Meticcio!

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Smontate produzioni 2007

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Copertina and photo-art: Simona Noera Contatto: simonanoera@yahoo.it

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Ai miei genitori

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METICCIO! Una narrazione di figli italo-ceco-slovacchi Simona Noera

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Indice

Introduzione 0.0 Meticcio! 0.1 Il trattino 0.2 Lo scienziato malvagio di nome Yakub

12 16 18

Prima parte Capitolo primo Culture ibride e sincretiche 1.0 Borders, frontiere e confini 1.1 Lingue 1.2 Spazio ibrido e sincretico 1.3 Culturalismo e transculturalismo

20 29 35 39

Capitolo secondo Meticciato culturale 2.0 Stranger than Paradise 2.1 IdentitĂ 2.2 Meticciato e creolizzazione 2.3 La traduzione

48 52 59 68

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Capitolo terzo Immigrazione 3.0 Scontro-confronto-negoziazione 3.1 Diaspora degli immigrati e figli di seconda generazione 3.2 Contesto politico-storico dell’Italia e della ex-Cecoslovacchia 3.3 Il legame italo-ceco-slovacco

74 78 85 90

Seconda parte Capitolo quarto Premessa metodologica 4.0 L'occhio antropologico 4.1 Verso una prospettiva dialogica 4.2 Cenni preliminari

95 98 102

Capitolo quinto Ricerca empirica La cena della vigilia di natale

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Conclusione

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Appendice visiva

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Introduzione

Come essere se stessi senza chiudersi agli altri e come accordarsi all'altro , a tutti gli altri , senza rinunciare a se stessi? Edouard Glissant (Poetica del diverso)

0.0 Meticcio! Mescolanze . La purezza in quanto tale non esiste. Geneticamente ci mischiamo continuamente , per essere generati l'essere umano , la vita necessitano di miscuglio. Allo stesso modo avviene nell'ambito dell'anima , allo stesso modo si creano costantemente le culture . Anime,culture e corpi realizzano ciò che io chiamo l'esistenza . Che sia visibile o meno non importa , proprio di questo vorrei parlare . Se la coesistenza di anime interlacciate insita in ciascuno di noi è heimlich non vuol dire che esse non ci siano . Siamo abituati a riconoscere la presenza di tali inter-relazioni attraverso il contrasto - 12 -


fisico , visibile ,tangibile . Eppure tutto influenza il tutto, non si può negare la presenza dei flussi interni/esterni . Così come le spugne blu di Yves Klein incitano alla comprensione della penetrazione massiccia , multilaterale, multi -dimensionale. Ogni poro è assorbente, se incontra il colore la spugna si imbeve. Un colore che è metafora oltre al godimento scioccante dello sguardo. Può una spugna essere blu? E cosa succede se il colore non incontra quel particolare punto? Cosa succede quando invece ciò accade? Creare uno schema classificatorio sarebbe come darsi alla tranquillità della toponomastica nella geografia dei confini . Io credo che ciò non sia appropriato , piuttosto guardo e mi lascio incantare . Personalmente sono bilingue , burocraticamente ho la doppia cittadinanza . I miei genitori si conobbero negli anni 70 durante un viaggio in Bulgaria . Mio padre palermitano , mia madre bratislavcanka (1) . La convivenza di queste due anime così alternativamente presenti dentro di me è stata sempre una piacevole costante . Ciò che vorrà trasparire da questo umile lavoro di ricerca sono gli elementi che costituiscono tale coopresenza in un corpo che non tradisce differenze .Senza tali differenze somatiche ho la possibilità di mimetizzarmi , mi han sempre scambiata per autoctona ,sia in un paese che nell'altro . - 13 -


Un segreto nascosto che circola invisibilmente come lo sguardo del malocchio che si fa estraneo sia per l'occhio narrativo , sia per quello che sorveglia , il segreto circola e non viene visto . L'invisibilità dunque cancella l'autopresenza dell' io che permette l'agire politico e il controllo narrativo . Questo movimento antidialettico allontana l'oggetto dallo sguardo , è movimento di accesso alla morte . Il malocchio libera la sua vendetta circolando senza essere visto e il segreto dell' "invisibi -lità" si manifesta nella crisi della (2) rappresentazione della persona . Il problema del vedere ed essere visti viene ben spiegato da Bhabha con la sorveglianza del potere coloniale in cui viene identificato l'impulso orientato allo sfogo dato dal piacere che si trae nel vedere . Lo sguardo , paragonabile all'oggetto del desiderio , muove la sua stessa esistenza e dal mito delle origini e dal feticismo . La sorveglianza è allora attivo consenso ambivalente , sia del sorvegliante che del sorvegliato . (3) Ambivalente come accade per lo stereotipo. Tutto ciò accade quando la differenza è ben percepibile . Nel caso ancor più ambivalente del travestimento trovia- mo un' ulteriore scelta fra il trasformarsi nell'altro o scomparire . Il mimetismo è farsi screziatura su un fondo screziato. (4) - 14 -


L'oggetto del meticciato culturale è stato trattato da molti esponenti ed è una tematica strettamente legata al concetto di identità . Un'identità che maggiormente ottiene le luci della ribalta nella modernità , quando ci si ritrova ad osservare impulsi ineludibili che spingono la gente all'azione ogniqualvolta avvertono gli spaventosi e sconvolgenti effetti della crisi sociale. (5) Meticciati , ibridi e sincretismi rimandano dunque ad un qualcosa che riguarda tutti da vicino , fortemente connessi a parole quali cultura e culturalismo , frontiera e territorio , lingua e traduzione , l'identità e le identità , il loro scontro-confronto-negoziazione . Comincerò con la definizione di tali concetti generali riguardanti cultura e formazione dei processi di ibridazione , per parlare poi di migrazione e nuova generazione . Questo studio sui figli con genitori di nazionalità diversa tratterà in particolare dei figli italoceco-slovacchi in quanto ispirata da diretta esperienza . Sarà una narrazione supportata da riferimenti e citazioni che riguardano per la maggior parte esperienze di sincretismi che invece affrontano il dolore della discriminante fisica ,della subalternità . Tutto ciò per dimostrare che anche in assenza di tale circostanza evidente si sviluppa comunque una duplicità reale , fortemente sentita . Attraverso il racconto di - 15 -


un evento tradizionale come la cena della vigilia di Natale vorrò mostrare come in effetti tali anime possano coesistere nello stesso corpo .

0.1 Il trattino Questo piccolo segno che si interpone fra due o più parole è emblema di separazione ? Appadurai lo analizza nel contesto dello "stato-nazione" , esplorandone la sua dimensione con l'intento di ampliare il quadro nell'ambito della discorsività . Il suo scopo è quello di dimostrare che tale spazio circoscritto del discorso , diventato ormai segno e spazio della colonia e della postcolonia nel presente dei cultural studies , debba essere invece esteso oltre gli spazi geografici dell'ex mondo coloniale . Il percorso da intraprendere comincia dalla questione del postnazionale. Il cammino che porta dallo spazio dell'ex colonia allo spazio della postcolonia è un movimento che , attraversando , ci porta al mondo bianco . Ossia ci muove verso un luogo caratterizzato dalla sua bianchezza ma anche dalla sua implicazione con popolazioni diasporiche , tecnologie mobili , nazionalità stravaganti. Appadurai si dice quindi affascinato dalla possibilità che il legame tra nazioni e stati sia - 16 -


stato sempre un matrimonio di convenienza e che il patriottismo ha bisogno di trovare nuovi oggetti del desiderio (6) , e i nuovi etnonazionalismi sono forze di mobilitazione fortemente coordinate , di tipo complesso e di grandi dimensioni . Esse si affidano a notizie , flussi logistici e propaganda che superano i confini degli stati (7) e si accostano ad una teoria della mobilitazione etnica su larga scala . Anche se la dislocazione non produce automaticamente la voglia di fondare uno stato , possiamo costruire le nostre identità , ma non possiamo farlo esattamente come vorremmo . Nel futuro del mondo postnazionale la diaspora non ostacola il gioco delle identità , del movimento e della riproduzione culturale , ma al contrario le favorisce . Per ogni stato nazionale che ha esportato sotto qualsiasi forma pezzi della propria popolazione altrove , c'è al giorno d'oggi una transnazione delocalizzata che protegge uno speciale legame ideologico con il luogo d' origine putativo , ma è altrimenti una collettività diasporica nella sua totalità . Da questo punto di vista ,l'individuo dotato di trattino può essere assimilato a due o più cittadinanze (italo-ceco-slovacco) e se si invertono le sequenze si formerebbero delle federazioni di diaspore (slovacco-cecoitaliano) . Solo con il mantenimento di un'apertura delle società di provenienza , le - 17 -


doppie cittadinanze possono diventare più frequenti , e la diversità diasporica offre la sua fedeltà ad una transnazione non territoriale , diventando laboratorio culturale . I territori delimitati da confini potrebbero lasciare il posto a reti diasporiche , le nazioni alle transnazioni , e lo stesso patriottismo potrebbe diventare plurale , seriale , contestuale e mobile. (8)

0.2 Lo scienziato malvagio di nome Yakub A cosa crediamo?Come si crea ogni personale immaginario?Nel romanzo Middlesex , Jeffrey Eugenides raccontandoci la saga familiare di un/un' ermafrodita figlio/a di immigrati greci negli Stati Uniti, ad un certo punto si sofferma sull'incontro che Desdemona (la nonna immigrata) ha con le conferenze religiose della Nation of Islam per cui lavora come intenditrice di bachi da seta. Il predicatore Fard proclama le vicende del fantomatico scienziato malvagio di nome Yakub, il quale era appunto malvagio perchè con i suoi enormi poteri aveva creato la razza bianca. Questo scienziato malvagio, è un master of puppets molto simile alla figura dello scienziato malvagio ipotizzato dalle teorie sulla realtà e la verità di Hilary Putnam. Il filosofo immagina che questo - 18 -


scienziato malvagio abbia messo i nostri cervelli in una vasca e che da lì, attraverso connettori elettrici, stimoli le nostre percezioni facendoci credere di vivere ciò che stiamo sentendo in maniera simulata. Ora, quello di Putnam è solo un esempio per farci riflettere su quale sia la verità, ma il fatto è che comunque la potenza di questo scienziato sta tutta nella sua capacità di inferire informazioni e credenze nelle nostre menti. Ugualmente inferisce lo scienziato malvagio di Eugenides sulle menti dei fedeli alla Nation of Islam. Ripetere un concetto, renderlo credibile ha il suo potere. L'immaginario realizza la propria forma nella sua ripetizione e nella sua accettazione collettiva. Rimane dunque da chiederci se siamo sicuri di credere il giusto.

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(1)di Bratislava,al tempo cittĂ della ex Cecoslovacchia,attuale capitale della Rep.Slovacca (2)H.K.Bhabha,2001(p. 81-82) (3)ibidem (p. 111) (4)ibidem (p. 170) (5)Z.Bauman, 2006(p. 69) (6)A.Appadurai,2001(p. 206-8) (7)ibidem (p. 212) (8)ibidem (p. 223-228)

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PRIMA PARTE

Capitolo primo Culture ibride e sincretiche

Il corpo è la frontiera tra me e qualsiasi altra cosa . Walter J. Ong (Oralità e scrittura)

1.0 Borders:frontiere e confini Europlex di Ursula Biemann (1) descrive uno dei tanti paesaggi di frontiera(lo Stretto di Gibilterra) che costellano le mappe di questo nostro mondo. E' questo un posto il cui significato culturale viene acquistato grazie all'attraversamento, nella costante creazione di micro-geografie profondamente interconnesse l'una con l'altra e che allo stesso tempo riflettono la dimensione globale (2). Cos'è un confine? Lo spazio interstiziale in cui si producono e si rivelano - 21 -


intensificazioni, zone transnazionali non comprese in un solo contesto culturale ma che cooperano in maniera multiplanare, dando vita ad una ricchezza di significati ed esperienze impossibili da circoscrivere nelle semplici parole che danno nome e dunque posseggono. Il movimento delle persone e lo spostamento che questi corpi compiono quotidianamente costruiscono questo confine, corpi che sono figura narrante, corpi narrati. Troviamo quindi nell'installazione della Biemann una narrazione dei corpi, di tipo visivo, che partendo dalla riflessione sul mondo e sull'ordine sociale, indagando sul processo di globalizzazione, racconta in termini di identificazione, dislocando la condizione geografica. Allora non sarà poi molto importante il dove questa frontiera è situata, quanto cosa accade nel suo estendersi inter-spaziale. Difatti è proprio il confine la manifestazione più evidente di quello spazio-tessuto che la questione morale,attraverso obblighi e restrizioni condivise nel nome della nazione,delimita attraverso linee incise sulle carte topografiche dello Stato. Attualmente questa circoscrizione, la mappa, è chiusa. Come ben ci ricorda Hakim Bey, l'ultimo pezzo di Terra non di proprietà di alcuna nazione/stato fu ingoiato nel 1899. Il - 22 -


nostro è il primo secolo senza terra incognita. (3) Un confine è quello spazio geopolitico che può resistere quanto può sviluppare un'ibridità culturale insita nella sua (4) condizione di frontiera. Difficilmente viene creato dalla natura, bensì è un prodotto tipico dell'azione umana, che tende a dividere e a cui corrispondono solitamente due identità più o meno contrapposte. (5) Ma può anche verificarsi lo sviluppo di un'identità ibrida di frontiera, ciò accade, per esempio ma non solo, quando politicamente un soggetto appartiene ad entrambe le parti . Avere i genitori di due nazionalità diverse significa spesso acquisire la doppia cittadinanza, vuol dire avere la possibilità di usufruire dei diritti politici sia di un paese che dell'altro. Oltre tutto crea anche un' eventuale confusione riguardo a quale identità si voglia adottare, qualcuno ne rinnega una, qualcun altro le abbraccia ambedue contemporaneamente - una sottile convivenza. La zona liminare può dunque avere una valenza ambigua dalla prospettiva poco prevedibile . Essendo nata ed avendo vissuto e studiato in Italia, essendo stata spesso per lunghi periodi in Cecoslovacchia ed infine essendomi ora trasferita a Praga, mi ritrovo dunque a scrivere un pò come Iain Chambers nel suo Dialoghi di frontiera (7), facendo - 23 -


trasudare itinerari che sono emersi vivendo tra due culture. Ritornando al fatto delle linee che delimitano artificialmente l'inizio di una cultura e la fine di un'altra, il caso dell'ex impero sovietico è emblematico nella rappresentazione degli atti di forza fisica usati dall'èlite politica dominante, che obbligano i "separati" ad assumere come proprie categorie predefinite dall'alto. Più precisamente prenderò in esame il caso della ex Cecoslovacchia, ex paese satellite dell'Unione Sovietica. Quando parliamo di URSS viene subito in mente il blocco dell'est : paesi dell'est, gente dell'est, cultura dell'est,etc... Guardando la mappa, però, l'ex Cecoslovacchia si trova esattamente nel centro dell'Europa . Ma l'Europa non apparteneva all' ovest? Il problema fu risolto con il famoso confine che divideva in due blocchi il mondo orientale da quello occidentale .Ryszard Kapuscinki nel suo Imperium ne parla in questi termini: Un pezzo di mondo.La superficie dell'Impero conta ventidue milioni di chilometri quadrati e le sue frontiere terrestri,più lunghe dell'equatore,corrono per quarantaduemila chilometri. Considerato che ovunque fosse tecnicamente possibile tali frontiere erano e sono chiuse da fitte barriere di filo spinato e che a causa del clima impossibile il filo spinato si deteriora e va sostituito di frequente per centinaia,ma che dico,migliaia di chilometri,se ne deve dedurre che la maggior parte dell'industria metallurgica sovietica sia destinata alla produzione di filo spinato.(6)

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Ricordo che sin da piccolissima andavamo spesso a trovare la famiglia di mia madre . Attraversato il territorio austriaco, ultimo baluardo dell'occidente, ci ritrovavamo alle porte di Bratislava che si trovava esattamente al confine fra est ed ovest(ora al confine fra Austria e Repubblica Slovacca). Ogni volta ci aspettavano file interminabili, perquisizioni totali e minuziose dei bagagli. Cercavano soprattutto materiale pornografico importato illegalmente dall' occidente. Intanto guardavo il castello di Bratislava che si ergeva non lontano da noi e non vedevo l'ora di arrivare a casa e abbracciare i miei nonni dopo quel lungo e faticoso viaggio. Devo dire che ora, con l'integrazione della Slovacchia nella Comunità Europea, è un grande sollievo aspettare solo pochi minuti, mostrare la carta d'identità e raggiungere rapidamente e serenamente la città. Véronique Soulé ha scritto un libro che è un vero e proprio lavoro di ricerca sulle condizioni di vita dei giovani ventenni del blocco socialista negli anni ottanta e novanta. Questo libro si chiama Avere vent'anni all'Est e rende possibile farsi una buona idea su cosa abbia significato per migliaia di persone abitare dall'altra parte. Quell’altra parte che come ho già detto venne (e purtroppo tuttora viene) classificata facilmente con la parola Est. - 25 -


Sempre di più,l' "opinione pubblica" dei paesi socialisti si ribella contro l'etichetta "Est" che le vale l'appartenenza al campo orientale e guarda all'eredità culturale europea. Questa coscienza di appartenere all'Europa,ostentata dall'intellighenzia e dalla gioventù,sfocia naturalmente nella sensazione di un pericolo comune.(8)

La Soulé ha raccolto diverse testimonianze, tra cui quella di Ewa, studentessa in lettere ceca. A vent'anni,Ewa parla di "loro"(il potere , le autorità, il partito) con il tono della sconfitta. Sembra rassegnata a sopportare un sistema che non ama e a vivere , impotente,secondo i principi che le sono stati imposti. Essa distingue quel "loro" da "noi"-atteggiamento corrente in questa parte dell'Europa - senza rivolta né spirito di rivincita.A casa sua si sono sempre arrangiati così.

