Giornale delle Imprese

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periodico d’informazione aziendale edizione di Parma, Reggio Emilia e Modena

anno III Aprile 2010 REGGIO EMILIA

PARMA

Progetto Ariamia: eco-noleggio di veicoli elettrici e mobilità sostenibile

Camera di Commercio e Provincia rinnovano il fondo anti-crisi

Il servizio a pagina 22

Il servizio a pagina 7

Editoriale

Una fitta rete d’imprese impegnata nello sviluppo economico e sociale di Ottavio Margini Per affrontare in modo serio il tema della Cooperazione occorrerebbe uno studio approfondito e non è il compito certamente di questo periodico. Abbiamo quindi cercato di acquisire, intervistando i Presidenti di due importanti Associazioni del mondo cooperativo, informazioni sulle peculiarità del sistema che rappresentano ed abbiamo posto loro una serie di quesiti su aspetti che sono oggetto di dibattito. Ricordo che l’elemento distintivo ed unificante di ogni tipo di cooperativa si riassume nel fatto che, mentre il fine ultimo delle società di capitali è la realizzazione del lucro e si concretizza nel riparto degli utili patrimoniali, le cooperative hanno invece uno scopo mutualistico, che consiste nell’assicurare ai soci il lavoro, o beni di consumo, o servizi, a condizioni migliori di quelle che otterrebbero dal libero mercato. Sono molti gli argomenti sui quali mi piacerebbe soffermarmi: il ruolo sociale, lo scopo mutualistico, il rapporto con la politica e tanti altri ancora. Ma ho ritenuto di soffermarmi in queste poche righe sulla forza aggregante del Sistema Cooperativo. Il tema delle reti d’impresa, sembra sia diventato solo oggi fondamentale per la crescita del nostro sistema. La crisi economica ha sollecitato altri settori dell’economia (che fino ad ora non avevano sostenuto adeguatamente il formarsi di Consorzi o di altre forme aggreganti) a favorire i rapporti di cooperazione tra le aziende, per accrescere la competitività. Sull’argomento si moltiplicano le iniziative : incontri, seminari, bandi pubblici, ecc. Forse, per molti aspetti, basterebbe guardare......… il sistema della cooperazione.

In primo piano

Il movimento cooperativo in Italia rappresenta, in termini economici, oltre il 7% del PIL

Imprese & Cooperazione

CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA

2009: fatturato, produzione e ordini in calo mediamente del 14 per cento Il servizio a pagina 8

Aprile 2010 D.Lgs 231/2001

Responsabilità amministrativa e penale dell’impresa: riflessi assicurativi Il servizio a pagina 16

PROVINCIA DI MODENA

Conclusa la 4a edizione del Premio “Responsabilità Sociale d’Impresa” Il servizio a pagina 7

FORMAZIONE

Sicurezza in azienda: da IFOA un vasto programma di corsi

Il servizio a pagina 9

è distribuito gratuitamente in duplice copia con la formula “per te e per un collega”

Il servizio a pagina 27


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IMPRESE & COOPERAZIONE

Inte r v i s t a a Giuseppe Alai – Pre s i d e n te d i U n i o n c o o p R e g g i o E m i l i a

L’impresa cooperativa ha una funzione sociale: generare lavoro, ricchezza, democrazia economica e coesione sociale Non giochiamo con la finanza e non portiamo la produzione nelle aree più povere del mondo Quali i principi ed elementi distintivi di un’impresa cooperativa rispetto ad un’altra impresa ? “Beh, il fatto che si tratta di imprese di uomini e non di capitali è un primo elemento di distinzione, ma in fondo è davvero il più scontato. Se ci fermassimo a questa lettura perderemmo di vista – come spesso accade – la vera natura della cooperazione e la sua diversità. Il vero discrimine è che siamo di fronte ad una impresa che ha una funzione sociale che le deriva dall’applicazione di principi mutualistici che riguardano i soci e la comunità in cui l’impresa si colloca. Il primo punto di riferimento non è dunque né il mercato né il profitto, ma il socio e l’insieme dei soci; anzi, di più, è il territorio in cui l’impresa viene chiamata a generare lavoro, ricchezza e democrazia economica, coesione sociale, guardando ad una pluralità di interessi che uniscono i soci e uniscono le comunità. E’ da qui che discendono principi quali quello di “una testa un voto”, che nulla ha a che vedere con una governance fondata sulla quota di capitale posseduta, o ancora il ristorno, che premia il socio in funzione della sua attiva partecipazione alla vita dell’impresa. E’ da qui che nasce il vincolo – per la cooperativa autenticamente mutualistica – di un rapporto prevalente con i soci nel conferimento o nella vendita di beni o nei rapporti di lavoro. Troppe volte le cose vengono ribaltate, ovvero si pensa che i caratteri distintivi siano questi, quando in realtà il principio autentico di distinzione è la mutualità, dalla quale nascono comportamenti, funzioni, regole, modalità di lavoro, legame con il territorio e anche vincoli legislativi. Per dirla in altri termini, la cooperativa non è un’impresa che esercita semplicemente una responsabilità sociale nei confronti delle comunità, magari attraverso azioni benefiche, ma è una società che chiama le comunità al suo stesso tavolo, chiede ed offre alle persone l’esercizio di una responsabilità non banale nella pratica di una solidarietà, di un’equità e di una condivisione tutt’altro che scontata nell’esercizio di un’attività imprenditoriale”.

Giuseppe Alai - Presidente Unioncoop Reggio Emilia

Come nasce e come si sviluppa la cooperazione in Emilia e quali sono le differenze tra le cosiddette cooperative bianche e cooperative rosse? “La storia è lunga e credo anche abbastanza nota. La cooperazione si sviluppa già nell’800, e sin dall’origine si caratterizza su due filoni: da una parte cooperative di lavoro (braccianti, in prevalenza) e di consumo che in massima parte si rifanno al pensiero socialista; dall’altra cooperative (agricole e di credito, in particolare) che traggono spunto dall’Enciclica “Rerum Novarum”, ovvero da un forte richiamo all’impegno dei cattolici nel sociale. Riuniscono piccoli artigiani, commercianti, agricoltori che hanno bisogno di difendersi dall’usura o dal potere ricattatorio di grandi commercianti di prodotti agricoli, ai quali i soci delle prime cooperative agricole rispondono creando proprie strutture di trasformazione. Da una parte abbiamo dunque la cooperativa che assicura lavoro ai più deboli, e dall’altra cooperative che riuniscono deboli imprenditori. Nel tempo sostanzialmente questi due filoni non sono cambiati molto, pur in presenza di una cooperazione che si è inserita in tutti i settori produttivi e di servizio che connotano la nostra economia e la nostra società. Questa è anche l’origine della suddivisione delle cooperative in “bianche” e “rosse”, che sono categorie superate da tempo perché non hanno senso queste connotazioni ideologiche. Le une non sono contrapposte alle altre, e piuttosto che ai colo-

ri oggi bisogna semplicemente guardare ad un altro parametro per distinguere le cooperative, ovvero quelle che prevalentemente esercitano la loro azione in termini mutualistici e quelle che non hanno questa caratteristica. Parlare ancora di coop bianche e rosse non ha dunque senso, mentre è invece fondamentale parlare di cooperazione in funzione di una mutualità vera, praticata ogni giorno così da adempiere a quella funzione sociale che richiama anche il dettato costituzionale”. Quanto è importante oggi il movimento cooperativo in Italia e a Reggio Emilia? “Tanto, e non solo in termini economici. Vede, il problema non è semplicemente capire quale quota di PIL (7% a livello nazionale, molto di più nella nostra provincia) rappresentano le cooperative, ma piuttosto capire quanti milioni di soci diventano imprenditori attraverso questa formula, quanti e quali servizi rendono alla comunità e alle fasce più svantaggiate, quanto lavoro danno a persone spesso prive di qualunque qualifica che senza le cooperative sarebbero preda del caporalato, del lavoro nero o dormirebbero sulle panchine delle stazioni. Le cooperative che noi rappresentiamo sono l’espressione di un’economia reale che non gioca con la finanza, non brucia risorse destinabili al lavoro e agli investimenti, non porta i centri di produzione nelle aree più povere del mondo, ma resta ancorata al territorio ed è qui che produce e difende l’occupazione, promuove imprenditorialità, una cultura del lavoro che coincide con l’assunzione di rischi e responsabilità, si occupa delle persone più deboli offrendo servizi insostenibili dal pubblico, condivide la storia delle comunità, i successi e le difficoltà senza cercare scorciatoie, genera lavoro, sicurezza e coesione sociale. Per quanto siano importanti i numeri che ruotano attorno alle nostre imprese (53.000 soci, ad esempio, per la sola Confcooperative provinciale), francamente mi spiace che si misuri ancora il ruolo della cooperazione pressochè esclusivamente in termini di cifre”.

Vi è spesso la convinzione che le imprese cooperative godano di benefici particolari rispetto alle altre imprese e per questo siano avvantaggiate nella competizione. E’ vero? “Anche questa è una storiella che ci trasciniamo da troppo tempo e che viene usata da chi non vuole leggere la realtà dei fatti. I cosiddetti “privilegi” sono ormai ridotti ad una minore imposizione fiscale sugli utili prodotti dalla cooperativa e destinati a riserva indivisibile, ovvero ad un fondo che non sarà mai distribuito tra i soci ed è, conseguentemente, patrimonio collettivo. Il 3% degli utili, peraltro, va a costituire un fondo nazionale per la promozione di nuove imprese, e non mi pare sia questione da poco. A fronte di questi “privilegi” vi sono peraltro molti vincoli, e primo fra tutti la correlazione tra favor fiscale ed esercizio della mutualità: in altre parole, il vantaggio è concesso in presenza di comportamenticoerentiallamission della cooperativa. Oggi la scelta cooperativa non è legata certo a privilegi, ma alla possibilità di crearsi un’impresa e un lavoro in stretta collaborazione con altri per raggiungere risultati individualmente impensabili, e questo vale anche nei settori più evoluti e nelle professioni. Non siamo più di fronte, in sostanza, ad una cooperazione che raggruppa solo i più deboli, ma a persone che scelgono la strada dell’autogestione non solo per necessità, ma perché animate dalla spinta alla condivisione di beni, mezzi e progetti, fermo restando il fatto che tuttora lo strumento cooperativo è guardato soprattutto da chi dispone di capitali modesti o vuole crearsi il lavoro che desidera o che non trova altrove”. La crisi dell’economia in atto ha evidenziato soprattutto nei confronti delle PMI un importante ruolo delle banche del Credito Cooperativo. Quali i motivi? “Perché si tratta di banche legate davvero al territorio, alle comunità e all’economia reale, quella fatta di beni e servizi e non di avventure finanziarie. Non a caso sono state le BCC

le prime a mettere a disposizione fondi per la liquidità delle imprese locali (100 milioni nel 2008), ad anticipare la cassa integrazione a dipendenti di aziende in crisi, ad aderire alla moratoria sui debiti delle PMI, a proporre moratorie sui mutui casa, a creare fondi di garanzia sulle obbligazioni, per arrivare sino ad un fondo istituzionale che garantisce i clienti anche in caso di default di un singolo istituto. Più e meglio di altri le BCC conoscono i bisogni delle piccole e medie imprese perché sono vere banche locali che reinvestono nel territorio quel che dal territorio raccolgono. Guardi che anche le BCC sono imprese, e quindi – anche se erogano centinaia di migliaia di euro in beneficenza – non sono enti di beneficenza: hanno però la consapevolezza che il sostenere anche una sola impresa in difficoltà significa aiutare tutta l’economia locale: le persone che in essa lavorano, le loro famiglie, le attività e i servizi di cui le persone hanno bisogno. Rispondono quindi a criteri economici, di efficienza e di competizione come qualunque impresa, ma lo fanno guardando a bisogni concreti e a concrete possibilità di sviluppo dell’economia locale, condividendo con le imprese percorsi responsabili, di trasparenza e di collaborazione vera, sapendo dire anche i loro “no” quando i percorsi imprenditoriali non sono chiari e non ne è chiaro l’obiettivo”. Ha ancora un senso la presenza di due distinte Associazioni a rappresentare il mondo della Cooperazione? “Avrà senso fino a quando le imprese riterranno più opportuna questa modalità di rappresentanza. Ogni processo, così come accade nella vita delle cooperative, parte dal basso: non avrebbe senso l’imperativo di una unitarietà imposta, unendo forzatamente modelli imprenditoriali che non sempre sono sovrapponibili. Credo arriveremo anche a questo risultato, ma quel che conta, oggi, è che le centrali cooperative lavorino in sintonia sui temi che riguardano lo sviluppo cooperativo e l’affermazione di un modello che sappia sempre distinguersi per quella mutualità che ne è fondamento”.


