Consiglio di Stato 2021- provvedimenti connessi, ivi indicati, concernenti il transito nell’Arma dei

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Consiglio di Stato 2021- provvedimenti

connessi, ivi indicati, concernenti il transito nell’Arma dei Carabinieri a seguito dell’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato.

Numero 01313/2021 e data 22/07/2021 Spedizione

R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

Consiglio di Stato Sezione Prima Adunanza di Sezione del 21 luglio 2021

NUMERO AFFARE 00659/2019


OGGETTO: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal sig. -------------------- -------------------- per l’annullamento, previa sospensione, del decreto del Capo del Corpo Forestale dello Stato n. 81282 in data 31 ottobre 2016 e di ulteriori provvedimenti connessi, ivi indicati, concernenti il transito nell’Arma dei Carabinieri a seguito dell’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato. LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota n. 4225 del 27 marzo 2019, con la quale l’allora Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto; esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Carmelo Pezzuto; Premesso: 1. Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in epigrafe il signor -------------------- --------------------, già appartenente al Corpo forestale dello Stato (CFS) ed attualmente in forza all’Arma dei Carabinieri, impugna, previa sospensione degli effetti: a. il decreto del Capo del Corpo forestale dello Stato n. 81282 del 31 ottobre 2016, pubblicato il 7 novembre 2016 nel supplemento del Bollettino Ufficiale del CFS, recante l’individuazione delle unità di personale appartenente al ruolo dei revisori del CFS assegnati all’Arma dei Carabinieri;


b. la nota prot. n. 63009 del 13 settembre 2016, a firma del Capo del Corpo forestale dello Stato; c. la nota prot. n. 88868 del 24 novembre 2016 a firma del Capo del Corpo forestale dello Stato; d. il d.P.C.M. 21 novembre 2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio 2017 e previamente sul portale “mobilità.gov”; e, per quanto occorrer possa: e. il decreto n. 732482 del 20 dicembre 2016 del Direttore generale per il personale militare del Ministero della difesa, con il quale il ricorrente è stato inquadrato nello specifico ruolo dell’Arma dei Carabinieri, corrispondente a quello di provenienza dal Corpo forestale dello Stato; f. la nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, datata 3 marzo 2017 prot. DFP 0013906, nonché ogni altro presupposto, connesso e comunque ad essi correlato, ancorchè non conosciuto. 2. Il presente gravame si inserisce nell’ampio contenzioso giurisdizionale proposto da personale già appartenente al Corpo Forestale dello Stato avverso gli atti adottati in applicazione al d.lgs. 12 settembre 2016, n. 177 (recante “Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato”), in attuazione alla delega contenuta nell’art. 8, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, che ha disposto l’assorbimento di detto Corpo nell’Arma dei Carabinieri ed il conseguente transito del relativo personale in via ordinaria e prevalente nell’Arma medesima, nonché, per contingenti specificamente individuati, nelle altre Forze di polizia, nel Corpo dei Vigili del fuoco e presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.


Nel caso di specie, il ricorrente apparteneva al ruolo dei revisori del Corpo forestale dello Stato ed è transitato nel ruolo forestale dell’Arma dei Carabinieri mentre avrebbe preferito optare per il transito nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e ritiene che l’Amministrazione avrebbe dovuto adottare il relativo provvedimento tenuto conto della sua professionalità ed esperienza specifica. 3. L’interessato, premessa un’ampia dissertazione sulle origini del CFS e sulla relativa evoluzione normativa, deduce nella prima parte del gravame i seguenti profili di asserita illegittimità degli atti impugnati: I, II e III. “violazione e falsa applicazione artt. 97 Cost. – violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa; violazione e falsa applicazione artt. 1, 3, 7 e ss. legge 7.8.1990 n. 241 e s.m.m.; violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 124/15 nonché degli artt. 7, 12 e ss. del dlgs 177/16; illegittimità derivata (quanto al decreto di inquadramento); eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà anche della motivazione, irragionevolezza ed illogicità manifesta, errore nei presupposti di fatto e di diritto, vessatorietà e sviamento; straripamento di potere”; IV. “violazione e falsa applicazione art. 97 Cost.; violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del dlgs 177/2016; violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6 , 7 e 15 del DPR 1092/1985, nonché della legge 23.08.1998 n. 400/88 e del dlgs 30.07.1999 n. 303/99; violazione e falsa applicazione artt. 1 e 3 legge 7.8.1990. n. 241 e s.m.i., nonché dell’art. 12, comma 4, del d.lgs. 177/2016; violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5 e 6 del dPCM 21.11.2016 – eccesso di potere per contraddittorietà anche della motivazione,

irragionevolezza

ed

illogicità

manifesta,

errore

nei

presupposti di fatto e di diritto, vessatorietà e sviamento; straripamento di potere, incompetenza”.


