Gorilla Magazine

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speciale

Gorilla Magazine, numero 0 - settembre/ottobre 2008


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Attenti al gorilla!

Le Arti in Città 2008 Quando un progetto ben concluso si avvicina alla seconda edizione, la difficoltà è sempre quella di confermarsi, tentando al contempo di migliorarsi, riuscendo ovviamente a non ripetersi. A mio avviso Le Arti in Città può aspirare anche a questo dopo aver raggiunto i seguenti e fondamentali obiettivi. Obiettivo uno. E’ stato dimostrato come Perugia sia un laboratorio di sperimentazione riferito alle tematiche, ai linguaggi, alle forme della contemporaneità che a pieno titolo, con coscienza e modestia, può dialogare con i punti più elevati di ricerca e innovazione. Obiettivo due. Esiste l’esigenza. La nostra è una città che anela, desidera, aspira ad essere parte attiva di un nuovo processo dialettico partecipato. Traduco: non sono solo quattro “disperati intellettualoidi” a porsi le prospettive indicate nell’obiettivo uno ma, come dimostrato dalle presenze dell’edizione 2007, molti sono coloro i quali partecipano, a vario titolo, ai percorsi proposti. Li abbiamo, almeno in parte, intercettati. Obbiettivo tre. E’ possibile far dialogare conservazione e valorizzazione del patrimonio con la ricerca su segni e linguaggi. L’una non esclude l’altra, come molto e molti hanno voluto per troppo tempo far credere, rallentando così lo sviluppo del paese. Obiettivo quattro. Agiscono nella nostra comunità molti giovani intellettuali, scrittori, artisti, attori, musicisti, fotografi e poeti che già sono una straordinaria potenzialità da mettere al servizio della costruzione della città futura. Ne siamo fieri e pensiamo che possano essere all’altezza dei tanti e importanti personaggi che li hanno in questo senso preceduti. Della passata edizione rimangono negli occhi e nella memoria i colori delle opere di Germinazioni in Via della Viola, la musica di Murcof e Arcelli assieme alle forme di Saguatti a San Francesco al Prato, il violoncello di Sollima nella Rocca Paolina, il mondo di Umane Energie, con le speranze ad esso connesse, nella recuperata chiesa della Misericordia. Una città ravvivata, rinfrescata, approfondita nel suo essere entità pulsante aperta al mondo. Altrettante speriamo siano le emozioni e le possibilità di riflessione che il programma di Le Arti in Città saprà offrire nell’autunno 2008, a partire dal racconto per immagini che Alessandra Baldoni, Francesco Capponi e Andrea Marchi propongono nelle sale di Palazzo della Penna dal 5 settembre. Un caro ringraziamento a tutti coloro che hanno reso possibile il progetto, con un pensiero particolarmente grato a Piercarlo Pettirossi e Moreno Barboni, amici e professionisti, senza i quali Le Arti in Città non sarebbe esistita. Andrea Cernicchi Assessore alle Politiche Culturali e Giovanili del Comune di Perugia

Era il 1968 quando Fabrizio De Andrè tradusse e cantò Il gorilla, dello chansonnier Georges Brassens. “Attenti al gorilla!” si diceva in quell’ironica lirica di sberleffo al potere. In quella canzone si narrava di cultura popolare, di denuncia sociale, di gabbie reali, mentali e sessuali e anche di un gorilla. Il gorilla era l’emblema della forza bruta e cieca, dell’irrazionalità ma anche della necessità creativa che riesce, in caso di necessità, a fare di un magistrato uno strumento atto a placare le pulsioni più animalesche. Il gorilla è la Rivoluzione che una volta liberatasi dalle proprie catene si scaglia contro i paladini dello stato borghese e ne fa man bassa, riprendendosi tutto quello che gli era stato tolto con la cattività. Ora la gente si reca allo zoo, ad ammirare quel singolare primate, tanto simile a noi quanto diverso, guardandolo con curiosità, come si farebbe con uno specchio deformato che riflette la nostra immagine ma in maniera diversa da come siamo abituati a vederla. L’umanità del gorilla è la sua condanna. Esso rappresenta l’essere umano nelle sue pulsioni primordiali, nei suoi bisogni più impellenti e, nell’immediatezza delle sue azioni, nella sua spontaneità ed ingenuità noi intravediamo quello che avremmo voluto essere in tante situazioni. Per questa sua somiglianza lo teniamo in gabbia, volendo sottolineare con quelle sbarre la superiorità della nostra coscienza individuale e sociale che ci ha affrancato dallo stato bestiale. Alejandro Jodorowsky, in una sua pièce teatrale intitolata appunto “Il gorilla”, rende omaggio alle riflessioni kafkiane sulla metamorfosi con uno spettacolo dedicato ad un altro “quadrumane” in fuga che per salvarsi la pelle è costretto a trasfigurarsi in umano, compiendo al contrario il terribile percorso del Samsa-Scarafaggio. Il gorilla di Jodorowsky, interpretato sul palco dal figlio Brontis, si dimostra, alla fine del suo percorso di mutazione, un apprezzato pensatore ed oratore che, invitato a ritirare una laurea honoris causa all’università, disserta sulla vera essenza dell’umanità, sotto lo sguardo ammirato dei più importanti accademici del globo. Anche in questo caso il gorilla di Jodorowsky, come quello di De Andrè, diviene una figura archetipica attraverso la quale simbolizzare una critica sociale alla vacuità autocostruita delle prigioni umane, un costrutto filosofico per cui la bestialità debba essere un diritto garantito dalle leggi di natura e non una acquisizione ragionata di un essere pensante. Insomma il gorilla non è solo oggetto dello sguardo, ma anche soggetto di un sguardo trasversale, straniato e straniante, anticonformista, rivoluzionario, fuori dalle righe. Una alterità che in quanto tale si pone come soggettività senziente privilegiata. Da queste premesse nasce il nome del magazine che state leggendo, dalla ferma volontà di sostenere uno sguardo diverso sul panorama culturale contemporaneo. Gorilla Magazine è una creatura tutta sperimentale ed in divenire. Come un animale appena fuggito dalla sua gabbia, vuole lasciarsi trasportare dagli eventi, dalla novità di questa inaspettata libertà, dalla possibilità di far valere la propria individualità sul mondo che lo circonda. Dobbiamo buona parte dell’esistenza di questo numero zero del libero Gorilla alla manifestazione de Le Arti in Città e all’Assessorato alla Cultura e alle Politiche Giovanili di Perugia che ha voluto, come per l’edizione dello scorso anno, uno strumento di comunicazione che approfondisse le tematiche dell’evento. Senza lo sprono di Andrea Cernicchi ora il Gorilla sarebbe ancora in gabbia. Un’altra è poi l’eredità che il Gorilla non può ignorare e di cui è fiero portabandiera, ed è quella lasciatagli da Artico Free Press, del cui progetto Gorilla Magazine vuole essere la prosecuzione. Parte della prima redazione di Artico, con i suoi vecchi e nuovi collaboratori, ha deciso di lanciarsi in questa nuova avventura che speriamo al più presto si trasformi in una stabile realtà culturale del territorio. Nel frattempo godetevi questo numero. Per il resto non cercate il Gorilla, sarà lui a trovare voi e, nel ricordo di De Andrè, abbiatene timore solo qualora foste degli sprovveduti giudici o parrucconi benpensanti. Per il resto, il Gorilla vi vuole bene. Vincenzo Prencipe

www.gorillamagazine.it gorilla@gorillamagazine.it


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Gorilla Redazione Vincenzo Prencipe Antonella Carrera Davide Walter Pairone Luciano Carrera Alessandra Baldoni Francesco Capponi Grafica Luciano Carrera

Hanno collaborato Cristina Maiocchi Claudio Ferracci Valentina Romito Si ringrazia Andrea Cernicchi Moreno Barboni Piercarlo Pettirossi Copertina di

www.gorillamagazine.it Luciano Carrera gorilla@gorillamagazine.it

INDICE Orientarsi con le stelle Umane Energie 3.0 Open Source Meeting Lo schermo esploso - Claudio Sinatti Fluxn' Remix - WJs Graffiti Reserch Lab Canzoni in A4 I sogni della cittĂ Germinazioni Antropolis Refresh POV_ point of view Infusi - Dance gallery A Glimpse of Hope - Deja Donne

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ORIENTARSI CON LE STELLE

“In un corso del genere, dunque, esiste, o sicuramente dovrebbe esistere, questo senso di condivisione comunitaria, di persone tenute insieme da obiettivi abbastanza simili - una specie di legame di parentela, se volete [...] Ma quello che è d’aiuto, ne sono assolutamente convinto, è sapere che se poi dal tempo passato da soli in quella stanza esce fuori qualcosa, c’è qualcuno nella comunità che vuole vedere quello che si è fatto, qualcuno cui farà piacere se si è scritto qualcosa di vero e bello e che resterà deluso se non si è riusciti a farlo. In entrambi i casi, però, vi dirà quello che ne pensa- basta chiederglielo...” “Il mestiere di scrivere”, Raymond Carver.