IMPRESE & COOPERAZIONE

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Intervista a Ildo Cigarini – Presidente Legacoop Reggio Emilia

In tutto il mondo la cooperazione si sta sviluppando anche sulle grandi dimensioni Sì al processo di internazionalizzazione ma ci sentiamo più “glocal” che “global” La grandi cooperative rischiano spesso di assomigliare a Spa, attorniate da altre imprese (cooperative e non) controllate o controllanti. Quali le differenze? “Innanzitutto va rimosso un preconcetto. Che solo le piccole cooperative possono essere vere cooperative. In tutto il mondo la cooperazione si sta sviluppando anche sulle grandi dimensioni, tanto che le nostre grandi cooperative italiane sono molto indietro nella graduatoria mondiale. Le due più grandi cooperative sono giapponesi e sviluppano un volume d’affari impressionante rispetto alle cooperative italiane. Credit Agricole, Migros, Rabobank, tanto per fare qualche nome, dicono qualcosa? Il gruppo Unipol, nell’ultima classifica dell’Alleanza Cooperativa Internazionale, era al 12° posto. Poi per trovare un’altra cooperativa italiana bisogna scendere al 76° posto di Unicoop Firenze. Non parliamo delle cooperative reggiane. Quello delle grandi cooperative è un problema che si tira in ballo per dare addosso alla cooperazione. Se poi ripercorriamo la storia della cooperazione italiana, e reggiana, la volontà di sviluppare la cooperativa è sempre stata presente, anche ai tempi di Prampolini e Vergnanini. Certo, governare un’impresa cooperativa di grandi dimensioni è impegnativo, e siamo noi i primi a dire che le regole della democrazia e dei valori cooperativi vanno rispettati, ma non si può limitare la crescita delle cooperative, che legittimamente possono utilizzare anche altre forme di impresa per svilupparsi, competere ed operare in rapporto con altri partner. Vorrebbe dire relegarle ad una forma di impresa residuale e non competitiva. Legittimamente le cooperative possono utilizzare anche altre forme di impresa per svilupparsi, competere ed operare in rapporto con altri partner. Purchè rispettino le regole. Le differenze con le Spa sono nei valori e nelle regole che sono alla base della forma cooperativa. Si conta non per il capitale versato ma come singolo socio. Gli utili solo in parte possono ritornare ai soci, e buona parte

deve rimanere in cooperativa. Il patrimonio, in caso di scioglimento, non va ai soci ma al Fondo nazionale di promozione. Il patrimonio accumulato rimane a disposizione delle future generazioni. Penso che come differenze ce ne siano a sufficienza”. Quale può essere il miglior sistema della “governance” nelle grandi Cooperative dove il principio di democrazia e partecipazione rischia di essere molto affievolito? “Non esiste un modello che possa soddisfare le esigenze di tutte le cooperative. Vi sono infatti differenze di dimensione, di settore e di forma cooperativa: produzione lavoro, servizi alla persona, cooperative di utenza, cooperative fra dettaglianti, cooperative di produttori agricoli, ecc.. La governance è un abito su misura, ma va realizzato con un buon taglio e una buona stoffa.

La Cooperazione ha forti radici sul territorio, il suo radicamento è storico e non ha solo una valenza economica ma anche sociale Fuor di metafora, ci sono principi che possono essere condivisi al di là delle differenze: strumenti per una partecipazione attiva dei soci alla vita della cooperativa (commissioni di lavoro, assemblee di zona, una adeguata informazione), un programma di formazione degli amministratori dei Cda sui temi del Bilancio e della responsabilità sociale o amministrativa; una sicura strumentazione di controllo che va dalla certificazione alla 231 (organismo di vigilanza sui reati amministrativi), una chiara individuazione della mission e del Codice Etico della cooperativa e infine, non per ultimo, una reale separazione fra indirizzo strategico (Cda) e gestione (Direzione aziendale) che può favorire al meglio il ruolo di controllo della proprietà cooperativa sulle scelte aziendali”.

Quale il rapporto tra Cooperazione e Politica? Perché negli Organi di amministrazione vi sono uomini politici o, al contrario, nelle pubbliche amministrazioni vi sono dirigenti cooperativi? Non vi è il rischio anche nel mondo della Cooperazione del “conflitto di interessi”? “E’ indubbio che in passato c’è stato un rapporto forte tra cooperazione e politica, ma va anche considerato che nelle nostre terre la cooperazione è stata, ed è un fenomeno diffusissimo, con una storia che fin dalla fine dell’ottocento ha avuto un legame forte, ma non necessariamente negativo, con l’attività politica, sia nella cooperazione di ispirazione laica e socialista che cattolica. Ma oggi tutto questo intreccio non mi sembra di vederlo: l’autonomia della cooperazione e delle singole cooperative dalla politica è ormai un dato di fatto. Certo, se si vuol fare della polemica gratuita, tiriamo fuori ancora questo problema. E’ indubbio che ci sono dei cooperatori che si interessano di politica e hanno anche incarichi amministrativi (molto pochi, peraltro). Ma perché si dovrebbe da una parte condannare un cooperatore che fa l’amministratore, e dall’altra invocare che uomini di impresa prendano le redini del governo, nazionale o locale? Il conflitto di interessi c’è solo se fa l’amministratore un cooperatore, e non un imprenditore?” Vi è un orientamento di pensiero che ritiene che le imprese cooperative dovrebbero presidiare in particolare le attività di interesse collettivo, i servizi sociali, culturali, educativi ricreativi, la gestione dei servizi di rete (distribuzione di energia e acqua; smaltimento dei rifiuti, ecc.). Cosa ne pensa? “Che la cooperazione intervenga in questi settori è estremamente positivo. Inoltre il fatto che lo facciano imprese non speculative credo che sia una garanzia per tutti. Una recente indagine commissio-

Ildo Cigarini - Presidente Legacoop Reggio Emilia

nata per Legacoop ci dice che c’è un grande interesse per la cooperazione che opera nei servizi alla persona e al territorio. Ma la cooperazione può e deve operare in tutti gli altri settori, così come avviene a livello mondiale, e così come insegna la storia della cooperazione reggiana. Nel settore agroindustriale, nelle costruzioni, nei servizi alle imprese, nella distribuzione, nel settore industriale perché non dovrebbero operare le cooperative? La risposta la possiamo dare proprio con l’esperienza reggiana, analizzando come il ruolo della cooperazione, in tanti settori, sia stato utile allo sviluppo economico e sociale della nostra provincia”. Mercato globale e cooperazione: come si inserisce l’impresa cooperativa in tale contesto e può essere un modello di sviluppo di riferimento? “La Cooperazione ha forti radici sul territorio, il suo radicamento è storico e non ha solo una valenza economica ma anche sociale. Ciò nondimeno le cooperative vivono il contesto economico globale così come lo vive il nostro territorio. Il tema della internazionalizzazione è un tema ben presente nelle cooperative di Legacoop e alcune di esse hanno già significative esperienze sul campo: Cormo, Ccpl, Coopservice solo per citarne alcune. Il tema dell’internazionalizzazione è proposto con grande attenzione anche da Boorea,

una cooperativa di cooperative che ha nella sua mission anche l’obiettivo di favorire l’internazionalizzazione delle imprese cooperative. Le esperienze in corso e quelle del futuro prossimo hanno un tratto distintivo, non sono orientate a delocalizzare l’attività per inseguire i bassi costi ma a creare nuove opportunità su altri mercati, mantenendo l’impronta cooperativa e il radicamento progettuale sul nostro territorio. Camminiamo nel mondo ma con la testa a Reggio Emilia. Ci sentiamo più “glocal” che solo “global”. Ha ancora un senso la presenza di due distinte Associazioni a rappresentare il mondo della Cooperazione? “Le forme di rappresentanza hanno una storia che viene da lontano con, in alcuni casi, forti connotati distintivi. Una storia che ha ancora un suo peso se solo pensiamo che il giudizio sulla cooperazione, ancora oggi, tende a semplificare l’appartenenza individuando in Legacoop la “cooperazione rossa” e in Confocooperative la “cooperazione bianca”. In realtà la rappresentanza degli interessi delle cooperative non segue più questo schema datato e anacronistico. L’autonomia delle nostre organizzazioni è nei fatti, nelle politiche e nei valori che proponiamo. Non c’è distinzione nel rappresentare gli interessi dei soci e delle cooperative perché i principi cooperativi: indivisibilità del patrimonio, una testa un voto, responsabilità sociale, solidarietà e mutualità, ci rendono più uguali e meno diversi. Se ascoltassimo con più attenzione i nostri soci capiremmo che il bisogno di unità è nelle cose, sentito e voluto. Io non voglio predicare al vento, dico solo questo: lavoriamo per convincere le nostre organizzazioni nazionali che il momento è ora, che una organizzazione unitaria della cooperazione è più forte per le cooperative e i soci e più utile al Paese”.


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COOPERAZIONE

Pres e n te i n Italia ed all’estero, o g n i a n n o p r e p a ra 6 0 m i l i o n i d i p a s ti

CIR Food: simbolo della qualità della ristorazione italiana L’impegno per la Responsabilità Sociale Nata nel 1992 dall’unificazione di tre aziende cooperative CRR di Reggio Emilia CORIS di Modena e COFERI di Ferrara, aziende già operanti nei loro territori da oltre vent’anni (1977, 1973, 1981), CIR Food è oggi fra i leader nel mercato della ristorazione moderna. Ne parliamo con il Presidente Ivan Lusetti. “I valori del Gruppo CIR Food – afferma Lusetti – sono fortemente radicati nel solco della tradizione cooperativa italiana e sono incentrati sulla qualità, sul cliente e nell’attenzione verso le tematiche sociali. Obiettivo primario del Gruppo è quello di divulgare una corretta cultura dell’alimentazione, migliorando al tempo stesso le abitudini di consumo. CIR Food intende dunque proporsi come il simbolo della qualità della ristorazione italiana, valorizzando la cucina tradizionale nazionale non soltanto in Italia ma anche all’estero.” Questi sono i valori che hanno consentito lo sviluppo del Gruppo che oggi conta su una forza lavoro di quasi 8.000 addetti di cui oltre 1.600 cuochi che ogni anno preparano circa 60 milioni di pasti.

Quali i vostri mercati di riferimento? “Nel settore della ristorazione collettiva, CIR Food si propone – risponde Lusetti – sia come gestore diretto delle cucine dei clienti sia con pasti distribuiti dai propri centri cottura, elaborando menu sulla base di criteri nutrizionali rigorosi definiti da uno staff di dietisti e nutrizionisti. Nella ristorazione sociosanitaria, CIR Food garantisce massima flessibilità nella preparazione dei pasti per strutture complesse e molteplici. Nelle scuole – prosegue Lusetti – promuove iniziative che coinvolgono attivamente alunni e famiglie al fine di comprendere quanto sia importante un’alimentazione sana ed equilibrata, come il concorso “Genitori, cuochi per un giorno!” realizzato lo scorso anno a Reggio Emilia, in cui i ragazzi hanno premiato le migliori ricette presentate. Il Gruppo – continua Lusetti – offre quindi servizi a diverse strutture, dalle scuole alle aziende, dagli ospedali alle caserme militari, oltre a proporre alcuni format di ristorazione commerciale come i

La sede di CIR Food

self-service RITA, acronimo di Ristorazione Italiana, e a fornire un servizio di buoni pasto a marchio BluTicket. Siamo attivi in 15 regioni italiane e presenti anche all’estero in Belgio, Bulgaria, USA ed in Vietnam, dove recentemente ha inaugurato un centro pasti”. Prima parlava di attenzione alle tematiche sociali. Può approfondire questo tema? “Nel febbraio 2009 CIR Food – risponde Lusetti – ha ottenuto il riconoscimento della certificazione SA8000, che attesta il suo impegno nel promuovere attività volte al miglioramento della qualità del lavoro e del servizio svolto nei diversi settori d’interven-

to. Tutti i progetti realizzati sono stati rendicontati e analizzati nel Bilancio Sociale dell’anno 2008, redatto con una nuova impostazione che rispetta i requisiti della normativa SA8000, oltre ad essere stato arricchito nei contenuti. Per fare soltanto alcuni esempi, sono state illustrate le attività di CIR Food finalizzate alla tutela dei lavoratori, dalla garanzia di ambienti di lavoro salubri e sicuri ai programmi di formazione, dalla possibilità di aderire come socio alla cooperativa al rispetto di tutte le applicazioni del Contratto Collettivo adottato, come l’orario lavorativo conforme alla legge e la protezione delle donne in maternità. E’ da sottolineare inoltre la possibilità che CIR Food offre a tutti i lavoratori di collaborare nell’applicazio-

ne dei parametri della certificazione SA8000, segnalando eventuali suggerimenti al fine di migliorarne l’efficacia. A conferma dell’impegno profuso in tale ambito – continua Lusetti – CIR Food è stata fra le aziende selezionate dalla Provincia e dalla Camera di Commercio di Modena per il Premio annuale di Responsabilità Sociale, a cui hanno partecipato circa quaranta imprese modenesi e la cui cerimonia si è svolta lo scorso 8 aprile 2010 a Modena. Fra i numerosi progetti presentati, CIR Food si è distinta per il proprio Bilancio Sociale, con cui ha dimostrato di saper dare forma concreta ai criteri imposti dalla normativa internazionale. Il conseguimento della certificazione SA8000, rinnovato nel gennaio di quest’anno, è di fondamentale importanza per CIR Food, poiché ci consente di monitorare al meglio la coerenza dei nostri comportamenti rispetto agli elementi portanti della missione aziendale.


