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TICINESE
ELENA BARZAGHINI Una donna tra i sommelier
L’INTERVISTA
LA FELICITÀ
IN UN BICCHIERE Elena Barzaghini-Mozzini è attiva nel “mondo del vino” da sette anni e collabora attivamente in seno all’Associazione Svizzera dei Sommelier Professionisti, Sezione Svizzera Italiana e Sezione Nazionale. Cresciuta tra i vigneti di famiglia ma con un’attività nel ramo terziario, la sua riscoperta dei… rami della vite, le ha acceso anche la vita. L’abbiamo incontrata per farci raccontare di questa sua passione per il vino… del Ticino. testo testo Marco Marco Ortelli Ortelli -- foto foto Rémy Rémy Steinegger Steinegger
L’INTERVISTA
I
nizio il resoconto dell’incontro con Elena Barzaghini-Mozzini, in modo insolito, ossia con la citazione di un autore americano, che sintetizza in modo fulminante l’origine del nostro bere un bicchiere di vino: “Come tutti gli altri presenti nel bar, stava stordendosi con l’alcol, che era una sostanza prodotta da una creaturina chiamata lievito. I lieviti mangiavano zucchero e cacavano alcol, e si uccidevano distruggendo il proprio ambiente…” (Kurt Vonnegut). A prescindere dall’origine del cosmo e dei viventi che lo abitano, all’origine del vino stanno quindi i lieviti, responsabili del passaggio dal liquido analcolico al liquido alcolico, poi colorato di rosso, di bianco o di rosa, con più o meno bollicine. È il mistero della natura, che Elena ha cominciato a sondare quando nel 2002 ha deciso di approfondire la conoscenza del mondo del vino, fino a diventare sommelière - non professionista – in seno all’A.S.S.P. (Associazione Svizzera dei Sommelier Professionisti). DA DOVE NASCE LA TUA PASSIONE PER… IL VINO? “Siccome la mia famiglia ha un vigneto, si potrebbe dedurre che la mia passione nasca da lì. Invece tutto è capitato in maniera piuttosto casuale, quando a cena con amici, all’argomento vino io non capivo nulla, se non la distinzione tra il colore rosso e il bianco… di un vino”.
… COSÌ, CON IL CAVATAPPI HAI APERTO LA BOTTIGLIA DELLA CONOSCENZA… “Ho deciso di seguire un corso di conoscenza di base sul vino. In quell’occasione ho capito che l’argomento mi affascinava e così ho ampliato la mia comprensione partecipando al corso di formazione per sommelier (corso sviluppato in 3 livelli), che ha sede presso la Scuola Superiore Alberghiera del Turismo (SSAT) a Bellinzona, dove ho conseguito il diploma di sommelière. Dopo aver collaborato attivamente per l’Associazione, sono poi entrata a far parte dapprima del Comitato Cantonale e in seguito in quello Nazionale, cominciando a frequentare più da vicino l’am-
SCHEDA BIOGRAFICA Nome: Elena Cognome: Barzaghini Cognome da nubile: Mozzini Stato civile: sposata con Rocco Paternità: di Attilio e Giancarla (-Allemann) Data di nascita: 5 giugno 1979 Luogo di nascita: Bellinzona Attinenza: Camorino Ramo attività: fiduciario-amministrativo-immobiliare Ramo enologico: Corso viticoltura amatori - Scuola Agraria Mezzana; Formazione Sommelière A.S.S.P. (Association Suisse des Sommeliers Professionels), 1°,2°,3° livello, con il conseguimento del relativo diploma; Formazione di Idrosommelière (degustatrice di acque) Curiosità: ho un gatto nero di nome Cagliostro Esordio enologico: “una serata al ristorante Groven di Lostallo” Progetti: “Attualmente sto scrivendo un libro per bambini sul tema della viticoltura”
biente del vino e soprattutto delle degustazioni. E proprio in queste occasioni mi sono accorta che il vino ticinese a parer mio aveva bisogno di ancor più spazio. Così, in quattro amiche, nel 2006 abbiamo deciso di creare all’interno della nostra Associazione il gruppo Donne & Vino, che ha come scopo quello di prediligere durante gli incontri i vini del territorio ticinese”. IN COSA CONSISTE L’ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE DONNE & VINO? “Ci troviamo quattro volte l’anno organizzando cene a tema, degustazioni, durante le quali vengono presentati naturalmente i vini del nostro territorio alla presenza dei produttori. La cosa bella del nostro gruppo è che a queste serate partecipano sempre persone della professione, ristoratrici, enologhe, viticoltrici con le quali c’è un ottimo feeling. Spesso si dice che tra donne ci sono sempre degli screzi o nascono gelosie. Devo dire che tra noi finora non ne ho riscontrati, penso anzi che in questo particolare campo, che è sempre stato di predominanza maschile, le donne siano molto più solidali le une con le altre. Facciamo poi visita a cantine, e anche qui abbiamo iniziato con quelle di gestione “femminile”. Altrimenti per quello che mi concerne, agisco sul territorio, e poi a essere donna in questo campo è anche una fortuna…. Si ricevono molti più inviti, forse perché una donna che degusta incuriosisce sempre di più”.