Fotografie per una nuova carta dei cieli di Alessandra Baldoni

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Foto di Francesco Capponi

Ad Alessandra Baldoni, Francesco Capponi ed Andrea Marchi era stato dato il compito di raccontare, attraverso i loro sguardi diversi per impostazione e provenienza artistica, tutto ciò che accadeva durante le “Arti in città 2007”: ne è nato un diario a “più occhi”, un resoconto emotivo e vissuto “sul campo” di tutto il mese in cui si è snodato e declinato nelle sue forme l’evento. Nella prima stanza della mostra le immagini scattate dai tre fotografi durante le “Arti in città” dello scorso anno si incontrano ed avvicinano, si mescolano pur rimanendo distinte e distinguibili, creano una specie di striscia/fotogramma visivo che percorre le mura in una narrazione fatta di suggestioni e sentimento, di frammenti evocativi e dettagli preziosi. Nelle atre tre stanze invece gli artisti ci raccontano “chi sono”, ognuno dei tre con una piccola personale che ne identifica ed evidenzia la linea di ricerca così da presentarne il lavoro alla comunità: tre storie di autori diversi che aspettano solo di essere lette e di aprirsi al confronto. “Le cose che vedi” di Alessandra Baldoni è un lavoro fatto di immagini oniriche e metafisiche, piccole sceneggiature per uno scatto tratte da sogni, visioni misteriose, parole sussurrate nello scantinato dei desideri colati dalla notte; Francesco Capponi nelle sua “Bottega degli sguardi” costruisce strani marchingegni, giocose macchine fotografiche con cui si diverte a mostrarci il punto di vista delle cose; “Facil” di Andrea Marchi è un racconto dissonante e spesso stridente delle contraddizioni colte dall’obbiettivo durante i suoi molteplici viaggi. I tre fotografi sono stati seguiti e diretti nella progettazione e realizzazione dei lavori da Luca Beatrice che ha attentamente equilibrato ed armonizzato le parti: “Orientarsi con le stelle” non è solo e soltanto una mostra ma traccia una linea di senso, segna la via per un percorso che riconosce e dà la possibilità di una importante visibilità ai giovani talenti del territorio mettendoli in relazione tra loro e nello stesso tempo “a disposizione” della città. Ora tocca alla città alzare gli occhi verso le stelle e provare a leggere questa nuova carta dei cieli- ora pronta- e in attesa di occhi attenti e curiosi. Foto di Andrea Marchi

Foto di Alessandra Baldoni

rientarsi con le stelle” è il titolo della mostra che inaugurerà il 5 settembre a Palazzo della Penna e che formalmente taglia il nastro di partenza dell’edizione 2008 delle “Arti in città”. Mostra nata sotto un duplice segno e con l’intento di annodare concettualmente il capo di due fili distinti ma parallelamente tesi, necessari entrambi per la crescita culturale di una città e della sua comunità. Il primo filo è quello della continuità, in un certo senso dell’educazione dell’anima, per cui si cerca di creare eventi che si stratifichino nel sociale, piccole infiltrazioni di bellezza, situazioni di incontro e scambio che si intensifichino nel tempo creando una rete di relazioni, mettendo a sistema un insieme di individui e talenti altrimenti “soli” e scollegati. Il secondo filo è quello dell’evoluzione, di una sorta di sana ambizione culturale intesa come spinta al miglioramento e al perfezionamento che cerchi di evitare il rischio dello stallo in formule che risultino più o meno efficaci. Una memoria culturale quindi che si fa via via storia e narrazione all’interno di una collettività attiva e partecipe unita all’intento di scrivere e riscrivere ogni volta progetti più densi e compositi. “Orientarsi con le stelle” (non a caso il titolo della mostra è preso da Raymond Carver ed è sia titolo di una suo libro di poesie sia di una piccola raccolta di scritti dei suoi alunni prodotti durante un suo corso di scrittura creativa) cerca di mettere insieme queste due anime, di avvicinare due fuochi centrali, la cura per il prima e l’attenzione al poi, oltre all’importante compito di nutrire singoli talenti nel segno di una crescita fondata sulla collaborazione.

Orientarsi con le stelle mostra fotografica a cura di Luca Beatrice

Alessandra Baldoni - Francesco Capponi - Andrea Marchi

dal 5 settembre al 5 ottobre Perugia, Palazzo della Penna - Via Podiani, 11 Inaugurazione venerdì 5 settembre ore 18.30


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UMANE ENERGIE 3.0 puppet’s show

di Luciano Carrera

“Tutto il mondo è un palcoscenico e gli uomini e le donne sono soltanto attori, che hanno le loro entrate e le loro uscite. E ognuno, nel tempo che gli è dato, recita molte parti.” (W. Shakespare)

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o scenario del Mercato Coperto farà da cornice alla terza edizione del Parco multimediale Umane Energie 3.0. L’associazione Umane Energie nasce tre anni fa proprio per la necessità di unire la passione dei componenti per la video arte applicata alla interattività.

Nei due anni precedenti le edizioni del parco hanno messo l’accento sul mondo delle energie rinnovabili e sul consumo energetico, le “umane energie” che danno il nome alla mostra e all’associazione. Quest’anno le energie saranno usate per parlare delle città e dei suoi abitanti, spettatori e attori di una grande rappresentazione che fonda la cultura occidentale. Il mercato è palcoscenico perfetto per parlare della gente. È parte integrante del tessuto sociale di ogni città e oltre ad essere il luogo d’eccellenza per il commercio, rappresenta uno spazio privilegiato per la comunicazione interpersonale dove, tra ortaggi e generi alimentari, si condividono e si mischiano le storie personali con quelle degli altri. Tra macellerie, pescherie e fruttivendoli sarà possibile vedere/usare le installazioni che formeranno il percorso della mostra. Verranno utilizzate le botteghe del mercato, ora chiuse, che rivivranno come spazi espositivi e, tramite sensori di movimento, tilt sensors e diversi altri tipi di input, sarà possibile interagire con strutture che rappresentano luoghi-simbolo del vivere cittadino. La mostra sarà incentrata quindi sull’uomo, sui luoghi e sui rapporti sociali. All’interno del parco si potrà diventare quindi un marionettista di strada oppure indossare dei cappelli, ognuno caratterizzante una professione diversa, ed interpretare ad esempio un poliziotto, un manovale extracomunitario o altro. In un vero e proprio rione di quartiere, ricostruito in uno dei box del mercato, potremmo ascoltare le conversazioni degli abitanti che affacciano sul parco, ascoltando un po’ i fatti privati di tutto il vicinato. Per la realizzazione di tutta la struttura multimediale, così come lo scorso anno, verrà utilizzato Beduino, uno strumento open-source, nato dalla collaborazione tra Umane Energie e l’azienda informatica perugina ConfiniDigitali. Beduino è un progettato nato per semplificare la creazione di progetti artistici basati su sistemi elettronici. Con questa scatoletta di plastica è possibile ad esempio interagire con robot o video-controllers, interfacciarsi con strumenti MIDI e molto altro. Beduino è basato sulla piattaforma tecnologica del famoso progetto “aperto” Arduino e la sua differenza con il fratello maggiore consiste nella facilità di utilizzo non essendo necessaria alcuna specifica conoscenza di linguaggi informatici per la sua programmazione. Questa edizione di Umane Energie vuole quindi essere un omaggio alla città di Perugia e ad un suo luogo storico, il mercato coperto, luogo che rischia di scomparire a causa dei mutamenti urbanistici e sociali della cittadina e che si cercherà di rivalutare e far rivivere tramite le incursioni tecnologie delle installazioni multimediali, rendendo il luogo ancora per una volta un ambiente vivo dove risuonano le voci dei cittadini.

Umane Energie 3.0 - Puppet’s Show Spazio espositivo del Mercato Coperto 27 settembre 2008 - 12 ottobre 2008 dalle 10.00 alle 13.00 - dalle 15.00 alle 20.00 inaugurazione il 27 settembre 2008 alle 18.00 per info www.umaneenergie.com info@umaneenergie.com

TO BE A DIRECTOR

IE NE ENERG

UMA con: Da un’idea di Cristiano Arcelli, in collaborazione

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oper 08 Umane Energie Mercato C 10 Oct 20 27 Sept / Interaction Design Centre - University of Limerick (Ireland) Perugia Jazz Orchestra musica di Cristiano Arcelli interactive gear, video di Umane Energie “To be a director” è un gioco, un concerto, una istallazione video e una macchina interattiva che permette ad uno spettatore, anche non conoscendo la musica, di dirigere una piccola orchestra. Attraverso l’utilizzo di un tavolo interattivo, lo spettatore-direttore darà inizio al concerto. Durante l’esecuzione, interagendo con la struttura sensibile, dirigerà i musicisti nelle variazioni e nella costruzione del brano sino alla sua conlusione. Contemporanente, darà il via alle proiezioni video che agiranno in sincrono con l’azione musicale. La musica così prodotta, in composizioni arrangiate istantaneamente, coinvolge gruppi variabili di musicisti e si delinea in modo che i mutamenti e le variazioni di forma, tempo e dinamica siano facilmente comprensibili da chi gioca-dirige e dal pubblico che assiste alla performance.

