Documento del Comitato Direttivo CGIL Reggio Emilia, 13 dicem
bre 2010
Premessa La prossima stagione di contrattazione sociale / territoriale, assieme a quella di 2° livello, dovrà rappresentare anche la formalizzazione della nostra proposta per la “3^ fase” di contrasto alla crisi economica, dopo quelle dell’urgenza nel 2009 e della stabilizzazione nel 2010. Il 2011 dovrà essere l’anno in cui si percorrono contemporaneamente le strade della tenuta della coesione sociale, della riduzione delle disuguaglianze e dove si costruiscono i percorsi di uscita dalla recessione, accompagnando le necessarie trasformazioni del tessuto economico e sociale della ns. provincia verso un nuovo modello di sviluppo territoriale. In questo ambito la CdLT di Reggio Emilia intende declinare a livello locale le proposte contenute nella Piattaforma formulata dalla Cgil per la manifestazione nazionale del 27 novembre, offrendole alla discussione collettiva di lavoratori e pensionati.
Il contesto, la crisi economica Come ci dimostra il nuovo numero dell’Osservatorio sull’economia ed il lavoro in provincia di Reggio Emilia, curato dall’IRES-CGIL, la crisi economica ha avuto conseguenze sul tessuto reggiano più gravi rispetto alla regione nel suo complesso: le imprese a Reggio Emilia avevano già iniziato a ridursi numericamente nel 2008, laddove in regione continuavano a crescere, e sono calate molto più drasticamente a Reggio Emilia che nella regione nel suo complesso nel corso del 2009. Il settore delle Costruzioni è stato quello maggiormente colpito dalla perdita di imprese attive nel corso del 2009, registrando una variazione negativa del 3,1% : delle oltre 800 imprese perse nel corso del 2009, oltre la metà sono di Costruzioni. Il secondo macro-settore che ha risentito in misura maggiore della crisi è stato quello manifatturiero, che ha registrato un calo pari al -2,4%. All’interno di questo, i comparti che hanno subito le più cospicue perdite di imprese attive in termini assoluti e percentuali sono la Produzione di metallo e prodotti in metallo (-6,1%) e la Fabbricazione di macchine ed apparecchiature elettriche ed ottiche (-3,3%). Reggio Emilia risulta essere la provincia più colpita dalla crisi in Emilia Romagna anche nell’anno in corso. La perdita di imprese attive nella prima metà del 2010 a Reggio Emilia infatti è la più alta sia in termini assoluti (-339) che in valore percentuale (-0,6%) La crisi ha avuto un forte impatto sul territorio reggiano anche rispetto alle esportazioni. Nel 2009 la crisi ha causato un calo molto netto, pari a -24%. In un solo anno, nel corso del 2009, sono stati persi quasi 2 miliardi di euro in valore di prodotti esportati, riportando il valore totale ad un livello inferiore a quello del 2005. I dati ci mostrano che l’impatto della crisi è stato molto forte anche sul lato occupazionale: nell’anno 2009 si riducono in misura consistente gli occupati (-4.000 in valore assoluto, -1,6%) e crescono in misura consistente le persone in cerca di occupazione (+7.000 circa, pari a oltre il 100% rispetto al 2008). Questa dinamica porta ad una crescita del tasso di disoccupazione, che passa dal 2,3% del 2008 al 5% del 2009, con una crescita di quasi tre punti percentuali in un solo anno. La perdita di occupati in provincia di Reggio Emilia ha colpito
soprattutto i lavoratori giovani (sotto ai 34 anni), quelli con un contratto a tempo determinato e gli stranieri. Nel corso del 2009, le ore di cassa integrazione richieste dalle imprese ed autorizzate dall’Inps ammontano a quasi 10 milioni, registrando un incremento del 1.670% rispetto all’anno precedente. Le aree produttive verso le quali si concentrano i maggiori interventi di integrazione salariale sono le attività meccaniche, che da sole rappresentano i 2/3 del volume complessivo autorizzato. Nel corso del 2009 a crescere più velocemente è stata la cassa in deroga (con un aumento del 2.139% rispetto al 2008) a fronte dell’aumento del 1.989% della cassa ordinaria e del 862% della cassa straordinaria. Sulla base delle ultime rilevazioni su dati INPS, ovvero fino a ottobre 2010, le ore autorizzate di cassa integrazione a Reggio Emilia continuano ad aumentare nei primi mesi del 2010, raggiungendo un picco nel mese di aprile, per poi iniziare una graduale riduzione nel corso dei mesi estivi, fatto salvo il nuovo picco del mese di luglio ascrivibile ad una impennata della cassa in deroga. Tuttavia, se da un lato le ore complessive registrano un calo nei mesi estivi, è necessario segnalare che il volume delle ore autorizzate continua ad essere elevatissimo anche nel corso del 2010: a fine ottobre il totale delle ore CIG autorizzate superava i 14 milioni, circa 5 milioni in più del totale 2009. Ad aumentare sia nel corso del 2009 e fino al mese di aprile del 2010, è principalmente la cassa in deroga, che mantiene un andamento fortemente altalenante nei mesi estivi ed autunnali dell’anno in corso. Registriamo da ultimo una ripresa della Cassa ordinaria nel mese di novembre, e che i pochi avviamenti al lavoro avvengono per oltre l’ 80% utilizzando contratti di lavoro precari e/o atipici, segno che non si può ancora parlare di una tendenza alla ripresa della normalità.
