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IL SETTIMANALE DI INFORMAZIONE DELLA CHIESA DI ISCHIA ANNO 3 | NUMERO 22 | 28 MAGGIO 2016 | E 1,00
“Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% Aut: 1025/ATSUD/NA”
NO ALLA SOSPENSIONE DEL SERVIZIO UTIC ALL'OSPEDALE RIZZOLI! Il Papa ha aperto la 69ª assemblea generale dei vescovi italiani, dedicata al rinnovamento del clero. Francesco: “il sacerdote è Servo della vita, cammina con il cuore e il passo dei poveri; è reso ricco dalla loro frequentazione”. A pag 2 e 3
EDITORIALE
UN SACRAMENTO CHE CI SCOMODA
La politica è Giovedì 26 maggio il Corpus Domini diocesano. Mons. Lagnese: “L’Eucarestia sia un una nobile arte sacramento che ci chiama alla conversione e ci porta a vivere in uno stile diverso,
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uando la politica si “incarna” in uomini autenticamente al servizio del bene comune, diventa speranza. Certo è difficile crederlo, le informazioni che riceviamo quotidianamente dicono il contrario e spesso la politica ci disgusta per la sua disonestà, tanto che ormai chi crede di partecipare alla vita civile del paese nel migliore dei casi si limita a pubblicare qualche pensiero in ordine sparso sui social; purtroppo per colpa di pochi siamo tutti afflitti da una sorta di pestilenza esistenziale, uno scoraggiamento che ci paralizza e che non ci fa sporcare le mani neppure per esercitare i nostri diritti. Se a questo si sommano le enormi sollecitazioni del mercato che alimenta desideri mondani, delle cose, possedendo le quali ci sembra di aver trovato il più rapido degli ascensori sociali per entrare anche noi tra coloro “che contano” ecco che tutto il nostro impegno viene di conseguenza riposto nella produzione di un reddito che assecondi e sostenga il consumo, con buona pace per la cultura, la politica e tutto il resto. Da tempo però, vista la crescente carenza di lavoro e danaro, crescono le frustrazioni da astinenza ed in questo scenario si rischia di restare schiacciati a meno che non abbiamo alimentato
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che prende la totalità della vita. Perdonaci Signore se Ti abbiamo rinchiuso nei nostri tabernacoli dorati e non abbiamo saputo portarti fuori tra la gente”!
Andrea Di Massa
Di Filomena Sogliuzzo
GIUBILEO DELLA MISERICORDIA Il teologo don Armando Matteo ad Ischia per la catechesi sul tema “consigliare i dubbiosi”.
PARROCCHIE La visita della Madonna di Fatima ad Ischia Ponte: momenti di grazia davvero speciali!
L’ISOLA D’ISCHIA E L’ORTICOLTURA Ischia non è una terra tutta votata alla viticoltura. C’è sempre stata anche un’abbondanza di ortaggi. Franco Mattera ci svela un segreto.
LA RIFORMA TERZO SETTORE E’ LEGGE Quali le principali novità? Che ricadute avrà sul nostro territorio? Qual è il valore economico e perché era importante questa riforma?
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Primo Piano 28 maggio 2016
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L’eucarestia sia
CORPUS DOMINI PAPA FRANCESCO
Nell’eucaristia la forza per “spezzare” la propria vita a vantaggio degli altri Di Annachiara Valle
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a a Santa Maria Maggiore direttamente da San Giovanni senza fare la processione. Come di consueto papa Francesco non vuole distogliere l’attenzione dall’Eucaristia, centro della festa del Corpus Domini. Dal sagrato della basilica Bergoglio commenta la lettera ai Corinzi, quando l’apostolo Paolo, per due volte, ricorda alla comunità l’ultima cena. «Fate questo in memoria di me», scrive Paolo. «E’ la testimonianza più antica sulle parole di Cristo nell’Ultima Cena», spiega Francesco. «“Fate questo”. Cioè prendete il pane, rendete grazie e spezzatelo; prendete il calice, rendete grazie e distribuitelo. Gesù comanda di ripetere il gesto con cui ha istituito il memoriale della sua Pasqua, mediante il quale ci ha donato il suo Corpo e il suo Sangue. E questo gesto è giunto fino a noi: è il “fare” l’Eucaristia, che ha sempre Gesù come soggetto, ma si attua attraverso le nostre povere mani unte di Spirito Santo». Il Papa spiega che Gesù, in precedenza, aveva chiesto ai discepoli «di “fare” quello che Lui aveva già chiaro nel suo animo, in obbedienza alla volontà del Padre. Davanti alle folle stanche e affamate, Gesù dice ai discepoli: “Voi stessi date loro da mangiare”. In realtà, è Gesù che benedice e spezza i pani fino a saziare tutta quella gente, ma i cinque pani e i due pesci vengono offerti dai discepoli, e Gesù voleva proprio questo: che, invece di congedare la folla, loro mettessero a disposizione quel poco che avevano. E poi c’è un altro gesto: i pezzi di pane, spezzati dalle mani sante e venerabili del Signore, passano nelle povere mani dei discepoli, i quali li distribuiscono alla gente. Anche questo è “fare” con Gesù, è “dare da mangiare” insieme con Lui». Non è il saziare la fame di un giorno, «ma è segno di ciò che Cristo intende compiere per la salvezza di tutta l’umanità donando la sua carne e il suo sangue. E tuttavia», sottolinea Bergoglio, «bisogna sempre passare attraverso quei due piccoli gesti: offrire i pochi pani e pesci che abbiamo; ricevere il pane spezzato dalle mani di Gesù e distribuirlo a tutti. Spezzare: questa è l’altra parola che spiega il senso del “fate questo in memoria di me”. Gesù si è spezzato, si spezza per noi. E ci chiede di darci, di spezzarci per gli altri. Proprio questo “spezzare il pane” è diventato l’icona, il segno di riconoscimento di Cristo e dei cristiani», come avvenne a Emmaus. E anche la prima comunità, sottolinea Francesco, era perseverante «nello spezzare il pane». L’Eucaristia «diventa fin dall’inizio il centro e la forma della vita della Chiesa. Ma pensiamo anche a tutti i santi e le sante – famosi o anonimi – che hanno “spezzato” sé stessi, la propria vita, per “dare da mangiare” ai fratelli. Quante mamme, quanti papà, insieme con il pane quotidiano, tagliato sulla mensa di casa, hanno spezzato il loro cuore per far crescere i figli, e farli crescere bene! Quanti cristiani, come cittadini responsabili, hanno spezzato la propria vita per difendere la dignità di tutti, specialmente dei più poveri, emarginati e discriminati! Dove trovano la forza per fare tutto questo? Proprio nell’Eucaristia: nella potenza d’amore del Signore risorto, che anche oggi spezza il pane per noi e ripete: “Fate questo in memoria di me”».
Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia Proprietario ed editore COOPERATIVA SOCIALE KAIROS ONLUS
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Di Francesco Schiano
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l Vangelo della moltiplicazione dei pani (nella versione di Luca) è il brano proposto per la celebrazione. Su questo brano mons. Lagnese ha voluto innestare la sua riflessione: “Siamo noi questa sera queste folle venute da Gesù, attirati, - lo speriamo! - da Lui e da nessun altro, che Gesù accoglie e di cui si prende cura. Siamo noi queste folle alle quali Gesù annuncia il regno di Dio e di cui Gesù si fa medico!”. C’è una richiesta che Gesù fa ai suoi discepoli che chiedono al Maestro di sfamare le folle, stanche e sfinite: “Date loro voi stessi da mangiare”. Una richiesta su cui mons. Lagnese ci ha invitato a riflettere e a fare nostra: “Signore Gesù, cosa significa questa parola? Cosa significa per noi che stiamo qui ora? Per me vescovo di Ischia, per i nostri presbiteri, per i diaconi, per i religiosi e le religiose della nostra Chiesa, per i nostri operatori pastorali? Cosa significa per le famiglie della nostra Isola, per i giovani, gli anziani, i malati? Cosa significa per quanti amministrano la cosa pubblica, per quanti sono a servizio della nostra gente nel campo della sanità, della sicurezza e
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Primo Piano
28 maggio 2016
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CORPUS DOMINI DIOCESANO
un sacramento che ci scomoda
“Perdonaci Signore se Ti abbiamo rinchiuso nei nostri tabernacoli dorati e non abbiamo saputo portarti fuori tra la gente!” Con queste parole, pronunciate sottoforma di richiesta di perdono al Signore al termine della sua omelia, mons. Lagnese ha voluto rivolgersi al popolo ischitano presente nella Chiesa Parrocchiale di S. Maria di Portosalvo al porto d’Ischia per la Concelebrazione Eucaristica presieduta insieme ai sacerdoti della Diocesi, religiosi e diaconi nella Solennità del Corpus Domini, giovedì 26 maggio
della giustizia, della scuola, dei trasporti? E cosa significa per i nostri albergatori e i tanti operatori del settore turistico? Sì, perché il vangelo dobbiamo portarlo nella vita! O lo portiamo nella vita oppure semplicemente dobbiamo dire che non lo abbiamo accolto!” La risposta, tutta da vivere, da parte del nostro Pastore non tarda ad arrivare: “Significa essere capaci di metterci del nostro; essere capaci di mettere mano alla tasca e non solo; essere capaci di mettere mano al cuore! Significa essere capaci di mettersi a disposizione, a servizio, senza tirarsi indietro, senza chiamarci fuori, senza lavarci le mani, senza nasconderci dietro un alibi. In una parola, essere capaci di condividere!”. L’atteggiamento degli apostoli sembra decisamente autoreferenziale, essi credono quasi di poter dire loro a Gesù come comportarsi, un rischio presente tutt’oggi ci ricorda mons. Lagnese, e ancor di più negli stessi cristiani, abituali frequentatori delle nostre Chiese: “È questa la tentazione pericolosa e vanitosa di chi ha sempre la parola pronta, ha sempre una risposta per tutto e, senza mai sporcarsi le mani, è sempre pronto a dare buoni consigli. È un pericolo, quasi una sindrome! Che può prendere anche gli uomini di Chiesa, dunque anche noi, e che potrebbe portarci ad essere molto bravi ad intrattenerci, come dice Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, «vanitosi parlando a proposito di “quello che si dovrebbe fare” - il peccato del “si dovrebbe fare” - come maestri spirituali ed esperti di pastorale che danno istruzioni rimanendo all’esterno» (96). Con il rischio così di coltivare soltanto la nostra immaginazione senza limiti, perdendo però il contatto con la realtà sofferta del nostro popolo fedele”. L’incontro col Cristo maestro e signore è invece un incontro che deve cambiarci la vita, come è stato ancora
una volta quel giorno per gli Apostoli: “essi sono andati dal Signore Gesù con un’idea, ma lo stare con Lui li ha cambiati, li ha trasformati; Gesù li ha distolti dai loro meschini interessi (abbiamo cinque pani e due pesci: possiamo stare tranquilli; per noi ce n’è! E questo è ciò che conta!); Gesù ha vinto sul loro egoismo e li ha contagiati con la sua capacità di farsi dono, di consegnarsi, di darsi a noi e li ha messi in piedi, li ha scossi dal loro torpore ponendoli in atteggiamento di servizio; a servizio della gente! Carissimi, che sia anche per noi così! Che l’Eucaristia sia questo: un sacramento che ci scomoda!” Al termine il bellissimo riferimento all’esempio del Beato Pino Puglisi, vero e proprio pane spezzato per la causa del Regno e le accorate parole finali, quasi un’invocazione alla conversione che si fa testimonianza e preghiera nella processione con Cristo, pane vivo disceso dal Cielo: “Questa sera camminando con Gesù per le strade di Ischia, come ad Emmaus duemila anni fa, vorrei allora dirgli: Perdonaci Signore se Ti abbiamo rinchiuso nei nostri tabernacoli dorati e non abbiamo saputo portarti fuori tra la gente!Questa sera più che portare noi Te, sento che sei Tu, Gesù, che porti: Sei tu che porti noi, che porti la tua Chiesa e ci porti, la porti tra le case della gente per dirci: Vedi, là in quella casa c’è una famiglia che ha fame di Dio: date loro voi stessi da mangiare! Là all’angolo di quella via c’è un uomo affamato di compagnia: date loro voi stessi da mangiare! Là in quel condominio c’è un uomo affamato di senso: date loro voi stessi da mangiare! Là in quel pensionato c’è un malato che non sa se supererà la notte: date loro voi stessi da mangiare!” Andrea Di Massa e Giovan Giuseppe Lubrano
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Pastorale Sociale & Lavoro 28 maggio 2016
Continua da pag. 1 anche una dimensione per così dire verticale, cioè un rapporto costante con il trascendente, con la sacralità della vita in tutte le sue componenti, umane quanto ambientali. L’ufficio diocesano di Pastorale Sociale, cogliendo con intelligenza i pericoli di questa deriva che non ha risparmiato certo l’orizzonte ischitano, nel desiderio di fornire una sponda culturale e spirituale agganciata alla Dottrina Sociale della Chiesa, già nel novembre del 2012 ha inaugurato una scuola-laboratorio, “Kosmopolis”, la cui sfida in questi anni è stata quella di riconsegnare ai cittadini il valore etico della politica sottolineando l’importanza della partecipazione responsabile alla vita della Polis, attraverso un progetto formativo che ponesse al centro la persona umana e il bene comune. La Diocesi ha offerto con Kosmopolis uno spazio educativo in cui potesse fiorire sia la crescita personale che la speranza per un rinnovato impegno civile in favore della comunità. Così è stato, seppure lentamente e tra tanti ostacoli, ma con la tenacia che appartiene alle cose giuste e buone. A suggello di questo percorso c’è stata pochi giorni or sono, la conferenza dell’Onorevole Edoardo Patriarca che si può annoverare tra i “soci fondatori” di questa avventura insieme a tutte le altre autorevoli voci di economisti e docenti universitari. Parlamentare e membro della Commissione Affari Sociali della Camera, uomo con un percorso di grande impegno sociale in favore delle persone disagiate Patriarca vanta un curriculum vitae invidiabile. Quello che colpisce in lui è la semplicità della narrazione che appartiene ai veri testimoni, a coloro che parlano di ciò che hanno veramente vissuto e per cui hanno messo in gioco tutta la vita. Niente formule preconfezionate o difese ad ogni costo del proprio schieramento politico ma capacità di ascolto e di autocritica, aderenza ai problemi reali e lontananza dalle lusinghe di “palazzo”. Vi giro l’invito che ha fatto a tutti noi “… divertitevi ad essere bastian-contrari, scendete in piazza con allegria, senza quella rabbia che uccide dentro, datevi delle scadenze e incontratevi per far sentire la vostra opinione, vedrete che se avrete coscienza di voi stessi vi ascolteranno, la buona politica è anche questa, quella di uomini e donne attenti al bene del proprio paese”. Bene, non posso che condividere queste parole e augurarmi che l’esperienza di Kosmopolis possa essere rinnovata e allargata non solo ai più giovani ma a tutti coloro che sentono la responsabilità di costruire un futuro migliore.
