Amici per la pelle

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Amici per la pelle La Pelle non solo un Guscio TESINA PERIODO FORMATIVO 2008/2009

ANDREIA PECI


indice Alimentazione

vitamina C

Anatomia

apparato tegumentario

Chimica

detersione e cosmetici

ContabilitĂ

la retribuzione

Dermatologia

dematiti da contatto

Informatica

presentazione multimediale

Inglese

beauty guide

Psicologia

la memoria

Tec. Prof. Leonardi

la storia del massaggio

Tec. Prof. Travaglini

lomi lomi

1 5 15 31 35 45 49 59 63


alimentazione vitamina C

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alimentazione vitamina C

Tra le vitamine, fa parte del gruppo di quelle idrosolubili assieme a tutte quelle

B, cioè B1, B2, B3 (detta anche PP),

B12 (cobalamina), solo per citare alcune. Così dette perché hanno la caratteristica chimica di sciogliersi naturalmente

in acqua (solvente polare). Da queste si distinguono quelle liposolubili (che si sciolgono in sostanze apolari, diciamo così oleose non acquose), e che sono le vitamine della

A, D, E, K, N (quest’ultima meno famosa). Altro nome caratteristico

vitamina C, conosciuto da molti pur essendo un po’ tecnico, è acido ascorbico. Il corpo umano non riesce

a sintetizzarla perciò è richiesto un suo continuo apporto dall’esterno con un alimentazione più varia possibile. La dose giornaliera raccomandata, indicata oggigiorno anche sulle scatole di molti prodotti in commercio come RDA (dicitura riportata ad esempio sui cartoni di succhi di frutta all’arancia) è di circa 200mg al giorno. Oltre ad essere il rimedio più vecchio del mondo per raffreddore, stati influenzali ecc, viene spesso usato in maniera indiretta, sfruttando le sue caratteristiche antisettiche per esempio per eseguire gargarismi con succo di limone, che ne possiede quantità di tutto rispetto (50mg ogni 100 grammi di prodotto). Altre caratteristiche peculiari importantissime, sono gli effetti benefici che questa vitamina esplica sul nostro organismo. Per esempio, come già accennato nell’utilizzo in stati influenzali, aumenta la resistenza dell’organismo, rafforzando al contempo le difese immunitarie e la produzione di anticorpi. Oltre a questo distrugge i radicali liberi prodotti dall’organismo, quando questo è sottoposto per esempio a lunghi periodi di stress, ha un effetto anticolesterolo, e cosa fondamentale, incrementa e favorisce

caso non lasciar passare troppo tempo prima del suo consumo. Mentre per evitare la perdita tramite degrado dovuto alla cottura, è consigliato ridurre i tempi di esposizione al calore al minimo indispensabile, e la cottura in quantità d’acqua non eccessive o ancora meglio a vapore nel caso di verdure. Vediamo di seguito alcuni alimenti con le relative quantità di vitamina C calcolate per 100gr di prodotto:

Alimento (mg/100g)

in maniera significativa l’assorbimento di ferro. Un ruolo importante, da pochi conosciuto, è la capacità di migliorare la bellezza della pelle, poiché questa vitamina lavora in sinergia con il collagene, riuscendo a mantenere la pelle elastica e giovane, favorendone al contempo la tonicità e la rimarginazione del tessuto connettivo danneggiato. Altre importante effetto sulla pelle ed il lavoro che attua in collaborazione con la vitamina E, nota vitamina antietà ed anti radicali liberi, parlo della caratteristica di protezione dai raggi UV. Questa sua peculiarità è evidente in alcune formulazioni per creme protettive solari. La vitamina C è contenuta principalmente in frutta e verdura quantità anche in alcune frattaglie come fegato e reni. E’ importante accennare al fatto che per quanto sia una vitamina molto comune, questa ha anche caratteristiche di elevata labilità che ne calano notevolmente il contenuto se si va a cucinare l’alimento che la contiene. In pratica l’elevata temperatura a cui si sottopone il cibo rompe facilmente la molecola di acido ascorbico, che viene così degradato in forme molecolari non dannose ma certo meno utili. Anche la luce e l’aria tendono ad ossidarla rompendola e facendole perdere le caratteristiche qualità. Per questo è consigliato assumere subito un succo d’arancia appena spremuto, o al massimo tenerlo in frigo, ma in qualunque

E’ importante sottolineare che il modo ideale di assumere vitamina C non è in grosse dosi, bensì durante l’arco della giornata,

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peperoncini piccanti peperoncini rossi e gialli peperoni crudi rughetta o rucola kiwi cavoletti di bruxelles lattuga fragole

229 166 151 110 85 81 59 54

limoni/arance mandarini pompelmo fave fresche crude piselli freschi crudi pomodori maturi fegato rene

3

50 42 40 33 32 25 10 40

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perché l’organismo assorbe quantità non eccessive in base alla necessità dell’organismo, perciò non servirà a molto per fare un esempio mangiarsi un chilo d’arance tutte assieme, sarà di certo più utile consumarle durante l’arco di tutta la giornata. La carenza di questa straordinaria molecola, così importante per il nostro organismo alla lunga procura patologie quali lo scorbuto, di cui un tempo soffrivano i marinai nella lunghe traversate, per l’impossibilità di cibarsi con alimenti contenenti vitamina C. Oltre a questo forti carenze di questa vitamina possono portare a gengiviti e problemi a carico dei vasi sanguigni, come emorragie e fragilità capillare, oltre ad osteoporosi e problemi ed alterazioni a carico della dentina. Concludendo, l’importanza di questa sostanza per la qualità della vita è grandissima, di certo nella nostra alimentazione, così varia ed abbondante difficilmente si verificheranno casi di carenze di vitamina C, tanto da rendere praticamente inutili i vari integratori vitaminici che si trovano comunemente in ogni farmacia, spesso prodotti non per l’effettiva utilità ma con il solo proposito di far arricchire le varie aziende farmaceutiche.

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pelle:

poggia sopra una lamina di connettivo denso a fasci intrecciati, derma, che sono uniti per mezzo di un’interfaccia irregolare per la presenza l’apparato tegumentario è costituito dalla pelle e da una formazione a diversa organizzazione e funzione, gli annessi cutanei.

di rilievi connettivali (papille dermiche) e zaffi epiteliali che ne aumentano l’estensione e facilitano gli scambi metabolici tra i due tessuti.

Protegge dagli insulti meccanici, chimici e termici e da radiazioni; partecipa alla regolazione degli scambi termici tra corpo e ambiente e

Tra i due tessuti è presente un tipo complesso di membrana basale, alla cui costruzione partecipano le cellule dell’epitelio e i fibroblasti del

all’equilibrio idrosalino, contribuendo a prevenire la disidratazione; costituisce una barriera alla penetrazione di microrganismi; partecipa

derma, che separa fisicamente e funzionalmente i due tessuti; è costituita da una lamina densa, con struttura di microfibrille di collagene,

alla secrezione dei cataboliti e alla produzione di vitamina > sintetizzata a seguito dell’irraggiamento ultravioletto, agisce sul metabolismo

e da una lamina lucida attraversata da filamenti di ancoraggio e contenente numerose glicoproteine che mantengono l’adesione cellulare,

del Ca stimolandone l’assorbimento a livello intestinale, il riassorbimento da parte dei tubuli renali e la deposizione di Ca nelle ossa; viene

oltre all’eparansolfato che funge da barriera selettiva per gli ioni. La giunzione dermoepidermica, oltre a fornire un supporto strutturale,

metabolizzata in calcitriolo, ormone steroideo, dall’idrossilasi prodotta dal rene sotto lo stimolo del paratormone. La pelle rappresenta

ha una funzione come filtro/barriera, impedendo il passaggio delle sostanze con peso molecolare superiore a 40.000 dalton. Il derma

un’efficace organo di senso e un mezzo di comunicazione, è una membrana dallo spessore variabile, è l’organo più pesante. Riveste l’intera

aderisce ai piani sottostanti per mezzo dell’ipoderma, uno strato di connettivo lasso ricco di adipociti che costituisce il pannicolo adiposo.

superficie corporea e a livello orifizi dell’apparato digerente, respiratorio e urogenitale continua con le rispettive mucose. Gli annessi cutanei

Epidermide e derma sono distinguibili a livello della superficie di contatto, il connettivo del derma trapassa in quello epidermico senza limite

sono i follicoli piliferi con i peli, presenti su tutta la superficie cutanea ad eccezione delle unghie e delle ghiandole sebacee e sudoripare

preciso. La pelle si presenta diversa nelle differenti regioni del corpo per spessore, colore, quantità di peli e ghiandole, per innervazione e

(alle quali si assegnano le ghiandole del cerume del meato acustico esterno e le ghiandole mammarie).

vascolarizzazione. La pelle ha notevole elasticità e resistenza, variabili con età, regione corporea e grado di idratazione. Può subire delle

caratteri generali della pelle:

distensioni reversibili di breve durata. L’epidermide ha una carica di superficie negativa, è possibile l’introduzione di sostanze per elettroforesi. formata da epitelio pavimentoso stratificato, epidermide, che

Il pH superficiale è acido (4,2-5,6). Il colore della pelle varia con la razza, l’età, la regione corporea, l’esposizione alla radiazione solare e lo stato fisiologico, dipende dalle melanine, pigmenti bruni o giallastri prodotti dalle cellule epidermiche (melanociti), dalla presenza di carotene, pigmento esogeno giallo-arancione, dalla ricchezza della rete vascolare superficiale e da fenomeni di assorbimento e riflessione della luce sulla superficie cutanea.

superficie esterna della pelle: presenta irregolarità con varia esposizione e accentuazione. Solchi profondi sono caratteristici della pelle glabra, ginocchia, gomiti: a livello della faccia volare dei polpastrelli delle dita formano i dermatoglifi, disegni genetici dal terzo mese di vita fecale e peculiari di ogni individuo, le impronte digitali che ciascuno lascia dovute al deposito di microscopiche goccioline di sudore fuoriuscite dai pori disposti alla sommità delle creste, tra solchi dermatoglifi. Le pieghe sono solchi che si determinano per l’azione dei movimenti muscolari e articolari o per aderenza della cute alla fascia superficiale del corpo.

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struttura della pelle

all’elemento che resta unito alla lamina basale ed a un elemento che sale verso la superficie. I melanociti sono cellule dendritiche localizzate nello strato basale, producono due pigmenti: eumelanina, sotto forma di granuli neri o bruno scuro, e feomelanina, colore rosso-giallastro. Derivano da creste neurali dell’embrione e conservano la capacità di dividersi con ritmo correlato al ricambio di cheratinociti. Al microscopio elettronico a trasmissione mostrano nel citoplasma i melanosomi, nei quali avviene la produzione di melanina, la cui biosintesi prevede come precursore l’amminoacido tirosina. La sintesi è influenzata da fattori ormonali, nutrizionali e da radiazioni ultraviolette. I cheratinociti basali fagocitano melanosomi e la pigmentazione cutanea dipende dai pigmenti presenti. La distribuzione dei melanociti nell’epidermide è diverso nelle regioni. Le cellule di Lagerhans sono cellule dendritiche presenti in strati intermedi dell’epidermide. Sono presenti in altri epiteli, nel derma e in organi linfoidi. Gli elementi della linea monocito-macrofagica che derivano dal precursore presente nel midollo osseo, sono importanti per la protezione nei confronti degli antigeni ambientali, coinvolti nel riconoscimento dell’antigene e nella presentazione ai T. Le cellule di Merkel, presenti nella cute provvista di peli, sono localizzate nello strato basale in associazione con le terminazioni nervose, isolate o raggruppate in terminazioni ederiformi e dischi tattili. Forma rotondeggiante, nel citoplasma vescicole con centro scuro, raggruppate vicino alla membrana cellulare, dove si rapporta con la fibra nervosa amielinica. Le vescicole presentano metenkefalina e peptide intestinale vasoattivo (vip). Le cellule intervengono nella ricezione tattile: come meccanorecettori.

epidermide: lamina costituita da epitelio pavimentoso stratificato corneificato in cui sono presenti le cellule epiteliali, cheranociti, e altri tipi che colonizzano l’epidermide durante lo sviluppo embrionale: i melanociti, responsabili della produzione di melanina e le cellule di Langerhans, che appartengono alla linea monocito-macrofagica e partecipano a processi difensivi della pelle; le cellule di Merkel, associate alla funzione di ricezione sensitiva. I cheranociti si modificano e producono cheratine, scleroproteine filamentose dal peso molecolare maggiore, e permangono alla superficie dell’epitelio costituendo lo strato corneo. Il processo differenziativo dei cheranociti è la citomorfosi cornea. Si distinguono strati differenti per morfologia e funzione: · strato basale o germinativo, costituito da una sola assise di cellule prismatiche indifferenziate appoggiate alla membrana basale, dotate di attività proliferativa · strato spinoso, costituito da più assise di cellule poliedriche che si appiattiscono nei livelli più superficiali, con prolungamenti con i quali si pongono in contatto con desmosomi · strato granuloso, formato da cellule appiattite e ricche di irregolari granuli citoplasmatici di cheratoialina, espressione del processo di corneificazione · strato corneo, formato da cellule morte e disidratate, trasformate in scagliette laminari che si staccano in lamelle cornee superficiali composte per l’80% da cheratine stabilizzate da ponte disolfuro, cementate da filaggrina e racchiuse da un involucro di involucrina e

· derma: lamina di connettivo denso a fasci intrecciati, più spesso a livello della palma della mano e della pinta del piede, sottile a livello cute delle palpebre, scroto e prepuzio. Suddivisibile in: · strato papillare, forma rilievi conici o laminari, papille dermiche, accolti nella depressione dell’epidermide. Papille piccole e scarse in tutta la pelle, tranne a livello regioni glabre. Il connettivo papillare è meno denso che in profondità, povero di fibre elastiche e ricco di capillari sanguiferi e terminazioni nervose · strato reticolare, formato da robusti fasci di fibre collagene intrecciate, con disposizione parallela alla superficie libera della cute. È ricco di fibre elastiche, numerose attorno ai follicoli pilosebacei e agli adenomeri delle ghiandole. A livello areola mammaria, scroto, perineo e prepuzio sono presenti fasci di cellule muscolari lisce, a livello della faccia vi terminano i muscoli mimici. Abbondanti i vasi sanguiferi e le terminazioni nervose. I fasci connettivali profondi formano ampie maglie nei cui spazi sono ospitati lobuli adiposi e glomeruli ghiandolari. In profondità è ancorato alla fascia superficiale del corpo per mezzo del connettivo lasso dell’ipoderma. La componente amorfa del derma è formata da proteoglicani e glicoproteine. L’acido ialuronico è il proteoglicano non solfato più rappresentato, il dermatansolfato è il proteoglicano solfato più abbondante associato alle fibre collagene. Sono presenti piccole quantità di coronoitinsolfati ed eparansolfato. I proteoglicani, viscosi, contribuiscono al sostegno delle altre formazioni del derma, all’equilibrio salino e a regolazione del contenuto idrico della matrice connettivale.

