concreto, le immagini, sia di una fiction, che di un evento sportivo, che di un comune reportage giornalistico, hanno la funzione esclusiva di rappresentare un avvenimento con delle limitate capacità di coinvolgimento. Pensiamo per esempio ad una competizione sportiva senza commento o ad un reportage giornalistico senza la descrizione dell’avvenimento mostrato; questi eventi comunicativi mancano quasi interamente della loro componente suggestionante. O ancora, pensiamo ad un
film senza colonna sonora, o, peggio, ad una scena di particolare tensione commentata da una musichetta allegra e spensierata. Il suono diventa quindi fondamentale per veicolare il messaggio, per il quale l’immagine funge da supporto. Il suono diventa così una componente scrupolosamente studiata, in maniera da guidare il coinvolgimento dello spettatore in una direzione ben precisa Anche nella pubblicità, quindi per quanto riguarda l’applicazione persuasiva più pratica, la scelta delle musiche di commento, dei parlati (voci e costruzione del messaggio), e dei suoni di “sfondo” (ambiente, rumori, suoni caratteristici), la scelta avviene dopo un accurato studio degli elementi più appropriati, nonché eufonici, per la scena descritta. Anche nella vita quotidiana, accade continuamente che siano i suoni a causare stati di tensione o distensione: se attraversando la strada si sente un rumore di frenata improvvisa, o un clacson, si innesca immediatamente un riflesso condizionato che ci fa ritrarre immediatamente su un lato della strada, anche se la causa di quel suono non era riferita alla nostra presenza (magari era a decine di metri di distanza). Con questo, in definitiva, si pone l’attenzione su quanto sia importante la componente suggestionante e persuasiva che si deve riconoscere al suono e sottolineare, soprattutto, la forza della sua più grande espressione: la musica.
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MUSSOLINI e la PROPAGANDA FASCISTA PER TUTTA LA PRIMA METÀ DEL XX SECOLO LA PROPAGANDA FU UTILIZZATA PER GUIDARE LE MENTI DELLE PERSONE E PER INFLUENZARE IL PIÙ POSSIBILE IL COMPORTAMENTO DELLA GENTE COMUNE.
testo di
Susanna Rosa
La possibilità di influenzare attraverso le pratiche discorsive, il complesso delle interazioni umane, ha fatto sì che, nel corso dei secoli, le classi dominanti e i ceti emergenti abbiano cercato, rispettivamente, di detenere in esclusiva o di conquistare il monopolio dello strumento linguistico, sottraendolo a coloro che avrebbero potuto usare la parola per finalità alternative. Nella storia recente, il periodo in cui si è maggiormente risentito degli effetti di questo genere di politica, è senz’altro quello delle grandi dittature europee nella prima metà del XX secolo. In particolare, in Italia, largo uso del controllo dell’informazione fu operato da Mussolini allo scopo di dirigere l’opinione pubblica verso una posizione a sostegno del regime fascista. Ma com’è stato possibile costruire in così poco tempo un simile castello di convinzioni nella popolazione dell’epoca? A parte le ragioni ogget-
tive, storiche, che vedevano la popolazione italiana completamente svilita da una politica fallimentare dal punto di vista economico, sociale e coloniale, ragioni che facilmente preludevano ad un imminente condizione di cambiamento, i motivi di tanto successo del personaggio Mussolini sono da ricercarsi nella figura stessa del “leader” (analizzata anche da Freud), così come era voluta allora da una serie di indicazioni provenienti dagli studi di psicologia sociale. Per sua stessa ammissione, Mussolini risulta aver più volte letto e riletto un famoso e scottante libro del giornalista Gustav Le Bon, “Psicologia delle folle”. “La folla” - scrive Le Bon - “è sempre intellettualmente inferiore all’uomo isolato, ha la spontaneità, la violenza, la ferocia, ed anche gli entusiasmi e gli eroismi degli esseri primitivi; le folle - specialmente quelle latine - si possono accendere
la Persuazione per ottenere il consenso del popolo
