Tar 2021- Destituzione e dispensa dall'impiego- art. 7, comma 2, nn. 1, 2 e 3, del D.P.R. n. 737 T.A.R. ---------------- ---------------- Sez. I, Sent., (ud. 22/09/2021) 03-11-2021, n. 993 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il ---------------(Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 131 del 2017, proposto da Ricorrente-, rappresentato e difeso dall'avvocato -------------------------------, con domicilio eletto presso il suo studio in ----------------, corso ----------------,-; contro Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in ----------------, via Arsenale, 21; per l'annullamento - del decreto del Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale per le Risorse Umane, a firma del Capo della Polizia, in data -OMISSIS-, prot. n. -OMISSIS--C-I/Sez. 2^/OMISSIS-, notificato in data 23.11.2016, con il quale è stata inflitta all'Ispettore Capo -ricorrente- la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio a norma dell'art. 7, comma 2, nn. 1, 2 e 3, del D.P.R. n. 737 del 1981, a decorrere dal 14.2.2012 (primo giorno di sospensione cautelare dal servizio, disposta con provv. datato 30.1.2012, ai sensi dell'art. 9, comma 2, del D.P.R. n. 737 del 1981); - della delibera del -OMISSIS- del Consiglio Provinciale di Disciplina per la Provincia di ----------------, parte integrante del decreto del Ministero dell'Interno a firma del Capo della Polizia del -OMISSIS-, con la quale è stata proposta la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2021 il dott. Savio Picone; Svolgimento del processo Brevemente i fatti di causa.
In data 28 settembre 2011 un'agente di Polizia presentava denuncia nei confronti dell'odierno ricorrente -Ricorrente-, per un tentativo di violenza sessuale durante l'orario di servizio. Ne scaturiva il rinvio a giudizio dinanzi al Tribunale di ---------------(R.g.n.r. 1562/2011) per i delitti di tentata violenza sessuale, violenza privata e violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (doc. 2). Con decreto del Capo della Polizia in data 30 gennaio 2012, il ricorrente veniva sospeso in via cautelare dal servizio, ai sensi dell'art. 9, secondo comma, del D.P.R. n. 737 del 1981 (doc. n. 3). Con sentenza in data 23 luglio 2012, il Tribunale di ---------------dichiarava l'imputato colpevole dei reati a lui ascritti e lo condannava alla pena di un anno ed otto mesi di reclusione, oltre all'interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena principale ed al risarcimento del danni nei confronti della parte offesa (doc. 4). La condanna veniva confermata dalla Corte d'Appello di ---------------(doc. 5) e dalla Corte di Cassazione (doc. 6), passando in giudicato in data 5 maggio 2016. Con il ricorso in esame, -Ricorrente- impugna la sanzione disciplinare della destituzione, deliberata su proposta all'unanimità del Consiglio Provinciale di Disciplina, ai sensi dell'art. 7, secondo comma, del D.P.R. n. 737 del 1981 (doc. 15). Si è costituito il Ministero dell'Interno, depositando documenti e chiedendo il rigetto del ricorso. L'istanza cautelare è stata respinta, con ordinanza di questa Sezione n. 119 del 2017. Le parti hanno svolto difese in vista dell'udienza pubblica del 22 settembre 2021, nella quale la causa è passata in decisione. Motivi della decisione Può prescindersi dell'esame dell'eccezione di nullità della sottoscrizione digitale, formulata in via preliminare dall'Avvocatura dello Stato, in quanto il ricorso è manifestamente infondato nel merito, per le motivazioni già sommariamente enunciate nella fase cautelare. Quanto al primo motivo, di tenore procedurale, deve ribadirsi che non vi erano ragioni, neppure di opportunità, che dovessero portare all'astensione del Presidente del Consiglio Provinciale di Disciplina, per il fatto che il coniuge dello stesso (anch'ella Funzionario di Polizia) aveva ricevuto, nell'immediato, la denuncia orale nei confronti del ricorrente del tentativo di violenza, da parte della collega persona offesa, e l'aveva invitata a rivolgersi agli uffici competenti. L'invocata previsione dell'art. 11 del "Codice di comportamento dei dipendenti del Ministero dell'Interno" non è applicabile, nella vicenda in esame. Infatti, come correttamente eccepito dall'Avvocatura dello Stato, l'art. 4 del Codice circoscrive l'applicazione dell'intera disciplina "al personale contrattualizzato dell'Amministrazione civile dell'Interno,
