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PULLMANS Sciopero Generale lun e d ì 1 2 d i c e m b r e 2 0 1 1

zona CORREGGIO

zona GUASTALLA

0522/633911

Ore 8.00 - Fabbrico - Portineria operai Landini

Pullman n.2

Ore 7.40 - Fabbrico - Autostazione Ore 7.50 - Campagnola - Autostazione Ore 8.00 - Rio Saliceto - Autostazione

Pullman n. 11

ore 8.00 - Luzzara - Piazza Libertà

Pullman n. 12

ore 8.00 - Gualtieri - davanti Tecnogas ore 8.10 - Santa Vittoria - Palazzo Greppi

Pullman n.3

Pullman n. 13

Pullman n.4 - 5

Pullman n. 14

Ore 8.00 - Correggio - P.le Finzi (sede Cgil) Ore 8.15 - S. Martino in Rio - davanti Cormo Ore 8.15 - Correggio - P.le Finzi (sede Cgil)

ore 8.00 - Reggiolo - Zona Ranaro ufficio Comer via Magellano ore 8.10 - Reggiolo - Piazza Rocca ore 8.10 - Novellara - Piazzale Stazione

0522/826445

Pullman n.1

Pullman n. 15

0522/476511

Pullman n. 6

ore 7.30 - Campegine - Piazza Municipio ore 7.45 - Caprara - Edicola ore 8.00 - Praticello - Piazza A. Cervi ore 8.10 - S.Ilario - Circolo ARCI Parco Poletti ore 8.20 - Calerno - Interpump

Pullman n. 7

ore 8.10 - S.Ilario - Circolo ARCI Parco Poletti ore 8.20 - Calerno - Interpump

Pullman n. 8

ore 8.00 - San Polo d’Enza - Stazione ore 8.30 - Montecchio - Palazzetto dello Sport

Pullman n. 9

ore 8.00 - Bibbiano - Piazza C.A. Dalla Chiesa ore 8.10 - Barco - Centro Sociale ore 8.20 - Cavriago - Piazzale Pianella ore 8.30 - Cavriago - Piazza Zanti

0522/811065

ore 8.20 – Guastalla – Piazzale Coop

zona SCANDIANO

Pullman n. 19

ore 8.00 - Castellarano - Piazza XX Luglio ore 8.15 - Villalunga - Ristorante il Fargo ore 8.30 - Salvaterra - Tabaccheria San Lorenzo

Pullman n. 20

ore 8.00 - Rubiera - Largo Cairoli ore 8.15 - Casalgrande - Piazza Costituzione ore 8.25 - Scandiano - Camera del Lavoro

Pullman n. 21

ore 8.20 - Scandiano - Camera del Lavoro ore 8.30 - Arceto - Piazza Pighini

zona C.MONTI

Pullman n. 10

Pullman n. 18

ore 7.50 - Castelnovo nè Monti - area Coop ore 8.05 - Felina - Distributore AGIP ore 8.20 - Casina - Piazzale Ecu ore 8.35 - Vezzano - Piazza Municipio ore 8.40 - Puianello - Cantina Sociale

Al termine del comizio i pullmans ripartiranno da viale montegrappa (angolo via Emilia San Pietro)

dicembre 2011 - Stampa Teorema via Orsi - Reggio Emilia

0522/857423

zona S.ILARIO d’enza

ore 8.00 - Boretto - piazza Nenni ore 8.10 - Poviglio - davanti Donelli ore 8.15 - Brescello - piazza Don Camillo ore 8.20 - Brescello - davanti Immergas e Terex


(per l’intera giornata o turno di lavoro) ad esclusione del pubblico impiego, della scuola e dei settori vincolati al rispetto della legge 146 sui servizi essenziali

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Sciopero Generale di 8 ore

lun e d ì dicembre 2 0 1 1

La manovra del Governo monti non Non è equa, colpisce i redditi piu’ bassi, contrae ancora i consumi, accentua la recessione, crea nuova disoccupazione ancora una volta a farne le spese sono lavoratori e pensionati p la non indicizzazione per le pensioni basse è una tassa sulla povertà p l’anzianità contributiva di 40 anni per accedere alla pensione di anzianità diventa impraticabile. Sottrae un diritto e destabilizza il mercato del lavoro p ancora una volta a farne maggiormente le spese sono le lavoratrici penalizzate sul lavoro, ma considerate pari quando si tratta di accesso alla pensione

p ICI/IMU + IVA + addizionali IRPEF Regionali e Comunali + accise spostano sui soliti noti gran parte delle entrate per tassazione p è debole sulla lotta all’evasione fiscale tra le più alte e scandalose al mondo p poche sono le novità positive sulla crescita e sulle infrastrutture

Con questa manovra pagano molto pensionati e lavoratori

poco i ricchi nulla gli evasori

e’ necessario un preciso cambio di volonta’ politica oCCORRE: p riformare gli ammortizzatori sociali p difendere le liberta’ sindacali p respingere le scelte della fiat di uscire dal C.C.N.L. p cancellare l’art.8 della finanziaria del Governo precedente

che il governo trovi le risorse da:

p Un’imposta sulle grandi ricchezze p La tassazione vera dei capitali

scudati p La tassazione dei capitali portati in Svizzera p La rinuncia all’acquisto di 131 bombardieri F35

MANIFESTAZIONE PROVINCIALE REGGIO EMILIA concentramento ore 9.00 in viale Montegrappa comizio conclusivo PIAZZA PRAMPOLINI

cgil REGGIO EMILIA


Nota sul Decreto recante Disposizioni urgenti per la crescita, l'equitĂ e il consolidamento dei conti pubblici

a cura di tutti i dipartimenti della CGIL nazionale

Roma, 7 dicembre 2011


Il metodo Pur nella urgenza della situazione italiana, la CGIL avrebbe ritenuto indispensabile un confronto meno rituale e più impegnativo sulle conseguenza della manovra, in particolare sulle questioni che hanno una relazione con le condizioni concrete di cittadini e lavoratori: sviluppo, politiche fiscali e previdenziali.

L'Europa Il giudizio della CGIL insiste sulla necessità che venga affrontata con urgenza la questione europea attraverso una rilevante modifica del Patto di Stabilità e Crescita, senza la quale i provvedimenti assunti dal Governo rischiamo di non produrre effetti di stabilizzazione e, tanto meno, di sviluppo. Occorre cambiare passo con decisione e con rapidità. Come abbiamo visto il tempo perduto ha aggravato i problemi ed ha reso sempre più insufficienti interventi già di per sé discutibili oltreché pesanti. Oggi riemergono in tutta la loro crudezza i limiti di “governance” irrisolti con l'introduzione dell'Euro: - non si può avere centralizzazione della politica monetaria mantenendo decentrata la politica fiscale; - non può darsi una banca centrale senza funzione di garante di ultima istanza. Qualcosa si muove sia sul versante della funzione della BCE sia su quello della convergenza fiscale; la proposta degli Eurobond o quella della Tassazione delle Transazioni Finanziarie, sulle quali da tempo la CES insiste, sono diventate sempre più concrete e condivise dopo che erano state osteggiate o addirittura derise. Ora la durezza della crisi impone una nuova archiettura istituzionale e politica della “governance” europea. La CGIL vede con preoccupazione il fatto che il prossimo vertice dei Capi di Stato e di Governo affronti la discussione sulla modifica dei Trattati con l'obbiettivo prevalente di rendere ancora più stringenti le politiche di austerità

Giudizio sulla manovra Il giudizio della CGIL sulla manovra evidenzia in primo luogo la insussistenza di un equilibrio tra rigore ed equità. Ancora una volta si carica il peso degli interventi sui ceti medio bassi, sui pensionati e sui lavoratori. Per questo le conseguenze sociali della manovra sono insostenibili: Otre a ciò abbiamo la certezza di una torsione recessiva dovuta alla compressione ulteriore del reddito disponibile, derivante dal concorso di una pluralità di interventi, in un quadro macro-economico europeo oggi non in grado di offrire aiuti allo sviluppo, all'occupazione e, di conseguenza, ai redditi. Questa prospettiva è aggravata dal presentarsi, anche questo per le scelte della manovra, di un rinfocolarsi delle spinte inflattive che concorreranno sia alla riduzione dello sviluppo che all'indebolimento dei redditi.