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d’entusiasmo per la gloria e l’onore, si possono trascinare in guerra senza pane e senz’armi”. Sempre secondo Le Bon, la folla antepone l’istintività al giudizio, all’educazione e alla timidezza, pertanto il “capopopolo” deve presentarsi ad essa con un linguaggio adeguato alla recettività del destinatario. Pertanto è fondamentale che segua alcuni principi comunicativi come: la semplicità del lessico e della sintassi, la folla si presenta per istinto, restia a parole difficili, ai meandri del ragionamento, rifiutando l’esercizio attivo del pensiero; l’affermazione, laconica, concisa, categorica, sprovvista di prove e di dimostrazioni, tanto maggiore è la sua autorevolezza; la ripetizione, eseguita rispettando sempre gli stessi termini; le immagini, il potere di una parola non dipende dal suo significato, ma dall’immagine che essa suscita; il contagio: “quando un’affermazione è stata ripetuta a sufficienza, e sempre allo stesso modo, si forma ciò che viene chiamata una corrente di opinione e interviene il potente meccanismo del contagio. Le idee, i sentimenti, le emozioni, le credenze, possiedo-
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possiedono tra le folle un potere contagioso intenso... (teoria della dissonanza cognitiva)” (G. Le Bon). Sulla base di questi precetti si venne quindi formando un vero e proprio “linguaggio” che Mussolini utilizzò nei suoi discorsi propagandistici. Forte delle passate esperienze giornalistiche, e dei suggerimenti di Le Bon, egli elaborò un modo di comunicare che ruotava intorno a diverse caratteristiche: l’oratoria giornalistica, che non deludeva i dotti e non intimidiva gli umili, volta a stimolare e spingere più che ad affascinare, il suscitare certi stati d’animo, la denegazione, l’asserzione perentoria e l’antitesi, veri e propri artifici retorici già visti a proposito degli studi di Freud sui lapsus e sui motti, gli slogans, “riciclati” anche da fonti non del tutto pertinenti al messaggio fascista, ma efficaci ai fini della “funzione conativa” ovvero la finalità ad incitare all’azione, i dialoghi con la folla e la coralità, incentrati su frasi che richiedevano una risposta corale da parte dell’uditorio, le frasi ad effetto, nelle quali Mussolini è stato un eccelso, ed infine gli aspetti riguardanti la musicalità, i toni e le pause, da variarsi a seconda del carattere che si voleva dare al messaggio. È in tale contesto che nasce una impostazione scientifica della propaganda, ovvero si iniziano ad utilizzare dei metodi specifici da parte di gruppi organizzati di specialisti, per conseguire il consenso, attivo o passivo, della massa, talvolta anche attraverso manipolazioni psicologiche. In altre parole si concretizza un’espressione del potere che si afferma attraverso la conquista dell’opinione pubblica. Questo fenomeno, ebbe un deciso incremento all’epoca della Prima Guerra Mondiale. In questo periodo i governi dei paesi in guerra sentono, infatti, la necessità di dotarsi di organismi specifici, con il compito di “manipolare” sul piano intellettuale e morale sia le truppe che le popolazioni. Questo avveniva tramite un’azione integrata di conferenze, cinema, teatro, manifestazioni musicali, serate ricreative, organizzate allo scopo di sostenere il morale e la motivazione dei soldati e di rafforzare il senso civico dei cittadini. Così si assiste ad una vera e propria evoluzione del “culto di Mussolini”. Le spiegazioni sono da ricercarsi nel processo di identità, intesa psicologicamente, fra il duce e il regime fascista. Le diverse componenti psicologiche che fanno di Mussolini un leader ideale, sono riscontrabili nel saggio di Freud, “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” (scritto nel 1921, prima che il fenomeno della dittatura mussoliniana e hitleriana lo confermasse). Secondo quanto sostiene Freud, il leader deve giocare su un delicato equilibrio di nevrosi e di su-
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blimazioni, dovute alle proprie pulsioni. Fra queste rientra necessariamente anche la componente della libido, che rende concretizzabile l’identificazione del super-io delle persone nella figura del “capo”. La fortuna o destino di Mussolini fu di incontrarsi con una massa storica disposta alla sottomissione. Questo per ragioni contingenti come la delusione serpeggiante e la frustrazione del popolo italiano, inevitabilmente disintegrato come comunità dalla guerra, per una fondamentale “paura della libertà”, e per il bisogno di un “protettore magico”. I meccanismi della sottomissione furono quindi quelli d’identificazione, indicati da Freud. In sostanza, la