Pianifica Palermo

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PROPOSTE INTEGRATE PER UNA CITTÀ CREATIVA, SOSTENIBILE E CONDIVISA

a cura di Emanuele Messina Giovanna Vella

Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca

investiamo

nel

vostro

Ministero dello Sviluppo Economico

futuro



Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca

investiamo

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Ministero dello Sviluppo Economico

futuro


Questo e-book è stato pubblicato nell'ambito del progetto PON 04a3_00448 Sapere Tecnico Condiviso vincitore del bando "Smart cities and social innovation", PoN 84 Ric. ISBN 9788890985300 Edizioni ArchxArch Š 2014


Pianifica Palermo Indice

SEZIONE I Nuovi strumenti per ripensare le città: partecipazione, creatività e sapere diffuso - Prefazione: Etica e paradigmi del re-cycling urbanism di Maurizio Carta

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- Pianificazione partecipata e creatività urbana condivisa di Emanuele Messina

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- La condivisione dei saperi tecnici come strumento di partecipazione di Giovanna Vella

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SEZIONE II Pianificazione partecipata: dalle proposte dei cittadini alla progettazione urbana - Costruire la città con gli abitanti: vedere, sentire, ascoltare di Salvatore Tarantino - Osservare una realtà: la borgata Boccadifalco di Fabiana Sampino - Sviluppo Urbano e Cittadinanza Attiva @ Maredolce: un E-TM per la II Circoscrizione di Palermo di Federica Cappello, Adriano Rao, Rossella Vella - Maredolce: un Castello ed il suo Parco come motore per la riqualificazione urbana della

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borgata storica di Brancaccio di Francesca Montagna - Il ruolo della partecipazione nei processi di riqualificazione urbana. di Simona Albanese, Rocco Barletta, Dario Tramontana - L’Albergheria rinasce dalle idee di Marta Carbone, Gioacchina Catanzaro, Stefano Lo Greco, Salvatore Maltese, Valentina Spigolon, Vincenzo Spina

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- Pianificazione partecipata ed un piano d’azione per il Mandamento Palazzo Reale di Fahmida Islam, Cristina Pistone, Vincenza Puglisi

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- Progettazione Partecipata Zona Espansione Nord di Palermo. Agenda 21 Locale come pratica partecipativa per il recupero urbano di Federica Cappello, Adriano Rao

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SEZIONE III Riqualificazione e rigenerazione urbana: quartieri, periferie, contesti storici - Le periferie nelle dinamiche di trasformazione urbana di Elisabetta Costantino, Laura Lo Piparo - Analisi orientata alla riqualificazione: lettura ed interpretazione del quartiere Oreto-Stazione di Palermo di Salvatore Abruscato, Marcellocalogero Blanda - Progetto di Recupero e Riqualificazione: Sant’Anna al

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Pianifica Palermo Indice

Capo/Guilla di Valentina Candela, Katia Antonina Carcione, Francesca Costanzo, Vincenzo Ferrigno, Maria Teresa Pollara, Valentina Spigolon - La nuova Piazza Magione: riqualificazione dello spazio urbano per nuove centralità sociali, turistiche e culturali di Emanuele Messina, Michele Spallino, Rossella Vella

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SEZIONE IV Mobilità, ambiente e cultura: creatività ed azioni innovative per le città del futuro - Palermo a tre all'ora Proposte per una slow city di Vito Angelo

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- La nascita di un Orto Urbano a Parco Uditore di Alessandra Mercurio

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- Recupero e Riqualificazione di Villa Belmonte di Alessandra Mercurio, Francesca Montagna, Maria Teresa Pollara, Pasquale Salvo

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- Palermo, nuova città di mare di Marco Corsini

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- La candidatura UNESCO di Palermo, Monreale e Cefalù: visioni integrate per il rilancio socio-economico del territorio di Emanuele Messina, Pietro Sardina

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- Linee strategiche di sviluppo per una città creativa di Sabrina Adelfio

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SEZIONE V Verso la smart city: sostenibilità, innovazione e cittadinanza attiva - Condivisione delle risorse: la sfida per costruire un domani sostenibile di Andrea Baio (Associazione Mobilita Palermo)

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- Il ruolo delle nuove tecnologie per la partecipazione nella pubblica amministrazione di Lorenzo Lunardo, Francesco Paolo Urone

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- La condivisione dei progetti come opportunità per i nuovi strumenti urbanistici: Palermo città creativa, intelligente e sostenibile di Francesco Gravanti, Emanuele Messina

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SEZIONE I Nuovi strumenti per ripensare le città: partecipazione, creatività e sapere diffuso

La creatività è senza dubbio la risorsa umana più importante. Senza creatività non ci sarebbe progresso e ripeteremmo sempre gli stessi schemi. Edward De Bono



Prefazione Etica e paradigmi del re cycling urbanism

Prefazione Etica e paradigmi de re-cycling urbanism

Da più di un trentennio il modello italiano di sviluppo urbano e territoriale è stato erosivo, dissipativo, inquinante ed entropico. E la crisi economica globale e l’esaurimento delle risorse pubbliche in debito hanno squarciato il velo che copriva la realtà a chi non voleva sapere. Non abbiamo solo consumato suolo con la voracità di 8 mq al secondo, ma abbiamo consumato soprattutto le strutture identitarie e le trame vegetali, abbiamo anestetizzato i metabolismi urbani e interrotto i cicli delle acque, dei rifiuti e della mobilità. Abbiamo eroso la capacità dell’urbano di intrattenere una relazione osmotica con il rurale, abbiamo sedato la capacità produttiva e generativa della manifattura, abbiamo dimenticato il valore rigenerativo della manutenzione edilizia. Se vogliamo cogliere le opportunità della metamorfosi che la crisi ci offre, l’urbanistica e la pianificazione territoriale devono saper affrontare la sfida della revisione di paradigmi, protocolli e strumenti per progettare le città, per riattivarne i capitali geografici, culturali, relazionali e umani, per garantire nuove forme di convergenza tra sostenibilità culturale economica, ambientale e sociale. Pianificare nell’era della metamorfosi ci impone di capire che siamo di fronte ad un salto di innovazione che deve ampliare il campo d’azione dell’urbanistica, che ne deve rivedere i paradigmi cognitivi e interpretativi, ma soprattutto che deve ristrutturare gli strumenti di azione. Ho già scritto che siamo di fronte alla nascita di un recycling urbanism di cui ho iniziato a indagare genealogie, a riconoscere epistemologie e a definirne i

Maurizio Carta Ordinario di Urbanistica Università degli Studi di Palermo

Infografica sul consumo di suolo in Italia 1956-2010 (fonte ISPRA 2012)

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Schema delle componenti della Circular Economy in confronto all’approccio dissipativo della Linear Economy (fonte Ellen MacArthur Foundation)

Mappa di Palermo Re-loaded con individuazione delle aree di riciclo urbano (fonte Re-cycle Italy, 2014)

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protocolli in Reimagining Urbanism (List Lab, 2013). Riciclo non è solo una delle principali parole chiave dell’azione progettuale dell’urbanistica, dell’architettura e del design, ma è uno dei più potenti pensieri-guida per la trasformazione da una economia lineare dissipativa ad una economia circolare rigenerativa per città e paesaggi che vogliano percorrere la strada della sostenibilità, della qualità e della creatività. La questione non riguarda solo il riutilizzo dei materiali, degli spazi, degli edifici o dei rottami urbani, quanto invece la necessità di definire un “paradigma del rinnovo dei cicli”, cioè un re-ciclo come rigenerazione – architettonica, culturale, sociale ed economica – degli insediamenti urbani attraverso una immissione in nuovi cicli di vita dei complessi urbani, dei tessuti insediativi e delle reti infrastrutturali in dismissione, in mutamento o in riduzione funzionale. Riciclare le città per sperimentare una crescita senza espansione e uno sviluppo senza consumo, vuol dire non solo utilizzare le macerie/materie delle miniere delle città in metamorfosi di sviluppo, ma vuol dire agire sulla innovazione degli stili/cicli di vita, sui


Prefazione Etica e paradigmi del re cycling urbanism

comportamenti/valori e soprattutto sulla regolazione/progettazione dei re-insediamenti. Negli ultimi anni ho lavorato sulla re-loaded city: una città creativa, intelligente ed ecologica capace di ripensare modelli di comunità urbana per reinventare le forme dell’insediamento a partire dalla “ri-attivazione” della formata dai capitali urbani scartati, perché in dismissione, in mutamento o relegati ai margini (la reversing city). Nel re-cycling urbanism le risorse dello scarto, i residui di sviluppo e le dismissioni funzionali possono concorrere in maniera più creativa e meno erosiva a ridisegnare il modo con cui ci muoviamo, per chiudere i cicli energetici, per ritessere rapporti creativi con l’ambiente, per produrre nuovo paesaggio e per alimentare culture insediative capaci di attivare nuovi metabolismi urbani, ma anche di reagire agli scenari di declino. Le città dovranno agire entro un nuovo capitalismo – sintesi della innovazione della terza rivoluzione industriale, dell’azione dei makers e startuppers e della coesione della circular economy – più responsabile e capace di rimodellare gli obiettivi della produzione dei beni materiali e immateriali, ma soprattutto capace di ripensare il modello insediativo: un nuovo pensiero olistico che produca riusi, ricicli ed evoluzioni creative. L’impegno degli amministratori, degli urbanisti, degli architetti e delle imprese sarà quello di lavorare su insediamenti urbani caratterizzati dalla eccedenza e sovrapproduzione di complessi urbani in mutamento, tessuti insediativi in dismissione e reti infrastrutturali in trasformazione, i quali dovranno essere affrontati attraverso azioni di modifica, di rimozione o di reinvenzione grazie a cui le componenti vengono ricreate, senza distruggerle ma mutandone le funzioni perseguendo un’ottica generativa e aumentando la loro resilienza creativa.

Esperimenti di resilienza nella rigenerazione urbana dell’University District ad Atene e schema dell’efficienza dei cicli energetici e delle acque

Esperimenti di resilienza nella pianificazione urbana di Monaco, proposta come una “Agropolis” fondata sul tessuto di orti urbani, parchi agricoli e aree permeabili

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Arduino è il protagonista della nuova era della smart city low cost e dell’estensione della filosofia open-source all’architettura, al design e all’urbanistica

La responsabilità urbanistica per città che tornino a essere accoglienti per le persone, attrattive per le idee, generative per le imprese e solidali per gli arcipelaghi di comunità impone di attuare azioni concrete per garantire un nuovo equilibrio tra rurale, urbano e urbanizzabile, tra trame paesaggistiche e orditi infrastrutturali, non solo ponendo limiti al consumo di suolo ma soprattutto stimolando, incentivando e premiando il riutilizzo delle zone già urbanizzate e la densificazione delle funzioni. Pianificare nell’era del re-ciclo urbano significa farsi guidare da una nuova visione, lungimirante per guardare lontano nell’orizzonte dell’innovazione, ma anche capace di riguardare indietro a sapienze, rituali e pratiche. Servono anche paradigmi efficaci e progetti concreti intesi come impegni che devono agire per un’urbanistica che sappia influire sul metabolismo urbano, ricombinando il codice genetico contenuto nelle aree di riciclo, spesso frammentato o tradito, ma ancora in grado di generare nuovo tessuto urbano. Sono ormai numerose le tracce che ci fanno riconoscere la presenza pervasiva – ma ancora sottotraccia – del re-cycling urbanism a partire dai suoi paradigmi fondamentali. 12


Prefazione Etica e paradigmi del re cycling urbanism

FARM Cultural Park a Favara è uno degli esempi più completi di rigenerazione urbana di un’area del centro storico, rinata grazie all’azione concreta dell’arte contemporanea e dei cittadini responsabili

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Il primo è il paradigma della resilienza che ci spinge ad adottare un atteggiamento elastico e dialogico in cui la flessibilità delle funzioni, la permeabilità degli spazi e l’adattabilità degli insediamenti non vengano più affrontati come problemi puramente concettuali e spaziali, ma vengano messe in relazione con il portato sociale, economico e tecnologico che oggi entra a far parte della costruzione della città, diventando temi/strumenti/norme del progetto della “resilienza” urbana. Il paradigma della resilienza produce pratiche, genera quartieri o intere città con un nuovo metabolismo, capaci di gestire meglio i cambiamenti climatici o mutamenti idrogeologico, capaci di assorbire le inondazioni producendo nuova forme urbane liquide, soprattutto degli spazi pubblici. L’acqua, ad esempio, anche quando alluvionale o inondante, diventa materia di progetto per essere assorbita da parchi, strade e piazze permeabili, sia per alleviare il sistema fognario sia per creare nuove spazi collettivi legati all’acqua e che respirano con essa. L’iniziativa “Arripigliala” a Favara è uno dei più recenti effetti moltiplicativi della presenza di FARM, frutto di una estensione del ruolo dei giovani cittadini nel recupero delle aree degradate o abbandonate

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Prefazione Etica e paradigmi del re cycling urbanism

Nella crowdsourcing society in cui viviamo, il paradigma della condivisione ci richiede un’elevata sinergia tra la nuova poli-centralità dei servizi, la struttura edilizia molecolare e l’offerta di servizi tecnologici sempre più wireless e cloud based. I nuovi tessuti urbani derivanti dal riuso dovranno essere sempre più permeati da componenti digitali che si compongono e ricompongono tra producer e consumer intercettando le domande dei cittadini, le loro percezioni e le loro esigenze di funzionalità e di comfort, e arricchendole con le loro richieste di conoscenza ed esperienza e con la domanda di democrazia, contribuendo all’unione fra le reti digitali e quelle fisiche creando le condizioni per riattivare la nuova città pubblica. Accanto agli urbanisti, i makers, i fablabers, gli urban farmers e i co-workers sono i nuovi protagonisti della città contemporanea, attori dell’economia, della politica e della società nella terza rivoluzione industriale in cui siamo entrati. I cittadini tornano ad essere produttori: diventano agricoltori per animare parti di città dismessa attraverso l’agricoltura urbana, diventano lavoratori della conoscenza attraverso gli atelier o gli incubatori creativi, producono eventi culturali attraverso il crowfunding, gestiscono teatri e servizi culturali, costituendo un formidabile arcipelago di sensori/attuatori della città.

Barcelona Mini Maker Faire, evento che ha ospitato dimostrazioni ed esibizioni creative di oltre 30 makers, per introdurre adulti e bambini a questo fenomeno in continua crescita ed espansione

Fab Lab House, Barcellona. Progetto sperimentale di una casa energeticamente autosufficiente

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Il recupero urbano creative-driven di via Vallicaldi ad Agrigento ha costituito l’avvio di una potente e inarrestabile dinamica di rigenerazione urbana del centro storico promossa dai giovani e dalle associazioni

Il Nautoscopio a Palermo è stato una delle prime installazioni di land art ed oggi ha contribuito all’autorecupero di una piccola spiaggia urbana nell’ambito del processo di rigenerazione del waterfront.

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Infine, il paradigma della rigenerazione dello spazio pubblico attiva non solo luoghi della socialità, ma incentiva la rinascita di nuovi mestieri che affiancano quelli tradizionali, rivitalizzandoli, modificandoli e adeguandoli alle mutate domande dei nuovi consumatori consapevoli. La città delle opportunità innovative richiederà sempre più spesso non solo l’esercizio della creatività, della visione strategica, del progetto ecologico e della gestione innovativa, ma anche progetti integrati e tattiche urbanistiche dello spazio collettivo accompagnate da una costante valutazione degli effetti delle scelte e dal controllo delle performances. Nuovi spazi pubblici, iper-paesaggi e architetture parassite colonizzano sempre più spesso le aree urbane abbandonate, in attesa o sottoutilizzate, producendo nuovi e più seducenti reticoli molteplicemente percorribili e che connettono le nuove funzioni culturali, educative ed ecologiche. Nella già ampia cassetta degli attrezzi dei re-cycling urbanists dovranno trovare posto programmi di rigenerazione urbana basati su distretti di riciclo urbano, all’interno dei quali integrare e valorizzare la domanda pubblica, la riduzione del consumo, gli incentivi energetici e fiscali e l’esigenza privata di interventi di riqualificazione. La loro fattibilità dovrà essere sostanziata dalla stipula di patti di riciclo a sostegno dei distretti, a fronte di progetti di sostenibilità ambientale e sociale, valutati sulla base di parametri di riciclo riguardanti gli edifici, gli spazi pubblici, la mobilità, il ciclo dei rifiuti e l’infrastrutturazione digitale. Il re-cycling urbanism chiama gli urbanisti all’impegno di una nuova responsabilità e una nuova ermeneutica del progetto che non si accontenti di una disruptive innovation ma persegua una creatività generatrice fatta di cure per i luoghi, di recuperi di relazioni e di riattivazioni di produzioni che tornino ad alimentare cicli di vita, a


Prefazione Etica e paradigmi del re cycling urbanism

coltivare i talenti degli abitanti, ad attrarre idee, a generare innovazione, a produrre nuove economie e a rafforzare reti di solidarietà. Logo dell’evento Pianifica Palermo, tenutosi dal 17 al 19 dicembre 2013 presso lo spazio espositivo della Real Fonderia di Palermo.

E a questo potente richiamo etico rispondono con vigore, passione e competenza i giovani urbanisti di Pianifica Palermo con le loro proposte e progetti per una città creativa, sostenibile e condivisa. Sono tutti pianificatori formati e allenati al progetto nel Corso di Laurea Magistrale in “Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Ambientale” dell’Università di Palermo che ho l’onore di coordinare. Essi, con bravura tecnica e passione civile, ci propongono nuovi modi di guardare la città e i quartieri e modalità innovative di progettazione del paesaggio. Ci mostrano processi creativi di pianificazione partecipata e progetti orientati al riciclo. Ci espongono nuove visioni urbane e ridefiniscono in forme sostenibili le infrastrutture. Tutti i progetti per Palermo contenuti nel libro sono orientati alla riattivazione dei potenziali latenti della città, oppure a quelle aree-risorsa che sono state escluse dalle scelte di un modello di sviluppo caratterizzato da politiche urbane insensibili ai capitali culturali ed ecologici 17


La creatività urbana condivisa che attraversa tutti i progetti come un filo conduttore viene declinata in modo efficace perché non si limita ad un mantra o ad una retorica, ma diventa filtro interpretativo, strumento di azione, ma soprattutto paradigma progettuale. La creatività si completa quindi con le complementari categorie urbanistiche della reattività delle risorse e della attività delle persone. Nel complimentarmi con i pianificatori curatori e autori del libro, ringrazio tutti i colleghi che hanno seguito le esercitazioni e le tesi che vengono qui pubblicate e sono certo che l’iniziativa di Pianifica Palermo produrrà la necessaria perturbazione per innescare l’indispensabile dinamismo politico, culturale e sociale per fare di Palermo una città creativa, sostenibile e condivisa. Barcelona, 6 luglio 2014

Breve bibliografia illustrata del Re-cycling Urbanism

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Pianificazione partecipata e creatività urbana condivisa

Pianificazione partecipata e creatività urbana condivisa

Il verbo “condividere”, mai come adesso di grande attualità, è entrato nell’uso comune come mezzo/strumento per far conoscere pensieri, immagini, visioni e tutti quegli elementi che possono essere colti da un ipotetico interlocutore. Superando l’originale significato di “utilizzo comune e congiunto” è diventato uno strumento per mettere insieme e immettere in un sistema di relazioni nuovi tipi di risorse. L’espressione materiale o immateriale, assume così un valore differente se viene mostrata alla comunità, intendendo oggi con questo termine una rete di soggetti a scala globale. Nella meccanica dei social network, la condivisione innesca dibattiti, crea implicitamente nuove visioni e punti di vista, diventa oggetto di riflessione e critica; può diventare, in altri termini, il punto di partenza per nuove azioni creative. Di fatto, insegnare o imparare, non sono altro che un passaggio o una condivisione di conoscenze ed esperienze; un processo che porta sempre a nuove potenzialità ed opportunità positive costituendo il punto di partenza per il cambiamento. Cambiamento che andando incontro a valori o bisogni quasi universali, spinge verso interventi e azioni che diventano, per l’appunto, “condivise”. La pianificazione territoriale si fonda da sempre su due elementi principali: il territorio in tutte le sue componenti (culturali, ambientali, economiche, ecc.) e gli abitanti che su questo vivono e compiono azioni e trasformazioni. Dal primo scaturiscono le risorse su cui fondare le azioni da scegliere e intraprendere, dai secondi si traggono

Emanuele Messina

Mappa della diffusione dei social network (RiaNovosti, 2011)

Opera del noto e misterioso artista Banksy. Attraverso la street art messaggi e ideologie “condivise” diventano accessibili e visibili a tutti. Gli artisti e le loro opere raggiungono poi la celebrità grazie alla diffusione via internet e i nuovi media.

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Tecnica di progettazione partecipata del planning for real

Bambini intenti a partecipare al “gioco” del planning for real. Il loro apporto creativo li rende elemento cardine e innovativo del processo partecipativo

esperienze e conoscenze a vari livelli in base al contesto in cui si muovono, al loro stato socio-economico, l’età, ecc. Ai fini di un’attenta pianificazione del territorio, tale banca dati integrata risulta di fondamentale importanza. La conoscenza degli elementi territoriali, se pur fondamentale, necessita sempre di interfacciarsi con l’utente finale che dovrà attuare le scelte intraprese. Affinché queste scelte non vengano subite, ma attuate positivamente, l’apporto “umano-creativo” deve essere sempre preso in grande considerazione. Con queste premesse nasce la pianificazione partecipata, una pratica che mira al coinvolgimento della popolazione locale nelle scelte da attuare sul territorio. E’ in questo contesto che la condivisione agisce: il tecnico condivide con i cittadini i dati frutto di analisi territoriali mentre gli abitanti condividono bisogni, necessità, esperienze, proposte. Un’azione circolare in cui la conoscenza, passando da un soggetto all’altro, si arricchisce e si evolve. Il processo partecipativo si attua attraverso numerose tecniche (planning for real, town meeting, tavoli tecnici, workshop, brainstorming, questionari, ecc.) tutte pratiche votate a raccogliere la banca dati posseduta implicitamente dai cittadini. Sono loro infatti che inconsciamente assorbono costantemente gli elementi del territorio facendoli propri e percependoli in maniera differente in base alla “storia personale” di ognuno. Il ruolo del pianificatore territoriale diventa quindi quello di facilitatore per uno sviluppo locale che parta dal basso. La sua capacità dovrà essere quella di sapere cogliere i differenti apporti che i cittadini possono dare alla visione futura del territorio. Questi vengono infatti chiamati a confrontarsi sulle problematiche evidenziate lanciando proposte e soluzioni. Una cittadinanza capace di analizzare la propria condizione e quella del contesto in

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Pianificazione partecipata e creatività urbana condivisa

cui vive, ma attiva e propositiva verso il miglioramento. Gli input così creati dovranno infatti essere tenuti in considerazione e tradotti in azioni, politiche e progetti. Obiettivo finale sarà quindi delineare delle azioni che, provenendo dai cittadini stessi, siano da loro ben accolte: in altri termini, condivise. Un’azione condivisa, in questo caso, si presenta come un elemento sorretto dal parere di più soggetti, ma è fondamentale anche che tale azione sia conosciuta. Come abbiamo visto infatti, la condivisione della conoscenza avviene in un processo ciclico in cui tecnico e cittadino imparano l’uno dall’altro vicendevolmente. La comunicazione finale completerà il processo di pianificazione partecipata presentandosi come premessa alla realizzazione degli interventi. La necessità di utilizzare questo approccio evidenzia la sua importanza se confrontato con il fenomeno NIMBY (“Not In My Back Yard”, letteralmente “Non nel mio cortile”). Tale approccio consiste nel ritenere alcuni interventi necessari per conseguire determinati obiettivi (nuovamente) condivisi, ma contemporaneamente nell’opporsi alla realizzazione degli interventi necessari per ottenerli se questi vengono localizzati nel proprio territorio di appartenenza. Una semplificazione è ad esempio la volontà comune di poter accedere a efficienti e moderne infrastrutture viarie, ma nel contempo non volere un ponte autostradale a pochi metri da casa. Questa problematica racchiude al suo interno lacune partecipative e comunicative evidenti. La pianificazione partecipata tiene conto invece di un triplice aspetto: il coinvolgimento della popolazione; la condivisione delle esperienze al fine di formulare proposte; una comunicazione finale con valenza di report che attiva una valutazione in itinere.

Vignetta di Dave Granlund che ironizza sui “sintomi” del fenomeno NIMBY

La condivisione nella pianificazione partecipata crea nella popolazione una nuova consapevolezza, ovvero quella 21


Mappa della copertura Wifi di un ambito urbano della città di Perth

Comuni-Chiamo, una delle sempre più diffuse piattaforme online per la segnalazione di problematiche cittadine con rapporto diretto verso le istituzioni

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di poter assumere un ruolo attivo nella trasformazione dello spazio urbano. Un ruolo creativo in quanto le problematiche vengono affrontate per trasformarle in azioni. Gli attori di questo processo diventano i cittadini stessi, che assumono il ruolo di motori della rigenerazione urbana. Tale rigenerazione è avviata proprio dalla creatività che, attingendo alle risorse locali e alle esperienze dei cittadini, trasforma lo spazio urbano attraverso progetti ed interventi condivisi. L’apporto del pianificatore aggrega così le conoscenze e le esperienze alle analisi e alle tecniche progettuali fino a formare una creatività urbana condivisa. Un sentimento attivo che partendo da conoscenze diffuse si inserisce nel pensiero collettivo evolvendosi in azioni. L’apporto partecipativo trasformandosi in creatività permette di tradurre necessità e bisogni in forme attive: trasformazioni che, richieste dalla collettività, trovano terreno fertile dove svilupparsi. Anche interventi non esplicitamente richiesti dalla popolazione, ma ugualmente necessari, possono innescare processi creativi condivisi se supportati da un’adeguata comunicazione e inseriti in un’azione partecipativa. Se il benessere collettivo è il fine ultimo di ogni azione urbana e territoriale, allora le scelte dovranno essere condotte sempre in quella direzione. Interventi in questa direzioni saranno mostre o eventi per la diffusione


Pianificazione partecipata e creatività urbana condivisa

della progettazione urbana ed occasioni di partecipazione attiva per la popolazione locale. Il web ed i nuovi mezzi di comunicazione, sempre più a portata di tutti, alimenteranno un dialogo a largo spettro e che non necessitando di spazi reali o di grandi investimenti, potrà ugualmente raggiungere un pubblico vasto e diversificato. Piattaforme che uniscono cittadini e istituzioni, facilitando le relazioni e la realizzabilità delle opere creando al tempo stesso un filo diretto fra stakeholder e soggetti decisionali. La creatività in campo urbano si muove quindi grazie alla modernità e alla condivisione di esperienze e tecniche. La città diventa un nuovo campo sperimentale per applicare proposte nate dal basso, ma che guardano al futuro in un’ottica sostenibile ed aperta a tutti. Educare all’azione propositiva e alla conoscenza delle risorse territoriali per inserire nella coscienza collettiva capacità di problem solving creativo; questi propositi devono essere alla base di ogni attività partecipativa da intraprendere per riattivare la città e i cittadini. La pianificazione partecipata non deve costituire una semplice comunicazione istituzionale o uno “specchietto per le allodole” in cui si da un’illusione ai cittadini. Deve invece assumere un ruolo attivo-istruttivo il cui risultato finale sarà la formazione di una dinamica collettiva capace di svolgere un ruolo nella trasformazione del territorio. Una governance che partendo dal basso, riesca a cogliere con maggiore facilità le problematiche del territorio e dei suoi abitanti e che, grazie al loro coinvolgimento diretto, li gratifica e li motiva al cambiamento. Le mutazioni socio-economiche saranno così diretta conseguenza delle trasformazioni urbane.

La pratica del "Placemaking" ovvero il coinvolgimento degli abitanti per la riappropriazione e la riqualificazione dello spazio urbano

Se in questo periodo di crisi le istituzioni si muovono con lentezza e difficoltà, deve essere la popolazione locale ad attivarsi come motore per il cambiamento. “Non 23


Il Grande incendio di Londra, dipinto di Anonimo, 1670. Da eventi negativi ricomincia il cambiamento con maggior forza e fermezza

La città incantata, film di animazione di Hayao Miyazaki. Un mondo parallelo ricco di contrasti e problematiche che verranno risolte dalla protagonista cambiando il modo di vivere e pensare dei differenti personaggi della storia

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possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le Nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura” (Albert Einstein, 1956). Il mutamento del cittadino da soggetto che subisce le scelte a motore attivo può avvenire quindi grazie alla partecipazione e la creatività condivisa. Sono infatti le peggiori condizioni ad imporre il cambiamento con maggiore forza e decisione; sia che esse siano frutto di un lungo processo sia che avvengano in maniera inaspettata. Il grande incendio di Londra del 1666 nonostante abbia causato morte e distruzione, ha poi restituito una città completamente rinnovata ed una nuova concezione del sistema urbano. Questo esempio testimonia come dalla negatività possano nascere occasioni per ripensare nuovi modelli di sviluppo. La città diventa luogo di sperimentazione per mettere in pratica conoscenze provenienti da differenti ambiti urbani, ma che hanno scaturito risultati positivi. La condivisione di esperienze di successo può infatti innescare nuova creatività nei soggetti attivi che replicano, adattano o rinnovano buone pratiche. La creatività urbana condivisa assume in questo caso il ruolo di attivatore socioeconomico e progettuale, in cui lo scambio arricchisce e ispira il cambiamento. La diffusione della connessione globale, favorisce questo scambio di esperienze. Se condividere assume il significato di un utilizzo comune degli stessi elementi, in ottica di rete globale, le risorse cui si attinge sono comuni ad ogni abitante del pianeta. Vi sarà allora una condivisione delle risorse, ma anche delle esperienze e successivamente delle azioni creative intraprese. Non si tratta però di una mera ricopiatura o di un adattamento di pratiche in contesti urbani differenti fra loro. L’apporto partecipativo permette infatti di confrontarsi essenzialmente con il bagaglio di esperienze


Pianificazione partecipata e creatività urbana condivisa

della popolazione locale che contiene al suo interno tutte quelle specifiche identitarie del territorio. Conoscere quali alternative o quali interventi si possono intraprendere per il benessere collettivo in un contesto di crisi o di risorse scarse, avvia sempre un dialogo creativo votato al cambiamento. L’identità locale svolgerà così il ruolo di catalizzatore in quanto, unito alla consapevolezza delle risorse del territorio, può assumere una funzione creativa e innovativa.

Il nuovo waterfront di Marsiglia fra cultura, identità e risorse antiche e contemporanee

I principi della sostenibilità sono ormai associati a visioni “green” o comunque strettamente legate alla tutela delle componenti ambientali. Tutti i possibili impatti sull’ambiente arrecati da azioni, strategie, politiche, vanno sempre analizzati, mitigati e possibilmente eliminati. Scarsa considerazione hanno però spesso gli impatti sociali che tali azioni possono avere sulla popolazione. E’ stata già evidenziata l’importanza della comunicazione e della partecipazione attiva; al tempo stesso si è fatto accenno al fenomeno NIMBY come causa dei rallentamenti nella realizzazione di opere spesso necessarie alla comunità. Ma che ruolo può avere la creatività condivisa di fronte agli impatti socioeconomici? Un’azione nata con il favore del maggior numero di soggetti, si presenta fin da subito come una proposta maggiormente realizzabile. Un intervento che si configura come frutto di un processo creativo condiviso non può prescindere da analisi sulla sua sostenibilità in Europa City, Manuelle Gautrand Architecture. Progetto urbano di una nuova città sostenibile nei pressi di Parigi

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Farm Cultural Park, nuova realtà contemporanea che ha fornito un nuovo ruolo internazionale alla cittadina siciliana di Favara

tutti i contesti ambientali, sociali, economici, ecc, ma possedendo al suo interno componenti frutto di un processo comune, facilita la sua valutazione. Una valutazione a priori si può completare solo se svolta anche durante la realizzazione dell’intervento (in itinere) e in fase successiva. Il coinvolgimento attivo dei soggetti nella realizzazione di un’opera faciliterà le operazioni valutative per poter intervenire tempestivamente in caso di mutazioni delle condizioni considerate o per mitigare eventuali rischi sopraggiunti. Nascono così nel contesto della contemporaneità le città creative e le startup cities, luoghi in cui viene facilitata l’aggregazione e l’attivazione di persone, risorse e idee. Spazi dedicati al co-working o agli incubatori di impresa, devono sempre più inserirsi nel tessuto economico cittadino, così da facilitare un dinamismo attivo e autonomo. Al tempo stesso si sviluppa un riuso creativo dello spazio urbano: aree dismesse, contesti sotto utilizzati, costruzioni abbandonate, si trasformano grazie all’attività di volontari, associazioni, gruppi spontanei. In contemporanea si sviluppa una nuova forma comunicazione: la street art. Massima forma d’arte “diffusa” ed accessibile a tutti perché realizzata all’interno

FRICHE di Marsiglia, area dismessa restituita alla cittadinanza e trasformata in centro innovativo per servizi socioculturali. Un nuovo polo urbano che segna la volontà di creare un nuovo senso di comunità e di avere accesso a tipologie di servizi moderni e accessibili a tutti

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Pianificazione partecipata e creatività urbana condivisa

dello spazio urbano, moltiplica il suo valore comunicativo attraverso la condivisione attraverso il web e i nuovi media. Si pone anche come strumento per la riqualificazione dei tessuti cittadini e forma per esprimere innovazione e cambiamento. Vengono così restituiti alla città e ai cittadini spazi che il tempo o i mutamenti socioeconomici hanno sottratto alla comunità. Si innescano nuove attività condivise coinvolgendo un ampio spettro di fruitori in un panorama di azioni che spazia dagli orti urbani agli skate park, dalle sale convegni alle biblioteche di quartiere, dai laboratori alle sale espositive, ecc. Nascono nuovi poli spesso autogestiti in cui confluiscono idee, creatività, opportunità di sviluppo e cambiamento. Contesti che si trasformano per riattivare la città e i cittadini così da rendere lo spazio urbano nuovamente un polo attrattore. Questo non deve essere capace di attrarre solo flussi turistici, ma “ri-attrarre” quella parte di popolazione che si sposta in cerca di condizioni migliori. Il capitale umano infatti rappresenta la principale risorsa che possiede una città ed è al tempo stesso quella più fragile, delicata e soggetta a impatti e cambiamenti; la riappropriazione di una città attiva e creativa potrà invertire la rotta attuale consentendo ad un enorme

Inaugurazione degli orti urbani CAAB a Bologna. Gli spazi assumono funzioni "antiche" come quelle ad uso agrario per rispondere a necessità moderne legate alla socializzazione, alla qualità del cibo e all'uso sostenibile delle risorse

Florentijn Hofman, Rubber Duck, Hong Kong, 2013. La creatività, come l’arte, mira a stupire per costringere a ripensare lo spazio, il territorio, il tessuto sociale

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bacino di idee di impiantarsi e fiorire nel loro contesto di appartenenza.

Natalia Rak, opera di street art

La creatività urbana si arricchisce così di nuovi elementi strettamente legati alla condivisione: la partecipazione attiva, la conoscenza e la diffusione delle esperienze, la consapevolezza del cambiamento dal basso, la riduzione degli impatti, nuove capacità attrattive. Azioni creative condivise si muovono oggi con gran velocità attraverso i social network. I gruppi aggregano interessi comuni a problematiche diffuse permettendo il flusso di informazioni e di idee. Le istituzioni devono quindi essere in grado di inserirsi in questa rete e facilitare i processi partecipativi per attingere ad una preziosissima fonte di risorse. Sarà compito del pianificatore territoriale, figura cardine in questo processo creativo, a trasformare in progetti, azioni e politiche quanto lanciato dai cittadini così da rendere la creatività urbana condivisa il nuovo modo di ridisegnare le visioni sostenibili per uno sviluppo urbano veramente smart e a portata di tutti. BIBLIOGRAFIA: M. Carta, Creative City. Dynamics, Innovations, Actions, List, Barcelona, 2007 M. Carta, Pianificazione Territoriale e urbanistica - Dalla conoscenza alla partecipazione, Medina, Palermo, 1997 A. Einstein, Il mondo come io lo vedo, Newton Compton, Roma, 1975 B. Lecoq, “Publics, usages, espaces : en finir avec les cloison?” in : BISBROUCK Marie-Françoise (dire.) ; préf. de RENOULT Daniel. Bibliothèques d’aujourd’hui : à la conquête de nouveaux espaces, Paris : Electre- Éditions du Cercle de la Librairie, 2010 G. Richards e R. Palmer, Eventful Cities: Cultural Management and Urban Revitalisation., Elsevier, London, 2010 F. Trapani (a cura di), Partecipazione e concertazione territoriale nelle arene decisionali. Esperienze e casi di studio nei contesti locali e regionali, Sagaprint s.r.l., Soverato, 2006

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Progetto, partecipazione e condivisione. Diffusione dei saperi tecnici come strumento partecipativo

Progetto, partecipazione e condivisione. Diffusione dei saperi tecnici come strumento partecipativo

Forze di adesione e coesione. Sono questi i termini, quasi evocativi, che definiscono scientificamente il fenomeno fisico della capillarità e che, non a caso, si configurano come efficaci strumenti di una comunità partecipata. Quest’ultima costituisce un soggetto che con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione si impone sempre più all’attenzione di chi si occupa di architettura, con rinnovate e diverse peculiarità. Così come rinnovato è il protagonismo del singolo individuo, che attraverso coordinamento con gli altri, la possibilità connessioni immediate figlie dell’ICT e la circolazione diffusa delle notizie rivendica un nuovo e più consapevole ruolo all’interno dei processi decisionali e della comunità. La questione è attuale ed è ormai leggibile tra le righe d e l l e  c r o n a c h e  i n t e r n a z i o n a l i :  i l  t e m a  d e l l a partecipazione, coinvolge oggi l’architettura in maniera biunivoca. Da una parte si propone come finalità progettuale, attraverso una visione organica degli interventi volta ad una ricostituzione consapevole del tessuto urbano disgregato e, in parallelo, alla ricostruzione del tessuto sociale. Dall’altra, e questo è un tratto distintivo dei nostri giorni, la partecipazione si accosta a problematiche connesse non soltanto con l’architettura e la gestione del territorio, ma impone all’attenzione della società le “emergenze” e le esigenze collettive, in particolare la necessità di integrazione scaturita da una compagine sociale che si mostra sempre più variegata e polietnica. Il confronto con l’utenza, con i fruitori, assume quindi un carattere sempre più preponderante e la distanza tra chi progetta

Giovanna Vella

Bisogni e necessità degli utenti. Vignetta satirica realizzata dal prof. B. Colajanni (Archivio Colajanni)

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Fotomontaggio rappresentativo del caso Previ-Lima (1969). Nel 1965 il presidente Fernando Belaúnde Terry apre le consultazioni per un programma di edilizia sociale in grado di gestire il crescente flusso di popolazione che interessava la città: nasce il Projecto Experimental de Vivienda. Patrocinato dalle Nazioni Unite, il progetto riguardava la realizzazione di un quartiere sperimentale ed un concorso al quale furono invitati tredici architetti di fama internazionale e tutti gli architetti peruviani interessati all’impresa. L’obiettivo era quello di sviluppare metodi e tecniche che consentissero di realizzare delle abitazioni a basso costo e soprattutto flessibili. L’esperienza, che ha visto la realizzazione di più tipologie, studiate da architetti di diverse nazionalità, costituisce ad oggi un unicum, nel panorama mondiale ed ha dato luogo a contaminazioni e cooperazioni che hanno coinvolto la popolazione.

Previ: proposta metabolista (Giappone)

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e chi deve “vivere” il progetto si accorcia sempre più, quasi indipendentemente dalla distanza quella reale. Parallelamente si espande e muta anche il concetto di opinione pubblica, entrando in una dimensione in cui ciascuno è de facto nelle condizioni di criticare, in senso lato, un’architettura che viene realizzata nella propria città, regione o paese, ponendosi quasi come interlocutore diretto attraverso neonate piattaforme online (forum, blog, webrewiev). Queste consentono inoltre di poter divulgare un progetto già prima della realizzazione stessa e dell’iter di apporvazione, come accade non di rado nel caso dei concorsi di idee, i cui risultati sono spesso ampiamente illustrati e dibattuti sul web. “Progettazione partecipata” si configura così come una delle risposte al classico quesito “Chi progetta e per conto di chi?” e si afferma sempre più come tema centrale dell’architettura ed in particolare nelle esperienze relative al planning for real e al social housing. La gestione dei processi progettuali di democrazia diffusa, nei quali l’utenza esercita il diritto di influire attivamente nel processo decisionale ed il progettista “codifica” le istanze collettive, conferendo una dignità progettuale e tecnica alle domande della comunità, pone così questioni di metodo, a partire dall’assunto che non è in grado, di per sé, senza un’interfaccia con esperti, di apportare risultati sufficienti, né in termini dì condivisione di conoscenze, né in termini di sviluppo di processi collettivi consapevoli. Questo era vero soprattutto in passato, poiché è nel passato che il concetto di progettazione partecipata affonda le sue radici, come parecchie esperienze attestano in letteratura. Tra tutte si ricorda qui il caso emblematico del quartiere Previ a Lima, 1965 (si veda nota a fianco), ove si realizza una estrema coesione tra progettisti ed utenti, in un pattern estremamente variegato ed internazionale, al punto da rendere poi consueto il riferirsi alle abitazioni


Progetto, partecipazione e condivisione. Diffusione dei saperi tecnici come strumento partecipativo

in funzione del paese di provenzienza del team di progettazione. A Previ si può abitare in “case olandesi”, piuttosto che francesi e così via. L’iniziativa, da cui deriva un tessuto urbano sperimentale strutturato su ventisei tipologie da sperimentare, ciascuna proposto da un diverso gruppo di progettisti, era incentrata sull’idea di tipi edilizi dinamici, successivamente implementabili, spesso con soluzioni modulari, dagli abitanti stessi, assunti quasi letteralmente ad elemento misuratore del progetto. Dagli anni Sessanta ad oggi l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, una rinnovata accessibilità ed, infine, i consistenti mutamenti sociali hanno riportato questo tema al centro del dibattito architettonico, eppure di questa esperienza passata va ricordato e mutuato, rivisitandolo, il principio per il quale alle tante “archistar ante litteram” che parteciparono vennero accostati architetti autoctoni e, soprattutto, l’interazione con gli abitanti. Territorialità, identità e contesto sono quindi le risposte chiave; sebbene mutate le condizioni socioculturali si renda necessario elaborare nuovi approcci. Questi devono necessariamente tenere in considerazione due aspetti fondamentali: da una parte le Cosa è un “Sapere Tecnico”: esempi delle attività del progetto in un poster presentato alla Notte della Ricerca 2013

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Localizzazione sul territorio palermitano degli interventi effettuati con la legge 25/80. (Tratto da: S. Pennisi, T. Basiricò, Costruire la casa, Fotograf, Palermo, 2006)

Molti i documenti afferenti a questo periodo in corso di censimento e digitalizzazione nell’ambito del progetto Sapere Tecnico Condiviso, sia relativamente al territorio palermitano, sia a livello regionale. Tra gli interventi incentrati su Palermo e compresi nel database si ricordano a titolo di esempio: - Affidamento in concessione interventi nn. 7 e 9 in località Borgo nuovo, lotti n. 1 e n. 3, Palermo - Intervento n. 5 e 6 in località Oreto. Piani di zona n. 3 e 13, isolato n. 1. e nn. 2 e 3 - Affidamento in concessione intervento n. 6 legge 25/80 per 95 alloggi nel quartiere Bonagia, Palermo - Piano di zona n. 5

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questioni normative e procedurali; dall'altra le scelte appunto di metodo. In questo senso non si può prescindere dalla necessità di “istruire” quell’opinione pubblica che rivendica nuovamente, e a ragion veduta, un ruolo attivo. L’accessibilità dei “saperi tecnici” diviene quindi il fulcro della vicenda, laddove questo concetto è alla base della conoscenza dei luoghi, della diffusione capillare dei dati, della condivisione del sapere. Dibattito, interazione ed esigenze vanno calati cioè in un contesto di conoscenza, in quanto è questa l’unico reale strumento di consapevolezza. E di tale consapevolezza non possono essere privi gli utenti coinvolti nei processi decisionali sul territorio ed altresì i progettisti. E’ in questo modo che è nata una liasion tra partecipazione e condivisione ed in particolare una connessione tra il progetto Sapere Tecnico Condiviso e le iniziative di progettazione partecipata che hanno coinvolto studenti e laureandi del corso di Pianificazione Urbanistica, Territoriale ed Ambientale, sul territorio palermitano. Sapere Tecnico Condiviso è una iniziativa di “innovazione sociale”, finanziata da MIUR nell’ambito del bando “Smart cities& Social innovation”; Pon 84 Ric. Il progetto si propone, almeno sul territorio siciliano, di costruire un database di disegni, progetti, raccolte iconografiche, documenti e testimonianze che trattano il tema del patrimonio costruito, favorendo l’accessibilità appunto ai “saperi tecnici” inerenti l’architettura siciliana. Rilievi, progetti, interventi ed anche progetti non realizzati, che possano suggerire differenti visioni del territorio e porre le basi per una gestione consapevole del patrimonio costruito locale. La crescita stessa di questo database è basata sui principi della condivisione e della partecipazione; ed è verso quest’ultima che può configurarsi come ulteriore strumento metodologico, laddove è chiaro che senza conoscenza, senza analisi dello stato dei luoghi, senza una visione storicizzata di


Progetto, partecipazione e condivisione. Diffusione dei saperi tecnici come strumento partecipativo

brani della città che talvolta apparententemente poco hanno di storico, intenso in senso storico-monumentale, ma – al contrario – molto hanno da dire in termini di vicissitudini e questioni che hanno determinato lo status quo, non è possibile operare delle scelte efficaci. E questo è vero sia che si intenda operare in termini di puro “recupero tecnologico-costruttivo”, sia che si operi effettivamente su una riorganizzazione delle risorse territoriali. Sulla base di questi principi il database è stato volutamente orientato al censimento e all’acquisizione non soltanto dell’edilizia storica siciliana, ma anche e soprattutto di progetti di grossi insediamenti residenziali e di edilizia pubblica. Parecchi gli interventi che riguardano le zone periferiche di Palermo, basti pensare che buona parte della documentazione proveniente dall’archivio del Prof. Ing. Benedetto Colajanni, uno degli archivi pilota del progetto, tratta appunto l’edilizia residenziale pubblica e la costruzione di quartieri di edilizia economica e popolare, collocabili per lo più nel decennio compreso tra gli anni Settanta ed Ottanta, nelle zone di Borgo Nuovo, Bonagia, Medaglie d’Oro e Sperone. Lo studio di tale documentazione lascia emergere la discrasia che talvolta si determina tra la fase progettuale ed attuativa dei progetti, evidenziando le motivazioni architettoniche e procedurali che ne hanno determinato un buono o un cattivo esito, ed attestando comunque una qualità scientifica e costruttiva che spesso si sostanzia nell’adozione di procedimenti costruttivi industrializzati, all’epoca certamente innovativi. Emerge talvolta il ruolo del progettista e la sua attenzione verso l’utenza, nonchè la volontà di tessere connessioni effettive con il nucleo urbano presistente, come avviene nel caso del progetto per Borgo Nuovo a Palermo, che imponeva da Bando una struttura di sei insediamenti, ciascuno in grado di ospitare 500 abitanti. In questo caso,

Intervento aBorgo Nuovo. Planimetria e profili (Archivio Colajanni)

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Progetto (esecutivo) di 64 alloggi da realizzarsi nel Piano di zona n. 5 PeeP, in località Bonagia (lotto 5a), Palermo,1980. Pianta dei piani terra (archivio Colajanni)

Planimetria. Affidamento in concessione intervento n. 6 legge 25/80 Per 95 alloggi nel quartiere Bonagia,Palermo - Piano di zona n. 5 (Archivio Colajanni)

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l'impianto proposto viene reinterpretato, organizzando ciascun lotto con due complessi di edifici, strutturati intorno ad uno spazio comune e con volumetrie ed altezze differenti, tali da garantire una connessione visiva con la città e la realizzazione di nuclei comunitari interconnessi. Anche il caso del quartiere di Bonagia risulta emblematico e si afferma con forza nel suo essere riproposto come caso studio dagli studenti che hanno preso parte all’evento Pianifica Palermo. Nell’analisi proposta dai ragazzi, come si vedrà di seguito, si attesta con convinzione la necessità di recuperare la memoria e le vicende dell’area oggetto di studio per poter intervenire consapevolmente. Ed è nel solco di questa consapevolezza che, attraverso la condivisione dei dati di progetto già a disposizione del database, emerge la volontà dei progettisti di conferire al complesso “il valore di una ricerca progettuale che contenesse un minimo di innovazioni funzionali e avesse una dignità formale che lo distacchi dalla corrente immagine di una edilizia residenziale pubblica periferica e anodina”, come si riporta nella relazione generale, ed è paradossale rilevare che tale premessa coincida effettivamente con le criticità riscontrate negli studi attuali. La conoscenza delle ragioni progettuali, ma anche delle


Progetto, partecipazione e condivisione. Diffusione dei saperi tecnici come strumento partecipativo

teniche costruttive, si configura quindi quale background di una progettazione partecipata, laddove una convergenza di intenti può facilitare l’individuazione del potenziale inespresso dei luoghi, catalizzandone le trasformazioni positive. E questo aspetto coinvolge gli utenti, ma soprattutto diviene uno strumento responsabile a servizio degli operatori che si occupano della gestione del territorio e del recupero edilizio. In tal senso non va dimenticata l’importanza della tutela di documenti che attestino i caratteri costruttivi ed i particolari tecnologici dei manufatti, ancor più laddove l’intervento di riuso includa l’adeguamento o il miglioramento sismico e strutturale. In casi come questo una documentazione approfondita, comprensiva dei dettagli costruttivi (carpenterie, distinte dei ferri, etc) può fare la differenza in termini stesura del piano delle indagini e di scelta dei metodi di calcolo. Infine non si può tralasciare ultimo aspetto, che in parte esula dall’esperienza “Pianifica Palermo”, ma che di quest’ultima continua a sviluppare lo spirito, proprio in ragione della sua vocazione più prettamente urbanistica, e si tratta infatti di tutti quei documenti che attestano l’evoluzione non di brani di città e porzioni di territorio, ma di interi insediamenti comunali: Piani di recupero, Piani regolatori generali, Programmi di fabbricazione, concorsi. Il database offre un quadro, purtroppo non esaustivo, ma comunque ricco, di testimonianze che documentano l’evoluzione di paesi e città siciliane, Augusta, Racalmuto, Menfi, S. Agata Militello, S. Stefano di Camastra, per citarne alcune. Questa documentazione può costituire un punto di partenza per un dibattito partecipato sullo sviluppo del territorio, in particolar modo per quelle realtà geograficamente meno esteste, ove la strutturazione di un’interfaccia cittadino-pubblica amministrazione risulterebbe scalata su una dimensione più gestibile.