membrana plasmatica la citomorfosi cornea comporta un continuo rimpiazzo di elementi eliminati, a opera delle cellule dello strato basale, che danno origine

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vascolarizzazione cutanea:

“costruiscono” il pelo, che accresce all’interno del follicolo fino a sporgere in superficie. La superficie del pelo è simile a quella epidermica, con squame

vasi sanguiferi della pelle sono importanti nella termoregolazione e nel controllo della pressione arteriosa. Le arterie arrivano seguendo fasci connettivali verticali o obliqui dell’ipoderma che le proteggono da sollecitazioni meccaniche. Formano il primo plesso orizzontale nella parte profonda del derma, si ramificano in arteriole verticali che emettono collaterali per le ghiandole sudoripare e i follicoli pilosebacei. Tra il derma reticolare e quello papillare si forma un secondo plesso venoso orizzontale (plesso subpapillare) dal quale originano arteriole terminali che si dirigono verso le papille dermiche, dove formano una o più anse capillari. Le vene che originano da queste anse fanno capo a un duplice plesso venoso superficiale orizzontale, costituito da una rete più esterna e una più profonda anastomizzate. Dal plesso venoso originano venule discendenti di maggior calibro che attraversano il derma reticolare raccogliendo il sangue refluo dagli annessi cutanei e si scaricano nel plesso orizzontale profondo. Nello strato reticolare si trovano anastomosi arterovenose, più frequenti e complesse a livello della cute glabra (glomi), dove i vasi comunicanti si circondano di cellule muscolari lisce che regolano l’afflusso del sangue agli strati più superficiali della pelle. Il sangue può evitare le rete capillare e continuare nelle venule tramite anastomosi arterovenose, ciò dipende dal sistema simpatico, i vasi cutanei sono innervati sia da fibre amieliniche simpatiche vasocostrittrici sia da quelle parasimpatiche vasodilatatrici.

cornee embricate visibili l microscopio. Il colore dei peli è dovuto alla melanina trasferita alle cellule della matrice dai melanociti situati presso la papilla dermica, dipende non solo dal tipo e dalla quantità del pigmento presente, ma dalla riflessione causata dalla superficie del pelo e dalla rifrazione dovuta alla presenza di bollicine d’aria nella su parete.

ghiandole sebacee: presso la superficie cutanea, nel follicolo pilifero, si apre il condotto escretore delle ghiandole sebacee, di tipo diocrino, formate da due o più alveoli sacciformi. In alcune regioni sboccano nella superficie (piccole labbra, glande, margine libero delle labbra e capezzolo). Più voluminose e numerose nel cuoio capelluto, nel viso, nelle aree anogenitali e nelle parti superiori di torace e dorso. Gli alveoli ghiandolari sono costituiti da una massa solida di cellule. Le periferiche si producono attivamente, le intermedie sono ricche di gocciole lipidiche, che fondendosi provocano la degenerazione delle centrali. Il sebo è costituito da un secreto lipidico e residui di cellule morte che verranno sostituite in seguito alla proliferazione delle cellule periferiche. Il sebo ha funzione lubrificante per peli e l’epidermide e di protezione da umidità e siccità. Contribuisce alla costituzione del film idrolipidico cutaneo, una sottile pellicola

innervazione cutanea:

protettiva che, per il pH acido, ha azione antibatterica e fungostatica. L’eliminazione del sebo nel follicolo pilifero è continua, può essere aiutata dalla

le pelle è un organo di senso ricco di formazioni nervose deputate alla ricezione degli stimoli meccanici, termici e dolorifici. I nervi cutanei, attraversato

accrescimento e ciclo follicolo pilifero:

contrazione del muscolo piloerettore.

l’ipoderma, ramificano nel derma costituendo plessi attorno ai follicoli pilosebacei o terminando a livelli come corpuscoli, più o meno complessi o raggiungendo l’epidermide come terminazioni libere.

l’accrescimento del pelo parte dal bulbo per opera delle cellule della matrice che proliferano in direzione della superficie cutanea cheratinizzando.

FOLLICOLO PILOSEBACEO: i peli sono filamenti cornei flessibili che coprono tutta la superficie del corpo tranne le regioni glabre. Accrescono

L’accrescimento è ciclico, alternato a fasi di quiescenza. La fase morfogenetica e di accrescimento è l’anagen, cui segue un periodo di transizione,

all’interno di profonde invaginazioni epidermiche nelle quali sboccano ghiandole sebacee, follicoli pilosebacei. Hanno una funzione protettiva ridotta

catagen, dove il pelo viene spinto verso l’esterno e il follicolo si riorganizza; segue una fase di riposo, telogen. Quando il follicolo torna attivo, in nuovo

nella specie umana, conservano la funzione di recettori tattili e il valore di comunicazione sociale. La lunghezza, la forma e la distribuzione variano nelle

pelo accresce profondo sotto il vecchio e lo scalza facendolo cadere.

regioni. I più corti e sottili non sporgono dalla superficie cutanea, i più lunghi possono superare il metro (capelli), possono avere sezione circolare o ellittica.

ghiandole sudoripare:

Sono più numerosi nella faccia, in ordine decrescente nel tronco, nell’arto superiore e i quello inferiore. Sono diversi nei periodi di vita: durante la vita fetale il corpo è coperto da lanugine, sostituita nei primi mesi dal vello, formato da peli sottili (peli folletti), che persistono in alcune regioni, in altre sostituiti dai

producono un secreto ricco di acqua e sali minerali, indispensabile per la termoregolazione, sono tubolari semplici con forma a “gomitolo”, innervate dal

peli terminali a livello del cuoio capelluto, ciglia, sopracciglia, pube, ascelle, faccia e torace (nel maschio), vestibolo naso (vibrisse) e condotto uditivo

sistema simpatico. Due varietà:

esterno (tragi). I peli del vello sono sottili e non pigmentati, il pelo terminale ha maggior calibro ed è pigmentato. Il follicolo pilosebaceo consta di un pelo

· eccrine: più numerose e filo geneticamente più recenti, secreto limpido e incolore, costituito da acqua e soluti inorganici con una piccola percentuale

inserito nell’invaginazione dell’epidermide detta follicolo pilifero, nella quale si apre il condotto escretore di una o più ghiandole sebacee. Il follicolo è

di materiali organici (urea, acido urico e creatinina), il pH è debolmente acido o neutro. Sono ubiquitarie e numerose.

sempre inclinato rispetto alla superficie cutanea e può erigersi per contrazione di un piccolo muscolo liscio che si inserisce sul follicolo sotto la ghiandola

· apocrine: secreto opaco e leggermente alcalino, odoroso per decomposizione a opera dei batteri della pelle, contiene sostanze organiche (proteine,

sebacea. Il muscolo piloerettore, durante la contrazione, provocando l’erezione del pelo, contribuisce alla fuoriuscita del sebo. La porzione del pelo

glucidi e acidi grassi esterificati) e ferormoni, sostanze volatili che in piccola quantità che costituiscono un richiamo sessuale. Particolari apocrine modificate

accolta entro il follicolo, radice, termina sul fondo del follicolo stesso, dove è presente un ingrossamento, bulbo pilifero, che avvolge a coppa una papilla

sono le ceruminose del condotto uditivo esterno e le mammarie. Sono in numero ridotto presenti nelle regioni ascellare, perianale, a livello dell’areola

dermica in cui vi sono capillari e fibre nervose. A livello del bulbo, le cellule epiteliali che rivestono la papilla (matrice) sono dotate di attività proliferativa e

mammaria e delle palpebre.

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ghiandole mammarie:

nelle femmine, alla pubertà, si sviluppano le mammelle, due rilievi nella parte anteriore

del torace costituiti da tessuto adiposo che ospita le ghiandole mammarie, sostenute dallo scheletro connettivale fibroso. Esternamente le mammelle si presentano come rilievi semisferici appoggiati sopra i muscoli grandi pettorali. La cute nella parte centrale presenta un’area circolare pigmentata e ricca di voluminose ghiandole sebacee (areola), dal cui centro sporge un rilievo, il capezzolo, che è la zona di

dei primi processi digestivi. La secrezione lattea può essere mantenuta per mesi o anni se l’allattamento persiste continuo, la stimolazione meccanica del capezzolo durante la suzione stimola la produzione e l’immissione in circolo di ossitocina, che induce la contrazione delle cellule muscolari lisce delle ghiandole e del capezzolo e favorisce la spremitura degli alveoli e dei seni galattofori.

unghie:

convergenza dei dotti escretori delle ghiandole mammarie, che si dilatano nei seni galattofori. La cute dell’areola e del capezzolo è provvista

lamine cornee presenti sulla superficie dorsale delle falangi distali delle dita. Hanno funzione di supporto rigido per il polpastrello, che riduce la

di cellule muscolari lisce la cui contrazione permette la spremitura dei seni galattofori e l’erezione del capezzolo. Nel maschio le mammelle

sensibilità per la perdita dell’unghia. La lamina costituente è uno strato corneo dell’epidermide dorsale della falange, con scaglie fitte stipate e

rimangono rudimentali e vi è solo l’areola e il capezzolo. Prima della pubertà le ghiandole rudimentali sono formate solo da dotti escretori con

ripiene di cheratina più dura dell’epidermica. La parte distale dell’unghia è libera, la parte prossimale (radice) e due margini laterali si insinuano

masserelle di cellule indifferenziate. Con la pubertà nella femmina si sviluppa il sistema dei dotti galattofori. Gli adenomeri compaiono durante

nel solco cutaneo dove la cute forma una piega, vallo ungueale, che ricopre la porzione dell’area chiara dal margine convesso, lunula,

la gravidanza sotto l’influenza degli estrogeni e delle gonadotropine placentari. La secrezione del latte inizia al termine della gravidanza e si

nascosta sotto il vallo. La superficie sottostante è il letto ungueale, il derma è sollevato in papille longitudinali, la cui ricca vascolarizzazione

mantiene fino a che il lattante è attaccato al seno, per stimolazione ormonale e meccanica. Nelle 24h successive al parto, il tasso ematico

è responsabile del colore roseo dell’unghia. Solo a livello della radice delle papille dermiche sono ridotte e vascolarizzate, lunula biancastra.

degli estrogeni e del progesterone si riduce aumentando la prolattina ipofisaria, con intensa attività secretoria delle ghiandole (montata

L’unghia è prodotta dall’epitelio della radice che costituisce la matrice (o strato onicogeno). L’accrescimento è continuo.

lattea). I primi giorni il latte prodotto (colostro) è ricco di proteine, vitamine ed enzimi per evacuazione dell’intestino del neonato e attivazione

bibliografia: da appunti dell’università degli studi di Genova di Medicina e Chirurgia

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chimica detersione e cosmetici

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chimica detersione e cosmetici

Pulire senza far danni La pulizia del corpo rappresenta un’efficace difesa contro le malattie: è indispensabile per eliminare quell’insieme di sostanze composto da secrezioni ghiandolari (sebo e sudore), cellule desquamate, polvere, smog e altre sostanze che rappresentano il cosiddetto “sporco”, terreno fertile per lo sviluppo di microrganismi patogeni e di parassiti. Ma in questo caso il troppo stroppia: un eccesso di lavaggi, e soprattutto l’uso di prodotti eccessivamente sgrassanti o non fisiologici, può alterare il naturale equilibrio della pelle portando a disidratazione, irritazioni, forfora, iperseborrea (produzione eccessiva di sebo), formazione di odori sgradevoli. Al contrario, una detersione fisiologica favorisce il naturale equilibrio della pelle e dei capelli, rendendo meno necessari prodotti come deodoranti, creme, balsami e trattamenti vari. Non potremmo lavarci con sola acqua? Purtroppo no; lo sporco è di natura essenzialmente grassa, e l’acqua da sola non basta a scioglierlo e quindi a rimuoverlo. Nei comuni detergenti industriali la funzione lavante è svolta dai tensioattivi, sostanze la cui struttura molecolare bipolare fa da “ponte” tra l’acqua e lo sporco; i tensioattivi permettono la formazione di un’emulsione tra acqua e sporco grasso che può essere poi rimossa con il risciacquo. Ai tensioattivi si deve anche la formazione di schiuma, che non è altro che un’emulsione di acqua e aria. I prodotti detergenti possono contenere una grande varietà di tensioattivi, diversi tra loro per potere detergente e grado di tollerabilità cutanea.

II sapone

II sapone si produce facendo reagire insieme acqua, grassi animali o vegetali (o una miscela dei due) e una sostanza fortemente basica che può essere soda caustica (idrossido di sodio) o potassa caustica (idrossido di potassio). Quello che ne risulta è un materiale più o meno solido, ceroso o perlaceo, di colore che può variare dal giallo pallido al bianco avorio fino a un verde grigiastro o anche a un colore marrone chiaro, anche a seconda del tipo di grassi usati. Il sapone più famoso è il sapone di Marsiglia: è un sapone sodico, di consistenza solida e di colore bianco avorio, oppure verde grigiastro se fatto con olio di oliva. Il sapone è dotato di un grande potere sgrassante, cosa che lo rende perfetto per le pulizie domestiche; ma non sempre adatto per la pulizia della pelle. In primo luogo il sapone puro è troppo sgrassante e rimuove con troppa energia non solo lo sporco ma anche il Mantello Acido Idrolipidico (MAI); in secondo luogo è basico, ovvero non rispetta l’acidità naturale della pelle.