forza di coesione del gruppo fascista derivava dall’identificazione di tutti con l’unico Mussolini, alla caduta del quale corrisponderà la disfatta del fascismo. Scrive Freud: “L’oggetto è investito da forti cariche di libido narcisistica. È persino ovvio, in molte forme di scelta amorosa, come l’oggetto sostituisca un qualche nostro ideale non realizzato dall’Io. Siamo spinti ad amare dalle perfezioni che ci siamo sforzati di far raggiungere al nostro Io, e che ora desideriamo di ottenere per tal modo a soddisfazione del nostro narcisismo”. È precisamente questa idealizzazione di se stesso che Mussolini tende a promuovere nei suoi seguaci. In definitiva Mussolini riuscì a conciliare le varie tensioni psicologiche esercitate
sulla popolazione, allo scopo di conseguire un sorta di autorità paterna, tramite l’imposizione della disciplina e della propria idealizzazione. “Il padre primevo è l’ideale del gruppo, e governa l’Io in luogo dell’ideale dell’Io” (Freud), cioè il super-io personale viene abdicato e trasferito nell’immagine del padre. L’importanza della comunicazione persuasiva è dovuta anche alla forza del messaggio visivo, basti pensare a quella che oggi è chiamata la società dell’immagine. Per favorire l’identificazione a livello delle masse più vaste e numerose, infatti, Mussolini si riduceva continuamente alle immagini più modeste ed umili, delle varie categorie sociali italiane, del tutto indifferente al ridicolo che gliene derivava, denotando in questa abilità una capacità spettacolare: si trasformava continuamente in muratore, contadino, autista, sciatore, nuotatore, aviatore, camicianera gregario, maestro, musico, artista, burocrate, poliziotto, giornalista, dottore honoris causa, enciclopedico, professore, presidente, operaio, cavallerizzo, ciclista, pilota d’auto, e tantissimo altro. Dopo dieci anni di travestimenti mussoliniani, ciascun italiano poteva tranquillamente riconoscersi in lui, o per dirla con Freud, poteva “identificarsi con lui nel proprio Io”, riconoscendosi come una piccola immagine del padre universale (“Tu sei tutti noi!”).
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I PERSUASORI
I MESSAGGI SUBLIMINALI
OCCULTI VANCE PACKARD
testo Susanna Rosa
“I persuasori occulti” è un saggio giornalistico, scritto a metà anni ‘50 da Vance Packard, libro che da molti fu definito “premonitore”, in quanto dannatamente attuale. Packard fece un’attenta analisi sulle tecniche psicologiche utilizzate in pubblicità, per usare i nostri più reconditi istinti allo scopo di farci comprare questo o quel prodotto, tecniche che ben presto sono tracimate dal campo della pubblicità a quello della costruzione del consenso. Nella prefazione del libro si legge: “Molti di noi vengono oggi influenzati assai più di quanto non sospettino, e la nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto. Sono all’opera su vasta scala forze che si propongono, e spesso con successi sbalorditivi, di convogliare le nostre abitudini inconsce, le nostre preferenze di consumatori, i nostri meccanismi mentali, ricorrendo a metodi presi in prestito dalla psichiatria e dalle scienze sociali. E’ significativo che tali forze cerchino di agire su di noi a nostra insaputa, sì che i fili che ci fanno muovere sono spesso, in un certo senso, “occulti”. Alcune delle tecniche psicologiche analizzate, sono ovviamente obsolete, sostituite da altre più raffinate, altre sono state addirittura messe fuorilegge. Packard esegue un’attenta “ricerca delle motivazioni” per scoprire perchè la gente faccia le determinate scelte. Questa ricerca si serve di metodi atti a raggirare la parte inconscia o subconscia della mente umana, poiché le preferenze sono in generale determinate da fattori di cui l’individuo non è consapevole. Al momento dell’acquisto, infatti, il consumatore agisce di solito obbedendo a impulsi emotivi, inconsciamente stimolato da immagini e simboli grafici che nel suo subcosciente si trovano associati con il prodotto. Per questo, i tecnici pubblicitari sono costretti a cercare sempre nuove e più sottili tecniche di persuasione,
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INFORMAZIONI CHE ASSIMILIAMO A LIVELLO INCONCIO CAPACI DI CONDIZIONARE LE NOSTRE SCELTE O DECISIONI. OGNI GIORNO SIAMO BERSAGLIATI E BOMBARDATI DA QUESTO TIPO DI MESSAGGI SENZA RENDERCENE CONTO.