«Vedo il vigneto, il sole, il processo di lavorazione» UNA DONNA IN UN AMBIENTE A PREPONDERANZA MASCHILE, COME SI TROVA? “Direi che come donna devi metterti in gioco maggiormente e mostrare ogni volta la tua competenza. Inizialmente c’era una certa malfidenza, anche legata alla giovane età. Non riuscirei a dire se e quanto gli uomini in questo mondo apprezzino le donne. Dicono di stimarle molto e la mia speranza è che non è solo un modo di dire. Non credo che le donne siano più brave nella degustazione rispetto agli uomini, penso che sia una questione di sensibilità che può essere tanto femminile quanto maschile. Forse le donne in un campo che è sempre stato molto maschile osano di più, l’uomo pensa maggiormente a difendere il proprio status, e quindi la donna non avendo nulla da perdere, osa maggiormente riuscendo a distinguersi”. TORNIAMO ALLA VIGNA. COS’È PER TE LA VENDEMMIA? “Per me è soprattutto un momento di ritrovo della famiglia, dei parenti e conoscenti, quando l’uva è matura e pronta per subire una trasformazione. Vedo riassunte le fasi del processo, che dalla cura del vigneto conduce all’etichetta posta sulla bottiglia, fino alla degustazione, l’attività caratteristica del sommelier”.
In principio era... il grappolo d’uva.
Il gruppo Donne & Vino: (da sin.) Marna Soli, Lisa Tenca, Elena Barzaghini-Mozzini e Anna Valli.
Nelle botti il vino matura.
“Qui ho 5 anni”.
Si può avere la botte piena e il bicchiere anche...
Elena in piena analisi olfattiva.
Con il papà Attilio Mozzini.
L’INTERVISTA
COME DEFINIRESTI ALLORA L’ATTIVITÀ DEL SOMMELIER? “Forse il vino, nel bicchiere, vuole trasmettere qualcosa, il sommelier, allora, cerca di interpretare quello che il vino non può dire perché non può… parlare. Cerca di dare voce al vino”. COME DEGUSTA UNA SOMMELIÈRE? “Come premessa distinguerei tra giudizio oggettivo e giudizio soggettivo, infatti posso dire che un vino è buono perché presenta tutte le carte in regola, ma a titolo soggettivo può non piacermi. Un bravo degustatore dovrebbe saper distinguere i giudizi oggettivi da quelli soggettivi. Entrando nel merito dell’attività di sommelier, si distinguono tre tipi di analisi, la visiva, l’olfattiva e la gustativa”. UNA QUESTIONE DI SENSI… “Nell’analisi visiva il colore ci dà già utili indicazioni sulla natura o l’età del vino, sulla consistenza o la presenza di anidride carbonica, le bollicine. Ruotando il bicchiere si vedono poi apparire i cosiddetti archetti e lacrime, che ci fanno capire appunto la consistenza del vino, più gli archetti sono larghi, minore è il tenore alcolico, più sono stretti e fitti e più queste lacrime scendono lentamente e più il vino è ‘corposo’”. L’OLFATTO “Nell’analisi olfattiva si analizzano i sentori, i profumi e gli aromi presenti nel vino e legati alle caratteristiche del vitigno, alle fasi di lavorazione e alla maturazione del vino. Per facilitare questa descrizione si è soliti associare queste sensazioni odorose, che si innestano durante le varie fasi di fermentazione e di evoluzione di un vino, a elementi presenti in natura, come fiori, frutti, spezie, ecc. Di regola il degustatore dovrebbe essere in grado di riconoscere le varietà dei sentori non in base alla loro nomenclatura chimica, ma identificandoli con profumi e sentori presenti in natura, anche se devo ammettere che molti sentori che vengono detti sono frutto di tanta fantasia”. IL GUSTO “Nell’analisi gustativa il vino viene portato in piccola dose alla bocca, espanso con la lingua in tutta la cavità della bocca, deglutito o “sputato”, anche se so che molte persone non apprezzano questo gesto. In questa fase si prendono in considerazione la struttura generale - lo spessore, la consistenza e corpo del vino, l’equilibrio - il rapporto tra morbidezza, acidità e tannicità, l’intensità delle sensazioni - le sensazioni percepite dopo aver fatto
NON SOLO VINO: UNA IDROSOMMELIÈRE “Partendo dal fatto che noi siamo composti di acqua e osservando ad esempio gli acini d’uva, che pure la contengono, mi sono detta, perché non approfondire anche la conoscenza dell’acqua? Il compito dell’idrosommelier non è solo quello di spiegare alle persone come si degusta l’acqua, ma anche farne capire l’importanza di un impiego non sconsiderato. Anche in questa attività parto dal principio che una migliore comprensione delle cose possa indurci a cambiare i nostri comportamenti esagerati e quindi nocivi”.