OPEN SOURCE MEETING

scienza, arte e filosofia nell era postmediale di Davide W. Pairone

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on la seconda edizione delle Arti in Città, Perugia si propone come laboratorio e centro di riflessione sull’impatto delle nuove tecnologie nel campo artistico, della comunicazione, degli spazi urbani. L’Open Source Meeting cercherà di far luce su di uno scenario di stretta attualità che vede le riflessioni sulla pubblicità della conoscenza intrecciarsi con lo sviluppo delle arti mediali, focalizzandosi sul ruolo creativo del fruitore. Mentre scompaiono i confini fra le discipline e mentre scienza e arte si contaminano a vicenda, l’utente comune si riscatta dal ruolo di spettatore per diventare parte attiva delle sperimentazioni e delle produzioni di contenuti. L’invenzione della fotografia e del cinema stimolarono per tutto il XX secolo le sperimentazioni delle avanguardie storiche e le teorie sulla riproducibilità tecnica e sull’opera aperta. Oggi la rivoluzione digitale apre scenari che ridefiniscono il rapporto fra produttore e consumatore, che consentono utilizzi diffusi della tecnologia e nuove pratiche sociali secondo una strutturazione decentrata e non gerarchica. I nuovi codici, dopo i test live di Graffiti Research Lab, WebJays e Umane Energie/ConfiniDigitali, saranno discussi nelle loro implicazioni e potenzialità. Sarà l’occasione di discutere anche delle nuove relazioni in termini di glocalizzazione, attraverso il confronto fra soggetti che operano a livello locale e internazionale, con il coordinamento di Marco Mancuso (docente di New Media Art presso lo IED e il NABA di Milano, fondatore e direttore della webzine digicult.it) e Moreno Barboni (docente di Teoria e Metodo dei mass media presso l’Accademia P.Vannucci e l’Università degli Studi di Perugia). Interverranno anche Laura Colini, docente esperta di tecnologie digitali open source, società e urbanistica presso l’Università di Weimar e Pierluigi Cappucci esperto di relazioni tra forme artistiche, scienze e tecnologie.

8 ottobre 2008, Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Perugia ore 17.00.


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LO SCHERMO ESPLOSO C

di Vincenzo Prencipe

“Solo” - Claudio Sinatti

laudio Sinatti, milanese, classe 1972, è uno dei più affermati e completi video designer e new media performer italiani, apprezzatissimo anche a livello internazionale. Autodidatta, inizia a metà negli anni ‘90 a girare e a montare, direttamente in macchina, con la sua HI8, i primi video. Facendo della scarsità di mezzi tecnici a disposizione una palestra di creatività, inizia a sperimentare strumenti di ripresa, “accrocchi”, come li chiama lui, degni di un provetto Leonardo Da Vinci. Debutta sulla scena professionistica con un video per i Casino Royale, dopo arrivano Neffa, Carmen Consoli, Articolo 31, Alex Britti, Africa Unite, 99 Posse. La musica è una componente fondamentale del suo percorso, fonderà infatti due band mixmediali: Crop nel 1999 e Pirandélo nel 2004. Della sua carriera artistica spesso si apprezza la capacità di fluttuare tra la scena commerciale e la sperimentazione più avanzata, di certo quello che colpisce è la professionalità nel gestire le produzioni, dalle più piccole alle più complesse, la capacità di organizzare il set e lo stage. In uno dei suoi ultimi lavori, l’installazione “Solo”, realizzato per la Nike Art of Football Exhibition, ha fatto indossare a Marco Materazzi un corsetto metallico avvolgente, realizzato per l’occasione, con 48 videocamere digitali a riprendere i movimenti del calciatore. Il risultato delle riprese è stato proiettato su 104 lamine di plexiglass. L’esplosione dello schermo, cioè la moltiplicazione e la frammentazione del flusso video, l’utilizzo di supporti alternativi di proiezione (quasi una specie di prosecuzione dell’artigianalità degli esordi), insieme ad una accresciuta attenzione verso impianti scenici più intimi, concentrati in spazi più ristretti come le gallerie d’arte, meno ciclopici rispetto alle grandi installazioni outdoor, segnano punti importanti nell’attuale linea di ricerca dell’artista milanese. Le installazioni di Sinatti tendono infatti ad uscire dalla bidimensionalità, unendo alla ricerca tecnologica sullo strumento e sulle tecniche (sia di ripresa che di riproduzione), la realizzazione di impianti scenici immersivi. La spazializzazione del suono e l’interazione del pubblico con l’ambiente virtuale diventano fondamentali in questa pratica espressiva. L’azione sinestetica del suono, dell’immagine e dello spazio, l’utilizzo del loop e del frammento, la ripetizione, il ritmo, la “facilità” dei soggetti che spesso riempiono il video (cosa c’è di più easy di un calciatore che calcia un pallone, o di un auto che percorre una strada di campagna come nell’installazione “Per Mille Giraffe!”), rendono le rappresentazioni di Sinatti ipnotiche ed astratte. Questo operare del flusso audio-video a livello inconscio richiede, per cercare di comprendere appieno la forza dell’arte di Sinatti, di perpetrare una dissociazione del discorso estetico da quello poetico, trasferendo la ricerca del significato dell’opera dalla sua superficie verso l’interno. In questo senso Sinatti è maestro della dissimulazione nel gioco di ruolo che si instaura tra visione (immagine proiettata), visore (strumento della proiezione) e vedente (soggetto della visione). Benché egli ricerchi l’effetto sorpresa nel pubblico, come è giusto che sia in un qualunque messa in scena, cosa ancor più valida nei live set e nelle sessions di vjing, il vero obiettivo formale del Sinatti-artista è quello di ingenerare, come egli stesso dice, dei “sentimenti” nel pubblico, di cercare la loro complicità, di farli partecipare all’operazione di rappresentazione. In questo frangente la componente ludica è il mezzo principale. Tale evidenza si ottiene soprattutto nelle grandi installazioni (Palazzo Moretti a Milano, MTV Highlights, MpZero Tour etc...) dove l’impatto visivo “forte” è dominante. E’ nella reinterpretazione tecnologica del reale invece che si cela la vera poetica del Sinatti-tecnico, nel suo trasformarsi in contemporaneo “artefix”, artista ed artigiano appunto, uno per cui l’arte senza conoscenza diventa nulla, ed è nei lavori più sperimentali come “Solo”, “Carillon Radioland”, lo stesso “Per Mille Giraffe!” (per citare gli ultimi), che si ritrova nascosta una interessante visione dell’utilizzo creativo delle tecnologie dell’informazione e del loro rapporto con il quotidiano ed il suo disvelamento. L’essenza del lavoro di Sinatti è quindi collocabile negli interstizi, in quegli spazi di senso che colmano la distanza tra soggetto rappresentato, tecnologia della rappresentazione, spazio scenico dell’esibizione ed audience. Proprio nelle relazioni che si instaurano tra questi diversi piani significativi l’opera produce senso generando quel sentimento di barocca “maraviglia” ma anche una riflessione sulla “infinitezza del reale” che sembra segnare il centro di molta ricerca artistica contemporanea, soprattutto nel campo del digitale transmediale.


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Claudio Sinatti, vedi articolo (www.claudiosinatti.com).

Claudio Sinatti

Fabio Fonda, compositore e sound designer nato a Milano nel 1979. Laureato in “Music Synthesis” al Berklee College of Music di Boston, lavora a New York per artisti come Wycleff Jean e Comedy Central. Nel 2006 autoproduce il disco “Schema”. Nel 2007 diventa docente di storia della musica al Sae Institute di Milano. Collabora con lo studio di animazione 1st Ave Machine.

Fabio Fonda

Nel 2008 realizza il sound design per l’acclamato video di Bjork “Wanderlust” (www.fabiofonda.com). Tetraktis percussioni (Gianni Maestrucci, Leonardo Ramadori, Gianluca Saveri e Alessandro Tomassetti), attivi dal 1993 come una delle pochissime formazioni italiane di musica cameristica per percussioni. Partecipa a trasmissioni live di RAI Radiotre e per la radio newyorkese WNYC. Ha registrato per PH Music Worx, Universal Music Tetraktis percussioni

Publishing Ricordi, Giotto Music.Vanta diverse collaborazioni con musicisti come Ramberto Ciammarughi, Jovanotti e con compagnie di danza e teatrali. (www.tetraktis.org) DJ Ralf (Antonio Ferrari), nasce a Bastia Umbra (Pg) nel 1957. Dj resident al Cocoricò, lavora nei migliori locali italiani ed esteri, soprattutto tra Ibiza e Londra. Si esibisce alla consolle delle sfilate milanesi di D-Squared2, ha realizzato e curato l’identità musicale del party “Alma” ad Ibiza esibendosi con artisti come Steve Bug, Timo Maas, Mathew Johnson, Ellen Allien. Nel 2006 inaugura la sua Dj Ralf

etichetta discografica Laterra Recordings. (www.djralf.com)