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Se poi l’acqua che si usa per lavarsi è dura, ovvero ricca di calcare come succede per la maggior parte degli acquedotti italiani, il sapone tende a reagire con il calcare formando un deposito grigiastro opaco, insolubile e un po’ untuoso (i cosiddetti saponi calcarei), che si deposita sulla pelle e sui capelli. Molti dermatologi e medici consigliano di lavarsi con sapone di Marsiglia, sostenendo che il MAI e la naturale acidità cutanea si rigenerano nell’arco di poche decine di minuti. Non tutte le pelli però hanno la stessa capacità di rigenerare velocemente MAI e acidità; del resto molte persone sanno per esperienza diretta cosa si prova quando ci si lava, ad esempio il viso, con il sapone: la pelle “tira” e rimane molto secca, in alcuni casi addirittura si screpola, e diventa indispensabile mettere una crema. Il residuo di saponi calcarei è particolarmente fastidioso se si hanno i capelli lunghi, che risultano appesantiti e non veramente puliti; si può risolvere il problema facendo il penultimo risciacquo con una soluzione acida, ad esempio acqua e aceto o acqua e limone, che rimuove i depositi dai capelli e ripristina la naturale acidità della pelle. Il sapone di Marsiglia puro però ha un grande vantaggio: non contiene sostanze aggiunte come coloranti, conservanti, opacizzanti, addensanti, profumi sintetici e altre sostanze che, normalmente contenute negli altri prodotti detergenti, possono essere causa di problemi soprattutto per le pelli sensibili. Il sapone puro è anche un grande amico dell’ambiente, perché ha un bassissimo impatto ambientale sia in fase di produzione che di smaltimento; è in assoluto uno dei detergenti schiumogeni meno inquinanti. Volendo usare il sapone per l’igiene personale, si possono fare in casa delle saponette più delicate, adatte per lavare le mani e il corpo (mai il viso) usando come base del buon sapone di Marsiglia, privo di additivi, mescolato con sostanze che lo rendano meno sgrassante, più eudermico e più facilmente risciacquabile.

I tensioattivi sintetici

L’alternativa al sapone nell’industria cosmetica è rappresentata dai tensioattivi di sintesi. Si producono partendo da materie prime che possono essere vegetali, ad esempio olio di cocco, oppure derivati del petrolio. I tensioattivi di sintesi hanno il grande vantaggio, rispetto al sapone, di poter essere usati per formulare prodotti a pH acido; inoltre generalmente non sono sensibili al calcare e lavano bene anche con acque dure. Esistono moltissimi tensioattivi diversi, più o meno delicati o più o meno aggressivi. I più usati nei prodotti detergenti come shampoo, bagnoschiuma e dentifrici sono il sodio laurilsolfato (in inglese: Sodium Lauryl Sulfate o SLS) e il sodio lauriletere solfato (Sodium Laureth Sulfate o SLES).

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Si tratta di due tensioattivi molto sgrassanti (soprattutto l’SLS) e molto discussi, usatissimi perché decisamente economici, divenuti recentemente “famosi” grazie alle notizie fatte circolare su Internet a proposito della loro cancerogenicità. L’azione detergente di questi due tensioattivi e di molti altri è spesso troppo drastica: durante il lavaggio possono rimuovere non solo lo sporco ma anche il MAI, arrivando anche a sciogliere quella parte del MAI che cementa insieme le lamelle cornee. I lavaggi troppo drastici innescano spesso un circolo vizioso: su alcune parti del corpo provocano secchezza e screpolature rendendo indispensabile l’uso delle creme; su altre parti, come ad esempio il cuoio capelluto, lo sgrassaggio eccessivo provoca per reazione una iperproduzione di sebo (effetto rebound), portando al fenomeno dei capelli grassi e spingendo a lavaggi sempre più frequenti. Un prodotto detergente fisiologico va scelto, quindi, facendo attenzione in primo luogo al tipo di tensioattivi che contiene, anche perché le eventuali aggiunte di sostanze eudermiche o estratti vegetali, quasi sempre presenti in quantità molto piccole, non sono sufficienti a bilanciare gli effetti dei tensioattivi, presenti ovviamente in quantità molto più rilevanti. Molto dipende anche dalle proporzioni in cui i diversi tensioattivi sono presenti nei detergenti: si può cioè rendere meno aggressivo un prodotto contenente tensioattivi “forti” se si aggiungono quantità rilevanti di altri tensioattivi più delicati.

Lavarsi senza tensioattivi

Tra molti naturisti d’assalto prevale la tesi che ci si possa lavare usando esclusivamente l’acqua senza aggiungere alcun prodotto detergente: lo sporco può essere rimosso strofinandosi con un asciugamano di cotone bagnato e strizzato. Questo tipo di lavaggio ha anche l’effetto di rimuovere efficacemente cellule desquamate e di levigare la pelle. Funziona molto meglio se prima si unge leggermente la pelle bagnata con un po’ di olio extravergine di oliva: in questo modo si ottiene una pulizia “per affinità”, ovvero l’olio scioglie lo sporco grasso e il tutto viene poi assorbito e rimosso dall’asciugamano, che va ovviamente lavato dopo ogni utilizzo. Certo richiede un po di “olio di gomito” e un po’ più di tempo di quello necessario quando si usano prodotti detergenti... ma la natura è generosa, e offre soluzioni più pratiche anche a noi pigroni, e a chi non ha il tempo di farsi un lungo massaggio dalla testa ai piedi tutti i giorni. In natura esistono molte sostanze dotate di proprietà detergenti, efficaci nel rimuovere lo sporco ma capaci di pulire in modo fisiologico e non aggressivo. Ad esempio sono molte le farine di cereali ricche di sostanze emulsionanti, capaci cioè di far miscelare acqua e grassi. L’avena è conosciuta e usata con successo per le sue proprietà detergenti ed eudermiche, tanto che esistono linee di detergenti a base di farina d’avena, usati per la cura delle pelli delicate, sensibili, eczematose. La farina di grano saraceno è forse ancora più detergente di quella di avena; ma ci si può lavare benissimo anche con farine di legumi come i ceci, usati da secoli in India a questo scopo, oppure fagioli, piselli, lenticchie, soia.

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Lavarsi con le farine di cereali o di legumi non è affatto difficile: basta strofinarne un po’ sulla pelle bagnata e quindi sciacquare. L’unica controindicazione riguarda il risciacquo, perché in alcune zone del corpo i peli potrebbero trattenere qualche granello di farina; ma anche questo problema è risolvibile con semplici accorgimenti, come vedrete più avanti. La gamma dei detergenti naturali non finisce qui: ad esempio per lavare il viso si possono usare farine di semi oleosi come mandorle, sesamo o girasole, particolarmente delicate e restitutive perché ricche di grassi sebosimili; oppure si può sfruttare l’azione purificante e riequilibrante dello yogurt e del miele per fare un efficacissimo latte detergente.

Tensioattivi: i “buoni” e i “cattivi”

Quali sono i tensioattivi più delicati, e quali i più aggressivi? L’elenco dei tensioattivi che possono essere presenti nei prodotti detergenti è lunghissimo e in continuo aumento grazie alla ricerca cosmetologica, è quindi molto difficile fornire una lista completa di queste sostanze; ma possiamo indicare un elenco parziale di tensioattivi, scelti tra quelli più comunemente presenti nei detergenti in commercio, sia nei prodotti da “supermercato” che in quelli da “erboristeria” o da “profumeria”. In aggiunta alla definizione generica in italiano abbiamo indicato degli esempi in inglese, citando la definizione che compare in etichetta secondo le norme di legge. Tensioattivi aggressivi o mediamente aggressivi: alchilsolfati (ad esempio Sodium alkylsulfate), sodio laurilsolfato (Sodium laurilsulfate), sodio lauriletere solfato (Sodium laureth sulfate). Tensioattivi delicati o mediamente delicati: betaine (ad esempio Cocoamidopropyl betaine), coccopolipeptidi di soia, sarcosinati (ad esempio Sodium lauryl sarcosinate), coccoanfoacetati (ad esempio Sodium cocoamphoacetate), coccotartrati (ad esempio Cocopolyglucose tartrate), sulfosuccinati (ad esempio Disodium laureth sulfosuccinate), composti di proteine idrolizzate (ad esempio Sodium cocoyl hydrolized wheat protein). )

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Se sei acida ti difendi meglio La pelle è leggermente acida, con un pH (grado di acidità) pari in media a 5,5. L’acidità della pelle ha diverse funzioni: mantiene la durezza della cheratina; inibisce la crescita di funghi e di batteri patogeni; contrasta i processi di ossidazione. In alcune parti del corpo, come le zone intime, l’acidità è ancora maggiore, per garantire una protezione migliore dalle infezioni. La microflora cutanea, composta da tanti microrganismi diversi (funghi, batteri, lieviti...), ha una funzione di mediazione tra l’organismo e il mondo esterno; ad esempio, quando si mette una crema, questa viene “digerita” ed elaborata dalla microflora prima di penetrare. È quindi molto importante rispettare l’equilibrio naturale dei microrganismi, e l’acidità è un fattore fondamentale per conservare questo equilibrio. In linea di massima i prodotti cosmetici dovrebbero avere un pH isoepidermico, ovvero simile a quello della pelle, cioè acido (il valore medio è intorno a 5,5); un prodotto a pH neutro, cioè uguale a 7, è già troppo basico o meglio non abbastanza acido.

Teli e asciugamani: un fattore importante Per asciugare bene la pelle e i capelli bisogna usare asciugamani che asciugano. Sembra un’ovvietà, ma non lo è poi tanto. Il problema sono gli ammorbidenti: usati in aggiunta al detersivo per rendere più morbida la biancheria, contengono un particolare tipo di tensioattivi (i tensioattivi cationici) che si depositano sulle fibre avvolgendole in un velo lubrificante che resiste al risciacquo. Questa “patinatura” ha diversi effetti: allunga i tempi di asciugatura del bucato, cosa che potrebbe favorire lo sviluppo di muffe e funghi; limita le normali proprietà igroscopiche del cotone, rendendolo molto meno assorbente; rende gli indumenti meno traspiranti e più simili a tessuti sintetici, facilitando una più rapida formazione degli odori corporei; inoltre gli asciugamani trattati con l’ammorbidente “attirano” più facilmente lo sporco e la polvere dall’ambiente. In pratica un asciugamano trattato con l’ammorbidente non è realmente “pulito” se per pulizia si intende l’assenza di depositi sul tessuto. Un asciugamano realmente pulito invece assorbe rapidamente l’acqua dalla pelle e dai capelli, e insieme all’acqua “cattura” anche gli ultimi residui di sporco, di detergente e di cellule desquamate che possono essere rimasti sulla pelle dopo il lavaggio. Asciugarsi bene con l’asciugamano è importante; se la pelle rimane umida e termina di asciugarsi all’aria può tendere alla secchezza e all’arrossamento; mentre per quanto riguarda i capelli una buona asciugatura iniziale riduce il tempo di utilizzo dell’asciugacapelli, a tutto vantaggio della bellezza e della forza dei capelli. Per rendere più morbida la

battery acid 1.0

ACID

0

0.0 Hydrochloric Acid

1

Coke 2.6

tomatoes 4.5 Dr. Listerine Pepper 5.45 3.6

2

3

2.0 lemon juice

3.0 apples

4

5

6

5.8 4.3 5.0 7-Up pickle Pepto juice Bismol

root human baking beer blood soda 8.3 6.6 7.4

7 6.8 7.44 skim Dawn milk dish soap

8

milk of magnesia 10.5

9

10 9.7 detergent in water

11 11.0 ammonia

Sodium Hydroxide 14.0

Liquid Plumer 12.0

12

13

14

BASE

13.0 lye

S N IA SO N R O P AM M A

7.0 distilled water

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biancheria, senza usare gli ammorbidenti, si può agire in due modi: usare un buon detersivo ecologico a base di sapone, che lascia le fibre naturalmente morbide; e aggiungere un bicchiere di aceto bianco nel penultimo risciacquo.

Cosa c’è nei prodotti cosmetici

La composizione della maggior parte dei cosmetici comunemente in commercio risponde a esigenze precise di ordine tecnico, economico, commerciale e di immagine. Uno degli obiettivi fondamentali è quello di fornire un prodotto di facile uso, di aspetto e odore gradevole, stabile nel tempo (per quanto riguarda ad esempio il colore e la consistenza), conservabile a lungo. Per ottenere questi risultati si utilizzano molti ingredienti di varia origine, sintetici e non. Ad esempio è essenziale usare sostanze con un forte potere conservante, visto che i cosmetici contengono acqua e sono formulati prevedendo una durata (o “shelf life”) di circa tre anni. Molti sono gli ingredienti usati per migliorare l’aspetto e la consistenza del prodotto oppure la capacità di produrre schiuma, tutte cose che non hanno niente a che fare con l’efficacia o la sicurezza; quasi tutti i cosmetici contengono profumi sintetici, aggiunti non solo per ottenere un prodotto che profumi la pelle o i capelli, ma anche per coprire l’odore degli altri ingredienti. Per quanto possa

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apparire poco importante, per non dire frivola, la cura del proprio aspetto può avere ripercussioni non indifferenti sulla salute e sul benessere. Primum non nuocere (per prima cosa non nuocere): anche una crema o uno shampoo dovrebbero rispettare questa regola fondamentale. Di seguito abbiamo elencato alcune sostanze o gruppi di sostanze che possono destare qualche preoccupazione, comunemente presenti in molti prodotti per la cura e la pulizia della pelle tra cui shampoo, bagnoschiuma, creme per le mani o per il viso. Per ciascun ingrediente abbiamo riportato anche la definizione che può comparire in etichetta, e un breve commento sui possibili effetti “indesiderabili”. Si tratta di un elenco assolutamente parziale, visto che le sostanze che possono essere usate come ingrediente cosmetico sono moltissime, e possono avere gli effetti più disparati; ma può essere utile per iniziare a leggere le etichette con qualche informazione in più.