Con la seconda parte del ricorso vengono dedotti, altresì, profili di asserita illegittimità costituzionale della riforma anche per violazione della convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). In tale contesto il ricorrente sostiene, in particolare, l’illegittimità costituzionale: I. “dell’art. 8, legge n. 124 del 13 agosto 2005 recante “deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche”, c.d. legge Madia di riforma della P.A., e degli artt. 12 e ss. del d.lgs. n. 177/2016, per violazione degli artt. 4 della convenzione europea dei diritti dell’uomo e 117 Cost.”; II. “dell’art. 8, legge n. 124 del 13 agosto 2005 recante “deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche”, c.d. legge Madia di riforma della P.A., per violazione degli artt. 2, 3 e 76 Cost.”; III. “del combinato disposto degli artt. 7, 8 12 e 14, comma II, lettera mm) n. 2), del d.lgs. 177/2016 del 9 agosto 2016 per violazione degli artt. 2, 3, 52 e 76 Cost. ‘eccesso di delega’ e/o di potere legislativo, irragionevolezza”; IV. “del combinato disposto degli artt. 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 14, comma II, lettera mm) n. 2), dlgs 177/16 del 9 agosto 2016 per violazione degli artt. 2, 3, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 21, 39, 40, 49, 52 e 76” Cost.; V. “dell’art. 14, comma II, lettera mm) punto 3, del dlgs 177/16 del 9 agosto 2016 per violazione degli artt. 2, 3, 38, 52 e 76 Cost.”; VI. “del combinato disposto degli artt. 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 14, comma II, lettera mm) n. 2), del dlgs 177/16 del 9 agosto 2016 per violazione degli artt. 2, 3, 52 e 76 Cost., ‘eccesso di delega’ e/o di potere legislativo, irragionevolezza; violazione del principio di eguaglianza tra categorie di lavoratori”; VII. “del combinato disposto degli artt. 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 14, comma II, lettera mm) n. 2), del dlgs 177/16 del 9 agosto 2016 per violazione degli artt. 2, 3 52 e 76 Cost., ‘eccesso di delega’ e/o di potere legislativo,


irragionevolezza; violazione del principio di ragionevolezza con riguardo agli effetti retroattivi della previsione legislativa”; VIII. “del combinato disposto degli artt. 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 14, comma II, lettera mm) n. 2) del dlgs 177/16 del 9 agosto 2016 per violazione degli artt. 103 ult. Comma e 25, I comma, Cost.; IX. “del combinato disposto degli artt. 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 14, comma II, lettera mm) n. 2), del dlgs 177/16 del 9 agosto 2016 per violazione degli artt. 3 e 37 Cost.; violazione del principio della parità di retribuzione a parità di lavoro”. 4. Il ricorrente, in estrema sintesi: - ritiene illegittima la “militarizzazione coatta” del personale già appartenente al Corpo forestale dello Stato, nel presupposto che lo status militi comporta una serie di limitazioni di diritti di rango costituzionale e di nuovi obblighi cui si potrebbe essere soggetti esclusivamente sulla base di una scelta volontaria; - eccepisce l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione, che avrebbe asseritamente procedimentalizzato “in modo affatto peculiare – con previsione di termini perentori e per giunta anche ravvicinatissimi - una fase così delicata e centrale del processo che sta portando ed ha portato all’assorbimento degli oltre ottomila Forestali in altre Amministrazioni”; -

sostiene

l’illogicità

e

l’irragionevolezza

della

scelta

operata

dall’Amministrazione di assegnarlo al contingente confluito all’Arma dei Carabinieri, in quanto, a suo dire, non ne sarebbe stata “considerata la carriera, il bagaglio di competenze specifiche e la professionalità maturata”, ritenendo che avrebbe dovuto essere, invece, assegnato al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco nel rispetto del principio di corrispondenza tra le funzioni trasferite ed il transito del relativo personale;


- considera la motivazione contenuta nei provvedimenti impugnati solo apparente e comunque inidonea a ripercorrere l’iter logico-giuridico compiuto dall’Amministrazione per individuare la nuova destinazione; - lamenta la violazione delle garanzie procedimentali e la carenza di istruttoria asseritamente alla base dei provvedimenti avversati, ritenendo che la scelta delle Amministrazioni di destinazione del personale sia avvenuta senza ponderare adeguatamente i profili dei singoli e sostenendo che “l’unico criterio guida di cui si è tenuto conto è stato l’incremento delle dotazioni organiche” di dette Amministrazioni prestabilito nella tabella A allegata al d.lgs. n. 177/2016; - sostiene l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione sotto diversi profili e, in particolare, laddove non avrebbe considerato, quale termine per la presentazione delle preferenze, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’impugnato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 novembre 2016, bensì la pubblicazione sul portale “mobilità.gov”; pertanto, la sua domanda di mobilità sarebbe stata illegittimamente ritenuta tardiva e dunque inammissibile, con ciò precludendogli “ogni possibilità di ricorrere alla c.d. procedura di mobilità (…) sebbene vi fossero ancora centinaia di posti da assegnare”; - eccepisce sotto diversi profili la legittimità costituzionale della riforma in parola, concludendo per l’accoglimento del ricorso, previa adozione dell’invocata istanza di sospensione e/o “rimessione alla Consulta della questione di legittimità costituzionale prospettata”. 5. L’allora Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, con relazione istruttoria trasmessa con nota n. 4225 del 27 marzo 2019, confuta le censure di parte ricorrente e conclude per il rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare.


