UNKNOWN Y || Tesi di laurea triennale ABAMC- Katia Turchi

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UNKNOWN THE ANDROGYNOUS INSIDE US

Katia turchi's thesis


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DIPLOMA ACCADEMICO PRIMO LIVELLO in PROGETTAZIONE E ARTI APPLICATE

TESI di DIPLOMA IN FASHION DESIGN titolo “UNKNOWN Y, THE ANDROGYNOUS INSIDE US” Relatore Prof. Daniela Leoni

Anno Accademico 2015/16

Diplomanda Katia Turchi


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“Sembrano piccolezze vane, eppure i vestiti hanno, dicono, compiti piĂš importanti del tenerci semplicemente al caldo. Cambiano il nostro modo di vedere il mondo, e il modo in cui il mondo ci vede.â€? Virginia Woolf

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9. Introduzione

INDICE

CAPITOLO VI 33. I ribelli. L’anima androgina nella rivoluzione femminista degli anni ‘60 L’androgino oggi

CAPITOLO I 11. l'androginia CAPITOLO II

capitolo vii 39. la moda genderless Breve introduzione L’androgino donna nel ‘900 L’androgino uomo nel ‘900 Il fenomeno Genderless I giovani androgini

15. LE ORIGINI Il mito di Adamo Il Simposio di Platone e il mito di Aristofane L’ermafrodito di Ovidio nelle “metamorfosi” CAPITOLO iii 17. L'identita' sessuale: un dibattito psicologico La formula binomiale di Freud Anima e Animus di Jung

capitolo viii 43. I deigners e LORO icone Icone androgine Accenni stilisiici Gli stilisti: Pitti Immagine, Alessandro Michele per Gucci, Acne Studios, Alexander Wang, Ann Deumeulemester, Costume Natiomal, Maison Margela,Miao Ran, Haider Hackermann, Jurgi Persoons,Ilaria Lepore, Vetemens,Vivienne Westwood

capitolo IV 21. i miti letterari “Mademoiselle de Maupin”, Theophile Gautier “Orlando”, Virginia Wolf CAPITOLO V 25. L'archetipo e la sua rappresentazione Le tre vie iconografiche Il simbolismo La figura androgina nella pittura La fotografia Il surrealismo

capitolo IX 65. rICK OWENS E LA SUA ANIMA ANDROGINA Biografia Percorso stilistico

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Questa tesi tratta un tema sensibile, arcano e contemporaneo, carico di provocazione e mistero: L'androgino. Un tema attuale, presente nella nostra societa’ e da sempre radicato nelle culture ocidentali. Il tema dell'androginia è stato scelto per la sua carica espressiva e la profonda intimità che danno luogo ad una fascinazione che appartiene ad ognuno di noi e che rende questo fenomeno strumento di carica d'espressione emotiva, sessuale e di genere. L’androgino si propone come una figura di critica radicale contro ogni forma di rigidità, di regolazione e di discriminazione sessuale; è l’apertura verso la possibilità di un altro mondo, un punto di vista alternativo. Si ha l’opportuità di poter scegliere la parte “grigia”, quella parte che spaventa tanto la società ben scissa tra il bianco e il nero. Tema presente costantemente nelle strade, nei rapporti, e in noi stessi. Questa figura vive con noi e dentro di noi. E' una condizione con cui abbiamo a che fare da sempre. Viviamo all'interno di profonde trasformazioni, che cambiano i nostri pensieri e i nostri modi di vivere che da sempre hanno carattere di transitorietà nel tempo. Ciononostante l'androgino è uno degli archetipi principali della nostra storia. Da mito delle origini, si è nel tempo ciclicamente ripresentato, costante ma mutevole nei secoli, fino ad arrivare alla società contemporanea. Oggi grazie ad una nuova apertura mentale, a limiti sempre meno definiti, siamo riusciti a far uscire allo scoperto, questo lato "ambiguo" in maniera meno sofferente, siamo riusciti ad "emancipare" questa zona grigia in cui si ha la possibilità di essere quello che si vuole e quello che si è. Questo tema così fragile e delicato eppure forte e deciso, vuole essere usato come mezzo di volontà di sovversione dei canoni sociali, estetitici e culturali attuali. La tesi vuole incentrare l’attenzione sul mondo della moda, usando il mezzo della libertà d’espressione, della liberazione dagli stereotipi sociali e della negazione delle limitazioni mentali ed estetiche. L’androginia, ribellione a tutto ciò che è definito, deciso e programmato. Cercando di promuovere questo stile di vita attraverso il potere straordinario di comunicazione diretta proprio della moda. Lo studio passa attraverso la parte storica, filosofica, psicologica e sociologica della figura androgina ed arriverà fino allo studio iconico, riguardanti le arti, (fotografia, performance), gli attori e modelli. Dopo una panoramica sugli stilisti ed i brand che hanno dato corpo a questa tendenza, lo studio si soffermerà soprattutto su Rick Owens, Fashion deisgn dove la sua volontà di provocare e shoccare la società in modo diretto (anche se a volte contraddittorio) ne ha fatto la sua cifra stilistica e personale. La vita e la filosofia dello stilista, aiuteranno a comprendere una visione ed una interpretazione nuova dell’andrognia attraverso un percorso nel suo stile per ricavare concetti, forme, colori, e lifestyle che danno corpo alla sua visione di moda androgina.

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capitolo i L'androginia

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A I N I G O R D N A ’ L

L’androginia è il mix dei caratteri maschili e femminili nella stessa persona, creando un senso di ambiguità e di incertezza. Può essere vissuta come identità personale o come stile di vita, ovvero nell’abbigliamento o nello spettacolo.Ciononostante non parliamo di bisessualità o di individui ermafroditi che sfocia in un contesto di sessualità fisica, quindi non androgina. L’androgino è bisessuale in senso mentale quindi e non fisico. La persona androgina, riesce a ritrovarsi nelle vesti mascoline o femminili all’interno della società, descrivendosi mentalmente a metà tra uomo e donna, non c’è la concezione della separazione netta che crea il muro tra i due sessi. La sensibilità dell’androgino è definita dalla lettera Y (ovvero come un’incognita, significato di creatività, androginia ed ermafroditismo.Un unione degli opposti o, per meglio dire, dei complementari, autorità, comando, isolamento.) che allude metaforicamente ad un certo tipo di sviluppo sociale dei sentimenti ( dall’ amicizia, alla passione, l’amore, l’arte, la bellezza) verso un dato orientamento e condannare quello opposto. Al di la dell’orientamento sessuale, sul piano psicologico, dentro ogni donna è rappresentata un’identità femminile, come espressione interiore già in partenza che spesso si manifesta, o comunque è presente anche quella maschile; e in ogni uomo è evidente l’identificazione con il proprio sesso, tanto quanto l’espressione interiore di una certa sensibilità, morbidezza, dolcezza,in poche parole, del femminile. Sembra dunque che l’essere umano sia “Né di Eva né di Adamo”. Sempre in cerca di qualcosa che va oltre l’identità sessuale: se stesso, eliminando i limiti imposti dalla società.

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capitolo ii le origini

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I N I G I R O E L

L’analisi del concetto di androginia parte dal mito Greco-Romano del filosofo pilastro della cultura occidentale: Platone. Egli mette in evidenza la distinzione ben chiara tra “Androginia” ed “Ermafroditismo”. Ciò getta le fondamenta di un mondo che abbraccia la letteratura, la psicologia, le arti, uno stile che verrà trattato anche da fotografi e artisti/ musicisti del ‘900, che si avvalgono dell’Androgino come archetipo e come vera e propria icona di vita. Come modello per poter valicare e andare oltre ogni censura, mostrando davanti l’obiettivo e sul palcoscenico il proprio Alter-ego. L’androgino è la metafora per eccellenza, per artisti, scrittori e studiosi, dell’unione degli opposti che crea il raggiungimento della perfezione. Ha senso nel contemporaneo, dominato ancora dal pensiero delle differenze sessuali e di genere, almeno nel nostro paese, occuparsi dell’ androginia come una tendenza, esistenziale,culturale di costume e di scelta più o meno involontaria? Si, perchè è un diritto essere liberi di esprimere la propria sessualità nel mondo in cui si vive. L’eterno androgino: l’androgino attraversa i secoli, i millenni e arriva fino a noi, è stato e sarà sempre presente. Figura enigmatica, mutevole nelle diverse narrazioni e interpretazioni: a volte simbolo di perfezione, a volte di trasgressione che suscita scandalo, ma è anche ricerca della felicità, o avvolto dal dolore, proprio perchè non accettato.

Per comprendere meglio questa figura si devono attraversare i tempi e i luoghi in cui è stato narrato e raccontato nelle culture, nelle immagini che nel tempo si sono create. Nella storia della cultura occidentale sono soprattutto tre i miti fondatori che riguardano l’androgino: il mito di Adamo androgino, gli androgini di Platone e l’ermafrodito di Ovidio nelle Metamorfosi. Il valore e il senso delle antiche narrazioni consiste nella loro universalità e al contempo nella loro capacità di formare l’immaginario collettivo di ogni singola persona, al di la dell’epoca in cui vive. I racconti delle origini sono, quindi, atemporali, eterni, perchè liberi dalle interpretazioni soggettive che mutano con i contesti storici.

Le narrazioni bibliche della Genesi1 sulla nascita di Adamo, raccontano che Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, lo creò maschio e femmina. Adamo ed Eva insieme, prima della caduta, erano una convivenza armoniosa tra maschile e femminile, quindi un androgino perfetto, poi il peccato originale comportò la separazione dei sessi.

RItratto del mito Androgino

Ritratto di Adamo ed Eva nella Genesi

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“Genesi”, i, 26,27, in “La Bibbia di Gerusalemme”, commentata da Gianfranco Ravasi, ed. ed Dehoniane, Bologna, 2006, vol. I, pp. 52.53

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Il mito delle creature androgine di cui Platone narra attraverso Aristofane nel Simposio1si avvicina alla Genesi,con uno schema comune. In Platone ogni essere era di forma rotonda, con quattro braccia e gambe, due volti e due organi genitali. Esisteva la specie, maschile, femminile e insieme formavano quella androgina. Erano dotati di grande forza e coraggio, sfidarono gli Dei, generando la collera divina a cui seguì la separazione e mutilazione della creatura.

Anche nella narrativa mitologica greca ci sono continui riferimenti della creatura androgina. Più recente è il mito di Ermafrodito narrato nelle Metamorfosi di Ovidio1Figlio di Ermes e Afrodite ( da qui il suo nome) viene amato dalla ninfa Salamace (non ricambiata). La ninfa, approfittando del bagno che il giovane fa alla sorgente, si avvicina e lo abbraccia, così, ottiene dagli dei di fondersi in un solo corpo con lui. Nasce in questo modo l’ermafrodito che somma nella sua figura i due sessi. Qui c’è una sostanziale differenza con l’androgino però, simbolo di perfezione e unità. L’ermafrodito viene visto più come mostro, e veniva considerato tale, dai greci, coloro che presentavano le sue caratteristiche fisiche. L’ermafrodito dunque, è un errore della natura, inaccettabile, che deve essere il più presto possibile eliminato L E O R I G I N I

Il mito di Aristofane nel Simposio di Platone

Ovidio e Salamace alla sorgente 1 Il mito racconta che la completezza autosufficiente rese gli umani così arroganti e molto felici, da immaginare di dare la scalata all’Olimpo, e Zeus (non volendo distruggerli per non privare l’Olimpo dei loro sacrifici) invidioso della loro felicità, separò ciascuno di loro in due metà, riducendo gli androgini a solo maschio e solo femmina. Da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, cercando di ricostruire l’essere unico originario. Platone, Simposio, 191d-193d, in Opere complete, vol. III Laterza, Roma-Bari, 1984.

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Ovidio, “Metamorfosi”, Garzanti, Milano, 2008, vol I, pp. 159 ss.