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Impatto economico della manovra Tanto rigore, poca crescita, rischio inflazione La manovra viene presentata dal Governo come un pacchetto di misure in direzione del risanamento dei conti e della crescita, rispettivamente per circa 20 miliardi di euro nella prima direzione e circa 10 miliardi nella seconda (che si aggiungono ai 60 delle manovre estive). Ma, nonostante la validità di molte delle misure a sostegno del tessuto economicoproduttivo [commentate più avanti], resta inalterata la prospettiva: un approccio tutto a sostegno della liquidità del sistema, in particolare delle imprese e delle banche, per una ripresa pro-ciclica della crescita “lasciata” alla fiducia dei mercati. Di nuovo, si porta avanti un'idea della ripresa tutta dal lato dell'offerta, senza mettere mano alle vere cause della crisi, soprattutto italiana, che risiedono nei “vuoti” della domanda. Anzi misure come la deindicizzazione dei redditi da pensione deprimono i consumi e la domanda interna. Non a caso lo stesso vice Ministro dell'Economia Grilli ha rivisto le stime della crescita 2011-2013, confermando il -0,5% nel 2012 e con una previsione ancor più pessimistica dell'OCSE per il 2013 (PIL pari a zero), anno in cui si dovrebbe raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Viene così ribadito dal Governo di continuare a pensare la definizione di crescita economica e di sviluppo come fattori “spontanei”, pur sostenuti da meccanismi incentivanti e maggiore liquidità a disposizione del ciclo economico. In questo approccio, perciò, non si denota una marcata discontinuità con il governo precedente. Eppure, il risanamento dei conti dipende dal livello di crescita dell'economia. Il sistema dei conti prevede che deficit e debito si misurino in rapporto al PIL. Senza crescita i conti non possono tornare a posto. Per questo, tutte le misure di riduzione della spesa del governo precedente – oltre che per l'inadeguatezza – non hanno mai risanato la finanza pubblica, né contenuto il debito pubblico. Le stime di rientro del deficit e di crescita degli ultimi tre anni presenti in ogni documento di finanza pubblica del governo sono state sempre riviste a ribasso. Ciò, al netto della congiuntura economica e della debolezza strutturale del sistema-paese, è dovuto all'assenza di politiche industriali, fiscali e sociali in grado di sospingere la crescita del PIL. In sintesi, si rischia di continuare a risanare lo Stato riducendo lo Stato. A queste preoccupazioni si legano quelle relative al recupero dell'occupazione. Al momento, non sembra esserci nessuna prospettiva di abbassamento del tasso di disoccupazione. Molte delle misure previste (aumento IVA e accise, la stessa IMU, etc.) porteranno peraltro un aumento dell'inflazione che si realizza senza un aumento della crescita.

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Le misure fiscali Manca l'equità I provvedimenti di natura fiscale nel Decreto non sono caratterizzati da un sufficiente accettabile grado di equità. Prima di tutto, manca l'idea di tassare davvero i grandi patrimoni che imprigionano la crescita e, soprattutto, la grande concentrazione di ricchezza finanziaria che produce rendita a scapito del lavoro e della stessa produzione. Il Paese non usa bene la ricchezza che produce e, soprattutto, che detiene. La politica economica potrebbe usare meglio la leva fiscale per la crescita e lo sviluppo 1. Per correggere questa ingiustizia distributiva, risanare l’economia, creare le condizioni per gli investimenti e per la crescita, ridare respiro ai redditi da lavoro, la CGIL continua a ritenere utile l'introduzione di un’Imposta sulle Grandi Ricchezze delle famiglie, ispirata al modello francese, con aliquota progressiva dallo 0,55% all’1,8% sulle attività reali (immobili, aziende e oggetti di valore) e sulle attività finanziarie (depositi, titoli di Stato in mano alle banche e ai grandi fondi di investimento, azioni, etc.), al netto delle passività finanziarie (mutui e altri debiti). L’imposta verrebbe pagata solo sulla quota che eccede gli 800.000 euro di patrimonio netto familiare, con detrazioni e deduzioni previste per carichi familiari e per autofinanziamento delle imprese2. In decreto è previsto l'aumento della tassazione dei beni di lusso e dell'imposta di bollo sui prodotti finanziari. Ma queste misure rappresentano solo dei palliativi e dei surrogati di una vera imposizione patrimoniale progressiva. Un'imposta sulle Grandi Ricchezze sarebbe molto più efficace, sia dal punto di vista della “correzione” del sistema economico, sia dal punto di vista delle risorse reperibili. Tassare anche le grandi attività finanziarie alleggerirebbe anche l'imposizione sulle proprietà immobiliari, per effetto di “bilanciamento”. In generale, le modifiche del sistema fiscale in manovra non sostengono la ripresa in modo adeguato, perché le misure a favore della ricapitalizzazione delle banche e delle imprese non sono sufficientemente vincolanti a nuovi investimenti, alla riqualificazione del tessuto produttivo e a generare nuova buona occupazione, sebbene si mostrino apprezzabili le misure selettive (in favore dell'occupazione giovanile e femminile, della ricerca e della riqualificazione energetica). Di fatto, non si riformano i meccanismi del sistema tributario che, negli ultimi 10 anni, hanno portato alle distorsioni nel prelievo e nella distribuzione del reddito e della ricchezza con effetti negativi a livello micro e macro economico. In questo modo, non si colmano i “vuoti” della domanda aggregata a cui si è accennato pocanzi. Troppo debole la lotta all'evasione Vi sono enormi carenze per quanto riguarda la lotta all'evasione. Si è ridotta la soglia della tracciabilità della transazioni a mille euro e poco altro. Ma la misura, anti-riciclaggio a parte, non assolve di per sé la funzione di tracciare le transazioni, 1

Secondo le indagini della Banca d'Italia, l’Italia è uno dei paesi che nel 2008 presenta la quota più alta di ricchezza netta rispetto al reddito nazionale disponibile (circa 8 volte). 2

Ogni indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane rileva, dal 1995 ad oggi, che il 10% delle famiglie più ricche possiede quasi il 45% dell’intera ricchezza netta, a fronte del 50% della popolazione (la metà più povera) che ne detiene meno del 10%. La ricchezza delle famiglie ultraricche (il 5% delle famiglie, potenzialmente soggette all'IGR) è, infatti, pari a circa 2,3 milioni di euro, mentre quella del 50% più povero è meno di 70mila euro.

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di tenerle sotto maggior controllo e di portare il contribuente alla consapevolezza e all'emersione spontanea. Le stesse dichiarazioni degli ultimi giorni rilasciate da autorevoli esponenti del Governo in rapporto alla punibilità penale in caso di falsa dichiarazione fiscale sono imprecise: il riferimento alla “esibizione o trasmissione di atti o documenti falsi, in tutto o in parte” riguardano solo ed esclusivamente la fase di accertamento. Ci si domanda dunque perché tale disposizione non fosse già presente. La CGIL continua ad affermare l'esigenza di un Piano strutturale di lotta all’evasione fiscale e al sommerso, contabilizzando preventivamente in Bilancio le quote di entrate da recuperare, prevedendo “clausole di salvaguardia” e coinvolgendo le istituzioni locali anche con speciali poteri di accertamento. In particolare, la lotta all’evasione e all'elusione fiscale si dovrebbe fondare su il ripristino delle norme anti-evasione ed anti-elusione abolite nella XV Legislatura (55 norme istruite nel corso del Governo Prodi 2006-2008), con un rafforzamento del “pacchetto sulla tracciabilità”, a cominciare da: • l'abbassamento a 500 euro della somma oltre la quale non sono consentiti pagamenti in contanti; • il ripristino dell'elenco clienti-fornitori per gli esercenti; • l'obbligo di trasmissione telematica al fisco dei ricavi dei commercianti; • il divieto di “girare” gli assegni; • l'anagrafe dei conti correnti; • l'istituzione del conto corrente “dedicato” all'attività dei liberi professionisti. Una vera lotta all'evasione deve coinvolgere le istituzioni locali, prevedendo una compartecipazione al gettito recuperato. L'obiettivo è garantire equità, giustizia, concorrenza leale, adesione spontanea alle regole (fiscali) e cultura della legalità. In tal senso occorre migliorare il sistema sanzionatorio, riportando la riduzione della sanzione ad un livello che rappresenti un deterrente all’evasione. Indispensabile l'utilizzo integrato di tutte le tecnologie, gli strumenti (studi di settore, redditometro, etc.) e le banche dati già oggi disponibili, istruendo un rapporto diretto di “tutoraggio” per imprese e autonomi capace di prevenire l’evasione fiscale. L'accertamento deve essere di tutto il reddito effettivo, con attenzione al tenore di vita del contribuente, anche ai fini della determinazione delle imposte IRPEF, IVA e IRAP. In tal senso, va costituito un canale diretto tra fisco (Agenzia delle entrate) e banche per controllare e conoscere le consistenze finanziarie, nonché i movimenti in entrata e in uscita, per creare una deterrenza molto forte, come in Francia. In coerenza con quanto detto, il tentativo del governo di ridare valore all'ISEE, come previsto dal decreto, è apprezzabile ma insufficiente, in assenza di norme che impediscano l'elusione del patrimonio e quindi della reale posizione che l'indicatore funzionale all'equo accesso ai servizi - dovrebbe esprimere. D'altra parte, siccome lo stesso Presidente del Consiglio nel suo discorso di insediamento aveva dato indicazioni di prestare «particolare attenzione al monitoraggio della ricchezza accumulata e non solo ai redditi prodotti», ci si aspettava più attenzione e trasparenza nell'individuazione dei patrimoni detenuti attraverso molti più strumenti. 5