Considerato: 6. Il Collegio non può preliminarmente astenersi dal dovere di stigmatizzare la prolissità degli scritti prodotti dal ricorrente, in spregio al principio di sinteticità degli atti scolpito nel codice del processo amministrativo e da ritenersi valevole – per la sua immanenza ordinamentale a presidio del giusto e leale contraddittorio nonché del principio di non aggravamento del procedimento – anche per il giudizio incardinato con il mezzo del ricorso straordinario. 7. Ciò posto e venendo alla prima censura, deve innanzi tutto rilevarsi l’apoditticità dell’affermazione di parte ricorrente in ordine alla sua assolutamente illogica ed irragionevole assegnazione all’Arma dei Carabinieri nel presupposto del principio di corrispondenza tra le funzioni trasferite ed il transito del relativo personale sancito dall’art. 8 della legge delega, dal momento che l’interessato si limita a fare un generico riferimento alla sua “carriera (…), [al] bagaglio culturale e [alla] sua professionalità”, all’esperienza “maturata (…) in materia di incendi” ed ai corsi di formazione seguiti, senza tuttavia dedurre alcun elemento specifico a sostegno della sua tesi. Non può, peraltro, sottacersi che la procedura tratteggiata dalla riforma in argomento contemplava espressamente anche la possibilità per i singoli appartenenti al Corpo forestale dello Stato di presentare domanda di transito, sia pure entro determinati limiti, in altra Forza di polizia o in altre Amministrazioni dello Stato con le previste garanzie di tipo giuridico ed economico; nel medesimo contesto era previsto, inoltre, che l’interessato avesse facoltà di non esprimere, per il caso di mancato accoglimento della domanda, l’opzione di riassegnazione all’Arma, con la conseguente adozione di uno specifico iter di ricollocamento di concerto con le organizzazioni sindacali.


Detta possibilità è stata ricordata dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 170/2019, laddove, nell’esprimersi sulle disposizioni normative oggetto della presente controversia dichiarando non fondate le questioni di legittimità sollevate con tre distinte ordinanze di rimessione dei TAR Abruzzo, Veneto e Molise in relazione, complessivamente, agli articoli 2, 3, 4, 5, 9, 32, 76, 77, 81, 97, 117, 118 e 120 della Costituzione, è stato rilevato che “l’art. 12 del d.lgs. n. 177 del 2016 consente anche il transito del personale del Corpo forestale, in un contingente limitato, in altre amministrazioni statali, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri preferibilmente tra quelle che svolgono funzioni attinenti alle professionalità del personale da ricollocare (comma 3). Quest’ultimo può presentare domanda di transito in dette amministrazioni e indicare se, in caso di mancato accoglimento della stessa, intenda rimanere assegnato all’amministrazione di destinazione individuata con il provvedimento del Capo del Corpo forestale dello Stato; in tal caso, il mancato accoglimento della domanda determina la definitività del provvedimento di assegnazione (comma 4). In difetto d’indicazione, il mancato accoglimento della domanda fa sì che si proceda, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali, a definire altre forme di ricollocazione e, in caso di mancato ulteriore assorbimento entro il 31 dicembre 2016, il predetto personale cessi di appartenere al comparto sicurezza e difesa, con applicazione nei suoi confronti dell’art. 33, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), vale a dire venga collocato in disponibilità (comma 6)”, con l’ulteriore precisazione secondo la quale “all’interessato che scelga di non transitare nell’Arma dei carabinieri e non venga successivamente assegnato alle altre forze di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco o


al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (in ridotte aliquote e nei contingenti limitati indicati: rispettivamente 147 tra Polizia di Stato e Guardia di finanza, 390 nei Vigili del fuoco e 47 nel Ministero, come risulta dalla Tabella A allegata al d.lgs.) rimane la facoltà di richiedere il passaggio, in contingente limitato, ad altra Amministrazione statale, individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con

preferenza

tra

quelle

che

svolgono

funzioni

attinenti

alle

professionalità del personale da ricollocare. In quest’ultimo caso, il rapporto di lavoro sarà privatizzato e verrà corrisposto un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici, a qualsiasi titolo conseguiti, pari alla differenza, limitatamente alle voci fisse e continuative, fra il trattamento economico percepito e quello corrisposto in relazione alla posizione giuridica ed economica di assegnazione. Anche per il personale che, entro la data del 31 dicembre 2016, non sia stato ricollocato e non abbia optato per la riassegnazione all’amministrazione individuata (ex art. 12, comma 2) dal Capo del Corpo forestale, il decreto assicura un trattamento non inferiore a quello riservato al personale della mobilità collettiva in esubero previsto dall’art. 33, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001. Quest’ultimo, riconosce al lavoratore ‘in disponibilità’ il diritto a un’indennità pari all’ottanta per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. Anche quest’ultima previsione residuale dell’eventuale collocamento in disponibilità non si traduce in un’ingiustificata compressione dei diritti del personale del Corpo forestale, ma costituisce – come è testimoniato dalla collocazione del precetto nel testo unico riguardante i dipendenti pubblici – una soluzione fisiologica di chiusura del sistema nel caso di impossibilità di reimpiego alternativo”.


Sull’istanza di mobilità prodotta dal ricorrente ma ritenuta inammissibile dall’Amministrazione si dirà più diffusamente al capo 10. del presente parere. La prima doglianza è, quindi, priva di pregio. 8. Quanto alle asserite carenza di istruttoria e violazioni delle garanzie procedimentali, di cui al secondo motivo, deve osservarsi che con l’avversata nota n. 63009 del 13 settembre 2016 l’Amministrazione ha provveduto a comunicare a tutto il personale del Corpo forestale dello Stato l’avvio del procedimento preordinato all’adozione dei provvedimenti di assegnazione con la precipua finalità di consentire al personale medesimo di integrare i propri fascicoli personali, laddove ciò fosse risultato necessario, con l’inserimento di ulteriore documentazione di cui nel tempo non fosse stata in ipotesi ancora chiesta l’acquisizione potenzialmente rilevante ai fini della decisione sull’assegnazione finale alle varie pubbliche amministrazioni. Sul punto, l’Amministrazione medesima responsabilmente riferisce – e non si ha ragione di dubitarne – che “tutte le istanze di accesso sono state (…) soddisfatte, nessuna esclusa, addirittura concedendo – ai fini concretamente satisfattori dei relativi interessi – ulteriori tre giorni aggiuntivi in favore di coloro i quali, per qualsivoglia motivo, avessero avuto motivo di non riuscire a rientrare nella fissata tempistica procedimentale”, con la precisazione dell’accoglimento anche delle istanze “presentate per delega sindacale o in ritardo” (sul punto cfr. anche Cons. Stato, Sez. I, n. 1236/2020). In ogni caso, anche in questo caso le doglianze di parte ricorrente, al di là della loro fondatezza o meno in considerazione di quanto responsabilmente sostenuto dal Ministero istruttore, sono del tutto generiche e riferite al personale nel suo complesso, dal momento che il ricorrente non ha eccepito alcunché con riferimento alla sua specifica posizione personale ed


