Manuel bruno &
holly black
Se qualcuno avesse chiesto a Jared Grace che cosa
avrebbero fatto suo fratello e sua sorella da grandi, lui non avrebbe certo avuto dubbi. Avrebbe risposto che suo fratelio Simon avrebbe potuto fare tanto il veterinario quanto il domatore di leoni. E avrebbe aggiunto che sua sorelia Mallory avrebbe potuto entrare a far parte della squadra olimpica di scherma, oppure finire in prigione per aver infilzato qualcuno. Tuttavia Jared non avrebbe saputo dire cos’avrebbe fatto lcci da grande. Non che gliel’avessero mai chiesto. In effetti nessuno chiedeva mai la sua opinione. La casa nuova, tanto per fare un esempio. Jared Grace la guardo, poi socchiuse gli occhi, sperando che avvolta da un’indistinta vaghezza assumesse un aspetto migliore.
L’ingresso conduceva in una sala da pranzo. Un lungo tavolo costellato di macchie d’acqua era l’unico mobile. L’intonaco del soffitto era crollato in piu punti e un lampadario penzolava da cavi sfilacciati. <<Perche voi tre non cominciate a scaricare la macchina e a portar dentro i bagagli? >> propose la Signora Grace. <<Qui dentro?>> chiese Jared. <<Si, qui dentro.>> La madre posò sul lungo tavolo la valigia che aveva in mano, ignorando di proposito la nube dli polvere che si sollevò. <<Se la vostra prozia Lucinda non ci avesse permesso di abitare qui, non so proprio dove saremmo anclati a finire. Quindi direi che dovremmo essere grati di avere un tetto sopra la testa. >>
Per quanto si sforzasse, Jared non riusciva neppure ad avvicinarsi alla sensazione di gratitudine che avrebbe dovuto provare. Dal momento in cui papà li aveva lasciati, tutto aveva cominciato ad andare male. A scuola aveva fatto a pugni e il livido che stava pian piano cambiando colore intorno al suo occhio destro ne era la prova... ma quel posto, quell ‘orrendo buco cadente era decisamente la parte peggiore di tutta la faccencla. <<Jared> lo chiamo sua madre, mentre lui si voltava per seguire Simon che andava a scaricare l’auto. << Cosa vuoi ? >> Prima di parlare, la mamma attese che gli altri due...
per trasferirsi e lui se ne sarebbe andato comunque. Un altra ragione per cui si supponeva che dovesse essere grato. Peccato che non lo fosse... Fuori Mallory aveva accatastato due valigie sopra un vecchio baule. <<Ho sentito dire che non mangia e si sta lasciando morire>> Chi, zia Lucinda? Secondo me e solo vecchia replicò Simon. <<Vecchia e pazza.>> Ma Mallory scosse la testa. << Ho sentito la mamma che ne parlava al telefono. Diceva allo zio Terrence che zia lucy e convinta di avere degli amici, omini piccoli piccoli che le portano cibo.>>
Mallory proseguì come se non l’avesse sentito. <<Dice ai dottori che il cibo che le portano gli omini e piu buono di qualunque altra cosa lei abbia mai mangiato.>> <<Ti stai inventando tutto>>. Simon striscio in fondo al bagagliaio e aprì una delle valigie. Mallory rabbrividi. <<Se muore, qualcuno erediterà questo posto, e noi dovremo traslocare di nuovo. >> Be’, magari potremmo tornarcene in città suggerì Jared. <<Neanche per sogno! >> sbottò Simon, a fferrando un ammasso confuso di calzettoni. <<Oh, no. A forza di rosicchiare, Jeffrey e Lemondrop si sono liberati.>> <<La mamma ti aveva detto di non portare quei topi~> sottolineo Mallory. <<Ha detto che ora potrai avere animali normali>>.