«Forse le donne osano di più»
ruotare il vino e averlo deglutito, e la persistenza delle sensazioni - tanto più permangono ricordi uguali o simili a quando il vino era in bocca, tanto maggiore sarà la persistenza del vino”.
NON SOLO DEGUSTAZIONE: UNA PRODUTTRICE DI VINO
PERCHÉ BERE VINO? “Per lasciarsi stupire da quello che la natura può dare. Può trasformare e, se ci piace, può darci tante emozioni. Il vino è sempre motivo di convivialità. In ogni caso il vino lo si deve assaporare, degustare. L’abuso non è altro che disprezzare il prodotto”.
… Stap.
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SE FOSSI UN VINO, QUALE MEGLIO TI POTREBBE CARATTERIZZARE? “Un rosso, per motivi sentimentali sicuraCAM mente il Merlot, anche se devo ammetteI RI re che prediligo le… bollicine”. A • ww
ELENA GIUDICA LE ANNATE TICINESI
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Con mio padre ho prodotto alcune bottiglie di Merlot, annata 2006 - SOLOPERME, nome a lui dedicato perché è stato lui a trasmettermi la magia che si nasconde nel vino e che ho riassunto in questa poesia: “Quando ero bambina, da grande sognatrice ho sempre creduto che nella nostra tenuta di famiglia “La Corticella”, fosse nascosto un tesoro. L’ho cercato per anni e anni, senza però mai trovare nulla. Con il passare del tempo, quando ormai avevo perso ogni speranza l’ho finalmente trovato. La terra, il vigneto, il vino, sono il tesoro più grande che potessi mai trovare. Talvolta sorrido perché mi sembra così strano che sia sempre stato lì sotto ai miei occhi. Così mi piace pensare che questo segreto mio papà l’abbia voluto custodire SOLOPERME”.
COSA VEDI IN UN BICCHIERE DI VINO? “Vedo il vigneto, il sole, il processo di lavorazione e poi penso soprattutto a chi è riuscito a far arrivare il vino in bottiglia, perché so quanto questo sia difficile. È un grande lavoro, che sia buono o meno buono, il lavoro deve comunque essere premiato”.
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DALLA BOTTIGLIA AL GRAPPOLO E RITORNO. “Il nostro grappolo d’uva viene messo nella diraspatrice, una macchina che separa il raspo dagli acini, quindi gli acini vengono pressati e il mosto che ne deriva, insieme alla buccia, viene messo in un contenitore, solitamente in acciaio inox. Le bucce contengono determinate sostanze che favoriscono la fermentazione, che è data dai lieviti, che mangiando lo zucchero presente nel mosto producono alcol. Accade quindi una seconda fermentazione, detta malolattica, che trasforma gli acidi malici, acidi duri, in acidi lattici, più morbidi e delicati e che porta il vino a maturazione. Ci sono poi molte scelte operate in cantina che conducono verso il prodotto finale. Qui entra in gioco anche la bravura del produttore. Quando infine il produttore è soddisfatto del risultato, procede alla fase dell’imbottigliamento, della tappatura e dell’etichettatura. Da qui viene immesso sul mercato per giungere sulla nostra tavola”.
