"Neuroscienze Anemos"

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ISSN 2281-0994

Trimestrale culturale a diffusione gratuita - Lug-Set 2013 ♦ anno III - numero 10

Anemos neuroscienze

trimestrale di neuroscienze, scienze cognitive, psicologia clinica e filosofia della mente

Speciale

Neuroscienze e musica

Gli effetti della musica sulla mente umana

Tra uomo e donna Questioni intorno alle differenze di genere, tra psichiatria, sociologia e filosofia

Disturbi alimentari

I disturbi del comportamento alimentare colpiscono soprattutto le donne. Tuttavia, questo disturbo non rappresenta un’area psicopatologica esclusivamente femminile

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Cellule staminali

La terapia con cellule staminali è un’area emergente di ricerca con enormi potenzialità, in particolare nel trattamento di molte malattie neurologiche

Potrete contribuire così con le vostre idee

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CENTRO DI NEUROSCIENZE ANEMOS Direttore sanitario: Dott. Marco Ruini

AREA DI PSICOLOGIA CLINICA PSICOLOGIA CLINICA Psicodiagnosi (Dott.ssa Laura Torricelli) Psicoterapia di coppia e famigliare (Dott Federico Gasparini) Psicotraumatologia e EMDR (Dott.ssa Federica Maldini) Mindfulness (Dott.ssa Laura Torricelli) NEUROPSICOLOGIA ADULTI (Dott.ssa Caterina Barletta Rodolfi, Dott. Federico Gasparini) NEUROPSICOLOGIA dello SVILUPPO (Dott.ssa Lisa Faietti, Dott.ssa Linda Iotti) AREA DI PSICHIATRIA Dott. Giuseppe Cupello Dott. Raffaele Bertolini

AREA DI OCULISTICA Dott. Valeriano Gilioli

SERVIZIO DI NEUROCHIRURGIA

Dr. Marco Ruini: Responsabile del servizio Dr. Marco Ruini: Neurochirurgo, Patologia del rachide e cerebrale Dr. Davide Guasti: Ortopedico, Tecniche mininvasive sul rachide Dr. Andrea Veroni: Neurochirurgo, Patologia del rachide nell’anziano Dr. Andrea Seghedoni: Neurochirurgo, Instabilità del rachide Dott.ssa Alessandra Isidori: Neurochirurgo, Patologia del rachide e cerebrale

Collaborazioni Dr. Ignazio Borghesi, Neurochirurgo Prof. Vitaliano Nizzoli, Neurochirurgo Prof. Lorenzo Genitori, Neurochirurgia Pediatrica Dr. Bruno Zanotti, Neurochirurgo SERVIZIO DI TERAPIA ANTALGICA

Dr. Roberto Bianco, Anestesista, Terapia infiltrativa, Agopuntura Dr. Ezio Gulli, Anestesista, Terapia infiltrativa Dr. Davide Guasti, Ortopedico, Trattamenti mininvasivi

faccette articolari e intradiscali

SERVIZIO DI RIABILITAZIONE E RIEDUCAZIONE FUNZIONALE Dr. Rocco Ferrari, Chiroterapia Dr. Raffaele Zoboli, Fisiatra Dr. Aurelio Giavatto, Manipolazioni viscerali SERVIZIO DI NEUROLOGIA E DI NEUROFISIOLOGIA Dr. Mario Baratti, Neurologo, Elettromiografia e Potenziali evocati Dott. Devetak Massimiliano, Neurologo, doppler tronchi sovraortici e transcranico ANEMOS | Centro Servizi di Neuroscienze Poliambulatorio Medico | Libera Università | Ass. Culturale Via Meuccio Ruini, 6 | 42124 Reggio Emilia tel. 0522 922052 | Fax 0522 517538 | www.anemoscns.it info@anemoscns.it | www.associazioneanemos.org

Centro di riferimento: Centro di Neuroscienze Anemos, Reggio Emilia. Centri Ospedalieri per la Neurochirurgia del rachide e le tecniche mininvasive: Casa di Cura Salus Hospital (Re), Ospedale di Suzzara (Mn), Casa di Cura San Clemente (Mn), Casa di Cura Villa Maria Cecilia di Cotignola (Ra). Ambulatori: Reggio Emilia, Correggio, Guastalla, Reggiolo, Suzzara, Poggio Rusco, Mantova, Carpi, Modena, Fiorenzuola, Olbia e Roma.


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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Neuroscienze al femminile

Editoriale

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a serie di interventi che vanno a costituire il tema di questo numero, deriva dagli incontri tenutisi presso la Libera Università di Neuroscienze Anemos di Reggio Emilia tra la fine del 2012 e i primi mesi di quest'anno. Alcuni dei testi, come il contributo del Dott. Insalaco (filosofo e scrittore), costituiscono le relazioni adattate di quelle serate, mentre altri contributi non sono altro che il risultato di discussioni da quei temi provocate nel corso di incontri tra gli autori che gravitano attorno al progetto. Introduce il numero l'articolo del Dott. Marco Ruini (Neurologo e Neurochirurgo), che affronta il tema della differenza di genere dal punto di vista neuroscientifico, sociologico e storico. Segue l'intervento del Dott. Raffaele Bertolini (Psichiatra): in tale testo viene analizzata la questione dei disturbi alimentari e si cerca di capire se e quando vi sia connessione tra questi disturbi e le differenze di genere. Il già citato contributo di Franco Insalaco ha come scopo di indicare quale sia, da un punto di vista filosofico, il contributo al pensiero che, nello specifico, si caratterizzi come pensiero "femminile". Chiude il tema un approfondimento dedicato alla politica italiana: Nilde Iotti. Ci è parso utile provare ad individuare un caso concreto, storicamente collocato, di storia al femminile. Non va infatti dimenticato che l'ambito del "potere" è quello dove si presentano maggiori discriminazioni di genere. Nilde Iotti costituì, insieme a poche altre donne della storia repubblicana italiana, un'eccezione. I testi di questo approfondimento si devono a Elena Montecchi, già deputata, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega ai Rapporti con il Parlamento, dal 2006 al 2008 è stata Sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali, e a Paola Casali, Sindaco della città di Bagnolo in Piano (RE) che conobbe Nilde Iotti. Come di consueto, al tema principale fanno seguito testi come ulteriori approfondimenti. La musicoterapia è sviluppata dalla Dott. ssa Federica Sanfilippo (medico e docente di musica applicata alla medicina), in particolare sul cossiddetto effetto Mozart. Il secondo testo di questo tipo si deve alla Dott.ssa Monica Maccaferri, Musicologa e Musicoterapeuta. Chiude il numero un articolo di carattere neurologico a cura del Dott. Mario Baratti (Neurologo) il quale ci parla dei progressi nella terapia con cellule staminali in alcune fra le più importanti malattie neurologiche. ■

Si possono inviare proposte di articoli, segnalazioni di eventi, commenti o altro all’indirizzo redazione@clessidraeditrice.it In copertina Amore e Psiche di François Gérard

Ci trovate anche su Facebook https://www.acebook.com/Rivista.Anemos https://www.facebook.com/LaClessidraEditrice

Gli Editori

La Clessidra Editrice Libera Università di Neuroscienze Anemos

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SOMMARIO

Editore: Editrice La Clessidra / Anemos

TRA UOMO E DONNA

Redazione Via 25 aprile, 33 42046 Reggiolo (RE) redazione@clessidraeditrice.it Tel 0522 210183 Direttore Responsabile Davide Donadio davidedonadio@clessidraeditrice.it Direttore Scientifico Marco Ruini Redazione: Marco Barbieri, Tommy Manfredini, Paola Torelli. Comitato scientifico* Adriano Amati Laura Andrao Mario Baratti Raffaele Bertolini Arcangelo Dell'Anna Sergio Calzari Giuseppe Cupello Pinuccia Fagandini Alessandro Genitori

Lorenzo Genitori Enrico Ghidoni Franco Insalaco Antonio Petrucci Sara Pinelli Ivana Soncini Leonardo Teggi Laura Torricelli Bruno Zanotti

Hanno inoltre collaborato:

Elena Montecchi, Paola Casali, Federica Sanfilippo, Monica Maccaferri.

Questioni intorno alle differenze di genere, tra psichiatria, sociologia e filosofia

Rubriche

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Neuronews Uno sguardo per scattare una foto? ▪ Ricordi eterni ▪ Il mercato uccide l'etica ▪ La tecnologia ci ha reso più intelligenti?

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L'uomo macchina Ideologie naturali

Luogo di stampa

di Davide Donadio

E.Lui Tipografia - Reggiolo (RE) Registrazione n. 1244 del 01/02/2011 Tribunale di Reggio Emilia Iconografia: alcune immagini presenti in «Neuroscienze Anemos» sono tratte da siti internet contenenti banche dati di immagini di libero utilizzo. Qualora vi fossero stati errori e omissioni relativi al diritto d’autore l’editore rimane a disposizione per sanare la sua posizione.

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* Il comitato scientifico è composto da persone che partecipano a vario titolo e con continuità differente alle attività organizzate dalla Libera Università di Neuroscienze Anemos e di La Clessidra Editrice.

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MusicalMente

Un russo sfortunato: Modest Petrovich Mussorgsky di Lorenzo Genitori


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Il tema del numero

Psicologia / Sociologia IdentitĂ di genere

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di Marco Ruini

Psichiatria / Sociologia Disturbi alimentari di Raffaele Bertolini

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Filosofia / Psicologia sociale La filosofia delle donne di Franco Insalaco

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Il personaggio La passione politica di Nilde Iotti di Elena Montecchi

Nilde, un ritratto dal vivo

di Paola Casali

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Neurologia / Musicoterapia

Altri Approfondimenti

Effetto Mozart ed epilessia di Federica Sanfilippo

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Psicologia / Musicoterapia Franz Liszt alla Salpètriere di Monica Maccaferri

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Neurologia / Biotecnologie Cellule staminali in neurologia di Mario Baratti

Spazio dibattito 60

Incontro con la differenza

www.clessidraeditrice.it

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Rassegna di notizie tra neuroscienza, filosofia e scienze cognitive

Uno sguardo per scattare una foto? È ciò a cui potrebbe portare una ricerca sudcoreana, grazie all'inserimento di un elettrodo flessibile in una lente a contatto

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n futuro potrebbe bastare un semplice sguardo per scattare una foto o per scansionare un documento. È ciò a cui stanno lavorando i ricercatori sudcoreani dell'Unist (Ulsan National Institute of Science and Technology) guidati dal professor Jang-Ung Park. L'equipe è riuscita ad inserire un elettrodo flessibile e trasparente all'interno di una lente a contatto morbida, grazie a un materiale ibrido: il grafene-nanotubi. L'utilizzo dei due singoli materiali che lo compongono, i nanotubi d'argento e il grafene, non era possibile a causa delle irregolarità strutturali che generavano un'ele-

vata resistenza elettrica. Nel nuovo materiale creato, invece, la corrente trova un percorso privo di ostacoli, dal momento che riesce ad evitare le aree in cui i diversi componenti si opporrebbero al suo passaggio. Non solo, il nuovo materiale ha anche una buona resistenza alla corrosione termica e soddisfacenti proprietà elettriche. A conclusione delle ricerca, l'equipe ha inserito su una lente a contatto morbida, che è stata fatta indossare per 5 ore ad un coniglio senza effetti

negativi, un diodo luminoso inorganico alimentato da elettrodi presenti nel nuovo materiale. Esaminati i risultati ottenuti, il professor Park ha dichiarato: «riteniamo che l'ibridazione tra nanomateriali monodimensionali e bidimensionali sia una strategia promettente verso un'elettronica flessibile e indossabile e verso biosensori impiantabili, e indichi una promessa sostanziale di elettronica futura».

Ricordi eterni Lo studio della proteina Arc apre nuove prospettive nella cura della demenza senile

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na nuova speranza nella cura di persone affette da demenza senile, Alzheimer e problemi di memoria viene dallo studio della proteina Arc. La proteina era già nota ai ricercatori perché uno studio precedente, eseguito sui topi di laboratorio, aveva mostrato come quelli che ne erano privi erano incapaci di avere ricordi duraturi in grado di rimanere nella mente oltre 24

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ore. La nuova ricerca, pubblicata su «Nature Neuroscience» e condotta da Steve Finkbeiner della University of California, ha permesso di osservare che è la Arc a dirigere i geni che si accendono e si spengono nel cervello durante la formazione di un ricordo duraturo e che, inoltre, è carente nei pazienti affetti da problemi di memoria. Ciò potrebbe aprire la

strada a nuovi trattamenti nell'ambito di quelle patologie che rendono difficile la creazione di ricordi stabili nel tempo.


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Il cervello umano è in grado di rigenerarsi

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I neuroni nell'ippocampo continuano a formarsi al ritmo di 1400 al giorno

i è ritenuto per molto tempo che dopo la nascita nell'uomo non si formassero più nuovi neuroni. Invece la ricerca condotta da Jonas Frisen del Karolinska Institute di Stoccolma, pubblicata sulla rivista «Cell», ha mostrato il contrario: nell'ippocampo (regione del cervello fondamentale per la memoria e l'apprendimento) i neuroni continuano a formarsi al ritmo di 1400 al giorno e ciò ha indubbiamente un ruolo importante nelle funzioni cognitive dell'età adulta. Lo studio è stato condotto basandosi sui livelli di carbonio 14 (elemento non radioattivo prodotto dai test nucleari fra il '55 e il '63) che ha permesso di datare le cellule nervose presenti nel nostro cervello. Quando nel 1963 i test nucleari

Dopo il coma parla con accento francese È quello che è capitato ad una donna australiana. Si parla in questo caso di “sindrome dell'accento straniero”, una condizione estremamente rara

sono stati vietati, i livelli di carbonio 14 presenti nell'atmosfera hanno iniziato a diminuire con un ritmo preciso. Attraverso i cibi che ingeriamo il nostro organismo assorbe il carbonio 14 presente nell'atmosfera e, ogni volta che nasce un nuovo neurone, il suo Dna registra anche la sua presenza. In questo modo, confrontando le concentrazioni di carbonio 14 presenti nel Dna, è possibile datare i neuroni. Esaminando la sua concentrazione nei neuroni prelevati dall'ippocampo di alcuni defunti, i ricercatori hanno trovato che nell'arco della vita più di un terzo di queste cellu-

le viene rinnovateo in modo regolare. La scoperta ha conseguenze importanti. La prima è che è noto come la nascita di nuovi neuroni nel cervello adulto dei roditori acuisca la loro memoria e lo stesso potrebbe succedere anche negli esseri umani. La seconda è che i risultati potrebbero portare a nuove terapie per la depressione, visto che da tempo si sospetta che la depressione sia legata alla riduzione della rigenerazione dei neuroni nell'ippocampo.

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tto anni fa l'australiana Leanne Rowe, autista di autobus e militare della riserva, dopo un incidente automobilistico che le aveva causato un forte trauma cranico, si è risvegliata dal coma con fratture alla schiena e alla mascella. Mano a mano che la mascella guariva, ha iniziato a notare le prime anomalie: mentre parlava biascicava, ma la causa allora era stata ricercata nei forti antidolorifici che era costretta a prendere. Tuttavia, quando ha ripreso a parlare, con suo grosso stupore, la sua voce era definitivamente cambiata e da allora il suono è quello di un accento francese. Si parla in questo caso di “sindrome dell'accento straniero”, una rara disfunzione neurologica di cui si sono registrati negli ultimi 70 anni solo 62 casi al mondo. Questa condizione ha avuto un profondo impatto negativo sulla vita della Rowe, causandole ansia e depressione. Come lei stessa ha dichiarato: “mi irrita molto perché sono australiana, non francese, anche se non ho nulla contro i

francesi”. Da allora, inoltre, è sua figlia Kate a parlare in pubblico per conto della madre. La “sindrome dell'accento straniero” come ha spiegato Karen Croot dell'Università di Sydney, una dei pochi ricercatori che ha compiuto studi sulla materia, induce le persone risvegliatesi dal coma a riabilitare le proprie funzioni linguistiche con un accento diverso. Il paziente non si accorgerebbe del cambio di accento, fintanto che non gli viene fatto notare e la diversità sarebbe solo un'impressione. Questo perché le parti del cervello che hanno subito delle lesioni sarebbero quelle che ospitano le funzioni linguistiche che determinano le caratteristiche di un accento, come la lunghezza delle vocali o l'intensità del suono.

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Rassegna di notizie tra neuroscienza, filosofia e scienze cognitive

Il mercato uccide l'etica? Uno studio ha mostrato come di fronte ad un riconoscimento in denaro in molti sono disposti ad abbandonare i propri standard morali

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a ricerca condotta da Armin Falk, economista dell'Università di Bonn, è una di quelle destinate a far riflettere e a suscitare scalpore. Falk ha raccolto diversi volontari (800 persone) e ha domandato loro se fosse giusto o meno lasciar vivere degli anziani topolini di laboratorio. I partecipanti hanno risposto unanimemente sì, che i topolini dovessero trascorrere la loro “pensione” assistiti dal personale. Tuttavia, la risposta è cambiata totalmente quando è entrato in campo un premio in denaro. Quando ai volontari è stato chiesto se sopprimere il topolino in cambio di 10 euro fosse giusto, la metà dei volontari ha accettato di andare contro i propri standard morali. La percentuale dei volontari che si è dichiarata disposta ad uccidere le cavie è poi aumentata non appena le transazioni economiche sono diventate più complesse e hanno coinvolto più persone: l'etica è così passata in secondo piano e il 76% dei topolini è stato sacrificato in cambio di circa 10 euro. L'aver inserito i topolini in un sistema di scambio ha portato la quasi totalità dei volontari a far diventare il denaro la variabile delle proprie scelte. “Chi opera in un contesto economico viola continuamente i propri standard morali. - ha concluso Falk - Nelle situazioni di mercato più complesse entrano in gioco vari fattori che contribuiscono ad abbassare i sentimenti di colpa e responsabilità”. La consapevolezza che rinunciare a un'opportunità permetterebbe ad altri di trarne vantaggio, accresce il senso di competizione e porta i soggetti a mettere da parte la propria morale.

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Deficit del linguaggio Nuove ricerche mostrano come il deficit del linguaggio non dipenda dall'emisfero cerebrale

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i norma è nell'emisfero sinistro del cervello che sono focalizzate le aree del linguaggio. Diversi studi hanno però dimostrato che in alcuni individui non esiste questa differenziazione e che l'elaborazione del linguaggio spesso coinvolge tutti e due gli emisferi. Frequentemente questa scarsa lateralizzazione viene associata a disturbi del linguaggio, al punto che si ipotizza un loro rapporto causa-effetto. A mettere in dubbio questo rapporto è una ricerca pubblicata su «Science» compiuta da Dorothy V. M. Bishop del dipartimento di Psicologia sperimentale dell'Università di Oxford. Secondo i dati ottenuti dalla ricercatrice, infatti, potrebbe essere il contrario: sarebbero in questo caso i problemi del linguaggio a determinare la scarsa lateralizzazione. Infatti, secondo la Bishop l'idea che i disturbi del linguaggio diagnosticati durante lo sviluppo siano frutto di una scarsa lateralizzazione è debole e indiretta e una svolta in questo campo di ricerca si è avuta solo con lo sviluppo delle tecniche di

neuroimaging. Inoltre, anche gli studi sulla genetica sembrano andare in questa direzione, dal momento che ricerche sui gemelli hanno stimato nel 70% dei casi l'ereditabilità del deficit di linguaggio, stessa percentuale che si riscontra negli studi sulla dislessia. In letteratura, invece, si trovano e si confrontano diversi modelli causali (che comunque non si escludono a vicenda), come il modello dell'endofenotipo (la scarsa laterizzazione è influenza dal rischio genetico), della pleiotropia (il rischio genetico determina sia la lateralizzazione del cervello sia il deficit di linguaggio) e quello della neuroplasticità (il rischio genetico influisce sul deficit di linguaggio e questo a sua volta determina una scarsa lateralizzazione). In particolare quest'ultimo modello sembra poco plausibile dal momento che le asimmetrie cerebrali appaiono già evidenti in utero. Sono necessarie, e quindi, nuove e approfondite ricerche in questo campo. Possono risultare utili i test linguistici di soggetti normali o con deficit, associati a tecniche di imaging (risonanza magnetica funzionale e ecografia Doppler transcranica funzionale) che permettono di studiare in diretta l'attività del cervello.


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Le scimmie intuiscono i pensieri altrui Sono in grado di immedesimarsi con gli altri proprio come gli esseri umani

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na ricerca realizzata da un gruppo di ricercatori dell'Università di Oxford ha mostrato come la capacità di intuire il pensiero altrui o di immedesimarsi non sia esclusivamente umana, dal momento che connessioni neurali simili sono state individuate anche nel cervello dei macachi. La capacità di mentalizzazione, che si credeva tipica dell'uomo, potrebbe quindi avere la stessa origine della regione cerebrale delle scimmie che governa il riconoscimento dei volti. Da tempo si ritiene che questa capacità sia associata ad un'area precisa del cervello, la giunzione temporoparietale, posta poco dietro l'orecchio

destro. I ricercatori hanno monitorato le attività cerebrali di 36 uomini e di 12 macachi e hanno identificato un'area analoga nel solco temporale superiore delle scimmie. In particolare, nei macachi questa regione è coinvolta in importanti attività sociali, come riconoscere i volti, e sarebbe in grado, in modo teorico, di possedere le stesse capacità umane. La giunzione temporoparietale umana potrebbe quindi essersi sviluppata grazie alla specializzazione del solco temporale superiore, già presente nel nostro antenato comune vissuto 30 milioni di anni fa. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista «Pnas».

Un farmaco per l'Alzheimer Mira a ripristinare le connessioni nervose danneggiate dalla patologia

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i chiama NitroMemantine ed è un farmaco, ancora in fase sperimentale, che ha mostrato un'ottima efficacia nel contrastare il morbo di Alzheimer, dal momento che mira a ripristinare le connessioni nervose danneggiate dalla patologia. Lo studio, condotto dai ricercatori dell'Istituto di ricerca Sanford-Burnham, è stato pubblicato sulla rivista «Pnas». La prima parte dello studio è durata dieci anni ed è stata guidata dal prof. Stuart Lipton, direttore del Webb Center for Neuroscience, Aging and Stem Cell Research, che si è dichiarato ottimista per quanto riguarda le ripercussioni terapeutiche che potrà avere la scoperta: “questo nuovo bersaglio individuato per trattare il morbo di Alzheimer è molto emozionante perché va contro il filone di ricerca che mirava a un trattamento precoce della malattia. I risultati che abbiamo ottenuto evidenziano che si può intervenire non solo all'inizio, ma anche un poco più tardi. E questo significa che nel malato di Alzheimer si potranno ristrutturare le connessioni sinaptiche anche se il cervello ha già placche e grovigli”.

La tecnologia ci ha reso più intelligenti? Secondo i risultati di una ricerca la risposta sarebbe negativa: da fine '800 sono aumentati i nostri tempi di reazione davanti ad uno stimolo

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na recente ricerca pubblicata sulla rivista “Intelligence” sembra suggerire che l'intelligenza umana sia in declino. Se, infatti, oggi grazie alla tecnologia abbiamo a disposizione più strumenti di conoscenza rispetto ai nostri nonni, questo non vuol dire che la conoscenza ci abbia reso necessariamente più intelligenti. Lo studio, che ha analizzato gli esiti di 14 ricerche compiute tra il 1884 e il 2004, ha mostrato come gli occidentali abbiano perso quattordici punti nel loro QI rispetto ai loro antenati dell'era vittoriana. Come è possibile? Secondo

uno dei ricercatori, il dottor Jan te Nijenhuis, una delle cause è da ricercare nel fatto che oggi le donne di grande intelligenza tendono a fare meno figli rispetto alla media. Gerald Crabtree, professore alla Stanford University, ha così dichiarato all'Huffinghton post: «la riduzione (se c'è n'è stata una) è iniziata nel momento in cui la selezione genetica si è attenuata. Suppongo che ciò sia accaduto quando i nostri antenati hanno iniziato a vivere in società altamente popolate e hanno avuto accesso a costanti forniture di cibo. En-

trambe sono il risultato dell'invenzione dell'agricoltura, che è avvenuta tra i 5 mila e i 12 mila anni fa». Le ricerche analizzate si sono basate sulla misurazione del tempo di reazione dei soggetti di fronte ad uno stimolo visuale, considerato un indicatore dell'intelligenza umana. Dai risultati è così emerso come il tempo di reazione visiva che a fine XIX secolo era di 194 millisecondi è salito nel 2004 a 275 millisecondi.

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Rassegna di notizie tra neuroscienza, filosofia e scienze cognitive

Come nasce il prurito? Alla sua base una molecola che scatena la necessità di grattarsi

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ue ricercatori, Santosh Mishra e Mark Hoon, dei National Institutes of Health degli Stati Uniti hanno individuato il meccanismo che scatena il prurito: la causa è da ricercarsi in una molecola che innesca un processo che viene vissuto nel cervello come la sensazione del prurito. La ricerca è stata pubblicata su «Science». Per arrivare a questo risultato l'equipe di ricerca ha osservato i topi, che presentano un sistema nervoso simile a quello degli esseri umani. Sono stati studiati così i neurotrasmettitori rilasciati da un gruppo di cellule nervose che, grazie alle loro lunghe fibre che si estendono nella pelle, nei muscoli e in altri tessuti, svolgono in un certo senso la funzione di sensori verso i mutamenti nelle condizioni esterne (dolore, temperatura...). In particolare ad innescare la sensazione di prurito è la molecola Nppb, appartenente alla famiglia dei neurotrasmettitori: la sensazione nasce nel momento in cui la molecola si inserisce in una cellula nervosa specifica nel midollo spinale e porta il segnale al cervello risalendo attraverso le fibre nervose. I ricercatori hanno infine osservato il corno dorsale, una specie di centralina che si trova nella colonna vertebrale e nella quale i segnali sensoriali vengono instradati fino al cervello. Ed è qui che sono state individuate le cellule con il recettore in grado di legarsi alla molecola Nppb. “Abbiamo testato la molecola per il suo possibile ruolo nelle varie sensazioni, ma senza successo. - ha dichiarato Mishra - Quando poi abbiamo esposto i topi carenti di questa molecola a diverse sostanze che inducono prurito, abbiamo visto qualcosa di incredibile: i topi non si grattavano”. La scoperta potrebbe avere importanti ripercussioni nella ricerca di farmaci più efficaci in grado di eliminare la sensazione di prurito nei soggetti colpiti da eczema o psoriasi.

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Un farmaco per combattere la dipendenza da cocaina Un nuovo studio sui topi ha chiarito il ruolo cruciale di una proteina, nota come GAPDH, nell'effetto e nel danno ai neuroni provocati dal consumo di cocaina.

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o studio, compiuto dai ricercatori della Johns Hopkins University e pubblicato sulla rivista «Neuron», sembra aprire la strada a sperimentazioni per la cura farmacologica delle tossicodipendenze. Snyder e colleghi, infatti, hanno individuato una sostanza, conosciuta con la sigla CGP3466B, in grado di bloccare la dipendenza da cocaina nei roditori. Circa venti anni fa Snyder scoprì che l'ossido nitrico (NO) ha un ruolo fondamentale nella rete di segnalazioni che consente l’attività coordinata dei neuroni nel cervello. Durante i suoi studi ha notato come la proteina gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (GAPDH) può portare a due differenti cammini molecolari per la vita del neurone: la regolazione del metabolismo della cellula, oppure l'attivazione del programma di autodistruzione (apoptosi). A decidere la sorte del neurone è la reazione del GAPDH con l’NO, che consente al GAPDH di legarsi con un’altra proteina. La scoperta può quindi portare a importanti ripercussioni per il futu-

ro trattamento farmacologico della dipendenza da cocaina, dal momento che questo legame la GAPDH dai suoi compiti metabolici, la porta verso meccanismi di autodistruzione. Nel 1998 la casa farmaceutica Novartis individuò una molecola, CGP3466B, che possedeva un meccanismo di azione ben determinato: era in grado di impedire all’apoptosi e proteggere i neuroni dalla degenerazione. Gli studi della Novartis si intrecciarono con quelli di Snyder che intuì che la CGP3466B potesse prevenire l’ingresso della GAPDH nel nucleo per dare avvio l’apoptosi. Snyder ebbe conferma alla sua supposizione nel 2006, quando trovò che due composti molto simili alla CGP3466B erano in grado di inibire l’azione della GAPDH, impedendone la reazione con l’NO. In particolare in quest'ultimo studio sui topi si è riscontrato che la cocaina agisce nel modo opposto: induce l'NO a reagire con il GAPDH, rendendo possibile il suo trasferimento all'interno del nucleo. Si è notato, inoltre, che per basse dosi di cocaina la presenza del GAPDH nel nucleo stimola il neurone, mentre in caso di alte dosi si avvia il meccanismo di apoptosi.


Anemos neuroscienze

L'uomo macchina Appunti liberi tra filosofia della mente e divagazioni antropologiche

Ideologie "naturali" Ora che non esistono più quadri di riferimento unitari per leggere le nostre società, come affrontiamo un presente non-interpretato?