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CAPITOLO III L'IDENTITÀ SESSUALE: UN DIBATTITO PSICOLOGICO

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E L A U S S E S À T I T N E D I ’ L

Si parla quindi, non di una condizione fisica (ermafrofdito) ma di una condizione psicologica, la ricerca di un’identità perduta. Lo studio dove incentrare prevalentemente sulle origini dell’uomo e i mutamenti nel corso degli anni nella società. Gli studi psicanalitici come Freud1e successivamente Jung2, aprono un dibattito immenso, ponendo l’enigma dell‘identità sessuale. Ripartendo dal Simposio, Freud trova, nella rotondità della figura androgina la dualità nell’unità separata da Giove. Freud si era occupato di ambivalenza affettiva (odio/amore) ma concependola in modo conflittuale e tendendo ad eliminare uno dei due poli. A Freud non interessa il discorso sugli individui come per i filosofi, ma come medico. Di conseguenza le conclusioni alle quali giunge sono di rifiuto di un possibile terzo soggetto. Questa conclusione è anche data dalla complessità dello sviluppo psicosessuale nella donna e la sua maggiore influenzabilità da parte di modelli culturali esterni. Nella donna la bisessualità ha uno spazio ed un’evoluzione diversa da quella, meno accentuata, degli uomini. Freud equiparava la bisessualità all’omosessualità dichiarata e includeva in questa categoria anche l’omosessualità latente degli eterosessuali. Se è vero che sarebbe riduttivo riassumere le teorie freudiane nella formula binomiale , va però constatato che, in ultima analisi, per Freud la mancanza di una differenziazione sessuale e la conseguente bisessualità sono alla base di tutte le patologie. Quindi qualcosa di socialmente non accettabile.

1 Sigismund Schlomo Freud, noto come Sigmund Freud, (Příbor, 6 maggio 1856 – Londra, 23 settembre 1939) è stato un neurologo e psicoanalista austriaco, fondatore della psicoanalisi, sicuramente la più famosa tra le correnti teoriche e pratiche della psicologia. “TRECCANI, LA CULTURA ITALIANA” 2 Carl Gustav Jung (Kesswil, 26 luglio 1875 – Küsnacht, 6 giugno 1961) è stato uno psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero. La sua tecnica e teoria, di derivazione psicoanalitica, è chiamata “psicologia analitica” o “psicologia del profondo”, raramente “psicologia complessa”. “TRECCANI, LA CULTURA ITALIANA”

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La Gioconda cela un volto “androgrogino”. Per realizzare il celeberrimo ed enigmatico ritratto della Gioconda, Leonardo da Vinci “si avvalse di due modelli: prima di una donna e poi di un uomo”1 1

Silvano Vinceti, “La nazione” http://www.lanazione.it/cultura/gioconda-androgina-leonardo-vinci-vinceti-1.2080717 ultima consultazione 20 aprile 2016


’ I D E N T I T À S E S S U A L E

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e Jung dice che anche la psiche ha in sé sia una energia maschile che una femminile. Si possono intendere queste due valenze quindi,su un piano sessuale oppure sul piano psicologico. Freud aveva separato le differenze tra i sessi costringendo ogni genere a una identità fissa e estrema; Per Jung invece, ognuno di noi è multiplo e, nella persona bene equilibrata, le polarità psichiche sono complementari. Jung le chiama ANIMA e ANIMUS per indicare due valenze psichiche che distinguono un maschile e femminile del corpo da un maschile e femminile della psiche. Chiama dunque ANIMA l’energia femminile presente nella psiche dell’uomo e ANIMUS l’energia maschile presente nella psiche della donna. Ciò è conforme all’immagine del Tao, per cui la vita è l’unione di energie complementari, ognuna delle quali tende verso l’altra, compensandola.“L’Anima è la figura che compensa l’energia maschile. L’Animus quella che compensa l’energia femminile”. I due archetipi, maschile e femminile, sono valenze dell’energia universale, presenti nell’immaginario collettivo da sempre e metaforizzate nei sogni e nell’arte Qualunque sia un genere, nella sua parte ombra avrà il genere opposto.

In tempi più recenti, l’assolutismo freudiano ha ceduto il posto alla più complessa e matura visione del suo ex-allievo Carl Gustav Jung, il cui ragionamento è impostato in maniera differente. Secondo lo psicanalista svizzero, la parte femminile presente nell’uomo, o anima, e la parte maschile della donna, o animus, corrispondono alle parti inconsce che nella psiche rappresentano il sesso opposto. Animus e anima sono considerati come elementi complementari, che ogni individuo deve necessariamente coniugare in sé se vuole arrivare a sviluppare una personalità integra. Jung auspica, infatti, la costituzione di una vera e propria “psiche androgina”, sostenendo la dualita’ (due sono le madri, doppia è la personalità, doppio il concetto di Dio, più all’uso ebraico che a quello protestante..) diversamente da Freud. Jung osserva l’archetipo del Doppio in molte declinazioni. Ogni archetipo, a sua volta, è in sé polare, contiene un aspetto della vita e il suo opposto, è una linea dell’energia che può essere letta in due valenze estreme. La dualità vale anche in ordine ai due generi biologici, il maschile e il femminile. Sappiamo che la cellula primaria li contiene entrambi,


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capitolo iv i miti letterari

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LETTERARI MITI I

Dai famosi ed importanti scritti di Platone e Ovidio, nascono anche miti letterari che ampliano la sensibilità e l’interesse per la figura androgina, creando capolavori tutt’oggi molto importanti. Un altro scritto che tratta l’argomento è “Mademoiselle de Maupin”1, di Theophile Gautier. Il racconto parla di un’eroina che intravede la possibilità di rappresentare i due sessi “essere una volta luna e una volta sole” ma al termine della vicenda, viene sconfitta poiché l’unione dei due corpi non sa creare intorno all’ermafrodito altro che infelicità. “In verità, né l’uno né l’altro dei due sessi è il mio; non ho né la sottomissione... né la timidezza, né le piccinerie di una donna; non ho i vizi degli uomini, né la loro... dissolutezza e le tendenze brutali: io sono d’un terzo sesso, a parte, che non ha ancora nome; al di sopra o al di sotto, più difettoso o superiore... La mia chimera sarebbe di possedere, volta per volta, i due sessi, per soddisfare questa mia doppia natura: uomo oggi, donna domani... La mia natura verrebbe così tutta intera alla luce, e sarei perfettamente felice, giacché la vera felicità consiste nel potersi sviluppare senza limiti in tutti i sensi e nell’essere tutto ciò che si può essere. Ma sono cose impossibili e non bisogna pensarci.”

Ritratto di “Mademoiselle de Maupin”, di Theophile Gautier,“

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“Mademoiselle de Maupin” è un romanzo epistolare francese scritto da Théophile Gautier e pubblicato nel 1835.

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I

Dante, che colloca gli Ermafroditi nel Purgatorio (Purg. XXVI, 82: Nostro peccato fu ermafrodito)1 qualifica il peccato della seconda schiera di lussuriosi incontrata nel girone 7° del Purgatorio, distinti dalla schiera dei sodomiti, il cui peccato era invece stato omosessuale. Quindi, basa la sua condanna sul giudizio, che spesso circonda l’androgino. Ariosto nel canto XXV dell’”Orlando Furioso”2, presenta Bradamante, amazzone che conduce una vita simile a quella dei guerrieri, si veste da uomo quindi, ma ama Ruggero. Lei ha anche un gemello e Ariosto gioca con questa figura, non lontana dall’androgino della coppia gemellare maschio/femmina. Quindi nei due poeti l’androgino o l’ermafrodito vengono intesi come una figura ambigua, un modello equivoco, che presenta peccati e virtù mescolati insieme. Molti atri autori, anche contemporanei, affrontano il tema dell’androgino, dove nelle loro opere emergono figure diverse e contraddittorie da storie felici raggiunte col dolore inevitabile.

MITI LETTERARI

L’amazzone Bradamante nel canto dell’Orlando Furioso

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Enrico Malato, Enciclopedia Dantesca (1970), http://www.treccani.it/enciclopedia/ermafrodito_(Enciclopedia-Dantesca)/ L’Orlando furioso è un poema cavalleresco di Ludovico Ariosto pubblicato nella sua edizione definitiva nel 1532.

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LETTERARI

la mente androgina è metafora della creatività artistica. Un altro suo scritto, successivamente a quello pubblicato del 1925, di notevole spessore e importanza, fu “Orlando”1 del 1928. La grandezza di questo romanzo sta nel punto di incontro che la Woolf ha trovato fra l’uomo e la donna, spesso considerati come due nature estremamente differenti e inconciliabili. Mostrandoci questa unione l’autrice fornisce una prospettiva che nessuno ha mai considerato. Nel personaggio di Orlando ella ha condensato gli opposti, ha mescolato le differenze, fino a ottenere, quasi come attraverso un esperimento, un composto perfettamente amalgamato e omogeneo, un risultato incredibile e meraviglioso. Ha espresso le qualità e le caratteristiche tipicamente femminili nel giovane Orlando, e i tratti decisi e a volte freddi della mascolinità, nella donna che nasce dal fanciullo. Due aspetti che la Woolf fa percepire come elementi di una crescita personale, di un’esperienza di vita completa, come se il cambio di sesso del protagonista rappresentasse semplicemente una sorta di maturazione intima.

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MITI

Il saggio di Franca Franchi “ L’immaginario androgino. Migrazioni di genere nella contemporaneità” (Sestante Edizioni, 2012) 1 tratta l’androgino che rappresenta più soltanto l’umana nostalgia dell’interezza, e nemmeno l’illusione dell’autosufficienza perfetta (quindi la filosofia Platonica), ma l’immagine ideale per ripensare l’idea di confine tra maschile e femminile, dove il confine è il luogo mobile ed ambiguo, eletto a contestare la fissità della forma, della norma, dell’identità. L’autrice che si rifà anche ai saggi di Virginia Woolf (“Una stanza tutta per se’”1928); espone un’idea di androginia che si sposta dalle forme esteriori del corpo a quelle segrete dell’anima: cosa significa avere una “mente androgina”? In ognuno di noi presiedono due forze, una maschile e una femminile”, afferma la scrittrice: “Coleridge, quando disse che una mente androgina è superiore […] voleva dire che la mente androgina è risonante e porosa; che trasmette emozioni senza ostacoli; che è naturalmente creatrice, incandescente e indivisa”2, per questo, afferma la Woolf,

1 Silvia Mazzucchelli, L’immaginario androgino, http://www.doppiozero.com/materiali/letteratura/l-immaginario-androgino, ultima consultazione 30 Giugno 2014

Trasposizione cinematografica del romanzo, “Orlando”, di Sally Potter

2 Silvia Mazzucchelli, L’immaginario androgino, http://www.doppiozero.com/materiali/letteratura/l-immaginario-androgino, ultima consultazione 30 Giugno 2014 Ibidem

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Virginia Woolf, “Orlando”, Mondadori, Milano, 1933, pp. 18-19


LETTERARI

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MITI

1 Poesia di Herman Melville, citata da Elemire Zolla, “Incontro con l’androgino. L’esperienza della completezza sessuale”1995 cit. , p. 88.

Roland Barthes dedicò all’androginia un corso al collegio di Francia, intitolato “Le Neutre”1. Introducendo, appunto, il concetto di neutro, legandolo alla figura dell’androgino, Barthes, espone le possibilità di un soggetto neutro, liberato dalle limitazioni e costruzioni che lo normano. “Le culture della modernità contemporanea”2, scrive Umberto Galimberti, tendono a “confondere la natura e l’artificio” a moltiplicare i giochi , offrendoci il sesso come “ eccedenza di possibilità”. La sessualità è un destino non scritto nel rigido codice della natura, ed è la liberazione di tutte le controparti sessuali inscritte in ciascuno di noi. L’uomo ama solo la sua creazione, quindi non la natura, ma quella natura coltivata che chiamiamo cultura che cresce e muta in noi stessi.

