70 anni dell'Accordo di Parigi, numero speciale di Provincia Autonoma

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I.P.

Rivista della Giunta provinciale di Bolzano 1/2016

70 anni Accordo di Parigi 1946

2016 OGGI

DOMANI

Il miglior risultato che si poteva ottenere

Un albero forte sotto il blu dell’Europa

Dai giornalisti uno sguardo al 2030 Š USP/Thomas Ohnewein

IERI

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PREFAZIONE

TESTO DELL’ACCORDO DI PARIGI nella sua versione originale

Un albero forte sotto il blu dell’Europa Care cittadine, cari cittadini e altoatesini residenti all’estero,

nella versione italiana 1. Gli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento, godranno di completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca. In conformità ai provvedimenti legislativi già emanati od emanandi, ai cittadini di lingua tedesca sarà specialmente concesso: a) l’insegnamento primario e secondario nella loro lingua materna; b) l ’uso, su di una base di parità, della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali, come pure nella nomenclatura topografica bilingue; c) il diritto di ristabilire i nomi di famiglia

tedeschi che siano stati italianizzati nel corso degli ultimi anni; d) l’eguaglianza di diritti per l’ammissione a pubblici uffici, allo scopo di attuare una più soddisfacente distribuzione degli impieghi tra i due gruppi etnici. 2. Alle popolazioni delle zone sopraddette sarà concesso l’esercizio di un potere legislativo ed esecutivo autonomo, nell’ambito delle zone stesse. Il quadro nel quale detta autonomia sarà applicata sarà determinato, consultando anche elementi locali rappresentanti la popolazione di lingua tedesca. 3. I l Governo italiano, allo scopo di stabilire relazioni di buon vicinato tra l’Austria e l’Italia, s’impegna, dopo essersi consultato con il Governo austriaco, ed entro un anno dalla firma del presente Trattato:

a) a rivedere, in uno spirito di equità e di comprensione, il regime delle opzioni di cittadinanza, quale risulta dagli accordi Hitler-Mussolini del 1939; b) a concludere un accordo per il reciproco riconoscimento della validità di alcuni titoli di studio e diplomi universitari; c) ad approntare una convenzione per il libero transito dei passeggeri e delle merci tra il Tirolo settentrionale e il Tirolo orientale, sia per ferrovia che, nella misura più larga possibile, per strada; d) a concludere accordi speciali tendenti a facilitare un più esteso traffico di frontiera e scambi locali di determinati quantitativi di prodotti e di merci tipiche tra l’Austria e l’Italia.

come una piantina delicata – per riprendere l’immagine di copertina di questa rivista – nel 1946 l’Accordo di Parigi è stato collocato su un terreno impoverito dalla guerra e dalla dittatura. I tempi non erano ancora maturi per una politica delle minoranze, che solo in seguito si è guadagnata questo nome. L’Accordo Degasperi-Gruber, come si chiama precisamente il contratto di Parigi, non era percepito dagli altoatesini di allora come una Magna Charta, come lo definisce lo storico Rolf Steininger. Per anni i Presidenti della Provincia che mi hanno preceduto, Silvius Magnago e Luis Durnwalder, hanno avuto cura della piantina, con un lavoro minuzioso e molta diplomazia, con accortezza e sicuramente con lungimiranza. Queste due generazioni di politici, sostenuti da un sempre maggiore consenso della popolazione, sono riusciti a sviluppare l’autonomia che si basa sull’Accordo di Parigi, fino a farla diventare un albero meraviglioso, tanto bello da non avere eguali in Europa e – sì, posso osare – nel mondo! L’autonomia altoatesina viene sempre citata ad esempio, portata a modello di come una minoranza possa conservare le proprie specificità e di come questo sia una condizione fondamentale per promuovere il benessere di tutti i cittadini di questa terra. La sostenibilità della nostra autonomia è garantita dall’applicazione del secondo Statuto e delle relative norme di attuazione, nonché dalla chiusura della vertenza internazionale nel 1992.

Senza l’Accordo di Parigi non saremmo arrivati così lontano. Esso rappresenta la base giuridica dei nostri diritti e della convivenza tra i tre gruppi linguistici che abitano l’Alto Adige. L’autonomia altoatesina è in sostanza la semplice applicazione dell’impegno che l’Italia ha assunto il 5 settembre 1946 di fronte all’Austria. Il ruolo di potenza tutrice di quest’ultima e il fatto che poggi su un accordo internazionale rendono la nostra autonomia speciale rispetto alle autonomie di altre Regioni italiane, che sono invece solo espressione del diritto nazionale. La piantina dell’autonomia di allora conteneva quindi sin dall’inizio una forza particolare. I sudtirolesi e le sudtirolesi hanno tuttavia dovuto lottare a lungo affinché potesse sviluppare il suo potenziale. L’albero che abbiamo davanti oggi è forte, offre riparo dal vento e dai capricci del tempo; alla sua ombra possiamo pianificare i prossimi passi verso il futuro. Ora che la recinzione che chiudeva il giardino è stata rimossa, ora che la comprensione e la cooperazione con i nostri vicini è davvero paritaria e funziona come non mai, possiamo farlo davvero. Il nostro albero può continuare a crescere sotto il blu dell’Europa e diventare ancora più forte, se solo lo vogliamo e se tutti i tre gruppi linguistici si impegnano assieme. Arno Kompatscher Presidente della Provincia

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© Buratti Snc © National Archives, Washington DC / Eva Pfanzelter

© USP/Arno Pertl

Storia: nuovo inizio, ma è molto dura

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Economia: “Avevamo ben altri problemi”

2  Accordo di Parigi: testo originale in inglese e versione italiana  3  Un albero forte sotto il blu dell’Europa  6  Nuovo inizio, ma è molto dura

© Albert Ceolan

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Contenuti  8  Qual è la dicitura corretta?  9  Accordo di Parigi, la Magna Charta dell’Alto Adige 12  L’economia nel 1946: ”Avevamo ben altri problemi“ 15  ASTAT: popolazione per gruppi linguistici dal 1880