A) Politiche per l’uscita dalla crisi, per lo sviluppo locale e l’occupazione Il tema dell’occupazione e dei livelli crescenti di precarizzazione del lavoro rappresenta certamente la questione più rilevante che l’attuale fase della crisi propone anche per il nostro territorio. Insieme a questo, va sottolineato il numero elevato di lavoratori ancora collocati dentro ammortizzatori sociali lunghi (CIGS e CDS) e quelli per i quali si rende ancora necessario, per il 2011 e 2012, avere a disposizione lo strumento degli ammortizzatori in deroga, nella prospettiva di una riforma organica dell’insieme degli ammortizzatori sociali. Questa priorità rende necessario agire su più leve sul piano territoriale, nel quadro delle intese e degli strumenti di programmazione decisi a livello regionale, come sviluppo del “Patto per attraversare la crisi”. Le azioni riguardano: - la necessità di proseguire con una gestione “virtuosa” degli ammortizzatori sociali, come avvenuto nel corso dei primi due anni della crisi, privilegiando lo strumento dei contratti di solidarietà laddove si è in presenza di processi riorganizzativi che possono comportare esuberi di personale. A questo proposito valutiamo in modo estremamente positivo il recente rinnovo dell’accordo con la Regione Emilia-Romagna per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per l’anno 2011; - la messa in campo di un Piano straordinario per la formazione e
le politiche attive del lavoro, finalizzato al riassorbimento dei livelli di disoccupazione, alla gestione delle professionalità collocate dentro gli ammortizzatori sociali “ lunghi” ( che rappresentano probabili esuberi strutturali ), alla risposta alle nuove emergenze che caratterizzano i livelli attuali di disoccupazione, a partire dal riproporsi di una questione femminile, all’emergere del problema giovani e migranti, alla esigenza di riqualificazione degli ultraquarantacinquenni. Denunciamo il sostanziale “dissolvimento” del Tavolo provinciale contro la crisi e più in generale dei luoghi di concertazione nel nostro territorio, sia con gli Enti Locali che con i rappresentanti delle forze sociali ed economiche. La necessità di individuare sedi (tra le quali, già da molti mesi, la CGIL reggiana ha indicato la proposta di istituire una Conferenza economica e del lavoro provinciale) dove affrontare il tema del modello di sviluppo e di uscita dalla crisi, mettendo le Istituzioni, le forze economiche e quelle sociali in un unico luogo di interlocuzione che sia in grado di progettare il futuro di questo territorio, rimane una esigenza alla quale è urgente rispondere. E’ in quella sede che possono e debbono essere definite: - le politiche di investimento sulla conoscenza, sull’innovazione e sulla ricerca, a partire dalla accelerazione del processo di realizzazione del Tecnopolo reggiano ed ai suoi rapporti con l’Università; - le politiche a sostegno dell’innovazione dell’impresa, la crescita dimensionale e lo sviluppo delle reti, i processi di nuova aggregazione, il sostegno alla internazionalizzazione; - le linee di politica industriale per il territorio, necessariamente collocate nell’ambito degli strumenti di programmazione di area vasta (regionali e sovraregionali), finalizzate allo sviluppo di nuove e maggiori specializzazioni; - le politiche di investimento pubbliche di tipo infrastrutturale; - le politiche del lavoro, per contrastarne la precarizzazione e qualificarne i contenuti attraverso gli investimenti sulla conoscenza, in un territorio come il nostro che è all’ultimo posto in regione per tasso di scolarità. Non è oggi più rinviabile una discussione sul ruolo della Fondazione Manodori e sulle modalità con cui distribuisce risorse sul territorio, che andrebbero concentrate su grandi progetti innovativi piuttosto che disperse in innumerevoli micro-interventi solidaristici.