Essere vittime di un confine, di una politica che prepotentemente incombe sulle vite altrui, determinando quel senso di straniamento e di rabbia al tempo stesso, un doloroso soffrire per il dover vivere come vuole qualcun altro. Uno shock culturale che annienta le proprie identità, che può portare solo insoddisfazione nei confronti della propria vita. Una frontiera la si può attraversare solo se ci è dato il permesso di farlo. Una semplice linea sulla mappa può divenire un fardello così pressante da sfociare in violenza, odio e incomprensione. Nell'ambito di questa ricerca sarebbe opportuno considerare la valenza delle parole italo-ceco-slovacco non come sintomo di - 26 -


frontiera, bensì come sovrapposizione di strati e senza che uno prevalga sull'altro. Facendo riferimento alla teoria del meticciato originario di Amselle , in cui si presuppone appunto un sincretismo originario ove tutte le culture si sono sviluppate lungo un continuum culturale, indebolendo così il concetto di confine-separazione e rafforzando dunque la continuità culturale. Così, ragionando per logiche meticce, viene più facile eliminare l'idea di divisione e separazione (quando separare vuol dire sempre decidere per gli altri) tanto cara al pensiero occidentale. Tutto ciò in funzione di una prospettiva poliedrica, polifonica e di un tessuto intriso di tutte le pratiche e gli eventi che sviluppano cultura. Inoltre non bisogna dimenticare che i rapporti fra le culture sono essenzialmente imprevedibili, così come lo sono, secondo i fisici del caos, le coste bagnate dal mare dotate di una loro particolarità che non può essere fissata a priori (mi riferisco ai confini e alle mappe). In rapporto al discorso delle culture, tale imprevedibilità viene introdotta quando le variabili si moltiplicano e viene anche messa in gioco quella del tempo. D'altronde proprio grazie alla scienza della teoria del caos si sottolinea l'impossibilità di misurare esattamente fenomeni contenenti più di due variabili . - 27 -


L'idea della fissità sistematica proviene dalla cultura occidentale che tende a voler prevedere anche ciò che non può essere previsto, ma in materia di relazioni-ci dice Edouard Glissant-cioè negli spazi-tempo che le comunità producono intorno a sé e riempiono di progetti, di concetti e spesso di inibizioni, l'imprevedibilità è la legge. (15)

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P.

F. P. F. P.

Ti dico...che dobbiamo ricominciare tutto da capo e supporre che una lingua sia prima di tutto un sistema di gesti.Dopo tutto gli animali hanno solo gesti e toni di voce...e le parole furono inventate più tardi.Molto più tardi. E dopo si inventarono i professori. Papà? Sì? Sarebbe una buona cosa se la gente lasciasse perdere le parole e ricominciasse ad usare soltanto i gesti? Mah...non lo so. naturalmente in quel modo non ci sarebbe possibile fare nessuna conversazione. Potremmo solo abbaiare,o miagolare, e agitare le braccia qua e la, e ridere e brontoare e piangere.Ma potrebbe essere divertente... la vita sarebbe come una specie di balletto... dove i ballerini si farebbero la musica da sé. Gregory Bateson e sua figlia (Verso un'ecologia della mente)

1.1 Lingue Il dipinto Il trionfo della musica di Marc Chagall (10) con colori caldi e gioiosi, luminosi, mi ha subito suggerito la polifonia dei vari idiomi. Non so perchè ma il primo impatto che ho avuto con questo quadro è stato quello di percepire la performance babelica che trasferisce metaforicamente il significato attraverso sistemi linguistici. (11) Come Roland Barthes a Tangeri (12) ho provato a scorgere i vari linguaggi-suoni che potevo ascoltare. - 29 -


Per tredici anni, ogni estate, in Repubblica Ceca si è svolto un festival di musica tekno dal nome CzechTek . E' stato sempre seguito attraverso i media da tutta la popolazione, non c'era vecchietta che non sapesse cosa fosse. Ora, la particolarità di questo teknival era che aveva la capacità di radunare migliaia e migliaia di giovani provenienti da tutta l'Europa e non solo. Diventando una (13) zona temporaneamente autonoma , liberando cioè uno spazio dal suo uso passato, rinnovandolo temporaneamente e incollandosi addosso tutti i significati che ogni partecipante voleva e poteva dargli, diveniva soprattutto uno spazio di attraversamento multiplo, dove il confine ormai labile fra l'io e l'altro si annullava misteriosamente, creando quella grande mescolanza di linguaggi e culture (anche se formalmente sempre di appartenenza europea) che rendeva per qualche giorno tangibile l'utopia della contro-cultura dei travellers (14). Ovviamente tale chimera non è mai stata in fondo idilliaca poichè, ahimè, contaminata dallo smercio massiccio di droghe e dal relativo business di stampo mafioso. Ma la cosa che più mi ha sempre colpito, quelle volte che vi ho partecipato, è stata la sensazione nei primi giorni di forte straniamento, quasi disagio, quel qualcosa che assomiglia ad un forte mal di testa . Tutto ciò dovuto al fatto che con i cechi - 30 -


parlavo in ceco, con i francesi in francese, con gli inglesi in inglese, con gli slovacchi in slovacco e così via. Era come il "Bum" per Aziz nelle Grotte di Marabar in Passage to India di Forster (15), le parole che comunicavo e mi comunicavano erano il luogo del dove la cultura si dissolve. L'incontro con l'altro avveniva violentemente e mi sfregiava rendendo me stessa parete graffiata-Bum! Cade così il processo di beanza , cioè la strategia di duplicità/duplicazione entro cui si crea il rapporto fra il soggetto e l'altro.(*) Se si considera che ogni giorno muoiono molte lingue ed è ormai impossibile scrivere e parlare in maniera monolingue e che ciò avviene in presenza di tutte le lingue (il che non vuol dire conoscerle tutte, bensì rendersi conto che la propria non è l'unica ad essere minacciata al mondo), arriviamo ad un punto della storia in cui ci si accorge che l'immaginario dell'uomo ha bisogno di tutte le lingue del mondo. (16) Dunque il multilinguismo non implica coesistenza e conoscenza di più lingue, ma la loro presenza nella pratica della propria lingua. Secondo Glissant la difesa della lingua è necessaria ed è attraverso questa difesa che ci si oppone alla standardizzazione, poiché affinché ci sia una relazione è necessario che ci siano due o più entità padrone di se stesse che accettano di cambiare scambiando. (17) Proprio al - 31 -


riguardo Kapuscinski parlando della relatività linguistica proposta da Sapir-Whorf (18), evidenzia che per rendere positivo il dialogo fra due interlocutori di lingua diversa , essi devono rendersi conto di avere di fronte qualcuno che ha un'immagine diversa del mondo e ciò comporta quindi un grandissimo sforzo accompagnato da una paziente tolleranza con l'aggiunta del desiderio di capire e di intendersi . Proprio nello spazio di questo contatto si crea la cultura, attraverso gli altri si illuminano angoli sconosciuti nella nostra storia personale. Kapuscinski cita il pensiero di Simmel, per il quale l'individuo umano si crea nel processo-relazione-legame con gli altri, e ci ricorda che tale affermazione ci viene confermata anche da Sapir-Whorf quando dice che "il vero luogo del crearsi della cultura è l'interazione tra le persone".(19) Massimo Canevacci dice di imparare ad ascoltare il fragore sonoro emesso da una moltitudine di soggettività (20). Provo piacere ad ascoltare e capire,provo piacere ad essere compresa . E quando torno in Slovacchia dall'Italia, nonchè quando ritorno dalla Slovacchia in Italia, dopo qualche giorno di intolleranza fisica, di rigetto quasi fisiologico comincio automaticamente a pensare nella lingua del paese in cui mi trovo . E' inoltre particolare (ma non singolare!) il fatto che con mia madre, anch'essa - 32 -


poliglotta, spesso nel nostro comunicare utilizziamo diverse lingue contemporaneamente. Creiamo così una nostra lingua creola incentivando la circolarità che ci allontana dal pensiero dell' uomo verso l'Uno e l' unità. Questa circolarità vuole indicare una sorta di spiralità lontana dalla "proiezione a freccia" che segna ogni colonizzazione.(21) Realizziamo la creolizzazione del mondo di cui parla Glissant quando dice che : le culture del mondo oggi messe in contatto in modo simultaneo e assolutamente cosciente , cambiano scambiandosi colpi irrimediabili e guerre senza pietà , ma anche attraverso i progressi della coscienza e della speranza che permettono di dire - senza essere utopici o, piuttosto accettando di esserlo - che le umanità di oggi abbandonano , seppure con difficoltà , la convinzione molto radicata che l'identità di un essere è valida e riconoscibile solo se esclude l'identità di ogni altro essere.

Una creolizzazione come processo e non come struttura , una indefinitezza comune alla matrice originaria di Amselle . L'opacità di Glissant che si mette in contrasto con la troppa definizione che porta alla separatezza. Eppure non tutti i figli con genitori dalle nazioni diverse hanno la possibilità di apprendere la seconda lingua. Purtroppo spesso accade che certi genitori neghino questa opportunità per pregiudizio o per “distrazione”. Entrare in un altro mondo linguistico, rendendolo anch'esso madrelingua, è un patrimonio ed una - 33 -


mentalità che non dovrebbero essere preclusi ai propri figli. Si può percepire in ogni atto comunicativo una duplice e contraria intenzione: per un verso quella di mantenere le distanze consentendo a ciascuna delle parti di avere qualcosa da dirsi, e per un altro verso l'intenzione di ridurre le distanze permettendo di potersela dire. Ci si avvicina così al precetto di Jakobson per cui il compito più importante del linguaggio è quello di "superare lo spazio, di abolire le distanze, di creare continuità spaziale, di trovare e stabilire un linguaggio comune attraverso l'aria ". (22) Nel momento in cui si intende comunicare qualche cosa è altresì importante il come si comunica, nel senso di quali opportunità può portare tale comunicazione. Nel fenomeno della commutazione di codice (code switching) è rilevante considerare il passaggio da una lingua all'altra all'interno di uno stesso discorso, che diventa non solo semplice passaggio, ma personale scelta retorica in modo da ampliare notevolmente le (23) opportunità . Parlando di lingue non si può non citare il lavoro cinematografico svolto dal regista Spike Lee, che con la sua sagace maestria ha più volte dipinto la realtà multilinguistica della metropoli di New York. Nelle sue storie ha posto sempre in evidenza il contrasto - 34 -


coattamente amalgamato di culture e lingue differenti, le voci dei migranti e delle successive generazioni.

L'orrore e la disperazione,che esalavano da quelle carni sconvolgenti e delicate nello stesso tempo,mi ricordano ancora,misteriosamente,la sensazione provata al nostro primo incontro. Georges Bataille (Storia dell'occhio)

1.2 Spazio ibrido e sincretico Se, come propone Bhabha, una critica è effettiva nella misura in cui apre uno spazio di ibridazione, è bene tenere conto di questo spazio che si interpone negli inter-stizi culturali introducendo l'invenzione creativa nell'esistenza. (24) La produzione narrativa che ne emerge è letteratura del riconoscimento, la quale ha un'importanza fondamentale per la riaffermazione e il recupero delle proprie tradizioni . Ancora , poichè le culture non sono mai unitarie in sè e perchè un testo culturale o sistema di significazione non basta a sè stesso , l'atto di enunciazione è attraversato dalla differenza della scrittura . Tale diversità - 35 -


garantisce che il significato non sia semplicemente mimetico o trasparente , è proprio la differenza linguistica a dare forma ad ogni pratica culturale . Non solo , è anche rappresentazione nella scissione fra soggetto enunciato e soggetto dell'enunciazione . Nell 'atto di comunicare , con l'intento di produrre significato , si compie un patto interpretativo fra l' io , il tu interlocutore e il terzo spazio che è relazione inconscia e mostra l'ambivalenza entro l'atto di interpretazione. (25) Se consideriamo che le culture vengono rappresentate grazie ai processi di traduzione ed iterazione in cui ci si rivolge sempre ad un Altro, è chiaro notare che è proprio attraverso questo Altro che esse si esprimono . D'altro canto se non ci fosse l' Altro non esisterebbe neanche l'io. La comprensione di altre culture è quindi profondamente legata all'aspetto linguistico come ci suggerisce Clifford Geertz, è più intuizione, comprensione , infiltrarsi nel senso attribuito,capire la sfumatura di un suono-verbo , più che comunione. (26) Double homes, double lives? Il fatto è proprio questo. Quando si è entrambi Altro&Altro al tempo stesso, quando queste due condizioni coesistono per natura fisica all'interno di un solo corpo , è possibile percepire che lo spazio dell'incontro si realizza nella circoscrizione di una sola - 36 -


forma. L'anno scorso alla Festa del Cinema di Roma, andai ad assistere alla proiezione di un film di una regista iraniana. Al mio fianco si sedette una ragazzina con cui cominciai a chiaccherare prima che il film iniziasse. Mi disse che il padre era iraniano e che , conoscendo la lingua, era molto contenta di non dover leggere i sottotitoli. Lei avrebbe capito ogni tinta di ciascuna parola, io mi sarei dovuta invece accontentare della sommaria traduzione offertami dal festival. In quel caso era lei ad avere la possibilità di penetrare effettivamente nella comprensione di ciò che la regista con il suo film voleva comunicare. Anche qui avvenne sincretismo, il mio diverso dal suo, ma pur sempre ambedue sincretismi, quando con tale termine intendo la contaminazione che avanza nel mix di assemblaggio casuale ed impredicibile nel suo essere come malattiacultura che contagia le parti che si incontrano . Essere nell'oltre, nello spazio intermedio che diviene luogo del sovrapporsi e del succedersi delle differenze. Il Luogo dove tali processi si realizzano, quell'oltre e la sua energia in un'espansione esperenziale che nella strategia derridiana assume le forme di incorporazione dell'altr , grazie alle quali l'alterità si innesta sempre come variazione interna del medesimo. (27) - 37 -