...L’intonaco del soffitto era crollato in piu punti e un lampadario penzolava da cavi sfilacciati che coprivano il coperchio della cassa. Pesanti bande metalliche circondavano e bordavano il cuoio corroso dal tempo. Be’, poteva citare almeno un’occhiata. Forse le indicazioni della poesia si sarebbero rivelate più chiare sapendo cosa conteneva quella specie di cassaforte. Jared sospirò profondamente, poi sollevò il coperchio. Dentro c’erano un mucchio di vecchi abiti mangiati dalle tarme. Sotto di essi, un orologio da tasca appeso a una lunga catena, un berretto sbrindellato e un sacchetto di pelle pieno di vecchi pastelli scompagnati e frammenti di carboncino da disegno. Niente, in quel baule, aveva l’aria di essere un segreto, per l’umanità o per chiunque altro. E non c’era niente che somigliasse a un cadavere, per fortuna. “Nel cuore di un uomo si troverà il mio segreto per l’umanità.” Il ragazzino abbassò di nuovo lo sguardo verso tutte quelle cianfrusaglie, e nel tentativo di trovare un collegamento cominciò a ripetere a voce bassa: «Cuore, baule, cuore, forziere, cuore cassaforte... cassa... cuore, cassa toracica! » Finalmente era riuscito a leggere fra le righe. Il baule che stava guardando era anche una cassa, in fondo. E il cuore di un uomo è contenuto nella cassa toracica... Jared sbuffò. «Certo che l’amico aveva una bella mente contorta. . . » Era frustrante. Come poteva averci azzeccato senza aver risolto ancora nulla? Quella cassa non conteneva niente di utile, e gli altri versi della poesia non erano di molto aiuto: sì, insomma, non avevano senso....
La scuola era cominciata, finalmente, e non era poi così male (come invece Jered aveva temuto. Era piccola, ma c’era una squadra di scherma, in cui Mallory fu subito ammessa, nessuno li tormentò, nei primi giorni di lezione, e Jared riuscì a stare alla larga dai guai. Ma la cosa migliore era che gli attacchi notturni erano cessati, non si sentiva più raspare e zampettare nelle pareti e niente (fatta eccezione per i capelli più corti di Mellory) lasciava intendere che l’intera faccenda si fosse verificata davvero. A parte il fatto che Simon e Mallory erano impazienti di tornare nella stanza segreta almeno tanto quanto lo era Jared. L’occasione propizia si presentò una domenica, quando la signora Grace uscì a fare alcune spese e lasciò Mallory a occuparsi dei gemelli. Non appena l’auto della madre fu in fondo al vialetto, i tre si precipitarono al piano di sopra, nel guardaroba. Nella biblioteca non era cambiato praticamente nulla. I1 grande quadro era appeso alla parete, la casetta di legno era ancora appesa applique, tutto sembrava esattamente come l’avevano lasciato. «Il messaggio è sparito! » annunciò Simon. «L’hai preso tu?» chiese Mallory a Jared. «No!» D’un tratto sentirono distintamente qualcuno cha si schiariva la voce, e tutti e tre si girarono di scatto verso la scrivania. E videro un omino alto più o meno come una matita, calzoni sdruciti e guancette rosse. Aveva gli occhi neri e il naso rosso ed era identico alle illustrazioni che i tre fratelli Grace avevano visto nel libro dei segreti. Il libro non serve a voi mortali, voi non capite, non siamo uguali! Gettate il libro, ridatelo a noi! o poveri voi!
Dispettosi. Antipatici. Difficili da controllare. Quando erano ancora folletti erano utili e servizievoli. Erano capaci di fare qualunque lavoro in cambio di una scodella di latte. Forse... Jared si avvicinò al frigorifero e versò un po’ di latte in un piattino. Se l’avesse lasciato a portata di mano, magari la piccola creatura magica non avrebbe resistito alla tentazione e sarebbe uscita dalla tana nell’intercapedine della parete, lasciando tante belle impronte nella farina. Ma quando guardò il piattino colmo di latte posato sul pavimento, il ragazzina non poté evitare di sentirsi un po’ cattivo da un lato e un po’ strano dall’altro.
Lo strano era che si trovasse in quella cucina, a preparare una trappola per una creatura alla cui esistenza, solo due settimane prima, probabilmente non avrebbe neppure creduto. La ragione per cui si sentiva cattivo, invece, era che... lui sapeva benissimo cosa significava essere molto arrabbiati, e sapeva quanto fosse facile litigare con qualcuno e mettersi nei pasticci, anche se in realtà ce l’avevi con qualcun altro. E pensava che forse anche il boggart si sentiva così. Ma poi notò qualcos’altro. Lui per primo aveva lasciato un sacco di orme nella farina, allontanandosi dal latte e awianclosi verso la porta. «Accidempoli!» bofonchiò andando a recuperare una scopa. La luce si accese di colpo.