all’eventuale mancato aggiornamento del suo fascicolo o a difficoltà in ipotesi dal medesimo incontrate in tale fase procedimentale. Così come apodittica, in quanto non adeguatamente supportata sul piano probatorio, risulta l’affermazione dell’interessato secondo la quale l’Amministrazione non avrebbe condotto una corretta istruttoria. Inoltre, appare convincente l’affermazione dell’Amministrazione secondo la quale tutto il personale “non solo nell’ambito della procedura in esame, ma da sempre, sia in occasione della comunicazione di avvio dei procedimenti preordinati agli scrutini di promozione, sia al di fuori degli stessi, ha facoltà di chiedere l’acquisizione al proprio fascicolo personale di ulteriore documentazione che ritiene utile, anche ai fini della promozione”. In altri termini, ogni (ex) dipendente del CFS vanta(va) una specifica posizione di diritto soggettivo alla regolare tenuta ed all’aggiornamento del proprio fascicolo personale, con il conseguente onere gravante sui singoli di farvi inserire i titoli per i quali vi fosse un interesse ai vari fini di volta in volta considerati (cfr. anche Cons. Stato, Sez. IV, n. 410/2012, che richiama a sua volta Sez. VI, n. 1166/2011). Anche la seconda doglianza è, quindi, priva di pregio. 9. Alle medesime conclusioni si perviene sul terzo motivo, con il quale si deduce la carenza motivazionale dei provvedimenti avversati e, in particolare,

la

mancanza

di

riferimenti

all’iter seguito

dall’Amministrazione in ordine alle posizioni dei singoli ai fini dell’assegnazione finale. Deve in proposito osservarsi che il legislatore della riforma alla base della presente controversia ha inteso disporre l’assorbimento del soppresso CFS nell’Arma dei Carabinieri, con conseguente transito delle relative funzioni e del personale nel suo sostanziale complesso, ad eccezione degli invero limitati contingenti destinati ad altre Amministrazioni cui si è fatto cenno.


Al riguardo, questo Consiglio ha avuto modo di rilevare che “siffatta scelta appartiene all’apprezzamento discrezionale del Governo e, nel caso specifico, risulta pienamente condivisibile, non soltanto perché l’Arma ha sviluppato e consolidato nel tempo competenze specialistiche in campo ambientale e agroalimentare, ma anche perché le stazioni del Corpo forestale vanno ad affiancarsi al già capillare reticolo dei presidi dei Carabinieri con prevedibili riflessi positivi sulla qualità e sull’intensità del controllo del territorio” (Consiglio di Stato, Comm. spec., n. 1183/2016). Ed ancora, “ la scelta del legislatore nazionale di procedere ad una completa riallocazione delle competenze operative in materia di tutela ambientale, secondo la logica dell’omogeneità funzionale, non solo appare corretta sotto un profilo di razionalità amministrativa, ma pure risulta coerente con i più recenti orientamenti del diritto internazionale (l’Arma dei Carabinieri essendo non solo una Forza dalle competenze ‘ibride’, nel senso già indicato, ma pure l’unica, tra quelle aventi generali e permanenti attribuzioni di polizia, che già in precedenza svolgeva attività qualificata nel particolare contesto oggetto di riforma)” (Consiglio di Stato, Comm. spec., n. 2263/2017). Di conseguenza, gli appartenenti al soppresso Corpo forestale sono transitati nella loro generalità, al pari del ricorrente, nell’Arma dei Carabinieri proprio in forza di detta scelta legislativa e dei criteri prefissati dal legislatore, con l’eccezione, del pari normativamente stabilita, di quanto previsto in relazione ai limitati contingenti già richiamati con riferimento a personale a tal fine individuato in base alle funzioni precedentemente

svolte

ed alle

rispettive

e

pregresse

esperienze

professionali. In altri termini, tutti i dipendenti che all’esito della descritta istruttoria non