Se lo sguardo più vero appartiene solamente alla duplice visione del migrante, è proprio nella storia narrata dal flusso dei migranti che ritroviamo la narrazione indigena che ruota intorno alla sua identità nazionale. Lo sviluppo di questa ibridità culturale che si riflette dalla frontiera sulla narrazione, traduce e riscrive l'immaginario sociale di metropoli e modernità . (28) E se pensiamo la letteratura come Narrazione passionale e poetica della totalità-mondo, si può instaurare un nuovo legame con il Luogo. Il Luogo è necessario in rapporto alla totalità-mondo, questa è l'unica vera relazione. E' uno spazio che non si riferisce ad un territorio, ma lo si intende e lo si vive in un pensiero dell' erranza. (29) Essere nell'oltre allora vuol dire abitare uno spazio che interpone e allo stesso tempo toccare il futuro nel suo lato più vicino .Essere nell'oltre, lo spazio intermedio nel qui e ora . (30)

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Nel '72 andai a vivere a Parigi, da lì andai a Londra, e poi a New York. Ed è nelle grandi città che ti accorgi delle facce, che cominci a leggere le metropoli come cataloghi di facce, che ti viene voglia di fotografarle e di trasformarle in un catalogo. Edo Bertoglio

1.3 Culturalismo e transculturalismo La parola culturalismo, sostantivo che designa i movimenti solitamente rivolti ai moderni stati nazionali, i quali si arrogano il potere di distribuire i vari poteri seguendo la logica della classificazione e della politica nll'ambito dell'identità di gruppo. Tale sostantivo, spesso unito a prefissi quali bi, multi, inter, intende consciamente le identità nel loro formarsi, dunque movimenti. Appadurai ci dice che il culturalismo é la politica delle identità mobilitata a livello dello stato nazionale. (31) Come ci suggerisce Amselle, la carattestica fondamentale dell'antropologia culturale, comunemente chiamata "relativismo culturale", si dovrebbe presentare al mondo come una pluralità di culture, in cui é impossibile definire nessuna gerarchia. Tale tipologia di - 39 -


confronto rende le differenti culture incommensurabili, ossia si autodistribuiscono organizzandosi arbitrariamente in universi chiusi privi di reciproca comunicazione. E' proprio questo modo di vedere, evidenzia Amselle, che ignora la genealogia della nozione di cultura e il ruolo di tale concezione dell'antropologia nella storia occidentale. La cognizione del termine cultura fu per prima utilizzata dai tedeschi, superando a livello di sviluppo culturale paesi come Francia ed Inghilterra che invece concentravano le proprie forze sulla crescita economica. Non a caso il concetto di cultura (Kultur) ha in tedesco due significati completamente diversi. Il primo, quello Kantiano, indica ubna visione universalistica, una cultura trasmessa da nazioni privilegiate. Il secondo significato, attribuibile ad Herder, é di tipo etnico e si manifesta nel sentimento di inferiorità di tedeschi e russi nei confronti delle nazioni avanzate. E' questo secondo significato ad aver fatto presa nell'antropologia americana, identificandosi nel termine Volk (popolo) che sta ad indicare nel suo plurale Volker le culture in generale ed in particolare le culture primitive. Associato così all'etnografia o alla scienza delle società primitive, esprime sia il popolo nella sua accezzione più ampia, sia l'Altro diminuito di valore. Non dobbiamo dimenticare l'opposizione che fece Tonnies - 40 -


fra il termine Kultur (nazionalità) e Zivilisation (cittadinanza). L'idea tedesca di cultura si ripercuote sia nelle opere di Tylor che in quelle di Boas. Una cultura che abbraccia e include in maniera complessa conoscenze credenze capacità tradizioni ed abitudini sociali di una comunità. Questa idea pervaderà gli antropologi culturali americani e i ricercatori come Mead. Secondo questi la cultura comporta tre elementi: 1) come il mondo dovrebbe essere; 2) come il gruppo si comporta; 3) ciò che é oggettivamente determinato. Ma l'antropologia culturale americana si é sviluppata nel contesto del colonialismo europeo e in reazione ad esso, contribuendo ad una politica di sviluppo basata sul relativismo culturale. Appoggiandosi al pretesto della autonomia di ogni cultura, tale percorso, consisteva nell'assimilazione ed integrazione con poca spesa di comunità che erano state individuate in precedenza come diverse. Una antropologia culturale applicata nella pratica, cioé una antropologia applicata, paradosso della visione etnocentrica che il relativismo culturale vuole combattere. Come si costituisce una cultura? Approsimativamente possiamo definire una cultura specifica come un insieme di tratti culturali diffusi non ripartiti a caso nello spazio. Le culture trovano il loro posto nell'insieme mobile che è anche campo strutturato di relazioni. - 41 -


Definire una data cultura é allora il risultato di un rapporto di forze interculturali. Esaminare una certa area culturale diviene metafora geografica rivelatrice, e non possiamo stabilire la loro presenza in quell'area semplicemente considerando che essi intrattengano fra di loro legami puramente occasionali. Tale sistema di culture é dinamico, esistono infatti culture che hanno il potere di nominare altre culture e di circoscriverne altre. La modificazione del rapporto di forze nel campo interculturale rivela mutamenti che agiscono in ogni sistema sottoculturale preso separatamente. Possiamo difatti associare diversi sistemi di parentela ad una data cultura che possono cambiare nel corso della sua storia. A sua volta si può fare lo stesso discorso per le religioni, anche qui le relazioni interculturali ne condizionano lo svolgimento. Inoltre ogni cultura é anche il risultato di un rapporto di forze interne, non a caso le lotte per le identità tra i gruppi in una data cultura sono sempre esistite in qualsiasi tipo di società. Difficilmente, suggerisce Durkheim, una sola coscienza collettiva caratterizza la totalità della cultura. Bisogna perciò limitare di cadere nell'errore degli antropologi culturalistici e invece discutere la cultura come soluzione instabile il cui suo eterno scorrere é aleatorio per essenza. L'imprevedibilità delle relazioni ed il caos- 42 -


mondo di cui parla Glissant. Benedict Anderson ci ricorda che la nascita di certe culture in Europa ha obbedito al principio del riconoscimento delle diverse culture con la creazione di "comunità immaginate", risultato del rapporto di forza tra coloro che assegnano e coloro che sono oggetto di una assegnazione. Gran parte delle lingue delle culture europee sono state create dagli intellettuali e con la trascrizione dominazione dello scritto sull'orale - hanno incentivato l'emergere dei nazionalismi europei e dei loro sottoprodotti cioé le culture delle minoranze etniche. Se si considera che ogni cultura possegga il segreto per interpretare se stessa , giungiamo alla prospettiva di Clifford Geertz per il quale i fenomeni sociali devono essere spiegati nel contesto delle coscienze locali, per potere arrivare a comprendere intenti diversi dai nostri. Tale punto di vista può essere definito transculturalismo, cioé una comparazione basata sulla profonda conoscenza di diverse culture; presuppone però l'esistenza preventiva di una conoscenza astratta, come fosse matrice apriori che produce i differenti elementi che si vogliono comparare. (32) Le differenze culturali non sono lì per essere viste nè per appropriarsene. La rimozione e la dislocazione consentono di identificare il culturale come una struttura di potere. La - 43 -


cultura deve essere vista allora come strategia dalla struttura testuale aperta , il cui scopo é più perenne agonia che totale scomparsa della cultura preesistente. Bisognerà considerare quindi il culturale non come conflitto, ma come effetto di pratiche discriminatorie. (33) La fine del XX secolo introduce una svolta nelle relazioni tra noi e gli altri. Kapuscinski la chiama epoca del mondo multiculturale e si chiede che cosa l'ha originata. Egli lo individua come un periodo che sancisce il passaggio dalla società di massa alla società planetaria. Grazie alla globalizzazione della rivoluzione elettronica e al crollo della bipolarità della guerra fredda il nostro pianeta diventa spazio potenzialmente aperto e le nostre relazioni con gli altri acquisiscono nuove caratteristiche. Queste relazioni posseggono un numero di combinazioni infinito di aspetti e varietà, di razze e culture, "il non europeo, che é altro rispetto ad un altro non europeo", un nuovo altro. Sempre più persone si ritrovano con l'enigma di definire la propria identità, la propria appartenza sociale e culturale. La consapevolezza e la presenza dell'importanza delle culture (che si spiega con la massiccia moltiplicazione delle comunicazioni e dei collegamenti) ha favorito l'incontro di queste culture ed il loro dialogo polifonico che non esclude ovviamente lo scontro. La definizione dell'identità avviene - 44 -


stabilendo il nostro rapporto con gli altri e appartenere ad un mondo multiculturale ha bisogno di un forte e maturo senso di identità. Il progresso multiculturale é soggetto infatti alla minaccia etnocentrica e ostile verso gli altri che sfrutta il desiderio di sviluppare la propria cultura. Non solo, le energie e le ambizioni delle culture recentemente liberate possono subire manipolazioni di nazionalisti e razzisti che mirano a portare verso una guerra contro l'altro. (34) Sulla definizione e sulla proclamazione dell' "era multiculturale" si oppone negativamente Zygmunt Bauman, definendola nutrimento per alcuni e veleno per altri. Nell' annunciarla egli intravede il riflesso dell'esperienza di vita della nuova élite globale che trova, ovunque viaggi (e fisicamente e virtualmente), altri membri della stessa élite globale che parlano lo stesso linguaggio e si preoccupano delle stesse cose. Dichiarazione della nuova "onnivora insaziabilità culturale", essa porta ad un atteggiamento che spinge a trattare il mondo come un gigantesco grande magazzino . Un atteggiamento , questo , che però non può essere attuato dalla maggioranza della popolazione globale , che rimane dunque esclusa . Niente "bazar multiculturale" per loro , ci dice Bauman . Sono individui che si trovano nello stato di "esistenza sospesa" e si tappano le orecchie - 45 -


per non sentire la frastornante cacofonia di messaggi culturali. (35)

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(1)Ursula Biemann,artista,studiosa e curatrice,si occupa di migrazioni,mobilità,genere e tecnologie(catalogo a cura di) V. Serafini, Tekfestival 2007 . Ai confini del mondo.dentro l'0ccidente,Centro stampa De Vittoria,Roma,2007 (p. 60) (2)U.Biemann, 2003(p. 2) (3)H.Bey,T.a.z.,2002(p. 17) (4)H.K.Bhabha, 2001(p. 18) (5)M.Aime ,Identità etniche o politiche ? in J.Amselle, 1999 (presentazione,p. 12) (6)R.Kapuscinski,2006(p. 78) (7)I.Chambers, 2002(p. 22) (8)V.Soulé,1990(p. 99) (9) E.Glissant, 1998(p. 68) (10)M.Chagall Il trionfo della musica @mostra Chagall delle meraviglie, Complesso del Vittoriano,2007 (11)H.K.Bhabha citaz. di Derrida, 2001(p. 190) (12)H.K.Bhabha,2001(p. 255) (13)definizione di Hakim Bey,H.Bey,T.a.z. Zone temporaneamente autonome,Shake edizioni,Milano, 2002 (14)travellers: nuovo tipo di zingari, esuli nel loro stesso paese con una vita vissuta da nomadi su camion, roulotte, in tende e in accampamenti ai margini della città o sulle scogliere della Cornovaglia, con le loro incredibili feste sono i personaggi di una controcultura che conta mezzo milione di aderenti , già considerata una minaccia dalle istituzioni inglesi che hanno reagito con durissime leggi. (15)H.K.Bhabha,2001(p. 174, Forster,1924,p. 41) (*) Lacan citato in H.K.Bhabha 2001(p. 80) (16)E.Glissant, 1998(p. 33-34) (17)ibidem.(p. 35) (18)"(...)sostiene che il pensiero viene formulato in base alla lingua e che,parlando lingue diverse,ognuno di noi si crea un'immagine del mondo personale e

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diversa da quella degli altri. Queste immagini non combaciano,non sono intercambiabili".in: R.Kapuscinski,2007(p. 35) (19)ibidem.(p. 36) (20)M. Canevacci,Sincretismi, ??(cit. p.184) (21)E.Glissant, 1998(p. 13) (22)R.Jakobson, 1966(p. 13) (23)G.P.Jacobelli, 2003(p. 25-26) (24)H.K.Bhabha,,2001(p. 21) (25)ibidem(p. 61) (26)ibidem(p. 87) (27)G.Leghissa ,2002 (p. 9) (28)H.K.Bhabha, 2001 (p. 17-8) (29)E.Glissant, 1998(p. 86) (30)H.K.Bhabha, 2001(p. 17-18) (31) A.Appadurai, 2001(p. 31) (32) J.L. Amselle 1999 (p. 75-79) (33)H.K.Bhabha, 2001(p. 145) (34) R. Kapuscinski, ,2007 (p. 31-35) (35)Z.Bauman, 2003(p. 95-96)

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Capitolo secondo Meticciato culturale

-Conoscendo tua cugina...ho capito che tu eri ungherese -Allora? -Ti credevo americano -Sono americano come te! -Cleveland è simile a Budapest? -Sta zitto! ( In Stranger than Paradise di Jim Jarmusch)

2.0 Stranger than Paradise Nel film del 1984 di J. Jarmusch, John Lurie interpreta il personaggio di Bela Molnar, un ungherese che vive ormai da dieci anni a New Jork (ora si chiama Willie) e deve ospitare controvoglia la cugina sedicenne Eva, emigrata negli Stati Uniti. Eva si ferma solo pochi giorni per poi raggiungere la zia a Cleveland. L'incontro fra i due cugini ripropone agli occhi di Willie le sue origini e nel momento in cui, insieme al suo amico Eddie vincono barando a poker 600 dollari, decide di andare a trovare la cugina a Cleveland. Durante il viaggio Eddie fa notare a Willie che fino ad allora non si era accorto - 49 -


che lui fosse ungherese. Willie per tutta risposta si inasprisce nei confronti dell'amico come non volesse ricordare, come rinnegasse le sue origini, quasi fossero una sorta di vergogna nel paese del grande sogno americano. Durante il proprio viaggio le immagini dal finestrino si susseguono tutte uguali . La realtà monotona e provinciale che si trovano di fronte arrivati a Cleveland li fa riflettere sulla questione se poi in fondo ogni posto non sia uguale. Anche mentre viaggiano Eddie chiede a Willie se Cleveland assomigli a Budapest. Arrivati in città vanno a prendere Eva alla caffetteria dove lavora e riaccompagnandola a casa ne approfittano per andare a trovare anche la zia. L'incontro con la zia é di un grottesco quasi esilarante. Ella infatti non solo offre in continuazione del cibo ungherese con insistenza (atteggiamento tipico del paese d'origine), ma si ostina anche a parlare in ungherese. I tre giovani parlano in americano e la zia continua imperterrita a rispondere in ungherese, cioé vuole evidenziare la sua origine, al contrario di Willie ed Eva che la rinnegano. Quando alla fine escono per andare ad un cinema, nel momento in cui riaccompagnano Eva a casa della zia, una volta rimasti soli Willie chiede ad Eddie che cosa ci facciano lì, ma d'altronde neanche Eddie lo sa ed é proprio così che gli risponde. Il giorno dopo, in mezzo ad una tempesta di - 50 -


neve si ritrovano a bighellonare a piedi per una qualsiasi strada ferrata di Cleveland e nuovamente hanno la senzazione che questa cittadina sia come tutti gli altri posti, che tutti i posti un pò si assomiglino. Sarà vero? Ma le domande che si pongono provocano un forte senso di straniamento incitato ancor di più dai colpi di violino stridente e triste che sono colonna sonora del film. Eddie e Willie decidono di tornare a New York e portano con sè anche Eva, la quale il giorno prima aveva confidato a Willie che nutriva il desiderio di andarsene . Inoltre durante quel breve scambio di battute , Willie aveva chiesto alla cugina come mai la zia si ostinasse a parlare ungherese , la sua risposta fu che era testarda come tutta la famiglia .Tale interpretazione dell'atteggiamento della zia può essere visto in maniera ambivalente: Eva era troppo giovane per capire il senso di appartenenza della zia migrante ; oppure Eva era troppo desiderosa di dimenticare il suo passato. Quando sono già partiti si fermano con la macchina davanti ad un cartellone turistico con un sole sorridente ed una scritta :”Welcome to Florida!”. Willie compra per tutti e tre degli occhiali da sole e giocano a fare i turisti. Dicono proprio "Sembriamo dei turisti!" ,una frase che oscilla fra ciò che vorrebbero essere e il se vi si identificano veramente. - 51 -