Ingredienti “a rischio” nei prodotti convenzionali Butil idrossi toluolo (Butylhydroxytoluol, solitamente abbreviatoin BHT). Usato come conservante antiossidante anche negli alimenti, è considerato potenzialmente allergogeno (cioè capace di provocare allergie). Glicerina (Glycerin). Sostanza fortemente igroscopica cioè capace di assorbire e trattenere acqua, si usa come “umettante”, cioè serve a trattenere umidità. Il problema è che una crema alla glicerina, pur mantenendo apparentemente umida la pelle in superficie, può al contrario sottrarle umidità, soprattutto se l’aria è secca. Glicole polietilenico (Polyethilene Glicol, solitamente abbreviato in PEG). Il PEG e i suoi derivati (ad esempio PEG-2 Stearate, PEG-7 Gliceryl Cocoate, PEG-8 Beeswax e così via) sono usati come emulsionanti, cioè servono a mescolare insieme acqua e grassi. Rendono la pelle più penetrabile da parte di sostanze nocive che potrebbero essere presenti nello stesso prodotto, ad esempio alcuni conservanti o le sostanze derivate dalla loro decomposizione all’interno del prodotto. Alcuni derivati del PEG che presentano gli stessi problemi compaiono in etichetta come una parola con desinenza -eth seguita da un numero (ad esempio Cetheareth-6, Ceteth-12, Oleth-12, Steareth-2 e così via). Glicole propilenico (Propylene Glicol). Solvente, tensioattivo e umettante derivato dal petrolio. Si usa come antigelo per motori e per molti altri usi industriali. Nei cosmetici ha diverse funzioni, tra cui quella di solvente usato per estrarre principi attivi dalle piante. Capace di danneggiare le membrane cellulari, può causare diversi problemi cutanei come irritazione o secchezza, anche a dosaggi non elevati. Negli Stati Uniti, il Material Safety Data Sheet, il documento che contiene le norme di sicurezza ufficiali per l’uso delle diverse sostanze, avverte: «avoid contact with skin» (evitare il contatto con la pelle). Grassi minerali (Mineral Oil, Paraffinum Liquidum, Petrolatum, Vaseline). Derivati dal petrolio, si usano soprattutto nelle creme come filmogeni antidisidratanti. Un classico olio per bambini è composto di solo olio minerale addizionato con profumi di sintesi. Tendono ad

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essere occlusivi, cioè impediscono la traspirazione, e disgregano il MAI. Molto diffusi perché economici, stabili e convenienti dal punto di vista tecnico, sono considerati da molti del tutto inadatti al trattamento della pelle; per citare un famoso cosmetologo, «i lucidi da scarpe sono a base di vaseline, ma la pelle non è la tomaia di una scarpa né un motore da lubrificare». Imidazolidinilurea (Imidazolidinylurea). Conservante, può decomporsi liberando formaldeide, sostanza nociva e cancerogena. È solo uno dei molti conservanti presenti nei cosmetici in grado di liberare formaldeide. Mono-, Di- e Tri-etanolamina (solitamente abbreviati in MEA, DEA e TEA) e loro composti (ad esempio Cocoamide MEA, Lauramide DEA e così via). Presenti soprattutto nei detergenti schiumogeni, possono reagire con le altre sostanze presenti nel prodotto portando alla formazione di nitrosammine, sostanze cancerogene che possono penetrare attraverso la pelle. Profumi (Parfum). Questa definizione generalmente indica i profumi sintetici, un gruppo di sostanze vastissimo; più raramente sta a indicare miscele di essenze naturali o loro derivati non meglio classificati. In un singolo prodotto la voce Parfum può indicare un insieme di molte decine o anche centinaia di sostanze diverse. Alcuni profumi sintetici possono penetrare attraverso la pelle e accumularsi nei tessuti; ad esempio recentemente in Germania è stato ritirato dal commercio un profumo diffusissimo, il muschio ambretta, dopo che ne era stata provata la tossicità per il sistema nervoso. Poco si sa degli effetti a lungo termine di molti altri profumi largamente utilizzati nei cosmetici. Sodio laurilsolfato (Sodium Lauryl Sulfate). Tensioattivo molto sgrassante, presente in moltissimi detergenti, viene usato anche per pulire motori e officine meccaniche e come sverniciante. Può essere irritante per la pelle e per gli occhi; rende la pelle più penetrabile da parte di sostanze nocive che potrebbero essere presenti nello stesso prodotto, ad esempio alcuni conservanti o le sostanze derivate dalla loro decomposizione all’interno del prodotto. Può ritardare la cicatrizzazione delle lesioni della cornea, e può danneggiarla, a seconda della concentrazione e del tempo di contatto, soprattutto nei bambini. È accusato di favorire la caduta dei capelli e altre alterazioni del cuoio capelluto (iperseborrea, forfora, eczema). Sodio lauriletere solfato (Sodium Laureth Sulfate). Tensioattivo molto sgrassante (anche se meno del Sodio laurilsolfato), presente in moltissimi detergenti. Durante la sua produzione si forma diossano, una sostanza cancerogena difficile da eliminare dal prodotto finale, e che può contaminarlo in traccia. Alcune ricerche proverebbero che lo SLES può reagire con altre sostanze comunemente presenti nei cosmetici, portando alla formazione di nitrosammine, sostanze cancerogene che possono penetrare attraverso la pelle. Triclosan (Triclosan). Battericida usato in molti prodotti tra cui dentifrici, colluttori, deodoranti, detergenti, creme. È sospettato di essere cancerogeno, e ha un notevole grado di tossicità. Secondo alcune ricerche un uso sistematico di questa sostanza può favorire lo sviluppo di colonie di microrganismi potenzialmente patogeni, sopprimendo invece la microflora benefica. La stessa accusa è stata rivolta ad altri battericidi come la clorexidina (Chlorexidine). La pericolosità di queste sostanze è maggiore in caso di contatto con le mucose, come avviene all’interno della bocca.

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Le sostanze funzionali

di olivo, potrebbe trattarsi di olio d’oliva, di un gemmoderivato di olivo, di una tintura madre e così via. I coloranti sono indicati con la sigla C.I. (sta per Colour Index) seguita da un numero: ad esempio CI 47.005.

I cosmetici contengono sostanze di origine vegetale e non, il cui scopo è rendere la pelle più liscia e morbida (gli emollienti), combattere gli inestetismi cutanei, come ad esempio le rughe, contrastare problemi come i capelli grassi o fragili e così via. L’efficacia di queste sostanze dipende però dalla quantità effettivamente contenuta nel prodotto. Ad esempio, in uno shampoo un dosaggio troppo basso di estratti vegetali comemalva, ortica o calendula, non è in grado di bilanciare gli effetti dei tensioattivi, presenti in quantità molto maggiore e da cui dipende in realtà l’azione più o meno delicata del prodotto; basta però una quantità anche piccolissima di estratto vegetale, ad esempio di ortica, per far comparire sul prodotto la dicitura “shampoo all’ortica”. Lo stesso vale per le creme; ad esempio il miele, dotato di proprietà emollienti e idratanti, per avere un qualche effetto dovrebbe essere presente a un dosaggio non inferiore al 10%; la dose solitamente presente in molte creme (meno dell’1%) non ha alcuna funzionalità cosmetica.

Miti e leggende in cosmesi

Cosa c’è (e cosa non c’è) sulle etichette La composizione dei cosmetici deve essere riportata in etichetta secondo le norme INO (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) fissate dalla Comunità Europea. Le sostanze contenute sono elencate sotto la voce Ingredients; se presenti in quantità superiore all’1% sono riportate all’inizio dell’elenco, in ordine decrescente di concentrazione (dalla più abbondante alla meno abbondante); seguono poi in ordine sparso le sostanze contenute in una quantità inferiore all’1%. Non c’è una distinzione tra i due gruppi di sostanze, cioè non si può sapere dove finisce l’elenco delle sostanze “ordinate” e dove comincia quello delle sostanze “sparse”. La maggior parte degli ingredienti sono riportati in inglese; alcuni ingredienti invece compaiono in latino, ad esempio l’acqua (Aqua) o il miele (Mel). Le sostanze ricavate dalle piante compaiono solo con il nome scientifico della pianta: se ad esempio troviamo l’Olea europea, che è il nome scientifico della pianta

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Un altro problema, poi, è quello della reale efficacia di sostanze proposte come antirughe, rassodanti e così via. Nel corso degli anni abbiamo assistito alla comparsa sul mercato di prodotti “rivoluzionari”, i principi attivi dei quali avrebbero effetti miracolosi sulla pelle e sui capelli. Di seguito citiamo alcuni esempi famosi di “bufale” cosmetiche, ovvero di sostanze di cui non è mai stata dimostrata l’efficacia o di cui è stata dimostrata l’inefficacia, almeno nella forma in cui sono state proposte nei comuni prodotti cosmetici. Collagene. È una proteina presente negli strati profondi della pelle, indispensabile per garantire il turgore e il tono cutaneo. Viene prodotta naturalmente dall’organismo; la sua produzione è stimolata da una dieta ricca di vitamina C. Il collagene presente nelle creme non ha alcuna possibilità di superare la barriera cutanea; in realtà forma solo una pellicola superficiale che può limitare la perdita di umidità. Alcuni cosmetologi ne sconsigliano l’uso nelle creme, in quanto potrebbe avere un effetto occlusivo, ostacolando la traspirazione e la normale funzionalità cutanea; al contrario, il potere filmogeno del collagene può essere molto utile per rendere meno aggressivi i detergenti e come componente dei balsami per capelli. Elastina. Come il collagene, è una proteina presente negli strati profondi della pelle, indispensabile per garantire l’elasticità cutanea. Viene prodotta naturalmente dall’organismo; la sua produzione è stimolata da una dieta ricca di vitamina C. Anche l’elastina non penetra attraverso la pelle e ha solo un effetto filmogeno. Acido ialuronico. Insieme al collagene e all’elastina, è sintetizzato da particolari cellule dette fibroblasti. È capace di trattenere molta acqua e di dare turgore alla pelle. Quello presente nelle creme non può penetrare attraverso la pelle, e non è quindi in grado di integrare la quantità di acido ialuronico naturale della cute. Può servire a mantenere un certo grado di umidità superficiale, ma essendo igroscopico (come la glicerina) funziona meglio quando l’aria è sufficientemente umida, altrimenti rischia di sottrarre umidità alla pelle. Vitamina B5 (acido pantotenico) e sua provitamina (pantenolo). Indispensabile per la salute della pelle, regola anche la crescita dei capelli. Si trova in molti alimenti (lievito, frumento, uova, semi oleosi, legumi e così via). Per uso esterno ha un certo effetto lenitivo, ma non influisce affatto sulla crescita e sulla robustezza dei capelli; è inutile quindi aggiungerla a questo scopo in shampoo e lozioni. Vitamina C (acido ascorbico). Preziosissimo antiossidante, indispensabile per mantenere l’organismo in buona salute, stimola la sintesi di collagene e di elastina. Dev’essere assunta quotidianamente con un’alimentazione ricca di frutta e verdura. La vitamina C aggiunta alle creme, essendo idrosolubile, viene assorbita dalla pelle in quantità minima o nulla, e si altera velocemente a contatto con l’aria; non

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è in grado di raggiungere gli strati più profondi della pelle, dove si trovano i fibroblasti. Ancora più inutile quella aggiunta agli shampoo, perché il tempo di contatto con la cute è minimo. Il discorso cambia se al posto dell’acido ascorbico si usano dei suoi composti: ad esempio l’ascorbil palmitato (sostanza ad azione antiossidante), che è molto più stabile ed è liposolubile, cosa che lo rende più facilmente assorbibile dalla pelle.

(

Cosmesi senza violenza Molti prodotti cosmetici dichiarano in etichetta “non sperimentato su animali”; questo esclude la sperimentazione del prodotto sugli animali, ma non dei suoi singoli ingredienti. Secondo la normativa europea è obbligatorio, dal 1976, sperimentare sugli animali tutti i nuovi ingredienti dei prodotti cosmetici. I test utilizzati per saggiare la sicurezza e l’innocuità dei cosmetici e degli ingredienti cosmetici provocano agli animali enormi sofferenze, e sono in molti a sostenere che tali test possono essere inaffidabili e a volte del tutto inutili. Esistono numerosi metodi sostitutivi per testare le sostanze, senza fare uso di animali; ad esempio esiste un test “in vitro” in cui si fa uso di liquido lacrimale umano per quantificare l’irritazione oculare. Il tema della sperimentazione sugli animali è oggetto di un’accesa discussione tra i parlamentari europei. Esiste una recente normativa che vieta l’uso degli animali per sperimentare i cosmetici, ma l’applicazione di tale normativa è stata rimandata più volte, in quanto i metodi sostitutivi per la sperimentazione non sono ancora stati codificati e resi ufficialmente validi. Uno degli scogli da superare è il costo necessario per la messa a punto e l’applicazione dei test sostitutivi, costo che dovrebbe essere sostenuto dalle aziende produttrici. Cosa possiamo fare per scegliere in modo più cosciente e informato? Quando, nel 1976, fu emessa la normativa che obbligava a sperimentare sugli animali le nuove sostanze, fu anche stillata una lista degli ingredienti già sperimentati. Gli ingredienti contenuti in questa lista, la “Positive List”, erano considerati sicuri e utilizzabili nei prodotti cosmetici senza obbligo di ulteriore sperimentazione; scegliendo prodotti cosmetici che contengono solo ingredienti della Positive List del 1976 si è ragionevolmente sicuri di fare un acquisto che tuteli gli animali. È possibile procurarsi la Positive List ordinandola presso associazioni ambientaliste e animaliste; si trova Internet. La scelta animalista più radicale naturalmente però consiste nel farsi i cosmetici da soli, usando materie prime semplici e innocue, e “sperimentandoli” su se stessi o su qualche amico volenteroso.