possedevano

i

requisiti

richiesti

per

il

transito

ad

altre


Amministrazioni sono stati – si potrebbe dire “in via residuale” anche se nella loro più elevata consistenza numerica – assegnati all’Arma dei Carabinieri, come per l’appunto avvenuto per l’interessato. Peraltro, nel d.lgs. n. 177/2016 non si rinvengono disposizioni finalizzate a disporre il transito nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco del personale del soppresso CFS appartenente ai ruoli che espletavano attività tecnicoscientifica, tecnico-strumentale ed amministrativa, tra i quali il ruolo dei revisori al quale apparteneva l’odierno ricorrente. Anche in questo caso, peraltro, analogamente a quanto già rilevato in relazione alle precedenti censure, l’interessato non formula alcun rilievo specificamente riferito alla sua personale posizione ed alle ragioni per le quali l’Amministrazione avrebbe nel suo caso dovuto operare (o motivare) una scelta di carattere diverso. Apodittica ed estremamente generica risulta ancora una volta, quindi, l’affermazione secondo cui l’Amministrazione non avrebbe in tal senso compiuto alcuna “seria valutazione” ma avrebbe “semplicemente ‘pescato’ fra le unità di personale in modo grossolano, ove non addirittura casuale”. 10. Venendo alla quarta doglianza, con la quale l’interessato lamenta l’asserita impossibilità di fare ricorso alla procedura di mobilità innanzi sinteticamente tratteggiata, deve in primo luogo rilevarsi come, ai sensi dell’art. 10, comma 1, delle preleggi, l’efficacia è subordinata alla loro pubblicazione in Gazzetta ufficiale limitatamente alle leggi ed ai regolamenti; inoltre, l’art. 7 del d.P.R. n. 1092/1985 stabilisce che “le leggi, i decreti e gli altri atti di cui all'art. 15, comma 1, lettera d), entrano in vigore nel quindicesimo giorno successivo a quello della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, salvo che sia altrimenti disposto”, laddove l’art. 15, comma 1, lettera d) indica “d) gli altri decreti, del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei Ministri e


ministeriali, nonché le delibere e gli altri atti di Comitati di Ministri che siano strettamente necessari per l'applicazione di atti aventi forza di legge e che abbiano contenuto normativo”. Ebbene, deve rilevarsi come con ogni evidenza il d.P.C.M. 21 novembre 2016 non abbia contenuto normativo ed esuli, quindi, dalle categorie di atti la cui efficacia è subordinata alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale, né l’art. 12 del d.lgs. n. 177/2016 dispone tale specifica forma di pubblicazione. Come lo stesso ricorrente evidenzia, il d.P.C.M. in questione è stato pubblicato sul portale istituzionale “mobilità.gov”, garantendone quindi – contrariamente a quanto affermato nel gravame - un’adeguata pubblicità, e ciò ai sensi di quanto espressamente disposto dall’art. 4, comma 3, del d.P.C.M. medesimo, nonché alla luce della previsione contenuta nell’art. 32 della legge n. 69/2009 ed in linea con il comma 3-bis dell’art. 16 del d.lgs. n. 33/2013, quale introdotto ad opera dell’art. 15 del d.lgs. n. 97/2016. E ciò anche in considerazione della necessità di rispettare il termine del 1° gennaio 2017, sancito dall’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 177/2016, per il transito del personale nelle Amministrazioni di destinazione. Il ricorrente a tal proposito lamenta che la sua istanza di partecipazione alla procedura sia stata dall’Amministrazione illegittimamente ritenuta tardiva e quindi inammissibile ritenendo che il dies a quo per il computo del

termine

decorresse,

per

l’appunto,

dalla

pubblicazione

del

provvedimento nella Gazzetta ufficiale, ma anche tale lagnanza è evidentemente priva di pregio, non essendo revocabile in dubbio che fosse onere dell’interessato attivarsi tempestivamente. 11. Venendo ai profili di illegittimità costituzionale sollevati con il ricorso, prima di passare all’esame delle singole doglianze deve preliminarmente rilevarsi che la Corte costituzionale, con la richiamata sentenza n. 170/2019, si è già espressa sulle disposizioni normative oggetto della


presente controversia, dichiarando non fondate le questioni di legittimità sollevate con tre distinte ordinanze di rimessione dei TAR Abruzzo, Veneto e Molise in relazione, complessivamente, agli articoli 2, 3, 4, 5, 9, 32, 76, 77, 81, 97, 117, 118 e 120 della Costituzione. 12. Ciò premesso, in ordine all’acquisizione non volontaria dello status militi da parte del ricorrente, cui sono unitariamente riconducibili la prima e la terza censura della seconda parte del gravame, l’infondatezza dei motivi discende da quanto la stessa Corte costituzionale ha già avuto modo di affermare con la citata pronuncia, rilevando che se, da un lato, “è indubbio che lo status giuridico di militare comporta l’adempimento di doveri e obblighi e limita alcune prerogative che la Costituzione garantisce ad altri cittadini (in particolare gli artt. 1465 e seguenti del Codice ordinamento militare)”, dall’altro, tuttavia, “l’assenza di un meccanismo coercitivo al passaggio dallo status civile a quello militare e l’esigenza di assicurare un maggiore livello di efficienza agli stessi servizi, già svolti dal Corpo forestale e ora assegnati all’Arma dei carabinieri, costituiscono elementi decisivi per ritenere la correttezza del bilanciamento tra interessi antagonisti che il legislatore delegato si è trovato a esprimere nell’ambito della concreta attuazione della riforma. Il mutamento di status, come rilevato dal Consiglio di Stato nel parere sullo schema di decreto legislativo (Consiglio di Stato, commissione speciale, parere 12 maggio 2016, n. 1183/2016), è espressione di una nuova concezione organizzativa in cui sono le competenze – e non lo status – a dare la misura della professionalità. In tale

ottica,

per

effetto

della

capillare

diffusione

territoriale

e

dell’omogeneità delle funzioni rispetto a quelle dell’Arma dei carabinieri, al personale forestale, che transita nel nuovo Corpo, è consentito mantenere, compatibilmente con il nuovo assetto organizzativo, la stessa sede di servizio, in relazione alle esigenze di conservazione della specialità e