Il passato è un paese straniero. H.K.Bhabha (I luoghi della cultura)

2.1 Identità E' opportuno considerare l'identità al plurale, non una sola identità ma una pluralità di identità; non un solo io ma più ii, per uscire dal concetto concentrico dell'Uno che porta direttamente alla morte. L'utopia del pensiero occidentale anela alla stabilità e alla previsione. In un mondo e nelle sue relazioni che sono del tutto imprevedibili, mettendoci nella condizione di sentire il panico dell'instabilità che diventa a sua volta piacere, un porto da cui partire per nuovi itinerari. Solo attraverso la deriva delle abitudini e soffrendo la filosofia del trasloco si può liberare il plurale dell'io inseguendo un disordine ibrido. (1) Nella narrazione del migrante, nel rapporto fra il soggetto e l'Altro, troviamo l'ambivalenza di un duplice tempo di iterazione che suscita il principio della indecidibilità, in cui il lettore é collocato in uno spazio appunto indecidibile fra desiderio e compimento, fra né futuro - né presente, ma tra i due. Nella negazione e nella cancellatura appare la presenza della - 52 -


persona assente, presente nella sua selvatichezza e parte essenziale di essa. Nello spazio del confine si fondono la testura della poesia e la testualità dell'identità. Avremo quindi l'identità nella differenza e l'alterità di identità, entrambi discorsi postmoderni. (2) Il bisogno di uscire dai confini viene chiamato da Derrida jetée,letteralmente tradotto con gettata, cioè il pontile che si estende proteso verso l'acqua per accogliere le imbarcazioni. Un termine che Derrida usa per riferirsi al suo esporsi in avanti verso l'ignoto e l'incerto, e allo stesso tempo si rifà al suo dover forzatamente ritornare al porto sicuro del senso stabilito ed istituzionalizzato. Ogni specie costituisce la propria identità solo incorporando le altre identità, per contaminazione, parassitismo,innesto, incorporazione.(3) Glissant condivide l'affermazione di Edward Said per cui le identità non esistono e che sono soltanto costruzioni immaginarie. Egli poi amplia questo discorso sostenendo che per conquistare il mondo é stato necessario prima sognarlo. Quali, se non gli occhi degli scrittori e dei poeti occidentali possono aver contribuito a tale sogno immaginario? La letteratura tradizionale in Occidente é letteratura dell'essere e dell'assoluto. Per colonizzare un altro paese si ha la necessità di assicurare la propria legittimità, c'è il - 53 -


bisogno di giustificarsi. La nostra concezione di simultaneità si é diffusa in un periodo di tempo molto ampio, sicuramente connesso con lo sviluppo delle scienze laiche. Il tempo viene riconosciuto in ciò che Benjamin chiama tempo messianico, una simultaneità di passato e futuro in un presente istantaneo. Anderson crede che questo modo di pensare tolga significato al termine "nel frattempo". Citando nuovamente Benjamin, egli indica la sostituzione del concetto medioevale di simultaneità-nel-corso-deltempo, con la definizione di "tempo vuoto e omogeneo" in cui la simultaneità é ubiqua e trasversale al tempo, scandita da sincronia e misurata da orologi e calendari. Sempre Anderson sottolinea l'importanza di tale trasformazione per la nascita delle comunità immaginarie delle nazioni. E' proprio con le forme di rappresentazione che si svilupparono nel '700 (il romanzo e il giornale) che si ebbero gli strumenti tecnici per rappresentare la comunità immaginatanazione.(4) I media ci muniscono di ciò che ci serve per confrontarci con l'ambivalenza della nostra collocazione sociale. Gran parte degli spettatori televisivi sono sofferentemente consci di aver precluso l'ingresso alle feste planetarie "policulturali"(le vite di scarto baumaniane). Essi si accontentano dell' "extraterritorialità virtuale-sostitutiva- 54 -


immaginata" fornita dai media. Tale effetto di "extraterritorialità" si ricava sincronizzando a livello planetario gli spostamenti dell'attenzione e gli oggetti di tali spostamenti. Spiritualmente, essi possono innalzarsi per un po', dal luogo che non permette spostamento fisico. (5) Il nome come appellattivo, riconoscimento . Beloved di Toni Morrison è una delle tante storie di morte violenta dei bambini neri durante la schiavitù in America. Racconta di una madre schiava (Sethe) vittima di una morte sociale , costretta a compiere l'infanticidio della propria figlia per strapparla al dolore di una vita che prometteva solo sofferenza. Il fatto che il nome della figlia non venga mai svelato(al suo posto troviamo il mero aggettivo Amatissima-Beloved) rivela il nascondersi alla vista, l'assenza presente del carattere subalterno. Al contrario, nella bellissima raccolta di corti del 2002 che si chiama Ten Minutes Older, c'è opposto al riguardo, un episodio denso e significativo (Time Line) diretto dal regista spagnolo Victor Erice. Infatti in quei dieci minuti che il regista ha a disposizione, quello che possiamo definire il protagonista, il figliobambino-neonato , un nome ce l'ha e non solo. E' Luis e viene ricamato dalla sua nonna sul bavaglino con impegno , la Spagna è stata liberata dai nazisti si legge sullo - 55 -


stralcio di un giornale , non c'è più da temere. Se non fosse che il bimbo inizia a sanguinare, mentre dorme una macchia rossa si estende rapidamente all'altezza del suo stomaco sul vestitino candido. Nel frat-tempo il tempo scandisce i suo battiti da un orologio a pendolo mentre il fratellino più grande di Luis disegna un orologio sul suo polso e mima il gesto dell'ascolto, portando all'orecchio l'orologio disegnato controlla se il meccanismo funziona. La linea del tempo è costante: nel gesto della nonna che impasta la farina, nei vecchietti di casa che giocano a carte, nello spaventapasseri relegato alla sua fissità di oggetto-guardiano del grano. Intanto il sangue continua a macchiare la purezza del vestito di Luis, fin quando non si sveglia e il suo grido spezza quel ticchettare che è lo scorrere del tempo. Al neonato Luis si è aperta la ferita dell'ombelico, il suo centro, la sua origine. L'intera famiglia accorre al suo pianto e la nonna prontamente ricuce la ferita, la salda con il medesimo amore che mette nel ricamare il suo nome sul bavaglino. Non è tempo di lasciarli così presto, gli dice,baciandogli i piedini con affetto. Ritornando al discorso delle identità, Bauman afferma che esse ormai si librano liberamente ed é compito dei singoli individui afferrarle al volo utilizzando proprie capacità - 56 -


e strumenti. Il desiderio di identità ha origine nel bisogno di sicurezza, che é chiaramente sentimento ambiguo. Questa necessità emotiva fluttua liberamente in uno spazio indefinito, in un ambiente fastidiosamente ambivalente che a lungo andare diviene condizione ansiogena e sfibrante. La nostra epoca di modernità liquida fa diventare impopolare la fissità e l'identificazione che immodificabilmente non concedono (6) ripensamento. L'idea di identità nasce dalla crisi dell'appartenenza e dallo sforzo che essa ha innescato per riempire la frattura tra ciò che dovrebbe essere e ciò che é, portando la realtà ai parametri fissati dall'idea, per rendere la realtà somigliante all'idea. Chiedere " chi sei tu" ha senso solo se tu sai di potere essere qualcosa di diverso di ciò che sei, solo se hai una scelta da rendere reale facendo tu qualcosa per consolidarla. Coloro che abitano nei luoghi più isolati (e questi luoghi possono anche essere metafora) non hanno mai avuto occasione di pensare, di cercare, scoprire od inventare una cosa così impensabile come "un'altra identità". L'identità può inserirsi solo come compito, come un dovere. Lo Stato moderno ha reso obbligatorio tale compito per legittimare la sua sovranità territoriale. Un'identità come finzione che diviene realtà, poiché la nazione ha bisogno di un passato sicuro, e Stato e nazione - 57 -


hanno bisogno l'uno dell'altro. Lo Stato, rappresentandosi come compimento del destino della nazione e garanzia della sua continuazione, chiede in cambio ubbidienza dei suoi sudditi. Lo Stato dunque é compimento del destino della nazione, nonché condizione necessaria per l'esistenza di una nazione che rivendica un destino comune. L'identità nazionale fu fin dal principio concetto agonistico e grido di battaglia, un progetto che richiede una vigilanza continua, condizione che può essere soddisfatta tramite la coincidenza fra il territorio di residenza e la sovranità dello Stato. Il suo senso sta nella traccia rigida e sorvegliata del confine tra "noi" e "loro", e l'appartenenza non potrebbe sedurre se non fosse fortemente selettiva. (7) I moderni movimenti etnici (culturalismi) possono agganciarsi alla crisi dello stato nazionale attraverso diversi collegamenti. Tutti i moderni stati nazionali condividono l'idea che, per potersi considerare legittime, le entità sociali debbano essere conseguenza di affinità naturali di qualche tipo. Inoltre, i progetti specifici del moderno stato nazionale (censimenti, pianificazione, prevenzione, controllo), hanno legato pratiche del corpo concrete (lingua, pulizia, movimento, salute) a identità collettive di larga scala, ampliando in questo modo il potenziale raggio delle esperienze incarnate dell'affinità di gruppo. - 58 -


Più gli stati perdono il controllo monopolistico dell'idea di nazione, più i gruppi maggiormente diversificati tenderanno ad usare la logica della nazione al fine di conquistare in tutto o in parte il potere dello stato, o per strappare i propri diritti a quello stato. Abbiamo bisogno di pensarci al di là della nazione, muovendoci verso un mondo postnazionale. (8) Morte e vita delle ipotesi. Dell'equazione io parte del Cosmo all'assioma Cosmo parte dell' io. Sussistenza. Conoscenza. Antropofagia. Oswald De Andrade (Manifesto Antropofago)

2.2 Meticciato e creolizzazione L'accento che hanno posto sia gli antropologi culturalistici americani sia Lévi-Strauss, nei confronti del carattere relativo dei valori promossi da ogni società, nonostante generoso, ha comunque eretto barriere culturali impermeabili che fissano ogni gruppo nella sua singolarità. Non a caso é proprio nella linea dell'antropologia culturale americana che si situa la nozione di società multiculturale di cui già si sono sottolineate le ambiguità. Essa non é infatti strumento di tolleranza e liberazione delle minoranze, bensì manifestazione della ragione etnologica - 59 -


che è stata ad esempio rivendicata dalla nuova destra francese, o dai nuovi nazionalismi ungheresi e slovacchi. Isolando una comunità sulla base di certe differenze, si arriva al suo possibile confinamento territoriale se non all'espulsione. Classificare ed etichettare per differenze etniche, considerate da Amselle come profezie che si autoavverano, sono azioni che vanno messe in relazione all'affermazione impazzita di una identità, nel caso francese dell'etnia francese, e nel caso slovacco e ungherese nell'asserzione dell'etnia slovacca contrapposta a quella magiara. Dunque la società multiculturale genera una separazione che trova analogie all'apartheid sudafricano, che a sua volta discende in parte dalla deviata applicazione della nozione di cultura. A questo punto é più appropriato introdurre l'idea di una mescolanza o di un meticciato originario dei diversi gruppi che si sono formati nel corso della storia dell'umanità. Ponendo la nostra attenzione al senso generalmente attribuito a categorie che sono neutre in apparenza come quella di "genocidio". Tale parola collettivamente é riconosciuta come definizione certa di uccisione, reale o fittizia, di una razza o più in generale di un gruppo di discendenza. Impiegando tale termine siamo irrimediabilmente condotti a dare credito dell'esistenza di una certa razza o di una - 60 -


certa etnia che abbia subito genocidio. Invece non bisogna dimenticare che la definizione dei confini di una comunità é un processo continuo di endo- ed esoassegnazione del rapporto di forze che unisce e oppone in permanenza appartenenti e non di tale comunità. (9) Glissant definisce caos-mondo lo choc, l'intreccio, le repulsioni, le connivenze, le opposizioni, i conflitti fra culture, nella totalità-mondo contemporanea. Proponendo tale approccio, sottolinea che siffatta definizione non indica il semplice meltingpot, ma tratta di una mescolanza culturale attraverso cui la totalità-mondo si realizza. La condizione temporale della cultura e la condizione temporale dei rapporti fra le culture, implicano l'osservazione delle relazioni e dei contatti tra le culture che si sono perpetuati nel passato trasversalmente lungo archi temporali sconfinati. Con ciò Glissant intende dire che tali periodi erano così lunghi che prima che le trasformazioni venissero percepite, ad esse si sostituivano altre trasformazioni. Le vicendevoli influenze delle culture si realizzavano impercettibilmente fin quando non avvenivano trasformazioni, a volte improvvise. Nell'epoca contemporanea tali archi temporali non sono più immensi, ma sono invece rapidissimi e di conseguenza anche i loro effetti. Immediatamente si - 61 -


percepiscono le influenze e le ripercussioni reciproche di una cultura sull'altra. Ciò porta le umanità a vivere una molteplicità di tempi differenti, benché subiscano le stesse trasformazioni o le stesse influenze. Troviamo allora una sorta di contrazionefrattura, una aperta contraddizione, nel dire che le culture vissute in tempi differenti subiscano le medesime influenze. Queste fratture e queste contraddizioni ci introducono ad un elemento cardine della scienza del caos, il sistema determinista erratico . Questo sistema é applicabile al caos-mondo di Glissant. Egli infatti ci spiega che la scienza del caos teorizza dei sistemi dinamici determinati che diventano erratici. In principio un sistema deterministico ha una fissità, una meccanicità e una regolarità di funzionamento. La scienza del caos scopre che esistono una infinità di sistemi dinamici determinati che diventano erratici, il cui sistema di valori in un dato momento fluttua senza che si sappia il perché. Questa nozione viene sperimentata nella rappresentazione del reale, ad esempio nella imprevedibilità del movimento delle foglie che cadono sotto l'azione del vento e della pioggia in autunno. E' una particolarità che non si può fissare una volta per tutte, e questo comportamento imprevedibile si riscontra anche nel rapporto fra le culture ed é dunque legato alla nozione di sistema deterministico erratico. Come già - 62 -


accennato nel paragrafo sui confini del primo capitolo, secondo i fisici del caos ogni sistema che ha solo due gradi di libertà (due variabili) non diventa mai erratico. Quando le variabili si moltiplicano soprattutto con l'introduzione della variabile tempo, avviene l'imprevedibilità. In questi sistemi si manifesta una sensibilità alle condizioni iniziali e può accadere che in tali condizioni sopraggiunga l'errore che può moltiplicarsi all'infinito. L'idea glissantiana della visione profetica del passato suggerisce che il passato debba essere ricomposto in maniera oggettiva o soggettiva dallo storico e debba anche essere sognato profeticamente per la gente, le comunità e le culture il cui passato é stato tenuto nascosto. Ci sono fenomeni nascosti nelle culture umane che possono comportare delle varianti di fondo a volte non individuabili dall'analisi. (10) Nella ricerca di strumenti alternativi comunemente usati dall'antropologia, grazie ad una riflessione teorica che sfocia nel disincanto verso l'oggetto, Amselle ha messo in discussione l'essenza costitutiva della ragione etnologica. Quando con questa espressione intende la prospettiva discontinuista che consiste nell'estrazione/filtrazione/classificazione al fine di individuare dei tipi, in campo politico, economico, religioso ed etnico o culturale. In opposizione a questa logica ha deciso di - 63 -