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© Istitut Ladin “Micurá de Rü”

28  Musei e beni culturale: conservare, ­documentare, trasmettere 29  Agricoltura: attraverso le generazioni 30  Gestione forestale contro le erosioni 31  L’ora zero della lotta contro frane e alluvioni 32  Posti pubblici: proporz e pacificazione 34  Sanità, sociale e sport: effetti in molti settori

17  Cultura italiana in crescita

35  Minoranza ladina sicura di sé verso il futuro

18  Edilizia pubblica e abitativa: qualità e innovazione

37  Dërc y svilup por i ladins

19  Scuola tedesca: madrelingua garantita a scuola 21  Tutela ambientale, un traguardo provinciale

IMPRESSUM

Editrice: Giunta provinciale di Bolzano

Ha coordinato questo numero: Marina Giuri Pernthaler (mgp)

Cultura ladina: sicuri di sé verso il futuro

26  Urbanistica: contro la crescita selvaggia

16  Scuola italiana: verso il trilinguismo

Direttore responsabile: Paolo Ferrari

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24  PA: cresciuta assieme ai nuovi compiti

38  Alto Adige in Europa, autonomia in divenire 40  Come sarà l’Alto Adige 2030? Rispondono i direttori dei media locali

Urbanistica: contro la crescita selvaggia

© USP/Josef Pernter

Edilizia: qualità e innovazione

22  Illustrazione: mobilità in Alto Adige

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L’Alto Adige in Europa: autonomia in divenire

Redazione: Silvana Amistadi (sa), Michele Bolognini (mb), Maja Clara (mac), Roman Clara (rc), Martin Ebert (me), Paolo Ferrari (pf ), Franco Grigoletto (fg), Thomas Laconi (tl), Renate Mayr (rm), Maria Pichler (mp), Monika Pichler (mpi), Angelika Schrott (san), Johanna Wörndle (jw). Redazione fotografica: Thomas Ohnewein

Autori: Eva Pfanzelter, Rolf Steininger, Walter Obwexer, Ulrike Lanthaler, Ulrike Mahlknecht Traduzione dei testi scientifici: Ufficio questioni linguistiche Chiusura di redazione: 1o luglio 2016 Tiratura: 65.000 in lingua tedesca, 35.000 in lingua italiana Versione online e amministrazione abbonamenti: www.provincia.bz.it/aprov/amministrazione/service/ pubblicazioni.asp Grafica e stampa: Athesia Spa

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STORIA

STORIA L’evacuazione di rifugiati in piazza Domenicani a Bolzano nel 1945: immagine con un triste riferimento al presente

Foto: © National Archives, Washington DC / Eva Pfanzelter

tra l’altro che non ci sarebbe stato il distacco dell’Alto Adige dall’Italia, che era improbabile che ci sarebbe stata una prosecuzione della politica dell’emigrazione forzata avviata con gli accordi sulle opzioni e che nei negoziati finali con l’Italia sarebbero state recepite misure a tutela della popolazione altoatesina di lingua tedesca (quale minoranza nello Stato italiano). McBratney fu pertanto anche colui che assicurò una rappresentanza politica ai due gruppi linguistici e che permise loro di avere un proprio giornale quotidiano (le testate quotidiane tuttora esistenti Dolomiten e Alto Adige). Sotto questi auspici, l’8 maggio 1945 fu costituita la Südtiroler Volkspartei, il partito di raccolta della popolazione di lingua tedesca, mentre dal canto suo il gruppo linguistico italiano si sentiva già politicamente rappresentato dal CLN.

Nuovo inizio, ma è molto dura A spianare la strada all’Accordo Degasperi-Gruber furono gli Americani. Tuttavia, per l’Alto ­Adige il dopoguerra fu tutt’altro che facile, come scrive la storica Eva Pfanzelter.

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l 2 maggio 1945 Erich Amonn annota nel suo diario: “Il giorno più difficile della mia vita, ma necessario per salvare almeno un pezzo di territorio tirolese dalla totale devastazione e per mantenere la pace e l’ordine.” Con queste parole Amonn commenta l’esito di un colloquio con Bruno De Angelis, rappresentante provinciale del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), che aveva chiesto agli esponenti della popolazione di lingua tedesca e al comando della deutsche Wehrmacht, le forze armate tedesche, la consegna dell’amministrazione dell’Alto Adige. In quegli ultimi giorni del secondo conflitto mondiale, in Alto Adige regnava il caos totale, sia dal punto di vista amministrativo che militare. Non era chiaro quali fossero le strutture di comando e non si sapeva più a chi attribuire responsabilità e

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competenze. Rapporti dei servizi segreti riferivano che unità alleate e numerosi gruppi partigiani stessero avanzando alla volta dell’Alto Adige. Così Bruno De Angelis assunse in qualità di prefetto l’amministrazione dell’Alto Adige, fece issare il tricolore e, all’arrivo degli Americani, presentò la provincia come territorio liberato dai partigiani. Tuttavia gli Americani avevano già preso dei provvedimenti. Il 4 maggio, a Bolzano, unità di occupazione statunitensi agli ordini del colonnello William E. McBratney, che assunse la funzione di commissario provinciale, rilevarono prontamente l’amministrazione del territorio. Essi iniziarono ad organizzare la struttura dell’amministrazione civile secondo le direttive emanate nel gennaio dello stesso anno; queste stabilivano