La legalità La crescente consapevolezza di un aumento dell’illegalità e dei rischi di infiltrazione nelle attività economiche presenti nel nostro territorio della criminalità organizzata rende necessario, anche all’interno del lavoro sindacale, rafforzare la cultura della prevenzione e del contrasto verso questi aspetti degenerativi della coesione sociale. A tal fine è necessario superare la natura duale dei diversi protocolli per la legalità stipulati negli ultimi mesi nella nostra provincia sotto l’impulso della Prefettura, per giungere ad un ampio coinvolgimento delle istituzioni locali, delle associazioni economiche, delle organizzazioni sindacali e sociali in modo da permettere la diffusione della conoscenza dei fenomeni e la sinergia delle azioni di contrasto tra i vari attori della comunità locale. Riteniamo anche utile che Il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza promuova periodicamente una Conferenza pubblica sullo stato dei principali fenomeni di disordine sociale e criminalità, sui temi delle sicurezze urbane ed ambientali, della legalità in economia e del lavoro, con l’attivo coinvolgimento di tutte le parti istituzionali e sociali.
I servizi a rete Si può produrre efficentamento nelle aziende erogatrici di servizi per contrastare i tagli ai trasferimenti pubblici e la scorciatoia dell’aumento generalizzato delle tariffe, utilizzando al contempo la loro capacità di spesa per investimenti che generino effetti anticiclici nel tessuto economico locale. Per questo motivo diciamo NO alla vendita quote di partecipazione nelle aziende pubbliche fornitrici di servizi essenziali, sia per “fare cassa” che come precipitoso adeguamento al dettato della Legge Ronchi, che và contrastata per la sua ideologia privatizzatrice. Gli EELL proprietari devono poi giocare un maggiore protagonismo nell’indirizzare “politicamente” il managment delle aziende di servizio da loro controllate, anche rispetto ai problemi di valenza “simbolica” quali ad esempio la recente vicenda dei compensi ai componenti del CdA di Iren. Và recuperato il ritardo nella applicazione della L. RER. 10/2008 per quanto riguarda il passaggio tra ATO e Convenzioni, il ruolo regolatore della Agenzia per la Mobilità, la razionalizzazione dell’Acer per ottenere una efficace gestione del patrimonio di alloggi pubblici dei comuni, a partire dalla tenuta ed all’aggiornamento di un quadro conoscitivo dettagliato della consistenza del patrimonio di alloggi pubblici, delle domande di assegnazione, del numero e della quantità dei contributi per l’affitto erogati, per ogni comune della provincia. Le politiche pubbliche per la casa devono tener conto che in uno scenario come l’attuale, fatto di minori redditi disponibili e di lavoro precario, occorre dare risposta prioritariamente alla domanda di affitto a canoni sostenibili piuttosto che all’acquisto del bene casa. Và inoltre generalizzato a tutto il territorio il blocco degli sfratti dagli alloggi pubblici per le famiglie di lavoratori colpiti dalla crisi. Nel campo della promozione dell’uso del Tpl occorre concentrare gli sforzi sul contenimento del costo degli abbonamenti per studenti, lavoratori e categorie a basso reddito ed applicare il nuovo sistema regionale di tariffazione STIMER con una rimodulazione delle zone tariffarie che non penalizzi il pendolarismo. In questo ambito assume particolare rilevanza la gestione condivisa con le parti sociali, sul nostro territorio, del recente “Patto regionale per la mobilità sostenibile” e dei progetti di riorganizzazione del servizio con logiche di “area vasta” quali la FER e la ipotizzata unificazione tra le aziende del Tpl di Reggio Emilia e Modena. Occorre rendere più aperta ed efficace la discussione – oggi troppo “carsica” – sui grandi progetti quali l’Area Nord di Reggio, la collocazione delle grandi superfici commerciali, il completamento del ciclo di trattamento dei rifiuti.
