Consiglio di Stato 2022- ritraevano le tende e l'intero accampamento allagati e in precarie condizio

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Consiglio di Stato 2022- ritraevano le tende e l'intero accampamento allagati e in precarie condizioni) su un social network Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 15/02/2022) 23-02-2022, n. 1284 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5135 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati xx contro Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; OMISSIS-, non costituito in giudizio; per la riforma della sentenza del T.A.R. -OMISSIS- - SEZIONE I n. -OMISSIS-, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2022 il Cons. Stefano Filippini e uditi per le parti l'Avv. dello Stato Luigi Simeoli; Svolgimento del processo Con il ricorso al TAR il militare dell'esercito ha impugnato la decisione negativa sul ricorso gerarchico presentato in data 14 aprile 2016 avverso la sanzione disciplinare di corpo (consegna di rigore per giorni 7), irrogatagli in data 15 marzo 2016. Detta sanzione riguardava la pubblicazione sulla bacheca Facebook di molteplici immagini inerenti al servizio svolto dal medesimo ricorrente durante l'E., in particolare foto di tende di campo allagate, con opinioni e commenti negativi.


Secondo l'amministrazione con tale condotta avventata e superficiale il militare si sarebbe posto in contrasto con i principi etici che costituiscono i fondamenti dell'identità militare, quale la disciplina, l'integrità morale e lo spirito di corpo, trasgredendo in tal modo al dovere di grado e di funzione. Il TAR, con la sentenza impugnata, ha respinto il ricorso, ritenendo infondati i motivi proposti in relazione alla violazione di legge (con riferimento agli articoli 1 e 3 della L. n. 241 del 1990, 21, 52 e 97 della Costituzione, 1350 del D.Lgs. n. 66 del 2010, D.Lgs. n. 1398 del 2010 e D.Lgs. n. 1046 del 2010 del medesimo decreto legislativo), al difetto di motivazione e illogicità, difetto di istruttoria, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta e sviamento di potere. Infatti il primo giudice, ferma la condivisione della necessità di coniugare, in un paese civile, i principi costituzionali e democratici con l'intero ordinamento militare e. in particolare, con i concetti di disciplina e obbedienza, ha rilevato che la sanzione è conseguenza del fatto che il militare ha "postato" sul proprio profilo Facebook le foto e i commenti critici di causa (relativi alle condizioni dell'accampamento militare in cui si trovava assieme ad altri militari adibiti alla sorveglianza del sito E., fotografie scattate dopo un nubifragio e che quindi ritraevano le tende e l'intero accampamento allagati e in precarie condizioni) su un social network che non può essere considerato un sito privato (cioè non accessibile a soggetti non espressamente autorizzati) bensì su una piattaforma che ha consentito la divulgazione dei contenuti anche in altri siti e a un numero imprecisato e non prevedibile di soggetti; del resto, lo stesso militare ha affermato che i commenti critici alle immagini non sarebbero opera sua, ma di altri soggetti che si sarebbero inseriti nel sito, implicitamente ammettendo che detto sito era accessibile a terzi non identificabili a priori, così convenendo sulla natura non strettamente privata del sito. Risultava inoltre che nell'atto gravato fosse indicato l'articolo del codice violato (art. 713 del D.P.R. n. 90 del 2010, riguardante i doveri attinenti al grado); che fosse stato rispettato l'articolo 1034 comma 1 del T.U. sull'ordinamento militare; che l'accertamento dell'infrazione fosse stato effettuato dall'ufficiale inquirente. Né vi era spazio, attesa la natura di merito della scelta discrezionale dell'Amministrazione, per le censure relative al carattere vagamente