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I cosmetici “naturali”

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Oltre ai cosmetici “convenzionali”, in commercio esistono moltissime linee di cosmetici “naturali” o presunti tali, con enormi differenze tra una marca e l’altra. In primo luogo, non è sufficiente acquistare un prodotto in erboristeria o in un negozio di prodotti biologici per avere la garanzia che si tratti di qualcosa di realmente più vicino alle esigenze della salute e dell’ambiente; esistono infatti linee di cosmetici che utilizzano materie prime convenzionali associate a estratti di piante, mettendo in risalto sul prodotto la presenza di questi ultimi. Intendiamoci, i prodotti veramente buoni ci sono, ma bisogna saper distinguere leggendo le etichette, o facendosi consigliare da qualcuno che se ne intenda davvero. In Italia esistono anche catene di negozi specializzati in cosmetici più vicini alle esigenze della salute e dell’ambiente, ma non sempre i prodotti proposti sono omogenei per quanto riguarda la composizione: accanto a interessantissime soluzioni effettivamente ricche di ingredienti naturali, compaiono prodotti e ingredienti più vicini al mondo della cosmesi “chimica”. II problema è sempre lo stesso: la grande distribuzione ha le sue esigenze tecniche e commerciali. Qualcosa di meglio accade nel campo della cosmesi artigianale o semi-artigianale, spesso più all’avanguardia nella scelta di soluzioni effettivamente naturali. Ad esempio, il problema della conservazione è risolvibile, anche se a costi molto più elevati rispetto all’uso dei conservanti convenzionali, con sostanze come l’estratto di semi di pompelmo, potente battericida che ha un livello di tossicità per l’uomo molto basso; sono anche interessanti alcuni prodotti a base di estratti di canapa, pianta preziosa per la cura della pelle; esistono poi piccole aziende biologiche che coltivano piante officinali o allevano api, e utilizzano direttamente i propri prodotti per preparare cosmetici. Occhio quindi alle fiere e ai mercatini del biologico e del naturale, frequentandoli potreste scoprire piccole meraviglie; fate però sempre attenzione alle etichette, altrimenti potreste scoprire che la crema “naturale” che avete appena acquistato a caro prezzo è identica alla più convenzionale delle creme. La scelta di farli in casa Farsi i cosmetici in casa non significa solo risparmiare e divertirsi in modo creativo, significa anche avere prodotti cosmetici ricchi di sostanze attive. L’uso di ingredienti alimentari freschi garantisce un elevato contenuto di principi attivi, come ad esempio la vitamina E dei semi oleosi o del germe di grano, lo squalene dell’olio extravergine di oliva, gli acidi della frutta e così via. La preparazione domestica, poi, risolve il problema dei conservanti: una conservazione di qualche settimana o di qualche mese è sufficiente ad “ammortizzare” il breve tempo necessario per farsi i cosmetici, e non dovendo fare prodotti destinati a rimanere sugli scaffali dei negozi per anni, possiamo permetterci di usare conservanti più blandi ma anche molto più innocui, come gli oli essenziali naturali. È importante però fare molta attenzione nella scelta delle materie prime, non dimenticando che la pelle è un organo vivente che va curato e “nutrito” con la stessa attenzione che si dedica all’alimentazione. Le virtù cosmetiche degli alimenti sono moltissime;

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Realizzazioni cosmetiche

Quanto costa? Per darvi un’idea di quanto possano venire a costare i nostri cosmetici naturali, abbiamo preparato un raffronto fra il costo di una crema fatta in casa con ingredienti naturali e quello di una crema per il viso convenzionale. Per la crema fatta in casa abbiamo scelto gli ingredienti più costosi. Tenete presente che la crema fatta in casa, a parità di quantità, ha una resa pari a circa quattro volte quella della crema convenzionale; inoltre il contenuto di sostanze attive della crema fatta in casa (grassi e cere sebosimili, vitamine E ed F, sostanze protettive, riequilibranti e stimolanti) è pari a circa l’80% del peso complessivo.

Grazie al professor Paolo Bucalà, insegnante di Chimica Igiene e Cosmetologia, abbiamo avuto la possibilità di realizzare dei prodotti cosmetici per il viso; in base ad alcune ricette proposte ho scelto di realizzare un gel nutriente alla frutta, e un tonico astringente alla lavanda. E’ stata un’esperienza istruttiva e divertente, perchè ci ha permesso di mettere in pratica le basi cosmetologiche studiate a scuola, di testare i prodotti (senza alcun danno), e controllare il giusto apporto acido (ph 5.5) con la cartina tornasole.

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bibliografia: COSMESI, NATURALE, PRATICA Come fare in casa prodotti di bellezza con ingredienti facili, sani, efficaci e gustosi FRANCESCA MAROTTA

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contabilità la retribuzione

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contabilità la retribuzione

La Retribuzione

E’ un compenso che riceve il lavoratore in cambio delle prestazioni fornite. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro.

Elementi Accessori: • Premio produzione: forma di incentivazione concessa a livello aziendale per compensare l’apporto dei lavoratori all’aumento della produzione.

La retribuzione può essere: • Superminimi: aumenti della retribuzione concessi individualmente ai singoli lavoratori. • A TEMPO: il compenso del lavoratore viene rapportato alla durata della prestazione lavorativa; • A COTTIMO: il compenso viene rapportato alla produzione realizzata. - cottimo puro: il lavoratore viene retribuito con una somma fissa per ogni unità di prodotto ottenuta; - cottimo misto: la retribuzione è formata da una parte fissa (paga base) e da una parte variabile (collegata agli incrementi di produttività); - cottimo di gruppo: la retribuzione viene rapportata alla prestazione fornita dal gruppo al quale il lavoratore appartiene. • A PROVVIGIONE: calcolata applicando delle percentuali sugli affari conclusi dal lavoratore. Sono retribuiti a provvigione: - lavoratori autonomi: agenti e rappresentanti di commercio; - lavoratori dipendenti: commessi viaggiatori e piazzisti.

• Indennità: corrisposte a titolo di compenso per il lavoro prestato in condizioni di maggiore rischio o disagio oppure a titolo di rimborso spese. - indennità per lavorazioni nocive; - indennità di cassa; - indennità di funzione (reperibilità…); - indennità di trasferta. • Lavoro straordinario: viene erogato ai lavoratori che prestano servizio oltre il normale orario delle 40 ore settimanali. Le ore di straordinario vengono pagate con una maggiorazione rispetto alle ore di lavoro ordinario. È possibile anche accantonare le ore di straordinario in una banca ore, che possono essere poi recuperate dal lavoratore.

Gli elementi della retribuzione possono essere fissi od accessori. Ogni lavoratore ha diritto ad una riposo giornaliero di 11 ore consecutive; ed ogni settimana deve fruire di un riposo settimanale di 1 giorno.

ELEMENTI FISSI: • Minimo tabellare: è la paga base. Viene determinato dalla contrattazione collettiva (CCNL). • Scatti di anzianità: aumenti della retribuzione rapportati al numero degli anni di servizio. • Indennità di Contingenza: dal 1992 fa parte del minimo tabellare. Serve per compensare, mediante incrementi periodici semestrali commisurati all’aumento del costo della vita, la perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni causata dall’inflazione.

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Ferie Ogni dipendente ha diritto, per ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie retribuito. Tale periodo è di 28 giorni lavorativi (26 per i nuovi assunti nei primi tre anni di servizio). Ogni dipendente ha diritto inoltre a quattro giornate di riposo da fruire nell’ anno solare (festività abolite). Nell’ anno di assunzione, o di cessazione, la durate delle ferie viene determinata in proporzione dei dodicesimi di servizio prestato. LE FERIE COSTITUISCONO UN DIRITTO IRRINUNCIABILE E LA MANCATA FRUIZIONE NON DA LUOGO ALLA CORRESPONSIONE DI COMPENSI SOSTITUTIVI, salvo il caso di cessazione dal rapporto di lavoro con mancata fruizione, per esigenze di servizio, delle ferie; in tal caso si provvederà al pagamento sostitutivo delle stesse.

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Dermatite da contatto La pelle è un rivestimento che protegge e isola il corpo umano dall’ambiente esterno, svolgendo un vero e proprio effetto barriera Possiamo infatti immaginarci le cellule dell’epidermide come dei mattoni tenuti insieme dai lipidi intracellulari, che rappresentano una sorta di cemento. Al di sopra si trova uno strato composto da lamelle cornee assimilabili a delle tegole e, ancora al di sopra, come ultima protezione, il fattore idratante naturale. Una pelle ben idratata, con lo strato corneo compatto e la barriera intercellulare in buono stato, è poco permeabile al passaggio di sostanze estranee e si difende efficacemente dalle aggressioni esogene. Viceversa, quando la funzione barriera è indebolita, la cute reagisce più violentemente agli agenti esterni e molecole estranee possono raggiungere gli strati più profondi determinando risposte infiammatorie o immuni ( = allergiche ). La dermatite irritativa da contatto (detersivi, ecc.) altro non è infatti che l’infiammazione di un’area cutanea causata direttamente dalla capacità irritante di una data sostanza. Mentre la dermatite allergica da contatto (profumi, ecc.) rappresenta la risposta infiammatoria provocata dall’attivazione di cellule del sistema immunitario e dei loro meccanismi pro-infiammatori. Spesso i due meccanismi sono concomitanti e, come per altre cause esogene (sole, sostanze urticanti, ecc.), la cute risulta arrossata, leggermente edematosa, con vescicole e/o pomfi pruriginosi e quindi molto lontana dal suo ideale stato di benessere.

Cause Le sostanze che possono determinare l’insorgenza della dermatite da contatto sono numerosissime. Per fare qualche esempio: il nichel, contenuto in gioielli, monete, chiavi, accessori per l’abbigliamento; il cobalto, presente in vernici, tinture, colle, cosmetici, materie plastiche, prodotti tessili e inchiostro; il balsamo del Perù, contenuto in cosmetici, profumi, farmaci topici; la formaldeide, impiegata nella fase finale della lavorazione di alcuni tessuti. La sede iniziale della comparsa delle manifestazioni cutanee può comunque aiutare a risalire alla causa che ha scatenato la dermatite.

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Se inizialmente le lesioni compaiono sul cuoio capelluto, la causa andrà ricercata nello shampoo, nella tintura oppure in altri trattamenti per capelli; per le localizzazioni a livello del volto o dei padiglioni auricolari si può pensare a qualche sostanza contenuta nei cosmetici, nel profumo, negli orecchini oppure in alcuni farmaci topici; se le aree interessate sono le ascelle, l’agente nocivo potrebbe essere un componente del deodorante, del profumo o di un prodotto depilatorio. Le parti del corpo che sono interessate con più frequenza dalla dermatite da contatto sono le mani perché entrano in contatto continuo con le sostanze più diverse, a cominciare da quelle contenute nei comuni detersivi domestici. La dermatite allergica da contatto rappresenta anche una frequente malattia professionale che può colpire diverse categorie (per esempio parrucchieri, artigiani, pittori, odontotecnici). Sostanze contenute nei cosmetici coinvolte nella dermatite allergica da contatto. Le sostanze più spesso coinvolte nelle allergie da cosmetici sono le essenze profumate, i conservanti, la parafenilendiamina (PPD) impiegata nelle tinture permanenti dei capelli, gli alcoli della lanolina, il gliceril-tioglicolato ed il nickel presente come contaminante dei processi di lavorazione dei cosmetici.

Le essenze profumate Nei cosmetici e nei prodotti per la pelle sono impiegate più di 5000 diverse essenze profumate. I test specifici (patch-test) riescono ad individuare dal 70 all’80% delle allergie alle essenze profumate. Oggi, si sta imponendo sempre di più il Lyral come fragranza allergizzante. Per indicare che ad un prodotto non sono state aggiunte fragranze esso deve riportare la dicitura “senza profumazione” o “fragrance-free” o “without perfume”.

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I conservanti

Ai cosmetici che contengono acqua devono essere addizionati conservanti per evitare lo sviluppo di batteri e di muffe. Alcuni esempi di conservanti per cosmetici sono i seguenti:

· I parabeni: sono i conservanti più usati nei cosmetici; · La formaldeide: è un importante agente sensibilizzante ed è rilasciato da alcuni insetticidi e pesticidi; si trova soprattutto negli shampoo.

· Kathon CG™: anti microbico idrosolubile ad ampio spettro d’azione. Viene utilizzato da più di 25 anni ed attualmente viene sempre meno impiegato dalla maggioranza delle principali case produttrici di dermo-cosmetici per evitare ulteriori fenomeni di sensibilizzazione.

· Quaternium-15 (Dowcill 200) è un conservante che rilascia formaldeide presente in molti cosmetici come il make-up per gli occhi, fondotinta, shampoo, lozioni idratanti, protettori solari, polveri aspersorie per il corpo e detergenti cutanei.

· Euxyl: agente antinfettivo ad ampio spettro di azione costituito da Diazolidinyl Urea, Sodio Benzoato e Potassio Sorbato. Parafenilendiamina La parafenilendiamina (PFD) è il colorante più importante usato per le colorazioni permanenti (ossidazione) dei capelli ed è il terzo ingrediente più comune dopo le essenze profumate ed i conservanti in grado di causare dermatiti da contatto nell’ambito dei cosmetici. Le colorazioni permanenti dei capelli sono quelle più sensibilizzanti tra tutti i tipi di colorazione. Nella maggior parte dei casi la reazione al colorante è rappresentata soltanto da prurito ed arrossamento del cuoio capelluto. Nei casi più gravi la colorazione può scatenare un importante eczema e dolore. La distribuzione della cute colpita dalla reazione può variare e può non corrispondere esattamente all’area in cui il colorante è stato applicato. Nei casi ancora più gravi si può avere edema della zona periorbitaria, desquamazione della pelle a livello delle orecchie, del volto e del collo fino ad estendersi a tutto il corpo.

PFD è stata bandita in quanto è considerata troppo a rischio di sensibilizzazione. La regolamentazione della Comunità Europea, comunque, consente, una concentrazione della PFD non superiore al 6%. Nei parrucchieri la regione più colpita è la mano ma, possono essere colpite anche altre zone esposte, come le braccia ed il volto. Un danno del cuoio capelluto anche da altre cause può rendere la cute di questa zona più sensibile del normale al colorante ed alle altre sostanze chimiche. Esistono, inoltre, delle sostanze che hanno una struttura chimica simile alla PFD e dovrebbero essere utilizzate con cautela dalle persone sensibili a tale sostanza. Esse sono:

· La benzocaina (presente in alcune preparazioni anti-emorroidarie) e la procaina: anestetici locali. · Coloranti Azotati: impiegati per colorazioni temporanee e semi-permanenti dei capelli e per gli inchiostri. · Colorazioni dei tessuti – soprattutto abiti scuri ed abiti di fibre sintetiche come il poliestere ed il nylon. · Acido Para-aminobenzoico (PABA) – presente in alcuni protettori solari. Alcoli della lanolina Rappresentano il quarto agente per frequenza di sensibilizzazione tra i prodotti cosmetici. L’incidenza di nuove sensibilizzazioni a tali sostanze sembra in riduzione a causa del sempre minore uso che se ne fa poiché il potere allergizzante è conosciuto da molto tempo. E’ un materiale naturale ottenuto dal sebo della pecora recuperato dalla lana non lavorata. Vengono utilizzati nei cosmetici in quanto hanno proprietà emollienti, idranti ed emulsionanti. I cosmetici contenenti lanolina includono:

· Idranti, creme per le mani, creme protettive. · Schermi solari. · Lucidalabbra. · Struccanti, Make-up per gli occhi. · Fondotinta · Oli per bambini e lozioni per pannolini. · Spray per capelli

La sensibilizzazione ai colorante per capelli può svilupparsi gradualmente con la ripetuta esposizione. In alcuni paesi europei, la

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Gliceril-tioglicolato Un altro possibile agente sensibilizzante è il gliceril-tioglicolato, usato nelle soluzioni per permanenti. Il gliceril-tioglicolato può causare gravi dermatiti ai parrucchieri sensibilizzati. È stato stimato che circa il 31% dei casi di dermatite nei parrucchieri è causato dal gliceril tioglicolato, ed in Germania, da quando l’uso di tale prodotto è stato vietato, si è registrata una ridotta frequenza dei casi di sensibilizzazione.