proporne una meticcia, dall'approccio continuista, che pone l'accento sull'indistinzione e sul sincretismo originario. La logica meticcia di Amselle risolve il falso dilemma nell'opposizione tra universalismo dei diritti dell'uomo e il relativismo culturale. L'antropologo, se ha esperienza concreta sul campo, sa che la cultura che osserva si risolve in un insieme di pratiche conflittuali o pacifiche che sono strumento per gli attori sociali nel rinegoziare continuamente la loro identità. Fissando tali pratiche in schemi classificatori precisi , automaticamente si rischia di legittimare l'esclusione. La maggior parte delle conquiste sono state sempre giustificate dall'esigenza di sdradicare pratiche definite barbare. Il diritto naturale dell'assimilazione é il miglior antitodo contro questa ragione etnologica e culturale. Per poter misurare l'efficacia di questa cura bisognerebbe però stabilire con precisione cosa si intende per diritti dell'uomo i quali vengono troppo spesso utilizzati come un simbolo contro ciò che costituisce le altre culture. Anche presentare l'Altro come un contrario risulta dal travestimento della ragione etnologica. Rivendicare dei diritti per proteggere la propria cultura é la mera espressione di un rifiuto radicale dell'idea democratica. Per superare una etnologia che pratica il potere dei dominatori occorre guardare la cultura come un serbatoio di - 64 -


pratiche interne o esterne a uno spazio sociale definito che gli attori sociali mettono in moto in funzione di questa o quella congiuntura politica. L'analisi per logiche meticce consente di sfuggire alla questione dell'origine e di ipotizzare una regressione all'infinito, postulando un sincretismo originario, mescolanza di cui é impossibile dissociare le parti. (11) Nella trascrizione delle sue conferenze viennesi, Kapuscinski ci offre la prospettiva di Lévinas riguardante l'altro, per il quale non basta incontrare l'altro, accoglierlo e parlagli, ma bisogna anche assumersene la responsabilità. Ciò che egli intende é di accettare l'altro benché diverso, considerandolo una ricchezza proprio per la sua alterità che non mi impedisce di identificarmi nell'altro (io sono l'altro). L'osservazione che fa Kapuscinski é che l'altro di cui parla Lévinas appartiene alla nostra stessa razza bianca e al nostro stesso ambiente culturale occidentale, un incontro raramente preso in considerazione ma che in realtà avviene continuamente. Non considerare quindi l'individuo isolato ma un individuo che comprenda in sé anche l'altro dando vita ad una nuova persona/essere (l'incorporazione dell'altro di Derrida). (12) Il meticcio é frutto del sincretismo (13) e nell'ambito di questo scorgiamo il concetto di acculturazione che prova a spiegare il - 65 -


cambiamento culturale in consenguenza del contatto tra due o più culture. Canevacci considera questa idea possibile di espansione da un centro a un insieme differenziato di periferie, ma che al tempo stesso può anche produrre un parziale processo inverso. Poiché nelle relazioni-incontri esiste il compromesso, l'importanza della selezione, modificazione e ricombinazione dei determinati tratti culturali che ogni parte decide di accettare, é fondamentale per superare l'idea omologante dei processi culturali e per dirigersi verso un modello a più interfacce che dia l'opportunità a queste tre azioni di agire non solo nelle periferie ma anche nel cuore del centro. (14) Se il sincretismo è ciò che deriva da un contatto interculturale ed interlinguistico, sempre Canevacci lo definisce ubiquo, contagioso e creolo. Non bisogna dimenticare però che Glissant individua nella creolizzazione una differenza rispetto al meticciato (15). Considerando il meticciato per ciò che genericamente significa, la differenza sta nel fatto che per esso gli effetti si possono calcolare, mentre la creolizzazione é imprevedibile. Ponendo l'esempio del meticciato di piante (attraverso talee) o di animali (attraverso incroci), si può calcolare che tali innesti e tali incroci daranno un tale risultato in una generazione e un risultato - 66 -


diverso in un'altra. Dunque la creolizzazione é il meticciato con il valore aggiunto dell'imprevisto .Creando lingue e forme culturali assolutamente inedite e inattese, producendo dei luoghi in cui si avvertono violente ripercussioni delle lingue e delle culture le une sulle altre. La creolizzazione é allora l'insieme di micro e macro climi di compenetrazione culturale e linguistica nel mondo. E quando questa compenetrazione é molto forte i sostenitori della purezza che si oppongono al meticciato "resistono e accendono i fuochi infernali che si vedono bruciare la superficie della terra". (16) Nonostante la parola creolizzazione provenga dal termine creolo che riguarda i Caraibi, la si può pensare applicata alla situazione attuale del mondo cioè a una totalità-terra che permette, all'interno di questa stessa totalità, agli elementi culturali più lontani e eterogenei di essere messi in relazione, con risultati imprevedibili.

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You must remember this a kiss is still a kiss a sigh is but a sigh the fundamental things apply as time goes by (Casablanca)

2.3 La Traduzione Stessa imprevedibilità vale per la creolizzazione delle lingue , la quale funziona però meglio in territori ristretti e ben delimitati, che possono essere considerati in un certo senso dei laboratori. (17) Si chiamano lingue creole quelle che oggi sono locali, tuttavia il creolo non é locale. E' probabile che ogni lingua in origine sia creola, i parlanti delle lingue desideravano che la loro lingua non fosse più creola ma identificativa, l'umanità intera anela a possedere una lingua dell'identità esclusiva e la letteratura si fonda sul presupposto che la propria lingua sia quella eletta. Vi é un rapporto intenso fra l'articolazione della parola e la produzione del testo rispetto al luogo da cui questi si articolano. Ma lo stesso luogo può essere chiuso e ci si può rinchiudere. Fondamentale - 68 -


é riconoscere la relazione diluendo ed aprendo il luogo, senza annullarlo. La relazione necessita di due o più entità che accettano di cambiare scambiando, inoltre la difesa della lingua passa per la difesa di tutte le lingue del mondo. Eppure costruire un linguaggio della lingua che usiamo ci permette di vertere al caos-mondo stabilendo relazioni fra le lingue possibili del mondo. Il linguaggio rivela il nostro rapporto con la lingua e la nostra posizione nei confronti del mondo che può essere di apertura o di chiusura. Un narratore creolo (con un accezione del termine che intenda una qualsiasi lingua creola e non solo quella caraibica), é capace di esplorare il linguaggio al di sopra delle diverse lingue utilizzate, facendole convergere nel luogo misterioso e magico dell'incontro fra le lingue, cioè dove esse possono comprendersi. In opposizione al pensiero di sistema del passato, confluito oggi nel pensiero continentale, si può contrapporre un pensiero nuovo,di tipo arcipelagico, capace di esplorare l'imprevedibilità attuale. Le regioni che un tempo erano chiuse ora hanno la possibilità di aprirsi come isole di uno stesso arcipelago, e hanno la capacità di ascoltarsi fra di loro. Se ogni traduzione, nel suo passaggio da una lingua all'altra, rivendica la sovranità di tutte le lingue del mondo, allora dobbiamo pensare nel nostro immaginario la totalità - 69 -


delle lingue. Una totalità espressa nella lingua originale attraverso la sua pratica espressiva che a sua volta si manifesta nel passaggio da una lingua ad un'altra, nel confronto con l'unicità di ogni lingua. Solo tenendo conto di tutte le lingue del mondo (pur non conoscendole) il traduttore ha la capacità di stabilire la relazione fra due sistemi linguistici ed è lui stesso ad inventare il linguaggio necessario fra una lingua e un'altra. Dunque il linguaggio del traduttore agisce proprio con la stessa imprevedibilità creola, il suo è un linguaggio creolo. La traduzione si inscrive così nella molteplicità meticcia del nostro mondo. La traduzione è pratica della traccia per cui si intende l'arte dello sfiorarsi e dell'avvicinarsi. Non bisogna dimenticare però che ogni traduzione accompagna la rete di tutte le traduzioni possibili di ogni lingua in ogni lingua. E' anche arte della fuga. Infatti ogni qualvolta scompare una lingua essa si porta via con sé un pezzetto di immaginario umano,ma ogni lingua che viene tradotta arricchisce tale immaginario. Sarà dunque oltre che fuga anche rinuncia,un privarsi in senso positivo che bisogna indovinare nell'atto della traduzione. Con la traduzione si lascia una traccia nelle lingue e nell'imprevedibile della nostra condizione. (18) E' allora indispensabile saper interpretare all'interno di una pratica culturale specifica le tracce che costituiscono - 70 -


le condizioni e i contesti della cultura. Bhabha utilizza il termine "tracce" per suggerire l'interdisciplinarietà dei testi culturali, la quale riconosce il momento in cui il segno della differenza culturale si genera nell'ondeggiare equilibrato fra orientamento pedagogico e performativo. Ma in questo perenne pulsare della traduzione culturale, si crea una frattura nel linguaggio della cultura e sono i luoghi ibridi di significato a farlo. Il gioco disgiuntivo di segno e simbolo che ne deriva, rende l'interdisciplinarietà il momento della traduzione che Benjamin chiama "estraneità del linguaggio", che riguarda l' intraducibile fra diversi testi o pratiche culturali. Poiché la lingua della traduzione è un qualcosa che supera il semplice trasporre significato e assume una connotazione che è oltre rispetto la lingua stessa, si crea quel senso di estraneità rispetto al linguaggio, il quale in realtà aliena il contenuto. La tesi di Benjamin suggerisce di affrontare l'anteriorità del segno, dominando così l'effetto di realtà del contenuto, rendendo tutti i linguaggi estranei. Nonostante l'atto di traduzione renda il contenuto alieno ed estraniato , è proprio questa azione che mantiene il linguaggio della traduzione perennemente a confronto con il suo doppio,intraducibile,alieno ed estraneo. (19)

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E "la temporalitĂ disgiuntiva della traduzione rivela le intime differenze che si ritrovano fra varie genealogie e geografie." (20)

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(1) M. Canevacci, 2004 (p. 50) (2)H.K.Bhabha, 2001(p. 81) (3)J.Derrida, 2002(p. 23-24) (4)B. Anderson, 1996(p. 42-43) (5)Z.Bauman, 2003(p. 97) (6)ibidem(p. 31) (7)ibidem(p. 19-21) (8) A.Appadurai, 2001(p. 203-205) (9) J.L. Amselle, 1999 (p. 70) (10)E.Glissant, ,1998(p. 66-69) (11) J.L. Amselle, 1999 (p. 42-44;189) (12) R. Kapuscinski, 2007 (p. 28-29) (13) Letteralmente unione dei cretesi i quali vivevano in conflitto fra di loro ma nel momento del pericolo si alleavano contro il nemico. Il termine indica la volontĂ di unire gruppi conflittuali e fu usato per la politica e per la religione. E' recentmente approdato nella definizione antropologica di sincretismo culturale. [notizie tratte da M. Canevacci, 2004 (p.21)] (14) ibidem, 2004 (p. 27-28) (15)dal lat.mixtus:misto,mischiato (16)E.Glissant, 1998(p. 17) (17)ibidem (p. 17-19) (18)ibidem (p. 36-38) (19)H.K.Bhabha, 2001(p. 227) (20)ibidem(p. 326)

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Capitolo terzo Immigrazione

Sintomo inquietante,tutte le colpe venivano generalizzate all'extracomunitario,a torto e a ragione. Eppure chi è extracomunitario arricchisce la comunità con la propria presenza. In quell'extra c'è una x che evoca il segno aritmetico della moltiplicazione,è naturale che si moltiplichino. Meglio un Melting Pot di un Pol Pot nazionalista. Andrea G. Pinketts (Fuggevole turchese)

L'altro diviene uno specchio su cui proiettare i propri desideri. James Clifford

3.0 Scontro-confronto-negazione L'occhio è il fulcro della bellezza del volto,ci dice Milan Kundera nel suo L'identità del 1997, il luogo in cui si concentra l'identità di un individuo. Ed é proprio dall'occhio che prende vita lo sguardo, il quale a sua volta scopre l'ambivalenza e l'antagonismo del desiderio dell'altro. Sguardi che restano ,che sono rimanenza, sguardi parziali testimoni in grado di compiere un processo iterativo e che allo stesso tempo sono il segno di una struttura dello scrivere storia della poetica della diaspora che la coscienza simbolica non - 74 -


é in grado di cogliere. Lo sguardo duplice del migrante si allaccia alla problematica del vedere/essere visti. L'impulso che si manifesta nel piacere del vedere, lo sguardo come proprio oggetto del desiderio é connesso al mito delle origini (scena originaria) e alla questione del feticismo. Proprio questo impulso situa l'oggetto osservato nella relazione immaginaria. La forma di attivo consenso, nell'oggettivazione dell'illusione di una pienezza del rapporto con l'oggetto, é ambivalente nel legame fondamentale fra piacere e potere su cui si fonda lo stereotipo. Narcisismo e aggressività contribuiscono, insieme al concetto lacaniano di Immaginario (1), a creare la strategia di potere coercitiva in rapporto allo stereotipo, il quale propone una conoscenza della differenza che é allo stesso tempo mascherata e respinta. Feticcio e stereotipo conferiscono un' identità del dominio del piacere e dell'ansia della differenza, entrambi come forma di credenza molteplice riconoscono la differenza e la ripudiano. Nello scenario del feticismo troviamo la fantasia primaria, ossia il desiderio del soggetto di avere un'origine pura, perennemente minacciato dalla sua divisione poiché il soggetto stesso deve avere un genere per essere generato. La strategia dello stereotipo agisce attraverso quattro livelli che si muovono - 75 -


simultaneamente ( metaforico/ narcisistametonimico/aggressivo) e il suo effetto politico é la discriminazione, solitamente legata al problema della razza e della pelle. Ma la pelle per essere discriminante deve mostrarsi in forma visibile. Esistono però altre tipologie di discriminazione che trovano comunque spazio nel voler riconoscere una qualsivoglia differenza,anche non fortemente evidente. Basta avere un accento "straniero" nel parlare ,o essere diversi per genere, che subito i cultori della purezza ottengono una motivazione valida che gli consente di discriminare. La differenza culturale, che non significa accumulo di altre conoscenze, é un problema di prospettiva che riguarda lo spazio e il tempo, e attraverso l'esperienza di altre culture é possibile conquistare un'autenticità culturale. L'incontro con l'altro sviluppa un'articolazione inter-media tra il desiderio e il piacere, tra l'avvenire e il presente, nell'indecidibilità generata da una sostituzione culturale rivolta ad un antietnocentrismo. Invece di negare l'altro é opportuno stabilire un rapporto di negoziazione, in quanto essa agevola l'idea di una temporalità che rende possibile la concezione di elementi contraddittori. (2) L'incontro con l'altro è un'esperienza che può essere positiva solo se si dispone di un'adeguata apertura mentale. Ma anche in questo caso il rischio di ferirsi è probabile. - 76 -


D'altronde nel momento dell'incontro una parte ignora comunque ciò che troverà dall'altra . E lo shock culturale può avere ripercussioni nefaste sull'equilibrio dell'individuo. Diverse aree geografiche producono differenti tipologie di concezione del mondo. Si pensi al semplice caso italiano di differenze regionali: gli iperborei definiscono la "gente del sud" terroni e, viceversa i meridionali chiamano i settentrionali polentoni. Un altro esempio,attinente al lavoro di questa tesi,è l'astio che una parte notevole della popolazione della Repubblica Ceca nutre nei confronti dei cittadini slovacchi. Nonostante la loro separazione sia avvenuta in maniera pacifica, e nonostante quasi la totalità delle famiglie ceche sia mischiata per parentela con persone slovacche, molti tendono a considerare gli slovacchi come un popolo che abbia minor valore rispetto a loro,una sorta di inferiorità "meridionale". Contemporaneamente ciò accade nella stessa Slovacchia quando si definiscono Vychodnary (3) VS zo Západ (4). L'espandersi di questi appellativi nella coscienza comune (o luogo comune), incentiva la separazione fra un'unità territoriale e l'altra che formalmente appartengono alla medesima nazione. Questa scissione derivante dal pregiudizio, alimenta la contrapposizione fra persone che in realtà dovrebbero sentirsi - 77 -


accordati da uno stesso destino comune. Sono le separazioni di questo tipo che nutrono la paura nei confronti dell'altro. Una paura che a mio avviso deriva appunto dall'impreparazione al confronto con l'altro. Senza la coscienza di abitare un mondo che è tale in quanto abitato ed esistito da me e l'altro, il risultato può essere solo un etnocentrismo miope, che vede nell'altro la minaccia alla propria utopica ed irreale purezza. Il superamento di questo pregiudizio non riguarda soltanto il saper comprendere, ma anzi necessita di saper ascoltare l'altro avendo la consapevolezza di esistere in una totalità-mondo costituita da ogni tipo di differenza e che proprio grazie a questa differenza si esiste. In un'analisi è quindi preferibile assumere un atteggiamento di negoziazione che contraddica la negazione, in modo tale da poter giungere al compromesso di assimilazione per cui l'incontro con l'altro arricchisce le identità di una persona, scoprendo che ciò che all'apparenza ferisce in realtà offre più opportunità e ,perché no, una vita più ampia accrescendo l'esperienza di una persona.