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“L’elfo innocente, seppur senza legge, etereo nella sua verginità, benchè assai indulgente nel dar briglia sciolta ad ogni impulso che le sue fibre generano. Tali nature, ed esse sole, hanno familiarità con strane cose che dimorano represse nei mortali”1

Questa che offre Melville è una delle tante immagini che la letteratura e la poesia offrono sull’androgino. L’elfo-androgino è colui che conosce ciò che vive in noi, seppure represso e a noi stessi sconosciuto. Persiste ancora oggi un’ambiguità di giudizio verso questa figura, che viene interpretata di volta in volta come anomalia, mostruosità, inadeguatezza fisica, che si diversifica dalla normalità di una struttura biologica che distingue nettamente il femminile dal maschile. L’attenzione però deve spostarsi anche altrove, su un altro fronte, (ovvero) sui caratteri culturali, sociali e comportamentali: la convivenza dei due sessi può essere dovuta da un bisogno interiore, in un unico essere. Una denuncia contro le norme sessuali che sono legate alle regole della binareità, può essere indizio di trasformazione più radicale o un ritorno a ciò che si è represso, proprio come scrive Melville,

Le neutre. Cours au College de France (1977-1978), ed. Thomas Clerc, Seuil, Paris,2002 Umberto Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Milano, 2000


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CAPITOLO V l'ARCHETIPO E LA SUA RAPPRESENTAZIONE

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L’ARCHETIPO

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SUA

RAPPRESENTAZIOINE

La massima espressione artistica intorno alla figura dell’androgino è tra fine Ottocento e inizi del Novecento, sostanzialmente in tre grandi filoni. La prima riguarda la simbologia dell’incontro maschile e femminile come combinazione delle due componenti, di natura astratta. La seconda è quella che vede l’incontro tra maschile e femminile e la loro fusione in “bestia” che viene combattuta e allontanata. La terza è quella più legata all’attualità che ragiona in termini concettuali, come connessione, scambio e affermazione dell’ indentità di “ genere”. Nell’ambito del simbolismo di fine Ottocento, emerge prepotentemente la fusione tra maschile e femminile che rimarrà viva per tutto il Novecento. Non è a caso che le teorie junghiane infatti, abbiano affascinato l’arte del Novecento, che abbiano contribuito allo sviluppo di concetti di correlazione fra due sessi; fu un approfondimento quasi spontaneo “quello operato da” Jackson Pollock. L’artista tra il 1941-43 sviluppò dei lavori sul tema della dualità dove era presente un allusione a una possibile fusione metafisica e metaforica del maschile e femminile. “Lo specchio magico” 1941, “Maschile e femminile” 1942 e “Due”, sono dipinti nei quali la figura viene deturpata,trasformata e superata, nel segno di una ricerca di unità che scavalca le catene del sé.

Male and Female, 1942 - Jackson Pollock

he Magic Mirror 1984 48 Jackson Pollock

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Alchemy, 1947 Jackson Pollock,


Emblematico anche il caso di Bianca Pucciarelli Menna, invece, nota esclusivamente come Tomaso Binga, pseudonimo maschile che si è data in modo provocatorio, polemizzando con i canoni maschili e aderendo al pensiero del movimento femminista.

L’ARCHETIPO E LA SUA

“Rrose Selavy” Duchamp, 1923, Man Ray

Tomaso-Binga, “Oggi-spose”,1977

1 Duchamp, forse il oiù innovatore fra gli artisti del Novecento, definito “padre” del dadaismo.

2 Rrose n. 1 (dicembre 2011 / gennaio 2012), bimestrale sulla creatività (dalle arti visive al design, passando per la fotografia, la grafica, la scenografia, l’illustrazione, la street art, la scrittura, la video art, la comunicazione, la moda, la musica, la filosofia, la psicoanalisi) Mimmo Jodice, Germano Celant, Bruno Ceccobelli, Gillo Dorfles Angelo Ferracuti, Mauro Cicarè, Fabrizio Ottaviucci, Enzo Mari, Vittorio Zincone, Margherita Palli, Dem, Lorenzo Fonda, Mauro Bubbico, Annamaria Testa Pasquale Barbella, Monica Randi (Astoria), Barbara Garlaschelli, Marizio Ferraris Elisa Savi Ovadia, Piero Feliciotti, Paolo RinaldiChiara Gabrielli, Massimo De Nardo, http://www.liberarti.com/utenti.cfm?id=91&rrose_selavy

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RAPPRESENTAZIOINE

La riflessione sull’androginia nella cultura visiva contemporanea , vale a dire quella che trasforma maschera e traveste, ha valenze estremamente attuali che l’arte ha aiutato a illuminare; Rrose Sélavy è il nome con il quale Marcel Duchamp1, firmò alcune sue opere (ready-made). Nel 1924 Man Ray lo fotografò vestito con abiti femminili: “Rrose Sélavy alias Marcel Duchamp” scrisse Man Ray sulla foto, dove centrale è lo scambio della natura tra maschile e femminile. “Volevo cambiare la mia identità e dapprima ebbi l’idea di prendere un nome ebraico. Io ero cattolico e questo passaggio di religione significava già un cambiamento. Ma non trovai nessun nome ebraico che mi piacesse, o che colpisse la mia immaginazione, e improvvisamente ebbi l’idea: perché non cambiare di sesso?” Da qui viene il nome di Rrose Sélavy2”


RAPPRESENTAZIOINE

Della stessa generazione, ’è anche Daniela Comani, che in diverso modo propone considerazioni sul ruolo maschile e femminile. È particolarmente significativo un progetto avviato nel 2003 intitolato “Un matrimonio felice”: un consistente lavoro fotografico e installativo, nel quale l’artista mostra scene d’un matrimonio, in cui la coppia è costituita da un doppio sé, maschile e femminile. Comani non aspira all’unità, ma dimostra nella duplicazione la persistenza di stereotipi e modelli: solo esteriormente l’immagine ci riconduce al tema del confronto e dell’incontro di generi.

L’ARCHETIPO

E

LA

SUA

Il tema dell’androgino ha origine anche dal travestimento (come abbiamo visto con l’opera di Duchamp), spesso utilizzato a dimostrazione della diffcoltà di accettazione di una fusione dei sessi. Un esempio è quello di Cesare Viel, che in molti suoi lavori a partire da “Androginia”1, propone riflessioni sul tema, anche operando perfomativamente, attraverso travestimenti o identificazioni. Tra cui una dedicata a Virginia Woolf, e una a Emily Dickinson. Il suo lavoro si pone specificatamente come riflessione sull’identità molteplice, nella quale il rapporto dei ruoli del maschile e del femminile salta, e si aprono nuove vie di interpretazione. I suoi lavori sono certamente tra le migliori visualizzazione dell’insieme dei problemi che la comprensione contemporanea della figura androgina propone.

“Androginia”, Cesare Viel, 1994

“Un matrimonio felice”, Daniela Comadini, installazione 2003-2009 1

Androginia, 1994 (Androgyny) (Video and colour photo panels on aluminium) Museo d’Arte Contemporanea, Castello di Rivoli (TO)

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L’ARCHETIPO

L’arte quindi aiuta la presa di coscienza di questo fenomeno, in quanto pur seguendo le caratteristiche dei modelli sociali e delle differenti affermazioni di identità, riesce a esprimere e rappresentare artisticamente altre forme di riflessione e temi sensibili. La fotografia nel ‘900 adotta e rende l’androgino una vera e propria icona, non solo attuando l’abbinamento uomo/donna come affermazione di molteplici identità: ma andando oltre, usa la figura dell’androgino come archetipo trasgressivo, capace di mettere in crisi, o addirittura sovvertire, le regole comunemente accettate. La fotografia diviene messa in scena di un mondo che va oltre il quotidiano, artisti mettono davanti ad un apparecchio fotografico, maschere di un androginia nascosta o già svelata attraverso tratti ambigui del proprio corpo. Artisti che espongono il proprio “territorio” in un teatro truccato e trasformato, in cui la pelle, diventa anima, su cui poter modellarla con costumi e parrucche. Il teatro degli “scatti” diviene forma anche di protesta di una realtà che vuole andare oltre se stessa. L’androgino diventa un pretesto, annullamento di una specifica identità, come se fosse una miriade di spettri che cercano di identificarsi continuamente, contro una società che scappa di fronte al “dubbio” e “all’incertezza”. Il clima effervescente del surrealismo fu capace di offrire i casi più interessanti di “androginia psichica”, soprattutto appunto in ambito fotografico. La metamorfosi in “Donna dell’acrobata trapezista Vander Clyde”1, alias Barbette, dalla preparazione in camerino sino allo spettacolo che ha luogo sulla scena del Moulin Rouge nel 1926 è un eloquente testimonianza.

E LA SUA RAPPRESENTAZIOINE

Barbette by George Hoyningen Huene, 1930. Barbette. Vander

1 Barbette è lo pseudonimo artistico di Vander Clyde (19 Dicembre 1899 – 5 Agosto 1973). Trapezista e performer circense, Vander Clyde faceva i suoi numeri nelle vesti di Barbette. Female impersonator, drag queen e icona queer.

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RAPPRESENTAZIOINE SUA LA E L’ARCHETIPO

Celebri sono anche tutte le immagini in cui il corpo viene rappresentato attraverso una delle sue parti, consentendo così l’esaltazione dell’indeterminatezza e della confusione di genere che si presta ad un taglio androgino: “I nudi”di Brassaï, il”Minotaure”di Man Ray, i “manichini informi” di Hans Bellmer e più tardi il lavoro di Pierre Molinier, incentrato, sulla ridefinizione al femminile della propria persona. Sotto il segno della sfocatura, dell’alterazione, dell’informe, l’artista Claude Cahun, nipote di Marcel Schwob, mette in scena la cancellazione e la reinvenzione della sua identità femminile, mediante maschere e travestimenti, che negano “il mito di Narciso”, in nome di una perenne metamorfosi. Tutte le opere di Cahun (anche quelle letterarie es. “Eroine”) è tesa alla comprensione e alla rappresentazione dell’identità in mutamento, dell’ambiguità che si presenta in questa ricerca, una nostalgia del corpo doppio, di una simbiosi amorosa. Importante la collaborazione con la compagna Suzanne Malherbe, il cui sguardo costituisce lo specchio in cui riflettersi. Non meno interessante appare il lavoro grafico di Unica Zürn ( compagna di Hans Bellmer, morta suicida nel 1970) dove “occhi, seni, fluidi, sessualità femminili e maschili, nel loro avvolgersi verso l’origine”1, “danno vita a una metamorfosi in migrazione che rinvia alla simbolica della fusionalità” e quindi alla compresenza di opposti elementi.

Man Ray “Minotaur” 1934 Unica Zurn

Claude Cahun, Autoportrait, 1929

Pierre Molinar “La Stella di sei” 1965-68 1

Silvia Mazzucchelli, “L’immaginario androgino” http://www.doppiozero.com/materiali/letteratura/l-immaginario-androgino, ultima consultazione 30 Giugno 2014

Hans Bellmer, The Second Doll, 1935

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In ambito cinematografico gli esempi sono molto celebri e fanno ormai parte della nostra memoria: Helmut Berger nei panni di Marlene Dietrich, i travestimenti del “Rocky Horror Picture Show” (1975), o il volto mascolino di Charlotte Rampling, nel film “Il portiere di notte” (1979).

L’ARCHETIPO

Ma è nell’atto della performance e nella fotografia intesa come istantanea di una messa in scena o di un travestimento, che la predilezione per lo sconfinamento e l’eccesso emergono in maniera dirompente. Nel 1968, circa dieci anni dopo il suo arrivo negli Stati Uniti, l’artista giapponese Yayoi Kusama, entra in contatto con il movimento degli hippie, le cui abitudini, i comportamenti e il modo in cui vivevano la sessualità non erano estranei ai suoi audaci sex happening, rammenta l’artista nella sua autobiografia “Infinity Net1” Dal 1967 sino al 1971 ne organizza tantissimi, alcuni dei quali nei luoghi simbolo della cultura americana: a Wall Street, davanti alla Statua della Libertà, nel giardino del MoMa. Si chiamano “Anatomic Explosion”2. Nella performance a Central Park di fronte alla statua di Alice nel paese delle meraviglie, viene l’happening tematizzato tramite un raffinato gioco di specchi: una sessualità del corpo contradetta dalla maschera e dalla gestualità”..