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l pretesto per discorrere degli argomenti che seguono in una pubblicazione di neuroscienze e scienze cognitive mi deriva dal fatto che i temi di storia della cultura che andrò a sfiorare sono in qualche modo inquadrabili nella psicologia sociale. Da tempo si va ripetendo che viviamo in un presente privo di riferimenti ideologici che possano fornirci una mappa per orientare i nostri comportamenti collettivi. La perdita di tali riferimenti è da collocarsi in un lasso di tempo molto ampio che va dalla fine degli anni Settanta del XX secolo all'inizio degli anni Novanta. Sotto la patina politica di quelle visioni, vi era una più complessa rete di rimandi filosofici che cercavano di dotare di un senso la realtà e tentavano di suggerire cosa occorreva fare per indirizzarla quella realtà. Quel senso, negli ultimi vent'anni, forse senza teorizzarlo esplicitamente, si è cercato di lasciarlo nelle mani dell'economia nella sua variante liberista e di un mercato che guidasse l'agire pratico della società umana. Sappiamo come è andata e come sta andando. In un panorama così precario come oggi, vi sarebbe la tentazione di recuperare alcuni strumenti che furo-

di Davide Donadio

Nell'immagine a fianco Wihlelm Wundt (1832-1920).

no propri di quei riferimenti interpretativi e che si concentrarono in quello che, secondo la visione che qui si propone, fu l'ultimo snodo nella storia della cultura occidentale in cui fu presente un tentativo di lettura filosofica unitaria del mondo: gli anni Sessanta e parte del decennio successivo. Gran parte di quegli strumenti si andò sviluppando nel quadro di riferimento dello Strutturalismo, un vasto movimento di pensiero che tentava di trasferire nelle scienze umane le metodologie e i modelli della ricerca scientifica, incentrando la propria ricerca nel concetto generale di “struttura”. E proprio il concetto di struttura sa-

rebbe dovuto essere in grado di soddisfare un bisogno di intelligibilità della realtà attraverso una formulazione logico-matematica, o che aspirava ad essere tale. I confini dello Strutturalismo si dilatarono enormemente, dalla teorizzazione linguistica, a quella sociologica e antropologica, fino ad arrivare alla sfera psicologica. In tutti que-

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sti ambiti, tuttavia, era presente il germe stesso che avrebbe roso dall'interno il tentativo di comprensione generale della realtà. L'umanesimo era da considerarsi superato o da superare. Il sapere era ed è solo scientifico. Secondo posizioni come quella di L. Althusser, già

nelle intenzioni mirò a fornire una visione oggettiva del reale. Anche in ambito psicologico lo Strutturalismo tentò di ricondurre tutto a strutture intelligibili. Scopo dell'indagine psicologica era quella di descrivere i contenuti della coscienza e individuarne le leggi che

filosofici analitici non possono dare, per la loro stessa natura, nessuna proposta di indirizzo di gestione politica delle nostre società. E quando lo fanno (si pensi, per limitarsi a qualche esempio, alla filosofia morale applicata di J. Rawl o di R. Nozick che tentano di stemperare il formaNell'immagine a fianco Claude LéviStrauss (1908-2009).

il marxismo aveva mostrato come le ideologie partorite dall'umanesimo dipendessero strettamente dalla situazione storico-sociale. Così, la visione delle strutture comportava una vera e propria “rottura epistemologica” che finiva per ricondurre il mondo reale alla sua oggettività. Quanto ci sembra antico oggi quell'ottimismo e quella terminologia per esporlo! Ma sarebbe sbagliato ricondurre le teorizzazioni dello strutturalismo al marxismo o a quella che allora veniva chiamata la “nuova sinistra”. Se vi era qualcosa che avvicinava quelle prospettive politiche alle teorizzazioni antropologiche di Lévi-Strauss, a quelle sociali di Foucault, o ai lavori in ambito linguistico, lo Strutturalismo nel suo insieme fu politico solo di riflesso e almeno

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regolano le loro applicazioni (questa impostazione si dovette a Edward Bradford Titchener che portò nel contesto americano la lezione di Wihlelm Wundt). Seppure nell'ambito della storiografia filosofica lo Strutturalismo venga contrapposto alla cosiddetta filosofia analitica, poiché il primo apparterrebbe alla vasta famiglia del pensiero continentale, secondo quanto detto sopra non sarebbe così azzardato sostenere che il pensiero analitico (almeno buona parte di esso) altro non è che la tensione logico-matematica dello Strutturalismo privata di ogni interesse verso il contesto storico e sociale (e quindi potenzialmente ideologico). Il paradosso in cui veniamo a trovarci oggi è che i più efficaci strumenti

lismo analitico in questo campo) si avvicinano pericolosamente ai loro cugini strutturalisti, con la stessa ambizione di ridurre l'umano, anche nella sua dimensione sociale, al contesto naturale, ma con metodi ben lontani dalla raffinatezza logica degli studi linguistici. Eppure, quello politico, era un terreno di competenza privilegiato della filosofia, fin dalla Sofistica e da Platone. A quale tipo di riflessione dobbiamo relegarlo oggi? Forse le società del passato e del presente hanno una necessità naturale ad appoggiarsi a ideologie (magari non subite, ma consapevolmente utilizzate) e la loro dissolvenza nel mondo contemporaneo è stato, paradossalmente, un atto innaturale o per lo meno dannoso. Dovremo pazientare fino a che la visione naturalistica del mondo costruita sulla scienza (di cui il liberismo selvaggio è un inconsapevole e mal riuscito tentativo di imitazione in ambito socio-economico) si stratifichi e divenga ideologia. O forse tutto questo è già avvenuto, ma ce ne accorgeremo solo fra qualche decennio, riguardando da una prospettiva storica il nostro presente.■


A Il tema del numero

Tra uomo e donna Questioni intorno alle differenze di genere, tra psichiatria, sociologia e filosofia.

Pagina 20 Psichiatria e sociologia

Pagina 28 Filosofia e psicologia sociale

Pagina 36 Il personaggio, Nilde Iotti

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

«TRA UOMO E DONNA»

Questioni intorno alle differenze di genere, tra psichiatria, sociologia e filosofia Mappa concettuale: il Tema del numero Percorsi interdisciplinari

2 PSICHIATRIA E SOCIOLOGIA

Disturbi alimentari: quale correlazione con l'identità di genere?

1 PSICOLOGIA e SOCIOLOGIA

Il rapporto maschile/ femminile: la sua evoluzione nel corso della storia e la condizione femminile nel mondo di oggi

Neuroscienze e discipline scientifiche connesse 14


Anemos neuroscienze

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

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Strumenti di lettura I testi di «Neuroscienze Anemos» sono idealmente suddivisi in In - Interdisciplina App - Approfondimenti R/Np - Ricerca e nuove proposte Agli articoli viene inoltre assegnato un numero che indica la complessità di comprensione del testo da 1 a 5.

1 2 3 4 5

3 FILOSOFIA e psicologia sociale

La filosofia delle donne: una decostruzione del diritto, del linguaggio e del mito

IL PERSONAGGIO

La passione politica di Nilde Iotti MUSICOTERAPIA

Gli effetti della musica sulla mente umana

approfondimenti

4

La terapia con cellule staminali, enormi potenzialità per molte malattie neurologiche

Altri

NEUROLOGIA

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Scienze umane, sociali e altri punti di vista 15


Psicologia Sociologia

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

IDENTITà DI GENERE: UN'INTRODUZIONE AL TEMA Il rapporto maschile-femminile: la sua evoluzione nel corso della storia e la condizione femminile nel mondo di oggi

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di Marco Ruini

aschio, femmina, androgino. Il rapporto maschiofemmina dal punto di vista biologico o maschile-femminile dal punto di vista culturale ha attraversato tutta la storia dell’uomo ed è fonte di un dibattito molto acceso e riaperto dalla contestazione del ’68 e dagli effetti del neoliberismo e dell’economia di mercato. Come spesso avviene, il mito ci aiuta a capire l’origine di un certo modo di pensare e di agire. Per Aristofane (stando alla rappresentazione che ne da Platone nel Simposio), all’inizio dei tempi, contemporaneamente ai Titani c’erano tre generi di esseri umani: il maschio, la femmina e l’androgino. Ognuno aveva una testa sola, ma con due facce: maschio-maschio, femmina-femmina, maschio-femmina. Quando Giove decise di dividerli tagliandoli in due, ognuna iniziò il suo peregrinaggio per cercare la propria metà. Così è normale che ci siano uomini che cercano donne, donne che cercano uomini, ma anche uomini che cercano altri uomini o donne che bramano altre donne. Anche nel Talmud si legge che Abramo in origine era Androgino e che Dio lo divise in maschio e femmina. La stessa formula, l’elemento primo comprendente sia l’essere maschile che il femminile che viene diviso in due parti complementari e della stessa dignità, la si trova nel mito indiano. Nella tradizione giudaico-cristiana, invece, Dio crea la donna dalla costola dell’uomo. In origine è l’uomo, la donna è “qualcosa” che viene dopo e che gli


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appartiene. L’Occidente è nato sotto l’influsso di questo concetto rafforzato da Aristotele per il quale la femmina offre la materia, il maschio invece la forma. Anche per Platone la donna offre la materia e rappresenta il naturale, ma l’uomo offre il modello, l’idea che si rifà al trascendente, dona l’anima. Si è compiuto un passo fondamentale, la materia, la natura, è stata privata della sua componente spirituale, di un senso che è stato affidato al mondo delle idee, a un essere trascendente di carattere maschile. La natura e la donna donano solo la pura materia che non avrebbe senso senza un’anima che arriva da questo essere trascendente tramite l’intermediazione dell’uomo. L’idea che la donna sia inferiore all’uomo ha dominato gli ultimi due millenni attraverso pregiudizi e luoghi comuni che hanno trovato conferma nelle sacre scritture e nella scienza, il mito moderno, la nuova verità che copre ogni altro senso nonostante la sua evidente fallacia. Le scoperte scientifiche, riguardanti alcune peculiarità biologiche di genere pubblicizzate come verità assolute e scoperte sensazionali, vengono sistematicamente confutate e, ciò nonostante, sono assunte rapidamente dalla società come luoghi comuni difficili da rimuovere. Ci si è appellati alla scienza, alle differenze biologiche tra maschio e femmina, per giustificare la presunta inferiorità del genere femminile. Paul Broca, lo scopritore dell’area del linguaggio nella regione frontale sinistra, attribuiva l’inferiorità intellettuale delle donne (data per scontata) al fatto di avere un cervello più piccolo senza tener conto delle differenze di peso e volume corporeo, del numero delle circonvoluzioni cerebrali che è il medesimo, del numero dei neuroni totali che è identico. Le Neuroscienze hanno poi mostrato che sono le connessioni che si formano tra i neuroni, le sinapsi, i collegamenti a determinare l’intelligenza e non il peso assoluto del cervello. A fine Ottocento, quando per intenderci erano diffuse le teorie di Cesare Lombroso (studioso che a certe caratteristiche fisiche faceva corrispondere caratteristiche

Figura 2.1 - A fianco dipinto di P. P. Rubens raffigurante Adamo ed Eva.

Il tema del numero

Anemos neuroscienze

morali e cognitive) era diventata Nessuno ha dimostrato che abitudine pesare le differenze anatomiche presenti nel dopo la morte i cervelli di persone cervello dei due generi portino a un considerate geniadiverso livello qualitativo li. Fu dunque evidelle funzioni cognitive denziato che tanti di costoro avevano un cervello più piccolo della media. Alcuni lavori scientifici hanno dimostrato che le connessioni interemisferiche, il corpo calloso, sono più evidenti nella donna. Altri lavori hanno mostrato differenze nella distribuzione della sostanza grigia nelle aree delle emozioni, del linguaggio e del tronco cerebrale: tutte diversità minime alle quali sono state attribuite le differenze di attitudini e comportamenti tra maschi e femmine (ad es. aggressività e competenze matematiche per il maschio, sensibilità, empatia, competenze letterarie per le femmine) che sono in gran parte dovute alla neuroplasticità del cervello che si modifica continuamente in base alle influenze ormonali e ambientali. Ma hanno altresì dimostrato che questa Non sono quindi differenze congenite, differenza non porta a differenze sostanma acquisite. Anche questi dati non hanziali nel funzionamento cerebrale relatino intaccato il luogo comune dell’infevamente a intelligenza e funzioni cogniriorità attribuita alle donne. Nessuno tive superiori. Gli ormoni, l’ambiente e ha poi dimostrato che queste differenze la cultura sono fondamentali nel deteranatomiche portino a un diverso livello minare l’identità di genere, per sentirsi qualitativo delle funzioni cognitive. Si maschio o femmina. Sono gli aspetti torna al mito, secondo la lettura che ne acquisiti dall’ambiente e dalla cultura ha dato la filosofia antica, ad Aristotele e che permettono di adeguarsi o meno al Platone: il modello è dato dal maschio e ruolo che la società attribuisce all’identiquindi ogni difformità dal modello viene tà maschile o femminile attraverso prevista come problema, mai come opporgiudizi, precetti morali, luoghi comuni, tunità o pregio. Si parte dai pregiudizi organizzazione del lavoro e accesso alla e si utilizza la scienza per confermarli. conoscenza. Questo retaggio culturale è Spesso giornali e riviste (di posizioni causa di gravi ingiustizie e ha conseguenconservatrici o progressiste) hanno utize a volte catastrofiche nella società. È lizzato gli stessi dati, presentati in modi il caso del femminicidio perinatale. In diversi, per affermare teorie opposte. RiCina l’obbligo di avere un solo figlio ha guardo poi alla creatività, all’intelligenza, portato a eliminare le femmine appena alla socialità e all’umanità, le differenze e nate o prima della nascita per poter avenon l’uniformità o la conformità sono la re un figlio maschio. La conseguente sovera ricchezza. vrappopolazione maschile comporta che milioni di uomini non troveranno una La condizione femminile oggi. partner e che sono in aumento prostituLe Neuroscienze confermano, ci sarebbe zione e AIDS. In India la situazione è da stupirsi del contrario, che il sesso biosimile, ma per cause diverse: le femmilogico è determinato a livello genetico. ne venivano eliminate per proble- ►

Introduzione al tema

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Psicologia Sociologia ► mi economici. Era troppo oneroso

per tante famiglie dover preparare la dote per farle sposare. Si è tentato di contrastare il fenomeno nel '94 con una legge, ma c’è da supporre che il modello mercantilistico liberista in espansione riaccentui questa ingiustizia. Anche in Italia ci sono fattori culturali che rendono la condizione femminile peggiore che nel resto d’Europa. é stato abolito il delitto d’onore dal codice penale solo dal 1981, ma restano sempre le attenuanti che, guarda caso, riportano parte della colpa alle vittime, alle donne ree di provocare il maschio cacciatore con l’abbigliamento e l’atteggiamento o di essere andate in posti pericolosi o di aver scelto compagnie sbagliate. Abbiamo un Parlamento assente, incredibilmente vuoto in occasione della discussione sulla ratifica della legge sulla violenza alle donne di poche settimane fa. Quel vuoto, anche se poi la legge verrà promulgata, è grave perchè il messaggio subliminale che passa è che la violenza alle donne non sia poi un tema rilevante o prioritario. Allo stesso modo, un ex Presidente del Consiglio che nel prendere accordi per ridurre gli sbarchi di clandestini, disse ridendo

L'identità sessuale “L’identità sessuale ha più componenti. 1. L’identità di genere: il senso di sé come femmina o maschio; 2. L’orientamento sessuale: definito in base al sesso verso cui si è attratti; 3. L’adesione ai ruoli di genere: rappresentano il sé in modo conforme a ciò che in una determinata cultura viene consensualmente definito ed etichettato come maschile e femminile. È l’adesione dell’individuo a quell’insieme di norme descrittive e prescrittive relative a cosa debba essere una donna o un uomo. Di solito l’identità di genere, l’orientamento sessuale e il ruolo tendono ad aggregarsi in un certo modo e l’uomo è attratto da una donna e viceversa.”* Ci sono però patterns diversi da questi, descritti in passato come disturbi d’identità di genere, che portano a variazioni dell’orientamento sessuale che hanno una frequenza così alta, circa il 10%, che solo pregiudizi culturali possono considerare patologici.

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*Raffaella Rumiati, Donne e Uomini, Il Mulino 2010

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10 “però le belle donne mandatele pure!”, non pronunciò una battuta ironica come si è tentato di far credere, ma mandò il messaggio indiretto di una donna oggetto che vale solo per il suo aspetto esteriore. Comportamenti come questi da parte di chi dovrebbe dare l’esempio, aggiungendo anche gli scandali sessuali e gli abusi sui minori da parte dei maggiori rappresentanti delle istituzioni, rafforzano i luoghi comuni e indeboliscono ulteriormente il ruolo di una donna che l’Italia non vuole emancipare, diciamolo pure. Abbiamo una struttura sociale ancora impostata sul clan e sulla famiglia che ha sempre coperto la violenza domestica alle donne. Abbiamo ruoli gerarchici che escludono la maggior parte delle donne dal poter essere protagoniste se non vendendo il corpo. Abbiamo ancora scarsa consapevolezza da parte di tante donne di quello che stanno subendo non a causa di un disegno della natura o divino, ma di scelte culturali. La banalità del male. Se nel passato la violenza alle donne, sia psicologica che fisica, era quasi esclusivo appannaggio dell’adulto che aveva introiettato nel tempo i pregiudizi e l’autoritarismo maschilista, vediamo oggi sempre più violenze su ragazze minori da parte di altri minori. C’è stato in questi anni un mutamento antropologico che Pasolini identificava nel passaggio dal cittadino al consumatore: quest'ultimo avrebbe favorito la tendenza a oggettivizzare tutto ciò che sta al di fuori di noi, compresi gli altri. Ma di questo risultato siamo stati artefici noi "padri", il comportamento dei nostri figli non è che l’effetto ultimo. Aver delegato le responsabilità, aver disatteso il compito educativo di porre dei limiti alla soggettività, aver reso tutto, compresi i sentimenti, merce di scambio, aver portato successo e visibilità a miti moderni, aver utilizzato il sesso debole come area di conquista ha dato questi frutti: tutto è merce e in una società declinata da sempre al maschile la donna è l’oggetto più prezioso. Il libero mercato, per funzionare al massimo, vuole che ognuno sia imprenditore di se stesso. I neoliberisti parlano di sano egoismo che dovrebbe promuovere la concorrenza, l’affermazione personale, la produzione. Per questo progetto la socialità, la solidarietà, le fasce deboli sono freni, "zavorre", dovremmo tutti essere

Gli ormoni, l’ambiente e la cultura sono fondamentali nel determinare l’identità di genere, se sentirsi maschio o femmina. Sono gli aspetti acquisiti dall’ambiente e dalla cultura che permettono di adeguarsi o meno al ruolo che la società attribuisce all’identità maschile o femminile. consumatori-produttori e volere, volere senza essere mai soddisfatti, per non frenare questo progresso basato sul produrre e consumare. Questo modello non l’hanno inventato i giovani, ma ha condizionato i loro rapporti interpersonali, ha trasformato, quando non eliminato, le relazioni con gli altri. E sta portando allo smantellamento del welfare creato a difesa del debole e del diverso, dei non produttivi visti ora come parassiti. Tutto ciò che è al di fuori di noi ha valore di mercato, anche gli affetti. La donna è un oggetto di consumo, è qualcosa che una volta acquisito è nostro e non possiamo perderlo, come il cellulare, l’orecchino o la macchina che tanti curano più delle persone che hanno accanto. L’individua-


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lismo e il narcisismo che sembrano essere le caratteristiche principali dei giovani di oggi (fortunatamente non di tutti) hanno trasformato il prossimo da individuo a specchio nel quale vedere riconosciuto il proprio Io ipertrofico. L’Altro è un oggetto da usare fin quando è utile. Quando dissente o non riconosce il nostro valore, va allontanato. Ha una funzione antidepressiva come tutti gli oggetti che vogliamo avere, subito, in modo assoluto, in un godimento immediato e di breve durata sostituito, senza il tempo di avere soddisfazione, da altri bisogni, altri desideri pulsionali. Gli oggetti, come del resto il sesso senza il sentimento, i rapporti superficiali della durata di pochi giorni, il numero virtuale di amici, vanno a coprire un vuoto che però è incolmabile. Il narcisismo lascia soli, gli altri servono per confermare che siamo, esistiamo, valiamo, ma in caso d’insuccesso o perdita, restano la solitudine e la depressione, in netto aumento soprattutto tra i giovani. Trattare poi i figli come tesori da salvaguardare e valorizzare a tutti i costi fa si che i ragazzi non vengano educati alla perdita, alla frustrazione. Non possono perdere, sono abituati ad avere tutto e subito e vogliono, pretendono, non possono essere contraddetti o de-

Anemos neuroscienze

Il tema del numero

lusi o comparirebbe l’angoscia, il vuoto esistenziale. Gli adulti, genitori e figure istituzionali allo stesso modo, hanno abbandonato il loro compito educativo di esempio, sono i primi a non porsi limiti e a fuggire le responsabilità dando sempre le colpe agli altri, pretendendo tutti i diritti, senza doveri né regole, sempre pronti a giustificare i capricci o le sciocchezze dei loro figli. In un clima simile, con la necessità di emergere tra i coetanei, di essere sempre visibili e di garantirsi l’identità costruita a fatica su Facebook, bombardati dai media e dagli adulti che insistono sul fatto che per loro non ci sarà futuro, lavoro, pensioni, i ragazzi si attaccano sempre più al presente, alla soddisfazione immediata, all’oggetto. E la condizione femminile non può che peggiorare. Da sempre oggetto, merce di scambio in un mondo declinato al maschile, la donna ora è anche una proprietà assoluta del maschio, ne testimonia la potenza e garantisce la sua immagine, il suo valore sociale. È qualcosa che il narciso o il bullo non può perdere per non cadere nell’angoscia della solitudine o nella perdita di ruolo. La caratteristica di questa violenza è che non è messa in atto da individui malati o abbandonati dalla società, ma da persone che sono pienamente dentro a questa “normalità” fatta da conformismo e individualismo, dove anche la vita dell'altro non ha valore. È la banalità del male che Anna Arendt ha descritto nella società tedesca del nazismo che ora ha penetrato la nostra società rendendola sempre più violenta. Il riconoscimento del valore dell'altro. Quello della dignità della donna e delle violenze psicologiche e fisiche ai suoi danni è un tema che non è mai stato affrontato in termini seri in quanto la posizione della donna nella società patriarcale, gerarchica, liberista è di far parte del patrimonio dell’uomo, di essere la vera “merce di scambio”. Occorre minare alle fondamenta la società dei privilegi, dei pregiudizi, dell’egoismo per vedere cambiare la condizione femmini-

Indicazioni bibliografiche Il cervello delle donne. Louann Brizendine. BUR Rizzoli, 2007 Il corpo. Umberto Galimberti. Feltrinelli 1983, 2010 L’anima delle donne. Aldo Carotenuto. Bompiani, 2012 Empatia. Andrea Pinotti. Laterza, 2011 Alterità. Vincenzo Costa. Il Mulino, 2011

le e sembra di aver imboccato la strada opposta. L’obiettivo dovrebbe essere rifondare l’individuo, creare dei liberi cittadini, ma probabilmente Nietzsche aveva ragione nel ritenere che l’umano non fosse ancora pronto alla libertà e Fromm nel dire che l’uomo fugge la libertà perché comporta responsabilità che non vuole o non è in grado di assumersi. Fin quando non confuteremo questi paradigmi, non vinceremo i pregiudizi che frenano il miglioramento della condizione femminile. Potrebbe aiutare una educazione in giovane età alla costruzione di relazioni tra individui alla pari, al riconoscimento del valore dell’altro, della necessità delle differenze, della opportunità di regole che favoriscano la socialità, della presenza di limiti, della bellezza di una felicità condivisa al posto di un godimento immediato e claustrofobico: una educazione civica al rispetto e al sentimento. Non mancano di certo gli esempi positivi sia tra gli adulti che tra i giovani. Riportiamo in appendice nello Spazio dibattito, a conferma di quanto detto, le testimonianze di alcune ragazze che hanno partecipato alle iniziative di Intercultura, periodi scolastici da una settimana a un anno di permanenza all’estero o accoglienza di un giovane straniero in Italia per gli stessi periodi. Vediamo con piacere come esiste anche un concetto di altro come persona portatrice di valori, novità, dignità, quanta voglia di integrazione e conoscenza ci sia tra i giovani e anche quanti adulti si pongano tramite il volontariato come modelli di vita responsabile, impegnata, solidale, esempi di come la vita possa essere vissuta con senso e soddisfazione proprio grazie all’impegno e alla socializzazione. Esempio anche di come, in una cultura diversa, aperta all’altro, l’attenzione alla donna potrebbe essere molto diversa e più equa e i generi maschile e femminile esprimere solo differenze di compiti educativi, non di qualità, dignità o umanità.■

Introduzione al tema

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Marco Ruini è neurologo e neurochirurgo, dirigente sanitario del Centro di Neuroscienze Anemos.

Donne e Uomini. Raffaella Rumiati. Il Mulino, 2010 Il complesso di Telemaco. Massimo Recalcati. Feltrinelli, 2013 Fragile e spavaldo. Gustavo Pietropolli Charmet. Editori Laterza, 2013 Ritratti del desiderio. Massimo Recalcati. Raffaello Cortina Editore, 2012

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Psichiatria Sociologia

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DISTURBI ALIMENTARI Quale correlazione con l'identitĂ di genere?

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Anemos neuroscienze

Il tema del numero

di Raffaele Bertolini App

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parole chiave. Disturbi alimentari, anoressia, bulimia, donna, famiglia Abstract. I disturbi del comportamento alimentare colpiscono nella maggioranza dei casi le donne: il tasso di presentazione nel genere maschile è circa un decimo rispetto quello nel sesso femminile e la fascia maturativa di maggiore incidenza è quella adolescenziale e giovanile. Tuttavia, questo tipo di disturbo non rappresenta in senso stretto un’area psicopatologica esclusiva della donna, ma si struttura su significati, valori, modalità psicologiche e relazionali che sono proprie dell’universo femminile. Non sono tanto i costrutti significativi su cui ruota la dialettica interna del disturbo a distinguerli da quelli dell’uomo, ma sono gli attributi e i parametri di riferimento su cui si misurano le polarità dicotomiche dei costrutti stessi che sono specificatamente femminili. 1. Identità di genere

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isturbi del comportamento alimentare. I disturbi del comportamento alimentare hanno una larga valenza femminile con una prevalenza lifetime dello 0.5% per l’anoressia nervosa e del 1-3% per la bulimia nervosa; la fascia maturativa di maggiore incidenza è quella adolescenziale e giovanile; il tasso di presentazione nel genere maschile è circa un decimo rispetto quello nel sesso femminile. Questi dati epidemiologici elementari sono già degli indicatori significativi del disagio che la donna prova, proprio nell’età in cui i suoi cambiamenti fisici e psicologici impongono un aggiornamento continuo del processo auto identificativo; disagio che si acuisce in quei contesti evoluti, dove aspettative familiari e fattori culturali e sociali “premono su di lei”, richiedendole di costruirsi rappresentazioni polimorfe di un sé che deve comunque mantenere il suo sentimento di continuità e di coerenza cenestesica. Ovviamente ciò richiede la capacità di integrare i propri stati interni e la capacità di leggere i contesti di riferimento delle sue esperienze; se non è così, l'individuo vive le sue esperienze in modo incoerente, contraddittorio e sofferto e, attraversando fasi critiche, può sviluppare una condizione di crisi personale. La complessità del ruolo femminile. Nella società attuale, a proposito della condizione dell’uomo e della donna, devono costruirsi molteplici e diverse rappresentazioni di sé che appar-

tengono a tutte le aree esistenziali: il suo ruolo nel mondo della scuola e del lavoro implica il suo misurarsi nell’area psicologica e sociale della competitività e del dominio sull’altro, il che richiama una visione del valore personale e delle relazioni sé-altro nei termini dicotomici del vincenteperdente o in quelli del dominatore-dominato; la stessa natura femminile la espone a pericoli in particolari contesti: ne deriva una rappresentazione di persona minacciata e abusata dall’uomo e dalla sua violenza, situazione che presuppone la messa in atto di strategie di evitamento e di fuga o la drammatica accettazione di una condizione di inferiorità di genere. Tutto questo produce stati mentali apparentemente incompatibili, che devono quindi essere integrati all’interno della sua narrazione personale e di una corretta lettura ambientale: ad esempio, può accadere che una donna a mezzanotte esca da una riunione di lavoro e si trovi a compiere un breve tratto di strada per arrivare alla sua auto parcheggiata in un luogo non frequentato: nel momento in cui esce dalla porta dell’ufficio trovandosi in strada, sente lo switch di un sé che passa da uno stato mentale di valore riconosciuto, nell’ambito di un ambiente supportivo, a uno stato interno di paura e di fragilità in un ambiente potenzialmente distruttivo. Nell’ambito della relazione di coppia la rappresentazione di

Figura 3.1 - I dati epidemiologici dei disturbi sono indicatori significativi del disagio che la donna prova, proprio nell’età in cui i suoi cambiamenti fisici e psicologici impongono un aggiornamento continuo del processo auto identificativo. Aspettative familiari e fattori culturali e sociali “premono su di lei”, richiedendole di costruirsi rappresentazioni polimorfe di un sé che comunque deve mantenere una propria coerenza. partner amorosa e sessuale può portare a una gravidanza non desiderata che le propone un’immagine prospettica di un sé genitoriale che esige l’avvenuta elaborazione della relazione con la propria figura materna, per produrre il sentimento di maternità, di propensione all’accudimento e alla responsività; la mancata elaborazione del processo di identificazione materna porta alla “colpevole” non accettazione della gravidanza che scatena sentimenti, angosce di inadeguatezza e fantasie di autodistruzione. ► La proposta dall’esterno (dai media)

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Psichiatria Sociologia di canoni estetici non negoziabili (ad esempio, la taglia fisica) imposta dal mondo della moda, della danza, della pubblicità o del cinema, risulta essere un violento agente deformante del processo di rappresentazione del sé corporeo, che interferisce soprattutto nelle fasi di trasformazione: l’adolescente deve negoziare tra un’idealità estetica narcisistica indotta e i vincoli fisici e biologici che la sua tipologia costituzionale e il suo patrimonio cromosomico impongono. Tutte queste richieste specifiche, che ogni ambiente di vita richiede alla donna, la stimolano a misurasi con le proprie debolezze per risolverle o ridurle, avviando un suo processo di miglioramento continuo, di fronte alle necessità esistenziali. Questo processo di miglioramento è possibile solo se la sua struttura di personalità risulta plastica e funzionale, anche nei periodi critici di cambiamento, se non lo è, la situazione può determinare un default personale, che può assumere anche la forma di disagio psichico. Insieme ad altre forme psicopatologiche, i disturbi del comportamento alimentare appartengono alla sofferenza adolescenziale e giovanile.