Alto Adige, rifugio e forziere Il passaggio dal periodo bellico a quello dell’occupazione avvenne in pratica senza grossi problemi. Nel giro di poche settimane le parti in causa, funzionari pubblici e di partito, lavorarono in modo proficuo gli uni accanto agli altri, sotto la vigilanza e la cen-

sura degli Alleati, e numerose strutture esistenti ripresero l’attività nella loro forma o funzione originaria. Tuttavia accaddero anche eventi che destarono notevole clamore: a livello internazionale suscitò indubbiamente grande sensazione la liberazione, avvenuta ai primi di maggio del 1945 a Villabassa e al Lago di Braies, di un gruppo di personaggi illustri, che erano stati internati a Dachau. Nella primavera e nell’estate del 1945 vi furono inoltre degli arresti clamorosi, come quello, a Merano, di Rudolf Rahn, ambasciatore tedesco nonché plenipotenziario delle forze di occupazione tedesca in Italia. Gerda Bormann, moglie di Martin Bormann, segretario particolare di Hitler, e 14 bambini furono fermati a Selva Gardena. Sempre in Val Gardena le autorità trovarono Margarete Boden Himmler e Gudrun Himmler, rispettivamente moglie e figlia del comandante delle SS Heinrich Himmler. In Alto Adige non solo trovarono rifugio numerose persone, ma vi furono anche nascoste preziose opere d’arte. A San Leonardo in Passiria e a Campo Tures, in Valle Aurina, si trovavano i depositi di opere di valore inestimabile che erano state trafugate dagli Uffizi di Firenze. Grosso scalpore suscitò anche il riA sinistra: nel 1945 a S. Leonardo in Passiria si scoprirono depositi di opere di valore inestimabile degli Uffizi di Firenze

A destra: nel forte di Fortezza, dove oggi si organizzano tra l’altro esposizioni, nel 1945 alla fine della guerra furono rinvenute alcune centinaia di barili di oro.

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STORIA

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Fuggiaschi e rifugiati

Sull’autrice: Eva Pfanzelter è una storica contemporanea sudtirolese. Nata a Castelrotto (BZ), è professoressa all’Istituto di Storia contemporanea dell’Università di Innsbruck.

Contemporaneamente, nella primavera e nell’estate del 1945 iniziò ad arrivare un’ondata di rifugiati di dimensioni sino ad allora inimmaginabili, innescata dal fatto che alla fine della guerra in Germania e in Austria si trovavano circa un milione e mezzo di civili italiani, di optanti che tentavano di tornare illegalmente in patria e di ebrei in fuga dai pogrom dell’Europa orientale che volevano riparare in Israele e negli Stati Uniti, oltre a numerosi nazisti che cercavano di sfuggire alla giustizia alleata passando dall’Italia. Nonostante la prontezza delle autorità alleate e della Croce Rossa Internazionale nell’organizzare il trasporto, l’alloggio e il vitto per tutte queste persone, l’Alto Adige fu ben presto invaso da una marea incontenibile di rifugiati. Nel solo mese di maggio arrivarono circa 90.000 persone.

Nessun portavoce Sul piano politico internazionale, a fine giugno e agli inizi di luglio del 1945 si intavolarono le trattative che avrebbero portato alla Conferenza di Potsdam e quindi alla spartizione tra le potenze vincitrici delle desolate spoglie che la guerra mondiale aveva lasciato. In quei mesi nessuno si fece portavoce della causa del Sudtirolo. Solo a fine estate del 1945 i rappresentanti statunitensi dell’ex governo del defunto Presidente Roosevelt, incaricati di pianificare il nuovo assetto territoriale, si attivarono a favore della questione altoatesina. Infatti fu merito loro se il 14 settembre 1945, nei primi negoziati degli Alleati con l’Italia, fu inserita la clausola entrata nella storia come “decisione preliminare” per l’Alto Adige. La clausola autorizzava l’Austria a presentare proposte per apportare lievi rettifiche al confine a suo favore. Al termine delle successive trattative, il 5 settembre 1946, si giunse alla firma dell’Accordo Degasperi-Gruber.  Eva Pfanzelter (Traduzione: Barbara Tomelleri)

La dicitura corretta Accordo di Parigi, Accordo Degasperi-Gruber o Accordo De Gasperi-Gruber? Non vi è certezza sulla dicitura corretta…

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l 5 settembre 1946 l’allora presidente del Consiglio dei Ministri italiano Alcide Degasperi e l’allora ministro degli Esteri austriaco Karl Gruber sottoscrissero un accordo di due pagine scarse che costituiscono la base giuridica per l’Autonomia dell’Alto Adige, l’Accordo Degasperi-­ Gruber. Questo accordo fu aggiunto, quale Allegato IV, al trattato di pace di Parigi tra l’Italia e gli Alleati e le potenze associate del 10 febbraio 1947 e ne costituisce parte integrante. Da qui deriva la definizione di Accordo di Parigi in uso prevalentemente in provincia di Bolzano. Ma tale definizione nel contesto internazionale può indurre a dei malintesi perché esistono anche altri Accordi di Parigi. Inoltre, l’accordo è solamente parte del Trattato di Pace di Parigi. La definizione evidente, pertanto, è Accordo Degasperi-Gruber.

La firma autografa di Degasperi

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De Gasperi contro Degasperi La questione si fa interessante alla domanda se sia corretto scrivere Degasperi quale parola unica o con il “De” staccato dal nome: De Gasperi. Il fatto è che nel documento identificativo di Alcide Degasperi il suo cognome é indicato quale parola unica. D ­ egasperi, nato a Pieve Tesino in Trentino, fu presidente del Consiglio dei Ministri italiano dal 1945 al 1953. Il suo cognome, molto in uso in provincia di Trento, a un certo punto venne scritto disgiunto. Delle malelingue affermano che un membro della famiglia abbia provveduto affinché a Roma il nome venisse scritto disgiunto, perché dall’aspetto più aristocratico. Altri dicono che se a un certo momento si affermò la forma divisa, la colpa sia da ascrivere ai giornalisti romani. La firma apposta sotto l’Accordo Degasperi-Gruber appare comunque più quale parola unica. La redazione del mensile della Provincia si è ad ogni modo decisa per l’utilizzo della definizione Accordo ­Degasperi-Gruber. Gli errori, anche se si sono perpetrati, devono essere corretti.  mgp/sa

© Università di Innsbruck, Istituto di Storia contemporanea

trovamento di alcune centinaia di casse piene d’oro nel forte di Fortezza.

Il ministro degli Esteri austriaco Karl Gruber e il Presidente del Consiglio italiano Alcide Degasperi soddisfatti per la firma dell’accordo a Parigi.