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Termina la scuola di
KOSMOPOLIS Un altro anno è passato per la scuola di formazione politica diocesana. Un anno in cui si sono strette nuove amicizie, sono nati progetti innovativi e speranze e in cui si è riusciti a coinvolgere molti novelli iscritti e uditori, tra cui un discreto numero di giovani, all’interno di questa realtà sociale Di Enrico Scala
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ultima lezione della scuola di politica si è tenuta nella confermatissima location della Biblioteca Antoniana, con un tema ed un ospite davvero d’eccezione. Quale modo migliore per concludere questo ciclo di conferenze che prendevano spunto dall’enciclica “Laudato Si” di papa Francesco se non con una discussione sulla cittadinanza ecologica e solidale? Inoltre un tema tanto delicato e attuale ha trovato un perfetto interprete in Edoardo Patriarca, deputato PD nonché amico di vecchia data della scuola “Kosmopolis” (infatti i frequentatori storici dell’associazione ricorderanno la sua presenza anche nel 2012 alla lezione inaugurale della scuola di politica). Dopo gli iniziali saluti di rito di Don Gaetano Pugliese quale direttore dell’ufficio diocesano di pastorale sociale e lavoro, è stato il professor
Agostino Mazzella a prendere la parola, spiegando come si sarebbe svolto il simposio: l’analisi di Patriarca sarebbe partita dalla lettura di alcuni brani selezionati all’interno dell’enciclica. Il primo punto affrontato è stato quindi quello legato allo spreco e al consumismo: il parlamentare ha fin da subito affermato che, dietro questi due fenomeni così accentuati e diffusi nel nostro tempo, legge una profonda ‘carenza di spiritualità’, per cui l’acquisto d’un numero spropositato di oggetti (e in special modo alimenti), con un continuo ricambio che porta spesso, per l’appunto, a “sprecare” ciò che abbiamo di troppo, non è solo un problema da un punto di vista strettamente economico, anzi. Lo spreco deve essere visto come un problema morale, una risposta semplificata e distorta alla domanda “chi sono io?” che ci porta alla
Ischia, inaugurata la sede del presidio di “Libera” intitolato a Montanino
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l presidio ischitano di “Libera”, il coordinamento di associazioni fondato da don Luigi Ciotti per sostenere la lotta contro la criminalità organizzata e promuovere la cultura della legalità, da giovedì 26 maggio ha un punto di riferimento fisico. Una sede nel cuore di Lacco Ameno a pochi passi dalla chiesa di Santa Restituta. Toccante il momento dell’apposizione della targa intitolata a Gaetano Montanino, di cui il presidio porta il nome: Montanino fu ucciso dalla camorra a 45 anni, in piazza Mercato, a Napoli, la notte del 4 agosto 2009. All’inaugurazione della sede era presente la vedova, Luciana Di Mauro, che ha sottolineato l’importanza del ricordo del sacrificio. Nato lo scorso 5 febbraio, il presidio ischitano di “Libera” era già stato benedetto da don Luigi Ciotti: il 14 e il 17 marzo le testimonianze dei familiari delle vittime innocenti della criminalità avevano dato il là all’attività della nuova realtà, che si pone tra gli obiettivi – tra l’altro - il contrasto alla corruzione del sistema sanitario, la sensibilizzazione al tema nel mondo scolastico (un’ampia delegazione studentesca era stata accompagnata alla festa nazionale di “Libera” a Napoli, lo scorso 21 marzo) e il recupero funzionale dei beni confiscati alla criminalità, anche sul territorio dell’isola d’Ischia, non immune alle logiche del malaffare. Pasquale Raicaldo
Pastorale Sociale & Lavoro
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conclusione che “per essere migliori dobbiamo possedere di più, cosificare tutto”, per citare le parole di Patriarca. Questo ovviamente porta ad una vita superficiale, appiattita orizzontalmente, in cui si perde il vero significato profondo e verticale delle relazioni, le quali finiscono per diventare anch’esse semplice “bene di consumo”, con il nostro interlocutore che smette di esserci caro qualora non sia più utile ai nostri scopi. Qual è dunque la strada da seguire per vivere una vita vera, autentica? Per Patriarca, per essere persone degne di questo nome, bisogna muoversi nel mondo come se “si fosse sempre in una cristalleria”, trattando con cura e attenzione gli altri, la natura che ci circonda e, dulcis in fundo, anche gli oggetti. Data poi la possibilità di parlare con un tecnico del settore, ovviamente non sono mancate le domande sugli sviluppi della legislazione per limitare o quantomeno reindirizzare lo spreco. L’onorevole Patriarca ha quindi spiegato il funzionamento della nuova norma anti-spreco al vaglio della Camera, norma che avrebbe ritoccato quanto enunciato nella legge già esistente del “Buon Samaritano”, ampliando i settori interessati (dal solo alimentare al tessile e al farmaceutico) per il recupero di materiali ancora utilizzabili e in buone condizioni da donare ai più poveri ed inoltre diminuendo gli ostacoli burocratici per le filiere che si occupano della conservazione e della distribuzione di questi oggetti. Il secondo punto sviluppato verteva invece sulla cittadinanza ecologica e il concetto di solidarietà. Il relatore ha snocciolato questi argomenti servendosi di un esempio, ahinoi, molto vicino al
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nostro immaginario: la terra dei fuochi è infatti un perfetto modello di cosa può accadere ad una comunità qualora l’uomo agisca senza alcuna etica ecologica, causando solo morte e miseria. Per evitare che scenari simili si ripetano, l’uomo dovrebbe lasciarsi guidare dallo spirito di solidarietà, termine che Patriarca ha descritto con le stesse parole usate da papa Francesco, cioè “ferma determinazione di costruire il bene di tutti e di ciascuno”. Ed è proprio nell’ambito delle “leggi solidali” che Patriarca iscrive una serie di provvedimenti allo studio dei suoi colleghi parlamentari: il “Dopo di noi”, disegno di legge che permetterebbe ai genitori di figli disabili di destinare un tutore capace di gestire un determinato patrimonio per la prole qualora dovessero venire
a mancare; o la legge sul “caregiver”, che riconoscerebbe come pubbliche e pertanto agevolerebbe fiscalmente attività come la cura delle persone più anziane o malate della famiglia; o ancora la “Riforma del III Settore”, che prevedrebbe una semplificazione burocratica per la nascita e lo sviluppo di nuove realtà associative spontanee. Il terzo punto toccato da Patriarca è stato forse quello più intimo e personale, ovvero come trasformare l’impegno sociale in impegno politico. Difatti il deputato PD dopo aver parlato di alcune scene di vita quotidiana, a volte anche dal retrogusto amaro, verificatesi a Montecitorio, si è soffermato sulla sua personale esperienza di politico, sottolineando come sia fondamentale agire sempre con grande passione, coerenza e senso di responsabilità, non dimenticando mai che “si è parlamentari a tempo determinato” e che esiste una vita anche al di fuori dei “palazzi del potere”. Patriarca si è poi riferito soprattutto ai giovani ricordando che la politica non la fanno solo i partiti e il governo, ma persino le cose più banali e scontate agli occhi di molti possono essere frutto di una scelta politica, come ad esempio preferire ad una marca colpita recentemente da qualche scandalo, quando si fa la spesa, una marca sicuramente più trasparente e corretta. Patriarca ha poi concluso il suo intervento soffermandosi sulle realtà locali e su quale possa essere, nel mondo di oggi, il metodo migliore per attivare la cittadinanza attorno ai vari problemi del territorio, scartando il sistema forse ormai obsoleto dei circoli di partito e preferendo a questi le realtà associative spontanee e autonome da orientamenti politici come la stessa Kosmopolis.
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Sanità 28 maggio 2016
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Costituito il comitato unitario per la sanità isolana Di Isabella Marino - quischia.it
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i allarga il fronte dei cittadini contrari alla chiusura dell’Utic del “Rizzoli” e pronti a dare il loro contributo di partecipazione e di sostegno alle iniziative che verranno portate avanti sul territorio e in tutte le sedi opportune, per scongiurare qualunque ridimensionamento del presidio isolano. Dopo la grande affluenza registrata in piazza degli Eroi per la firma di una petizione popolare, si è svolta giovedì 26 maggio presso il Grand Hotel Terme di Augusto un’assembla pubblica per discutere delle questioni più calde della sanità sulla nostra isola. A cominciare dalla più urgente, ovvero proprio la soppressione dell’Utic prevista dal nuovo Piano ospedaliero, che rischia di far perdere agli ischitani in primo luogo e poi anche ai turisti un servizio essenziale, che ha salvato e deve continuare a salvare vite umane. E sulla necessità di difendere l’Unità coronarica unendo tutte le forze disponibili si sono ritrovate persone con i più diversi percorsi politici, professionali e associativi. Che al termine dell’in-
Una strada già percorsa con successo nel ‘92-‘93, quando con lo stesso metodo si riuscì ad evitare la chiusura dell’ospedale di Lacco Ameno, già decisa a Napoli e a Roma.
contro hanno sottoscritto la nascita di un COMITATO UNITARIO PER LA SANITA’. Una strada già percorsa con successo nel ‘92-‘93, quando con lo stesso metodo si riuscì ad evitare la chiusura dell’ospedale di Lacco Ameno, già decisa a Napoli e a Roma. Anche l’assemblea del 26 maggio e le varie voci che vi si sono alzate ed
espresse ha dimostrato che gli ischitani non hanno alcun intenzione di passare sotto silenzio il gravissimo “vulnus” contenuto nel nuovo Piano ospedaliero contro l’Utic del “Rizzoli”. Stigmatizzata da tutti l’assenza fisica e d’iniziativa dei Sindaci anche su un tema di così vitale importanza per la comunità isolana, come ha ricordato
nell’introduzione Gianna Napoleone non c’è alcun motivo serio per sentirsi rassicurati dalle dichiarazioni di alcuni esponenti regionali sul “salvataggio” dell’Utic, in mancanza di atti ben precisi di revisione del testo del Piano ospedaliero che attualmente non prevede l’Unità coronarica e assegna a Ischia uno “spoke” di I livello, che non prevede appunto l’Utic (che invece è parte integrante di uno spoke di II livello). Vari gli interventi che si sono susseguiti durante l’assemblea, tutti piuttosto concreti: da Luciano Venia all’avvocato Giuseppe Di Meglio, all’avvocato Antoniadis, a Lucia Manna, a Egidio Ferrante e Filomena Sogliuzzo che hanno ricordato la battaglia (non ancora conclusa) per la salvaguardia della Sir isolana e della Salute Mentale, a Gennaro Savio. Tutti d’accordo, insieme agli altri partecipanti, sulla necessità di costituire un Comitato unitario che seguirà e si occuperà delle tematiche della sanità isolana, cominciando dall’emergenza Utic. Comitato che è stato ufficialmente costituito a conclusione dell’incontro.
Cara ASL NA2 nord, a Ischia e Procida non servono fiori ma opere di bene… Di Isabella Marino
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er l’occasione sono fioriti tutti gli spazi esterni dei presidi isolani, dall’ospedale alla sede distrettuale dell’ex Maternità di via Alfredo De Luca. Dove una tale profusione di piante fiorite non si vedeva da qualche anno, dalla precedente visita di ospiti politici dalla terraferma. Così, il convegno di due giorni organizzato dall’Asl Na2 Nord a Ischia su “L’offerta di salute nelle piccole isole: implementazione dei modelli sanitari” ha prodotto finora fiori e pulizie straordinarie, in perfetta linea con una vecchia e consolidata “tradizione” radicata tra l’ospedale lacchese e il distretto ischitano. Fiori sì, quelli elargiti dall’Asl, ma non opere di bene, considerato il contesto in cui è capitato forse casualmente questo appuntamento che già dal titolo sembra un libro dei sogni del tutto avulso dalla nostra realtà. Tanto più in questi giorni di grande fermen-
to SULLE ISOLE, dove IL DIRITTO ALLA SALUTE DEGLI ABITANTI E’ SERIAMENTE MESSO IN DISCUSSIONE dalle scelte di alcuni relatori di primo piano del convegno. E quel termine “IMPLEMENTAZIONE” ora come ora, con la chiusura del presidio di Procida e la soppressione dell’Utic del nostro “Rizzoli”, ha il sapore amarissimo e provocatorio di una BEFFA. Che I VERTICI ASL, ben consapevoli della situazione, AVREBBERO POTUTO E DOVUTO EVITARE. ED EVITARCI. Una lista di partecipanti lunghissima, tanti i temi da toccare nelle varie relazioni, in tanti casi corrispondenti a nervi scoperti della sanità delle isole di Ischia e Procida, che per l’occasione vedranno i loro servizi sanitari a confronto con quelli esistenti sull’isola d’Elba. E sarà interessante scoprire come stanno
messi sull’isola toscana, più grande per dimensioni fisiche di Ischia, ma con una popolazione che è meno della metà di quella della sola isola d’Ischia. Ma ancora più curioso sarà ascoltare le relazioni sui servizi della nostra isola, che dai titoli sembrano appartenere ad un altro pianeta. Ma come si fa a usare il termine “implementazione” rispetto alla Salute Mentale, quando negli ultimi tre anni se n’è fatto scempio, facendo piazza pulita di un sistema esemplare, che ora più che implementato andrebbe completamente ricostruito, bruciando risorse per riorganizzare ex novo ciò che già era disponibile sul territorio? Come si può discettare di offerta sanitaria territoriale, per dipiù davanti a operatori giunti dalla Toscana quando, dopo un grande rilancio, anche lì negli ultimi anni si contano solo perdite, a cominciare dal Psaut di Ischia Ponte? E che dire dei
servizi spostati in terraferma, obbligando gli isolani a notevoli disagi per continuare a usufruirne? E del regresso dei servizi rimasti, ne vogliamo parlare sul serio? Peccato, poi, che la relazione sulla gestione delle patologie cardiache sia stata prevista per la giornata di sabato 28 e non per venerdì 27, quando è stata stabilita la presenza del commissario POLIMENI, che magari avrebbe potuto rendersi conto che un’isola ha esigenze diverse da altre realtà e che non può essere privata di SERVIZI PRIMARI SALVAVITA, come lui ha stabilito nel Piano ospedaliero con la soppressione dell’Utic. Parola che compare nel programma, per definire la funzione del responsabile proprio dell’UOC Utic-Cardiologia del “Rizzoli”, su cui è calata già l’accetta del Piano ospedaliero stesso. Un’altra perla di questo convegno marziano.