Santo Stefano di Camastra. Piano Regolatore Generale. 1990 Autori: Roberto Calandra, Umberto Giorgio, Nino Vicari (Archivio Vicari)

Augusta: Concorso per Il Prg (1960): 1° premio. Autori: Antonio Bonafede, Salvatore Prescia, Nino Vicari (Archivio Vicari)

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Si ringraziano i Partner e gli archivi aderenti al progetto.

Alla data odierna sono operative le attività di censimento, digitalizzazione e condivisione presso i seguenti archivi: - Enti e Pubbliche Amministrazioni a) Ente Sviluppo Agricolo b) Archivio Casa Professa, Palermo - Archivi Privati a) Archivio professionale Prof. ing. Benedetto Colajanni b) Archivio professionale Prof. ing. arch. Antonio Cottone c) Archivio professionale arch. Diana Latona d) Archivio professionale arch. Giovanni Rao e) Archivio professionale Prof. ing. Nunzio Scibilia f) Archivio professionale Prof. ing. Nino Vicari

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D’altro canto non si può negare che sono molte le Pubbliche Amministrazioni che si muovono in questa direzione. La stessa Palermo oggi si fregia di un Assessorato alla partecipazione, orientato al coinvolgimento dei cittadini, e propone tematiche quali gli Open Data. Ciò nonostante è evidente che manchino le professionalità e le risorse economiche per fornire la giusta risposta in tempi brevi e lo attesta il rinnovato interesse per l’associazionismo orientato sia alla tutela, accessibilità e valorizzazione dei beni architettonici; sia alla gestione partecipata del territorio e delle sue risorse strutturali. Se l’avvento dell’Information Tecnology ha quindi apportato notevoli agevolazioni, r nell’approccio gnoseologico e conoscitivo che caratterizza la ricerca storico-archivistica, fa da contraltare ai notevoli benefici che provengono da questo processo di informatizzazione la considerevole lacuna che si viene a creare con l’assenza di alcuni beni archivistici – spesso relegati al di fuori o ai margini di questa rete. Con l’accessibilià di fonti utili alla tutela, valorizzazione e alla gestione del patrimonio costruito si pongono quindi le basi per uno sviluppo territoriale consapevole e trasparente, che possa divenire un effettivo percorso verso un “Sapere Tecnico Condiviso”.

Bibliografia: G. Candilis, A. Josic, S. Woods, Previ/Lima, Low Cost Housing Project, Architectural Design 1970, no. 40, April, 1970 S. Pennisi, T. Basiricò, Costruire la casa, Fotograf, Palermo, 2006 E. Saporito, Partecipazione e progetto. La creazione collettiva di senso nelle esperienze di progettazione partecipata, Tesi di laurea, Rel. Spaziante, Agata and Robiglio, Matteo. Politecnico di Torino, 1. Facoltà di Architettura, Corso di Laurea in Architettura (Progettazione urbana e territoriale) , 2008 A. Cottone, T. Basiricò, S. Bertorotta, G. Vella (a cura di), Benedetto Colajanni. Opere, progetti, scritti in onore., Fotograf, Palermo, 2010


SEZIONE II PianiďŹ cazione partecipata: dalle proposte dei cittadini alla progettazione urbana

Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo. Mahatma Gandhi



Costruire la città con gli abitanti: vedere, sentire, ascoltare

Costruire la città con gli abitanti: vedere, sentire, ascoltare

Tra le falde meridionali di Monte Pellegrino e il mare sorge una delle borgate di Palermo: l' Arenella, cinquantaquattresima Unità di Primo Livello. Nata come piccolo borgo di pescatori, il suo nucleo storico si sviluppò attorno alla tonnara Florio durante l'Ottocento. Attualmente il suo antico tessuto ha subito delle modiche a causa della speculazione edilizia degli anni '60 che ha frammentato lo spazio sconvolgendo gli antichi rapporti tra lo spazio fisico della città e i suoi abitanti. Generalizzando questa breve descrizione possiamo affermare che la Città di Palermo, e, più in generale qualsiasi città, può e deve essere considerata come un organismo vivo e in continua trasformazione: così come nel corso degli anni cambiano gli spazi, così cambiano gli abitanti e i rapporti che questi hanno con lo spazio che vivono. Al fine di intercettare questo cambiamento ed arricchire la qualità delle analisi urbane, è essenziale dare dinamismo allo spazio e agli abitanti. Come? Ripensando lo spazio come prodotto sociale, come un sistema di interazioni sociali, e contestualmente guardando l’abitante come una persona con la quale poter interagire.In questa fase storica il lavoro del “planner” non è da svolgersi a tavolino, ma impone una frequentazione continua dei luoghi ed implica il coinvolgimento di una molteplicità di soggetti. Una tale visione del planner non può che richiamare l'attenzione sull'urbanistica partecipata, (o pianificazione partecipata) ovvero quella modalità

Salvatore Tarantino

I luoghi: via monsignor Riela

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di redazione di piani e progetti che assegna un rilevante valore alle proposte che emergono dal basso, espresse dai cittadini in forma libera o associata o da portatori di interessi locali.

I luoghi: verde ed edilizia economica e popolare

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Una città moderna, e in genere il territorio, sono luoghi che vedono una crescente complessità dei sistemi sociali, un moltiplicarsi degli attori in gioco, una totale assenza di forme di mediazione sociale. I cambiamenti che ha subito la città, la distanza tra la cittadinanza e la propria rappresentanza hanno aumentato negli anni all'interno della collettività la voglia di forme di consultazione e di democrazia diretta. Diventa necessario “comunicare” con gli abitanti e tra gli abitanti, ascoltare le loro voci, per comprendere e ricostruire una “immagine condivisa” della città, della circoscrizione, del quartiere: una ricerca del significato profondo che ciascuna comunità assegna ai luoghi di vita e di relazione. Come già accennato, le tecniche di progettazione/pianificazione partecipata fondano i loro principi nel coinvolgimento diretto della popolazione, tramite metodi quali: ascolto attivo/passivo, outreach, focus group, brainstorming, shadowing, intervista. Questi metodi prevedono il contatto diretto tra i tecnici e gli abitanti. Una tale concezione della pianificazione unita alla visione del ruolo del planner appena presentata sono alla base del lavoro di ricerca di seguito esposto, che si prefigge come scopo l'analisi puntuale del territorio partendo dalla descrizione delle persone che vivono la propria quotidianità nell'area di studio. La descrizione del territorio non è stata operata solo dal punto di vista tecnico, cioè di ciò che può fare l'urbanista, ma da un punto di vista più dettagliato, unendo alla visione del tecnico


Costruire la città con gli abitanti: vedere, sentire, ascoltare

la descrizione dei cittadini: andando tra la gente, chiedendo cosa pensano, cercando insieme le soluzioni, giocando con i cittadini una partita senza vincitori né vinti. Non interessa il far prevalere un soggetto su un altro, lo scopo della partita è conoscere la realtà e apprendere comportamenti nuovi, in modo da ottenere una maggiore partecipazione e legittimazione alle scelte di piano. La peculiarità di questo lavoro è rappresentata dal metodo scelto per condurre la descrizione e l'analisi del territorio, interamente affidati all'esperienza sensoriale non solo dell'urbanista, ma dei cittadini che lo vivono quotidianamente. Per perseguire questi obiettivi si è scelto di affiancare, alle tecniche classiche dell'urbanistica, quelle della Geografia Sociale, utilizzando, a tale scopo, interviste qualitative e quantitative. Nello specifico le analisi che sono state condotte riguardano: il vedere (inteso come senso che ci permette di condurre un'analisi dei documenti scritti, delle cartografie e dei piani); il sentire (dal punto di vista della percezione che l'urbanista ha del territorio) e l'ascoltare (ovvero ascoltare ciò che gli abitanti che vivono il quartiere quotidianamente hanno da dire). Col termine “vedere” intendiamo ciò che

La varietà dei contesti: insediamenti abitativi e, sotto, punta “Mastru Piddu”

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Plannig for real

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percepiamo attraverso la vista, senso mediante il quale è possibile percepire ed interpretare gli stimoli luminosi, e quindi la figura, il colore, le misure e la distanza degli oggetti. Attraverso la vista osserviamo i luoghi e gli oggetti di diversa natura. Attraverso la vista leggiamo articoli, riviste o quotidiani, siti web, tesi di laurea, guide turistiche, libri, diari, lettere, verbali del consiglio comunale, piani, PRG, progetti di riqualificazione urbana e quant'altro riteniamo opportuno inserire all'interno della ricerca. Possiamo riassumere il tutto col termine “documento”. L'analisi dei documenti rappresenta un metodo efficace per comprendere significati sociali dei luoghi, attribuzioni di valori e dinamiche d’identificazione territoriale, o il retroterra di azioni o intenzioni di decisori relative alle trasformazioni spaziali territoriali. Col termine sentire intendiamo la capacità di percepire qualcosa, di avvertire una sensazione, di apprendere, di venire a conoscenza. Si tratta di qualcosa di più profondo della semplice osservazione tramite i sensi, e riguarda processi e meccanismi di orientamento e l'attribuzione d'identità agli elementi che ci circondano, messi in atto dagli individui che riguardano le esperienze di vita quotidiana che ognuno di essi porta in sé. L'uomo non percepisce l'ambiente in maniera distinta, ma piuttosto in maniera parziale, spezzata, mista ad altre sensazioni; tutti i suoi sensi sono in gioco ma non solo, anche la memoria delle precedenti esperienze contribuisce a “creare” una “immagine” dell'ambiente circostante, così le “mappe mentali” acquistano un significato centrale nella ricerca, dandoci un’idea del peso che gli individui assegnano alle diverse componenti spaziali. Il paesaggio urbano si riforma producendo


Costruire la città con gli abitanti: vedere, sentire, ascoltare

nuovi simboli, e modi di vivere e di percepire lo spazio. Utilizzare le mappe mentali all’interno di un’esperienza di pianificazione partecipata non fa altro che mettere nelle mani del gruppo di pianificatori uno strumento che metta in luce quali elementi spaziali hanno importanza per una comunità, e rafforzarli; quali percorsi sono più utilizzati, e potenziarli; quale elemento è visto come un muro da un bambino che va a scuola, e provare ad eliminarlo; quali sono i nodi cardine della mobilità e migliorarli. Questa raccolta di segni e simboli, se opportunamente analizzata e interpretata, in fase di progettazione può dare una direzione alle scelte progettuali che includano nello stesso tempo lo spazio e le persone. Durante questa ricerca tali dati sono stati utilizzati per comprendere la mobilità interna all’area di studio così come i suoi rapporti con la città, l’accessibilità ai servizi, quali spazi sono riservati alla vita sociale e quali sono marginali e inutilizzati. L’ascolto è l’arte dello stare a sentire attentamente, del prestare orecchio. Non si tratta di un atto superficiale; in psicologia l’ascolto è uno strumento dei nostri cinque sensi per apprendere, conoscere il tempo e lo spazio che ci circonda e comunicare con noi stessi e il mondo circostante. La parola “ascolto” nasce in italiano come derivato del verbo ascoltare, che proviene a sua volta dal latino “auscultare”, cioè sentire con l’orecchio. Il significato tradizionale del termine ascolto è appunto quello che indica in genere l’azione e il risultato dell’ascoltare ed è fortemente legato al concetto di attenzione. L’ascolto è sicuramente un’arte difficile, ma se vogliamo davvero “fare” urbanistica dobbiamo ricordare che la disciplina nasce per dare risposte ai problemi della città, che non è detto che siano sempre gli stessi: cambia la

La partecipazione dei cittadini

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Vista della costa: in priomo piano alcune emergenze architettoniche, tra le quali spicca la tonnara Florio

Lo spazio antistante lo Spizio Marino

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società, cambia la città e nascono nuovi problemi. Per dare le risposte prima dobbiamo fare le domande; in questa fase storica in cui la classe politica è disinteressata ad ascoltare i propri cittadini, oggi nella governance del territorio non possiamo fare a meno di intraprendere la strada dell’ascolto attivo, o quantomeno di tentare. Per dare alla pianificazione uno strumento in più per una maggiore partecipazione della popolazione alle scelte progettuali si è scelto di dar “voce” ai residenti dell'Arenella tramite lo strumento dell’intervista tesa a mettere in evidenza il modo in cui i residenti vedono, vivono e percepiscono il quartiere, quali sono le attività maggiormente praticate, i servizi che mancano o risultano carenti, quali sono gli spostamenti effettuati e come vengono effettuati, cosa migliorerebbe il quartiere e come si potrebbe apportare tale miglioria. Per raccogliere le informazioni necessarie ed intercettare i “protagonisti” della ricerca è stata utilizzata una tecnica ibrida tra l’outreach e il planning for real.


Costruire la città con gli abitanti: vedere, sentire, ascoltare

Durante un giorno di mercato rionale è stato infatti montato un capannino, dove era stato esposto il plastico dell’area: gli abitanti, inizialmente restii, iniziano ad avvicinarsi incuriositi dalla rappresentazione del loro luogo di vita. Alcuni hanno iniziato a cercare la propria abitazione, altri la piazza preferita, altri ancora, la chiesa. Le persone che si erano avvicinate per curiosare sono diventate i soggetti della ricerca ai quali sono stati somministrati i questionari. Ai residenti più partecipi e entusiasti della novità proposta sono state presentate delle carte segnalino dove erano rappresentate delle azioni da compiere sul territorio. Le azioni riguardavano tre temi: spazi pubblici, pulizia/manutenzione, mobilità. Questa tecnica ibrida è stata molto utile non solo per la raccolta di dati quantitativi (mediante la somministrazione del questionario), ma ha permesso di avere un primo contatto con gli abitanti, di conoscere i residenti, interagire con loro e scambiare non solo opinioni ma anche contatti e-mail e numeri telefonici. Ha quindi permesso di conoscere le azioni di maggiore priorità da effettuare nel quartiere. I contatti lasciati dai residenti sono stati poi utilizzati per condurre le interviste al fine di avere una visione più dettagliata possibile del quartiere. Tramite le interviste, si è potuta focalizzare l'attenzione sui problemi rilevati dai residenti, cercando di comprendere il loro punto di vista, perchè l'intervista semi strutturata, a differenza del questionario, permetteva di volta in volta di concentrare l'attenzione su alcuni punti piuttosto che su altri, di chiedere il motivo per il quale il residente facesse certe affermazioni al fine di comprendere a fondo la sua visione del quartiere. Questo tipo di analisi ha permesso di costruire un’immagine condivisa con gli abitanti del futuro 45


della borgata, e di compiere azioni e trasformazioni maggiormente condivise dalla popolazione locale. BIBLIOGRAFIA: P. Corbetta, La ricerca sociale. Storie e teorie dei metodi di ricerca, Carocci Roma, 2007 Loda M., Geografia sociale. Storie e teorie dei metodi di ricerca. Carocci, Roma, 2008 K. Lynch, L'immagine della cittĂ , Marsilio Editori, Venezia, 1960 M. Zorzi, V. Girotto, Fondamenti di psicologia generale, Bologna, Il Mulino, 2004

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Osservare una realtà, la borgata Boccadifalco

Osservare una realtà, la borgata Boccadifalco

Fabiana Sampino

Uno degli elementi base di questo studio è la ricerca dell’identità storica di quei luoghi che occorre integrare in un processo di riqualificazione e, nel caso specifico di Palermo, acquisire un ruolo centrale nell’intervento su quella che, un tempo borgata storica, è oggi la moderna periferia. A Palermo la struttura di ogni borgata è strettamente legata al metodo di aggregazione, formazione ed alla struttura morfologica. Il nome della borgata deriva dal fiume “Falcu”, modificato con l’aggiunta della parola “Bocca”, ad evidenziare la caratteristica topografica del luogo: da qui il toponimo“Boccadifalco”. Essa è anche reminiscenza della caccia con i falchi ammaestrati, che veniva praticata in nella zona durante la dominazione sveva. La comprensione delle vicende di quest’area non può infine prescindere dal grande aeroporto militare, costruito nel 1931. Per la sua realizzazione furono abbattute diverse ville storiche: Villa Alfonsetta, Fondo Abate, Villa Bellacera-Tarallo, Villa dei Principi di Buonriposo, Villa Massa-Corsetto e Villa San Gabriele ad Altarello. Fu molto attivo durante la seconda guerra mondiale. In breve tempo acquisì rilevanza, tanto che dopo la guerra era diventato terzo aeroporto italiano per traffico, ma già nel 1960 il traffico civile era stato spostato allo scalo di Palermo-Punta Raisi. Molti quindi i mutamenti che hanno caratterizzato il territorio sino ai tempi più recenti; le testimonianze di ciò che era una volta questa borgata li ritroviamo nei racconti dei numerosi viaggiatori stranieri ed italiani che nei secoli hanno visitato Palermo e la Reale Riserva di Boccadifalco. Questo passaggio conoscitivo rappresenta

Raccolta di fotografie storiche della borgata di Boccadifalco. Posta in posizione elevata rispetto a Palermo, è sempre stato un contesto urbano legato al territorio pede-montano e alle reti infrastrutturali di penetrazione

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Stralcio dell’area del PRG del 1962

Scalinata pedonale

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di

collegamento

interno

una fase necessaria nel processo di interpretazione delle identità territoriali, che passano attraverso l’ascolto del luogo, inteso come percorso cognitivo che si articola non soltanto attraverso indagini sul sistema fisico che lo configura, ma anche per mezzo di ricerche sugli elementi ed i caratteri originari. L’immagine che oggi ci viene restituita Riserva di Boccadifalco è quella di un territorio segnato dal fenomeno dell’urbanizzazione diffusa. La campagna che sopravvive ai margini della borgata conservando ancora gran parte del suo straordinario patrimonio paesaggistico, ha drasticamente ridotto la propria capacità di sussistenza, da sempre legata alla prossimità urbana e ad una sapiente organizzazione irrigua, trasformandosi lentamente in una campagna urbanizzata che presenta caratteri insediativi molto diversificati. Un esempio viene dato dalla pianura occidentale della campagna residuale, che conserva ancora gran parte del suo ricco patrimonio d’origine, e si presenta oggi estremamente frammentata dalla crescita urbana che ha stravolto gli antichi sistemi di irrigazione; anche se risulta prevalentemente abbandonata, in attesa di una probabile edificazione, conserva ancora una successione di aree agricole marginali ed un consistente tessuto agricolo legato soprattutto alla presenza delle proprietà demaniali del Reale Sito di Boccadifalco. Sono quindi state analizzate le previsioni del nuovo Piano Strategico di Palermo per Boccadifalco: il progetto ha tra le finalità il potenziamento e la localizzazione di servizi di rango sovralocale e di grandi attrattori metropolitani, anche a supporto del sistema imprenditoriale. Sul piano del tessuto urbano, tali interventi – siano essi di nuova edificazione, di recupero o di rifunzionalizzazione del patrimonio immobiliare pubblico in disuso – costituiscono l’occasione per la riqualificazione dell’area, grazie all’adozione di criteri di qualità architettonica ed edilizia sostenibile, di importanti porzioni di territorio: esse sono dunque l’area dell’aeroporto Boccadifalco, l’area del Fondo Uditore e l’area limitrofa all’Istituto Zootecnico


Osservare una realtà, la borgata Boccadifalco

Sperimentale, ambito in cui il Piano Strategico situa una Nuova Centralità Urbana e in cui trova posto il nuovo Centro Direzionale Regionale. Altro elemento di forza del presente Progetto Cardine è il mantenimento dell’aeroporto di Boccadifalco, la cui gestione è stata recentemente acquisita dall’Enac S.p.A.; l’aeroporto, attualmente ad uso militare, dovrebbe in futuro ospitare la scuola palermitana dell’aviazione civile ed un aeroporto cittadino riservato a jet privati. Fra le trasformazioni più evidenti vi è la creazione della nuova Tangenziale Interna (che taglia totalmente i monti della tenuta di Borbonica, distruggendo l’unico polmone naturale ancora vivo della borgata) consentendo di collegare in modo veloce ed efficiente il nuovo polo direzionale, l’aeroporto e la Cittadella della Polizia con il resto della città ed il resto del territorio alleggerendo il carico di traffico sui tessuti residenziali vicini(come la circonvallazione).

Elementi strutturali dell’area

Si arriva così alla questione della tipologia residenziale elemento fondamentale che viene oggi tradotto in “tipologia di residenti”. A Boccadifalco l’edilizia storica, si è sviluppata sotto le pendici di monte Caputo, e si trova protagonista di un tessuto che disegna il vecchio tracciato storico attraversato dal canale Boccadifalco e “Boccadifalco”, Pina Calì, 1935

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Verifica delle realizzazione e dei vincoli del PRG vigente

Previsioni del Piano Strategico

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Maltempo, successivamente una prevalenza di ville “dei grandi” (chiamate cosi dai residenti) e di una forte edilizia economica e popolare, ha portato la borgata a raggiungere limiti che sfiorano l’assurdo, dove dietro l’imperativo “speculare” sorgono edifici anche laddove era impossibile farlo, generando paradossi che vedono finestrature a ridosso di cortine rocciose, che negano qualsivoglia panoramicità, luce, o altro requisito necessario al benessere dell’individuo. I problemi urbanistici sono, infatti, intimamente connessi a quelli del benessere sociale e dell’ordinata evoluzione della civiltà, al punto da identificarsi con essa. L’obiettivo, nel dimensionamento dei servizi pubblici, deve essere infatti quello della funzionalità del sistema di attrezzature offerte alla comunità, in riferimento alle aree la cui estensione globale è data dallo standard, attraverso una verifica puntuale delle situazioni sociali e urbanistiche della zona, dimensionando, quindi, i servizi coerentemente con le reali esigenze della comunità locale. Nel quartiere di Boccadifalco sono stati individuati, attraverso uno studio a diretto contatto con i luoghi, diversi problemi urbanistici, dall’uso di “parcheggi impropri”, imposto dalla mancanza di parcheggi all’interno della borgata, causando congestione e creando difficoltà ai cittadini che sono costretti a transitare sulla carreggiata; alla mancanza di “luoghi di aggregazione”. Questi sono veramente esigui all’interno della borgata; una villa urbana pro-forma, quasi inaccessibile nei mesi caldi, poichè copertura o riparo dai raggi del sole; un giardino dell’infanzia, fruibile solo la mattina quando i bambini sono a scuola e viceversa, nelle ore pomeridiane chiuso, costringendo i piccoli a giocare per strada. Al contrario non mancano i “luoghi poco frequentati dalla cittadinanza”, la grande maggioranza dei residenti della borgata non conosce i poco valorizzati, ma suggestivi percorsi, scorci paesaggistici e i resti di mura presenti dentro la riserva borbonica di Boccadifalco, dove ancora oggi sono


Osservare una realtà, la borgata Boccadifalco

presenti testimonianze storiche della storica tenuta di caccia. Non si può infine tralasciare il “traffico e congestione veicolare”, nodi di blocco veicolare collocati accanto alle scuole e nella piazza centrale dove il traffico è particolarmente intenso per cui il caos e la congestione veicolare aumentano nelle ore di punta quando attività commerciali e le scuole chiudono; condizione acuita dai cosiddetti “mezzi pubblici”, sostanziati nell’unico mezzo di collegamento fra il quartiere ed il centro storico della città: la linea Amat 327 (Piazza IndipendenzaBoccadifalco). Questa, che da piazza indipendenza percorre la via Cappuccini, via Pitrè fino alla piazza di Boccadifalco dove fa capolinea, è affiancata solamente dal bus navetta che attraversa la borgata nel suo tessuto storico e la collega con la contrada di Altarello e Baida. Anche il rischio geomorfologico rappresenta un dato tangibile, sostanziatosi nel “vecchio canale del Maltempo”, attualmente lasciato al degrado e all’abbandono, aggravando la questione critica delle “residenze al piano terra e la loro scarsa igiene”. All’interno del quartiere troviamo che quasi tutti i piani terra sono ad uso residenziale, nonostante le scarse condizioni igieniche, quali sporcizia, spazzatura e scarico veicolare, che mettono a rischio la salute dei cittadini. L’aspetto sul quale soffermarsi, quindi, è la necessità che ha l’urbanistica di controllare le quantità e le qualità, concetti che entrano in gioco nella modificazione dello spazio. A partire dallo stato di fatto, è stato sottoposto un questionario chiuso ad un gruppo rappresentativo di 22 persone (11 maschi e 11 femmine) dai 15 ai 75 anni, che abitano o frequentano in maniera assidua il quartiere Boccadifalco. Obiettivo del questo questionario è stato quello di individuare il punto di vista dei cittadini sul loro quartiere; quali sono secondo loro le problematiche principali del, com’è il rapporto con gli altri cittadini, etc. Ѐ’ emerso che più della metà dei residenti nella borgata di Boccadifalco non è soddisfatta del proprio quartiere, per cause che spaziano dal degrado sociale, la continua

Edilizia a ridosso della roccia: paradossale caso di edificazione incontrollata con conseguente rischio geomorfologico e strutturale

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Restituziione grafica sintetica dei dati frutto del processo partecipativo avviato. La cittadinanza è stata coinvolta attraverso interviste e somministrazione di questionari quantitativi e qualitativi. Il target interessato varia in base al tessuto sociale e fascia di età. Il grado di soddisfazione riferito alla vivibilità nel quartiere evidenzia difficoltà legate a problematiche quali la sicurezza, la mobilità e la disponibilità di spazi pubblici. Le problematiche raccolte sono così confluite in linee di indirizzo strategiche per una visione condivisa

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Osservare una realtà, la borgata Boccadifalco

delinquenza che comprende fasce d’età molto giovani, alla mancanza di servizi. E’ inoltre emerso che Boccadifalco negli anni sia mutata in modo negativo, con uno spreco di territorio che ha visto l’edilizia subentrare al verde. La ricerca di soluzioni e proposte per migliore il benessere urbano e sociale della città, partendo dalla base del quadro critico sopra citato, è iniziata con l’obiettivo di trasformare le deboli previsioni di tutela e pubblica fruizione presenti nel Prg, in un ben più valido strumento di salvaguardia da perseguire anche attraverso l’apposizione da parte della locale Sovrintendenza di un vincolo paesaggistico sull’intera area del potenziale parco: per ottenere questa finalità, si è proceduto ad avviare un processo di Agenda 21 locale, determinando quelle che sono le linee d’azione per il miglioramento del sito. Partendo quindi dai dieci commintments di Aalborg si è cominciato dal concetto di “Governance, più partecipazione”: coinvolgere i cittadini della borgata Boccadifalco, attivamente, tramite consigli di quartiere, conferenze, effettuati all’aperto, a partecipare ai processi decisionali, così da dare possibilità alla popolazione di confrontare le varie opinioni e proposte, al fine di migliorare la vivibilità, e rendere le decisioni importanti del quartiere, chiare e trasparenti.

Linee d’azione condivise per riqualificazione urbana della borgata

la

Un secondo punto si è sostanziato nella “Gestione urbana per la sostenibilità, la sostenibilità al centro delle decisioni politiche”; le amministrazioni devono dotarsi di un piano sulla sostenibilità, che permetta di individuare e intervenire, in quelle aree nelle quali è possibile introdurre delle nuove tecnologie per la sostenibilità o delle strutture, e quelle aree invece in cui bisogna usare delle politiche, frammentarie e mirate per migliorare il sistema della sostenibilità, ma allo stesso tempo mantenendo l’aspetto storico culturale della borgata. Le “Risorse naturali comuni, e il risparmio dell’energia”, cercando di incrementare la quota dell’energia rinnovabile pulita, utilizzando incentivi sull’utilizzo di moduli fotovoltaici, con integrazioni previsti solo nei tetti 53


Incentivare la mobilità sostenibile per il collegamento urbano e la valorizzazione e fruizione paesaggistica

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degli edifici di moderna costruzione. Impiantare verde in città per un aumento della biodiversità, incrementando la presenza di specie vegetali diverse, mantenendole al meglio ed estendendo gli spazi verdi, tramite l’utilizzo di cosiddette “floro-panche”. Inoltre, attraverso l’incentivazione della mobilità ciclabile ed istituendo aree pedonali si aumenterebbe la percentuale di aria pulita. Il “Consumo responsabile e stili di vita, meno rifiuti” attivando politiche di sensibilizzazione verso i cittadini per quanto riguarda il tema della gestione dei rifiuti e il riciclo di essi, condotta nelle piazze, scuole e luoghi pubblici, così da intercettare una vasta fascia di età. Inoltre creare delle strutture, che si occupino, di ricevere direttamente dal cittadino i prodotti già differenziati ai quali verrà data una somma simbolica per il servizio. La questione della “Pianificazione e progettazione urbana” che venga incentrata sui temi fondamentali emersi dalle indagini territoriali e che preveda la riqualificazione della aree svantaggiate, il controllo dell’espansione urbana, la tutela del patrimonio culturale e naturalistico tramite forme paesaggistiche possibili, la conservazione degli spazi agricoli e dei giardini ornamentali delle antiche dimore, la realizzazione di un museo etnografico della ceramica, di un museo della cultura delle acque con un giardino per la memoria degli insediamenti della preistoria locale e la sperimentazione archeologica e la valorizza dell’antica ferrovia a scartamento ridotto da riutilizzare per la creazione di una pista ciclabile e di accessibilità ai servizi del parco (verrebbe così garantita l’immissione in città di un parco lineare territoriale, una “greenway” che potrà essere progettata lungo il percorso ciclabile in corso di realizzazione mediante la riconversione del tracciato di dell’antica ferrovia a scartamento ridotto). Attenzione è data ad un’Azione locale per la salute, educazione alla salute e pari opportunità: tramite delle campagne, e delle conferenze, nelle scuole e nelle piazze, creando anche delle giornate a tema, così da cercare di informare meglio i cittadini su come prevenire


Osservare una realtà, la borgata Boccadifalco

High Line di New York, uno dei più noti parchi lineari nati su un tracciato ferroviario dismesso

e curare alcune malattie e l’assunzione di droghe o Alcool con l’istituzione di un Piano Sociale di Zona, per fornire migliori servizi socio sanitari, come assistenza domiciliare agli anziani, centri diurni socio-educativi per persone disabili, laboratori di socializzazione per minori, centri temporanei di accoglienza per immigrati etc. Garantire l’“Economia locale sostenibile, con opportunità di occupazione e prodotti locali di alta qualità” tramite il sostegno alle nuove iniziative imprenditoriali, di lavoro autonomo ed indipendente con particolare riguardo alle iniziative promosse da giovani, donne, e soggetti svantaggiati, attraverso delle giornate dedicate all’arte, all’artigianato e hai prodotti locali tipici, con l’intento di fare conoscere i prodotti locali alla gente e assegnare un marchio, di “prodotto artigiano selezionato”. Una maggiore integrazione creata da forme di “Equità e giustizia morale”: meno povertà e zero sprechi con l’attivazione di un progetto, “Remida Food”, per distribuire i prodotti prossimi alla scadenza o invenduti dai supermercati, alle persone bisognose. Equo accesso ai servizi, con l’abbattimento delle barriere architettoniche ed inserimento di rampe per i diversamente abili nei marcia piedi. Aumento delle pari opportunità, attraverso 55


un progetto “Un ponte per la scuola”, per far avvicinare i bambini stranieri appena arrivati in Italia alla nostra lingua e cultura. Incrementare la sicurezza sulle strade con adeguata illuminazione, così da rendere più sicuro l’attraversamento durante le ore notturne. Ed infine “Da locale a globale, strategie globali per la protezione del clima”: sviluppare ed applicare strategie integrate per la riduzione dei cambiamenti climatici e per contenere le emissioni di gas serra. Queste le previsioni di intervento a carattere sociale e territoriale volte alla riqualificazione dell’area emerse dall’analisi congiunta dei fabbisogni dei cittadini e delle peculiarità del contesto urbano. BIBLIOGRAFIA:

Istanbul, scalinata “arcobaleno” simbolo di integrazione sociale e riqualificazione urbana (foto DHA)

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T. Cannarozzo, Palermo: il martirio di un piano orfano, Archivio di studi urbani e regionali n. 80/2004, pagg. 123-143, Franco Angeli, Milano, 2004 Piano Strategico, Capitale Dell’EuroMediterraneo per la riqualificazione, lo sviluppo e la promozione del territorio metropolitano della città di Palermo, 2008 I. Provenzano, Palermo e la sua periferie: piani ,progetti ed occasioni mancate, in G. Cecchini (a cura di) atti del seminario di studi sul tema Pianificazione Urbana e Metropolitana: il caso di Palermo, INU Sez. Sicilia Ed., Palermo, 1992 F. Renda, Le borgate nella storia di Palermo, in AA.VV., Le borgate di Palermo, S. Sciacca Ed., Caltanissetta-Roma, 1984 G. Tripodo, Nuove forme di classificazione, in AA.VV., Le borgate di Palermo, S. Sciacca Ed., Caltanissetta-Roma, 1984 L. Vallerini, Città sostenibile e spazi aperti, a cura di, Pitagora Editrice, Bologna, 2005


Sviluppo urbano e cittadinanza attiva @ Maredolce. Un e-TM per la II Circoscrizione di Palermo

Sviluppo urbano e cittadinanza attiva @ Maredolce. Un e-TM per la II Circoscrizione di Palermo

Federica Cappello Adriano Rao Rossella Vella

Lo studio si colloca all’interno di un progetto e di una serie di esperienze orientate alla progettazione partecipata e sviluppate attraverso dei programmi europei. Il nuovo tipo di approccio ha inizio il 18 Febbraio 2012, presso l’Istituto Alberghiero IPSSAR - P. Piazza di Palermo, dove ha luogo il primo Electronic Town Meeting [e-TM] siciliano: una tecnica di progettazione partecipata che ha permesso ai residenti della II Circoscrizione di Palermo di confrontarsi e proporre una visione condivisa del loro territorio. L’e-TM, così come le attività ad esso connesse, rientrava nel programma Parterre, Electronic Partecipation Tools for Spatial Planning and Territorial Development.

Logo dell’Electronic Palermo

Town

Meeting

Il Parterre è un progetto che ha coinvolto cinque città della Comunità Europea, collocate in altrettante Nazioni, nella sperimentazione di nuove tecniche di partecipazione elettronica per la gestione e lo sviluppo del territorio. La Comunità Europea, mediante determinate direttive, ha quindi stabilito che la progettazione partecipata, e più in generale le procedure orientate al coinvolgimento dei cittadini nelle scelte che riguardano il territorio in cui vivono, è prerogativa principale per la selezione delle vie di sviluppo delle comunità locali. Questa rinnovata sensibilità, figlia probabilmente delle nuove sperimentazioni scaturite dall’evoluzione ICT, si è 57


concretizzata nella promozione e finanziamento di questo progetto, attraverso il bando ICT-PSP 2009, nell’ambito dell’obbiettivo 3.5 – “Dare voce e coinvolgere i cittadini nelle politiche pubbliche”.

“Come posso stare ad ascoltarti se non dici quello che voglio sentire?”, Ted Goff, 1997. Il processo partecipativo spesso spinge i differenti soggetti a confrontarsi sugli stessi temi, ma con pareri, finalità e proposte differenti. Per giungere quindi a risultati proficui occorre tempo, impegno, professionalità e il coinvolgimento di numerosi attori interessati e diversificati

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Parallelamente, e recependo le direttive europee, anche in Italia la partecipazione è stata ufficialmente riconosciuta quale procedura e prassi necessaria per approvare gli strumenti di pianificazione del territorio. Non a caso questa è stata inserita come pratica da svolgere ex ante, in itinere ed ex post, nella V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica), documento propedeutico all’approvazione degli strumenti urbanistici. Variegate sono le metodologie e gli approcci alla progettazione partecipata, queste differiscono tra loro soprattutto per le modalità di ascolto e confronto tra i partecipanti. L’e-TM si inserisce tra queste come ibrido, upgrade dei Town Meeting, o assemblee cittadine, collaudate a partire dal XVII secolo nelle piccole comunità del New England, U.S.A., che vanno a contaminarsi con le ICT (Information Communication Technology), e le altre nuove tecnologie che permettono di velocizzare i processi democratici, le votazioni ed i sondaggi attraverso l’utilizzo dell’informatica. Durante l’e-TM i partecipanti vengono riuniti in funzione dei diversi aspetti da discutere in tavoli tematici ed hanno così la possibilità di esprimere individualmente le loro riflessioni, avanzare delle vere e proprie proposte in merito ad un argomento precedentemente stabilito, ed infine discutere le questioni con gli altri partecipanti. Ciascun gruppo è coordinato da un facilitatore, che si occupa di mantenere il focus sul tema ed altresì di moderare, garantendo un clima di serenità al tavolo. Alla figura del facilitatore si affianca quella del reporter, che trascrive su un computer le argomentazioni. Tutte i reporter inviano, in tempo reale e per tutta la durata del confronto, le loro trascrizioni al


Sviluppo urbano e cittadinanza attiva @ Maredolce. Un e-TM per la II Circoscrizione di Palermo

tavolo del “Theme Team”, il tavolo principale per la data area tematica, che a sua volta organizza ed inoltra i report al tavolo principale, il “Theme Team Leader”. Quest’ultimo ha la funzione di processare le questioni emerse trasformandole in domande, ed al contempo implementa le proposte in possibili soluzioni da sottoporre al voto di tutti i partecipanti. Il voto viene esercitato al termine della discussione attraverso appositi dispositivi di controllo remoto, delle tastiere numeriche, di cui sono stati preventivamente dotati tutti i cittadini. La procedura garantisce un’interazione diretta con i partecipati e fa si che tutti si sentano personalmente coinvolti nel processo decisionale; d’altro canto questo, per la natura stessa dell’approccio, restituisce istantaneamente una visione collettiva, sintetica ed univoca del tema esaminato. L’e-TM è stato promosso ed organizzato dal prof. Ferdinando Trapani, uno dei curatori del progetto.

Assemblea cittadina riunita durante l’e-TM

Lo studio si è sviluppato per fasi, a partire da un primo approccio analitico volto alla raccolta dei dati ed alla sintesi di criticità e potenzialità del territorio della II Circoscrizione di Palermo. In questa fase sono stati vagliati diversi aspetti, si ricordano ad esempio alcuni nodi principali, quali: sviluppo storico; corine land cover (uso del suolo); tessuti urbani; mobilità; servizi e verifica degli standard urbanistici; piani e programmi in atto. Emerge chiaramente come gli elementi che connotano questo ambito territoriale siano legati fondamentalmente alle sue caratteristiche geomorfologiche ed alla sua localizzazione rispetto all’intero territorio comunale. I primi insediamenti nell’area risalgono al paleolitico superiore, come testimoniano i graffiti delle Grotte di S.Ciro, alle falde di Monte Grifone. Questi come quelli successivi di romani, arabi e normanni, sono stati 59


La Seconda Circoscrizione vista dal Monte Grifone

influenzati dalla condizione orografica e della conseguente ricchezza d’acqua e fertilità del terreno. Infatti la piana su cui si estende questa circoscrizione è stretta tra il mare ad est ed i monti ad ovest, di cui Grifone è il maggiore e da cui sgorga la sorgente della Favara, simbolo del luogo e nota già secoli prima deglii Arabi. Da questa sorgente prende il nome il Castello detto anche di Maredolce, altro toponimo dell’area. Questo castello è la più importante dimostrazione del costante susseguirsi delle civiltà che hanno abitato il territorio. Gli studi fatti confermano infatti che il castello è stato prima una villa romana, poi trasformata in residenza dell’Emiro Giafar alKalbi II durante la dominazione araba, e successivamente divenne una delle residenze del re normanno Ruggero II. Il Castello di Maredolce è solo una delle testimonianze storiche, architettoniche ed artistiche dello sfruttamento dell’area soprattutto a fini agricoli. Dalla canna da zucchero agli agrumi, passando per i mandorli e gli ulivi, la II Circoscrizione ed in particolare la Piana di Ciaculli, ha avuto sempre un ruolo di primo piano nella produzione agricola del territorio palermitano, superata, solo per un breve periodo dalla Piana dei Colli a nord del nucleo storico, con la quale formava la rinomata Conca d’Oro. Oggi differentemente dalla Piana dei Colli che è stata oggetto di massiccia edificazione, la II Circoscrizione ha mantenuto una notevole presenza di orti e coltivi, la cui superficie complessiva supera il 50% dell’intero ambito territoriale. La coltura maggiormente presente è quella del Mandarino Tardivo di Ciaculli, agrume endemico. Anche se attualmente la superficie urbanizzata è molto compatta, e distribuita per lo più lungo la fascia costiera, la connotazione produttiva è alla radice delle caratteristiche insediative dell’area. Fino al 1970 il

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Sviluppo urbano e cittadinanza attiva @ Maredolce. Un e-TM per la II Circoscrizione di Palermo

territorio era caratterizzato da nuclei sparsi e piccoli borghi che si attestavano lungo le vie di comunicazione dirette verso est e verso l’interno della Regione. In effetti tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento, quasi tutto il territorio entro un chilometro dalla costa è stato oggetto di un’urbanizzazione frettolosa, approssimativa e diversificata per soggetti e scopi, tantoché, più di altre circoscrizioni, questa appare frammentaria, ed è altresì vissuta in modo frammentato. Coesistono e si alternano, compattati in spazi di pochi metri, residui di borgate agricole, edifici multipiano, strutture industriali dell’area A.S.I. ed edilizia economica uniforme dei P.E.E.P. Tale varietà si riflette tanto delle tipologie edilizie quanto nelle sezioni stradali e nell’arredo urbano, strutturando una compagine eterogenea, che evolve al variare di ogni singola strada. La circoscrizione si colloca inoltre all’estremo sud del territorio comunale, ed in essa si convoglia tutto il traffico veicolare e ferroviario proveniente dal centro e dalla costa nordorientale della Sicilia, e dalla Penisola intera. Il complesso di infrastrutture e le condizioni di viabilità di questo ambito territoriale rappresentano quindi l’unico, caotico, accesso meridionale alla città. I complessi meccanismi di urbanizzazione hanno provocato anche un notevole deficit di quei servizi definiti dagli standard del D.M. 1444/68, che prevedevano la realizzazione di 18 mq a cittadino di attrezzature, ripartite in Verde Pubblico, Istruzione dell’Obbligo, Parcheggi Pubblici e Attrezzature d’Interesse Comune. Nonostante il raggiungimento di tali standard sia un’eccezione nel panorama palermitano, la II Circoscrizione si distingue particolarmente per le carenze di questi servizi; assenti per il 91% rispetto agli obblighi di legge. Nello specifico i dati rilevati attestano la carenza per il 99,% di Verde

Tratto di costa in prossimità del quartiere Brancaccio

Il fiume Oreto nel suo tratto maggiormente legato al contesto urbano

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Pubblico, l’87,3% di Istruzione dell’Obbligo, l’82,8% di Parcheggi Pubblici e il 99% di Attrezzature di Interesse Comune. A tale situazione non giovano le progettualità dei piani e dei programmi vigenti, calibrate e mirate maggiormente alla riqualificazione di piccole porzioni di territorio nonché alla gestione della viabilità di attraversamento, ma non sono integrate in una visione più ampia del territorio che spetterebbe al P.R.G. o ad un Piano Strategico puntuale e complesso.