La Magna Charta dell’Alto Adige L’Accordo Degasperi-Gruber del 5 settembre 1946 fu a lungo misconosciuto, perchè molti si erano aspettati di più. Con la prospettiva di oggi, tuttavia, rappresentò il meglio che allora fu possibile ricavare, secondo lo storico Rolf Steininger.

L’

11 settembre 1945, alla Lancaster House di Londra, ebbe inizio la prima seduta del Consiglio dei Ministri degli Esteri istituito in occasione della Conferenza di Potsdam. La questione altoatesina non era espressamente all’ordine del giorno, tuttavia in relazione all’Italia fu presa, in esattamente 30 secondi, una decisione di notevole portata storica, destinata a sancire di fatto il destino

dell’Alto Adige. Il 14 settembre fu approvata dai Ministri degli Esteri la bozza britannica del trattato di pace per l’Italia – in cui non veniva fatto riferimento all’Alto Adige – che sarebbe servita come base per i negoziati. Nessuna delle parti propose una modifica del confine del Brennero. Solo il Segretario di Stato statunitense James Byrnes aggiunse una clausola accessoria concernente la siste-

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STORIA

STORIA

Gli appunti presi da Alcide Degasperi mostrano che il testo esatto dell’accordo non scaturì in modo facile.

mazione territoriale, che fu approvata senza discussioni. Si trattò della genesi di quella norma destinata a diventare una pregiudiziale per tutte le successive considerazioni in merito al confine del Brennero. Essa stabiliva quanto segue: “Il confine con l’Austria rimane immutato, dovendosi però prestare ascolto alle richieste di lievi rettifiche che l’Austria presenti a suo favore.” Il 1° maggio 1946 la decisione fu confermata dai Ministri degli Esteri: l’Alto Adige non sarebbe tornato all’Austria. Il 24 giugno 1946 i Ministri degli Esteri respinsero anche la cosiddetta soluzione della Val Pusteria, proposta dall’Austria, ovvero la restituzione della Val Pusteria, inclusa Bressanone. A Vienna la decisione ebbe l’effetto di una bomba. Il Ministro degli Esteri austriaco Karl Gruber cadde in uno stato di profonda depressione e si sentì tradito dagli inglesi, essendo stati loro ad avergli raccomandato di presentare la relativa mozione.

sull’Austria. Sir Orme Sargent, il più alto funzionario del Foreign Office, era infatti convinto che, finché si sarebbe lasciato che Italiani e Austriaci se la sbrigassero da soli, non sarebbe accaduto nulla:

Pressioni inglesi sull’Italia

Agli Italiani fu fatto intendere che era anche nei loro interessi avere un’Austria ben disposta nei loro confronti; l’Italia non avrebbe potuto guadagnarci nulla se l’Austria fosse

A quel punto gli inglesi si attivarono nuovamente. Nelle settimane seguenti essi esercitarono fortissime pressioni sia sull’Italia che

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Gli Austriaci sono troppo deboli per portare avanti le cose, mentre gli Italiani, in quanto beati possidentes, non hanno in realtà nessun motivo per assumere precisi impegni in un trattato, per quanto essi manifestino la propria buona volontà e facciano vaghe promesse sulle loro buone intenzioni. È importante che siamo noi a prendere l’iniziativa e che portiamo questi due Paesi, in fin dei conti occidentali, ad un tavolo negoziale. Sir Orme Sargent, Foreign Office

L’Italia acconsentì, ma mancò la buona volontà Dopo la firma dell’Accordo, Carandini commentò tra l’altro: “Se la buona fede mancherà o da una parte o dall’altra parte, vuol dire che avremo fallito.” E alla fine l’intesa fallì, perché mancò la buona volontà da parte dell’Italia. Infatti, successivamente l’Italia si dimostrò poco propensa a concedere all’Alto Adige una propria autonomia. L’Italia democratica prese a gestire le cose in molti settori sulla falsariga dell’Italia fascista. Nel giugno 1947 – senza che venissero consultati i rappresentanti della popolazione di lingua tedesca, come previsto dall’Accordo – fu decisa l’unificazione dell’Alto Adige al Trentino e costituita la Regione Trentino-Alto Adige, con una popolazione in maggioranza di lingua italiana. Ben presto fu evidente che l’autonomia concessa nell’ambito della Regione altro non era che una autonomia apparente, il che giustificava anche la sfiducia che la popolazione di lingua tedesca nutriva nei confronti della politica italiana in quasi tutti i settori, al punto che, col passare del tempo, furono sempre più i Trentini – ancor più del governo centrale di Roma – ad essere il vero nemico dei Sudtirolesi. Ciononostante, l’Accordo Degasperi-Gruber fu la cosa migliore che Gruber riuscì ad ottenere a Parigi per l’Alto Adige: da un lato l’impegno dell’Italia, garantito a livello internazionale, con il riconoscimento da parte italiana della funzione dell’Austria quale potenza tutrice dell’Alto Adige, e dall’altro una soluzio-

ne accettabile della questione degli optanti; ciò significava che i circa 130.000 cittadini sudtirolesi che avevano optato per l’Austria avrebbero potuto riacquistare la cittadinanza italiana e non sarebbero più stati degli apolidi, ossia displaced persons, in altre parole “sfollati” privi di ogni diritto.