Sanità
7 28 maggio 2016
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Ai procidani in piazza la regione promette: “avrete un’assistenza h24. Ma l’ospedale è out Di Isabella Marino
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dendo l’effetto con la causa. Eccepite che a Procida si fa un solo parto, ma se non c’è l’Ostetricia è ovvio. E noi quello neppure ve lo chiediamo. Ci interessano le emergenze, su quelle vogliamo risposte”. Coscioni, che sottolinea di essere un cardiochirurgo e di “conoscere le isole, io amo le isole”, parla di un “progetto di assistenza a Procida che non c’entra con il Piano, giacché l’assistenza h 24 da assicurare agli isolani trova il suo fondamento e il suo modello nel protocollo sull’assistenza sanitaria nelle isole minori , con la previsione di finanziamenti specifici, anche europei”. “Comunque, abbiamo chiesto a Roma una deroga per il presidio, ma non è detto che ce la diano” “Stiamo valutando con l’Asl, i mezzi economici ce li metteremo, vi assicuro che l’assistenza di cui avete bisogno l’avrete. Ci rivediamo a fine settembre, con il Presidente (De Luca) faremo un’iniziativa”. Rimandati a settembre, viene fin troppo facile la battuta. “A cca a settembr…”, commenta un anziano signore con il vicino. Le rassicurazioni non hanno rassicurato. Anche perchè, tavoli o non tavoli, Polimeni non ha nascosto che l’esperienza dell’ospedale di Procida in Regione lo considerano superato e chiuso. Hanno altro in mente, secondo loro in grado di assicurare un’assistenza ha 24 da “isola minore”. Certo, a Roma la deroga per mantenere l’ospedale l’hanno chiesta, ma sono loro i primi a non crederci e non ne hanno fatto mistero. E quello che è compreso in questo fantomatico pacco dono della nuova sanità a Procida per ora è tutto da verificare…Fino a settembre c’è tempo. Tanto d’estate sulle isole stiamo tutti a prendere il sole e a farci i bagni, mica ci ammaliamo… non è stagione.
ono arrivati in forze, i Procidani, venerdì 27 maggio mattina a Ischia, per portare la loro democratica protesta in difesa dell’ospedale isolano alla diretta attenzione dell’artefice del nuovo Piano Ospedaliero regionale, JOSEPH POLIMENI, del commissario dell’Asl Na2 Nord, ANTONIO D’AMORE, e degli altri partecipanti al convegno promosso proprio dall’Azienda di Monteruscello in questo fine settimana su (quando si dice la coincidenza!) “L’offerta di salute nelle piccole isole: implementazione dei modelli sanitari”. Persone di ogni età, tutte con un’esperienza personale più o meno diretta della necessità di un presidio funzionante sull’isola, che hanno percorso i pochi metri tra il porto e Piazza Antica Reggia con striscioni e cori per manifestare la loro preoccupazione per la loro salute, indignazione per la cancellazione del presidio che li riporta indietro di decenni, determinazione a rivendicare per la propria comunità quel diritto alla Salute che la Costituzione riconosce e garantisce a tutti i cittadini della Repubblica, isolani compresi. Hanno trovato ad accoglierli pochi ischitani, un notevole spiegamento di forze davanti al cancello del Palazzo reale, dove entravano uno alla volta gli invitati al convegno, rigorosamente a porte chiuse e superprotetto dai toni dei cittadini all’esterno. Quelli in nome dei quali i partecipanti istituzionali, in particolare il rappresentante regionale COSCIONI e D’Amore ci hanno tenuto a dire e a ripetere più volte: “Siamo qui per voi”. Salvo, poi, infastidirsi non poco per i toni non sufficientemente ovattati delle persone in piazza. Che peraltro han-
no espresso le loro idee e rappresentato le loro istanze con una veemenza sempre corretta e ampiamente entro i limiti della civiltà e dell’educazione. Ma tant’è, di questi tempi chi esercita qualche potere o ricopre qualche ruolo decisionale pagati con i soldi dei contribuenti ha una tendenza spiccata a non gradire troppo il contatto con il pubblico. Già prima che gli ospiti più attesi arrivassero, i manifestanti venivano invitati dagli organizzatori dell’incontro a non assieparsi troppo davanti al cancello, a interrompere i cori, benché normalissimi, a non essere troppo pressanti. C’è mancato poco che non venisse richiesta anche la cravatta e l’abito scuro per avere il diritto di restare nella stessa piazza dove di lì a poco sarebbe dovuto transitare il commissario del Piano ospedaliero. Si è arrivati al punto di paventare che se fossero continuati i cori, Polimeni non sarebbe più venuto con chissà quali conseguenze sulla trattativa in corso. Cose dell’altro mondo! Intanto, prendeva la parola il commissario dell’Asl D’Amore che assicurava la massima attenzione al problema sollevato da Procida, “ne stiamo parlando, c’è un tavolo che deve partire”. L’INVIATO DI DE LUCA PER
Di Don Gaetano Pugliese direttore ufficio diocesano di Pastorale sociale e lavoro
Il comunicato della diocesi di Ischia
“N
o alla sospensione del servizio UTIC all’ospedale Rizzoli! Difendiamo la salute degli isolani d’Ischia e Procida! Solidarietà con i malati!” Con questo tweet di martedì 24 maggio, il vescovo di Ischia Mons. Pietro Lagnese ha voluto esternare la sua preoccupazione sui possibili ridimensionamenti della sanità delle isole.
Il previsto taglio del servizio UTIC presso l’Ospedale “Rizzoli” di Lacco Ameno e del presidio sanitario di Procida, che segue la drammatica scomparsa di fatto dei servizi della Salute Mentale già realizzata da tempo pone in serio pericolo la tutela del diritto alla salute delle comunità presenti sulle nostre isole. In nome di esigenze di bilancio si eseguono tagli indiscriminati a voci
RASSICURARE E RIMANDARE TUTTO A SETTEMBRE Ma ecco che si materializzava il consigliere per la Sanità, Coscioni, inviato di De Luca, che invece di imboccare subito la salita del Palazzo reale, si avvicinava ai manifestanti per comunicarci la posizione del governo regionale su una protesta che lo stesso De Luca ha recentemente liquidato come superflua. “Stiamo facendo questo per voi – l’esordio con un sorriso tranquillizzante – sono venuto apposta stamattina per incontrarvi”. Un approccio molto soft, dialogante, che voleva essere rassicurante. “La vostra sicurezza è il nostro obiettivo, ci potete contare”. E anche “ci sono risorse che vogliamo impegnare, investimenti che vogliamo fare, il presidente De Luca ci mette la faccia”. Ma pure: “parliamo della Chirurgia, ma chi sano di mente si farebbe operare a Procida?”. E ancora: “Se capita un problema cardiaco, non vi dovete trasferire lo stesso subito in terraferma?”. Interloquisce il dottor Strudel, che sottolinea il trattamento diverso riservato a Capri: “Non voglio parlare di discriminazione. Mettiamo pure che Capri è Capri, ma la differenza non può essere di 10 a 1 ma almeno portatela 10 a 7. Voi state confon-
della spesa sanitaria vitali per le nostre comunità spesso già disagiate per la carenza di altri fondamentali servizi come nel campo dei trasporti. A seguito dell’attuazione di tali politiche di taglio della spesa pubblica che non cercano di dare risposta ai legittimi bisogni degli abitanti delle nostre comunità assistiamo ad un crescente aumento del disagio sociale il cui peso ricade sulla
parte della popolazione più debole. Auspichiamo che i responsabili di tali provvedimenti attraverso l’attento confronto e ascolto dei reali bisogni provenienti dal nostro territorio ristabiliscano un nuovo ordine delle priorità dei servizi per le nostre isole ripensando tali politiche. La Chiesa di Ischia coglie l’occasione per esprimere la propria vicinanza ai fratelli procidani.
Società 28 maggio 2016
TERZO SETTORE
finalmente la legge La riforma del Terzo settore è legge. La Camera ha approvato la delega al governo per la revisione organica della legislazione su volontariato, cooperazione sociale, associazionismo non-profit, fondazioni, imprese sociali. Una terza lettura resa necessaria dopo le modifiche introdotte al Senato sul testo già votato a Montecitorio.
Di Luca Liverani
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ante le novità di questa legge che contiene anche, all’articolo 8, la riforma del servizio civile che ora diventa «universale». Istituito un fondo presso il Ministero del lavoro: 17,3 milioni di euro nel 2016 e 20 dal 2017. Plaude il Forum del Terzo settore. L’articolo 1 definisce cosa si intende per Terzo Settore, ovvero il «complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà», «promuovono e realizzano attività d’interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità». Si precisa cosa invece non fa parte del Terzo settore: partiti, sindacati, associazioni professionali e di categoria. La riforma specifica la natura del lavoro volontario e l’introduzione di limiti sul rimborso spese, preservandone il carattere di gratuità. Impresa sociale è anche il commercio equo e solidale, i servizi per il lavoro finalizzati all’inserimento dei lavoratori svantaggiati, dell’alloggio sociale e dell’erogazione del microcredito. Vigilanza, monitoraggio e controllo spettano al ministero del Lavoro. L’articolo 8 ridisegna le norme del «servizio civile nazionale». «Siamo molto soddisfatti di essere giunti al termine di questo lungo processo cominciato due anni fa e
largamente voluto dal nostro mondo», commenta Pietro Barbieri, portavoce del Forum del Terzo settore. «Il testo licenziato è più equilibrato di quello proposto ad inizio percorso, nel quale prevaleva un forte sbilanciamento a favore degli aspetti economici». «Soddisfazione» per la riforma del servizio civile da parte della Cnesc. Per Francesca Bonomo del Pd, ‘madrina’ della riforma del servizio civile, «ora diventa universale, e chiunque vorrà vivere questa esperienza potrà farlo. A chi chiedeva la reintroduzione dell’obbligo, come Salvini, diciamo che i giovani devono poter scegliere. Dal 2017 garantiremo la possibilità di farlo a 100mila giovani, sostanzialmente a tutti quelli che finora fanno domanda, ma oggi hanno una possibilità su due di riuscirci, visti i limiti dei fondi disponibili. Per arrivare agli stanziamenti necessari il governo sta integrando le risorse del servizio civile con quelle di altri ministeri, attraverso bandi speciali. Importante l’apertura agli stranieri, per includere questi giovani che vogliono dare un contributo alla comunità che li ha accolti. Ora bisognerà certificare le competenze, riconoscere crediti formativi, definire lo status di chi fa servizio civile, diverso da lavoro e volontariato. E garantire lo scambio di esperienze in Europa, per gettare il seme di Odysseus, il servizio civile europeo».
DOMANDE E RISPOSTE
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he cos’è il Terzo settore? Per Terzo settore s’intende, alla luce del nuovo ddl delega, l’insieme degli enti privati che sono costituiti e operano, senza scopo di lucro, per il perseguimento di finalità solidaristiche e nell’interesse generale, in attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà. Non ne fanno parte le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche. Quanti organismi vi operano? Secondo l’ultimo censimento Istat (2011) nel Terzo settore sono attive 300mila organizzazioni, in larga maggioranza nel settore cultura, sport e ricreazione (65%), seguito da assistenza sociale, relazioni sindacali e di rappresentanza, istruzione e ricerca. La tipologia di organizzazione non profit più diffusa è l’associazione (circa il 90%), poi cooperative sociali e fondazioni. Quante persone occupa? Sempre secondo il censimento del 2011, il Terzo settore occupa circa un milione di persone, considerando sia i dipendenti, sia i lavoratori esterni e temporanei. A questi si aggiungono i volontari, un “esercito” di quasi 5 milioni di persone. Quasi la metà dei dipendenti impiegati nelle organizzazioni non profit è concentrata in tre regioni: Lombardia, Lazio, Emilia Romagna. Qual è il suo valore economico? Il valore economico del Terzo settore ammonta a 65 miliardi di euro, vale a dire circa il 5% del Pil (Prodotto interno lordo). Il valore economico del solo lavoro volontario è stimato in almeno 20 miliardi di euro. Il valore della produzione delle cooperative sociali è superiore ai 10 miliardi di euro. Appartiene al settore non profit il 6,4% delle unità economiche attive nel nostro Paese.