Le due anime della II Circoscrizione: Microcity e Macrocity

Gli interventi più consistenti in previsione, relativamente al verde, sono la trasformazione del nucleo agricolo di Ciaculli in Parco Agricolo Urbano e la realizzazione del Parco del Fiume Oreto, previsto da decenni, che incideranno quantitativamente sulla necessità di verde pubblico e serviranno sicuramente a preservare e ripristinare queste aree non ancora urbanizzate. Ciò nonostante non riusciranno a coprire il fabbisogno di tutti gli abitanti, trattandosi oltretutto di ampi spazi concentrati in aree specifiche, che certamente non potranno fornire il “verde sotto casa” di prossimità per i numerosi abitanti più giovani. Queste le premesse al processo di partecipazione che ha preceduto le attività progettuali e che è stato caratterizzato da molteplici iniziative che hanno coinvolto Amministrazione, Università, associazioni, scuole e, ovviamente, liberi cittadini. Sono stati organizzati dei forum tematici promossi e realizzati dell’amministrazione comunale attraverso l’Agenda 21 Locale, delle Passeggiate di quartiere e laboratori di Planning for Real con le scuole, organizzati in collaborazione con il dipartimento d’Arch dell’Università degli Studi di Palermo; interviste ed incontri curati dall’associazione NEXT e culminate infine con l’e-TM promosso dalla Comunità

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Sviluppo urbano e cittadinanza attiva @ Maredolce. Un e-TM per la II Circoscrizione di Palermo

Europea. I risultati di questo processo hanno restituito una visione esaustiva e complessa del futuro della II Circoscrizione, che denota l’attenzione e la consapevolezza degli abitanti alle carenze e alle potenzialità del loro territorio. Emergono tra i dati rilevati una forte richiesta verso il recupero dei beni culturali, intesi soprattutto ad una rifunzionalizzazione per fini turistici, ma anche la necessità di operare periodicamente con interventi di manutenzione ordinaria e della vigilanza sull’esistente. Un altro punto da sottolineare è l’attenzione alla costa, degradata ed in buona parte inutilizzabile, da bonificare in modo da poter accogliere i bagnanti e aree verdi e servizi per lo sport ed il tempo libero. Gli spunti e le esigenze emerse sono state applicate per la redazione di un progetto, attraverso il quale i bisogni espressi dalla comunità sono stati codificati in strategie per lo sviluppo della II Circoscrizione. Tale implementazione è avvenuta con un meticoloso lavoro di sovrapposizione, volto ad individuare assi e azioni specifiche. Sono stati quindi incrociati i risultati delle attività di partecipazione con piani e programmi vigenti, comprendendo anche le linee guida previste dal prossimo P.R.G. del comune di Palermo, e selezionando quindi tutti i punti irrisolti. Il progetto è caratterizzato da un sistema che integra beni culturali e ambientali, con servizi ricreativi interconnessi da percorsi pedonali e ciclabili, al centro di queste azioni è indubbiamente il tema dell’accessibilità, pertanto è l’individuo l’elemento misuratore per questa rete intelligente di connessioni, strutturata come passo propedeutico allo sviluppo turistico.

Il Planning for Real come partecipazione analitica

L’e-TM: ICT for citizens

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Sintesi dei partecipativo

risultati

del

processo

L’infrastruttura di trasporto scelta per l’accesso al sistema è la metropolitana, con la previsione di una stazione nei pressi del Castello di Maredolce, nodo centrale della rete. A questo sono agganciate le altre emergenze storiche, architettoniche ed artistiche che formano una direttrice lungo tutta l’estensione del territorio e che attraversa il futuro Parco Agricolo di Ciaculli. Ad Ovest si connette il sistema naturale del SIC di Monte Grifone, per il quale si prevedono percorsi di trekking ed attività culturali e naturalistiche, ad Est vi è il sistema costiero organizzato in un susseguirsi di aree verdi e servizi per lo sport ed il tempo libero. La mobilità, nelle sue diverse forme - ma comunque sostenibile (leggera o pubblica) - è stata quindi parametro cardine del progetto. Non a caso si prevede anche il recupero dei porticcioli storici da destinare ad attività diportistica e peschereccia. In ultimo, ma non meno importante, essendo stata identificata questa concettuale “Porta Sud” della città di Palermo, e considerati problemi di accessibilità ampiamente rilevati, si è scelto di inserire nel progetto la realizzazione di una stazione della metropolitana e di un parcheggio multipiano nella località di Acqua dei Corsari, a ridosso del confine comunale. Questo intervento oltre ad essere a disposizione dei residenti del quartiere, che attualmente non risulta servito in alcun modo ed è escluso dalla previsione di servizi della mobilità urbana, servirà ad accogliere il traffico veicolare extracomunale trasferendone i passeggeri “su ferro”, e permettendo un più rapido accesso al centro urbano. La scelta di formulare questa articolata proposta progettuale, incentrata sulle differenti risorse presenti, nasce dall’evidenza, e dalla presa di coscienza, che la II Circoscrizione è una delle aree più ricche di potenzialità culturali, ambientali e turistiche, ed in conseguenza necessita di maggiore impegno per il recupero, non solo

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Sviluppo urbano e cittadinanza attiva @ Maredolce. Un e-TM per la II Circoscrizione di Palermo

Progettazione sperimentale

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dei beni materiali, ma anche e soprattutto in termini di rivalutazione del capitale umano. Questo quindi, se adeguatamente coinvolto, può davvero diventare motore attivatore del cambiamento e della trasformazione urbana, sociale ed economica dell’area per dare il via ad un nuovo elemento “start-up” per la rigenerazione urbana dell’intera città. BIBLIOGRAFIA: AA VV, Palermo e i suoi quartieri, Centro studi città di Palermo, Palermo, 1989 M. Carta, Pianificazione territoriale e urbanistica - Dalla conoscenza alla partecipazione, Medina, Palermo, 1997 G. De Spuches, V. Guarrasi, M. Picone, La città incompleta, Palumbo, Palermo, 2002 N. Leone, Elementi della città e dell’urbanistica, Palumbo, Palermo, 2004

Strategie per lo sviluppo: sintesi delle ipotesi progettuali

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Maredolce: un Castello ed il suo Parco come motore per la riqualificazione urbana della borgata storica di Brancaccio

Maredolce: un Castello ed il suo Parco come motore per la riqualificazione urbana della borgata storica di Brancaccio

Il Parco ed il Palazzo-Castello di Maredolce sono localizzati all’interno del quartiere Brancaccio, unità di primo livello della seconda circoscrizione della città di Palermo. L’area interessata è la più a sud-est dell’intero sistema urbano. L’analisi del quartiere si sviluppa attraverso 8 studi: da una specifica analisi critica del Castello, utile per comprendere l’importanza storicoidentitaria del manufatto e del suo contesto, all’indagine sulla scala di quartiere, che affronta il tema dell’evoluzione urbanistica di tutta la seconda circoscrizione con particolare focus sulla borgata storica, alla verifica della coerenza o meno all’interno del quartiere degli standard urbanistici previsti per legge, alle risorse e criticità locali attraverso l’elaborazione di indagini di tipo quantitativo e qualitativo, fino ad arrivare al cuore della ricerca, ossia l’importanza della pianificazione partecipata in ottica di recupero e rigenerazione urbana.

Francesca Montagna

Il parco suburbano della Favara, tipico esempio di agdal. L’architettura al suo interno ha uno sviluppo essenzialmente orizzontale quasi sommersa dalla natura circostante

Il Castello è rimasto “invisibile” all’attenzione dei cittadini per la sua triste vicenda di degrado edilizio, sociale ed urbano, di cui esso stesso è stato il testimone. Chi volesse in effetti cercare di capire la catastrofe socioeconomica ed ambientale di Brancaccio e di tutta la periferia orientale di Palermo, non può che recarsi in visita al Castello di Maredolce. Più di tante analisi, fatte di parole e buone intenzioni, uno sguardo ai luoghi può servire a comprendere la radice di tante cose; perché i frutti avvelenati della mentalità mafiosa, dell’abusivismo e del malaffare, potevano radicarsi più facilmente solo in 67


Pianta della peschiera di Maredolce

Veduta storica del Castello di Maredolce alla Fawara L’Emiro Giafar governò la Sicilia dal 875 al 878. Nel 877 comandò diverse legioni nella Sicilia centrale ed orientale. Nell’estate iniziò l’assedio a Siracusa che il 21 maggio del 878 conquistò e pose sotto il dominio islamico. Tornando a Palermo, che dall’831 era la capitale della Sicilia musulmana, fu vittima di un complotto familiare avvenuto lo stesso anno della conquista di Siracusa

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una situazione di degrado ambientale e sociale plurisecolare, che coincide in maniera impressionante con il destino socio-urbano ed edilizio del Castello stesso, che è sotto gli occhi di tutti. La “lezione” che si apprende è che in contesti simili si può invertire la rotta attraverso la conoscenza e lo studio del territorio, valorizzandone il patrimonio diffuso che vi insiste, pianificandone le risorse per una positiva rigenerazione urbana e farne occasione di sviluppo economico sostenibile. Una consapevolezza che si consolida attraverso il processo conoscitivo, che ripercorre le vicende del manufatto, dalla fondazione ai giorni nostri. L’edificazione del castello della «Favara» o «Maredolce» è da attribuirsi al XII secolo ad opera di Re Ruggero II, che riadattò il preesistente palazzo della fine del X secolo appartenuto all’Emiro Giafar. Il nome deriva dal termine arabo «fawarha» ossia «sorgente», che nel caso specifico, è riferibile al sistema lacustre che dal Monte Grifone si estende fino al mare. L’appellativo «Maredolce» si riferisce difatti alle sorgenti che un tempo formavano una sorta di “piccolo mare” d’acqua dolce, ad oggi scomparso. Ruggero II, riprendendo la regimentazione artificiale islamica, creò un parco destinato alla coltura di frutteti ed un grande bacino d’acqua artificiale navigabile per la pesca. La struttura e la tipologia della peschiera, confrontate con quelle della Zisa, della Cuba Soprana e Sottana, confermano il fatto che anche in questo caso, la tecnologia araba è stata largamente adottata in periodo normanno. Il Parco Vecchio della Favara, così come il Parco Nuovo, hanno caratteri tipologici differenti dagli altri giardini successivamente realizzati nella Conca D’oro. Questi infatti, conservano i tre elementi fondamentali del “giardino islamico”: l’acqua, il verde e l’architettura, in un sistema ambientale integrato. Esso si rifà ai giardini del


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Castello di Maredolce, corpo N/O sezione da S/E, disegno dell’Arch. Silvana Braida, Palermo, 1965. Si notano i solai interni che sono stati demoliti nei recenti lavori di restauro

Maghreb chiamati «agdal» o «buhayra» , parchi suburbani costruiti in prossimità dei palazzi del sultano, prevalentemente destinati alla coltivazione di piante da frutto e battute di caccia. Rispetto agli altri esempi islamici la Favara di Maredolce si differenzia per l’andamento irregolare del bacino che, comunemente aveva forma rettangolare. La ragione è legata solo in parte alla morfologia del territorio, quanto alla probabile ipotesi di volere dare il primato all’impatto ambientale naturalistico, rispetto alla geometrizzazione progettuale dell’insediamento, con richiami alla memoria dei giardini persiani. Questa unicità non fa altro che incrementare l’aspetto naturalistico del Parco di Maredolce, mettendo in secondo piano l’elemento architettonico, che in questo contesto assume un significato completamente diverso per la geometria compositiva che determina. Il Palazzo si sviluppa infatti prevalentemente in orizzontale e non ha un ruolo preminente nella composizione, risultando occultato dalla vegetazione. L’edificio fu solarium e principalmente luogo di soggiorno e dimora regia nella campagna orientale della città. Si trasformò in fortezza con il dominio svevo, angioino ed aragonese. In seguito l’impianto fu ceduto ai Cavalieri teutonici della Magione da parte di Francesco D’aragona. Nel XV secolo divenne proprietà della famiglia Bologna e progressivamente cominciò a trasformarsi in tenuta agricola. Rimase bene privato oggetto di scempi ed abusi edilizi fino al 1990 69


quando, alcune sue parti vennero espropriate dalla Soprintendenza dei Beni Culturali Regionale che oggi ne conduce i restauri.

Ribat de Monastir, Tunisia. Splendido esempio di architettura di epoca Araba

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L’abbondante presenza d’acqua proveniente dalle due sorgenti principali e da altre minori, permise a Ruggero II lo sviluppo di un doppio bacino molto ampio e talmente profondo da consentire la navigazione di piccole imbarcazioni, con l’attività di pesca. Il Castello si specchiava dunque sulle acque del lago artificiale ed era immerso tra la ricca vegetazione nella quale spiccavano grandi palme, aranci e limoni. Bacino d’acqua dolce con valore di luogo di diletto, ma anche come elemento dalla forte vocazione agricola per le coltivazioni dell’intera campagna meridionale della città. Il Palazzo dell’Emiro Giafar era quindi luogo islamico di delizie che venne successivamente restaurato ed ampliato dal normanno Ruggero II, che aggiunse una cappella cristiana alla moschea araba e fece estendere il lago che circondava quasi interamente la costruzione. L’impianto planimetrico ricorda i ribat islamici, con luogo di culto e cappella regia. L’area d’interesse è la più a sud della città e si articola rispetto a quattro principali assi viari: l’asse Oreto, l’asse Messina Marine intesa come “circonvallazione” costiera, la via Emiro Giafar principale asse viario all’interno della circoscrizione (e strada di riferimento per il quartiere Brancaccio diventato nel tempo principale polo industriale cittadino) ed a contorno di questa si sviluppa anche l’autostrada A19. Fuori dal perimetro della circonvallazione l’assetto urbanistico cambia notevolmente, passando così da strade ampie per il traffico pesante e grandi capanni industriali a contrade agricole e piccole vie tortuose tipiche delle frazioni di Ciaculli e Croceverde. Fra queste poi, salendo verso Monte Grifone, che insieme alla costa definisce il limite naturale dell’area urbana interessata, si sviluppa la


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strada panoramica SP 37 di collegamento tra il comune di Palermo e quello di Belmonte Mezzagno. L’area sud si è sempre sviluppata in maniera ridotta rispetto a quella nord della città a causa della presenza del fiume Oreto e delle zone paludose limitrofe. La borgata di Brancaccio sorge tra fine ‘700 e metà ‘800, a seguito del consistente sviluppo demografico e della conseguente necessità di nuove colture, come insediamento isolato d’origine essenzialmente rurale a servizio della trasformazioni agrarie del territorio. Si sviluppa su un impianto reticolare di strade con funzione di collegamento tra le antiche porte urbiche della città e la Piana dei Colli, alcune di queste definite «regie trazzere», che fungevano da collegamento tra la città ed il restante territorio dell’isola. La morfologia dell’originale trama stradale era a raggiera e già nel XV secolo aveva generato piccoli gruppi di presidi territoriali a volte fortificati e spesso muniti di strutture religiose a cui nel tempo si addossavano altri fabbricati, di natura residenziale tra i quali spiccavano le ville della Piana dei Colli e le residenze nobiliari extra moenia. L’elemento preesistente più antico e caratterizzante dell’intera borgata è il Castello, sito in un luogo a controllo di una delle principali fonti d’approvvigionamento idrico della città fin dall’epoca precristiana. Nel XVIII secolo si denota un primo consolidamento della borgata di tipo lineare, con case urbane (che presentavano il fronte principale su strada) e al contempo rurali (sul retro erano a contatto con cortili o lotti di terreno agricolo con funzione di mediazione e legame tra città e campagna). L’area urbana con un’evidente prevalenza di tessuto agricolo ricco di casolari e bagli, in cui si concentravano le attività agricole produttive, e di conseguenza un utilizzo intensivo del territorio, aveva il suo nuovo centro attorno alla chiesa di S. Gaetano (1747). Nell’Ottocento la borgata si espande occupando tutti i lotti edificatori, mantenendo però

Complesso di Maredolce, rilievo fotogrammetrico del 1956, antecedente all’inizio della massiccia aggressione edilizia

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Il quartiere Brancaccio: alternanza e commistione fra tessuto storico di borgata e nuova edilizia novecentesca

omogenea la propria fisionomia di strada con facciate a bassa altezza di edifici in linea caratterizzate da un eclettico stile architettonico che poteva interrompersi con la presenza d’acqua (mulini, lavatoi ecc.). L’avvento della ferrovia sconvolge l’assetto della borgata che viene frammentata in più parti compromettendo così la sua continuità e spezzando la sua originaria natura di collegamento veloce tra città e campagna. Successivamente alla fase di regime del Piano Regolatore del 1959-1962, Brancaccio viene investita dagli effetti delle previsioni di espansione urbana, caratterizzata da grandi quantità di edilizia pubblica i cui abitanti vennero fatti confluire dal centro storico ormai semidistrutto dagli eventi bellici. La nuova maglia viaria, di più ampia sezione del Piano era stata tracciata in modo assolutamente indifferente alla trama ed alle semplici geometrie delle borgate dei lotti e degli storici fondi agricoli, e non corrisponde alcuna logica di collegamento tra i punti di interesse e di accesso alla parti urbane. La grande espansione incontrollata di questi quartieri era cominciata intorno agli anni ‘70, rispondendo alla nuova e crescente domanda edilizia soprattutto di tipo popolare e cooperativa. Questo processo di costruzioni orizzontali (borgate) e verticali (nuovi condomini popolari) in mezzo a zone produttive industriali, ha determinato un’eccesiva “distanza” sociale e infrastrutturale assoluta rispetto ai servizi urbani veri e propri che restarono a lungo sul lato occidentale del fiume Oreto. Ad oggi questo processo di evoluzione urbana contraddittoria non si è del tutto concluso. Il quartiere Brancaccio-Conte Federico si estende su un’area di 1267024,8624 mq abitata da 10012 abitanti. In riferimento alla Variante Generale al P.R.G. del 2004 il quartiere presenta al suo interno quattro differenti Zone Territoriali Omogenee, ossia le zone A e B che

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Zone territoriali omogenee del contesto urbano

costituiscono il nucleo storico della borgata, la zona D destinata al polo industriale ed alle limitrofe attività commerciali e la zona F di natura ferroviaria (F16). Dallo studio dell’area è emerso il grave squilibrio tra gli standard previsti dal DM 1444/68 e quelli effettivamente presenti sul territorio. I servizi, se pur non soddisfacenti sono localizzabili principalmente all’interno del nucleo storico del quartiere. Le scuole, la sede del Comune, le chiese, il centro d’accoglienza ecc. sono in gran parte distribuiti lungo gli antichi assi stradali come la Via Brancaccio e la Via Conte Federico. La destinazione di parte del quartiere Brancaccio a zona industriale fa riferimento alla legge speciale n° 825/1940, che esentava per un decennio da dazi ed imposte tutte quelle industrie che si fossero insediate all’interno dell’area prescelta.. Ad oggi l’area è occupata da circa 70 aziende, ma risulta carente di infrastrutture e servizi adeguati in termini di parcheggi, verde pubblico ed attrezzature; questo deficit, unito al fenomeno diffuso del degrado urbano e sociale, contribuisce a produrre un rapporto problematico tra quest’area ed il resto del quartiere antico. Per comprendere al meglio gli aspetti positivi e negativi del quartiere ed elaborarne poi le risorse e le criticità da inserire in fase progettuale, si è scelto di procedere attraverso più sopralluoghi/campagne fotografiche e conoscitive, ed affiancando a queste un questionario volto ad individuare i bisogni e le aspettative degli abitanti 73


Indagine sociale votata all’individuazione e alla verifica della percezione che i differenti target di residenti hanno del quartiere

Passeggiata di quartiere: la «scoperta» di un vicolo interno su via E.Fardella utilizzato dai ragazzi delle scuole come percorso diretto per raggiungere in breve tempo le fermata dell’autobus

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di Brancaccio. L’indagine sociale ha avuto l’obiettivo di verificare il tipo di percezione che i residenti hanno del proprio quartiere; in questo caso si è scelto di somministrare alla comunità un questionario a risposte chiuse dove gli argomenti trattati si riferiscono ai livelli di soddisfazione, vivibilità ed aspetti che incidono positivamente o negativamente all’interno del quartiere. Il risultato della ricerca ha portato alla individuazione di una serie di risorse e criticità suddivisibili in “materiali” (ossia strutture fisiche, localizzabili concretamente sul territorio) ed “immateriali” (non localizzabili su base cartografica, ma presenti nell’immaginario collettivo ed influenti all’interno dell’area di studio). Il cuore della ricerca però affronta il tema della pianificazione partecipata. All’interno del quartiere Brancaccio infatti operano diverse associazioni tra cui il «Movimento Promozione Umana», l’associazione culturale «Castello di Maredolce» ed il centro d’accoglienza «Padre Nostro». Sono proprio queste forze locali ad operare in maniera capillare sul territorio e la sua cittadinanza puntando alla tutela, ripristino e valorizzazione del Castello e dell’ex lago della Favara di Maredolce. Questa «generazione spontanea» è da intendere come linea guida per il miglioramento della qualità di vita di tutto il quartiere. Partendo da questo interessante fenomeno infatti il dipartimento di Architettura dell’Università di Palermo ha proposto ed attivato un’iniziativa cittadina per la


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mobilitazione del capitale sociale nella seconda Circoscrizione. Si è trattato di un piano-programma integrato di riqualificazione urbanistica, architettonica, ambientale, culturale, sociale ed economica per la valorizzazione del Castello di Maredolce (anche a fini turistici) del futuro parco adiacente e degli orti limitrofi, il tutto in riferimento al quadro delle trasformazioni infrastrutturali in atto nei quartieri Brancaccio e Bandita ed anche rispetto al nuovo ruolo urbanistico della città di Palermo all’interno dei nuovi flussi economici mediterranei. Attraverso strumenti come la Passeggiata di quartiere, la tecnica urbanistica del Planning for Real e l’Electronic town meeting (in riferimento al consorzio Parterre) si è dato inizio al processo partecipativo coinvolgendo gli studenti ed i docenti degli istituti F. Orestano, A. Volta, E. Basile. L’uso della didattica è servito ad incrociare tra loro le competenze, gli entusiasmi e le speranze espresse da adulti e ragazzi di differenti classi d’età e backgorund sociale, questa raccolta di informazioni ha permesso ai ricercatori di aumentare i livelli di conoscenza riguardo alla qualità del vivere ed abitare nella II Circoscrizione, unendole poi alle iniziative promosse dalle autorità pubbliche in contrasto con i fenomeni di degrado sociale, abbandono delle aree rurali e congestionamento urbano. La terza fase d’azione si è avvalsa di uno strumento elettronico come l’E-TM per il coinvolgimento dei cittadini nella definizione dell’agenda locale, producendo un documento finale chiamato Istant Report di valido aiuto per focalizzare i temi delle trasformazioni urbane della II Circoscrizione da poter proporre in affiancamento al documento delle Direttive generali del nuovo Piano Regolatore Generale di Palermo. Utilizzare la partecipazione pubblica nella gestione del territorio determina una significativa evoluzione della società. Il ruolo del cittadino cambia, l’amministrazione pubblica cessa di essere soltanto

Planning for Real: il plastico della II Circoscrizione scala 1:2.000 “ricomposto” dalla cittadinanza ed arricchito di nuove proposte d’intervento tramite l’uso di carte/gioco e bandierine

l’Electronic Town: ogni partecipante all’ETM è stato munito di telecomando per rispondere alle domande in fase di voto, mentre i facilitatori di tavolo (appositamente formati per l’evento) hanno il compito di moderare la discussione e gestire le attività di discussione e voto

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Il Castello aperto al pubblico e restituito alla città durante le giornate di primavera organizzate dal FAI

un’azione delegata e si trasforma invece in elemento diretto ed accessibile a tutti, generando un processo di appropriazione in grado di rendere tutti i cittadini consapevoli delle risorse presenti all’interno della propria comunità e di conseguenza a conoscerne i percorsi amministrativi previsti o in attuazione. Questo processo contribuirà quindi a garantire ed incrementare le probabilità di buon esito di azioni, progetti e strategie di gestione proprio perché scelte, comprese e assimilate dai cittadini stessi. All’interno del quartiere Brancaccio gli attori locali, hanno promosso e sperimentato le tecniche di Pianificazione Partecipata generando così un percorso di costruzione graduale di partenariato pubblico-privato che ha promosso una visione condivisa di un futuro possibile per la Seconda Circoscrizione della città, partendo dall’area del Castello di Maredolce inteso come fulcro d’identità territoriale. Questa visione, in un secondo momento ha contributo a definire un quadro unitario di progetti (infrastrutturali, di formazione e imprenditoriali) che potranno cambiare l’attuale tendenza al declino ed al degrado della parte orientale della città. L’obiettivo generale è quello di migliorare la qualità della vita nel 76


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quartiere di Brancaccio (e consequenzialmente di tutta la sua Circoscrizione) generando una nuova immagine positiva, rendendo gli abitanti consapevoli delle concrete possibilità di un cambiamento reale a partire dalle risorse già presenti e disponibili nel proprio territorio. BIBLIOGRAFIA: G. Bellafiore, Architettura in Sicilia nell’età Islamica e Normanna (8271149), Lombardi, Palermo, 1996 S. Braida, Il castello della Favara. Studi di restauro, in Incontri e Iniziative, vol.2, Cefalù, 1992

Vista della peschiera di Maredolce dall’isola nel lago. E’ in corso un tentativo di ripristino dell’impianto lacustre, associato ai recenti lavori di restauro, primavera 2012

G. De Spuches, V. Guarrasi, M. Picone, La città incompleta, Palumbo, Palermo, 2002, p.166., Ufficio Statistica del Comune di Palermo. S. M. Inzerillo, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo. Crescita della città e politica amministrativa dalla “ricostruzione” al piano del 1962, Palermo, Quaderni dell’Istituto di Urbanistica e Pianificazione Territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo, 1981 N. G. Leone, Elementi della città e dell’urbanistica, Palumbo, Palermo, 2004

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Rielaborazione grafica del progetto di restauro e recupero del castello ed il suo lago realizzato dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA di Palermo

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Il ruolo della partecipazione nei processi di riqualificazione urbana. Il caso studio della seconda circoscrizione di Palermo.

Il ruolo della partecipazione nei processi di riqualificazione urbana. Il caso studio della seconda circoscrizione di Palermo.

La II Circoscrizione di Palermo rappresenta la parte di città compresa tra periferia e centro storico. Ospita al suo interno la zona industriale di Brancaccio, una delle ultime aree verdi della Conca d’Oro, coltivate ad agrumi e altri alberi da frutto, le diverse borgate storiche palermitane legate alla pesca o all'agricoltura (Sant’Erasmo, Brancaccio, Conte Federico, Ciaculli, Croce Verde) e un’area di sviluppo in parte Sette-Ottocentesco e in parte postbellico (Oreto - Corso dei Mille). La Circoscrizione è tagliata dal corso del Fiume Oreto e si sviluppa ai piedi del Monte Grifone su una superficie di circa 2139 ettari

Simona Albanese Rocco Barletta Dario Tramontana

Localizzazione dell’area

Indicazioni del PRG

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per 74.450 abitanti. L’area interessata dalla seconda circoscrizione va pensata come un elemento di raccordo tra il centro storico di Palermo e la zona di Bagheria, che nel XVIII secolo vide la massima fioritura di ville nobiliari e grande attenzione da parte dell’aristocrazia palermitana. È evidente come la zona di Corso dei Mille - Sant’Erasmo, area di urbanizzazione più antica, abbia subito negli ultimi anni un netto decremento demografico, quasi paragonabile a quello del centro storico, a fronte di una forte crescita delle UPL più “periferiche” della circoscrizione (in particolare Roccella - Acqua dei Corsari nel decennio 1971-81 e Ciaculli - Croce Verde nel decennio 1981-91). Questi dati sono spiegabili con le dinamiche urbanistiche che caratterizzano Palermo, e quindi anche questa porzione di città, a partire dagli anni del boom economico e del cosiddetto “sacco di Palermo”, con una crescita tanto rapida quanto incontrollata, a livello urbanistico, delle periferie palermitane. Nel dettaglio, il territorio della Seconda Circoscrizione è stato interessato da ben quattro dei quattordici piani di zona realizzati nell’ambito del PEEP (Piano di Edilizia Economica Popolare) di Palermo negli anni ’60. Il riferimento è al piano di zona n. 1 (Bandita), al n. 2 (Sperone), al n. 3 (Oreto) e al n. 4 (Oreto - Brancaccio). Appare dunque chiaro che la nascita di nuove aree urbanizzate, volutamente destinate a classe sociali meno agevolate, ha determinato nel territorio della seconda circoscrizione il proliferare di luoghi carichi di criticità non solo urbanistiche, ma anche evidentemente sociali. Questo è il paradosso del PEEP, che voleva servire da sostegno alla nuova, sempre più numerosa, classe sociale giunta alla ricerca di alloggio in città o sfrattata per vari motivi da vecchie abitazioni, e che ora si sostanzia prima quale strumento di controllo para-legale 80


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del territorio, e poi quale concausa alla nascita di luoghi estremamente conflittuali, spesso emarginate, dal punto di vista strutturale e sociale. Le dinamiche, politiche e burocratiche, che hanno portato in molti casi all’occupazione abusiva di edifici, all’interno di aree costruite a seguito del PEEP (Z.E.N., Sperone e Borgo Nuovo sono i casi più eclatanti), non hanno fatto altro che aggravare ulteriormente un quadro già critico. Ad oggi, la Seconda Circoscrizione, presenta diversi casi di zone problematiche, seconde soltanto nell’immaginario collettivo, al tristemente noto Z.E.N. II. Tra queste rientrano sicuramente le quattro aree PEEP, in particolare lo Sperone e Brancaccio. Ciò a dispetto non solo di una storia d’insediamento lunga secoli, ma anche di emergenze architettoniche di gran pregio (una tra tutte, il castello della Favara o di Maredolce) talvolta abusivamente utilizzate per finalità tutt’altro che idonee. Tra i punti di forza dell’area occupata dalla Seconda Circoscrizione, infatti, vi è sicuramente una ricca presenza di chiese, ville, bagli e anche località balneari. Purtroppo, solo negli ultimissimi anni si è avviato un timido processo di riqualificazione, ad esempio con la riapertura dell’ex-deposito Sant’Erasmo in occasione del Kals' art festival. Si è ben lungi, tuttavia, da una ripresa matura dell’area, che continua a presentare forti difficoltà sia nel tessuto urbanistico, che nelle carenze di infrastrutture adeguate (ad esempio, le vie carrabili spesso non sono adeguate al traffico automobilistico, essendo antiche strade di comunicazione non adatte all’attuale volume di traffico). Il quadro delle trasformazioni infrastrutturali in atto nei quartieri Brancaccio e Bandita e il ruolo urbanistico della Palermo metropolitana all’interno dei nuovi flussi economici mediterranei ha dato inizio ad un processo partecipativo attraverso strumenti quali la Passeggiata di quartiere , la tecnica urbanistica del Planning for real e

Passeggiata di quartiere, primo sopralluogo avvenuto insieme agli studenti dell’Istituto A. Volta.

Planning for Real all’interno dell’Istituto A. Volta

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l’Electronic Town Meeting (in riferimento al consorzio Parterre) coinvolgendo gli studenti ed i docenti degli istituti F.Orestano, A.Volta, E.Basile.

Planning for Real avvenuto all’interno dell’Istituto A. Volta

Priorità d’intervento, risultati ottenuti in seguito ad una distribuzione delle carte d’azione rispetto i cinque macro-temi individuati

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L’uso della didattica è servita ad incrociare tra loro le competenze, entusiasmi e speranze espresse da adulti e ragazzi di differenti classi d’età e sociale che esprimendo le loro opinioni hanno permesso la raccolta di informazioni utili ai ricercatori per aumentare i livelli di conoscenza riguardo alla qualità del vivere e dell'abitare nella II Circoscrizione, unendole poi ad iniziative promosse dalle autorità pubbliche in contrasto con i fenomeni di degrado sociale, abbandono delle aree rurali e congestionamento urbano. La passeggiata di quartiere rappresenta uno studio preparatorio al Planning for Real sostituendo il tipico sopralluogo tecnico. Il primo impatto con il territorio costituisce anche il primo incontro con i ragazzi delle scuole ed è di fondamentale importanza che siano proprio loro a condurre la camminata. Questa servirà infatti ad imparare molto del modo di vivere e percepire il quartiere attraverso il dialogo con i suoi abitanti, che in questa occasione rivestiranno il ruolo di «guide speciali» in grado di raccontare ai propri interlocutori una visione personale e quotidiana dell’area urbana contribuendo così ad una visione più profonda e dettagliata. In seguito alla passeggiata di quartiere si è posta l' attenzione sulla seconda fase partecipativa: il Planning for Real. Esso è un gioco di ruolo creato e diffuso dalla Neighbourhood Initiatives Foundation. Si tratta di uno strumento concepito per essere utilizzato all'interno di processi di pianificazione partecipata. Questi processi, il cui scopo principale è l'attivazione della comunità locale per il miglioramento del proprio ambiente, comprendono altre attività quali ad esempio il mantenimento di relazioni con


l ruolo della partecipazione nei processi di riqualificazione urbana. Il caso studio della seconda circoscrizione di Palermo.

altre comunità coinvolte in processi analoghi. Il Planning for Real utilizza un semplice modello 3D come centro di attenzione affinché, la comunità Locale, (in questo caso, studenti degli istituti Volta, F.Orestano e E.Basile di Palermo) propongano suggerimenti e miglioramenti, posizionando sopra il modello, delle bandierine con disegnate le azioni. I suggerimenti vengono poi posti in ordine di priorità e le opzioni vengono selezionate, in modo da far emergere un quadro chiaro sugli obiettivi. Lo scopo del gioco è quello di attivare la progettualità e l'autocoscienza locale, superando le barriere psicologiche che spesso impediscono e non consentono una cosi chiara individuazione dei problemi del quartiere e delle relative soluzioni da parte dei suoi abitanti. Questa, risulta essere una tecnica efficace per il miglioramento della comunicazione tra cittadini e tecnici. Il mezzo utilizzato è un modello in scala abbastanza grande del quartiere, che viene costruito e manipolato direttamente dagli abitanti per effettuare le proposte. Il vantaggio nell'utilizzo del modello è quello di disporre di un "campo neutro" dove i confronti perdono la loro connotazione personale per assumere un ruolo nella costruzione di una "volontà generale". La terza fase d’azione si è avvalsa di uno strumento elettronico come l’ e-TM (Electronic Town Meeting) per il coinvolgimento dei cittadini nella definizione dell’agenda locale, producendo un documento finale di valido aiuto per focalizzare i temi delle trasformazioni urbane della II Circoscrizione da poter proporre in affiancamento al documento delle Direttive generali del nuovo Piano Regolatore Generale di Palermo. Utilizzare la partecipazione pubblica nella gestione del territorio determina una significativa evoluzione della società.

Electronic Town Meeting (e-TM) lo strumento prevedeva la partecipazione di attori locali, pubblici e privati interessati allo sviluppo sociale, economico ed ambientale del proprio territorio

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Foce del fiume Oreto

Costa di Palermo (Brancaccio), lato est

Al termine delle esperienze partecipative sono emerse delle problematiche a cui sono state assegnate delle prioritĂ . Le questioni sono state analizzate nel loro insieme, risultando quindi, non come azione puntuali, ma come azioni a vasta scala. Le emergenze rilevate sono state: l'assenza di un sistema di raccolta differenziata; la presenza della ferrovia come ostacolo all'attraversamento; la gestione non opportuna delle risorse culturali e architettoniche presenti quali il Castello di Maredolce, la chiesa di S. Ciro, la chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi e il ponte dell' Ammiraglio; la manutenzione stradale; problemi di viabilitĂ veicolare e pedonale; la presenza di barriere architettoniche; aree pedonali non adeguate; degrado lungo la costa e illuminazione pubblica insufficiente in alcuni quartieri. I macro interventi previsti, in seguito a queste esperienze, riguardano: - il recupero e la riqualificazione della costa attraverso la sua bonifica e la realizzazione di una spiaggia attrezzata con servizi annessi in modo da ritrovare quel rapporto con il mare che i quartieri della seconda circoscrizione hanno perso da tempo; - la valorizzazione e promozione dei beni culturali attraverso la loro pubblicizzazione, la creazione di un itinerario storico-culturale e la realizzazione del Parco di Maredolce; - il recupero e la realizzazione di aree a verde, giardini pubblici con servizi annessi, impianti e campi sportivi, il ripristino delle sponde a verde del fiume Oreto, la creazione di un parco tra il Ponte Ammiraglio e la chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi;

Schizzo progettuale dei nuovi assi di attraversamento ideati per una migliore fruizione dell’area di studio

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- la manutenzione, lo sviluppo e il potenziamento delle infrastrutture e della viabilitĂ , attraverso la chiusura al


l ruolo della partecipazione nei processi di riqualificazione urbana. Il caso studio della seconda circoscrizione di Palermo.

traffico della via Messina Marine, l’apertura di nuove strade a pettine di collegamento monte-mare, la realizzazione di percorsi ciclo-pedonali, la realizzazione di una strada a monte in sostituzione della strada litoranea e il potenziamento dei mezzi pubblici secondo le logiche della città sostenibile; - la salvaguardia e la riqualificazione del patrimonio agricolo attraverso la specializzazione delle attività agricole ripartendo dalla coltura del Tardivo di Ciaculli che potrebbe essere valorizzato come prodotto d’eccellenza, la diffusione del concetto di filiera corta e agricoltura a km 0 nonché la creazione di attività o attrezzature

Schema progettuale e analisi dei fruitori, di una porzione costiera della seconda circoscrizione

Organizzazione del territorio e mappatura di ambienti, servizi

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Area di intervento: scuola di via 27 Maggio -stato di fatto

Intervento progettuale: scuola di via 27 Maggio - fotomontaggio

ante intervento

post intervento

ante intervento

post intervento

Interventi progettuali ideati: via Giraldi (ante intervento_post intervento)

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Area di intervento

Interventi progettuali proposti

strettamente connesse con il contesto agricolo; - Il miglioramento della qualitĂ della vita e dell' attrattivitĂ turistica attraverso idonei interventi di pulizia e manutenzione degli sgomberi delle attivitĂ abusive per accrescere il decoro del quartiere, il supporto delle strutture ricreative, la valorizzazione delle emergenze architettoniche, il potenziamento della sorveglianza per la cura dei beni comuni e degli spazi pubblici, l'incentivazione turistica per ravvivare il tessuto sociale, culturale ed economico. L'esperienza partecipativa ha fatto emergere la necessitĂ 87


di incanalare positivamente il senso di appartenenza ai luoghi della cittadinanza, ponendo le basi - attraverso la condivisione dei saperi tecnici, le pratiche di ascolto e la valorizzazione delle istanze dei cittadini - per una progettazione operativa ed incentrata sull'utente. BIBLIOGRAFIA: T. Cannarozzo, Palermo: mezzo secolo di trasformazioni, in “Archivio di Studi Urbani e Regionali”, n.67, Angeli, Milano, 2000. S.M. Inzerillo, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo. Crescita della città e politica amministrativa della ricostruzione al piano del 1962, in “Quaderno n.14 dell’Istituto di Urbanistica e Pianificazione Territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo”, Palermo, 1981. Liceo scientifico statale E.Basile, Maredolce: studiare il territorio di Maredolce /Brancaccio e valorizzarlo come distretto culturale e turistico, Palermo, 2012 M. L. Springer, Program Planning: A Real Life Quantitative Approach, Ed. Purdue University Press, 1998. V. Garramone, M. Aicardi, Democrazia partecipata ed electronic town meeting. Incontri ravvicinati del terzo tipo, Ed. Franco Angeli (collana Urbanistica), Milano, 2011

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L’Albergheria rinasce dalle Idee

L’Albergheria rinasce dalle Idee

L’area oggetto di studio, è il mandamento Albergheria (Albergaria o Palazzo Reale) situato all’interno del centro storico di Palermo e delimitato da Via Maqueda, Corso Vittorio Emanuele, Corso Tukory e Corso Re Ruggero e facente parte della prima circoscrizione. Questa comprende gli altri tre storici mandamenti così denominati: Tribunali o Kalsa, Castellammare o Loggia e Monte di Pietà o Seralcadi. L’analisi affrontata si dirama inizialmente su varie e differenti tematiche ad un doppio livello di dettaglio che comprende sia l’intero territorio comunale che il singolo mandamento Albergheria più nel dettaglio. Il primo approccio parte da un’indagine storicocartografica condotta grazie all’ausilio delle cartografie storiche risalenti al 1849-52 e delle carte IGM (Istituto Geografico Militare) degli anni 1912, 1937, 1950 e 1970 che hanno consentito di realizzare un primo quadro complessivo a livello comunale della storia urbanistica evolutiva di tutta l’area. Il primo nucleo urbano di Palermo risale al VIII secolo a.C. quando i Fenici scelsero la città di Palermo per la sua morfologia, le catene montuose e la presenza di un’insenatura, la Cala, su cui sfociavano i due fiumi Kemonia e Papireto che garantivano una sede facilmente difendibile. Un periodo importante che segnò la morfologia dell’area di studio è quello coincidente con la dominazione Arabo-Normanna i cui riflessi sono visibili sul piano urbanistico e sociale. Gli Arabi si insediarono, infatti, nella parte più antica della città che chiamarono AL-QASR (“luogo fortificato”) dal quale deriva lo storico toponimo del Cassaro. L’incremento della popolazione portò alla nascita di nuovi quartieri come l’Albergheria,

Marta Carbone Gioacchina Catanzaro Stefano Lo Greco Salvatore Maltese Valentina Spigolon Vincenzo Spina.