La Propoli La propoli è un prodotto che le api ottengono attraverso la elaborazione delle resine balsamiche che ricoprono le gemme e le cortecce degli alberi. Ci sono segnalazioni in letteratura che descrivono alcuni casi di dermatite da contatto in pazienti che hanno utilizzato alcuni cosmetici contenenti propoli in particolare stick per le labbra, saponi e tinture alcoliche.

Il Nickel Il nickel merita una menzione a parte in quanto è l’agente allergizzante più studiato fra i metalli e provoca sensibilizzazione con una frequenza elevata in correlazione anche con la sua ubiquitarietà; esso, infatti, è presente non solo in oggetti metallici ma, anche in molti alimenti soprattutto di origine vegetale e, come inquinante derivante dalla lavorazione, anche nei cosmetici. La prevalenza della sensibilizzazione verso il nickel si aggira in Italia attorno al 20%; negli ultimi anni si è mostrata in continuo aumento e presenta ancora una predominanza nel sesso femminile con una età media di sensibilizzazione che sta diventando sempre più bassa (10-20 anni). Si spera che il recepimento anche da parte della nostra nazione di una recente direttiva CEE in merito alla limitazione del quantitativo di nickel nei cosmetici possa contribuire ad una riduzione delle dermatiti allergiche da tale metallo.

Lo specialista Allergologo o Dermatologo può sospettare una dermatite da contatto in base alle caratteristiche delle lesioni cutanee ed alla storia di esposizione a sostanze irritanti o allergizzanti. Per dimostrare la sensibilizzazione allergica da parte di una sostanza sospettata in base alla storia del paziente si ricorre al patch-test. Tale test viene effettuato apponendo sulla cute del paziente (generalmente sulla schiena) dei cerotti (patch) contenenti gli allergeni sospettati. Tali cerotti verranno rimossi dopo due-tre giorni dall’applicazione. La lettura del test deve essere effettuata da medici con provata esperienza nell’interpretazione dei risultati. E’ bene sapere che il paziente non deve sottoporsi al test durante la fase acuta della dermatite, non deve aver applicato o assunto cortisonici o immunosoppressori nelle due settimane precedenti il test ed è preferibile non si sia esposto a radiazioni UV (solari o artificiali) nel mese precedente il test, perché “spengono” il sistema immunitario della pelle e possono

Cosmetici con ingredienti derivanti dalle erbe Virtualmente tutti gli agenti terapeutici di erboristeria sono stati descritti come potenziali responsabili di sensibilizzazione allergica o di fotosensibilizzazione. La reale prevalenza delle allergie da contatto derivanti da estratti di origine botanica nei pazienti con dermatiti da cosmetici non è conosciuta dato che la maggior parte delle persone che hanno una dermatite non si rivolgono al medico a meno che il problema non sia persistente. I prodotti di erboristeria che più comunemente provocano dermatite da contatto contengono al loro interno piante o estratti di piante della famiglia delle Composite come carciofo, camomilla (presente in molti shampoo ed altri trattamenti per i capelli), crisantemo, tarassacco, calendola, ambrosia, cardo, etc. Alcune piante della famiglia delle Composite sono regolarmente presenti nei “prodotti naturali per la cura della pelle”, soprattutto shampoo e soluzioni per aromaterapia. In alcuni casi le reazioni alle Composite si aggravano con l’esposizione alla luce solare L’olio dell’albero del tè (Melaleuca alternifolia) viene sempre più spesso impiegata in diversi cosmetici (saponi, deodoranti, dentifrici, colluttori e dopobarba) con un aumento di dermatiti da contatto provocate da tale olio. Alcuni oli dell’albero del tè, inoltre, contengono eucalitolo che è, probabilmente, il più importante agente sensibilizzante di derivazione botanica.

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La diagnosi delle dermatiti da contatto da cosmetici – Il patch-test.

rendere il risultato falsamente negativo.

Come prevenire l’allergia da contatto ai cosmetici Ci sono alcune raccomandazioni che possono aiutare a prevenire l’insorgenza di allergia ai cosmetici:

· Prima di usare ogni prodotto cosmetico, leggere attentamente l’etichetta dei componenti. La Comunità Europea ha emesso una direttiva in merito alle sostanze sensibilizzanti che obbliga i produttori di cosmetici a dichiarare la presenza di tali sostanza quando esse sono presenti in quantità superiore allo 0.1% del prodotto cosmetico. Tale indicazione è la seguente: “Contiene ‘nome della sostanza sensibilizzante’. Può produrre una reazione allergica”. E buona norma, quindi, scartare i prodotti contenenti ingredienti cui già si sa di essere allergici e cercare prodotti alternativi che non li contengano. L’obbligo di dichiarazione della presenza di sostanze sensibilizzanti quando esse sono contenute in quantità superiore allo

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0.1% del prodotto non è, però, sempre sufficiente a prevenire reazioni avverse. Alcune sostanze, infatti, possono provocare sensibilizzazione, e quindi sintomi, anche a concentrazioni più basse. Ci si auspica, pertanto, un irrigidimento della legislazione in tal senso nei prossimi anni.

·

Attenzione a termini presenti sull’etichetta usati dai produttori che possono attirare gli allergici, ma non sono riconosciute dalla legislazione e possono rappresentare delle trappole per le persone potenzialmente allergiche. Il termine ipoallergenico è una affermazione arbitraria del produttore ma non è sostenuta da alcuna prova scientifica e/o statistica inconfutabile. Anche l’espressione senza profumi o non profumato indica semplicemente che il prodotto non ha un odore percettibile. La scritta naturale implica che gli ingredienti sono estratti direttamente da piante o animali invece che essere sintetizzati in laboratorio. Si ribadisce il concetto che la maggior parte delle proteine allergizzanti ad oggi conosciute è di origine “naturale”.

·

Effettuare un “mini patch-test” per scoprire se un nuovo prodotto cosmetico possa dare problemi sulla nostra cute. Ciò può essere fatto apponendo una piccola quantità del nuovo prodotto nella zona dei pelle vicino ai polsi e lasciandola lì per un paio di giorni. La comparsa di rossore sconsiglia l’utilizzo del prodotto testato.

· Quando si acquista un cosmetico, preferire quelli che contengono formulazioni semplici.

Orticaria da contatto, Shock Anafilattico e Fotosensibilizzazione Più rari sono la comparsa di orticaria da contatto, lo shock anafilattico e la fotosensibilizzazione dopo l’utilizzo dei cosmetici. L’orticaria si manifesta entro qualche minuto dal contatto della cute con un agente allergizzante. Il paziente sviluppa arrossamento (pomfi ed eritema), sensazione di bruciore locale e prurito. L’orticaria da contatto può essere provocata da diversi ingredienti utilizzati nella fabbricazione dei cosmetici incluse le essenza profumate ed i conservanti. Una menzione particolare meritano l’ammonio persolfato e l’hennè. L’ammonio persolfato è un decolorante per i capelli usato comunemente dai parrucchieri in grado di dare sia reazioni allergiche che irritative. L’henné, invece, è diventato sempre più popolare come tinta naturale dei capelli a causa della sempre più diffusa moda del “ritorno alla natura” nei paesi Occidentali. L’henné è estratto da un arbusto Lawsonia inermis diffusa nel Medio-Oriente ed in Nord Africa. L’esposizione professionale dei parrucchieri a queste due ultime sostanze per via respiratoria si è resa responsabile di alcune reazioni anafilattiche.

· Vaporizzare i profumi sui vestiti piuttosto che sulla cute.

Il trattamento delle dermatiti da contatto da cosmetici

Con il termine fotosensibilizzazione si intende una malattia della pelle causata dall’interazione dei raggi ultravioletti (derivanti soprattutto dalla luce solare) e un agente chimico estraneo come ad esempio un cosmetico applicato sulla pelle. La fotosensibilizzazione può dar luogo ad una fotodermatite, chiamata a volte anche dermatite foto-allergica, o ad una dermatite fotoirritativa da contatto. Se la fotodermatite è secondaria all’assunzione o al contatto con piante e derivati si parla di

La prevenzione è sicuramente da preferire al trattamento in quanto l’allergia ai cosmetici è trattabile ma non curabile. Ogni trattamento risulta inefficace se l’agente responsabile non viene identificato ed allontanato. L’impiego di creme a base di cortisonici può ridurre l’infiammazione ma è necessaria una perfetta aderenza alle prescrizioni mediche per evitare gli effetti collaterali di questi farmaci. Nei casi in cui le lesioni siano particolarmente estese o pruriginose si può ricorrere all’assunzione di antistaminici. Il ricorso agli antibiotici va riservato alle forme in cui si sono formate vescicole che dopo la rottura si sono infettate.

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fitofotodermatite. I due requisiti per l’innesco di una fitofotodermatite sono il contatto con la pianta allergizzante che può essere contenuta nei cosmetici e l’esposizione ai raggi ultravioletti di solito derivanti dalla luce solare ma anche dai trattamenti abbronzanti con lampade ad ultravioletti. Tale dermatite, perciò, ha un andamento stagionale. Le fitofotodermatiti producono di solito arrossamento e vescicole della cute già alla prima esposizione seguita da iperpigmentazione (inscurimento) persistente della pelle. L’iperpigmentazione può durare anche per mesi. L’eruzione cutanea è prodotta da una reazione del foto tossica; ciò significa che la reazione rende la pelle suscettibile ai danni provocati dai raggi UV. Il sintomo più frequente è il dolore urente nella zona colpita.

Bibliografia: Carla Valenzano -Specialista in Dermatologia, Roma www.iobenessereblog.it

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Beauty Guide To Cleansing, Toning And Moisturising We all want skin that looks and feels young and healthy. A good cleansing, toning and moisturising routine is essential for keeping your skin firm and youthful. The following is a guide to cleansing, toning and moisturising that should be undertaken daily.

 Cleansing

A good cleansing routine is needed to remove makeup and dirt. Not removing makeup up and dirt on a daily basis can block your pores which can lead to an outbreak in spots. Cleansing should be done twice a day. If you cleanse too frequently though, you can strip the skin of its natural oils, which will make those with dry skin have even drier skin. It will also make those with oily skin have even oilier skin, as the glands will become more active to replace it. Therefore it is best not to cleanse more than twice a day.

Before you start to cleanse, you should wash your hands thoroughly to remove any dirt or grease that might have built up.

Eye makeup (such as mascara and eye shadow) can be removed using cotton balls or pads to apply eye cleansing lotion. With your eyes firmly closed, gently wipe across your eyes until all your eye makeup has been removed.

Makeup can be removed as follows. Generously apply cleansing cream to your nose, chin, cheeks, forehead and around the top of your neck, then massage the cream into the skin. You should particularly concentrate on the corners of the mouth, the creases near the nose, the chin (which is especially prone to blackheads), and around the neck. After you have massaged the cream in thoroughly, take a moist cotton pad, and start removing the cream from your face. Work from the sides of your face inwards to avoid rubbing cream into your hair.

 Toning

Toning is the process of removing dead skin cells from your face, as well as removing any dirt, makeup or cleanser that may remain after cleansing. By toning, you will help keep your skin clear and firm, as toning leaves you with a layer of new healthy skin cells on top.

With cotton pads, apply toner around your nose and chin. Then apply toner across your cheeks and across your forehead.

Many moisturisers now have some sun block in them, and can be identified as such by their SPF value, which should be stated on the packaging. Unless you have very dry skin, always use a light moisturiser.

Using your finger tips, apply the moisturiser lightly to your face. You should start by rubbing the cream into your forehead, and working outwards from the centre. Gently apply the cream around the eyes, making sure you don’t get it too close to them. Massage the cream into your cheeks and around your jaw line, around your chin, then your mouth and nose, and then around your throat and your neck. Don’t apply too much moisturiser, as this can prevent your skin from breathing.

Moisturising

When skin is exposed to the elements, it can lose its natural moisture, and you can be left with dry skin. The skin being depleted of it natural moisture can be one of the main cause of wrinkles. Moisturising replenishes the skins natural moisture which help can prevent dry skin and the formation of wrinkles. Moisturising can also act as a barrier to the elements.

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Fonte: By Laura J Robinson

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psicologia la memoria

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psicologia la memoria

La memoria è la capacità di conservare le informazioni nel tempo. In genere ricordiamo solo sette cifre e solo quattro cinque lettere o parole: questa statistica si riferisce solamente alla capacità di memorizzazione, senza possibilità di rileggere più volte le informazioni (reiterazione). La memoria è una delle capacità più importanti nell’uomo. Perdere la memoria significa perdere la propria storia personale e la propria identità. Quante volte ci è capitato di far fatica a ricordare certi eventi del nostro passato e avere la sensazione che quella parte di noi fosse perduta per sempre. Quando immagazziniamo un’informazione, stimoliamo non solo determinate aree (ippocampo e amigdala), ma altre aree che contribuiscono alla formazione di una configurazione neuronale precisa. Ogni informazione corrisponde ad una configurazione neurale specifica. Tutto ciò per dire che le tracce di memoria nono sono localizzate in maniera puntiforme. La memoria è distribuita, la conoscenza è fortunatamente distribuita, cosicché la distruzione di una parte non compromette completamente la conoscenza e quindi il recupero delle informazioni. Vi è un altro fattore da considerare: l’ippocampo si trova nel sistema limbico, zona deputata alle emozioni e alle funzioni primarie (sete, fame, relazioni sessuali e termoregolazione), da ciò ne deriva che l’apprendimento e l’oblio sono notevolmente influenzate dalle emozioni.