Piazzaramalab SOUND AND VISUALS DESIGN: INTERAZIONI FRA AUDIO-VIDEO E AMBIENTI ARCHITETTONICI Workshop – dal 5 Settembre al 9 Settembre, Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, P.zza San Francesco al Prato, 5 – Live - Perugia, Piazza IV novembre 9 settembre, ore 21.30. Piazzaramalab è un evento complesso, potremmo definirlo un “contenitore di esperienze multimediali”. Prima di tutto è il nome del workshop che sarà condotto da Claudio Sinatti, insieme al sound designer e compositore Fabio Fonda, realizzato all’interno della sezione “Flussi” del progetto Le Arti in Città 2008. Il workshop, che si terrà dal 5 al 9 di Settembre all’interno dei locali della Fondazione Accademia di Belle Arti (P.zza S. Francesco al Prato, 5), avrà come obiettivo quello di orientare i partecipanti alla realizzazione di ambienti virtuali dove videoproiezioni, suoni spazializzati ed ambiente reale interagiscono tra loro offrendo al pubblico una esperienza coinvolgente. I risultati del workshop verranno presentati in una serata, quella del 9 Settembre, ed avranno come scenario Piazza IV Novembre. La centrale piazza cittadina e la sua Fontana Maggiore, con i bassorilievi che raffigurano miti, storia, quotidianità contadina, con i suoi personaggi e gli animali ritratti, fungerà da elemento ispiratore per la produzione di una ambientazione video immersiva, dai connotati fiabeschi, che verrà proiettata sui palazzi storici della piazza creando una allegoria bucolica fatta di belve, fauni e ninfe, ruscelli che sgorgano dalle finestre, piante ed alberi. La scenografia circolare sarà completata dall’installazione di 16 punti audio posizionati in maniera da offrire al pubblico la sensazione di trovarsi realmente immersi in questo ambiente fantastico. Dopo questa prima esibizione sarà la volta del quartetto perugino di percussioni Tetraktis che si cimenterà insieme al noto musicista, anch’esso perugino, Dj Ralf nell’ esecuzione dei brani del nuovo album Disclosed Recipient, che segna la seconda tappa di un percorso musicale iniziato con il concept e la registrazione dell’album Drama. Il progetto sperimentale di Tetraktis, che si concluderà con un terzo album che vedrà la collaborazione del violoncellista Giovanni Sollima (protagonista della scorsa edizione di Flussi), è quella di realizzare un apertura del panorama percussionistico italiano contemporaneo a influenze strumentistiche e sonore di diverso genere che vanno dalla musica classica, al jazz, al pop all’elettronica. L’esibizione vedrà impegnato anche Sinatti come visual designer che darà forma alle sonorità generate dai singoli strumenti suonati da Tetraktis. Il video ed il sonoro della performance verranno registrati e comporranno un CD ed un DVD editi dalla casa discografica Giotto Music e prodotti con il finanziamento di Spettacolo Umbria. La serata si concluderà con la mixed media performance di Dj Ralf e Claudio Sinatti che daranno vita ad una nuova session del progetto Carillon che ha visto Sinatti collaborare già con musicisti come O.Lamm e Stephan Mathieu.

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FLUXN’REMIX

PORTARE IL NETWORK FUORI DALLA RETE

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di Vincenzo Prencipe

a prima a concepire un figlio fu la musica. Al piccolo venne dato il nome di DJ, disc jockey, letteralmente il “fantino dei dischi”. La tradizione vuole questo pargolo illegittimo come un clandestino, un temerario infante che nelle prime discoteche francesi, nate durante la seconda guerra mondiale, impilasse dischi jazz e blues sul grammofono dei locali, sfidando la censura nazista. Poi venne il tempo del video. I primi sintetizzatori si materializzano nei garage di alcuni pionieri dell’arte e dell’entertainment di inizio anni ‘70. Nacquero così i VJ. Vennero poi i transistor a basso prezzo, i circuiti integrati, l’era digitale, il computer ed il software. L’ultima, a riprodursi, in questa genealogia dal sapore trasgressivo e tecnologico è stata la Rete. La net culture ha clonato questi frutti impuri ed ha sintetizzato la sua prole, i WJs. Il Web Jockey ora cavalca le praterie del web e come ogni buon figlio ha un compito, distruggere e ricostruire, a modo suo, quello che i genitori hanno creato, facendo incetta di immagini, testi, suoni, video, rimescolando il flusso informatico del web, ricreando fantasiosi e sensuali percorsi di navigazione che si stagliano luminosi sugli schermi multipli dello stage. Il progetto Wjs nasce in Francia, da un concept di Anne Roquigny, media arts curator e coinvolge diversi soggetti tra artisti, ricercatori, professionisti della comunicazione, teorici dei new media. Si avvale di un software specifico ideato da Stephane Kyles attraverso il quale è possibile simulare una piccola architettura client-server per gestire, in un ambiente condiviso, un flusso simultaneo di informazioni che vengono proiettate su una serie di superfici di proiezione. Nei live sets diversi wjs surfano gli URLs del web selezionando alcuni contenuti che vengono mixati insieme e proiettati, in tempo reale, su schermi multipli o altre superfici, in modo tale da realizzare una scenografia immersiva e coinvolgere l’audience in questa navigazione multipla e condivisa. In questo senso, il network di wjs estrapola la propria esperienza di “navigatore del web” dal singolo schermo, esteriorizzandola e rendendola comune. Anne Roquigny, insieme alle wjs Isabelle Arvers e Anne Laforet saranno a Perugia per realizzare il workshop Fluxn’ Remix che si concluderà con una live performance il 4 Ottobre. Abbiamo fatto loro alcune domande per capire quali sono i fondamenti pratici e teorici che sono alla base della new media art ed in particolare delle pratiche legate al wjing. Anne Roquigny, lei è una “curatrice di new media”. Qual’è la differenza tra un “classico” curatore di arte contemporanea ed uno che si occupa esclusivamente di media arts? I media artists spesso mischiano differenti forme e discipline artistiche, esprimono se stessi e creano utilizzando computers, tecnologie di comunicazione ed informatiche diverse, strumenti elettronici, suono digitale, l’interattività e la Rete. Queste forme artistiche sono molto creative e contemporanee, così come gli strumenti mediali e le idee e i concetti che con essi vengono veicolati. Il campo delle arti digitali, negli ultimi dieci anni, ha prodotto molti lavori interessanti, sviluppato il suo circuito di diffusione e naturalmente i suoi strumenti di critica. Nonostante ciò la media art necessita ancora di analisi e di essere introdotta nei canali del mercato dell’arte, delle istituzioni e dei musei internazionali, nei quali è ancora marginalmente rappresentata. Io non tengo particolarmente alla distinzione tra curatore e curatore di new media ma comunque mi sembra importante fare una distinzione tra i due perché, per quanto “contemporanei” questi artisti siano, nel senso che rappresentano i nuovi artisti del secolo, non sono ancora abbastanza integrati come dovrebbero nel campo dell’arte contemporanea. Qui a Perugia terrà, insieme ad alcune componenti il gruppo WJs (Isabelle Arvers, Anne Laforet), il workshop Fluxn’ Remix. Può spiegarci quali saranno i passaggi fondamentali di questo laboratorio e i suoi obiettivi “educativi”? Quali saranno le principali componenti del live set finale del 4 Ottobre?

Una Wj session è una rappresentazione personale (o di un ristretto gruppo) di una navigazione nel web. Non c’è il rischio che la performance si concretizzi in un semplice esercizio estetico e concettuale? E’ questo un problema attuale della maggior parte delle arti digitali e soprattutto di quelle come il media performing dove il pubblico è un importante componente dell’esibizione? La bellezza di una WJ performance è che tutte sono differenti tra loro: ogni artista ed ogni partecipante al workshop possiede il proprio modo di navigare il web, di

Performance by Sylvie Astié

Il team di Wjs intende questo workshop come un momento privilegiato di scambio sull’arte e la cultura della Rete. Vogliamo realizzare con i giovani artisti che incontreremo a Perugia un ambiente emulativo ricco di stimoli dove ognuno potrà confrontare con gli altri il proprio modus operandi e le personali esperienze artistiche. Gli artisti francesi illustreranno ai partecipanti italiani il potenziale del software wjs e portarli a mixare diversi contenuti web in modo tale da creare alcuni flussi narrativi audiovisivi in tempo reale. Il workshop diventerà in questo modo un occasione per condividere con altri utenti internet e amanti dell’arte la propria percezione della Rete come spazio performativo, esperenziale, conoscitivo e ludico. Si vedrà anche come ognuno dei partecipanti riesce a pensare ed immaginare una scenografia multi-screen specifica per la location perugina; ognuno dovrà selezionare i suoi contenuti web (URLs) e presentare la propria performance nel live set finale.