Vista del mercato storico

Chiesa di San Saverio

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Particolare del plastico

Diagrammi di flusso: come quantificare i parametri qualitativi che identificano la “vivibilità dei luoghi”

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gli Schiavoni e la Kalsa, quest’ultima descritta come cittadella fortificata nei pressi del porto. Gli arabi così, pur mantenendo l’impianto originario Punico-Romano, ampliarono notevolmente l’assetto della città e nel 1072 i Normanni mutarono la struttura urbanistica oltre che dei Quartieri dell’Albergheria, del Cassaro e della Kalsa, anche della zona degli Schiavoni che venne ampliata. L’arrivo degli Spagnoli trasformò ulteriormente la città di Palermo in modo particolare nella seconda metà del XVI secolo con il prolungamento del Cassaro e l’apertura di Porta Felice, ma, la svolta significativa, si ebbe con l’apertura di via Maqueda, che prese il nome dal viceré spagnolo Duca di Maqueda. La strada divenne il secondo asse principale della città, perpendicolare al Cassaro, dividendo la città in “quattro nobili parti” che presero il nome di Mandamenti: Palazzo Reale, Monte di Pietà, Castellammare, Tribunali. Il quartiere dell’Albergheria divenne così parte del mandamento Palazzo Reale. L’espansione verso nord della città avvenne definitivamente con l’Addizione Regalmici attraverso una lottizzazione con asse ortogonale a Via Maqueda pianificata nel 1778 dal Marchese di Regalmici. Questo


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asse nord di espansione della città determinò il disinteresse delle classi dirigenti della città per l'antico Centro Storico con un conseguente forte e progressivo degrado urbanistico, economico e sociale dello stesso che portò all’elaborazione e alla realizzazione di un piano di risanamento del centro storico. A causa dell’insalubre situazione igienico-sanitaria del centro storico, l’amministrazione propose un piano di bonifica e nel 1885 venne approvato il “Piano regolatore di risanamento” dell’ing. Felice Giarrusso che prevedeva l’apertura di quattro strade (larghe 20 metri) perpendicolari agli assi preesistenti in modo da creare degli incroci ortogonali al centro di ogni mandamento così da aprire la stretta e disordinata maglia viaria antica e di permettere il passaggio dell’aria e della luce. Una di queste è la Via Mongitore, situata all’interno del quartiere dell’Albergheria, costituita da un contesto di pochi assi stradali realizzati nel secolo scorso e che hanno modificato il tessuto storico dell’area. Nel periodo che va Ambiti di intervento

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dal dopoguerra ad oggi, in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale che danneggiarono notevolmente il patrimonio edilizio esistente, Palermo cambiò completamente il suo volto e fu proprio in questo periodo che prese vita il fenomeno della speculazione edilizia. Dopo un lungo iter burocratico, nel 1962, il Presidente della Regione approvò il Piano Regolatore Generale della città prevedendo l’ampliamento della superficie cittadina di circa il doppio, soprattutto verso nord e secondo la morfologia del territorio. Si vennero così ad occupare moltissimi spazi lasciati liberi, un tempo destinati all’agricoltura, e, contemporaneamente, le borgate storiche vennero inglobate nel tessuto urbano perdendo, in gran parte, la loro identità. Notevole importanza ebbe inoltre la localizzazione, soprattutto a cavallo della circonvallazione (Viale della Regione Siciliana), dei quartieri PEEP (Piani per l’Edilizia Economica Popolare), nati per dislocare all’esterno del centro storico parte della popolazione, ma, in realtà, provocarono problematiche di collegamento e di carattere sociale. Da qui la forte diversificazione tra la nuova città in espansione ed il centro storico rimasto intrappolato in essa.Il quadro storico cittadino ha portato, successivamente, allo studio delle trasformazioni in atto condotto rispettivamente su due scale comprendenti l’intero centro storico e il mandamento Albergheria. Attraverso l’analisi ed il confronto inerente le previsioni del PPE (Piano Particolareggiato Esecutivo di recupero del centro storico di Palermo) e del PPE “Area Albegheria Ballarò”, i contenuti dei Programmi Complessi (PRUSST“Programma di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio”) e gli interventi previsti nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche, si è potuto constatare, oltre alla contrapposizione tra la realtà e le opere proposte, quali siano gli elementi che risultano trasformati o meno. Si è evinto che alcune porzioni del mandamento 92


L’Albergheria rinasce dalle Idee

sono soggette a pianificazione sia da parte del Piano Trombino che del Piano Particolareggiato Esecutivo del centro storico e che, ad ogni unità edilizia, siano state corrisposte categorie di intervento semplificabili in quelle di Restauro e Ristrutturazione, mentre al Piano Trombino è stata data anche la possibilità di realizzare nuove costruzioni. Essendo l’area in questione normata da due piani differenti, è possibile notare unità edilizie a cui sono state destinate diverse categorie di intervento e scelte differenti anche per quanto riguarda il verde di progetto, presente in quantità maggiore nel PPE ed in misura minore nel Piano Trombino. Le variazioni più significative riguardano alcune unità edilizie per cui il PPE prescrive interventi di restauro mentre il Piano Trombino la totale sostituzione di questi con nuove edificazioni. In seguito a questo quadro storico-comunale di Palermo, al fine di realizzare un quadro ricognitivo dell’area dell’Albergheria, sono stati ricostruiti i processi storici di costruzione e trasformazione del singolo mandamento attraverso l’ausilio dei catasti, di cartografie, testi ed iconografie storiche e l’utilizzo di specifici strumenti urbanistici. Infine si è svolto uno studio demografico dell’area, della sua mobilità, della tipologia edilizia presente, delle sue contraddizioni fino a costruire un vero e proprio Piano di Azione locale. L'analisi demografica del mandamento Albergheria ha permesso di capire, grazie al confronto tra la piramide dell'età del mandamento e quella relativa all’intero territorio comunale di Palermo, come la forma della piramide “a fuso” rappresenti una popolazione prevalentemente in fase di invecchiamento. Questo dato è riscontrabile poiché il numero di giovani è nettamente inferiore rispetto a quello degli adulti e non è assicurata la sostituzione completa di una generazione con quella successiva. Per quanto riguarda il numero di famiglie presenti nel quartiere è stato possibile notare come la maggior parte siano formate da un solo componente (il 93


Apertura dei lavori della comunità all’interno di San Francesco Saverio

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42,5% rispetto al 19,5% di Palermo) e da una forte presenza di cittadini stranieri composta per la maggior parte da persone provenienti dal Bangladesh, la Tunisia e lo Sri Lanka.L’analisi della mobilità condotta a livello comunale rileva una scarsa qualità del servizio del trasporto pubblico in relazione all'effettivo bacino di utenza, specie per le zone periferiche della città servite solo da alcune linee di autobus con intervalli di attesa superiori a 40 minuti. Un'altra problematica emersa è relativa all'alta affluenza di diversi flussi viari su Viale della Regione Siciliana che rappresenta l'asse di collegamento di due grandi assi autostradali: l’A29 Palermo-Mazara del Vallo a Nord e l’A19 PalermoCatania a Sud. La cosiddetta circonvallazione, risulta così soggetta ad un grande congestionamento e, pur non essendo una vera e propria autostrada, tende ad assumerne la sua funzione e rappresenta il principale asse di percorrenza che collega le diverse parti della città da nord a sud. Le trasformazioni in atto sull’attuale rete di trasporto collettivo urbano hanno determinato significativi miglioramenti dei servizi nella zona centrale della città, al contrario delle zone periferiche che soffrono dell’insufficienza dei principali requisiti richiesti dall’utenza quali: frequenza, regolarità e puntualità. La congestione veicolare e la sosta lato strada presente sui diversi assi viari limitano fortemente la velocità media dei mezzi pubblici causando un allungamento dei tempi di percorrenza. All’interno del mandamento Albergheria le componenti del sistema viario sono state suddivise in base alle proprie criticità legate alla quantità di traffico nella principale ora di punta (13:30) in tre giorni della settimana (Lunedì, Mercoledì, Venerdì) ed è stato riscontrato un notevole flusso veicolare soprattutto su Corso Vittorio Emanuele. Il fine ultimo dell’analisi è stato proprio di comprendere quali siano i punti critici della viabilità del mandamento. Dallo studio della viabilità,


L’Albergheria rinasce dalle Idee

all'interno del mandamento, si è riscontrata una scarsa presenza di strade a doppio senso di circolazione poiché il tessuto urbano storico non presenta la possibilità di godere di ampie strade che consentano il passaggio di due autovetture contemporaneamente. I tratti di percorrenza che sono risultati essere i più congestionati sono: Corso Vittorio Emanuele, Via Maqueda, Corso Tukory e prevalentemente quelli a doppio senso di circolazione all'interno del mandamento. Scendendo nel dettaglio dell’area del quartiere Albergheria si è proceduto ad analizzare i comparti edilizi ed il tessuto urbano presente. Le analisi delle tipologie edilizie, la loro consistenza, lo stato di conservazione, l’uso dei piani terra e dei piani superiori, sono state condotte con gli obiettivi di comprendere la composizione architettonica, la conseguente idoneità ad ospitare nuclei di popolazione e di verificare se detta popolazione ha realmente a disposizione quei servizi fondamentali dettati dalla normativa vigente. Questi possono essere identificati negli “standard urbanistici” che dettano i “limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati, rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti”. Si è arrivati, pertanto, ad un’analisi inerente lo studio sulle “contraddizioni” presenti all’interno del mandamento Albergheria che ha permesso di rappresentare le relazioni che intercorrono tra gli abitanti ed i luoghi del quartiere con una particolare attenzione alla qualità degli spazi pubblici, ai recinti, ai luoghi negati, agli usi propri e impropri, alle condizioni di marginalità, di degrado ed esclusione. Nell’area del quartiere Albergheria è evidente una “inadeguatezza del tessuto urbano antico alle esigenze moderne” così come scriveva Pier Luigi

Planning for real

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Cervellati negli anni ’70. Il lavoro del noto urbanista mostra come la città moderna, con le sue anomalie e le sue modificazioni selvagge create sui manufatti storici, dovrebbe essere trasformata e pone, nella redazione del PPE di Palermo, insieme a Benevolo e Insolera, il problema delle superfetazioni edilizie nel centro storico. È possibile notare un uso improprio degli spazi, adibiti così a luoghi di gioco o di aggregazione, e della circolazione stradale che rende difficile lo spostarsi all’interno del quartiere Albergheria a causa delle strade spesso inaccessibili costituite da spazi ridotti che non facilitano né i mezzi privati né il pedone; il problema potrebbe essere benissimo risolto riducendo o inibendo la presenza degli autoveicoli, che, in taluni casi, si trovano a transitare in strade chiuse abusivamente. Il quartiere Albergheria è uno dei più antichi di Palermo, ricco di monumenti, fitte maglie viarie, antiche piazze, vicoli e cortili che si contrappongono a un fare architettura e urbanistica proprie degli ultimi secoli in cui sembra sia stata dimenticata e negata l’armonia e la bellezza dei vecchi impianti di matrice araba e cinquecentesca della città. Palazzi nobiliari o di diversa tipologia vengono stravolti tramite delle vere e proprie “violenze” che prendono il nome di superfetazioni; uno dei tanti esempi emblematici è il Palazzo Conte Federico le cui stalle sono diventate, nel corso degli anni, piccoli appartamenti. Una rilevante criticità è data dalla cosiddetta “emergenza legalità” dove l’inadeguata e annosa assenza delle istituzioni ha creato ed aggravato sempre più la situazione di invivibilità e di insicurezza sociale presente all’interno del quartiere. L’opera di denuncia e di sensibilizzazione ad ampio raggio esercitata dalla chiesa e dalle forze di volontariato presenti sul territorio sono riuscite a diffondere una nuova consapevolezza tra i cittadini rispetto a questo tipo di problematiche ed è auspicabile che avvenga, al più presto, un cambiamento 96


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di rotta da parte delle istituzioni preposte alla prevenzione e alla lotta della criminalità. Anche il rapporto tra la città ed il mercato storico di Ballarò va scemando sempre più; esso rappresenta un polo importante di aggregazione sociale, turistico, economico-culturale e di attrazione e dovrebbe essere invece un’ambiente accogliente. Ballarò, nonostante sia uno dei più antichi mercati di Palermo, collocato all’interno del mandamento Albergheria e sia un’area adibita interamente ad uso commerciale, oggi si trova in condizioni precarie ed è, in gran parte, occupato da parcheggi abusivi. Questi spazi, impropriamente usati, potrebbero servire sia agli abitanti del quartiere sia ai turisti ed inoltre i vicoli, che costeggiano il mercato, potrebbero offrire una visuale più affascinante della città recuperando il rapporto con esso. Per quanto riguarda l’istruzione, la scuola dovrebbe essere collocata in uno spazio ed un ambiente più sicuro ma in realtà, gli edifici scolastici dell’Albergheria, sembrano contraddire questi principi fondamentali tanto che la scuola elementare, si affaccia su via Piazza dell’Origlione attualmente adibita a parcheggio: ciò ne rende difficile l’accesso e insicura la presenza dei giovani studenti. Il liceo scientifico è, invece, ospitato nella sede di un ex-convento costituito da spazi limitati propri della struttura storica ed inadeguati alle funzioni di un plesso scolastico il cui ingresso si apre sulla strada attigua causando evidenti problemi di sicurezza. Anche gli spazi pubblici e le aree per il tempo libero mettono alla luce problemi significativi. L’indagine eseguita attraverso i sopralluoghi ed il contatto diretto con gli abitanti ha infatti evidenziato come all’Albergheria lo spazio di aggregazione all’aperto sia praticamente inesistente. I piazzali e gli slarghi sono erroneamente adibiti a parcheggi abusivi e risultano pochissimi gli spazi per le attività ludico-ricreative, tra cui Villa Bonanno o i centri sociali di Santa Chiara e San Saverio. Gli spazi pubblici 97


L’esperimento sociale riportato dalle testate giornalistiche locali

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risultano, inoltre, quasi sempre mal utilizzati o negati, come piazza del Gallinaio, spesso congestionata dal traffico, quando invece essi non dovrebbero essere privilegio di pochi, ma dell’intera collettività. Al fine di raggiungere una maggiore comprensione dell’area di studio da parte della popolazione coinvolta, nella cornice della chiesa di San Saverio, che rappresenta il cuore dell’Albergheria, sono stati invitati i cittadini a partecipare e ad esprimere liberamente le proprie idee e proposte progettuali posizionando delle apposite bandierine (ognuna rappresentante una tematica specifica: verde, servizi, sport, accessibilità e mobilità, decoro urbano) sul plastico dell’area del Mandamento realizzato dagli studenti del “Laboratorio di Pianificazione Urbana e Territoriale” prendendo così parte ad una tecnica urbanistica partecipata. Questa tecnica partecipativa prende il nome di “Planning For Real”, inventato nelle “Neighbourhood Initiatives Foundation” negli anni ’70, costituisce un “gioco” di simulazione che stimola la discussione in un luogo pubblico ponendo le persone di fronte alla rappresentazione evocativa di una o più questioni inerenti la comunità e le aiuta a vedere i problemi nella loro complessità, a sperimentarsi con la gestione democratica e comunitaria di spazi e di iniziative, a concentrare le proprie risorse in un programma di sviluppo realistico e ad agire con il sostegno e la partecipazione di esperti. Il metodo si basa sul presupposto che uno spazio progettato da chi lo abita può essere oggetto di maggiori attenzioni e cure in cui, tutti i membri della comunità, anche se privi di conoscenze tecniche specifiche, possono partecipare in prima persona al processo decisionale e progettuale. Il Planning For Real parte dalla costruzione di un modello dell’area interessata le cui fasi del gioco riguardano la costruzione del plastico, la pubblicizzazione dell’evento e l’apposizione dei segnalini rappresentanti le ipotesi di


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Vista dall’altro sull’area dell’Albergheria. Si registra una compagine architettonica molto variegata.

intervento e definizione delle priorità. Il plastico viene commentato così da segnalini, da carte di azione e di priorità e dai questionari che vengono distribuiti, raccolti e rielaborati e che servono per formulare una sintesi dell’oggetto da progettare. La tecnica del “Planning for Real” si inquadra quindi sul concetto più generale di “Urbanistica partecipata” basata sull’assunto che oggi la complessità delle problematiche sociali ha indebolito le tradizionali forme di rappresentanza (partiti, sindacati, associazioni) e rafforzato la necessità di una partecipazione diretta da parte dei cittadini locali verso un nuovo concetto di governo del territorio che miri a coinvolgere tutti gli attori (governance). Alle sedi tradizionali degli eletti (consigli comunali, regionali, circoscrizionali) si possono infatti affiancare sedi di confronto e orientamento come tavoli sociali, laboratori di quartiere, piani strategici, che hanno lo scopo di mettere a confronto interessi territoriali in forma diretta, delegando alla democrazia rappresentativa il compito di recepire o respingere le indicazioni assunte (metodo bottom up).Rielaborando i dati estrapolati dal Planning For Real sono state, in seguito, individuate le possibili Linee di Azione da poter attuare nell’area sulla base 99


Emergenze architettoniche: la chiesa di di San Nicolò e l’annessa torre campanaria

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dell’Agenda 21 Locale (il cui obiettivo finale è quello di elaborare in modo condiviso un Piano di Azione verso la sostenibilità economica, ambientale e sociale ed adottare soluzioni e decisioni condivise e partecipate per il futuro) e degli Aalborg Commitments (che mirano ad aumentare la consapevolezza e a mettere in luce la necessità per i governi locali, in tutta Europa, di mettere in atto politiche integrate in grado di affrontare le sfide crescenti della sostenibilità).Le misure emerse dal Planning For Real per il Piano di Azione per l’Albergheria, in riferimento agli Aalborg Commitments, sono suddivise in dei precisi e corrispettivi assi prioritari. Per quanto riguarda l’asse “Democrazia partecipazione e integrazione sociale” le misure individuate riguardano l’identificazione di un’area centrale da destinare a luogo di incontro e di aggregazione, la creazione di un nuovo centro sociale da destinare a luogo di incontro con una sala polivalente per le attività culturali (giovani, anziani, stranieri), l’inserimento della segnaletica verticale multilingue (indicazioni di carattere civico), il miglioramento della comunicazione (nelle diverse lingue) sulle iniziative in programma per mezzo anche di campagne di sensibilizzazione e di promozione volte a raggiungere tutti i cittadini del quartiere ed infine l’inserimento di impianti sportivi e di una nuova sede del Comitato di Quartiere. Per l’asse della “Sicurezza sociale” la cittadinanza ha messo in luce l’importanza di un impiego più sociale delle forze dell’ordine (vigili, carabinieri, polizia) con funzione di controllo, monitoraggio, informazione al fine di garantire una percorribilità delle strade in maggiore sicurezza, un maggior controllo durante le ore serali delle aree “a rischio” del quartiere, una videosorveglianza (telecamere in posizioni strategiche) ed un potenziamento dell’illuminazione pubblica.Per l’asse di “Igiene e salute pubblica” le misure di azione sono rivolte alla creazione di una sorta di


L’Albergheria rinasce dalle Idee

“portierato sociale”, nelle vie o nei palazzi, a favore delle persone non autosufficienti, al miglioramento del servizio di raccolta e smaltimento R.S.U, all’istituzione di un consultorio sanitario, alla riduzione del traffico stradale con conseguente diminuzione dell’inquinamento acustico e atmosferico, alla creazione di un polo di servizi assistenziali nel quartiere per gli anziani, i bambini, gli adolescenti e le famiglie ed infine al potenziamento del servizio idrico previo rifacimento della vecchia rete idrica.Per l’asse del “Rilancio economico” le misure di azione riguardano la ristrutturazione ed il rilancio del mercato di “Ballarò” quale polo di attrazione storico per l’intera città, il progetto per la creazione di un mercato eco-equo-solidale e commerciale-culturale, la valorizzazione culturale locale con il recupero di antichi mestieri, la formazione di nuove professioni (guide turistiche) ed il miglioramento dell’accessibilità al quartiere. Per l’asse relativo alla “Mobilità” sono stati proposti interventi per favorire la razionalizzazione segnaletica nel quartiere attraverso una progettazione partecipata, la pianificazione della rete delle piste ciclabili, l’installazione di semafori ciclo-pedonali a chiamata, la realizzazione di marciapiedi più ampi, lo sviluppo di servizi bus-navetta con mezzi a basso impatto ambientale, la razionalizzazione di percorsi stradali, la progettazione degli interventi di ciclabilità e moderazione del traffico con attivazione di un gruppo di monitoraggio e supporto per la progettazione partecipata ed infine la creazione di percorsi e isole pedonali e di parcheggi. Per l’asse del “Recupero patrimonio edilizio” le misure si basano sul restauro degli edifici antichi e su misure economiche atte a garantire l’esercizio di un reale diritto di prelazione da parte dei residenti sugli edifici restaurati (mutui a tasso agevolato, finanziamenti a fondo perduto, etc...).Per quanto riguarda, infine, l’asse del “Decoro urbano” le misure individuate riguardano la 101


riqualificazione di aree verdi esistenti sia in termini estetici che di sicurezza (es. rimboschimento, installazione di panchine, fontane, per renderle più appetibili ai cittadini e meno alla criminalità), la creazione di verde attrezzato per attività varie (sport, cultura, tempo libero) e la realizzazione di piazze e strade più curate. BIBLIOGRAFIA: Attività quasi concluse sul plastico di lavoro

T. Cannarozzo, Palermo tra memoria e futuro. Riqualificazione e recupero del centro storico, Palermo, Publisicula Editrice, 1996 Dati Istat anno 2008 G. De Spuches, V. Guarrasi, G. Picone, La città incompleta, Palumbo, Palermo, 2002 A. Filpa, M. Talia, Fondamenti di governo del territorio, Carocci editore, Roma, 2009 E. Guidoni, L’arte di progettare le città. Italia e Mediterraneo dal medioevo al settecento, Edizioni Kappa, Roma, 1992 S. Inzerillo, Urbanistica e società negli ultimi anni a Palermo-Piani e prassi amministrativa dall’Addizione del Regalmici al concorso del 1939, Palermo, 1981 R. La Duca, Storia di Palermo, L’Epos, Palermo, 1999 N. G. Leone, Elementi della città e dell'urbanistica, Palumbo, Palermo, 2004 E. Salzano, Fondamenti di urbanistica, Laterza, Roma-Bari, 2004 Piani e prassi amministrativa dall’Addizione del Regalmici al concorso del 1939, Palermo 1981 Piano Programma del Centro Storico-Piano Particolareggiato contesto n°4 (Ing. Arch. Giuseppe Trombino) Piano Strategico per la Mobilità Sostenibile di Palermo e stralcio delle linee AMAT per il centro storico PPE - Piano Particolareggiato Esecutivo del Centro Storico

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Pianificazione partecipata ed un piano d’azione per il Mandamento Palazzo Reale

Pianificazione partecipata ed un piano d’azione per il Mandamento Palazzo Reale

La pianificazione partecipata assume un ruolo fondamentale nella gestione e trasformazione dello spazio costruito, in questo caso contesto urbano oggetto della sperimentazione è stato un quartiere del centro storico della città di Palermo. L'obiettivo finale dello studio si è infatti concretizzato nell'elaborazione di un Piano di Azione Locale (PAL) del Mandamento Palazzo Reale, antico mandamento del centro storico di Palermo, delimitato da Via Maqueda, Corso Vittorio Emanuele, Corso Tukory e Corso Re Ruggiero. Il Piano di Azione Locale è un programma di azioni concrete volte a migliorare le condizioni del territorio e la qualità della vita dei cittadini realizzato, attraverso la pianificazione partecipata fondata sul programma

Fahmida Islam Cristina Pistone Vincenza Puglisi

Vista del mercato di Ballarò

Mappatura territorio

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d’azione di Agenda21, attivando un processo di Planning for Real in cui le diverse professionalità svolgono il ruolo di facilitatori e gli abitanti del luogo quello di “giocatori”. Prima di realizzare un Piano di Azione, o qualsiasi altro piano, un pianificatore o un urbanista, devono sempre analizzare il territorio da un punto di vista storico, morfologico e studiare i piani che si sono susseguiti negli anni e come hanno influito sul territorio.Tale inquadramento risulta fondamentale, poiché qualsiasi piano non potrà mai prescindere dal contesto storico, culturale e legislativo in cui deve essere attuato come una griglia che si sovrappone a ciò che già esiste, cercando di sfruttare al meglio le risorse e riqualificare l’esistente, mirando sempre ad una pianificazione sostenibile. L’analisi condotta ha evidenziato l’inserimento del quartiere Albergheria nel quadro delle trasformazioni urbane e storiche della città. Dal nucleo originario del “piede fenicio", attraverso il Piano di risanamento Giarrusso del 1885, sino al Piano Regolatore del 1962 e il conseguente boom di edificazione che investì la città. L’analisi storica di dettaglio nel contesto urbano ha permesso di comprendere il processo che ha portato alla forma del mandamento come oggi lo conosciamo. È stato osservato come il piano Giarrusso del 1885, oltre le opere di risanamento, prevedeva zone di espansione estese fuori le mura e in particolare incisivi sventramenti per riprendere l’idea dei “quattro canti” (quattro strade rettilinee che si incrociano) nei quattro mandamenti. Delle quattro arterie previste nel Mandamento Palazzo Reale fu realizzata solo la via Mongitore parallela alla Via Albergheria, asse longitudinale del quartiere. Lo sventramento fu operato tra il 1929 e il 1932 e ha interessato ampie porzioni del tessuto urbano antico. Il percorso è continuato analizzando lo "Stato di diritto" ovvero, mettendo a confronto il Piano triennale delle 104


Pianificazione partecipata ed un piano d’azione per il Mandamento Palazzo Reale

Inquadramento delle istanze emerse

Opere Pubbliche (Oo. Pp.) e gli interventi PRUSST, Programmi di Recupero Urbano e Sviluppo Sostenibile del Territorio, con il Piano Particolareggiato Esecutivo e il Piano Programma. In tal modo sono state individuate le aree attualmente in trasformazione. Dallo studio emergono in particolare le indicaziono del Piano Programma (1979), piano quadro di riferimento, che divideva il tessuto del centro storico in undici contesti in cui analizzava il tessuto edilizio e proponeva interventi di risanamento. Nel contesto Albergheria-Ballarò (contesto 4) furono previsti il recupero delle originali strutture in via Albergheria, la concatenazione degli spazi aperti e il potenziamento e la riqualificazione del mercato storico. Il confronto fra i differenti strumenti è stato necessario per osservare se gli interventi previsti nel Piano Oo. Pp. e nei PRUSST fossero in attuazione, coerenti o in variante rispetto al PPE e al Piano Programma. All’analisi storico-evolutiva sono stati associati diversi focus specifici: - sono stati approfonditi alcuni aspetti demografici, per valutare il tipo di composizione sociale e familiare del 105


mandamento per poter poi prevedere al meglio strutture idonee. È stato evidenziato come la popolazione straniera sia molto presente all’interno del mandamento con provenienze prevalentemente dal continente africano. Per quanto riguarda la popolazione, rispetto alle fasce d’età, la compone maggiormente quella in “età da lavoro” cioè tra i 19 e i 65 anni. - l’analisi della mobilità, sia ad una scala comunale che interna. Attraverso questo studio scalare è stato possibile comprendere i collegamenti con il resto della città, notando come il mandamento e il centro storico in generale sia servito da un numero inadeguato di linee pubbliche rispetto al resto della città. - infine uno studio territoriale ad una scala più ampia è stato condotto per comprendere come la composizione delle vie interne, strutturate principalmente da capillari storici, abbia creato la maglia su cui la città si è sviluppata. Dall’analisi emerge un certo isolamento dell’area centrale del mandamento, non servito dal trasporto pubblico (tutte le linee percorrono il mandamento ai margini), ed una diffusa utilizzazione impropria dei luoghi pubblici. Conclusa la fase analitica generale si è avviata una intensa attività volta allo studio di dettaglio dell’area. Si è così proceduto allo studio del tessuto urbano e delle sue componenti, sino all’individuazione delle diverse unità edilizie. Nel caso del centro storico di Palermo, dove si sono verificate maggiori trasformazioni e stratificazioni delle strutture edilizie, principalmente residenziali, l’individuazione delle unità edilizie risulta più complessa, per cui è fondamentale l’analisi tipologica degli edifici, ma anche uno stretto rapporto con i luoghi, finalizzato alla stesura di dettagliati rilievi. A queste si aggiungono gli studi riferiti allo stato di conservazione e la consistenza del patrimonio edilizio. Completato il rilievo dello stato di fatto si è scelto di 106


Pianificazione partecipata ed un piano d’azione per il Mandamento Palazzo Reale

confrontarlo con gli standard urbanistici (D.M. 1444/68). Calcolando le aree esistenti per l’istruzione inferiore e dell’obbligo, per attrezzature d’interesse comune, aree per il verde attrezzato e per parcheggi e confrontandole con quelle previste dal decreto, in base al numero di abitanti, si è rilevato come in nessun caso si raggiungano i livelli imposti dagli standard. La situazione risulta diversa qualora si scelga di includere nel conteggio le previsioni del PPE, in questo caso si rileva infatti qualche carenza per quanto riguarda i parcheggi e l’istruzione inferiore e dell’obbligo, ma i risultati si attestano all’interno di quella tolleranza concessa, specialmente nel caso di insediamenti collocati all’interno del centro storico. L’amministrazione comunale, motivando la mancata possibilità di aree idonee con ragioni di rispetto ambientale e salvaguardia della conformazione e delle funzioni della zona stessa, può infatti a norma di legge precisare come siano altrimenti soddisfatti i fabbisogni dei relativi servizi ed attrezzature. L’analisi delle contraddizioni è stata l’ultima fase, prima di passare concretamente alla pianificazione partecipata. Sono stati individuati quei luoghi pubblici ai quali è impedito o sfavorito l’accesso, in quanto delimitati o chiusi impropriamente, causando spesso restringimento o blocco delle strade costringendo l’amministrazione a inserire dei sensi unici, gli edifici pubblici inutilizzati o in stato di abbandono. Inoltre è stata individuata la mancanza dei servizi inerenti al mercato e la presenza di strade carrabili che lo intercettano arrecando intoppi al suo migliore svolgimento. Si è così giunti alla formazione del piano d’azione nato, oltre al contributo di tutte le analisi svolte, con e attraverso un processo di pianificazione partecipata in cui gli abitanti del luogo vengono resi attivi e partecipi. Sono proprio loro i primi promotori di interventi sul territorio, in questo caso, basandoci sul programma d’azione di

Stato attuale

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Agenda 21 locale. L’esecuzione dell’Agenda21 è stata programmata per includere interventi da locale a globale, e comunque in aree più estese da quella oggetto dello studio, come ad esempio l’intera città. La metodologia utilizzata per la stesura del Piano d’Azione Locale può essere articolata in: - Identificazione e selezione delle priorità derivate dal processo di Planning for Real - Definizione delle aree tematiche e degli obbiettivi specifici - Stesura del Piano d’azione per lo sviluppo sostenibile che programma le attività necessarie a conseguire gli obiettivi fissati.

Planning for real

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Come primo passo è stato attivato il processo di Planning for Real. Il “gioco” del Planning for Real si basa sul rapporto tra facilitatori e gli interlocutori-attori ovvero i cittadini; esso si svolge in più fasi: la prima è quella della costruzione del plastico, nella prassi del Planning for Real La costruzione del plastico è affidata ai cittadini assistiti dai facilitatori. In questo caso la realizzazione del plastico è stata affidata agli studenti del corso di laurea in Pianificazione territoriale senza partecipazione dei cittadini. La seconda fase è quella della pubblicizzazione, che serve a dare maggiore visibilità alla manifestazione. Deve essere svolta tempo prima dell’evento o al massimo in situ e durante lo svolgimento del Planning for Real cercando di attirare l’attenzione di adulti e bambini. A questo punto si passa all’apposizione dei segnalini che rappresentano le ipotesi d’intervento. In questa fase i cittadini, che sono i protagonisti assoluti, appongono sul plastico dei segnalini, nel nostro caso bandierine, che rappresentano azioni complete. Infine si ha la definizione delle priorità attraverso il


Pianificazione partecipata ed un piano d’azione per il Mandamento Palazzo Reale

confronto tra cittadini stessi e facilitatori. In conclusione è emerso che, per alcuni aspetti, l’area studiata, risulta, in un certo senso, “isolata” dal resto della città. La vita all’interno del quartiere viene percepita come all’interno di un piccolo paese. Mancano spazi verdi e per la comunità, gli spazi liberi vengono utilizzati come discarica o parcheggio; l’area è scarsamente fornita di attrezzature, servizi, illuminazione e non esiste nessuna forma di vigilanza nelle ore notturne. I centri di aggregazione sociale sono garantiti solo in parte da tre chiese parrocchiali e il centro sociale S. Saverio. Attraverso gli “Aalborg Commitments” utilizzati come linee guida, si è proceduto alla redazione del piano di azione. Con la carta di Aalborg, approvata durante la conferenza europea sulle città sostenibili che si è svolta nel 1994 ad Aalborg in Danimarca, le città e le regioni europee s’impegnano ad attuare l’Agenda21 locale ed elaborare piani d’azione a lungo termine per uno sviluppo durevole e sostenibile. Ogni commitment, cioè impegno, è un tema chiave della sostenibilità locale. I commitment sono dieci ed esprimono vari temi della sostenibilità da un livello locale ad uno globale.. Si è proceduto parallelamente con le fasi del processo di Agenda21 locale che ha otto passaggi standard: Attivazione del processo; individuazione e coinvolgimento del pubblico e dei partners; predisposizione del quadro conoscitivo; individuazione delle priorità e definizione degli obiettivi; costruzione del piano d’azione; adozione del piano d’azione; implementazione e monitoraggio; valutazione. Le linee d’azione sono nate dalle considerazioni scaturite dal Planning for Real, dalle contraddizioni del mandamento nonché da tutte le analisi del tessuto urbano studiato, tentando di tener conto delle necessità dei cittadini, del 109


raggiungimento degli standard urbanistici e sfruttando le risorse e alle potenzialità del territorio. Da tutte queste considerazioni nasce una ludoteca per l’integrazione sociale, riqualificazione del patrimonio edilizio utilizzandolo come Edilizia Economica e Popolare, miglioramento delle aree destinate al verde e al tempo libero, pedonalizzazione di alcune piazze e delle strade che intercettano il mercato, percorsi ciclabili che colleghino tutto il mandamento, creazione di parcheggi sia per auto che per bici strategicamente posizionati, servizi bus navetta e il potenziamento del mercato di Ballarò dotandolo di servizi.

Strategie di intervento

Si evidenzia quindi l’importanza di realizzare con maggiore frequenza occasioni di progettazione partecipata per avvicinare così decisori, facilitatori e abitanti al fine di proporre progetti reali vicini ai cittadini e alla vita di ogni giorno. BIBLIOGRAFIA: F. Asta, Restauro e contesto, il restauro nell’architettura e nella città, . Ila Palma Aprile 2010. F. Giambanco, Analisi e Recupero dei centri storici, Il caso Palermo, Grafill, Palermo, 2007. S.M. Inzerillo, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo, Piani e Prassi amministrativa dall'«addizione» del Regalmici al concorso del 1939, Palermo 1984. N.G. Leone, Fondamenti di urbanistica, Palumbo, Palermo, 2004. F. Lo Piccolo ,I. Pinzello, Cittadini e cittadinanza, Palumbo, Palermo, 2008.

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Progettazione partecipata Zona Espansione Nord di Palermo. Agenda 21 Locale come pratica partecipativa per il recupero urbano

Progettazione partecipata Zona Espansione Nord di Palermo. Agenda 21 Locale come pratica partecipativa per il recupero urbano

Federica Cappello Adriano Rao

Il recupero urbano delle aree degradate e marginali della città ha come finalità la produzione di equità e giustizia sociale, di funzionalità, sviluppo e qualità estetica, nel rispetto dell’identità del luogo o il genius loci. A queste si aggiungono oggi i concetti di partecipazione e sostenibilità ambientale, che dovrebbero garantire il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini presenti e futuri. Questa è la premessa operativa che tra il 2010 e il 2011 ha caratterizzato il processo progettuale di recupero del quartiere San Filippo Neri della città di Palermo, o Z.E.N., oggetto del presente studio. L’obiettivo era quello di sperimentare il processo di Agenda 21 Locale in un contesto urbano abitato ma apparentemente abbandonato dall’amministrazione pubblica. Agenda 21 Locale o A21L è un percorso progettuale che integra le analisi tecniche di contesto con le pratiche partecipative di coinvolgimento e ascolto della popolazione alla gestione del territorio nell’ottica della sostenibilità.

“Stiamo aspettando che la città arrivi da noi”. Vignetta che illustra il fenomeno dello “sprawl urbano” e la distanza spaziale e sociale fra centro e periferie

La finalità è quella di definire un Piano d’Azione, uno strumento che unisce le caratteristiche programmatiche dei Piani Strategici alla localizzazione puntuale degli interventi dei Piani Regolatori e dei Piani Particolareggiati. Per comprendere meglio le caratteristiche del contesto in cui si è operato, e per confermare o smentire i preconcetti riguardanti questo quartiere, è stato avviato un processo analiticosperimentale su differenti livelli. Veduta aerea del quartiere Z.E.N. (San Filippo Neri)

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Una delle “Torri” delle facciate corta dell’insula

Il quartiere San Filippo Neri, più conosciuto come Z.E.N. [Zona Espansione Nord], è stato un quartiere satellite della città di Palermo, servito a giustificare tra gli anni ’50 e ’60 l’urbanizzazione dell’esteso territorio agricolo della Piana dei Colli che lo separava dal centro. La Piana dei Colli, al centro della quale è stato realizzato gradualmente lo Z.E.N., è delimitata a sud dal nucleo urbano storico della città e sui tre lati rimanenti dai monti Pellegrino, Gallo e Billemi, ed è stata densamente coltivata e punteggiata di bagli e ville dell’aristocrazia palermitana fino agli anni ’50 del ‘900. Questo tessuto agricolo semi-latifondista è stato sostituito, a volte brutalmente, da edilizia ad alta densità. Dopo gli anni ’80, le superfici ancora libere sono state occupate da ville e villette raggruppate in estese lottizzazioni, esempio siciliano della condizione di sprawl urbano.

Corte interna carrabile e le sue passerelle

Come già accennato, lo Z.E.N. è il frutto di realizzazioni graduali, identificabili in tre interventi distinti per epoca di costruzione e tipologie edilizie realizzate, il Borgo Pallavicino, lo Z.E.N.1 e lo Z.E.N.2. Il primo nucleo, completato nel 1958, si sviluppa su 4 ettari e si compone di 350 alloggi organizzati in edifici in linea ed elevazioni comprese tra tre e sei livelli. Le abitazioni, alcune orientate rispetto l’asse eliometrico, sono circondate da piccoli giardini ad uso dei residenti. La struttura planoaltimetrica del complesso riprende quella dei Borghi Rurali edificati a seguito della Legge Regionale 104/1950, declinazione siciliana della Riforma Agraria che prevedeva l’esproprio coatto di parte delle proprietà terriere dei latifondisti per distribuirle ai braccianti, per i quali vennero realizzati appunto dei piccoli nuclei residenziali extraurbani. Purtroppo anche se tecnicamente innovativo per l’epoca, il Borgo Pallavicino rimase disabitato perché privo di servizi e troppo distante dalla città consolidata.

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Progettazione partecipata Zona Espansione Nord di Palermo. Agenda 21 Locale come pratica partecipativa per il recupero urbano

Il secondo nucleo è costituito dal vero e proprio Z.E.N. (Z.E.N.1), progettato dagli ingegneri Salvatore Biondo e Salvatore Mario Inzerillo. Verrà edificata un area di circa 15 ettari, meno della metà del progetto iniziale. Settemila vani, organizzati in edifici in linea, le cui elevazioni variano tra sei e dieci piani. Il progetto è la sintesi tra l’edilizia tipica degli anni ’70 e le norme progettuali della GES.CA.L.. La progettazione dell’ultimo nucleo prende avvio alla fine del 1969, quando l’I.A.C.P. della provincia di Palermo bandisce un concorso nazionale per il completamento del quartiere Z.E.N. (Z.E.N.2), vinto nel ’71 dal gruppo Amoroso, Bisogni, Gregotti, Matsui, Purini. Il progetto, che si sviluppa su 35 ettari circa, già nei suoi presupposti si pone in contraddizione sia rispetto alle realizzazioni precedenti che al contesto rurale circostante. Gli edifici residenziali saranno realizzati con un’unica tipologia edilizia l’ ”Insula”, ideata ad hoc. Questa è una struttura composita, che racchiude in un unico perimetro edificato, parte del tessuto del Centro Storico, in chiave moderna. Tre strette vie interne, di lunghezza compresa tra i 100 e i 200 metri circa, sulle quali si affacciano quattro blocchi abitativi di quattro elevazioni l’uno. Tutti i servizi che erano stati previsti dai due progetti Z.E.N. non saranno mai realizzati, fatta

Planimetria del progetto originale Z.E.N. 2. Gruppo Amoroso, Bisogni, Gregotti, Matsui, Purini, 1971

Noto scatto del fotografo Fabio Mantovani

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eccezione per le scuole primarie e la chiesa. A completamento del quartiere, in occasione dei mondiali di calcio “Italia ‘90” viene realizzata una strada a scorrimento veloce, simile ad una circonvallazione, che circonda completamente tutta l’area, rendendola un ghetto impermeabile. L’occupazione abusiva del Borgo Pallavicino e dello Z.E.N.1, iniziata nel 1968, ha portato all’assegnazione ufficiale degli alloggi, mentre quella avvenuta negli anni ’80 e ’90, nello Z.E.N.2 non ha prodotto lo stesso risultato, mantenendo di fatto alcuni cittadini nella condizione di occupanti irregolari.

La consistenza edilizia, rapporti tra vuoti e pieni

Oltre alla condizione spaziale, i conflitti sociali, il vandalismo e il rapporto conflittuale con la politica locale, sembrano determinati dalla scarsità di servizi, percepita come segno di disinteresse del benessere collettivo. Il D.M. 1444 del 1968 prevederebbe la realizzazione di 18 mq ad abitante da destinare a servizi, ripartiti in 9 mq a Verde Pubblico, 4,5 mq per l’Istruzione dell’Obbligo, 2,5 mq a Parcheggi Pubblici e 2 mq per Attrezzature d’Interesse Comune. I risultati delle analisi condotte con il presente studio confermano un deficit generalizzato di servizi. Risultano assenti l’84% di Verde Pubblico, il 65% di Istruzione dell’Obbligo, il 50% di Parcheggi Pubblici e il 63% di Attrezzature d’Interesse Comune.

Analisi qualitativa degli spazi

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Progettazione partecipata Zona Espansione Nord di Palermo. Agenda 21 Locale come pratica partecipativa per il recupero urbano

L’isolamento del quartiere è determinato anche dalla distanza dal centro e da problemi di accessibilità e mobilità. Oltre la cesura con il tessuto circostante provocata dalla “circonvallazione”, si avverte l’insufficienza di servizi del trasporto pubblico. Le stazioni della metropolitana più vicine sono a 2 km dal centro del quartiere e non esiste un servizio di autobus urbani che le connetta ad esse. Gli autobus di connessione con la città, oltre gli interminabili tempi di attesa e percorrenza, hanno come capolinea lo Stadio Comunale, posto a 4 km dal centro. Per fornire un dato esemplificativo, dal centro del quartiere al centro storico urbano sono necessarie mediamente tre ore. Se per il Borgo Pallavicino e lo Z.E.N.1 vale quanto detto, per lo Z.E.N.2 sussistono altre problematiche che ne impediscono la vivibilità, rendendolo ghetto nel ghetto. Vi è infatti una grave ostilità dello spazio urbano, sia pubblico che privato. Questa si manifesta nell’eccessiva presenza di barriere, cancelli, passerelle sopraelevate senza copertura e scale sviluppate in spazi ristretti e intricati. La distribuzione degli edifici è troppo compatta, permettendo la visibilità tra gli alloggi antistanti e negando di fatto la privacy. Inoltre l’apertura delle attività commerciali è “impedita” dalla distanza ridotta tra il pavimento e il soffitto, fuori dai limiti di legge.

Manifestazioni creative all’interno del contesto

Tuttavia in questo contesto alcuni “abitanti non solo hanno cura delle loro case e degli spazi pubblici, ma hanno sviluppato una qualità di vita che nessuno sospetterebbe in ragione della cattiva fama del quartiere […] si identificano nello spazio urbano dell’insula, estensione delle loro case, con la costruzione delle edicole-altari” (Sciascia, 2003) e con altri elementi creativi, merito anche dell’attività svolta dalle associazioni del luogo. 115


Le bandierine del Planning for Real costituiscono un’idea progettuale, ma riflettono anche un bisogno sociale e psicologico

Proprio queste associazioni hanno assunto il ruolo di gancio trainante per coinvolgere i cittadini del quartiere in due attività di partecipazione. Allo Z.E.N. è stata utilizzata la “Passeggiata di quartiere” e il Planning for Real. La prima, propedeutica per la successiva, permette ai cittadini di fare da ciceroni del loro quartiere, accompagnando i progettisti alla scoperta di quegli elementi normalmente celati all’occhio del forestiero. Il Planning for Real, invece, è una tecnica di partecipazione basata sull’utilizzo di un plastico dell’area che ha lo scopo di permettere agli abitanti di indicare su di esso gli interventi che ritengono necessari. Il ruolo dei progettisti è quello di seguire ed agevolare il “gioco”, e nella fase finale, aiutare i partecipanti a raggiungere ad una visione condivisa del futuro dell’area. Nel caso specifico, e viste le particolari condizioni di contesto, la prima e più importante richiesta è la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e la conseguente impiantistica negli edifici e nei singoli alloggi. Infatti gli impianti “privati” esistenti sono il risultato di un processo di autocostruzione dovuto all’occupazione abusiva. Seguono a questa, le richieste di un presidio sanitario; il recupero della “piazza” centrale dello Z.E.N.2, oggi solo uno sterro; il potenziamento del trasporto pubblico; un ufficio postale; dei servizi sportivi; plessi di Istruzione Secondaria Superiore; un centro per anziani; verde attrezzato; segnaletica stradale. Sintetizzando e rielaborando queste richieste attraverso l’utilizzo dei dati estrapolati dalla fase analitica, è stato prodotto un Piano d’Azione molto complesso e diversificato. Le linee guida del progetto sono la riqualificazione funzionale ed estetico-percettiva, l’attenzione all’esigenza di verde e servizi, e la riconnessione del quartiere al tessuto urbano circostante e al centro città. La nota aggiuntiva, solitamente non

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Progettazione partecipata Zona Espansione Nord di Palermo. Agenda 21 Locale come pratica partecipativa per il recupero urbano

Il Planning for Real: le scelte degli abitanti per il quartiere

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necessaria in altri contesti, è il tentativo di risoluzione delle ostilità tra occupanti e pubblica amministrazione. Il progetto prevede innanzitutto il recupero e l’adeguamento igienico-sanitario, impiantistico e tecnologico di tutti gli edifici residenziali pubblici, oltre al recupero degli edifici pubblici non residenziali e all’espropriazione, seguita da ristrutturazione, degli edifici privati disabitati o compromessi, al fine di destinarli a servizi di quartiere, comprensivi di servizio sanitario e postale.

Mappatura delle scelte

Il progetto per la piazza centrale dello Z.E.N.2, considerata la sua notevole superficie, ne prevede la suddivisione in due aree distinte ma integrate. Una parte sarà destinata a parco pubblico, la rimanente a “piazza mercato”, uno spazio aggregativo perimetrato su tre lati da strutture da adibire all’insediamento di attività commerciali stabili e non, per ovviare all’impossibilità di insediarle negli edifici residenziali. Sul fronte del Verde e della Mobilità, è stata prevista la trasformazione di tutte le aree pubbliche inutilizzate in parchi pubblici interconnessi tra loro e la piazza dello Z.E.N.2 da percorsi pedonali e ciclabili, che attraverseranno alcune aree agricole, da convertire in orti urbani, per poi legarsi alla “circonvallazione”, trasformata in un parco lineare. Il cambio d’uso di questa infrastruttura e l’adeguamento delle sezioni stradali che attraversano lo Z.E.N. permetteranno la riconnessione con il territorio esterno. Per quanto riguarda il collegamento con il resto della città è stata prevista una stazione della metropolitana leggera, che da Piano Urbano della Mobilità Sostenibile del Comune di Palermo, dovrebbe essere realizzata tangente al quartiere. Nel quadro della sostenibilità ambientale si propone l’istallazione di pannelli solari fotovoltaici su tutti

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Progettazione partecipata Zona Espansione Nord di Palermo. Agenda 21 Locale come pratica partecipativa per il recupero urbano

Masterplan progettuale e linee d’azione

gli edifici pubblici che, tra residenziali e non, costituiscono oltre il 90% della superficie edificata. Per risolvere le questioni di occupazione abusiva e vandalismo, per venire temporaneamente incontro ai problemi dei residenti relativi alla disoccupazione e per ammortizzare le spese pubbliche di tali opere, si è propone l’utilizzo del metodo dell’ autocostruzione in partenariato con l’amministrazione locale. Sintetizzando, il Comune di Palermo si occuperebbe della fornitura dei materiali e del supporto tecnico, mentre i cittadini saranno i realizzatori effettivi delle opere. L’amministrazione ripagherà questo 119


contributo con l’assegnazione degli alloggi, ristabilendo la condizione di legalità, e l’esenzione temporanea dal pagamento dei servizi comunali erogati e delle altre imposte locali. Questo patto tra amministrazione e cittadini dovrebbe riappianare i contrasti, consegnando ai residenti un luogo migliore in cui vivere e trasformando lo Z.E.N. in un modello innovativo su vasta scala di coprogettazione e co-realizzazione tra pubblico e privato. BIBLIOGRAFIA: AA VV, Palermo e i suoi quartieri, Centro studi città di Palermo, Palermo, 1989 Vignetta sul ruolo “inaspettatamente importante” della progettazione partecipata nel quadro decisionale urbano

V. De Lucia, Se questa è una città, Editori Riuniti, Roma, 1992 G. De Spuches, V. Guarrasi, M. Picone, La città incompleta, Palumbo, Palermo, 2002 A. Sciascia, Tra le modernità dell’architettura: la questione del quartiere ZEN 2 di Palermo, L’Epos, Palermo, 2003

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SEZIONE III Riqualificazione e rigenerazione urbana: quartieri,periferie, contesti storici

La città è una stupenda emozione dell'uomo. La città è un'invenzione, anzi: è l'invenzione dell'uomo Renzo Piano



Le periferie nelle dinamiche di trasformazione urbana

Le periferie nelle dinamiche di trasformazione urbana

La coscienza del pianificatore, maturata nell’ambito del percorso universitario, porta spesso a misurarsi con il tema “contrastato” delle periferie. Nello specifico, il seguente studio è incentrato su Bonagia, quartiere sud-est della città di Palermo. L’obiettivo della ricerca era quello di individuare delle condizioni che consentano di superare la contrapposizione tra città e periferia e guardare a quest’ultima valorizzandone le potenzialità, quale contesto e paesaggio del tutto particolare. Proprio la volontà di accostare il tema delle periferie a quello del paesaggio, confortata dalle dichiarazioni della Convenzione Europea, è sembrata una possibilità di azione concreta per trasformare, con i modi e le pratiche della pianificazione, il gap ideologico che di consueto le allontana da certe parti della città, ormai stigmatizzate, determinando una sorta di segregazione socio-culturale. Il paesaggio, integrato nelle politiche e negli strumenti della pianificazione, costituisce quindi la variabile di valore con la quale ripensare alle periferie. Proprio in quanto categoria concettuale generale, determinata a partire da rielaborazioni soggettive e collettive, è solo agendo su di esso che si può modificare l’immagine negativa o assente troppo spesso associata ai quartieri periferici. Ancora oggi, nonostante gli sforzi operati da molti questi luoghi sono avvertiti , nell’immaginario collettivo, come esclusi dalla città vera, da quel concetto città che coincide con le connotazioni positive, con i servizi, con le centralità, con il proprio genius loci. Questo effetto di cesura con la città è un dato avvertito anche dagli abitanti dei tanti quartieri peri-urbani che, nel loro sentire comune, percepiscono il centro cit-

Elisabetta Costantino Laura Lo Piparo

Etimologia di periferia: da sinonimo di perimetrale a nozione topografica

Dalla città monocentrica alla città policentrica e multifunzionale

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Quartiere Bonagia, Palermo: uso “silvopastorale” di un’area abbandonata

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tadino come estraneo alla loro quotidianità. Con l’intento di scardinare questa visione distorta, ma ben consolidata, è maturata la consapevolezza che il paesaggio delle periferie, oggi più che mai, costituisce risorsa progettuale principale nell’agenda di una città che voglia rinnovarsi, rigenerarsi e creare un sistema realmente e positivamente policentrico, in cui ogni sua parte possa costituire una ricchezza fondata sulla diversità funzionale, sociale, economica, ambientale. Oggi la periferia si candida a divenire “città in trasformazione” dove sperimentare, secondo tutte le dimensioni della sostenibilità, una nuova generazione del progetto che ne alleggerisca la pesantezza emergenziale per tornare a parlare di “città”: è necessario quindi, spendere fatica e impegno per convertire le criticità in progetto, non solo ed esclusivamente tecnico, ma anche ed indispensabilmente sociale. «“Qualità urbana” e “nuovo modello di città” sono oggi i nuovi nodi rilevanti per il progetto delle aree periferiche. La città del futuro è soprattutto policentrica: è una città che nel privilegiare il recupero dei valori identitari posseduti nelle aree meno dense li rende un’opportunità per la diversificazione» (Carta, 2006); in quanto “aree di trasformazione integrata”, le periferie richiedono un mix di azioni materiali e immateriali che inneschino quell’interesse collettivo della cittadinanza tutta che diviene potenzialità di sviluppo. Oggi si può perdere l’occasione di credere nel paesaggio come modalità di conoscenza e di rinnovo del territorio, né perdere la possibilità di credere nelle periferie come paesaggio della modernità, come paesaggi di città. L’impegno per le amministrazioni, per gli analisti, per gli urbanisti, per gli esperti delle discipline connesse al territorio, per le comunità insediate e per la cittadinanza tutta è e sarà: «“fare centro dei margini”, riportare occasioni, luoghi, forme di centralità urbana nel tessuto peri-


Le periferie nelle dinamiche di trasformazione urbana

Stralcio del PRG di Palermo relativo a Bonagia

ferico, riconfigurandolo nella sua complessiva dimensione urbana» (Carta, 2006) . Partendo da queste riflessioni sul paesaggio e sulla periferia, la tesi si è incentrata sul quartiere di Bonagia, interpretandone le potenzialità attraverso alcuni step-chiave: best practices, la città pubblica, stato di fatto, trasformazioni in atto, percorsi partecipativi, strategia di intervento, piano di azione e progetto urbano. Il percorso analitico è stato affrontato sul duplice livello, locale e globale, Bonagia - Palermo. Individuate le questioni cruciali e facendo riferimento alle metodologie proposte dai Programmi Integrati di Riqualificazione delle Periferie (Regione Puglia) e dal Piano di Accompagnamento Sociale (Torino), è stata formulata la strategia per “Riconnettere e ricentralizzare” il quartiere alla città. La conoscenza dei luoghi è stata pertanto un nodo centrale; il quartiere di Bonagia è localizzato nella parte meridionale di Palermo, in una parte della città che ancora oggi trova difficoltà di affermazione: un ritardo nella crescita, sia fisica che socio-economica, dovuta alla presenza di limiti naturali come il fiume Oreto, e di limiti

Il Piano di Accompagnamento Sociale (PAS) è uno strumento elaborato dal Settore Periferia di Torino per implementare alcuni Programmi di Recupero Urbano rientranti nel più ampio “Progetto Periferie” della città 125


I Programmi Integrati di Riqualificazione per le Periferie (PIRP) nascono come risposta attuativa alle disposizioni dell’art.13 della legge n°20 del 2005 della Regione Puglia. Essi sono definibili come programmi di rigenerazione della periferia urbana resa marginale a causa delle dinamiche dello sviluppo insediativi attuale o da problematiche legate ad un degrado fisico e socio-economico. Gli interventi prevedono sia la realizzazione di infrastrutture materiali, sia il supporto alla promozione e al rafforzamento di relazioni immateriali.