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10 2. Organizzazione personologica predisponente al disturbo alimentare e sua frattura Organizzazione contestualizzata (Nardi, 2005). Le adolescenti e le giovani donne che possono sviluppare un disturbo del comportamento alimentare presentano una struttura di personalità il cui tratto saliente è la difficoltà nel processo di definizione di sé in modo autonomo, attraverso i processi metacognitivi, difficoltà a cui sopperiscono attraverso una naturale propensione alla sintonizzazione verso l’esterno (relazioni interpersonali), da cui traggono direttamente le proprie rappresentazioni e indirettamente le modulazioni di sentimenti ed emozioni. Questa configurazione mentale deriva dal fatto che, presentando tratti temperamentali di introversione e ansietà e difficoltà espressiva, nelle loro fasi maturative infantili hanno ricevuto interventi educativi indirizzati a rinforzare questi loro tratti (non a correggerli), assumendo quindi nel tempo la tendenza a percepirsi e a vedersi nel preciso modo che i genitori indicavano loro. Essa, se funzionale o minimamente disfunzionale ma non ancora patologica, appartiene a un’organizzazione conformistica

che si manifesta attraverso la difficoltà a prendere decisioni e a riconoscere i propri stati d’animo (alessitimia), attraverso l’adesione conformistica a principi convenzionali difficilmente confutabili che trovano espressività nel perfezionismo estetico, sociale, professionale, esistenziale, coltivato più come desiderio che come progetto. Spesso in donne adulte, psicologicamente compensate, descritte come persone operose e positivamente dedite ai loro compiti, l’impegno progettuale è impedito dalla loro dipendenza dalla conferma esterna; l’atteggiamento di evitamento dell’esposizione personale in ogni campo (affettivo, sessuale, lavorativo) e del confronto con la realtà interna ed esterna (evitamento di ogni approfondimento di sè) è un modo di prevenire un potenziale giudizio negativo, che provocherebbe un’altissima turbolenza emozionale legata al disvalore personale. Lo stile affettivo e la sessualità iniziano ad avere una loro connotazione dall’adolescenza in poi: nell’ambito del rapporto affettivo in cui la regola della non esposizione implica difficoltà nel coinvolgimento personale, al partner viene richiesta la garanzia di un’intimità confermante, vissuta su valori affettivi assoluti, la cui qualità è messa alla prova

Il ruolo della donna nel mondo della scuola e del lavoro implica il suo misurarsi nell’area psicologica e sociale della competitività e del dominio sull’altro, il che richiama una visione del valore personale e delle relazioni sé-altro nei termini dicotomici del vincente-perdente o in quelli del dominatore-dominato

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u un piano psicologico non è possibile definire il genere in termini assoluti e certi. Sebbene vi siano fattori biologici fondamentali e fortissimi condizionamenti culturali a determinare la differenza di genere maschile e femminile, risulta chiaro che vi è qualcosa che a tali condizionamenti sfugge. Comprendere come si producano tali differenze in questa dinamica così complessa è lo

costantemente attraverso un vasto repertorio di strategie relazionali congruenti. L’allungamento della distanza affettiva si accompagna a sentimenti di vuoto interiore in situazioni relazionalmente complesse e predispone a evitare ogni distacco, anche temporaneo, poiché risulterebbe critico, sul versante della definizione di sé (“chi sono io senza di te?”), più che sul versante della perdita del legame (“mi manchi tanto!”). La sessualità è vissuta come modulatore della relazione affettiva per ottenere prossimità affettiva confermante e consenso della propria immagine esplicita da parte del partner, per evitare l’esposizione affettiva, utilizzando una sessualità deludente e anestetizzata. Organizzazione D.A.P. (disturbo alimentare psicogeno - Guidano, 1991). Quando la strutturazione dell’Io di queste ragazze è marcatamente asimmetrica, coincide con una percezione cenestesica di sé estremamente vaga e fluttuante dovuta alla vacuità del dominio emozionale rimasto arcaico, indifferenziato (vaghezza della matrice mnesico-immaginativa), e alla sua incertezza attributiva. Tale senso cenestesico, sostenuto solo dalle modulazioni e dalle attivazioni dei ritmi biologici, ha comunque bisogno di essere sistematicamente definito dall’esterno, ricorrendo all’osservazione scrupolosa di come ci si sente percepiti di volta in volta dalle figure competenti: “mi sento e mi vedo come gli altri dicono che sono” (“exsternally bound”), bisogno di acquisire dall’esterno i propri modi di senti-

Anemos neuroscienze

Il tema del numero

Sesso e genere scopo dei cossiddetti studi di genere. Va detto, d'altra parte, che il dibattito sul contrasto natura e ambiente si carica sovente di dati ideologici che possono distorcere la reale portata scientifica di alcune ricerche. Le differenze comportamentali, di personalità, pur derivando da fattori biologici, si trovano in una dinamica con apprendimento, condizionamento, modelli e imi-

re: “mi dicono che questo è buono e in effetti mi piace!” Pertanto in una giovane che, per introversione di tratto, non ha che un ristretto numero di rapporti significativi, anche solo una semplice criticità del rapporto interpersonale è vissuta come interruzione drammatica, poiché equivale a “staccare brutalmente la spina” dalla fonte di definizione e può produrre uno stato “psicotico” (di solito temporaneo) di ansia da frammentazione del sé (personalità border). Il ricorso all’ancoraggio del sé corporeo per recuperare la continuità del sé è una risorsa efficace che le “personalità border” utilizzano in immediato, attraverso l’autolesionismo (il tagliarsi), che dà anche il vantaggio secondario del soccorso e che le pazienti con disturbi alimentari utilizzano in modo sistematizzato.

3. Il processo psicopatologico e la sua origine interpersonale nelle fasi maturative La “coscienza” corporea. Dalla ricostruzione degli scenari dei sistemi motivazionali di attaccamento delle pazienti con DCA, pur nella molteplicità dell'espressività individuale, il tipo di accudimento genitoriale risulta imprevedibile o contradditorio, confusivo, ai fini della maturazione emozionale e della stabilizzazione dell’immagine del sé della bambina, poiché suscita sentimenti di incertezza interpretativa a cui risponde attraverso comportamenti di segnalazione costante tipici dell’attacca-

tazione che l'individuo fa propri nel corso della formazione della propria individualità. Si tenga pertanto presente che “sesso” indica la caratteristica fisica biologicamente definita, mentre “genere”: l'insieme di fatti sociali, culturali e psicologici che si legano all’appartenenza ad uno dei due sessi e che può non coincidere con il dato biologico.

mento coercitivo. Per le sue caratteristiche personologiche, la madre si propone come caregiver formalmente dedito ma selettivamente tanto incapace di sintonizzarsi sui segnali fisiologici della bambina, quanto intrusiva nel definirglieli sistematicamente (“mangia perché hai fame!”) fin dalle prime fasi dello svezzamento (0/6 mesi), il che ostacola la sincronizzazione e l’ordinamento dei ritmi psico-fisiologici infantili e la capacità della loro decodifica e il loro riconoscimento: la bambina non è, quindi, avviata a conseguire la sua coscienza corporea, che consiste nella capacità, acquisita attraverso un processo di apprendimento, di percepire i propri bisogni corporei, di sapere e di indicare come soddisfarli in modo diretto dalla lettura dei segnali del corpo. La “coscienza” emozionale. Lo stile ambiguo, coartato dell’espressività materna (riverberazione confusiva) fa sì che la bambina non trovi espressioni emozionali, né atteggiamenti materni chiari sui quali avviare la sintonizzazione e la connessione dei propri basic feelings, i quali pertanto non maturano, rimangono arousal cenestesici vaghi e indifferenziati, non essendo abbinati agli scenari mnesici-immaginativi di esperienze di reciprocità vissuta. Viene quindi a mancare la capacità diacritica di riconoscere i propri stati interni fisici ed emozionali, che veicola la necessità della definizione dall’esterno: questa è totale e consiste nell’individuazione indotta dei segna- ► li corporei fin dal rapporto primario

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Figura 3.2 - Il rapporto

con i genitori è notoriamente elemento importante nello sviluppo dell'individuo. «Lo stile ambiguo, coartato dell’espressività materna (riverberazione confusiva) fa sì che la bambina non trovi espressioni emozionali, né atteggiamenti materni chiari sui quali avviare la sintonizzazione e la connessione dei propri basic feelings, i quali pertanto non maturano, rimangono arousal cenestesici vaghi e indifferenziati, non essendo abbinati agli scenari mnesiciimmaginativi di esperienze di reciprocità vissuta.»

e via via, nel corso del processo maturativo, si procede sistematicamente a ricevere la lettura di ogni esperienza esterna ed intima. Vengono quindi selettivamente favoriti quei flussi esperienziali che attivino schemi emozionali veicolanti la prossimità alle figure di riferimento (ammirazione, commozione, fiducia) e la conferma personale (orgoglio, soddisfazione) ed esclusi flussi esperienziali che comportino oscillazioni emozionali potenzialmente avversive e disapprovabili. Per questo è assai frequente che una persona con DCA viva la sensazione di essere globalmente esposta all’esterno e si senta incapace di celare anche la cosa più futile, sensazione che tenderà a subire (bulimia) o a contrastare (anoressia).

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“L’immagine rappresentativa”. Abbiamo visto come, coerentemente con i propri bisogni di perfezionismo formale, le figure genitoriali, attraverso un modelling pervasivo e senza tempo di scadenza, operino una totale definizione emotiva/cognitiva della figlia a cui connotano e stabilizzano le esperienze immediate del sé e a cui forniscono un’immagine esplicita di riferimento, carica di tutti i valori di rinforzo a una loro immagine positiva. Nell’infanzia e nella fanciullezza il pensiero concreto ha un codice concettuale fatto di spiegazioni contingenti: la bambina vive la vita in una dimensio-

ne temporale sempre attuale, attraverso molteplici esperienze immediate del sé, spiegate attraverso molteplici immagini esplicite di sé dai genitori di cui accetta in toto ogni cosa. Non soggetta a vincoli di coerenza cognitiva, accetta in toto la definizione globale di sé dall’esterno senza sentirsi privata della capacità e dell’autonomia, idealizza le figure di riferimento in modo da poter naturalmente aderire attraverso condotte sintoniche alle loro aspettative; dalle controreazioni positive (apprezzamenti/premi/aiuti nel problem solving) ricava validazioni e rinforzi positivi sul proprio valore: dall’autostima indotta, si generano emozioni positive (gioia, orgoglio, soddisfazione, entusiasmo) e omologhi sentimenti di sé (sentirsi bravo, adeguato, coerente...). La scuola primaria non costituisce un ambiente di esperienze autonome, ma è solo il prolungamento dell’ambiente familiare. Soddisfazione pulsionale, sentimento di sicurezza e valore personale. Nello svezzamento di queste bimbe, la soddisfazione pulsionale attraverso l’assunzione di cibo non è abbinata al sentimento di calore-sicurezza-benessere, non essendo veicolata da responsività materna. Nello sviluppo primario delle relazioni interpersonali, oltre alla soddisfazione pulsionale e al senso di sicurezza, il terzo movente (più eleva-

to nella scala di sviluppo bio-psicologico umano rispetto ai due precedenti) è la spinta a sperimentare le proprie capacità e abilità nel perseguire uno scopo (il potere Sullivan, 1961), lo sperimentare il proprio valore personale attraverso condotte finalizzate riuscite. Nell’ambito di un corretto approccio educativo, queste condotte devono essere sostenute ed indirizzate; lo stile educativo che sostiene la comparsa di DCA prevede, invece, la disapprovazione sistematica di comportamenti autonomi con sbarramento del potere motivazionale e delle opinioni personali; il care giver incrementa la costruzione di un “sé svalorizzato”, caratterizzato dal senso di inadeguatezza e di incapacità personale. La semantica tipica delle patologie alimentari psicogene è incentrata sulla sperimentazione del proprio disvalore, attraverso esperienze di incapacità personale, che è sempre abbinata allo stato di soddisfazione orale: tale equazione, scritta fin dalle prime fasi dello svezzamento, strutturata in quelle successive e sistematicamente declinata lungo la trama esistenziale, è la chiave di lettura per comprendere il vissuto di donne bulimiche che cercano di recuperare un'immagine positiva di sé attraverso il purging e quelle di donne anoressiche che vedono nel digiuno la prova del loro valore. La crisi adolescenziale e l’ag-


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giornamento della struttura del sé. Durante l’adolescenza si assiste all’emergere delle abilità logico formali (deduttive) del pensiero astratto (caratterizzato dalla dimensione universale delle categorie, dei valori, dei nessi di causalità) attraverso il quale è possibile formulare teorie personali sul mondo. Nasce così la necessità di coerenza assoluta del sè reale, mentre la tripartizione temporale implica il concetto di un futuro deducibile dal presente solo attraverso le capacità di auto progettazione e di presa di posizione (impegno) personale. La dimensione “costruttiva”, in cui è chiamato a misurarsi un’adolescente con una “organizzazione contestualizzata” potenzialmente portatrice di DCA, è il riuscire a dialettizzare il bisogno di prossimità con figure di riferimento, che danno tuttora consistenza all’identità

Alimentazione: le valenze psicologiche L'alimentazione è carica di valenze psicologiche per svariati motivi. Fin dai primi giorni di vita e dal suo successivo comportamento, il bambino è coinvolto nelle dinamiche dell'allattamento che determinano l'atteggiamento del bambino verso il mondo che lo ospita e lo circonda. È infatti attraverso il cibo che il bambino intrattiene il primo rapporto con il mondo, così che anche problemi legati a questa sfera dell'esistenza si connettono con più generici aspetti di disagio o rifiuto dell'ambiente. Si ricordi che anche nella psicoanalisi, quadro di riferimento teorico criticato ma ancora importante come spunto di riflessione culturale, l'alimentazione rientra nella fase orale, connessa al piacere provocato dalla stimolazione della bocca. (box a cura della redazione)

Il tema del numero

personale con la loro relativizzazione, cioè con la delusione che il vederle in una luce realistica, non più idealizzata di fanciullo, comporta. L’adolescente deve saper costruirsi un’immagine esplicita di Sé autonoma (autostima) senza perdere la validazione da parte dell’Altro. La soluzione è raggiungibile attraverso l’adozione di concettualizzazioni, atteggiamenti, comportamenti che derivano da quei valori che da sempre avevano ispirato i modi di essere e di rapportarsi delle figure genitoriali, che comunque si manifestano costantemente ipercritici verso l’adolescente che tenta di trovare una sua strada autonoma. Anche l’atteggiamento anticonformista, oppositivo, all’interno dei personali contesti di riferimento, surrogato dallo stile relazionale familiare improntato alla conflittualità sommersa, il giudizio critico sulle figure di riferimento, rappresenta la disobbedienza a regole marginali, su cui si basa la pretesa autonomia personale senza mettere in discussione il sistema di riferimento, che rappresenta la sicurezza rispetto all’immagine di sé. Il circuito riflessivo che si instaura nel periodo adolescenziale è caratterizzato dalla continua oscillazione tra le modalità relazionali del conformarsi alle aspettative degli altri, a cui è legato un senso cenestesico dell’Io consistente ma intruso (in quanto definito dall’esterno) riferito a un’immagine esplicita di Sé passiva e perdente, e dell’opporsi agli altri: prendere le distanze dalle loro pretese e aspettative significa costruirsi un’immagine esplicita del Sé (di persona autonoma, attiva, incisiva, volitiva) ma ciò implica la perdita dell'approvazione dell’altro, il che equivale al perdere lo stampo del proprio Io, cioè a provare un senso cenestesico di vaghezza e inconsistenza personali. Schemi mal adattivi e modalità esistenziali. Il quadro sintomatologico si instaura su sistemi cognitivi incentrati su schemi mal adattivi precoci che “ipotrofizzano” altri schemi (potenzialmente funzionali) e risultano disadattivi rispetto al flusso incalzante e con-

Anemos neuroscienze

tinuo di esperienze e di stati interni. Una credenza mal adattiva, che si attiva particolarmente nella fase adolescenziale per veicolarne la dimensione autonoma, è incentrata sul perfezionismo, che in questo caso è patologico” e le cui dimensioni clinicamente più importanti sono “il timore dell’errore” e il “criticismo”. La dimensione “alti standard” appartiene a “perfezionismi” gravosi da perseguire, ma più funzionali per il soggetto (striving for success). Il timore dell’errore è l’aspetto distintivo del perfezionismo patologico, perché l’errore non è ammesso in quanto attiva la credenza di “fallimento personale”; esso attiva i costrutti dell’evitamento dell’errore e del bisogno di controllo, che è una risposta di coping a uno “schema di vulnerabilità al pericolo” che in questo caso è rappresentato dall’errore commesso (anoressiche) o dal danno subito (bulimiche). La dimensione del timore dell’errore è legata alla dimensione perfezionistica di “criticismo”, strutturata attraverso esperienze traumatiche precoci e postume, caratterizzate dal dover aderire alle aspettative genitoriali con tutta la propria persona per risultare adeguati e amabili o essere dichiarati “impresentabili” e senza doti attraverso i loro rimproveri (SMP inadeguatezza-vergogna). Il criticismo materno (la figura paterna è lontana o è un’appendice materna) incalzante porta la ragazza DA a uno stile esistenziale di autocritica preconcetta, che la orienta alla doverizzazione di dimostrare di non essere criticabile attraverso il controllo sistematico sull’errore personale e il riferimento al giudizio positivo degli altri su di sè che preclude la costruzione di scopi motivazionali liberamente scelti. Nel sistema cognitivo della persona DA, le credenze valutative di base adeguata-inadeguata, amabile-non amabile, dotata-non dotata, capace-fallita, definiscono l’immagine consapevole di sé in termini dicotomici di positività o di negatività assoluta riguardo il proprio valore-disvalore, autostima-disistima. Lo scopo finale dei sistemi ansiosi (SMP vulnerabilità-pericolo) e perfezionisti é il controllo di tutto; come può essere svolto con successo un compito così arduo e così importante ai fini dell’autostima? Per l’anoressica il controllo si identifi► ca con il monitoraggio e la manipola-

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zione di alcuni parametri della realtà interna-esterna: peso, cibo, corpo, scelti come esemplari e metaforici dell’idea di controllo globale; lo scopo finale del controllo è quello di avere l’assoluta certezza riguardo sè e il mondo (misurata sui parametri peso, cibo, corpo). Per la bulimica il controllo è la meta mai raggiungibile per un sé in preda alle proprie pulsioni.

4. Donne e disturbi alimentari

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Disfunzione cognitiva. La disfunzione cognitiva e lo scompenso che sostengono il quadro psicopatologico dei DCA sono causati da eventi esistenziali che segnano l'esposizione personale fallimentare e la delusione riguardo a figure di riferimento idealizzate: il trauma produce la regressione a una fase pregenitale in cui l’attivazione emozionale, tanto critica quanto indifferenziata, è esclusivamente vissuta sul piano cenestesico dei ritmi visceromotori e neurovegetativi e corrisponde ad un’interruzione della continuità dell’immagine di sé per il collasso del modello pregresso decretato dal fallimento personale. In questi frangenti si evidenziano tratti premorbosi rappresentati da stati d’ansia accompagnata da estrema vaghezza su cui la paziente avvia risposte di coping, come la tendenza al rimugginio sui propri errori, il distacco emotivo da contesti che risultano attivanti il disagio, disturbi dell’immagine corporea rappresentata in termini critici; avendo strutturato fin dalle prime fasi maturative, attraverso la relazione materna, moduli di funzionamento compensativo ad ogni arousal emozionale di schemi maladattivi, utilizza definitivamente il rapporto con il corpo e con il cibo per fronteggiare le vicissitudini esperienziali e le fratture identificative (bulimia) o per prevenirle (anoressia). I processi cognitivi espliciti dell’io si avvalgono delle capacità logiche deduttive del pensiero astratto attraverso il quale il senso cenestesico di vaghezza-delusione può essere spiegato attraverso un’attribuzione di causalità esterna sull’Altro deludente o sul proprio corpo. Nel caso dell’anoressia e nell’anoressia/bulimia l’oggetto della delusione è di solito la figura materna, vista come la figura sup-

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10 portante e significativa dell’infanzia e ora giudicata disconfermante ed intrusiva; nel caso della bulimia, l’adulto “confermante” prima e deludente poi, in posizione vincente all’interno della famiglia ma non accudente, è di solito la figura paterna; anche se disillusa dal padre, la giovane respinge ogni identificazione con la figura materna, la cui passività perdente sarà presa come modello femminile negativo. Il disagio critico è comunque superato attraverso l’esperienza del controllo pulsionale: di fronte al suo cocente fallimento, la ragazza aggiorna il suo progetto di vita, trasformando l’equazione rivelatasi fallimentare: “perfezionismo - controllo - bravura applicata ai contesti dell’esistenza”, in quella “perfezionismo - controllo - bravura applicata al contesto corpo-cibo-peso”. Nel nuovo progetto di vita, la paziente agisce il rifiuto di soddisfazione orale e assume questo comportamento come metafora di sicurezza e di autonomia: il corpo viene vissuto come entità recettiva passiva nei confronti della pulsionalità orale e sessuale, oltre che entità invasiva del sé nel suo crescere dirompente; è quindi eletto oggetto concreto causa del fallimento personale e come tale combattuto nella sua presunta debolezza: l’adolescente (DA), che sin ad allora si era sentita svilita dalla sua incapacità di prendere posizione verso l’esterno, recupera il senso di autostima attraverso la presa di posizione nei confronti dell’impulsività del proprio corpo, oggetto distanziato dal sé; la principale area del confronto-scontro è quella del rapporto con il cibo. Il sentirsi capaci di dominare gli impulsi più atavici e radicali conferisce alla propria persona attributi di fortezza e di volitività che sul piano relazionale si trasferiscono su atteggiamenti di oppositività verso i contesti di riferimento, partendo da quello familiare. Il rapporto con il cibo non appartiene all’area del nutrimento e dell’appetenza, ma è un indicatore su cui l’individuo vuole misurare attributi del sé considerati fondamentali. È una metafora di affrancamento o di schiavitù nei confronti del giudizio altrui e del modello relazionale (anoressia-bulimia), ma è anche azione consolatoria per lenire lo scacco personale o la solitudine, azione diversiva per vincere la noia, per reificare una figura

da distruggere (la propria o l’altrui) con rabbiosa ingordigia (disturbo da alimentazione incontrollata). La semantica femminile del potere. Palazzoli Selvini (1981) e Ugazio (1988) ci presentano un modello familiare incentrato sull’escalation simmetrica delle relazioni di rifiuto, che cerca di spiegare il clima di conflitto palese o implicito giocato attraverso comportamenti contradditori, che lega le anoressiche alle loro madri così come legava queste alle loro madri: l’anoressica produce un sintomo che contrasta e ribadisce lo stile materno controllante e volitivo, rifiuta il cibo materno ma, attraverso la magrezza, dimostra che senza il suo sostegno si lascia morire. Per la strutturazione “invischiata” delle relazioni (Minuchin, 1978) sono comunque scoraggiati i processi della sua differenziazione dalla madre così come dal padre, che spesso risulta essere figura periferica, presente solo attraverso i beni materiali erogati, ma invariabilmente marginale perchè orientato verso mete esterne, evanescente, sfuggente nei confronti dei bisogni della moglie e della figlia anoressica per la quale rimane sempre un deludente oggetto relazionale. La particolare organizzazione semantica di “famiglia anoressica” descritta dalla Selvini presenta una chiusura relazionale e semantica verso l’esterno-sociale, nei confronti del quale la conversazione dei membri è incentrata sulle tematiche del decoro e del prestigio comune in termini di facciata: pertanto ciò non richiede loro altro impegno se non l’adesione a valori conformistici. L’organizzazione familiare prevede la linea femminile come unica portatrice dei suoi valori fondativi, che vengono dialettizzati esclusivamente nell’ambito dei rapporti transgenerazionali tra donne; i costrutti basici su cui le donne costruiscono le loro trame narrative conflittuali interne sono quelli del valore e del potere personali: il costrutto vincente/perdente si declina attraverso le interazioni per la definizione della relazione, della preminenza nel rapporto e del diritto di decisionalità: è rispetto al “potere” esercitato o subìto che le figure femminili della famiglia misurano la loro autostima, espressione di un altro costrutto basico, quello del successofallimento personale.


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Anemos neuroscienze

Il tema del numero

Anoressia, i segni distintivi L'anoressia, intesa come perdita parziale o totale di appettito, è un sintomo che può essere connesso a una malattia organica o psicogena, comunque connessa a disturbi di affettività. L'anoressia mentale (stato patologico che insorge in giovani donne per conflitti di tipo emotivo, vedi testo dell'articolo) secondo H. Bruch è contraddistinta da tre segni che la differenziano dagli altri tipi di anoressia*:

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Disturbo dell'immagine corporea di proporzioni deliranti da cui dipende anche l'assenza di preoccupazione per stadi anche gravi di emaciazione.

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Disturbo della percezione e cognizione degli stimoli provenienti dal corpo, da cui dipendono, ad esempio, l'iperattività nonostante l'evidente esaurimento di energia.

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Senso paralizzante di impotenza cui si collega il terrore di perdere il controllo sui propri istinti orali ed essere travolti dall'impulso incontrollato di mangiare.