Foto raffigurante Vance Packard autore de “I Persuasori Occulti”.
richiami più efficaci, agganci più immaginosi. Per esempio le donne sono disposte a pagare di più per una crema di bellezza che per una saponetta. Perché? Il sapone, promette soltanto pulizia, mentre la crema promette bellezza. “Le donne comprano una promessa; i fabbricanti di cosmetici non vendono lanolina, vendono speranza. Non si comprano più arance, ma vitalità. Non si comprano più automobili, ma prestigio”.
CITAZIONI tratte da “i
Persuasori
occulti”
Pochissimi sono i casi in cui la gente sa realmente ciò che vuole, anche quando dice di saperlo. Da “Advertising Age”. La strada che l’uomo d’affari moderno stà battendo alla ricerca di nuovi richiami pubblicitari lo conduce in un misterioso labirinto: il subconscio umano. Da “Wall Street Journal” Il consumatore è attaccatissimo alla propria marca di sigarette, è tuttavia sperimentalmente provato che non sa distinguerla dalle altre marche. In realtà ciò che egli fuma non è altro che un’immagine. Dichiarazione del direttore dell’ufficio studi di un’agenzia pubblicitaria di New York. Uno dei compiti principali che il conflitto tra godimento e senso di colpa pone al tecnico pubblicitario, non è tanto di vendere il pro-
dotto quanto di dare il permesso morale di goderne senza colpa. Ernest Dichter, presidente dell’Institute of Motivational Research, Inc.
testo di
Quel che occorre è una scatola o una confezione capace di attrarre e ipnotizzare questa donna come un riflettore che le venga puntato in piena faccia. Gerald Stahl, vicepresidente di Package Designers Council.
Susanna Rosa
FACCIAMO ATTENZIONE
Per la gente, chi passa da una Ford a una Cadillac deve aver rubato del denaro. Pierre Martineau, direttore dell’ufficio studi alla “Chicaco Tribune”. Scoprimmo che un emozionante dramma poliziesco non si accordava con la necessità di porre il telespettatore in quello stato di calma mentale occorrente per ricevere e ricordare il nostro slogan pubblicitario. Edward Weiss, direttore di un’agenzia pubblicitaria di Chicago. La futura occupazione di tutti i bambini, così come si presenta oggi, è di essere consumatori specializzati. David Reiseman, La folla solitaria. Il pubblico dà prova, talvolta, di una credulità senza limiti. Da “The Pubblic Relations Journal”. Conquistare la fiducia della mente collettiva del pubblico è una impresa gigantesca, eppure i grandi dell’industria sembrano esservi riusciti. Da “Tide”.
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Gli effetti perversi dei media sulle menti umane, non sono più un mistero, anche se, in realtà, nella società dell’informazione e della comunicazione c’è un’altra componente, che non è facile contrastare e al quale si è quasi assuefatti. Stiamo parlando dei messaggi subliminali, da cui, giorno per giorno, siamo bersagliati e bombardati, senza saperlo.
Packard del libro “I persuasori occulti”. A questo fece seguito lo studio di James Vicary in cui si affermava che se all’interno di un cinema venivano inseriti brevi messaggi subliminali nei fotogrammi del film (del tipo “bevi coca cola” e “mangia popcorn”) si registrava un sensibile aumento dei consumi di questi prodotti. Scopo principale dei messaggi subliminali è, quindi, quello di invogliare il consumatore ad acquistare uno specifico prodotto.
COSA SONO?
COME SI PRESENTANO?