COOPERAZIONE

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In te r v i s ta a l Presid ente Fiorenz o Pr a ti

C.A.M.A.R.: dall’housing sociale al project financing Ha realizzato il Centro Sportivo Polivalente di Castelnuovo Monti (RE) Nel 1977 nove piccole imprese edili (artigiani muratori) del nostro appennino hanno dato vita a C.A.M.A.R. (Cooperativa Artigiani Muratori Appennino Reggiano). C.A.M.A.R. è oggi un’importante realtà del nostro territorio con quaranta soci, diverse imprese partecipate o controllate ed un bilancio consolidato che supera i 25 milioni di Euro. Ne parliamo con il Presidente Fiorenzo Prati. “La nostra Cooperativa – afferma Prati – ha sempre privilegiato la qualità dei soci rispetto al numero. Questo ci ha permesso negli anni di crescere acquisendo importanti lavori nell’ambito dell’edilizia civile, industriale e dei lavori pubblici. Oggi l’azienda lavora su quasi tutto il territorio nazionale”. Quali sono attualmente i vostri principali ambiti di intervento? “La nostra Cooperativa – risponde Prati – si è impegnata da sempre sull’Housing Sociale ovvero quegli interventi di edilizia civile finalizzati a realizzare abitazioni a basso costo per giovani coppie, famiglie disagiate, studenti,

lavoratori fuori sede ecc. Gli ultimi interventi che abbiamo realizzato sono a Cavriago e Felina dove abbiamo ancora alloggi disponibili a prezzo convenzionato e con la possibilità di usufruire di un finanziamento regionale a tasso agevolato (c.d. legge regionale 300 alloggi). Altro ambito d’intervento – continua Prati – è Il project financing, ossia la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari (o con oneri ridotti) per la pubblica amministrazione. Si tratta di un modello per il finanziamento e la realizzazione di opere pubbliche del tutto nuovo nel nostro settore che dovrebbe in parte porre rimedio alla scarsità di fondi pubblici. A tale riguardo abbiamo da poco inaugurato il Centro Sportivo Polivalente di Castelnuovo Monti realizzato insieme al Comune. Si tratta di un impianto molto bello e all’avanguardia, dotato di due piscine coperte ed una scoperta (semiolimpionica) di palestra, sala body building, sala aerobica ed un centro estetico di alto livello con saune, ba-

ABITAZIONI A PREZZO CONVENZIONATO PER GIOVANI COPPIE A Cavriago e Felina abbiamo ancora alloggi disponibili a basso costo e con la possibilità di usufruire di un finanziamento regionale a tasso agevolato Fiorenzo Prati, Presidente di C.A.M.A.R.

gno turco, percorso kneipp, area massaggi, ecc.. Si è trattato di un’operazione da oltre sei milioni di euro. Il Comune di Castelnuovo Monti ha messo a disposizione l’area ed una parte del capitale. La parte rimanente è stata finanziata da C.A.M.A.R. alla quale è stata affidata la gestione del Centro Sportivo tramite la quale dovrà recuperare l’investimento. La nostra Cooperativa – afferma Prati – è poi in grado

di progettare e realizzare nuovi quartieri. Un esempio è l’Area ex dogana a Reggio Emilia dove abbiamo realizzato 100 alloggi oltre a costruzioni destinate al terziario (uffici direzionali); tra queste la nuova sede dell’Unione Cooperative in Largo Gerra. Da ultimo – conclude Prati – siamo impegnati nel Global Service ovvero nella manutenzione di edifici ed opere pubbliche quali le reti per l’acqua ed i gasdotti”.

Per informazioni: tel. 0522-811395


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COOPERAZIONE

Il C o n s o r z i o Oscar Romero comp i e ven t’a n n i

Come coniugare imprenditorialità, solidarietà e sviluppo di comunità Servizi ed assistenza alle imprese per l’inserimento al lavoro di persone svantaggiate Dare lavoro a chi è in difficoltà, sviluppare servizi di assistenza ed educativi alle persone anziane, disabili, emarginate, ai giovani ed ai bambini: queste sono le prerogative della cooperazione sociale e del Consorzio Oscar Romero che nasce nel 1990, promosso dal settore di solidarietà sociale della Confcooperative di Reggio Emilia. Ne parliamo con Mauro Ponzi, Presidente del Consorzio. “Era il tempo della grande attività di promozione delle Cooperative sociali – afferma Ponzi – ed all’interno del mondo dei cooperatori c’era il convincimento profondo che le cooperative neonate, per rafforzarsi, avrebbero dovuto aggregarsi in forma consortile per caratterizzare una forte identità valoriale espressa su un territorio. Per questo motivo nacque il nostro Consorzio che prese il nome dal vescovo di San Salvador Oscar Romero assassinato in chiesa, durante la Messa, perché si era schierato con il popolo condividendone la vita e le miserie”.

Quale la struttura del Consorzio? “Il nostro Consorzio – risponde Ponzi – aggrega 24 cooperative sociali, di cui 10 impegnate nel settore dei servizi socio-assistenziali ed educativi, 12 nel settore dell’inserimento lavorativo e 2 in entrambi. Il fatturato aggregato del Consorzio e delle cooperative associate supera i 30 milioni di euro, ma sono soprattutto i risultati sociali che ci rendono protagonisti di questo territorio nella cura, nell’educazione, nell’inserimento al lavoro di persone in condizione di svantaggio: gli oltre 1.000 soci e dipendenti del sistema consortile, i circa 5.000 cittadini (anziani, disabili, minori e giovani, con problematiche psichiatriche, coppie genitoriali, stranieri, disoccupati, alcool e tossicodipendenti, carcerati ed excarcerati, ecc.) che ricevono continuativamente i nostri servizi”. L’inserimento al lavoro di persone svantaggiate è una delle attività che identificano la cooperazione sociale. Di cosa si tratta?

Mauro Ponzi, Presidente del Consorzio Oscar Romero

“La legge – risponde Ponzi – prevede la possibilità di costituire cooperative che, operando in settori di attività diversi (agricolo, commerciale, industriale, di servizi), abbiano in comune la scelta di svolgere la propria attività economica occupando (per una quota pari ad almeno il 30% dei lavoratori assunti)

persone che si trovano in condizioni di svantaggio: disabili, detenuti, persone con disagio mentale. La cooperazione sociale è dunque un modello assolutamente unico per la propria capacità d’inserimento, poiché è uno strumento di mediazione che favorisce l’accesso al lavoro delle fasce deboli e, nel contempo, con il contributo di queste, gestisce veri e propri processi produttivi. La “mission” della cooperativa di inserimento è, dunque – continua Ponzi – la promozione alla condizione lavorativa di persone che altrimenti rimarrebbero consegnate in quella socio-assistenziale. Insieme a Mestieri, agenzia per il lavoro autorizzata all’intermediazione costituita dal sistema della cooperazione sociale per sviluppare interventi di politica attiva per il lavoro, il Consorzio ha sviluppato, soprattutto in partnership con gli enti pubblici, specifici interventi per favore l’inserimento al lavoro di persone svantaggiate. Ma ciò che ci preme è anche sottolineare che viene for-

nito un servizio qualificato e competente nel gestire le problematiche legate alle persone svantaggiate che è di grande aiuto anche alle imprese. Sappiamo che la maggior parte degli imprenditori e delle imprese ha a cuore il benessere del proprio territorio ed è con questa consapevolezza che riteniamo utile proporre servizi che aiutino a risolvere in termini economici ed efficaci le questioni relative al lavoro delle persone fragili”. Quali sfide per il futuro? “Di fronte alla crisi del vecchio sistema di protezione sociale – afferma Ponzi – all’impossibilità per lo Stato di ridistribuire la ricchezza eccedente attraverso il prelievo fiscale in forma di servizi, la sfida è soprattutto quella di essere sempre più uno strumento della comunità, vicino ai cittadini e capace di rispondere ai vecchi ed ai nuovi bisogni lavorando, insieme alle istituzioni a agli altri attori della comunità che possono collaborare al perseguimento degli stessi obiettivi”.


ECONOMIA

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Il P r e m i o è promosso d alla Prov i n ci a di M oden a e da l l a Ca m er a di com m e rc i o

Sono 18 i vincitori della 4ª edizione del Premio “Responsabilità Sociale d’Impresa” Hanno partecipato quaranta aziende Sono 18 i progetti vincitori della 4ª edizione del Premio “Responsabilità Sociale d’Impresa” in Provincia di Modena per il quale hanno concorso 43 progetti presentati da quaranta imprese modenesi. Il Premio, promosso dalla Provincia di Modena e dalla Camera di commercio in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e sindacali, l’Università di Modena e Reggio Emilia e Banca etica, si è concluso con la cerimonia di premiazione alla quale sono intervenuti, tra gli altri, il presidente della Provincia Emilio Sabattini e il presidente della Camera di Commercio Maurizio Torreggiani. Il tema della responsabilità sociale d’impresa (RSI o

CSR - Corporate Social Responsibility) è un concetto che difficilmente si può inquadrare in una definizione precisa e unitaria. A livello europeo vi è una condivisione nell’associarlo “all’integrazione volontaria delle preoccupazioni di carattere sociale e ambientale nelle attività produttive e commerciali delle imprese e nel loro relazionarsi con le diverse classi di portatori d’interesse” (Libro Verde della Commissione Europea, 2001). Le quaranta aziende (tra le quali 11 cooperative) che hanno partecipato alla 4ª edizione del Premio rappresentano i diversi settori dell’economia: dall’industria al commercio, dai servizi alle imprese al settore multiutility.

Prevalgono le piccole imprese (23), seguite dalle grandi (10) e infine dalle medie (7). Tra i progetti presentati, i più numerosi sono quelli relativi all’innovazione di prodotto e di servizio, seguiti dalle iniziative volte a migliorare la qualità del lavoro e i rapporti con i dipendenti, e da quelle nell’area ambientale. Gli altri ambiti per i quali si caratterizza la responsabilità sociale d’impresa sono i rapporti con la comunità, la “governance” d’impresa, la filiera dei fornitori, la rendicontazione, il marketing sociale, le pari opportunità di genere. Quest’anno è stato assegnato un riconoscimento anche alle imprese in situazione di crisi che hanno realizzato iniziative

Il gruppo dei premiati

a favore dei dipendenti. Tra i progetti vincitori segnaliamo i seguenti: Florim ceramiche Spa - su base volontaria tutti i dirigenti hanno destinato il dieci per cento dello stipendio per alimentare un fondo di solidarietà a favore dei colleghi più colpiti dalla cassa integrazione; Acciaieria Rubiera Spa “Tutto casa e lavoro” è il progetto per offrire ai dipendenti

un alloggio sicuro ad affitto calmierato; Ceramiche Marca Corona Spa per la realizzazione di una ceramica in gres porcellanato attraverso il riutilizzo degli schermi dei tubi catodici.

Per s o s te n e r e il credito alle impr ese

Camera di Commercio e Provincia di Parma rinnovano il fondo anti-crisi per le PMI Sono molte le piccole imprese dell’artigianato e del terziario che hanno fatto domanda nel 2009 Camera di Commercio e Provincia di Parma si impegnano per sostenere il credito alle imprese anche nel 2010: i due Enti infatti hanno rinnovato la convenzione attivata lo scorso anno a favore dei Confidi come contro-garanzia per i prestiti ricevuti dalle aziende, individuandoli come il miglior intermediario per veicolare azioni di sostegno alle imprese del territorio. I rispettivi presidenti, Andrea Zanlari e Vincenzo Bernazzoli, hanno firmato l’accordo 2010 insieme con i rappresentanti dei Confidi: Agrifidi,

Unifidi, Cooperativa di Garanzia dei Commercianti, Cofiter, Fidindustria, Unionfidi e Cooperfidi. Camera e Amministrazione provinciale hanno stanziato – dopo i due milioni del 2009 (di cui 1,5 la CCIA) – altri 800.000 euro (dei q uali 600 la Camera): questi fondi servono a consentire l’incremento della garanzia diretta prestata dai Confidi agli istituti bancari, affinché concedano finanziamenti alle imprese. I finanziamenti dovranno essere finalizzati a far fronte ad esigenze di liquidità, con du-

rata massima 60 mesi. L’importo massimo delle operazioni che potranno essere assistite dal Fondo è determinato in 100.000,00 euro per singolo finanziamento. L’entità della garanzia diretta prestata dai Confidi sarà pari ad almeno il 50% dell’importo dei finanziamenti concessi alle imprese dagli Istituti di credito. La controgaranzia del Fondo sarà pari al 25% del finanziamento ed opererà fino all’importo di € 50.000,00, vale a dire per una cifra massima di € 12.500,00 per ogni finanziamento concesso.

Sono ammesse a beneficiare di tale intervento straordinario le imprese che presenteranno domanda di finanziamento entro e non oltre il 31 dicembre 2010. L’intervento opererà, comunque, fino ad esaurimento del fondo disponibile. Il meccanismo ha prodotto nel 2009 un risultato che, sia pure in base a dati non ancora definitivi, è altamente significativo dell’efficacia dello strumento: più di 32 milioni di euro il valore dei finanziamenti erogati, a fronte di quasi 1.000 domande prove-

nienti soprattutto da piccole imprese dell’artigianato e del terziario. Più di un milione di euro il contributo gestito dai Confidi, sia come abbattimento dei tassi d’interesse sia per aumentare la garanzia sul prestito aziendale. Ovviamente l’impegno camerale e delle Amministrazioni Pubbliche nasce dalla volontà di fornire una risposta quanto più possibile veloce e concreta alle istanze provenienti da tutti i comparti produttivi ancora fortemente impegnati a fronteggiare la crisi economica in atto.