* Riferimento bibliografico: voce Anoressia in U. Galimberti, Dizionario di Psicologia, Vol I pp. 142 e ss, Roma, 2006

Il gioco relazionale disfunzionale che si propone all’infinito e che genera il sintomo (schizofrenia-anoressia) si basa sulla regola che nessuna possa confermare stabilmente l’identità dell’altra, non ci può essere una vincente che non dipenda dal giudizio delle perdenti, le quali, per non sentirsi tali, non possono riconoscere alcuna posizione di supremazia a nessuna altra donna, riconoscendo per sé il ruolo di perdente sacrificale volontario. Nel “qui ed ora” delle esperienze interattive ciò si traduce nella supremazia dell’oppositività attiva o passiva, che ha come espressione relazionale la disconferma dell’altra, il criticismo e la stereotipia dei ruoli: la madre “sacrificale”, tende a riproporre atteggiamenti di cura parentale intrusiva e formalista lungo tutto l’asse esistenziale, indipendentemente dall’età dell’accudita. Ove ci siano relazioni significative transgenerazionali (nonnanipote), queste risultano essere più in funzione di un’alleanza contro un mem-

bro della generazione di mezzo (madre) che determinate da un rapporto positivo diretto. Conclusione. I disturbi del comportamento alimentare non rappresentano in senso stretto un’area psicopatologica esclusivamente della donna, ma si strutturano su significati, valori, modalità psicologiche e relazionali che sono proprie dell’universo femminile. Non sono tanto i costrutti significativi su cui ruota la dialettica interna del disturbo a distinguerli da quelli dell’uomo, ma sono gli attributi e i parametri di riferimento su cui si misurano le polarità dicotomiche dei costrutti stessi che sono specificatamente femminili: ad esempio, se le credenze che ruotano intorno al valore personale possono essere condivise da tutte le persone sociali, il fatto che l’emaciazione ne sia considerata prova evidente lascia trasparire il grande peso che la donna dà a una particolare sembianza

Indicazioni bibliografiche Bara. B.G. Manuale di psicoterapia cognitiva Bollati Boringhieri, Torino (1996) Beretta S. L’organizzazione cognitiva di tipo psicosomatico in Bara (1996) Ceruti M. Il vincolo e la possibilità Feltrinelli, Milano (1986) Crittenden P.M. “Nuove prospettive sull’Attaccamento” in Teoria e pratica in famiglie ad alto rischio Guerini editore, Milano (1994) Faiburn C.G. La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione Eclipsi, Firenze (2008) Gardner D.M. La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione Eclipsi, Firenze (2008) Guidano V. F. La complessità del sè Bollati Boringhieri, Torino (1998) Il sé nel suo divenire. Verso una terapia cognitiva post-razionalista Bollati Boringhieri, Torino (1992) Kelly G.A. La psicologia dei costrutti personali Cortina, Milano (2004) Lambruschi F. “Attaccamento ed evoluzione della personalità” in Nardi B(Ed) I Processi Maturativi tra Genetica e Ambiente (2001) Malagoli Togliatti M, e Telfener U. (a cura di) Dall’individuo al sistema. Manuale di psicopatologia relazionale Bollati Boringhieri, Torino (1998) De Pascale A. I disturbi alimentari psicogeni in Malagoli Telfener (1998)

dell’aspetto fisico, che non può appartenere all’uomo, proprio perché deve rappresentarne un attributo distintivo. Anche le teorie sui giochi relazionali che sottendono i DA focalizzano l’attenzione esclusivamente sui cicli interpersonali delle donne del gruppo di cui si narra la storia, gruppo in cui si strutturano processi di identificazione, processi riverberanti, comportamenti interattivi giocati e domini semantici che solo le donne comprendono e valorizzano. In questi contesti gli uomini non appaiono o sono relegati sullo sfondo dello scenario, non hanno importanza se non attraverso l’assenza, sono spettatori ottusi o disattenti dei messaggi tra donne, risultano personaggi estraniati dalle azioni significative, appaiono reificati in appendici di figure femminili o sono semplicemente istanze inesistenti.■

Raffaele Bertolini. Psichiatra, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, esperto nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare. Già direttore dei servizi di salute mentale e del centro per la cura dei disturbi del comportamento alimentare di Guastalla (RE) e di Correggio (RE).

Nardi B e Capecci I. “I processi di organizzazione degli stili di personalità e le basi dell’unicità individuale” Quaderni di psicoterapia cognitiva, 18 (8/1) 48-83 Reda M.A. Sistemi cognitivi complessi e psicoterapia Carocci, Roma (1986) Sassaroli S. e coll. I disturbi alimentari Editori Laterza, Bari (2010) Selvini Palazzoli M. L’anoressia mentale Feltrinelli, Milano 1963, 2° ed riv. (1981) Ugazio V. Storie permesse storie proibite polarità semantiche familiari e psicopatologie Bollati Boringhieri, Torino (1988)

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Filosofia Psicologia sociale

la filosofia

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delle donne

una decostruzione del diritto, del linguaggio e del mito di Franco Insalaco In 2 parole chiave. Donne, filosofia, potere, cultura, femminismo, linguaggio Abstract. Nel corso della storia il pensiero delle donne si è reso conto che il modo in cui concepiamo la cultura e pensiamo a concetti come diritto, linguaggio, mito, religione e storia è solo apparentemente astratto in relazione alla sessualità: in realtà tali dimensioni sono sono sempre inclinate al maschile, dimenticandosi del sesso femminile. Esiste quindi una sorta di oscuramento verso il sesso femminile in ogni ambito delle attività umane. Ma da cosa deriva e come nasce questa condizione?

«Molto tempo dopo, vecchio e cieco, camminando per la strada Edipo sentì un odore familiare. Era la Sfinge. Edipo disse: "Voglio farti una domanda. Perché non ho riconosciuto mia madre?". "Avevi dato la risposta sbagliata." disse la Sfinge. "Ma fu proprio la mia risposta a rendere possibile ogni cosa." "No." disse lei "Quando ti domandai cosa cammina con quattro gambe al mattino, con due a mezzogiorno e con tre alla sera, tu rispondesti l'Uomo. Delle donne non facesti menzione." "Quando si dice l'uomo" disse Edipo "si includono anche le donne. Questo, lo sanno tutti." "Questo lo pensi tu." disse la Sfinge.»

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Il tema del numero

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na neutralità maschile. Così scrive Muriel Rukeyser, poetessa statunitense, in Myth. Bene io mi chiamo Franco, ma se fossi una donna direi ugualmente io mi chiamo Anna. Io è quindi astratto e neutro confronto al sesso. Apparentemente però, perché il soggetto è un soggetto maschile. Anche il sillogismo: “ogni animale è mortale, ogni uomo è animale, ogni uomo è mortale”, mostra una neutralità inclinata al maschile (nella lingua italiana e nella maggior parte delle lingue ndr). Infatti se sostituisco la parola uomo con la parola donna evidentemente nascono dei problemi, gli uomini potrebbero essere immortali; invece per la donna il problema non si pone. Il pensiero delle donne si è reso conto che il modo in cui pensiamo il diritto, il linguaggio, il mito, la religione, la storia, insomma la cultura, apparentemente è astratto in relazione alla sessualità, ma in realtà è sempre inclinato al maschile ,dimenticandosi del sesso femminile. Sgalambro scrive: "Chiesero una volta ad Anatol: perché non parli mai di donne? Perché io parlo solo di ciò che esiste, perciò parlo ad esempio di Dio e non di donne. Esse sono una rappresentazione dell'uomo e, oltre questo nulla." Sembra una provocazione insostenibile. Ma alcuni decenni prima una pensatrice scrisse un libro intitolato: Il secondo sesso. Donne non si nasce si diventa. Cosa voleva dire Simone de Beauvoir con questo titolo? Due cose. La prima è che il sesso femminile viene dopo quello maschile, è quindi secondo. Inoltre la sua condizione non è determinata geneticamente ma culturalmente. Cioè, si diventa donne in virtù di un processo

Anemos neuroscienze

formativo e tramite un modello educativo che inizia nella famiglia, prosegue nella scuola e infine nella società. Accade poiché le donne vengono concepite in un certo modo dall'immaginario dominante, cioè maschile. L'oppressione. L'oppressione di quel modello colpisce, certo, anche gli uomini, ma essi tornano a casa e si consolano sfogando sulle donne ciò che hanno subito. Marx aveva già osservato che nella famiglia, sin dall'origine della divisione del lavoro, donne e figli erano schiavi. Simone de Beauvoir è una filosofa esistenzialista e il suo testo marca un modo di procedere nell'analisi della condizione femminile da cui il femminismo non potrà più discostarsi. Anche altre scrittrici porteranno contributi fondamentali riconoscendo ciò che è per lo più negato dai loro contemporanei maschi. Cioè, il fatto che esiste a sfavore del sesso femminile in ogni ambito delle attività umane una sorta di oscuramento. Come nasce questa condizione? A partire da una giustificazione per lo più considerata naturale. Per procedere in questa analisi non possiamo ritenere il linguaggio espressione semplicemente della realtà, dobbiamo inclinare verso una concezione convenzionale del linguaggio. Un modo di fare filosofia che riparte con Kant, prosegue con Nietzsche che scrive: “Non esistono fatti ma solo interpretazioni, anche questo non è un fatto ma una interpretazione”, poi continua con Foucault, Derrida, Deleuze. Ciò significa che non possiamo concepire le categorie universali del linguaggio con cui pensiamo alla realtà come coincidenti con la stessa. Bisogna falsificare questo modo di procedere che ritiene reale quello che pensiamo. Insomma, mappa e territorio sono diversi. I concetti non esistono, sono solo invenzioni dell'uomo. Così, quando parlano di natura le femministe sono dentro a una concezione nominale del linguaggio, ritengono, cioè, che ► è solo per convenzione e comunica-

Figura 4.1 e 4.2 - In grande al centro Ipazia (1885) di Charles William Mitchell. Qui sopra Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre a Parigi in una foto degli anni Venti.

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Filosofia Psicologia sociale zione che gli uomini la concepiscono così. Quindi per comprendersi se la rappresentano in un certo modo, ma non si può dire che quel modo sia reale e vero. È un fattore culturale che fa corrispondere convenzionalmente la natura semplicemente a ciò che gli uomini si inventano. Un modo questo di esercitare il potere sul mondo sociale e naturale. Il mondo sociale ne viene così strutturato e organizzato, mentre quello naturale ne è rappresentato. Cosa sostiene Foucault

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10 in cui le parole sono usate, sulle istituzioni che se ne occupano, sui percorsi da fare per essere questo o quello, per creare tutti gli oggetti sociali che danno forma alla cultura e alle istituzioni in cui siamo situati. La cultura. Tale modo di concepire il potere porterà le femministe a riconoscere un fatto, che i discorsi, i processi di pensiero, le tecnologie hanno una teoria e una pratica esercitate nella cultura qua-

«Il modo di vedere la sessualità imposto alla donna induce compiti che sembrano tanto naturali da essere condivisibili da tutti, anche da loro. Questo atteggiamento storicamente determina l'impossibilità per la vita femminile di trascendere il corpo, il privato, la famiglia e di partecipare all'ambito pubblico, sociale, politico»

sul potere? Non è che il potere viene prima, esso è costituito dai discorsi, dalle tecnologie, dai processi che il pensiero degli uomini pone in essere. Lì è il potere. Tra le persone, nelle relazioni che si stabiliscono, nei discorsi e nelle tecnologie. Il significato delle parole in fondo è l'uso che ne facciamo. Tale uso è determinato socialmente, il significato della parola medico è calata nella società perché tutti ne fanno un certo uso. Il linguaggio è in questo senso performativo, crea oggetti sociali. Prima non c'era ma dopo la cerimonia sposandosi c'è una nuova famiglia. Ma perché questo funzioni deve esserci un accordo sul modo

si esclusivamente dal mondo maschile. Ciò significa che nella storia le donne sono state culturalmente tagliate fuori. Ora, dobbiamo afferrare bene cosa significa dire che il discorso determina socialmente chi siamo. Un condizionamento che viene esplicato in modo semplice, naturale. Ad esempio, come concepiamo la donna? Come madre, come figlia, come sorella, come compagna? Sempre tutte queste valenze infine la riportano alla dimensione principale con cui la si pensa. La figura che più conta è quella di madre a cui tutta la condizione femminile ruota intorno. Per questo motivo naturale le donne hanno un corpo difficile da trascendere. Insomma, l'immanenza sembra il loro destino. Dare la vita biologicamente a partire dalle mestruazioni, dal concepimento, dall'allattamento, fino alla crescita dei figli e alle attività domestiche svolte in ambito familiare condiziona in modo totale la vita e il destino femminile. Il modo di vedere la sessualità imposto alla donna induce compiti che sembrano tanto na-

turali da essere condivisibili da tutti, anche da loro. Questo atteggiamento storicamente determina l'impossibilità per la vita femminile di trascendere il corpo, il privato, la famiglia e di partecipare all'ambito pubblico, sociale, politico. L'ambito privato e familiare è il confine in cui le donne sono state storicamente recluse a causa di questa supposta e imposta immanenza naturale. Che la donna non può trascendere significa anche che non può pensare. Così da subito il suo contributo culturale è totalmente compromesso, anche quando viene espresso, perché è comunque considerato secondario, ininfluente. Insomma, disabituata a pensare che pensieri può produrre? Anche raffinati intellettuali pongono ancora questa obiezione. Per questo le donne, soprattutto in passato, venivano sempre scoraggiate dal proseguire attività intellettuali. Eppure è capitato a volte che fratelli e compagni abbiano scippato loro le idee, se non le opere. Picasso alle sue donne, Brecht alle sue compagne, Fitzgerald a sua moglie. Forse, anche per questo le donne sono mosche bianche in quasi tutte le discipline. Il loro contributo politico, filosofico, letterario, artistico e storico è quasi inesistente. In tutte le categorie del sapere gli autori sono per la maggioranza uomini. Ma cosa hanno, o avevano, di meno le donne? Sostanzialmente l'impossibilità di studiare e di uscire dal recinto familiare e lavorativo. Le donne non potevano farsi una propria idea del mondo e se anche ce l'avevano non potevano esprimerla. Di conseguenza non hanno sviluppato una propria identità. Insomma, pensano il mondo a partire da un soggetto neutro maschile. Uomini e donne esprimono le opinioni in modo indistinguibile e neutro, cioè valido per tutti, tramite un soggetto la cui identità è strutturata culturalmente dagli uomini. Ecco come mai le donne, secondo alcune femministe, sono solo una rap-

Figura 4.3 e 4.4 - Qui a fianco Adriana Cavarero filosofa e do-

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cente italiana; attualmente insegna filosofia politica all'Università degli studi di Verona. In alto Luce Irigaray, filosofa, psicoanalista e linguista belga. Attualmente è direttrice di ricerca al Cnrs di Parigi.


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Anemos neuroscienze

Il tema del numero

Luce Irigaray e la filosofia della differenza Luce Irigaray (Blaton, 1930), laureatasi in filosofia, si trasferisce dal Belgio a Parigi, dove entra nell'associazione freudiana presieduta da Lacan. La sua tesi di laurea in psicoanalisi, “Speculum”, che verrà poi pubblicata, rinvia allo strumento ginecologico, ma anche all'aspetto teoretico della filosofia speculativa il cui gioco è lo specchio (speculum in latino) a rappresentarsi l'identità maschile attraverso il suo altro che è appunto la donna. Nella sua tesi Luce Irigaray decostruisce il pensiero maschile a partire dalla psicoanalisi freudiana. In particolare si sofferma ad analizzare nella "Introduzione alla psicoanalisi" il paragrafo che riguarda la femminilità. Luce contesta quello che pensa Freud, cioè che l'unica energia, che è poi quella sessuata, la libido, sia neutra, cioè maschile. Il libro ha un grande successo. Ma ne segue anche l'immediata estromissione della filosofa dall'Associazione presieduta da Lacan e il licenziamento dall'Università di Vincennes dove insegnava. Luce Irigaray nel testo mostra come la struttura speculare determini l'economia binaria fondata sulla logica del medesimo. Cioè, come in uno specchio, l'uomo si riflette nelle sue auto rappresentazioni catturando in esse anche la donna, funzionalizzan-

presentazione dei maschi, perché sono state private di una propria elaborazione culturale. Il femminismo. La prima a rendersene conto fu Mary Wollstonecraft una signora inglese che durante la Rivoluzione francese scrisse “Rivendicazione dei diritti della donna”. Libro che per i benpensanti dell'epoca era scandaloso, almeno quanto la vita della sua autrice. Scrive la Wollstonecraft: “È ora di effettuare una rivoluzione nei modi di vivere delle donne - è ora di restituire loro la dignità perduta - e di far sì che esse, come parte della specie umana, operino, riformando se stesse, per riformare il mondo.” Frasi così all'epoca erano considerate sovversive. Ma anche la sua vita era considerata scandalosa. Nata da

dola ai suoi progetti e ai suoi bisogni. Il modello a economia binaria è oppositivo, duale e gerarchico. Essendo prevalentemente maschile, il sistema è il luogo di rappresentazione del maschile e del femminile a sé funzionale. L'altra non è veramente altra, ma lo è a partire da lui e per lui. Questa falsa uguaglianza porta la donna a soddisfare doveri maggiori e più impegnativi di quelli maschili. Luce segue la differenza di identità tra i sessi e l'uguaglianza dei diritti, ma questo passaggio lo propone solo in seguito ad un rinnovamento giuridico, che non deve più essere fondato sul diritto di proprietà e sulle cose, ma sull'identità personale e di genere. Scrive in “La democrazia comincia a due”: “La questione di sapere se l'appartenenza ad un genere sarebbe l'effetto di un destino biologico o di un condizionamento sociale non tiene conto del fatto che essere e divenire donna significa conquistare una dimensione civile adeguata all'identità femminile, una cultura corrispondente ad un corpo proprio ed a una genealogia specifica, una sua maniera di amare e generare, di desiderare e di pensare. Il vicolo più cieco del femminismo è spingere a decondizionarsi dalla loro identità femminile per raggiungere un universale unico da condividere in un mondo al maschile o al neutro. Ma l'orizzonte di una comunità neutra asessuata è inquietante”.

famiglia povera e con frequenti difficoltà economiche riuscì nonostante tutto a farsi una cultura e cercò in ogni modo di diventare indipendente. Iniziò a lavorare creando una scuola per ragazze che purtroppo fallì. Divenne allora governante di una famiglia dell'alta classe, esperienza che le servirà per descrivere il comportamento delle donne appartenenti alle classi agiate. Disgustata da tali atteggiamenti, se ne andò dopo un solo anno trovando disponibilità di lavoro dall'editore e libraio londinese Joseph Johnson con cui pubblicò nel 1787 “I pensieri nella educazione delle ragazze”, saggio a cui seguirà il suo primo romanzo, “Maria”. Mary durante i moti rivoluzionari francesi va a Parigi dove non conosce le donne del fronte rivoluzionario, però incontra lo scrittore americano Gilbert

Imlay e con lui convive senza sposarsi, dal loro rapporto nasce una bambina, Fanny, suicida in giovane età. Tornata a Londra, i rapporti con il compagno erano ormai compromessi, tenta il suicidio lanciandosi da un ponte sul Tamigi, ma viene salvata da un passante e riprende a lavorare mantenendo contatti con l'intellettualità inglese più avanzata. Nasce così una relazione con William Godwin autore di una “Ricerca sulla giustizia politica”. Testo in cui teorizza un completo anarchismo trovando gli organismi giuridici e sociali solo di ostacolo alla libertà di espressione delle facoltà umane. Nasce dal loro rapporto Mary, futura autrice di Frankenstein e moglie del grande poeta Shelley. Bene, quella che a noi oggi pare una vita privata normale, ► allora era considerata infamante. Per

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una donna viaggiare sempre da sola, scegliersi i compagni senza sposarli, farci dei figli e vivere in piena autonomia era un fatto veramente eccezionale. Possiamo dire che con la Wollstonecraft nasce il pensiero femminista. Ancora oggi tale pensiero è ben lungi dall'affermarsi in modo comunitario e pratico. I diritti teorizzati dalla Wollstonecraft predicati come universali sono tuttora di fatto riconosciuti solo ai maschi. L'autrice rivolgeva il suo discorso solo alle lettrici della classe media che era più sensibile e politicizzata, non dava il minimo credito alle donne dell'alta società, esse, secondo lei, pensavano solo a farsi belle e a riprodurre l'immagine della donna inferiore e subordinata, ma neanche per le donne più oppresse aveva qualche speranza, perché, pur con tutti gli sforzi, era per loro impossibile uscire dalle condizioni di servitù in cui vivevano, né tanto meno aveva fiducia negli uomini, anche i più aperti. Critica anche il teorico rivoluzionario Rousseau perché concepiva la donna necessariamente e per natura dipendente dagli uomini. Perciò l'autrice vede in modo tutt'altro che ottimista il futuro delle donne. Capisce chiaramente come la donna non sia condizionata dalla natura ma solo dall'organizzazione sociale degli uomini. Per questo rivolge i suoi libri da un lato alla classe degli uomini intellettuali e dall'altro alle donne della classe media, gli unici e le uniche che forse potevano comprenderla. Il suo discorso in sintesi è che se gli uomini vogliono una società migliore la otterranno solo se anche alle donne verrà consentita una formazione culturale e un'educazione fino ad allora riservate esclusivamente ai maschi. Nei punti che esamina non si parla di diritto al voto, esso d'altronde non era ancora consentito neanche a tutti gli uomini, cosa che avverrà solo dalla seconda metà dell'Ottocento e un secolo dopo alle donne. Il suo pensiero considera l'educazione il catalizzatore che può infrangere l'immagine di ruolo accettata e praticata dalle stesse donne. Pare poco, ma considerando che allora le donne non potevano neanche uscire se non erano accompagnate, è evidente che nessun movimento politico sarebbe iniziato senza questa prima consapevolezza personale. Consapevolezza che vedremo via via nascere nelle protagoniste dei

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Mary Wollstonecraft

romanzi di Jane Austen, eroine che scelgono e non si fanno più scegliere. Così la normalità attuale è in realtà il risultato della elaborazione di queste autrici che, ripresa successivamente da altre, servirà ad organizzare, anche politicamente, l'emergente “movimento” delle donne. In Italia il problema ary Wollstonecraft Godwin (Londra, che il femminismo con1759-1797), scrittrice e filosofa, è temporaneo si trova ad considerata un'antesignana del femmiaffrontare è individuato nismo. È nota soprattutto per il suo libro in modo particolare nel “Rivendicazione dei diritti della donna” in soggetto. Nell'economia cui, a differenza di quella che era opinione binaria attuata dalla gabcomune, sosteneva che per natura le donbia linguistica, una gabbia ne non sono inferiori agli uomini, ma che a logica secondo Adriana renderle in una condizione di inferiorità è Cavarero, in cui il prola diversa educazione a loro riservata. blema principale è che Ebbe una vita breve, ma intensa. La sua il soggetto è il maschio infanzia fu condizionata dalla povertà della e l'oggetto è la donna. sua famiglia, ma grazie ai suoi studi perAdriana Cavarero è attiva sonali e al proprio lavoro riuscì a rendersi all'interno dell'Università indipendente. Si sposò con il filosofo di Verona insieme a Luisa William Godwin, dal quale ebbe sua figlia Muraro. Negli anni '80 Mary, famosa scrittrice e moglie del poeta costituiscono insieme un Percy Bysshe Shelley. gruppo di ricerca denominato EffeEffe, la Fontana del Ferro, che poi La decostruzione del soggetsi trasformò nella “Comunità filosofica to. Un confronto filosoficamente comfemminile Diotima”, un gruppo formato plicato dal fatto che il secondo Noveda 11 donne che regolarmente si ritro- cento vede posizioni filosofiche in cui vano una volta al mese per raccontarsi. il soggetto è già messo sotto la lente C'erano: Annarosa Buttarelli, Lara Cor- decostruttiva da Derrida, Deleuze, Fouradi, Vita Cosentino, Ida Dominijanni, cault. Autori che elaborano un pensiero Francesca Doria, Luisa Muraro, Anna che va al di là e contro la costruzione Maria Piussi, Diana Sartori, Wanda Tom- metafisica del soggetto. Il femminismo masi, Chiara Zamboni e Adriana Cavare- angloamericano parlerà più decisamente ro. Insieme queste donne daranno luogo il linguaggio della filosofia della decoa saggi fondamentali per il femminismo struzione, del poststrutturalismo e del italiano, molti di questi furono pubbli- postmodernismo. In Italia, invece, pur cati nella rivista del gruppo Diotima. Un essendo le femministe sensibili a questa percorso per un verso vicino a quello impostazione, soprattutto grazie al confrancese di Luce Irigaray, Luisa Muraro tributo di Luce Irigaray, non si sentono ne ha tradotto le opere più importanti in del tutto allineate alle tematiche postitaliano, da cui però le italiane si disco- moderne. Il soggetto ha per loro un peso stano per il fatto di guardare meno alla differente. Dunque, è un continente frateoria e di più alla prassi. La prima con- stagliato e complesso a presentarsi nel seguenza pratica di questa impostazione cercare di definire un disegno organico è che in Italia si formeranno gruppi di della filosofia delle donne. Il soggetto donne che regolarmente si ritrovano per inizia con la filosofia moderna, più esatconfrontarsi. tamente con il cogito cartesiano. Nella

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filosofia precedente è assente un con-


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cetto ben strutturato di soggetto. Non è quindi possibile pensare a Platone o alla metafisica di Aristotele liquidandoli nella stessa caduta del soggetto. Eppure, spesso, tutto viene azzerato con un solo e identico movimento, come se soggetto e metafisica fossero la stessa cosa. Ereditiamo questa impostazione da Nietzsche e Heidegger, i quali leggono come un

Il tema del numero

minismo che segue di più i maestri del pensiero francese, ad esempio di quello statunitense, ritiene di essere anti metafisico, di conseguenza chi non è post qualcosa è accusato di essere appunto metafisico. Naturalmente all'interno di queste posizioni il linguaggio diviene sempre di più riferimento fondamentale e in queste analisi mostra la sua econo-

Mary Wollstonecraft critica anche il teorico rivoluzionario Rousseau perché concepiva la donna necessariamente e per natura dipendente dagli uomini. L'autrice capisce chiaramente come la donna non sia condizionata dalla natura ma solo dall'organizzazione sociale degli uomini. errore speculativo tutta la vicenda metafisica che giunge fino al loro e al nostro tempo. Dico nostro perché i “maestri del pensiero” francese rafforzeranno quella convinzione, cioè che il logo centrismo, incarnato nella figura del soggetto, meriti globalmente il nome di metafisica. Per le filosofe in genere, d'altronde, tutta la storia della filosofia viene letta come l'affermazione di un pensiero metafisico patriarcale. Insomma, il pensiero metafisico è condannato poiché coincide con il pensiero patriarcale del soggetto. Così accade che le filosofe postmoderne statunitensi accusino le europee di metafisicità ed essenzialismo. Il fatto è che i postmoderni ritengono che il soggetto sia l'esito della struttura linguistica, non il contrario. Detto in soldoni, il fem-

mia binaria. Rappresenta l'elaborazione di un sistema fallogocentrico che avanza per opposizioni. Il suo ordine simbolico è quello della sintassi del Padre. La forza della gabbia linguistica produce significati che sono posti in una rete dominabile di concetti, cioè una struttura razionale. Una ragione questa che posiziona, incasella e controlla il significato di ogni parola. Nella filosofia cartesiana emerge in modo deciso la contrapposizione tra res cogitans e res extensa, pensiero e corpo, ma anche un soggetto direttamente produttore del pensiero, della ragione. Un soggetto che si auto fonda, che ha una sua essenza, che non è fondato da altro, cogito ergo sum, che si genera autonomamente. Quindi, ci ritroviamo nella condizione fallogocentrica e binaria per

Anemos neuroscienze

cui il logos è attivo e il corpo passivo. Ora, la strategia possibile per le donne è innanzitutto quella di costruire un soggetto uguale e simmetrico a quello dell'uomo, pertanto astratto e universale, in cui sono comprese tutte le donne. Avremo così l'Uomo di tutti gli uomini e la Donna di tutte le donne. Questa prima mossa delle femministe fa sì che gli individui (dovremmo dire le individue) continuino ad essere assorbiti (assorbite) dalla ipostatizzazione astratta di un soggetto, ma almeno è femminile. Questa mossa nell'immaginario femminile è importante, per dirla con Ida Dominjanni, perché la politica delle donne deve fondarsi a partire dal genere. Quindi il punto di partenza della lotta inizia da come sono concepite nell'ordine simbolico patriarcale. Partire dalla stessa condizione astratta che determina il venire meno della singolarità individuale è necessario per decostruire l'ordine simbolico patriarcale. Nominando la Donna finalmente si dà possibilità di parola a un soggetto femminile che non è più solo oggetto, come da sempre è stato percepito nell'economia simbolica del linguaggio maschile. Tale movimento consente alle donne di spostarsi dalla sfera passiva del lamento a quella più attiva dell'auto rappresentazione. La contraddizione in cui si incorre è che il costituirsi di questo spazio femminile distinto da quello maschile, trascina però una uguaglianza tra singolarità evidentemente irreale. L'esperienza italiana si distinguerà perché si costituisce a partire da pratiche ► come quella dell'autocoscienza. Questa

Figura 4.5 e 4.6 - A sinistra il filosofo francese René Descarte, detto Cartesio (1596-1650); tradizionalmente è fatta risalire a lui l'individuazione del concetto moderno di "soggetto". La decostruzione del soggetto avviene nel XX secolo, prima con la svolta linguistica (che porterà alla filosofia analitica) e in tutto il corso del Novecento per opera dei filosofi continentali, soprattutto francesi. A destra Jacques Derrida (1930-2004).

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Filosofia Psicologia sociale posizione incorre nelle accuse che abbiamo già messo in evidenza, in particolare delle filosofe statunitensi. Tant'è che anche il problema del linguaggio in Italia non ha lo stesso rilievo che assume in altre geografie.