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Placed in an unknown location or placed in the same location as before. (Lawrence Weiner,1973 euvre #358,pvc adhesive foil Momuk-Wien Muzeum Quartier)

3.1 Diaspora degli seconda generazione

immigrati

e

figli

di

La soggettività moderna é costituita nella sua opera dell'immaginazione dall'effetto combinato delle migrazioni e delle comunicazioni di massa. Quest' ultime sono trasformate dagli attuali media in quanto essi forniscono nuove risorse per costruire soggetti e mondi immaginati. Nel discorso quotidiano offrono i mezzi per sperimentare differenti costruzioni del sé in tutti i tipi di società e di persone . Inoltre attraverso la molteplicità delle forme in cui appaiono, le loro immagini in movimento incrociano spettatori deterritorializzati creando delle sfere pubbliche diasporiche. La circolazione dei media equivale a quella delle persone. Le migrazioni, che sono sempre esistite, nel momento in cui si affiancano alle immagini dei mass media, organizzano un nuovo ordine instabile nella produzione delle soggettività moderne. Le sfere pubbliche - 79 -


diasporiche che derivano da questo incrocio di processi mettono in crisi il fattore "nazionale". Gli spettatori e le immagini circolano contemporaneamente e segnano il mondo presente in quanto forze che spingono l'opera dell'immaginazione. Avremo quindi una relazione mobile fra la globalizzazione e il moderno, costituita dal rapporto fra eventi mass-mediatici e pubblici migranti. (5) Il soggetto diasporico, a differenza di quello nomade, ĂŠ sincretico e attraversa spazi ibridi. Tali spazi si identificano principalmente nelle metropoli e nei confini, contenitori inesauribili di molteplicitĂ incrociate; non a caso sono proprio queste aree ad essere caratterizzate da migrazioni diasporiche. Il soggetto diasporico si disloca disordinatamente, diventando soggetto di piĂš storie in una ricchezza molteplice. Il termine diaspora indica delle migrazioni spesso,ma non sempre, forzate e i soggetti che ne fanno parte si dislocano in tanti diversi contesti. La matrice etnica viene perduta e il soggetto diventa disconnesso. Sincretismo e diaspora, in quanto concetti liquidi scivolano abilmente contro ogni autoritĂ senza cercare di conquistarla. I flussi che si creano grazie a questi processi vanno sempre a convergere verso il nuovo scenario metropolitano e sono decisivi per la sua produzione. (6) - 80 -


Gli stati nazionali acquistano senso solo se inseriti come parti di un sistema, il quale però non é bene organizzato nel gestire la doppia diaspora di persone e immagini che caratterizza il qui e ora. E' poco probabile che essi possano funzionare come regolatori a lungo termine nella relazione tra globalità e modernità. Quest'ultima quindi é frantumata ma può essere pronta per essere ricostruita secondo pratiche affini alla tecnica del bricolage. (7) La globalizzazione ci porta in un contesto che Ulrich Beck definisce poligamia di luogo, e con questa intende una poligamia transnazionale che sposa il soggetto con più luoghi appartenenti a mondi diversi , che sfocia nella globalizzazione biografica. Beck propone un'idea di vita non più legata ad un luogo, non più fissa né stanziale, bensì una vita "in viaggio". Grazie all'avvicinamento delle distanze e alla creazione delle distanze nel medesimo luogo, "vivere in un posto non significa più vivere insieme, e vivere insieme non significa più vivere nello stesso luogo".(8) Dunque possono esserci innumerevoli motivazioni a spingere una persona a migrare. La storia umana ha riproposto nel corso dei secoli fatti estremamente violenti e dolorosi di migrazioni di massa. Il mutamento e la scelta dei luoghi non seguono sempre decisioni soggettive e le possibilità e i conflitti nella società mondiale - 81 -


costringono migliaia di uomini ad un'immigrazione legale o illegale, permanente o temporanea. Le biografie sono forme di vita caratterizzate dalla poligamia dei luoghi, tradotte continuamente esistono negli in-between degli spazi. In Performing the border la Biemann tenta di tracciare le geografie dei corpi migranti e descrive il confine come lo spazio liminare, mutevole che dischiude a nuove idee e inquietanti incontri. Attraversare un confine sconosciuto significa sperimentare lo stato della trasformazione e della non appartenenza. Il suo scopo é anche quello di delineare come l'identità di genere si forma in tale campo di negoziazione e rituale. Il confine é generato dalla ripetizione delle dinamiche di appartenenza ed esclusione che a loro volta producono effetti materiali e affettivi. L'idea su cui ruota questo lavoro é che "(...) genere e confine vengono performati simultaneamente in specifiche condizioni economiche e spaziali ...". Queste contro-geografie della Biemann mostrano la polifonia dei passaggi dei migranti e la loro relazione mobile con i confini, la quale esiste nel perenne conflitto fra stati che cercano di bloccare questo flusso e il desiderio delle persone di abitare uno spazio aperto, globalizzato. (9) Le migrazioni danno vita, come si intuisce, a un nuovo tipo di identità che é ibrida, - 82 -


stabilendo un nuovo rapporto verso gli altri che vede spesso indebolire i legami culturali tradizionali. Eppure lo sdradicamento dalla propria cultura ha un suo prezzo ed é anche elevato. Avere chiaro il senso della propria identità é molto importante per rendere l'uomo libero di confrontarsi con una cultura diversa. Altrimenti il rischio é di chiudersi, isolandosi dalla minaccia dell'altro, perché se l'altro é lo specchio nel quale ci guardiamo/veniamo guardati, ritrovarsi impreparati e smascherati é una cosa di cui si fa volentieri a meno. (10) Nel migrante resta comunque un legame speciale nei confronti del paese di origine, e proprio grazie alle nuove tecnologie é possibile mantenere il contatto con la propria cultura. A tal proposito per la Slovacchia esiste un portale su internet interamente dedicato agli slovacchi all'estero (www.exil.sk). Questo luogo di incontro virtuale oltre a fornire informazioni utili sul paese ospitante, ha un blog che raccoglie gli interventi e i messaggi di molti slovacchi che abitano in diversi paesi del pianeta, e rafforza così quel senso di comunità che prima poteva essere vissuto solo fisicamente e solo con i concittadini residenti in un determinato territorio. La comunità, in questo caso slovacca, si espande oltre qualsiasi confine creandone una nuova senza confini. - 83 -


Le migrazioni quindi possono essere anche volontarie, spesso questa minoranza di spostamenti, sono dovuti a motivi di lavoro o a rapporti sentimentali che si concretizzano in unioni legittime. I matrimoni misti e i figli che derivano da questi spostamenti migratori mettono al mondo dei ragazzi nati da un'unione in cui uno dei coniugi é cittadino del paese di accoglimento. Il loro stato giuridico, varia a seconda dei paesi di immigrazione in materia di diritto e naturalizzazione. Sociologicamente e statisticamente essi vengono considerati la "seconda generazione", e nonostante abbiano un inserimento più facile nella società locale, la loro situazione é per molti aspetti simile a quella dei figli di immigrati. Ovviamente fanno parte di questa categoria sociologica anche altre diverse tipologie di ragazzi: da quelli nati nel paese di immigrazione o che vi hanno dimorato alcuni anni, a quelli che hanno vissuto in modo pendolare fra il paese di origine e il paese di immigrazione; dai ragazzi che emigrano senza genitori, ai giovani figli di migranti naturalizzati. Dunque per seconda generazione si intendono i giovani che sono nati nel paese di immigrazione o che comunque vi abbiano compiuto il ciclo della scolarizzazione. La loro età e il loro genere presentano diversità molteplici di situazioni e problematiche differenti. Essi incarnano una - 84 -


forma particolare di sincretismo che é allo stesso tempo la nuova generazione. (11)

Nella prima metà del 1948,i due unici punti di relativa incertezza-la Cecoslovacchia a Est e l'Italia a Ovest-vengono,sia pure attraverso processi diversi, definitivamente inseriti nei loro rispettivi blocchi. A.Gambino (Come siamo,come eravamo dal '68 ad oggi)

3.2 Contesto storico-politico dell'ex Cecoslovacchia

dell'Italia e

Per decenni l'Italia e l'ex-Cecoslovacchia sono state politicamente separate dall'appartenenza la prima al blocco Occidentale e la seconda a quello Sovietico nell'ambito della Guerra Fredda. L'appartenenza a queste parti contrapposte ebbe sèguito dopo una lungo processo politico che si concluse con l'adesione dell'Italia alla sfera del Patto Atlantico (1949) a seguito delle libere elezioni del 1948 che decretarono il predominio della repubblica democratica. Al contrario il popolo cecoslovacco subì intimidazioni da parte dell'Unione Sovietica che ebbero culmine nel 1968 con la Primavera di Praga soffocata con - 85 -


l'occupazione per mezzo di carri armati della Cecoslovacchia. In realtà la Repubblica Cecoslovacca, fu il frutto di due accordi siglati negli Stati Uniti: quello di Cleveland del 1915 e il successivo accordo di Pittsburg del 1918. Con questi due accordi il paese ceco e quello slovacco esprimevano la volontà di instaurare una repubblica cecoslovacca che rendesse la Slovacchia autonoma rispetto all'Ungheria. Questa infatti rinnegava l'esistenza di un popolo slovacco per mantenere il potere sul territorio slovacco. L'idea di uno stato comune formato da cechi e slovacchi, due nazioni linguisticamente così vicine, aveva una base razionale. Doveva indebolire le pressioni tedesche sui territori cechi e offrire loro una via verso l'Est. Date queste premesse é chiaro che l'Italia e la Cecoslovacchia ebbero percorsi differenti nello sviluppo delle rispettive società. Da una parte il boom economico dell'Italia degli anni '50 fino a metà degli anni '60, con il predominio sulla scena politica della Democrazia Cristiana, favorito dalla presenza della Chiesa. Dall'altra parte la dittatura comunista in Cecoslovacchia si conformò in tutti i suoi tratti fondamentali con il regime stalinista dell'URSS e di tutti i paesi satelliti dell'Europa dell'Est. I gruppi di opposizione, anche se potenziale, vennero sistematicamente - 86 -


eliminati con il terrore: imprigionamenti, campi di lavoro forzati, deportazione, confisca dei beni e processi politici montati. Vita pubblica, economia e cultura furono completamente sottomesse al partito comunista. I comunisti ebbero in mano tutto dalle fabbriche all'industria, dal commercio alla finanza e alla sanità. L'esistenza di tutti i cittadini dipendeva assolutamente dallo stato. Questi cambiamenti ebbero un'influenza profonda nella struttura di una società formata attraverso i secoli. La grande migrazione dei contadini verso le città accompagnava una forte crescita dell'istruzione e nel 1970 un terzo della popolazione aveva raggiunto una formazione professionale secondaria. Il centralismo estremo ostacolò ogni libera iniziativa ma assicurò un minimo di sicurezza sociale e un modesto livello di vita a tutti. Nel 1968 fu proclamata la legge costituzionale sulla federazione che trasformò la Cecoslovacchia in stato federale, ma l'occupazione in agosto delle armate del Patto di Varsavia arrestò la riforma politica del "socialismo dal volto umano" sostenuta da Alexander Dubček e la Cecoslovacchia sprofondò nella ortodossia dei Soviet. Negli anni seguenti l'ideologia comunista non attecchì sul giovane popolo cecoslovacco che anzi non vedeva alcun futuro per il comunismo. Grazie al grande fermento culturale e ad azioni di protesta - 87 -


come ad esempio la sottoscrizione da parte di artisti ed intelletuali della ben noto manifesto "Charta '77". (12) Nello stesso periodo l'Italia viene anch'essa scossa dal movimento studentesco del '68 a cui seguirono gli anni di piombo a partire dalla strage di Piazza Fontana a Milano nel 1969 con la strategia del terrore che culminò col sequestro Moro da parte delle Brigate Rosse, movimento anarchicoinsurrezionalista che sconvolse i decenni degli anni '70 e '80. Mentre in Italia "cade" la prima repubblica con il disfacimento dei partiti storici, quali DC, PSI etc, nel blocco formato dai paesi dell'Est, a partire dal movimento sindacale Solidarnosc in Polonia, avvengono sovvertimenti dell'ordine costituito dal partito unico comunista che sfociano nel crollo del muro di Berlino (costruito nel 1961 per dividere la parte occidentale della città da quella orientale e simbolo tangibile del bipolarismo planetario). Contemporaneamente in Cecoslovacchia viene realizzata, caso unico nei paesi dell'Est, la cosiddetta rivoluzione di velluto che avviene senza spargimento di sangue, e che instaura un regime democratico. Nel 1992 le spinte nazionaliste dichiarano la sovranità della Slovacchia adottando una propria costituzione e con lo scioglimento della federazione (1993) avviene - 88 -


pacificamente il "divorzio di seta": Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca sono ora due stati autonomi. Inoltre nei primi anni '90 inizia il processo di integrazione degli ex paesi del blocco sovietico nella costruzione della casa comune europea così come proposto dall'ex presidente dell'ex URSS Gorbaciov fino ad arrivare all'attuale Comunità Europea che dal 2003 comprende sia la Repubblica Ceca, sia quella Slovacca. Questi processi storici hanno determinato la libertà di movimento fra Italia, Cechia e Slovacchia in quanto facenti parte della Europa Unita. Grazie al trattato di Shengen é ora possibile spostarsi liberamente entro questi paesi.