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ECONOMIA

Unioncamere ER: presentata l’indagine congiunturale relativa al quarto trimestre 2009 sull’industria manifatturiera

2009: fatturato, produzione e ordini in calo del 14 per cento Artoni: timidi segnali di ripresa nei primi mesi 2010 La crisi globale incide in modo pesante in Emilia-Romagna, il cui sistema produttivo è tra i più aperti al commercio internazionale. Anche nel quarto trimestre del 2009 si è infatti protratto, pur se in misura relativamente meno accentuata rispetto ai mesi precedenti, la diminuzione a due cifre dei principali indicatori. La produzione, rispetto allo stesso periodo del 2008, è diminuita dell’11,9 per cento, mentre il fatturato è sceso del 12,2 per cento. Ai deludenti risultati di produzione e vendite non è estranea la domanda, apparsa in calo dell’11,8 per cento. Complessivamente, nel 2009, fatturato, produzione e ordini sono diminuiti mediamente, rispetto all’anno precedente, oltre il 14 per cento. Cali a due cifre che destano preoccupazione, anche perché assolutamente inediti: negli ultimi vent’anni non erano mai stati registrati decrementi di tale portata. Sono queste alcune indicazioni che emergono dall’indagine congiunturale relativa al quarto trimestre 2009

sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Carisbo. Il calo riscontrato negli ultimi tre mesi del 2009 ha interessato tutti i settori, con flessioni più marcate per l’industria dei metalli, compresa parte della subfornitura (-19 per cento) e l’industria meccanica (-14,5 per cento). L’unica eccezione è venuta dall’alimentare (calo appena dello -0,5 per cento), ma ha confermato di essere il settore aciclico per eccellenza. Il momento di difficoltà è comune ad ogni dimensione d’impresa, tutte in sensibile diminuzione. In questo contesto, indicativo è il dato della Cassa integrazione guadagni dell’industria relativo alle ore autorizzate: nel 2009, le ore autorizzate sono state 39 milioni, ben tredici volte in più rispetto al 2008. Le esportazioni nell’ultimo trimestre 2009 hanno segnato un decremento in valore (-7 per cento), tuttavia meno accentuato rispetto a quanto registrato in Italia (-8,1 per cento).

Un momento della presentazione dell’indagine congiunturale

“I dati relativi al 2009 – dichiara il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, Andrea Zanlari – fotografano una regione che – alla pari delle altre aree italiane ed europee - sta subendo profonde trasformazioni economiche e sociali, sulla spinta della crisi internazionale. Anche per il 2010, la priorità sarà la gestione dell’emergenza, evitare chiusure di imprese, tutelare il lavoro e aiutare le famiglie che, a causa del perdurare della crisi, rischiano di scivolare verso la soglia di povertà. Tuttavia – aggiunge Zanlari – non

possiamo limitarci ad aspettare tempi migliori, ma dobbiamo essere noi a crearne le condizioni. Come suggerisce l’etimologia della parola crisi, dobbiamo vedere oltre il pericolo e cogliere le opportunità, questo significa affiancare agli interventi di sola sopravvivenza, strategie di medio e lungo periodo che rispondano alla visione della regione che vogliamo essere, volti a dare forma e sostanza alla regione che si vuole costruire per il futuro”. “Per la prima volta dopo diciotto mesi di previsioni ne-

gative – afferma la Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Anna Maria Artoni – prevalgono le aspettative di miglioramento, anche se il quadro complessivo rimane incerto e difficile. Notiamo timidi segnali che confortano l’attesa di un’inversione del ciclo per i prossimi mesi, trainata dalla ripresa delle esportazioni soprattutto verso i Paesi emergenti e dalla ripartenza di consumi e investimenti negli USA e in Europa. L’internazionalizzazione si conferma la chiave vincente per il sistema produttivo regionale. I primi effetti della ripresa ricadranno sul nostro sistema produttivo in modo eterogeneo a seconda dei settori produttivi, delle singole imprese e dei mercati di riferimento, con un impatto diversificato in relazione alle conseguenze subite in seguito alla crisi. L’occupazione rimane il punto di maggiore preoccupazione per i prossimi mesi. Dal mondo del credito ci aspettiamo uno sforzo straordinario per sostenere le imprese in questo difficile passaggio che vede molte aziende a rischio”.


FORMAZIONE

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Per d i f f o n d e re una cultura d ella pr even z i on e e f a r f ron te a gl i ob b l i gh i d i l e g g e

Sicurezza in azienda: da IFOA un vasto programma di corsi Sono rivolti a dipendenti, responsabili e figure manageriali Ifoa presidia da diversi anni il settore della prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, erogando corsi di formazione e fornendo una completa assistenza alle imprese. Nel nostro Paese, la sicurezza sul lavoro è un tema regolamentato dal D.Lgs 81/2008, meglio noto come Testo Unico sulla Sicurezza. La normativa ha abrogato le più importanti norme pubblicate in materia, come ad esempio la legge 626/94, e ha focalizzato l’attenzione sul rispetto delle regole e delle procedure e sugli strumenti operativi. Secondo il decreto, la formazione dovrebbe avere un ruolo chiave per sviluppare e crescere una sensibilità e una cultura in materia di sicurezza. Nel 2009 è entrato in vigore il D.Lgs 106/09, recante “Disposizioni integrative e correttive del decreto n.81”. Questo decreto ha introdotto alcune importanti novità, prima fra tutte l’obbligo di formazione ed aggiornamento mediante specifici corsi sulla sicurezza sul lavoro”. Ne parliamo con Giuseppe Pezzarossi, Direttore Gene-

rale di Ifoa. “Il testo Unico – afferma Pezzarossi – sancisce l’importanza della formazione e dell’aggiornamento attraverso corsi per tutti coloro che si occupano di sicurezza all’interno dell’ambiente di lavoro, come dipendenti, responsabili e figure manageriali individuati per svolgere, ad esempio, il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione & Protezione dai Rischi (RSPP), l’Addetto al Servizio (ASPP) o il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). Ifoa – continua Pezzarossi – ha strutturato un’offerta formativa completa avvalendosi di un comitato tecnico scientifico costituito dai migliori esperti in materia e di un corpo docenti composto da professionisti nel campo della medicina e del diritto del lavoro, responsabili Ausl, Vigili del Fuoco, tecnici e consulenti, cui abbina gli strumenti didattici più innovativi e un’efficiente piattaforma informatica per la formazione a distanza (e-learning). Per far fronte alle più diverse esigenze aziendali, possiamo strutturare i corsi su più

Giuseppe Pezzarossi, Direttore Generale di Ifoa

sedi, dislocate in tutto il territorio nazionale, offrendo la possibilità di costruire percorsi formativi personalizzati e di recuperare eventuali lezioni perse”. Può spiegarci nel dettaglio la vostra offerta formativa? “Ifoa – risponde Pezzarossi – eroga tutti i corsi di formazione previsti dalle normative di riferimento per i RSPP e ASPP (modulo A, modulo B e modulo C), differenziando la formazione di base in materia di sicurezza – come il modulo A – dai corsi che affrontano le peculiarità dei rischi presenti sui diversi luoghi di lavoro (modulo B e C). La formazione specifica, infatti, viene

strutturata in base ai diversi codici Ateco, che identificano i settori e i comparti in cui si può suddividere l’attività aziendale. Abbiamo strutturato inoltre, un pacchetto formativo per i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS, RLST), corsi e seminari di aggiornamento per datori di lavoro, corsi antincendio (rischio basso, medio, alto), di primo soccorso e corsi introduttivi sulla diffusione della cultura della prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, su commissione aziendale, anche attraverso finanziamenti pubblici”. Quali sono le prossime iniziative in partenza? “Il calendario è come sempre ricco di appuntamenti, sia per quanto riguarda i seminari di aggiornamento che per la formazione cogente.

A fine maggio, ad esempio, sarà realizzato un interessante seminario che analizzerà il Testo Unico alla luce del decreto 231 sulla responsabilità amministrativa e penale delle imprese. L’iniziativa è rivolta ai responsabili del servizio di sicurezza, agli addetti e, in generale, a tutti i datori di lavoro e ai responsabili delle risorse umane in azienda. Il prossimo luglio, invece, affronteremo il tema dello “stress da lavoro correlato”, considerato a pieno titolo tra i “rischi” aziendali. L’obiettivo sarà quello di fornire un modello di gestione che consenta di individuare, valutare e gestire i problemi di stress da lavoro. Tutti i programmi dei corsi e dei seminari”, conclude Pezzarossi, “sono consultabili sul nostro sito internet www.ifoa.it”.



FORMAZIONE

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Fo rm a z i o n e aziend ale

Cisita Parma al fianco delle aziende per non perdere i finanziamenti di Fondimpresa Per usufruire delle risorse accantonate occorre attivarsi entro dicembre Cisita Parma è l’organizzazione dell’Unione Parmense degli Industriali e del Gruppo Imprese Artigiane attiva su Parma dal 1987 nell’ambito della formazione professionale. Nell’ambito delle attività organizzate da Cisita Parma ricoprono un ruolo centrale i percorsi di formazione aziendale, progettati sulla base dell’analisi delle esigenze formative espresse dalle singole aziende. Ne parliamo con il direttore Elisabetta Zini. “Cisita – afferma la Zini – promuove la cultura industriale del territorio e sviluppa un’articolata serie di iniziative orientate a fornire ai partecipanti una formazione in linea con le effettive necessità del mondo produttivo. Le imprese del territorio si rivelano sempre più consapevoli del fatto che l’investimento nelle risorse umane di cui dispongono rappresenta un fattore di primaria importanza strategica ai fini del consolidamento e dello sviluppo aziendale. I corsi di formazione di Cisita ricoprono tutte le aree professionali di una struttura

produttiva organizzata: progettazione, produzione, marketing, organizzazione, risorse umane, acquisti/vendite, amministrazione-contabilità, logistica, sistema informativo, ricerca e sviluppo. Tutti gli interventi formativi sono progettati in collaborazione con i vertici aziendali e con i responsabili tecnici, in modo da identificare con precisione l’ambito di competenza che costituisce l’oggetto del bisogno di formazione e, di conseguenza, i contenuti del percorso formativo. Con altrettanta attenzione vengono preparati gli interventi formativi trasversali a tutte le aree, appartenenti alla dimensione sociale e relazionale dell’azienda: comunicazione, lavoro in team, gestione dei conflitti, coaching, ecc.. Per favorire le imprese, dove possibile l’attività formativa si articola, attraverso una costante e significativa attivazione di finanziamenti”. Di quali finanziamenti si tratta? “Per l’attività di aggiornamento professionale per aziende ed occupati – risponde la Zini – è possibile ricor-

Elisabetta Zini - Direttore Cisita Parma

rere a Fondimpresa e Fondirigenti. Per quanto riguarda in particolare Fondimpresa – continua la Zini – questo Fondo Interprofessionale costituito da Confindustria e CGIL, CISL e UIL, raccoglie il 47% del totale delle risorse dei Fondi Interprofessionali nazionali, risultando così di gran lunga il Fondo più importante nel panorama nazionale. Sin dall´avvio, Cisita Parma ha lavorato intensamente per portare il massimo beneficio alle Aziende del territorio parmense, collaborando con Fondimpresa inizialmente nella fase denominata

di start–up (che ha beneficiato di fondi ministeriali) e successivamente, nella fase a regime, sia sul Conto di Sistema sia sul Conto Formazione. Sino ad oggi Cisita Parma ha realizzato attività formative finanziate tramite gli Avvisi di Fondimpresa per un importo pari a circa 3.500.000 Euro mentre i corsi gestiti a favore delle Aziende utilizzando il loro Conto Formazione assommano a circa 3.860.000 Euro. Ricordo – sottolinea la Zini – che Fondimpresa accantona nel conto individuale di ciascuna azienda aderente,

denominato “Conto Formazione”, una quota pari al 70% del contributo obbligatorio dello 0,30% sulle retribuzioni dei propri dipendenti versato al Fondo tramite l’Inps. Le risorse finanziarie che affluiscono nel Conto Formazione sono a completa disposizione dell’azienda titolare, che può utilizzarle per fare formazione ai propri dipendenti.” Vi è una scadenza per l’utilizzo da parte delle imprese del conto formazione? “Il 31 dicembre 2010 – risponde la Zini – rappresenta una prima data limite oltre la quale le Aziende che dal 2004 non hanno ancora fruito delle loro risorse accantonate perderanno la possibilità di farlo. Proprio per questo Cisita sta lavorando al fianco delle imprese interessate a questi finanziamenti per l’analisi dei bisogni formativi e per la messa in campo delle relative azioni nelle diverse forme, comprese le attività di affiancamento e di coaching individuale, nei tempi necessari per evitare la perdita di questa preziosa opportunità”.