Il nuovo realismo. Potremmo dire che le filosofe italiane sono più vicine alle posizioni del nuovo realismo di Maurizio Ferraris piuttosto che a quelle del suo maestro Jaques Derrida. Nella pratica della autocoscienza le donne partono da sé, parlano delle proprie esperienze e si espongono facendo emergere il loro vissuto anche inconscio. Il sé di ciascuna così entra nella pratica della relazione. La teoria nasce in modo da non essere distaccata e oggettiva, come accade nella filosofia tradizionale e anche in quella postmoderna. “È piuttosto una teoria nel cui linguaggio ne va del sé di chi parla. Tale linguaggio è appunto contestuale e relazionale... Esso mostra che la singola-

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10 rità di ognuna, pur avendo bisogno della presenza delle sue simili per significarsi, si radica nella pratica della relazione piuttosto che nella categoria della somiglianza... Il significante Donna cede così il passo a un ordine simbolico femminile che lega il sé di ognuna alla relazione con le altre secondo dinamiche di affidamento e di disparità.” Questo scrive Adriana Cavarero in “Le filosofe femministe”. Seppure è un movimento di empatia che porta alla vicinanza di tutte tramite quel nome comune di Donna in cui si sono ritrovate, nella pratica discorsiva emergono poi le singolarità, il sé di ciascuna prende la propria consistenza, emerge in uno spazio di affidamento e disparità. Si mette così in gioco la natura inconscia dei propri desideri. La prospettiva psicoanalitica nell'ambito del pensiero femminile italiano prende due direzioni. Si considera importante la disparità che caratterizza la scena psicanalitica, cosa non altrettanto vera per l'analisi del

profondo junghiana dove troviamo gli archetipi, questa disparità non dà spazio all'uguaglianza e neanche a gerarchie stabili. Inoltre, emerge l'anticartesianesimo del discorso freudiano, che mostra l'illusoria auto fondazione cosciente e razionale del soggetto. L'asse portante che si forma da queste pratiche è teorizzato da Luce Irigaray e pone un di più che è sempre riconosciuto all'altra, un di più asimmetrico che fa della disparità una misura dell'ordine simbolico e politico femminile. In questo modo affermativo si supera quel ruolo vittimario e negativo messo in evidenza dalla stessa autrice in genere presente nel pensiero femminista. Il pensiero della differenza sessuale si costituirà nell'esperienza italiana in una rete che vede confrontarsi posizioni differenti. Voci che cercano una elabo-

Un inquadramento storico-sociale del femminismo

on il termine femminismo si intende quel movimento socio-culturale che ha per obiettivo una revisione dell'identità femminile in contrapposizione alla visione stereotipata nell'ideologia tradizionale come si è andata configurando nel corso della storia sociale. Ovviamente, il punto di partenza è la messa in discussione della subordinazione della donna all'uomo, sia sul piano socio-culturale, sia sul piano naturale, con la sconfessione di ruoli e atteggiamenti femminili che si presumono istintivi e connaturati alla natura della femminilità. Storicamente, le posizioni femministe devono in primo luogo la loro origine, almeno ideale, alla nascita del concetto di diritto dell'individuo e di libertà nati e sviluppatisi in periodo illuminista, anche se ancora non da una prospettiva “femminista”, e sul piano della riflessione psicologica, sono stati gli approcci della psicoanalisi al campo dei contrasti legati all'incidenza della sessualità nella vita dei cittadini, seppure ancora all'interno di stereotipi. Il femminismo, poi, è andato incontro ad un processo di strutturazione politica, ovvero ha tentato di mettere in pratica quanto si andava teorizzando, ovvero la parità politica, sociale ed economica tra i sessi.

Agli albori della lotta per l'emancipazione femminile si può porre Olympe de Gouges (1748-1793) che, con la "Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina" del 1791 tenta di sensibilizzare la società a proposito del ruolo negato nello spazio pubblico alle donne. In quegli stessi anni, come citato nel testo dell'articolo, è attiva l'inglese Mary Wollstonecraft (17591797); si veda il box nelle pagine precedenti. Con la rivoluzione industriale sorgono nuove problematiche. Per quanto riguarda il femminismo liberale possiamo citare i nomi di Elizabeth Cady Stanton (1815-1902) o Harriet Taylor (1808-1858). Mentre per un femminismo di impostazione socialista, si potranno citare Désirée Gay (1810-1891) e Marie-Reine Guindorf (1812-1837) fondatrici de «La Femme libre» (La donna libera). Saltando il troppo noto, anche se di capitale importanza, movimento delle suffragette, nato per ottenere il diritto di voto per le donne, largo sviluppo ha avuto la tematica femminista anche in tempi più recenti, in particolare con le contestazioni degli anni Sessanta e Settanta.


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razione del simbolico femminile per rompere la gabbia d'acciaio del linguaggio. In particolare al centro della politica del simbolico italiana viene posto il tema della figura materna, la madre simbolica. In sintesi, alla madre simbolica si assegna l'origine non solo materiale ma anche spirituale del nascituro. Così alla dualità tra il corpo, assegnato alla madre, e l'ordine simbolico, preteso dal padre, si sostituisce una sola figura materna. Se pensiamo come la genealogia femminile è sempre interrotta nei miti, nelle religioni, nella filosofia, Luisa Muraro indica il fatto che l'unica vera origine è la madre. Dio crea Eva da una costola di Adamo. Anche nella versione in cui Lilith è creata insieme ad Adamo e a seguito delle sue lamentele viene cacciata e sostituita da Eva. Inoltre in contraddizione con se stessa prima la Bibbia indica che Dio fa l'uomo e la donna a sua somiglianza, poi, alcune righe dopo, dice che Dio si avvede che l'uomo da solo non può stare per cui da una sua costola crea la donna che è quindi simile all'uomo e solo di riflesso a Dio. Insomma, chi dà la vita ha sempre un'origine oscurata e subordinata a quella del maschio. Per questo diventa importante per il femminismo l'atto performativo coniato da John Austin nel libro “Come fare cose con le parole”. Abbiamo già visto che quando il prete dice “vi dichiaro marito e moglie” performa, dà forma, a una cosa che prima non c'era, almeno in ambito sociale, un marito e una moglie. Ecco, questo è l'atto performativo. Allora si tratta di

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Il tema del numero

costituire l'identità femminile mancante a partire da questo carattere del linguaggio, performandola, ma c'è un problema. La potenza del linguaggio dà forma e stabilità al mondo, cioè, crea proprio quegli stereotipi che a volte vogliamo superare. A forza di ripetersi il linguaggio ci ficca in testa l'identità, ci fa convinti che le cose stanno così e non altrimenti. L'identità diviene per questo stabile e ovvia. Si stabilisce in questo modo ciò che è dentro e ciò che è fuori. Ciò che è normale e quello che è anormale, si stabilisce il positivo e il negativo, si creano appunto degli stereotipi. La sua potenza performativa costruisce le norme. In questo complesso gioco della gabbia linguistica il risultato è che la donna è stereotipata ed è posta in uno spazio positivo e insieme negativo. Come sfuggire a questo meccanismo che il linguaggio macina nel costituire l'identità? Come possono elaborare le donne la propria identità usando il medesimo meccanismo? Siccome l'identità è prodotta da un linguaggio così strutturato si rimane bloccati, poiché l'unica sarebbe uscire da questo

Figura 4.7 - A fianco Emmeline Pankhurst nei primi anni del Novecento, arrestata in seguito ad una protesta vicino a Buckingham Palace a Londra. In alto immagini di contestazioni femministe negli anni Sessanta. linguaggio. Il femminismo, utilizzando la stessa struttura linguistica, rischia di cadere negli stessi difetti che denuncia, cioè di promuovere l'economia razzista e classista del linguaggio occidentale. Se pensiamo che ciò sia determinato naturalmente dimentichiamolo, perché ciò che è naturale non è altro che una convenzione stabilita socialmente. ■ Franco Insalaco Autore di saggi filosofici e testi poetici. Organizza reading letterari e incontri culturali. Nel 2005 con il filosofo Pietro M. Toesca ha realizzato la “Festa Cantiere della Poesia” promossa dal Comune di San Gimignano e dalla Provincia di Siena. È stato direttore del bimestrale filosofico «Éupolis. Rivista critica di ecologia territoriale». Indirizzo web del Giardino Filosofico: http://giardinofilosofico.blogspot.it

Indicazioni bibliografiche Austin John, Come fare cose con le parole, Marietti, Torino, 1987 Cavarero Adriana, Restaino Franco, Le filosofe femministe, Mondadori, Milano, 2002 De Beauvoir Simone, Il secondo sesso. Donne non si nasce si diventa, Il Saggiatore, Milano, 2008 Freud Sigmund, Il disagio della civiltà” Bollati Boringhieri, Torino, 1985 Illich Ivan Genere e sesso. Per una critica storica dell'uguaglianza, Neri Pozza,

Milano, 2013 Rukeyser Muriel, Myth Wallstonecraft Mary, Rivendicazione dei diritti della donna, 1792 Wallstonecraft Mary, I pensieri nella educazione delle ragazze, 1787 Wallstonecraft Mary, Maria, 1798

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IL PERSONAGGIO

La passione politica

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Nilde Iotti Politica e passione al femminile


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no dei settori in cui la differenza di genere risulta particolarmente marcata è la politica. I posti chiave di dirigenza e amministrazione del Paese sono da sempre in mano ad una maggioranza di uomini. La "questione femminile" è da qualche anno al centro del dibattito e qualche cambiamento si è registrato. Nilde Iotti fu esempio concreto, uno dei pochi della prima storia repubblicana, di come il ruolo delle donne può incidere sulla vita pubblica. Seguono due testimonianze al femminile della vicenda umana e politica di Nilde Iotti (Reggio Emilia, 1920 - Poli 1999).

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ita parlamentare. Nilde Iotti decise di dimettersi dalla Camera dei Deputati inviando al Presidente Violante una breve lettera. Ricordo ancora la frase più significativa che, con voce rotta dall'emozione, il Presidente lesse di

di Elena Montecchi fronte ad un'Aula gremita, silenziosa e tesa: “mi auguro che lo spirito di unità per cui mi sono sempre impegnata prevalga nei confronti dei pericoli che minacciano la vita nazionale”. Era il 18 novembre 1999 e Nilde sarebbe scomparsa pochi giorni dopo. Tutti avvertivamo che il suo forzato abbandono costituiva una grande perdita per noi e per il Paese che lei tanto amava. Seppur gravemente malata, Nilde ci invitava, ancora una volta, a condurre le nostre battaglie politiche nel rispetto reciproco e con l'intento di far sempre prevalere gli interessi della Nazione. Il dibattito che seguì alla sua richiesta di dimissioni rappresenta ancora oggi una delle pagine più belle della vita dell'Assemblea. Intervennero decine di Colleghi e ciascuno con la propria testimonianza offrì uno spaccato dell'Italia repubblicana. La “gran signora della politica italiana” - come la definì il quotidiano francese “Le Monde” - aveva contribuito da protagonista a forgiare la storia delle istituzioni del nostro Paese. Era stata “madre della Repubblica” (Anna Finocchiaro Fidelbo), “la tenace protagonista delle riforme del Regolamento della Camera dei Deputati” (Antonio Maccanico), “una avversaria dell'ostruzionismo radicale, corretta e rispettosa dei diritti delle minoranze” (Marco Boato), “una straordinaria Presidente, autorevole e rispettata in Italia e all'estero” (Giorgio La Malfa). Fu Beppe Pisanu, allora capogruppo di Forza Italia a ricordare che “i richiami più severi, i rimbrotti più aspri della Presidente Iotti si rivolgevano sempre e immancabilmente alla sua parte politica. Quello era un suo modo di manifestare non solo il bisogno di imparzialità, ma anche l'amore esigente che nutriva verso i suoi compagni di lotta”. In quell'occasione Pisa-

nu colse una caratteristica peculiare di Nilde: esigente e severa tanto verso se stessa quanto verso gli altri. Soprattutto se gli altri e le altre erano iscritti al suo Gruppo Parlamentare. A noi chiedeva la costante consapevolezza delle responsabilità che il popolo sovrano ci aveva affidato. Un compito difficile e nobile che dovevamo assolvere come prescrive la Costituzione: con dignità e onore. A noi giovani deputate iscritte al Gruppo Comunista, Nilde dedicò un incontro informale che si svolse all'indomani del suo terzo insediamento alla Presidenza della Camera dei Deputati (1987). Ci espresse le sue felicitazioni per l'ampio numero di elette e ci esortò a studiare e ad approfondire le materie di cui ci saremmo occupate, ci chiese di ascoltare le ragioni dei rappresentanti degli altri Gruppi e ci suggerì anche di indossare sempre abiti consoni al valore storico-simbolico del luogo: la Camera dei Deputati, uno dei Templi della democrazia. Noi capimmo che la “nostra” Presidente sarebbe sempre stata una Maestra. E lo fu per davvero. Nilde con noi era sempre disponibile, pronta ad ascoltarci quando le presentavamo i problemi politico-parlamentari che incontravamo nel corso del nostro lavoro, ad offrirci preziose indicazioni procedurali e a sostenere le nostre iniziative quando era necessario ricorrere al suo prestigio e al suo potere. Inflessibile nell'analisi dei problemi, franca nell'individuare i limiti delle nostre azioni, soprattutto se queste erano condizionate da settarismi o da atteggiamenti propagandistici, Nilde aiutò le Parlamentari e le donne italiane a conquistare leggi importantissime. La Presidente Iotti salvò la riforma per la decurtazione dei tempi necessari per lo ► scioglimento dei matrimoni (1987), la

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IL PERSONAGGIO TESTIMONIANZE

Nilde, un ritratto dal vivo di Paola Casali*

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n ritratto. “L'ho vista sempre così: la camicetta, il filo di perle coltivate, il fazzolettino gualcito tra le mani che le serviva, penso, per scaricare la tensione”. Era piacevole parlare con Nilde Iotti: forse perché ritrovavo gli accenti delle mie parti, forse perchè nella sua vicenda c'era qualcosa che appartiene alla mia generazione. È stata, per quasi vent'anni, la compagna di Palmiro Togliatti. “Ha dato - diceva - un senso alla mia vita”. Così ci viene incontro Nilde Iotti con le parole di Enzo Biagi che in pochi tratti la delinea nella innata eleganza del sorriso, della parola e in quel suo rivolgersi agli altri nel riserbo e nel pudore. Elegante nel pensiero e nella politica. 6 dicembre 1987. Nilde Iotti, eletta Presidente della Camera dei Deputati per la terza volta consecutiva, il 6 dicembre 1987 inaugura il nuovo Municipio di Bagnolo in Piano, piccolo comune alla periferia nord di Reggio Emilia. Nilde prende la parola in sala del Consiglio Comunale e subito dopo in Teatro, anzi in un teatro gremito all'inverosimile (come già piazza Garibaldi, che si attraversava a fatica, stretta da una folla festante e affettuosa). Presenti e sedute compostamente intere classi delle locali scuole, accompagnate dai loro insegnanti, benchè fosse domenica. Risponde ai ragazzi e alle ragazze che le rivolgono domande puntuali sulla scelta della politica, sul valore di quella scelta, sulle vicende nazionali ed internazionali... Nilde risponde a quei giovani con parole di un'attualità sconcertante, che ci richiamano alle radici stesse della nostra democrazia, che leggono il nostro presente ventisei anni fa. Parole che invitano a riflettere su quanta parte di quelle premesse abbia trovato nel tempo attuazione e su quanta parte invece, sia rimasta inespressa, confinata nella dimensione del possibile. Nilde Iotti, grande donna reggiana, una di noi, è presente e attuale non solo per ciò che ha saputo rappresen-

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tare per la storia del nostro Paese alla guida delle più alte cariche istituzionali, ma anche per come ha saputo interpretare in chiave moderna il ruolo delle donne nella società, nelle istituzioni, per il conseguimento e l'affermazione dei valori che fanno delle pari opportunità una straordinaria conquista del nostro tempo. In favore delle donne. Nilde Iotti è straordinaria non tanto perché nel corso della sua vita politica ha dato una testimonianza di appartenenza ad una parte, ma per il ruolo generale che ha saputo rivestire e per l'aspetto simbolico che ha incarnato per tante donne. Era dotata di grande capacità di elaborazione politica, cui fa fede il contributo fondamentale alla “Costituente” (giovanissima, insieme ad altre cinque donne elette fu nella commissione dei settantacinque incaricata di redigere la Costituzione, insieme tra gli altri a due insigni costituenti reggiani: Giuseppe Dossetti e Meuccio Ruini). Ebbe probabilmente una vita non facile per una donna del suo periodo e dovette affrontare una serie di pregiudizi, anche sul piano personale, non di poco conto. Ma aprì la strada alla libertà di scelta delle donne. Cito dal discorso di insediamento alla Camera il 20 giugno 1979: “io stessa, non ve lo nascondo, vivo in modo emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo che supera la mia persona e investe milioni di donne che, attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci, si sono aperte la strada verso la loro emancipazione...” Anche se la carica non le permetteva più di intervenire con l'ampiezza e l'incisività di prima in favore delle donne, non smise di mettere in primo piano le loro priorità politiche e di dare visibilità alle loro iniziative. Così ogni anno celebrava l'otto marzo alla Camera in modi sempre diversi per dare lustro e importanza alla data. Nel 1987 quando Craxi fu costretto a dimettersi, la Presidente convocò, immediatamente prima delle dimissioni, la Commissione Giustizia per approva-

re la riforma del divorzio, che altrimenti chissà quando avrebbe potuto essere approvata. E ancora nel 1988 aderì alla manifestazione nazionale per la legge sulla violenza sessuale ed incontrò e supportò le pensionate che chiedevano la revisione delle norme sui ticket sanitari. Nel 1989 insieme con altre due donne presidenti (una tedesca e una irlandese) propose una conferenza delle parlamentari europee sui temi dell'emancipazione femminile, mentre nel 1990 firmò, assieme ad altre parlamentari, un progetto di legge sui tempi di vita che modificava il rapporto donne-lavoro-società. Fu un gesto controcorrente: mai un Presidente aveva firmato un progetto di legge che poi avrebbe dovuto esaminare. Lei disse che lo aveva fatto perchè riteneva giusta e rivoluzionaria quella proposta che costringeva le istituzioni a fare i conti con la vita concreta delle donne e a riconoscere che milioni di loro avevano imposto grandi cambiamenti agli assetti sociali e della produzione. Aiutò sempre le donne della società civile a far sentire la loro voce nell'istituzione, come nel 1991, quando, durante la guerra del Golfo, trasmise a tutte le deputate l'appello di 1300 donne di Torino “Io donna contro la guerra”, perchè solidalizzassero anche loro. Non stupisce perciò quanto la popolarità di Nilde in quegli anni divenne ampia, tanto ampia che anche un gruppo di suore, incontrandola per caso in un museo di Milano, le corse incontro per salutarla, abbracciarla e ringraziarla di aver svolto per tanto tempo e nei diversi ruoli ricoperti il compito di rappresentare le donne. Compito che svolse sempre ricercando il dialogo con le altre, non solo con le cattoliche, attraverso la fermezza delle proprie idee e con numerose scelte coraggiose e precorritrici dei tempi. Fondazione Nilde Iotti. Oggi la Fondazione Nilde Iotti, promossa dalla figlia Marisa Malagoli Togliatti, da Livia


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Turco e dalle Istituzioni locali della Regione Emilia Romagna, si propone di coinvolgere le personalità importanti che l'hanno conosciuta e stimata, compresi uomini e donne che, pur non riconoscendosi nella storia della sinistra, hanno come punto di riferimento la nostra Costituzione e credono nel contributo che le donne possono dare alla crescita culturale del nostro paese. Non so quale potrebbe essere il pensiero di Nilde Iotti sull’odierno dibattito che si è aperto sulla necessità di riformare la seconda parte della Carta Costituzionale. Credo che mettere le mani su quella che è definita la più bella Costituzione del mondo, debba indurre a riflessioni, considerazioni, prudenze e assoluta umiltà. Il dono dei Padri costituenti (e dell’onorevole Iotti) ha permesso all’Italia di crescere civilmente, economicamente, socialmente. Già nel 1994 don Giuseppe Dossetti gridò alto il suo monito in tale senso. A me, ora in questa sede e nel concludere, spetta il gradito compito di rivolgere il mio grazie a Nilde per la preziosa testimonianza di vita che ci ha lasciato. * Paola Casali è moglie, madre, insegnante e donna che crede e svolge un impegno politico e sociale, specie nella dimensione locale a favore della sua comunità. Ha partecipato in vari ruoli all'affermazione delle pari opportunità, quale convinta ed attiva assertrice. è stata, per una vita, donna di scuola, "magistra" nel vero senso del termine. è stata inoltre, consigliera provinciale, e in quella veste, ha promosso varie iniziative a favore dei diritti non riconosciuti alle donne, all'identità di genere, alla presenza delle donne nei vari consessi istituzionali della nostra organizzazione sociale. Ora, dopo essere stata consigliere ed assessore, è Sindaco del Comune di Bagnolo in Piano, carica che ricopre dal giugno 2009.

Il tema del numero

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Deputata Iotti si schierò in Aula con un intervento decisivo per l'approvazione della legge contro il reato di violenza sessuale. Poi intervenne con fermezza e con forza argomentativa per contrastare Emma Bonino, che proponeva di cancellare le norme inserite nelle riforme elettorali (1993) che agevolavano l'acces-

so percentuale delle donne nelle liste dei partiti. Nilde credeva fermamente nel fatto che le donne nelle istituzioni potevano apportare modifiche decisive per la vita delle nostre cittadine. Ma alle elette chiedeva di valutare consapevolmente il contesto istituzionale, sociale e culturale nel quale dovevano maturare le decisioni programmatiche e le leggi. Contestava chiunque ipotizzasse di adottare facili scorciatoie demagogiche che - sosteneva - avrebbero condotto ad un nulla di fatto, generando così un ulteriore “sentimento di sfiducia verso la capacità della politica di risolvere i problemi concreti delle donne”. D'altro canto tutta la vita parlamentare di Nilde Iotti fu contraddistinta da un grande senso delle “nobili” mediazioni quale risultato di uno spirito di ricerca delle maggioranze necessarie per approvare leggi di riforma e di cambiamento. L'Italia in Europa. Nel 1976 Nilde fu eletta Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati. Grazie anche a quel ruolo pre-

Anemos neuroscienze

stigioso e impegnativo, prese slancio la sua riflessione culturale e politica sulla necessità di riformare la seconda parte della Costituzione. L'Italia degli anni '70 del Novecento si presentava come un Paese moderno e contraddittorio. L'insediamento delle Regioni (1970), i nuovi poteri riconosciuti ai corpi intermedi della società (sindacati, organizzazioni professionali, di categoria, rappresentanze di base locali) e il consolidamento delle nuove forme di rappresentanza europee indicavano una precisa strada da percorrere: quella dell'adeguamento costituzionale della politica (articolo 49 sui partiti), della forma di Stato e della forma di Governo. Forte anche della sua esperienza al Parlamento Europeo (1969/1979) che la vide tra i protagonisti italiani sia nella battaglia per il voto a suffragio universale sia nella svolta europeista del PCI, Nilde seppe collocare i nostri problemi istituzionali nel contesto internazionale che stava maturando. L'elezione diretta dei membri del Parlamento (1979) avrebbe consentito “all'istituzione europea di legittimarsi su base democratica e popolare” e avrebbe cambiato per sempre il rapporto e il confronto tra gli Stati membri. Il suo lavoro internazionale decennale le offrì anche l'opportunità di conoscere e confrontarsi con grandi personalità della politica europea: Simone Veil, Francois Mitterand, Olof Palme, Helmut Khol, Margaret Tatcher. Quei confronti, accompagnati dalle approfondite conoscenze dei sistemi politicoistituzionali dei principali Paesi europei, furono decisivi per individuare lucidamente la doppia sfida sulla quale l'Italia doveva cimentarsi: le riforme “interne” per assecondare lo sviluppo democratico e moderno del Paese e per rafforzare l'Italia nella competizione “fraterna” con gli altri Paesi. L'Italia della seconda metà degli anni '70 e degli anni '80 visse nell'incubo del terrorismo che non riuscì, comunque, a prostrare il popolo e a mettere in crisi il sistema istituzionale. Lo Stato resse a quell'urto, ma ciò che allora iniziò ad incrinarsi fu l'uso della leva della spesa pubblica quale principale agente regolativo nella società e nei conflitti tra i poteri centrali e quelli regionali/locali. Nilde riteneva indispensabile che la ► nostra classe dirigente alzasse lo sguar-

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IL PERSONAGGIO

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do e riuscisse a vedere lontano. L'Italia stava correndo in Europa e nel mondo, ma la sua corsa era zavorrata da istituzioni fragili e da una spesa pubblica irrazionale. L'Italia era quella che Nilde dipinse in un'intervista ad un quotidiano belga: “il mio Paese si è guadagnato il suo ruolo nel mondo. Anche a prezzo di grandi sacrifici degli italiani in Patria e all'estero. Ricordo coloro che dal dopoguerra fino alla fine degli anni '60 dal Sud dell'Italia si sono recati al Nord per cercare un posto di lavoro. E ricordo con commozione quelli che sono emigrati all'estero alla ricerca di una vita migliore e che talora hanno trovato la morte, come accadde nell'immane tragedia di Marcinelle. Ai figli di queste centinaia di vittime che oggi sono anche cittadini del Belgio io dico che l'Italia non ha dimenticato i loro padri. L'Italia del dopoguerra era in ginocchio, costretta a fornire braccia per le miniere in cambio di carbone. La nuova Europa che sta nascendo vedrà l'apporto decisivo dell'Italia democratica, forte del suo sviluppo economico e consapevole del suo passato”. L'intento di Nilde, soprattutto durante la sua Presidenza, fu quello di far sì che gli eletti conoscessero a fondo anche la vita e le attività degli altri Parlamenti europei. Promosse incontri di studio, seminari tematici bilaterali, visite e scambi di esperienze. Al fine di consentirci la migliore comprensione dei documenti internazionali ci sollecitò a studiare le lingue straniere, facendo organizzare dall'Amministrazione della Camera dei corsi di lingue che iniziavano alle 7 del mattino per non interferire con l'attività parlamentare quotidiana. Il 27 novembre 1990 la Presidente svolse l'intervento di apertura della Conferenza dei Parlamentari d'Europa. Lei volle ospitare a Roma quell'evento storico, che anticipò di poco il Trattato di Maastricht, in memoria dei Trattati di Roma. I suoi riferimenti alle riforme costituenti per una nuova Europa furono sommersi da applausi convinti e sinceri. Il suo saluto alla delegazione tedesca, che per la prima volta rappresentava la Germania unificata, fu emozionante. Nilde evidenziò che il tema del futuro funzionamento democratico delle istituzioni europee era all'ordine del giorno. E doveva essere affrontato celermente perchè occorreva individuare il miglior meccanismo “rispettoso dei valori e delle regole che

ispirano le democrazie nazionali e che rischierebbero di subire lesioni gravi se non si riformerà la struttura istituzionale della Comunità”. Per lei l'accordo di Maastricht doveva essere accompagnato da nuovi processi decisionali per evitare i rischi dell'inaridimento delle democrazie europee e nazionali.