In parallelo, ci vuole un piano di lotta al sommerso e all'elusione contributiva per: rendere strutturale e operativa l'interconnessione delle banche dati esistenti - a partire da quella delle Comunicazioni obbligatorie - con quelle di INPS, INAIL e Agenzia delle Entrate; riprendere l'elaborazione degli “indici di congruità” al fine di indirizzare l'attività ispettiva dove esistono scostamenti tra i fatturati dichiarati e i costi, in particolare del lavoro (norma prevista e non attuata dal governo Prodi, affossata come primo atto dal Governo in carica nel 2008); Potenziare le dotazioni informatiche e funzionali degli ispettori, riscrivendo la normativa prodotta di recente (es. la norma del “Decreto sviluppo” 2011 impone l'unicità dell'ispezione per sei mesi, pena l'infrazione disciplinare dell'ispettore); estendere le sanzioni, in caso di “caporalato”, alle imprese che ne usufruiscono. Nel decreto Monti l'art. 44 (commi 1-2) si modifica la normativa che regola il costo del lavoro nelle gare d'appalto: con un atto molto grave si è soppresso il riferimento al rispetto dei Contratti collettivi quale criterio di valutazione per partecipare alla gara d'appalto (pur confermando il riferimento al rispetto degli stessi Contratti), esemplificato dalle tabelle ministeriali e nel rispetto delle norme sulla sicurezza quale criterio di giudizio per la valutazione della congruità dell'offerta durante lo svolgimento della gara stessa. La CGIL chiede fermamente il ripristino della normativa previgente . La CGIL, inoltre, ritiene che, nell'ambito della normativa su appalti e subappalti, occorra ristabilire le sanzioni in capo all'appaltatore per le violazioni commesse dai subappaltatori (anche qui, sanzioni abolite dal Governo in carica). In tal senso, bisogna prevedere anche l'esclusione dal registro dei fornitori della P.A, così come prevedere l'esclusione dalle forniture per la P.A. di chi non applica CCNL. Sempre in ambito di normativa sugli appalti, occorre allargare la norma, oggi in vigore per turismo e servizi di pulizia, sui costi minimi del lavoro (es. allargare anche rispetto agli appalti dei call center che operano per soggetti pubblici). Troppo esiguo il contributo richiesto ai capitali “scudati” A prescindere dall'uso delle risorse derivanti da una nuova tantum sugli importi dello scudo fiscale di cui si sono già avvalsi i soggetti detentori al 2009 per il rimpatrio o la regolarizzazione dei capitali detenuti all'estero, il “contributo” aggiuntivo dell'1,5% (pagabili in due anni) previsto dall'attuale manovra appare assolutamente esiguo, soprattutto in relazione alla straordinaria fase di emergenza 3. Pur intervenendo retroattivamente e dunque forzando la cosiddetta “certezza del diritto”, occorre qui ricordare che tale provvedimento consentì il pagamento del minimo della sanzione prevista in caso di scoperta di violazione delle norme sul monitoraggio dei capitali (dal 5% al 25%), non intaccando il rendimento fruttato dai capitali all'estero nel periodo in cui non vi sono state pagate imposte dovute in Italia.

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Il governo stimò un rientro di capitali per un totale di circa 300 miliardi di euro. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze previde un gettito fiscale una tantum di 3-5 miliardi di euro. A metà febbraio 2010, secondo le stime governative più recenti, sono rientrati grazie allo scudo fiscale 80 miliardi di euro, di cui circa 60 miliardi dalla Svizzera, 4 miliardi circa rispettivamente dal Lussemburgo e dal Principato di Monaco ed i restanti 12 miliardi da altri paesi. La Banca d’Italia ha però rivisto i dati annunciati dal Tesoro: gli intermediari hanno comunicato a Palazzo Kock che le regolarizzazioni sono state pari a 85,1 miliardi di euro, ma solo il 41,18% di quella cifra (34,874 miliardi) è ritornata “fisicamente” in Italia; il resto è rimasto all’estero. Agli 85 miliardi segnalati da Banca d’Italia vanno aggiunti circa 10 miliardi che portano la somma a 95 miliardi di euro. In ogni caso, il calcolo del Tesoro è stato fatto in base al gettito dell’imposta straordinaria versata entro il 15 dicembre 2010, pari solo a 4,75 miliardi di euro.

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Rendere più equa l'IMU Come più volte espresso, la CGIL ritiene che l'introduzione dell'Imposta Municipale Unica (IMU), così come configurata nel decreto, non rappresenti una misura equa. Dei circa 22 miliardi di euro previsti di gettito strutturale, i cittadini con reddito medio e medio-basso, i lavoratori dipendenti e i pensionati ne pagheranno più del 50% 4. D'altra parte, secondo i dati della Banca d'Italia (Indagine sui bilanci delle famiglie, 2010) il 25% del totale del patrimonio immobiliare è detenuto dal 5% delle famiglie italiane, dato coerente con la forte disuguaglianza nella distribuzione di tutto il patrimonio, anche finanziario. Secondo i dati ISTAT, l'80% delle famiglie è proprietaria della (prima) casa in cui abita. Su un totale di circa 30 milioni di abitazioni, 16,9 milioni di famiglie è residente in una casa di sua proprietà (delle quali un quinto con mutuo in corso e 3,1 milioni in usufrutto o in uso gratuito) mentre 4,7 milioni di famiglie è in affitto. Ma in termini di individui cambiano le proporzioni: quelli in case di proprietà sono circa 43 milioni mentre le persone in affitto sono poco meno di 18 milioni. Da questo punto di vista, ovvero guardando al funzionamento del mercato immobiliare, l'aumento della dotazione del “Fondo di solidarietà mutui prima casa” in decreto sembra utile ma rappresenta solo un palliativo. Per questo, ci sembra utile rimarcare i punti di maggiore criticità su cui abbiamo avanzato alcune ipotesi di modifica in Parlamento. In sintesi, per rendere più equa l'IMU, sarebbe necessaria una struttura più progressiva e ciò potrebbe realizzarsi solo attraverso: • un incremento sostanzioso della quota esente sulla prima casa, dai 200 euro previsti a 320 euro, “con possibilità per i Comuni di elevarla fino a concorrenza dell'imposta dovuta” (come previsto dal decreto). • La previsione di un'aliquota maggiorata rispetto a quella attuale per un numero di proprietà immobiliari superiore a due. In questo caso, l'aliquota del 0,76% (modulabile dai Comuni per uno 0,3% in più o in meno) potrebbe essere elevata al 1,06% per tutte le “seconde case”, lasciando anche qui la possibilità ai Comuni la facoltà di modularla. La CGIL ritiene che la compartecipazione al gettito da parte dei Comuni, per circa la metà del totale, possa risultare insufficiente e costringa gli stessi a sfruttare tutti i margini di aumento, considerando anche i tagli ai trasferimenti già impartiti e quelli ulteriori previsti nel decreto in discussione. D'altra parte, l'aumento dell'addizionale regionale previsto nella Manovra (0,33% in più e la quota disposta dalle singole regioni fino ad un massimo dello 0,50%) insiste sempre in direzione dell'incremento della tassazione locale, che ricade soprattutto sulla platea dei “redditi fissi”. Aumentare di nuovo l’IVA sarebbe un grave errore per l’equità e per la crescita Secondo il decreto l'ulteriore aumento delle aliquote IVA dovrebbe annullare la possibilità prevista nella Delega fiscale e assistenziale di tagliare in modo scellerato il sistema di agevolazioni (la cosiddetta Clausola di salvaguardia). Tuttavia, rimangono elementi di criticità che non sembrano “compensare” tale possibilità. 4

In Italia, elaborando i dati dell'Agenzia del Territorio, il numero complessivo delle abitazioni ad uso residenziale (gruppo catastale A ad esclusione della categoria A/10) è di 30,8 milioni di immobili, pari al 50,7% di tutte le unità immobiliari. Di queste, circa 26,2 milioni sono abitazioni ad uso residenziale di proprietà di persone fisiche (l’85% del totale). Mentre 4,6 milioni sono abitazioni di proprietà di persone giuridiche (il rimanente 15%). Il 68% del totale appartiene alla categoria A/2 (abitazioni di tipo civile) o A/3 (abitazioni di tipo economico); il 18% appartiene alla categoria A/4 (abitazioni di tipo popolare); le abitazioni in villini (categoria A/7) sono il 6%, mentre le abitazioni di “lusso” (categorie A/1, A/8 e A/9) costituiscono solo lo 0,24% del totale.