CHE MONDO SAREBBE SENZA VINO? “Non posso nemmeno immaginare un mondo senza vino! Avremmo solo cemento, case e palazzi. Sarebbe davvero triste, il mondo del vino può veramente regalare allegria, amicizia, ma anche comunicazione e convivialità, e se venisse a mancare tutto questo, a parer mio ci sarebbero davvero molte persone infelici”.
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… E DI COLORI. “La produzione del vino bianco, rosso e rosato è data dalle diverse scelte che si fanno nella vinificazione. Il bianco, infatti, può essere realizzato con uve rosse, in quanto a dare il colore è il contatto delle bucce con il mosto. Più contatto darà più colore, nascerà allora un rosso, meno contatto darà un rosato, nessun contatto sfocerà in un bianco. Per il rosato, la tonalità rimane comunque una scelta del produttore”.
IL PROCESSO DI VINIFICAZIONE HA INNESCATO ANCHE IN TE QUALCHE CAMBIAMENTO? “Effettivamente dalla degustazione sono passata anche alla viticoltura, al tentativo di produrre io stessa del vino, nella tenuta di famiglia. Accudire il vigneto e poi vedere il primo grappolo è stata per me una sensazione particolare. Devo dire che mi sono commossa, perché mi è sembrato un fatto magico. La conoscenza del mondo del vino per me è stata la scoperta di una grande passione, che mi ha arricchita interiormente e che mi ha resa sicuramente più decisa. Ora come ora nelle mie scelte sono meno titubante, o è bianco o è nero, i compromessi non mi piacciono, rischiano sempre di diventare… compromettenti!”.
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UNA QUESTIONE DI ANNATE… “Ci sono evidentemente molti fattori che condizionano la qualità di un’annata, a partire dall’illuminazione solare, dall’intensità delle piogge, ecc. Ci sono vini realizzati per evolvere nel tempo, mentre la tendenza attuale dei produttori è quella di vinificare in modo che il vino sia subito pronto per il consumo. Se il clima svolge un ruolo fondamentale, la base rimane il suolo, la terra da cui cresce la vite e via di processo in processo fino ad arrivare al vino in bottiglia. E a noi, a dire se è una buona annata”.
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Clicca ed entra nel sito. Troverai un commento di Elena Barzaghini-Mozzini sulle annate 1997-2007 ticinesi. Su youtube, invece, all’indirizzo indicato, un momento di risoterapia con gli indimenticabili Laurel & Hardy in azione in una cantina di vino: http://it.youtube.com/watch?v=ggJKkIBJY2Q
Fieradelvino
Sommelier
«Degustare mi ha svelato un mondo» Elena Mozzini è una giovane e appassionata
sommelier di Sementina. Nella vita svolge un’attività in ambito finanziario, da cui evade per inseguire i sentori del vino e divulgarne i seducenti segreti. TESTO: ISABELLA VISETTI FOTO: ANNICK ROMANSKI
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rima di studiare da sommelier, del vino sapevo che c’era quello rosso e quello bianco», dice Elena Mozzini, 33 anni, illuminando il bel viso e gli occhi azzurri con un sorriso. «Ero a una cena e tutte le persone sedute intorno discutevano di vino. A me l’argomento invece lasciava indifferente, perché non riuscivo a capire le particolarità dei diversi vini», ricorda. Mossa dalla curiosità di saperne di più, si iscrive a un corso: «Uno di quelli amatoriali, di base, sulla falsariga di quelli che tengo io ora. Quando, a una degustazione, ho finalmente percepito un sentore, tutto è cambiato. È stato come assistere a una sfilata di abiti neri e poi improvvisamente vedere in passerella abiti di modelli differenti e dai mille colori. Da quel momento il vino ha assunto una sembianza nuova e mi si è spalancato tutto un mondo…». Mentre racconta, si avverte nitida la passione, passione che l’ha
portata a continuare il suo viaggio di scoperta del nettare di Bacco, frequentando i tre livelli del corso di formazione per sommelier dell’«Associazione svizzera dei sommelier professionisti» (ASSP) che si tengono presso la Scuola superiore alberghiera del turismo di Bellinzona. Elena Mozzini non svolge però la professione di sommelier, ha infatti un impiego in ambito contabile e finanziario. «Un lavoro fatto di numeri da cui evadere, cavalcando i profumi e i sentori del vino. Quella di non fare il sommelier per professione è stata una scelta voluta e ponderata per non sentirmi troppo legata al vino e per rimanere indipendente, sentendomi libera di seguire le mie emozioni… Questa scelta mi ha permesso di dare spazio alla mia vocazione di insegnare, di trasmettere le mie conoscenze agli altri, svelando un universo così affascinante». Elena Mozzini tiene infatti lezioni di degustazione nell’ambito dei Corsi per adulti del cantone
La sommelier Elena Mozzini, 33 anni, tiene lezioni di degustazione nell’ambito dei corsi per adulti organizzati dal cantone.