Altre importanti riforme regolamentari fecero seguito a questa: la sessione parlamentare dedicata alle manovre finanziarie e ai documenti di bilancio dello Stato che doveva concludersi entro il 31 dicembre di ogni anno, anche per evitare le incertezze economiche derivanti dagli esercizi provvisori; l'abolizione del voto segreto quale strumento ordinario di vo-

E ricordo con commozione quelli che sono emigrati all'estero alla ricerca di una vita migliore e che talora hanno trovato la morte, come accadde nell'immane tragedia di Marcinelle. Riforme istituzionali. Non a caso, nel suo primo intervento svolto dopo l'elezione a Presidente della Camera (1979), la Iotti individuò due aspetti rilevanti per il suo futuro impegno: “affrontare quelle parti della Costituzione che il tempo e l'esperienza hanno dimostrato essere inadeguate” e “tutelare in primo luogo i diritti delle minoranze ma anche il diritto della maggioranza di legiferare”. Indubbiamente la Presidente fu coerente su entrambi i piani. Ma ottenne risultati diversi. Infatti laddove si esercitò il suo potere, la Presidenza della Giunta per il Regolamento della Camera, si ottennero grandi riforme. Non si può dire altrettanto nel campo delle riforme istituzionali. Le riforme del Regolamento della Camera sono tuttora vigenti e costituiscono un sapiente equilibrio tra le prerogative delle minoranze e i poteri delle maggioranze. Il cosiddetto “lodo Iotti” (1981) impose il contingentamento dei tempi per i Gruppi che intraprendevano la strada dell'ostruzionismo. L'occasione concreta per quella storica riforma fu offerta dall'ostruzionismo che il Gruppo Radicale mise in atto per bloccare i provvedimenti governativi contro il terrorismo.

tazione che consentiva comportamenti politici opachi e non verificabili. Queste decisioni costarono a Nilde Iotti attacchi, anche personali, e polemiche. Diversi partiti, compreso il PCI, dissentirono pubblicamente. Il PCI fu protagonista di un confronto aspro nei suoi confronti quando la Presidente - dopo aver consentito tempi adeguati per l'ostruzionismo che i partiti di opposizione misero in atto contro il decreto sulla scala mobile (1984, Governo Craxi) - decise di fissare la data e l'ora per il voto di fiducia sul Decreto. Assunse sulla sua persona la totale responsabilità di consentire al Governo di legiferare. Anche perchè il testo presentato rientrava pienamente “nei limiti fissati dalla Costituzione”. Nilde compì un gesto doveroso ma politicamente difficile, perchè quella scelta la isolò momentaneamente dal suo partito e dal suo carismatico segretario, Enrico Berlinguer. Molti anni dopo quell'episodio le chiedemmo di raccontarci i retroscena della vicenda. Lei non si sottrasse e fu come al solito sobria e serena. Per descrivere il suo stato d'animo di allora utilizzò un'espressione dialettale consueta tra gli anziani contadini reggiani: “io


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sono come la radice di un rovere”. Con quella unica frase ci aveva fornito l'ennesima lezione di vita. Riforme costituzionali. Molto meno fortunato fu il suo impegno per le riforme costituzionali. In questo caso le responsabilità delle mancate riforme sono da ripartire tra tutte le forze politiche e tra i

Il tema del numero

spacciati per la difesa dei valori costituzionali, rendite di posizione gattopardesche e miopi calcoli di effimeri interessi di parte. A ciò va aggiunto che la cancellazione della memoria recente agevola la rimozione dell'opera di intellettuali al servizio delle riforme economico-istituzionali, caduti per mano dei terroristi. Tra questi ricordo Ezio Tarantelli e Roberto Ruffilli. E tra le tante rimozioni giova sottolineare quella che impedisce di leggere correttamente il biennio parla-

Figura 5.1 e 5.2 - A fianco un'immagine dell'immigrazione interna italiana negli anni Sessanta. In basso Palmiro Togliatti, leader del PCI fino al 1964. Dal 1944 al 1945 ricoprì la carica di vice Presidente del Consiglio e dal 1945 al 1946 quella di Ministro di Grazia e Giustizia. Fu il compagno di Nilde Iotti.

diversi attori sociali: organizzazioni sindacali, datoriali e professionali. Inoltre anche il mondo accademico e intellettuale, nonchè la grande stampa, sono stati protagonisti e maestri per intralciare, svilire e indebolire i tentativi di cambiamento della Costituzione. Tutti portano il peso di non aver voluto, chi con maggiori e chi con minori responsabilità, intraprendere e sostenere la via della radicale trasformazione della vita politica e istituzionale italiana. Perciò i fallimenti delle Commissioni Bicamerali Bozzi, Ciriaco De Mita-Iotti e, infine, Massimo D'Alema non sono ascrivibili solo ai mancati accordi politico-parlamentari che, peraltro e nel corso del tempo, si sono trasfigurati nell'immaginario collettivo come “inciuci” o, peggio, intelligenza con il nemico. I problemi di ieri e, purtroppo, anche di oggi restano immutati ed essi sono a mio parere il frutto dell'intreccio tra conservatorismi

mentare 1992/1994 che, ben prima della cosiddetta discesa in campo di nuovi protagonisti politici come Silvio Berlusconi e Forza Italia, poteva concludersi con la riforma organica della seconda parte della Costituzione. Invece, come effettivamente accadde, il Parlamento riuscì a riformare le leggi elettorali locali e nazionali e a fornire al nuovo sistema locale alcune modifiche. Atti politici certamente rilevanti, ma molto frammentati e disomogenei.

Anemos neuroscienze

L'Italia oggi. La crisi economica odierna accompagnata da una significativa incertezza politica e istituzionale renderebbe necessaria, invece, una lettura precisa del ventennio trascorso, ciò anche al fine di individuare con nettezza se sussistono ancora le ragioni che nel passato hanno impedito quello spirito parlamentare unitario invocato dalla Iotti. In assenza di tale spirito, come ha ricordato il Presidente Napolitano nel suo severissimo intervento di reinsediamento (2013), l'Italia faticherà a ritrovare il senso generale della sua direzione di marcia per uscire dalla crisi. Nel 1992 Nilde Iotti sostenne che “se falliremo, la storia del nostro Paese, ed anche la nostra storia, sarà più difficile e sofferta”. Nel 1998 Nilde intervenne, di nuovo, per tentare di rinsaldare l'esile filo che teneva ancora in vita la Commissione Bicamerale presieduta da Massimo D'Alema. Lei ripropose i temi sui quali spese l'ultima parte della sua vita pubblica: la ricerca di nuovi equilibri tra la forma dello Stato e la forma di Governo. All'Italia serviva un rapporto diverso tra i poteri, a partire da quelli del Presidente del Consiglio e dell'Esecutivo nei confronti delle Camere e della comunità nazionale. L'idea del rafforzamento dei poteri del Governo nasceva anche dal fatto che le nuove istituzioni regionali e locali rischiavano di disperdere il loro enorme potenziale di governo democratico nel costante, permanente e rissoso conflitto di e tra i poteri. Le rivendicazioni legittime di poteri e autonomie territoriali dovevano essere bilanciate da vincoli di responsabilità nazionali e internazionali che tutti i soggetti istituzionali dovevano onorare. La profonda conoscenza che Nilde aveva della storia italiana le consentiva di vedere lucidamente una sofferenza strutturale della nostra Nazione, frutto di un complesso processo di unificazione risorgimentale: un debole senso identitario nazionale che si manifestava anche ► nell'altrettanto debole riconoscimen-

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IL PERSONAGGIO

Le donne della Repubblica Italiana

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on sono molte le donne che nella storia repubblicana hanno raggiunto posti chiave nell'amministrazione della cosa pubblica in Italia. Si ricordi, d'altra parte, che il voto è stato esteso alle donne solo dopo la caduta del fascismo, fatto che considerato secondo i parametri di oggi ha dell'incredibile. Tra le donne che si ricordano della storia repubblicana, rientra certamente Lina Merlin (1887-1979). Angelina Merlin fu partigiana, membro dell'Assemblea Costituente e prima donna a essere eletta al Senato della Repubblica nelle file del Partito Socialista. Il suo nome è legato alla famosa legge - detta appunto Legge Merlin - del 1958. Tale disposizione legislativa disponeva la chiusura delle case di tolleranza e l'introduzione di una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione. Considerandone pure gli effetti negativi visti con i parametri odierni, si tenga presente che la ratio del legislatore allora era, per così dire, in buona fede perchè mirava a reprimere lo sfruttamento delle donne, più che la prostituzione in sé. Altra personalità femminile della storia italiana è certamente Rita Levi Montalcini. Già vincitrice del Premio Nobel per importanti studi sul cervello, Rita Levi Montalcini esercitò fino alla fine il suo ruolo di Senatrice a vita con un convinto senso civico. È scomparsa di recente.

to da parte dei cittadini dell'autorevolezza delle istituzioni statali e degli spazi pubblici. La storica forza del municipalismo, peraltro pressochè circoscritta all'Italia del Centro-Nord, rappresentava per Nilde un elemento importante per rafforzare lo spirito di comunità ma era del tutto insufficiente per affrontare le sfide contemporanee. L'Italia moderna necessitava di una intelaiatura istituzionale chiara ed efficace perché “nell'Europa dell'euro noi dobbiamo portare una Nazione il più possibile omogenea e unita”. Nilde non condivideva tutte le proposte elaborate dalla Commissione D'Alema ed elencò i temi specifici sui quali auspicava correzioni. Ma sostenne il valore complessivo della proposta perchè aveva il pregio di disegnare un quadro chiaro. “Siamo qui per decidere norme e istituzioni destinate a durare negli anni, rivolte alle generazioni future, al modo in cui esse realizzeranno il loro diritto ad avere istituzioni demo-

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cratiche efficienti, capaci di interpretare, per un ragionevole periodo, l'inevitabile evoluzione dei tempi: stiamo decidendo dell'Italia che si affaccia al XXI secolo. Lo sviluppo del rapporto democratico tra lo Stato e i cittadini è indispensabile anche per impedire nuove forme di autocrazia: del potere militare, della moneta, del sapere tecnologico, dell'informazione. Se abbandonassimo il sentiero delle riforme, continuerebbe una fase di instabilità e incertezza politica. Oggi noi non possiamo tornare indietro riaprendo una stagione in cui i poteri di veto rendono debole la politica per indebolire lo Stato”. E fu proprio per i poteri di veto del centro-destra e per la debole resistenza delle forze di centro-sinistra che anche quella Bicamerale si arenò. Nilde intervenne con il suo stile oratorio chiaro e solenne: lei era tanto innovatrice quanto rispettosa dei riti e degli obblighi parlamentari. Perfino quelli più duri e faticosi, quali erano le numerose nottate in

bianco trascorse in aula per difendere il Governo Prodi dall'ostruzionismo della destra. Nilde non si rinchiuse mai in una torre d'avorio. Conosceva la gente del nostro Paese e la gente l'amava. Soprattutto le donne che la percepivano come un simbolo a portata di mano. Migliaia di donne e di ragazze giovani, giovanissime, insieme a tanti uomini sfidarono il freddo dicembrino fermi, immobili in attesa di poter entrare nel Palazzo Montecitorio per rivolgerle l'ultimo saluto. Tante ragazze depositarono i loro fiori, altri si fecero il segno della Croce, altri ancora la salutarono con un pugno chiuso. George Bush Senior disse che la Iotti era “una marxista civile”. Questo rozzo commento da cow-boy esprimeva lo stupore di chi aveva incontrato un'elegante statista democratica e di sinistra. Immagino quale moto di incredulità avrebbe travolto l'allora Presidente americano, se avesse saputo che Nilde ogni vigilia di Natale cucinava i tortelli di zucca. Le zucche le venivano fornite da una famiglia contadina reggiana. Il mio compito era quello di trasportarle a Roma. Nilde intratteneva con la “signora delle zucche” una fitta corrispondenza epistolare ricca di valutazioni sulla consistenza della polpa e sui modi migliori per arricchire il ripieno dei tortelli: la quantità di amaretti, della scorza di limone o della noce moscata. E a me piace ricordare che Nilde, la grande Signora della Repubblica, una donna che ha fatto la storia, amava anche cucinare i tortelli di zucca.■ Elena Montecchi. È nata e vive a Reggio Emilia. Eletta Consigliera Comunale, è stata Assessore nella sua città fino al 1986. Deputata dal 1986 al 2006, ha fatto parte della Commissione Affari Costituzionali, dell'Ufficio di Presidenza e della Giunta per il Regolamento della Camera dei Deputati. Componente di diversi comitati parlamentari bilaterali europei ed extra-europei, ha svolto un'intensa attività nel “Gruppo di contatto” italiano ed europeo durante la guerra in Afghanistan. Dal 1996 al 1998 è stata Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro. Dal 1998 al 2001 è stata Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega ai Rapporti con il Parlamento. Dal 2006 al 2008 è stata Sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali. Nel 2009 Giorgio Napolitano l'ha nominata Commissario presso l'Autorità di Garanzia e Controllo dell'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici. Nel 1998 con Tiziano Treu e Massimo Antonello ha collaborato alla scrittura del libro “La riforma del mercato del lavoro” a cura di Marco Biagi (UTET Edizioni). Nel 2005 ha scritto il libro “Le bimbe di Kabul. Diario di un viaggio in Afghanistan” (Aliberti Editore).


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Il tema del numero

Anemos neuroscienze

Il tema del numero

ALTRI APPROFONDIMENTI

Pagina 44 Effetto Mozart ed epilessia

Pagina 50 Franz Liszt alla Salpètriere

Pagina 52 Cellule staminali in neurologia

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Neurologia Musicoterapia

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EFFETTO MOZART ED EPILESSIA Studio clinico in relazione agli aspetti neurofisiologici e riabilitativi legati all’ascolto della Sonata KV 448 in pazienti con Sindrome di Lennox-Gastaut

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Anemos neuroscienze

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

di Federica Sanfilippo

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parole chiave. Effetto Mozart, epilessia, Sindrome di Lennox-Gastaut, musicoterapia, musica, Mozart Abstract. L’Effetto Mozart si estrinsecherebbe in un incremento delle performance e del ragionamento spazio-temporale. Ne è stata documentata anche un’efficacia terapeutica nell’epilessia, evidenziabile in una riduzione della durata e della frequenza delle crisi epilettiche. Si è pertanto tentato di valutare l’efficacia riabilitativa legata all’ascolto della Sonata K.448 di Mozart in pazienti affetti da Sindrome di Lennox-Gastaut, una rara forma di epilessia refrattaria. Lo studio clinico ha mostrato complessivamente risultati degni di nota, in vari ambiti: l’ascolto della Sonata K. 448 si è dimostrato utile nel ridurre la frequenza e la durata delle crisi; si è evidenziata una modesta riduzione delle cadute e della perdita della continenza sfinterica; è diminuita la durata dello stato confusionale post-critico e sono migliorate la durata e la qualità del sonno; alcuni aspetti comportamentali si sono modificati ed i pazienti si sono rivelati più sereni, meno oppositivi, nervosi ed agitati. Si è inoltre rilevato un miglioramento della qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie, che hanno autonomamente deciso di continuare il trattamento dopo la conclusione dello studio.

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benefici della musica. Fin dalle origini della specie umana, la musica ha rivestito un ruolo inspiegabilmente importante. I reperti archeologici testimoniano che, già nella Preistoria, l’uomo si serviva dei suoni per comunicare con i propri simili e con la natura. In un passo della Bibbia si narra dell’uso della musica come agente terapeutico, presumibilmente in un soggetto con epilessia:

ne delle armonie [...], cioè che una parte di lei sia morale, una attiva, e una astrattiva, e ancora che la natura d’esse armonie, abbia in ciascuna parte una propria virtù, però dico la musica non dovere essere usata por cagione d’una sola utilità, ma di più anzi dico lei deve essere usata per fine di erudizione, e di purgamento. [...] Nel terzo fine è lo intrattenersi nell’ozio, e relassare l’animo, e quietarsi dalli negozi. (Aristotele, Trattato dei governi, Libro V, Cap. VII)

quando dunque lo spirito sovraumano investiva Saul, Davide prendeva in mano la cetra e suonava: Saul si calmava e si sentiva meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui. (Samuele, 1, 16-23)

Il filosofo greco suddivideva le armonie, individuandone alcune connotate da effetti positivi sull’anima e sul corpo. Nonostante siano passati secoli, si indaga ancora su tali effetti.

I Greci, che attribuivano alla musica un ruolo determinante nelle loro teorie cosmogoniche e metafisiche, utilizzarono il suono nella prevenzione e nella cura di malattie fisiche e mentali. Secondo Aristotele, la musica assolveva una funzione catartica, permettendo all’animo di purificarsi dagli istinti e dai sentimenti negativi:

Effetto Mozart. Negli ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno provato i benefici esercitati dall’ascolto della musica di W. A. Mozart sul cervello. Si parla infatti di Effetto Mozart, intendendo con tale definizione un cambiamento dell’attività neurofisiologica ed un incremento delle performance cerebrali, associati all’ascolto della musica del celebre

Essendo adunche stata approvata la divisio-

compositore. Le caratteristiche peculiari che renderebbero la musica mozartiana capace di esercitare tali influenze sul cervello sarebbero quelle di una periodicità a lungo termine (20-60 sec) e della costante ripetizione di sequenze variate. Tali analogie con i meccanismi della codifica cerebrale, come ad esempio con i CAP o i fusi del sonno, farebbero entrare in risonanza le strutture cerebrali, altamente organizzate, ottenendo un miglioramento di tutte le funzioni sub-ottimali. La musica di Mozart agirebbe quindi come ►

Figura 6.1 - Nella foto a destra il compositore, pianista, organi-

sta e violinista austriaco Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791). La sua produzione musicale comprende sinfonie, musica sacra, da camera e opere di vario genere.

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Neurologia Musicoterapia

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Tabella 1 - QoL paziente prima e dopo il trattamento 10 9 8

Valori QoL

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QoL iniziale

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QoL finale

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F.B.

F.P.

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T.A.

Pazienti

esercizio di eccitazione per l’encefalo, favorendo la riorganizzazione dei pattern cerebrali e promuovendo il flusso di potenziali, responsabile delle funzioni superiori. La composizione più studiata a tal proposito è la Sonata in Re Maggiore per due pianoforti K. 448. Gli effetti legati all’ascolto della suddetta composizione sarebbero molteplici, tra i quali: • incremento delle performance nel ragionamento spazio-temporale; • potenziamento delle capacità di pianificazione e monitoraggio;

• velocizzazione delle risposte; • effetti positivi sul sonno, sull’ansia e sull’umore; • riduzione della rigidità muscolare; • normalizzazione delle risposte cardiovascolari; • efficacia antiemetica; • decremento dei livelli di cortisolo, beta endorfina, acido lattico e noradrenalina; • incremento dei livelli di IgA; • facilitazione della neurogenesi e della rigenerazione neuronale; • modifiche del pattern EEG Influenza sull’attività ictale, con riduzione della

frequenza e della durata delle crisi (effetti a breve ed a lungo termine). Uno studio di Bodner et al. ha approfondito l’aspetto organico dell’effetto Mozart, utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fRMN). Si sono viste significative differenze nella modifica del flusso sanguigno encefalico indotte dalla Sonata K.448 di Mozart, rispetto a quella indotte dalla musica di Beethoven e da una composizione popolare per pianoforte del 1930. Nel primo caso si è avuta infatti una attivazione del flusso a livello della corteccia prefrontale dorso-

Tabella 2 - Aspetti comportamentali: aggressività e nervosismo C.A.

Pazienti

F.B. Prima delle 4 settimane

F.P.

Dopo le 4 settimane

L.V.

T.A.

46

1

2

3

4

Mai

Raramente

Qualche volta

Spesso

Frequenza di presentazione dell’aspetto


Anemos neuroscienze

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Tabella 3 - Aspetti comportamentali: calma e serenità C.A.

Pazienti

F.B. Prima delle 4 settimane

F.P.

Dopo le 4 settimane

L.V.

T.A.

Mai

laterale (DCP), della corteccia occipitale, del cervelletto e dell’area 47 di Brodmann (a livello della corteccia frontale). Si tratta di aree fondamentali nel ragionamento spazio-temporale. Pertanto si può dedurre che tutta la musica attiva la corteccia uditiva, ma solo quella di Mozart attiva anche le aree del cervello coinvolte nella coordinazione motoria fine, nella visione e nell’elaborazione delle più alte funzioni cerebrali. Studio clinico. Presso il Policlinico Universitario di Catania è stato svolto uno studio clinico per approfondire la relazione tra Effetto Mozart ed epilessia. In particolare, si è tentato di valutare l’effetto benefico della musica mozartiana su pazienti affetti da una forma di encefalopatia epilettica refrattaria, la Sindrome di LennoxGastaut, caratterizzata da una tipica triade sintomatologica, comprendente: - crisi epilettiche generalizzate (crisi toniche, crisi atoniche, assenze atipiche, crisi miocloniche);

2

3

4

Raramente

Qualche volta

Spesso

Frequenza di presentazione dell’aspetto - quadro elettroencefalografico tipico, con presenza di complessi punta-onda lenti a 2-2,5 Hz di ampio voltaggio, diffusi, irregolari, sincroni e asincroni, con disorganizzazione dell’attività di base; - rallentamento o arresto dello sviluppo psicomotorio, con conseguente ritardo mentale. Nella sindrome sono spesso presenti anche disturbi comportamentali, instabilità dell’umore, disturbi della personalità, atteggiamenti psicotici, aggressività, apatia, tendenza all’isolamento. Nello studio si è tentato di valutare l’efficacia riabilitativa dell’ascolto della Sonata K. 448 in termini di riduzione del numero di crisi, della loro durata e delle complicanze correlate, indagando anche l’influenza sui disturbi comportamentali e sullo stato emotivo generale, oltre che sulla qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie. Per i 5 pazienti reclutati, tutti in età giovane-adulta (25-35 aa), affetti da LGS con attività ictale sostenuta a frequenza plurisettimanale ed in te- ►

Tabella 4 - Frequenza delle crisi toniche 17 16 15

15

Numero medio di crisi settimanali

1

14 13 12 11

11

10

10 9

8

8 7 6

6

5

5

4 3

4 3

3

2

2

2 1 0

I sett

II sett

1

1

0

0

III sett

IV sett

Settimane di trattamento

1

2

PAZIENTE

3

4

5

VALORI MEDI CRISI TONICHE SETTIMANALI MESE PRECEDENTE

FINE TRATTAMENTO

1

4

1,75

2

15

11

3

4,5

2

4

4

2

5

5

2,75

47


Neurologia Musicoterapia

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Tabella 5 - Frequenza delle crisi atoniche Numero medio di crisi settimanali

10 9 8

8

8

7

PAZIENTE

6

6 5 4

4

4

3 2 1 0

2 1

1

1

1

1 0

0

0

0

I sett

II sett

III sett

VALORI MEDI CRISI ATONICHE SETTIMANALI MESE PRECEDENTE

FINE TRATTAMENTO

1

1

0,5

2

7,5

6,5

3

0,5

0,25

4

0

0

5

1

0,5

1

2

3

4

5

IV sett

Settimane di trattamento

rapia farmacologica stabile, lo studio si è articolato in un colloquio iniziale, un trattamento riabilitativo domiciliare di quattro settimane ed un colloquio finale. Nel colloquio iniziale è stato somministrato un questionario anamnestico, appositamente strutturato in varie sezioni, seguito dall’esecuzione di un video-EEG, con registrazione dell’attività di base, seguita da registrazione in contemporanea all’ascolto del I Tempo della Sonata KV 448 di Mozart. Il trattamento riabilitativo domiciliare si è svolto per le quattro settimane successive all’incontro, con la cooperazione dei familiari. I pazienti hanno ascoltato l’intera Sonata K. 448 per 2 volte al giorno, al mattino e alla

sera. Durante tale periodo i genitori e/o gli assistenti hanno compilato dettagliatamente un diario delle crisi. Nel colloquio finale è stato somministrato un questionario conclusivo, seguito da una registrazione EEG con e senza musica.

più sereni, calmi, meno oppositivi, nervosi e agitati (Tab. 2 e 3); si è documentato un miglioramento del tono generale dell’umore, con maggiore partecipazione e collaborazione dei pazienti, nonchè minore tendenza all’isolamento. L’ascolto della Sonata K. 448 si è dimostrato utile nel ridurre la frequenza e la duratata delle crisi toniche, atoniche e delle crisi tonico-cloniche generalizzate, come evidenziabile dalle Tabelle 4, 5, 6 e 7. Tra gli effetti sul pattern EEG si è documentata una riduzione degli artefatti muscolari durante e dopo l’ascolto della musica, associata ad un leggero rallentamento della frequenza cardiaca durante l’ascolto.

Risultati. Lo studio clinico ha mostrato complessivamente risultati degni di nota in vari ambiti. Si è rilevato un miglioramento della qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie, come si evidenzia dalla Tab.1. Pertanto i genitori hanno autonomamente deciso di continuare il trattamento dopo la conclusione dello studio. Alcuni aspetti comportamentali si sono modificati ed i pazienti si sono rivelati

Tabella 6 - Frequenza delle crisi toniche-cloniche generalizzate Numero medio di crisi settimanali

10

48

9 8 7

PAZIENTE

MESE PRECEDENTE

FINE TRATTAMENTO

1

1,5

0,75

2

5

3,5

3

6

4,25

4

2,5

1,25

5

3

1,75

6 5

5 4

4 3 2 1 0

3

3 2

2

1

1

I sett

II sett

2 1

1

0

0

III sett

IV sett

Settimane di trattamento

1

VALORI MEDI CRISI TCG SETTIMANALI

2

3

4

5


Anemos neuroscienze

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Tabella 7 - Durata media delle crisi 100

Durata media delle crisi

90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

1

2

3

4

5

Pazienti Prima delle 4 settimane

PAZIENTE

Dopo le 4 settimane

VALORI MEDI CRISI TCG SETTIMANALI MESE PRECEDENTE

FINE TRATTAMENTO

1

20

10

2

90

40

3

30

25

4

30

20

5

40

25

Sono inoltre migliorate la durata e la qualità del sonno, le cadute e la perdita della continenza sfinterica si sono verificate con minore frequenza ed è diminuita la durata dello stato confusionale post-critico. Alla luce dei risultati ottenuti, i pazienti con Sindrome di LennoxGastaut hanno beneficiato dell’Effetto Mozart. Oltre ai dati sulla riduzione della frequenza e della durata delle crisi, il miglioramento della qualità di vita dei pazienti rappresenta uno dei traguardi più significativi. Nonostante il mancato reperto di dati elettroencefalografici sufficientemente dimostrativi, dovuti alle notevoli difficoltà riscontrate nella registrazione, i risultati ottenuti dai questionari fanno ben

sperare. Le eventuali modifiche del pattern elettroencefalografico saranno approfondite in ulteriori studi, in pazienti con un attività elettrica cerebrale meno critica, che permetta un’analisi adeguata. Per la significatività dei dati rilevati, l’ascolto della Sonata K. 448 del geniale Mozart potrebbe essere suggerito come terapia aggiuntiva in pazienti con epilessia. In particolare però, per i pazienti affetti da malattie o sindromi rare, quali la LGS, costretti a convivere con un presente sempre più invalidante, l’Effetto Mozart fa intravedere un orizzonte riabilitativo che, in associazione alle comuni terapie farmacologiche o chirurgiche, permetterebbe loro di vivere il futuro con maggiori speranze.■■

Federica Sanfilippo. Medico chirurgo, musicista, musicoterapeuta, docente di Musica applicata alla Medicina. Da anni svolge attività di ricerca sull’Effetto Mozart, in particolare in pazienti affetti da varie forme di epilessia.

Indicazioni bibliografiche Bodner M, Muftuler LT, Nalcioglu O, Shaw GL (2001). FMRI study relevant to the Mozart effect: brain areas involved in spatial-temporal reasoning. Neurol Res. Oct, 23(7), 683-90. Campbell D (1997). The Mozart effect: Tapping the Power of Music to Heal the Body, Strengthen the Mind, and Unlock the Creative Spirit. New York: Avon Books. Charnetski CJ, Brennan FX Jr, Harrison JF (1998). Effect of music and auditory stimuli on secretory immunoglobulin A (IgA). Percept Mot Skills, 87(3 Pt 2), 1163-70. Ezzone S, Baker C, Rosselet R, Terepka E (1998). Music as an adjunct to antiemetic therapy. Oncol Nurs Forum, 25(9), 1551-6. Fukui H, Toyoshima K (2008). Music facilitate the neurogenesis, regeneration and repair of neurons. Med Hypotheses, 71(5), 765-9. Gumeniuk VA, Batova NIa, Mel'nikova TS, Glazachev OS, Golubeva NK, Klimina NV, Hubner P (1998). Systems analysis of colour music corrective effect. Vestn Ross Akad Med Nauk, (2), 18-25. Günther W, Müller N, Trapp W, Haag C, Putz A, Straube A (1996). Quantitative EEG analysis during motor function and music perception in Tourette's syndrome. Eur Arch Psychiatry Clin Neurosci, 246(4), 197-202. Ho C, Mason O, Spence C (2007). An investigation into the temporal dimension of the Mozart effect: evidence from the attentional blink task. Acta Psychol (Amst), 125(1), 117-28. Hughes JR (2002). The Mozart Effect: Additional Data. Epilepsy Behav, 3(2), 182-184. Hughes JR, Daaboul Y, Fino JJ, Shaw GL (1998). The "Mozart effect" on epileptiform activity. Clin Electroencephalogr, 29(3), 10919. Hughes JR, Fino JJ (2000). The Mozart Effect: distinctive aspects of the music--a clue to brain coding?. Clin Electroencephalogr, 31(2), 94-103. Iwaki T, Hayashi M, Hori T (1997). Changes in alpha band EEG activity in the frontal area after stimulation with music of different affective content. Percept Mot Skills, 84(2), 515-26. Jausovec N, Habe K (2003). The "Mozart effect": an electroencephalographic analysis employing the methods of induced event-related desynchronization/ synchronization and event-related coherence. Brain Topogr, 16(2), 73- 84. Jausovec N, Jausovec K, Gerlic I (2006). The influence of Mozart's music on brain activity in the process of learning. Clin Neurophysiol, 117(12), 2703-14. Jenkins JS (2001), The Mozart effect. J R Soc Med, 94(4), 170-2. Johnson JK, Cotman CW, Tasaki CS, Shaw GL (1998). Enhancement of spatial- temporal reasoning after a Mozart listening condition in Alzheimer's disease: a case study. Neurol Res, 20(8), 666-72. Levin IaI (1997). "Music of the Brain" in the treatment of insomnia patients. Zh Nevrol Psikhiatr Im S S Korsakova, 97(4), 39-43. Nakamura S, Sadato N, Oohashi T, Nishina E, Fuwamoto Y, Yonekura Y (1999). Analysis of music-brain interaction with simultaneous measurement of regional cerebral blood flow and electroencephalogram beta rhythm in human subjects. Neurosci Lett, 275(3), 222-6. Palmer C, Drake C (1997). Monitoring and planning capacities in the acquisition of music performance skills. Can J Exp Psychol, 51(4), 369-84. Petsche H (1996). Approaches to verbal, visual and musical creativity by EEG coherence analysis. Int J Psychophysiol, 24(1-2), 145-59. Petsche H, Von Stein A, Filg O (1996). EEG aspect of mentally playing an instrument. Brain Res Cogn, 3(2), 115-23. Rauscher FH, Robinson KD, Jens JJ (1998). Improved maze learning through early music exposure in rats. Neurol Res, 20(5), 427-32. Rauscher FH, Shaw GL, Ky KN (1995). Listening to Mozart enhances spatial- temporal reasoning: towards a neurophysiological basis. Neurosci Lett, 185(1), 44-7. Rauscher FH, Shaw GL, Levine LJ, Wright EL, Dennis WR, Newcomb RL (1997). Music training causes long-term enhancement of preschool children's spatial- temporal reasoning. Neurol Res, 19(1), 2-8. Sarnthein J, VonStein A, Rappelsberger P, Petsche H, Rauscher FH, Shaw GL (1997). Persistent patterns of brain activity: an EEG coherence study of the positive effect of music on spatial-temporal reasoning. Neurol Res, 19(2), 107-16.