E LA SUA RAPPRESENTAZIOINE

Rocky Horror Picture Show (1975)

1 2

“Il portiere di notte” (1979)

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Infinity Net. “La mia autobiografia”, 2013 Johan & Levi Editore Il body painting diviene negli anni ‘70 “strumento efficace di liberazione sessuale”.


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CAPITOLO V la RIBELLIone androgina

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ANDROGINA RIBELLIONE LA

Tra la fine degli anni ‘60 e inizi anni ‘70, le tendenze androgine sbocciarono “in piena luce” Le ragazze andavano in giro senza reggiseno, i ragazzi non erano palestrati anzi, i corpi erano ingolfati in maglioni e giacche informi. Capelli corti per le ragazze e lunghi per i ragazzi. Le coppie erano relazioni sentimentali con l’obbligo di apertura, sperimentazione, uguaglianza. Sperimentare in quegli anni sembrava importante, ibridare i comportamenti eliminando le differenze di genere. Il tema della differenza è noto solo come la differenza delle donne rispetto ad un mondo costruito a misura dal sesso maschile. A partire dalla metà del ‘900, con uno sforzo di pensiero e critica radicale nei confronti di questo dominio, non aperto ad entrambi i sessi, il pensiero femminista ha provato a ricostruire questa concezione, opponendo la propria differenza e non appartenenza (non più) a quella storia in cui le donne sono state troppo spesso“assenti”1. Il movimento femminista ha un’anima androgina; le donne si sono ribellate e continuano a farlo, contro il freno di un’identità cosiddetta scientifica, nella quale si voleva definirle e ridurle. Nella loro rivolta riprendono il loro essere androgino, la loro totalità, senza fermarsi “all’individualità spezzata”. Così nel 1991 la scrittrice e artista napoletana Lina Mangiacapre spiegava il suo pensiero femminista.

1

Milano, 13 gennaio, manifestazione femminista

Lina Mangiacapre, “Faust Fausta” ,L’autore Libri, Firenze, 1990

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LA ANDROGINA

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RIBELLIONE

La rivendicazione alla differenza ha mutato il senso tradizionale della parola: dirsi differenti e di egual valore è una vera rivoluzione epistemologica poiché propone un’assoluta novità rispetto a una consuetudine secolare: la possibilità di essere “altro da” senza esservi inferiore. Grazie al femminismo, alle sue pratiche e al suo pensiero, questo movimento agisce come un mutamento sociale e sulla linea di cambiamenti profondi, che riguardano l’interiorità dei soggetti. Le donne sono cambiate, pur con un lento processo di presa di coscienza lungo gli anni, cominciano a cambiare anche gli uomini (a differenza delle donne, per gli uomini sarà più lento e difficile il cambiamento, a causa della forte radicazione del genere maschile e della sua virilità), a porsi la domanda sul significato di genere e sugli“scambi” di ruoli.


ANDROGINA RIBELLIONE LA

La categoria interpretativa di “genere” nasce negli Stati Uniti negli anni ‘70-’80 del ‘900, come una diversa forma di interpretazione dei fenomeni storici e sociali, strumento di analisi tra le differenze dei sessi e quindi momento di osservazione e di studio critico, che ha rivoluzionato le tradizionali forme di rappresentazione. Il genere è quasi diventato una definizione, che pare appiattire le differenze tra i sessi, legittimando così la distinzione tra uomini e donne e l’eterosessualità, considerata la normalità, diventando quasi un “ruolo sociale” che si contrappone all’omosessualità, definisce e da regole a un’identità sessuale permanente, proponendo una serie di comportamenti, pratiche e impostazioni comportamentali date dalle norme sociali. Ma intorno alla categoria dell’interpretazione di “genere”, si può raccontare una serie di convenzioni sociali che mutano nel tempo, superare l’obbligo della binarietà ed esplorare anche la parte neutra o ciò che è ibrido nei confini dei sessi. Il “genere” quindi può apparire come una complessità che non si rinchiude in se stessa ma vive di cambiamenti, si trasforma secondo i fini, esplora tutte le dimensioni delle relazioni. Le trasformazioni avvengono nello

specchiarsi con l’altro soggetto, nell’intreccio di percezioni, mutando progetti e stili di vita, i giudizi ed etiche comportamentali. Nasce così l’esigenza di eliminare le formule definitorie e classificatrici, “il genere” viene respinto come vincolo della definizione uomo/donna, e viene adottato come possibile interpretazione del divenire e fluttuare nelle identità sessuate. “Le nostre incertezze più primordiali sono scosse e trasformano le evidenze in problemi”1.-+-- I confini diventano un posto su cui sostare e interrogarci sul nostro immaginario sociale sui temi dei cambiamenti, delle trasformazioni e delle mutazioni. “Così come la grandezza della grande musica dipende in definitiva dai grandi silenzi, quella virilità era sottolineata e resa suggestiva da qualcosa che virile non era. Ma non era neppure femminile, era androgino. Quella faccia esprimeva una gran forza e una gran gentilezza. Ma la maggior parte delle donne non sono sono gentili, ne la maggior parte degli uomini sono forti, era una faccia che in profondità, suggeriva quella che poteva essere la nostra natura.”2

1 2

Elizabeth Badinter, “L’uno e l’altra” , longanesi, Milano, 1987 James Baldwin, “Un altro mondo”, Feltrinelli, Milano, 1963

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LA RIBELLIONE

"don't HATE what you don't understand"

ANDROGINA

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CAPITOLO VI MODA GENDERLESS

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GENDERLESS LA

MODA

Confrontiamo ogni giorno l’immagine allo specchio e spesso questo non ci restituisce non solo la realtà che ci attende come il lavoro, la scuola o un appuntamento, ma soprattutto non corrisponde alle relazioni che dobbiamo affrontare nella realtà. Che immagine offrire di sé e che stile scegliere per un determinato contesto. Nella storia dei secoli, la moda è stata sempre orientata da regole rigide, ma soprattutto il pilastro fondamentale era la netta distinzione tra uomo e donna nell’abbigliamento. La ribellione invece, ha fatto si che questi limiti si confondessero. Nell’Italia negli anni 60/70, ad esempio, mentre le studentesse vestivano bon ton, in poco tempo si vestono come ragazzi, nelle aree più militanti come gli operai. Jeans, eskimo e salopette sono quasi bandiere, è il tentativo di creare un’immagine femminile nuova, sottratta alla moda. I sociologi contemporanei oggi, questo tempo e questo mondo lo chiamano “liquido”, segnato dalla rivendicazione di libertà e di fluidità tra i sessi attraverso appunto l’abbigliamento. Contemporaneamente dominato dal consumismo e dall’apparire, dal contagio dei social media e dalle immagini che ci vengono proposte ogni giorno di fronte.

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LA

L’androgino nella moda esisteva gia dagli anni ‘20/’30 del ‘900, basti pensare all’attrice modella Louise Brooks con i capelli corti alla “maschietta”, immagine di donna libertina nei modi e mascolina nel vestire. Coco Chanel è stata una delle prime a trasferire capi dal guardaroba maschile a quello femminile, una scelta di praticità ma anche di irriverenza. Negli anni ‘40 / ‘50 l’icona fu Katherine Hepburn e negli anni ‘60 Yves Sain Laurent ha vestito Catherine Deneuve con lo smoking. Più avanti negli anni ‘80 e ‘90, Annie Lennox e Tilda Swinton furono pilastri della figura androgina. C’è chi ne ha fatto un tratto distintivo del proprio look, altre lo hanno adottato in alcune occasioni, come Charlotte Gainsbourg, Sofia Coppola o Stella McCartney. Nel ‘900 il look androgino fu più che altro scelta di stile che riguardava prevalentemente le donne, come elemento di emancipazione, la trasgressione delle regole e degli stereotipi della femminilità, mostrando che fascino e seduzione dipendono dalla personalità della donna, qualunque sia lo stile del vestirsi. Negli anni ‘80 ci fu il boom dello stile androgino per poi passare ad un look pùu femminile nei decenni successivi. Ma ciò che è successo negli anni ‘80 viene rappresentato d Giorgio Armani, che quando lancia la sua donna in tailleur pantaloni non vuole affatto essere androgino, ma semplicemente una donna che ha adottato formule intelligenti e funzionali del vestire maschile. Armani destruttura la giacca maschile per riadattarla e renderla facile per qualsiasi momento. Involontariamente crea questa nuova contaminazione che aprirà alla moda le porte del Genderless.

MODA

Coco Chanel,stile mascolino anni‘20

Katherine Hepburn anni ‘40 Anne Lennox anni ‘90

Armani anni ‘80

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Catherine Deneuve ‘60 Tilda Swinton

GENDERLESS

Louise Brooks. Anni ‘20


GENDERLESS

Icona che aiutò a questa apertura sia stilistica, estetica e mentale, fu la figura indiscussa di David Bowie. Nel suo primo famoso album “Ziggie Sturdust1” dei primi anni ‘70, l’artista credeva fermamente che ci si doveva ribellare a quei codici caratterizzanti del femminile e del maschile. Mentre le donne si opponevano ai codici del femminile adottando quelli maschili, Bowie, dimostrava come entrambi i sessi potevano liberarsi all’incrocio dei generi. “La mia natura sessuale è irrilevante. Sono un attore, recito una parte, frammenti di me stesso.”2

LA

MODA

La spinta all’androgino nella moda da uomo è molto diversa da quella per la donna. Nella moda uomo agiscono agenti culturali diversi, soprattutto nell’estroso decennio degli anni ‘50, che ha concesso all’uomo abiti brillanti, materiali preziosi come la pelliccia, la seta e il pizzo. Da tempo è in corso nella moda, un modo di concepire il maschile più morbido, meno aggressivo. La testimonianza che ha avuto il suo momento è con la sfilata milanese di Gucci. Molti altri designers, comunque, hanno dedicato collezioni a questa tendenza al mondo maschile, dando una possibilità più interessante, nuova e giocosa. C’è una generale attenuazione delle differenze, persino nel riscontro fisico. Le ragazze sono sempre più simili ai ragazzi, ai modelli maschi. È interessante il fatto che non si voglia far dipendere dall’abito la propria sessualità e giocare coi generi può essere divertente e creativo. Dare un’altra possibilità o punto di vista.