La memoria a breve termine si distingue in uditiva (verbale e non verbale) e visiva (spaziale e verbale). L’1% delle informazioni ricevute e codificate dalla memoria sensoriale permane per circa 30 secondi, dopodiché si verifica un rapido deterioramento. L’informazione nella MBT può essere restaurata attraverso la reiterazione (ripetizione prolungata). Dopo varie reiterazioni l’informazione passa nella memoria a lungo termine. È importante rilevare che tale passaggio non avviene solo attraverso reiterazioni. Craik e Lokart hanno spiegato che le informazioni accedono alla MLT attraverso categorizzazioni, secondo ordini strutturati e si integrano con le conoscenze pregresse.

La memoria a lungo termine La memoria a lungo termine è un magazzino di elevata capacità. L’aumento di attività e la costruzione di nuove sinapsi attraverso la sintesi di nuove proteine è alla base della MLT. La MLT si suddivide in: memoria dichiarativa e memoria procedurale.

La memoria dichiarativa comprende: • Memoria episodica (ricordi di eventi della vita personale passata) • Memoria semantica (il sapere enciclopedico) • Memoria emozionale (ricordo di eventi emotivamente piacevoli o spiacevoli)

La memoria sensoriale La memoria sensoriale si divide in iconica (visiva) ed eroica (uditiva). E’ un sistema di memoria capace di ritenere informazioni sensoriali visive ed uditive per circa due secondi. Tra tutte le informazioni che arrivano agli organi di senso, circa il 75% vengono scartate dalla memoria sensoriale. Del 25% rimanente solo l’1% viene immagazzinato nella memoria a breve termine.

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La memoria a breve termine

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La memoria procedurale (insieme di conoscenze implicite che si apprendono automaticamente o in parallelo con altri processi. In genere sono sequenze di movimenti, abilità percettive, abilità cognitive.

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La fisiologia della memoria Le più recenti ricerche hanno stabilito che le informazioni vengono immagazzinate in tre”depositi” differenti. La “memoria sensitiva” trattiene per pochi attimi le informazioni che provengono dagli organi di senso, scartandone il 75%. Del rimanente 25% solo meno dell’ 1% viene selezionato nell’area del linguaggio e immagazzinato nella “memoria primaria”, (memoria a breve termine), il deposito più limitato dell’encefalo. L’encefalo è in grado di astrarre impressioni figurate, verbalizzare quanto appreso ed associarlo con informazioni precedenti. Maggiori sono le possibili associazioni e più è facile che quanto appreso sia ricordato per tempi più lunghi. Le informazioni sono trattenute nella memoria primaria per un periodo variabile tra pochi secondi e alcuni minuti. La trasmissione di un’informazione della memoria primaria a quella secondaria è un processo delicato. Chi decide quale nozione deve essere ricordata e quale dimenticata?

L’ippocampo

stimola il ritmo di trasferimento nella memoria secondaria, al contrario un atteggiamento negativo rende più difficile l’apprendimento. Un atteggiamento positivo può nascere spontaneamente, ma può essere notevolmente incrementato stimolando la motivazione, anche l’auto-motivazione.

Come le informazioni vengono immagazzinate nell’encefalo Si è constatato che se parti dell’encefalo vengono distrutte da un ictus, non vengono cancellate informazioni specifiche memorizzate. Non esistono cioè delle zone dove vengono memorizzati singoli dati, come in un disco fisso di un computer. Ogni informazione è ripartita attraverso un intero complesso di cellule della memoria. Se si richiama alla memoria un dato è sufficiente presentare una piccola parte del modello (una associazione) e l’intero modello viene ricostruito. Se diverse associazioni vengono usate per modelli simili si possono creare confusioni. L’encefalo, in conclusione, non memorizza i dati come fossero una fotografia, ma attraverso associazioni, con un procedimento simile all’ologramma, ed è possibile, anche quando non tutti i dati vengono richiamati, ottenere comunque un’immagine intera, anche se sfocata.

La memoria - dove si trova?

L’ippocampo è una formazione nervosa situata sul margine inferiore dei ventricoli laterali, sopra il cervelletto. L’ippocampo fa parte del “sistema limbico”, che è la zona del cervello deputata a gestire le emozioni. Oltre all’ippocampo, appartengono al sistema limbio la circonvoluzione che lo ricopre (circonvoluzione paraippocampale), la circonvoluzione del cingolo al di sopra del cosiddetto “corpo calloso” ed il fornice. Tutte le componenti del sistema limbico (strettamente collegate all’ipotalamo) regolano i comportamenti relativi ai “bisogni primari” per la sopravvivenza dell’individuo e della specie: il mangiare, il bere, il procurarsi cibo e le relazioni sessuali nonché, per una specie evoluta come l’uomo, l’interpretazioni dei segnali provenienti dagli altri individui e dall’ambiente. Questa zona del cervello gestisce le emozioni, i sentimenti e perciò anche la nostra percezione della realtà. Poiché l’ippocampo si occupa della funzione di selezionare le informazioni da trasferire nella memoria secondaria, ne deriva che l’apprendimento e l’oblio sono notevolmente influenzate dalle emozioni positive e negative. Se si prova disgusto per una materia, la possibilità di apprenderla è scarsa.Un apprendimento di base positivo (“apprendimento giocoso”)

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Le zone del cervello dove “si trova” la memoria sono diverse :

Corteccia Ippocampo Amigdala Cervelletto

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Memoria a breve termine e a lungo termine Ci sono due meccanismi di immagazzinamento delle informazioni, uno per la memoria a breve termine (MBT) e uno per la memoria a lungo termine (MLT). Nelle memoria temporanea (a breve termine) si verifica un rapido deterioramento delle informazioni, mentre la memoria a lungo termine conserva le informazioni in modo sostanzialmente stabile. L’informazione che arriva alla MBT, se non è oggetto di attenzione, comincia subito a cancellarsi anche se, mediante una ripetizione, può essere restaurata. La capacità della memoria a breve termine è quindi limitata: se un’informazione non viene ripetuta con sufficiente frequenza, scompare. Il complesso dei dati presenti in ogni istante nella memoria a breve termine viene detto “cuscinetto di ripetizione”. L’informazione viene conservata nel “cuscinetto” finché non è trasferita nella memoria a lungo termine o finché non è rimpiazzata da una nuova. La memoria a lungo termine si considera essere virtualmente illimitata, ma la riattivazione di un’informazione può essere impedita dall’incompletezza delle associazioni necessarie alla sua identificazione.

Il funzionamento della memoria Nel tentativo di individuare alcuni meccanismi che ci possono aiutare ad ottimizzare la nostra capacità di memorizzazione cosciente, analizziamo la struttura di memoria indipendentemente dalle attivazioni fisiologiche collegate. In quasi tutti i modelli messi a punto recentemente, la struttura della memoria presenta una distinzione per fasi o livelli, rispetto alla decodifica, elaborazione e codifica dell’informazione che proviene dal mondo esterno. A titolo di esempio possiamo considerare il modello HIP (Human Information Processing), proposto nel 1968 da due psicologi americani - Atkinson e Shiffrin - e modificato nel 1976 da Norman e Bobrow.

L’oblio La rievocazione immediata di un’informazione può mancare perché non è stata trasmessa alla memoria a lungo termine. La rievocazione di un’informazione della memoria a lungo termine può mancare perché non ci sono sufficienti legami per metterla a fuoco. Questa teoria spiega anche perché taluni ricordi appaiono “rimossi”: tali ricordi sono inaccessibili perché la loro presenza sarebbe inaccettabile per il soggetto a causa dell’ansia o dei sentimenti di colpa che potrebbero attivare. Non sono perciò scomparsi, ma il subconscio evita che le associazioni necessarie per il richiamo si formino. Gli individui colpiti da amnesia non dimenticano tutto, solo degli elementi personali. Ciò avviene spesso per un trauma emotivo al quale l’amnesia permette di sfuggire. Spesso poi parte di tali ricordi riaffiora quando vengono evocati dalle giuste associazioni.

I principali componenti del modello sono: - uno stimolo esterno al soggetto, che possiamo anche chiamare input (ad es. la frase “Ci sono due mele sul tavolo.” descritta sotto forma di onde sonore che vanno a colpire la membrana auricolare dell’individuo);

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- una trasduzione sensoriale; la frase di cui sopra comincia ad esistere come evento fisico per il soggetto, solo nel momento in cui le onde sonore vengono convertite dal sistema uditivo in impulsi elettrici, che vengono ricevuti ed elaborati dal sistema nervoso centrale (dal nostro cervello); - un “magazzino” dell’informazione sensoriale, o registro sensoriale, oppure ancora Memoria Immediata (IM), nel quale l’informazione viene conservata, per un tempo brevissimo (1-2 sec. in assenza di interferenze provocate da altre attività nelle quali siamo impegnati), con le sue caratteristiche sensoriali, anche se lo stimolo fisico può essere già in parte venuto meno;

potete trovarvi nella condizione di non ricordarla più. Quindi l’attenzione durante l’immagazzinamento è molto importante. 3) Il terzo fattore è l’interferenza con gli altri ricordi. La capacità di ricordare può essere disturbata da informazioni già immagazzinate, che sono simili o legate concettualmente alla materia da ricordare. 4) Il quarto fattore è l’emozione. Uno dei criteri con i quali la nostra memoria seleziona gli elementi da ricordare o da dimenticare è la sensazione, piacevole o meno, legata a tali elementi: dagli studi freudiani emerse che dimentichiamo più facilmente qualcosa quando questo ha provocato in noi senzazioni negative.

- un riconoscimento percettivo, che permette di attribuire un significato allo stimolo registrato attraverso un confronto con alcune informazioni presenti nella nostra memoria a lungo termine (vedi più avanti); - una memoria a breve termine (STM), una sorta di “magazzino di transito”, di capacità limitata, in cui l’informazione viene conservata per un breve periodo di tempo (non più di 30 sec.) e dove può essere sottoposta a diversi processi di controllo, al fine di aumentarne il tempo di permanenza; - una memoria a lungo termine (LTM), la parte che normalmente viene identificata con il termine memoria, dove l’informazione, rielaborata in STM, può essere conservata per tempi lunghi (se non indefinitamente) e in quantità praticamente illimitata.

Perchè si dimentica La dimenticanza è un processo molto diverso dalla dispersione dei dati che avviene durante la prima selezione nella memoria sensoriale. È un fenomeno che si manifesta dopo aver immagazzinato l’informazione. Molto spesso ci accade di non ricordare un nome, un evento, o di non ricordare dove abbiamo messo un oggetto: di seguito sono elencati i fenomeni psichici che deteminano la dimenticanza. 1) Il fattore più ovvio dell’oblio è il passare del tempo, quando l’intervallo tra l’apprendimento e la rievocazione è lungo.

Le regole della memoria I fattori che predispongono ad un buon apprendimento possono essere sintetizzati in 10 regole: • Migliorare l’attenzione durante l’immagazzinamento delle informazioni • Memorizzare le informazioni utilizzando tutti gli organi di senso, in particolare quello visivo • Articolare le sessioni di apprendimento affinché le informazioni vengano codificate con attenzione • Rendere il contesto di codifica (immagazzinamento) ed il contesto di ricordo (recupero delle informazioni) coerente e somigliante • Suscitare curiosità ed interesse nel compito da affrontare, facilitando il processo di memorizzazione • Se l’informazione da memorizzare è legata ad un significato emotivo particolare, utilizzare ogni associazione pertinente a quell’informazione • Categorizzare le informazioni secondo aree tematiche o secondo processi logici riconoscibili • Ripassare ed utilizzare ogni tanto ciò che è stato appreso • Allenare il cervello ad affrontare compiti stimolanti ed interessanti sia sul piano fisico sia sul piano intellettuale. • Considerare il sonno un momento molto importante per il consolidamento delle informazioni apprese durante il giorno.

2) Il secondo fattore è la distrazione. Se siete distratti, quando l’informazione vi viene presentata per la prima volta,

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Consigli pratici Essendo l’ippocampo deputato alla filtrazione degli stimoli da trasferire alla memoria, bisogna cercare di associare alle nozioni che si vogliono ricordare delle emozioni positive. Bisogna cercare di trovare, anche in una materia apparentemente ostica, dei motivi di interesse sia diretti, sia indiretti (per esempio dei vantaggi che tale conoscenza potrebbe fornire). Bisogna cercare motivazioni positive e, se non ci sono, crearle con l’auto-motivazione. In questa fase di auto-motivazione si devono utilizzare tutte le tecniche di convincimento e di comunicazione di cui si dispone. Può durare anche a lungo, ma i risultati sono sorprendenti. Se si intraprende un nuovo corso di studi, o se si decide di imparare una lingua, bisogna prima essere “realmente” convinti che la materia ci interessa e cercare di stimolare tale interesse al massimo, apprezzandone tutti gli aspetti positivi, anche marginali o indiretti. Questo processo può richiedere molto tempo e può avvenire in contemporanea allo studio. Per migliorare l’apprendimento di una singola nozione, tenendo conto dei meccanismi citati, conviene ripeterla più volte e creare più associazioni possibile. In tal modo sarà certamente più facile richiamarla. Per un nome si possono creare associazioni tra una parte di esso e nozioni a noi note, per un numero, ad esempio una data, delle associazioni con altri numeri o semplicemente delle associazioni “interne” al numero stesso.