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Secondo l'ISTAT l'inflazione a ottobre è pari al 3,4%, dato peraltro più alto da ottobre 2008. Oltre la deflazione dell'economia e la bolletta energetica, sul rialzo mensile (0,6%) pesano gli effetti delle manovre di agosto e, in particolare, dell'incremento dell'IVA (dal 20% al 21% dell'aliquota ordinaria)5. Aumentare ulteriormente l’IVA, ordinaria (dal 21 al 23%) e ridotta (dal 10 al 12%) nel 2012 e di ancora uno 0,5% su entrambe nel 2013, come previsto dal decreto, avrebbe un impatto negativo sui redditi medio-bassi e sulla stessa economia. L’attuale distribuzione dei consumi per fasce di reddito si caratterizza per una relazione inversa. Questo significa che un aumento dell’IVA – anche a parità di altre condizioni quali gli stili di consumo e il tasso di evasione – si traduce in un incremento pressoché “piatto” del prelievo sui consumi rispetto ai livelli di reddito disponibile e, quindi, in un maggiore prelievo per le fasce di reddito basse e medio-basse. La misura è regressiva. Le persone e le famiglie con livelli di reddito (e di consumo) medio-bassi sarebbero più colpiti e, probabilmente, ridurrebbero la loro propensione al consumo a fronte dell’aumento dei prezzi. Oltre a questo svantaggio microeconomico, l’aumento dell’inflazione comporterebbe un effetto negativo (macroeconomico) per l’intero sistema-paese. A tutto ciò si aggiunge che, in assenza di adeguate misure contro l'evasione fiscale, l'ulteriore aumento dell'IVA potrebbe portare un incremento del tasso di evasione ed elusione fiscale. In manovra, è previsto inoltre anche un ulteriore aumento delle accise che, assieme all'aumento dell'IVA, produce inevitabilmente un impatto sui prezzi, prima in termini inflazionistici e, a seguito della probabile ricomposizione dei consumi, in termini deflazionistici e pertanto recessivi. Tutto questo, deprime ulteriormente la domanda interna, la crescita potenziale e lo sviluppo.

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Va considerato, inoltre, che una buona parte delle entrate indirette (IVA, accise, etc.) resta sempre a carico dei redditi medio-bassi. Il confronto con Francia, Regno Unito e Spagna, paesi con struttura dell’IVA comparabile alla nostra, organizzata su un’aliquota base e due aliquote ridotte (volte non solo incentivare alcuni settori economici, ma anche a tenere più bassi possibili i prezzi di alcuni prodotti fondamentali per la quotidianità delle famiglie meno abbienti), evidenzia che il livello di tassazione IVA nel nostro Paese – ponderando e sommando le aliquote – è in proporzione assai più alto di quello esistente negli altri tre Paesi (nell’ipotesi astratta e teorica che in tutti i Paesi le tre aliquote insistano sulla stessa base imponibile e siano applicate uniformemente agli stessi settori economici, nella graduatoria, fatta sulla base della somma delle tre aliquote, l’Italia risulta prima con 34 punti, seguita dalla Francia con 27,2, dalla Spagna con 27,0 e dal Regno Unito con 22,5). Ciò che consegue è che la carenza di gettito non deve essere attribuita alla misura delle aliquote, ma in modo esclusivo alla maggiore evasione dell’imposta nel confronto con gli altri Paesi europei.

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Le misure previdenziali Un'iniqua riforma del sistema previdenziale Il nuovo governo aveva dichiarato che con le pensioni non si sarebbe dovuto fare cassa e si sarebbe seguito il criterio dell'equità. Le misure adottate sono in evidente contraddizione con i principi annunciati. In realtà con la previdenza si continua a fare cassa e non c'è traccia di equità. Vista la complessità del provvedimento, ci impegniamo a tornare su tale argomento con una analisi più dettagliata dei singoli articoli. Nel presente capitolo indichiamo quelli che, ad una prima lettura, ci sembrano i punti di maggiore criticità sulla base dei quali stiamo lavorando con CISL e UIL e su cui abbiamo definito alcuni emendamenti per l'Audizione in Commissione Bilancio. 1. Indicizzazioni. Nel decreto è prevista la rivalutazione del 100% solo per le pensioni di importo complessivo fino a due volte il trattamento minimo. Al di sopra non c'è alcuna rivalutazione. È evidente che così si colpiscono i redditi dei pensionati che da anni vedono ridotto il potere di acquisto delle loro pensioni. Per questo abbiamo sostenuto la necessità di non bloccare le indicizzazioni. 2. Pensioni con 40 anni di contribuzione. Il requisito dei 40 anni di contribuzione indipendentemente dall'età anagrafica è portato per le donne a 41 anni e 1 mese, per gli uomini a 42 anni e 2 mesi. Tali requisiti saranno aumentati di 1 ulteriore mese nel 2013 e ancora di 1 mese nel 2014. Inoltre, dal 2013 viene esteso anche al pensionamento anticipato il meccanismo del legame automatico dell'età di pensionamento con l'aspettativa di vita. Nel 2013 per questi lavoratori scatteranno, quindi, ulteriori 3 mesi ai quali si aggiungeranno altri 4 mesi dal 2016. Nel 2019 l'incremento dell'età legato all'aspettativa di vita diventerà biennale, così come diventerà biennale la revisione dei coefficienti. È evidente che tale automatismo spingerà sempre più avanti l'età di pensionamento per i suddetti lavoratori. Inoltre, per chi andrà in pensione con questi requisiti sono previste penalizzazioni del 2% per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni. Il requisito, quindi, dell'accesso al pensionamento con 40 anni di contribuzione indipendentemente dall'età anagrafica viene ulteriormente ostacolato. Si rende necessario, quindi, che rimangano i 40 anni contributivi indipendentemente dall'età anagrafica e senza alcuna penalizzazione ai fini del calcolo della pensione. Non si tratta di difendere i padri rispetto ai figli, si tratta di difendere il lavoro, il valore e la dignità del lavoro, di mandare in pensione persone che hanno cominciato a lavorare in giovanissima età, senza aver avuto la possibilità di studiare e che dopo 40 anni di duro lavoro hanno tutto il diritto di andare in pensione. 3. Età di pensionamento di vecchiaia per le donne del settore privato e del settore pubblico. Dal 1° gennaio 2012 si stabilisce una soglia per il pensionamento delle donne del settore privato che va dai 62 ai 70 anni. Tale soglia crescerà progressivamente fino ad equiparare la soglia di pensionamento degli uomini a 66 anni nel 2018. Ciò può produrre una rincorsa continua. Si può fare il caso di una lavoratrice del settore privato che compie 60 anni di età nel gennaio 2012 con 36 anni di contributi. In base alla previgente normativa tale lavoratrice avrebbe ottenuto la pensione di vecchiaia con decorrenza 1° febbraio 2013, con quanto previsto dal decreto potrà andare in pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi nel 2018. 9