E va bene. Forse quella non era l’indicazione più chiara, alla fine. Ma Jared si disse che comunque non gli avrebbe fatto male salire ancora, oltre il secondo piano, fino al sottotetto. Le scale e le pareti circostanti erano decisamente malridotte: il colore era scrostato quasi ovunque e in diversi punti i gradini di legno scricchiolavano così forte che Jared temette che potessero cedere sotto il suo peso. Il sottotetto era uno stanzone con il soffitto inclinato e il pavimento parzialmente sfondato a una estremità. Attraverso il buco si vedeva una delle camere da letto ormai inutilizzabili. Vecchi portabiti pieni di vestiti penzolavano da un filo per stendere che attraversava tutta la soffitta. Alle travi del tetto erano appese casette per uccelli di tutte le fogge e un manichino da sarta era abbandonato, solitario, in un angolo. Il grosso pomolo che abbozzava la testa era coperto da un cappello. Infine, al centro della stanza, c’era una scala a chiocciola. Su, su, e più su ancora. Jared cominciò a salire, due gradini alla volta. Si ritrovò in una stanza piccola e luminosa. C’erano finestre su tutti i lati e, quando si affacciò, vide il tetto, piuttosto malmesso anche da quel punto di ...
Jered. «Wormrat penserebbe che è stato lui» disse, indicando Maiastrillo. «Con tutte 1e storie che ha fatto prima.» Maiastrillo balzò in piedi. «Siete proprio dei brutti bugiardi, fanfaroni e teste di rapa. . . » In quel momento un terzo goblin si avvicinò, facendo correre la lingua sui denti frastagliati «Quanta carne..«Stai lontano da mio fratello!» gli gridò Mallory, sfilando la mano da quella di Jared. Soltanto allora lui si rese conto di aver stretto per tutto il tempo la mano della sorella con- tanta forza da lasciarle il segno sulla pelle. «Perché, preferisci che mangiamo te al posto suo chiese con affettata dolcezza il goblin, rivolgendole uno sguardo minaccioso. «Zucchero, spezie, aromi.. Così i ragazzini sono più buoni... Mmm, che bontà... Ho già l’acquolina in bocca! » «Mangia questo, maiale! » ribatté Saimon. Si liberò le mani di scatto e gli rifilò un pugno in piena faccia. «Il fioretto!» Gridò Jared a Maiastrillo, cercando di sfilare a propria volta i polsi dalla corda. Il maiagoblin guardò il ragazzina, poi mollò il fioretto e se la svignò. «vigliacco! » gli urlò furioso Jared. Libero dalle corde che lo trattenevano, corse verso il falò, ma due goblin gli afferrarono le gambe e lo fecero finire lungo disteso. Ma Jared, non si sa come, riuscì a strisciare in avanti e ad allungarsi fino a raggiungere il fioretto con una mano. Lo prese e lo lanciò alla sorella. Sentì una fitta di dolore e si rese conto, in una sort;a di sbalordita incanto, di essersi tagliato il palmo. A quel punto altri goblin gli saltarono sulla schiena bloccandolo a terra. D’un tratto sentirono distintamente qualcuno che si schiariva la voce, e tutti e tre si girarono di scatto.
Prima che Jared potesse decidere se quella della visita fosse stata una buona idea, l’infermiera si fermò davanti a una porta chiusa, bussò due volte ed entrò senza aspettare risposta. La camera era piccola e le pareti erano dipinte dello stesso bianco sporco dei corridoi. Al centro della stanza c’era un letto da ospedale con la testata in metallo. Seduta sul letto, con una coperta avvolta intorno alle gambe, c’era una delle donne più vecchie che Jared avesse mai visto. I lunghi capelli erano bianchi come lo zucchero. Anche la pelle era pallida quasi trasparente. La schiena era molto curva e piegata da una parte. Un palo metallico accanto al letto sosteneva un sacchetto colmo di un liquido chiaro, collegato al braccio con un tubetto lungo e sottile. Tuttavia gli occhi della vecchietta, quando si puntarono su Jared,Si rivelarono vivaci e luminosi. «Posso chiudere quella finestra, signora S?» domandò l’infermiera, oltrepassando un comodino carico di vecchie fotografie e altri gingilli. «Altrimenti rischia di prendersi un raffreddore. » «No!» abbaiò Lucinda. L’infermiera si bloccò a metà strada. Poi, con voce più gentile, la prozia aggiunse: «La lasci aperta. Ho bisogno di un pò di aria fresca. » «Ciao, zia Lucinda» disse la madre dei ragazzi, un pò esitante. « Ti ricordi di me ! sono Helen.» La vecchia signora annuì appena. A quanto pareva aveva ritrovato la calma. «Certo, sei la figlia di Melvina. Santo cielo, figliola. Direi che sei ben più vecchia di quanto ricordassi.» Jared notò che sua madre non sembrava certo aver gradito quell’osservazione. Allorchè Lucinda chiese di aprire le finestre...