Anne Roquigny. New media curator, si è specializzata nella produzione, nel coordinamento e nella curatela di progetti ibridi legati alla cultura digitale ed i new media (www.roquigny.info). Isabelle Arvers. New media curator, critica ed autrice, è specializzata in video e computer games, animazioni e cinema digitale (www.isabelle-arvers. com )

Anne Roquigny

Gorilla

Anne Laforet

Isabelle Arvers

Anne Laforet. Ricercatrice specializzata in net art. per il Ministero della Cultrua francese ha scritto un report sulla “Conservazione della net art” (www.sakasama.net).

manipolare i dati, di giocare con i suoni, le immagini, il testo. Alcune performance saranno più concettuali o poetiche di altre ma ognuna tiene in conto lo spazio sociale e fisico, il WJ stage. L’audience usa internet nella vita quotidiana, è sia spettatrice che attrice, nel senso che si può relazionare alla performance, individuando gli urls, riflettendo sulla user experience individuale etc... L’ immersione del pubblico nel flusso, il modo in cui gli artisti navigano attraverso internet in modalità collaborativa e condivisa, si trasforma in una esperienza sinestetica unica. Quali sono le pulsioni espressive che i Wjs cercano di convogliare nelle performances? Da quali necessità artistiche, intellettuali, politiche (se ve ne sono) emerge la necessità di mixare il flusso delle informazioni in rete? I Wjs che saranno a Perugia possiedono una formazione trasversale: sono artisti, curatori, giornalisti, teorici, ricercatori. I diversi interessi personali ed il background culturale riferito alla Rete varia molto per cui si va dall’interesse per la storia di Internet e le arti immateriali alla cultura della performance in rete, dalla vintage net-art al neen mouvement, alla relazione tra arte e videogame etc... Estrapolare i contenuti in rete dal network stesso, rappresentarli in un ambiente multi-visuale, condividere questa esperienza con il pubblico è un piacere che abbiamo in comune. E’ un modo per noi di rendere vivo il nostro lavoro online, di attivarlo, di renderlo parte della memoria collettiva. L’ambiente multicomputer che realizziamo ci permettere di generare relazioni tra le diverse opere, di costruire un percorso all’interno della performance. Attraverso il wjing vogliamo mostrare una dimensione del web che non è spesso rappresentata, rendendo la rete parte di un ambiente fisico che si sviluppa al di fuori del singolo pc e della navigazione individuale. Le arti immateriali possiedono la loro particolare politica, estetica e visione del sociale. Gli artisti mostrano attraverso lo humour, la derisione, l’ironia, il detournement, i limiti e i paradossi del mondo della comunicazione e della tecnologia in cui viviamo. Quali sono le basi concettuali che seguirete nell’attività di modellazione dell’ambiente attraverso il flusso informatico del vostro WJ set? Offriremo dei riferimenti a grandi artisti come Douglas Gordon o Nam June Paik che hanno trascorso la loro vita artistica creando gigantesche sculture attraverso lo schermo, portando avanti il loro personale concetto di intermedialità. L’idea è tra l’altro quella di riflettere sul concetto di “presenza” e “tempo reale”, ripensando il concetto hiddegeriano di dasein. La Rete ha cambiato la nostra percezione dello spazio, il modo in cui consideriamo il locale ed il distante. Oggi un’opera d’arte esiste perché è potenzialmente connessa con diverse dimensioni spazio-temporali ed interagisce con molteplici spazi contemporaneamente.

“Mapping Geneve” - Isabelle Arvers

Sarete a Perugia con un collettivo esclusivamente femminile, cosa che “suona strana” in un campo come quello della net e web art che sembra dominato, come il resto delle professioni legate alle scienze informatiche e non solo, almeno qui in Italia, da uomini. Questa domanda rassomiglia a quella relativa alla differenza tra arte contemporanea e media art. Se non ci fosse un problema di genere nessuno noterebbe la percentuale di uomini e donne in un programma. Quando qualcuno inizia a contare individuando un problema di bilanciamento è spesso perché esiste davvero una questione di identificazione e rappresentazione delle artiste in un campo, quello dell’arte, dominato ancora dagli uomini, soprattutto nei paesi mediterranei.A noi piace molto collaborare con uomini (Jerome Joy, Jean Baptiste Bayle, Janez Jansa, Igor Stromajer ed altri) ma sembra che molti net artists e net lovers sono donne, come la metà (o quasi) degli utenti internet. Comunque i Wjs sono perlopiù donne perché sono da tempo coinvolte nel network, donne a cui pace lavorare insieme, implementando mutualmente i propri talenti. Il mixed networking si sta sviluppando (anche grazie a persone come Moreno Barboni) e le cose stanno lentamente cambiando.

Flux’n Remix

Esperienza immersiva nei flussi della rete, dentro i corpi storici della città

Workshop – dal 29 Settembre al 4 Ottobre, Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, P.zza San Francesco al Prato, 5 – Perugia. Live: 4 Ottobre, ore 22.00. I partecipanti al workshop, insieme ad Anne Roquigny e Wjs, saranno invitati a prendere confidenza con gli strumenti software ed hardware in grado di produrre una scenografia immersiva per la proiezione di un flusso audiovideo in tempo reale che, attraverso il remix di contenuti web on-line, trasformeranno un luogo storico della città di Perugia in un nodo vivo e pulsante della Rete.

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Graffiti Reserc metropoli, anti-advertising e guerriglia semiotica

I

di Vincenzo Prencipe l territorio urbano, se fino a poco tempo fa era il semplice luogo nel quale i conflitti sociali prendevano forma ora, la città, i suoi spazi, la sua superficie diviene oggetto primario dello scontro sociale. Dismessa la conflittualità generazionale, quella economica ed ideologica del ‘68, quella del corpo, quella dell’identità individuale e di genere (il punk, il femminismo), il conflitto si veste di una nuova dimensione, quella del simbolo e del segno di superficie che trova sui muri della città, sulla sua pelle, uno schermo ideale di

proiezione.

Gli obiettivi sensibili, i quartieri cinesi, i ghetti nordafricani, lo stadio, la chiesa, la periferia, il centro cittadino e i campi Rom non sono altro che luoghi-simbolo, segni architettonici concreti attraverso i quali diversi gruppi esprimono la propria identità, comunicano la loro appartenenza o la loro distanza, delimitano le proprie sfere di influenza e di potere. Per questa sua caratteristica proiettiva la città diventa terreno privilegiato per quei gruppi antagonisti che vogliono esercitare azioni conflittuali di contaminazione dei diversi piani simbolici, la metropoli è un luogo reale dove far proliferare il corto circuito semantico tra i diversi significati latenti che in essa sono stratificati. Graffiti Research Lab, come le diverse forme di street art, di writing, di public art non autorizzata, di hacking, di attivismo urbano, ha puntato sulla forza del segno per reclamare, al disopra di tutto, il sacrosanto diritto di ogni cittadino di poter autodeterminare la propria identità attraverso forme di comunicazione personale, contro lo strapotere dei gruppi economici che utilizzano la pubblicità come mezzo per vendere la propria Weltanschaung e quindi la propria merce. Il graffito, ma soprattutto l’uso libero della tecnologia applicata alle forme contemporanee di espressione, diventa un’azione di anti-advertising, un segno che mostra i muscoli e soprattutto il cervello, che sfalda l’omologazione del messaggio commerciale, la sua onnipresenza, la sua verticalità, il suo potere, attraverso l’originalità, la puntualità dell’azione, la forma reticolare della struttura che lo genera. GRL nasce dall’incontro tra Evan Roth e James Powderly (vedi scheda workshop) all’Eybeam Open Lab, una fondazione newyorkese nuove tecnologie.

James Powderly arrestato in Cina Beijing - James Powderly è stato arrestato, insieme ad altri cittadini americani, per aver inscenato alcune attività di protesta a favore del popolo tibetano durante le olimpiadi cinesi. Martedì 19 agosto, cinque attivisti americani facenti parte del guppo Students for a Free Tibet sono stati arrestati dopo aver esposto, nelle vicinanze dell National Stadium, uno striscione con la scritta “Free Tibet” realizzata utilizzando la tecnologia dei L.E.D. Throwies messa a punto dai Graffiti Research Lab. Il nome di Powderly, non presente tra i primi fermati, è saltato fuori quando, giovedì 21 agosto, alle cinque (ora locale di Pechino), tramite un messaggio al servizio di microblogging Twitter, Powderly conferma che si trova in carcere già da due ore, insieme ad altri due videomaker americani. Il motivo dell’arresto è legato al tentativo dell’artista newyorkese di realizzare un L.A.S.E.R. Stancil su un non precisato palazzo del landmark cittadino con la scritta “Free Tibet”. Powderly e gli altri attivisti sono stati condannati a dieci giorni di detenzione e poi rilasciati il giorno dopo la chiusura dei giochi Olimpici e espulsi dal territorio cinese.

L.A.S.E.R. Bike

il cui obiettivo è quello di promuovere l’uso creativo ed artistico delle


James Powderly

ch Lab

Evan Roth

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Negli anni dell’Eybeam i due gettano le basi per quelli che saranno poi i due progetti più famosi del GRL ovvero L.E.D. Throwies e L.A.S.E.R. Tag. Il primo consiste in un led colorato, alimentato da una batteria e dotato di una calamita che, dato il basso costo di produzione (circa un dollaro), può dar vita ad azioni urbane che permettono di creare scritte luminose per la città oppure ingenerare assalti creativi e di massa a monumenti ed altre strutture metalliche. Il LASER Tag invece è, nella definizione dei GRL una Weapon of Mass Defacement, uno strumento mobile composto da un potente video proiettore (5000 lumen) ed un amplificatore audio (da 1800 watts) che permette di ‘sparare’ sulla superficie dei palazzi dei tags o messaggi scritti tramite un puntatore laser. La filosofia che contraddistingue le tecnologie assemblate da GRL, così come le idee stesse alla loro base, è quella dell’open source e del DIY (Do It

Evan Roth, architetto, media maker ed appassionato di cultura pop ed open source. James Powderly, musicista ed ingegnere, ha collaborato al progetto della N.A.S.A. per la costruzione del Mars Rover.