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La cultura non può essere vincolata alla località per effetto di questi inevitabili legami concettuali, giacché i significati sono generati da persone in movimento , nei luoghi dei flussio e delle connessioni tra culture. John Tomlinson (Sentirsi a casa nel mondo)

3.2 Il legame italo-ceco-slovacco Il legame delle due giovani nazioni (Boemia e Slovacchia) con l'Italia si è saldato consolidandosi lungo le vicende storiche precedentemente raccontate. Sia Italia che ex-Cecoslovacchia , ambedue paesi liberisti, sono stati travolti dai nefasti eventi della Seconda Guerra Mondiale. Se l'Italia da una parte fu coinvolta con la dittatura fascista del ventennio mussoliniano, dall'altra l'exCecoslovacchia venne annessa in qualità di protettorato alla Germania di Hitler. In realtà questi fatti hanno unito per reazione almeno una parte politica delle due nazioni, fa da esempio l’aiuto alla resistenza dopo l’8 settembre 1943 fornito dai partigiani cecoslovacchi che combatterono fianco a fianco agli italiani per la liberazione dell’Italia dall’invasione tedesca. Certamente nel dopoguerra, con l'instaurarsi della Guerra Fredda, il legame fra le due nazioni può - 90 -


essere definito come determinato dalla “nomenklatura”. In questo modo nell'ex Repubblica Socialista Cecoslovacca (CSSR) dell'epoca erano graditi i rapporti intercorrenti con i dirigenti dell'ex PCI (Partito Comunista Italiano). Chi ha vissuto l’agosto 1968 certamente si ricorda dell’imbarazzo dell’ex – PCI per l’intervento armato dei “fratelli” comunisti sul territorio cecoslovacco per destituire il premier Dubceck. Le relazioni tra i due paesi in quel periodo si basavano sostanzialmente su rapporti commerciali, soprattutto con le cooperative rosse ed erano comunque di importanza irrilevante rispetto a quelli intrattenuti con i paesi dei rispettivi blocchi. In quel periodo vi fu ancheun accenno di forme di cooperative culturali pur sempre marginali ( per esempio l’Associazione di amicizia fra l’Italia e la Cecoslovacchia), ma erano comunque pilotate dai vertici politici comunisti .Oggi possiamo senz’altro affermare che queste cooperazioni servivano principalmente come copertura per lo spionaggio, fenomeno che ai quei tempi era ben radicato sia in Occidente che all’Est. Nonostante tutto la comunità cecoslovacca presente in Italia era già ben nutrita, contando poco meno di un migliaio di cittadini cecoslovacchi residenti stabilmente in Italia, e formata soprattutto da donne - 91 -


naturalizzate a seguito di matrimonio contratto con italiani. I rivolgimenti politici dalla fine degli anni ’80 in poi hanno finalmente consentito il libero scambio di persone tra paesi prima divisi. Basti pensare ai collegamenti aerei quotidiani fra le capitali Roma e Praga, Roma e Bratislava, fino a qualche anno fa impensabili. Fortunatamente resta solo una lontana memoria dei viaggi estenuanti in treno a cui i viaggiatori erano costretti per recarsi in una terra così vicina alla nostra contigua all’Austria. Il turista italiano che si reca nella ex Cecoslovacchia può ritrovare nell’architettura, in particolar modo in quella religiosa, tracce del “Bel Paese” soprattutto per quel che riguarda il Rinascimento , periodo nel quale tanti artisti italiani erano richiesti in Europa. Visitando per esempio la località boema di České Budějovice e la sua piazza del vecchio borgo non potrà fare a meno di paragonarla a quella analoga di Lucca! Anche questi fattori rinsaldano i legami tra due popoli. A livello culturale valga per tutti l’esempio di Franz Kafka che, insieme a Milan Kundera, sono gli scrittori più noti ed apprezzati in Italia; senza contare poi il regista di origine cecoslovacca Milos Forman. Specularmente l'ex-Cecoslovacchia apprezza l’Italia per come terra di cultura, della quale - 92 -


sia i cechi che gli slovacchi sono decisamente “avidi” per loro propria natura. Notevole è poi l’affinità in campo di credo religioso in quanto troviamo un'alta percentuale di cattolici sia nella Repubblica Ceca, sia nella Repubblica Slovacca. Il vecchio regime comunista a causa della sua durata, ha certamente lasciato la sua patina di indottrinamento, e ancora oggi l’Italia e soprattutto il suo meridione è impersonato nell’immaginario dell’ex Cecoslovacchia solamente dalla mafia e dagli spaghetti (un po' come ovunque nel mondo). Confutare tale credenza è comunque punto opinabile poiché in effetti il sistema mafioso prevale sulla legalità dello stato italiano. In ogni caso il legame tra i due paesi è molto forte, anche se ancora giovane è già ben radicato nella coscienza collettiva e quindi destinato a consolidarsi e rinforzarsi. E' un'intesa che mira oltre le relazioni economiche, passando per l'aspetto culturale e verso una avvicinamento ulteriore. Infatti sotto l'ala dell'Unione Europea anche le idee e le azioni politiche si accostano e trovano accordo.

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(1) Immaginario di Lacan: trasformazione che avviene nel soggetto giunto alla fase formativa dello specchio, quando riconosce una immagine distinta che gli consente di postulare relazioni di identitĂ fra gli oggetti del mondo circostante. (2)H.K.Bhabha,2001 (3)vychodnari:dell'est della Slovacchia,solitamente paesini formati da una popolazione mista fra slovacchi e magiari. (4)zo zapad:dell'ovest della Slovacchia. (5) A.Appadurai, 2001(p. 16-17) (6) M. Canevacci, 2004 (p. 68, 72, 75) (7) A.Appadurai, 2001(p. 36) (8) U. Beck, 2001(p. 97) (9) (catalogo a cura di)V.Serafini, Tekfestival 2007.Ai confini del mondo...dentro l'0ccidente,Centro stampa De Vittoria,Roma,2007 (p.58) (10) R. Kapuscinski, 2007 (p.72) (11) Notizie tratte dal Meeting internazionale migrazioni Loreto www.meetingloreto.it (12) Charta '77 :movimento in opposizione alla normalizzazione e che prende il nome da un documento che circola nel gennaio del 1977.

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PARTE SECONDA Capitolo quarto Premessa metodologica

Metodo di questo lavoro:montaggio letterario. Non ho nulla da dire.Solo da mostrare. Non sottrarrò nulla di prezioso e non mi approprierò di alcuna espressione ricca di spirito. Stracci e rifiuti,invece,ma non per farne l'inventario, bensì per rendere loro giustizia nell'unico modo possibile:usandoli. Walter Benjamin (Parigi.Capitale del XIX secolo)

4.0 L'occhio antropologico In una ricerca antropologica é innanzitutto necessario domandarsi con quale modalità avvicinarsi all'altro. Per Malinowski per conoscere l'altro l'ideale é sperimentarlo di persona andando sul posto e assorbendo le sue usanze, la gente con cui vive, le abitudini e la sua lingua per poi testimoniare. Il suo progetto rivoluzionario rispetto alla precedente etnografia di stampo coloniale, svela la difficoltà di ogni cultura nel capirne le altre. Infatti pur abitando in uno spazio culturale differente é possibile avere una - 95 -


concezione totalmente distorta nella comprensione di quella cultura. Il metodo adottato da Malinowski fu quello di piantare la sua tenda al centro del villaggio e di vivere insieme alla popolazione locale, concentrando i suoi studi su una cultura dello scambio, dei contatti, dei riti degli abitanti delle isole Trobriand. La tesi da lui formulata rispecchiava il bisogno di recarsi sul posto prima di poter dare un giudizio. Al giorno d'oggi, pur avendo avuto un'importanza fondamentale nell'antropologia culturale, il metodo di Malinowski é più difficile da realizzare in quanto la cultura diviene ogni giorno più ibrida. Per secoli la terra é stata popolata da un piccolo gruppo di gente libera che sottometteva il resto del mondo. Oggi invece, la quantità di società convinte del valore della propria indipendenza, che danno adito al senso della propria identità e del relativo orgoglio, sono sempre di più. (1) Un altro approccio è stato quello di Gregory Bateson, il quale, nonostante il suo lavoro non rispecchiasse un'estetica frammentaria, si ritrova entro un orientamento riflessivo contemporaneo in quanto considera tutti i sistemi viventi da lui studiati, dal duplice punto di vista dell'autoreferenzialità e dell'interazione con l'ambiente.Questi sistemi vengono immaginati da Bateson come capaci di elaborare informazioni attraverso processi riflessivi, carattaerizzati da dinamiche - 96 -


interdipendenti circolari, e che hanno la forza di alterare in ogni sequenza gli elementi interagenti(la trama che connette in un'ecologia della mente). Inoltre esamina continuativamente e sistematicamente i suoi strumenti concettuali, collocandoli fra virgolette per mantenere in costante crisi il suo modo di deduzione.Interrogandosi sui limiti della conoscenza e della coscienza, considera in più il ricercatore sempre interno al contesto di studio. Bateson mira ad una valorizzazione della competenza intersoggettiva.Al tempo stesso per lui il linguaggio è problematico e sicuramente non è neutrale, la sua scrittura è di tipo sperimentale in quanto consapevole di forzare i limiti e le convenzioni.E' probabile che celi l'intento di rendere visibile ciò che non può essere visto. (2) Nella definizione di Lèvi-Strauss "il soggetto può essere afferrato solo fra il qui e l'altrove" (3) in uno slittamento narrativo di un'etnografia che implica l'osservatore stesso come parte della propria osservazione. Il suo campo conoscitivo ,che è fatto sociale totale,deve essere preso dall'esterno e divenire un'unità contenente la comprensione soggettiva del nativo. Assumere questo processo nell'apprendimento del linguaggio dell'altro, mostra tridimensionalmente il fatto sociale, e il soggetto nell'identificazione del proprio - 97 -


campo conoscitivo viene scisso in oggetto contemporaneamente soggetto.L'oggetto etnografico allora viene subordinato "alla misura di capacità del soggetto di un'autoreificazione indefinita per proiettare fuori di sè frammenti del sè che non si riducono". (4) Nella realtà cosmopolita di oggi, la strategia che conviene utilizzare deve innanzi tutto riferirsi al preciso momento storico e deve essere un' etnografia che, lungi dal cominciare dall'inizio, prenda in (5) considerazione i nuovi etnorami globali come parti essenziali di una nuova narrazione. Lo scopo è quello di superare l'antropologia dell' "avvistamento del selvaggio" per contribuire ad uno studio più esteso e transdisciplinare dei processi culturali globali. (6) La riflessione di Clifford Geertz circa cosa faccia l'etnografo e cosa inscriva, lo porta a pensare che ci sia una mancanza di autoconsapevolezza degli antropologi riguardo le modalità di rappresentazione. Il problema dell'autorappresentazione diviene così sintomo di una svolta radicale nell'interpretazione antropologica che supera "l'interpretazione dell'interpretazione". Perchè il testo diventi campo di lavoro, e affinchè le sue soggettività acquistino un carattere polifonico non basta però, presuppore un dialogo a partire dalla - 98 -


presenza di due soggetti che dialogano come, pur non sbagliando nell'intuizione, propone Geertz. Il metodo dialogico che è sostenuto dalla relazione tra scrittura ed interpretazione rende possibile la (7) moltiplicazione delle soggettività nel testo. I'll be your mirror, reflect what you are, in case you don't know... The Velvet Underground&Nico

4.1 Verso una prospettiva dialogica Il problema dell'approccio epistemologico è che tenta di descrivere gli elementi culturali tendendo ad una totalità. Al contrario, il metodo enunciativo é una sequenza operativa più dialogica che, riposizionando i luoghi di negoziazione culturale, prova a seguire le impronte mobili e le riorganizzazioni che sono effetto degli sviluppi culturali e degli antagonismi. Nel momento in cui i confini si toccano, Bhabha la definisce contingenza, avviene la ripetizione dell'eventualità e della circostanza in una sovrapposizione estremamente profonda della differenza dell'uno nell'altro che si riverifica continuamente. Pensando al di fuori della frase in modo culturale e - 99 -


selvaggio si verifica il bisogno di senso del contingente in forma di fenomeno duplice e disgiuntivo. E' nei generi del discorso che Bachtin riconosce il soggetto enunciativo dialogico, attraverso la sua lettura metaforica del romanzo dialogico comprende la catena della comunicazione linguistica, individuando l'effetto ritardato dell'intersoggetivo nell'azione sociale. Se "l'oggetto (...) é già discusso in vario modo" (8) , rimuovendo il soggetto che origina il discorso sociale e procedendo nella casulità continua del discorso stesso, egli individua la logica della trasformazione del discorso sociale. Nella metafora della catena comunicativa la contigenza diviene contiguità e l'autore viene rimosso dal ruolo di agente. Rivolgersi a qualcuno si trasforma in echi dialogici e il problema della performatività viene rimosso riducendo il tempo e lo spazio alla sfera dell'attività e del quotidiano di un'enunciazione. Quando gli altri nascondono le parole sopraggiungono delle sfumature dialogiche che sono gradi di estraneità, la temporalità intersoggettiva dell'azione é metafora che si realizza al di fuori dell'autore. L'enunciazione é a più piani e difficile da analizzare e, nell'ambivalenza di questi echi e confini l'agente incarna il ritardo temporale che si manifesta (9) nell'ambito sociale del discorso. - 100 -


Nella dialogica e nella polifonia lo stile dell'autore combatte il monologismo che vede in lui l'unica voce legittima e per fare ciò si deve adottare uno stile decentrato per ogni singolo personaggio (come fece per primo Dostoevskij) in cui si combatte la proiezione dell' autore-eroe nell'ordine discorsivo, ponendolo all'interno di ciascun personaggio. Quindi la dialogica, attraversando il parlare, moltiplica le soggettivà nella costruzione di senso, e il testo dialogico deve fare attenzione al tradimento della traduzione cercando il più possibile di trascrivere il senso logico e fonetico dell'altro. E' il soggetto che vive dentro al suo ambiente ad essere per primo interprete di un preciso tratto culturale, quindi attraverso la contrattazione fra questo soggetto e il ricercatore si può smuovere il solo significato della mera scrittura dell'osservazione. Si tratta quindi di una transazione costruttiva che trova nell'autorappresentazione la manifestazione della tensione indomabile dei diversi punti di vista. (10) All'etnografo viene attribuito una specifica posizione nel tessuto delle relazioni intersoggettive che fanno parte dell'evento interlocutivo. Smontando il corpo testualizzato dell'altro e dell'io interpretante il testo si lacera, ma é pur vero che se l'autorità etnografica fosse solo dialogica - 101 -


verrebbe frenato il fatto della testualità. Resistere alla rappresentazione autoritaria dell'altro é tipica della dialogica, ciò avviene proteggendo la finzione dell'originalità della voce dell'altro tenendo conto delle particolari circostanze in cui avviene lo scambio. Una ricerca dialogica lo é anche in assenza della forma letterale del dialogo, l'importante é che vi sia nell'incontro fra due individui il terzo partecipante che sia mediatore, non importa se reale o immaginario. Ciò che deve trasparire lungo l'intera ricerca é il continuo negoziato. Ogni cultura é dialogo imprevedibile tra chi sta dentro e chi sta fuori, e ogni lingua é il luogo di contingenza fra le sue stesse contingenze. (11)

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Ho dormito quasi tutto il percorso. E quando mi sono svegliato era addossato a un militare che mi ha sorriso e mi ha chiesto se venivo da lontano. Ho detto "Sì" per non dover più parlare. Albert Camus (Lo straniero)

4.2 Cenni preliminari alla ricerca La prima esperienza che si ha con un paese é quella del paesaggio, é la prima cosa con cui si entra in contatto inconsapevoli di ciò che vi accade. In quegli spazi "l'occhio non percepisce le astuzie e le sottigliezze della prospettiva; lo sguardo porta in un unico slancio all'uniformità verticale e all'ammasso rugoso del reale." (12) Partendo da Roma e salendo verso il nord i campi si inverdiscono e i tetti si fanno più a punta e spigolosi, dal clima mite mediterraneo si passa al fresco gelido delle Alpi, che si imprime lungo la salita e si estende per tutto il centro Europa. Questo paesaggio é ormai per me una consuetudine e ben riconosco ciò che si cela dietro ad esso. La mia “origine” ,quella che fa tremare il cuore a molti, si snoda lungo il flusso del treno che ogni volta mi trasporta e riconosco in ogni angolo un pezzetto delle mie patrie, quante siano quest'ultime a - 103 -


questo punto non si sa. Forse essa è soltanto una: il flusso. Quella che viene narrata ora non è infatti una scoperta dell'Altro esogena, bensì è un qualcosa in cui ci si ritrova dentro, l'Altro è già all'interno, incorporato per natura. Nell'utilizzo del termine meticciato bisogna vedere piuttosto la metafora che esclude le questioni della purezza, rendendolo cardine dell'indistinzione originaria. Nel concetto di matrimonio misto é implicato l'ambiguità della rappresentazione sociale della nozione di razza. Difatti per costituirlo bisogna stabilire delle categorie come ad esempio italiano e straniero, italiano e bianco, che sono categorie pure: etniche o razziali. Si pensi al fatto che ogni matrimonio é misto nel suo unire due persone geneticamente diverse. Insomma, in ultima analisi siamo tutti meticci. Ciò che bisognerebbe chiedersi é, non quali fenomeni derivino dalle unioni miste, ma piuttosto quale sia il loro funzionamento nelle rappresentazioni sociali. Le identità culturali/etniche contemporanee hanno senso solamente nel quadro della mondializzazione. Purtroppo l'emigrato, anche dopo decenni, é considerato un "residente alieno", l'esperienza che ci racconta Appadurai (che è indiano e vive negli Stati Uniti) è quella di sentirsi "sposato con una donna anglosassone e padre di un adolescente biculturale" e il suo passaporto - 104 -


indiano gli sembra "un distintivo piuttosto sbiadito"della sua identità. Questo poichè "il reticolato della politica razziale si dirama per le strade delle città più esteso che mai" (13), e la realtà diviene orribile se un individuo viene ridotto nei propri incontri quotidiani a razza, minoranza o tribù. C'è da riflettere parecchio anche e proprio su questo aspetto categorizzante.