Messaggio subliminale è un’espressione che viene dal latino, dove “sub”, significa “sotto”, e “limen”, vuol dire “soglia”, in riferimento al confine del pensiero conscio, è un termine preso in prestito dal linguaggio della pubblicità ma che, in psicologia, si riferisce ad un’informazione che il cervello di una persona assimilerebbe a livello inconscio. Può essere trasmesso attraverso scritte, suoni o immagini che trattano un qualsiasi argomento che nasconde al suo interno - come in un codice cifrato - ulteriori frasi o immagini scollegate dal contesto iniziale che rimarrebbero inconsapevolmente nella memoria dell’osservatore. Nel 1957 si cominciò a parlare per la prima volta di “messaggi subliminali”, con la pubblicazione ad opera di Vance
Sono moltissime, le forme attraverso cui questi messaggi vengono espressi nella realtà: dal suono alle scritte, passando poi per il cinema e la musica. Quello che maggiormente stupisce è che tali messaggi possono essere inseriti anche in contesti per così dire “innocenti”. Pensiamo al film della Walt Disney “Il re leone” dove in una scena, sembra sia leggibile la parola “sex” nella forma della polvere alzata da Simba. Nel film “Bianca e Bernie” è stato inserito, durante il montaggio del film, addirittura un fotogramma dove si vede chiaramente un nudo femminile. Nel film “Fight club” di David Fincher il protagonista (Brad Pitt) fa esplicito riferimento all’utilizzo di fotogrammi nascosti nelle scene delle pellicole cinematogra-
fiche; ma non solo, l’intero film è infestato da messaggi subliminali, per esempio all’inizio appaiono diversi fotogrammi rappresentanti il protagonista (Tyler Durden), che in realtà sarebbe ufficialmente entrato in scena solo più tardi. Anche oggi sulle principali reti televisive, durante le trasmissioni quotidiane appaiono delle scritte in piccolo per pubblicizzare un prodotto o un programma tv. Siamo di fronte ad un’evoluzione dei messaggi subliminali originari e questo dimostra l’effetto preponderante che questa tecnica pubblicitaria ha sui consumatori. Alcuni ricercatori hanno sostenuto di aver trovato messaggi “subliminali” anche nella musica. Sotto accusa grandi artisti del calibro di Eminem, Led Zeppelin, Queen e persino i mitici Beatles. Le accuse sono molteplici: da un fine puramente commerciale e promozionale ad una natura satanista o addirittura di istigazione al suicidio. In realtà riuscire a dimostrare l’esistenza di messaggi subliminali all’interno di brani musicali non è così semplice, una delle tecniche utilizzate consisterebbe nell’ascolto del brano al contrario, anche se non sempre ciò rappresenta la prova del nove. Tuttavia, i messaggi subliminali sono attualmente vietati nella maggior parte degli stati, anche se il loro “controllo”, da parte degli enti preposti, è davvero difficoltoso, appunto perche sono “occulti”.
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“IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI” ...E DELLE SETTE DONNE NUDE! NON PROPRIO INNOCENTI, GLI IDEATORI DI TALE LOCANDINA. testo
AGUZZANDO LA VISTA...
Susanna Rosa
Sul dorso della farfalla usata nella locandina è stato aggiunto ad arte una specie di teschio, ma, ad una più accurata analisi dello stesso, notiamo che, in realtà, la forma del teschio è realizzata usando il corpo di sette donne nude, in varia posa contorte
Questo è un classico esempio di “messaggio subliminle”, abbiamo davanti ai nostri occhi qualcosa che non vediamo, ma che però c’è. Nel cartellone pubblicitario del famoso film intitolato “Il silenzio degli innocenti”, di Johnathan Demme (USA, anno 1991), si vede l’immagine orrifica del volto di una donna con una strana falena sulle labbra. Si tratta dell’acherontia atropos, un particolare tipo di lepidottero che un serial-killer inserisce nel cavo orale delle sue vittime.
IN VOLUPTAS MORS
SALVADOR DALÌ
L’immagine è stata presa da una foto fatta realizzare dal pittore spagnolo Salvador Dalì (1904-1989), che amava far fotografare o dipingere figure composte di questo genere.
Dettaglio delle sette donne nude nella locandina de “il silenzio degli innocenti”, e foto artistica di Salvador Dalì, ”In Voluptas Mors”.
LEPIDOTTERI A CONFRONTO In realtà, un confronto di una fotografia del lepidottero (a sinistra) e quella dell’insetto usato nella locandina del film (a destra) dimostra che non si tratta dello stesso animale.