Yourself ), che poi sono gli stessi principi, o tali dovrebbero essere, alla base della net culture e di Internet, ovvero quelli della condivisione del sapere e della trasparenza della tecnologia, della riusabilità del codice, del no-copyright (copyleft), della libera circolazione dell’informazione. La stessa struttura del GRL, non verticista ma espansa, agevola la formazione di gruppi auto-costituiti intorno alle idee originarie di Roth e Powderly (sono nati così i GRL Brasile, Amsterdam, Vienna, Australia) e in quest’ultimo anno i padri del GRL hanno creato una struttura non-profit il F.A.T. (Free Art & Technology) Lab sotto il cui cappello tutti i progetti GRL vengono prodotti e supportati. Il terreno dell’utilizzo libero dell’informazione è un’arma a doppio taglio però. E ben lo sanno gli stessi GRL che si sono visti espropriare di una loro idea per una azione di guerrilla marketing a sfondo commerciale. Se da un lato un progetto ‘liberato’ sulla Rete serve a farlo crescere, a renderlo una entità viva, dall’altro, quando lo stesso segno diventa pubblico, quando una tecnologia o una idea viene resa disponibile a tutti è facile appropriarsene e sfruttarla commercialmente. La pubblicità ed il business cannibalizzano la cultura di strada. Lo spazio pubblico cittadino non è altro che un simulacro del vero concetto di pubblico, è uno spazio commerciale regolato da interessi commerciali. Lo stesso dicasi per la cultura pop. Una volta che un progetto open source viene masticato e riutilizzato da una company questo viene coperto da copyright e se qualcuno volesse riutilizzarlo, adattarlo alle proprie esigenze, violerebbe le leggi di un sistema che premia l’appropriazione indebita a discapito della creatività e dello sviluppo libero delle idee. Finché il sistema di potere nell’ambito della comunicazione sarà così sbilanciato a favore dei gruppi economici organizzati, GRL porterà avanti la propria azione di conflittualità semiotica, quando la cultura pop verrà liberata, quando il copyright fluirà verso il copyleft, allora l’ascia di guerra verrà sotterrata. Fino a quel momento occhio ai palazzi e ai monumenti della vostra città, quando saranno illuminati da un potente fascio di luce non pensate subito agli alieni, uscite di casa, andate per strada, alzate gli occhi al cielo e potrete

L.A.S.E.R.Tag - New York

vedere la scritta “For Sale” sulla facciata del Colosseo. Sarà uno dei tanti Graffiti Research Lab.

Ligtcityscape Pratiche della comunicazione urbana virtuale: transgressive design.

Workshop – dal 9 all’11 Ottobre, Fondazione Accademia di Belle Arti di Perugia, P.zza San Francesco al Prato, 5 – Perugia. Live: 11 Ottobre, ore 22.00. Lightcityscape è il nome del workshop, inserito all’interno della rassegna Flussi de Le Arti in Città 2008, che i Graffiti Research Lab terranno a Perugia. Il core del laboratorio, che si svolgerà dal 9 all’11 di Ottobre presso l’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, vedrà snocciolare le tematiche collegate alla street e public art, alla cultura pop, al hacktivism, alle tecnologie libere e all’open source. I vari partecipanti si cimenteranno direttamente nella realizzazione degli strumenti tecnologici che poi verranno utilizzati nel live di fine corso dell’11 Ottobre. Il workshop farà da spin off alla creazine del gruppo GRL di Perugia.


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Paolo Bacilieri Diplomatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, lavora nel mondo dei comics dal 1982. È stato premiato a Lucca Comics 2006 come migliore autore completo (testi e disegni). Autore eclettico, sintetizza nella sua cifra personale il bagaglio d’immagini del fumetto seriale e le soluzioni più azzardate dei comics underground. Tra le sue opere: Barokko (1988-1995, Black Velvet), Durasagra (1994, Black Velvet), The Supermaso Attitude (Phoenix, 1996), alcuni albi delle serie “Napoleone” e “Jan Dix” (Bonelli editore, 1999-2008), Zeno Porno (Kappa edizioni, 2005) e La magnifica desolazione (Kappa edizioni, 2007).

CANZONI IN A 4 Ho tirato a sorte tra Leopardi e i Kiss e ha vinto il tenero Giacomo.

L

a prima mostra in una galleria d’arte italiana di Paolo Bacilieri (Verona, 1965), autore di premiatissime storie a fumetti (tra i riconoscimenti recenti: migliore graphic novel per La magnifica desolazione, Napoli Comicon 2008) che fondono Pontormov e Jacovitti, Damien Hirst e zio Paperone, codici alti e prelievi folk alle alte temperature della satira. Zeno Porno, antieroe di una pop-soap a fumetti, alias Paolo Bacilieri stesso, osserva con disamorato straniamento la realtà in cui vive suo malgrado. Attraverso il filtro dei suoi fondi di bottiglia, il reale emerge nella sua nuda verità, corrosiva e tellurica: il complesso di Edipo messo in scena nel Nordest si riduce al lamentoso antagonismo tra uno zombi coatto e un’ingobbita aracnide (Zeno Porno); l’analista Andreoli sproloquia sulla criminalità giovanile al ritmo di un jingle disneyano (Supermaso); il viaggio sulla Luna è sì un momento di lirica introspezione, ma anche una gita fuori porta tra compagni di bevute (La magnifica desolazione). Perché, fin dalla sua prima storia, Il tesoro degli Imbala, tutta confinata nell’ombra dei giganti Pratt e Pazienza, e fino alle sue opere più recenti, il fumetto funge per Paolo Bacilieri da grande contenitore: vi confluiscono le rapsodiche incursioni nel repertorio accademico (i ritratti, le citazioni cifrate dalla tradizione pittorica), ma anche le letture dell’adolescenza. “Non è tanto importante avere uno stile, quanto una capacità prensile nei confronti delle cose che ti possono servire a raccontare una storia”. Antistile, iperstile, stilismo: è l’eco dell’underground americano, dei cinema di serie B, della grafica da mercatino delle pulci. Il risultato? Disegnare, disegnare, disegnare. Paolo Bacilieri annota appunti, riempie quaderni, annerisce fogli: luoghi, cose, voci scomposti e disseccati in un tratto sempre più traditore, sempre più rivelatore della realtà. Come in un gioco di scatole cinesi. Da un’immagine ne nasce un’altra, da questa una terza, dalla terza una quarta che è di nuovo simile alla prima. Gli amici si travestono da personaggi, i personaggi si trasformano in amici, gli amici non sono più amici: come un proverbio orientale interpretato da comparse di Cinecittà. Ogni pagina è una storia e rimanda a una storia; e così tutte le pagine di Bacilieri, tutte le storie a fumetti, tutti i manifesti (indimenticabile quello per la mostra Fumetto International della Triennale di Milano) si corrispondono in un antistilistico blob primordiale. Che riinizia, per logica interna, dove finisce. La critica si è sbizzarrita nel fare nomi e proporre modelli. Il più ricorrente, Robert Crumb, è di rito: ma la formula underground di Bacilieri è tutta made in Italy, acida e nostrana. Nelle sue pieghe, negli oculi cinematografici che si aprono nelle sue tavole, scorre la storia d’Italia: si registrano gli scomparsi illustri (dalla Fallaci a Meneghello); si rinnova la sottocultura che è l’immaginario tentacolare di una generazione difficile; si forgiano, da Pietro Maso a Lapo Elkann, potenti icone della nostra postmodernità, delle sue rovine di plastica. Di questo mondo la musica, dei Pink Floyd e di Tenco, dei Ramones e di Rino Gaetano, è stata una chiave di volta. Il suo sound, le sue immagini, i suoi messaggi diventano, nella mostra proposta dalla Galleria Miomao e nel volume-catalogo edito da Kappa Edizioni, il diario a fumetti di Zeno: il reportage nostalgico di una generazione. Tutta italiana.

4 ottobre - 6 dicembre 2008, da martedì a sabato, ore 15.00 - 20.00 Inaugurazione sabato 4 ottobre 2008, ore 18.30.

di Cristina Maiocchi

Galleria Miomao Arte Contemporanea del Fumetto, C.so Cavour, 120 www.miomao.net

I SOGNI DELLA CITTÀ

I

l suggestivo spazio dell’ex Chiesa di S. Maria della Misericordia, in via Oberdan, sarà scenario della mostra che celebra due dei maggiori talenti visionari del fumetto italiano degli ultimi anni, Giuseppe Palumbo e Daniele Brolli. I sogni della città è il titolo omonimo della serie a fumetti scritta da Daniele Brolli e disegnata da Giuseppe Palumbo, pubblicate sulla testata Concrete della trasgressiva casa editrice Phoenix nella seconda metà degli anni ’90, che rappresentò un viaggio attraverso una nuova concezione grafica e narrativa del fumetto italiano. Gli autori hanno deciso di completare finalmente questo progetto che sfiorerà complessivamente le 400 pagine, raccontando i destini di un mondo futuro attraverso forme di manipolazione che passano attraverso le teorie dei frattali e la meccanica quantistica per risolversi in una nuova visione dei destini dell’universo. Un progetto ambizioso e unico nel suo genere, che in alcuni frangenti ricorda un haiku giapponese e che pian piano riannoda tutti i fili di una storia corale in un affresco complesso e mobile del mondo che ci aspetta. Malgrado questa premessa, si legge d’un fiato, ammirati dal susseguirsi delle immagini che rimangono puro fumetto. Brolli scrive ispirato, Palumbo disegna ai suoi massimi livelli. I due autori provengono dalle due uniche e vere avanguardie del fumetto italiano: Palumbo dallo staff di Frigidaire, rivista simbolo della controcultura degli anni ’80; Brolli dal mitico gruppo Valvoline, che dalle pagine della rivista Alter lanciò nello stesso periodo un messaggio innovativo destinato a farsi sentire in tutto il mondo. La chiesa di S. Maria della Misericordia, figlia di un barocco negato dall’assenza di una vera facciata e dalla distruzione dei decori interni, sembra perfetta ad ospitare il segno barocco del Palumbo degli anni ’90, segno negato oggi dall’artista, nella sua incontenibile ricerca. Con “I sogni della città” Brolli inventa un genere, ovvero scrive, per il fumetto, delle inedite “leggende metropolitane”. Che cos’è una leggenda metropolitana se non una fantasia collettiva, un prodotto fantastico di migliaia di menti sconosciute, un “sogno della città”?