«Per le dimensioni di un orco sono perfetti» sotto lineò Simon. Alla fine la ragazzina riuscì ad aggrapparsi al secondo scalino, e solo dopo molti sfarzi a risalirla. «Simon non ce la può fare a salire quassù» disse «Sì che posso... sto bene» dichiarò il ragazzina, is sandosi goffamente sul primo scalino. Poi scrollò il capo. «Rischi di cadere » «Tieniti forte, tieniti stretto» strillò Giangoccetto dal cappuccio della felpa di Jared «e tutto andrà come un diretto. » A quel punto Jared vide sbalordito gli scalini che si avvicinavano l’uno all’altro, permettendo ai suoi fratelli di salire agevolmente. Aiutandosi con l’unica braccio sano e grazie al sostegno di Mallory, Simon riuscì a salire la scala. «Se da solo non vuoi restare, Jared caro, ti devi sbrigare! » esclamò ancora Giangoccetto. «Ah, Si... hai ragione.» Cominciò a fare le scale. Nonostante l’indispensabile aiuto del folletto di casa, più saliva e più il suo cuore accelerava. Il taglio sulla mano gli faceva male ogni volta che si aggrappava alle catene. E gli bastò guardare una volta verso il basso per essere colto calle vertigini. Quando finalmente i tre fratelli giunsero in cima alla scala si ritrovarono su un vasto pianerottolo con tre porte, una diversa dall’altra. «Proviamo quella al centro» propose Simon. «Abbiamo fatto un sacco di rumore, finora» osservò Mallory. «Possibile che non ci sia nessuno? E strano... » «Dobbiamo proseguire» disse Jared ripetendo le stesse parole pronunciate poco prima.
il libro l’ho trovato io e quindi decido io, punto e basta! «Ti faccio vedere io il punto e basta!» Mallory fece un passo verso il fratello. «Se non fosse per me, a quest’ora tu saresti morto! » «E allora?» la rimbeccò Jared. e se non fosse per me, anche tu saresti morta! » Mallory sbuffò come un mantice. A Jared sembrava quasi di vedere il fumo che le usciva dalle orecchie e dal naso. «Esatto. Potremmo essere morti a causa di quel libro.» Tutti e tre guardarono il libro, che Jared teneva con la mano sinistra. Il ragazzino si rivolse a Simon, Furioso: «Immagino che tu sia d’accordo con lei.» Simon si strinse nelle spalle, visibilmente a disagio. «Il Libro Dei Segreti ci ha aiutati a capire qualcosa di Giangoccetto e della pietra forata che permette di vedere gli abitanti del mondo fantastico. . . » Jared sorrise trionfante. Però. .. » prosegui Simon, e Jared sbarrò gli occhi «e se ci fossero altri goblin? Io non so se saremmo in grado di fermarli. E se entrassero in casa? E se rapissero la mamma? » Jared scrollò il capo. Se Mallory e Simon avessero distrutto Il Libro dei Segreti, allora tutto ciò che avevano fatto sarebbe stato inutile ! «E cosa succederebbe se restituissimo il libro e quelli continuassero a perseguitarci?». «Perché dovrebbero fare una cosa simile? »
Domandò Mallory. «Be’, noi continueremo ad avere in testa il libro di Arthur rispose Jered. «E sapremmo comunque che fate, folletti e quant’altro esistono davvero. Quelli potrebbero pensare che ce ne siamo fatti una copia...»