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Storia della musica Musicoterapia

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Franz Liszt

alla Salpètriere parole chiave. Musicoterapia, Franz Liszt, malattie mentali Abstract. Nel 1833 il compositore e pianista Franz Liszt viene invitato alla Salpètriere per sperimentare gli effetti terapeutici del suo virtuosismo pianistico su una paziente alienata, che aveva già mostrato in precedenza una certa predisposizione alla musica. L'esperimento rivela risultati sorprendenti e mostra come la musica riesca ad influenzare il comportamento della donna.

E

ffetti della musicoterapia. Mitiviè, Pariset e Leuret erano presenti quando, nell’agosto 1833, il già famoso compositore Franz Liszt, allora ventiduenne, venne invitato alla Salpètriere per sperimentare gli effetti del suo virtuosismo pianistico su un’alienata di 52 anni che aveva dimostrato una predisposizione alla musica. Come sappiamo dallo stesso Esquirol, Liszt venne invitato alla Salpètriere da Francoise Leuret, cioè da uno degli alienisti che si era battuto con maggior convinzione - e con atteggiamento critico verso lo scetticismo del maestro - per introdurre la musicoterapia all’interno dei grandi ospizi. La strategia curativa di Leuret puntava sul coinvolgimento attivo dell’alienato: “Entendre de la musique serait peut-étre sans efficacité; mail enfaire, preter son attention à ce qu’on exécute, c’est là ue diversion dont l’efficacité est incontestabile”1.

Note

50

1

F. Leuret, Du traitement moral de la folie, Paris, J.B.Baillière, 1840, pp. 304-305

di Monica Maccaferri

App 2

Già a partire dal 1824, Esquirol aveva sperimentato su larga scala gli effetti terapeutici della musica indirizzandosi, oltre che al singolo paziente, anche alla massa degli "alienati". A tale scopo, aveva invitato frequentemente alla Salpètriere musicisti della capitale, accompagnati da qualche loro allievo di conservatorio: in questi piccoli concerti, che si svolgevano la domenica, venivano impiegati strumenti a fiato, l’arpa, il piano e il violino, il tutto spesso accompagnato da qualche esibizione vocale. Circa ottanta "alienate" formavano il pubblico di queste esecuzioni, alle quali presenziavano anche Esquirol e un suo assistente, il dottor Chambeyron, mentre gli estranei venivano rigorosamente esclusi. L’insuccesso di tali tentativi, secondo Leuret, dipese dalla posizione passiva delle "alienate" durante le esecuzioni. “La musique et la folie - egli affermava peuvent longtemps marcher ensamble


Anemos neuroscienze

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Figura 7.1 e 7.2 - A fianco il compositore e pianista ungherese Franz Liszt (1811-1886). A sinistra il gruppo ospedaliero parigino de la Pitié-Salpètriere, progettato nel 1656 dall'architetto Libéral Bruant su richiesta di Luigi XIV.

sans que l’une nuise à l’autre. Mais si, au contraire, il s’agit d’un aliéné triste, bien apathique, la musique, s’il en fait, sera en quelque sorte le cointrepoison de ses idées folles, il y aura lutte, et, si la musique l’emporte, les idée folles seront repoussées et vaincues”. Occorre insomma fare musica; non è sufficiente ascoltarla. Leuret invita quindi Liszt alla Salpètriere per mettere alla prova il suo nuovo punto di vista sulla musicoterapia. L'esperienza di Liszt alla Salpètriere. “Quéneau è entrata alla Salpètriere nel 1781 all’età di 10 anni. Era di buona costituzione e di mediocre grassezza; aveva la faccia più sviluppata del cranio. La parte superiore della testa era depressa, l’occipitale piccolo, la fronte schiacciata e sfuggente all’indietro… La fisionomia è stupida ed esprime assai bene la sua predisposizione all’accattonaggio. Sta sempre all’aperto, qualunque sia il tempo; tende la mano a tutti per avere qualche moneta con cui comprare del cibo. Essa ha infatti un grande appetito. Bisogna vestirla; quando cerca di parlare, fa sentire un grido rauco oppure una sorta di grugnito articolato ed intermittente che ripete finché non è stata capita. Capisce dai gesti ciò che le si vuole dire, a patto che non ci si allontani dai bisogni più elementari della vita. È riconoscente nei confronti dell’inserviente che la accudisce, o delle persone da cui riceve dena-

ro e cibo. Esprime ricono- alle esperienze seguenti, che furono fatte, scenza baciandosi le dita e presente il dottor Mitivié, nel gabinetto sollevando gli occhi al cie- di Pariset, medico della divisione degli lo. Se le si rivolge la parola alienati della Salpètriere. Liszt improvvilentamente e ad alta voce, sa parecchie arie: Quéneau le afferra ma, capisce. Di solito dolce, va provando difficoltà a ripeterle, poiché la in collera quando non può sua voce non può elevarsi al tono sul quasoddisfare la sua ghiottone- le ha cantato Liszt, i suoi tratti esprimono ria: si strappa le vesti, all’in- lo sforzo della contrarietà. Liszt suona fuori della camicia, che tie- il pianoforte; Quéneau è immobile, gli ne addosso per pudore, avendo cura di occhi attenti sulle dita del grande artista, coprirsi il seno con le mani. Non ha mai oppure entra in una sorta di movimento potuto apprendere nessun mestiere. convulsivo, si torce in diverse direzioni, Questa "folle" è tuttavia musicista. Se si morde i pugni, batte il piede, leva gli vede danzare salta a tempo; se sente can- occhi al cielo, e fa degli sforzi per mettersi tare ripete con voce roca non le parole ma all’unisono. Il passaggio dai suoni gravi ai le arie; ne conosce un gran numero. Un suoni acuti provoca un’improvvisa conallievo della Salpètriere suona il violino: trazione di tutti i muscoli di Quéneau, Quéneau segue l’aria e con un’attenzio- come se fosse stata colpita da una scarica ne curiosa cerca il luogo da cui proviene, elettrica. Quest’ultima esperienza, ripetue si avvicina a poco a poco al musicista. ta più di venti volte, ha sempre avuto lo Guerry improvvisa un’aria: Quéneau la stesso risultato. Il dottor Leuret trascina segue, la tiene a mente e la ripete su ri- Quéneau fuori dal gabinetto e le mostra chiesta. Guerry comincia un’aria e Qué- delle albicocche. Subito Liszt suona il pianeau la prosegue fino alla fine. Desprès, noforte. Quéneau si volta vivacemente e, allievo interno all’ospizio, canta un’aria per tutto il tempo in cui lo strumento si complicata: Quéneau raddoppia l’atten- fa sentire, il suo sguardo è fisso sul musizione, fissa gli occhi sull’allievo, contrae i cista, e ritorna alle albicocche appena la lineamenti e riesce a mettersi all’unisono musica è finita. Malgrado questa singolacon il cantante. Dei frutti che le piaccio- re capacità musicale, il cranio di Quéneau no sono messi alla sua portata, ed essa non presenta affatto il rigonfiamento che manifesta con sguardi e con gesti il de- Gall ha segnalato come indicatore dell’orsiderio di prenderli; ma nel momento in gano della musica”. cui è pronta a impadronirsene, Dèspres Il 15 gennaio del 1837, all’età di 66 anni, batte il tempo e canta: subito Quéneau Quéneau è deceduta a causa di una polbatte il tempo e abbandona i frutti, che monite acuta.■ afferra con avidità non appena il canto è cessato. Viene suonato il flauto, Quéneau è tutta orecchi. Attenta, ripete le arie Monica Maccaferri. Laureata in Musicologia. Diplomata in Musicoseguite. Il 25 agoterapia ad Assisi. Qualifica regionale di Musicoterapista. Diplomata in pianoforte e in Didattica della musica. Direttore del Centro sto 1833, il signor Comunale di Musicoterapia "M. Uboldi" di Novellara. Direttore del Liszt, su invito di Centro Polifunzionale "Esacordo" a Reggio Emilia. Direttore artistico Leuret, accettò vodel gruppo di drammatizzazione teatrale "Il Diapason". Membro del Consiglio direttivo dell'Associazione "Lo Schiaccianoci" di Novellalentieri di prestarsi

Indicazioni bibliografiche F. Leuret, Du traitement moral de la folie, Paris, J.B.Baillière, 1840, pp. 304-305 J.E.D. Esquirol, Des Maladies mentales (trad. di Francesco Fonte-Basso)

ra. Membro del Comitato direttivo e socio fondatore del R.E.M.M. (Registro Europeo dei Musicoterapisti e Musicoterapeuti). Docente presso l'Università degli Studi di Parma, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Corso di Laurea in Logopedia. Docente presso la scuola di Musicoterapia Forifo di Roma. Docente presso la Libera Università di Neuroscienze del Centro Studi Anemos di Reggio Emilia. Docente a corsi di formazione in Musicoterapia. Autrice di diversi articoli scientifici di Musicoterapia.

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Neurologia Biotecnologie

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Cellule staminali

in neurologia

I progressi nella terapia con cellule staminali in alcune fra le pi첫 importanti malattie neurologiche

52


Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Anemos neuroscienze

di Mario Baratti App

4

parole chiave. Cellule staminali, malattie neurologiche, ricerca Abstract. Per definizione una cellula staminale è una cellula non specializzata con capacità di proliferare e di differenziarsi verso più tipologie cellulari specializzate. La terapia con cellule staminali oggi è un’area emergente ed eccitante di ricerca con enormi potenzialità, specie nel trattamento di molte malattie neurologiche, tuttora incurabili. Tuttavia, per conoscere lo “stato dell’arte” sulle cellule staminali e per capire meglio le loro possibili applicazioni nella terapia delle malattie neurologiche, è necessario conoscere le informazioni essenziali sulle loro sorgenti di derivazione.

C

lassificazione. La più semplice definizione di cellula staminale è: “cellula non specializzata con capacità di proliferare e di differenziarsi verso più tipologie cellulari specializzate”. La sua classificazione, semplicemente, può essere ricondotta a due principali categorie: 1. cellule staminali pluripotenti che hanno la capacità di dar origine a cellule specializzate delle tre linee germinali, endoderma, mesoderma ed ectoderma; 2. cellule staminali multipotenti che hanno, invece, la capacità di dar origine a cellule specializzate ma in un numero limitato di linee cellulari, molto più limitato rispetto le cellule pluripotenti, in base soprattutto alla provenienza delle linee cellulari da cui sono state ricavate le cellule staminali stesse. Per conoscere a grandi linee lo “stato dell’arte” sulle cellule staminali e per capire meglio le loro possibili applicazioni nella terapia delle malattie neurologiche, si devono riassumere le informazioni essenziali sulle sorgenti di derivazione di queste cellule: - cellule staminali umane pluripotenti: cellule staminali umane da embrione (hESCs) - cellule staminali umane pluripotenti indotte (hiPSCs) - cellule staminali multipotenti: cellule staminali umane neurali (hNSCs) - altre cellule staminali multipotenti con potenziale neurogenico: cellule della cresta neurale (NCSCs) - cellule della cresta neurale epidermale (hEPI- ►

53


Neurologia Biotecnologie

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Figura 8.1 - Dopo gli

► NCSCs) - cellule staminali dalla polpa dentale (hDPSCs) - cellule staminali dalla glia del sistema olfattorio (OECs) - cellule staminali umane mesenchimali (hMSCs) - cellule staminali umane ematopoietiche (HSCs) Da questa suddivisione, che all’apparenza può sembrare complessa e che necessita di qualche ulteriore precisazione, si ricavano più sigle: sono acronimi internazionali, utili per accedere alle varie fonti di informazione su quella particolare linea cellulare e su tutti gli studi, le modalità di conservazione e di stoccaggio ad esse inerenti. Cellule staminali umane da embrione (hESCs). Dopo gli studi pionieristici di Enest McCulloch, James Till e Joseph Altman, intorno agli anni ’60, si arriva nel 1998 a James Thomson che, con i suoi collaboratori, deriva la prima linea di cellule staminali dall’embrione umano (per la precisione dalla massa cellulare interna della blastocisti) presso l’Università del Wisconsin. Per le loro proprietà, queste cellule rappresentano un’ottima sorgente di cellule adatte per la cell-replacement teraphy, in altre parole “sostituzione di cellule nervose danneggiate o morte”. Per il trattamento di malattie neurologiche è indispensabile ricavare un'efficiente e rigida differenziazione delle staminali embrionali umane nei fenotipi nervosi “specializzati”. In effetti, si sono ottenute differenziazioni verso neuroni dopaminergici (per applicazione nella malattia di Par-

54

kinson), neuroni spinali (per le lesioni midollari) e cellule gliali di supporto. Purtroppo vi sono ancora problemi di applicazione a causa di limiti che andrò ad elencarvi: un non completo controllo della proliferazione cellulare e della loro differenziazione al fine di evitare la formazione di tumori, costituti da tali cellule, inoltre il fenotipo è ancora instabile e vi è una ridotta sopravvivenza delle cellule trapiantate nei siti di intervento medico. Un altro punto è il rischio che tali cellule “portino appresso” una contaminazione xenogenica del donatore, cioè non sappiamo se quell’embrione abbia in sé malattie genetiche. Per proseguire su questa strada bisognerà coltivare queste cellule in laboratori autorizzati, controllati, di altissimo profilo scientifico. Sotto quale controllo? Su questo particolare approccio alle cellule staminali vi sono tuttora diverse controversie etiche irrisolte (o, almeno, affrontate dai diversi Stati in modo diverso, con leggi diverse ecc.). Un dato importante per la ricerca futura: la FDA, nel 2010, ha autorizzato definitivamente trials clinici. Cellule staminali umane pluripotenti indotte (hiPSCs). Sono cellule staminali ricavate da fibroblasti

studi pionieristici di Enest McCulloch, James Till (a sinistra nell'immagine) e Joseph Altman (qui a fianco, immagine singola), intorno agli anni ’60, si arriva nel 1998 a James Thomson (sotto in grande) che, con i suoi collaboratori, deriva la prima linea di cellule staminali dall’embrione umano (per la precisione dalla massa cellulare interna della blastocisti) presso l’Università del Wisconsin.

umani dell’adulto dopo aver ottenuto una over-expression di quattro fattori genetici di trascrizione (Oct 3/4, Sox-2, Klf4 e c-Myc) a cui si deve aggiungere una proteina homebox chiamata Nanog, oppure Lin 28, che impedisce alle staminali di differenziarsi, anche se quest’ultima non è risultata indispensabile. Questo risultato si è ottenuto dagli studi degli scienziati giapponesi K. Takahashi e S. Yamanaka nel 2007. Altri ricercatori,


Anemos neuroscienze

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10 cinesi ed americani, vi stanno lavorando con pubblicazioni uscite nel 2011 e 2012. Queste cellule sembra abbiano le stesse potenzialità delle hESCs in termini di morfologia, profilo genetico e potenzialità di differenziazione. Esse presentano alcuni vantaggi: possono essere utilizzate “in vitro” come modelli cellulari per capire, nell’intimo, i meccanismi fisiopatologici alla base delle neurodegenerazioni, in tutti i casi non vi è un donatore ma sono trapianti autologhi per cui, almeno teoricamente, non vi dovrebbe essere la necessità di terapia immunosoppressiva e non dovrebbero sussistere problematiche etiche (derivano da cellule somatiche con le stesse proce-

o adulto o direttamente dalla differenziazione di cellule staminali pluripotenti. Sono coltivate in vitro in aggregati denominati neurosfere, in cui vi è una miscela di cellule neurali umane e non, loro progenitrici, in presenza di fattori di crescita com bFGF e EGF. Un approccio alternativo è quello di espandere le cellule hNSCs intervenendo su fattori di trascrizione come il già citato c-Myc oppure TERT oppure ancora v-Myc, supportando la proliferazione cellulare con fattori di crescita. Queste cellule hanno basso rischio di formare un tumore rispetto alle staminali pluripotenti. Sono già utilizzate in clinical trials inglesi in pazienti con esiti di stroke («Cell

Le cellule staminali umane da embrione per le loro proprietà rappresentano un’ottima sorgente di cellule adatte per la cell-replacement teraphy, in altre parole “sostituzione di cellule nervose danneggiate o morte” dure di altri trapianti). Vi sono, purtroppo, però ancora dei limiti, innanzitutto se sono derivate dai fibroblasti dello stesso paziente. I fibroblasti possono portare in sé meccanismi genetici alterati (come sono quelli alla base della malattia neurodegenerativa che si vuol trattare), sono cellule modificate con una manipolazione di più fattori di trascrizione genetica alla base della crescita cellulare, quindi è sempre aperto il rischio di tumore. Recenti studi hanno dimostrato su queste cellule un'aberrante riprogrammazione del DNA e anomalie strutturali cromosomiche («Nature», 2011). Infine, per “forzare” i fattori di crescita sono stati utilizzati vettori virali che, a loro volta, hanno generato integrazioni cromosomiche multiple e processi mutageni da inserzione di materiale genetico virale. Cellule staminali umane neurali (hNSCs). Sono cellule multipotenti, quindi sono adatte solo per trattare malattie neurologiche, in quanto derivano dai precursori dei neuroni e della glia e possono determinare tutte le linee in cui si differenziano, specializzandosi, le cellule del Sistema Nervoso Centrale. Sono tratte dal cervello fetale, neonatale

Transplantation», 2012). Altre cellule staminali multipotenti con potenziale neurogenico. Analizziamo di seguito le cellule della cresta neurale (NCSCs), le cellule della cresta neurale epidermale (hEPINCSCs) e le cellule staminali dalla polpa dentale (hDPSCs). Le cellule NCSCs si determinano, in natura, durante l’embriogenesi dei vertebrati entro i margini dorsali o nei ripiegamenti neurali viciniori. All’inizio sono integrate nel neuroepitelio e sono morfologicamente indistinguibili dalle altre cellule neurali epiteliali. Dopo i processi di induzione naturali, le cellule NCSCs si differenziano ulteriormente da epiteliali in mesenchimali ed iniziano a migrare in parecchie e differenti sedi di sviluppo embrionale dove contribuiscono a costituire diverse linee cellulari: cartilagine, osso, connettivo, sistema endocrino, neuroni e glia. Quindi le cellule NCSCs costituiscono, in natura, un momento di transizione nell’ambito embriogenetico, sono vere e proprie cellule progenitrici, ma con una più limitata capacità di autoriprodursi e differenziarsi rispetto alle vere e proprie cellule staminali. Nonostante ciò, conti-

nuano ad attrarre l’interesse degli scienziati («Cell Research», 2012). I loro vantaggi: non necessitano di terapia immunosoppressiva né di manipolazioni geniche, non ci sono problemi etici (derivano dallo stesso donatore-paziente). Inoltre, possono essere ritrovate in diversi tessuti adulti, anche accessibili, come derma, follicoli piliferi, cuore, cornea, intestino, polpa dentaria. Le cellule hEPI-NCSCs sono cellule staminali multipotenti umane derivate dalla cresta neurale embrionale epidermicadermica e localizzate nei bulbi piliferi. Il più importante scienziato in questo campo è Sieber-Baum, che ha pubblicato diversi lavori scientifici dal 2004 ad oggi («Brain Research Bulletin», 2010). La cute è il tessuto più accessibile del corpo e per questa ragione è una candidata ottimale ad essere utilizzata per terapie autologhe cell-replacement e nella medicina rigenerativa. Sono cellule che possono determinare tutte le maggiori linee cellulari della cresta neurale: osso, cartilagine, miofibroblasti, melanociti e neuroni. Ci sono studi su animali nei quali tali tipologie di cellule, trapiantate nel midollo spinale leso da trauma, si possono differenziare in neuroni gabaergici ed in oligodendrociti mielinizzati senza determinare tumore o teratoma, grazie ad una over-expression di fattori neurotrofici ed angiogenici contenuti nelle cellule stesse. Inoltre, possono essere mantenute isolate, purificate “in vitro” con mantenimento della loro riproducibilità ed espansibilità in milioni di cellule. Sono tutti grandi vantaggi per il futuro del loro impiego («The Journal of Investigative Dermatology», 2010). Le cellule hDPSCs hanno le stesse caratteristiche delle precedenti e sono tratte dalla polpa dentale. Sono state sperimentate in diverse patologie di vari modelli animali, specie nelle lesioni midollari e nelle lesioni ischemiche cerebrali. Hanno dimostrato la capacità di trasformarsi in motoneuroni oppure di migliorare le funzioni sensitivo-motorie degli arti («Stem Cells Translational Medicine», 2012), grazie alla presenza, in queste cellule, di fattori secreti come fattore stromale 1 (SDF-1) o fattori neurotrofici come NGF, BDNF, GDNF e VEGF («Cytotherapy», 2009). ►

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Neurologia Biotecnologie ► Cellule

staminali dalla glia del sistema olfattorio (OECs). Queste cellule sono sviluppate traendole dagli assoni sia dei nervi olfattivi, perifericamente, che del bulbo olfattorio oltre che dalla mucosa nasale. Sappiamo che il bulbo olfattorio è in sinapsi con il Sistema Nervoso Centrale. Poiché queste cellule si trovano in aree accessibili del corpo e possono essere rimosse senza particolare “cruenza”, costituiscono una sorgente non embrionale di grande prospettiva ed attrazione («Experimental Neurology», Figura 8.2 - In alto cellule staminali embrionali di topo. Le cellule staminali 2011). Numerose sperimentazioni scientifi- sono cellule non specializzate con cache stanno dimostrando che queste pacità di proliferare e di differenziarsi cellule, trapiantate nel midollo spi- verso più tipologie cellulari specializnale demielinizzato, possono “riatti- zate. vare” la conduzione in assoni rimilinizzati e migliorare la componente zione ed antiapoptotiche, come il fattore motoria. I precisi meccanismi fisiopato- di crescita endoteliale vascolare (VEGF), logici sottesi non sono ancora stati pie- fattore di crescita epatico (HGF), fattore namente compresi; tali cellule necessita- di crescita simil-insulina (IGF-1). no di fattori trofici di crescita (ottenuti In animali da esperimento ma anche in in colture ad hoc). Un recente lavoro pazienti, si sono ottenuti benefici nelle pubblicato nel 2012 su «Cell Transplan- lesioni cerebrali su base ischemica. Il tation», che esamina casi affetti da scle- meccanismo è sconosciuto anche perché, rosi laterale amiotrofica oppure sclerosi sia trapiantate in situ oppure rilasciate multipla, ha dimostrato scarso beneficio per via venosa o arteriosa (carotidea), si con trapianto di tali cellule. In modo di- è assistito ad uno scarso attecchimento verso succede sui modelli animali, dove delle cellule nella sede del danno. Il befacilita la crescita degli assoni. neficio clinico può quindi dipendere dai È in fase 1 di ricerca in Cina. fattori neurotrofici prima menzionati, che attivano processi di neurogenesi ed Cellule staminali umane me- angiogenesi. senchimali (hMSCs). È una sor- Un’altra caratteristica di queste cellule, e gente alternativa di cellule multipotenti, lo si è documentato in modelli animali, che possono autorinnovarsi, derivate dal è la loro capacità migratoria quindi, di midollo osseo, dal sangue periferico, dal “raggiungere” la sede del danno. La letessuto adiposo e dal sangue del cordone sione può infatti rilasciare chemochine, ombelicale. Sono cellule stromali no- citochine e fattori di crescita che attivanemopoietiche, caratterizzate dall’alta no gli antigeni di superficie recettoriale capacità di riprodursi in colture cellu- di queste cellule. Le cellule, una volta lari, di esprimere al meglio gli antigeni di superficie e di differenziarsi in vitro Figura 8.3 - Qui a fianco Shinin molte linee cellulari mesenchimali: ya Yamanaka, un medico giappoosseo, connettivo ed adiposo. Secondo nese, professore all'Università di alcuni lavori possono anche generare Kyoto, specializzato sulle cellule neuroni che producono acetilcolina staminali pluripotenti indotte e bioo dopamina («Cellular and Molecular logia dello sviluppo. I suoi lavori, Biology Letters», 2009). insieme a K. Takahashi, hanno Inoltre, un’altra caratteristica di queste ottenuto risultati con cellule stamicellule è quella di secernere più cito- nali umane pluripotenti indotte (per chine, fattori di crescita con proprietà dettagli vedi il testo). antinfiammatorie, di immunomodula-

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10 raggiunta la sede lesionata, aderiscono e trasmigrano attraverso l’endotelio nel tessuto, in modo similare ai leucociti del sistema immunitario e, quindi, partecipano ai processi di infiammazioneriparazione («Stem Cells and Development», 2013). Altri vantaggi: derivano da sorgente autologa, non necessitano di terapie immunosoppresive, sono di facile reperimento ed espansibilità, non sono avversate da problematiche di natura etica. Cellule staminali umane ematopoietiche (HSCs). Un’altra sede dove reperire cellule staminali è il midollo osseo. Le cellule qui presenti sono funzionalmente capaci di autorinnovarsi e di differenziarsi in tutti i tipi di cellule mature del sangue. Possono essere ottenute anche dal sangue del cordone ombelicale e dal sangue circolante (specie quando queste cellule sono indotte a mobilizzarsi dal midollo nel sangue in un paziente sottoposto a forte stress, esempio uno stroke). Tale mobilizzazione amplifica il reclutamento di queste cellule da parte del cervello danneggiato. Le sorgenti sono comunque diverse per quantità di cellule generate (a vantaggio del midollo osseo: la procedura più cruenta clinicamente). Recenti lavori sostengono l’ipotesi che queste cellule svolgano un ruolo significativo nel regolare il mantenimento dell’omeostasi e la riparazione del tessuto cerebrale. Non solo nello stroke, ma anche nelle patologie traumatiche


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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10 del midollo e nell’Alzheimer (1 e 2 trials «PLoS One», 2011). Hanno gli stessi vantaggi delle cellule (hMSCs). Cellule staminali e malattie neurologiche. Voglio concludere queste annotazioni sulle cellule staminali e malattie neurologiche con alcune considerazioni che contengono anche future speranze e prospettive. Le malattie neurologiche rappresentano un ampio settore di condizioni patologiche acute e croniche nelle quali vengono distrutti neuroni e cellule gliali nel cervello e nel midollo spinale. La neurodegenerazione acuta è sottesa da un evento come lo stroke, il trauma o le lesioni infiammatorie che determinano morte o danno di neuroni o cellule gliali entro una determinata area di tessuto per un periodo di tempo “contenuto”, il più delle volte per ridotto afflusso ematico. La neurodegenerazione cronica, invece, si sviluppa in un periodo di tempo molto lungo, a volte anni o decenni, determina perdita di particolari tipologie di neuroni, sottotipi di neuroni o comunque neuroni “superspecializzati”, che producono diversi neurotrasmettitori, come la dopamina nella malattia di Parkinson, a livello della Sostanza Nera, oppure una degenerazione più diffusa, con coinvolgimento di più neurotrasmettitori, con accumulo di placche di beta-amiloide e tau-tangles nei neuroni della corteccia e dell’ippocampo, come nella malattia di Alzheimer. Sono malattie correlate all’età, per cui destinate ad aumentare nel tempo, ad

eziologia sconosciuta, progressive, per le quali non esiste una terapia medica risolutiva, tanto meno chirurgica. Recentemente, si è posta sempre più attenzione alle terapie con cellule staminali (lo abbiamo visto nei paragrafi precedenti) e questo ha determinato più aspettative: - Il trapianto di cellule specializzate là dove servono. - Lo studio di modelli in vitro e in modelli animali, non solo per le applicazioni terapeutiche ma anche a scopo conoscitivo: come possa avvenire il processo patologico di neurodegenerazione. Se non possono determinare un cellreplacement, almeno le cellule staminali possono supportare i processi trofici rimodulano il processo infiammatorio. Conclusione. La terapia con cellule staminali è un’area emergente ed eccitante di ricerca con enormi potenzialità, specie nel trattamento di molte malattie neurologiche, tuttora incurabili, come la malattia di Parkinson, la malattia di Alzheimer e lo stroke («Stem Cell Rev and Rep», 2013). Tuttavia molti aspetti sono ancora insoluti affinchè la terapia con cellule staminali sia efficace, fattibile e sicura in futuro. Innanzitutto, ogni malattia neurologica è distinta l’una dall’altra per manifestazioni cliniche, sedi lesionali, tipo di lesione, eziologia, ecc. Per cui, andranno mirate sia la tipologia di cellula staminale, sia il tipo di intervento (trapianto o altro). Poi andrà stabilito quale sorgente di cellule staminali sia la migliore per ciascun