di Antonella Carrera DANIELE BROLLI Nato a Rimini nel 1959, Daniele Brolli ha fatto di tutto nel campo dell’editoria. Come giornalista è stato prima a “Il Manifesto”, poi a “Dolcevita” e quindi, da direttore, ha curato la versione italiana della rivista di fantascienza “Isaac Asimov’s Science Fiction Magazine” e di “Alphaville”. Parallelamente ha sempre coltivato la passione della scrittura, partendo dalle fanzines per appassionati fino ad approdare ai più alti lidi di questa difficile attività con la pubblicazione nel 1994, per Baldini & Castoldi, del suo romanzo d’esordio “Anima nera”. Come esperto di letteratura, soprattutto americana, è consulente di numerose case editrici, e per la Bompiani dirige una collana di narrativa forte denominata “Gli Squali”, in cui noir, horror e fantascienza si disputano il posto d’onore nell’interesse dei lettori. Sempre per Bompiani, Brolli ha curato l’edizione italiana dell’antologia “Mirrorshades” (1993, con Antonio Caronia) manifesto letterario della corrente cyberpunk, e per Theoria (nel 1994) la raccolta “Cavalieri elettrici”. Recentemente, l’antologia di racconti italiani splatter “Gioventù cannibale” (Einaudi, 1996) da lui curata, ha dato una scossa alla narrativa di genere italiana. Soprattutto miscelando in modo uniforme diverse correnti parallele e sotterranee che dal noir si sono aggregate al fantastico, all’horror e al giallo classico. GIUSEPPE PALUMBO Giuseppe Palumbo (Matera 1964). Inizia a pubblicare a fumetti nel 1986 sulle pagine di riviste come Frigidaire e Cyborg. Nel 1992 entra nello staff di Martin Mystère della Sergio Bonelli Editore e nel 2000 in quello di Diabolik della Astorina; per queste due serie popolari disegna numerose storie speciali, tra cui il remake de Il re del terrore, numero uno della collana Diabolik. Ha pubblicato in Giappone, Grecia, Spagna e Francia. Dal 2000 coordina il lavoro dello studio Inventario di Bologna; in questa attività ha convogliato il suo lavoro di illustratore per l’editoria scolastica (Paravia, Zanichelli), copertinista (Mondadori, Einaudi, Feltrinelli), illustratore redazionale (Pulp,Ventiquattro, L’Unità). Tra le sue pubblicazioni più recenti: Journal d’un fou, Rackham editions; Vorrei cantarti una canzone d’amore..., Kappa Edizioni; L’ultimo treno (su un testo di Massimo Carlotto) BD Edizioni; Atene minore, Art Core Edizioni.


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GERMINAZIONI ‘08 di Davide W. Pairone

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ornano Le Arti in Città, e con esse torna l’articolato programma espositivo di Germinazioni, curato da Piercarlo Pettirossi. Per il secondo anno consecutivo i giovani artisti attivi a Perugia serrano le fila e propongono al pubblico una sequenza di iniziative che esplora il concetto di arte in rapporto alle nuove modalità espressive e tecniche ed alle più intriganti forme di interazione con lo spazio urbano. All’insegna della sperimentazione, i percorsi di Germinazioni fanno rivivere angoli dimenticati, riattivano e aggiornano il panorama cittadino, stimolano e coinvolgono tutte le fasce della popolazione. Perugia si mette così al passo con i principali centri italiani ed europei promuovendo i giovani presenti sul territorio e il dialogo con ospiti di rilievo invitati per l’occasione. Germinazioni è un concorso riservato agli artisti under 30 attivi a Perugia da almeno un anno.Verranno selezionati in nove per partecipare all’evento che aprirà la stagione espositiva 2009 di Palazzo della Penna, il prestigioso contenitore di arte moderna e contemporanea che negli ultimi anni ha stupito per il coraggio e la qualità degli allestimenti. I nove artisti saranno chiamati al confronto con altri nove provenienti dal resto d’Italia selezionati da 3 critici emergenti, quest’anno tutte donne: Francesca Duranti, Manuela Pacella e Francesca Porreca. I percorsi di Germinazioni, invece, saranno all’insegna della sperimentazione urbana. Realtà artistiche già affermate sullo scenario cittadino interagiscono con luoghi suggestivi del passato (il circuito Perugia Città Museo), zone a lungo obliate ma dalla forte carica eversiva (l’ex carcere maschile), la Perugia del futuro (le stazioni del MiniMetro), aprendosi al confronto con il meglio del panorama under 30 italiano (POV_Point of View). Discipline e sensibilità si mescolano e dialogano, Perugia e i suoi fermenti tornano a far sentire la propria voce, la città si nutre di energie e si muove dinamica fra passato, presente e futuro.

Antropolis La città e il punto di fuga La sicurezza dei cittadini è ai primi posti nelle agende di tutti i politici occidentali. Intanto Perugia, prototipo della città a misura d’uomo, si appresta a diventare la città italiana con il maggior numero di telecamere di sorveglianza distribuite sul territorio. Segni di una svolta tecnologica e culturale su vasta scala, perché i dispositivi di riproduzione della realtà (foto e video) sono dappertutto. In qualsiasi momento è possibile tenere sotto controllo chiunque, ovunque (gps, telefoni cellulari, satelliti). Un singolo individuo può teoricamente sorvegliare tutti gli individui. E’ lo scenario del Panopticon, il sistema carcerario perfetto profetizzato da Jeremy Bentham molto prima di George Orwell e del Grande Fratello. La civiltà contemporanea è come un unico carcere a cielo aperto se tutti i cittadini vivono sotto un regime capillare di libertà vigilata. E’ significativo allora che le forze centrifughe e progressiste della società (come i collettivi artistici e i gruppi musicali) abbiano scelto per le loro analisi sugli scenari urbani proprio l’ex carcere maschile di Perugia, uno dei pochi luoghi in città dove non c’è più nulla da sorvegliare. Simbolo per eccellenza della legge, della colpa e del controllo sociale, il carcere a pianta ottagonale rimanda ad un gigantesco occhio che un tempo posava sul destino dei detenuti. Ora il penitenziario è abbandonato, nessuno sguardo è attivo, nessun controllo è esercitato. Lo scopo del progetto Antropolis è dunque quello di riattivare questo spazio estremo, di sfuggire alle telecamere delle strade per sperimentare nuovi sguardi e nuove prospettive, nuovi punti di fuga. Un luogo che era di solitudine e abbandono ora rivive nella celebrazione collettiva dei nuovi riti multimediali, in nome della contaminazione e dello scambio prolifico di energie. Insomma, torna ad essere un luogo umano, dell’uomo e per l’uomo, come singolo e come comunità. Durante i tre giorni dell’evento il carcere torna al centro dell’attenzione come catalizzatore di energie e luogo di sperimentazioni. Il benvenuto ad Antropolis, la città dell’uomo, è affidato al collettivo multidisciplinare Groppoingola. Ad orari prefissati si alternano le performance multimediali fra le ombre danzanti dei torinesi Altretracce, le sonorità dei perugini Massakritica, le percezioni urbane e architettoniche analizzate dai romani STALKagency, l’ingegneria audio video dei valenziani Lacomida. Gli avanguardisti musicali Militia celebrano una trentennale carriera, accompagnati nell’occasione dalle proiezioni del giovane VJ Simone Pucci. La pratica del recupero e della reinterpretazione degli oggetti trovati in loco da Simona Frillici fa parte invece del percorso espositivo, insieme alle progettazioni site-specific di Ilaria Loquenzi, Annalisa Piergallini e Fabio Zazzetti, alla selezione di giovani artisti indiani curata da Maria Teresa Capacchione ed alla pittura del brasiliano Alexandre Ignacio Alves. I corridoi, i muri e le sbarre di questo luogo impregnato di sofferenza muta e solitaria. Le luci, le forme, i suoni e le idee del nostro tempo. Il passato e il futuro. Per tre giorni un corto circuito dei sensi e delle percezioni, un magnifico prisma che riflette e distorce, che mette in discussione le abitudini e le certezze del vivere quotidianamente la città. Un tempo sarebbe stato difficile immaginare la strana ironia dei nostri giorni: la libertà espressiva? In prigione. La creatività? Dietro le sbarre.


14 G o r i l l a di Davide W. Pairone

RE F RE S H Perugia Città Museo

12-28 settembre Preludio, di Trebisonda - Museo Capitolare Reperti Contemporanei, di Laura Patacchia - Museo delle Mura Urbiche Eusapia, di Comitato di Salute Pubblica - Museo Archeologico e Ipogeo dei Volumni 27 settembre - 12 ottobre Diversamente Artista / Ugualmente Abile, Alessio Biagiotti - Palazzo della Penna 4 - 19 ottobre Schiaffo, di c.a.l.m.a. - Biblioteca Augusta e Galleria c.a.l.m.a.