Particolarmente penalizzante, poi, è la condizione delle donne del settore pubblico. Con la normativa attuale sarebbero andate in pensione dal 1° gennaio 2012 con 65 anni, con un salto immediato di 4 anni rispetto ai 61 vigenti. Con il nuovo decreto si aggiunge un ulteriore anno portando così l'età di pensionamento a 66 anni. Nel ribadire la nostra contrarietà a tali misure stiamo cercando, anche con il lavoro unitario, almeno di ridurne l'impatto. 4. Età di pensionamento di vecchiaia degli uomini. Viene definita nel decreto una soglia che va dai 66 ai 70 anni. Ciò vuole dire che un lavoratore che maturava i requisiti nel 2012 per la pensione con quota 96 (61 età anagrafica + 35 contribuzione) dovrà aspettare ancora ben 5 anni prima di andare in pensione. Come abbiamo già evidenziato, viene confermato l'automatismo del legame automatico per il pensionamento con l'aspettativa di vita. Tale automatismo farà sì che nel 2021 l'accesso al trattamento pensionistico avverrà a 67 anni. Inoltre sarà adeguata agli incrementi della speranza di vita anche la soglia dei 70 anni. Fatto, questo, che riguarderà, in particolare, le generazioni più giovani. A questo proposito uno degli aspetti più critici sta nel fatto che, spingendo così in alto l'età di pensionamento si mettono a rischio lavoratori in mobilità lunga, in mobilità ordinaria, lavoratori del credito titolari di assegno straordinario di sostegno al reddito, cassa integrati a zero ore, disoccupati, prosecutori volontari, lavoratori che hanno sottoscritto accordi di esodo incentivato, donne e uomini, cioè, in età anziana che rischiano di trovarsi senza lavoro, senza più ammortizzatori sociali, difficilmente ricollocabili, senza reddito, con tutto ciò che questo significa in termini di costi sociali. Nel decreto sono previste esenzioni e deroghe rispetto all'applicazione della nuova normativa. Viene però fissato il tetto di 50.000 “derogati”. Vista l'esperienza di questi due anni e considerando la gravità della crisi quel tetto deve essere superato evitando così il riproporsi di una “lotteria” per l'accesso al diritto a pensione e di trovarsi di fronte al rischio di lasciare tanti lavoratori senza pensione e senza alcun sostegno al reddito. La deroga, inoltre, deve valere anche per i lavoratori disoccupati da lungo periodo, che hanno finito gli ammortizzatori sociali e che difficilmente possono ricollocarsi nel mercato del lavoro e per i lavoratori che hanno sottoscritto accordi di esodo incentivato. 5. Coefficienti. Nel decreto non è previsto nulla sulla modifica dei criteri di calcolo dei coefficienti. Invece, a fronte di un aumento così consistente dell'età di pensionamento è ancora più importante rivedere quei criteri di calcolo. In primo luogo perchè oggi non tengono in alcun conto le differenze di mortalità esistenti fra classi sociali, regioni, e tipologie di lavoro. In secondo luogo, l'incremento dell'aspettativa di vita, percentualmente più elevato per le età più avanzate, ha prodotto una riduzione dei coefficienti che va dal 6,38% nel caso di pensionamento a 57 anni ad un massimo di 8,41% nel caso di pensionamento a 65 anni. Tant'è che il nucleo di valutazione sulla spesa previdenziale afferma che “il differenziale prodotto dall'aggiornamento determina una evidente disparità di trattamento tra i lavoratori che vanno in pensione nei diversi anni interessati alla revisione, tanto da rendere conveniente, in prossimità della futura revisione, l'anticipazione di un anno del pensionamento. Il maggiore montante accumulato con la permanenza in attività per un ulteriore anno non copre il peggioramento del coefficiente di trasformazione dal montante in rendita”. Tutto ciò rende necessario riprendere quanto era previsto nel protocollo welfare del 2007, cioè la costituzione di una Commissione per la revisione dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione.

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6. Lavori usuranti. Le modifiche apportate dal decreto vanificano completamente la normativa sui lavori usuranti. Chiediamo quindi di ripristinare quanto previsto dalla normativa previgente. 7. Modifiche al sistema contributivo. Il Governo ha detto che tutte le modifiche introdotte sono state fatte per il futuro previdenziale dei giovani. La modifica fatta al sistema contributivo non ci sembra rispondere a tali caratteristiche. Per il diritto a pensione si è passati da 5 anni di lavoro a 20. Inoltre è stata alzata la soglia minima da raggiungere per poter ottenere il diritto a pensione, passando dal 1,2 volte l'assegno sociale a 1,5 volte. Coloro che non riusciranno ad ottenere la pensione a causa del mancato superamento della soglia, peraltro annualmente rivalutata sulla base della variazione media quinquennale del PIL, potranno andare in pensione soltanto a 70 anni (età che comunque viene incrementata in base all'aumento della speranza di vita). Una continua rincorsa alla pensione, con fortissime penalizzazioni per le donne e per i giovani che hanno lavori discontinui, saltuari, precari, collaborazioni ecc. Dove sta la positività di tutto ciò per i giovani? 8. Pensione anticipata nel sistema contributivo. Anche questa norma penalizza le donne ed i giovani con lavori discontinui. Si prevede infatti la possibilità del pensionamento anticipato a 63 anni con almeno 20 anni di contribuzione effettiva e con una soglia minima di pensione da raggiungere pari a 2,8 volte l'assegno sociale (1.200 euro mensili nel 2012, indicizzati annualmente così come abbiamo detto prima). Chi potrà raggiungere tale soglia? Sicuramente non le donne, vista la frammentazione della loro vita lavorativa, né i giovani che ormai per tantissimi anni svolgono lavori precari e con bassa retribuzione. Dove sta la positività della norma per i giovani? 9. Decontribuzione. Nel decreto si fa un esplicito riferimento allo studio di eventuali forme di decontribuzione parziale dell'aliquota contributiva obbligatoria da indirizzare verso schemi previdenziali integrativi e ciò viene presentato come opportunità da offrire alle giovani generazioni. Noi ribadiamo il nostro no alla decontribuzione perché è una misura che ha come obbiettivo la destrutturazione del sistema pubblico. Infatti un sistema contributivo fondato sulla relazione della pensione alla contribuzione versata subirebbe un durissimo colpo da una misura di questo tipo. In secondo luogo è una misura che creerà problemi di notevole entità economia per gli Istituti previdenziali e che, in assenza di copertura, avrà come risultato quello di mettere in pericolo il pagamento delle pensioni attuali e di creare delle nuove generazioni di pensionati poveri. La CGIL ha sempre sostenuto la necessità di incentivare la previdenza complementare: un conto,però, è trovare tutti gli incentivi per favorire il decollo del secondo pilastro, un altro è quello di pensare che i fondi integrativi possano partire solo se ci sarà una riduzione dei diritti e delle tutele garantiti dal sistema pubblico. Ciò per la CGIL è inaccettabile. 10. Aliquota lavoro autonomo. L'aliquota contributiva del variegato mondo del lavoro autonomo viene aumentata in modo irrisorio dello 0,3 ogni anno fino ad arrivare ad un aumento di due punti, passando dall'attuale 20% al 22% nel 2018. Si potrebbe agire diversamente: considerando che un punto di aliquota contributiva vale 800.000 euro, se si portasse l'aliquota del lavoro autonomo, nella prospettiva dell'allineamento con il lavoro dipendente, al pari di quella dei lavoratori parasubordinati (27%) si otterrebbe un gettito di oltre 5 miliardi di euro. Se si volesse seguire una strada ancora pi graduale portando quell'aliquota al livello di quella versata dai datori di lavoro ai propri dipendenti (24%) si otterrebbe comunque un gettito consistente, cioè 3,2 miliardi di euro. È un intervento che 11


garantisce equità e consente l'equilibrio dei fondi. Rimane aperto il problema di come affrontare il futuro previdenziale delle giovani generazioni a fronte di un mercato del lavoro che produce precarietà, carriere discontinue, lavoro povero. 11. Totalizzazioni e ricongiunzioni. È da sottolineare positivamente l'eliminazione del vincolo di 3 anni di contribuzione per l'esercizio della totalizzazione. Se si fosse seguito davvero il principio dell'equità, il governo avrebbe dovuto però cancellare quanto previsto dalla legge 122 del 2010 in merito alla ricongiunzione onerosa ed alla impossibilità di trasferire gratuitamente da un fondo ad un altro la propria posizione assicurativa. 12. Soppressione INPDAP ed ENPALS. Stiamo lavorando con Cisl e Uil alla definizione di una posizione comune sulla base della quale sarà richiesto un incontro urgente al governo.