B) Confronto con gli enti locali e contrattazione sociale La definizione dei Bilanci Previsionali 2011 Vista la rigidità nella definizione dei propri bilanci imposta agli EELL dal Patto di Stabilità e dal DL 78/2010, la Regione appare oggi come l’unico livello amministrativo dotato di alcuni margini di manovra finanziaria, oltre che della capacità di iniziativa politica connessa alla potestà legislativa che le è propria. E’ pertanto utile attendere lo sviluppo del confronto al livello regionale prima di concludere i confronti con gli EELL di livello inferiore.
La nostra proposta và portata in modo capillare alla discussione preventiva e non “formale” nel territorio ( luoghi di lavoro, leghe SPI, iniziative aperte alla cittadinanza, ..) E’ opportuno partire, nei prossimi confronti, dalla richiesta di formalizzazione, da parte degli EELL, dell’effettivo livello di utilizzo delle misure adottate nel 2010 e delle relative risorse economiche stanziate, sia per avere un quadro dei bisogni reali della popolazione nei singoli territori, sia per impedire che eventuali residui non utilizzati vengano dirottati su altri impieghi non coerenti. (E’ utile assicurare la presenza ai tavoli di confronto di SUNIA, Federconsumatori, AUSER.) Occorre una valutazione della quantità e della destinazione del gettito delle attuali addizionali IRPEF comunali e dell’utilizzo sul territorio del trasferimento del gettito dell’addizionale Irpef regionale contrattata con Cgil Cisl e Uil; In generale occorre realizzare, ove non presente, una forte progressività delle fasce ISEE per la compartecipazione da parte degli utenti al costo delle rette e/o servizi ed una generalizzazione del sistema ISEE estendendone l’applicazione agli accordi di rateizzazione delle utenze per i lavoratori colpiti dalla crisi, stipulati nel biennio scorso, a tutti coloro che sono al di sotto di una determinata soglia di ISEE, in modo da ricomprendere tra gli aventi diritto anche i lavoratori più deboli ( lavoro atipico, in appalto, nel 3° settore ) ed i pensionati. Per favorire l’omogeneità delle misure in aree territoriali contigue, chiediamo di tenere i confronti con i comuni a livello di unione / distretto, e – in caso di accordo – accompagnando attivamente la successiva fase di adozione delle intese da parte dei singoli comuni, che devono riconoscere le OOSS come soggetto contrattuale pienamente legittimato.