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SERVIZI

Un v e r o e p r oprio strumento d i l a vor o

Documentazione tecnica: meglio comunicare con le immagini Una buona grafica è importante per ottenere un manuale semplice, chiaro ed efficace La continua ricerca e l’innovazione tecnologica nel settore della manualistica tecnica si sono tradotte nell’offerta di servizi e soluzioni avanzate per le aziende che hanno necessità di una documentazione tecnica divulgabile con qualsiasi media e consultabile anche a distanza da molteplici clienti e centri assistenza. Affidare la gestione di tale documentazione a uno studio specializzato comporta sicuramente numerosi vantaggi. I manuali redatti da personale esperto sono più leggibili, chiari, meglio strutturati e più completi. L’operatore sarà quindi in grado di utilizzare la macchina sul luogo di lavoro

con maggior efficacia, e soprattutto senza dubbi o difficoltà, per portare a termine il lavoro nel minor tempo possibile. “E’ importante non sottovalutare l’aspetto grafico e di redazione dei manuali di istruzione, di uso e manutenzione”, afferma Ermes Paoletti di Free-Edit (tel. 0521-863678), azienda giovane e dinamica specializzata nella redazione di pubblicazioni tecniche. “Molti manuali non sono redatti da esperti nel campo della comunicazione e questo si traduce spesso nella creazione di una struttura poco scorrevole e densa di contenuti. Un manuale chiaro ed efficace, invece, dovrebbe dare ampio

spazio ad immagini illustrative, a informazioni chiare e facilmente individuabili”. Quanto è importante la grafica all’interno dei manuali tecnici? “E’ fondamentale per ottenere un vero e proprio strumento di lavoro”, risponde Paoletti. “Dal mio punto di vista comunicare con le immagini è infatti più rapido ed incisivo: un’immagine vale sicuramente più di 1.000 parole! Con l’ausilio di software dedicati, Free Edit è in grado di elaborare fotografie digitali, disegni tecnici 2D e 3D, rendering e disegni esplosi, per illustrare le operazioni più complesse “step by step”, facilitando il la-

voro e riducendo le possibilità di errore. Possiamo utilizzare il rendering per ottenere immagini anche se il cliente ha semplicemente un disegno del progetto che intende realizzare, rendendone quindi possibile la visualizzazione di un progetto ancora in evoluzione”. In quale misura incide la vostra attività sui costi aziendali? “Cerchiamo da sempre di adottare soluzioni che permettano di ottenere un buon prodotto finale con un impegno minimo di risorse, attraverso l’utilizzo di strutture standard già preimpostate, il riadattamento di materiali

grafici già esistenti e l’ottimizzazione delle procedure per il reperimento del materiale. Con la gestione in outsourcing di tutta l’attività, i costi diventeranno proporzionali ai volumi di produzione. Nei periodi di calo produttivo, di fatto il manuale non costa nulla!”.

Servizi di Segreteria affianca da sempre le imprese nei più importanti adempimenti amministrativi

Standard XBRL: i bilanci aziendali parlano un nuovo linguaggio Facilita una corretta elaborazione dei report contabili La comunicazione economico-finanziaria in Italia è stata sempre connotata da un insoddisfacente livello di standardizzazione dei contenuti e da un considerevole utilizzo, per non dire spreco, del supporto cartaceo. Il Dpcm 304/2008 “Specifiche tecniche del formato elettronico elaborabile (XBRL) per la presentazione dei bilanci di esercizio e consolidati e di altri atti al Registro delle Imprese” è stato emanato proprio al fine superare queste criticità e promuovere l’affermazione di standard di riferimento internazionali per la rendicontazione economica. Le tecnologie attualmente disponibili, infatti, sono in grado di favorire l’ammodernamento

della comunicazione finanziaria e di agevolarne la gestione sia nella fase di definizione dei contenuti sia in quella dello scambio e della distribuzione delle diverse informazioni. Ed in questo contesto, lo standard XBRL (eXtensible Business Reporting Language) gioca un ruolo da protagonista. Da quest’anno, infatti, tutte le società di capitali dovranno obbligatoriamente presentare al Registro delle Imprese i bilanci in via telematica, secondo il formato XBRL. Servizi di Segreteria s.r.l., grazie ad un sistema informatico ben collaudato ed operativo su tutto il territorio nazionale, offre un apposito servizio per affrontare al meglio questi obblighi,

semplificando le procedure a carico del cliente. Ne parliamo con Alessandro Ferretti, responsabile della Società. Come cambiano i bilanci utilizzando il nuovo standard XBRL? “Con l’utilizzo di XBRL si abbattono le barriere, sintattiche e semantiche, tra chi produce informazioni finanziarie (le imprese) e chi a vario titolo le consuma (le capogruppo, gli auditor, gli investitori, le banche, i media, le autorità pubbliche, etc.). Al fine di consentire una corretta elaborazione, interpretazione e presentazione dei Bilanci in formato XBRL è necessario configurare una tassonomia, cioè un dizionario comune di voci contabili con-

tenente le definizioni, le traduzioni, le relazioni, le regole ed i concetti che riguardano le informazioni contabili. L’adeguamento al formato XBRL non deve essere considerato come un adempimento in più, ma piuttosto come un’opportunità, poiché l’azienda in questo modo aumenta il livello di accuratezza e dettaglio dei report contabili e contemporaneamente produce meno costi, perché tutto viene gestito elettronicamente”.

Che tipo di supporto fornite alle aziende? “L’azienda che usufruisce del nostro servizio, tramite una semplice mail, ci invia i documenti per l’espletamento della pratica (bilancio, nota integrativa, eventuali relazioni del consiglio sindacale, etc.). I nostri uffici provvedono alla compilazione del “Modello FEDRA”, da spedire al Registro delle Imprese, e lo rinviano al cliente per la firma digitale tramite Smart card. Ricordo che Servizi di Segreteria è anche abilitata all’attivazione di caselle di Posta Elettronica Certificata, nonché all’emissione di strumenti per la firma digitale (Smart Card, C.N.S. e Business Key)”.


CONSULENZA AZIENDALE

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R es p o n s a b i l i tà amministrativa e pen a l e del l e i mpr ese

D.Lgs 231/2001: il modello organizzativo esimente non è solo un ombrello per le aziende Flavia Blumetti e Maurizio Cappelletti – Helianthos Srl, Società di Consulenza Il decreto legislativo 231/2001 disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica e, nel caso di comportamenti illeciti commessi da soggetti apicali o da dipendenti/ collaboratori nell’interesse o a vantaggio della società stessa, prevede sanzioni e provvedimenti disciplinari pressoché severi. Originariamente previsto per pochi reati, nel corso degli anni la responsabilità delle società si è estesa ad aree non omogenee: dai reati di market abuse al riciclaggio, dai reati societari ai delitti con finalità di terrorismo o eversione dell’ordinamento democratico, dai delitti contro la personalità individuale alle lesioni gravi e omicidi colposi determinati da violazioni antinfortunistiche. L’adozione del modello è facoltativa, nel senso che la mancata adozione non è sanzionabile. Tuttavia, in caso di illecito, l’esonero dalla responsabilità è percorribile solo se la società si sia dotata di un modello di organizzazione, gestione e controllo efficace e quindi esimente. L’azienda, che ha responsabilità amministrati-

va, risponde in sede penale se: • È stato commesso uno dei reati previsti dal decreto. • Il reato è stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’azienda. • L’azienda non si è dotata di un modello organizzativo effettivo ed efficace per la prevenzione dei reati. Il crescente rischio delle società di commettere reati, che nel caso peggiore subirebbero l’interdizione dell’esercizio delle attività, ha indotto in molti casi a rivedere la propria azienda attraverso: • La mappatura dei rischi e l’identificazione delle cosiddette aree sensibili. • La messa a punto di procedure operative. • La realizzazione di un sistema di controllo per la corretta applicazione delle procedure operative. In tale contesto, gioca un ruolo chiave l’Organismo di Vigilanza che, coerentemente con l’evoluzione della normativa, delle interpretazioni giurisprudenziali e delle mutate configurazioni dei rischi aziendali, è responsabile di garantire un adeguato sistema di prevenzione e controllo. L’ado-

zione del modello di organizzazione, gestione e controllo e la sua efficace attuazione, tutela l’impresa e agisce come vero e proprio ombrello in difesa della società stessa. Ma non solo. L’esperienza dimostra che una buona diagnosi è il primo passo per ogni buona cura. In tal senso, se da un lato, soprattutto a livello iniziale, i contenuti del decreto sono stati recepiti dalle aziende come limiti all’esercizio delle attività ovvero come un ulteriore vincolo burocratico giurisprudenziale, in seconda battuta essi sono stati utilizzati dal Vertice come una possibilità per rivedere l’organizzazione. Purtroppo oggi sono ancora poche le aziende sensibili a questo tema e molto, a nostro parere, è opportuno fare perché i Vertici aziendali considerino l’adeguamento alla 231 una opportunità, oltre che una necessità amministrativa. Nell’ambito della 231 l’aspetto organizzativo è assolutamente rilevante e, dopo nove anni di giurisprudenza, l’adeguamento diventa un’occasione e un’opportunità per l’azienda di rivedere, in ottica integrata, procedure, meccanismi, sistemi, ruoli e responsabilità. La messa

Flavia Blumetti di Helianthos Srl (tel. 02-29061160)

a punto di un sistema strutturato e organico di procedure e attività di controllo che abbia come obiettivo la riduzione del rischio di commissione dei reati (aspetto che rappresenta la soglia di accettabilità esimente), richiede infatti una revisione del funzionamento dell’organizzazione a 360°. Non è di secondaria importanza il fatto che la responsabilità oggettiva, da sempre assegnata ai Vertici aziendali, in caso di reati commessi viene meno se si dimostra l’effettività del modello. Lo dimostra, tra l’altro, una sentenza del 17 novembre 2009 in cui i giudici di merito del Tribunale di Milano, hanno escluso la responsabilità della società dopo aver dimostrato che l’adozione tempestiva dei modelli e il loro adeguamento alle linee guida

diramate dalla Confindustria escludevano la responsabilità penale della società. Certamente, nel caso in cui la società non abbia adottato un modello organizzativo esimente, e il reato è stato commesso dal Vertice dell’azienda o da chiunque altro negli interessi o a vantaggio dell’azienda stessa, la sanzione e la responsabilità penale è pressoché scontata. Grazie, dunque, alla implementazione del modello 231 è possibile realizzare una struttura che tuteli l’azienda, ma che sia capace anche di rivedere i principali processi organizzativi volti a rafforzare la reputazione dell’organizzazione nel mercato e a ridurre i costi di gestione. In definitiva, perché il modello 231 sia al tempo stesso ombrello e opportunità: 1. è assolutamente necessario progettare modelli su misura, coerenti con i modelli aziendali in essere; 2. è assolutamente necessario che vi sia la disponibilità del Vertice ad andare oltre il puro tentativo di adeguamento alla normativa per ottenere un prodotto integrato e coerente con i bisogni interni ed esterni all’azienda.


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MANAGEMENT

Per s v i l u p p a re il g ioco d i sq uad r a e m i gl i or a r e l e di n a m i ch e a z i en da l i

Team Cooking: progetto formativo esperienziale per dirigenti Grande successo per la prima edizione. Altre iniziative sono già in programma Si è svolta la prima sessione di “Team Cooking”, un’innovativa tecnica di formazione esperienziale che, attraverso la metafora della cucina, permette di sviluppare il gioco di squadra e la comunicazione tra i manager aziendali. Le difficoltà di un mercato fortemente competitivo, la variabilità con cui le dinamiche aziendali devono necessariamente far fronte alle richieste del cliente, la flessibilità che caratterizza i programmi di organizzazioni sempre più costrette a “navigare a vista”, richiedono uno staff dirigenziale sempre più capace di essere flessibile senza disunirsi, di costituire un insieme coordinato di competenze e idee che sappiano interagire in modo efficace. Approfondiamo questi aspetti con Paola Ligabue, titolare dell’omonimo studio (tel. 0522-431835) e promotrice di questa iniziativa insieme a Luca Ferri di AlmaGroup srl. “L’obiettivo del Team Cooking è quello di rispondere in modo veloce, innovativo ed efficace ad una forte richiesta delle aziende, una richiesta che oramai assume (dalle nostre rilevazioni) un carattere sempre più importante e de-

cisivo su cui basare gli investimenti futuri in risorse umane: creare persone capaci di interagire e produrre in squadra, favorendo la comunicazione interna e un’efficace e fluida circolazione delle informazioni. Non dimentichiamo che la conoscenza è l’unico capitale che aumenta solo se viene adeguatamente condiviso”. Com’è nata l’idea del progetto “Team Cooking”? “Utilizzare un contesto atipico per far sperimentare ad un gruppo un’esperienza d’insieme significa, a livello formativo, servirsi di una particolare metodologia didattica attiva, l’Experiential Learning”, spiega Paola Ligabue. “L’apprendimento che si desidera stimolare è quindi di tipo esperienziale: nel nostro caso, i partecipanti, divisi in gruppi si cimentano tra i fornelli nella preparazione di alcuni piatti, sperimentando situazioni relazionali analoghe alle dinamiche di gruppo lavorative. Fare Team Building in cucina permette, infatti, di confrontarsi con tutte quelle dinamiche aziendali che ad oggi risultano fonte di grandi problematiche e che i testi sacri del management, considerano

Un momento della prima edizione del Team Cooking

fondamentali per la realizzazione di una buona squadra: 1) Obiettivo di squadra chiaro e condiviso (la cena!); 2) Compiti chiari e specifici di ognuno; 3) Tempistiche precise da realizzare; 4) Sapersi mettere al servizio degli altri (necessario per cucinare insieme) e altre dinamiche funzionali al gioco di squadra”. Come si è svolta la prima edizione? “L’attività è stata realizzata con 15 alti dirigenti di aziende di Ravenna e Faenza”, spiega Paola Ligabue, “che non avevano (fino a quel momento) mai preso in mano una pentola in cucina e che, sotto la guida esperta della scuola di Cucina della Congrega dei Liffi, hanno saputo produrre una cena a base di pesce, capace di far impallidire anche ristoranti rinomati! La durata dell’at-

tività è stata di una giornata (dalle 15 alle 23, termine della cena) e di un debriefing di due ore. I partecipanti”, continua Paola Ligabue, “si sono calati nella parte con iniziale curiosità e con un grado di coinvolgimento e di entusiasmo che sono cresciuti durante tutto lo svolgimento dell’attività e che ha avuto il suo culmine nel momento della cena dove, con grande stupore, i partecipanti hanno potuto gustare direttamente le loro ricette. Da un punto di vista formativo, un’esperienza del genere ha portato i dirigenti ad accrescere, laddove fosse possibile, la consapevolezza del valore del gioco di squadra, del mettersi in gioco, dell’accettare i consigli degli esperti, del sapersi sincronizzare con gli altri e, dell’evidente possibilità (data dall’esperienza appena

fatta) di ottenere risultati inaspettati, grazie allo scambio e all’interazione efficace dei membri dell’organizzazione”. Quali sono le reali potenzialità del progetto? “Tutte le nuove scoperte nell’apprendimento degli adulti dimostrano che la crescita personale e professionale è sempre più legata all’esperienza diretta, purché si sappiano creare esercitazioni e situazioni che sviluppino le condizioni ideali per abbassare le resistenze personali, lasciando spazio a quella disponibilità a mettersi in gioco che in azienda non sempre è possibile. E il Team Cooking rappresenta una delle modalità più efficaci e immediate per favorire la creazione dei presupposti per la crescita degli individui. La prima edizione”, conclude Paola Ligabue, “ha riscosso un successo veramente inaspettato. Sono già state progettate altre due edizioni, in programma prima dell’estate”.


ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

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E’ u n a s tr a te gia di management g i a p p o n e s e

Kaizen Blitz: per migliorare in 5 giorni i processi produttivi in azienda In tempi brevi si riorganizzano intere aree e reparti industriali La gestione di un’azienda si basa essenzialmente su due componenti principali: il mantenimento di ciò che si è raggiunto nel tempo e il miglioramento di quello che ancora non funziona come dovrebbe. L’obiettivo del mantenimento è quello di salvaguardare lo standard tecnologico, manageriale e operativo raggiunto, mentre la funzione di miglioramento mira, appunto, a perfezionarlo. Il Kaizen è una strategia di management giapponese che punta ad un miglioramento continuo, mediante un processo senza termine costituito da innumerevoli piccole azioni. Rappresenta un atteggiamento culturale che tutto il personale in azienda dovrebbe assumere, impegnandosi in maniera proattiva per migliorare i processi. La base del miglioramento è quella di incoraggiare i dipendenti ad apportare ogni giorno piccoli cambiamenti nella loro area di lavoro. Chiediamo a Lorenzo Compagnoni di LC Lean Consulting di spiegarci come si mette in campo la strategia

Kaizen. “La competitività di un’impresa sta nella capacità di portare a termine importanti progetti di riorganizzazione aziendale in tempi brevi. La nostra filosofia si basa appunto sulla capacità di saper interpretare i mutati cambiamenti del mercato e saper individuare all’interno dell’azienda l’esatto “valore” di ogni singolo processo produttivo. Da un punto di vista operativo, l’evento “Kaizen Blitz” è un intervento rapido sul campo, con precisi e concreti obiettivi di miglioramento, strettamente funzionali alla realizzazione di un flusso di valore snello”. Come si sviluppa? “Dopo aver analizzato la stato di un reparto aziendale o di un ufficio specifico ed aver addestrato adeguatamente il personale, si struttura ufficialmente il “Kaizen Blitz”. L’evento non dura più di una settimana, in genere si sviluppa lungo 5 giornate lavorative e non coinvolge più di 8-10 lavoratori. Il team ovviamente dovrà essere guidato da un esperto.

Nello specifico, durante il “Kaizen Blitz” si dovrà pianificare la concreta azione di miglioramento, l’esperto dovrà spiegare agli altri membri del team quali procedure si dovranno seguire, fare eventualmente un’ulteriore formazione, se necessaria, e insieme svolgere il lavoro operativo (vedi tabella)”. Esistono concrete possibilità che questi cambiamenti siano poi realmente produttivi? “Certamente”, risponde Compagnoni. “Abbiamo partecipato a progetti Kaizen in realtà industriali di medie e grandi dimensioni, riscontrando un aumento della produttività pari al 30% e una riduzione degli stock del 40%, del Wip pari al 50% e una riduzione degli spazi del 35%. Ci tengo a ricordare – conclude Compagnoni – che la realizzazione dei Kaizen non è finalizzata solo ad un miglioramento delle aree aziendali più strettamente produttive, ma può essere rivolto anche a tutti quegli uffici in cui sono da ricercare efficienza e perfomance di servizio”.

Lorenzo Compagnoni di LC Lean Consulting (www.lcleanconsulting.eu)

1° giorno Impostazione del Kaizen Blitz Compilazione del Giornale del Kaizen Stilare il piano degli obbiettivi 2° giorno Mappa dello stato attuale Analisi del flusso Actual (analisi del valore) Eventuale rilievo tempi Sviluppo di un diagramma nuovo bilanciamento 3° giorno Definire il nuovo modello Calcolo del nuovo Takt Time Definizione nuovo ciclo di attività a valore Logiche di gestione materiali (Kanban ecc ) Aggregazione operazioni Numero postazioni e nuovo Bilanciamento Nuovo Layout 4° giorno Realizzazione nuovo modello Pianificazione delle attività Realizzazione fisica 5° giorno Presentazione dei risultati del nuovo modello Realizzazione fisica Misura delle performance realizzate Idee di miglioramento futuro


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ASSICURAZIONI

I rischi per le sanzioni interdittive (sospensione attività aziendale, ecc.) sono pressochè inassicurabili

D.Lgs 231/2001 - Responsabilità amministrativa e penale dell’impresa: riflessi assicurativi Roberto Garulli: è importante dotarsi di un modello organizzativo idoneo Il decreto legislativo n.231/2001 introduce nell’ordinamento italiano la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”. Le aziende vengono investite di una responsabilità amministrativa e penale su reati commessi o tentati da amministratori, dipendenti o soggetti sottoposti alla direzione o vigilanza delle società, nell’interesse o a vantaggio dell’azienda stessa. Sono molteplici i reati nei quali trova applicazione il dl 231/2001; tra questi i delitti contro la PA, i reati informatici, i reati societari, i delitti contro la personalità individuale, i reati di abuso di mercato, omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o altra utilità di provenienza illecita, i reati transnazionali. In presenza di questi reati

Roberto Garulli, Presidente di Studio Garulli Insurance Broker s.r.l.

le aziende possono essere condannate a sanzioni pecuniarie e sanzioni interdittive quali: interdizione, temporanea o definitiva, dall’esercizio dell’attività, sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, esclusione da agevolazioni, finanziamenti, con-

tributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi, divieto, temporaneo o definitivo, di pubblicizzare beni o servizi. Le sanzioni interdittive possono essere evitate se l’azienda dimostra di aver adottato un modello organizzativo idoneo, individuando così compiti e responsabilità. In tal modo la responsabilità può essere ricondotta al soggetto (Amministratore, Dirigente, Responsabi-

le, Preposto) responsabile dell’azione. Parliamo con Roberto Garulli, titolare di Studio Garulli Insurance Broker (tel. 0521-227511) dei riflessi assicurativi. “Le pene interdittive (sospensione delle attività aziendali, ecc.) – afferma Garulli – sono difficilmente assicurabili. Non conosco attualmente Compagnie che assicurino tale rischio. In linea di principio il rischio è assicurabile, ma a costi troppo elevati. La strada più semplice per le aziende – continua Garulli – è quella di dotarsi di un idoneo model-

lo organizzativo. In questo modo le responsabilità ricadranno su Amministratori, Dirigenti, ecc. per i quali sono già in essere apposite polizze assicurative che possono essere adeguate per far fronte a tali rischi. Sulla materia sono già intervenute importanti sentenze – conclude Garulli – che hanno escluso la responsabilità dell’azienda quando si dimostri che i reati sono imputabili a soggetti che hanno eluso le procedure previste dall’organizzazione interna, giudicata di per sé atta a prevenire la commissione del reato medesimo.”


IMPIANTI

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L’a c q u a c o m e materia p rima d a sf r u tta r e e n on spr eca r e

L’importanza di una corretta gestione idrica dei processi industriali Hydrocontrol vanta esperienza a livello internazionale Anche quest’anno l’Italia ha celebrato il 22 marzo il “World Water Day”, la giornata mondiale dell’acqua, per ricordare l’importanza di un elemento naturale di primaria necessità che, secondo le stime degli scienziati, andrà nel futuro sempre più scarseggiando. Considerare l’Acqua come una materia prima da sfruttare e non sprecare rappresenta il primo passo per la riduzione dell’impatto ambientale delle industrie. “La realizzazione di un bilancio idrico di un processo produttivo”, spiega Franco Menozzi di Hydrocontrol (tel. 0522-330315), azienda specializzata nel trattamento e nella depurazione dell’acqua ad uso civile ed industriale, “permette di analizzare il percorso che l’acqua effettua all’interno del processo produttivo aziendale, dal suo ingresso al suo scarico nell’ambiente circostante (in pubblica fognatura, in corpo idrico superficiale, nel suolo o nel sottosuolo). Controllare tutte le fasi del ciclo dell’acqua è importante per una corretta gestione ambientale sia perché l’acqua

costituisce un veicolo di trasporto e diffusione delle sostanze inquinanti, sia perché è possibile identificare eventuali perdite non controllate nella rete idrica e fognaria del sito ed adottare le opportune azioni correttive”. In che modo fornite un supporto alle aziende nella gestione idrica dei processi industriali? “Sia che si tratti di impianti di piccole e grandi dimensioni”, risponde Menozzi, “Hydrocontrol vanta un’esperienza concreta nella fase di progettazione ed installazione delle varie soluzioni per il trattamento e la depurazione dell’acqua, sviluppando anche un servizio di assistenza riconosciuto da molti per competenza ed affidabilità. Nello specifico, progettiamo e costruiamo impianti a membrana per il trattamento di acque primarie, di processo e di scarico. Le tecnologie utilizzate sono molteplici: dall’osmosi inversa alla nanofiltrazione e ultra-filtrazione, dai filtri a carboni attivi allo scambio ionico. Tutte garantiscono un’applicazione efficace nei più differenti settori aziendali, come

quello chimico-farmaceutico, alimentare e, in generale, per la depurazione delle acque reflue”. Può farci qualche esempio concreto delle soluzioni realizzate? “Attualmente Hydrocontrol è impegnata nello sviluppo di impianti destinati alla rimozione di nitrati da acqua di pozzo per il settore alimentare, aventi una portata di 400mc/giorno. Gli standard qualitativi definiti dal D. Lgs 31/2001 per le acque destinate al consumo umano prescrivono quale valore limite per i nitrati 50mg/l. I tradizionali processi di clorazione-filtrazione non intervengono in modo adeguato nella riduzione di tali sostanze. L’utilizzo di processi quali lo scambio ionico e l’osmosi inversa, al contrario, garantiscono questi risultati. Per chi non lo sapesse, l’osmosi inversa è un processo fisico molecolare molto semplice che, per effetto della pressione su membrane semi-impermeabili, consente una demineralizzazione dell’acqua, eliminando i nitrati ed eventualmente altri sali minerali presenti. L’azienda”, conti-

Impianti Hydrocontrol per la gestione idrica nei processi industriali

nua Menozzi, “è impegnata anche nella realizzazione di alcuni acquedotti nei paesi in via di sviluppo. Attualmente siamo lavorando nella regione di Guama, in territorio Cubano. Obiettivo dell’intervento è prelevare acqua direttamente dalla fonte, in montagna, e restituirla per un uso potabile ai villaggi della regione. Il trattamento deve essere realizzato in più stadi, utilizzando più processi di filtrazione, sia per le caratteristiche particolari dell’acqua,

sia per sopperire ai periodi di forte piovosità e di basso livello idrico. L’intero sistema ha una capacità pari a 150mc all’ora (3.600mc/giorno) e prevediamo la sua messa in opera prima dell’estate. Hydrocontrol”, conclude Menozzi, “è presente a Cuba fin dal 2005 ed ha collaborato in questi 5 anni a diversi progetti, come la produzione di acqua ultra-pura per la preparazione del Rum e la potabilizzazione di acqua marina per hotel e resort turistici”.