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Il massaggio: tra storia e scienza Il massaggio come oggi lo conosciamo rappresenta per molti un momento di vero relax e per altri un aiuto contro le patologie del tempo: c’è chi “lussuosamente” se li gode sulla spiaggia, chi nei centri benessere d’alta montagna, chi “molto fiduciosamente” perché curano la cellulite, chi “più realisticamente” perchè rilassano. Parliamo appunto dei massaggi e delle tecniche massoterapiche. Questa piacevole e salutare pratica coinvolge oggi milioni di persone di ogni età. I primi riferimenti al massaggio, come tecnica di stimolazione della superficie corporea con frizioni o pressioni delle sole mani o con l’aiuto di un qualche strumento, risalirebbero a 2700 anni fa, in alcuni manoscritti di medicina cinesi. Come tecnica di rilassamento e antifatica si ritroverebbero poi nei testi indiani vecchi di 2000 anni. Omero, nell’VIII secolo a.C. ne parla nell’Odissea come trattamento di recupero della salute dei guerrieri. Ippocrate nel I secolo li consigliava come terapia fisica. È con i Greci che il massaggio comincia a codificarsi o come sportivo, ossia legato ai giochi e alle gare, oppure come curativo. Il massaggio è essenziale per i Romani, che lo eseguivano alle terme anche come cura di bellezza oltre che come tecnica di rilassamento. Nel Medio Evo viene abbandonato per ricomparire definitivamente nel XIX secolo, quando si inizia a pensare al massaggio soprattutto come fisioterapia: è del 1894 la Society of Trained Masseurs statunitense, una sorta di primo albo dei massaggiatori della storia. Il massaggio come fenomeno di massa invece, e quindi anche di mercato, è recente e risale a una ventina di anni fa. Quanti tipi di massaggio esistono? Oggi si conoscono talmente tanti tipi di massaggio che sarebbe difficile per chiunque orientarsi. Tentando una sistematizzazione si potrebbe suddividerli in quattro categorie:
1) il massaggio riabilitativo, ossia la fisioterapia come tutti la conosciamo. Si tratta di una disciplina medica, cresciuta con l’ortopedia. È prescritta da medici e deve essere per legge praticata da fisioterapisti diplomati. Consente, tra l’altro, di agevolare la guarigione e il ritorno alla normalità dopo che ci si è sottoposti a operazioni chirurgiche;
2) il massaggio sportivo, che viene considerato una parte dell’allenamento di ogni atleta. Il massaggiatore sportivo è in genere un professionista, munito di diploma di fisioterapista;
3) il massaggio rilassante che, praticato da mani esperte con unguenti aromatici, in ambienti profumati, alla temperatura ideale di 24 gradi, con musica d’ambiente in sottofondo e candele accese, aiuterebbe a liberarsi dal senso di fatica e soprattutto dal nervosismo. Insomma: coccole a pagamento che producono però una forte sensazione di benessere;
4) il massaggio estetico, che idrata e nutre gli strati superficiali della pelle se effettuato con sostanze idratanti e nutrienti. Se praticato da mani esperte con costanza e in maniera continua, il massaggio estetico può aiutare la circolazione superficiale e quindi attenuare alcuni piccoli inestetismi.

Come funziona un massaggio e quali stimoli realmente è in grado di produrre sul nostro corpo 
Il massaggio è un trasporto di energia meccanica a tutti i tessuti e i suoi effetti sono da ricondursi principalmente a fenomeni riflessi che scatenano le reazioni dell’organismo. La risposta dei tessuti, degli organi e delle cellule è una cosa soggettiva e in relazione a questo il corpo reagisce agli stimoli, reagisce all’intensità alla frequenza al ritmo e così via. A tutti gli effetti il massaggio è un arte che richiede una profonda conoscenza del corpo e dell’anatomia (ecco perchè secondo me un personal trainer di valore debba assolutamente praticare il massaggio ai propri clienti), e dei meccanismi che esso è in grado di innescare sopratutto negli atleti. Concludendo, elenco alcuni tra i migliori effetti che il massaggio può procurare:
- facilita la circolazione del sangue e della linfa;
favorisce la caduta e il ricambio delle cellule;
- facilità un miglior apporto di nutrienti nei tessuti;
- concorre a rimuovere tensioni muscolari e tendinee;
- migliora l’elasticità dei tessuti;
- favorisce il recupero dalle attività lavorative e sportive;
- favorisce a livello articolare gli scorrimenti e la lubrificazione delle stesse;
- ha effetto analgesico sulle z one doloranti;
- agevola la riduzione degli edemi e delle stasi venose.

bibliografia Autore: Stefano Morini Data: Gennaio 2008

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MASSAGGIO HAWAIANO

LOMI LOMI NUI

Lo scorrere ritmico e dolce delle onde dell’oceano; la naturale armonia di paradisi incontaminati; l’ipnotica sensualità della danza tradizionale, Hula; la grazia forte e ferma delle arti marziali locali, Lua: ogni cosa, alle Hawai, parla di sintonia tra corpo e spirito, energia e materia. Non è certo una sorpresa scoprire che questo popolo così affascinante, così perfettamente in simbiosi con la natura e con ogni essere vivente, abbia fin dall’antichità elaborato una tecnica di massaggio teso proprio a portare relax, armonia, amore. È già da qualche anno che anche in Occidente è arrivata l’antica sapienza dei Kahuna, i maestri di quest’arte, che hanno diffuso la pratica del Lomi Lomi, in hawaiano, semplicemente “massaggio”, detto anche massaggio dell’anima o “loving hands massage”. Ed è facile capire perché. Il Lomi Lomi può essere effettuato da una o due persone, e usa principalmente le mani e gli avambracci. Attraverso una serie di movimenti lunghi e ritmici, distende la muscolatura e scioglie le articolazioni, risultando insieme rilassante ma anche tonificante, e ottimo per la circolazione. Ma soprattutto si prefigge di ristabilire un equilibrio fra corpo e spirito, donando serenità e amore alla persona trattata con il massaggio. Amore è la parola chiave, sia dell’Aloha Spirit, sia del massaggio che alla filosofia Huna si ispira. Hula – la danza

La particolarità del Hula risiede nei singoli movimenti di mani, fianchi, piedi e nella loro sintonia. Da controllare sono i differenti assi del corpo affinché siano tutti in equilibrio e raggiungano l’armonia. In Hula le ballerine ed i ballerini devono diventare tutt’uno a livello spirituale, dell’anima, con sopra e sotto, dentro e fuori e attraverso l’ammirazione di simboli maestosi per le Hawai’’i, elementi quali acqua, vento, fuoco e terra. La danza esprime amore profondo per la natura e per la creazione. L’Hula è più di una danza, è uno stile di vita, l’arte di vivere.

L’Hula viene arricchita dalla sintonia tra musicisti e cantanti. Un’unica onda del movimento deve scorrere attraverso il gruppo, in modo che tutti siano uguali e ciascuno possa tuttavia esprimere al tempo stesso la propria sensibilità interiore. Quando si riesce a mantenere il perfetto equilibrio, a restare fermo nella parte superiore del corpo e a far nascere il movimento unicamente dai fianchi e dalle gambe, ne deriva una figura fluente, armoniosa, in una completa centralità. Questo rende l’Hula straordinaria. Impararla richiede una virtú molto importante anche alle Hawaii: la pazienza.

Il termine “Hula” è composto da due sillabe “Hu” e “La”. La sillaba “Hu” viene utilizzata per esprimere accrescimento. “La” indica il sole hawaiano, quindi anche il fuoco interno che puó essere alimentato e rafforzato attraverso la danza, in particolare con il movimento dei fianchi.

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La storia

La tecnica

Alle Hawai gli uomini e donne danzano da tempo immemorabile. Tradizionalmente si ballava in occasione della nascita di capi tribù, durante l’assegnazione di nomi, per il compleanno dei bambini primogeniti, ed in onore dei defunti. Nelle danze rituali venivano inoltre invocate pioggia, fertilità e raccolti ricchi. I diversi gruppi sociali curavano le proprie danze. I contadini ballavano le loro al mattino, prima di andare nei campi. Il rituale Hula veniva danzato da ballerine e ballerini formati per questo e per i quali l’Hula era professione e vocazione. Spesso queste erano anche danze rituali sacre, alle quali non tutti avevano accesso. Il Lomi Lomi Nui in passato era considerato quasi un rituale sacro, ed era sia una tecnica curativa, sia un rito che accompagnava fasi di passaggio nella vita. Pur basato principalmente sui movimenti da eseguire, con ritmo e dolcezza, con mani e avambracci, poteva differire a seconda di chi lo praticasse. Infatti le tecniche si tramandavano di famiglia in famiglia, studiate e modificate dai Kahuna, i maestri, e quindi ogni nucleo poteva eseguire una variante leggermente diversa da quella di un’altra “scuola”. Il massaggio esprimeva rispetto e amore per tutti gli esseri viventi, e sintonia con la creazione e lo spirito di Aloha. Seguendo la credenza che nessuno potesse vivere felicemente in un corpo teso, i massaggiatori scioglievano le tensioni muscolari puntando anche a portare serenità all’anima, e accompagnando ogni seduta con canti e musica hawaiani. È solo molto recentemente che i Kahuna hanno deciso di insegnare i loro segreti a un’ampia cerchia di accoliti, di fatto permettendo la diffusione del massaggio negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo. Fino al 1820 la popolazione hawaiana non conobbe la nostra numerologia nè ebbe una lingua scritta. Canti e danze servivano a trasmettere alle generazioni successive sapere, storia ed esperienza. L’Hula era l’elemento più importante per la conservazione della cultura hawaiana. Per questo veniva scelto in ogni famiglia qualcuno che imparasse la danza ed il modo di trasmetterla. Allo stesso modo ad un membro della famiglia veniva insegnata l’arte del canto e del memorizzare.

I missionari cristiani raggiunsero le Hawai’i dal 1820. Essi non compresero il profondo senso dell’Hula e, credendolo immorale e pericoloso, lo vietarono. Dopo il 1870 il re Kalakaua lo permise nuovamente e per questo venne citato con ammirazione in molte danze e canzoni. Ancora oggi alle Hawaii hanno luogo numerose riunioni nelle le quali l’Hula è al centro. I bambini imparano nuovamente a scuola la lingua hawaiana con la quale possono comprendere i testi dell’Hula ed esprimere al meglio i contenuti della danza. I bambini provano la loro cultura sulla propria pelle ed imparano a mantenerla. Purtroppo, a causa di innumerevoli divieti, molti beni culturali andarono dispersi per questo oggi si impiegano soprattutto giovani per la loro conservazione.

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Il massaggio viene eseguito da una o due persone, che eseguono particolari movimenti lenti, approfonditi e ritmici con mani e avambracci. Ai movimenti si accompagnano spesso l’uso di particolari oli ed essenze, e il sottofondo di musiche e ritmi locali. I quattro elementi fondamentali su cui si basa questa tecnica sono il respiro, la danza, il tocco e la musica. Importanti sono anche i colori e la “presenza-assenza” dell’oceano: tutti i movimenti infatti si ispirano alla ciclicità e alla grazia delle onde. Il trattamento inizia da dietro la testa, continua lungo la schiena, prosegue per braccia, mani, gambe e piedi, e poi riprende sulla parte anteriore del corpo. Spesso prima del massaggio si applicano pietre calde sul corpo della persona che sta per ricevere il trattamento, per favorire il rilassamento. Benefici: Il massaggio hawaiano agisce sul corpo portando benefici al sistema linfatico, circolatorio, respiratorio, digestivo e ai muscoli. Particolare attenzione viene posta al trattamento delle articolazioni. Originariamente uomini e donne indossavano una gonna corta (pa’u) sui fianchi o un telo che veniva legato ed annodato sulle spalle. Sulle caviglie e sui polsi si legano gioielli d’osso, conchiglie, noci e felci “kupe’e”. L’ornamento di fiori viene portato al collo e sul capo. Le piante vengono raccolte per la rispettiva danza e vengono lavorate e riunite in corone di fiori con cerimonie rituali “lei”. Quest’arte della fabbricazione “lei” è compresa in ogni studio dell’Hula. Dopo le danze l’ornamento di fiori viene restituito con gratitudine alla terra ed all’acqua. Il materiale che veniva utilizzato in passato per pa’u, Tapa, viene oggi prodotto solo di rado alle Hawaii. Oggi si indossano gonne di stoffa i colori delle quali rivestono un ruolo importante: attraverso questi ciascuna isola puó essere classificata, cosí alcune scuole utilizzano soprattutto i colori della loro isola d’origine. Vengono utilizzati anche altri motivi o modelli di fiori che rappresentano la provenienza dei maestri. In base all’ epoca di provenienza della musica o della canzone, ció che viene danzato deve corrispondere a quei tempi anche nell’abbigliamento. Questo rappresenta un criterio di valutazione importante soprattutto nei concorsi. Con l’arrivo dei missionari gli hawaiani si dovettero adattare alle abitudini ed all’abbigliamento di queste persone. Oggi ci si ricorda nuovamente delle antiche tradizioni e non è piú vietato presentare il vecchio modo di danzare in abiti tradizionali; cosí si vede maggiormente della pelle nuda in quanto i fianchi sono coperti solo con stoffa o con gonne di foglie. Le corone di fiori vengono indossate anche oggi. Sul piano mentale e spirituale, il Lomi Lomi garantisce relax, agendo sul sistema nervoso, e si prefigge di fare da ponte tra corpo e spirito. Sarebbe indicato anche per combattere la depressione, lo stress ed eventuali traumi.

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La filosofia Huna Il massaggio si basa sui due assiomi Huna, la filosofia di vita hawaiana: tutto è alla ricerca di armonia, tutto è alla ricerca di amore. Questo è uno dei motivi per cui il massaggio è anche detto Loving Hands: il terapeuta deve provare un trasporto sincero nei confronti della persona che sta trattando e muoversi sul suo corpo con delicatezza, trasmettendo amore. Ogni cellula del corpo deve essere investita da questo massaggio, poiché la teoria è che la memoria di un individuo non risiede solo nella testa, nel cervello, ma in ogni singola cellula. Ogni evento negativo può bloccare il flusso di energia che scorre nel corpo, tra le cellule, e provocare tensione muscolare e disturbi di vario genere. Per gli hawaiani il concetto di flusso d’energia è fondamentale, e il massaggio deve ristabilire il flusso interrotto o rallentato, poiché corpo e spirito sono perfettamente legati e ogni cosa che influisce su una parte della persona, influisce anche sull’altra. L’importanza dell’energia spiega anche il perché, durante il massaggio, il terapeuta danzi la Hula e si accompagni con i ritmi tipici dei luoghi d’origine di questa pratica: una giusta respirazione e i movimenti Hula aiutano a ristabilire un alto flusso di energia.

Fonti: http://www.alohaspirit.ch/it/corsi/hula/ http://www.benessere.com/remise/massaggio/massaggio_hawaiano.htm

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La Pelle non solo un Guscio TESINA PERIODO FORMATIVO 2008/2009

ANDREIA PECI

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