1

Ziggy Stardust è un brano musicale scritto dall’artista inglese David Bowie, nona traccia dell’album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars del 1972Uscito lo stesso anno come lato B di The Jean Genie, venne pubblicato di nuovo alla fine del 1978 in un singolo che includeva anche Breaking Glass e Art Decade, tutte nelle versioni live estratte da Stage.Ziggy Stardust si trova al 282º posto nella lista dei 500 migliori brani musicali della rivista Rolling Stone, al 480º in quella di New Musical Express ed è stata inclusa tra le “500 canzoni che hanno plasmato il rock and roll” della Rock and Roll Hall of Fame. 2

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Grzietta Brutazzi e Alessandra Mottola Molfino, “L’androgino”, De Agostini, 1992, p 79


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GENDERLESS

Davide Blasigh , “Tendenza gender equality”, http://style.corriere.it/moda/no-gender/, Ultima consultazione 21 settembre 2015

MODA

1

LA

Genderless o Agender è la nuovissima tendenza che si fa spazio nel mondo della moda. Non vuole essere una rielaborazione dell’unisex. Il genderless proiettato oltre il genere, con un meccanismo di scambi e contaminazioni che mette in discussione la definizione emessa di ruolo (differenza dell’unisex). È un rifiuto delle imitazioni culturali e sociali che determinano la divisione dell’abbigliamento secondo i due generi. Significa essere quel che si vuole cancellando ogni confine. La stravaganza è sempre stata un lusso riservato a pochi, eppure la nuova moda genderless non è considerata dai giovani stravagante, è la normalità. Il delirio della moda gender londinese, sta contagiando l’Italia. Titolo della rivista di successo “Style magazine “ dopo le sfilate di Pitti a Firenze è: “Trend 2015-16: gender equality”. Sottotitolo: “Linee fluide, materiali delicati rubati dal guardaroba femminile e dettagli boho definiscono un look maschile completamente nuovo che supera le barriere tra maschile e femminile”1. Secondo la rivista è “osmosi tra i sessi” e descrive un guardaroba fluido, “non è un semplice boysh (moda femminile che trae ispirazione da quella maschile e viceversa) ma qualcosa di diverso”. Adottare un atteggiamento fondato sulla fluidità di genere. Testimonianza anche il bisogno di rivendicare una sessualità libera da ruoli e dalla netta divisione eterosessuale, andando oltre gli stereotipi.+


GENDERLESS MODA LA

Il “Generation neutral” è la definizione dell’identità di genere dal linguaggio del corpo, dal suo comportamento, dal taglio dei capelli o dall’atteggiamento con cui si pone nella società. Nella galassia moda oggi, non si danno giudizi su cosa si indossa, (ovviamente cambia da nazione a nazione) né si vede perché affrontare discussioni del genere. Se in passato le donne adottavano un atteggiamento aggressivo per sfondare il muro della differenza fra i sessi, entrando nei consigli d’amministrazione in tailleur pantalone, giacca a spalle larghe e tacchi killer, oggi questo tipo di conflittualità nel vestire non esiste quasi più Il vestirsi evitando una connotazione sessuale precisa comporta una riflessione e uno sforzo. Il collettivo di stilisti francesi Vêtements esalta gli abiti “comuni”, come a suo tempo aveva fatto lo stilista Martin Margiela. Entrambi i brands, riescono a rielaborare capi prettamente quotidiani e di largo utilizzo, sconvolgendo completamente la silouhette, nascondendo la fisionomia della persona sotto gli abiti. Creano appunto, uno stile androgino dove sentirsi a proprio agio ed esprimendo la propria personalità. Adottare un look gender neutral significa accogliere qualsiasi tendenza sembri adeguata a chi la indossa. Per esempio, i capi fantasia erano considerati effeminati nell’epoca in cui gli uomini hanno smesso finanziera, panciotto ricamato e preziose scarpe di velluto per indossare l’abito scuro.

Accettati come “maschili” erano soltanto alcuni motivi. Le righe e i quadri, e perfino il rosa pastello e il lilla erano ritenuti poco virili. Questa visione rigida ormai è cambiata radicalmente. Sembra perfettamente normale che un uomo indossi una enorme felpa con motivi animalier o con grandi scorci naturali. Nel suo guardaroba sono entrati più di recente anche le stampe floreali e le trasparenze dello chiffon o del pizzo.

MARGIELA

ETRO

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TOPMAN


CaPITOLO viii i designers e le loro icone

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ICONE LORO LE E DESIGNERS

I

Nel mondo del fashion, col suo moto di sovversione, i designers non si trovano più stretti nella forzatura per “lui” per “lei”, ma sono liberi di sbizzarrirsi su corpi androgeni, che possiedono caratteri unisex. Negli ultimi decenni, la frontiera dell’ambiguità viene esplorata da fotografi come Helmut Newton, ma proprio nel decennio pop o anni ‘80 questa ricerca si è fatta molto più pressante. Una ricerca che tutt’oggi viene continuata dagli stilisti contemporanei, la cui prova sonogli indossatoridalle linee e portamenti adrogeni che negli anni ‘80 hanno acquisito fama fino ad arrivare a oggi. Grace Jones fu la musa jamaicana per Andy Warhol e Keith Haring, cantante, divenne musa e modella per vari fotografi e registi grazie alla sua figura forte e decisa.

Modelle caratterizzante per questo stile, è Kristen McMenamy, posando per Vogue, Harpes’s Bazaar, I-D.

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I

Milla Jovovich , anche lei emblema della femminilitĂ data dal suo viso e dalle sue forme emblematiche. Non troviamo piĂš la donna iperfemminile, ma mascolina, decisa e operosa.

DESIGNERS E LE LORO ICONE

Omahyra Mota, tomboy per eccellenza, prettamente androgina dal lifestyle punk-chic.

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ICONE LORO LE E DESIGNERS

I

La particolare attenzione che c’è sempre stata per il classico modello mediterraneo dai lineamenti latini, viene sostituito dal ragazzo nordico e glabro dalla fisionomia meno testosteronica: David Chiang o Marcel Castenmiller ad esempio. Un altro modello che di virile ha solo il nome è Andrej Pejic, coi suoi tratti delicati, capelli platino e occhi azzurri, ottiene l’attenzione di tutti i giornali.

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I DESIGNERS E LE LORO

Andrej Pejic, icona indiscussa, ispirazione incanta per la sua androginia, ha capacità di interpretare stili diversi. Perché lui è un uomo, ma posa per la moda femminile. Questo, è un segno che le cose sono destinate a cambiare nel mondo della moda e nell’ottica dei designers.

ICONE

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immagine

uomo

Pitti Immagine organizza fiere internazionali ed eventi di comunicazione in tutti i settori della moda, con l’obiettivo di selezionarne e presentarne i prodotti di alta qualità e gli stili più innovativi, evidenziarne la rilevanza sociale e culturale e i contenuti di ricerca. La sua origine risale agli inizi degli anni Cinquanta con le prime sfilate organizzate a Firenze nella Sala Bianca di Palazzo Pitti e con la successiva costituzione (1954) del Centro di Firenze per la Moda Italiana. Attualmente vanta di un vasto e ramificato gruppo di società che operano a sostegno del sistema moda italiano, di cui Pitti Immagine fa parte. Progetto Pitti uomo “Open” :“Ci siamo accorti che risulta ormai difficile parlare di generi, quindi di uomo e donna, ma bisogna parlare più di stili. Si conferma sempre di più il fatto che esiste un movimento che potremmo definire non-sex. Avvertivamo questa spinta innovatrice già da qualche stagione e, con la presente, abbiamo deciso di dedicare a questo movimento un padiglione ad hoc, che abbiamo definito Open, dove aziende che lavorano su questo settore potranno presentarsi al pubblico“1. Open è la sfida di Pitti, il nuovo progetto dedicato all’alta moda che supera il concetto di genere. È la nuova frontiera estetica e di stile che sempre più attira gli sguardi del mercato internazionale. “Pitti Uomo affronta un tema di grande attualità oggi, quello delle collezioni che superano il concetto di genere: un’evoluzione estetica in questo momento prepotentemente sotto i riflettori, figlia delle nuove generazioni di ragazzi e ragazze che vivono nelle metropoli globali, e che da fenomeno culturale sempre più sta diventando un driver del mercato.” Pitti ha così deciso di firmare la sua personale interpretazione di questo stile elegante e con una regia sempre più proiettata al futuro lancia OPEN: una selezione unica di collezioni internazionali di ricerca, un viaggio attraverso abiti e accessori pensati per essere indossati con nonchalance da lui e da leiI. il progetto quindi, si basa sul superamento del limite posto tra uomo e donna, trattando quindi il concetto dei sessi distinti e quindi dell’evoluzione di genere. Raccoglie così più di 20 brand internazionali sensibili a questa ricerca, il tutto racchiuso in un ambiente concettuale con una scenografia minimalista e sofisticata. 1

Agostino Poletto, vice-direttore generale di Pitti Immagine “PITTI IMMAGINE UOMO”, http://www.pittimmagine.com/corporate/fairs/uomo/news/2015/open.html, ultima cons. 14.05.2015

I

DESIGNERS

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Marchio nato a Stoccolma, il co-fondatore e direttore creativo si chiama Jonny Johanson cheinizialmente aveva avviato il marchio con la produzione di Jeans. Il marchio si definisce aperto al mondo, lo stile è sempre pronto a raccontare qualcosa che si riferisca alle origini svedesi. Forte attenzione ai dettagli, all’importanza della sartoria e spiccato orientamento eclettico usando materiali e tessuti realizzati su misura. Lo stile si ispira fortemente all’architettura moderna e lineare, confinante con lo sperimentale. Le collezioni abbracciano l’uomo e la donna, principalmente si parla del ready-to-wear producendo anche calzature accessori e denim. Pre collezione PRIMAVERA ESTATE 2016: Collezione fortemente sperimentale e di ispirazione androgina I DESIGNERS E LE LORO ICONE

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AUTUNNO INVERNO 2015 Ready To Wear Collection Con i capelli tirati giù, pettinati stretto al capo modelli sembravano quasi uomo/manichini nell’era digitale. Una serie di abiti tunica rigidi con collari in pelle duri 3D stampati, ognuno rigido come una tavola. Le borse hanno assunto un aspetto simile agli abiti.

I

DESIGNERS

E

LE

LORO

ICONE

Nato a San Francisco da una famiglia americana di origini cinesi, classe 1983. L’abilità di conciliare il casual con lo street style, il sexy con l’arruffato: il risultato è uno stile inimitabile da maschiaccio chic, costruito attorno a capi-simbolo come la giacca in pelle da motociclista, l’abito nero, gli shorts, la camicia classica e la t-shirt lunga. Le sue creazioni sono classiche e raffinate, sexy e androgine.

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ANN

DEMEULEMESTER

"GOOD

FASHION

FOR

ME

IS

LIKE

ROCK

'N'

ROLL,

THERE'S

ALWAYS

A

LITTLE

REBELLION"

Da sempre poeta e principessa punk è una stilista nata in Belgio nel 1959. La sovversiva austerità e l’inquieto romanticismo, oltre le rifiniture deliberatamente grezze, la portano a far parte della new wave dei decostruzionisti. La stilista si impegna a lavorare sempre con tessuti naturali che privilegiano la sensazione del tatto. Pelle nera, bustier e gancetti su virginali tuniche ampie, e un look sensualmente androgino, evanescente, hippie e sartoriale allo stesso tempo. Seguace di una moda concettuale, dove il suo sensibile animo ricettivo da creatrice e designer cattura ogni possibilestimolo dalla realtà circostante, dall’arte di Rimbaud a Magritte, da Blake a Dylan, per poi restituirlo attraverso il tessuto, il corpo e le forme. Ann Demeulemeester continua a perfezionare il suo mix elegante ed evanescente di look sartorialmente rigorosi e allo stesso tempo ricchi di leggiadria. La donna immaginata da Demeulemeester veste perennemente con capi di stampo maschile, a cui si aggiunge un tocco di rock ribelle ispirato alla sua musa Patti Smith, ma anche grafismi e un’allure sexy e vagamente hippy. I DESIGNERS E

SPRING SUMMER 2010 READY TO WEAR COLLECTION Attorno a questa stagione, la firma androginia di Ann Demeulemeester è un mix rinfrescante di linee pulite e atteggiamento urbano. Si avvolge di pelle attorno ai fianchi, al seno, le catene appese al collo e intorno alle facce dei suoi modelli. Gilet e giacche di taglio maschile, stratificati in cinture in bianco e nero su magliette senza maniche e giacche di pelle elasticizzati alto sul retro. Le mini di pelle sono a spirale con cerniere argento sotto giacche da smoking di grandi dimensioni e poi, neri e stampe composti da trench e gonne che sono state abbinate a gilet ricoperte di paillettes argento opaco.Ottiene un atteggiamento hardcore con la cinture in pelle e presenti fibbie multiple. Demeulemeester gioca la sua idea in modo succinto e così articolato senza deviare dal suo tema che, a dispetto della sua potenziale aggressività, ha un’atmosfera poetica.