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IMPIANTI

Per a s s i c u r a re un alto livello d i pr otez i on e del l a sa l u te e del l a si cu r ez z a d e i c i tt a d i n i

La valutazione di conformità CE alla luce della nuova Direttiva Macchine L’obiettivo è immettere sul mercato solo prodotti sicuri Con il D.Lgs 17/2010 viene ufficialmente recepita anche in Italia la nuova Direttiva Macchine 2006/42/CE. La normativa ha il duplice obiettivo di favorire la libera circolazione dei macchinari e dei dispositivi all’interno del mercato unico Europeo ed assicurare un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza dei cittadini dell’UE. La Direttiva si applica a tutti i macchinari, ai componenti di sicurezza, agli accessori di sollevamento, catene, funi e cinghie, dispositivi amovibili di trasmissione meccanica e alle quasi-macchine (insiemi che costituiscono quasi una macchina ma che da soli non sono in grado di garantire un’applicazione ben determinata). La normativa stabilisce che tutte le macchine, compresi i componenti di sicurezza, deb-

bono essere marcati CE. La marcatura CE (acronimo di Conformità Europea) rappresenta l’atto formale con il quale il fabbricante del prodotto attesta di aver seguito tutti gli adempimenti necessari richiesti dalla Direttiva per la realizzazione di un prodotto sicuro. Ciò riveste particolare importanza, anche in relazione a quanto disposto dal Titolo III del D.Lgs.81/2008 relativo alle attrezzature di lavoro. Per la prima volta la direttiva si pone il problema di marchi simili, che possono indurre in errore l’acquirente, si pensi ad esempio al famoso CHINA EXPORT. Chiediamo a Giuseppe Buccheri, direttore tecnico di ProCert, ente di certificazione ed organismo di ispezione, di spiegarci quali procedure bisogna seguire per la valutazione di

Giuseppe Buccheri, Direttore tecnico di Pro-Cert (tel. 0536-809017)

conformità. “In generale, ogni Direttiva stabilisce le procedure (i cosiddetti “moduli A-B-C-D-E-F-G-H”) che il fabbricante deve utilizzare per poter valutare la conformità dei prodotti ai requisiti della direttiva stessa e poter quindi apporre il marchio. Tali procedure”, spiega Buccheri, “saranno ovviamente più complesse col crescere della pericolosità del prodotto: se in molti

casi è sufficiente una sorta di “autocertificazione” come nel modulo A (cioè sarà lo stesso fabbricante a valutare la conformità del prodotto e a redigere la relativa dichiarazione), per prodotti più pericolosi (si pensi appunto ai macchinari comunemente utilizzati all’interno delle nostre imprese) sono previste procedure più rigorose, ed è invece necessario l’intervento di un organismo notificato che accerti tale conformità”. Come deve muoversi il fabbricante nel caso in cui voglia autocertificare la conformità CE? “Il fabbricante”, risponde Buccheri, “deve redigere - e tenere a disposizione per eventuali controlli da parte delle autorità competenti - una “dichiarazione di conformità”, in cui indica quali direttive e norme tecni-

che ha applicato. Quasi tutte le direttive, inoltre, richiedono anche la predisposizione del fascicolo tecnico ossia la documentazione tecnica, utile a dimostrare la conformità del prodotto alle direttive stesse, in particolare attraverso la descrizione delle caratteristiche tecniche del prodotto e delle prove eventualmente realizzate per comprovarne la sicurezza”. Se invece dobbiamo affidarci ad un organismo di certificazione, come effettuare la giusta scelta? “Deve essere un entità giuridica imparziale ed indipendente dai prodotti oggetto di valutazione e dai soggetti ad essi collegati. Non può svolgere attività di consulenza e deve offrire concrete garanzie di riservatezza, competenza tecnica ed obiettività”.

Da Sistel soluzioni per edifici civili, industriali e commerciali

Automatismi per cancelli: il nuovo dispositivo interrato FAAC 770 Qualità e tecnologia a prezzi competitivi Automazione è diventata una parola ricorrente nella vita di tutti i giorni. Si concretizza in oggetti, meccanismi, gesti che ormai sono diventati talmente “automatici” da non accorgerci nemmeno della loro esistenza. Come aprire un cancello per parcheggiare la nostra auto, ad esempio. Sistel Automazioni (tel. 0522-556941) è stata la prima azienda a Reggio Emilia ad occuparsi di automazione per cancelli, sia che si tratti di edifici e complessi industriali, ingressi commerciali ed abitazioni private. La sua partnership con FAAC,

azienda leader nel settore a livello mondiale, ne testimonia l’assoluta professionalità. Davide Faccia, titolare dell’azienda, ci illustra i punti di forza di un settore in costante crescita, grazie anche ai continui investimenti in Ricerca & Sviluppo da parte delle aziende produttrici, rivolti alla progettazione di componenti meccanici ed elettromeccanici innovativi e all’avanguardia. “I cancelli automatici sono ormai diventati sinonimo di comodità e sicurezza”, afferma Faccia. “Comodità perché la presenza di un cancel-

lo automatizzato permette di entrare senza dover scendere dalla propria autovettura, specialmente quando le condizioni atmosferiche sono particolarmente ostili. Sicurezza perché il cancello obbedisce esclusivamente agli ordini dell’utente: si apre e si chiude solo sulla base delle nostre disposizioni”. Quali sono le tipologie di impianto più comunemente installate? “La tecnologia moderna ci permette di intervenire su qualsiasi tipologia di cancello. Le installazioni più frequenti sono in genere quelle applica-

te a portoni a battente a due ante e a quelle scorrevoli. Per quanto riguarda il cancello a due ante, la soluzione ideale da un punto di vista estetico prevede la motorizzazione a pavimento. Il sistema interrato FAAC 770, ad esempio, rappresenta il dispositivo ideale per aprire e chiudere cancelli residenziali fino a 2,5 metri di lunghezza per anta. Completamente invisibile, non altera quindi l’aspetto estetico del cancello”. Quali sono i prezzi di partenza per la realizzazione di un intervento di questo tipo?

“Il costo per una realizzazione del genere è di circa 1.000 euro, comprensivi di installazione e montaggio. Sicuramente il prezzo può costituire una variabile di riferimento nella scelta del fornitore, ma non è garanzia di un prodotto di qualità. Ci tengo a precisare infatti che nel nostro settore è importante affidarsi a partner qualificati, che rispettino tutte le normative in materia di sicurezza e utilizzino prodotti certificati. Solo questo potrà effettivamente garantire un maggior livello di sicurezza di tutti gli ambienti”.


AMBIENTE

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Gra z i e a l l o s viluppo di tecnolog i e n el settor e

Green Economy: come realizzare prodotti dal recupero dei rifiuti Nial Nizzoli presenta Ecocity e Glas plus La Green Economy è considerata ormai come l’unica soluzione per rendere compatibili le attività umane con le necessità di risparmiare risorse naturali, come energia e materie prime. Fino a pochi decenni fa abbiamo sempre pensato che queste risorse fossero inesauribili e di fatto la Società non prestava nessuna attenzione ad un loro utilizzo razionale. Oggi la situazione sta subendo un repentino cambiamento. Stiamo assistendo ad un serie di attività che hanno per obiettivo il risparmio di queste risorse, come l’incentivazione di energie rinnovabili e lo sviluppo di tecnologie nel settore del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, che permettano di ricavare nuove risorse da materiali che hanno cessato la loro vita utile. Nial Nizzoli è attiva da oltre vent’anni in questo settore e molteplici sono le attivi-

tà e i progetti portati avanti dall’azienda, come “Ecocity” e “Glas plus”. Ne parliamo con Auro Nizzoli, Amministratore Delegato di Nial Nizzoli. Da dove nascono le idee per questi progetti? “Dalla ferma volontà di investire nel settore Ricerca & Sviluppo, puntando sul recupero e la valorizzazione dei rifiuti, proprio come alternativa al loro mero smaltimento”, risponde Nizzoli. Il progetto Ecocity prevede la realizzazione di elementi di arredo urbano eco-compatibili (panchine, fioriere, cestini, contenitori per la raccolta differenziata) ottenuti da materiali di recupero riciclabili quali, ad esempio, plastiche e cariche minerali. Glas plus, invece, è un progetto che ha visto la realizzazione di piastrelle ceramiche utilizzando fino al 20% del vetro riciclato da vecchi

La sede di Nial Nizzoli (tel. 0522-637575)

televisori Crt, opportunamente trattato e bonificato. Naturalmente questi progetti sono stati sviluppati grazie anche all’impiego di una rete di consulenze specifiche che vede coinvolte, ad esempio, le Università di Parma, Modena e Reggio Emilia, Enviren - il laboratorio della Rete Alta Tecnologia dell’Emilia Romagna, il consorzio Remedia e il Gruppo Concorde (soprattutto per il progetto Glas plus). Collaborazioni importanti per definire le caratteristiche merceologiche, fisiche e mec-

caniche dei materiali provenienti dalla lavorazione dei rifiuti, per predisporre provini, campionature e prototipi, testare i prodotti ed ogni altro parametro necessario al fine di comprendere quali possano essere le migliori composizioni da utilizzare”. Esistono concrete prospettive di sviluppo? “Sicuramente sia Ecocity che Glas plus possono offrire ampie prospettive di crescita e sviluppo. Basti pensare, ad esempio, che la piastrella prodotta tramite Glas plus ha già ottenuto la certificazione di sostenibilità ambientale Leed (Leadership in Energy and Environmental Design). Ecocity, invece, potrebbe intervenire in un più ampio progetto di riqualificazione di aree urbane compromesse da un punto di vista ambientale e contribuire a un sostanziale miglioramento del ciclo di gestione dei rifiuti”.

Il progetto Ecocity prevede la realizzazione di elementi di arredo urbano eco-compatibili ottenuti da materiali di recupero riciclabili

Uno s tr u m e nto rivoluzionario per otti m i z z a r e l e pr ocedu r e e r i du r r e l ’ i l l e g a l i t à

SISTRI: il nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti Mauro Carretti (Studio Alfa) spiega tutte le novità e le procedure da rispettare Con l’emanazione del Decreto Ministeriale 17 dicembre 2009, nasce SISTRI: il nuovo sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Il sistema, che riguarda i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, ha come obiettivo la sostituzione rapida del sistema cartaceo fino ad ora utilizzato - basato sul registro di carico e scarico, sul formulario dei rifiuti e sul MUD (“Modello Unico di Dichiarazione” ambientale) - con un innovativo e rivoluzionario procedimento basato su tecnologie informatiche. Permette, infatti, l’informatizzazione dell’intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania, semplificando le procedure e gli adempimenti e riducendo i costi sostenuti dalle imprese con indubbie garanzie in termini di maggiore trasparenza, conoscenza e prevenzione dell’illegalità. Recentemente il Consiglio dei Ministri ha anche approvato il decreto legislativo che recepisce la Direttiva Euro-

pea 98/2009 sui rifiuti, dove SISTRI viene inquadrato ufficialmente nell’ambito normativo europeo, superando in termini di affidabilità e controlli gli stessi paletti fissati dall’UE. Il nuovo sistema di controllo ha suscitato non poco fermento nel nostro Paese, poiché cambierà radicalmente gli adempimenti burocratici ed organizzativi fino ad ora sostenuti dalle imprese, ed in particolare con l’entrata in funzione del sistema che inizia con l’iscrizione (obbligatoria per la maggior parte delle imprese) e proseguirà dopo alcuni mesi con la sua operatività. Chiediamo a Mauro Carretti, Presidente di Studio Alfa, di spiegarci i punti salienti e le novità di SISTRI. “Certamente uno dei grandi vantaggi di SISTRI sarà quello di poter conoscere in tempo reale i dati relativi all’intera filiera dei rifiuti speciali, grazie alla creazione di un efficace sistema-rete, ed agire prontamente per specifici interventi repressivi, nel caso di situazioni illecite. Il primo

grande passo per ottemperare alle nuove disposizioni è stata l’iscrizione al Sistema e il pagamento dei contributi previsti, obbligatori per tutta una serie di imprese, Comuni, Enti che producono, trattano e si occupano dello smaltimento di rifiuti speciali, pericolosi e non (l’ultima giorno utile per le iscrizioni era il 30 Aprile scorso). L’iscrizione volontaria per i soggetti non obbligati, invece, scadrà il prossimo 12 agosto”. Quale procedure bisogna seguire per iscriversi a SISTRI? “L’iscrizione può avvenire – risponde Carretti – sia direttamente da parte dei soggetti interessati, attraverso il sito internet ufficiale www.sistri. it, via fax o tramite l’apposito numero verde 800 00 38 36, sia indirettamente attraverso società di servizi preposte e dalle associazioni imprenditoriali. Entro 48 ore dalla ricezione dei dati, gli utenti riceveranno un numero di pratica assegnato. Ovviamente sono previste sanzioni di natura penale ed ammini-

Mauro Carretti, Presidente di Studio Alfa (tel. 0522-550905)

strativa per chi non si è regolarmente iscritto, ha fornito informazioni inesatte o non ha pagato il contributo. Dopo l’iscrizione – continua Carretti – ed aver inviato al SISTRI certificazione del pagamento del contributo con le medesime modalità, un altro importante step sarà la consegna di tutti i dispositivi (USB, Black Box) alle imprese. Nel momento in cui l’azienda consegnerà l’autocertificazione dei dati comunicati per l’iscrizione e la ricevuta di avvenuto pagamento del contributo presso gli uffici competenti (Camera di Commercio, sezione Albo Gestori Ambientali, Asso-

ciazioni Imprenditoriali se indicate nell’iscrizione e che abbiano aderito alla gestione con la CCIAA pagando i diritti di segreteria, ecc.), potrà ritirare i dispositivi elettronici per il monitoraggio della propria attività. Indicativamente, la fase di “Ritiro e Consegna” si dovrebbe concludere 30 giorni prima dell’avvio dell’operatività effettiva di tutto il sistema”. I Black Box serviranno dunque per controllare i rifiuti? E la chiavetta USB a cosa servirà? “Il Black Box è un contenitore di piccole dimensioni che sarà in grado, tramite GPS, di rilevare in tempo reale il posizionamento del veicolo adibito al trasporto dei rifiuti e potrà altresì trasmettere eventuali segnali di allarme. Il dispositivo USB”, conclude Carretti, “garantirà invece un accesso in totale sicurezza a SISTRI, al fine di consentire la trasmissione dei dati, la possibilità di firmare elettronicamente le informazioni fornite e memorizzarle sul dispositivo stesso”.