Magna Charta e aspre critiche Nel 1987, sulla base di una serie di atti esaminati per la prima volta e sino ad allora riservati, io definii l’Accordo Magna Charta dell’Alto Adige, nonostante tutti i suoi punti deboli, attirandomi le aspre critiche di una certa parte del mondo politico. Sino ad allora l’Accordo era considerato un “documento emblematico della debolezza austriaca” (come lo etichettò Bruno Kreisky da deputato, mentre come Ministro degli Esteri fu di tutt’altro avviso); Karl Gruber fu definito un “traditore”, un “agente degli Inglesi”, che a Parigi, il “luogo del misfatto”, aveva venduto il Sudtirolo per un piatto di lenticchie, “capitolando” di fronte a Degasperi. Nessuno, però, conosceva gli atti! Nel frattempo l’Accordo è ormai stato accettato come Magna Charta ed è ampiamente apprezzato. Le ragioni sono evidenti, in quanto 1.  senza questo Accordo, per l’Alto Adige non esisterebbe una autonomia garantita a livello internazionale; 2.  senza questo Accordo, nell’ottobre 1960 l’argomento non sarebbe stato messo all’ordine del giorno dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e, di conseguenza, non sarebbe stata approvata la risoluzione ONU sulla questione dell’autonomia altoatesina; 3.  questo Accordo – in particolare il primo periodo dell’articolo 2 – è a tutt’oggi l’unica garanzia di rilevanza giuridica internazionale per l’autonomia dell’Alto Adige. All’epoca l’Austria non poté fare molto per sostenere la popolazione sudtirolese nell’attuazione dell’Accordo. L’Austria aveva un grosso problema interno da risolvere, ossia riuscire a liberarsi dai Russi che occupavano il Paese. Con il Trattato di Stato del 1955 l’Austria riacquistò finalmente la sua indipendenza e quindi anche libertà di azione sul piano della politica estera. Per la prima volta dal 1945/’46, negli anni che seguirono l’Alto Adige tornò ad essere un tema centrale della politica estera austriaca – e questo esclusivamente grazie a questo Accordo. Rolf Steininger (Traduzione: Barbara Tomelleri)

© TT/Böhm

© Archivio Carandini

stata “spinta tra le braccia dei Russi”, come fu detto a chiare lettere a Nicolò Carandini, ambasciatore italiano a Londra. In seguito a questa iniziativa britannica, nelle settimane seguenti si arrivò ad un’intesa italo-austriaca. Il 5 settembre 1946 Karl Gruber e il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano Alcide Degasperi firmarono a Parigi un accordo redatto in inglese – lingua ufficiale della Conferenza di pace – entrato nella storia come Accordo Degasperi-Gruber (in seguito denominato anche Accordo di Parigi), che divenne parte integrante del Trattato di pace per l’Italia e assunse pertanto rilevanza giuridica internazionale. L’Accordo consiste in soli tre articoli, scritti su due pagine di formato DIN A 4, ma costituisce uno dei documenti più complessi, interessanti, significativi e per anni più controversi del dopoguerra. Il primo periodo del primo articolo e il secondo articolo dell’Accordo sono i più importanti per il successivo sviluppo dell’Alto Adige (vedi il testo sulla seconda di copertina di questa edizione).

Sull’autore: Rolf Steininger è uno storico tedesco, autore di numerosi libri e professore emerito di storia contemporanea all’Università di Innsbruck. www. rolfsteininger.at

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ECONOMIA

ECONOMIA

Il negozio in via Grappoli a Bolzano nel 1946 gestito dalla famiglia Buratti.

© Buratti Snc

Le sfide dell’economia nel 1946

“Avevamo ben altri problemi” Nel 1946 l’economia altoatesina lavora per liberarsi dalle catene della guerra e del fascismo. Anche il commerciante bolzanino Josef Buratti. Nel frattempo viene firmato a Parigi l’Accordo Degasperi-Gruber. 12

L’agricoltura non forniva cibo a sufficienza, l’industria non produceva articoli di uso quotidiano nella misura necessaria, inoltre il flusso delle merci era segnato dal protezionismo, dal baratto e dal contingentamento, e di conseguenza era molto limitato. Così i sudtirolesi esportavano vino in Svizzera per avere in cambio merci. Tutto era regolato dalla burocrazia dei due Stati, che fissava perfino i prezzi. Esportare aglio, ad esempio, nel 1946 era proibito, perché un cattivo raccolto aveva fatto impennare i prezzi del prodotto. Le motofalciatrici potevano essere importante solo per un importo complessivo di 10 milioni di lire. Il denaro non aveva valore, perché un’inflazione galoppante vanificava ogni aumento salariale. Fra il settembre 1945 e il marzo 1946, quindi nel giro di sei mesi, i prezzi in Alto Adige salirono di oltre il 22%, come riporta il Südtiroler Wirtschaftszeitung (il giornale di economia SWZ) del 1946 che fotografava i problemi di commercianti, artigiani, albergatori e contadini sudtirolesi nell’immediato dopoguerra. L’industria locale allora non esisteva, l’industria era espressione della componente italiana.

Nell’anno dell’Accordo Degasperi-Gruber, come dice Buratti, l’economia era occupata con questioni di tutt’altro genere rispetto al significato e alla portata politica dell’intesa siglata a Parigi. Nel 1946 i titoli principali del giornale economico locale erano spesso dedicati alle speculazioni generate dall’elevata inflazione. Inimmaginabile oggi, l’imperativo di allora di persone e aziende era quello di accaparrarsi merce anziché di venderla, perché il denaro perdeva valore troppo velocemente. Come conseguenza del sistema del contingentamento di derrate tipico del periodo bellico si arrivò pertanto a nuove derive nell’economia.

L’industria come strumento di italianizzazione L’insediamento di fabbriche nella Zona industriale di Bolzano era iniziato già alla fine della Prima guerra mondiale, quando il fascismo cercava anche per questa via di italianizzare il Sudtirolo. Del personale nelle fabbriche della Zona industriale bolzanina, quasi per nulla danneggiate dagli attacchi bellici, nel 1948 solo un lavoratore su 20 era sud­tirolese. Del resto queste imprese erano state insediate per favorire l’occupazione di cittadini italiani emigrati dal Centro e dal Sud Italia. Tra i comparti industriali figuravano il tessile, il metallifero, la meccanica, il legno e la carta, la pasta alimentare.

Imprese individuali locali Le aziende avviate dalla popolazione di lingua tedesca erano in prevalenza imprese individuali, che faticavano a svilupparsi e si rivolgevano solo al mercato locale, come conferma uno sguardo ai registri della Camera di commercio

I contingenti di tomaie venduti da Buratti nel primo dopoguerra a Bolzano.