Indicazioni bibliografiche Hotspots of aberrant epigenomic reprogramming in human induced pluripotent stem cells R.Lister et al «Nature», 471 (7336),68-73, 2011 In vivo and in vitro characterization of angiogenic effect of CTX0E03 human neural stem cells C.Hicks et al «Cell Transplantation», 2012 Neural crest stem cells: discovery, properties and potential for therapy Achilleos et al «Cell Research» 22(2), 288-304, 2012 Olfactory ensheathing glia for nervous system repair A. Ramon-Cueto «Experimental Neurology» 229 (1), 1, 2011

The differentiation of human placenta-derived mesenchymal stem cells into dopaminergic cells in vitro L.Chen et al «Cellular and Molecular Biology Letters», 14 (3), 528-536, 2009 Mobilisation of hematopoietic CD34+ precursor cells in patients with acute stroke is safe-results of an openlabeled non randomized phase I/II trial S.Boy et al «PLoS One», 6 (8), 2011 Progress in Stem Cell Therapy for Major Human Neurological Disorders P.L. Martinez-Morales et al. «Stem Cell Rev and Rep» 17 may 2013

trattamento (meccanismo d’azione di ogni sorgente di cellule, controllo della proliferazione, differenziazione, sopravvivenza a lungo termine, integrazione con le cellule originali e “sopravvissute” al danno lesionale, quantità di cellule staminali da immettere...). Infine la sicurezza di estrazione delle cellule stesse, conservazione (dove, chi controlla, come distribuirle ai Centri Specializzati riconosciuti di eccellenza). Sono necessari ulteriori studi. Tuttavia, un articolo molto famoso, uscito qualche anno fa, di un autore fra i maggiori parkinsonologi del mondo, il dott. Andrew Lees, inglese, riportava il titolo: “Cellule staminali: mito o realtà?”. Possiamo ora affermare con una certa sicurezza: le cellule staminali sono una realtà, talmente attuale se si tiene presente che il Presidente degli USA, Barack Obama, il 9 marzo 2009 ha rimosso, con un ordine esecutivo, i limiti al finanziamento pubblico alla ricerca sulle cellule staminali embrionali.■ Mario Baratti. Neurologo. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Parma con 110/110 e lode. Specializzato in Neurologia presso l’Università di Parma con 50/50 e lode. Specializzato in Neurofisiologia Clinica presso l’Università di Pavia con 50/50 e lode. Dirigente Medico di 1° livello dal 1985 al 1999 presso la Divisione Neurologica dell’ Ospedale di Reggio Emilia; dal 1999 presso l’U.O. di Neurologia dell’Ospedale “Ramazzini" di Carpi (MO). AUSL Modena. TitoIare del Modulo professionale: Malattia di Parkinson e Disordini del Movimento. Ha pubblicato numerosi lavori scientifici in Riviste Nazionali e Internazionali. Ha relazionato in Convegni Nazionali (convegno Nazionale della SNO, della LIMPE). Ha tenuto lezioni in sedi universitarie. Ha tenuto corsi di aggiornamento. Gli argomenti riguardano prevalentemente le malattie del Sistema Extrapiramidale, malattie del Sistema Cerebrovascolare. Malattie Degenerative, Depressione, Cefalee: totale articoli, relazioni, comunicazioni e posters=131. Ha organizzato 21 Convegni sulla Malattia di Parkinson, tra i quali il Congresso Nazionale di Parkinson Italia (aprile 2009). Ha fondato leAssociazioni “laiche” di malati di Parkinson a Reggio Emilia prima, poi a Carpi. Fa parte del Comitato Nazionale TecnicoScientifico del Progetto Parkinson Italia. Ha ottenuto Board di Perfezionamento sulle malattie Cerebrovascolari presso la Clinica Neurologica di Perugia; Board di Perfezionamento sulla malattia di Parkinson presso la Clinica Neurologica di Bologna; Board di Perfezionamento sulle Cefalee dall’ANIRCEF; Board di Perfezionamento sull’Epilessia presso la Clinica Neurologica di Bologna. Da Luglio 2009 Responsabile dell’Unità Ictus dell’Unità Operativa di Neurologia dell’Ospedale di Carpi e Socio Fondatore di ALICEe (Associazione laica di lotta contro l’Ictus cerebrale).

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Brevi

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Rassegna di notizie tra neuroscienze

Svelato il mistero della riorganizzazione cerebrale Si aprono nuove prospettive di cure per i soggetti con danni alle funzioni visive

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e ci limitassimo all’anatomia del loro cervello, dovremmo dire che non ci vedono. Parliamo dei bambini che nascono con lesioni dovute ad emorragie o malformazioni che colpiscono la corteccia occipitale, l’area deputata alla visione. Nonostante abbiano questi danni congeniti, i ricercatori hanno notato che questi bambini rispondono agli stimoli come se ci vedessero: evitano gli ostacoli improvvisi, si spostano alla percezione dell’oggetto, si voltano verso la parte cieca. Un vero e proprio mistero che un team italiano ha finalmente svelato, aprendo nuove prospettive di cura per bambini e adulti con danni alle funzioni visive. “Abbiamo scoperto che nei bambini con lesioni alla nascita la corteccia sana compensa la parte cerebrale lesionata. - spiegano il professor Giovanni Cioni e la professoressa Maria Concetta Morrone, docenti presso l’Università di Pisa e ricercatori presso l’IRCCS Fondazione Stella Maris per la Neuropsichiatria dell’infanzia e l’adolescenza - Lo studio che abbiamo realizzato dimostra l’estrema plasticità del cervello del bambino e quindi la sua formidabile capacità di riorganizzarsi anche dopo una lesione molto grande e potenzialmente invalidante”. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista «Cortex» e porta le firme di Francesca Tinelli, Guido Marco Cicchini, Roberto Arrighi, Michela Tosetti, Giovanni Cioni e Maria Concetta Morrone. Lo studio ha permesso di evidenziare i meccanismi con cui alcuni soggetti riescono a correggere l’emianopsia, ovvero la perdita di metà del campo visivo, acquisendo la possibilità di utilizzare i

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segnali visivi provenienti dal campo cieco senza averne una percezione cosciente. “Abbiamo seguito alcuni bambini con questo tipo di lesioni alla nascita nel corso degli anni, sottoponendoli ad imaging funzionale. - ha spiegato la professoressa Morrone - Con l’uso di queste avanzate tecnologie abbiamo potuto comprendere il meccanismo con cui il loro cervello compensa la mancanza di questa funzione visiva. La parte buona della corteccia assume anche le funzioni di quella danneggiata, andando a colmare il danno che si trova nell’altro emisfero. È la prova di quanto sia plastico il cervello del bambino e quindi sia capace di riorganizzarsi per far fronte alle difficoltà”. Aggiunge il professor Cioni: “Questo avviene solo nei bambini con una lesione congenita. Nel gruppo dei bambini che hanno avuto danni di questo tipo successivamente e quindi non alla nascita, non abbiamo assistito a questa riorganizzazione e nemmeno negli adulti. La ricerca evidenzia chiaramente tre elementi fondamentali: il cervello è plastico; l’ambiente insegna ed è quindi il “farmaco del cervello” e in base a quanto scoperta possiamo studiare terapie ad hoc”. Lo studio porterà quindi a nuove cure? “È una speranza molto concreta. - aggiunge il professor Cioni - Comprendendo meglio i meccanismi possiamo intensificare gli stimoli sulla plasticità cerebrale e approntare interventi terapeutici anche per tutti quei bambini con danni non congeniti e per gli adulti. Certo siamo appena agli inizi ma abbiamo una prima e importante risposta preliminare”.


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Anemos neuroscienze

INCONTRO CON LA DIFFERENZA Differenze di genere e intercultura

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ntrano nella sfera di interesse delle Neuroscienze campi del sapere apparentemente molto diversi perché qualsiasi attività umana, istintiva o razionale, biologica o culturale passa attraverso l’attivazione del cervello. Le strategie che questo utilizza per la conoscenza e la manipolazione del mondo sono sempre le stesse, ma vengono espresse con intensità diversa da individuo a individuo in base a istanze educative, morali, a norme etico sociali, a fattori ambientali o culturali che sono acquisiti nell’infanzia e restano in gran parte inconsci: è il nostro essere, che possiamo conoscere solo attraverso lo specchio dell’Altro. È questa variazione che caratterizza la nostra singolarità. Se siamo anche individui sociali è grazie ad una caratteristica necessaria e costante che interagisce con la nostra soggettività: la capacità di mettersi in rapporto con l’Altro, altra persona, altra cultura e anche altro sesso. È su questo che poggia l’equilibrio della società, se sia giusta o ingiustadistribuisca privilegi o sia equa. Quando abbiamo affrontato il tema maschile-femminile che è alla base della nostra impostazione culturale maschilista, gerarchica, performante, abbiamo enfatizzato il narcisismo, l’individualismo, il cinismo, l’omologazione come derive pericolose che vanno a frenare l’emancipazione della

Spazio Dibattito

Anemos neuroscienze

donna allo stesso modo di come frenano l’integrazione e il riconoscimento di ciò che è Altro da noi, riproponendo luoghi comuni che speravamo superati. Se vogliamo provare a contrastare questa tendenza dobbiamo ripartire dai giovani e dall’educazione perchè è soprattutto nell’infanzia che strutturiamo il nostro modo di essere nel mondo e indoviamo nel nostro inconscio i valori, ma anche i pregiudizi che ci porteremo dietro tutta la vita. L’educazione è fondamentale per avere una visione positiva dell’Altro, per il processo di mentalizzazione (la capacità di mettersi nei panni dell’Altro e capire il suo punto di vista), per capire le altre culture e vedere, attraverso il confronto e le differenze, le incongruità delle nostre idee e porre freno ai desideri capricciosi, al razzismo e alla visione vergognosa della donna come oggetto. Nel cercare esempi positivi ci siamo imbattuti, nel mondo dell’associazionismo, su Intercultura che prendiamo come esempio per valorizzare anche tutte le altre organizzazioni che favoriscono gli scambi tra giovani di paesi e culture diverse, favorendo un rapporto diverso con l’Altro basato sulla conoscenza e il rispetto reciproco, sulla curiosità e su una globalizzazione di valori condivisi e non di interessi economici. Questi giovani, che a 16 anni hanno il coraggio e la forza di rimanere un anno lontani da casa, di essere loro i diversi capendo così cosa vuol dire essere l’Altro, la minoranza, sono gli ambasciatori della nostra cultura all’estero, ma sono soprattutto i testimoni di un senso diverso da dare alla vita e alla società. Sono anche testimoni delle Neuroscienze più di tanti studiosi che utilizzano la loro intelligenza per andare in cattedra e non per cercare di far cambiare rotta a questo folle mondo. Per questo questa rivista si apre alla loro testimonianza diretta. (m.r.)

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Evalita Pastora (Indonesia)

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n Italia c’è l’idea che essendo la bicicletta così utilizzata in Cina, lo sia in tutto l’Oriente. Io vengo dall’Indonesia e quando arrivai a Reggio, nell’autunno scorso, non sapevo andare in bicicletta. Vedendo come gli altri ragazzi la utilizzavano per spostarsi in ogni luogo e capendo quanto poteva essere divertente e bello vedere Reggio Emilia in quel modo, ho desiderato per tutto inverno di imparare anch’io a usarla. Ma è stato impossibile farlo prima di primavera perchè io non riuscivo a muovere i piedi senza scivolare. Era un giorno di pieno sole, a marzo, quando mia sorella di Reggio mi ha chiesto di andare a scuola con la bicicletta. Ero contenta ed emozionata, era da tanto tempo che lo desideravo, era la prima volta che provavo a salirvi sopra, stavo cercando di pedalare e …. sono caduta. Ho riprovato, ma anche la seconda e la terza volta non sono riuscita. Quel giorno siamo arrivate a scuola in ritardo e io ero molto delusa, ma poi ho riprovato, ho insistito e alla fine sono riuscita. Ora posso godermi la vostra bella città attraversandola in bicicletta con gli amici, ed è bellissimo. Sì! La mia esperienza in Italia è stata simile a quella in bicicletta. Quando sono arrivata in Italia con Intercultura, sapevo già che avrei dovuto affrontare un ambiente completamente nuovo per me. Avevo visto tante cose per televisione, me lo aveva raccontato una mia amica che aveva fatto una esperienza simile, ma queste conoscenze non mi hanno aiutata molto. Non conoscevo l’italiano e avevo difficoltà a comunicare, ho faticato a crearmi amici nei primi mesi, non ci capivamo. Dovevo affrontare la scuola ed è difficile farlo in una lingua che non conosci ancora. Dovevo mangiare cibi con gusti a me del tutto nuovi. Dovevo adattarmi in tutti i sensi e nei primi mesi è stato molto difficile, mi sono demoralizzata, posso dire che sono caduta, come in bicicletta. Poco alla volta ho imparato a conoscere la nuova lingua e tramite questa ho potuto finalmente stringere amicizie. Piano piano ho cercato di capire i miei errori e mi si è aperto un mondo nuovo. Alla fine basta essere coraggiosi. Adesso io posso dire che sono completamente a mio agio nella bella città di Reggio Emilia, con la mia famiglia che mi ha tanto aiutato, con i miei pazzi compagni di classe che ho imparato a conoscere e con i quali sono tanto felice. Tutta questa cosa è simile a quando tu impari ad andare in bicicletta: sicuramente ora posso sedermi e rilassarmi per ripensare a tutta l’esperienza che ho fatto e posso andare in centro in bicicletta e godermi tutto quel bel panorama. Lo so che tra un po’ la mia esperienza terminerà, mi dispiacerà tanto. Quando però sarò tornata a casa, questa esperienza mi aiuterà molto perché so che anche là avrò sempre bisogno di pedalare, per cercare nuove esperienze.

Francesca Dossi e Sofia Bonilauri

a nome di tutti i ragazzi presenti la Sala del Tricolore di Reggio Emilia il 22/05/2013, prima della partenza

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ogliamo l'occasione per ringraziare a nome di tutti l'Assessore qui presente oggi e il comune di Reggio Emilia che permette ogni anno questo emozionante incontro prima dell’inizio della nostra esperienza con i programmi di Intercultura. Noi ragazzi di Reggio Emilia ci siamo preparati corpo e mente al volo che ci porterà da qui ad altri Paesi lontani, se non lontanissimi. Fare “esperienze” apporta un accrescimento interiore, il che è sicuramente uno dei punti saldi d’Intercultura. Ma cosa spinge a fare la valigia e volare via? Forse fuggiamo da qualcosa? O forse siamo semplicemente accesi come fuochi e pronti a vivere davvero, frantumando il vetro dell'abitudine che ci separa da un mondo intero? Non sempre si è mossi da un desiderio di conoscenza, bensì da una mancanza e da un senso di incompletezza da cui scaturiscono poi paura e curiosità. Paradossalmente capiamo che per migliorare il nostro interno bisogna guardare all’esterno ed al diverso. Ci siamo resi conto che i cambiamenti sono inevitabili ed anzi necessari se si vuole gustare una vita appieno. Siamo pronti a lanciarci sotto un cielo di sorprese, entusiasmo, novità, stranezze, nuovi punti interrogativi e nuove risposte. Ci è stato detto di non illuderci e di predisporci alle delusioni, agli ostacoli, alle cadute e alle riprese, e crediamo che forse la teoria dei 20 secondi potrà esserci di grande aiuto. E’ stato calcolato che

a volte per compiere scelte che potranno influenzare profondamente la nostra vita sono necessari 20 secondi di puro coraggio. Ci vogliono meno di 20 secondi per intervenire in un discorso tra persone che non si conoscono; bastano pochi istanti per trovare il coraggio d’invitare una persona che ci piace ad uscire, circa 20 secondi per alzarsi dal divano ed andare a correre, solo 20 per decidere di stravolgere in meglio la nostra vita. Il tempo? Essenziale! Saremo confusi, timidi, impauriti, frastornati, ma starà a noi affrontare quei 20 secondi che ci permetteranno di conoscere nuove persone, di valorizzare posti e momenti anche se non sappiamo cosa ci attenda e siamo adesso adrenalina pura! Una canzone dice: "Seguo i miei passi in bilico, / inseguendo quello che non ho, / cos'è? dov'è? non parto non lo so. / Scrivo sul mio corpo lettere, / quello che ho vissuto fino a qui, / cos'è? dov'è? quel che è stato lo so già." Saremo tutti come piccoli Gul-


Anemos neuroscienze

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liver, c'imbatteremo in tutto ciò che a noi è ignoto e verremo descritti con occhi estranei, saremo come i giganti con strani oggetti in tasca o come esseri piccoli e vulnerabili? Starà a noi mettere in discussione i

serenità singolari dei cavalli razionali nella sua ultima tappa e dopo aver stravolto le sue antiche convinzioni da tipico English man. Noi ci auguriamo di continuare a sentire sempre e solo il profumo della nostra Italia così come dei Paesi che ci accoglieranno e sappiamo che forse una parte del nostro essere italiani rimarrà per sempre laggiù così come un pezzo di quella terra potrà avvinghiarsi per sempre al nostro cuore e ai nostri ricordi. Auguriamo a tutti le migliori esperienze citando la frase di un film: “Se sei abbastanza coraggioso da lasciarti dietro tutto ciò che è famigliare o confortevole, e che può essere qualunque cosa, dalla tua casa a vecchi

nostri pregiudizi, le nostre convinzioni e la nostra tradizione, proprio come Gulliver potremo portare a casa nuove strepitose virtù lasciando spazio nella nostra mente a nuovi incastri. Ma soprattutto potremo guadagnare un paio d'occhi di scorta da indossare quando orgoglio e pregiudizio ci accecheranno. Quando Gulliver rimpatriò non riuscì più a sopportare l'odore dei suoi connazionali, dopo aver scoperto bontà e

rancori, e partire per un viaggio alla ricerca della verità, sia esterna che interna. Se sei realmente intenzionato a considerare tutto quello che ti capita durante questo lungo viaggio come un indizio. Se accetti tutti quelli che incontri strada facendo come insegnanti e se sei preparato soprattutto ad amare e perdonare alcune realtà di te stesso veramente scomode, allora la verità non ti sarà preclusa.” Allora sia buon viaggio!

Intercultura

Intercultura è una ONLUS nata per costruire il dialogo interculturale attraverso gli scambi scolastici: promuove e organizza scambi ed esperienze interculturali, inviando ogni anno circa 1800 ragazzi delle scuole secondarie a vivere e studiare all’estero ed accogliendo nel nostro paese un migliaio di giovani di ogni nazione che scelgono di trascorrere un periodo di vita in famiglia e nelle scuole. Quello che accomuna questi studenti di 16/17 anni è la curiosità per il mondo, la voglia di scoprire ed imparare, mettersi in gioco per aprire la mente e il cuore a nuovi usi, a cibi diversi e a modi di parlare o di guardarsi negli occhi non proprio “reggiani”. Le famiglie che decidono di ospitare lo fanno con il desiderio di conoscere un po’ di più il mondo attraverso un’esperienza interculturale che si snoda nel quotidiano. Intercultura inoltre organizza seminari, conferenze, corsi di formazione, per presidi, insegnanti, volontari, sul tema degli scambi culturali. Tutto questo per favorire l’incontro e il dialogo tra persone di tradizioni culturali diverse ed aiutarle a comprendersi e a collaborare in modo costruttivo. Intercultura rappresenta in Italia l'AFS (AFS Intercultural Programs) e l'EFIL (European Federation for Intercultural Learning). Grazie a queste affiliazioni, ha statuto consultivo all'UNESCO e al Consiglio d'Europa e collabora a diversi progetti dell’Unione Europea. Ha rapporti con i nostri Ministeri degli Esteri, della Pubblica Istruzione e della Solidarietà Sociale. Da Reggio Emilia, i primi studenti sono partiti con Intercultura per gli Stati Uniti nel lontano 1958. Il Centro Locale della città è nato 30 anni dopo, nel 1988, quando i primi volontari si sono attivati in modo strutturato per dare ad un numero sempre maggiore di studenti, italiani e stranieri, la possibilità di vivere una esperienza interculturale. Ora, il Centro Locale di Reggio Emilia vanta più di 20 volontari attivi, negli ultimi 3 anni ha ospitato in territorio reggiano più di 30 ragazzi stranieri provenienti da tutto il mondo ed ha inviato all’estero circa 100 studenti delle scuole secondarie di Reggio Emilia e provincia.

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MusicalMente

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Rapporto tra musica e cervello

Un russo sfortunato: Modest Petrovich Mussorgsky Guida all’ascolto di “Quadri di un’esposizione” suite per pianoforte di Lorenzo Genitori*

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i sono ritrovato a Berlino al quasi sempre ubriaco e le sue opere Museumsinsel all’ora di chiunon godettero mai del favore del pubsura. Cercando di affrettarmi blico. verso l’uscita, ascolto una melodia difA ciò si univa un pesante dilettantismo fusa in tutte le sale che accompagna i camuffato da pedanteria pretestuosa, visitatori. Coinvolgendomi nella musica forse di marca slava (Della Corte). Si e meravigliandomi di una tale accortezdefiniva amante del popolo e parte di za, molto germanica, riconosco le priesso, anche se i suoi modi altezzosi non me note. Si tratta della “promenade” di dovettero aiutarlo nelle sue relazioni “Quadri di un’esposizione” dello sfortusociali. Non si sposò e non gli si cononato Modesto Mussorgsky. scono amori femminili particolarmenPerché un’importante museo berlinese te importanti. usa questa musica per accompagnare (in modo inusuale) la sua chiusura? "Quadri di un'esposizione". Mi vengono così in mente la vita e l’opeDurante il suo ritiro in campagna presra musicale di questo musicista, poco riso il fratello, imposto dalle scadenti cordato al di fuori dell’immortale “Bocondizioni economiche, compose ris Goudonov”. Figura 9.1 - Il compositore Modest le sue opere più belle. “Quadri di Perché sfortunato? Innanzitutto perché un’esposizione” si riferisce ad una Petrovich Mussorgsky (1839-1881). visse pochissimo (soltanto 42 anni). visita presso una mostra di acquerelPoi perchè morì di delirium tremens, li postuma dell’amico pittore Victor musicisti reazionari e nazionalisti che si conseguenza di un terribile alcolismo, in contrapponevano a coloro che volevano Hartmann nel giugno 1874. un ospedale militare mentre si cercava introdurre la cultura musicale germanica La sua volontà di tradurre in musica le di svezzarlo. E, infine, perché soffriva di e, più in generale, l'intera cultura occiden- emozioni provocate dai quadri ebbe un epilessia. risultato sconvolgente. Si tratta di una tale in Russia. musica al di fuori dei canoni classici che La vita. Figlio di una famiglia dell'al- Il Gruppo dei Cinque. Il Grup- non riflette alcuna “norma di scuola”. Alta nobiltà, Modest nasce nel 1839 a Ka- po, oltre al già citato “capo Balakirev” e lora il gruppo dei Cinque si era già sciolto revo (provincia di Pskov) vicino a San a Mussorgsky, comprendeva: Cesar Cui, e la pressione di Balakirev non esisteva Pietriburgo. Molto velocemente diventa Rimsky-Korsakov e Borodin poi dive- più. Sono soprattutto i timbri e la novità ufficiale del “Preobajinski”, uno dei più nuto medico. L’unico uomo di genio era di un “percorso” in musica che sorprenaristocratici battaglioni dell’esercito. però lo sfortunato Modest, destinato a dono ancora oggi l’ascoltatore moderno. Ama istintivamente la musica, ma è asso- lasciare ad imperitura memoria pagine L’opera nasce come “suite” per pianoforlutamente autodidatta. In Russia, infatti, musicali indimenticabili. te, ma le intrinseche potenzialità orchenon esisteva l’educazione musicale, fino Quando nel 1861 lo zar Alessandro II strali furono immediatamente presenti a a quando nel 1859-62 Anton Rubinstein abolì la schiavitù e il “servaggio”, la fa- Maurice Ravel che nel 1922 ne fece una fu chiamato a San Pietroburgo dalla vici- miglia del nostro andò in rovina e Mo- versione orchestrale di immenso valona Germania. Inoltre un carattere assolu- dest dovette lasciare l’elegante esercito e re. L’opera è oggi conosciuta in tutto il tamente nazionalistico permeava in que- il dandismo per un più sobrio impiego da mondo in questa forma. gli anni le coscienze dell’Intellighenzia. Modest Petrovich riposa a San Pietroburocrate nella Forestale. Così il giovane Modest si ritrovò, insieme Iniziò cosi il suo progressivo declino fi- burgo, al cimitero Tchvin. Si dice che una al “mentore/despota” Balakiref, associa- sico, dai 20 anni in poi, aggravato dalla delle ultime sue frasi sia stata: “Tutto è to al cosiddetto “Gruppo dei Cinque”: comparsa di una brutta epilessia. Era finito, il dolore sono io”. ■

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Neurochirurgo, coordinatore regionale Toscana per la neurochirurgia ad indirizzo pediatrico

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Poesie, nuove proposte Dell’istituzione Se trascendi allora esci fuori e rischi rimanere senza potere l’orso che pesca le tasse non paga intanto che sbava e dà al salmone la caccia remando possente contro corrente e se multa arriverà insieme alla carne cruda forse l’ingoierà e anche io seppure la scaldo a fuoco lento ho bruciate le inevitabili pene che un solerte impiegato ha spedite a piagare di noi le misere vite.

O la borsa o la vita Perché qui dimora il tarlo Si va avanti ad abbatter barriere senza vedere i letti dei fiumi e l’acque melmose si prendono vite tacite, a decine, a migliaia. Si libera il mondo con le bombe che sarà tutto futuro da costruire per chi potrà portare il costo dello sfacelo in filigrana posto. [...]

Proiettarsi all’indietro Proiettarsi all’indietro vedere alle spalle, ruzzolare a valle e vedere ciò che non è o meglio, non può essere senza l’alito del pensiero o un improbabile intervento divino, senza la voglia di capire o la necessità di creare. [...]

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Dove potete trovarli? Prenotandoli in libreria oppure richiedendoli direttamente all'editore Via dei Mille 69 - 38122 Trento - e-mail: info@newmagazine.it Oppure Presso Centro di Neuroscienze Anemos Via Meuccio Ruini, 6 | 42124 Reggio Emilia tel. 0522 922052 | Fax 0522 517538 OPE

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Gli Editori

L'Associazione Anemos

Presidente: dr. Marco Ruini

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’Associazione culturale e di volontariato Anemos, fondata nel marzo 2009, nasce per coordinare e ampliare le attività di volontariato sociale di un gruppo di amici di Novellara (RE), nonchè le attività culturali del Centro di Neuroscienze Anemos, l’attività editoriale scientifica in collaborazione con la casa editrice New Magazine Edizioni e con la casa editrice La Clessidra. Tra i vari campi d’attività accennati: ♦ Libera Università di Neuroscienze Anemos: organizza convegni, seminari e corsi multidisciplinari sul tema delle neuroscienze in collaborazione con La Clessidra Editrice (vedi testo sotto). ♦ “Libri Anemos”. Attività editoriale con la Casa Editrice New Magazine con una collana di Neuroscienze e una collana di Narrativa ♦ Biblioteca di Neuroscienze Anemos ♦ Promozione e valorizzazione di giovani artisti ♦ Programmi di volontariato sociale nei paesi in via di sviluppo e in Italia

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La Clessidra Editrice Direzione editoriale: Davide Donadio, Tommy Manfredini

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ell’autunno del 2010 è nato il progetto «Neuroscienze Anemos», trimestrale di neuroscienze, scienze cognitive, psicologia clinica e filosofia della mente. Il periodico di divulgazione scientifica, distribuito gratuitamente nelle biblioteche pubbliche della provincia di Reggio Emilia e Mantova e in altri circuiti distributivi, si sviluppa in stretta correlazione con La Clessidra Editrice, giovane casa editrice Reggiana (con sede a Reggiolo, RE) nata in un contesto di associazionismo culturale nel 2004 e costituitasi come casa editrice nel 2006. ditrice La Clessidra è specializzata in editoria periodica locale e settoriale. La giovane casa editrice raduna intorno a sé un attivo gruppo di intellettuali, collaboratori abituali e occasionali, che agiscono oltre la sfera dell'editoria. otto questo aspetto, le attività promosse dall'editore contribuiscono ad alimentare il dibattito sulla contemporaneità, non solo presentando e divulgando la propria attività e quella di altri operatori culturali, ma anche promuovendo convegni e seminari (riguardanti l'ambito scientifico e le scienze umane), divulgando l'attività di artisti, scrittori, studiosi di varie discipline.

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Le Clessidra Editrice. Redazione editrice e della rivista: via XXV aprile, 33 - 42046 Reggiolo (RE) tel. 0522 210183


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