Giovani
28 maggio 2016
kaire@chiesaischia.it
Di Giuseppe Galano
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l momento di preghiera e riflessione tra il nostro Vescovo ed i giovani che hanno risposto all’invito a partecipare è stato molto bello e ricco di sorprese. I ragazzi che man mano giungevano all’appuntamento esprimevano forte desiderio di mettersi in ascolto della Parola di Dio e meditare sulle riflessioni che da li a poco sarebbero state proposte da padre Pietro. Tanta era la curiosità su quale sarebbe stato il tema scelto per l’incontro. Sulla scia dei precedenti appuntamenti si è meditato sulla sesta beatitudine: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. Il momento di preghiera ha avuto inizio invocando lo Spirito Santo. Le belle voci della corale della Pastorale Giovanile hanno intonato con grande passione il canto Inno allo Spirito Santo coinvolgendo l’intera assemblea. “Questa sera vogliamo soffermare la nostra attenzione su questa beatitudine. Quando riflettiamo su di essa spesso pensiamo che riguardi la sessualità, la lussuria ed in generale la sfera della corporeità. Non vi è solo questo ma altro ancora”.Con queste parole il Vescovo ha introdotto il tema della serata. L’incontro è stato caratterizzato da momenti intensi di riflessione alternati dalla recita delle decine del Santo Rosario. Chi sono i puri di cuore? Questa domanda spesso comporta risposte inesatte. “Il cuore della beatitudine sta nella seconda parte: vedere Dio. Gesù è venuto tra noi per permetterci di vedere Dio. Vogliamo farci aiutare nel riflettere su questa beatitudine da Maria la quale ha incarnato in pieno la beatitudine, Lei tutta pura, tutta Santa”. Il Vescovo ha affermato che il puro è colui che è pienamente se stesso. Nel puro vi è quello che si vede, non vi è altro. Il puro potrebbe essere definito persona semplice, ciò che fa desidera, non ha altri progetti, non fa una cosa per arrivare ad altro, ha cuore retto, a differenza del
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Beati i puri di cuore perchè vedranno Dio Venerdì 21 maggio alle 20.30 si è svolto l’incontro mensile tra il Vescovo Pietro ed i giovani isolani nella Chiesa Cattedrale di Ischia Ponte
complicato, persona piena di pieghe che vede solo talune cose. “Il puro di cuore è persona illuminata, ha visto Dio, ha fatto esperienza di Dio per cui una luce si accende nella sua vita ed incomincia a vedere le cose in maniera diversa e fa esperienza di gioia nella sua vita”. Quale supporto alla me-
ditazione è stata proposta una canzone dal titolo Felicità composta da Lucio Dalla ed interpretata dal duo Fiorella Mannoia-Ron. “Il testo esprime un velo di tristezza, vi è senso di malinconia quasi a voler dire la felicità esiste ma appare quasi come un sogno. La felicità è un sintomo, afferma qualcuno. Se nel tuo cuore
vi è gioia vuol dire che stai bene, altrimenti vi è qualcosa che non va”. Il Vescovo ha poi invitato ad ascoltare un brano del Vangelo di Luca (18,35-43) . Questo passo ha suscitato forti sensazioni e la consapevolezza che le parole del testo siano state rivolte a ciascuno dei presenti. L’Evangelista narra di un cieco che fa un’intensa preghiera di guarigione a Gesù. Una volta esaudito la sua diventa preghiera di lode.”Il nostro problema è quello di non riuscire a vedere. Potrebbe capitare di capire solo alla fine della nostra vita di avere sbagliato perché non vedevamo le cose o le vedevamo in una certa maniera. Vedere Dio significa entrare nella luce”. La seconda parte dell’incontro è stato incentrato su Maria. “Vogliamo puntare su Lei il nostro sguardo, chiediamole di essere i puri di cuore che vedono Dio”. E’ stato intonato un canto, La voce di Maria, canzone stupenda e ricca di significato il cui testo è un chiaro invito ad affidarci a Lei per superare qualsiasi difficoltà. “Vogliamo guardare Maria, la tutta bella, la tutta pura. La voce di Maria, le mani di Maria, lo sguardo di Maria, gli occhi di Maria, tutto è luce in Maria perché Lei è tutta di Dio. Niente in Maria non è di Dio”. Il Vescovo ha affermato che che Gesù ci fa fare esperienza di luce. “I Santi nei primi secoli della Chiesa venivano identificati come coloro che vedevano, erano illuminati . Quando osserviamo un cristiano notiamo che è illuminato perché vede Dio ed a sua volta illumina gli altri. Avere fatto esperienza di Dio ci rende puri, luminosi, fonte di luce. Penso a tanti Santi che sono stati luce per tante persone. Penso a San Francesco la cui vita attira ancora oggi o alla Beata Chiara Luce Badano, la cui immagine ci fa venire nostalgia di Dio”. L’incontro si è concluso con il canto Apri i miei occhi Signore, quale risposta alle riflessioni proposte da padre Pietro.
10 28 maggio 2016
Giubileo Misericordia della
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Consigliare i dubbiosi Lunedì 23 maggio alle 20.30 nella Chiesa Cattedrale di Ischia Ponte si è svolta la decima catechesi giubilare diocesana a cura di don Armando Matteo sull’opera di misericordia spirituale Consigliare i dubbiosi.
Di Giuseppe Galano
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ra le opere di misericordia spirituale assume oggi particolare importanza quella di dare un buon consiglio a chi ne abbia bisogno. Questo è l’atto di carità con cui si esorta, si persuade, si prega, si induce il prossimo a fare qualche bene che non farebbe o ad evitare qualche male che commetterebbe, se non gli si dessi quel buon consiglio. Consigliare i dubbiosi potrebbe assumere molteplici significati. Don Armando Matteo, teologo, docente universitario ed esperto del mondo giovanile, relatore della catechesi giubilare, si è soffermato a lungo su questa opera di misericordia ponendo la sua attenzione principalmente su quelle che oggi sono le due grosse categorie di dubbiosi. Egli è stato molto abile nel catturare l’attenzione dei presenti fornendo loro preziosi spunti di riflessioni per far comprendere bene il significato e l’importanza di quest’opera. “Essere dubbioso vuol dire avere due strade davanti a se e non saper valutare se le opportunità dell’una sono maggiori rispetto a quelle dell’altra. Consigliare un dubbioso vuol dire stare accanto ad esso e fare la sua stessa strada. Oggi è molto difficile realizzare ciò in quanto si pensa di non aver bisogno di consigli”. Con queste parole don Armando da inizio al momento di catechesi. Egli afferma che i dubbiosi possono essere inquadrati in due grosse categorie: in primis in nati dal 1 gennaio 1946 al 31 dicembre 1964, la cosiddetta generazione degli adulti che non sanno se fare gli adulti o continuare ad essere giovani; l’altra grande categoria di dubbiosi è rappresentata dai nati dopo il 1981. Nel mondo degli adulti è concentrata la grande maggioranza dei dubbiosi con forti ripercussioni sul benessere della società e della Chiesa. Ciò sta provocando una grave emergenza educativa con adulti incapaci di fare scelte ferme e decise in quanto si considerano eternamente giovani. “I diversamente giovani creano problemi nella società ed ostacolano la testimonianza del Vangelo. A loro dobbiamo rivolgerci come Chiesa”.
La società attuale è fortemente influenzata dalle leggi del mercato che fanno credere che la vera felicità sia nel restare sempre giovani. Il mito del giovanilismo considera la felicità intesa come potenza fisica, sessuale, di scelta, di carriera e soprattutto di libertà. Tutto questo sta modificando in maniera drastica l’immaginario della vita. Il relatore afferma che in un mondo dove la parola vecchio è letteralmente scomparsa dal nostro modo di parlare l’unico settore che non conosce crisi è quello della cosmetica, dettato dal bisogno di mantenersi sempre giovani e vitali. Sta mutando perfino quello che è il senso della malattia con sempre più frequenti abusi di potenti farmaci. Tutto il senso dell’umanità, a detta del teologo, sta cambiando. “Il giovanilismo rende gli adulti incapaci di vivere la realtà. Un papà che a 50 anni si sente giovane considera un figlio di 16 anni come un bambino da proteggere a tutti i costi, il quale non farà esperienze di vita, con tutte le conseguenze negative che ne derivano”. Bambini e ragazzi hanno bisogno di adulti convincenti che sappiano assumere decisioni. Se l’adulto è dubbioso viene meno tutta la società. Per favorire una crescita sana dei ragazzi occorrono adulti che facciano gli adulti. “Più si ascoltano i richiami della giovinezza e più ci si allontana dal Vangelo e dalla preghiera”. Adulti dubbiosi, incapaci di dire un no sono deleteri per i bambini. Il mito del giovanilismo fa si che ci senta perennemente infelici ed insoddisfatti. La logica del mercato ha bisogno proprio di queste persone. Persone felici e soddisfatte sono una minaccia per il mercato. “Consigliare un dubbioso significa restituirgli la bellezza della vocazione dell’essere adulto”. Il relatore si sofferma su un altro aspetto molto importante. Occorre passare del tempo accanto ai figli affinché possano, crescendo, non aver più bisogno degli adulti. L’educazione richiede tempo,disponibilità all’ascolto ed al dialogo. Egli conclude con un accorato appello a non inseguire il mito del giovanilismo a tutti i costi perché estremamente dannoso. Andrea Di Massa
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Giubileo Misericordia della
11 28 maggio 2016
L’INTERVISTA
Gli adulti non sono più quelli di una volta Intervista di don Carlo Candido
A tu per tu con don Armando Matteo
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u hai più volte sottolineato che il mondo degli adulti sta abusivamente occupando il mondo dei giovani o, come si direbbe in psicologia, c’è la sindrome degli “adultescenti”, gli adulti che all’improvviso sembra diventino adolescenti… E’ un fenomeno che ormai chiunque si occupi della nostra società registra, e che potremmo sintetizzare in una battuta: gli adulti non sono più quelli di una volta! Nel senso che non riescono più a concepire il compimento della propria umanità nel gesto educativo, nel creare qualcosa che possa andare verso il futuro, ma trovano nella giovinezza il senso della propria felicità. E proprio per questo desiderano restare eterni adolescenti, eterni Peter Pan. Certo, alla base di tutto c’è un fenomeno biologico inedito che è la longevità: viviamo molto più a lungo e non solo, una buona parte degli anni che abbiamo conquistato sono anche goduti in buona salute. Questo però ha portato a non interpretare questo fenomeno come allungamento della vita, ma come esplosione di più vite. Oggi non si pensa di avere una vita più lunga, ma di avere più vite, quindi più possibilità, più esistenze, e si vuole restare sempre giovani, sempre principianti, sempre dilettanti; in ogni caso, mai vecchi, mai adulti, mai mortali. Consigliare i dubbiosi: in questa cultura della fragilità, del tutti possono dire tutto e il contrario di tutto, dove non c’è più una verità condivisa, dove c’è il caos educativo, cosa si fa? Sono proprio gli adulti a essere dubbiosi, cioè ad avere davanti a sé sempre due grandi amori: l’amore per sé, un narcisismo fondamentale, che impedisce di dare seguito all’altro amore, l’amore per i figli, l’amore per il futuro, per la società. C’è una contraddizione forte, che viene alimentata soprattutto dalla cultura di massa, che dice agli adul-
ti: “Sì, prendete tutto lo spazio per voi, spendete, godetevi la vita, tanto non c’è bisogno di consumare tutta questa energia per l’educazione, i figli avranno una vita lunga, più o meno se la cavano da sé”. Consigliare i dubbiosi significa dire “No, guardate che la cosa più bella che si può dare a un figlio è avere un adulto, con delle idee, delle convinzioni, un adulto che sappia spendere del proprio tempo”. E incarnare quella che anche in psicologia è la definizione dell’adulto: colui che è capace di dimenticare sé per prendersi cura di un altro. Forse la difficoltà più grande di tutte le agenzie educative - e nella Chiesa penso ai catechisti, ai sacerdoti - il limite, può essere il “non avere tempo”, quello che è diventato quasi un leitmotiv sulla bocca di tanti: “non abbiamo tempo!” La questione del tempo è decisiva. In realtà noi diamo tempo a ciò che amiamo, a ciò a cui veramente teniamo. E se guardiamo un po’ la
nostra vita spicciola vediamo che diamo un sacco di tempo al nostro io. E questo un po’ sulla spinta della cultura narcisista, della cultura del godimento, la cultura del mercato e della pubblicità che ci vorrebbero convincere che noi siamo la persona più importante di questo mondo e proprio per questo possiamo avere tutto, dobbiamo avere tutto. È una cultura del godimento sfrenato che però ha un piccolo veleno nella coda perché produce degli adulti sostanzialmente insoddisfatti Proprio su questo punta il mercato: promette delle soddisfazioni con scadenza, in modo tale che poi si ritorni sempre a comprare. In verità, se noi veramente ascoltiamo il nostro cuore, la nostra vita, ciò che può dare la più grande soddisfazione a un essere umano è l’esperienza della genitorialità, della generatività, cioè mettere al mondo dei figli e fare in modo che poi alla fine non abbiano più bisogno di noi. Un ultimo consiglio per la Chiesa ischitana, che è ancora a mi-
sura d’uomo: cosa le suggerisci? La mia impressione è estremamente positiva, e sottolineo due aspetti: il primo aspetto che mi ha colpito è questo attaccamento alla preghiera, anche nella semplice forma della devozione alle statue, ai riti della tradizione. L’altro aspetto che mi ha colpito molto è il senso di comunità che ho potuto così immediatamente “odorare”. Sono tra l’altro le due caratteristiche che il Papa indica in Evangelii gaudium per la chiesa del futuro: la capacità d’immaginare spazi di preghiera e spazi di comunione veramente attraenti. Quindi il consiglio è prendersi sempre più cura della preghiera, andare veramente a testarla, a corroborarla: probabilmente qui la gente già prega, ma non bisogna cedere su questo, perché la preghiera degli adulti con i propri figli è ciò che davvero salva la tradizione del cristianesimo tra le generazioni; e poi salvaguardare il senso della comunità, perché è la cosa più bella, più potente che abbiamo.