© Buratti Snc

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n paio di settimane dopo il 70.mo anniversario dell’Accordo Degasperi-Gruber, Josef Buratti compirà 97 anni. Il commerciante vive nella sua abitazione sopra il negozio in via Grappoli a Bolzano, dove fino a un anno fa lo si trovava regolarmente dietro la cassa. Oggi Josef Buratti è uno dei pochi testimoni che possono ancora raccontare il difficile nuovo inizio dell’anno 1946, quando il commercio cercò di risollevarsi e ripartire dalle macerie dell’economia di guerra. No, a quel tempo l’Accordo Degasperi-Gruber non interessava in nessun modo i commercianti, racconta con l’aiuto del figlio Roland. “Avevamo ben altri problemi!”, ossia reperire la merce, che mancava ovunque. Il padre di Josef Buratti era originario di Cortaccia, la madre dell’alta val di Non. A 13 anni era diventato apprendista da sua zia, che vendeva accessori per calzolai e sellai. Al suo rientro dalla guerra, a fine 1945, il 26enne Buratti fondò un proprio esercizio commerciale. “La mia fortuna allora fu di ricevere dalla Camera di commercio un contingente di tomaie che potevo rivendere ai calzolai”, racconta. Perché all’epoca il calzolaio cuciva ancora tomaie preconfezionate per suole di cuoio a misura del cliente. Non c’erano ancora le suole di gomma. In quel periodo non furono contingentati solo i generi alimentari, soprattutto grasso per alimenti, ma appunto anche le scarpe che erano merce rara, come altre materie prime di cui necessitava l’industria.

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POPOLAZIONE

Un’immagine familiare a molti altoatesini: Josef Buratti dietro la cassa del negozio

di Bolzano. Gran parte dei sudtirolesi viveva di agricoltura, nel 1951 erano ancora oltre il 40%. Era difficile convincere molti contadini a mettere sul mercato i prodotti del lavoro agricolo e non solo a coltivare il maso per l’autoconsumo. A complicare le cose c’erano poi i contingentamenti che limitavano l’esportazione di frutta e verdura. Così l’Alto Adige si ritrovava al 57.mo posto nella graduatoria del reddito pro capite in Italia, e allora le Province erano solo 93. Contemporaneamente nell’Alto Adige del dopoguerra era elevato il tasso di natalità, soprattutto nelle aree periferiche. In altre parti d’Europa i componenti familiari che non lavoravano nel maso venivano assorbiti dai comparti economici, ma in Alto Adige questo non era possibile perché il settore secondario, l’industria, registrava quasi interamente occupati del gruppo di lingua italiana e il terziario, il settore dei servizi, ancora non si era sviluppato. Per questo negli anni Cinquanta molti giovani sudtirolesi emigrarono in Germania e in Svizzera. L’Accordo Degasperi-Gruber conteneva un passaggio che prevedeva un successivo accordo speciale tra Italia e Austria tendente “a facilitare un più esteso traffico di frontiera e scambi locali di determinati quantitativi di prodotti e di merci tipiche tra l’Austria e ­l’Italia”. Questo passaggio portò infine al cosiddetto “Accordino” stipulato nel 1949 fra Italia e Austria. L’intesa raggiunta aveva lo scopo di attenuare gli svantaggi economici derivanti alla popolazione dalla separazione

Situazione stabilizzata

politica del 1918 e di mantenere i flussi tradizionali del commercio. Scaturirono invece nuove liste di merci con contingenti prefissati, in parte soggette a dazio e in parte esenti da dogana. Ancora una volta l’attuazione di questo passaggio previsto nell’Accordo del 1946, che ammetteva una certa elasticità e una permeabilità alle frontiere e alla circolazione delle merci, fece mancare la generosità della politica e attirò anche le dure critiche del mondo economico. Per quell’epoca l’Accordino fu tuttavia una pietra miliare, che consentì ad entrambi i Paesi di fare le prime esperienze con i vantaggi del libero scambio. I tempi non erano ancora maturi per un atteggiamento più aperto. Le ferite lasciate dal fascismo, dal nazionalsocialismo e dalle Opzioni per il momento non ammettevano di più. Josef Buratti può guardare con soddisfazione a quanto costruito con l’azienda di famiglia a Bolzano, che ora ha lasciato nelle mani del figlio e del nipote. La sua storia di successo è una delle molte immagini positive dell’economia locale nel suo insieme. La base della successiva autonomia dell’Alto Adige, come viene visto l’Accordo Degasperi-­ Gruber, è stata sicuramente sottovalutata dagli imprenditori del 1946. Ma lo sviluppo che ha segnato questa autonomia nel corso dei decenni fino ad oggi, non si può scindere dal progresso della Provincia di Bolzano e della sua economia.  mgp/pf

I

dati Astat riferiti alla popolazione residente mostrano come negli anni compresi fra il 1921, quando l’Alto Adige fu annesso all’Italia in seguito alla Prima Guerra Mondiale, e il 1961, quando ci fu il primo censimento utile, il numero dei cittadini di lingua italiana si fosse quintuplicato. Il leggero calo della popolazione di lingua italiana rilevato nel periodo 1971-2001 può essere invece ricondotto al fatto che soprattutto i cittadini di famiglie mistilingui si siano di-

chiarati con maggior frequenza “appartenenti al gruppo linguistico tedesco”. La ragione di tale scelta potrebbe essere ricercata nelle disposizioni sulla proporzionale e nelle maggiori opportunità offerte nel pubblico impiego. Nel frattempo il rapporto nella consistenza dei gruppi linguistici si è stabilizzato. Informazioni più approfondite possono essere visionate al link a fondo pagina.  mgp/sa

1921

1961 Madrelingua tedesca Madrelingua italiana Madrelingua ladina Altre

9,62%

Turismo da reinventare

N

el dopoguerra il turismo altoatesino era penalizzato due volte. Il turismo d’elite, presente nell’anteguerra, era sparito: i viaggi oltreconfine erano connessi a autorizzazioni speciali. Inoltre gli hotel e le relative dotazioni, soprattutto nel Meranese, erano stati fortemente danneggiati perché nel periodo dell’occupazione tedesca erano serviti come alloggiamenti degli ufficiali e dell’esercito nazista. Fra giugno e settembre 1946 l’Alto Adige registrò complessivamente mezzo milione di pernottamenti. Nel 1939, prima dello scoppio della guerra, i pernottamenti erano stati ancora 1,9 milioni. Nell’estate 2015, sempre fra giugno e settembre, l’Alto Adige ha superato i 14 milioni di pernottamenti.