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RENÉ MAGRITTE “IMPORTANTE NELLA MIA PITTURA È CIÒ CHE ESSA MOSTRA.” Questa semplice affermazione riassume le evidenti diversità che contraddistinguevano la sua opera da quella degli altri esponenti del surrealismo. L’opera ha vita propria, svelarne l’invisibilità equivale a coglierne il senso. testo di
Susanna Rosa
BIOGRAFIA RENÈ MAGRITTE Nato a Lessines, Belgio, nel 1898, il padre Léopold Magritte era un mercante. Da giovane si trasferisce più volte con la famiglia: nel 1910, all’età di 12 anni, si trasferiscono a Châtelet, dove sua madre Adeline due anni dopo, nel 1912, morirà gettandosi nel fiume Sambre; fu ritrovata annegata, con la testa avvolta dalla camicia da notte; questo fatto segnò duramente Magritte, e il suo operato artistico. Dopo gli studi classici, René volge i suoi interessi alla pittura. Nel 1916 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles, città, dove la famiglia si trasferisce nel 1918. I suoi inizi di pittore si muovono nell’ambito delle avanguardie del Novecento, assimilando influenze dal cubismo e dal futurismo. Nel 1925 entra nel suo periodo surrealista con l’adesione al gruppo surrealista di Bruxelles, e dipinge, Le Jockey perdu. Magritte si accorge però che quello che dipinge non è la realtà bensì sta creando una nuova realtà come avviene nei sogni; cerca così di creare qualcosa più reale della stessa realtà. Nel 1926 prende contatto con André Breton, leader del movimento surrealista, che lo colpì al punto di affermare
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“I miei occhi hanno visto il pensiero per la prima volta”, e l’anno successivo si tiene la sua prima mostra personale, presso la galleria Le Centaure di Bruxelles, nella quale Magritte espone ben sessantuno opere; muore il 15 agosto 1967 a Bruxelles. Aveva 69 anni. Magritte, era solito commentare le proprie opere esprimendo il suo personale pensiero; quando gli fu chiesto di spiegare il suo modo di dipingere, disse: “La mia pittura non implica alcuna supremazia dell’invisibile sul visibile. La mente ama ciò che è sconosciuto, poiché il significato della mente stessa è sconosciuto. La mente non comprende la propria raison d’etre, e senza comprendere questo (o senza comprendere perché conosce ciò che conosce), nemmeno i problemi che pone hanno raison d’etre”. Per lo stesso motivo Magritte rifiuta una lettura simbolica delle opere, e riguardo ciò afferma: “Quando la gente cerca di trovare significati simbolici in ciò che dipingo, vuole qualcosa di sicuro cui aggrapparsi, per salvarsi dal vuoto. La
“LA FIRMA IN BIANCO” (1965, olio su tela, 81x65 cm, Washington, National Gallery of Art). gente che cerca significati simbolici é incapace di cogliere la poesia e il mistero all’interno dell’immagine. Certo lo sente, questo mistero, ma vuole liberarsene. Ha paura. Chiedendo “che cosa significa?”esprime il desiderio che tutto sia comprensibile. Ma se non si rifiuta il mistero si ha una reazione differente. Si chiedono altre cose “. Magritte con ogni sua opera ci insegna che per apprezzare il mistero, un’immagine non deve essere letta, spiegata e compresa, ma bisogna solamente osservarla.
“Le cose visibili possono essere invisibili. Se qualcuno va a cavallo in un bosco, prima lo si vede, poi no, ma si sa che c’è. Nella Firma i bianco, la cavalerizza nasconde gli alberi e gli alberi la nascondono a loro volta. Tuttavia il nostro pensiero comprende tutti e due, il visibile e l’invisibile. E io utilizzo la pittura per rendere visibile il pensiero” R. Magritte. Quest’opera pone l’attenzione di chi osserva sulla frammentarietà della visione su due diversi livelli: la realtà e la rappresentazione. Nel reale una figura
posta, in questo caso, dietro alberi, si presenterà a frammenti, ma non avremmo dubbi sulla sua unità. Il pittore in questo dipinto fonde i due livelli in un’ unica immagine, violando le leggi su cui i due livelli si basano. Infine Magritte nel 1938 scrisse: “...nell’apparenza del mondo reale stesso, finii col ritrovare la medesima astrazione presente nei quadri; nonostante le combinazioni complicate di particolari e di sfumature di un paesaggio reale, potevo vederlo infatti come se non fosse altro che un fondale collocato davanti ai miei occhi”.
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“LA CONDIZIONE UMANA” (1933, olio su tela, 100X81 cm, Washington, National Gallery of Art). “LA GRANDE GUERRA” (1964, olio su tela, 65x54 cm, Collezione privata). Opera che fa parte del “ciclo di uomini con bombetta”. Rappresenta un mezzo busto, sullo sfondo un cielo grigio e una mela verde che sta davanti al volto dell’uomo, che è il punto dove lo sguardo di chi osserva si posa per primo. “...abbiamo una faccia apparente, la mela, che nasconde ciò che è visibile ma nascosto: il volto della persona. E’ qualcosa che accade in continuazione, c’è un interesse in ciò che è nascosto e che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra il visibile nascosto e il visibile apparente” R. Magritte.