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Parrocchie 28 maggio 2016
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PARROCCHIA SANTA MARIA ASSUNTA NEL SANTUARIO
Dietro le quinte del rinfresco per le Prime Comunioni
Di Gina Menegazzi
A
vete idea di quante sono state le persone che hanno reso possibile la festa solidale organizzata per e con i bambini delle prime Comunioni, domenica 22 maggio alla torre di Michelangelo (o di Guevara, se preferite)? Perché oltre ai volontari presenti - una settantina - ci sono stati prima di tutto i genitori dei bambini che hanno scelto di condividere la festa e di trasformarla in qualcosa di più di un ricco pranzo, poi coloro che hanno donato cibo o bevande, o contribuito in altro modo, secondo le loro possibilità, così da ridurre il più possibile le spese vive e rendere più sostanziosa la cifra offerta dai genitori dei comunicandi, che verrà utilizzata per un’opera di solidarietà scelta dai genitori stessi. Chi è venuto sul posto - se non era un invitato, seguito e accudito in ogni dettaglio (c’era persino la macchinina elettrica per trasportare le persone con difficoltà deambulatorie) - si è trasformato in cameriere, cuoco o addetto al lavaggio di piatti posate e bicchieri, in modo che ce ne fossero sempre di puliti per tutti i circa 300 ospiti, secondo una regia ormai collaudata da anni. Suddivisi in vari gruppi ciascuno con il suo coordinatore dispensa, cucina, servizio in sala e lavaggio stoviglie - intere famiglie e singoli individui hanno voluto dare un significato particolare a una loro domenica e offrire il proprio tempo e la propria disponibilità. Molti avevano partecipato “dall’altra parte” negli anni passati, in occasione della Comunione dei loro figli e la riconoscenza, unita all’apprezzamento per la qualità del cibo e del servizio, li ha convinti a venire a dare il loro contributo. Camicia bianca e cartellino con il nome per tutti, cravattino verde per chi serviva ai tavoli, molti
grembiuli della festa della famiglia con il motto “Amare è servire”: si aveva una sensazione di ordine e di “professionalità”, appena attenuati da alcuni visi troppo giovani e dall’allegria che serpeggiava. Tutto preparato con grande cura sui tavoli disposti elegantemente a raggiera sotto gli ampi gazebo e decorati con pane, fiori e tovaglioli ben annodati: c’era chi, la notte prima, era rimasto fino alle 2, temendo l’incertezza del tempo e il forte vento che si era alzato, e poi era tornato alle 8, in modo da far sì che tutto fosse pronto. A mezzogiorno, come da copione, hanno mangiato i camerieri, e verso le 13,30 sono giunti i festeggiati e le loro famiglie, in una giornata decisamente bella, calda e soleggiata. Quando sono arrivata, verso le 16, ormai la stanchezza avrebbe dovuto farsi sentire. Invece ho trovato tutti sorridenti e disponibili, e si respirava quella bella aria di festa, di allegria e di famiglia. Le immagini della Madonna e di Gesù, appese alla tenda che copriva la zona del lavaggio, (l’acqua scaldata su un fuoco da campo) sembravano messe lì un po’ a chiederne la benedizione, un po’ a ricordare, a chi lavorava o passava, il motivo della presenza di ognuno. Scherzi, risate e chiacchiere. La volontà di non sprecare il cibo, per cui la frutta un po’ ammaccata o avanzata è stata trasformata in una bella macedonia, poi distribuita tra i volontari. Insomma, una giornata ricca e che ha arricchito il cuore e l’anima di tutti, invitati e volontari, i primi che hanno voluto “fare comunione” in nome della famiglia (era questo il tema di quest’anno, per i tavoli), i secondi che avevano saputo per un po’ dimenticare se stessi e mettersi al servizio degli altri, cioè del Signore.
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Parrocchie
28 maggio 2016
kaire@chiesaischia.it
DIOCESANO DI SAN GIOVAN GIUSEPPE DELLA CROCE
La visita della Madonna di Fatima: una pioggia di rose In quest’Anno Santo della Misericordia, la comunità parrocchiale di S. Maria Assunta, ad Ischia Ponte, sta vivendo momenti di Grazia davvero speciali!
Di Maria Agnese
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n intenso e particolare momento di Grazia, l’abbiamo vissuto dal 19 al 24 maggio scorsi con la visita della statua Pellegrina della Madonna di Fatima, benedetta da San Giovanni Paolo II. Nei giorni precedenti l’inizio della Missione Mariana, con l’aiuto del nostro carissimo parroco don Carlo Candido, abbiamo cercato di preparare i nostri cuori, togliendo tutto il superfluo e lasciando spazio per poter accogliere la pioggia di Grazie che Maria avrebbe voluto concederci. E così, giovedì 19 maggio, alle ore 18.30, con grande gioia e commozione e con un lungo applauso, abbiamo accolto la statua pellegrina della Madonna di Fatima all’ingresso di Via Seminario, accompagnata da due Araldi del Vangelo, fra Christian e fra Plinio. Dopo averla posta sulla portantina già addobbata con bellissimi fiori bianchi e gialli, sulle note di canti mariani ha percorso la strada, fiancheggiata dai bambini che sventolavano fazzoletti bianchi e azzurri e lanciavano petali di rose. Giunti all’ingresso della cattedrale, don Carlo ha incensato la statua e poi, una volta entrati, la ha incoronata e le ha posto tra le mani la corona del S. Rosario, sotto lo sguardo attento e gioioso di tutti i fedeli. Una volta posta sul trono per Lei preparato, è iniziata la Santa Messa, animata da uno dei cori parrocchiali e seguita poi dalla preghiera di Lode, Guarigione e Liberazione. Numerosi fedeli hanno donato fiori e acceso candele all’immagine di Maria sostando a guardarLa e a comunicare con Lei proprio come un figlio fa con la propria madre. Venerdì mattina, dopo il saluto a Maria, il Santo Rosario, la Santa Messa e le lodi, gli Araldi, accompagnati dai ministri straordinari dell’Eucarestia e da alcu-
ni volontari della parrocchia, hanno portato la statua della Madonnina a far visita ai pazienti in chemioterapia nel centro oncologico del presidio ospedaliero “S. Giovan Giuseppe della Croce”. Ad accoglierla, oltre i pazienti, c’erano il dr. Mabilia che ha effettuato commosso il rito dell›incoronazione e poi, i dottori Matarese e Iacono e altri operatori sanitari. E’ stato bello pregare tutti insieme ma, soprattutto, colpiva lo sguardo pieno di Fede di quei pazienti che hanno offerto il loro dolore a Maria, chiedendo di intercedere presso il Padre Celeste per la loro guarigione. La stessa esperienza è stata vissuta poco dopo, facendo visita ai pazienti del centro emodialisi presso l’ex maternità. Di ritorno poi in chiesa, la mattinata si è conclusa con la recita dell’ora media e dell’Angelus. E’ stata una bella esperienza parrocchiale anche la recita della coroncina della Divina Misericordia, ogni pomeriggio, sotto lo sguardo dolce e materno di Maria. Come pure la recita dei vespri e del Santo Rosario, seguiti dalla Santa Messa, durante ognuna delle quali, don Carlo, con le sue bellissime e profonde omelie, ci ha fatti innamorare ancor più di Maria. Inoltre, i vari cori parrocchiali che si sono alternati nell’animazione delle Ss. Messe, ci hanno aiutato a pregare più intensamente. E che dire poi del bacio a Maria dopo ogni Santa Messa serale? Una corona di figli in fila per donare un bacio di saluto alla propria Mamma! E si riparte, sabato mattina, così come pure lunedì mattina e martedì mattina, per la visita agli anziani e agli ammalati della parrocchia, tra cui anche un nonnino di ben cento anni! Ognuno ha accolto con gioia
gli Araldi e la Madonnina, sempre accompagnati da ministri straordinari dell’Eucarestia e da volontari della parrocchia, giovani e meno giovani. Tante le lacrime che hanno rigato il volto dei nostri anziani e ammalati: momenti di profonda commozione. Una gioia reciproca, una gioia vissuta, sentita, sia da chi ha ricevuto la Madonnina che da chi la ha portata di casa in casa, nonostante la fatica a volte nel salire alte e lunghe scale, tipiche del nostro territorio parrocchiale. Un momento molto intenso della Missione, è stata la giornata di domenica, iniziando con la Santa Messa delle ore 11.30 animata dal coro parrocchiale dei bambini e durante la quale 31 bambini hanno fatto il loro primo incontro con Gesù Eucarestia. Che Grazia enorme per questi nostri figli ricevere per la prima volta Gesù sotto lo sguardo protettivo della Mamma celeste che continuerà a guidarli per tutta la vita. Lacrime di gioia hanno invece rigato i volti dei fedeli al termine della S. Messa serale presieduta dal nostro vescovo Pietro, conclusasi, (dopo aver recitato l’atto di affidamento e consacrazione della parrocchia e delle famiglie a Maria), con le magnifiche note del canto “il tredici maggio”, durante il quale la statua della Madonnina è stata portata in processione all’interno della cattedrale stessa, illuminata quasi completamente solo dalla calda luce dei flambeaux! Un lungo applauso ha fatto seguito alla fiaccolata e alla cascata di petali di rose e, subito dopo, don Carlo ha fatto dono a tutti di un bel rosario in legno con il libricino della Madonna di Fatima. Non poteva poi mancare il dono stupendo della rosa, dopo la santa messa di lunedì sera, in ricordo
di S. Rita. Così, dopo quasi cinque giorni di missione Mariana, intensamente vissuti, martedì 24 maggio, don Carlo ha celebrato la S. Messa di conclusione e di saluto a Maria, animata dal meraviglioso coro delle mamme, nel territorio parrocchiale di “Casalauro”, dopo una breve processione con la statua pellegrina della Madonna dall’imbocco della strada fino all’altare. Un tranquillo angolo verde immerso tra le case, ha ospitato anche le 7 icone dell’Apostolato Mariano presente in parrocchia da settembre dello scorso anno. Al termine della S. Messa, dopo aver ascoltato una bellissima meditazione su Maria, don Carlo ha consegnato l’ottava icona, che girerà ogni giorno per altre trenta famiglie della parrocchia e non. A oggi sono già ben 240 le famiglie che mensilmente ricevono l’icona del cuore Immacolato di Maria e già un altro gruppo di trenta famiglie è quasi pronto per ricevere la nona icona. E prima della benedizione finale, lo sguardo di tutti era posato sul roveto delle lettere che ognuno di noi ha scritto a Maria in questo mese di maggio, e sui palloncini bianchi e azzurri che volavano via portando con se tutti i fioretti offerti a Maria in questo mese. Un velo di tristezza sembra voler coprire tutta la gioia dei nostri cuori, quando, in processione, la statua pellegrina ha raggiunto la macchina degli Araldi per andare via dopo il saluto finale da parte di don Carlo e di tutti i fedeli. Ma non è così: sembra che andando via, ora ci sia un vuoto e invece no! La forza che ci ha lasciato questa missione attraverso le Grazie ricevute da Maria e attraverso gli umili insegnamenti di fra Christian e fra Plinio e di don Carlo, ci aiuta a trasmettere a tutti la gioia di essere figli Suoi, figli di Maria che è PARADISO DI DIO! Andrea Di Massa
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TERRITORIO
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L’isola d’Ischia Di Francesco Mattera
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ul fatto che oltre alla vite ed al vino gli ischitani, nei secoli e fino ad oggi, non si siano occupati di altro nel coltivare la terra. Niente di più falso! O meglio, niente di più incompleto, fuorviante, non credibile solo che si rifletta un pochino di come un popolo in gran parte dedito all’agricoltura, nei tempi che furono, non potesse cogliere l’opportunità di auto approvvigionarsi di derrate orticole per soddisfare i suoi bisogni primari. E dico di più: di cereali, soprattutto frumento, e leguminose da granella secca (piselli, fave, cicerchia, lenticchia, ecc.). Del resto la condizione di insularità ha da sempre, ma soprattutto nell’antichità, prodotto un effetto autarchico di tipo quasi obbligato. Per cui, un poco come sulle rocche assediate dai nemici, era assolutamente necessario, direi quasi strategico, coltivare il suolo (e non solo il soprassuolo) per assicurarsi un presidio contro la fame. Del resto viticoltura e orticoltura non sono mai stati ad Ischia due poli contrapposti. Tutt’altro! I nostri viticoltori hanno da sempre, anche per carenza di terreni, coniugato le due colture in maniera saggia ed armonica. Di necessità virtù, si dice! e mai detto fu tanto appropriato come per la nostra isola. Per cui sulle nostre colline è sempre stato un fiorire di consociazioni a volte anche ardite, ed in altri luoghi ritenute poco ortodosse per una viticoltura di qualità. I nostri vigneti hanno da sempre ospitato nelle interfile coltivazioni di fave, piselli, fagioli, ma anche di patate e pomodori. Cosa dire poi dei carciofi, sistemati ordinatamente sui margini dei terrazzamenti, o addirittura sui ciglioni inerbiti. Cosa anco-
Siamo abituati a pensare alla nostra isola come ad una terra tutta votata alla viticoltura, ed a buona ragione è quasi vero. Quel quasi pone tuttavia dei dubbi sulla integralità dell’idea.