Lo svincolo stradale , punto di accesso al quartiere

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fisici-strutturali come la presenza della circonvallazione (viale Regione Siciliana, un’arteria viaria di scorrimento della città di Palermo che rappresenta l’unico raccordo veloce tra l’autostrada A19 Palermo-Catania e l’autostrada A29 Palermo-Mazara del Vallo). Bonagia, nonostante la presenza di comparti edilizi abbastanza recenti, ha mantenuto un carattere molto più vicino al sistema rurale tradizionale che al sistema cittadino e a quell’effetto città che altrove, con facilità si riscontra. Tale sistema agro-rurale ha valori contrastanti: da una parte qualifica Bonagia in quanto riserva di valore paesaggistica e ambientale, dall’altra lo dequalifica per lo stato di abbandono in cui si trova. Di rilevante interesse è il collegamento di Bonagia con il resto della città, collegamento attualmente realizzato dal viale Regione Siciliana con i suoi svincoli di ingresso e uscita dal quartiere: asse di scorrimento e smistamento della quasi totalità del traffico cittadino, la circonvallazione rappresenta per Bonagia l’unico legame infrastrutturale con la città. Ancorché vitale per l’accesso al quartiere, la circonvallazione dall’altra parte ha contribuito a mantenere e rinsaldare il limite che isola Bonagia dal resto della città, avendo costituito una forte cesura non solo per lo sviluppo insediativo, ma anche e soprattutto per la percezione e la comprensione del quartiere, il quale poco alla volta ne è diventato sfondo. Un segno peculiare del quartiere è senza dubbio l’edilizia residenziale pubblica: fattore generativo che a partire dagli anni ‘50 ancora oggi è cifra di riconoscibilità del quartiere, sia pure nella sua criticità: la monofunzionalità infatti, con l’esigua presenza di servizi che non riescono a vivacizzare l’uniformità e la ripetitività dei modelli abitativi in linea, domina lo sguardo e contrasta con gli spazi a verde abbandonati e con la trama di verde agricolo delle borgate confinanti. Pochi punti dedicati al commercio e ancor meno luoghi di ritrovo, presuppongono una dipendenza del quartiere da altre zone della città meglio


Le periferie nelle dinamiche di trasformazione urbana

fornite; unici servizi di quartiere, le scuole, principalmente asili-nido ed elementari. L’analisi complessiva sull’identità strutturale del quartiere è stata quindi realizzata attraverso:l’individuazione delle componenti strutturali, architettoniche e urbanistiche; l’individuazione delle componenti demografiche e sociali; l’individuazione di altri elementi ricavati da verifiche e confronti, ad esempio tra i servizi standard stabiliti secondo il D.M. 1444 e il dimensionamento di quelli presenti attualmente nel quartiere. L’analisi strutturale condotta ha consentito così di rintracciare alcuni dei caratteri del quartiere, che si possono ritenere rilevanti per l’individuazione di questioni e temi utili per le azioni della fase progettuale. Il progetto per il quartiere di Bonagia così ipotizzato, oltre a rispondere a questioni oggettivamente emerse dall’analisi strutturale, è il frutto di immagini, percezioni, paesaggi, così come determinati da un campione (anche se limitato) di persone, rappresentante sia la popolazione degli altri quartieri di Palermo, sia gli abitanti del quartiere stesso. Le metodologie di analisi sono mutuate dall’approccio percettivo coniato da Kevin Lynch, ma alcuni contribuiti provengono anche dai geografi della scuola palermitana, in particolare quelli riguardanti le pratiche di ascolto del territorio attenzionate, pur con le differenze imposte dai tempi e dalle specificità dello studio sviluppato. Il metodo partecipativo applicato è stato condotto attraverso un duplice livello di indagine: uno globale/cittadino riguardante la ricostruzione dell’immaginario - visione - percezione comune del quartiere da parte dei cittadini residenti in altre zone della città di Palermo; l’altro, locale/di quartiere, finalizzato alla ricostruzione dell’immaginario - visione percezione comune relativa al quartiere da parte di chi vi abita. Dalla prima indagine - livello globale - condotta attraverso delle brevi interviste accompagnate dalla visione di alcune foto del quartiere, è emerso che aumentando il grado di conoscenza e fruizione del quartiere da parte

La circonvallazione

Mappa degli elementi strutturali di Bonagia

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Cortine edilizie prospicienti la Circonvallazione

dell’intervistato, migliora anche la percezione che si avverte di esso. Si può quindi affermare che giudizi e appellativi negativi non rappresentano sentimenti di stigma, ma, nella maggior parte dei casi, solo opinioni circa il carattere popolare e prioritariamente residenziale del quartiere. Molti dei caratteri e delle potenzialità positive del quartiere, purtroppo, non riescono ancora ad oggi ad emergere e questo penalizza e sminuisce l’area: il paesaggio così come indicato dalle persone ascoltate, è un paesaggio che potrebbe dirsi “monocolore”. La seconda indagine - livello locale - ha visto l’avvio di due processi partecipativi: uno costituito dalla passeggiata di quartiere e l’altro dalla somministrazione di questionari semi-strutturati. La passeggiata di quartiere è stata organizzata allo scopo di lasciare che fosse l’intervistato a guidare lo studioso attraverso Bonagia, secondo le modalità consuete dei suoi spostamenti quotidiani o meno. Nel questionario invece, partendo dalle questioni proposte, si è preferito lasciare gli stessi intervistati liberi di aggiungere delle riflessioni od opinioni a margine. Da questo duplice percorso “partecipato” sono emerse alcune considerazioni utili per la comprensione del quartiere, affinché il progetto 128


Le periferie nelle dinamiche di trasformazione urbana

finale potesse risultare realmente aderente ai caratteri analizzati. È stata confermata la forte mancanza, avvertita da tutti, di servizi e funzioni che possano valorizzare il quartiere e diminuire la dipendenza dello stesso dal resto della città. L’iter dello studio, snodatosi attraverso le analisi così descritte, ha portato in ultimo al riconoscimento delle questioni, ossia delle problematicità che connotano il quartiere di Bonagia. Le questioni rintracciate possono essere divise in tre sottogruppi, considerando il livello urbano cui si riferiscono e il grado di dettaglio dei temi considerati: la marginalità, legata alla mancanza di un motivo, di un attrattore che catalizzi l’interesse verso il quartiere. Mancano centralità capaci di riannodare il quartiere alla trama di centri propulsori che generano nel complesso l’“effettocittà”, ossia quell’esito del tutto unico e univoco che ci fa riconoscere quel brano di territorio come città; l’isolamento, ossia la separazione fisica e simbolica del quartiere rispetto alla città e al contesto che lo circonda, generata in parte dalla Circonvallazione e in parte dal contesto limitrofo costituito da due borgate storiche; la monofunzionalità e il degrado fisico-sociale. Sulla base delle questioni individuate, è stata strutturata la strategia ritenuta maggiormente efficace per rispondervi e contrastarle, agendo sui punti deboli del quartiere e allo stesso tempo, esaltandone le potenzialità, la riserva di valore riconosciuto e da riconoscere. La strateEdilizia popolare all’interno del quartiere Bonagia

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Edifici lottizzazione Bonedil comunemente chiamati “Dallas” dagli abitanti di Bonagia, che ironizzano sul suo alto grado di degrado sociale

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gia, così elaborata, è focalizzata sulla doppia idea della RICONNESSIONE e della RICENTRALIZZAZIONE del quartiere rispetto alle dinamiche e all’assetto complessivo della città: la prima principalmente fisica, legata al superamento dei limiti strutturali esistenti che ostacolano il collegamento e la ricucitura del quartiere con il resto del territorio; la seconda spiccatamente simbolica, anche se attuata attraverso interventi anche fisici: azioni di riposizionamento del quartiere rispetto all’armatura culturale e dei servizi della città in grado di elevare l’attuale peso del quartiere rendendolo a tutti gli effetti un attrattore, non solo per la popolazione di Palermo, ma anche per la comunità insediata. Una volta stabilita la strategia sono stati elaborati gli obiettivi generali, in coerenza con la declinazione delle questioni, e precisamente: creare attrattori di rango urbano: nel quartiere occorre localizzare alcuni segni che scardinino l’attuale posizione rispetto alla compagine cittadina, centralità che si propongano come nodi della rete locale urbana e sappiano apportare vitalità e una necessaria “adrenalina”; potenziamento dell’accessibilità e dei collegamenti: le nuove centralità pensate per il quartiere necessiteranno di più saldi ed efficienti collegamenti fisici con il resto della città, ponti simbolici e fisici con cui misurare la futura accessibilità, garantendo in tal modo che il quartiere divenga filtro, area permeabile e attraversabile e non più limite della città costituita, oltre la quale non è possibile rintracciare i caratteri di complessità e dinamicità che tanto apprezziamo nelle città; miglioramento della qualità dell’abitare: nessuna strategia è veramente efficace se non si misura con la comunità insediata nel territorio per cui elabora obiettivi e misure di intervento; il nostro progetto elabora un obiettivo generale che si rivolge all’innalzamento della qualità di vita, dell’abitare nel quartiere affinché la popolazione insediata si riconosca e si ritrovi ad essere soggetto attivo


Le periferie nelle dinamiche di trasformazione urbana

nell’elaborazione di paesaggi urbani riconoscibili con cui identificare Bonagia. Così come suggerito dalla metodologia proposta dai Programmi Integrati di Riqualificazione per le Periferie, nel passaggio successivo, ciascuno degli obiettivi generali è stato articolato in obiettivi specifici che fossero in grado di offrire un’idea del possibile risvolto pratico espresso dalla fase precedente. Ad un livello di maggiore dettaglio si collocano le linee di azione che indicano con maggiore specificità come realizzare il contenuto espresso dagli obiettivi specifici; abbiamo cercato di tracciare linee di azione che fossero il più possibile dirette e mirate, affinché, già dal livello delle strategie, fosse possibile immaginare le future destinazione del piano di azione per Bonagia e prefigurare in qualche modo, il risvolto progettuale. E’ stato auspicato che, per una maggiore efficacia e continuità, la proposta progettuale definita sia accompagnata da uno strumento specifico che attivi consenso e allarghi la conoscenza e la comunicazione dei progetti previsti, così come previsto dal Piano di Accompagnamento Sociale. Dopo aver strutturato fino al maggiore grado di dettaglio gli interventi attivabili nel quartiere, seguendo il percorso che dalle questioni ci ha portato alle destinazioni d’uso future, sono state definite in modo accurato le realizzazioni fisiche che costituiranno la configurazione del prossimo scenario per Bonagia: un’area di città densificata di funzioni e attività, un nuovo paesaggio urbano in grado di influenzare le dinamiche di trasformazione della città attraverso le sue peculiarità, esistenti e nuove. BIBLIOGRAFIA: M. Carta, Periferie nuovi centri di sviluppo urbano, in Edilizia e Territorio, n° 22, Giugno 2006 V. Guarrasi (a cura di), Paesaggi virtuali, Laboratorio Geografico, Pa-

Il baglio Sanfillippo dall’alto: la parte della residenza e la vicina chiesetta

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lermo, 2002 M. Carta, In from the margins. In From the margins, Riflessioni ed indirizzi sulle politiche di rigenerazione delle periferie urbane, in Eccom, Patrimonio e attività culturali nei processi di rigenerazione urbana, Roma, 2006,K. Lynch, L’immagine della città, Marsilio Editore, Giugno 2006 G. De Spuches, V.Guarrasi, M. Picone, La città incompleta, ed. Palumbo, Palermo, 2002

Bonagia: strategie di progetto

Un progetto per Bonagia: obiettivi generali

Ricentralizzazione del quartiere

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Analisi orientata alla riqualificazione: lettura ed interpretazione del quartiere Oreto-Stazione di Palermo

Analisi orientata alla riqualificazione: lettura ed interpretazione del quartiere Oreto-Stazione di Palermo

Il quartiere Oreto - Stazione è probabilmente uno degli ambiti urbani più complessi di Palermo; sorto nella parte meridionale della città a stretto contatto con alcuni dei principali sistemi urbani del comune. Il suo perimetro è costituito dal margine meridionale del Centro Storico, dalla linea ferroviaria Messina - Palermo - Trapani, dal fiume Oreto e dalla fascia costiera. La presenza della stazione centrale e della corrispettiva linea ferrata, di importanza sovra comunale, è un segno molto forte all’interno del quartiere, come del resto il fiume Oreto, anch’esso molto importante ed egualmente aperto verso il territorio. Il quartiere Oreto - Stazione può considerarsi una parte strategica per tutta la città; possibile punto di congiunzione tra le differenti aree urbane, ed occasione per apprezzare le qualità urbanistiche e architettoniche di ogni singola parte. Lo stretto rapporto con un sistema complesso di strutture urbane permette di evidenziare gli elementi che agiscono positivamente o negativamente sul quartiere. Sono stati individuati tre tipi di risorse: interne, esterne e altre riferite ad un contesto più ampio legato al sistema del verde cittadino. Le risorse interne sono così denominate in quanto localizzate dentro il quartiere. L’area dei Servizi Ospedalieri (Civico - Policlinico), l’area della Stazione Centrale, l’Orto Botanico e la Villa Giulia, sono elementi forti che ne determinano le principali caratteristiche, in termini di qualità dell’offerta sanitaria, dotazione di infrastrutture per la mobilità e qualità ambientale.

Salvatore Abruscato Marcellocalogero Blanda

Risorse interne al quartiere

Risorse esterne al quartiere

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Le risorse esterne sono caratterizzate da un’influenza implicita, proveniente dall’intorno. Tra queste il vicino porto della città, che continua a registrare un aumento del traffico crocieristico capace di coinvolgere indirettamente anche l’area Oreto - Stazione. Il sistema del verde palermitano può essere considerato come un insieme di spazi e percorsi verdi e vuoti urbani da poter “sfruttare” come possibili aree a verde. Da rilevare, quindi, la centralità del quartiere nei confronti di tale sistema, centralità fisico-spaziale e urbana soprattutto in relazione al tema del Parco della Valle dell’Oreto.

Barriere fisiche

Considerato il contesto, si può valutare maggiormente in che modo l’area studio si apre al resto della città e in che modo riceve dalla stessa influenze positive. L’analisi di alcuni elementi e specifiche caratteristiche urbane hanno fatto emergere la presenza di: “sistemi chiusi”, intesi come luoghi con un grado di accessibilità non elevato; “barriere”, intese come vere e proprie linee di confine naturali e artificiali; “connessioni”, intese come superamento della barriera e “corridoio” capace di movimentare di persone e cose, beni e servizi; “diversi livelli di traffico”, intesi come grado d’intensità degli spostamenti. Probabilmente la mancanza di dialogo con le parti di città a stretto contatto è uno dei motivi che incidono negativamente sulle possibili potenzialità da utilizzare e valorizzare nel quartiere. Evoluzione quartiere

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urbana

dell’edificato

del

Sono stati individuati tre tipi di sistemi (servizi ed eccellenze; economico residenziale; storico-artistico, culturale e ambientale) comprendenti piccole e grandi aree interne al quartiere, ognuno con le sue specificità e caratteristiche, l’una strettamente collegata all’altra sia in termini fisici e spaziali che economici e sociali. Una


Analisi orientata alla riqualificazione: lettura ed interpretazione del quartiere Oreto-Stazione di Palermo

molteplicità di luoghi caratterizzati da attività diverse tra loro e con differenti gradi di sviluppo. Il sistema dei servizi e delle eccellenze individuato permette di evidenziare attività e servizi specifici. Risorse importanti per tutta la città. L’area universitaria, infatti, offre un servizio rivolto a un’utenza proveniente in gran parte dall’intera Sicilia occidentale (altro polo attrattore in quest’ambito è Catania); un altro importante servizio, oltretutto con un alto livello qualitativo, è l’Ospedale Civico, che vede fiorire al suo interno il centro per i trapianti ISMETT, di rilievo nazionale e internazionale. Il sistema economico residenziale è costituito dalle molteplici attività commerciali riferite soprattutto all’area della Stazione Centrale, in cui ricade buona parte del tessuto residenziale del quartiere. Il sistema storico - artistico è caratterizzato dalla grande area comprendente la Villa Giulia, l’Orto Botanico e l’antico porticciolo di S. Erasmo. Dalla presenza di tali luoghi si evince l’importanza di questo sistema che, in quanto così complesso, lo si può suddividere ulteriormente in due sottosistemi: culturale e ambientale. Nel primo rientrano l’Orto Botanico, la Villa Giulia e l’ex-Gasometro, mentre nel secondo l’area di S. Erasmo e la fascia costiera adiacente, inclusa anch’essa nel sistema costiero palermitano. La conoscenza e l’individuazione di tali sistemi non può prescindere da un’attenta analisi territoriale distribuita su ambiti socio-culturali, sociali, economici, strutturali a partire dalle sue componenti originarie. Si evidenzia così come la storia del quartiere sia strettamente correlata agli eventi e alle trasformazioni urbane della città. Palermo fino alla seconda metà del ‘700 è ancora raccolta dentro le sue mura e i suoi bastioni. In seguito le migliori condizioni di sicurezza del territorio,

Evoluzione quartiere

urbana

dell’edificato

del

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Isolato tipo, via Filiciuzza.

Infrastrutture per la mobilità

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permettono di far perdere alle mura quel sistema protezionistico sulla quale si era sempre basata la città. Comincia quindi la necessità di uscire fuori dalle mura per espandersi gradualmente nel territorio dove le iniziative più significative in direzione sud della città sono riferibili alla Villa Giulia, nel 1778 (N. Palma) e al completamento dell’impianto dell’Orto Botanico e del Gymnasium (Dufourny), nel 1795. Del 1783 è la rettifica dello stradone di S. Antonino, oggi via Lincoln (perimetro sud del centro storico palermitano). Queste opere tuttavia non favorirono nuovi insediamenti abitativi in questa zona, poco qualificata per la presenza del fiume Oreto e della sua larga e profonda vallata, resa mal sana dalla malaria causata dalle acque ristagnanti. Nel 1793 si cerca il prolungamento viario a sud verso l’Oreto con una strada, ma si arrestò in corrispondenza del fiume, in quanto il ponte che lo doveva attraversare fu considerato troppo oneroso […] nel 1877 il sindaco Perez fece studiare all’ufficio tecnico comunale un nuovo progetto ma il ponte a tre luci fu completato solo nel 1939. La nuova stazione ferroviaria venne inaugurata nel 1886, mentre il piano regolatore di risanamento del 1885, tende a spostare il centro della città in direzione nord. Il piano Giarrusso determinò una sorta di discriminazione sociale.


Analisi orientata alla riqualificazione: lettura ed interpretazione del quartiere Oreto-Stazione di Palermo

Da un lato i rioni, spesso senza alcun regolamento ufficiale, dall’altro i villini. Il rione attorno alla stazione centrale ad esempio, fu frutto di un processo di urbanizzazione al di fuori di un organico piano regolatore generale operante per legge. Nei primi del ‘900 si accentua il divario sociale ed edilizio nord-sud. Il rione Perez e Olivuzza, zona Oreto, sorsero in queste condizioni, con una monotona maglia ortogonale e inesistenti attrezzature sociali indispensabili. Dal concorso nazionale per la redazione del piano regolatore (1939) emerge un progetto che evidenzia la “separazione” tra la zona d’espansione nord e quella sud. Zonizzazione in base a ceti: popolari, signorili, medi. Dopo la seconda guerra mondiale gran parte del quartiere è ben definito. Più tardi, alla fitta maglia ortogonale si aggiungerà l’edilizia degli anni ’60 e già prima degli anni ’70 l’intera area è urbanizzata. Gli interventi urbanistici della seconda metà del XX sec. non influiranno sul quartiere. Le principali trasformazioni interesseranno infatti la zona nord della città, quella del commercio e degli affari, dei parchi e delle ville, di Mondello e dello stadio comunale.

Prospetto tipo, edificio sito in via Vincenzo Errante

Volumetria, sistema dei Servizi e delle eccellenze

Le analisi urbane condotte hanno permesso di svolgere valutazioni critiche sul quartiere Oreto – Stazione. Scomporre in schemi significa smontare in più parti qualcosa di complesso per analizzare quali sono le parti che costituiscono l’oggetto che si sta studiando, per poi descrivere tali parti e le loro relazioni col tutto. La città è sicuramente qualcosa di complesso e un approccio grossolano e sistematico può portare a una mancata comprensione dei fatti urbani. La scomposizione del quartiere in più elementi ha permesso di individuare le parti che lo compongono, riuscendo a cogliere il significato dei vari elementi. Le analisi svolte riguardano il sistema dell’edificato (pieni) e non edificato (vuoti); il 137


Area ex-gasometro

Edifici adiacenti all’area del fiume Oreto

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sistema delle infrastrutture e della viabilità; il sistema del verde; la tipologia e la morfologia degli isolati; le attrezzature e i servizi. L’analisi dell’edificato e del non edificato, individua le parti di città costruite e non costruite, i cosiddetti pieni e vuoti. Essendo il quartiere una parte di città consolidata di origine ottocentesca, risulta in larga misura edificata da fabbricati a blocco chiuso, organizzati secondo una maglia ortogonale. Tuttavia sono presenti nell’area degli spazi vuoti che emergono per dimensioni e forma. I principali spazi non edificati sono la foce del fiume Oreto e la parte meridionale del Foro Italico, il sistema Villa Giulia – Orto Botanico e le aree adiacenti il corso del fiume Oreto, prevalentemente costituito da terreni agricoli privati. L’area ferroviaria della stazione è come una striscia che separa in due il quartiere. Le corti interne dell’edificato rappresentano una potenzialità poco sfruttata dagli abitanti, che hanno preferito renderle inaccessibili e poco funzionali invece di dedicarle a spazi gioco per i bambini o aree a verde condominiali. Il sistema delle infrastrutture della mobilità e dei trasporti indica la rete di quelle infrastrutture che permettono lo spostamento, attraverso mezzi privati o pubblici. Il sistema stradale presenta diversi livelli, che sono stati classificati in maniera gerarchica secondo le funzioni che svolgono e i volumi traffico che le attraversano. La Stazione Centrale è il principale scalo ferroviario della città di Palermo e Terminal della linea ferrata nazionale e regionale. È anche la stazione di origine della linea del servizio ferroviario metropolitano per l’aeroporto internazionale “Falcone - Borsellino”. Nel quartiere è presente anche la fermata Vespri, localizzata tra il Policlinico e l’Ospedale Civico. All’interno dell’area non sono presenti né aree gioco per bambini, né spazi dedicati allo sport, né giardini pubblici di quartiere. Il sistema del verde pubblico è costituito


Analisi orientata alla riqualificazione: lettura ed interpretazione del quartiere Oreto-Stazione di Palermo

dalla Villa Giulia che però è un giardino storico e l’Orto Botanico, il più antico giardino scientifico d’Europa. L’unica area che si può interpretare come spazio pubblico è il Foro Italico. Lungo la sponda occidentale dell’Oreto sono presenti degli spazi destinati ad orti privati che risultano coltivati e recintati. L’isolato è in generale definito quale parte della città, comprendente fabbricati e le loro aree di pertinenza, delimitata da spazi pubblici, strade e o piazze. La tipologia d’isolato prevalente è certamente quella della maglia ortogonale ottocentesca, tuttavia l’estensione del quartiere consente l’individuazione di altre morfologie. Le tipologie presenti nell’area sono: la tipologia a blocco chiuso, l’isolato con edificio individuale, la tipologia del blocco aperto, la tipologia in linea e gli edifici ad uso produttivo. Per riqualificare il tessuto socio economico occorre rendere funzionali i servizi e le attrezzature del quartiere, dalla sanità alla scuola, dal trasporto al tempo libero, e così via, creando i buoni presupposti per uno sviluppo equilibrato e un’integrazione sociale. I tre sistemi individuati ci permettono di specificare le attrezzature territoriali e i servizi. Le destinazioni d’uso delle centralità principali (Villa Giulia-Orto Botanico e Istituti di Scienze, Stazione Centrale, Area Ospedaliera) sono caratterizzate da una serie di servizi di supporto che ne completano l’esistenza. L’area intorno al Policlinico, ad esempio è caratterizzata da una serie di attrezzature relative al settore sanitario, mentre quella della Stazione Centrale presenta numerose attività economiche e servizi legati al turismo e di servizio al trasporto. Un’altra analisi svolta è stata quella della verifica degli standard urbanistici, attraverso il dimensionamento del quartiere. L’analisi è stata sviluppata per comparti omogenei e sommando i valori sono state determinate le

Riferimento progettuale: area a parco fluviale a Salamanca, Spagna

Riferimento progettuale: sistemazione pedonale a Siviglia, Spagna

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Riferimento progettuale: arredo urbano, Amsterdam, Paesi Bassi

Riferimento progettuale: Centro culturale, Roermond, Paesi Bassi

superfici minime da destinare a servizi e attrezzature, previste dal DM 1444/68. Il risultato del confronto tra le aree minime previste dal decreto e quelle esistenti ha mostrato come vi sia un forte deficit. Per quanto riguarda lo studio degli aspetti della vita sociale e la percezione degli abitanti del quartiere è stata svolta un’indagine sociologica. La ricerca è stata condotta mediante la somministrazione di questionari, sottoposti sia agli abitanti del quartiere sia alle persone che, pur non risiedendo al suo interno, lo vivono per altri motivi. I temi affrontati sono stati: la vivibilità, gli alloggi, i trasporti, la sicurezza, i servizi e l’ ambiente urbano. Particolare attenzione è stata rivolta all’analisi dello spazio e delle sue potenzialità. Il quartiere è costituito da varie parti ed elementi che si legano l’uno con l’altro, da spazi pubblici e privati, spazi accessibili e non accessibili. Sono stati individuate forme e caratteristiche degli spazi, specificando non solo gli spazi accessibili, pubblici o privati, e quelli non accessibili, ma anche quelli che fanno parte di un sistema aperto continuo, come ad esempio piazze, ampi vuoti urbani, e quelli che fanno parte di un sistema chiuso di tipo discontinuo, ad esempio corti interne, cortili, etc. Al termine delle analisi e dell’elaborazione dei dati sono state delineate le linee di intervento da adottare. Le proposte progettuali sono state sviluppate per ambiti d’intervento. Nell’area Stazione Vespri – Policlinico si propone la possibilità di realizzare una serie di interventi in grado di migliorare la qualità urbana e al tempo stesso dotare il quartiere di attrezzature di servizio all’area ospedaliera. Si prevede: la realizzazione di una biblioteca - auditorium per la Facoltà di Medicina, la riqualificazione della fermata ferroviaria Vespri; la sistemazione di un mercato dei fiori nella piazza adiacente il policlinico; la creazione di parcheggi pubblici sotterranei. L’area del

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Analisi orientata alla riqualificazione: lettura ed interpretazione del quartiere Oreto-Stazione di Palermo

fiume Oreto sarà interessata dal ripristino delle condizioni naturali e la trasformazione in Parco fluviale urbano. Si prevede: la realizzazione di percorsi pedonali, piste ciclabili e ponti pedonali; l’inserimento di attrezzature sportive, per lo svago e il tempo libero, aree a gioco per bambini e la costituzione di un museo a cielo aperto con opere di scultura contemporanea. Gli interventi proposti mirano a riqualificare la fascia costiera cercando di ricostituire le caratteristiche ambientali e naturali e recuperare il rapporto con il mare attraverso: la riqualificazione ambientale della fascia costiera; la realizzazione di un porto turistico al S. Erasmo e la realizzazione di servizi legati al porto. L’area dell’Ex Gasometro rappresenta una forte potenzialità poiché si potrebbe convertire l’area in un centro socio - culturale, con una serie di funzioni in grado di favorire l’aggregazione e promuovere attività sociali ed iniziative culturali. In quest’area l’intervento prevede: il recupero strutturale e il restauro degli edifici, il riutilizzo dell’area dismessa come centro socio-culturale con spazi espositivi, la realizzazione di laboratori di arte, musica, spettacolo e la realizzazione di un’accademia della fotografia. L’area della Stazione Centrale, una volta trasferite alcune funzioni nella Stazione sud di Brancaccio, verrebbe trasformata in fermata ferroviaria e metropolitana, entrambe in sotterranea, recuperando la superficie attualmente occupata dai binari. Nell’area ricavata si prevede: la riqualificazione del tessuto che si trova a margine; la realizzazione di un sistema di terziario avanzato; la realizzazione di aree a verde, spazi pedonali e piste ciclabili; la realizzazione di alcuni collegamenti viari tra la parte a monte e quella a valle; la realizzazione di strutture commerciali, uffici, attività ricettive e servizi di vario genere. Un processo di rimodulazione delle sedi stradali dei tratti urbani principali potrebbe garantire un ammodernamento dal punto di vista estetico - funzionale

Riferimento progettuale: centro culturale, Associazione culturale Isola, Milano

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dei principali assi. Le proposte riguardano: il rifacimento delle pavimentazioni, stradali e dei marciapiedi; la piantumazione di nuove alberature, che diano un senso di continuità ai percorsi; la predisposizione di arredo urbano di qualità; lo studio e la progettazione degli attraversamenti pedonali e dei percorsi a piedi; la realizzazione di piste ciclabili di collegamento con l’area del Parco dell’ Oreto.

BIBLIOGRAFIA: S. M. Inzerillo, Urbanistica e società negli ultimi 200 anni a Palermo: crescita della città e politica amministrativa dalla ricostruzione al piano del 1962, Istituto di urbanistica e pianificazione, Palermo, 1984 N. G. Leone, Elementi della città e dell’urbanistica, Palumbo Editore, Palermo, 2004

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Progetto di Recupero e Riqualificazione: Sant’Anna al Capo/Guilla

Progetto di Recupero e Riqualificazione: Sant’Anna al Capo/Guilla

Lo studio si focalizza sull'area di S. Anna alla Guilla, nel centro storico della città di Palermo. Il popolarissimo quartiere nasce in età musulmana, attestandosi al di là del corso del fiume Papireto, oggi interrato. All’interno del quartiere, l’antico Seralcadio, nome ereditato dall’arabo sari-al-qadi, rione del Kadì, si estende uno dei mercati storici della città il “Capo”, incastonato in un quadrivio di vie, che diramano dall'asse principale, costituito dalla via Porta Carini. La testimonianza delle origini orientali del quartiere è rimasta impressa nell'intricato labirinto viario, nonostante le manomissioni e le stratificazioni che ne caratterizzano la compagine costruttiva. Lo stato attuale è segnato dal degrado del patrimonio costruito e numerosi spazi pubblici risultano minacciati da tentativi di privatizzazione soprattutto di natura illecita e abusiva. Questo costituiva un rischio da contrastare, indirizzando l’attenzione verso la riqualificazione e l’integrazione di spazi pubblici urbani, anche come attrezzature e servizi di prossimità, e allargando lo sguardo verso una gamma più vasta di esigenze. In tal senso è opportuno richiamare la legislazione urbanistica ordinaria, che in Sicilia è costituita dalla Legge Regionale 71/1978. L’attività edilizia e urbanistica all’interno dei centri storici è stata sinora regolata da tale legge, che dedica al recupero dei centri storici due articoli: Art. 20: che ripropone le categorie di intervento della legge 457/78

Valentina Candela Katia Antonina Carcione Francesca Costanzo Vincenzo Ferrigno Maria Teresa Pollara Valentina Spigolon

Piazza Sant’Isidoro alla Guilla

Via Beati Paoli

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Piazza del capo ed i recenti interventi

Centro Socio-sanitario

Emergenze architettoniche: chiesa dei Beati Paoli

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Art. 55: sottolinea che le nuove costruzioni ammissibili nelle aree libere dovranno inserirsi nell’ambiente circostante rispettandone la tipologia e le caratteristiche. In particolare la normativa prevede che il recupero dei centri storici debba attuarsi tramite le redazioni di piani particolareggiati, che sono complessi e costosi, per questo usati poco. Nel caso di Palermo il processo di recupero del centro storico è stato guidato dal PPE (Piano Particolareggiato Esecutivo), commissionato dal Sindaco Orlando, a Cervellati e Benevolo ed approvato nel 1993. Partendo dalla lettura ed interpretazione di tali studi è stata effettuata una rielaborazione ed un aggiornamento dei dati, attraverso il rilievo e l'analisi diretta dei luoghi. Il materiale raccolto è stato cartografato attraverso una serie di analisi sullo stato dei luoghi, volte all'inquadramento dei processi evolutivi e di trasformazione dell’area, allo studio delle unità e delle tipologie edilizie, alla conoscenza della consistenza e conservazione del patrimonio edilizio, delle aree libere, della rete viaria. Il progetto si è quindi incentrato sul concetto d’identità, che diventa l'input per la riconfigurazione della città. Le politiche di intervento per i centri storici vanno finalizzate infatti a sottolineare il valore identitario e culturale, attraverso l'individuazione di nuovi ruoli e funzioni, che devono essere costruite guardando alle problematiche della città contemporanea ed inquadrandole all’interno delle politiche pubbliche, in una visione organica volta alla riqualificazione e alla rifunzionalizzazione dell'esistente e del sistema territoriale. Durante la fase di ricerca preliminare, sono stati infatti coinvolti i residenti attraverso questionari ed interviste, arricchendo così il bagaglio di informazioni fondamentale per la successiva stesura del progetto. L’idea di fondo scaturisce ed è catalizzata dall’esigenza


Progetto di Recupero e Riqualificazione: Sant’Anna al Capo/Guilla

di ridare linfa vitale ad un’area degradata e fortemente trascurata, il cui potenziale sociale e culturale risulta svalutato. L'obiettivo è restituire l'identità all’area di Sant’Anna Guilla, consentendole di uscire dalla segregazione culturale che la relega ad elemento marginale ed invisibile del centro storico, e tornare ad essere un tassello importante, attraverso un'operazione di riuso volta a restituire ai cittadini un’area di servizi culturali, svago, verde, giochi e quanto necessario per il benessere della persona e la valorizzazione dello spazio circostante. Il primo passo è stato quindi, una volta completata la fase conoscitiva dei luoghi, l’individuazione dei punti nevralgici, di fuga e di respiro dell’area. In particolare sono cinque gli scenari/ambiti individuati; che inglobano al loro interno visioni e strategie di sviluppo connessi tra di loro. Una visione quindi integrata che viene di seguito suddivisa solo per facilitarne la comprensione.

Ambiti d’intervento

L’ambito 1 investe un’area molto importante e suggestiva per la posizione in cui si trova, rispettivamente tra Via degli Scalini, Via Cappucinelle e Piazza Sant’Anna al Piazza S.Anna al Capo: proposta progettuale

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Proposta progettuale

Capo, Vicolo Lungo, Cortile Mangano, Cortile Salerno e Via Carrettieri. La scelta di riprogettare quest’area è spinta dallo stato di incuria in cui versa questo spazio adibito prevalentemente a macchine, rifiuti e costituito da verde incolto ed abbandonato a se stesso. Lo scenario progettuale proposto prevede di recuperare gli edifici lungo Vicolo Lungo destinandoli rispettivamente ad asilo e ludoteca, prevedendo al loro interno attività volte all’istruzione, al divertimento, alla salvaguardia e al benessere del bambino, con attività pomeridiane, attività creative e ludiche, spazi e strutture per il gioco ed il tempo libero. Inoltre si prevede di realizzare una sorta di belvedere, che, tramite la sopraelevazione, consenta di vedere ed apprezzare i monumenti ed il panorama circostante. In particolare la piazza sarà suddivisa in varie sezioni, così da costituire un mosaico in cui ogni tassello è caratterizzato da una tematica diversa dettata dal disegno che delimita gli spazi. L’idea di fondo è di realizzare delle aree a verde con numerose specie vegetali e con dei corsi d’acqua che riprendono l’andamento del fiume Papireto, rievocandone il tracciato 146


Progetto di Recupero e Riqualificazione: Sant’Anna al Capo/Guilla

che un tempo attraversava la zona. Un ulteriore potenziamento dell’area avverrà tramite un sistema di illuminazione adeguato ed efficiente, con panchine, servizi di sosta dalle forme creative e con attrezzature da gioco per i bambini. La fruizione degli spazi sarà infine automatizzata, garantendone così l’accessibilità, attraverso la realizzazione di una pedana lungo la parte terminale della piazza, a cui è possibile accedere grazie ad un servizio di ascensori e scale mobili.

Sistemazione a verde e servizi ricreativi

L’ambito 2 investe un’area particolarmente critica, ma altresì suggestionata dalle realtà circostanti, compresa tra Vicolo Pietà e Vicolo Gioiamia, Via Carrettieri, Via Gioiamia, Via Gianferrara, Vicolo Pieduzzi e Vicolo Rocca. La scelta progettuale parte dalla necessità di riprogettare quest’area attraverso la demolizione, senza ricostruzione, dei ruderi in essa presenti. L’ipotesi deriva da una chiara esigenza di rendere quest’area decorosa, funzionale ed utile tramite la realizzazione di aree a parcheggio costituite da una maglia regolare e parallela separata da fasce a verde. Infine, gli ultimi scenari progettuali realizzati, ruotano attorno alla figura e ad un sistema di piazze, pavimentazioni e servizi che consentono di riaccendere e valorizzare le chiese ed il patrimonio edilizio circostante per donare apertura e respiro all’area di Sant’Anna Capo/Guilla. L’ambito 3 tratta un’area di grande rilievo situata tra Piazza San Cosmo, Via e Piazza Beati Paoli. Questo spazio è caratterizzato dalla presenza della chiesa S.S. Cosma e Damiano (VI secolo) e da quella sovrastante, che caratterizzano l’identità del luogo. L’dea di fondo ha riguardato la sistemazione delle piazze tramite la ripresa della pavimentazione, la nuova destinazione d’uso della 147


chiesa sconsacrata a museo, la realizzazione di un punto di ritrovo immerso nel verde e dotato di ogni servizio dalle panchine alla fontana. L’ambito 4 affronta le problematiche dell’area collocata tra Via Gioeni, Piazza e Via S.S. 40 Martiri alla Guilla, Via S. Agata alla Guilla, Vicolo Tortorici e Via Beati Paoli. In questo caso la proposta progettuale prevede, oltre alla sistemazione della piazza con panchine e verde, un intervento di demolizione senza ricostruzione di alcuni edifici situati tra piazza S.S. Martiri alla Guilla e Via Beati Paoli. Lo scopo si sostanzia nella volontà di dare ampio respiro e, in un certo senso, anche ordine e razionalità alla piazza, esaltando gli elementi cardine quali la chiesa dei Santi 40 Martiri dei Pisani (fine 1608) e la chiesa di San Giovanni alla Guilla(1669-1718) ed eliminando al contempo gli elementi che sono di intralcio. L’ultimo ambito, ovvero l’ambito 5, investe un’area cardine del contesto urbano e che può costituire un’opportunità ed una ripresa per tutta la zona Sezione piazza Sant'Isidoro alla Guilla

Sezione via degli Scalini

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Progetto di Recupero e Riqualificazione: Sant’Anna al Capo/Guilla

circostante compresa tra Piazza S. Isidoro alla Guilla, Via S. Isidoro e Piazzetta San Giovanni alla Guilla. Si propone, quindi, di riprendere la vecchia area costituita da verde incolto ed abbandonato, di recuperarla e sistemarla in modo da poter offrire un punto di ritrovo, di serenità abbracciati e circondati dal verde e dal suono delle campane. Uno spazio dalle forme circolari e si pone come nuova importante centralità per il quartiere. Lo studio si orienta concretamente così verso la riqualificazione di un’area caratterizzata da emergenze architettoniche e storiche, cercando di rievocarne la matrice originaria attraverso la riproposizione dei tracciati originari, ma proponendo una visione dinamica e coraggiosa che si sostanzia nella scelta di ricavare nuovi spazi, svincolandosi da una cristallizzazione storicistica volta alla musealizzazione dello spazio, in favore di una tutela critica della memoria e dell’identità.

BIBLIOGRAFIA: G. Abbate, Il metodo dell’analisi tipologica nel recupero dei centri storici, in T. Cannarozzo, “Dal recupero del patrimonio edilizio alla riqualificazione dei centri storici. Pensiero e azione dell’ANCSA in Sicilia 1988 – 1998”, Publisicula Editrice, 1999 L. Benevolo P.L. Cervellati, I. Insolera, PPE Centro Storico, Piano Particolareggiato Esecutivo, Comune di Palermo – Assessorato all’urbanistica e centro storico, Palermo 1989. G. Caniggia, G.L. Maffei, Lettura dell’edilizia di base, Marsilio editori, Venezia, 1979 T. Cannarozzo, Centri storici e città contemporanea: dinamiche e politiche, in G. Abbate, T. Cannarozzo, G. Trombino, Centri storici e territorio. Il caso di Scicli / Historicaltowns and their hinterland. The Scicli case study, Alinea Editrice, Firenze, 2010.

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R. La Duca, Da Panormus a Palermo, la cittĂ ieri e oggi, Sigma Edizioni, Palermo, 2006. R. La Duca, I mercati di Palermo, Sellerio Editore, Palermo, 2011

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La nuova Piazza Magione: riqualificazione dello spazio urbano per nuove centralità sociali, turistiche e culturali

La nuova Piazza Magione: riqualificazione dello spazio urbano per nuove centralità sociali, turistiche e culturali

Emanuele Messina Michele Spallino Rossella Vella

L’area oggetto del progetto per la risistemazione di Piazza Magione è situata nel versante sud-orientale del Centro Storico di Palermo. Prende il suo nome dalla Chiesa della Magione e dall’omonimo convento ubicati sul lato occidentale della Piazza. A nord-ovest l’area è delimitata dalla via Alloro; ad ovest dalla via Castrofilippo, dalla via Teatro Garibaldi e da quella che fino alla seconda guerra mondiale era l’antica “Piazza Magione”, ovvero lo slargo prospiciente l’abside dell‘omonima Chiesa; a sud dalla via Pardi e dalle Mura del bastione dello Spasimo; a sud-est dalla via della Vittoria allo Spasimo e dalla stecca di isolati che fanno fronte su via dello Spasimo e via della Vetriera. Si sviluppa su una quota media di 9,50 m. s.l.m., con dei punti di quota più alta che raggiungono i 15,50 m. s.l.m. all’interno del giardino del bastione dello Spasimo.

L’attuale sistemazione del prato di Piazza Magione. La scarsa presenza di alberature e sedute ne preclude un utilizzo diffuso

Veduta aerea del contesto urbano al 2012. Al centro il prato diviso in quadranti di Piazza Magione che corrisponde a uno “squarcio” nel tessuto edilizio causato da crolli e demolizioni. Lateralmente la forma triangolare del Bastione dello Spasimo con il complesso dell’omonima chiesa. Il tessuto urbano è stato recentemente interessato da nuovi interventi di recupero edilizio

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Nonostante questo non sono presenti forti pendenze, ma un leggero e graduale declivio in direzione del mare.

Foto storica di Piazza Sant’Euno. Prima che lo “squarcio” di Piazza Magione venisse creato, questa era la più ampia apertura nel tessuto urbano dell’area

Foto anni ‘30 dello scenografico scalone di Palazzo Bonagia, una delle più importanti emergenze storiche dell’area e uno dei simboli del potere nobiliare storicamente legato all’asse di Via Alloro

La situazione attuale della Piazza deriva dai gravi danni provocati dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e a pagarne il prezzo più caro sono stati i palazzi nobiliari in abbandono e gli isolati ortogonali della stessa. L’adozione nel 1992 del Piano Particolareggiato Esecutivo per il centro storico cambierà il volto allo “squarcio” creatosi sulle macerie di Piazza Magione. L’area infatti verrà ripulita ed allestita a verde, mantenendo la perimetrazione delle abitazioni e la viabilità interna, a memoria di uno spazio anticamente costruito ed oggi, con una copertura a prato, restituito alla cittadinanza. Il Piano Particolareggiato Esecutivo di recupero del Centro Storico di Palermo, si propone la conservazione della città antica, la correzione, per quanto possibile, delle alterazioni recenti con essa incompatibili, l’adeguamento alle condizioni e alle esigenze funzionali attuali e alla convivenza con la città moderna circostante attraverso gli interventi di restauro, ristrutturazione, ripristino filologico o tipologico e, ove necessario, demolizione. Secondo il P.P.E., all’interno di quest’area sono previste numerose demolizioni (che riguardano tra gli altri, un edificio scolastico e alcuni edifici di edilizia economica e popolare) sulle quali è prevista la realizzazione di verde pubblico; il restauro e la ristrutturazione per edifici in stato di forte degrado e in alcuni casi, come in quello di Palazzo Bonagia su via Alloro, il ripristino filologico. Nella fase di analisi dell’area, la prima operazione necessaria è stata quella di individuare i perimetri delle unità edilizie e di identificarle attraverso i loro numeri civici, usando come base cartografica la Carta dei piani terra, ricavata dal PPE del Centro Storico di Palermo.