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Misure per la crescita Nessun volàno per l'economia Nel decreto sono previste diverse misure per sostenere le imprese e le banche. Caratterizzandosi prevalentemente di misure incentivanti e di sostegno alla liquidità del sistema economico-produttivo potrebbero dimostrarsi ampiamente insufficienti. Oltre che dipendere dalla contingenza internazionale, poche di queste misure affrontano i nodi strutturali del sistema-paese. Parte delle misure in decreto sono di natura fiscale, altre agiscono sulla concorrenza, altre sul sistema delle infrastrutture. Un forte sostegno alle imprese La CGIL ritiene corrette le misure di natura “selettiva”, come gli sgravi fiscali in cifra fissa (10.600 euro per tutte le Regioni, ad eccezione di Sardegna e Sicilia, per le quali è pari a 15.200 euro) a sostegno della buona occupazione giovanile e femminile (articolo 2, comma 2), ma le ritiene insufficienti. Nella stessa ottica, peraltro, è prevista la deducibilità integrale dell'IRAP per la parte che grava sul costo del lavoro “dipendente e assimilato” dall'imponibile IRES e IRPEF a sostegno “generico” delle imprese e delle produzioni (articolo 2, comma 1). La deducibilità della quota IRAP imputabile al costo del lavoro va rigorosamente limitata al lavoro dipendente a tempo indeterminato, eliminando il riferimento ai rapporti di lavoro “assimilati al lavoro dipendente. Si sottolinea come questo incentivo non garantisca nessun investimento certo delle imprese, né tanto meno nessuna nuova assunzione. Un provvedimento del valore di 1,5 miliardi per il 2012 e di 2 miliardi per il 2013 ed il 2014 che evidenzia una generosità offerta solo alle imprese. Risultano utili al sostegno del sistema di imprese anche altre due misure: la misura che garantisce l’accesso al credito delle piccole e medie imprese, attraverso il rafforzamento con 20 miliardi di euro del Fondo di garanzia per le PMI (con un tetto di 2,5 milioni di euro ad azienda richiedente); la reintroduzione dell’ICE (Istituto per il Commercio Estero). A sostegno della necessaria ricapitalizzazione delle imprese per far fronte alla restrizione del credito, invece, il capitolo sviluppo della manovra introduce l’Ace (Aiuto alla crescita economica): si tratta in sostanza di uno strumento che con uno stanziamento di 1,5 miliardi per il 2012, 1,5 miliardi di euro per il 2013 e 3 miliardi per il 2014 andrà ad agevolare gli imprenditori che effettuano investimenti in progetti di crescita e consolidamento della propria attività di business. Anche qui siamo in presenza di un sostegno generico, che non orienta né verso la riqualificazione e la riconversione delle produzioni tradizionali, né verso la creazione di nuove imprese in settori ad alta intensità di valore aggiunto e della conoscenza. È previsto, inoltre, lo sgravio fiscale del 36% fino ad un massimo di 48 mila euro per unità immobiliare detraibile in dieci anni. La disposizione entra in vigore il 1 gennaio 2012 ed è stata definita in maniera strutturale. Su questa parte il giudizio della CGIL è positivo. La novità inserita nell'articolo riguarda l'estensione dello sgravio fiscale anche ai fabbricati rurali, per interventi di ricostruzione o ripristino degli immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi dichiarati con stato di emergenza (alluvioni terremoti ecc.). Mentre lo 13


spirito di fondo del provvedimento rimane inalterato rispetto all'origine è ovvio che la platea di interventi si amplia di molto e allo stesso tempo non è previsto un tetto massimo di spesa. Ciò che manca e che rimane indispensabile è l'inserimento con carattere strutturale del Bonus Fiscale del 55% per i lavori di risparmio energetico nelle abitazioni visto che il provvedimento in essere decade il 31 dicembre 2012. In pochi anni questo Bonus ha fatto crescere l'occupazione e le imprese del settore, circa un milione di contribuenti si sono avvalsi dell'incentivo. Puntare sull'efficienza energetica significa raggiungere gli obbiettivi indicati dall'UE. Recenti studi di Confindustria e OO.SS. Confederali dicono che in questo settore si possono realizzare in dieci anni oltre 1,6 milioni di posti di lavoro e con un vantaggio economico per il sistema-Italia di 15 miliardi di euro. In realtà, l'unico articolo della manovra dichiaratamente di politica industriale è il n. 38, che si riferisce ai meccanismi incentivanti l'attività di Ricerca & Sviluppo delle imprese, estendendo l'accesso al cosiddetto Fondo rotativo, ma senza aggiungere risorse. In questo modo si riuscirà a impiegare le risorse a disposizione oggi inutilizzate, ma sarebbe stato auspicabile un ulteriore incremento del fondo stesso, visto che Secondo i dati EUROSTAT, nella manifattura le imprese italiane derivano meno del 10% del proprio fatturato da attività innovative, circa la metà della media europea; poco più di un terzo delle imprese manifatturiere conduce attività innovative, contro oltre il 70% di quelle tedesche. In realtà, nel confronto con la media europea, l’analisi mostra un fortissimo deficit in tutti gli indicatori che ne descrivono le dimensioni: diplomati e laureati in rapporto alla popolazione 20-29 anni e alle forze lavoro; spesa in ICT e in Ricerca & Sviluppo pubblica e delle imprese, etc. Anche l’ultima edizione dell’European Innovation Scoreboard (EIS), che per conto della Commissione Europea costruisce una classifica sulle performance d’innovazione tecnologica, colloca l’Italia al 19° posto sui 27 dell’UE. Inoltre, la spesa complessiva in R&S, stimata per il 2008 nell’1,2% del PIL, presenta un valore analogo a quello raggiunto alla meta degli anni Ottanta, decisamente lontano dalla media europea (circa 2%) e ancora di più dal 3% fissato come obiettivo da Lisbona e dal programma “Europa 2020”. Le principali politiche di sostegno alle attività produttive a carattere nazionale negli utlimi anni sono state rappresentate dal progetto “Industria 2015”, che stabiliva le linee strategiche della politica industriale italiana, basandole su una concezione di industria che integri non solo la produzione manifatturiera ma anche i servizi avanzati e le nuove tecnologie, in una prospettiva di medio-lungo periodo. Occorrerebbe ripristinare almeno alcuni degli strumenti ipotizzati (come ad esempio i “contratti di innovazione” o i “contratti di sviluppo”), che non sono mai stati attivati e le cui risorse sono state dirottate altrove. D'altra parte, industrie “pesanti” come quella della chimica, della meccanica e dell’energia devono essere necessariamente aiutate nel mantenere un ruolo strategico che il Paese può e deve ricoprire, facendo fronte anche ai processi di razionalizzazione dei settori, conseguenti alla crisi. Nondimeno l’Italia ha bisogno di un progetto forte sulle nuove frontiere della produzione. “Mini lenzuolata” di liberalizzazioni La CGIL accoglie con favore la ripresa di un percorso di liberalizzazione (non privatizzazione) dei mercati all'insegna della concorrenza e di una maggiore regolazione. La manovra finanziaria di fine 2011 prevede infatti il rafforzamento dei poteri dell’Antitrust, con particolare riferimento alle imprese di produzione o di distribuzione dei farmaci, e la 14


liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali volta ad allinearsi alla disciplina europea6. Per gli esercizi commerciali si mira a rendere permanente e a estendere su tutto il territorio nazionale la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali attualmente prevista, in via sperimentale, per i comuni a vocazione turistica. Il tutto con la giustificazione che questa misura rilancia i consumi e l'economia a livello territoriale. Come dimostra l'esperienza già realizzata misure di questo tipo non determinano un aumento dei consumi soprattutto in una fase di recessione quale quella che si prospetta. Oltre a non risolvere i problemi dei consumi queste decisioni creano difficoltà di gestione a livello territoriale e in merito ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in materia di orari di lavoro, permessi, ferie, etc. L'articolo 40 prevede una riduzione degli adempimenti amministrativi per le imprese affinché possano risultare più competitive sui mercati attraverso l'alleggerimento del peso della burocrazia, soprattutto per la nascita di nuove imprese. L'idea è di alleggerire la burocrazia in determinate circostanze (es. impiego manodopera immigrata in attesa di rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno) o per specifici settori (es. autocertificazioni sulle produzioni di rifiuti). La semplificazione è sicuramente un aspetto determinante per la vita economica dell'impresa, ma all'eliminazione di alcune procedure non deve corrispondere l'elusione di alcune responsabilità delle stesse imprese o la compressione delle tutele e dei diritti del lavoro. La definizione della misura non sembra richiamare la discussione sulla modifica dell'articolo 41 della Costituzione, ma non sembra neanche ribadire i vincoli etici a qualsiasi interpretazione di tali semplificazioni. Concorrenza nelle professioni Il Governo si pone l'obbiettivo della soppressione delle limitazioni all'esercizio delle attività professionali. Questa norma può consentire un più veloce accesso dei giovani alla professione e una maggiore concorrenza nel mercato dei servizi professionali. La norma annulla molti dei vincoli e limitazioni alla concorrenza e all'accesso alla professione ma manca di alcuni punti fondamentali che andavano introdotti: - Società tra professionisti. La CGIL è d’accordo sull’introduzione della possibilità di costituire società tra professionisti (Stp), ma tale strumento deve garantire libertà e indipendenza del professionista. Senza una limitazione della presenza dei soci di capitale con non più del 40% delle quote societarie, dei diritti di voto dei soci non professionisti, nonché la presenza in consiglio d'amministrazione (massimo un terzo), si ridurrebbe la figura dei professionisti a quella di meri “dipendenti” con partita IVA. C'è poi il concreto pericolo che il professionista non sia libero nelle verifiche e nelle decisioni che deve prendere quando riguardano un interesse diretto o indiretto del socio di capitale se maggioritario. In alcuni campi come l'ingegneria, la revisione contabile, il settore alimentare e la sanità questo rischio è molto elevato. La legge va modificata. - Tutela dei terzi, no associazione di rappresentanza. Gli ordini devono tornare a esercitare il ruolo originario di tutela della fede pubblica, lasciando alle associazioni professionali dei liberi professionisti la rappresentanza degli interessi e delle istanze dei propri iscritti. - Democraticità. Vanno introdotte forme e criteri che garantiscano democraticità nelle elezioni dei membri degli ordini e collegi territoriali e dei consigli nazionali: vanno abolite le discriminazioni in termini di rappresentatività delle varie componenti presenti all’interno dei 6

«Costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura».