Jared si giro verso Simon, che stava rimescolando la massa semicongelata di carne e cereali. «E che mi dici del grifone ? I goblin volevano Byron giusto? pensi che dovremmo consegnare anche lui? «No» rispose Simon, sbirciando verso il cortile ,dietro le tendine sbiadite. «Non possiamo liberare Byron. Non si è ancora rimesso del tutto.» «Nessuno sta cercando Byron» intervenne di nuovo Mallory. «E comunque le due cose non sono paragonabili. » Jared si sforzò di pensare a qualcosa che potessi convincerli, qualcosa che dimostrasse in modo inconfutabile che avevano bisogno del Libro dei Segreti. Lui non capiva quel mondo bizzarro e incantato più di quanto lo capissero Simon o Mallory. Non conosceva neppure la ragione per cui quei personaggi magici: volessero a lutti costi quel libro quando ciò che non temeva erano proprio notizie sul loro conto. Non volevano che certe cose si venissero a sapere? O forse non volevano che la gente le vedesse? L’unica persona che poteva conoscere la risposta era Arthur che però era
...coprivano il coperchio della cassa. Pesanti bande metalliche circondavano e bordavano il cuoio corroso dal tempo. Be’, poteva dare almeno un’occhiata. Forse le indicazioni della poesia si sarebbero rivelate più chiare sapendo cosa conteneva quella specie di cassaforte. Jared sospirò profondamente, poi sollevò il coperchio. Dentro c’erano un mucchio di vecchi abiti mangiati dalle tarme. Sotto di essi, un orologio da tasca appeso a una lunga catena, un berretto sbrindellato e un sacchetto di pelle pieno di vecchi pastelli. Niente, in quel baule, aveva l’aria di essere un segreto, per l’umanità o per chiunque altro. E non c’era niente che somigliasse a un cadavere, per fortuna. “Nel cuore di un uomo si troverà il mio segreto per l’umanità.” Il ragazzino abbassò di nuovo lo sguardo verso tutte quelle cianfrusaglie, e nel tentativo di trovare un collegamento cominciò a ripetere a voce bassa: «Cuore, baule, cuore, forziere, cuore cassaforte... cassa... cuore, cassa toracica! » Finalmente era riuscito a leggere fra le righe. Il baule che stava guardando era anche una cassa, in fondo. E il cuore di un uomo è contenuto nella cassa toracica... Jared sbuffò. «Certo che l’amico aveva una bella mente contorta. . . » Era frustrante. Come poteva averci azzeccato senza aver risolto ancora nulla? Quella cassa non conteneva niente di utile, e gli altri versi della poesia non erano di molto aiuto: sì, insomma, non avevano senso. ‘’Se menzogna e verità sono una cosa sola, presto la soluzione uscirà da sola». Quell’indovinello non aveva senso...
Prima che Jared potesse decidere se quella della visita fosse stata una buona idea, l’infermiera si fermò davanti a una porta chiusa, bussò due volte ed entrò senza aspettare risposta. La camera era piccola e le pareti erano dipinte dello stesso bianco sporco dei corridoi. Al centro della stanza c’era un letto da ospedale con la testata in metallo. Seduta sul letto, con una coperta avvolta intorno alle gambe, c’era una delle donne più vecchie che Jared avesse mai visto. I lunghi capelli erano bianchi come lo zucchero. Anche la pelle era pallida quasi trasparente. La schiena era molto curva e piegata da una parte. Un palo metallico accanto al letto sosteneva un sacchetto colmo di un liquido chiaro, collegato al braccio con un tubetto lungo e sottile. Tuttavia gli occhi della vecchietta, quando si puntarono su Mallory,si rivelarano vivaci e luminosi. «Posso chiudere quella finestra, signora S?» domandò l’infermiera, oltrepassando un comodino carico di vecchie fotografie e altri gingilli. «Altrimenti rischia di prendersi un raffreddore. » «No!» abbaiò Lucinda. L’infermiera si bloccò a metà strada. Poi, con voce più gentile, la prozia aggiunse: «La lasci aperta. Ho bisogno di un pò di aria fresca. » «Ciao, zia Lucinda» disse la madre dei ragazzi, un po esitante. « ti ricordi di me ! sono Marlen.» La vecchia signora annuì appena. A quanto pareva aveva ritrovato la calma. «Certo, sei la figlia di Melvina. Santo cielo, figliola. Direi che sei ben più vecchia di quanto ricordassi.»
coprivano il coperchio della cassa. Pesanti bande metalliche circondavano e bordavano il cuoio corroso dal tempo. Be’, poteva citare almeno un’occhiata. Forse le indicazioni della poesia si sarebbero rivelate più chiare sapendo cosa conteneva quella specie di cassaforte. Jared sospirò profondamente, poi sollevò il coperchio. Dentro c’erano un mucchio di vecchi abiti mangiati dalle tarme. Sotto di essi, un orologio da tasca appeso a una lunga catena, un berretto sbrindellato e un sacchetto di pelle pieno di vecchi pastelli scompagnati e frammenti di carboncino da disegno. Niente, in quel baule, aveva l’aria di essere un segreto, per l’umanità o per chiunque altro. E non c’era niente che somigliasse a un cadavere, per fortuna. “Nel cuore di un uomo si troverà il mio segreto per l’umanità.”