ra oggi osservabile a Piano Liguori, Grotta di terra, Pignatiello, S.Pancrazio, Buonopane, ed un poco ovunque sull’isola. E non è che quei terreni producessero poi poca uva, o uva di scarsa qualità. Tutt’altro: ottimi ed abbondanti ortaggi, ed uva meravigliosa! Il segreto? Il contadino naturalmente! Saggio e polivalente. Carico di saperi, anche se privo di cultura, quella accademica e scolastica, naturalmente. Ma non di quella della vita. ORTI, ORTI VERI, ORTI DA PRIMATO, ORTI D’ALTRI TEMPI Ma in una terra fertilissima potevano mancare gli orti specializzati? Giammai! Eccoli, ora in gran parte depositati nella memoria di persone adulte o meglio anziane. Travolti dal rovesciamento dell’economia operata dal turismo, con tutto il bene ed mali che ha portato a noialtri ischitani. Gli orti costieri di Forio e le parule o palure di Lacco con le loro norie, le Pezze di Ischia, quelle di Succhivo, le precocissime e calde parule dei Maronti e di S. Angelo, gli orti pedemontani di Casamicciola e Lacco, e tanti altri ancora. Orti da primato per precocità delle produzioni, per sapore, per abbondanza, per varietà locali selezionate in secoli di coltivazione in isolamento geografico. Ricordiamo tra tutte la cipolla a fiascone del Cuotto e di Serrara, i pomodorini a prunella di Lacco, l’insalata incappucciata delle Pezze di Ischia, ed altri ancora tra cui molte scomparse travolte dall’invasione globalizzante delle varietà forestiere. GLI ORTI DI OGGI In un agricoltura in netto e progressivo regresso, sulla nostra isola l’orticoltura sembra voler resistere. Ben inteso, non è che vi siano poi chissà quante aziende agricole specializzate in orticoltura. Si contano sulle dita di una sola mano, e sono di tipo assolutamente familiare. Coltivano
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e l’orticoltura un poco di tutto, compresi quindi gli ortaggi, per affrontare al meglio e sopravvivere sul mercato locale. La resistenza di cui vi parlavo è riferita all’orticoltura amatoriale, a quella strettamente rivolta all’autoconsumo familiare. Stimolata da tanti fattori, tra cui soprattutto la necessità e la voglia di fornirsi di prodotti salubri e freschi, sicuri. Poi la voglia di riaccostarsi ai fattori ed ai cicli della natura, alla terra soprattutto e così lenire le nevrosi, le ansie, gli stress della vita moderna. Avvocati, ingegneri, professori, commercianti, ex politici (cito fra tutti l’ex sindaco di Ischia Peppino Brandi, che so per certo approverà la mia toccata, che da alcuni anni è diventato un orticoltore di prim’ordine nella sua Testaccio, da cui proviene in origine la sua famiglia), si cimentano con la nobile arte dell’agricoltura. Alcuni ne fanno un orgoglio, ostentato con parenti ed amici, quando raggiungono risultati di eccellenza. Tutte cose belle e sante! Ma qualcuno poi si lamenta: produco tanto che non si consuma, e poi sono costretto ad interrare tutto. Bene, o meglio male, molto male! Vado dicendo spesso a costoro: governate bene il vostro impulso, ma quando avete una sovrabbondanza ricordatevi di amici e familiari, di quel vicino di casa scorbutico e un poco antipatico con cui vorreste tanto riallacciare rapporti pacifici e cordiali, ricordatevi soprattutto che è un’ottima occasione per fare del bene, e si che ce n’è veramente bisogno. Fate in modo che il vostro orto non sia una gabbia di egoismo in cui rifugiarsi e isolarsi, ma una porta aperta sul mondo. Cogliete bellissimi ortaggi, ma anche ottime occasioni di relazione con gli altri e solidarietà. La minestra, siatene certi, avrà un altro sapore, molto, molto più buono… *agronomo, libero professionista con il vizio della scrittura
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La Storia siamo Noi 28 maggio 2016
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L’isola d’Ischia e la repubblica napoletana del 1799
Di prof. Nunzio Albanelli
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ungendo da guida storica improvvisata ai turisti in giro per l’isola, non posso nascondere che mi capita spesso di dovermi soffermare sugli alberi della libertà eretti qua e là ed in particolare sui martiri “benemeriti della libertà e della patria”, come scrive eloquentemente lo storico Mariano D’Ayala. Proprio ieri infatti, ravvivando il ricordo di quell’evento che coinvolse anche la nostra isola, non ho potuto fare a meno di aggiungere la mia esecrazione a quella espressa opportunamente da Imbriani nella lapide voluta tenacemente dall’amico avvocato Nino D’Ambra nei pressi della Parrocchia di S. Maria delle Grazie in S. Pietro. Mi riferisco a quel Pasquale Battistessa, sgozzato ai piedi dell’altare, allorquando si constatò che, pur essendo stato impiccato, era ancora vivo. Anche lo storico locale D’Ascia non ha potuto fare a meno di sottolineare l’efferatezza di tale esecuzione. In verità la Parrocchia citata era chiamata Chiesa del Purgatorio e sorgeva sulla strada detta dell’“Arso”, al cominciare della “Villa dei Bagni”. Se a ciò si aggiunge che il Battistessa era padre di molti figli e che un figlio di lui, Nicola, figura poi nelle liste dei proscritti pubblicate nell’anno 1800, si comprende
come a ragione sia considerato “iniquo per non dire infame” lo Speziale, che emise la sentenza. Così, a chi visiti l’ex casina Reale non si può nascondere la terribile sorte di Francesco Buonocore il giovane che, pur essendo spesso con i principi reali e avendo ottenuto il grado di ufficiale, non riuscì ad evitare i sospetti del governatore Michele De Curtis sia per la generosità che aveva dimostrato, verso coloro che erano stati relegati nell’isola sia per l’ospitalità concessa ad alcuni ufficiali francesi provenienti dall’Egitto, i quali si adoperarono poi per ottenere dal supremo capitano Stefano Championnet un decreto che nominava Francesco comandante del Castello e dell’isola. Il ritorno del citato governatore de Curtis, propiziato dal Toubridge, coadiuvato dal feroce Speziale, segnò la sua rovina. Infatti gli fu suggerito di accettare la capitolazione, che gli avrebbe consentito di partire per la Francia “esule e sicuro”. Invece, portato a bordo del “Colloden”, comandato dallo stesso Toubridge, fu degradato miseramente e gettato in prigione al Castello, quindi trasferito a Procida con altri, tra cui il Morgera, e condannato a morte. Mentre poi la Regina Carolina in una lettera al Cardinale Ruffo sottoli-
neava con soddisfazione che erano stati abbattuti gli alberi della libertà e definiva lo Speziale “uomo sincero e severo”, il Toubridge scriveva a Nelson che aveva a bordo con sé un furfante di nome Francesco… vantandosi di avergli strappato le spalline e la coccarda e di avergli fatto “l’onore dei doppi ferri”! Ritengo superfluo accennare alle tristi vicende delle due mogli, alla morte prematura di due dei tre figli, al saccheggio del suo bel palazzo, all’unico superstite dei figli, Silvestro, piuttosto mentecatto che continuava a ripetere di “non saper niente della sua famiglia”. Imboccando inoltre Via Antonio De Luca, puntualmente amo esaltare la figura di lui, sacerdote integerrimo, amante della libertà e soprattutto dell’autentica uguaglianza proposta dal Vangelo, ancora una volta accusato dal famigerato Speziale “di aver predicato libere parole. Mentre era cappellano dello Spirito Santo, fu condannato a morte, ma prima inviato a Palermo con i compagni Lubrano e Scialoja per essere sconsacrato dal Vescovo di Cefalonia. Infine, dopo un lungo viaggio, salì il patibolo il 15 giugno 1799 insieme con i compagni. A Forio invece fu poi Gaetano Morgera, figlio di Vincenzo e di Caterina Di Lustro, sacerdote dot-
tissimo, amante della chiesa e della patria, ad innalzare l’albero della libertà, aiutato dal fratello Angelo. Egli, quando prevalse la reazione, volle rinchiudersi in Castelnuovo, ma dovette arrendersi insieme con i pochi magnanimi che condivisero la sua impavida resistenza. Dalle cronache contemporanee si evince che tutti i Morgera finirono con l’essere perseguitati. Per non abusare della pazienza dei cortesi lettori, mi piace chiudere la mia relazione citando il giudizio del Settembrini: «La strage di quegli uomini, nei quali si volle spegnere l’intolleranza e la virtù, ruppe la tradizione del sapere tra l’una generazione e l’altra, distrusse ogni principio di fede e di moralità pubblica, aprì tra principe e popolo un abisso profondo, nel quale l’ultimo dei Borboni precipitò, fu un errore e un peccato». Certo fu un errore nell’interesse dei Borboni, ma non si deve dimenticare che da quel peccato germogliò feconda l’idea dell’unità nazionale, invocata ardentemente in quel primo periodo delle rivoluzioni italiane, da quel Francesco Lomonaco, ignoto esule di Basilicata, che morì suicida a Pavia e volle tramandare a noi l’elenco dei tanti suoi concittadini messi a morte crudelmente.
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Da Sapere
28 maggio 2016
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Nuove proposte di Referendum Forse non tutti sanno che si stanno raccogliendo le firme per 6 proposte referendarie. Giornali e tv ne hanno parlato poco o niente e, proprio per questo, abbiamo pensato che fosse utile darne informazione.
dovranno svolgere in azienda. Il referendum è stato promosso perché si ritiene che questo vincolo rigido sottrae ore di scuola ai ragazzi e serva poco alla formazione dei
ragazzi (si tenga conto che, data la grande massa di studenti, spesso non c’è un’adeguata offerta di reale formazione in azienda). Inoltre si obietta che così si fornisce manodopera gratis in un periodo di grande disoccupazione. Un terzo referendum vuole abrogare la discrezionalità del preside nello scegliere o confermare i docenti (dopo 3 anni). La nuova legge ha introdotto la chiamata diretta dei docenti da parte del preside (all’interno di una lista di nomi). Il referendum è stato promosso perché si ritiene che la discrezionalità può dare luogo ad assegnazioni clientelari o a indebiti condizionamenti. Il quarto vuole abrogare il potere del dirigente scolastico di scegliere i docenti a cui dare il premio salariale. La raccolta delle firme terminerà a metà giugno. Gli orari e gli uffici presso i quali rivolgersi per firmare nei sei comuni dell’Isola d’Ischia sono:
Comune
Dove e a chi rivolgersi
Dove e a chi rivolgersi
ISCHIA
Ufficio segreteria (sig.ra Messina o altro impiegato del segretario generale) che si trova al primo piano del comune, a sinistra prima di salire la rampa di scale che conducono dal sindaco.
Ufficio segreteria (sig.ra Messina o altro impiegato del segretario generale) che si trova al primo piano del comune, a sinistra prima di salire la rampa di scale che conducono dal sindaco.
CASAMICCIOLA T.
Ufficio dello stato civile (sig.ra Filomena Senese oppure signore Maria e Teresa) che si trova al piano terra del comune appena si entra sulla destra
Ufficio dello stato civile (sig.ra Filomena Senese oppure signore Maria e Teresa) che si trova al piano terra del comune appena si entra sulla destra
LACCO AMENO
Ufficio anagrafe – stato civile (signora Patalano) che si trova al primo piano salite le scale a sinistra
Ufficio anagrafe – stato civile (signora Patalano) che si trova al primo piano salite le scale a sinistra
FORIO
Ufficio elettorale e anagrafe che si trova nel comune sito nell’ex albergo di via Marina (sig.re Anastasia o Petrone) entrando sulla destra
Ufficio elettorale e anagrafe che si trova nel comune sito nell’ex albergo di via Marina (sig.re Anastasia o Petrone) entrando sulla destra
SERRARA FONTANA
Ufficio anagrafe (sig. Francesco Iacono) che si trova al primo piano di fronte all’entrata
Ufficio anagrafe (sig. Francesco Iacono) che si trova al primo piano di fronte all’entrata
BARANO D’ISCHIA
Ufficio elettorale (sig.ra Conte Franca) che si trova, entrati nel comune, dopo la porta bianca a destra
Ufficio elettorale (sig.ra Conte Franca) che si trova, entrati nel comune, dopo la porta bianca a destra
Di Associazione Marco Mascagn
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Referendum contro gli inceneritori. Con questo referendum si vuole abrogare la norma dello Sblocca Italia che definisce gli inceneritori “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale” riducendo i tempi per la valutazione di impatto ambientale e attribuendo le competenze al Governo, che decide quanti inceneritori costruire, di quale capacità e dove, senza che le Regioni possano obiettare alcunché (in deroga ai Piani Regionali). Il Governo su questa base ha deciso che devono essere costruiti 15 inceneritori nel Centro e Sud Italia. Se il referendum passa la competenza ritorna alla Regioni e salta il piano del Governo. Ovviamente una vittoria del referendum è una chiara indicazione che i cittadini non gradiscono questa forma di smaltimento dei rifiuti e un incentivo ad impegnarsi ad aumentare la raccolta differenziata (attualmente in Italia è al 45%), il compostaggio e la riduzione della produzione dei rifiuti. 2) Referendum contro nuovi impianti di estrazione petrolifera. Questo referendum vuole abrogare la norma del piano energetico che indica dove si possono ricercare ed estrarre idrocarburi (tra cui Golfo di Napoli e di Salerno). Quindi, se passa, sarà vietato aprire nuovi impianti di estrazione (gli impianti già in funzione o autorizzati non sarebbero interessati). 3) Quattro referendum riguardano la riforma scolastica cosiddetta “buona scuola”. Il primo vuole abrogare la possibilità di fare donazioni a singole scuole. Se i SI vinceranno le donazioni confluiranno in una “cassa nazionale statale” che utilizzerà i fondi secondo criteri propri. Con questo referendum si vuole impedire che le scuole di regioni o quartieri ricchi finiscano per avere più risorse di quelle delle zone povere, accentuando le differenze tra ricchi e poveri. Il secondo vuole abrogare il limite minimo di 400 ore in azienda per gli studenti degli istituti
professionali e tecnici e di 200 ore per quelli dei licei (alternanza scuola-lavoro). Se i Si vinceranno saranno le singole scuole a decidere e a pianificare quante ore gli studenti
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Attualità 28 maggio 2016
Di Franco Iacono
1.