dell’unitarietà delle funzioni (art. 2214-quater, comma 20, lettera b), nonché continuare a svolgere funzioni a presidio dell’ambiente, del territorio e delle acque e della sicurezza agroalimentare, in attuazione del principio, contenuto nella legge delega, della «salvaguardia delle professionalità esistenti». È altresì assicurata la permanenza nel comparto negoziale sicurezza e difesa al quale sono connesse prerogative giuridiche ed economiche (progressione in carriera, trattamento economico e pensionistico) (…) Peraltro, la specificità dell’ordinamento militare rispetto a quello civile è stata in parte mitigata dalla recente sentenza di questa Corte n. 120 del 2018, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1475 cod. ordinamento militare, il quale non consentiva ai militari di costituire associazioni professionali a carattere sindacale, nonché dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione IV, 12 dicembre 2017, n. 5845), che ha riconosciuto il diritto di iscrizione ai partiti politici e di elettorato passivo ai militari, con l’unico limite dell’assunzione di cariche statutarie”. Del resto, si afferma ancora nella pronuncia medesima, “la possibilità dell’assorbimento nell’Arma dei carabinieri appare conforme alla delega” e “già dall’andamento dei lavori parlamentari si evinceva la possibilità di un transito del Corpo forestale nell’Arma dei carabinieri. Ma anche l’espressa formulazione delle disposizioni contenute nell’art. 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015 appare inequivocabile nel consentire la soluzione adottata dal legislatore delegato”. A ciò deve aggiungersi che questo Consiglio ha già affrontato la peculiare tematica dell’assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri, rilevando tra l’altro, che “siffatta scelta appartiene all’apprezzamento discrezionale del Governo e, nel caso specifico, risulta pienamente condivisibile, non soltanto perché l’Arma ha sviluppato e


consolidato nel tempo competenze specialistiche in campo ambientale e agroalimentare, ma anche perché le stazioni del Corpo forestale vanno ad affiancarsi al già capillare reticolo dei presidi dei Carabinieri con prevedibili riflessi postivi sulla qualità e sull’intensità del controllo del territorio” e che “(…) prima della completa smilitarizzazione (…) [il] Corpo forestale (…) era qualificabile come ‘militare’, con la conseguenza che la distinzione fra quest’ultimo e l'Arma si attenuava in modo molto netto; un ritorno a tale originario status, dunque, non appare eccentrico in relazione all’evoluzione dell’ordinamento giuridico nel suo complesso (…) il personale del cui mutamento di status si sta, qui, discutendo non appartiene a un'Amministrazione pubblica civile come tutte le altre, bensì a un Corpo che è caratterizzato da spiccati tratti di analogia con quelli militari (uniformi, gradi, uso delle armi, etc.). Il mutamento di status, di conseguenza, comporta effetti sulle situazioni soggettive assai meno intensi di quelli che si produrrebbero per i comuni impiegati civili dello Stato” (Consiglio di Stato, Comm. spec., n. 1183/2016). Non v’è dubbio – e va certamente riconosciuto – che la nuova condizione professionale comporti vincoli e doveri più significativi rispetto a quella precedentemente rivestita ma, alla luce di quanto sin qui osservato e, in particolare, di quanto sancito dalla Consulta, deve ritenersi che il diritto dei singoli al mantenimento dello status quo ante sia necessariamente recessivo rispetto all’interesse generale perseguito con la riforma; ciò, peraltro, senza considerare che l’interessato non ha tempestivamente esercitato, come già si è ricordato, la facoltà di partecipare alla pur prevista procedura alternativa di mobilità. Per inciso, l’Amministrazione riferisce che l’opzione del ricorso a detta procedura è stata esercitata soltanto da 236 unità di personale su 7.781


totali a fronte della messa a disposizione di 607 sedi in Amministrazioni statali sull’intero territorio nazionale. Quanto, poi, all’asserita violazione di previsioni contenute nella CEDU, premesso che i principi invocati dal ricorrente sono connotati da obiettivo – e certamente non contestato – rilievo generale, deve rilevarsi che le disposizioni oggetto di controversia sono state introdotte nell’ordinamento nazionale con norme di rango primario e, in virtù di quanto sin qui osservato, non appaiono revocabili in dubbio le finalità di interesse generale perseguite, né, invero, si ravvisano nella fattispecie violazioni di disposizioni eurounitarie. Sul punto, con riferimento ai lamentati oneri asseritamente eccessivi o sproporzionati in relazione al mantenimento del posto di lavoro, giova anche ricordare quanto ulteriormente sancito nella sentenza n. 170/2019 dalla Corte costituzionale, secondo cui “Occorre preliminarmente ribadire che non può essere configurato un diritto fondamentale incomprimibile al mantenimento del posto di lavoro. È stato al riguardo affermato che «la disciplina dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato [deve essere circondata] di doverose garanzie […] e di opportuni temperamenti [quando] si renda necessario far luogo a licenziamenti» (sentenza n. 45 del 1965). Licenziamenti che tuttavia non sono previsti dalla riforma in esame, la quale appare conforme all’orientamento di questa Corte secondo cui il diritto al lavoro si contempera con la facoltà di regolarne l’esercizio «mediante l’adozione di opportune cautele che valgano a tutelare altri interessi ed altre esigenze sociali» (sentenza n. 194 del 1976). In altre parole, dal riconoscimento della rilevanza costituzionale del lavoro non può derivare – quando siano in gioco altri interessi e altre esigenze sociali – l’assoluta prevalenza della stabilità del posto. Così, nell’ambito