3,89%

75,87%

10,62%

0,08%

3,37%

62,25%

34,31%

Popolazione residente per gruppo linguistico ai Censimenti popolazione dal 1880 al 2011 (a) 600.000 205.306

210.285

222.794

251.451

254.735

373.863

414.041

430.568

440.508

462.999

504.643

1880

1890

1900

1910

1921

1961

1971

1981

1991

2001

2011

Altri

3.513

4.862

7.149

10.770

24.506

281

475

9.593

17.657

34.308

51.371

Ladini

8.822

8.954

8.907

9.429

9.910

12.594

15.456

17.736

18.434

18.736

20.548

186.087

187.100

197.822

223.913

193.271

232.717

260.351

279.544

287.503

296.461

314.604

6.884

9.369

8.916

7.339

27.048

128.271

137.759

123.695

116.914

113.494

118.120

500.000

Fonte: Annuario statistico della Provincia di Bolzano 2015 (Tab. 3.17, pag 118)

© Buratti Snc

ECONOMIA

400.000 300.000 200.000 100.000 0

Tedeschi Italiani

(a) I dati Astat per gli anni fino al 1921 compreso si riferiscono alla popolazione presente, quelli per gli anni 1961, 1971 e 1981 alla popolazione residente, quelli per gli anni 1991, 2001 e 2011 alle dichiarazioni linguistiche. Negli anni fino al 1961 compreso è stata rilevata la lingua d‘uso, negli anni 1971 e 1981 l‘appartenenza ad un gruppo linguistico e negli anni 1991, 2001 e 2011 l‘appartenenza o l‘aggregazione ad un gruppo linguistico.

http://www.provinz.bz.it/astat/download/JB2015_K3.pdf (a) I dati per gli anni fino al 1921 compreso si riferiscono alla popolazione presente, quelli per gli anni 1961, 1971 e 1981 alla popolazione residente, 14

quelli per gli anni 1991, 2001 e 2011 alle dichiarazioni linguistiche. Negli anni fino al 1961 compreso è stata rilevata la lingua d'uso, negli anni 1971 e 1981 l'appartenenza ad un gruppo linguistico e negli anni 1991, 2001 e 2011 l'appartenenza o l'aggregazione ad un gruppo linguistico.

Fonte: ISTAT, Österreichisches Statistisches Zentralamt, elaborazione ASTAT

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SCUOLA ITALIANA

CULTURA ITALIANA © Manuela Diquirico

La scuola dopo l’Accordo di Parigi L’Accordo di Parigi del 1946 è la base su cui è stata costruita la scuola altoatesina degli ultimi 70 anni, sempre più plurilingue e europea.

C

ma scolastico efficace e garanzia per lo sviluppo futuro. La scuola è sempre più orientata a un modello d’insegnamento europeo che risponde alle nuove esigenze didattiche e promuova linguaggi plurali anche tramite l’utilizzo di strumenti digitali per lo sviluppo di strumenti formativi che permettano ai ragazzi d’inserirsi con successo nella vita concreta del territorio, in un’ottica sociale aperta, plurilingue ed europea. Alla scuola spetta raccogliere la sfida lanciata dalle profonde trasformazioni sociali di questi ultimi anni, diventando promotrice di cambiamenti positivi che puntino all’integrazione e alla compenetrazione delle culture, piuttosto che a erigere barriere.

© Manuela Diquirico

Cresce la collaborazione fra scuola e cultura: nella foto, il liceo pedagogico Pascoli di Bolzano

on l’Accordo di Parigi compaiono per la prima volta concetti quali bilinguismo, scuola nella madrelingua e insegnamento della seconda lingua, che allora veniva impartita per tre ore in seconda e terza classe della allora scuola elementare e per sei nelle classi successive sia nella scuola di lingua italiana che di lingua tedesca. Il timore di un’assimilazione culturale (art.19 dello Statuto di Autonomia del 1972), viene percepito sempre più come ostacolo per una scuola che mira a mettere in forte relazione le varie realtà linguistiche. La società di oggi spinge fortemente verso una scuola in cui si possa superare definitivamente la separazione linguistica e procedere gradualmente verso il plurilinguismo: peculiarità di un siste-

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Cultura italiana in crescita Consumi culturali cresciuti al 40% e crescita di cooperative di giovani creativi: si vuole valorizzare le culture grazie a pari dignità nella partecipazione e nella rappresentanza.

P

er dare attuazione all’Accordo di Parigi si è subito pensato alle culture, e la normativa per la promozione culturale è stata tra le prime ad essere concepita per salvaguardare le caratteristiche etniche e lo sviluppo culturale dei gruppi linguistici tedesco, italiano e ladino. La nuova legge sulla cultura raccoglie lo spirito originario e lo aggiorna proiettandolo nel futuro. Tra le novità la semplificazione dei processi burocratici per facilitare la programmazione delle istituzioni culturali; sostegno alle imprese culturali (anche case editrici) creando così posti di lavoro per giovani; una consulta che indirizzi lo sviluppo culturale per l’Alto Adige, a prescindere dai gruppi linguistici. I risultati raggiunti grazie all’autonomia sono confortanti. In pochi anni, anche grazie a esperimenti di marketing non convenzionale e di comunicazione sociale e a progetti per interpretare cultura e arte contemporanee, i consumi culturali in provincia di Bolzano rispetto alla realtà nazionale hanno raggiunto percentuali vicine al 40%. Inoltre, la percezione dei servizi culturali è molto vicina a quelli del welfare.