NAUTICA

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An d r e a R o c c hi, il mediatore mar i tti m o i n ter r a em i l i a n a

Nautica che passione! A Reggio, il consulente di fiducia Nel settore sono numerose le operazioni che richiedono l’intervento di un professionista Italia? Terra di navigatori. Reggio Emilia? Terra di broker nautici. Una stranezza? Assolutamente no. Andrea Rocchi, 35enne reggiano, dell’intermediazione marittima ne ha fatto una professione. “La mia attività – evidenzia il giovane consulente – mira a colmare un vuoto professionale, territoriale e temporale. L’idea iniziale è stata quella di dar vita ad una nuova forma di supporto professionale che si indirizza con estrema praticità a tutti i proprietari di barche ed appassionati di nautica”. La passione per le ‘Ferrari del mare’ coinvolge, e ha coinvolto negli ultimi anni, un numero sempre crescente di persone. Anche nel Bel Paese. Ma come avvicinarsi a questo mondo? Quali le cose da sapere? Andrea Rocchi (www. andrearocchi.it), tra i pochi mediatori marittimi in Emilia con competenze specifiche in materia nautica, svela i retroscena della propria attività. Di cosa si occupa un mediatore marittimo? “Il mediatore marittimo è un libero professionista iscritto

Un supporto professionale per tutti i proprietari di barche ed appassionati

ad uno specifico ruolo ed è colui che sui mercati nautici, si interpone tra due o più parti per la conclusione ottimale di un affare. E’ chiamato a svolgere molteplici funzioni non solo di carattere commerciale”. Quali sono gli ambiti d’intervento? “Oltre alla tradizionale attività professionale di brokeraggio, proponiamo un’ampia gamma di servizi, offrendo una serie di soluzioni integrate ed articolate ad elevato valore aggiunto. L’intenzione è di rispondere in maniera personalizzata alle richieste dell’utenza

interessata all’acquisto. Un esempio? In fase di negoziazione, un intermediario marittimo assume gli incarichi di mediazione per portare a termine con successo una compravendita e ne predispone i relativi contratti. Un ulteriore supporto è fornito nell’ambito dell’analisi della propensione nautica del soggetto. Senza tralasciare, ovviamente, l’appoggio e la consulenza professionale in merito alla convenienza e fattibilità dell’investimento, all’immatricolazione, agli aspetti fiscali ed assicurativi del mezzo. Un’attività di supporto per

l’intera fase della compravendita”. E dopo questa fase? “Il mediatore marittimo è anche un consulente per tutti gli aspetti che riguardano la gestione e l’esercizio dell’imbarcazione. Su medie-grandi barche studiamo formule e servizi che aiutano a monitorare e rendicontare tutti i costi di esercizio, in più dove possibile, proponiamo formule di impiego commerciale del mezzo per la copertura di certi costi”. Quale il Suo consiglio a chi vuole acquistare una barca? “Lo yacht, da un certo punto

di vista, è un investimento “in passioni e piaceri”, un bene tecnologicamente e giuridicamente molto complesso. L’acquisto di un’imbarcazione nuova o da precedente proprietario, non è un’operazione semplice ed assente da rischi, soprattutto per chi non conosce bene la materia. Il mio consiglio quindi è quello di farsi assistere da soggetti dotati di requisiti morali e competenze tecniche distintive poiché solo attraverso un rapporto fiduciario stretto, si riesce meglio a gestire e pianificare il proprio investimento nautico, il che rappresenta certamente, un valore aggiunto da non sottovalutare”.

Competenza e serietà le armi vincenti del broker marittimo


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MOBILITA’ SOSTENIBILE

Pro m o s s o d a Confcommercio, Zapi spa , CCIA Reggi o Em i l i a , Com u n e d i R e g g i o E m i l i a e T I L

Progetto Ariamia: l’eco-noleggio di veicoli elettrici La scelta intelligente per muoversi in città. A soli 150 euro al mese Il progetto Ariamia è la prima esperienza strutturata di mobilità sostenibile per il trasporto delle merci in città, basata sull’econoleggio di veicoli elettrici ai commercianti, agli artigiani e ai piccoli imprenditori. Ideato e promosso da Confcommercio Reggio Emilia, d’intesa con Zapi spa (azienda reggiana leader mondiale nei sistemi di controllo per motori elettrici), Camera di Commercio di Reggio Emilia, Comune di Reggio Emilia e TIL – Trasporti Integrati e Logistica srl, Ariamia si pone obiettivi ambiziosi cercando di diffondere in modo capillare la cultura della Green Economy, coinvolgendo in misura maggiore operatori economici e privati cittadini, dopo i risultati positivi degli ultimi anni. Dal 2003 ad oggi, infatti, grazie all’impegno costante di Confcommercio, il progetto ha contribuito in modo decisivo al raggiungimento di un primato che ha fatto di Reggio Emilia la città che più di ogni altra in Italia e nel vecchio Continente si è distinta per il suo impegno nell’uso e nella diffusione di veicoli elettrici in abito urbano, aggiudicandosi il premio di “prima città elettrica d’Europa”. Chiediamo a Roberto Badalotti, Amministratore Delegato di TIL, azienda impegnata da anni nel settore della mobilità sostenibile e nel noleggio di veicoli elettrici, di spiegarci nel dettaglio il progetto. “Ariamia nasce dalla volontà di sottolineare la vocazione “eco” di Reggio Emilia e di informare i cittadini sui benefici dei mezzi elettrici: al rispetto per l’ambiente e

hanno collaborato a questo numero: Valentina Margini, Chiara Caselli, Chiara Pedroni, Letizia Burani

Il Porter Piaggio, firmato Ariamia, è un’auto 100% elettrica, percorre 80/90 km con una ricarica e può trasportare da 2 a 4 persone. E’ disponibile in oltre 20 allestimenti, per soddisfare esigenze private e lavorative.

Carta d’identità Lunghezza: 3,370 m Larghezza: 1,395 m Peso complessivo: 1.800 kg Posti: da 2 a 4 Ricarica batteria: normale 8h

Negli ultimi anni Ariamia ha risolto numerosi problemi di mobilità sostenibile in città, dando nuovo impulso allo sviluppo economico locale

alla convenienza economica si affiancano libertà di movimento e facilità di accesso al centro storico. Per dare nuova vitalità all’iniziativa”, spiega Badalotti, “abbiamo finanziato una nuova promozione: con un contratto di due anni sarà possibile noleggiare un Porter Piaggio elettrico a canone mensile di euro 150 più iva per i primi 6 mesi (secondo semestre: 200 euro al mese; terzo e quarto semestre: 250 euro al mese). Porter Piaggio è un auto elettrica che percorre in media

80/90 km con una ricarica di circa 8 ore, ad una velocità massima di 65 km/h e può trasportare da 2 a 4 persone. E’ disponibile in oltre 20 allestimenti, per soddisfare le più diverse esigenze private e lavorative”. Per chi aderisce all’iniziativa, quali sono i principali vantaggi? “Il noleggio di un veicolo elettrico comporta, in prima battuta, l’eliminazione dei costi di carburante. Inoltre, l’azienda non dovrà più considerare i classici costi di gestione e manutenzione del veicolo, unitamente all’assicurazione RCA, la revisione e il bollo auto. L’unico costo aggiuntivo al noleggio riguarda la ricarica delle batterie, che possiamo quantificare in 2,5 euro per ogni ricarica completa di 8 ore. Il noleggio, inoltre, è deducibile a livello fiscale. Con il Porter Piaggio è possibile parcheggiare gratuitamente in tutte le aree di sosta a pagamento ed il transito è consentito 24 ore su 24, an-

che nelle zone a traffico limitato e ZTL. Anche l’assistenza stradale e l’eventuale veicolo sostitutivo sono completamente gratuiti”. E’ possibile quantificare i vantaggi in termini di impatto ambientale? “Certamente”, risponde Badalotti. “I veicoli elettrici ad oggi in circolazione nella sola provincia di Reggio Emilia sono più di 250, comportando una significativa diminuzione dell’inquinamento atmosferico e acustico, come indicato anche nel nostro ultimo bilancio ambientale. Al 31 dicembre 2009, ad esempio, a fronte di 8.665.036 km complessivi percorsi, è stata registrata una diminuzione delle emissioni di CO2 pari a 866.504 kg e un risparmio di carburante pari a 722.086 litri. Negli ultimi anni Ariamia ha risolto numerosi problemi di mobilità sostenibile in città, dando nuovo impulso allo sviluppo economico locale”.

Tensione ricarica: 220 V Autonomia: 80/90 km in ciclo urbano Velocità massima: 65 Km/h

Per informazioni: www.til.it


AUTO

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L’es p r e s s i o n e p iù evoluta dello sti l e e del desi gn “M a de In Ita l y ”

Gruppo Autozatti presenta in anteprima Alfa Romeo Giulietta Sintesi di sportività, eleganza e tecnologia moderna Nell’anno del Centenario, il nome è un tributo ad un mito dell’automobile e dell’Alfa Romeo. Giulietta è la vettura che, negli anni Cinquanta, ha fatto sognare generazioni di automobilisti, rendendo per la prima volta accessibile il sogno di possedere un’Alfa Romeo e unendo fruibilità e comfort di alto livello all’eccellenza tecnica. Oggi nasce dal Centro Stile Alfa Romeo una nuova Giulietta, una vettura sportiva capace di esprimere sia grande agilità sui percorsi più impegnativi che doti di abitabilità e comfort sulle strade di tutti i giorni. Nasce una nuova Alfa Romeo compatta in grado di soddisfare i clienti che ricercano il massimo delle prestazioni dinamiche e coloro che ambiscono a una berlina dallo stile distintivo e dal comfort elevato. Chiediamo a Monica Zatti, responsabile marketing del Gruppo Autozatti (tel. 0521-949711), concessionario del marchio Fiat, Fiat Professional, Alfa Romeo, Lancia, Abarth e Great Wall per la provincia di Parma, di spiegarci meglio le potenzialità della nuova vettura, che sarà presentata

negli show-room nel mese di Maggio. “La “Giulietta”, spiega Monica Zatti, “porta al debutto un’architettura completamente nuova, progettata per soddisfare le aspettative dei clienti più esigenti in termini di tenuta di strada, agilità e sicurezza. Garantisce sia eccezionali performance dinamiche sia un elevato comfort, grazie alle raffinate soluzioni tecniche scelte per le sospensioni, a un sistema sterzante di nuova generazione, alla struttura rigida e leggera realizzata utilizzando materiali come l’alluminio e gli acciai

alto resistenziali e tecnologie produttive all’avanguardia. Il piacere di guida e il comfort possono essere adattati alle esigenze di ogni cliente grazie al selettore Alfa DNA, il dispositivo che personalizza il comportamento della vettura in base ai differenti stili di guida o alle diverse condizioni stradali. Sintesi di sportività ed eleganza, l’Alfa Giulietta nasce dal nuovo corso stilistico e tecnologico di Alfa Romeo iniziato con la “supercar” 8C Competizione e sottolineato dal ritorno ai nomi italiani, che da una parte riporta al

passato glorioso del brand, dall’altra parte proietta nel futuro i suoi valori di tecnologia ed emozione. Gli interni”, continua Monica Zatti, “riprendono chiaramente l’impostazione della Giulietta degli anni Cinquanta con linee tese e leggere e una plancia a sviluppo orizzontale. La ricercata cura del dettaglio e l’alta qualità dei materiali impiegati rappresentano, ieri come oggi, l’espressione più evoluta dello stile “made in Italy”. Infine, le misure della nuova vettura “disegnano” una forma compatta e dinamica e, al tempo stesso, garantiscono un’ottima abitabilità ed un bagagliaio capiente (350 litri): è infatti lunga 4,35 metri, alta 1,46 larga 1,80 e con un passo di 2,63 metri. Alfa Romeo Giulietta assicura performance e tecnologia ai massimi livelli, come dimostra una gamma motori che rappresenta lo stato dell’arte in termini di tecnica, prestazioni e rispetto dell’ambiente. Al lancio sono disponibili 4 motori Turbo, tutti omologati Euro5 e dotati di serie del sistema “Start&Stop” per la riduzione dei consu-

mi e delle emissioni: due benzina (1.4TB da 120 CV e 1.4TB MultiAir da 170 CV) e due diesel (1.6 JTDM da 105 CV e 2.0 JTDM da 170 CV, entrambi appartenenti alla seconda generazione dei propulsori JTDM). Infine, alla gamma si aggiunge il brillante 1750 TBi da 235 CV abbinato all’esclusivo allestimento Quadrifoglio Verde. Alfa Romeo Giulietta è stata realizzata per ottenere il massimo rating Euro NCAP futuro in modo tale da offrire una protezione totale per guidatore e passeggeri. Inoltre sospensioni, sterzo e impianto frenante sono stati progettati per dare il massimo equilibrio alla nuova vettura anche nelle manovre al limite.

La ricercata cura del dettaglio e l’alta qualità dei materiali impiegati rappresentano, ieri come oggi, l’espressione più evoluta dello stile “made in Italy”



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