della

tematica

della

mobilità

del

pubblico

impiego,

che

rileva

specificamente nell’odierno giudizio, questa Corte ha ritenuto legittime disposizioni rispondenti alle finalità di «evitare la cessazione definitiva del rapporto di lavoro» di chi sia allo stato dipendente pubblico e di ottenere allo stesso tempo «un contenimento della spesa per il personale», in quanto ritenute idonee a promuovere, «nel settore del pubblico impiego, condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro di cui all’art. 4 Cost.» (sentenze n. 202 del 2016 e n. 388 del 2004). Da ultimo, ha sottolineato come tali soluzioni consentano di garantire un equilibrato contemperamento tra il mantenimento dei rapporti di lavoro e la discrezionalità legislativa connessa al processo di riordino dello Stato e degli enti pubblici (sentenza n. 79 del 2019)”. 13. Lamenta, inoltre, il ricorrente che la legge n. 124/2015 avrebbe illegittimamente conferito al Governo una sorta di “delega in bianco”, dal momento che sarebbe stata necessaria l’indicazione di principi e criteri direttivi inequivoci, mentre la delega in questione sarebbe rimasta generica e vaga, non perimetrando la discrezionalità del Governo quanto alla scelta di accorpare il CFS ad un’altra Forza di polizia ad ordinamento militare. Soccorre anche a tale riguardo la citata sentenza n. 170/2019 della Consulta, laddove si rileva che “come già affermato da questa Corte, la legge di delega n. 124 del 2015 e il d.lgs. n. 177 del 2016 hanno dato luogo a «una riorganizzazione assai complessa, che incide in profondità sulle strutture e sul personale di tutte le Forze di polizia» (sentenza n. 229 del 2018). In tale contesto, la delega, contemplando espressamente l’eventualità dell’assorbimento del Corpo forestale «in altra Forza di polizia», consente che essa possa essere individuata nell’Arma dei carabinieri, rientrante nel novero delle forze di polizia secondo il quadro normativo di riferimento (in


particolare, l’art. 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, recante «Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza», e l’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, recante «Attuazione dell’art. 2 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate del 1995»). La volontà del legislatore delegante di consentire la soluzione del passaggio all’Arma dei carabinieri, si ricava, peraltro, anche dalle risultanze dei lavori preparatori: nella seduta dell’8 luglio 2015 della Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati fu respinto un subemendamento finalizzato a precludere il passaggio alla menzionata Arma. Inoltre, due ordini del giorno (n. G8.2 e n. G8.3), approvati in Senato nella seduta del 3 agosto 2015, impegnavano il Governo a valutare l’opportunità di individuare nell’Arma dei carabinieri la forza di polizia di eventuale destinazione. In presenza di una delega di riassetto così incisiva e non di mero riordino non può essere precluso al legislatore di attribuire a quello delegato una scelta tra più opzioni possibili lasciando aperta, nell’ambito di criteri volti a rendere efficienti le funzioni oggetto di trasferimento, «una pluralità di soluzioni, tutte egualmente rimesse alla discrezionalità del Governo nell’attuazione della legge di delega, secondo un disegno procedurale coerente con l’art. 76 Cost.» (sentenza n. 79 del 2019)”. 14. Sul quarto profilo di asserita illegittimità costituzionale della riforma, fermo restando quanto sin qui già rilevato, con riferimento alla compressione dei diritti sindacali quale effetto dell’acquisizione dello status militi, possono richiamarsi le statuizioni della Corte costituzionale di cui alla sentenza n. 120/2018 in ordine alla riconosciuta illegittimità costituzionale dell’art. 1475 del codice dell’ordinamento militare (di cui al


d.lgs. n. 66/2010) nella parte in cui non consentiva ai militari di costituire associazioni professionali a carattere sindacale (sulla tematica cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. I, n. 1079/2020, e Sez. IV, n. 2887/2019). Per completezza ed in via meramente incidentale, merita di essere ricordato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “la mera iscrizione di un appartenente alle Forze armate ad un partito politico costituisce, allo stato attuale della legislazione, un comportamento ab imis lecito che in nessun caso può essere stigmatizzato dall’Amministrazione militare”, con l’unica limitazione dell’impossibilità di assumere cariche all’interno di una formazione politica, dal momento che tale condizione sarebbe idonea a veicolare “la possibilità di incidere ab interno su tali scelte, contribuendo a determinarne

profilo,

“l’esposizione

sociale

direzione e

ed

mediatica

intensità”

ed

dell’interessato,

accentuerebbe potenzialmente

suscettibile di essere chiamato a dare conto dell’indirizzo politico della formazione cui aderisce ed a parlare in nome e per conto di essa in plurimi contesti pubblici, ossia a svolgere, in varie forme, attività di ‘propaganda politica’, espressamente vietata dall’art. 1472, comma 3, cod. ord. mil.”, oltre a determinare una “frizione con il richiamato principio di estraneità delle Forze Armate alle competizioni politiche” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5845/2017). Né, alla luce di quanto sin qui rilevato e, in particolare, della ritenuta legittimità costituzionale della scelta del legislatore di prevedere l’assorbimento del Corpo forestale dello Stato in una Forza di polizia ad ordinamento militare, possono invero costituire fondato indice di illegittimità

della

riforma

in

parola

le

disposizioni

del

codice

dell’ordinamento militare (COM) evocate dal ricorrente secondo cui, per un verso, ai militari può essere vietato o ridotto in limiti di tempo e di distanza l’allontanamento dalla località di servizio, deve essere rilasciata