“…la purificazione dei costumi che si chiede alla Chiesa non potrà essere conseguita da una bella predica ….non dico che Papa Francesco abbia torto ….ma mi chiedo se una ramanzina, una esortazione, benché provocatoria, servano a rivoluzionare prassi antiche e consolidate”. Così Gennaro Matino su La Repubblica di domenica 22 di maggio. Una disamina realistica, probabilmente, dello “stato” della Chiesa, consolidato da qualche millennio: ma è proprio quello “stato” che Papa Francesco ha inteso, ed intende, smantellare, quando “grida” da Santa Marta “soldi e potere sporcano la Chiesa. Basta arrampicatori”. E lo fa soltanto in nome del Vangelo. Non ho sentito altre parole se non quelle del Vangelo. Altro che bella “predica” e “ramanzina”, altro che “esortazione provocatoria” come le “derubrica” Gennaro Matino. È il Vangelo, ed il suo messaggio di Amore, che provocano tanta resistenza in quelle prassi consolidate? Pare proprio di si, se neppure un protagonista, colto e sensibile, come Gennaro Matino dedica una sola parola in quel suo articolo al Vangelo, al suo messaggio, che è l’unica “bussola” cui si affida la testimonianza di Papa
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PUNTI DI VISTA
Francesco. E poi, mi ripeto, ci troviamo di fronte a Cardinali, Principi della Chiesa, sordi a quel richiamo, a quella testimonianza vivente, di cui la scelta di alloggiare a Santa Marta è pratica concreta. Ancorché non “contagiosa” per troppi. 2. Sabato 21 di maggio, su Il Mattino, Massimo Adinolfi, in un articolo dal titolo inequivocabile – “Omelie noiose. Preti a lezione di marketing” – dava conto di una iniziativa dell’Ufficio Liturgico Nazionale, dal titolo “Progetto Omelia”. L’obiettivo: preparare i preti a fare “omelie meno noiose, meno verbose, meno stantie.” A leggere di questa iniziativa mi aspet-
Gli studenti del Mennella, coadiuvati dagli insegnanti e dall’équipe ASL, si sono formati ed informati sul tema della Sicurezza Stradale, facendosi attori di attività scolastiche rivolte ai loro compagni, e producendo infine dei lavori, che ci saranno presentati lunedì 31 maggio in un evento di sensibilizzazione al tema e di promozione della cultura della salute. Si segnala che la sede dell’evento è l’Hotel Continental Terme e non più il Cinema Excelsior.
tavo una sorta di richiamo a recuperare lo Spirito, e la lettera, del Vangelo e da calarlo sulla realtà dolorosa e violenta di questo tempo, seguendo l’insegnamento, ed il linguaggio, di Papa Francesco. Essenziale, asciutto, che va diritto al cuore di milioni di fedeli, e non, parlando di Amore. Ed invece scopro che si tratta, secondo il suo coordinatore, Don Paolo Tomais, di “fare tesoro di alcune intuizione del public speaking, del parlare in pubblico, proprie della comunicazione più orientata al marketing….” Commenta Adinolfi: “ leggere di public speaking e di marketing, riferita alla
parola del prete, che dovrebbe spiegare il Vangelo, fa sobbalzare un poco”. Proprio così! Non credo che Papa Francesco, per usare, e non da oggi, quel linguaggio così diretto ed efficace, abbia mai avuto bisogno di frequentare alcuna di queste scuole. E se anche Marco Pannella, prima di morire, ha sentito il bisogno di scrivere al Papa – “Ti voglio bene, … ero a Lesbo con te” – vuol dire che linguaggio, quando è autenticamente ispirato al Vangelo, non ha bisogno di scuole di marketing, ma solo di intima convinzione, e Fede, del dovere gioioso di diffondere la Parola del Cristo.
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Attualità
28 maggio 2016
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Aspettare è ancora un’occupazione È non aspettare niente che è terribile. (Cesare Pavese)
Di Alfonso Filisdeo
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esidero fare riferimento al mio articolo del 6 febbraio c.a. dal titolo “Amiamo ancora la nostra isola?” per informare i lettori che risposte alla redazione non ne sono pervenute e nulla è mutato, anzi qualcosa è peggiorato…: il silenzio. Non pretendevo che sessantamila abitanti rispondessero. Pensavo che almeno uno potesse dare la sua risposta di condivisione o disapprovazione a quanto enunciato: evidentemente va tutto bene. L’Isola è mutata tantissimo socialmente: l’economia essenziale prima degli anni sessanta e settanta non ostacolava la cura dedicata alla
nostra isola, piena di verde e molto più pulita di oggi, nonostante non ci fosse ancora alcuna raccolta differenziata, tra gli isolani c’era vera amicizia, educazione e rispetto per la dignità della persona. Noi giovani c’incontravamo per giocare a dama, a scacchi, a ping pong e calcio balilla, ci ritrovavamo spesso nelle case di amici per ballare e divertirci con semplicità, tutto ciò per consolidare la vera amicizia e la stima reciproca. Dal benessere iniziato negli anni sessanta-settanta, giunto al seguito dell’ondata turistica, i tempi sono pian piano cambiati ma non sono dei più felici. Sicuramente nulla è cambiato per quanto ho evidenziato nello scorso articolo: il traffico caotico, il parcheggio selvaggio, gli eterni lavori stradali e i tombini disseminati sulle principali vie di comunicazione, le impalcature per continui lavori edilizi, le buste incustodite della spazzatura sparse sui marciapiedi, il servizio urbano dei bus, i collegamenti marittimi, sono ancora un problema serio. Ad ascoltare i commenti e le considerazioni di tante persone, che incontro nel mio quotidiano lavoro, mi rendo conto di non essere il solo ad essere stanco, indignato, sfiduciato e adirato nel vedere le nostre strade in queste condizioni; stanco, indignato, sfiduciato e adirato per dover circolare facendo gimkane onde evitare buche e rappezzi pericolosi che aumentano, ahimè, di giorno in giorno; su marciapiedi e strade lavori incompleti che non hanno mai fine, procurando danni a persone e ad autovetture nonché dolori fisici per chi guida. Nessuno si accorge di tutto questo? Per quanto tempo dovremo ancora sopportare questa situazione? Non sarebbe più corretto, più logico, più trasparente, che gli organi preposti dessero informativa ai cittadini del perché di tante lungaggini? Di comunicare il termine dei lavori, anche se approssimativo, in modo da moderare l’indignazione, la sfiducia e la rabbia per tanti disservizi? Ringraziando fiducioso per l’attenzione di voi lettori e degli organi competenti, ricevete i miei più cordiali saluti.
La grande festa finale dei laboratori di LUCA BRANDI ONLUS Appuntamento per sabato 28 maggio a partire dalle 20:30
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SCHIA– Manca davvero poco alla grande festa dell’Associazione Luca Brandi Onlus. L’attesa è tutta per sabato 28 maggio quando, a partire dalle 20:30, la sede sociale di via Iasolino si animerà per la chiusura di tutti i laboratori. Tantissimi sono stati i giovani coinvolti quest’anno nei 14 laboratori nei quali hanno potuto mettere a frutto tutte le loro energie. I ragazzi del laboratorio di fumetto, diretti dal loro tutor Michele D’Ambra, esporranno i lavori migliori realizzati lungo il corso dell’anno, così come anche gli aspiranti fotografi che, diretti dal tutor Enzo Rando, mostreranno a tutti le loro foto più belle. «La crescente domanda da parte dei giovani – ha dichiarato Silvano Brandi che con la moglie Pina ha creato questa realtà - ci fa capire che siamo entrati nel tessuto sociale degli isolani. Siamo cresciuti talmente tanto che lo spazio a nostra disposizione è diventato insufficiente, dobbiamo trovare nuove aule dove poter dare sfogo alle passioni dei nostri ragazzi. La nostra nuova sfida sarà questa. Un grazie speciale ai tutor che hanno reso possibile tutto ciò. Aspettiamo tutti sabato 28 maggio dalle 20.30 presso la nostra sede per una festa speciale dove non mancheranno tante cose buone da mangiare». Ad animare la serata di sabato ci penseranno i ragazzi del laboratorio di canto e chitarra curato da Salvatore Ferraiuolo e gli aspiranti batteristi di Rore Saitto. All’interno della sede saranno poi esposti i lavori dei ragazzi del laboratorio di ceramica curato da Nello DI Leva e Gaetano De Nigris e quelli dei ragazzi di pittura, laboratorio curato da Annamaria Di Meglio. Non mancherà lo spazio espositivo dedicato a Isole d’Amore Onlus e al laboratorio di psicologia della Luca Brandi Onlus con le tutor Ella Scotto e Lucia Buono. Lo spazio culturale curato da Tina Di Frenna col suo lab di Latino e Maddalena D’Ambra con il lab di Inglese. Ci sarà spazio per il cineclub di Eleonora Sarracino e per il Tango di Angela Amalfitano. Durante la festa sarà presentato anche il libro dei ragazzi del laboratorio di scrittura creativa curato da Isabella Puca, una raccolta che racchiude i racconti e le poesie di giovani talentuosi aspiranti scrittori dal titolo “10 scrittori in cerca d’ispirazione”. Un momento importante, dunque, per i ragazzi che mostreranno a tutti quanto di bello è stato fatto durante quest’anno di Associazione.
Liturgia
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COMMENTO AL VANGELO
Domenica 29 maggio 2016
CORPUS DOMINI Di Angelo Sceppacerca
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a povertà come condivisione (non è moltiplicazione, ma suddivisione) non è un ornamento della missione apostolica, ma essenziale. Prima del miracolo del pane spezzato per tutti (la carità divide le cose per moltiplicarle), Gesù chiede ai suoi di provvedere a tutto, di offrire alla gente una cena speciale, ricca di significato, strettamente legato proprio all’annuncio evangelico. Qui appare la povertà dei loro mezzi e la sproporzione rispetto a quello che Gesù chiede loro. Gesù “alzò gli occhi al cielo”: quando ci sono problemi difficili bisogna guardare in alto e riferirsi al Padre dal quale tutto si riceve in dono, come questo grande segno di una mensa apparecchiata con poco che però nutre i cinquemila e avanza di dodici ceste. Dodici apostoli ricevono da Gesù i pani e i pesci da dare ai cinquemila; ad ognuno resta una cesta per continuare a nutrire tutte le generazioni cristiane. Le ceste avanzate sono anche segno di tanta gente che attende ancora la dilatazione del dono di Dio; ogni cesta è già pronta perché ciascuno degli apostoli la possa portare fino ai confini della terra. Gesù sazia la fame di cinquemila persone, facendosi aiutare dai discepoli. Oggi vuole rendere presente e visibile il suo amore gratuito e misericordioso attraverso di noi: è questa la missione della Chiesa e dei singoli cristiani, disponibili ad accogliere e trasmettere la sua misericordia. Così come invoca la bellissima preghiera di S. Faustina Kowalska, umile e grande testimone e messaggera della Divina Misericordia. “Aiutami, o Signore, a far sì che i miei occhi siano misericordiosi, in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c’è di bello nell’anima del mio prossimo e gli sia di aiuto. Aiutami a far sì che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori e ai gemiti del mio prossimo. Aiutami, o Signore, a far sì che la mia lingua sia misericordiosa e non parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto e di perdono. Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose e piene di buone azioni, in modo che io sappia fare unicamente del bene al prossimo e prenda su di me i lavori più pesanti e più penosi. Aiutami a far sì che i miei piedi siano misericordiosi,
in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza. Il mio vero riposo sta nella disponibilità verso il prossimo. Aiutami, o Signore, a far sì che il mio cuore sia misericordioso, in modo che partecipi a tutte le sofferenze del prossimo. A nessuno rifiuterò il mio cuore, nemmeno a coloro di cui so che abuseranno della mia bontà. Non parlerò delle mie sofferenze. Abiti in me la Tua Misericordia, o mio Signore” (Diario). Madre Teresa di Calcutta, la meravigliosa suora che il prossimo 4 settembre, nel contesto del Giubileo dedicato alla Divina Misericordia, sarà proclamata santa da Papa Francesco, ha consegnato alle sue Missionarie della Carità questo programma quotidiano: Santa Messa e Comunione al mattino, dieci o dodici ore di servizio ai poveri, un’ora di adorazione eucaristica alla sera: “Cominciamo la nostra giornata con la Messa e la Comunione e la terminiamo con un’ora di adorazione, che ci avvicina e ci unisce a Gesù e ai poveri, nei quali gli offriamo i nostri servizi”. Nell’Eucaristia lo vediamo e tocchiamo nell’aspetto del pane, poi invece durante il lavoro nell’aspetto dei poveri, sofferenti, lebbrosi, moribondi, affamati, ignudi, bambini. “In tal modo, restiamo in contatto con Lui durante 24 ore al giorno… Noi siamo contemplativi in mezzo al mondo, perché tocchiamo Cristo per ventiquattrore al giorno”. “Noi – dice ancora Madre Teresa – mettiamo le nostre mani, i nostri occhi e il nostro cuore a disposizione di Cristo, perché egli agisca per mezzo di noi”.