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Da questa affermazione del pittore il titolo prende un senso perché si tratta di una guerra fra le immagini, nata dalla rivolta di un oggetto insignificante che si contende la condizione di visibilità col volto del personaggio. Questo titolo però sarà dovuto anche in parte all’evento reale della Grande Guerra, composta da trincee e da uomini spazzati via a causa di oggetti ancora più insignificanti di una mela, una guerra che ha annullato la personalità e dove la cancellazione del volto fa da metafora. Infine, di quest’opera, risalta anche la sovrapposizione, perché va contro le regole del buon senso e le gerarchie che organizzano un’immagine di questo tipo, infatti, il personaggio coperto, a sua volta, copre una parte di paesaggio.
“Misi di fronte a una finestra, vista dall’interno d’una stanza, un quadro che rappresentava esattamente la parte di paesaggio nascosta alla vista, dal quadro. Quindi l’albero rappresentato nel quadro nascondeva alla vista l’albero vero dietro di esso, fuori della stanza. Esso esisteva per lo spettatore, per così dire, simultaneamente nella sua mente, come dentro la stanza nel quadro, e fuori nel paesaggio reale. Ed è così che vediamo il mondo: lo vediamo come al di fuori di noi, anche se è solo d’una rappresentazione mentale di esso, che facciamo esperienza dentro di noi.” (R. Magritte) Il tema è “il quadro nel quadro” che nasconde il più profondo tema del confine tra illusione e realtà. Magritte, gioca con il rapporto tra immagine na-
turalistica e realtà, proponendo immagini dove il quadro nel quadro ha lo stesso identico aspetto della realtà che rappresenta, al punto da confondersi con lui. Lo straniamento percettivo è indotto attraverso uno sfalsamento e una totale sovrapposizione dei diversi piani dell’immagine. Ciò che prima sembra essere un’apertura che dà su un paesaggio si rivela poi la sua raffigurazione. E questo straniamento è tipico della condizione umana: l’uomo crea delle rappresentazioni della propria visione del mondo; ognuno, secondo le proprie idee ed esperienze, interpreta la realtà; ma essa al di là del dipinto che gli abbiamo posto davanti, è sempre la stessa, e spostando quel dipinto in teoria potremmo accorgerci che la realtà è ben diversa da quella che credevamo; ma non possiamo farlo: siamo solo esseri umani.
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LUIGI PIRANDELLO
nella foto: Luigi Pirandello
“IO PENSO CHE LA VITA È UNA MOLTO TRISTE BUFFONERIA, POICHÉ ABBIAMO IN NOI, SENZA POTER SAPERE NÉ COME, NÉ PERCHÉ, NÉ DA CHI, LA NECESSITÀ DI INGANNARE DI CONTINUO NOI STESSI CON LA SPONTANEA CREAZIONE DI UNA REALTÀ (UNA PER CIASCUNO E MAI LA STESSA PER TUTTI) LA QUALE DI TRATTO IN TRATTO SI SCOPRE VANA E ILLUSORIA” Luigi Pirandello testo di
Susanna Rosa
CENNI BIOGRAFICI LUIGI PIRANDELLO Pirandello nasce ad Agrigento nel 1867, nella tenuta di famiglia chiamata “Caos”. La vita familiare apparentemente serena, era dominata dalla forte personalità del padre: per questo il poeta concepiva la famiglia come una trappola. Si laureò nel 1891 a Bonn, con una tesi in lingua tedesca sui suoni del dialetto agrigentino. Tornato in Sicilia sposò Antonietta Portulano, figlia di un socio in affari del padre; donna bellissima ma psicologicamente fragile. Gli inizi del matrimonio furono felici ed ebbero tre figli. In seguito una frana distrusse la miniera di zolfo dove lavorava il padre, causando un disastro finanziario che compromise la salute mentale della moglie per tutta la vita. Nel 1917, cominciò a scrivere opere teatrali e fece rappresentare “Così è se vi pare”, nella quale è rappresentata l’impossibilità di giungere a una verità che sia uguale per tutti. Nel 1919 la moglie fu internata in una clinica, dove rimase fino alla morte. Nel 1924 dopo il delitto Matteotti, s’iscrisse al partito fascista, questo però non fece sì che egli diventasse uno strumento del regime. Nel 1934 ricevette il premio Nobel per la letteratura.