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(1) R. Kapuscinski, 2007 (p. 74-75) (2)V.Padiglione in (a cura di)A.Cotugno,G.Di Cesare,Territorio Bateson,Meltemi,2001,Roma(p. 90-91) (3)H.K.Bhabha, 2001(p.209) (4)ibidem (p.210) (5)etnorami :sono uno dei cinque panorami di flussi globali proposti da Appadurai.Ragionare con l'ausilio di questi scapes da al discorso un'impronta spaziale estesa appunto in panorami e ne indica la forma fluida e irregolare che li caratterizza.Appadurai ci dice che queste prospettive non sono "relazioni oggettivamente date che sembrano le stesse da qualunque visuale,ma sono invece costrutti profondamente prospettici,declinati dalle contingenze storiche,linguistiche e politiche di diversi tipi di attori." Essi sono:gli etnorami,i mediorami,i tecnorami,i finanziorami e gli ideorami.(A.Appadurai, 2001(p. 52)) (6)ibidem.(p.91-92) (7)M. Canevacci, 2004 (p. 213-215) (8) Bachtin in H.K.Bhabha, 2001(p. 261) (9)ibidem.(p. 259-262) (10)M. Canevacci, 2004 (p. 215-220) (11) James Clifford, 2001 (p. 58-61;64) (12)E.Glissant, 1998(p.11) (13)A.Appadurai, 2001(p. 220)

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Capitolo quinto La cena della vigilia di Natale

Today the colour line is the power line, is the power to lie. Asian Dub Foundation

Per quanto sia Italia che Cechia e Slovacchia facciano parte della cultura occidentale, ci sono diverse variazioni di come la festivitĂ del Natale venga onorata. Le origini del Natale hanno luogo nel mondo pagano e piĂš precisamente era il giorno introdotto da Aureliano nel 273 d.C. per festeggiare la nascita (natalis) del sole. Fu in seguito tramutata dal mondo cristiano che le attribuĂŹ il significato della nascita di GesĂš. In quanto occidentali siamo culturalmente impregnati dalla religione cattolica che grazia alla sua rivalsa sul mondo pagano ha letteralmente usurpato il posto agli dei, applicando al loro posto i suoi santi e le sue celebrazioni. Focalizzando sui tre paesi su citati, nonostante essi siano tendenzialmente - 107 -


cattolici, i modi di onorare la vigilia e il Natale cambiano a distanza di poco più di mille chilometri. Ma per quanto le tradizioni possano variare da luogo a luogo, resta comunque un periodo dell'anno dedicato allo stare insieme ai propri cari . E questo a prescindere dal credo ( o anche non) religioso, poiché si può approfittare dei giorni liberi. Il concetto di “festa” ha avuto da sempre un ruolo specifico nell'alternarsi dei tempi della vita umana e si sviluppa nel suo essere momento giustificato di liberazione e di riposo. A sua volta, guardando alla ricerca del rituale ad essa connesso, la celebrazione assume il suo specifico significato. Un rituale in quanto segue un preciso schema nel tentativo di avvicinare. La festa è sempre stata motivo di banchetti, di abbondanza e di doni. Il Natale è stato così purtroppo aggiotato dal circo delle merci, assumendo caratteristiche prettamente commerciali. Non a caso appena finisce l'estate e inizia l'autunno,le vetrine sfavillano tentando di incanalare il consumo verso prodotti citati come tradizionali del Natale: cioccolata, torroni, spumanti e qualsiasi altro bene che possegga l'identità natalizia per festeggiare. In realtà la questione non è così semplicistica. In effetti le persone che festeggiano il Natale lo fanno perchè provano gioia nel farlo e soprattutto - 108 -


nel prepararlo. Essendo un festeggiamento fortemente legato al banchetto, al cibo, entra in gioco la pratica culinaria, e la cucina altro non è che espressione manuale di cultura. In Repubblica Ceca e ancor di più in Slovacchia, viene privilegiato il momento della cena della vigilia, štedrý večer . Mentre il 25 e il 26 vengono considerati i primi due giorni del periodo natalizio. E questa tradizione è ancora più sentita e voluta quando si è lontani da casa. Il ripetere questo rito preparativo, in qualche modo avvicina al lontano pur essendo separati, acquista un valore sentimentale che lenisce la ferita dell' extraterritorialità. E il sapere di fare contemporaneamente gli stessi gesti che la famiglia lontana sta facendo, rende la mancanza meno dolorosa. Conosco Marina e Sandro da una vita, le nostre origini così simili e l'amicizia che ha legato i nostri genitori ci ha sempre fatto sentire quel senso di medesima familiarità. Anche loro sono figli di una slovacca e di un italiano e anche loro, fin quando han voluto, sono stati immersi nella loro duplicità. Così a Natale per un caso e per un altro ci siamo ritrovati a festeggiare da soli senza i nostri genitori e ci siamo messi d'accordo per cenare insieme il 24 sera a casa loro. Ovviamente abbiamo spartiti i compiti: io dovevo preparare l'insalata russa e le tartine, mentre loro avrebbero pensato al resto e una volta - 109 -


arrivata a casa loro avremmo cucinato insieme.Per la prima volta ho trasgredito il digiuno nella giornata del 24 che mi madre mi aveva sempre bonariamente imposto. Infatti esso rappresenta una sorta di fioretto da farsi prima che il festeggiamento abbia inizio, ma ho sempre pensato che in fondo fosse direttamente collegato al fatto che dopo si sarebbe mangiato a volontà. Prima dello scorso Natale ho sempre passato la vigilia con mia madre e mio padre , oppure con uno o con l'altra separatamente, ciò voleva comunque dire rispettare quel certo ordine per cui il 24 si digiuna. Sono affezionata in ogni caso a come ho sempre passato quella gioranata in passato, e soprattutto lo sono nei confronti della cena! In Slovacchia si comincia con il capofamiglia che recita la preghiera prima di iniziare a mangiare e si inizia con un antipasto composto dalle oplatky(dischi di wafer sottili) che,introvabili in Italia venivano prontamente rimpiazzate da ostie comprate in farmacia. Queste venivano accompagnate da miele e spicchi d'aglio, i quali simboleggiano rispettivamente prosperità e salute. Si passa quindi ai tortellini in brodo e questa è già una variazione italiana su tema, poiché su invece si usa mangiare la kapustnica che è una minestra di crauti con la carne e la salsiccia. Si beve qualche bicchierino e si conclude con la carpa - 110 -


impanata e l'insalata russa. La carpa deve essere assolutamente comprata viva, tenuta a bagno nella vasca in bagno e poi uccisa per essere cucinata. Ma in Italia l'abbiamo sempre sostituita con la sogliola o il filetto di merluzzo. Alla fine, una volta terminata la cena, si fa la scenetta che arriva Jezisko che sarebbe Gesù bambino, e si va sotto l'albero a scartare i doni. Poi chi vuole va alla messa della mezzanotte. Anche con Marina e Sandro questa volta decidiamo di scartare i regali subito dopo la cena . Al contrario in Italia, si va sì alla messa, ma i regali si scartano il mattino seguente e a portarli è Babbo Natale, variante mercificata(1) di Santa Klaus, di San Nicola che in Repubblica Ceca e in Slovacchia si festeggia il 6 dicembre ed è molto più sentito del Natale stesso.Si può dire che in Italia potrebbe essere paragonato al giorno dell'Epifania/Befana. Il 5 sera se i bambini lasciano i loro stivali ben lucidati sotto la finestra , il mattino dopo li troveranno colmi di doni, specialmente di dolci e se non si sono comportati bene durante l'anno passato ci sarà anche una patata, grande in proporzione ai guai che si sono combinati. Alla mia veneranda età continuo a lucidare gli stivali e a ricevere doni, devo ammetterlo.. Arrivo a casa di Sandro e Marina e porto con me il ciotolone di insalata russa preparata - 111 -


secondo la ricetta di mia madre e altre cose da bere e dolci da mangiare. Non so cosa mi aspetto, forse di trovare i tortellini in brodo ma invece stanno preparando gli spaghetti alle vongole e Sandro ha già fatto i gamberetti in salsa rosa e li ha messi nelle coppe di vetro. Loro due seguono più la tradizione italiana, soprattutto Sandro, mentre Marina non disdegna per nulla i richiami alla cultura slovacca,infatti gioisce alla vista dell'insalata e ne mette un po' da parte per portarla poi a Barbara, sua madre. Ciò che in me è compreso in unico individuo, è invece sdoppiato in Marina e Alessandro: da una parte la preminenza delle sfaccettature prettamente slovacche, dall’altra parte quelle tipicamente italiane. Nei miei due amici, fratello e sorella, ciò sembra sdoppiato o meglio un aspetto prevale sull’altro. Completiamo insieme l'addobbo della tavola con l'insalata russa e la frutta secca che ho portato e cominciamo a mangiare l'antipasto e a bere un po' di vino mentre si finiscono di cuocere gli spaghetti e quando sono pronti ci mettiamo a tavola. Siamo tutti e tre seduti insieme per celebrare il rito della vigilia di Natale e le nostre sfaccettature sono pronte a mescolarsi. Sandro ci serve altri gamberetti in salsa rosa; sono ottimi e si mescolano bene con l’atmosfera che si è creata. “Se ad un italiano gli togli gli spaghetti . . “ - 112 -


Passiamo quindi agli spaghetti con le vongole. Io personalmente vado matta per gli spaghetti con le vongole: la mia anima italiana ora ha il sopravvento ed è così naturale che non sento alcun strappo dentro di me.Ma siamo sfortunati e le vongole sono intrise di sabbia, non si possono proprio mangiare. Dopo vari tentativi di ripulitura urgente desistiamo , passiamo al secondo e ho un attimo di panico – non vado matta per il pesce – ma in compenso c’è l’insalata russa. Un ricordo d'infanzia mi assale: mio padre da bravo siculo era ed è un cultore del pesce e quando lo rifiutavo mi diceva scherzando “niscisti fuori razza”, ossia non hai preso da me. Almeno per questo aspetto diceva il vero, infatti mi viene a volte difficile comprendere alcuni tratti tipicamente meridionali, nonostante di altri ne sono invece completamente pregna.Al momento del dolce il panettone appena tagliato sprigiona il suo aroma e similmente al processo psico-emo-chimico della Madelaine si riaccende in noi la matrice italiana, ne mangiamo qualche fetta. Quella slovacca mantiene comunque il suo posto e switcha nuovamente quando decidiamo di comune accordo di aprire subito i regali dopo cena come sempre abbiamo fatto con i nostri genitori. Insomma tutti e tre ondeggiamo attraverso le nostre origini che sono - 113 -


mescolate fra gusti, sapori e modalità sia italiane che slovacche. Sandro è esausto:ha mangiato troppo e non è molto in vena di festeggiamenti, mentre Marina e io ci godiamo questa serena serata chiaccherando ed ascoltando un po' di musica. Al di là delle differenze il Natale è per noi costituito da tante schegge variopinte, così come queste screziature che rendono il nostro essere esistente. Sono frammenti che abbiamo acquisito sia dai nostri genitori che dalla nostra vita fino a qui ed in continuo divenire e che sicuramente, a nostra volta, trasmetteremo a chi ci incontrerà. Esattamente come le abbiamo ricevute da chi ci ha preceduto.

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1)(già assodato che grande responsabilità di ciò sia dovuta alla solida e sempreverde campagna pubblicitaria della multinazionale Coca-Cola)

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E' anche certo – soggiunge Lotario – che l'oscuro potere fisico, quando noi stessi ci abbandoniamo ad esso, attira spesso nel nostro animo forme estranee che i mondo esterno ci butta fra i piedi, di modo che noi stessi non facciamo che eccitare lo spirito, il quale, come ci sembra per una strana illusione, parla di una forma. E' il fantasma di quello stesso nostro io la cui intima affinità e la cui profonda influenza sul nostro spirito ci precipitano nell'inferno o ci esaltano al paradiso. Ernst T.A. Hoffman (L'uomo della sabbia)

Conclusione Questa ricerca non nasce per concludere nè per affermare postulati.Si tratta semplicemente di un racconto, o meglio una narrazione che vuole evidenziare quanto tutti gli esseri umani siano profondamente interconnessi e quanto ciò sia naturalmente possibile anche in un corpo che inganna e non trasuda differenza. Pretendere di arrivare ad una conclusione è pressochè impensabile, lo scorrere non si - 116 -


ferma e i movimenti, gli spostamenti non si arrestano. Impredicibile è una definitiva determinazione, l'imprevedibilità pervade l'esistenza ed essa stessa è per sua natura variabile ed asistematicamente fluttuante e allo stesso tempo graffiante. Tutto ciò di cui ho parlato fino ad ora ha rivelato in minima parte quanto nel corso dei secoli l'uomo si sia impegnato a sovrastare il prossimo cercando nella differenza la giustificazione delle sue azioni discriminatorie. Le motivazioni possono e sono sempre state le più disparate, non tocca a me giudicare. Ma forse è questo assoluto bisogno di assegnare un nome classificatorio che alimenta questo tipo di attitudini. Il manifesto antropofago di de Andrade, analogamente all'ibrida estetica chicana del Rasquacismo descritta da Tomas Ybarra-Frausto ( citato da Bhabha), presenta un'alternativa interessante riguardo l'incorporazione e l'assimilazione dell'altro. I pezzi si intersecano a livello intestinale, e la bocca oscura diviene il mezzo con cui divorare/essere divorati.L'assorbimento dell'altro avviene passando per il corpo e lo modifica in modo fatale, la traccia originaria cambia direzione. Il senso si disloca grazie all'attacco acido-digestivo, sporcando la disinfezione e la purezza dell'originario, contaminato e corrotto si sporge verso l'oltre. L'identità si esprime attraverso il continuo rapporto con l'altro, abitandolo nell' - 117 -


illocalizabille ,in-between , interzona , canale morto, la dimensione liminare aperta. L'identità esiste sempre e solo in relazione. Incorporando l'altro, questi prende a sua volta corpo e l'ingestione cannibale, antropofaga diviene metonimia della relazione. Non è forse il vampiro che cibandosi del sangue umano mantiene la sua immortalità e infetta il corpo di cui si è cibato? Ho sempre sentito fortemente la presenza assente della coesistenza, e forse solo grazie all'incontro che ho avuto con questa cattedra di antropologia ho finalmente potuto non chiarire, ma mettere in luce questo aspetto che così fortemente influisce sulla nostra esistenza. Mangiami bevimi mordimi in silenzio fra le urla. Isabella Santacroce (Destroy)

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WEB – GRAFIA

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FILMOGRAFIA

-Performing the Border A videotape by Ursula Biemann, 42 min. 1999

-Europlex | 2003

video essay , by Ursula Biemann 20 MIN. 2003

-Stranger Than Paradise Un film di Jim Jarmusch . Con John Lurie, Eszter Balint,Richard Eds , b/n 90 minuti ,1984 -Life line - 10 min. segment of Ten minutes older:The trumpet, by Victor Erice, 2002

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Appendice visiva

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Tre frames tratti da Europlex di Ursula Biemann.

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Una scena di Stranger than paradise di Jim Jarmusch.

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Una scena tratta da Lifeline di Victor Erice, episodio del film Ten minutes older.

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Le spugne blu di Yves Klein.

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