LE LORO ICONE

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COSTUME

NATIONAL

"

BEAUTY

IS

AN

AMBIGOUS

MIX

BETWEEN

LIFE

AND

DEATH"

AUTUNNO INVERNO 2015 Ready ToWear COLLECTION Una collezione più delicata del solito, in cui l’androgino e il nero si stemperano nei toni. La donna di Costume National trova il perfetto equilibrio tra il rigore di cappotti e giacche presi in prestito dal guardaroba maschile e una femminilità romantica ma dallo spirito rock. Indossa la giacca dello smoking con la minigonna, accosta la giacca biker all’abito corto dalla silhouette rigida, sfoggia il gessato con la stessa disinvoltura con cui porta ruche e applicazioni di piume. Rivisita la cravatta con bagliori di luce. Sempre all’insegna di sfumature ogni volta diverse dell’intramontabile nero simbolo del brand

I

DESIGNERS

E

LE

LORO

ICONE

Ennio Capasa è cofondatore che nel 1996, insieme al fratello Carlo, di Costume National. L’azienda è uno dei punti fermi della moda italiana. La griffe è conosciuta soprattutto per le sue linee sottili e raffinate, estreme,e a volte severe, per il predominio del nero e l’alta qualità dei tessuti. Tutti questi elementi formano un o stile sicuro di se ed elegante, duro, che trae ispirazione dalla strada. La casa di moda oggi produce anche calzature, accessori profumi intimo e articoli in pelle. Costume National oggi possiede boutique in tutto il mondo.

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GUCCI: "CERCO DI VUOI ESSERE BELLO

GIOCARE CON QUALCOSA CHE ESISTE. LA MIA IDEA DI PUOI ESSERLO NEL MODO CHE VUOI. NON SIGNIFICA CHE

MASCOLINITÀ NON SEI UN

È LA UOMO

BELLEZZA, E SE O UNA DONNA."

Guccio Gucci fu un immigrato italiano che lavorò a Parigi per l’alta borghesia. Tornato in Italia nel 1921 inizia ad aprire primi botteghini in cui si inizia a produrre pelletterie comuni, ma anche articoli da viaggio e per l’equitazione. I marchi della casa faranno sempre riferimento all’ambito equestre: il morsetto e la staffa prima, un nastro verde-rosso-verde ispirato dal sotto-pancia della sella poi, rimanendo fedele alle tipiche pelli fiorentine. Gucci oggi è una casa di moda italiana attiva nei settori di alta moda e articoli di lusso che fa parte della Gucci Group, divisione della società francese Kering. È stata fondata da Guccio Gucci nel 1921 a Firenze. Nel 2006 Gucci ha fatturato 7,6 miliardi di euro nel mondo diventando la seconda casa di moda con più fatturato dopo Louis Vuitton. È tutt’oggi uno dei marchi di moda più famosi e rinomati a livello internazionale, con circa 300 negozi ufficiali aperti in tutto il mondo. Alessandro Michele è l’attuale direttore creativo. I DESIGNERS E LE

Autunno Inverno 2015 16: COLLECTION Sembra finita la perfezione costruita da Frida Giannini, arriva l’imperfezione pensata da Alessandro Michele. Aria androgina e chic di una ambigua femminilità per gonne longuette di pelle stropicciata e plissettata e pantaloni maschili, pieghe da stiratura sbagliata, abiti a fiori usciti da un vecchio cassetto, tocchi vintage, frammenti dimenticati da trend ormai passati. Golf ricamati di fiori e uccelli e ai piedi mocassini a pantofola. Invece di provare a reinventare la sua collezione uomo, l’ha trasformata in abbigliamento femminile, vestiti a balze, sartoria maschile, creando così una compagna femminile per il nuovo uomo Gucci, che potrebbe facilmente condividere il guardaroba della sua controparte maschile. Non si tratta necessariamente di un relazione sessuale. Questi ragazzi e ragazze, non sono uomini e donne,”La sensualità è qualcosa che si trova dentro di te,” ha detto Michele, dimostrando che si può uscire di casa nudi senza necessariamente apparire sensuali. Per Michele, l’idea del mondo attuale è chiaramente radicata sulle questioni di sessualità e genere sessuale. La collezione donna era tanto androgina quando quella maschile, se è possibile differenziare le due.

LORO ICONE

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M

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A

N

autunno inverno 2016 17 COLLECTION La collezione è stata concepita per vestire un individuo al di là del genere. Questo approccio unisex porta alla creazione di abiti pensati per nascondere le forme del corpo ma, al tempo stesso, per mettere in luce le sembianze dell’anima. Si mettono a contrasto texture diverse, corpose o trasparenti, in uno stile che si trasmette anche a chi indossa il capo. Le superfici dark assorbono la luce e si concentrano su sfumature intense e misteriose. Si stratificano cappotti, si accorciano le giacche e i giubbini, tagliandoli in vita. I pantaloni sono ampi ma versatili nella lunghezza. Mentre la maglia e le camicie si alternano cercando dui mantenere un certo vigore che poi viene messo in discussione dall’asimmetria e dal mix di pattern che sottolinea l’unicità della collezione.

I

DESIGNERS

E

LE

LORO

ICONE

Nato in Cina nel 1987, si trasferisce in Italia per proseguire i suoi studi nel campo della moda. Da sempre grande appassionato di questo settore, la sua missione personale è di portare una ventata di freschezza nel mondo del menswear. Secondo la sua filosofia la maggior parte dei brand evita accuratamente o quanto meno il più possibile le caratteristiche dell’abbigliamento femminile, tanto che alcuni stilisti hanno adottato sempre di più una forma molto conservatrice; per quanto loriguarda preferisce uno stile “non-donna”, cioè che i due sessi possano condividere più forme ed elementi. La moda non ha senso se non serve alla gente. Io lavoro da sempre sulla ricerca del giusto equilibrio tra il classico sartoriale e nuove esplorazioni di forme e di materiali per l’abito maschile.I materialI in sé non sono caratterizzati da specifici campi applicativi. In altre parole, tutti i materiali possono essere utilizzati nella progettazione di moda e degli accessori. Infatti, molta della sua ispirazione viene da ciò che un materiale ispira indipendentemente dalla tipologia.

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HAIDER

ACKERMANN

"

I'D

LIKE

MY

WORK

TO

LET

THE

PERSON

WHO

WEARS

IT

BE

WHATEVER

SHE

IS"

Poeta visionario e cosmopolita, rappresenta nella moda uno degli astri nascenti più brillanti la cui poetica è sospesa tra Oriente e Occidente. Haider è nato a Santa Fe de Bogotà, Colombia, nel 1971, e adottato da una famiglia francese. Nel 1994 parte per il Belgio dove studia per tre anni alla prestigiosa Royal Academy of Fine Arts di Anversa,la sua moda è un incontro di forme affusolate e colori profondi, quasi simbolici, catturati durante i suoi innumerevoliviaggi. Crea un concept che assembla sensi estetici traversali, dando vita a capi asimmetrici e materiali differenti ma moderni sempre costruiti in maniera sofisticata su una silhouette femminile rigorosa e androgina. La sua sensibilità nell’uso di drappeggi e trame emerge ad ogni collezione, i suoi materiali d’elezione sono la pelle e la seta, e il suo stile sembra risentire in maniera evidente dei grandi stilisti giapponesi, Rei Kawakubo su tutti. I DESIGNERS

Autunno Inverno 2013 14 COLLECTION Struttura la sua collezione in modo più corposo e consistente, utilizzando materiali spessi, e avvolgenti e affidandosi a una palette invernale e suggestiva. I suoi classici colori-gioiello si tramutano in tonalità autunnali e urbane, il look incorpora elementi di stile maschile e tocchi di ispirazione militare. I drappeggi che sono un trademark del suo linguaggio vengono restituiti in dosi ridotte e lavorati con mano più parca, mentre si avverte un pensiero attento alla definizione della silhouette. L’ immagine della sua donna è sempre importante: una personalità intellettuale e passionale, regale nella postura, sensuale nell’ attitudine e nell’ incedere, capace di dominare le forme sfidanti della moda di Haider.

E LE LORO ICONE

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JURGI

PERSOONS:

"IF

YOUNG

PEOPLE

DON'T

WANT

TO

BE

REBELLIOUS

WHO

WHAT'S

THE

ART

OF

DESIGNING

THEN?"

I

DESIGNERS

E

LE

LORO

ICONE

Nato vicino a Bruxelles nel 1969 studiò nell’accademia reale di Anversa. Fin dall’inizio adotta un’estetica che tende ad esplorare tutte le imperfezioni naturali del processo creativo. A Persoons piace deformare i classici, lacerare le scollature e strapare le fodere, tordendo e riducendo il tutto di nuovo. E’ in grado di abbracciare il più piccolo difetto e valorizzarlo. La sua ossessione è il lavoro fatto a mano: modelli complessi con trame rozze dai bordi logori e flosci, caratteristiche cuciture bianche su sfondo neroe un taglio quasi maschile. “La moda è un linguaggio universale. E ‘inteso in tutto il mondo, quindi mi sento come se avessi l’obbligo di assicurarsi che le persone parlano tra loro”.

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AUTUNNOINVERNO 2015 16 COLLECTION La sua collezione “Ambiguous” tratta del panorama di perdita della identità e della mancanza delle certezze in sé stessi è lo scenario nel quale il bisogno di massa giustifica la produzione di massa, secondo la Lepore, laddove l’industria del fashion crea prodotti standard. L’uomo scompare per far comparire l’ominide. “Ambiguous Collection” rappresenta la redenzione dell’ominide, tramite il linguaggio della cultura rivoluzionaria dei Sixties, una nuova generazione che oggi sta uscendo dalle logiche di standardizzazione e di normalizzazione, per l’affermazione del “Sé”. Lepore preferisce promuovere la sua visione personale delle cose attraverso le collezioni, prendendo le distanze da qualsiasi tipo di etichetta o definizione. Il suo scopo è mettere in scena con i suoi look l’ambiguità intrinseca dell’uomo contemporaneo, la cui identità non è più definibile con categorie prestabilite. Abiti oversize dai tagli spesso asimmetrici, confezionati con materiali high-tech e trame leggere, camicie rifinite con cura, giacche e dettagli in pelle nera. La tavola cromatica si limita al bianco, grigio e nero, creando una continuità visiva tra una collezione e l’altra. i capi che compongono la collezione Ambiguous si adattano infatti ad un corpo sia femminile che maschile, proponendo un look decisamente androgino. La designer però spiega, “Non è mia intenzione affrontare o superare il concetto di genere, piuttosto sviluppo la mia idea di estetica.”

DESIGNERS E LE LORO ICONE

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Autunno Inverno 2016 17 COLLECTION La collezione ripropone temi stilistici che li hanno spinti alla ribalta, raggiungendo un livello crudo e meno levigato: uno street style rivisto e sovvertito nei volumi e nelle proporzioni, unito a uno styling provocatorio e cool, ribelle, androgino e cross-gender.

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DESIGNERS

E

LE

LORO

ICONE

Classe 1981, di origine georgiana e di nazionalità tedesca, Demna Gvasalia è il giovane stilista recentemente nominato direttore creativo di Balenciaga. Il percorso del fashion designer è inizio alla Royal Academy of Fine Arts di Anversa. lo stilista si lancia in un’avventura dal carattere indipendente come Vetements, brand al quale dà vita insieme ad altri sette creativi inizialmente rimasti anonimi. Le profonde competenze tecniche del designer, acquisite con la formazione accademica e maturate nelle celebri maison, si fondono alla sua ricerca di innovazione e alle riflessioni che compie sul ruolo dei capi stessi. Nelle collezioni presentate lo streetwear si combina al decostruttivismo, ricreando i volumi nelle forme oversize e reinventando l’aspetto materico con tessuti e texture inaspettati. Il gruppo Kering decide di affidargli il timone creativo di Balenciaga, senza guida in seguito alla dipartita di Alexander Wang. Demna Gvasalia lavora fedelmete al brand Vetements, dove il designer mantiene le sue responsabilità per portarne avanti il progetto.

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VIVIENNE

WESTWOOD:

"It

is

not

possible

for

a

man

to

be

elegant

without

a

touch

of

femininity."