ed è un’attività che le sta molto a cuore: «Molte persone sono intimorite dalla degustazione… A me piace renderla accessibile e meno complicata, perché in fondo il vino è un prodotto della terra, un prodotto semplice. A volte nelle degustazioni, spesso astratte e mutevoli, questo aspetto lo si dimentica». Lei invece l’ha sempre ricordato, forse perché è cresciuta tra i filari del vigneto di famiglia e perché ha seguito
un corso di viticoltura amatoriale alla Scuola Agraria di Mezzana: «La viticoltura mi ha cambiato la vita: solo quando si conosce come nasce il prodotto, l’uva, e la sua trasformazione, si apprezza pienamente la degustazione, la bellezza del vino e la magia della vinificazione». Una visione molto femminile, quasi materna, umile, ancorata alla realtà e alla concretezza delle cose. Non a caso il suo sogno nel cassetto, an-
Vino&cuore Botta e risposta La bottiglia più cara bevuta? Una Romanée-Conti. Occorre dire che, spesso, più un vino è costoso, più sono alte le aspettative ed è facile rimanere delusi. In generale sono per i vini con una buona qualità-prezzo. Il vino che vorrebbe avere in cantina? Una cassa di champagne Krug Clos du Mesnil. Con che vino la si conquista? Con lo champagne: le bollicine mi mettono di buon umore anche quando ho la luna storta. Come toglie le macchie di vino dalla tovaglia? Sono spesso invitata a cena e a casa mia uso solo tovaglie nere! L’etichetta che più le piace? Una di un produttore ticinese di cui non faccio il nome. Una bottiglia da regalare per fare bella figura? Una di Merlot ticinese. Cosa fa con i tappi? Tengo solo quelli delle bottiglie che mi hanno emozionato. Berrebbe vino nel tetrapak? L’ho già fatto! Per curiosità si fa di tutto.
«Mi piace molto che al ristorante l’uomo prenda l’iniziativa e ordini il vino…» zi il suo libro nel cassetto, è una fiaba per bambini che racconta i segreti della viticoltura: «È terminato, c’è già una bozza, ma non è ancora giunto il momento di pubblicarlo. Forse, per questo passo, devo definitivamente diventare grande e separarmi da un’infanzia che per me è stata bellissima. O almeno
mi piace pensare che sia così». L’armonia di ciò che è stato la si percepisce nell’energia che questa giovane sommelier (fra l’altro anche idrosommelier, ovvero degustatrice di acque) trasmette, nella spontaneità con cui racconta di sé e di ciò che ha fatto. Non sembra neppure pesarle di muoversi in un ambito considerato maschile. «Ma non è più tanto vero… Non ho mai sentito che il mio essere una sommelier donna fosse un problema.
Nella degustazione non c’è una differenza tra uomini e donne, è tutta una questione di sensibilità, che è indipendente dal genere. Al limite, si può creare un certo imbarazzo a una cena galante all’arrivo della carta dei vini. Al contrario di quanto si possa credere, mi piace molto l’uomo che, pur sapendo che sono sommelier, mi “sfida” e prende l’iniziativa di ordinare il vino. Quando è successo, il vino aveva un sapore tutto speciale».
Un vino che l’ha emozionata? Uno dei primi degustati: una Vernaccia di San Gimignano di un grande produttore che ora conosco di persona. Quando lo incontro rivivo quel momento. In vino veritas? Sì. Quando si crea il perfetto feeling con il vino, bisogna far attenzione a non tradirsi. Il vitigno del cuore? Il merlot: mi ricorda i luoghi dove sono nata e cresciuta; e il pinot nero: raffinato ed elegante, che però va capito.