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singoli ordini. Come va abolito il criterio di anzianità di iscrizione per l’accesso a determinate funzioni, l’assegnazione di incarichi, il diritto di elettorato attivo e passivo. Questo articolo ha, inoltre, ridotto il periodo massimo di pratica professionale a 18 mesi. Questa positiva previsione va consolidata rendendo obbligatorio il convenzionamento tra ordini ed università per garantire la possibilità di svolgere la pratica professionale durante gli anni di università. Sempre in tema di concorrenza (art. 34) le disposizioni, volte a eliminarne supposti ostacoli (comma 3, lettera e) prevedono la soppressione della “limitazione dell'esercizio dell'attività economica attraverso l'indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all'operatore”. Eppure, nel campo del lavoro ciò contrasta espressamente con quanto richiesto dall'art. 5 D.Lgs. 276/03 per la costituzione delle società di somministrazione, dove è prescritta la forma di società di capitali o cooperative o loro consorzio. È evidente che la disposizione in commento aprirebbe le porte in un settore delicatissimo (intermediazione di persone) a forme di “impresa” pericolosissime anche sotto il profilo dell'ordine pubblico. Concorrenza nei trasporti È una norma in via generale condivisibile che regolerà il settore dei trasporti aereo, marittimo e ferroviario attraverso la costituzione di un'apposita Autorità nazionale. Dopo una serie di passaggi procedurali dovrebbe vedere la luce entro il mese di giugno del 2012. Rispetto al decreto che stabilisce che si dovrà garantire l'accesso aperto e a condizione di equità delle infrastrutture, come CGIL ribadiamo la necessità che l'Autorità tenga anche conto nelle sue scelte delle esigenze di funzionamento del sistema trasporti,della sua sicurezza,delle ricadute sullo sviluppo economico dell'intero paese. Secondo l'articolo 30 (Esigenze indifferibili) per l'anno 2011 viene ripristinato il fondo destinato al Trasporto Pubblico Locale su rotaia di 960 milioni di euro così come stabilito dal comma 1 dell'art. 25 del Dl 29/11/2008 n. 185. Ferma rimanendo l'esigenza di rendere le misure ed il servizio efficienti e razionali il fondo diviene strutturale anche per gli anni successivi al 2011. Per il fondo destinato al TPL su gomma, oltre ai 400 milioni di euro già finanziati, se ne aggiungono ulteriori 800 per l'anno 2012. A decorrere dall'anno 2013, detto fondo è alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sui carburanti. Per rendere tutto ciò possibile è soppresso il comma 4 dell'art. 8 del Dl 6 maggio 2011 n. 68 che sospendeva dal 2013 i trasferimenti statali a favore delle regioni in materia di TPL e sopprimeva anche la compartecipazione regionale alle accise sulla benzina, ed altri commi della stessa legge che erano da impedimento per rendere strutturale il finanziamento statale alle regioni. Dato che la manovra consente solo un recupero parziale e non copre tutti i tagli precedentemente effettuati occorre richiedere, contemplando appositi processi di fiscalizzazione per entrambi i settori, l'attuazione dell'accordo stato regioni del 16 dicembre 2010. Sostegno e regolazione del sistema bancario Il titolo II del decreto è tutto dedicato al rafforzamento del sistema finanziario nazionale e internazionale. Tutte le misure in questa direzione (partecipazione italiana a banche e fondi; misure per la stabilità del sistema creditizio; Imposte differite attive). Senza dubbio, data la forte esposizione ai mercati del sistema del credito, si tratta di misure necessarie. Tuttavia, dal quadro che emerge dal decreto non si ravvisano interventi di nuova 16


regolazione volti a riformare il sistema finanziario. Ciò dipende certamente anche dal quadro normativo europeo e, più in generale, dal contesto internazionale. L'unica norma di nuova regolazione del sistema bancario si trova nell'articolo 36, in cui si prevede la tutela della concorrenza e la limitazione delle partecipazioni personali incrociate nei mercati del credito e finanziari. L'articolo inibisce la presenza di stessi soggetti in diversi consigli di amministrazione degli istituti bancari. L'introduzione di questa norma è positiva e rappresenta una “regola minima” nell'organizzazione proprietaria delle banche che peraltro caratterizza in modo particolare il sistema italiano. Investimenti e infrastrutture Con l'art. 41 del decreto (Misure per le opere di interesse strategico) si dispone la rimodulazione delle opere strategiche da parte del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, superando di fatto l'elenco pletorico della legge-obiettivo. I criteri indicati per questa operazione sono: l'integrazione con le reti europee e territoriali che condividiamo; lo stato di avanzamento dell'iter procedurale per il quale sono necessari approfondimenti poiché allo stato non sono specificati e che, quindi, occorre ancora acquisire; possibilità di prevalente finanziamento con capitale privato rispetto al quale, pur non avendo pregiudiziali, ribadiamo che le opere effettivamente strategiche comunque devono vedere una forte presenza pubblica nel partenariato pubblico privato. Costi della politica e della rappresentanza Con la norma che istituisce il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (art. 14), con decorrenza dal 1/1/2013, si cancella il comma 7 dell'art. 14 del decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23. (federalismo municipale): la norma è a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani avviati allo smaltimento svolto in regime di privativa da parte dei comuni. È un tributo che i singoli comuni adotteranno e rimane nella disponibilità finanziaria degli stessi. La norma come scritta appare ancora affidata a criteri generali e molto dipenderà da come sarà gestita e applicata. L'art. 21 (Soppressione Organismi ed Enti) prevede la soppressione dell'Agenzia Nazionale per la Regolazione e la Vigilanza in materia d'Acqua, peraltro mai costituita. Viene così definitivamente soppresso il CONVIRI e le competenze passano all'autorità per l'Energia e il Gas. Le funzioni di regolazione del settore postale passano ad AGCOM. Complessivamente si tratta di misure positive perchè creano per alcuni settori la premessa per misure di liberalizzazioni coerenti. La politica generale sulle liberalizzazioni resta però inadeguata e insufficiente. Per quanto riguarda la soppressione dell'Enpals, la legge 111/11 aveva conferito (art. 29) allo stesso il ruolo di gestore dell'incontro domanda/offerta di lavoro nel settore dello spettacolo. L'incorporazione dell'Enpals nell'Inps svuota nei fatti la disposizione, oppure produce una situazione paradossale, per cui L'Inps svolge per lo spettacolo la funzione di intermediazione. Per questo è il caso di procedere alla soppressione della disposizione dell'art. 29 della legge 111/11. La norma che prevede la riduzione dei costi di funzionamento delle Autorità di Governo, del CNEL, delle Autorità indipendenti e delle Province (art. 23) differisce nel tempo gli effetti della riduzione del numero dei componenti i collegi/consigli per le autorità indipendenti in quanto dispone che essa non si applica alle nomine già effettuate prima del 17