Vivienne Westood, nata nel Derbyshire nel 1941 è una vera e propria icona. La piu grande stilista britannica vivente è un simbolo dell’Inghilterra allo stesso tempo detiene il titolo di regina dello stile punk. Grazie alle collaborazioni con Malcom McLaren, son riusciti entrambi a modificare radicalmente la gente che percepiva la moda. Divenne negli anni ‘80 una delle stiliste più affluenti al mondo senza una base di formazione professionale canonica. Attraverso la ricerca accanita dell’abito europeo e la maniacale attenzione al dettaglio, ha inventato abiti carichi di riferimenti storici, capovolgendo le idee convenzionali. I suoi modelli sono riconoscibili per la voluminosità dei tessuti, dato che la Westwood ottiene spesso le sue forme e dimensioni grazie ad un sistema elaborato di piegatura e a tecniche non convenzionali di taglio dei modelli. Una stilista anti-conformista che segue i suoi interessi e i suoi temi, sensibili alle condizioni sociali e ambientali dei nostri tempi.

I DESIGNERS E

PRIMAVERA ESTATE 2016 17 COLLECTION Meno distanza tra i sessi nel look: è quello che emerge nell’ultima sfilata di Vivienne Westwood, Colori e fantasie a contrasto, trasparenze, gonne per gli uomini e look androgino per le donne: sono questi i tratti essenziali di una collezione destinata a suscitare scalpore, non tanto per determinati elementi, che dagli anni ‘80 a oggi sfilano sulle passerelle di diversi stilisti, quanto per gli accostamenti decisi e insoliti. Ma stavolta questi abiti non sono realizzati a scopo filosofico, ma per essere indossati. La nuova collezione di Vivienne Westwood non vuole mezze misure: il gessato diventa un must ma color rosa antico per l’uomo, mentre il look della donna si tinge dei colori primari per un contrasto cromatico. Un discorso a parte per le trasparenze, che compaiono in differenti modelli, in particolare quelli maschili; queste creano un’immagine d’impatto in chi le indossa, sia che siano presenti su una maglia, sia che si trovino su una gonna. I tessuti sono morbidi e ampi, mentre dominano la rete e le righe. I colori rilevanti sono sabbia, verde mela e vinaccia. Il concetto di androginia quindi è dominante, quasi come se gli abiti di questa collezione siano unisex, a rimarcare un senso di libertà che da sempre appartiene profondamente a questa stilista.

LE LORO ICONE

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capitolo ix rICK OWENS E LA SUA ANIMA ANDROGINA

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ANDROGINA ANIMA SUA LA E OWENS RICK

Californiano, precisamente di Porteville, classe 1962, Rick Owens è l’antitesi del glamour Holliwoodiano. Con i suoi lunghi lisci capelli nero corvino e il suo fisico da bodybuilder. Rick ha studiato alla Parsoons College di Arte e Design per due anni prima di iscriversi al corso di modellista. L’obbiettivo era quello di imparare a farsi capi per se stesso, per poterli indossare, invece, è riuscito a portare alla luce le sue abilità nel grande mercato. Ha creato la sua etichetta nel 1994 iniziando a vendere le collezioni attraverso una promettente boutique. Nel 2002, Vogue America si offre di sponsorizzare la collezione “autunno/inverno”di Owens. A New York. Rick presentò la sua prima collezione, alla Fashion Week portando una fresca aria californiana. Oggi il suo “glamour-meets-grunge” estetico, viene riconosciuto in tutto il mondo,alle sue storiche giacche in pelle, divenute un must-have, i suoi abiti strutturati e la maglieria. Semplici forme geometriche e influenze architettoniche. Appaiono regolarmente nelle sue collezioni le modelle che diventano parte integrante dello spettacolo, proprio come la location. Tutto è in armonia e coerente con il suo stile. Il modo di camminare delle sue modelle è immediatamente riconoscibile, mostrando note di romanticità e tenacia. Kristen Owens1, iconica modella degli anni ‘90, molto apprezzata dallo stilista, seppe esprimere il suo stile alla perfezione. Gli indossatori negli show di Rick hanno anche loro la camminata “Rick Style” e concludono sempre come fossero delle bande che marciano insieme compatti. 1

Autumn/Winter 2014 Ready-To-Wear Kirsten Owen (nata a Monreal il 22 novembre 1970) è una modella inglese canadese.

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RICK OWENS E LA SUA

Autumn/Winter 2002 Ready-To-Wear

1 Michèle Lamy è la moglie e musa dello stilista americano Rick Owens. Di origine algerina, è nata e cresciuta in Francia durante la Seconda Guerra Mondiale.

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ANDROGINA

"La cosa più cool è quando non ti preoccupi più di essere cool. L'indifferenza è il migliore afrodisiaco: questo è lo stile in sintesi per me"

ANIMA

All’inizio della sua carriera Rick usava materiali di recupero trovati da rigattieri e nei magazzini di eccedenze dell’esercito. Gettava le basi per la sua estetica. In collaborazione con Michele Lamy1 Owens, creò la “Rick Owens Corporation”, una delle aziende più di successo ed indipendente fra fashion brands . Rick nel 2002 sbarcò alla rivista I-D , con una specie di provocazione e dibattito. Ebbe vari guai dopo la pubblicazione di un ritratto nudo che gli urinava in bocca, divenne pubblicato da Terry Jones. Rick confessa che fu solamente un fotomontaggio dove usciva semplicemente dell’acqua da un tubo nascosto, ma ormai la rivista aveva suscitto molto clamore, La foto fu bannata in America. Questo episodio lo fece etichettare come un “cattivo ragazzo” che lo accompagnò per molto tempo nella sua carriera. Rick ne va tutt’ora orgoglioso. Sempre rimanendo nel 2002, Rick, intende debuttare con la sua collezione primavera/estate 02, che fu cancellata a causa dell’attacco dell’11 settembre. La stagione successiva, l’autunno/inverno 02, presenta la collezione intitolata “Primavera alla New York Fashion Week”. La canzone di sottofondo allo show fu di Alice Cooper e Iggy Pop, fu uno show monocromatico, di forte impatto. Furono presentate meravigliose giacche in pelle, abiti lunghissimi che si aggrappavano e si attorcigliavano al corpo. I modelli indossavano passamontagna che rendeva la figura androgina, completando il tutto con sfumature sottili, dal bianco al marrone-grigio e nero.


ANDROGINA ANIMA SUA LA E OWENS RICK

La cosa affascinante degli esordi di Owens, fu proprio il fatto lavorare con vecchi abiti militari. Con i pantaloni creava giacche, tutte costuituite da tessuti diversi, erano tutti pezzi unici, ma non volevano essere Alta Moda. Owens confessa, che progetta l’elemento androgeno inconsciamente, che fuoriesce , perché egli non definisce sessualmente le sue forme, non ha un soggetto di riferimento in particolare. Owens non fa minigonne e non crea abiti molto attillati per esagerare le curve femminili,i materiali che usa sono morbidi e in ogni realizzazione si nota un certo languore che diventa automaticamente un po’ ambiguo. Non si tratta di un effetto premeditato, ma di una cosa che gli viene naturale. Non cerca la provocazione, ma tenta solamente di essere sensibile rispetto la modernità, e rispetto a ciò che è normale e appropriato nel contesto storico in questione. Owes propone anche scarpe: scarpe molto alte. Calzature che modificano la camminata e che conferiscono al passo un certo ritmo, dando la sicurezza del piede ben piantato a terra. Non ci sono mai un tacchi a spillo nelle sue collezioni, così come non ci sono le minigonne. Owens crede fermamente al suo concetto di praticità affermando che è inutile costringere una donna ad essere più vulnerabile con tacchi e minigonne, quindi la mancanza di praticità non rientra nel suo stile, pur valorizzando il corpo e la nudità a suo modo. Le collezioni dello stilita vengono definite da esso stesso: un idealismo danneggiato. Dalla collaborazione tra Owens e Michele nascono nuovi tessuti, non troppo complessi o troppo hi-tech. I suoi capi in cuoio ad esempio, sono molto rinomati, meravigliosamente rifiniti , l’importante è la confezione e le varie forme. Ma non da per scontato la sensazione tattile del tessuto. I tessuti non saranno mai troppo vistosi, tutto ciò è molto importante per Owens essendo interessato piu all’architettura degli indumenti. La sua visione non ammette ripensamenti, gioca con la forma e le proporzioni del corpo proponendo spalle ampliate, piedi gonfi, braccia allungate. Le sue sfilate possono sembrare pungenti, volgari, corrosive e intimorenti, con modelle dai capelli rasati sulla nuca per esagerare la parte anteriore della testa o che sfilano in coppia o in tre in una volta con basi di musica hardcore o technocore. Ma quando si osservano i capi direttamente, lontano dalla artificiosità e dal fasto della passerella, ci si accorge che sono eleganti e molto facili da indossare.

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Autumn/Winter 2013 Ready-To-Wear

Spring/summer 2011, Ready-To-Wear

Autumn/Winter 2010 Ready-To-Wear

Spring/summer 2016, Ready-To-Wear


LA SUA ANIMA ANDROGINA

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Terry Jones, “Rick Owens”, Colonia (D), Taschen, 2013

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OWENS

Spring/Summer 2016 Ready-To-Wear

RICK

Fin dal suo arrivo a Parigi, Rick ha rivelato il suo stile particolare conquistando donne come Corinne Day e Madonna, Jennifer Aniston o Linsday Lohan, che indossano con regolarità i suoi capi. Ad ogni stagione, Rick esplora in profondità il suo concetto di femminilità e di mascolinità, con un gusto cromatico che tende ai diversi colori naturali, neutri che tendendo alla sobrietà, come al nero. al pietra o al bianco, anche se a volte aggiunge dell’argento o un elemento umoristico. Ancora Rick Owens e la compagna e socia, Michele Lamy,ripropongono quasi tutti i pezzi della prima collezione. Sono infatti semplici capi con taglio obliquo, le stesse canottiere, le stesse magliette, le stesse giacche di pelle, è tutto uguale. Owens va molto fiero di ciò, ed afferma che creda sia la parte migliore del suo lavoro. Tutto ciò nacque senza progetti commerciali, senza sfilate, si presenta direttamente ai negozi, consegnando i suoi capi e confrontandosi con i venditori. Anche il sistema delle taglie è un po’ diverso dalla solita impostazione nelle tradizionali aziende, lavorando artigianalmente, realizzano i loro capi sia in un piccolo stabilimento in Italia, lavorando a mano, provando continuamente diverse pelli, di conseguenza ogni pelle si comporta in maniera diversa, quindi è difficile stabilire una taglia. Tutto ciò rende il pezzo veramente unico e prezioso. Non esistono molti stilisti comparabili a Rick Owens, il cui lavoro è immediatamente riconoscibile per i caratteristici tagli obliqui. Anche il logo è semplice e funzionale, senza esigenze particolari: due rettangoli cuciti insieme dietro ad ogni indumento con il nome della marca e della data della collezione. “Non è possibile evitare che i vestiti siano un elemento del proprio modo di esprimersi. Anche ciò che sto indossando ora comunica un messaggio”. Ho sempre desiderato creare un nuovo lessico nell’abbigliamento. Ci sono cose che sono diventate inequivocabilmente mie, pantaloni di sbieco, alcune giacche, queste cose saranno per sempre nelle mie collezioni”1


ANDROGINA ANIMA SUA LA E OWENS RICK

Una collezione fortemente androgina è quella andata in passerella per la primavera estate del 2013, una delle più caratterizzanti. Anche prchè è una collezione con la completa assenza di colore, totale, nella prima parte della sfilata, aiutando a dare risalto alle silhouette, completamente riviste, destrutturate, morbide e in grado di annullare ogni differenza di genere. Spariscono gli abiti classici del guardaroba maschile e, al loro posto, compaiono maglie e camicioni, lunghi e spesso drappeggiati. Pantaloni privi di struttura, lunghi fin sopra la caviglia o tagliati al ginocchio e indossati con zoccoli open toe e scaldamuscoli. Una collezione, in definitiva, al 100% androgina, fatta anche di maglie smanicate e ricche di rouches, trasparenze, lunghi camici che hanno molto a che vedere con il più classico dei minidress e veri abiti patchwork lunghi fino ai piedi. Al nero e bianco iniziali si aggiunge un’ampia gamma di neutri, nelle cromie del beige e del grigio caldo. pur lavorando sempre sul romanticismo tendente al gotico. I capi di Rick Owens esprimono il peso dell’esperienza di una vita vissuta intensamente, fuori dagli schemi e dalle regole, in ribellione costantemente dalle imposizioni di marketing e di pubblicità--.