“Ragazzo che parla di DIo” - Leeza Hooper

Comitato di salute pubblica

“Termovalorizzatore estetico” - Alessio Biagiotti

Una delle grandi illusioni di noi italiani riguarda il patrimonio storico, artistico e culturale della penisola. Siamo convinti di poter vivere, per così dire, di rendita. Il territorio è costellato da una quantità incalcolabile di siti archeologici, biblioteche, pinacoteche, musei. Anche al borgo più isolato, alla frazione più sperduta non si può negare un altare alla memoria, un luogo, magari deserto, dove celebrare fasti che non si ripeteranno. I fasti imperiali e rinascimentali, le necropoli etrusche, gli anfiteatri della Magna Grecia, qualche altare celtico qua e là. Il rischio è enorme e si chiama sclerotizzazione. Irrigidimento, pigrizia, infine decadenza. Per questo, oltre al merchandising, ai souvenir e alle paccottiglie varie è ora di imprimere una svolta, aprendo gli spazi di conservazione alle sperimentazioni di chi oggi vuole produrre cultura. Una delle funzioni più importanti dei moderni web browser è quella del refresh. Se sul tuo pc hai una pagina internet aperta e vuoi vedere se nel frattempo è stata modificata, devi cliccare sul simbolo di due frecce che si rincorrono. E’ il comando “refresh” o, tradotto, “aggiorna”. Un concetto utile per inquadrare il progetto Perugia Città Museo nell’ambito de Le Arti in Città. Un aggiornamento delle modalità di fruizione del patrimonio museale. Siti di straordinaria importanza e fascino rivivono non più solo in funzione del turismo usa&getta, ma dialogano finalmente con la tecnica e la sensibilità contemporanea. Il circuito museale perugino si apre quindi al confronto e agli stimoli del presente, e allo stesso tempo traccia la strada per un futuro fertile di contaminazioni. Alcuni fra i soggetti artistici più attivi sul territorio hanno la possibilità di intervenire al fianco di monumenti suggestivi e collezioni prestigiose, riattivandone le potenzialità. L’ Ipogeo dei Volumni, il Museo Archeologico, il Museo Capitolare, Palazzo della Penna, Biblioteca Augusta. Luoghi suggestivi che un tempo vivevano per la collettività al di là di ticket e audioguide. Alessio Biagiotti, Laura Patacchia, il Comitato di Salute Pubblica, il progetto Trebisonda (ovvero Robert Lang, Danilo Fiorucci e Lucilla Ragni) e c.a.l.m.a. Artisti in cerca di spazi e affamati di ispirazione. Un incontro necessario. Perché forse il tempo non scorre in modo lineare, dal passato (irrecuperabile) al futuro (avveniristico). Forse il tempo è circolare, come due frecce che si rincorrono. E che a volte, come in questo caso, poeticamente si sfiorano.

Pgruppe presenta

P O V _ Point Of View

a cura di Leeza Hooper e Davide W. Pairone

Centro Arti Visive Trebisonda Dal 20 settembre (inaugurazione) al 12 ottobre 2008 Agli antipodi di un’arte spettacolare, avveniristica e turbotecnologica fatta di laser e alta ingegneria, lontano dai virtuosismi di ogni genere e specie proliferano nemmeno troppo nell’ombra i fieri sostenitori di estetiche lo-fi (a bassa definizione). Pratiche e tecniche apparentemente raffazzonate, segni e tratti infantili, pixel sgranati e intuizioni geniali. La sorpresa sta nella varietà espressiva raggiunta con mezzi così (volutamente) poveri: dalla satira corrosiva al lirismo intimista, dagli incubi surreali dell’inconscio alle pure ricerche formali. POV è un punto di vista sintetico e trasversale sul panorama italiano delle arti visive. Esordienti e giovani già affermati espongono per la prima volta a Perugia le ricerche più fresche e provocatorie della scena contemporanea. Lo spirito tragicamente goliardico del Laboratorio Saccardi, gli sberleffi pop di Laurina Paperina, le fiabe gotiche di Elena Rapa. E ancora, l’ermetico formalismo di Leeza Hooper, le suggestioni ambientali di Ugo Coppari e David Starr, le inquietanti sovrapposizioni di Giovanni Gaggia. Punti di vista differenti che indagano i mezzi dell’arte. Inchiostri su cartoncino e mixed media. Stili e tecniche differenti, ma che l’uno accanto all’altro trovano segrete corrispondenze e affinità di spirito. Si rimane col dubbio: la regressione della tekne è una presa di coscienza o un segno di disfacimento del reale? Di sicuro non un banale rifiuto della multimedialità. Forse una reinterpretazione delle potenzialità espressive, anche minime e improvvisate, offerte dalle nuove tecnologie? Forse gli artisti invitati non si pongono affatto questi interrogativi, e rispondono semplicemente con una libertà creativa totale.


G o r i l l a 15

Infusi

foto di Gilles Dubroca

Dance Gallery

L’associazione Dance Gallery presenta Infusi un progetto che nasce dalla volontà di riunire tutti gli artisti danzatori che si sono formati alla Dance Gallery e che oggi lavorano professionalmente in compagnie di danza italiane ed internazionali, con alcuni degli artisti che gravitano intorno all’associazione. L’intento è quello di provocare l’incontro di espressioni artistiche e professionalità differenti per 4 Infusioni nel mondo delle arti che, transitoriamente, si avvicinano, si riconoscono, si fondono per far emergere l’inaspettato. Quattro gi appuntamenti dedicati alla danza ed alla sua fusione con altre arti dal vivo. Quattro i colori scelti dagli stessi artisti come ispirazione al creare: azzurro, arancione, bianco, rosso. Quattro le forme d’arte: video, musica, immagini, voce. Quattro i canovacci d’opera, e come quinto elemento il corpo delle danzatrici che catalizza e raccoglie le suggestioni evocate, creando un evento che amplifica e completa la ricerca iniziata dall’artista con la sua opera. Infuso azzurro (Luogo da definire, 18 settembre ore 21.00.) Fusione e sperimentazione tra corpo e video. Vidoe di Gilles Dubroca. Corpo: Alice Gosti, Sara Orselli, Giulia Santini, Cecilia Ventriglia Infuso arancione (Stazione FS Perugia- Fontivegge, 25 settembre ore 21.00.) Fusione e sperimentazione tra corpo e musica dal vivo. Le musiche originali del giovane compositore Rellini ed alcuni brani di musica jazz saranno il punto di partenza per la sperimentazione, attraverso la danza, del colore arancione. Musica di Andrea Rellini (violoncello) , Vincenzo Buongiorno (chitarra classica e jazz). Corpo: Amina Amici, Alice Gosti, Chiara Michelini, Sara Orselli, Giulia Santini

Infuso bianco (Luogo da definire, 2 ottobre ore 21.00.) Fusione e sperimentazione tra corpo e immagini. Il bianco è l’origine, il potenziale, ciò che si prepara a prendere colore, vita. E’ lo spazio vuoto, è lo stato neutro. Saranno queste immagini che, accompagnate da suggestioni sonore, daranno il via ad un’improvvisazione delle danzatrici. Le immagini fotografiche sono di Antonello Turchetti, il suono di Cristiano Arcelli. Realizzazione filmica: Gilles Dubroca. Corpo: Amina Amici, Alice Gosti, Chiara Michelini, Giulia Santini, Cecilia Ventriglia

di Antonella Carrera

A GLIMPSE OF HOPE Deja Donne

La compagnia Deja Donne fondata nel 1997 da Lenka Flory, artista praghese e dall’italiano Simone Sandroni, presenta lo spettacolo “A Glimpse of Hope” del quale Flory e Sandroni sono registi e coreografi. La performance è stata pensata per essere interpretata da sole donne e segue la precedente “My Name is King” che all’opposto aveva come protagonisti uomini. E’ dunque la visione femminile del mondo, è il punto di vista delle donne che si legano nella danza, che guardano alla storia passata e alla narrazione di quegli avvenimenti che apparentemente sono lontani e superati. E proprio attraverso la danza si realizza quella rilettura dei fatti anche drammatici che si trasformano in un senso di leggerezza, gioia e coinvolgimento per lo spettatore.

A Glimpse of Hope 8 Ottobre 2008, Teatro Morlacchi, Perugia. Registi e coreografi: Simone Sandroni, Lenka Flory Performers: Daria Menichetti/Italy, Virginia Spallarossa/Italy, Morena De Leonardis/Italy, Eleonora Chiocchini/Italy Video performance: Barbara Schröer/Germany, Pietro Micci/Italy Video documenti: Dutch Rall/USA

Infuso rosso (Terminal bus APM Piazza Partigiani, 9 ottobre ore 21.00.) Fusione e sperimentazione tra corpo e voce. Brani, testi, sonorità vocali che meglio evocano la passione, l’ardore, il sangue, saranno scelti dai due attori e forniranno immediato strumento di rielaborazione alle danzatrici. Voce di Lorenzo Lutteri e Stefania Romagnoli. Corpo: Amina Amici, Eleonora Chiocchini, Morena De Leonardis, Daria Menichetti, Chiara Michelini, Giulia Santini.


www.gorillamagazine.it


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