decreto. Essa anche se non è esplicita su questo punto sembrerebbe propendere per una mancata sostituzione dei consiglieri che dovessero scadere nel tempo. Come norma attinente al capitolo riduzione dei costi potrebbe apparire poco più che formale. La CGIL vuole cogliere tale occasione invece per sollevare un tema e chiede al parlamento e al governo di farsene carico. Il funzionamento delle Authority non è uguale in tutti i settori e il giudizio deve essere differenziato. I consigli possono essere ridotti,anche in modo più tempestivo di quanto non preveda il decreto, perché per esse appare più centrale il funzionamento organizzativo e la professionalità di chi lavora. Soprattutto in questa fase di crisi finanziaria appare centrale la trasparenza dei rischi per la tutela del risparmio e della finanza degli Enti Locali e non si comprende il motivo per cui sono fermi, da più di un anno, in Consob e al MEF i regolamenti e le decisioni basati sugli scenari probabilistici che dovrebbero fornire al risparmiatore e agli Enti Locali informazioni più chiare e leggibili sui prodotti che vanno a sottoscrivere. Tra i contenuti dell'articolo si stabilisce, tra le altre cose, anche il ridimensionamento delle Province. Si decide che il Consiglio provinciale sia composto da non più di dieci componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni. Le modalità di elezione dovrebbero essere stabilite con legge dello Stato entro il 30 aprile 2012. Il Presidente della Provincia sarebbe eletto dal Consiglio provinciale tra i suoi componenti. Lo Stato e le Regioni, con propria legge, dovrebbero trasferire, entro il 30 aprile, le funzioni ai Comuni con le relative risorse umane, finanziarie e strumentali. Con legge dello Stato si stabilirà il termine decorso il quale gli organi in carica delle Province, decadono. Per la CGIL appare una norma assolutamente inopportuna e con gravi lesioni costituzionali che non incide certamente sugli obiettivi di tagli alle spese. Si è voluto dare un contentino alla cosiddetta “antipolitica” diffusa agendo su organi democraticamente eletti e la cui riorganizzazione non può essere affrontata per decreto.

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AUDIZIONE COMMISSIONE BILANCIO DELLA CAMERA

ROMA, 7 DICEMBRE 2011

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PROPOSTE DI MODIFICA DI CGIL, CISL E UIL AL DECRETO LEGGE 4 DICEMBRE 2011

CGIL, CISL e UIL ritengono che la manovra economica presentata dal Governo non risponda ai criteri di equità e crescita che, insieme al rigore, sono stati enunciati dallo stesso Presidente del Consiglio. Sul versante dell’equità, a pagare sono sempre gli stessi, lavoratori, pensionati ed i ceti medi. Su questi ricade il blocco della rivalutazione delle pensioni, l’aumento della tassazione sulla prima casa, dell’addizionale regionale Irpef, dell’Iva, delle accise sui carburanti. Sul versante della crescita, le politiche sono poche e scarsamente selettive ed in particolare l’assenza di un intervento fiscale a favore dei redditi di lavoratori, pensionati e delle famiglie rischia di accentuare la dinamica recessiva dell’economia. Sull’occupazione dei giovani e delle donne le misure previste sono esclusivamente simboliche. Sulle pensioni si continua a fare cassa nonostante l’equilibrio finanziario del sistema previdenziale. Si penalizzano pesantemente le pensioni, i lavoratori e le lavoratrici con un’eccessiva accelerazione sulle anzianità di pensionamento, si colpiscono i lavoratori già coinvolti nelle crisi aziendali o che hanno perso il lavoro. Mancano invece misure tese a far pagare chi non ha mai pagato e chi ha di più. Bisogna perseguire con convinzione una svolta epocale nella lotta all’evasione fiscale e prevedere una tassazione sui grandi patrimoni mobiliari ed immobiliari. CGIL, CISL e UIL, nel presentare alcune proposte di modifica alla Commissione Bilancio, chiedono a tutti i gruppi parlamentari di sostenere i cambiamenti proposti. Nel merito CGIL, CISL e UIL ritengono necessario apportare le seguenti modifiche al testo del Decreto Legge in corso di conversione:

Misure di Carattere Previdenziale

Indicizzazione dei trattamenti pensionistici al costo della vita Ripristinare il sistema di indicizzazione attualmente in vigore. Modifica al testo All’articolo 24 eliminare l’intero comma 25 2


Pensione di anzianità (pensione anticipata) Riconoscere ai fini del diritto a pensione una maggiore gradualità nell’abolizione delle cosiddette “quote” – somma di età anagrafica ed età contributiva - per l’accesso al pensionamento di anzianità rispetto ai requisiti previsti per la pensione di vecchiaia. Equiparare il requisito contributivo richiesto per l’accesso al pensionamento a prescindere dall’età anagrafica a 41 anni e 1 mese dal 2012 sia per gli uomini che per le donne. Eliminare, ai fini dell’accesso al pensionamento a prescindere dall’età anagrafica (41 anni e 1 mese), la penalizzazione (2%) attualmente prevista per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni; eliminazione dell’aggancio del requisito contributivo – a prescindere dall’età anagrafica – all’aumento dell’aspettativa di vita. Modifica al testo Al comma 10 dell’articolo 24 dopo le parole “è consentito esclusivamente se risulta maturata un’anzianità contributiva di” eliminare le parole 42 anni e 1 mese per gli uomini e”. Dopo le parole “ 41 anni e 1 mese” eliminare le parole “per le donne”. All’articolo 24, comma 10 eliminare dalle parole “sulla quota di trattamento…” fino a “al numero di mesi.” All’articolo 24, comma 12, eliminare l’inciso “nonché al requisito contributivo di cui al comma 10” All’articolo 24, comma 12, all’ultimo periodo eliminare le parole dal “al citato articolo” fino a “la parola “anagrafici”” (eliminare lettere a), b) e c) comma 12) Pensione di Vecchiaia Introdurre una maggiore gradualità nell’accesso al pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici. Modifica al testo All’articolo 24, comma 6, lettera a) riformulare il periodo da “62 anni per le lavoratrici” fino a “1° gennaio 2018” nel modo seguente “61 anni e 6 mesi per le lavoratrici dipendenti la cui pensione è liquidata a carico dell’AGO e delle forme sostitutive della medesima. Tale requisito anagrafico è fissato a 62 anni e 6 mesi a decorrere dal 1°gennaio 2014, a 63 anni e 6 mesi a decorrere dal primo gennaio 2016, a 65 anni a decorrere dal 1°gennaio 2018 e a 66 anni a decorrere dal 1°gennaio 2020.” Esenzioni Eliminazione del limite di 50.000 unità ai fini delle esenzioni dalle nuove disposizioni in materia di requisiti di accesso al pensionamento per i lavoratori collocati in mobilità, mobilità lunga, in esodo e titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore, autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione e in esonero ex art. 72 c.1 D.L n. 112/2008. 3


Prevedere, per tutti i lavoratori disoccupati che hanno già concluso il periodo di fruizione degli ammortizzatori sociali, strumenti di sostegno al reddito che possano accompagnare gli interessati fino all’accesso al pensionamento. Modifica al testo Al comma 14 dell’articolo 24 dopo la parola “nonché” eliminare le parole “nei limiti del numero di 50.000 lavoratori beneficiari” Eliminare il comma 15 dell’articolo 24 Lavori Usuranti Conservare la possibilità di anticipo fino a tre anni dei requisiti di accesso al pensionamento rispetto all’attuale sistema delle “quote” date dalla somma di età anagrafica ed età contributiva. Prevedere un aggiornamento della normativa sui lavori particolarmente faticosi e pesanti – d.lgs. n. 67/2011 – ampliando la platea dei potenziali beneficiari. Aumento delle aliquote per i lavoratori autonomi Aumento di almeno 4 punti percentuali delle aliquote di contribuzione previste per i lavoratori autonomi, commercianti ed artigiani, iscritti alle gestioni INPS e per coltivatori diretti, coloni e mezzadri iscritti alla relativa gestione INPS.

Misure di Carattere Fiscale Imu Innalzare la soglia di detrazione prevista sull’abitazione principale dai 200 euro previsti dal decreto a 500 euro. Rendere progressiva l’imposta, introducendo aliquote differenziate a partire dalla seconda casa. Lotta all’evasione Le proposte avanzate trovano copertura attraverso: misure concrete di lotta all’evasione fiscale che va accompagnata con una specifica strumentazione, a partire dalla riduzione del limite per la tracciabilità dei pagamenti a 500 euro a fronte dei 1.000 previsti e dal recupero di risorse sfuggite a causa dell’evasione fiscale; meccanismi di contrasto di interessi “compratore – fornitore di beni o servizi”, che renda “sconveniente” anche per il compratore la mancata emissione della ricevuta fiscale o della fattura, con il riconoscimento di detrazioni fiscali sulle spese per servizi e famiglie.

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Modifica al testo All’articolo 12, comma 1 dopo le parole “sono adeguate all’importo di” sostituire le parole “euro mille” con le parole “euro cinquecento”.

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