Spring/Summer 2013 Ready-To-Wear

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RICK

Oggi il marchio Owens crea cinque collezioni l’anno: una maschile, una femminile, una pre-collezione femminile, una linea chiamata Lilies1, composta di semplici quanto splendidi indumenti di base nel materiale caratteristico dello stilista, il jersey di viscosa e seta, e una collezione denim lavorato chiamata DRKSHDW2.Owens disegna anche un’eclettica gamma di mobili e una collezione di pellicceria chiamata Palais Royal. Nel 2007, ha vinto il National Design Award della Cooper-Hewitt per gli eccezionali traguardi raggiunti e il premio The Rule Breakers del Fashion Group International. Negli ultimi tempi, la presenza di Owens come stilista sembra quasi essere apparsa dal nulla. In realtà le collezioni vengono firmate dal 1994. L’estetica di Owens, non ha a che fare con proposte “ di pantaloni pretenziosi e costosi”, secondo le sue parole :” nel mio modo di disegnare si nota un pragmatismo che lo rende molto americano, anche se possiede una certa atmosfera evocativa dell’Europa nella mente degli americani.”3 Questa la ricetta infatti che ha portato all’ascesa delle sue vendite e all’espansione dei suoi negozi, passati da otto a novanta in tutto il mondo. Inoltre influenze storiche come Vionnet, Fortuny e Gres, famosi per il loro approccio scultoreo al corpo. Owens ha mescolato eleganti forme allungate, gamme cromatiche dai toni smorzati e prodotti di lusso nel contempo sperimentali. Il richiamo autobiografico traspare nei suoi capi, adottando un atteggiamento innovativo ed incauto, un sano senso dell’umorismo e l’assenza delle pubbliche relazioni, sono alcune delle sue ricette segrete che gli hanno conferito il successo.

OWENS E LA SUA ANDROGINA

1 La linea di Rick Owens Lilies è una versione diversa della visione stilistica del designer americano . Una linea di diffusione apparentemente minimalista e semplice che non nasconde, però, il lavoro intricato che viene utilizzato per creare ogni pezzo ; cura del dettaglio e della manifattura, attenzione ai tessuti ed alle materie prime

2 DRKSHDW by Rick Owens è la linea denim lanciata da Rick Owens nel 2008, che ha ottenuto immediatamente un ampio e favorevole riscontro. Nella linea DRKSHDW sono mantenuti lo stile glam-grunge che contraddistinguono il tocco di Rick Owens, che si conferma uno dei massimi esponenti di un minimalismo chic e forte. 3

Terry Jones, Rick Owens, Colonia (D), Taschen, 2013

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ANIMA

DRKSHDW

Lilies

Owens’s forniture


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Dal lavoro di tesi e dalle analisi effettuate durante la ricerca è emerso che la figura androgina è sempre esistita , è un archetipo primordiale consolidato nella società. La tesi indaga sulla configurazione attuale di un mito che ha attraversato i secoli e le culture più diverse. Il tema dell’androgino oggi descrive una tendenza che, nelle sue più differenti espressioni, si sta rivelando molto presente. Nel primo capito “Origini del mito” sono giunta alla conclusione che ci sono miti e leggende che narrano da sempre questa figura emblematica. Grazie al mito di Adamo ed Eva, al Simposio di Platone e della Metamorfosi di Ovidio, veifichiamo come il mito dell’androgino pur trattato in maniera differente, segue lo stesso filo conduttore: la ricerca dell’opposto che ci è stato strappato, la volontà di diventare completi ed unici. Questi miti sono alla base di studi psicologici e psicoanalitici che affronto nel secondo nel capitolo “La parte psicologica, un dibattito fra Freud e Jung”. Qui si espongono, appunto, le differenze di pensiero tra i due Psicologi. Da una parte le teorie di Freud, la sua binarietà: Tutto ciò che è terzo diventa patologico e sbagliato. Dall’altra, invece Jung afferma l’opposto. Parlando di Anima (parte femminile nell’uomo) e Animus (parte maschile nella donna), Jung spiega con chiarezza, che i due opposti sono parte di ogni individuo, sono complementari. Non si può negare alla nostra psiche la volontà di unire l’energia maschile con quella femminile perchè intrinseca nel nostro essere . Grazie alle sue teorie, da il via a diversi modi di vedere e interpretare questa figura. Si moltiplicano le ricerche di identità sessuale, che rifiuta ogni stabile definizione e propongono, invece, l’ambiguità o l’ambivalenza come scelta di vita. Gli individui androgini si mostrano refrattari a ogni integrazione univoca e binaria. Nella letteratura, (vedi capitolo affrontato “I miti letterari”), attraverso le “Mademoiselle de Maupin” di Theodore Gautier o “L’amazzone di Bradamante” nell’Orlando furioso dell’Ariosto (e in molti altri), troviamo storie di lotta, di ribellione, di costante ricerca della felicità individuale. Di notevole importanza nel contesto androgino, sono gli scritti di Virginia Woolf, in particolare “Orlando”, dove la ricerca della propria sessualità è trattata con estrema sensibilità e ingegno da parte della scrittrice. Molti artisti le dedicano opere o si ispirano ai suoi capolavori letterari, ad esempio Cesare Viel con la sua riflessione sull’identità molteplice. Lo troviamo nel capitolo “La rappresentazione dell’archetipo”, dove tanti altri artisti vegono citati e trattati in maniera più o meno approfondita. La via della rappresentazione dell’archetipo può essere astratta o concettuale, e forma una connessione tra i due sessi. E’ attraverso l’arte che si inizia a parlare di “androginia psichica”. Grazie alle opere di vari artisti, come Pollock, con i suoi dipinti astratti, Duchamp con “Rrose Selavy” o attraverso l’icona di Tomaso Binga, è chiaro come la volontà artistica cerca di stupire e shoccare lo spettatore, pungendolo. Grazie agli esempi citati nel capitolo, si riesce a comprendere quanto l’arte aiuti questa presa di coscienza , rappresentando la figura androgina e la fusione di genere con il suo linguaggio. Si crea una forma di espressione cosciente capace di trattare temi sensibili. Anche la fotografia è importante, utilizzando come veicolo l’icona androgina, che diventa simbolo di provocazione e trasgressività. La forografia usa come pretesto questo archetipo per creare confusione, instabilità, scuotendo lo spettatore. Sulla stessa lunghezza d’onda in quei anni alla fine degli anni ‘60 anche il Cinema e le performances, con gli happenings di Yayoi Kusama.


I N O I S U L C N O C

Proprio in quegli anni, in particolare verso gli inizi degli anni ‘70 , un fermento che ha mutato la società in quel periodo, anche attraverso un ibridazione dei coportamenti tra i due sessi (Capitolo la ribellione androgina) che ha eliminato (in parte) le differenze di genere: il femminismo. Dalle rivolte femministe sono giunta alla cocnlusione che sono state essenziali per il mutamento sociale contemporaneo. Grazie a queste “insurrezioni”, il termine androgino viene ridefinito, non solo in senso femminile ma anche in maschile, emancipando “la zona grigia del genere”, proprio come la intendiamo noi oggi. Nasce attraverso questi forti mutamenti sociali, (che hanno sdradicato il “ruolo” della donna nella società,e di conseguenza anche quello dell’uomo), una consapevolezza dei propri diritti. La libertà contro il sistema maschilista da sempre imposto al mondo femminile. Da questo cambiamento nel tessuto sociale, gli usi e i costumi si sono modificati, la concezione dei “ruoli” è cambiata e di conseguenza anche la moda ha subito una profonda trasformazione. Nel capitolo “La moda genderless” si capisce come questi profondi cambimenti hanno influenzato la moda e il modo di concepirla. Poter utilizzare questo potente mezzo di comunicazione di massa come strumento di libertà d’espressione per definire sè stessi e la propria individualità, è stato molto importante per provocare, emancipare, e riscattare la propria sessualità. Quello che ho voluto sottolineare è come la moda (che da sempre ha definito il sesso, il contesto storico e lo stato sociale), si sia evoluta grazie a queste rivoluzioni, facendo sì che i limiti di genere si confondessero e si espandessero. Al contempo viene messa in discussione una possibile onnipotenza dell’androgino sul proprio corpo. Le icone e i designers che hanno contribuito a questo cambiamento radicale nella moda, sono molti, ad esempio Coco Chanel o Giorgio Armani, i quali che anche se non volevano creare una moda per un” terzo sesso”, hanno aiutato i designers di oggi a coltivare un nuovo stile: Agender o Genderless. Non stiamo parlando di una moda unisex, ma di una moda che va oltre il genere, mettendo in discussione la sessualità dell’individuo. La moda conferisce il potere di scegliere ciò che ci può definire utilizzando il fashion system come supporto. Attraverso lo studio di vari marchi e aziende prese in considerazione (non a caso), lo stile Genderless emerge con forza. Ogni brand interpreta la “sua” figura androgina, secondo i suoi canoni stilistici, proponendo collezioni particolari inspiratie ad un mondo complesso e affascinante. Tra tutti i designers trattati, quello di maggior rilievo per me, è Rick Owens. Mi ha aiutata ad avere una personale visione su questo tema. Ho dedicato un intero capitolo al suo genio, per il suo modo particolare di vivere, per la sua filosofia e per le sue abilità creative. Il fatto interessante è che nella sua indole creativa non da importanza al genere. Il suo lavoro è completamente asessuato, incontaminato, non definisce sessualmente le sue forme. Owens non ha un soggetto di riferimento, non crea minigonne o non fa indossare alle sue modelle i tacchi. La praticità e il sentirsi bene con ciò che si indossa sono la chiave che fa nascere forme ambigue che “deformano” il corpo. Il suo lavoro metodico e “arrogante” lo rende interessante, speciale ed unico. Minuzioso e sfrontato, riesce a creare un mix di opposti che richiamano inconsciamente la figura androgina. In conclusione, con questo elaborato tesi ha cercato di sviluppare a 360 gradi un mondo per me affascinante. L’androgino dev’essere l’incognita di cui non bisogna aver paura, bisognerebbe , invece, utilizzarla come evasione dalla consuetudine. L’androginia è una possibilità di rompere quei canoni così radicati nella società. Abbiamo bisogno di provocare e scuotere le masse, abbiamo bisogno di eccessi e di aprire le menti, senza giudicare il prossimo o noi stessi. L’androgino non ha confini perchè non è un soggetto definito,ma liquido , che possiamo contaminare con le nostre idee, il nostro stile, la nostra personalità, il nostro modo di vivere.

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• Mapelli Barbara, L’androgino tra noi, Roma , Ediesse, 2015

• Terry Jones & Avril Mair, Fashion now, Colonia (D), Taschen, 2003

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• Andrea Batilla, SE CONTINUI A DORMIRE NON TI PIACE RICK OWENS, http://www.vixmagazine.it/rick-owens-estate-2016/, ultima consultazione 4 ottobre 2015

• Terry Jones & Susie Rushton, Fashion Now 2, Colonia (D), Taschen, 2008 • Angelo Flaccavento, Modernismo in grigio e melanconia da Rick Owens, http://www.moda24.ilsole24ore.com/art/stili-tendenze/2012-11-22/ • Terry Jones, Rick Owens, Colonia (D), Taschen, 2013 modernismo-grigio-melanconia-rick-163027.php?uuid=AbHp1Q5G, ultima consultazione 23 novembre 2012 • Claudia Palombi, Stile Androgino, http://www.chicstyle.it/stile-androgino/, ultima consultazione 11 settembre 2015 • Elena Brenna, La mente più creativa? È quella androgina, parola di Virginia Woolf (e degli psicologi), http://spuntidimezzanotte.com/mente-creativa-androgina-andorginia-creativita-virginia-woolf/, ultima consultazione 15 maggio 2015 • Giorgia Baschirotto, Londra e l’androginia negli abiti di Ilaria Lepore,

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