Riprogettazione del sistema del welfare Ci rendiamo conto che i ripetuti tagli dei trasferimenti dal governo centrale agli enti locali, sommati alla riduzione delle entrate causata dalla crisi economica, stanno determinando una condizione difficilmente sostenibile per i bilanci dei comuni, che potrebbe mettere in pericolo la qualità dei servizi pubblici da essi erogati. In questo contesto occorre rivendicare un salto di qualità nel lavoro di ri-progettazione della struttura degli EELL per assicurare il mantenimento del livello dei servizi. A tal fine, nonostante i drastici tagli ai trasferimenti alle AA.LL., è indispensabile riorganizzare i servizi in una logica di estensione qualitatativa e inclusiva con l’obiettivo di consolidare il sistema pubblico con un livello di prestazioni erogate verificabili nel breve periodo, in particolare su sistema di accessi, integrazione dei sistemi sociali e sanitari rispetto alle risposta ai bisogni, al fine di orientare azioni finalizzate ad individuare prestazioni ed interventi monitorabili. Si può coniugare sviluppo e coesione sociale anche attraverso la riprogettazione del sistema di welfare, per una sua tenuta complessiva, valutando l’attuale condizione del sistema dei servizi dall’educativo al socio assistenziale/non autosufficienza. Definire gli ambiti nei quali può svilupparsi un corretto rapporto tra sistema pubblico ed attività economica privata, intesa come integrativa e non sostitutiva delle prerogative proprie delle pubbliche amministrazioni nel determinare responsabilità, risposte ai bisogni e non alla domanda, gestione diretta dei servizi. E’ necessario elaborare una serie di proposte della Cgil da portare ad un confronto fra le Organizzazioni Sindacali ed i soggetti che compongono il Terzo settore al fine di individuare quale funzione del privato sociale nella erogazione e organizzazione nella rete dei servizi, quale ruolo del volontariato e della cooperazione nelle azioni che integrano i percorsi assistenziali o di sostegno alle persone, tenendo come punto fermo che non si possono accettare forme di “dumping contrattuale” degli
operatori del privato sociale nei confronti del lavoro pubblico. La CGIL di Reggio Emilia ribadisce inoltre la centralità del ruolo della Scuola pubblica nella costruzione e nel consolidamento dei diritti di cittadinanza e riafferma la necessità di garantire l’unitarietà del sistema nazionale d’istruzione e formazione. Per la definizione dei criteri d’impiego delle risorse economiche finalizzate al sostegno dell’autonomia scolastica fa proprie le linee d’indirizzo della Regione Emilia Romagna ed i criteri di ripartizione delle risorse in essi contenuti. In particolare merita attenzione la situazione degli immigrati stranieri. Queste persone sono infatti le più esposte ai processi di trasformazione del contesto economico, essendo strutturalmente i più coinvolti nell’utilizzo di contratti atipici e precari, nei processi di esternalizzazione, appalto e sub-appalto di pezzi del ciclo produttivo delle imprese. Il locale sistema di welfare deve favorire la inclusione di queste persone attraverso un approccio d’insieme di tutte le politiche sociali che non prefiguri uno “specifico per gli immigrati”, ma che a partire dalle situazioni di svantaggio, emarginazione, sfruttamento di cui gli immigrati sono spesso vittime, ristabilisca condizioni di parità fra tutti i cittadini. Parità di diritti sociali, civili e di cittadinanza.
La riorganizzazione del sistema delle Autonomie Locali Confermare la scelta delle Unioni comunali, delle gestioni associate e dei Consorzi per l’erogazione dei servizi secondo lo spirito della L. RER. 10/2008, che và applicata in modo convinto, e del ruolo delle ASP, in quanto la corretta implementazione di tali forme associative appare l’unica strada possibile per il mantenimento dei servizi in un quadro di drastica riduzione dei trasferimenti statali e di rigidità di bilancio imposte dal Patto di Stabilità. A tal fine la proposta di un Patto di stabilità territoriale approvata dalla Assemblea Legislativa dell’ Emilia-Romagna conferma l’importanza di un ruolo di coordinamento regionale di queste materie. Si tratta di modalità organizzative che devono essere in grado di offrire vantaggi apprezzabili alle comunità che le partecipano, realizzando la massima efficacia ed efficienza della spesa pubblica locale ed al contempo evidenziando l’importanza di mantenere in capo agli Enti locali la responsabilità che deriva dalla gestione pubblica diretta delle funzioni delegate a queste strutture. Contemporaneamente occorre evitare che questo livello organizzativo si sovrapponga semplicemente a quelli esistenti, chiamando anche la Regione Emilia Romagna a esercitare un ruolo attivo di governo di questi processi. La Cgil di