dirigente e non, a tempo determinato o indeterminato, anche in prova, ai dipendenti di altre pubbliche amministrazioni in comando, distacco o fuori ruolo, comunque vincolati da un rapporto di servizio con l'Amministrazione civile dell'Interno, nonché ai dipendenti in servizio presso gli uffici di diretta collaborazione con gli organi politici". In tema di astensione e ricusazione dei membri del Consiglio di Disciplina, per il personale della Polizia di Stato, trova invece applicazione l'art. 149 del D.P.R. n. 3 del 1957, secondo il quale "il componente della Commissione di disciplina può essere ricusato: ... e) se è parente od affine di primo o secondo grado del funzionario istruttore o del consulente tecnico". Nella specie, è pacifico che il coniuge del Presidente del Consiglio di Disciplina non ha ricoperto il ruolo di funzionario istruttore, né quello di consulente tecnico, nel procedimento disciplinare svoltosi nei confronti del ricorrente. Ne discende l'infondatezza del motivo. Quanto al secondo ordine di censure, è sufficiente ribadire che la destituzione è stata deliberata dall'Amministrazione in base ad un'autonoma e motivata valutazione della gravità dei fatti e della rilevanza del comportamento del ricorrente, così come accertato in sede penale con sentenza definitiva. Il procedimento disciplinare conclusosi con l'impugnata sanzione trae origine da una sentenza penale irrevocabile di condanna, avente efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità penale ed all'affermazione che l'imputato lo ha commesso. L'Amministrazione ha legittimamente inquadrato la condotta nella fattispecie disciplinare prevista dall'art. 7 del D.P.R. n. 737 del 1981, in quanto: - ha denotato assoluta mancanza del senso dell'onore e del senso morale, per avere, oltre alla commissione di gravi reati, "abusato per settimane della sua posizione di superiore gerarchico per imporre alla giovane e inesperta collega le sue moleste e petulanti avances ... minacciandola di ritorsioni ove avesse deciso di denunciarlo", tentando, per garantirsi l'impunità, di screditare la credibilità della parte offesa, segnalando presunte mancanze ai superiori e mantenendo, anche nell'ambito del processo penale a suo carico, una condotta stigmatizzata dallo stesso Giudice, che ha rimarcato in sentenza che l'imputato "non si è fatto scrupolo di denigrare la figura morale della parte offesa"; - ha compiuto, in servizio, atti in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento, consistenti nel dovere di osservare e vigilare sull'osservanza delle leggi, violando norme penali a tutela della persona, mettendo a repentaglio l'immagine della Polizia di Stato;
- ha violato obblighi istituzionali della Polizia di Stato, risultando incompatibile a ricoprire qualsiasi ruolo all'interno dell'Istituzione. Il provvedimento di destituzione non è viziato da abnormità o illogicità della motivazione, restando la valutazione sulla congruità della sanzione, per il resto, nell'alveo dell'ampia discrezionalità di cui gode l'Amministrazione in materia. Sul punto, devono essere richiamati i principi enunciati da un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui "La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità" (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, n. 307 del 2018; id., sez. IV, n. 5684 del 2018). Ebbene, attesa la gravità dei fatti contestati, che si prestano ad essere valutati come in netto contrasto con la rettitudine nello svolgimento del servizio richiesta al dipendente, così arrecando un grave pregiudizio alla Polizia di Stato, non è ravvisabile nella fattispecie quel carattere di abnormità o manifesta illogicità, tale da configurare il dedotto eccesso di potere. In conclusione, il ricorso è respinto. Le spese processuali possono essere compensate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il ---------------- (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente. Così deciso in ---------------- nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2021 con l'intervento dei magistrati: Vincenzo Salamone, Presidente
Savio Picone, Consigliere, Estensore Paola Malanetto, Consigliere