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La nuova Piazza Magione: riqualificazione dello spazio urbano per nuove centralità sociali, turistiche e culturali

Successivamente attraverso sopralluoghi e confronto con le tavole serie 14 del PPE è stata condotta l’analisi tipologica del patrimonio edilizio e degli spazi inedificati, riportata sulla cartografia in cui precedentemente erano state individuate le unità edilizie. Il patrimonio edilizio individuato è costituito prevalentemente da edifici residenziali, ma caratterizzato anche dalla presenza di edifici specialistici a carattere religioso quali la chiesa di Santa Maria della Sapienza con il collegio adiacente, la chiesa dei Ss. Euno e Giuliano e l’ex chiesa di Santa Maria dell’Uliveto allo Spasimo, quest’ultima annessa all’ex convento. L’edilizia residenziale individuata è composta da varie tipologie: dai monumentali palazzi a corte (Monroy, Bonagia) o a doppia corte (Monreale, Sambuca), ai palazzetti plurifamiliari e infine da case a schiera di piccole dimensioni ed edifici in linea. Gli edifici specialistici civili presenti nell’area di studio sono rappresentati dall’ex Ospedale dello Spasimo e dal complesso scolastico primario “Francesco Ferrara”. La tipologia degli spazi inedificati è composta prevalentemente da viabilità storica (via Alloro, via dello Spasimo, via della Vetriera, etc..), solo per un tratto da viabilità cosiddetta moderna, via Carmelo Pardi, realizzata in seguito alla costruzione della scuola elementare. L’unico slargo è rappresentato da Piazza Sant’Euno, attualmente con pavimentazione mista a ghiaia e utilizzata come parcheggio. L’analisi ha proceduto con l’indagine sulla consistenza e sullo stato di conservazione del patrimonio edilizio e degli spazi aperti realizzata attraverso dei rilevamenti sul campo. Lo stato di conservazione può considerarsi buono per gli edifici prospicienti Piazza Magione, dove

Piazza Magione

Piazza Sant’Euno

Bastione e complesso dello Spasimo

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Balcone “inesistente” popolato da piccioni. Numerosi immobili, fra questi alcuni importanti palazzi storici, versano ancora in uno stato di abbandono

Tessuto urbano degradato che funge da ingresso al contesto del Bastione

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recenti interventi di ripristino o recupero hanno riportato all’antico splendore due interi isolati sulla Piazza Sant’Euno e il monumentale Palazzo Sambuca. Lungo le altre vie lo stato di conservazione è mediocre o cattivo. Ruderi sono distribuiti su tutta l’area ed in particolare all’interno del Bastione dello Spasimo è presente un intero cortile in stato di abbandono, eccezion fatta per una sola unità edilizia recentemente ristrutturata. Anche lo stato di conservazione della rete viaria non è omogeneo. Le vie interne a Piazza Magione, la cui funzione mutò a seguito alle demolizioni dei vecchi isolati distrutti dai bombardamenti bellici, sono pavimentate in basolato e si trovano in condizioni mediocri; mediocre è lo stato della via Francesco Riso, in basolato, buono quello dell’asfalto di via Castrofilippo e dello spazio retrostante la chiesa della Magione. Pessima la condizione della via dello Spasimo, nel tratto prospiciente la scuola “Francesco Ferrara”, come anche la Piazza Sant’Euno. Le vie dell’Alloro e della Vetreria si presentano in condizioni mediocri, in particolare da sottolineare la promiscuità della prima in quanto in alcuni punti è possibile notare come l’antica pavimentazione in basolato sia stata brutalmente coperta da asfalto che si


La nuova Piazza Magione: riqualificazione dello spazio urbano per nuove centralità sociali, turistiche e culturali

va deteriorando con il passare del tempo scoprendo la vecchia via. L’area anche se in buona parte è stata oggetto di recupero, presenta alcune micro-aree di sedime da crolli di edifici preesistenti, le quali si presentano in forte stato di degrado e abbandono, con condizioni igieniche pessime. L’ultima fase dell’analisi ha riguardato l’indagine sulle destinazioni d’uso dei piani terra e dei piani superiori. L’area limitrofa a Piazza Magione si compone essenzialmente di edilizia residenziale. La zona è stata legata a funzioni prettamente abitative, sia di tipo nobiliare lungo la Via Alloro, che destinate ad un ceto sociale meno abbiente. Sono così poche le attività commerciali, destinate soprattutto ai piani terreni e localizzate principalmente con affaccio sulla piazza, alternate a magazzini o garage. Gli edifici specialistici principali sono la scuola Ferrara, il Collegio della Sapienza, attualmente inutilizzato, la chiesa dei SS. Euno ed il complesso dello Spasimo, in parte riconvertito a Scuola di Jazz.

Percorso interno del contesto del Bastione. L’area caratterizzata anche da capannoni industriali dismessi è impropriamente chiusa e utilizzata come deposito

Sulla questione abitativa, come il resto del centro storico, anche l’area di piazza Magione nell’ultimo periodo è stata interessata dalla tendenza alla gentrification, ovvero quel fenomeno che riguarda la riqualificazione di zone morte delle città con l’innalzamento degli standard abitativi che causano un allontanamento delle fasce povere di popolazione e attraggono quelle facoltose con il rischio di snaturare il quartiere e affondare il commercio locale. Sulla base delle analisi realizzate, gli interventi previsti all’interno dell’area hanno riguardato la grande Piazza Magione e il Bastione dello Spasimo. Per Piazza Magione viene prevista una riqualificazione dell’area, attraverso degli interventi non troppo invasivi, i 155


Progetto urbano del contesto. Vengono identificate le categorie d’intervento per il tessuto edificato, la nuova sistemazione delle piazze Magione e Sant’Euno e la riqualificazione dell’area gravitante sul Bastione dello Spasimo

Collegio della Sapienza, edificio da restaurare e riconvertire a Urban Center

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quali mirano a mantenere la funzione oggi svolta dall’area, ossia di punto di aggregazione sia per i giovani studenti universitari, che per gli abitanti dell’area. Essendo questa una funzione prevalentemente notturna, sia per il tipo di utenza, sia per il fatto che nell’area siano presenti pochi “punti d’ombra” - il che durante le ore del giorno rende difficile la permanenza o la percorrenza della piazza - gli interventi progettuali previsti vogliono accrescere e migliorare la fruizione dell’area anche durante il giorno. Viene proposto così l’incremento delle alberature e la realizzazione di giardini tematici con piantagioni compatibili con il tipo di clima locale (palmeto e agrumeto). La realizzazione di nuove attrezzature ricreative per i bambini e per gli anziani. La realizzazione di un percorso d’acqua sinuoso che attraversi più quadranti della piazza; aree pergolate che ombreggiano delle sedute lungo i nuovi percorsi interni alla piazza, più morbidi e meno “rigidi” di quelli esistenti; un’ area attrezzata a pic-nic in uno dei quadranti della piazza. La


La nuova Piazza Magione: riqualificazione dello spazio urbano per nuove centralità sociali, turistiche e culturali

realizzazione in uno dei quadranti, tra il Collegio della Sapienza e la Piazza Sant’Euno, di fontane a scomparsa che danno una sensazione di continuità con tutta la pavimentazione (poiché gli augelli sono collocati a raso della superficie calpestabile) e permettono un duplice utilizzo dell’area quando non sono in funzione. Inoltre è stata prevista la riqualificazione dell’antica piazza S. Euno, quella che prima dei bombardamenti era l’unica piazza dell’area. Vengono previsti in questo caso: l’ estensione della piazza fino alla via Francesco Riso; una nuova pavimentazione; la realizzazione di canali d’acqua sul fronte tangente la Piazza Magione; l’installazione di Solar Trees, ossia delle illuminazioni a forma di alberi, che attraverso pannelli solari caricano le batterie che di notte alimentano i LED per illuminare in modo ecologico ed economico. Per il Bastione dello Spasimo sono previsti progetti di riqualificazione e rifunzionalizzazione dell’area attraverso: il recupero dell’area di sedime di edifici preesistenti tangenti l’ex Convento e l’ex Chiesa di Santa Maria dello Spasimo, e del cortile all’estremità ovest del Bastione, attraverso la conversione in attività ricettive e commerciali dei ruderi; la demolizione di alcuni ruderi in fondo al Cortile del Bastione e realizzazione di un nuovo accesso al giardino dello Spasimo; la realizzazione di una terrazza su un’area di sedime di edificio preesistente, con affaccio sia su Piazza Magione che sullo Spasimo, e realizzazione di una rampa di collegamento con l’area sottostante. Infine, nell’area in cui al momento ricade un’ex fabbrica

Profilo progettuale in corrispondenza delle fontane a scomparsa

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Schizzi di progetto

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La nuova Piazza Magione: riqualificazione dello spazio urbano per nuove centralità sociali, turistiche e culturali

abbandonata, è prevista la demolizione dello stabile, in modo da rimettere in luce le mura del bastione. Su questo nuovo spazio liberato è prevista la realizzazione di un punto “Bike Sharing” che attraverso un servizio in abbonamento, permette di usare le bici che si trovano in vari punti della città. Il progetto e gli interventi così proposti mirano essenzialmente, attraverso la riqualificazione urbana, a restituire ai cittadini un contesto storico dalle grandi potenzialità, ma attualmente scarsamente utilizzato. Vengono poi recuperate porzioni urbane precluse oggi all’uso arricchendo l’area di nuove polarità e centri attrattori, ma intervenendo anche per il recupero edilizio a fini abitativi. Parallelamente dovranno essere condotte politiche per impedire il proliferare della cosiddetta gentrification, ovvero limitare le speculazioni sulla vendita e l’affitto dell’edilizia recuperata per impedire l’allontanamento del “tessuto sociale” storicamente presente nell’area. Dovranno infatti essere questi soggetti i principali fruitori degli interventi proposti così da poter accedere finalmente a servizi ed attrazzature di prossimità. I nuovi poli infatti cercano di attrarre utenti dall’intero territorio comunale, ma assumono anche il ruolo di motore creativo soprattutto per i residenti

Il contesto della Magione e della Kalsa è legato alle figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, simbolo di rinascita verso la speranza e la legalità

“Non ti preoccupare, è solo Gentrification” così recita questa opera di Street Art realizzata in Germania da un collettivo di artisti tedeschi. Con le loro opere si sono schierati contro questo fenomeno socioeconomico che crea squilibri all’interno di contesti urbani che conquistano nuovo “appeal” a discapito dei residenti

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Interessante opera di street art su una parete del Collegio della Sapienza. Segno di un contesto urbano vivace, attrattivo e dinamico

dell’area che potranno finalmente godere di un’area rigenerata e che può ospitare nuovamente attività residenziali, sociali ed economiche. Esternalità positive che potranno estendersi al miglioramento della qualità della vita, alla presenza di nuove opportunità e a un nuovo sentimento di appartenenza ai luoghi. Si propongono così un insieme di azioni che rivolgono l’attenzione allo spazio pubblico, al suo ruolo di integrazione e coesione sociale e alle capacità che assume per la rigenerazione dei contesti urbani attraverso l’apporto attivo dei cittadini. BIBLIOGRAFIA: G. Abbate, “Il metodo dell’analisi tipologica nel recupero dei centri storici”, in T. Cannarozzo, Dal recupero del patrimonio edilizio alla riqualificazione dei centri storici. Pensiero e azione dell’ANCSA in Sicilia 1988 – 1998, Publisicula Editrice, 1999L. Benevolo P.L. Cervellati, I. Insolera, PPE Centro Storico, Piano Particolareggiato Esecutivo, Comune di Palermo – Assessorato all’urbanistica e centro storico, Palermo 1989. T. Cannarozzo, “Centri storici e città contemporanea: dinamiche e politiche”, in G. Abbate, T. Cannarozzo, G. Trombino, Centri storici e territorio. Il caso di Scicli / Historicaltowns and their hinterland. The Scicli case study, Alinea Editrice, Firenze, 2010. R. La Duca, Da Panormus a Palermo, la città ieri e oggi, Sigma Edizioni, Palermo, 2006.

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SEZIONE IV Mobilità, ambiente e cultura: creatività ed azioni innovative per le città del futuro

L’unico mezzo con cui possiamo preservare la natura è la cultura Wendell Berry


L’unico mezzo con cui possiamo preservare la natura è la cultura Wendell Berry


Palermo a tre all’ora. Proposte per una slow city

Palermo a tre all’ora. Proposte per una slow city

Chi va piano va sano e va lontano. Ovvero: qual è il giusto modo per muoversi a Palermo? Innanzitutto è utile fare chiarezza su un concetto chiave, quello della mobilità, intorno al quale ruota la città contemporanea. In generale per sistema della mobilità si intende l’insieme di uomini, mezzi (sia pubblici che privati) e infrastrutture che permette di spostare persone e merci da un punto di partenza ad un punto di arrivo. Da una lettura superficiale sembra un concetto semplice: una questione strettamente di tecnica dei trasporti. Ma basta fare un giro per la città per accorgersi che il gioco non va così, che tutto il balletto di mezzi e persone che si spostano non avviene su un piano vuoto e che i pedoni e tutti i mezzi si muovono in uno spazio, la città appunto, con delle sue peculiari caratteristiche che influenzano gli utenti e le loro azioni. Un approccio geografico alla questione suggerisce quindi di considerare la mobilità non come la mera possibilità di spostarsi alla massima velocità possibile da un generico punto della città ad un altro, quanto piuttosto come il complesso sistema di interazione tra punti di origine e destinazione diversi (poli attrattori) e la porzione di città attraversata. Ancora: ha senso considerare (come normalmente si fa) mobilità veloce le automobili, gli autobus e le metropolitane e mobilità lenta la bicicletta o l’andare a piedi se poi in realtà nelle città congestionate di oggi con i mezzi “lenti” si arriva prima a destinazione? È evidente il piacere di uno spostamento a piedi o in bici quando questo si rivela più efficiente di uno, apparentemente più veloce, ma più lungo rispetto al dispiacere di rinchiudersi in scatole da

Vito Angelo

“The tortoise and the hare”, cortometraggio Disney del 1935. La sfida verrà vinta dalla più lenta tartaruga grazie a pazienza ed astuzia

Rexbabin ironizza confrontando differenti “giganti del passato incapaci di adattarsi”

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200 Km/h che però procedono, è il caso di dirlo, a passo d’uomo.

La galassia della Slow City

L’obiettivo del presente lavoro è quello di focalizzare la dimensione slow nella sua accezione generale e nelle sue ricadute nell’ambito della pianificazione urbana per giungere alla definizione di “lentezza” come elemento chiave per la rigenerazione di una parte (i due mandamenti a mare, quartieri del centro storico, più la fascia costiera a partire da Romagnolo e il waterfront centrale fino all’area dell’Arsenale) del centro storico di Palermo e in virtù del quale proporre un contributo alla redazione del nuovo PPE del centro storico di Palermo. A scala urbana e metropolitana ciò si traduce nell’occasione per le città come Palermo di annullare il gap con i centri di rango maggiore puntando sulla qualità della vita e sulla sostenibilità dell’insediamento. Alla luce anche di alcune esperienze, italiane ed estere (Lisbona, Valencia, Bordeaux, Amsterdam, Genova e Ferrara), la ricerca si propone l’individuazione di strategie, obiettivi, attori da coinvolgere e macro progetti per la riqualificazione del centro storico di Palermo in relazione alla opportunità di una sua pedonalizzazione.

Analisi multidominio dell’area di studio

Lo studio si concentra sulle opportunità (finalizzate in primo luogo al miglioramento della qualità della vita dei residenti) offerte dalla pedonalizzazione di alcune parti, e dalla messa a sistema di altre, del suo centro storico, considerandolo al contempo: area da tutelare per gli enormi valori storico-architettonici che conserva e rappresenta; banco di prova ideale per la sperimentazione di nuove soluzioni in virtù della compresenza di una moltitudine di culture e modi di abitare, nonché per la propensione di

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Palermo a tre all’ora. Proposte per una slow city

tutti i centri storici ad un utilizzo slow, più vicino a quello “originario”, antecedente rispetto alla diffusione dell’automobile privata; nodo cruciale per il rilancio di Palermo in ambito nazionale e internazionale. Infatti, se a Palermo le tecniche e le pratiche per il restauro e la rifunzionalizzazione di edifici monumentali, per l’incentivazione dell’intervento dei privati sui palazzi e su alcune strutture commerciali hanno ormai raggiunto la maturità, lo stesso non si può dire per lo spazio pubblico che solo recentemente è stato interessato da processi di riqualificazione che, nella prima fase, hanno prediletto la messa in sicurezza e il restauro del patrimonio edilizio. L’obiettivo fondamentale dello studio è dunque quello di immaginare un nuovo percorso che giunga alla riqualificazione del centro storico in funzione dei tre principi guida fondamentali di sostenibilità, lentezza ed efficienza.

Analisi della connettività dei poli attratori a scala urbana

Gli spazi pubblici, insieme degli spazi destinati alla mobilità e di quelli destinati alla socialità, diventano così questione centrale per una azione di integrazione, al presente, delle funzioni urbane e, in prospettiva, di tutte le azioni pubbliche e degli interventi privati che saranno oggetto delle future fasi di intervento nel centro storico. Mobilità, quindi, non intesa come la mera possibilità di spostarsi alla massima velocità possibile con il proprio mezzo da un qualunque punto della città ad un altro, quanto piuttosto come il complesso sistema di interazione tra punti di origine e di destinazioni diversi (poli attrattori) e la porzione di città attraversata. Si evidenzia quindi come la città attraversata non sia indifferente all’attraversamento, e viceversa. La mobilità di cui stiamo parlando è infatti una mobilità che non vede

Classificazione degli spazi aperti della città in funzione delle tipologie di utenti

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Schema riassuntivo delle "velocità" di Palermo

la città come una semplice quinta asettica ed esterna all’utente nella quale individuare con appositi strumenti sempre più precisi il percorso più veloce, piuttosto che quello più economico o quello più panoramico. L’idea di spostamento proposto è uno spostamento lento (anche dal punto di vista della velocità nominale) che attraverso l’utilizzo di mobilità dolce (a piedi, bicicletta, pattini, etc) permette una interazione positiva e costante tra chi si sposta e la città che attraversa potendo fruire delle funzioni presenti lungo il tragitto e dando valore aggiunto al proprio spostamento. Per chiarire meglio, anche durante la fase di ricerca, quale fosse il tipo di città immaginato si è redatto un elenco, man mano modificato e rivisto, di caratteristiche che dovesse avere tale città; è nato così quello che, nella fase finale della ricerca ha preso il nome di “Manifesto della Slow City”, qui di seguito riportato in sintesi: La slow city è una città che ha deciso di rinunciare al falso idolo della velocità nominale; Nella slow city si utilizzano mezzi di trasporto lenti per distanze brevi, poiché distanza da percorrere e velocità 166


Palermo a tre all’ora. Proposte per una slow city

sono legate da proporzionalità diretta; La slow city è il luogo in cui si fondono e interagiscono tutte le culture a basso impatto; La slow city minimizza il suo impatto ambientale risparmiando energia e producendola da fonti rinnovabili; L’automobile è un mezzo di trasporto rivoluzionario e imprescindibilmente legato alla configurazione spaziale della città contemporanea. Altrettanto scontato non è l’obbligo del possesso di un’automobile; Nella città contemporanea il tempo di spostamento è un tempo perso e va minimizzato; nella slow city il tempo impiegato nello spostamento è, nella maggior parte dei casi, un tempo qualificato, dedicato alla socializzazione e ad attività piacevoli. La sua minimizzazione è legata alle necessità del singolo;

Amburgo sta avviando politiche e progetti per diventare entro 20 anni una delle prime città senza auto

Quello che vale per il tempo di spostamento, vale anche per lo spazio. Lo spazio che si attraversa non è anonimo e indifferente; Nella slow city non ci sono percorsi obbligati (come quelli che devono percorrere le automobili), ma il tragitto tra un punto “A” e un punto “B” varia al variare dell’individuo e del mezzo di locomozione; Nella città contemporanea le strade e i marciapiedi sono un bene privato degli automobilisti, nelle slow cities le strade tornano ad essere suolo utile per un uso realmente pubblico; La slow city è una città in cui è piacevole stare. L’unico turismo possibile in tale città è legato alla stanzialità, nella slow city si vive, non si vede.

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Concorrono quindi nuove tipologie di spostamenti: spostamenti lenti (con interazione) e spostamenti veloci (senza interazione).

Individuazione e classificazione dei luoghi e dei sistemi lenti.

Gli spazi pubblici lenti sono dei luoghi al cui interno si svolgono attività lente o che promuovono stili di vita lenti legati alla interazione tra gli utenti e il contesto. Appartengono a questa categoria, ad esempio, teatri, musei, spazi espositivi e giardini. I sistemi urbani lenti sono delle porzioni di città all’interno delle quali si riscontrano già velocità di percorrenza e attraversamento molto basse e una elevata possibilità di interazione con in contesto durante lo spostamento o la sosta in tali luoghi. All’interno dei sistemi urbani lenti convivono oggi, spesso in maniera conflittuale, diverse categorie di utenti: dai pedoni agli automobilisti, passando per i ciclisti e gli utenti deboli come bambini e anziani.

Non sempre si può pensare di spostarsi con i pattini, deve quindi esistere un circuito principale, costituito da un sistema della mobilità veloce che prevede arterie stradali adeguatamente dimensionate, sistemi di trasporto pubblico di massa (raddoppio passante, MAL, tram) e non (car sharing, taxi collettivi) che permetta i grandi spostamenti di attraversamento veloce della città o di ingresso/uscita dalla stessa. A fronte di tale sistema veloce e fluido si immagina un sistema capillare, minuto, di percorsi non predeterminati da sensi unici, privi di automobili in cui muoversi lentamente. Il piacere di uno spostamento a bassa velocità, ma che talvolta può essere più efficiente di uno più veloce ma più lungo, rispetto al dispiacere di rinchiudersi in scatole da 200 Km/h costrette a muoversi a 15 Km/h. Oltre agli ovvi vantaggi per la salute dei cittadini, per l’ambiente e per l’edilizia (molto meno esposta al degrado dovuto ai gas di scarico), l’assenza di automobili libera nuove ed enormi quantità di suolo che può finalmente essere messo a disposizione dei cittadini e delle attività che si svolgono intorno allo spazio stesso. Le auto hanno la caratteristica di “monofunzionalizzare” gli spazi loro dedicati e di inglobare nel loro sistema tutto ciò che è utilizzabile (marciapiedi occupati dalle auto e piazze utilizzate come parcheggi ne sono un esempio), la mobilità pedonale, invece, possiede la caratteristica inversa: è essa stessa attrattrice di nuove funzioni, spesso direttamente collegate con le attività svolte nell’intorno. Se un museo, una scuola o una qualunque

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Palermo a tre all’ora. Proposte per una slow city

attività artigianale si affaccia su un’area invasa da auto, il rapporto con lo spazio pubblico. esterno non può che essere di cesura, di separazione rispetto ad un ambiente ostico, sgradevole e dal quale non può provenire alcun vantaggio; ma se lo stesso museo, la stessa scuola o la stessa bottega di piccolo artigianato si affacciano su uno spazio pubblico accessibile solo a pedoni, magari inserito in un circuito di mobilità dolce, essi interagiscono con i fruitori dello spazio esterno sia passivamente, eliminando le cesure indispensabili rispetto ad uno spazio carrabile e quindi rendendosi più trasparente e visibile, sia attivamente invadendo (e si tratta in questi casi di un’invasione positiva e produttiva) lo spazio pubblico con attività legate alla funzione svolta dall’edificio. Partendo quindi da un’analisi dello stato di fatto degli spazi pubblici, suddivisi in spazi pubblici lenti e sistemi urbani lenti in relazione alla loro tipologia e alle attività che vi si svolgono, la sperimentazione progettuale ha avuto come obiettivo l’individuazione di un sistema di strategie, interventi strategici e macroazioni finalizzati alla salvaguardia, valorizzazione e messa a sistema degli spazi pubblici stessi. Ciò è avvenuto attraverso la programmazione di interventi che rispondessero a tre grandi strategie, ognuna a sua volta specificata in azioni dettagliate.

Schema riassuntivo delle strategie di intervento

La prima riguarda gli interventi di fluidificazione; ovvero la creazione di un sistema di mobilità fluida in grado di garantire una adeguata offerta di trasporto su tragitti medio-lunghi sia con mezzi pubblici che con mezzi privati condivisi o, come nel caso dell’asse dell’Oreto o del litorale sud, con un fascio di infrastrutture per la mobilità dolce. La seconda riguardo gli interventi di rallentamento che mirano al decongestionamento di spazi pubblici di 169


elevata qualità urbana attualmente occupati da attività legate al traffico veicolare, ovvero la riproposizione e progettazione come luoghi “lenti” di quelle parti ci città con caratteristiche di elevata socialità ma che al momento, per la loro localizzazione e le loro caratteristiche fisiche, si connotano come “sacche” in cui ristagnano le automobili in sosta La delineazione delle strategie ha condotto al Piano di azione per il mandamento Tribunali

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Palermo a tre all’ora. Proposte per una slow city

La terza che comprende gli interventi di riqualificazione fisica e la messa a sistema degli elementi di qualità anche attraverso la creazione di reti mobilità dolce o pedonale, ovvero di un’area permeabile ai flussi lenti e idonea alle attività lente e impermeabile a quelli veloci, il più possibile continua e riconoscibile. A questa si affiancano interventi, in parte anche immateriali, finalizzati all’inclusione sociale e alla riconnessione del tessuto socio-economico. Una volta redatto il piano delle strategie e delle azioni, si è ritenuto opportuno, sia come verifica del ragionamento che come stimolo propositivo per il dibattito, provare ad applicarlo su una porzione del centro storico in un progetto pilota. In particolare, si è provato a definire un progetto urbano, che si movesse lungo l’asse che collega il fronte a mare lungo il foro Umberto Primo con Piazza Bologni, percorrendo la via Alloro, la via Discesa dei Giudici e la via D’Alessi. Il progetto urbano non si esplica semplicemente come una applicazione delle norme previste dal piano, ma piuttosto progetta una parte di città in conformità con il piano della slow city procedendo su un ragionamento che parte dall’applicazione del manifesto della slow city. Rispetto al percorso individuato, procedendo nel senso mare-monte, si individuano quindi sei ambiti (del tempo libero, della storia, del teatro e della musica dal vivo, dell’arte moderna, della cultura accademica e infine quello dell’arte contemporanea) ognuno corrispondente ad un sistema costituito da edifici pubblici e piazze o spazi pubblici aperti antistanti e collegati da porzioni di “città lenta”.

Individuazione degli ambiti per il progetto pilota

Il passo successivo è stato quello di definire un sistema di norme in grado di governare la trasformazione degli edifici e degli spazi aperti, sia pubblici che privati. Il 171


Masterplan per il progetto pilota focalizzato sull’asse storico di Via Alloro

Esplicitazione delle norme e delle categorie di intervento per il progetto pilota

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Palermo a tre all’ora. Proposte per una slow city

regime normativo si articola in relazione alla forma preventivabile dello spazio urbano e fa sì che il progetto urbano possa essere realizzato secondo le indicazioni di piano e che le scelte di progetto siano coerenti con le indicazioni fornite dal pianificatore. Le norme sono state tutte redatte e articolate seguendo un schema che prevede prima la definizione dell’ambito di applicazione, poi gli obblighi e i divieti (ovvero le azioni che obbligatoriamente dovranno essere attivate per realizzare la norma e/o quelle che invece sono vietate) e, in chiusura, le prescrizioni. Le prescrizioni sono la parte positiva della norma ovvero quella parte in cui si descrivono le opzioni progettuali in base alle quali la configurazione fisica degli spazi si differenzia. Ciò perché i singoli interventi potranno avere assetti differenti, ma tutti saranno coerenti con l’impostazione spaziale e funzionale prevista dalla norma.

Simulazione del progetto pilota in via Alloro

Infine si è ritenuto necessario esplicitare con maggiore chiarezza, rispetto alla rigidezza e sinteticità del quadro normativo, le configurazioni e gli usi degli spazi aperti. È stato così creato un abaco dei luoghi del progetto, ovvero la rappresentazione a scala adeguata di alcuni aspetti formali, quali le pavimentazioni delle piazze, le sezioni stradali tipo, i metodi di facilitazione dell’attraversamento delle parti di città veloci, che dalla lettura delle sole norme non sarebbe stato possibile ricostruire. Lo studio quindi ha permesso di comprendere come la realizzazione di un sistema di interventi legati alla mobilità, riesca a coinvolgere numerosi aspetti ed elementi della città e delle sue risorse. Una visione realmente integrata e sostenibile non può quindi prescindere dalla correlazione dei differenti aspetti che compongono il contesto urbano evidenziando come il passaggio verso una città in cui è più facile e più 173


piacevole spostarsi crea i presupposti per formare una città in cui è più piacevole vivere. BIBLIOGRAFIA: AA.VV., Muoversi nella città: strade, autobus, parcheggi, esperienze in Europa per condividere un nuovo progetto per la mobilita’ sostenibile (atti del convegno), Siena, 1999 Carta M., Governare l’evoluzione. Principi, metodi e progetti per una urbanistica in azione, Franco Angeli, Milano, 2009 Simulazione del progetto pilota in piazza Bologni

La Camera F., Sviluppo sostenibile: le origini, teoria, pratica, Editori riuniti, 2005 Scaglione G., “Slow city”,Land-scape, Ecourbanism, Strategy, Project, List-Laboratorio Internazionale Editoriale, 2008 Solnit R., Storia del camminare, Bruno Mondadori, 2002 Viale G., Vita e morte dell’automobile, Bollati Bordigheri, 2007

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La nascita di un orto urbano a Parco Uditore

La nascita di un orto urbano a Parco Uditore

Il Quartiere Uditore del Comune di Palermo inizialmente si fondava su un insieme complessivo di relazioni tra lo spazio privato della casa, l’unità rurale e lo spazio collettivo, rappresentate dalla figura del cortile, che oggi purtroppo si compone di parti diverse di edilizia privata, che per tipologia e caratteri strutturali, sovraccaricano le modeste tipologie della borgata. Le relazioni, quindi, che un tempo permettevano all’impianto urbano di condurre un economia rurale domestica, perdono completamente la loro importanza e il loro ruolo all’interno della comunità che non riesce più a riconoscere l’identità della borgata che nel frattempo, per scelte politiche inadeguate e corrotte, si è presto trasformata in una periferia. Questi legami,infatti, che si riflettevano nella collettività urbana, dove lo spazio fisico assumeva i contorni di uno spazio collettivo creato dalla vicinanza degli abitanti, lentamente si deteriorano fino alla loro totale scomparsa. L’unico spazio di collettività che si riesce a percepire è ancora la piccola area della chiesa, che ogni domenica fa rinascere ancora quel senso di comunità e partecipazione. La borgata ai giorni nostri è totalmente cambiata: ha assunto nuove

Alessandra Mercurio

F. Zerilli, Palermo preso da ponente, 1829. Il quadro mette in evidenza la distribuzione del paesaggio agrario diffuso

Evoluzione urbana del quartiere Uditore. Posto a cavallo con la circonvallazione (Viale Regione Siciliana) è stato tristemente interessato dal “Sacco di Palermo” che ha incrementato l’edificazione a discapito del paesaggio originario e della dotazione di servizi

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proporzioni, nelle quali il passato non trova una corretta individualità. I cortiletti sul retro sono scomparsi e nella maggior parte dei casi hanno ceduto il loro passo al cemento e all’asfalto. Il sobborgo cercò di mantenere quanto più a lungo la sua identità economica-sociale e vi riuscì fino agli anni sessanta, anni in cui le sue campagne erano ancora fertili e circondavano il tessuto urbano. Gli anni settanta segnarono il suo cambiamento: l’area venne di fatti travolta da una delle più grandi speculazioni edilizie della storia siciliana, il cosiddetto “Sacco di Palermo”. Dietro lo slogan “Palermo è bella facciamola ancora più bella” si nascondeva in realtà una politica priva di scrupoli. Le campagne vennero distrutte in nome di un progresso bugiardo e manipolatore. Uditore, così come le altre borgate limitrofe, fallì nel tentativo di salvaguardare i suoi spazi, anch’essa sopraffatta dalla colata di cemento che le fece assumere la sua forma attuale. Le uniche tracce di verde ancora esistenti hanno smarrito le caratteristiche economico-produttive che un tempo erano stato il motore attivo del sobborgo. Nonostante questo tra le colate di cemento uno spazio è riuscito a sopravvivere mantenendo ancora le sue caratteristiche, un luogo conosciuto ai giorni nostri con il nome di Parco Uditore, salvato dall’impegno dei cittadini che si sono mossi per tutelarlo: un vero e proprio giardino dove tra le tante attività proposte sarà possibile vedere la realizzazione di un orto urbano all’insegna delle origini della borgata.

Schematizzazione dell’evoluzione urbana. In verde l’area oggetto di studio in rapporto alla crescente edificazione

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L’obiettivo di questo studio è proporre una progettazione che, per caratteri formali ed attività produttive, rievochi quelle che un tempo erano le funzioni tradizionali del quartiere. Il progetto mira quindi non soltanto al recupero ambientale, ma anche alla valorizzazione e al miglioramento della qualità della vita degli abitanti


La nascita di un orto urbano a Parco Uditore

attraverso il loro coinvolgimento diretto. Polmone verde all’interno di Uditore, educherebbe a pratiche ambientali sostenibili, offrendo una valida alternativa all’idea di una città senza verde. L’analisi prende le mosse dallo studio degli strumenti urbanistici della città di Palermo, al fine di individuare le scelte progettuali previste per l’area presa in esame. Secondo la variante del Piano Regolatore Generale questa era classificata come “F12” ed “F15”, destinata quindi alla realizzazione di attrezzature museali, culturali ed espositive e ad uffici e sedi direzionali comunali. Pertanto la Regione aveva espresso l’intenzione di costruirvi la sede del centro direzionale regionale, un impianto a terra, da progetto, che avrebbe occupato 500mq ad edificio per la realizzazione di un complesso formato da 14 edifici di 9 piani ciascuno. Attraverso l’art.19 delle “Norme Tecniche di Attuazione” che prevedeva un basso indice di fabbricabilità e la raccolta firme da parte di 7000 cittadini il progetto venne fortunatamente bloccato e al suo posto si invitò il comune a indirizzare la variante al PRG verso la nascita del Parco, rispettando però la realizzazione delle attrezzature museali. Un focus sull’esame degli standard urbanistici è stato quindi condotto con il fine di evidenziare quanto, all’interno del quartiere, fossero in difetto il numero dei servizi presenti. Con l’aiuto del decreto ministeriale 1444, che fissava i rapporti massimi tra spazi destinati a residenze ed attività produttive e spazi riservati ai servizi “in misura tale da assicurare per ogni abitante- insediato o da insediare- la dotazione minima, inderogabile, di mq.18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico, o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie” (D.M. 1444/68 art.3 comma 1) ripartiti nelle diverse zone territoriali omogenee, è stato possibile osservare le mancanze presenti nel quartiere.

Servizi ed attrezzature presenti

Confronto standard esistenti e richiesti

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Da qui l’idea di proporre un questionario agli abitanti, in modo da renderli partecipi e protagonisti, re-innescando quel senso di appartenenza e radicamento spento dalle pochissime interazioni tra gli enti pubblici e i cittadini stessi. Il modello di questionario scelto è quello di tipo “chiuso”, un insieme di domande e relative categorie di risposte delimitate a priori da chi lo costruisce, nel quale all’intervistato viene richiesto di individuare tra le risposte presentate quella che più si avvicina alla propria posizione e/o di domande “aperte” che non prevedono cioè quelle risposte predeterminate”, alle quali il soggetto può rispondere riportando e valutando la propria esperienza. La sua impostazione è stata articolata in modo tale da essere comprensibile a tutti e accompagnato da brevi e chiare istruzioni. Una volta istituito un legame con gli abitanti è stato possibile iniziare una collaborazione con essi. Si è creato un laboratorio partecipato nel quale i cittadini hanno espresso il desiderio di prendere parte alla realizzazione della tavola Manifesto, una tavola di sintesi sulla nascita di una micro via verde all’interno del loro quartiere. Nel processo innescatosi si è per prima analizzata l’idea progettuale di un orto urbano e il ruolo che esso avrebbe. Partendo dal presupposto che gli abitanti si sentivano minacciati da una politica urbana che non cura le risorse rimaste, la prospettiva di realizzare un’area adibita alla coltivazione sembrava ai loro occhi una risposta forte e risoluta contro il continuo consumo del territorio, che Restituzione grafica dei risultati dei questionari somministrati agli abitanti del quartiere

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La nascita di un orto urbano a Parco Uditore

ormai è diventato un bene prezioso da tutelare e salvaguardare. Per molti di essi e soprattutto per gli anziani più che un progetto sarebbe un ritorno alle origini, visto che anticamente l’area di Uditore era una delle borgate agricole più antiche di Palermo. Con la creazione dell’orto a Parco Uditore si andrebbe a ripristinare uno dei legami forse più sconvolti dall’arrivo del fenomeno urbano speculativo, quello tra tessuto urbano e ambiente. Si andrebbe quindi a costituire, con la sua nascita, un punto di aggregazione sicuro e al contatto con l’ambiente per tutta la comunità, che sempre più alle prese con i ritmi frenetici imposti dalla società moderna, potrebbe, invece, dedicare qualche attimo della sua vita al verde e alle cure delle piante, innescando legami di amicizia con gli altri fruitori che verrebbero a coltivare. La coltivazione che nasce nel sistema urbano potrebbe essere quindi definita come: “l’agricoltura urbana è un’industria localizzata entro (intraurbana) o al bordo (periurbana) di una città che coltiva o alleva o lavora e distribuisce una varietà di prodotti alimentari e non, (ri)utilizzando gran quantità di risorse umane e materiali, prodotti e servizi all’interno e intorno a quell’area e in cambio fornendo gran quantità di risorse umane e materiali, prodotti e servizi a quell’area.” Il sito previsto per la realizzazione del progetto si trova collocato all’interno di Fondo Uditore, oggi conosciuto con il nome di Parco Uditore.

Sistema del verde e della mobilità: l’integrazione permetterà la valorizzazione e la fruizione delle risorse e una migliore accessibilità all’orto urbano

L’idea di un orto urbano si afferma, quindi, come una vera e propria opportunità di recupero dei rapporti naturali tra l’uomo e la natura. Esso offre l’opportunità di una pausa dalla frenetica vita cittadina, permettendo di riscoprire un rapporto con l’ambiente che nella città di Palermo si è perso da molto. Potrebbe diventare un 179


Linee strategiche per la nascita dell’orto urbano all’interno del recente Parco

nuovo modello di vita polifunzionale, non più un’attività residuale alla fine delle ore lavorative, ma una nuova chiave sperimentale che chiama in causa nuove questioni sociali, culturali, paesaggistiche e ambientali. L’orto non più come orto ma come nuova entità. Nuove figure nascono, l’orto didattico, l’orto terapeutico, l’orto ornamentale, la community garden, tutti orientati nell’attività del coltivare, vista come azione liberatoria alla riconquista degli spazi verdi persi. Il 15 ottobre 2013 Parco Uditore ha compiuto un anno e sta promuovendo una serie di attività che rendano i cittadini sempre più partecipi alla vita del Parco e alla sua crescita. Una delle più significative è stata “PIANTIAMOLA!un albero per crescere!” svoltasi il 21 marzo 2013 con la collaborazione dell’associazione Antimafie Rita Atria.

Fondamentale il ruolo del web e dei social media per la diffusione della proposta di realizzazione del nuovo parco e il coinvolgimento attivo dei cittadini

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Sono stati donati più di 116 alberi sia dai cittadini che dalle associazioni, ognuno dei quali dedicati a vittime di mafia, del terrorismo o delle ingiustizie tutte. La scelta di un tale evento è stata molto significativa per l’intero quartiere che nella piantumazione degli alberi vede la testimonianza tangibile e concreta del valore di una collaborazione tra le persone nella costruzione di una città migliore. Il rapporto con le scuole del territorio si è arricchito di un legame forte e duraturo. La “XIX edizione di Palermo Apre le porte: la scuola adotta la città“ha visto il realizzarsi di una manifestazione ricca di valori


La nascita di un orto urbano a Parco Uditore

all’interno del Parco il 17,18 e 19 Maggio. La prima giornata si apriva all’insegna della legalità con la partecipazione di varie istituzioni e associazioni. La seconda e l’ultima invece erano dedicate al rispetto per l’ambiente e l’alimentazione. La partecipazione dei bambini è stata molto sentita, il quartiere ha visto come la presenza del parco abbia in qualche modo dimostrato che la voglia di iniziare a cambiare c’è. Soprattutto i ragazzi si sono immedesimati molto nell’imparare ogni segreto per prendersi cura del verde e dei propri spazi. L’associazione del Parco Uditore ha da sempre manifestato il proprio interesse verso l’interazione con gli istituti didattici del quartiere Uditore allo scopo di trascinare i ragazzi e i bambini alla scoperta del verde e della sua valorizzazione. Alla base del loro agire c’è l’intuizione che se fin da piccoli gli alunni sono a conoscenza dei problemi che assoggettano la città, da grandi avranno una maturità civica più vera e integra, che si impegnerà a lottare contro il degrado e all’abbandono, termini sempre più spesso citati per la città contemporanea. Il Parco quindi non è solo uno spazio di valore ambientale per l’aggregazione, ma un area verde di partecipazione collettiva. A giugno si apriranno i cancelli alle scuole nuovamente per realizzare gli orti didattici, presso la serra che un tempo fu del corpo forestale e oggi regalata ai volontari del Parco per promuovere le loro iniziative. Si è deciso di intraprendere questo cammino allo scopo di avvicinare i giovani alla conoscenza e al piacere del coltivare la terra. Un insegnante accompagnerà i propri alunni nelle attività teoriche e pratiche e ad ogni bambino verrà data la possibilità di prendersi cura di un pezzo di orto attraverso l’apprendimento di metodi di agricoltura biodinamica. Durante la coltivazione i bambini svilupperanno un grande senso di proprietà e ne avranno cura. Saranno

La redazione del progetto ha coinvolto l’Associazione, i cittadini e docenti universitari

Render del progetto

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protagonisti attivi nell’osservare il ciclo dell’acqua e delle stagioni e di come la vita ambientale cambierà di conseguenza. La loro partecipazione sarà importantissima alla realizzazione del progetto in quanto uno degli obiettivi principale è di sensibilizzare la comunità alla protezione della natura e del verde. Il Parco Uditore durante la Festa di Primavera 2014

In conclusione il progetto ha proposto, attraverso la partecipazione dei cittadini, un processo volto al recupero e all’inclusione. La valorizzazione di un’area del quartiere restituita ai suoi abitanti e che può diventare luogo di aggregazione e nuova centralità urbana. BIBLIOGRAFIA: Di Benedetto Salvatorgiulio(1996), L’espansione della città di Palermo fuori le mura. Le borgate- I quartieri, dattiloscritto Maggino F.(1995). Il questionario. Aspetti metodologici, Informatici e statistici, Centro Editoriale. Mougeot L.,Urban Agricolture:Definition, Presence, Potentials and Risks, In Growing Cities, Growing foog-urban agricolture on the policy agenda, 2000 Sito istituzionale: www.uparco.org

Parco Uditore gremito durante la Festa di Primavera 2014. L’area verde, nata dalla volontà dei cittadini, è oggi una realtà consolidata all’interno del sistema urbano

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Recupero e riqualificazione di Villa Belmonte

Recupero e riqualificazione di Villa Belmonte

Alessandra Mercurio, Francesca Montagna, Maria Teresa Pollara, Pasquale Salvo

Lo studio svolto si concentra sul quartiere dell’Acquasanta, ricadente nella zona costiera di Palermo, ad Oriente di Monte Pellegrino. Nelle insenature naturali di questa zona, a breve distanza l’una dall’altra, si sono sviluppate tre importanti borgate: Acquasanta, Arenella e Vergine Maria, il cui scopo era quello di sostenere, attraverso la pesca e la lavorazione del tonno, la popolazione palermitana. Delle tre borgate, la prima in ordine temporale ad essersi costituita fu l’Acquasanta, che prese il nome da una sorgente medicamentosa. Dal 1700 in poi fu meta della nobiltà palermitana, che vi lasciò il segno nelle numerose costruzioni, a cominciare dalla Villa del Marchese di Geraci, nell’attuale piazza, dove accanto fu edificata la chiesa ad opera dei fratelli Pandolfo. Giuseppe Gioeni vi costruì il primo Istituto Nautico di Palermo. In buona conservazione è la Villa Belmonte. Col passare del tempo la borgata, costituita originariamente da poche famiglie di pescatori, modificò il proprio assetto sociale ospitando l’insediamento della nuova classe operaia divenuta numerosa grazie alla localizzazione in quei luoghi dei Cantieri Navali. L’antica borgata, da piccolo molo di pescatori e residenza estiva delle famiglie nobiliari in epoca moderna è riuscita ad evolversi ed ampliarsi divenendo un popoloso e grande quartiere dell’odierna metropoli palermitana. Attualmente all’interno dell’area il rapporto qualitàquantità dei servizi è tale da non soddisfare le esigenze dei cittadini. I servizi presenti sono minimi e spesso in

Mercato ortofrutticolo, porticciolo dell’Acquasanta e l’Hotel Villa Igea; alcuni dei “poli urbani” che connotano l’area

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stato di abbandono e degrado, ne è un esempio il giardino di Villa Belmonte. Così come i servizi logisticiviari, che invece di fornire un servizio al quartiere, sono spesso causa di malessere dato che non contribuiscono a far defluire il traffico all’interno del Quartiere.

Prospetto principale di Villa Belmonte

Analisi delle tipologie edilizie dell’area

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Partendo dalla lettura ed interpretazione di tali studi è stata effettuata una elaborazione dei dati attraverso la conoscenza diretta e visiva dei luoghi. Il materiale raccolto è stato cartografato attraverso una serie di analisi riguardanti lo studio dei processi storici di trasformazione dell’area, a quello di regolamentazione edilizia, per poi procedere all’elaborazione del progetto. L’analisi delle tipologie edilizie effettuata ha evidenziato come la struttura dell’area di via Cardinale Rampolla sia complessa ed articolata. Oltre alle importanti preesistenze storiche, come Villa Igiea, Villa Belmonte e la vicina clinica Albanese, la zona è interessata da varie tipologie abitative. Sugli assi principali come via Papa Sergio I e via Belmonte sorgono numerose case in linea di recente


Recupero e riqualificazione di Villa Belmonte

costruzione, sedi di residenza civile, ma anche scuole, uffici e attività commerciali. Nella parte retrostante invece si sviluppano tutta una serie di abitazioni di varia natura, si tratta infatti di case a schiera di antica costruzione, nuovi edifici sorti per lo più su vecchie preesistenze ed un piccolo nucleo di villette bifamiliari in largo Conceria. La parte più interna della zona risulta quindi priva di un atto pianificatorio ben preciso; infatti l’area presenta, per composizione stili e dimensioni degli edifici, caratteri contraddittori generando un agglomerato urbano spesso caotico e confusionario. Nella zona retrostante agli alti e moderni palazzi in linea sono presenti numerose case a schiera, stipate all’interno di superfici inadatte ed insufficienti a contenere l’elevato numero di abitanti. I grandi edifici, infatti, con la loro presenza coprono e congestionano la parte interna della zona relegando così le basse abitazioni in aree buie e malsane. L’impianto è caratterizzato da vicoli stretti che impediscono il passaggio dell’aria e della luce. Tutto si trasforma in un insieme di innumerevoli vicoli ciechi in cui gli abitanti sono costretti a vivere in simbiosi gli uni con gli altri data la mancanza di spazi ed aree destinate alle attività collettive. Il presente studio nasce dalla necessità di inserire servizi per il verde in questa grande area urbana, attraverso un progetto che mira al recupero e riqualificazione di Villa Belmonte con gli annessi spazi verdi, visto una “apparente” assenza di spazi versi e collettivi. Viene utilizzato a proposito il termine “apparente” poiché l’intero quartiere pur possedendo un’importante Villa Neoclassica, circondata da un vasto giardino, è come se non ne fosse a conoscenza, come se l’intero Parco fosse stato dimenticato.