"politico" delle ragioni a monte della sanzione. Peraltro, l'ordinamento militare contiene espresse disposizioni sulle modalità con cui il militare può rappresentare situazioni anche critiche in cui si trova, mentre rimane fermo l'obbligo del militare di utilizzare i sistemi riservati e di non pubblicare fotografie o divulgare commenti in grado di nuocere al prestigio dell'amministrazione. Infine, proporzionata appariva l'entità della sanzione. Con l'atto di gravame l'appellante lamenta l'error in iudicando nonchè in procedendo reiterando le censure circa la lesione del diritto di critica del militare, l'erroneo riferimento normativo richiamato nella contestazione rivolta al ricorrente, la compressione dei termini del procedimento e l'inadeguatezza del termine concesso per la difesa, l'inosservanza del disposto di cui all'art. 1350 2 comma D.Lgs. n. 66 del 2010; si contesta altresì la mancata indicazione del soggetto che ha accertato la sussistenza dell'infrazione disciplinare (cioè di colui che ha estratto i post dal gruppo chiuso dei "Graduati in Servizio Permanete d'Italia") . Si lamenta inoltre la "monitorizzazione" del profilo Facebook del militare attuata da parte dello Stato Maggiore nei confronti dei propri dipendenti, laddove, da un punto di vista giuridico, la qualificazione dei gruppi chiusi o segreti su Facebook può essere assimilata allo scambio della "corrispondenza privata" in considerazione del carattere fondamentalmente "predefinito e circoscritto" dei destinatari dei messaggi, soprattutto laddove vi è l'implicita disposizione di non rappresentare all'esterno i fatti e le notizie apprese all'interno del Gruppo. Anche il dato del carattere vagamente "politico" o "sindacale" della vicenda sarebbe stato svalutato dal primo giudice. L'Amministrazione si è costituita in giudizio. Con ordinanza del -OMISSIS- la Quarta Sezione di questo Consiglio ha rigettato la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza del TAR. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 15 febbraio 2022. Motivi della decisione L'appello è infondato in quanto si affida a motivi sostanzialmente reiterativi di questioni già adeguatamente vagliate dal primo giudice. Giova premettere che, secondo consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, alla quale il Collegio intende dare continuità (cfr.,


tra le tante, Consiglio di Stato, Sez. II, 21/07/2021, n.5499), nel processo amministrativo di appello non è consentita la mera riproposizione dei motivi di primo grado senza sviluppare la specifica confutazione della statuizione del primo giudice. Invero, il principio di specificità dei motivi di impugnazione, posto dall' art. 101, comma 1, c.p.a ., impone che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo; il giudizio di appello dinanzi al giudice amministrativo, infatti, si presenta come revisio prioris instantiae i cui limiti oggettivi sono segnati dai motivi di impugnazione. Nella specie, invece, l'appellante sostanzialmente reitera i medesimi argomenti già rappresentati dinanzi al TAR, senza prendere in specifica considerazione le risposte offerte dal primo giudice. Ed invero, il TAR ha già condivisibilmente affermato che i termini del procedimento sono stati rispettati e l'incolpato è stato posto nella condizione di difendersi; che la contestazione mossa è stata sufficientemente puntuale e specifica; che le pagine dei social network quale Facebook non possono essere considerati alla stregua di siti privati e non garantiscono la segretezza delle conversazioni (come peraltro riconosciuto dallo stesso appellante che attribuisce a terzi sconosciuti i commenti critici che hanno offuscato l'immagine e il prestigio dell'Esercito); che nessun monitoraggio delle pagine Facebook dei militari risulta essere stato attuato dall'Esercito, ma che la vicenda, che ha anche dato luogo ad interrogazione parlamentare, è stata accertata dall'Ufficiale inquirente (analizzando la pagina Facebook pubblica di una giornalista autrice dell'articolo di stampa che ha reso nota la vicenda, pubblicato sul quotidiano -OMISSIS-) il quale è poi risalito ai profili Facebook, anch'essi pubblici, dei militari interessati, rilevando in tal modo condotte passibili di vaglio disciplinare. Parimenti condivisibili risultano essere i rilievi del primo giudice in relazione alla esistenza, nell'ordinamento militare, di specifiche disposizioni sulle modalità con cui i militari possono rappresentare situazioni anche critiche in cui si vengono a trovare, fermo restando l'obbligo del militare di utilizzare canali e sistemi riservati e di non pubblicare fotografie o divulgare commenti in grado di nuocere al prestigio dell'Amministrazione.


Né l'entità della sanzione irrogata al ricorrente (sette giorni di rigore) può essere considerata sproporzionata rispetto alla mancanza commessa, posto che il danno di immagine per l'Esercito è stato significativo; né è stata messa in dubbio la facoltà, per l'appellato, di rappresentare a chi di dovere disagi e critiche sulla situazione in cui si era trovato a operare, ma il solo fatto di aver utilizzato modalità non consentite dall'ordinamento militare, che risponde anche all'esigenza di garantire le finalità cui la struttura militare è preposta, in un contemperamento tra i principi democratici di libertà e quelli caratteristici di una struttura armata preposta alla difesa della nazione e dell'ordine pubblico interno ed esterno. L'appello va dunque rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano al dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l'appellante al pagamento delle spese processuali del grado, liquidate in € 2.000 oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA come per legge. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati: Oberdan Forlenza, Presidente FF Francesco Frigida, Consigliere Cecilia Altavista, Consigliere Carla Ciuffetti, Consigliere Stefano Filippini, Consigliere, Estensore


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