Ecclesia
21 28 maggio 2016
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La porta per il Paradiso Di Ordine francescano secolare di Forio
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el mondo di oggi 795 milioni di persone muoiono di fame. Una grande contraddizione se pensiamo a quanto benessere e quante ricchezze ci sono oggi più di ieri, soprattutto grazie allo sviluppo tecnologico che dovrebbe favorire la leggerezza del lavoro duro e la dignità del lavoratore. Purtroppo questi beni sono gestiti e distribuiti nel modo sbagliato per l’egoismo di pochi potenti, che hanno tutto l’interesse a mantenere una disuguaglianza sociale per difendere i propri privilegi. L’ONU, insieme a 193 Paesi membri, si è prefissato 17 obiettivi per cercare di risolvere questa piaga con un “Programma alimentare mondiale”. Speriamo che non sia solo un lavoro di facciata ma che sia veramente l’inizio di un lavoro per ottenere una giustizia sociale che urge più che mai e che si dovrebbe raggiungere nel 2030. Riguardo alla fame dei poveri, nella catechesi del 18 maggio scorso, papa Francesco ha spiegato la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro: “Desidero soffermarmi con voi oggi sulla parabola dell’uomo ricco e del
Di Antonio Magaldi
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a celebrazione Eucaristica è il principio, è la forza che può veramente plasmare il nostro Amore. Memoriale dell’Amore di Dio, la celebrazione Eucaristica diviene per noi una ‘scuola di vita’ in cui fare esperienza di questo Amore per divenire sempre più capaci di Amore. La celebrazione Eucaristica è il memoriale dell’Amore di Dio per l’uomo. Essa ci è stata data da Gesù stesso per non dimenticare il Suo mistero Pasquale, ma anzi, per poterlo ricordare e rivivere in modo efficace ogni volta che il Ministro ripete i gesti e le parole dell’ultima cena, secondo il Suo comandamento. La celebrazione Eucaristica è strutturata in modo semplice: la Comunità si raccoglie, convocata dal Signore, si mette in ascolto della Sua Parola; vive la Comunione con Lui attraverso il rendimento di Grazie e di Pane spezzato; ed è inviata nel mondo per proclamare con la testimonianza della vita ciò che ha sperimentato. Ma ciò che dà senso e unità alla Celebrazione Eucaristica
povero Lazzaro. La vita di queste due persone sembra scorrere su binari paralleli: le loro condizioni di vita sono opposte e del tutto non comunicanti. Il portone di casa del ricco è sempre chiuso al povero, che giace lì fuori, cercando di mangiare qualche avanzo della mensa del ricco. Questi indossa vesti di lusso, mentre Lazzaro è coperto di piaghe; il ricco ogni giorno banchetta lautamente, mentre Lazzaro muore di fame… . Nell’al di là la situazione si è rovesciata: il povero Lazzaro è portato dagli angeli in cielo presso Abramo, il ricco invece precipita tra i tormenti. … Finché
Lazzaro stava sotto casa sua, per il ricco c’era la possibilità di salvezza, spalancare la porta, aiutare Lazzaro, ma ora che entrambi sono morti, la situazione è diventata irreparabile.” Ai tempi di san Francesco d’Assisi c’era un frate che alla sua morte riuscì ad entrare per la porta del Paradiso semplicemente perché quando era in vita apriva la porta del convento ai poveri per sfamarli, quando questi bussavano per chiedere aiuto: “Un certo Giovanni, uomo di grande valore nel mondo, … indossato
La celebrazione eucaristica è sicuramente l’Amore. L’Amore di Dio per noi: il cristiano è colui che si è lasciato attrarre dall’Amore di Dio e quindi si riunisce in un’assemblea di fratelli; si pone in ascolto del Vangelo per dare senso, significato, direzione al proprio Amore. Con questa Parola unito insieme ai fratelli entra in Comunione con Gesù Cristo nella consapevolezza e con l’impegno di diventare ciò che ha ricevuto, cioè “Pane spezzato “per un mondo nuovo. La celebrazione Eucaristica inizia con l’invito ad entrare nell’ospitalità di Dio che ci chiama e ci accoglie nella Sua Casa: la Grazia
del Signore nostro Gesù Cristo, l’Amore di Dio Padre e la Comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi. All’Eucaristia si è invitati per diventare ospiti di un banchetto che ci rende familiari a Dio, permettendo di alimentarci del Suo Amore, come Dio, facendoci commensali al Suo Banchetto, ci rende Suoi familiari, ed ecco che l’Accoglienza fraterna porta alla familiarità dei rapporti tra noi, figli dell’unico Padre che sta in Cielo. Dopo l’accoglienza della Celebrazione Eucaristica, c’è una parte ampia dedicata alla Parola di Dio che viene proclamata; ascoltata, a cui
l’abito e fatta la professione nell’Ordine, esercitò fino alla vecchiaia l’ufficio di portinaio. Questi, poco prima di morire, predisse con certezza l’ora del suo decesso, dicendo che egli doveva salire in una sola notte un monte molto alto; ma quando era arrivato a metà, arrampicandosi con le mani e i piedi, sfinito disperò di poter andare più avanti; ed ecco, molti fanciulli, saltellando di gioia e con il volto allegro, gli gridarono dalla cima: « Ehi, frate Giovanni, perché ti fermi? Sali!». E subito alcuni lo presero tra le braccia, altri per la corda e altri per le maniche, e lo trassero su allegramente fino in cima alla montagna. « Io credo, egli disse, che i piccoli e i poveri che io ho sfamato alla porta con i resti della mensa dei frati, mi aiuteranno a raggiungere il cielo»; e così dicendo, spirò nelle mani del Salvatore” (FF 2577) . Se riusciremo anche noi ad aprire e spalancare la porta del nostro cuore, con l’aiuto che solo lo Spirito Santo può donare, riusciremo con semplicità ad aprire anche la porta di casa a chi bussa per qualsiasi bisogno e il Signore di sicuro aprirà per noi quella di Casa Sua quando busseremo.
bisogna dare una risposta. L’Amore di Dio per l’umanità, contenuto nel Sacrificio della Croce offerto nell’ Eucaristia, comprende anche quella - Parola di Verità – sull’uomo che viene proclamata nella Liturgia della Parola. Pertanto l’Amore del cristiano non può limitarsi ad una serie di buone azioni, ma comporta principalmente “sedersi ai piedi di Gesù” per ascoltare la Sua Parola sull’esempio di Maria di Betania per scoprire la “Verità cristiana”, sull’uomo e sulle varie situazioni della vita. L’Amore di Dio per noi si manifesta come dono senza misura. “Ora, sembra invece che l’umanità vada nauseandosi del gran dono della mia reale presenza su questa terra! Ed il mio Cuore ne è addolorato, afflitto! Anche fra i miei più intimi tante volte non trovo quella comprensione e corrispondenza di cui avrei bisogno ed anche diritto… Si faccia, dunque, conoscere, amare e glorificare l’Eterno divino Spirito e il mio Cuore sarà soddisfatto!” (Gesù a M. C. Venturella – dal libro Potenza Divina d’Amore 09/04/1966). Continua…
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Personaggi 28 maggio 2016
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SPARASPILLI la meritata celebrazione postuma del “personaggio” Di Antonio Lubrano
L'
ultima festa postuma di Sparaspilli Si è conclusa alla grande. In tantissimi gli amici l’altra sera gli hanno tributato l’ulteriore, doveroso e meritato omaggio post mortem, nella sala superiore gremita del noto Bar Calise di piazza degli eroi a Ischia, messo generosamente a disposizione dal patron Emiddio Calise. Una celebrazione del personaggio Sparapilli organizzata dalla moglie Carla e dai figli Giancarlo e Livio e condotta da Ciro Cenatiempo. Vi sono stati gli interventi di Geppino Cuomo che ha ricordato gli ultimi giorni di Sparaspilli impegnato con lui a mettere insieme i pensieri che sarebbero comparsi nel suo ultimo libro Zibaldone, del sottoscritto cha ha raccontato alcuni episodi particolari che in pratica avevano fatto di Sparaspilli un singolare personaggio che la storia isolana non potrà non tenerne conto, i saluti e ringraziamenti del figlio Livio e della moglie Carla. Intanto si cominci a riconoscergli che da giovane fino a pochi anni fa Sparaspilli è stato un
teatrante creativo e che per il suo impegno continuo ed intenso nel teatro e nel mondo dello spettacolo ad Ischia e in America, merita che il suo paese lo ricordi e lo gratifichi degnamente con l’intestargli il nuovo Teatro Polifunzionale di via Morgioni. In tale direzione si muoverà un gruppo di amici di Sparaspilli con una specifica proposta/richiesta che sarà indirizzata al Sindaco di Ischia e alla sua amministrazione con la viva speranza che trovi accoglienza. Chi è Sparaspilli? Al secolo Giovanni Lauro è nato ad Ischia il 4 febbraio del 1920 da Pasquale Lauro e Filomena Messina. E’ il primo di sei figli. Viene alla luce col piglio dell’attore che dimostrerà più avanti nei vari ruoli in cui vivrà la sua lunga, intensa e poliedrica vita in famiglia, tra gli amici, nel teatro, sul lavoro, nella società. Nel febbraio del 1940 parte militare e a Taranto si imbarca sulla nave della Regia Marina “Alessandro Volta” con cui raggiunge Pola e poi la Grecia in piena seconda guerra mondiale. La sua nave viene affondata, ma Sparaspilli riesce a salvarsi. Successivamente arriva in Turchia, Siria ed Egitto e da ultimo in Palestina. I segni della
guerra cambiano Sparaspilli. Di ritorno ad Ischia apre nel Centro storico di Ischia Ponte un accorsato negozio di alimentaria con alcune primizie denominandolo SPARASPILLI – L’appellativo è un vero e proprio nome d’arte perchè gli deriva dal ruolo del personaggio Sparaspilli della celebre commedia MA CHI E’ da egli stesso interpretato. Ha fondato la FISALUGO (Filodrammatica San Luigi Gonzaga) che operava nella vecchia sala del Seminario ad Ischia Ponte, successivamente si aggregò alla filodrammatica don Bosco al Porto d’Ischia con Eduardo Canestrini e Giannino Messina giovani teatranti ai primi passi sul palcoscenico. Nel 1951 si diploma al liceo artistico. Si iscrive all’università di Napoli all’accademia delle belle arti di Napoli, scegliendo la Facoltà di Architettura con un breve periodo di frequentazione. Sparaspilli, dai talenti nascosti, si scopre buon suonatore di mandolino, un discreto pianista, pittore eccellente, barzellettista intrattenitore e capocomico da palcoscenico ed infine animatore di comitive festanti. Nel 1952 lascia l’isola e raggiunge la propria famiglia in san Pedro di California.
Negli Stati Uniti si cimenta in svariati lavori fino a quando non apre un grande supermercato che lo chiama Portofino e un programma radio settimanale tutto suo il domenicale “Italy: Words and Music”. Produce ed organizza grandi spettacoli per la Comunità italo-americana portando sul palcoscenico dei più grandi teatri della California artisti italiani come Domenico Modugno, Claudio Villa, Nino Taranto, Al Bano, Mario Merola, Iva Zanicchi, Umberto Tozzi, Orietta Berti, Milva, Gianni Morandi, Romina Power, Luciano Virgili, Mike Buongiorno, Rosanna Fratello, Massimo Ranieri, Sal e Mario da Vinci, Gloria Cristian, Marcella Bella, Enzo Gagliardi e da Ultimo Gaetano Maschio, Filomena Piro e Maestro Peppino Iacono. Dal 1969 sposò la napoletana Carla Paglionico che gli ha dato due Figli Giancarlo e Livio entrambi sposati che vivono in California dove sono nati. Ha scritto tre libri che sono tre perle di letteratura popolare in cui ha ricordato gli amici della sua vita scomparsi e che ora ha ritrovato nell’aldilà. antoniolubrano1941@gmail.com Giovan Giuseppe Lubrano
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Teatro
28 maggio 2016
kaire@chiesaischia.it
“Invito alla corte dei Borbone” Tornano in scena gli Uomini di Mondo con una visita guidata teatralizzata nata dalla collaborazione con l’attuale stabilimento termale militare ospitato nel palazzo dell’Antica Reggia di Ischia. Mercoledì 1 Giugno alle ore 20,30 e alle 22,00 PALAZZO REALE DI ISCHIA Piazza Antica Reggia - Ischia Visita guidata teatralizzata del Casino Borbonico con Pierpaolo Mandl, Valentina Lucilla Di Genio, Valerio Buono, Rossella Murolo, Alessandra Criscuolo, Corrado Visone, Agnese Elia, Enzo Boffelli, Paolo Feliciello. SCRITTO da Corrado Visone REGIA di Valerio Buono La Casina Reale dei Borbone apre per una suggestiva visita guidata teatralizzata, un’immersione nell’atmosfera di fine settecento, per rivivere i fasti dell’Antica Reggia, quando una piccola isola si ritrovò al centro degli intrighi delle corti europee. Ischia, 28 luglio 1794. Inizia la storia. Il Re si muove per le stanze svagato, a caccia di una folaga, un babà o una contadina prosperosa. La Regina medita piani di vendetta contro la Francia e i giacobini. Philip Hackert dipinge come un naturalista ogni angolo del Regno. La Corte è in fibrillazione, attende ospiti. Francesco Buonocore, discendente della famiglia costruttrice della Villa, condurrà gli ospiti nei cortili e nelle stanze del Palazzo Reale. Il “Casino Borbonico”. costruito nel 1735 come villa privata, fu realizzato dal protomedico ischitano Francesco Buonocore, passò di mano ai Borbone che ne fecero luogo privilegiato di villeggiatura. Francesco Buonocore, guida d’eccezione, accompagnerà i partecipanti alla scoperta dei segreti, della storia, e delle curiosità dell’antica Reggia. Gli ospiti incontreranno Re Ferdinando e la Regina Maria Carolina, l’affascinante Lady Hamilton, il pittore di corte Philip Hackert, e altri protagonisti della storia del Regno di Napoli alla fine del Settecento. L’Associazione Uomini di Mondo è una compagnia teatrale nata nel dicembre 1999 sull’isola d’Ischia dall’unione artistica tra Valerio Buono e Corrado Visone. Si
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lavora sul teatro di ricerca, sul teatro originale, sull’adattamento da autori stranieri, sul teatro di strada, in un periplo tra gli infiniti teatri possibili. Dal 2013 fa parte della Federazione Italiana di Teatro Amatoriale. Dal 2014 organizza il Premio Aenaria che si svolge a Ischia nel Teatro Polifunzionale. Dal 2015 si affianca alla produzione artistica una realtà laboratoriale e sperimentale chiamata ORT, Officina Riparazioni Teatrali. Ingresso: € 8,00 Durata: 70 minuti Ingresso solo su prenotazione al 3477569844 www.facebook.com/uominidimondo
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IL SABATO DI MARIA Ogni sabato del mese di maggio nella Chiesa del Convento S. A N TO N I O (lato parcheggio) ore 21.00 recita del S. Rosario, canto delle Litanie e Consacrazione a Maria
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