Il Tempietto del giardino

Sentiero in direzione del tempietto. Sullo sfondo l’imponente figura di Monte Pellegrino

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Stato della vegetazione al 2010

Sentiero interno

Il ruolo e le condizioni del Parco di Villa Belmonte sono cambiate notevolmente dal 1800 a oggi. Il grande giardino, originariamente in stile inglese, ad oggi risulta in evidente stato d’abbandono, i viali ed i sentieri interni sono stati in gran parte cancellati, il tempietto di Vesta danneggiato da atti vandalici e sopraffatto dalle intemperie e dall’incedere del tempo. Il recupero e la riqualificazione dell’area diviene un’ipotesi fattibile e dai costi sostenibili; il ripristino del parco e dei suoi immobili potrebbe dunque giovare all’intera città trasformando i locali della Villa in eccellenza di tipo scientifico, luogo di ricerca ed il giardino ripristinato e fruibile a tutti rappresenterebbe un importante possibilità di rinascita per il quartiere e la città. Il progetto prevede, sulla base delle verifiche, la riconfigurazione paesaggistica, decorativa e agricola attraverso il recupero di alcuni degli elementi romantici come, in particolare, il riferimento alla natura mediterranea della parte circostante al tempietto di Vesta. Nella parte anteriore e nei disponibili frammenti di giardino formale intorno al palazzo, s’ipotizza la valorizzazione delle componenti floristiche esistente. Nella parte anteriore del giardino è proponibile il mantenimento dell’originaria configurazione arborea, reintroducendo le latifoglie ed altri elementi di pregio. Nella zona l, che in questo momento è quasi scoperta, il rinfoltimento potrebbe essere attuato con l’inserimento di esemplari di maggiori dimensioni. Nell’area si potrebbe operare sul ripristino delle simmetrie a livello delle scale e delle aiuole del terrazzo, e per migliorare l’impianto b si potrebbe incrementare la densità degli arbusti aromatici e dei frutteti. Le aree previste dal progetto si suddividono in: A - frutteto misto, B - vigneto, C - agrumeto, c1 - cedri,

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Recupero e riqualificazione di Villa Belmonte

c2 - pompelmi, c3 c5 c9 – altri agrumi, c4 - mandarini, c6 c8 -limoni, c7 - aranci, D - orto E – vivaio, F - uliveto, G area non coltivata, H - area rocciosa, I - gelseto, L frassineto, M - pistacchieto, N - mandorleto. Zonizzazione delle aree di progetto

Per quanto attiene alla parte agricola, sarebbero utile realizzare impianti conformi ai criteri dell’orto-frutticoltura tradizionale, tenendo conto che essi possono avere funzioni paesaggistiche molto importanti. La fluorura del parco di Villa Belmonte, ad oggi, benché in grave stato d’abbandono consiste circa di 86 specie e 2 varietà apparenti, ma nessuno degli esemplari presenti risale all’impianto originario dell’antico giardino in stile inglese. Gli esemplari di maggiori dimensioni inoltre appartengono a specie esotiche introdotte nel Mediterraneo in epoche posteriori all’edificazione della 187


villa. Riguardo alla consistenza ed al valore estetico e paesaggistico della copertura, essa varia discontinuamente per effetto degli usi trascorsi, delle ingiurie delle fasi d’abbandono. In particolare la maggiore concentrazione di elementi arbustivi ed arborei si ha nella parte inferiore della villa, e soprattutto intorno alla palazzina in prossimità della quale si trova la maggior parte degli esemplari di maggior pregio decorativo; anche la superficie antistante al palazzo, attraverso cui si snoda il viale d’accesso presenta una densa copertura disturbata però dalla diffusa presenza di specie infestanti ed invadenti. Dall’analisi effettuata è possibile così individuare all’interno del parco aree verdi con principalmente specie ornamentali e spontanee, coltura legnosa, vegetazione erbacea e vecchie coltivazioni. La riqualificazione della Villa e del suo parco permetterà così di ricreare una centralità all’interno del quartiere valorizzando una risorsa già presente e dall’importante ruolo identitario, ambientale e paesaggistico. BIBLIOGRAFIA: Abitare Palermo. Guida al nuovo piano regolatore, edito da Comune di Palermo Caniggia G, Maffei G.L., Lettura dell’edilizia di base, Marsilio editori, Venezia, 1979 G.B Comandè, ”Giuseppe Venazio Marvuglia”, Palermo 1958 C.De Seta, M.A. Spadaro, S.Troisi , “Palermo città d’arte “ ,Palermo 2004 F.Venturelli, L.Virli, “Invito alla botanica”, Zanichelli, 1995 Mandarino, Nolina e Olivastro, alcune delle specie reintrodotte nel giardino della Villa

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Palermo, nuova città di mare

Palermo, nuova città di mare

Marco Corsini

Alcune delle principali emergenze culturali e risorse identitarie distribuite lungo la fascia costiera palermitana

Il rapporto della città di Palermo con il suo mare è assai controverso. Questa la premessa del seguente studio, che affronta un tema ampiamente sentito: motivo di splendore ai tempi della sua fondazione, oggi la costa urbana è in gran parte in uno stato a dir poco di degrado. Le radici di questo rapporto, quasi più una cesura tra la città ed il suo mare, a discapito del noto concetto di Palermo “tutto porto”, risalgono al secondo dopoguerra, quando la città ha intrapreso un percorso inusuale e irreversibile, volto all’allontanamento dalla costa, perpetrato con il conferimento degli sfabbricidi direttamente in mare. Anche la grande espansione edilizia verso l’interno ha arrecato notevoli danni ai 26 km di costa palermitana, incrementando il malcostume di scaricare in mare materiali di risulta, terreno, cemento e ogni tipologia di rifiuto. Il fenomeno del degrado costiero riguarda in particolar modo il litorale che dal porto antico della Cala si snoda verso sud-est, lungo una vasta area urbana densamente abitata. Oltre al degrado fisico, ciò che rappresenta la principale criticità della costa urbana è quindi la sua “chiusura”. Una chiusura fisica, ideologica, frutto di una frattura concettuale e materiale tra la città ed il suo mare. La fascia costiera a Nord del centro urbano, più lontana dalle criticità di degrado fisico che attraversano la Costa

Porzione del centro storico di Palermo vista dal mare

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Sud, vive comunque un differente tipo di chiusura, dovuto dalla eccessiva privatizzazione delle aree costiere, con la conseguente negazione degli accessi al mare tramite ostacoli fisici come residenze private, impianti industriali, club privati. Il lavoro di ricerca svolto mira quindi all’analisi dettagliata delle aree costiere, del Waterfront urbano, la distribuzione dei servizi, la classificazione delle concessioni, l’analisi delle proprietà fisiche della costa e l’individuazione delle identità locali, per poi declinare degli scenari strategici di intervento, a partire dalla definizione di una Vision, una visione futura attribuita ai due ambiti territoriali urbani in studio, calata in una serie di interventi puntuali, per i quali sono proposti dei validi esempi progettuali.

Il nuovo waterfront di Oslo secondo il Masterplan del Barcode Project. Foto MVRDV

Di conseguenza il primo, fondamentale, passo è stato definire cosa si intende con Waterfront, parola spesso abusata in saggi di settore e non, ma dal complesso significato. Letteralmente “Fronte mare”, in realtà il concetto di Waterfront non si limita a definire la semplice porzione lineare di terra, o di spiaggia, che si affaccia sul mare, ma ingloba una serie più o meno variabile di componenti fisiche e ambientali che si addensano lungo la costa urbana e peri-urbana generando un complesso sistema di relazioni tra terra e mare. In molte città di mare si è manifestata negli ultimi decenni l’esigenza di ripensare il proprio fronte mare, insieme alla riorganizzazione della mobilità e degli accessi alle spiagge. Nei recenti interventi realizzati in numerose città, il recupero dei Waterfront si è basato principalmente sulla sua valorizzazione come spazio aperto e a forte vocazione pubblica, uno spazio verde, attrezzato, per il tempo libero e dotato di strutture sportive, dove la mobilità dolce è privilegiata ad ogni altro tipo di mobilità.

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Palermo, nuova città di mare

La rigenerazione dei Waterfront urbani così condotta ha, in definitiva, cambiato l’economia e l’immagine di quelle città che sono state capaci di vivere “l’acqua” come risorsa. Ci si chiede in questa ricerca, come possa Palermo, città storicamente legata al mare, non intraprendere sfide di questo tipo e anzi in alcune circostanze perdurare nel proprio stato di totale chiusura nei confronti di quella che rappresenta la sua prima risorsa e vocazione universalmente riconosciuta. Il lavoro è stato condotto nell’ambito della metodologia e delle applicazioni del progetto Italia – Malta 2007-2013 denominato WATERFRONT (Water And Territorial policiEs for integRation of multisectoRal develOpmeNT), e si è avvalso della tecnica di analisi della costa denominata BARE: Bathing Area Registration and Evaluation system, sistema di monitoraggio e valutazione delle aree costiere, che definisce una vasta classificazione di tipi di spiagge (Resort, Urban, Village, Rural, Remote). L’analisi si è concentrata su due aree bersaglio costiere, due cluster identitari che sintetizzano al meglio l’essenza della costa palermitana e le sue problematiche, la Costa Nord, comprendente le aree di Capo Gallo, Mondello e Addaura, e la Costa Sud, dalla foce del fiume Oreto verso sud-est fino ai confini comunali. La parola chiave di questa ricerca è “aprire” la costa, ovvero abbattere le barriere fisiche che ne impediscono la fruizione o la visione e risanare i tratti costieri inquinati, abbandonati o “abusati” da attività umane passate o attuali che snaturano l’essenza del mare, delle spiagge e della pubblica fruizione che il patrimonio demaniale implica. Punto cardine dell’indagine è il libero accesso alle spiagge, garantito dalla definizione di varchi pubblici connessi ad un sistema integrato di servizi strettamente

"Monte pellegrino dalla Bandita” Dipinto di Lo Jacono"

Rappresentazione storica della tonnara di Mondello, presso l'omonima borgata marinara

Antica cartolina ritraente la costa sud, presso la "Colonnella", antico ingresso della città di Palermo

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legati alle attività costiere. Una rete infrastrutturale che aumenti l’accessibilità ed una offerta culturale, sportiva, ricreativa sono i fondamenti dell’aumento dell’”attrattività” della costa, che associata, dunque, alla sua apertura, garantisce la piena fruizione e il rilancio dei Waterfront urbani. La varietà di condizioni riscontrate, ha reso necessaria la stesura di soluzioni dedicate; di seguito si illustrano le peculiarità dei principali contesti analizzati. Vista del golfo di Mondello, dalla sommità del Monte Gallo

Scorcio delle spiaggia di Mondello, e le sue cabine. Concessione centenaria della Società Italo-Belga

La spiaggia di Acqua dei Corsari e il nuovo parco

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La prima area di interesse, l’area di Mondello, è posta al di fuori del centro urbano, in una zona geograficamente periferica, ma - se si considera Palermo come una città policentrica - Mondello sicuramente riveste un ruolo importante, determinando una centralità che si basa su funzioni ed usi ben precisi, prevalentemente a carattere stagionale. Originariamente area paludosa, poi risanata all’inizio del XX secolo, è oggi il punto di riferimento per la balneazione e per attività sportive da spiaggia, vantando una vasta e invidiabile spiaggia sabbiosa. Rinomato snodo turistico, questo è sede di numerosi club nautici e associazioni sportive che hanno fatto storia nel panorama sportivo palermitano. L’area include la zona dell’Addaura, posta nel naturale prolungamento della costa da Mondello, verso est, alle falde del Monte Pellegrino, il monte interamente inglobato nella città di Palermo, che offre scorci paesaggistici di notevole bellezza. Quest’area, fino agli anni ’50 del secolo scorso quasi completamente inedificata, è stata oggetto di una intensa edificazione di un complesso sistema di seconde case, fino alla quasi totale saturazione degli spazi. La fascia costiera è stata lottizzata da una serie di club privati, circoli, associazioni, e la balneazione pubblica è limitata ad una ristretta area demaniale. La seconda area di studio, la Costa Sud, è stata articolata in tre sotto aree:


Palermo, nuova città di mare

- S.Erasmo-Romagnolo, posta in stretta vicinanza al centro storico cittadino, un tempo segnava i confini della città di Palermo, con la storica statua detta La Colonnella. Oggi la densità abitativa è molto alta, la condizione delle spiagge è pessima, come in tutta la restante costa verso sud-est. - Le aree della Bandita e di Acqua dei Corsari, sono situate alla periferia della città e presentano caratteristiche tipiche di zone periferiche come degrado, densità medio bassa e mancanza di punti di attrazione che richiamino flussi da altre parti della città.

Il porticciolo peschereccio della Bandita, visto dal mare

Le coste, un tempo sede di numerosi stabilimenti balneari, sono in gran parte sabbiose, dalla sezione notevole, ma totalmente abbandonate, degradate o occultate da edilizia di pessima qualità architettonica. La grande mole di analisi condotte, delle quali è stata esposta una sintesi, porta alla definizione di due Vision. Vision Costa Nord – Da insediamento residenziale stagionale a centro del leisure e della cultura. Vision Costa Sud – Da Waterback a Waterfront: la Tipologia di analisi affrontata che evidenzia le risorse e le criticità del waterfront e del tessuto limitrofo

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spiaggia urbana di Palermo.

Migliorare l'accessibilità della costa Nord

Valorizzare il patrimonio ambientale

Intercettare nuovi flussi

Le vision vengono espresse in un elenco di tre macro obiettivi, a loro volta declinati in azioni strategiche e azioni operative puntuali. Per la Costa Nord bisogna partire dal miglioramento dell’accessibilità della costa, per rafforzare le vocazioni e l’utilizzazione che già investono l’area. Vengono previsti miglioramenti della rete stradale, con la creazione di un sistema integrato di parcheggi e l’integrazione di diversificati sistemi di mobilità, tra i quali quella ciclabile. L’accessibilità riguarda, ovviamente, anche le spiagge, che vengono investite da un importante modifica degli accessi al mare, da rendere più numerosi, più sicuri ed equipaggiati da una serie di servizi di base alla balneazione. Il secondo obiettivo strategico riguarda la valorizzazione del patrimonio ambientale. La costa è posta tra due Riserve Naturali Orientate, e presenta già una passeggiata, definita più di un secolo fa come la “grande Passeggiata Giardino”, nel lungomare di Mondello. Il progetto prevede la risistemazione di tale percorso, con l’inserimento di nuove specie arboree idonee al clima locale e la sistemazione della antica pavimentazione, come perfetto scenario per percorsi ciclo pedonali che attraversino tutta la costa. Il terzo ed ultimo obiettivo strategico, per questa area di studio, riguarda l’intercettazione di nuovi flussi, ovvero la creazione di una nuova identità dell’area, destagionalizzata, ancorata sì allo sport e alla balneazione prima di tutto, ma anche a nuovi poli culturali posti in alcune aree libere dislocate nel tessuto urbano di Mondello e dell’Addaura, che richiamino flussi da tutta la città, facendo di questa costa il punto di riferimento in assoluto per il leisure. Per quanto concerne la Costa Sud, il primo obiettivo strategico riguarda necessariamente la valorizzazione

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Palermo, nuova città di mare

del patrimonio ambientale, a partire da una massiccia opera di bonifica delle spiagge e delle acque antistanti, che presentano valori di inquinamento sostanzialmente batterico, in forma molto elevata. Solo una corretta riqualificazione ambientale ed istituzione di una piccola porzione di corridoio ecologico, ossia un collegamento verde tra varie grandi aree verdi, può permettere l’insediamento di altri usi. Il secondo obiettivo riguarda l’incremento della fruibilità della costa. Una volta ripulita, la costa va riqualificata e sotto aspetti non ambientali, ma fisici e sociali. Bisogna restituire la visione del mare. Per fare ciò è stato pensato un percorso ciclo pedonale che si inserisca tra l’arenile e la fascia di edilizia residenziale, ottenendo quindi un nuovo lungomare, potendo godere delle bellezze paesaggistiche che il golfo di Palermo ci offre. Il terzo obiettivo strategico si ripropone di potenziare l’offerta, per aumentare finalmente l’attrattività di queste aree. L’inserimento di impianti sportivi di medie dimensioni ed il recupero di alcuni edifici di notevole valore storico architettonico o di suggestiva archeologia industriale, creerà nuovi poli di attrazione, che se ben integrati a reti culturali e manifestazioni già presenti sul territorio palermitano, potranno solo creare benefici ed attrarre nuovi grandi flussi, per riscoprire il mare di Palermo e quanto questa città sia indissolubilmente legata ad esso. I risultati dello studio mirano in conclusione alla individuazione di strategie e microinterventi sulla costa che possano consentire una riconnessione tra il waterfront e la centralità urbana. Visioni strategiche integrate che puntano, attraverso azioni settoriali ed interventi ad ampio spettro, a ribaltare l’attuale cesura urbana fra la città e il suo mare, riconfigurandolo come area risorsa, permeabile e accessibile a tutti.

Valorizzare il patrimonio ambientale della costa sud

Incrementare la fuibilità della costa

Potenziare l'attrattività

l'offerta

per

aumentare

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BIBLIOGRAFIA: A. Badami, D. Ronsivalle, Città d’acqua. Risorse culturali e sviluppo urbano nei waterfront. Aracne, Roma, 2008 R. Bruttomesso, Waterfront: una nuova frontiera urbana, Catalogo della mostra, Edizioni Città d’Acqua, Venezia, 1991. M. Carta. V. Liguori, B. Lino, D. Ronsivalle, Water And Territorial policiEs for integRation of multisectoRal develOpmeNT. Manuale Esempio di pista ciclabile in sede propria

metodologico-operativo per la costruzione dell’Atlante. P. O. Italia-Malta 2007-13, Contribution of the Department of Architecture to the Steering Committee (Malta, 28th May 2012), mimeo. A. Chirco, Palermo – La città ritrovata: itinerario fuori le mura. Dalla Conca d’Oro ai Colli a Mondello, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 1996. A. Chirco, D. Lo Dico, In tempo di bagni, Stabilimenti balneari e circoli nautici a Palermo, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2000 C. De Seta, L. Di Mauro, Palermo, Laterza Editore, Palermo, 2002. A. Williams, A. Micallef, Beach Management. Principles and practice, Earthscan, 2009

Un esempio gradevole di recupero di una ex fabbrica in Polonia

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La candidatura UNESCO di Palermo, Monreale e Cefalù: visioni integrate per il rilancio socio-economico del territorio

La candidatura UNESCO di Palermo, Monreale e Cefalù: visioni integrate per il rilancio socio-economico del territorio

Lo sviluppo socio-economico dei territori passa attraverso l’uso responsabile delle risorse a sua disposizione. Fra queste va considerato anche il patrimonio storico che, oltre a costituire un elemento identitario per le popolazioni locali, rappresenta un polo attrattore per il turismo dando il via a flussi economici di ingente spessore. Un patrimonio culturale di notevole livello costituisce, però un’importante base di partenza all’interno dei circuiti turistici nazionali e internazionali e la sua tutela e valorizzazione sono ormai da una decina di anni, fra gli obiettivi dell’UNESCO. La World Heritage List stilata dall’UNESCO accoglie al suo interno una serie di “Patrimoni dell’Umanità” che sono definiti tali grazie ad alcuni criteri e caratteristiche che li rendono unici e quindi meritevoli di attenzione a livello globale. Si tratta quindi di un riconoscimento molto ambito che colloca il bene in questione all’interno di un circuito turistico privilegiato e che quindi, con l’incremento di questi flussi, può costituire una grande risorsa per un territorio e le sue filiere produttive coinvolte. Il 18 ottobre 2010 è stata ufficialmente consegnata la candidatura a Patrimonio dell’Umanità del sito denominato “Itinerario Arabo-Normanno di Palermo, Monreale e Cefalù” (ufficialmente “Arab-Norman Palermo and the cathedral churches of Cefalù and Monreale”). La suddivisione e il raggruppamento degli elementi

Emanuele Messina Pietro Sardina

Logo che identifica i Patrimoni dell’Umanità inseriti nella World Heritage List dell’UNESCO

Distribuzione quantitativa dei Patrimoni dell’Umanità nei differenti paesi mondiali al 2013. L’Italia è lo stato con il maggior numero (47)

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Cattedrale di Palermo

Duomo di Monreale

Duomo di Cefalù

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in micro-contesti con relative buffer-zone o fasce di rispetto, costituiranno una prima creazione di sistemi di rete a scala urbana coinvolgendo anche porzioni di tessuto storicizzato e altri monumenti innescando nuove opportunità di tutela e conservazione, ma al tempo stesso anche di valorizzazione, già all’interno dei centri cittadini. Ad una scala più ampia, l’uso consapevole di una risorsa come il patrimonio storico Arabo-Normanno, potrebbe influenzare positivamente filiere produttive legate alla fruizione dei beni culturali, il settore alberghiero e ristorativo e la produzione di prodotti tipici; tutti questi settori, infatti, gioverebbero di un aumento della notorietà del territorio inserendosi in circuiti di esportazione internazionale e creando così nuove economie nel territorio della Provincia.Il sito denominato “Palermo Arabo-Normanna e le chiese cattedrali di Cefalù e Monreale” è una collezione di monumenti con un apparato decorativo di mosaici, dipinti e sculture che rappresentano il risultato di un sincretismo socio-culturale che, durante il periodo della dominazione normanna (1071 -1194), ha creato a uno straordinario patrimonio artistico e architettonico di assoluto valore. I singoli edifici che avanziamo non sono semplicemente un insieme, ma una “strato”: il mondo socio-culturale tipico di un luogo e un tempo, conservate nella memoria delle pietre e dei mattoni degli edifici, e delle tessere del mosaici con cui sono decorate. L’itinerario proposto è composto da dieci fabbricati che rappresentano fortemente la corrente “arabo-normanna” tra i secoli XI e XII. Tra i dieci edifici individuati, otto si trovano all’interno della città di Palermo (Palazzo dei Normanni, Cappella


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Palatina, Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, Cattedrale di Palermo, Chiesa di San Cataldo, San Giovanni degli Eremiti, Castello della Zisa, Castello della Cuba, Ponte dell’Ammiraglio), gli altri due nelle vicine città di Monreale (Duomo di Monreale) e Cefalù (Duomo di Cefalù). Oltre, ai dieci elementi che entreranno a far parte dell’itinerario UNESCO, le tre città hanno al loro interno un complesso di elementi architettonici “nascosti” appartenente all’architettura araba-normanna, che assumono le potenzialità di un ulteriore itinerario. Tra gli edifici presenti a Palermo ricordiamo: Palazzo Scibene, Porta Mazzara, Chiesa della Magione, San Giovanni dei Lebbrosi, Chiesa di Santo Spirito, Castello della Favara, Cubula, Archi di San Ciro, Cappella dell’Incoronazione, Castello a Mare, Porta Sant’Agata, Chiesa di S. Maria Maddalena. Mentre per quanto riguarda Monreale è presente il Castellaccio, e per Cefalù, il Palazzo Maria e l’Osterio Magno. Il percorso metodologico per la definizione del Piano di Gestione del sito UNESCO è caratterizzato in fasi principali, che riguardano: la prima fase un’analisi propedeutica cha ha lo scopo di raccogliere tutte le informazioni ed individuare i soggetti coinvolti con i relativi documenti di pianificazione; la seconda fase riguarda un’analisi conoscitiva delle risorse patrimoniali del territorio con lo scopo di individuare lo stato di fatto delle risorse patrimoniali dell’area di riferimento con le relative criticità e opportunità. Da queste due fasi è stato possibile di ottenere un quadro sintetico dello stato del sito UNESCO e dell’area di riferimento. Partendo da tale quadro sintetico, la fase tre della metodologia si concentra sulla pianificazione

Castello della Cuba a Palermo. All’interno degli elementi candidati troviamo architetture religiose, infrastrutture e residenze reali. Simboli di sincretismo socio-culturale ed artistico di immenso valore

Il Castello di Maredolce a Palermo: uno dei numerosi elementi di matrice AraboNormanna non inclusi nel sito candidato

Schema generale della formazione di un Piano di Gestione per i siti UNESCO

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Schematizzazione dei differenti ambiti, risorse, tematiche e innovazioni

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strategica ed operativa dell’intero territorio. Scopo generale di questa fase è quello di definire la strategia di medio-lungo e breve periodo e declinarla in specifici Piani di Azione, che rappresentano dei passi operativi per la sua attuazione. In questa fase è fondamentale coinvolgere i differenti soggetti del territorio: sarà infatti l’integrazione ed il coordinamento fra soggetti, risorse e istituzioni a consentire l’attuazione ed il successo del Piano di Gestione. Infine, con la fase quattro è possibile costruire il modello di attuazione dei quattro Piani di Azione, attraverso la definizione della più idonea forma giuridica e struttura gestionale di coordinamento degli attori coinvolti. Altro punto fondamentale sarà quella riferita al monitoraggio, che consiste nella formazione di un sistema di reporting e feedback ed eventuale riprogrammazione con attenzione sempre ai cambiamenti di medio-lungo periodo e alle ripercussioni degli impatti sul sistema socioeconomico-culturale. Notevole importanza nella formazione e nel successo del Piano di Gestione hanno il conseguimento dei macro obiettivi di Tutela, Conservazione e Valorizzazione del Patrimonio storico-culturale in esame; a questi vanno inclusi quelli relativi al coinvolgimento delle popolazioni locali e quelli riguardanti il miglioramento della fruizione del patrimonio. Al fine di raggiungere questi macro obiettivi generali, verranno individuate delle macro azioni di sistema e di rete e una serie di interventi diretti sui singoli elementi che si avvalgono del vantaggio competitivo dell’eventuale riconoscimento nel contesto provinciale dell’itinerario UNESCO. L’intera


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Provincia potrà godere infatti di una valorizzazione integrata delle risorse in chiave turistica fondata su elementi culturali, paesaggistici, naturalistici enogastronomici. Alimentando una visione di turismo integrato sostenibile, si potrà creare una nuova matrice di sviluppo estesa all’intero territorio. Per ogni elemento dell’itinerario è stato considerata la sua buffer zone di tutela inscritta in una sorta di “contesto”, in questo modo il confine del singolo nodo viene nettamente superato a favore di un concetto di diffusione in cui il riconoscimento UNESCO innesca una serie di ripercussioni positive nelle zone vicine riuscendo così a cogliere e valorizzare opportunità già presenti o crearne di nuove. Ogni nodo dell’itinerario, infatti corrisponderà ad un contesto, di dimensioni variabili in relazione alla sua risonanza all’interno del sistema urbano. A tale proposito, sono stati individuati sei contesti che saranno oggetto dei progetti pilota: il primo è rappresentato dal Palazzo Reale, Cappella Palatina, Cattedrale e San Giovanni degli Eremiti, che nell’insieme costituiscono un macrocontesto che focalizza in uno spazio contiguo, alcuni dei più

Sistema di sviluppo integrato a scala Provinciale

Individuazione delle “aree di riverbero” dei singoli elementi del Sito a Palermo inseriti nel sistema degli itinerari e degli spazi pubblici

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Aree di riverbero e itinerari nel sistema urbano di Monreale

Aree di riverbero e itinerari nel sistema urbano di Cefalù

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importanti e più visitati monumenti della città gravitanti intorno all’importante asse viario costituito da Corso Vittorio Emanuele. Il secondo è rappresentato dalla Zisa in cui la residenza Normanna e il suo Parco si relazionano ad un contesto urbano a volte isolato ma che insieme a vicini sistemi in corso di valorizzazione come i Cantieri Culturali della Zisa, può offrire ancora molto sia al quartiere che all’intera città. Il terzo è rappresentato della Cuba ad oggi poco conosciuta e in attesa di valorizzazione. Interessante la presenza dell’area verde nei pressi dell’antica residenza Normanna, che necessita assolutamente di opere di tutela e salvaguardia dalla sempre presente pressione antropica. Il quarto è costituito dalla chiesa di San Cataldo e Santa Maria dell’Ammiraglio, posizionate in una zona centralissima, prossima a nodi culturali ed economici di notevole importanza con cui può facilmente intessere relazioni che si potrebbero ampliare ed amplificare alle zone vicine. Il quinto contesto è rappresentato dalla cattedrale di Monreale, legato alla dominante figura della fabbrica Normanna con la vicinanza del quartiere storico della Ciambra. Come ultimo contesto è stato individuato il Duomo di Cefalù gravitante sulla piazza, con il quartiere di Santa Croce che rappresenta l’esempio più lampante di quello che è stata la cittadina durante il XIII secolo. I contesti potranno costituire un macrosistema all’interno delle città di Palermo, Monreale e Cefalù grazie appunto alla formazione di itinerari di collegamento che uniti ad una rete di aree pedonali potranno garantire una “mobilità slow” piacevole ed ecosostenibile. La


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mobilità slow sarà diffusa attraverso la creazione di un sistema di bike sharing grazie al quale sarà possibile raggiungere in modo facile, economico e sostenibile i diversi punti degli itinerari. I progetti pilota su cui si è agito hanno attenzionato gli ambiti di piazza Bellini e l’area gravitante intorno alla Zisa. Per quanto riguarda piazza Bellini, essendo prossima ai Quattro Canti, storicamente noto come il punto centrale della città, gode di una felice localizzazione e facilità di collegamento. Costituendo infatti un’area di antichissima edificazione, lo spazio urbano è notevolmente cambiato nel corso dei secoli. Un elemento che salta subito all’occhio è infatti la differenza di quota stradale a cui si trovano i due monumenti normanni di fattura più antica: il piano stradale è stato infatti ribassato durante il XIX secolo creando così una sorta di piedistallo ai due fabbricati che ne mette maggiormente in risalto le figure delle chiese di San Cataldo e della Martorana. La piazza, oltre alla già citata centralità, gode quindi di un patrimonio storico diversificato e pluristratificato in cui si passa dai resti di mura puniche fino al neoclassico teatro Bellini, passando per le chiese normanne, il palazzo di città cinquecentesco e la barocca chiesa di Santa Caterina. Alla centralità corrisponde anche la vicinanza a notevoli punti attrattori quali i mercati storici di via Lattarini, Calderai e Divisi o elementi importanti del dominio culturale come la Galleria D’arte Moderna di Piazza Sant’Anna, l’archivio storico comunale, la biblioteca comunale e la sede espositiva di Palazzo Riso. La presenza di questi attrattori dalle caratteristiche forti, ma diversificate

Il campanile della Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio (La Martorana) e la Chiesa di San Cataldo. Elementi cardine del contesto del primo progetto pilota

Veduta prospettica di Piazza Bellini e parte del contesto urbano

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Individuazione delle risorse e delle azioni strategiche

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rappresenta un insieme di opportunità che vanno colte mediante la creazione di una rete di relazioni e la nascita di sistemi. A queste potenzialità si contrappongono punti di debolezza dal notevole impatto: la piazza infatti è praticamente ogni giorno costantemente invasa dagli autoveicoli trasformandola in un parcheggio abusivo. Lo stesso patrimonio storico presente risulta spesso difficilmente fruibile. Il progetto pilota si impegna così a valorizzare i punti di forza espressi e a mitigare o annullare le debolezze presenti perseguendo sempre i macro obiettivi di Tutela, Conservazione e Valorizzazione. Gli interventi proposti mireranno a coinvolgere i domini culturale, sociale ed economico, ottenendo oltre i già citati obiettivi generali, anche quello di sviluppo turistico e coinvolgimento delle filiere produttive. La valorizzazione del patrimonio culturale potrebbe giovare della presenza di personale altamente specificato nella gestione o nel restauro dei beni storico-architettonici. Quella che fino a poco tempo fa era utilizzata come sede della Facoltà di Architettura, potrebbe ospitare in futuro un centro di formazione votato al compimento di questi obiettivi e al tempo stesso alcune aule della sede potrebbero ospitare alcune lezioni della vicina Facoltà di Giurisprudenza, spesso sovraccarica e congestionata. La tutela e la conservazione potranno avvenire grazie ad opere di salvaguardia del tessuto storico limitrofo e dei singoli monumenti, come il Teatro Bellini o i resti delle mura punicoromane. Una adeguata cartellonistica renderà più facile anche i percorsi dei turisti lungo gli itinerari. L’ex monastero Martorana potrebbe anche ospitare


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nella sua apertura sul basamento rialzato, una sorta di terrazza panoramica con un punto di degustazione di prodotti tipici locali coinvolgendo così le filiere produttive collegate al sistema enogastronomico. Altri risvolti economici potrebbero muoversi grazie alla promozione di recupero di abitazioni vicine e la loro conversione in alberghi o bed & breakfast. L’influenza del nodo all’interno del contesto urbano potrà essere ulteriormente amplificato intessendo relazioni con i vicini musei, gallerie, biblioteche e luoghi espositivi promuovendo ricerche e la nascita di eventi culturali o manifestazioni. Il ripristino dell’Ufficio per il turismo consentirà di riconsegnare un servizio ai turisti in un punto nevralgico della piazza, ma anche dell’intero vicinato. Altri risvolti positivi in campo economico si avranno promuovendo incentivi e politiche per la valorizzazione degli antichi mestieri, della produzione artigianale e alimentare locale e per la salvaguardia dei mercati storici o dei sistemi di botteghe che caratterizzando alcuni assi viari. Il patrimonio culturale potrà al tempo stesso godere di alcune innovative azioni come la promozione di un sistema di bike sharing, l’installazione di un totem multimediale nei pressi delle chiese, l’installazione di impianti di illuminazione notturna e la creazione di una piattaforma Wi-Fi libera all’interno della piazza.

Punto panoramico e area di ristoro sul basamento (fotomontaggio di progetto)

Valorizzazione turistica e funzionale di Piazza Bellini con punto informazione e bike sharing (fotomontaggio di progetto)

La seconda area di approfondimento è stata la Zisa, sesto quartiere di Palermo; che prende il nome dall’omonima residenza reale o “sollazzo” al suo interno. Il quartiere, è situato nella parte centrale della città che in origine faceva parte dell’antico 205


La Zisa e il suo sistema di fontane

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parco normanno, denominato Genoard (o Paradiso in Terra). Da rigoglioso giardino che era, l’area cresce velocemente e diventa un popoloso quartiere inglobato dalla città. In epoca recente è stato delimitato dalla nuova circonvallazione, lato monte, che lo separa dagli altri quartieri, cui in origine era unito. Nel 2005 è stato inaugurato il nuovo parco di fronte alla Zisa con i suoi tre percorsi, la «via dell’acqua», la «via del verde» e la «via dell’ombra». In mezzo la lunga vasca con ceramiche, proseguimento ideale del tracciato d’acqua della sala della fontana, che si apre oltre le porte del palazzo della Zisa. Purtroppo il tutto è rovinato dallo stato di degrado e di abbandono in cui versano i dammusi presenti in corrispondenza della facciata del Palazzo, divenuti luoghi per lo scambio di sostanze illegali. A sinistra della Zisa, sorge la chiesa di Santo Stefano, poco frequentata dai cittadini del quartiere, a causa dello stato di degrado in cui versa la piazza antistante, utilizzata come parcheggio o deposito di rifiuti. A poca distanza dal Palazzo e dal suo giardino, sorgono i Cantieri Culturali, che secondo i programmi avviati dovevano costituire un grande polo culturale a servizio dei cittadini. Tra i vari progetti, sono stati realizzati: la Scuola Nazionale del Cinema, il Museo Euro-Mediterraneo di Arti Contemporanee trasformato nella ZAC, il Cinema De Seta, sedi dell’Accademia delle Belle Arti. A testimonianza dell’importanza della valorizzazione dei Cantieri Culturali, quest’area è stata inserita in uno degli interventi previsti dal Piano Strategico Palermo Capitale Dell’Euromediterraneo, che attraverso il potenziamento dei servizi culturali e ricreativi


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esistenti (Cantieri Culturali-ex stazione Lollicaserma Di Maria), prevede la realizzazione di una nuova centralità culturale. A queste possibili potenzialità, corrispondono anche delle debolezze che sono rappresentate: dalla scarsa dotazione di servizi collettivi per i cittadini e dall’isolamento dell’area rispetto agli altri attrattori culturali. Come per il precedente progetto di pilota partendo dalle evidenze dell’analisi SWOT svolta, si tenterà di perseguire gli obiettivi di Tutela, Conservazione e Valorizzazione. I principali obiettivi di valorizzazione saranno perseguiti attraverso: la valorizzazione e ristrutturazione dei dammusi presenti sulla facciata della Zisa, mediante l’istaurazione di laboratori cinematografici, punti di degustazione di prodotti tipici locali, negozi di souvenir, laboratori per bambini, centro d’informazione multilingua, spazi espositivi Unesco e biglietterie; la realizzazione della “via dell’ombra” (la struttura di ferro presente sulla sinistra del Palazzo), con l’istaurazione di piante rampicanti colorate e gelsomini; realizzazione in piazza Zisa, di una piccola area verde da utilizzare come parco giochi per bambini o come spazio religioso utilizzabile per la parrocchia di Santo Stefano; installazione nella piazza antistante il Palazzo di centri d’informazione turistici e creazione di fermate per bus-navetta che permettono il collegamento con gli altri musei o monumenti che fanno parte dell’itinerario AraboNormanno e non solo; creazione di un sistema bike sharing all’interno della piazza antistante alla Zisa; installazione di un totem multimediale; montaggio d’impianti d’illuminazione notturna soprattutto lungo via dei Normanni e creazione di una piattaforma Wi-

Individuazione dei beni ricadenti nel contesto - buffer zone

Studio dei valori e delle criticità

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Tabella degli interventi proposti per il progetto pilota. Ogni azione evidenzia i domini coinvolti e quali risultati attesi raggiunge il tutto inserito nel sistema dei macro-obiettivi di tutela, valorizzazione, conoscenza e fruizione

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Fi libera all’interno della piazza. La tutela e la conservazione potranno avvenire grazie ad opere di difesa e rifunzionalizzazione degli elementi storici presenti nel contesto (un esempio potrebbe essere l’apertura al pubblico della ex Correria Pignatelli o dei palazzi storici inutilizzati presenti nei pressi della Zisa) e dei singoli monumenti storici, come la Zisa. Inoltre si prevede l’ampliamento del repertorio culturale del Palazzo, l’istallazione di un’apposita cartellonistica multilingue e la creazione di percorsi riservati ai soggetti diversamente abili. L’apertura al pubblico delle ville storiche (Villa Malfitano e Villa Serradifalco) con le rispettive aree verdi, permetterà alla popolazione locale e non, di potere usufruire dei grandi spazi presenti nel contesto urbano. Una rete ciclo-pedonale metterà a sistema le risorse culturali e ambientali creando una trama di corridoi ecologici integrati. Uno degli obiettivi che si cerca di perseguire, è creare una stretta relazione e collaborazione tra il pubblico e il privato, mediante l’apertura parziale, da parte del privato di spazi che saranno dotati di attrezzature collettive, in cambio di agevolazioni fiscali da parte del pubblico. In più si cercherà di creare un legame tra la popolazione locale e il patrimonio del sito, attraverso la creazione di eventi culturali, manifestazioni, congressi, mostre (in collaborazione con i cantieri culturali), con lo scopo di rendere partecipe i cittadini. Naturalmente l’organizzazione di tutti questi eventi porterà a un incremento del settore turistico, innescando un circolo virtuoso che permetterà una crescita del territorio. Dal punto di vista socio-economico, si prevede il recupero di edifici non utilizzati, che saranno destinati a servizi per la collettività o


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promuovendo politiche per la valorizzazione degli antichi mestieri locali. Lo scopo dell’istituzione dell’itinerario è quello di creare nuovi poli culturali all’interno delle città, con l’intenzione di valorizzare il patrimonio esistente e creare nuovi attrattori. Percorsi che diventano così reti creative che si fondano su un’ossatura puntuale immersa in un tessuto diffuso e pluristratificato dal valore artistico, storico, identitario e culturale riconosciuto a scala globale e che può costituire la matrice su cui fondare un nuovo sviluppo socioeconomico per la Provincia.

La riqualificazione e la promozione di nuovi usi per i dammusi (fotomontaggio di progetto)

BIBLIOGRAFIA: Arata G., L’architettura Arabo-Normanna e il Rinascimento in Sicilia, Bestetti & Tumminelli, Milano, 1914 Baldacci V., Gli itinerari culturali. Progettazione e comunicazione, Guaraldi Universitaria, 2006 Bellafiore G., Giardini e parchi nella Palermo normanna, Flaccovio,

Nuove attrezzature e servizi per gli spazi pubblici (fotomontaggio di progetto)

Palermo, 1996 Busetta P., Ruozi R., L’isola del tesoro. Le potenzialità del turismo culturale in Sicilia, Napoli Centro ricerche economiche A. Curella, Liguori Editore 2006 Rami Ceci L., Turismo e sostenibilità. Risorse locali e promozione turistica come valore, Armando Editore, Roma, 2005 Chirco A., Palermo la città ritrovata, itinerari entro le mura, Flaccovio Editore, Palermo, 2005 Ministero per i beni e le attività culturali, Progetto di definizione di un modello per la realizzazione dei Piani di Gestione dei siti UNESCO, Ernst & Young Financial Business SPA, 2005 Palombo B., L’Unesco e il campanile, Meltemi, Palermo, 2006 UNESCO, Il Patrimonio dell’Umanità Unesco: i complessi monumentali, Skira, Milano, 2003

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Masterplan del Progetto Pilota Zisa

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Linee strategiche di sviluppo per una città creativa

Linee strategiche di sviluppo per una città creativa

Recentemente il tema della creatività è stato affrontato da alcuni studiosi per sottolineare la tendenza alla culturalizzazione dei processi di sviluppo urbano: a partire dagli anni ‘70 le città che avevano subito una crisi dei settori economici tradizionali e dell’industria manifatturiera, trovano nelle attività culturali e nelle industrie creative un trampolino di lancio per il risveglio economico. Oggi è ormai chiaro che la capacità delle città di attirare talenti e la creatività di coloro che vivono, che usano o che attraversano le città determinerà il futuro successo delle metropoli, consentendo ad alcune città di diventare competitive anche se non collocate in posizioni centrali rispetto ai flussi tradizionali o se non in possesso di elevate risorse primarie, ma in grado di intercettare le energie di flussi, di persone e di capitali che attraversano il pianeta; in tal senso le città creative sono etichettate come “città del futuro”. Numerose città stanno facendo da incubatori di una vera e propria “classe creativa”, così definita da Richard Florida, attirando la localizzazione di intelligenze, competenze e manodopera che alimentano la domanda di qualità urbana, nuovi servizi e nuove forme dell’abitare, indispensabili per lo sviluppo delle nuove opportunità e per l’alimento della creatività. Ma, affinché la città riesca a convogliare le risorse umane più produttive, è necessario che diventi appetibile, assumendo come punto di partenza la riqualificazione dello spazio fisico da attuarsi mediante la valorizzazione del patrimonio culturale consolidato, il riutilizzo delle aree industriali dismesse, la progettazione oculata dei vuoti urbani e la riqualificazione di zone centrali o zone

Sabrina Adelfio

Quartier de la Création a Nantes

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Progetto Pilota del Piano Strategico di Palermo: ATI 2 - Città Internazionale della Cultura. Si prevede un’azione di valorizzazione e potenziamento delle attività culturali all’interno dei Cantieri Culturali alla Zisa

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periferiche degradate. L’obiettivo che si cercherà di perseguire con questo lavoro è quello di incrementare la visibilità e la competitività della città di Palermo all’interno del contesto internazionale, favorendo la nascita di una metropoli polifunzionale, che sappia rispondere alla domanda di residenza, lavoro, cultura e tempo libero, partendo proprio dalla riqualificazione di un ex-area industriale quale i Cantieri Culturali alla Zisa. A fare da guida il caso di studio della città di Nantes, ottimo esempio di come la cultura possa essere integrata in maniera vincente in un progetto di sviluppo urbano. A Nantes, infatti, in un’ex area industriale di 150.000 metri quadri, futuro Quartier de la Création, saranno dedicati 90.000 metri quadri per l’insediamento di industrie culturali e creative, riattivando un vasto territorio e mettendo l’arte e la cultura al centro di un processo di riqualificazione urbana e sviluppo locale. Nel caso dei Cantieri Culturali si tratta di un’ex area industriale di 55.000 metri quadri collocata alla periferia di Palermo, in un contesto caratterizzato da importanti emergenze storico-culturali quali un antico acquedotto bizantino, il Giardino e il Castello arabo-normanno della Zisa (candidato a patrimonio dell’Unesco), la Villa Malfitano (attuale sede della Fondazione Whitaker) e la Villa Serradifalco. I Cantieri, oltretutto, si trovano in prossimità di due aree definite come “nuove centralità urbane” dal Piano Strategico di Palermo: le stazioni Lolli e Notarbartolo, a cui viene assegnato, rispettivamente, un ruolo di polo culturale e polo direzionale. I Cantieri Culturali, d’altra parte, si trovano immersi in un ambiente che presenta delle criticità di carattere sociale, basti pensare alle due borgate storiche della Zisa e della Noce, e al quartiere di edilizia economica e popolare Zisa Quattro Camere, costruito negli anni ’50. Il contesto, inoltre, si presenta come un ambiente eterogeneo, in quanto il quartiere Zisa è il quarto a Palermo per


Linee strategiche di sviluppo per una città creativa

maggiore presenza straniera, con immigrati provenienti soprattutto dallo Sri Lanka (comunità Tamil), dal Bangladesh e dal Marocco. I Cantieri Culturali nascono nel 1896 per ospitare l’antico mobilificio Ducrot, ma negli anni ’70, a seguito di una grave crisi, la fabbrica chiude definitivamente. Da allora i padiglioni rimangono inutilizzati e abbandonati fino agli anni ’90, periodo in cui iniziano ad assumere un ruolo culturale, tanto da essere rinominati “Cantieri Culturali alla Zisa”. Questa fase di splendore durerà circa un decennio, cioè fino a quando la nuova amministrazione, a partire dal 2002, interrompe le attività culturali per effettuare una serie di interventi, volti al miglioramento statico e alla messa in sicurezza. Oggi i padiglioni non utilizzati ricoprono circa 9.626 mq, molti di questi versano in uno stato di degrado avanzato, alcuni sono stati dichiarati inagibili. Altri sono stati già rifunzionalizzati nel 2001, grazie all’intervento di alcuni istituti culturali, quali l’Istituto Gramsci, l’Istituto Goethe e l’Istituto Francese. Nel 2008 è stata attivata la Scuola Nazionale di Cinema e nel 2009 l’amministrazione comunale ha concesso, in affitto per sei anni, alcuni capannoni all’Accademia di Belle Arti. Nel corso del 2012,

Reparto intaglio del legno - Fabbrica Ducrot 1927

Contesto urbano, risorse e poli attrattori

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Dai primi anni ’90 al 2002 i Cantieri diventano sede di numerose iniziative e manifestazioni culturali tra cui una Conferenza ONU contro la criminalità organizzata tenutasi nel 2000