II pensiero delle minuscole fatine annegate nel miele lo faceva stare malissimo. <<Questo posto e troppo silenzioso>> disse Mallory seguendolo. <<Mulgarath non puo certo stare chiuso qui dentro per tutto il tempo>> ribatté Jared. <<Magari siamo sta ti fortunati... Magari troviamo la mamma e ce la filiamo senza neanche vederlo. >> Mallory annuì, ma non sembrava affatto convinta.
Un altra ragione per cui si supponeva che dovesse essere grato. Peccato che non lo fosse... Fuori Mallory aveva accatastato due valigie sopra un vecchio baule. <<Ho sentito dire che non mangia e si sta lasciando morire>> <<Chi, zia Lucinda? Secondo me e solo vecchia replicò Simon. <<Vecchia e pazza.>> Ma Mallory scosse la testa. << Ho sentito la mamma che ne parlava al telefono. Diceva allo zio Terrence che zia lucy e convinta di avere degli amici, omini piccoli piccoli che le portano cibo.>> <<Cosa ti aspettavi di diverso? Quella e in manicomio >> sottolineo Jared. Mallory proseguì come se non l’avesse sentito. <<Dice ai dottori che il cibo che le portano gli omini e piu buono di qualunque altra cosa lei abbia mai mangiato.>> <<Ti stai inventando tutto.~ Simon striscio in fondo al bagagliaio e aprì una delle valigie. Mallory rabbrividi. <<Se muore, qualcuno erediterà questo posto, e noi dovremo traslocare di nuovo. >> <<Be’, magari potremmo tornarcene in città suggerì Jared. <<Neanche per sogno! >> sbottò Simon, a fferrando un ammasso confuso di calzettoni. <<Oh, no. A forza di rosicchiare, Jeffrey e Lemondrop si sono liberati.>> <<La mamma ti aveva detto di non portare quei topi~> sottolineo Mallory. <<Ha detto che ora potrai avere animali normali. Ma Mallory scosse la testa. << Ho sentito la mamma che ne parlava al telefono. Diceva allo zio Terrence che zia lucy e convinta di avere degli amici, omini piccoli piccoli che le portano cibo.>>
L’ingresso conduceva in una sala da pranzo. Un lungo tavolo costellato di macchie d’acqua era l’unico mobile. L’intonaco del soffitto era crollato in piu punti e un lampadario penzolava da cavi sfilacciati. <<Perche voi tre non cominciate a scaricare la macchina e a portar dentro i bagagli? >> propose la Signora Grace. <<Qui dentro?>> chiese Jared. <<Si, qui dentro.>> La madre posò sul lungo tavolo la valigia che aveva in mano, ignorando di proposito la nube di polvere che si sollevò. <<Se la vostra prozia Lucinda non ci avesse permesso di abitare qui, non so proprio dove saremmo andati a finire. Quindi direi che dovremmo essere grati di avere un
tetto sopra la testa. >> Nessuno di loro apri bocca. Per quanto si sforzasse, Jared non riusciva neppure ad avvicinarsi alla sensazione di gratitudine che avrebbe dovuto provare. Dal momento in cui papĂ li aveva lasciati, tutto aveva cominciato ad andare male. A scuola aveva fatto a pugni e il livido che stava pian piano cambiando colore intorno al suo occhio destro ne era la prova... ma quel posto, quell â&#x20AC;&#x2DC;orrendo buco cadente era decisamente la parte peggiore di tutta la faccenda. E cosĂŹ si conclude la meravigliosa avventura dei fratelli Grace , che tra allegria e incertezza si avventurano in quella che sarĂ la loro nuova dimora.
Desidero ringraziare il mio professore di illustrazione, per avermi permesso di esprimere le mie capacitĂ con lâ&#x20AC;&#x2122;ausilio della colorazione digitale.