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Morì nel 1936 per un attacco di polmonite. Le opere di Pirandello comprendono novelle, romanzi ed opere teatrali, ma anche raccolte di versi e alcuni saggi. I temi trattati sono principalmente la comicità e l’umorismo, con “l’avvertimento del contrario” e “il sentimento del contrario”. Per quanto riguarda le novelle, Pirandello le raccolse sotto un unico titolo: “Novelle per un anno”.
PENSIERO E POETICA Pirandello vede la realtà come un magma caotico, dal quale però si stacca per affermare la propria identità attraverso una maschera che non gli permette di vivere. Pirandello s’ispira alle teorie di Freud nonostante non le abbia mai lette. Tutta la poetica di Pirandello si può riassumere in un solo concetto: il relativismo. Il Relativismo corrisponde alla frantumazione dell’io: l’uomo non è una sola persona ma si suddivide in tante persone. Da ciò si può affermare che non esistono delle verità e dei valori assoluti: ognuno percepisce la realtà non per quello che è ma per come la vede in un determinato momento, a seconda anche della propria educazione (religione, famiglia, ecc…).
Il Relativismo corrisponde al dualismo tra vita e forma: la vita è un libero fluire degli istinti umani e la forma è una maschera che la società ci impone. Di maschere ce ne sono due: un’attribuita da noi stessi e un’altra che ci viene imposta dalla società, e che c’imprigiona nella trappola delle convenzioni sociali. La realtà è multiforme poiché ognuno la guarda con occhi propri. Secondo Freud nell’uomo esistono tre personalità: l’Es, che corrisponde all’inconscio; l’Io, che corrisponde alla parte cosciente e che fa da tramite tra l’Es e il Super-io; il Super-io, che corrisponde alla maschera pirandelliana. Egli rappresenta la crisi dell’uomo che ha visto crollare tutti i valori della civiltà borghese. Originale prodotto della sua riflessione è il rapporto tra uomo e mondo.
IL PERSONAGGIO PIRANDELLIANO il personaggio pirandelliano è in genere di bassa estrazione sociale e pervaso da un forte senso di frustrazione e di vuoto, ha scarsa considerazione di se stesso e attraversa una forte crisi d’identità. Spesso l’autore caratterizza i suoi personaggi attraverso vistosi difetti fisici o tic nervosi che simboleggiano una sofferenza interiore.
una delle novelle più significative di pirandello è “la cariola”, dove emergono molte delle caratteristiche principali del classico “personaggio pirandelliano”, inoltre, sono facilmente rintracciabili riferimenti freudiani come io, es e super-io.
“LA CARIOLA” PIRANDELLO Si tratta di una novella di ambientazione borghese. Il protagonista, un avvocato di successo e richiestissimo, sta tornando da un viaggio in treno e nel dormiveglia si “vede vivere”, sogna una vita reale e incondizionata; al risveglio si accorge di sentirsi estremamente insoddisfatto dalla vita. Il treno è simbolico, e indica il fluire del tempo. Questa crisi di identità si percepisce ancora di più quando il protagonista giunge alla porta di casa e vede sulla targhetta
il suo nome e cognome e la sua professione. Egli vede la sua vita dall’esterno, si vede come in un telefilm in cui interpreta il ruolo principale, e percepisce che la sua vita in verità non gli appartiene, non lo soddisfa pienamente. Ma egli non può fuggire totalmente dalla forma e dalle convenzioni sociali. In principio costui si vuole rifugiare nella follia, ma ripensando alla moglie e ai figli che lo stanno aspettando al di là della porta, si sente molto rincuo-
rato; entrando nel suo studio e si rende conto di non poter liberarsi dalla maschera che gli altri gli hanno dato; perciò manifesta la sua ribellione compiendo in gran segreto, un’azione quotidiana, un particolare atto: dopo aver chiuso la porta del suo studio a chiave, prende la sua cagnetta per le zampine posteriori, e le fa fare la carriola. Essa dopo questa “tortura” fissa il proprio padrone con paura, rappresentando lo sguardo della società.
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