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grazie ad alcune iniziative nate dal basso e ad un maggiore interesse da parte dell’amministrazione, alcuni capannoni vengono riaperti. Una delle maggiori conquiste è stata la riapertura del cinema pubblico intitolato a Vittorio De Seta, a seguito di ripetute richieste da parte del Comitato “I Cantieri che Vogliamo”, un ampio movimento di cittadini, associazioni, artisti, operatori che credono nella cultura come bene comune. Partendo dai Cantieri, il Comitato ha cercato, negli ultimi tre anni, di proporre alla città un modello di azione virtuosa e al contempo un laboratorio di gestione alternativa di spazi e risorse. Un percorso che muove dall’obiettivo di riaprire a tutti un luogo di grandi potenzialità, ma ancor di più vuole essere un esempio innovativo di progettazione partecipata. Nello stesso anno viene aperta anche la Sala Perriera e lo ZAC (Zisa Arte Contemporanea), spazio laboratoriale ed espositivo a disposizione della classe creativa. I Cantieri Culturali, inoltre, ospiteranno entro dal 2014 un nuovo incubatore d’imprese creative, il Cre_zi, sede distaccata dell’ARCA (Consorzio per l’Applicazione della Ricerca e la Creazione di Aziende innovative), che potrà contribuire a rafforzare il binomio economia-cultura, su cui bisogna puntare per lo sviluppo del territorio. L’analisi svolta è stata utile per definire delle linee strategiche di sviluppo, esplicabili in quattro macroobiettivi. L’obiettivo 1 mira a rendere la città competitiva mediante il potenziamento del sito dei Cantieri Culturali. Questo dovrà diventare un polo culturale di forte attrazione, intercettando nuovi flussi e offrendo spazi alla classe creativa. Si pensa, quindi, di realizzare un Salone Internazionale del Mobile: spazio fieristico espositivo per il design contemporaneo. Il Salone ospiterà un’ esposizione temporanea, creando un collegamento virtuale con l’antico mobilificio Ducrot e con le antiche forme di produzione, e dovrà essere allestita soltanto in alcuni periodi dell’anno. Per il resto del tempo lo spazio


Linee strategiche di sviluppo per una città creativa

rimarrà a disposizione delle associazioni e di tutti coloro che ne faranno richiesta per l’organizzazione di mostre, laboratori, conferenze e concerti. Il Salone dovrà diventare uno spazio sperimentale in cui si produrranno linee innovative, in grado di attrarre, anche dall’estero, visitatori interessati al mondo del design. Per intercettare i flussi turistici che interessano il patrimonio arabonormanno della città, sarà necessario realizzare un itinerario dedicato alla cultura mediterranea che metta a sistema: l’Istituto Gramsci, l’Istituto Francese, Villa Malfitano e la Fondazione Whitaker (che mira alla valorizzazione della cultura fenicio-punica), il Castello della Zisa con il Museo Islamico e il resto del patrimonio arabo-normanno che rientra tra i siti Unesco. Si tratta di creare uno spazio euro-mediterraneo, multidisciplinare e aperto alle diverse culture. Queste potranno collaborare per dar vita a un punto ristoro con cucina internazionale, dove sarà possibile gustare piatti tipici di diversa provenienza. Per offrire spazi alla classe creativa si ritiene necessario realizzare delle industrie creative che possano produrre e attrarre talenti, o semplicemente dare modo a quelli già esistenti in città di esprimere le loro capacità e di avere la possibilità di fare della loro arte un’occasione lavorativa. Pertanto un padiglione sarà dedicato alla musica, mediante la realizzazione di una sala concerto con studi di prova e di registrazione, utilizzabili a turno da artisti e compagnie musicali. Un altro padiglione ospiterà una scuola di teatro sperimentale, che funga anche da centro di ricerca per il teatro e che abbia relazioni con le imprese creative del Cre_zi. Lo spazio sarà auto-organizzato dalle giovani compagnie presenti sul territorio e sarà per loro luogo di incontro e di scambio. Per ospitare la classe creativa sarà fondamentale realizzare dei loft, residenze per artisti con atelier laboratoriali, da assegnare periodicamente con procedura concorsuale. Per dare spazio, invece, ai

Mostra d’Arte Contemporanea ai Cantieri Culturali - 2001

Differenti usi degli spazi espressi in percentuale

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Padiglioni in stato di avanzato degrado

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giovani delle associazioni cittadine o a quelli che fanno parte del comitato “I Cantieri che Vogliamo” sarà necessario coinvolgerli nell’utilizzo dello spazio ZAC, per la produzione e l’esposizione di opere d’arte. L’obiettivo 2 riguarda un altro tema rilevante legato all’accessibilità dei Cantieri e all’apertura nei confronti della città e del quartiere. Innanzitutto è necessario collegarli ai principali nodi infrastrutturali della città, quali la stazione Centrale e la stazione Notarbartolo. Quindi si è pensato di potenziare il tratto stazione Centrale-Cantieri con delle linee di trasporto pubblico BRT (Bus Rapid Transit). Queste dovranno fornire un servizio più rapido rispetto al sistema di trasporto tradizionale su gomma, migliorando le infrastrutture esistenti con corsie preferenziali e creando delle tabelle orarie. Sarebbe anche utile aggiungere due linee di autobus pubblico: una che colleghi la stazione Notarbartolo con Piazza Principe di Camporeale, e l’altra che colleghi i Cantieri Culturali con l’Università, presumendo che i contatti e le relazioni tra i due poli culturali aumentino sempre di più. Per facilitare il raggiungimento dei Cantieri da parte dei ciclisti, è necessario recuperare la pista ciclabile di via Libertà, come previsto dall’amministrazione, e prolungarla verso la via Dante. Questa, inoltre, dovrà essere collegata alla pista ciclabile prevista nell’ambito del PIAU che collegherà la stazione Notarbartolo alla stazione Lolli. Per favorire l’intermodalità è necessario realizzare due stazioni di bike sharing: una alla stazione Notarbartolo e una a piazza Principe di Camporeale, in modo da permettere a coloro che arrivano alla stazione con l’autobus o con la metro, di decidere se recarsi ai Cantieri in autobus (nuova linea) oppure in bici. Inoltre è fondamentale realizzare un parcheggio bici all’interno dell’area dei Cantieri, affinché da qualsiasi parte della città, si possa giungere in bici ai Cantieri, parcheggiandola comodamente nel luogo di


Linee strategiche di sviluppo per una città creativa

destinazione. Altra problematica riscontrata è la chiusura dei Cantieri nei confronti del quartiere, a causa della presenza di mura perimetrali imponenti, in quanto pur esistendo diversi accessi, questi rimangono chiusi e non utilizzati. Bisognerebbe, quindi, funzionalizzare gli accessi attualmente negati e aprirne un altro, in corrispondenza del parcheggio di bici e della Vicaria, sede della compagnia teatrale di Emma Dante. L’accesso ai veicoli a motore sarà consentito soltanto in corrispondenza del parcheggio recentemente realizzato. Per il resto l’area rimarrà esclusivamente pedonale. Dall’analisi svolta emerge come i Cantieri Culturali siano legati a scale differenti: oltre ad attivare processi di internazionalizzazione, l’area ha un forte potenziale di innalzamento della qualità della vita degli abitanti del quartiere e ha una vocazione legata al tempo libero attivo. L’obiettivo 3 nasce proprio dall’idea di ospitare, all’interno dell’area, dei servizi culturali di quartiere, tenendo sempre conto del contesto. Il luogo potrà assumere una valenza socio-culturale, ospitando un centro multiculturale per minoranze etniche, che possa fungere da luogo di incontro, da mettere a sistema con i centri sociali vicini. Questo intervento è motivato da una forte presenza di immigrati nel quartiere, di cui si è parlato precedentemente. Per gli abitanti dei quartieri disagiati invece, sarà necessario realizzare un grande centro sociale, in cui organizzare iniziative culturali. Affinché questo spazio sia vissuto anche dai bambini, si è pensato di realizzare, oltre a delle aree gioco, una ludoteca, che includa un centro di doposcuola, da mettere a sistema con le scuole del quartiere, al fine di ridurre la devianza minorile e la dispersione scolastica. Per far sì che l’area divenga luogo di aggregazione, di incontro e di svago per i cittadini occorrerà incrementare l’offerta culturale, iniziando dalla sistemazione degli spazi aperti. L’attuale giardino incolto potrà diventare un’area

Espressioni d’arte contemporanea nei padiglioni abbandonati

Scuola Nazionale di Cinema inaugurata nel dicembre 2008

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Accademia di Belle Arti - Spazio Nuovo (Scuola di Pittura e Grafica d’Arte attivata nel febbraio 2009)

Visita guidata tra i viali dei Cantieri Culturali organizzata dal comitato “I Cantieri che Vogliamo” per accogliere i partecipanti alla "Marcia per un mondo nuovo", intitolata a Danilo Dolci 16/04/2011

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verde autogestita dagli abitanti del quartiere o dai fruitori dei Cantieri, e potrà includere aree per il gioco e per il tempo libero. In corrispondenza degli attuali padiglioni senza copertura e attualmente inagibili, risultando notevolmente onerosa la ristrutturazione, si prevede un giardino botanico con appositi cartellini informativi, demolendo o mettendo in sicurezza gli attuali resti dei padiglioni. Inoltre, sarà opportuno coprire la sgradevole vista delle mura perimetrali con dei giardini verticali. Sarebbe interessante realizzare anche una scacchiera gigante che potrà essere utilizzata sia da giovani, sia da professionisti provenienti da altri luoghi, attirati dall’organizzazione di tornei e di eventi correlati. In primavera e in estate potrà risultare utile la realizzazione di un teatro all’aperto, nell’area dei padiglioni inagibili. Questi potranno essere utilizzati, ove possibile, come parte della scenografia, creando un ambiente suggestivo. Il teatro, insieme, al cinema De Seta e alle numerose iniziative, renderanno l’area un luogo di incontro serale. Oltre al ristorante internazionale, si è pensato di realizzare un caffè letterario in cui si potranno consultare riviste e libri. Il tema della ristorazione quindi, indispensabile per la fruibilità degli spazi, è stato trattato volgendo sempre uno sguardo alla cultura. Sarà necessario, infine, incrementare l’arredo urbano, con panchine dal design innovativo e con illuminazione, ove necessaria. L’obiettivo 4 riguarda il tema relativo all’identità dei luoghi. Una città creativa è una città che riesce a valorizzare il suo passato, le stratificazioni storiche, il patrimonio architettonico e culturale. La storia e la cultura di un luogo devono diventare dei catalizzatori di sviluppo urbano; riuscire a valorizzarli vuol dire possedere una forte consapevolezza dell’identità di un luogo. Far conoscere la storia ai cittadini favorisce la riappropriazione degli spazi e la volontà di preservarli; i luoghi vengono così


Linee strategiche di sviluppo per una città creativa

considerati un bene collettivo e ogni azione di salvaguardia e di valorizzazione verrà accettata e sostenuta dai cittadini. Per questo si ritiene necessario far conoscere la storia dei Cantieri Culturali, dedicando uno spazio espositivo permanente e multimediale ai Ducrot, in cui verranno spiegati gli antichi metodi di produzione e l’importanza economica che la fabbrica aveva in passato per la città di Palermo. Le strade interne ai Cantieri, inoltre, potranno essere arredate con i busti dei personaggi più significativi per la storia del sito, dai Ducrot a Ernesto Basile. Essendo l’esempio di archeologia industriale più rilevante e più vasto della città, il sito potrebbe essere inserito in una rete di aree dismesse, al fine di attivare un processo di riqualificazione e rifunzionalizzazione degli spazi in disuso dell’intera città. L’itinerario deve coinvolgere cittadini, associazioni, operatori culturali e soggetti imprenditoriali. Questi ultimi saranno incentivati a farsi carico della riqualificazione degli spazi e diventeranno dei cofinanziatori, insieme, all’amministrazione, della rigenerazione di queste aree. Si è pensato, inoltre di inserire i Cantieri nell’itinerario “Arte e Architettura liberty a Palermo: i luoghi dei Florio”, già esistente e facente parte del Distretto Culturale. L’azione è motivata dal fatto che i Florio furono dei clienti dei Ducrot; è proprio nell’antico mobilificio, infatti, che furono prodotti i mobili di Villa Igiea nel 1899. Le due famiglie, inoltre, apprezzavano lo stile liberty e fu questo che le portò entrambe ad avviare una collaborazione con Ernesto Basile. Altro intervento che potrebbe contribuire alla valorizzazione dell’identità del luogo è l’apertura di un percorso didattico guidato tra la Zisa e i Cantieri, per connettere meglio queste due risorse della città. Il percorso dovrà essere accompagnato da leggii esplicativi, in cui verranno riportate informazioni storiche relative ai due luoghi. La relazione tra di essi sarà

Giornata d’inaugurazione dello spazio ZAC (Zisa Arte Contemporanea) 16/12/2012

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rafforzata dalla realizzazione, in uno dei padiglioni dei Cantieri, di una mostra permanente sull’artigianato arabo. Infine, per fare dei Cantieri il simbolo della partecipazione cittadina, si è pensato di tenere dei cantieri didattici aperti al pubblico sul restauro dei padiglioni, in cui organizzare delle visite guidate per informare i cittadini sull’avanzamento dei lavori o in cui svolgere tirocini in convenzione con la Facoltà di Architettura. Questa sarà coinvolta, inoltre, insieme agli Ordini professionali e al Cre_zi, nella gestione di un nuovo Urban Center, in cui i cittadini potranno partecipare ai processi di trasformazione urbana della città. BIBLIOGRAFIA: Assessorato alle Attività Sociali e Pari Opportunità, Palermo tra i numeri. Andamento socio-demografico della città di Palermo, Palermo, 2010. Il restauro della Torre del Tempo di Tadini – gennaio 2013

G. Bellafiore, La Zisa di Palermo, Flaccovio, Palermo, 1994 M. Carta, Creative city. Dynamics, Innovations, Actions, List, TrentoRoma, 2007. R. Florida, L’ascesa della nuova classe creativa, Mondadori, Milano, 2003 E. Sessa, Ducrot. Mobili e arti decorative, Novecento, Palermo, 1989 Urban Center, Verso il piano strategico per Palermo Capitale. Rapporto finale: indirizzi, metodi e manuali operativi, Palermo, 2004. G. Vitale, Attività ed archeologia industriale a Palermo, Centro Graficatre, Palermo, 1996

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SEZIONE V Verso la smart city: sostenibilitĂ , innovazione e cittadinanza attiva

Il progresso è impossibile senza cambiamento, e coloro che non riescono a cambiare le proprie menti non possono cambiare nulla George Bernard Shaw



Condivisione delle risorse: la sfida per costruire un domani sostenibile

Linee strategiche di sviluppo per una città creativa

L’era digitale ha rivoluzionato attraverso il web il concetto di progettazione partecipata. Le sfide del territorio ad oggi possono essere affrontate assieme ad una base di cittadinanza che dispone di una gran quantità di informazioni, prima non accessibili, che contribuiscono alla formazione di una coscienza (e conoscenza) collettiva su tutto ciò che concerne le tematiche in ambito di trasformazioni urbane. L’esperienza sviluppata nell’ambito della mostra mirava quindi alla sensibilizzazione dei due principali attori coinvolti in questa potenziale innovazione dei processi decisionali: i cittadini e le pubbliche amministrazioni. Infatti, attraverso il web e le nuove tecnologie, la cittadinanza attiva si autoorganizza e mette a disposizione il proprio know-how per l’implementazione di soluzioni calibrate sulle reali esigenze del territorio. E’ compito della politica cogliere questa enorme opportunità e percepire il vantaggio di una tale risorsa, soprattutto a fronte delle sempre più crescenti difficoltà di gestione delle problematiche territoriali, dovute ad una burocrazia spesso opprimente ed – il più delle volte – ad una scarsa disponibilità di cassa. Se da un lato la cittadinanza risponde con la disponibilità di competenze (non raramente a titolo gratuito), gli enti locali devono sicuramente strutturarsi in maniera efficiente per la condivisione di open data sui quali la stessa comunità attiva possa lavorare per prendere parte ai processi decisionali. Il cittadino oggi più che mai può e deve assumere con forza il ruolo di protagonista del proprio territorio, pertanto non ci si può concedere il lusso di viaggiare a due diverse velocità: da un lato una base attiva che agogna un accesso semplice alle informazioni e lo snellimento delle procedure

Andrea Baio Associazione Mobilita Palermo

Mobilita Palermo: il blog dell’Associazione è oggi una piazza virtuale della città in cui gli avventori si confrontano sulle problematiche e sulla vivibilità della città

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Sondaggio rivolto ai Palermitani sul sito Mobilitapalermo.org

Partecipazione attiva al sondaggio sui rifiuti nell’arco di circa un mese

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burocratiche a supporto di un efficientamento generale, dall’altro una controparte politica spesso impreparata, o ancor peggio disinteressata, ad accogliere tali risorse. Con le nuove tecnologie il cittadino smette di essere spettatore passivo, e diventa parte attiva di una comunità intelligente che dibatte e propone soluzioni attraverso il confronto con la base e l’interfacciamento con le istituzioni. I canali social costituiscono sicuramente un valore aggiunto, che consente di trasporre la base teorica attraverso una comunità virtuale la cui formazione prima non era assolutamente possibile. Attraverso la rete, i processi analitici e decisionali si velocizzano, e possono essere pesati mediante procedure semplificate, agevolate da un’intelligenza collettiva in grado di autovalutarsi e selezionare le competenze e la validità delle idee che possono tradursi in “azioni”. Proprio in ragione di questo carattere “quasi immediato” si è scelto di proporre un evento mostrando i risultati a valle dei processi decisionali, rendendo cioè l’atto partecipativo si protagonista, ma non attraverso la consueta azione decisionale condivisa. La partecipazione è infatti stata proposta come fenomeno da osservare, con il grosso vantaggio di mostrare contemporaneamente più contesti e più tematiche, illustrandone – attraverso il contributo attivo dei giovani che hanno curato la traduzione in progetto delle istanze manifestate dalla cittadinanza – peculiarità, vantaggi e limiti. Variegate anche le metodologie osservate, che si avvalevano in maniera più o meno forte di supporti ICT. Una riflessione aperta quindi, dove non sarebbe ridondante affermare che si è “partecipata” la partecipazione stessa, con l’intento dichiarato di invitare cittadini, tecnici e Pubblica Amministrazione a rendersi parte operativa nell’innovazione dei processi decisionali della città, scegliendo i modi ed i mezzi più opportuni per partecipare al cambiamento. Esempio lampante di questa “rivoluzione” è la piattaforma Open Bilanci creata da Open Polis: un enorme portale che ha raccolto i bilanci di tutti i comuni italiani da dieci anni a questa parte


Condivisione delle risorse: la sfida per costruire un domani sostenibile

– basandosi su dati estratti dal sito del MEF - restituendoli in maniera “leggibile” alla cittadinanza e consentendo confronti tra vari comuni sulle singole voci di spesa. La nascita di Open Bilanci palesa una direzione chiara e precisa, orientata alla condivisione, alla trasparenza e all’e-democracy. Da una tale esperienza è facile intuire possibili evoluzioni, attraverso le quali presto sarà possibile effettuare un matching tra le voci di spesa e gli indicatori correlati, così che sia possibile capire se un investimento pubblico è stato efficace o meno; questo implica una collaborazione attiva della Pubblica Amministrazione attraverso un’apertura anzitutto culturale verso queste trasformazioni. Bisogna prendere atto che il mondo sta cambiando e che certi percorsi sono ormai inevitabili: la logica della condivisione è già realtà, le comunità si traspongono in network e ragionano in ottica di reti di conoscenza; i confini urbani si ampliano, interagiscono e prende sempre più spazio il concetto di “città a rete”. La mobilità è forse uno dei temi che più si prestano a questa logica di rete e condivisione. Nel 2014 non è possibile pensare alla mobilità come un concetto confinato all’interno di una circoscrizione, una città o una regione. La mobilità possiede di per sé una connotazione orientata alla rete intermodale, intesa come flusso dinamico e inter-connettivo che abbraccia vaste porzioni di territorio e una fascia eterogenea di mezzi di trasporto (pubblici e privati), e che oggi, grazie alle nuove tecnologie, riscontra un’opportunità di strutturazione

La piattaforma Open Bilanci

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Open Bilanci: dati sul comune di Palermo

intelligente su un modello in larga scala di comunità in movimento che interagisce e “agisce” per sopperire alle proprie esigenze di spostamento. La logica della condivisione e della partecipazione è entrata in maniera preponderante nella cultura sostenibile del nuovo decennio, traducendosi nell’attivazione di servizi che stanno pian piano emergendo dalla fase embrionale e sperimentale, per affermarsi come modelli solidi di sostenibilità in movimento; carsharing, carpooling e bikesharing sono ad esempio alcune delle parole che fino a pochi mesi fa pochi avrebbero conosciuto, e che oggi vanno invece ad arricchire il lessico con un significato ben definito. L’informazione condivisa e la progettazione partecipata sono il futuro delle smart cities: una sfida dalla quale nessuno può esimersi, pena l’esclusione dal domani.

La piattaforma del progetto Muovity, dedicato al carpooling Palermitano

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Il ruolo delle nuove tecnologie per la partecipazione nella pubblica amministrazione

Il ruolo delle nuove tecnologie per la partecipazione nella pubblica amministrazione

L’articolo 118 della Costituzione Italiana sancisce che, “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Partendo da tali presupposti, nel Febbraio 2014, nell’ambito del progetto “Le città come beni comuni”, sotto la direzione scientifica di Labsus – Laboratorio per la Sussidiarietà, il Comune di Bologna ha varato il “Regolamento sulla collaborazione tra Cittadini e Amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni”. Quest’ultimo avendo lo scopo di disciplinare le forme di collaborazione tra cittadini e amministrazione pubblica, focalizza l’attenzione su tutti quei meccanismi, che una volta innescati abbiano come obiettivo la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, ovvero, tutti quei beni materiali, immateriali e digitali, che i cittadini e l’Amministrazione riconoscono come funzionali al benessere individuale e collettivo. Ma cosa spinge le Amministrazioni Pubbliche a cercare un punto di contatto con i cittadini? In Italia, uno dei fenomeni che negli ultimi anni ha acquisito sempre più vigore, è il sorgere di numerose iniziative promosse dalla cittadinanza attiva, dove per “cittadini attivi” si intendono tutti quei soggetti, singoli, associati e/o riuniti in formazioni sociali, che si “attivano” per il bene comune, cercando soluzioni ai problemi della collettività. Tale fenomeno spesso fiorisce dal disagio che quotidianamente tutti registriamo nel vivere la città

Lorenzo Lunardo Francesco Paolo Urone

Comune di Bologna, Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani

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Numerose città italiane stanno avviando studi, laboratori e progetti per raggiungere obiettivi di sviluppo e smartness territoriale coinvolgendo numerosi soggetti pubblici e privati

L’e-partecipation, aiuta i cittadini a partecipare alle scelte civiche, rendendo i processi decisionali più condivisi, grazie alle tecnologie della comunicazione (ITC).

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contemporanea, che evolvendosi può divenire luogo di frammentazione ed instabilità, generando situazioni critiche, come aree degradate, per le quali necessitano interventi di riqualificazione, con l’auspicio che si attivino processi di progettazione partecipativa. Fortunatamente la città contemporanea è anche una città intelligente, una “smart city”. Lo sposalizio tra innovazione tecnologica ed urbanistica infatti genera strategie mirate all’ottimizzazione dei servizi pubblici. Nelle smart city, mettendo in relazione le infrastrutture materiali della città con il capitale umano intellettuale di chi vive tali contesti urbani, si producono effetti sul mutamento delle forme della comunità e del territorio. Le opportunità offerte dalla “società dell’informazione” affiancano alla pianificazione del territorio nuovi strumenti. Ciò fa sì che possa favorirsi l’interazione tra cittadini e sistemi di governo, dando vita a nuove forme di coesione sociale. L’applicazione delle ICT nella partecipazione alle decisioni collettive, restituisce di fatto ai cittadini un ruolo centrale nella società civile. In Italia, la e-Partecipation, si configura come uno degli elementi qualificanti delle politiche nazionali. Essa mira al garantire a tutti i cittadini un migliore accesso ai servizi, facendo sì che l’utenza possa usufruirne in un’ottica di apertura e trasparenza da parte della P.A. Il DLgs o 30 dicembre 2010, n. 235, modificando il Codice dell’Amministrazione Digitale e sancendo il diritto all’uso delle tecnologie nelle comunicazioni con le amministrazioni, riconosce a pieno titolo l’importanza del coinvolgimento dei cittadini nella vita politica e amministrativa. Tale coinvolgimento ha come precondizione, l’adozione dell’approccio web 2.0, per il quale è necessaria la migrazione da un organizzazione per “funzioni” a una rete di “relazioni” fra persone, favorendo il “benessere organizzativo”. Alla e-partecipation della P.A. si affiancano comunque


Il ruolo delle nuove tecnologie per la partecipazione nella pubblica amministrazione

anche altri strumenti concepiti dal basso, nati per venire incontro alle reali esigenze della popolazione. Nel corso degli anni sono state avviate diverse sperimentazioni di pianificazione partecipata, che hanno messo in luce i difetti delle tecniche adottate. La pianificazione partecipata tradizionale infatti, spesso può essere interpretata come un processo una tantum, e non come un modo di operare sistemico e continuativo. Solitamente non sono mai i cittadini, ma sempre i tecnici o i politici a loro discrezione, a decidere quando e su cosa iniziare un percorso partecipativo o di democrazia diretta. Per tali ragioni i risultati delle tecniche di partecipazione possono non assumere un valore realmente condiviso. Grazie ai social network, le esperienze di auto-organizzazione cittadina vanno moltiplicandosi. Basti pensare ai movimenti di Guerrilla Gardening, o ai numerosi Meet-up che ad oggi sono stati organizzati. Renurban, ad esempio, è una piattaforma web, sviluppata con tecnologie open-source, che consente ai cittadini la facile auto-organizzazione, al fine di partecipare attivamente alle scelte di sviluppo del proprio ambiente urbano. Nascendo con un approccio bottom-up si configura come un Social Network avente funzionalità wiki, mediante il quale, cittadini, professionisti ed associazioni, condividendo le proprie informazioni, inserendo problemi, proposte e soluzioni, possono facilmente partecipare nelle scelte civiche. A differenza di altre piattaforme simili, Renurban non si limita alla sola segnalazione di problematiche semplici come buche stradali, lampioni spenti o graffiti sui muri, ma permette anche di affrontare questioni ben più complesse. Convogliando insieme diverse funzionalità, infatti mira a dare un contributo non solo all’innovazione organizzativa delle istituzioni, ma accogliendo anche i risultati delle attività di pianificazione partecipata, aiuta a superare gli ostacoli spaziali e temporali tra cittadini ed amministrazioni.

Renurban, il Social Network per la partecipazione della cittadinanza nelle scelte civiche

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Renurban, screenshot di una delle pagine web e schema del principio di funzionamento. Integrando l’apporto dei cittadini e dei tecnici si crea un valore aggiunto da fornire alle pubbliche amministrazioni per migliorare la vivibilità e lo sviluppo dei sistemi urbani.

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Il ruolo delle nuove tecnologie per la partecipazione nella pubblica amministrazione

Anche il Comune di Palermo è impegnato in un percorso di partecipazione della cittadinanza su temi strategici, per il presente e per il futuro della città. Utilizzando un’equipe formata da tecnici del comune e da reti di associazioni culturali no-profit specializzate in democrazia deliberativa, e avvalendosi anche di Renurban per la promozione, l’amministrazione ha programmato e svolto diversi Electronic Town Meeting, ognuno con tematiche specifiche. L’uso degli ETM è stato ampiamente promosso ed applicato dalla regione Toscana. Questa nel 2007 ne ha organizzato uno, coinvolgendo cinquecento persone per elaborare le linee guida per la legge regionale sulla partecipazione in materia di pianificazione territoriale, mettendo a disposizione delle altre amministrazioni pubbliche il know-how tecnologico acquisito. L’ETM sostanzialmente è un forum che permette a centinaia di persone di interagire e discutere contemporaneamente. Riunendosi in gruppi attorno a dei tavoli, affrontano tematiche di interesse pubblico ed utilizzando un sistema di votazione hanno la possibilità di prendere posizione sulle politiche locali. Nel quadro del ruolo della partecipazione nelle P.A., non può sottovalutarsi, come nell’evoluzione da “e-government” ad “open government” queste debbano mettere a disposizione del cittadino e delle imprese i dati pubblici in formato aperto denominato “Open Data”. La distribuzione di tali dati rappresenta di fatto il presupposto affinché possa svilupparsi un processo di collaborazione tra le istituzioni e la comunità dei cittadini sulle scelte di governo. Attraverso la rielaborazione dei dati messi a disposizione, i cittadini acquisiscono la possibilità di poterli eventualmente integrare sviluppando servizi ed applicazioni a vantaggio dell’intera comunità. In conclusione possiamo affermare che il ruolo della Pubblica Amministrazione sta mutando, divenendo

Cittadini protagonisti dell’ETM sulla riqualificazione della costa del Comune di Palermo

Il ruolo innovativo degli Open Data sta rivoluzionando il rapporto fra cittadini, tecnici e pubbliche amministrazioni.

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sempre più, nell’ottica di governance del territorio, un soggetto in grado di catalizzare, gestire e mettere a sistema contributi di natura diversa, in un’ottica di coprogettazione e co-costruzione delle politiche pubbliche. BIBLIOGRAFIA: Comune di Bologna, Laboratorio per la Sussidiarietà, Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, Bologna, 22 Febbraio 2014 Comune di Palermo, Linee guida per le attività sugli open data della città di Palermo – adottate con delibera di Giunta Municipale n. 252 del 13-12-2013 D. Della Porta, G. Piazza, Le ragioni del no – le campagne contro la TAV in Val di Susa e il ponte sullo stretto, Feltrinelli Editore, Milano, 2008 F. Lo Piccolo, I. Pinzello, Cittadini e cittadinanza – Prospettive, ruolo e opportunità di Agenda 21 Locale in ambito urbano, G.B. Palumbo & C. Editore, Palermo, 2008 I. Pinzello, C. Quartarone, La città e i bambini – Per un laboratorio di pianificazione e progettazione urbana, G.B. Palumbo & C. Editore, Palermo, 2005 Schema funzionale dell’Open Government

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La condivisione dei progetti come opportunità per i nuovi strumenti urbanistici: Palermo città creativa, intelligente e sostenibile

La condivisione dei progetti come opportunità per i nuovi strumenti urbanistici: Palermo città creativa, intelligente e sostenibile La gestione di sistemi complessi quali le città e i territori, presuppone la conoscenza degli elementi che li compongono e di strumenti e tecniche che possano adattarsi alle loro trasformazioni ed evoluzioni. Durante il secolo scorso le mire espansionistiche e la speculazione edilizia hanno spinto a considerare l’urbanistica come la principale causa della crescita incontrollata del territorio antropizzato. La scarsa attenzione alla qualità architettonica e l’inadeguata dotazione di servizi, ha generato nuove problematiche in ambito socio-economico e culturale che hanno avviato un processo di mutamento della disciplina e del suo rapporto fra istituzioni, cittadini e territorio. L’urbanistica italiana del secondo dopo guerra, figlia del “boom economico”, si è così formata nel contesto del passaggio dalla città industriale verso quella del modello fordista; sono questi gli anni del tentativo di rendere i centri urbani attrattori socio-economici e fornitori di servizi, seppur con scarsi risultati. Il ruolo trainante assunto dal settore edile ha, infatti, concentrato nelle città fiducie, speranze, ma anche speculazioni, fotografando un paese in cui il territorio e il paesaggio sono investiti da un’intensa cementificazione. Lo spettro della rendita fondiaria aleggia per decenni nelle città italiane che crescono e “aggrediscono” suolo senza però concedere ai loro abitanti la qualità della vita auspicata. La questione sociale cresce così parallelamente a una sfiducia verso l’urbanistica considerata alternativamente strumento per l’arricchimento di pochi o lenta macchina burocratica che non crea sviluppo.

Francesco Gravanti Emanuele Messina

La costruzione incontrollata sfociata in speculazione edilizia, ha creato danni ancora visibili nelle città contemporanee gravando su aspetti come lo spreco di suolo, il disagio socio-economico e la carenza di servizi

Palermo, veduta di Pizzo Sella. Esempio tristemente noto di abusivismo edilizio, speculazione fondiaria e infiltrazioni mafiose

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“Le mani sulla città” film del 1963 diretto da Francesco Rosi. Viene affrontato, con drammatico realismo, il tema della speculazione edilizia che investirà l’Italia degli anni Sessanta. La didascalia del film recita: «I personaggi e i fatti qui narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce.»

Gli anni della “deregulation urbana” si snodano in un contesto in divenire in cui alla volontà di creare “città senza piano” si contrappongono nuove attenzioni al paesaggio e al territorio. Il secolo termina così fra il contrasto di una città che si vuole sviluppare per progetti e l’avvento dei nuovi piani strategici che cercano invece di costruire visioni per le potenzialità urbane. Nello stesso contesto i principi della sostenibilità aggiungono un differente punto di vista figlio delle nuove problematiche ambientali, economiche e sociali.

Diagramma esplicativo delle intersezioni che hanno i principi della sostenibilità con le differenti tematiche sociali, ambientali ed economiche

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Focalizzandosi su tali temi La Carta di Aalborg (1994) afferma quindi come la giustizia sociale dovrà necessariamente fondarsi sulla sostenibilità e l’equità economica per le quali è basilare la sostenibilità ambientale. Le città firmatarie di tale documento riconoscono l’importanza di condividere le responsabilità dell’attuazione del programma tra tutti i settori della Comunità. Esse fonderanno pertanto la loro azione sulla cooperazione fra tutti gli attori coinvolti e faranno sì che tutti i cittadini e i gruppi interessati abbiano accesso alle informazioni e siano messi in condizioni di partecipare al processo decisionale locale. Il nuovo secolo volge così uno sguardo diverso alla città,


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ai cittadini e l’ambiente in cui si relazionano. La nuova realtà urbana deve però confrontarsi con un contesto socio-economico profondamente mutato. Nuove tecnologie, crisi economica, problematiche socioidentitarie, rischi ambientali, direttive europee, ridisegno del quadro istituzionale, tutte tematiche che hanno bisogno di guardare allo sviluppo della città con nuovi strumenti. L’urbanistica e la pianificazione territoriale si evolvono così nel concetto più ampio di Governo del territorio evidenziando una visione d’insieme che abbraccia problematiche, risorse ed elementi del passato e del presente verso uno sviluppo sostenibile futuro. Una prospettiva che unisce il progetto di città a scenari condivisi dai differenti soggetti che la compongono; strumento di sviluppo e coesione sarà quindi una governance multilivello capace di aggregare bisogni, necessità e proposte provenienti dall’intero tessuto sociale, produttivo e istituzionale che costituisce il vero motore attivo per lo sviluppo urbano. Striscia dei Peanuts disegnata da Shulz. I bambini protagonisti delle opere del disegnatore americano, affrontano nei loro dialoghi differenti temi con proverbiale saggezza e risolutezza di grande attualità anche a distanza di anni. Questa striscia mostra infatti come perplessità, incertezze e paure verso il futuro, soprattutto in momenti di crisi, accolgono sempre più spesso un unico desiderio: la felicità. Intesa come un’insieme di bisogni e necessità, rappresenta oggi il più importante e complesso obiettivo da raggiungere per la società attuale che va quindi ripensata in termini di innovazione, benessere, partecipazione, sviluppo e sostenibilità

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Urban Center di Bologna, luogo fisico per il dialogo, la conoscenza e la comunicazione verso la progettazione condivisa del futuro della città

Siliconvalley, rappresentazione della “Web city” e della sua rete

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In questo contesto il ruolo assunto dalla partecipazione è stato quello di uno strumento attivo per la trasformazione delle città. Questa innovazione tecnicoprocedurale rappresenta un’importante evoluzione della società: l’amministrazione pubblica diventa più trasparente, cambia il ruolo dei cittadini e accresce un maggiore senso di appartenenza alla propria comunità. La gestione degli interessi diventa così, in parte, diretta e accessibile a tutti. Inoltre, si sviluppa un processo di “appropriazione” che rende tutti i cittadini consapevoli delle risorse della propria comunità e quindi delle strategie amministrative adottate, aumentando il buon esito di azioni, progetti e strategie di gestione, proprio perché assimilate, comprese e volute dagli stessi cittadini. Di fatti la progettazione partecipata coinvolge sia la popolazione locale sia il tecnico: il pianificatore territoriale si fa così portatore dei bisogni e delle proposte dei cittadini candidandosi a facilitatore per lo sviluppo locale condiviso. Uno sviluppo che in questi termini si evidenzia quindi nelle sue componenti fondate sulla conoscenza diffusa e sulla partecipazione attiva. La condivisione delle proposte, mettendo così insieme saperi tecnici, esperienze personali, capacità analitiche e volontà di cambiamento, si candida come nuovo strumento per facilitare le trasformazioni urbane. Il confronto creativo aggiunge così valore alla progettazione partecipata, da considerare, sempre più spesso, un utile strumento figlio dell’epoca in cui viviamo. L’avvento e la diffusione delle ICT (Information and Communications Technology) e della filosofia Web 2.0 abbracciano interamente la questione legata alla diffusione e condivisione della conoscenza attraverso la piattaforma internet. Il mondo “social” in cui siamo immersi, si alimenta continuamente dei “pareri” dei


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soggetti fulcro della rete. Tale rete si amplia, si modifica e si attiva proprio con l’immissione di informazioni diffuse a più livelli, provenienti da contesti differenti, con valori indicativi e ricchezze da analizzare. Questa complessità di dati può fungere da base per processi partecipativi con risultati visibili nei contesti urbani, ma necessita di un’attenta gestione e analisi da parte dei soggetti interessati. Tecnici e cittadini devono così possedere una rinnovata capacità di lettura di questa preziosa risorsa che può essere lo scambio di proposte, problematiche, ma anche progetti. Lo sviluppo delle città del futuro non potrà così prescindere dai nuovi attributi che potrà assumere il progetto urbano. Le smart cities sorte nell’era della rete globale troveranno terreno fertile di formazione in un mondo vissuto, gestito e popolato da “smart citizens”: cittadini capaci di utilizzare la tecnologia come strumento per migliorare le qualità fondamentali della vita, della società, dell’ambiente, dell’economia. Uno sviluppo sostenibile che, quindi, grazie alla tecnologia, può essere reso facilmente realizzabile grazie proprio alla condivisione delle proposte, delle scelte e dei progetti. La conoscenza e la condivisione di esperienze di successo potrà, infatti, innescare nuova creatività nei soggetti attivi che replicano, adattano o rinnovano buone pratiche. Al tempo stesso la condivisione crea implicitamente diversi punti di vista, aprendo a nuove azioni creative, proficue interazioni e la scoperta di elementi da ripensare o riadattare. Lo scambio grazie alle moderne tecnologie, permette di inserire, valutare, confrontare e analizzare numerosi input trasformandoli direttamente in nuove risorse da re-immettere nel sistema progettuale, decisionale, creativo. Riscontri tangibili del mondo reale, favoriranno poi l’incremento di fiducia nei nuovi strumenti, rendendo la condivisione, un’importante anello di congiunzione fra tecnologia,

Progetto vincitore del gruppo SOM per Beijing Bohai Innovation City. Numerose città del mondo stanno ripensando la propria chiave di sviluppo in ottica smart

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partecipazione e progetto. La pianificazione territoriale del futuro dovrà così tenere conto di questi elementi integrandoli fra loro al fine di applicare nuove tecniche e paradigmi alle problematiche reali della contemporaneità attraverso il governo del territorio e il progetto di smart cities attente allo sviluppo sostenibile, ecologico, creativo ed equamente diffuso. Schematizzazione del progetto “Smart City Valladolid y Palencia”. Per il 2020 le due città spagnole affronteranno nuove sfide su temi come l’energia, l’ambiente, la logistica, il turismo, il benessere dei cittadini con una gestione attenta e intelligente

Degrado ambientale nell’area Costa Sud di Palermo. Il contesto urbano, al centro di numerosi laboratori e tesi di laurea, è oggi interessato da una rinnovata attenzione votata alla riqualificazione e alla pianificazione partecipata.

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Il presente volume raccoglie proposte, idee, progetti tutti gravitanti sull’area urbana di Palermo. Non si tratta però di una semplice collezione di buoni propositi, ma per l’appunto, una maglia di punti che insieme stanno avendo il loro impatto nel mondo reale. Vengono, infatti, toccati e affrontati temi di grande attualità o idee e proposte confluite poi in progetti e piani in fase di attuazione o redazione. La rete si fonda su punti cardine quali la sostenibilità ambientale, il recupero urbano, la mobilità, la valorizzazione delle risorse culturali e identitarie, la questione sociale e insediativa e la progettazione partecipata. I temi sono così approfonditi in maniera integrata nei singoli contesti urbani oggetto di studio. Fra questi i quartieri Bonagia, Arenella o San Filippo Neri (ex ZEN), l’area Costa Sud, contesti del centro storico, il waterfront. Proposte che affrontano problematiche e criticità di grande attualità al centro dell’attenzione di


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politici, progettisti e cittadini e che sono spesso confluite in azioni in atto. Fra questi, infatti, vi è la candidatura UNESCO di Palermo, Monreale e Cefalù attualmente in corso di valutazione o le strategie delineate per i Cantieri Culturali alla Zisa o le linee di indirizzo per la mobilità sostenibile del centro urbano. Processi partecipativi, come l’ETM (Electric Town Meeting), che costituiscono l’ossatura di progetti gravitanti ad esempio nell’area Costa Sud, hanno riportato l’attenzione su questa circoscrizione ricca di potenzialità e opportunità di sviluppo. Non solo quindi una raccolta di proposte attuali e concrete, ma una finestra che guarda all’immediato futuro mostrando come potrà davvero essere la città di Palermo nei prossimi anni. Un centro che, attingendo a differenti soluzioni, potrà quindi ampliare i suoi scenari di sviluppo sostenibile grazie un parco progetti diversificato, attento alle questioni della contemporaneità e alle sue nuove possibilità di cambiamento e trasformazione. Le tematiche contenute nel volume vengono infatti implicitamente assorbite dalle nuove Direttive Generali del futuro Piano Regolatore Generale; fra questi citiamo il potenziamento dei servizi pubblici, la valorizzazione del capitale naturale e storico culturale, la promozione delle risorse turistiche e la qualità della progettazione urbana. Inoltre il documento evidenzia, seppur con brevi accenni, l’importanza della partecipazione alla formazione del Piano, considerandola come un fondamentale strumento interattivo, dinamico e comunicativo per il conseguimento degli obiettivi. Questa convergenza di idee e progetti fin qui presentati, sottolinea l’importanza della riscoperta e condivisione di questa “banca dati creativa”, frutto dell’ingegno di giovani Pianificatori Territoriali, che potrà contribuire alla formazione di una rinnovata società cittadina attenta a cogliere e analizzare gli input provenienti dal mondo reale

Palermo, lo spazio pubblico di piazza San Domenico viene restituito alla cittadinanza sotto forma di area pedonale. Il prossimo futuro vedrà l’incrementarsi dell’istituzione di nuovi spazi legati alla mobilità dolce e alla pedonalizzazione

Febbraio 2014, crollo di un edificio su Piazza Garraffello, mercato della Vucciria di Palermo; l’area è da alcuni anni luogo di ritrovo per la vita notturna cittadina. Il ricco ma delicato centro storico della città, necessita della professionalità di nuovi tecnici e del coinvolgimento della popolazione locale per attuare nuove linee di sviluppo sostenibile e condiviso.

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Dún Laoghaire-Rathdown County, Dublino, Irlanda. Attività di placemaking, organizzata in collaborazione con l’amministrazione, per il riuso e la riconquista dello spazio urbano. Azioni di questo tipo moltiplicano la loro efficacia grazie alla condivisione via Web e il coinvolgimento attivo di numerosi attori

e da quello tecnico. Il tutto per poter insistere nella nascita di strumenti e progetti urbani attenti alle problematiche attuali e ai bisogni diffusi dei cittadini; fornendo poi una chiave di lettura che tenga conto di quanto già realizzato o ideato per contesti anche differenti o lontani, ma uniti grazie alla condivisione multilivello. L’integrazione fra differenti saperi, grazie alla rivoluzione del Web 2.0, favorirà quindi il rapporto fra tecnici, cittadini e istituzioni; un’auspicata governance fondata sulla formazione di progetti condivisi realizzabili grazie alla conoscenza, alla competenza e alla partecipazione di tutti i soggetti attivi nello sviluppo delle città. BIBLIOGRAFIA: A. Caperna, P. Mirabelli, E. Mortola, A. Giangrande (a cura di), Partecipazione e ICT. Per una città vivibile, Gangemi Editore, Roma, 2013 Censis (a cura di), Condividere la conoscenza per progettare l’innovazione. Il modello Competenze per lo sviluppo locale”, Franco Angeli, Milano, 2004 P. Fareri, “La costruzione dell’Urban Center nella prospettiva della pianificazione strategica”, IRS, 1995 Fusco Girard, Forte B., Città sostenibile e sviluppo umano, Franco Angeli, Milano, 2006 L. Fusco Girard, P. Nijkamp, Energia, bellezza, partecipazione: la sfida della sostenibilità. J. Jacobs, L’economia della città, Garzanti, Milano, 1971

Park Spoor Noord, Antwerp, Belgio. Nato in sostituzione di un’area ferroviaria, è oggi simbolo di coesione sociale, rigerenazione urbana e nuovo indirizzo di sviluppo. Grazie alla creatività e alla pianificazione territoriale, un’area non più utilizzata si è trasformata in luogo cardine per la città e i suoi cittadini.

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E. Laniado, F. Cellina, Comunicazione/ informazione in materia ambientale: metodi e strumenti a supporto dei processi partecipativi, Rivista “Valutazione Ambientale”, n. 7 – anno 2005, Edicomv Edizioni, 2006 K. Lynch, L’immagine della città, Marsilio Editore, Venezia, 2006 H. Owen, E brief user’s guide to Open Space Technology, Traduzione ed adattamento italiano a cura di G. de Luzenberger, 2005



Pianifica Palermo: proposte integrate per una città creativa, sostenibile e condivisa

A cura di: Emanuele Messina, Giovanna Vella Prefazione: Maurizio Carta

Autori: Salvatore Abruscato, Simona Albanese, Sabrina Adelfio, Vito Angelo, Andrea Baio, Marcellocalogero Blanda, Rocco Barletta, Valentina Candela, Federica Cappello, Marta Carbone, Katia Antonina Carcione, Gioacchina Catanzaro, Marco Corsini, Elisabetta Costantino, Francesca Costanzo, Vincenzo Ferrigno, Francesco Gravanti, Fahmida Islam, Stefano Lo Greco, Laura Lo Piparo, Lorenzo Lunardo, Salvatore Maltese, Emanuele Messina, Alessandra Mercurio, Francesca Montagna, Cristina Pistone, Maria Teresa Pollara, Vincenza Puglisi, Adriano Rao, Pasquale Salvo, Pietro Sardina, Michele Spallino, Valentina Spigolon, Enzo Spina, Salvatore Tarantino, Dario Tramontana, Francesco Paolo Urone, Rossella Vella

Revisione: Emanuele Messina, Giovanna Vella Progetto grafico: Giulia Truscelli, Emanuele Messina, Giovanna Vella Copertina: Giulia Truscelli Si ringraziano i docenti della Facoltà di Architettura: Teresa Cannarozzo, Maurizio Carta, Francesco De Simone, Francesco Lo Piccolo, Marco Picone, Daniele Ronsivalle, Filippo Schilleci, Ferdinando Trapani Le immagini contenute all’interno di questo volume sono di proprietà dei rispettivi titolari e sono utilizzate a scopo informativo e illustrativo. Palermo, 2014


“È importante sentire che ci si aspetta che voi facciate la differenza - e che voi siete qualificati per farla. L’innovazione richiede una fondamentale convinzione che gli individui sono importanti.” Robert Dennard

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