Reggio Emilia non intende rassegnarsi ad una valutazione globalmente negativa di questa forma di assetto delle autonomie locali, a seguito dei problemi manifestati da alcune esperienze di associazione sin qui compiute, che vanno analizzate con spirito costruttivo per recuperarne l’efficacia. Riteniamo inoltre che sarebbe proficuo far coincidere le singole Unioni comunali con il perimetro dei rispettivi distretti socio-sanitari di riferimento, così come pensiamo che sia tempo di avviare una riflessione sulla opportunità di realizzare vere e proprie fusioni con le realtà contermini, almeno per i comuni con una popolazione al di sotto dei 5.000 abitanti. Per i distretti socio sanitari la programmazione regionale deve essere definitivamente applicata in relazione alla allocazione delle risorse del Fondo Regionale per la Non Autosufficenza, al sistema degli sportelli socio sanitari, alla dimensione dei servizi per la non autosufficienza, alla presa in carico, alla continuità assistenziale, al sistema di accreditamento. Appare infine ancora poco utilizzata la logica di programmazione di area vasta, che potrebbe giocare un ruolo importante nel coordinare iniziative ed investimenti che altrimenti si rendono
insostenibili con l’attuale quadro di compatibilità dei bilanci pubblici ( pensiamo agli investimenti infrastrutturali ma anche, ad esempio, al co-finanziamento delle attività culturali più rilevanti.
La fiscalità locale Gli EELL devono intraprendere una forte ed articolata lotta alla evasione/elusione dei tributi locali ed alla imposizione sulla rendita immobiliare, prevedendo l’adesione di tutti i comuni al protocollo regionale tra Anci e Agenzia delle Entrate e potenziando la collaborazione con il Catasto e le aziende erogatrici di servizi per favorire l’incrocio dei dati delle utenze etc. e collaborando attivamente con questi per la definizione dei programmi di verifica. Occorre inoltre effettuare un reale controllo sulle autocertificazioni ISE / ISEE; Ribadiamo la nostra contrarietà alla scelta fatta da alcuni comuni reggiani che hanno variato il proprio bilancio pluriennale per avere la possibilità di aumentare l’addizionale IRPEF nel 2012. Una decisione che non è stata preventivamente discussa con le organizzazioni sindacali e che giudichiamo improvvisata ed affrettata, oltre a non trovare riscontri in nessun altro territorio della nostra Regione. Riteniamo che la scelta di prevedere, anche solo come opportunità, l’aumento dell’addizionale IRPEF avrebbe come conseguenza quella di confermare la strutturale iniquità del sistema fiscale italiano, aggravando ulteriormente una pressione tributaria che già si concentra quasi esclusivamente su lavoratori dipendenti e pensionati, già colpiti dagli effetti diretti della crisi economica, attraverso uno strumento che tra l’altro è privo di qualsiasi elemento di progressività. In vista, tra l’altro, del federalismo fiscale, si correrebbe il rischio reale di moltiplicare i livelli di tassazione. Invitiamo le Amministrazioni locali ad avviare da subito un confronto vero ed approfondito con le parti sociali per predisporre una strategia complessiva, alternativa all’aumento indifferenziato della pressione fiscale, modificando il sistema delle rette/tariffe secondo criteri più legati al reddito ed alla condizione familiare attraverso la generalizzazione dello strumento dell’ISEE e la realizzazione della cosiddetta “tariffazione sociale”.
C) La contrattazione territoriale
aziendale
e
La CGIL Reggio Emilia conferma l’obiettivo indicato al XVI° Congresso di addivenire al più presto alla definizione di linee guida per la contrattazione di 2° livello, tenuto necessariamente conto del complesso quadro aperto sul piano generale in materia di contrattazione, regole di democrazia e rappresentanza, dell’attacco in atto al modello di relazioni fondato sui contratti nazionali di lavoro. Anche in funzione della gestione degli effetti sociali della crisi, la difesa dell’occupazione, il contrasto alla precarietà, la difesa dei livelli di reddito, passano attraverso un’azione coordinata tra la vertenzialità aperta e da sviluppare nei luoghi di lavoro, e quella prevista a livello territoriale. La contrattazione nei luoghi di lavoro, nel mettere al centro questi obiettivi, si propone di costituire un argine al pericolo di un cedimento del livello dei diritti e di arretramento nella condizione delle lavoratrici e dei lavoratori, nella consapevolezza che ciò produrrebbe effetti sul piano sociale non altrimenti affrontabili. Confermiamo la totale opposizione al modello delle deroghe e al tentativo, in atto anche nella nostra provincia, di mettere in discussione l’applicazione dei Contratti nazionali di lavoro e/o cancellare la contrattazione integrativa sviluppata a livello aziendale.