apposita autorizzazione per recarsi all’estero e può essere imposto l’obbligo di alloggiare nella sede di servizio (art. 1469 COM), e, per altro verso, i militari devono ottenere l’autorizzazione per manifestare pubblicamente il loro pensiero su argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio (art. 1472 COM), dal momento che anche tali prescrizioni – in disparte ogni altra considerazione – rientrano nel più generale novero degli obblighi che complessivamente gravano sul personale in quanto per l’appunto militare, di cui già si è detto. 15. Con la quinta censura della seconda parte del gravame il ricorrente deduce, ancora, l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, lettera mm), n. 3), secondo cui al personale del CFS transitato nell’Arma dei Carabinieri continuano ad applicarsi i limiti di età per la cessazione dal servizio precedentemente previsti. Come precisato dal Ministero istruttore, la ratio della norma in questione è quella di evitare una reformatio in peius del sistema pensionistico nei confronti del personale del soppresso CFS, il cui arruolamento può generalmente essere avvenuto in un’età più avanzata rispetto agli ordinari concorsi per l’accesso ai diversi ruoli della carriera militare, per cui l’applicazione del vigente metodo contributivo ai fini del computo della prestazione pensionistica spettante potrebbe risultare potenzialmente penalizzante, stante il limite di 60 anni (salvo per i gradi più elevati) generalmente imposto per il collocamento a riposo per età per gli appartenenti all’Arma dei Carabinieri. E ciò fatta comunque salva la possibilità, prevista dall’ordinamento militare, di essere comunque collocato in quiescenza a domanda al raggiungimento dei minimi contributivi.


Deve, quindi, concludersi che detta disposizione sia di tutela – e comunque certamente non penalizzante – per il personale interessato, di talché non si ravvisano le lamentate violazioni di precetti costituzionali. 16. Con il successivo motivo il ricorrente lamenta, in estrema sintesi, la violazione del principio di uguaglianza tra coloro che sono stati “militarizzati” e quanti, invece, sono transitati in Forze di polizia (Polizia di Stato o Vigili del fuoco) o altre Amministrazioni ad ordinamento civile. Ebbene, si ritiene che l’infondatezza (anche) di tale censura risieda nelle complessive considerazioni della stessa Corte costituzionale e di questo Consiglio già innanzi ricordate, cui si fa pertanto rinvio, circa la legittimità della scelta operata dal legislatore della riforma, in coerenza con il parimenti già ricordato principio di corrispondenza tra le funzioni trasferite ed il transito del relativo personale sancito dall’art. 8 della legge delega. 17. La disciplina – si duole ancora il ricorrente con il settimo motivo della seconda parte del gravame – sarebbe, inoltre, viziata da illegittimità costituzionale perché avrebbe effetto retroattivo ed anzi peggiorativo, alla luce delle già ampiamente illustrate limitazioni che ne derivano per l’intervenuta militarizzazione del personale interessato. Anche tale doglianza è priva di pregio, dal momento che la riforma, in realtà, ha avuto effetto dal 1° gennaio 2017 e non ha prodotto effetti retroattivi. Quanto alle limitazioni derivanti dallo status militi ancora una volta si rinvia alle ampie argomentazioni innanzi riportate. 18. Alle medesime conclusioni di infondatezza deve pervenirsi con riferimento alla successiva ed ottava doglianza della seconda parte del ricorso, secondo cui il legislatore della riforma avrebbe illegittimamente sottratto il personale (civile) del Corpo forestale dello Stato alla


giurisdizione del giudice naturale precostituito per legge, da individuarsi nel giudice ordinario, sottoponendolo alla giurisdizione speciale della magistratura militare. A ben vedere, anche in questo caso si tratta di un effetto connaturato alla scelta legislativa, che la Consulta ha ritenuto coerente con i principi della Costituzione, di prevedere l’assorbimento del CFS in una Forza di polizia ad ordinamento militare, di talché, per evidenti esigenze di brevità, si rinvia anche a tal proposito alle considerazioni innanzi esposte. 19. Con l’ultima censura (nona della seconda parte) il ricorrente ritiene illegittima la normativa de qua perché violerebbe il principio di parità di retribuzione a parità di lavoro. Ebbene, basterà a tal proposito rilevare il disposto contenuto nell’art. 8, comma 1, lettera a), della legge delega n. 124/2015, laddove, proprio al fine di evitare sperequazioni o trattamenti peggiorativi, è specificamente previsto che “Resta ferma la corresponsione, sotto forma di assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici, a qualsiasi titolo conseguiti, della differenza, limitatamente alle voci fisse e continuative, fra il trattamento economico percepito e quello corrisposto in relazione alla posizione giuridica ed economica di assegnazione”. A tal proposito, la Corte costituzionale ha espressamente chiarito nella più volte richiamata sentenza n. 170/2019 che “a ben vedere, anche sotto il profilo delle garanzie riservate al personale del Corpo forestale, la delega è notevolmente articolata, sia con riguardo al transito nella nuova Forza di polizia, sia con riguardo alle possibili alternative e al trattamento economico e giuridico. Pertanto, non risulta né generica, né lesiva delle situazioni soggettive dei funzionari forestali”. 20. Conclusivamente, alla luce della richiamata pronuncia n. 170/2019 della Corte costituzionale e delle ulteriori argomentazioni innanzi riportate il


Collegio non ritiene sussistano i necessari presupposti di non manifesta infondatezza ai fini dell’eventuale rimessione della questione di legittimità costituzionale posta dal ricorrente. 21. Sulla scorta di tutto quanto sin qui rilevato il ricorso è infondato e, come tale, deve essere respinto. L’istanza cautelare resta conseguentemente assorbita. Le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso. P.Q.M. Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto. L'ESTENSORE Giancarlo Carmelo Pezzuto

IL PRESIDENTE Mario Luigi Torsello

IL SEGRETARIO Carola Cafarelli


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