Per queste ragioni la Camera del Lavoro fa proprie le vertenze in atto in diversi settori, a partire da quelle più significative : - quella nel settore metalmeccanico, con le vertenze finalizzate a confermare l’applicazione del CCNL 2008 e contrastare gli effetti negativi dell’accordo separato del 2009; - la vertenza nel settore alimentare alla Newlat e nel sistema moda il crack di Mariella Burani F.G.; - il quadro delle vertenze in atto nel settore del facchinaggio, in particolare quella rilevantissima “GFE-SNATT”, che richiede l’attestazione alla applicazione piena del CCNL di riferimento, come condizione dei diritti minimi al di sotto dei quali non è accettabile regolare il lavoro e i rapporti di concorrenza tra le imprese. La nostra concezione di legalità passa, necessariamente, dal tema della salvaguardia dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. La stessa contrattazione di 2° livello per i lavoratori del sistema pubblico deve garantire la qualità del lavoro negli Enti ed il rifiuto di nuove esternalizzazioni mediante l’appalto di servizi. La lotta al lavoro sommerso ed alla illegalità deve partire dagli appalti pubblici di lavori e per la fornitura di servizi, generalizzando il criterio della “offerta economicamente più vantaggiosa” ed attraverso la realizzazione di procedure di gara e di direzione lavori più efficaci e qualificate, che si ottengono consorziando tra di loro le strutture delle stazioni appaltanti pubbliche più piccole. Simile responsabilità va pretesa da parte dei committenti privati, a partire da coloro che hanno esternalizzato parte della propria attività, aprendo confronti che si pongano l’obiettivo della reinternalizzazione delle fasi che appartengono al ciclo produttivo, ricomponendo in questo modo i diritti e le condizioni contrattuali dei lavoratori. In questo senso si decide di individuare, assieme alle categorie, i casi più significativi per farne conseguire una azione rivendicativa adeguata. Il dato dei 12.000 iscritti nella nostra provincia a forme di previdenza integrativa che non appartengono al sistema dei fondi contrattuali dimostra che se questi temi non vengono presidiati anche dalla contrattazione di secondo livello si lasciano libere le aziende od il mercato finanziario di intervenire unilateralmente su di un tema così rilevante per il futuro dei lavoratori. E’ opportuno prevedere anche la contrattazione dell’utilizzo delle somme che derivano dai fondi interprofessionali per la formazione continua, attraverso progetti territoriali e/o settoriali di ampio respiro, coordinati con quelli realizzati dal sistema dei locali Enti di formazione. Il Comitato Direttivo della Camera del Lavoro si propone altresì di sviluppare una approfondimento sul tema della partecipazione del sistema imprenditoriale al mantenimento del livello dei servizi. Si tratta di evitare che in questa fase il sistema delle imprese scarichi sulla collettività la risposta alla perdita di occupazione, di reddito e di tutele, ipotizzando forme di contrattazione di 2° livello, aziendale, settoriale e/o territoriale, che destinino quote di risorse aggiuntive, o che oggi sono utilizzate in modo sostanzialmente unilaterale , da affidare agli EELL affinché vengano destinate al finanziamento di iniziative innovative ed integrative su materie attinenti le prestazioni non universalistiche od a compartecipazione del cittadino, un vero e proprio “Patto”che impegni tutte le componenti della comunità reggiana a giocare la propria parte per mantenere la coesione sociale complessiva, a fronte delle molteplici variabili esterne che la stanno mettendo a rischio.
CGIL REGGIO EMILIA