Importante la crescita di un tessuto di giovani creativi, che ha portato Tyler Brûlé di Monocle a definire Bolzano la città più cool d’Italia. Rilevante anche il rinnovato rapporto con le associazioni culturali e la crescita del fenomeno delle cooperative culturali di giovani che ha creato occupazione giovanile e femminile. Nei prossimi tempi si discuterà della riforma dello Statuto di Autonomia. La Consulta culturale italiana sta elaborando un documento che, ritenendo plurilinguismo e multiculturalità quali strumenti di crescita sociale ed economica, indichi per il futuro la necessità di garantire percorsi e spazi in cui ogni gruppo linguistico abbia la propria autonomia, puntando a un modello paritetico, di pari dignità nella partecipazione e nella rappresentanza, a partire soprattutto dal settore culturale per valorizzare tutte le culture nelle loro varie espressioni. Inoltre, gli ambiti di gestione comune e di confronto dovrebbero essere ampliati ulteriormente. Molto si è già fatto negli ultimi anni: quasi tutte le attività musicali, i festival, i grandi enti, la danza e l’opera hanno una gestione condivisa.

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SCUOLA TEDESCA E LADINA

EDILIZIA

Qualità e innovazione Grazie all’Accordo di Parigi e successiva attuazione dell’Autonomia altoatesina nel settore dell’edilizia pubblica e per l’edilizia abitativa sono stati prodotti importanti effetti positivi.

A sinistra: un edificio IPES nel quartiere Casanova a Bolzano. A destra: una palestra con percorso di arrampicata.

per l’architettura e la qualità dell’edilizia pubblica, riconosciuta dai Premi di Architettura.

Case per i cittadini Nella provincia di Bolzano, il sostegno all’edilizia abitativa ha sempre rivestito un ruolo anche di notevole rilievo politico fin dal primo Statuto d’Autonomia. Lo testimoniano i mezzi messi a disposizione per l’edilizia abitativa agevolata. Per la gestione delle sue abitazioni e per la costruzione di nuove abitazioni da concedere in locazione la Provincia si serve dell’Istituto per l’edilizia sociale che gestisce oltre 13 mila alloggi. In 40 anni di legge sull’edilizia abitativa tra il 1971 e il 2015, a fronte di domande di agevolazione, sono stati approvati importi per un totale di oltre 2,5 miliardi di Euro, per acquisto/costruzione prima casa e recupero convenzionato. I proprietari di alloggi che hanno ottenuto un contributo edilizio in questo lasso temporale sono oltre 91mila. Grazie all’Autonomia, accanto alle forme tradizionali, sono stati posti in essere modelli di finanziamento innovativo per giungere alla prima casa, quale il “Risparmio Casa/Bausparen”. Finora sono stati messi a disposizione 40 milioni di Euro. Inoltre, nell’ex sede Telefoni di Stato in Corso Italia a Bolzano sarà realizzato un progetto pilota di cohousing e coworking per agevolare i giovani nel giungere alla propria autonomia. L’investimento sarà di 6 milioni di Euro in tre anni.

© Archivio Dipartimento Istruzione tedesca

D

opo l’acquisizione della competenza sulla scuola del 1975, ad esempio, la Provincia ha deliberato proprie direttive di edilizia scolastica e in altri ambiti, che hanno permesso di fare scelte di qualità innovativa nell’interesse del territorio evitando lo spopolamento dei piccoli centri abitati. Anche nel campo dell’edilizia sanitaria l’Autonomia ha permesso di gestire le scelte di costruzione delle strutture per la qualità architettonica e di allestimento. Grazie al programma dei lavori per l’edilizia i finanziamenti sono gestiti con una supervisione d’insieme molto accurata, definendone i limiti, le priorità e i tempi di realizzazione. Con la Legge sugli appalti del 1998 la Provincia è riuscita a gestire in tempi rapidi investimenti di rilievo nel campo di edilizia pubblica, dalle scuole ai musei. Tra gli elementi significativi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e la figura del responsabile di progetto. La nuova norma di attuazione sugli appalti pubblici consentirà alla Provincia di rendere più snello l’intero procedimento di appalto e agevolare le piccole e medie imprese locali nell’accesso al sistema degli appalti. Un altro elemento qualificante è il metodo del concorso di progettazione, che ha consentito alla Provincia di scegliere non il miglior progettista, ma la miglior soluzione architettonica, portando l’Alto Adige a essere conside­ rato uno dei territori più fertili e innovativi

Madrelingua garantita a scuola

Aula di scuola media a San Leonardo in Passiria, 2012: le scuole altoatesine oggi sono ben dotate e seguono percorsi formativi innovativi

Il sistema scolastico in lingua tedesca e ladina, grazie all’autonomia concessa e ben utilizzata, negli ultimi decenni si è evoluto bene ed è stato in grado di tutelare le minoranze linguistiche dell’Alto Adige.

I

l fondamento giuridico per la scuola tedesca e ladina in provincia di Bolzano è l’Accordo Degasperi-Gruber del 1946 che introdusse il diritto all’insegnamento nella lingua madre e, così, la possibilità per gli alunni di lingua tedesca e ladina di frequentare istituzioni scolastiche dove le materie d’insegnamento venivano impartite in tedesco e in ladino.

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Settant’anni fa la maggiore difficoltà era costituita dalla grave carenza di insegnanti per il basso livello di istruzione. A fronte di una percentuale di frequenza delle scuole medie del 35,7 per cento fra la popolazione di lingua italiana dell’Alto Adige riferita all’anno scolastico 1955/56, quella fra la popolazione di lingua tedesca e ladina era di appena l’11,8 per

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SCUOLA TEDESCA E LADINA

Aula di scuola elementare a Ora, 1961: nonostante le difficoltà, la scuola altoatesina seguì la propria strada in autonomia

AMBIENTE La Provincia ha, invece, competenza secondaria per scuole elementari, medie e superiori; ciò significa che deve applicare gli indirizzi del sistema scolastico nazionale adattandoli alla realtà locale con leggi provinciali. Ne è oggi un esempio la legge provinciale che recepisce quella statale detta de “La buona scuola”. Un ulteriore passo per il consolidamento dell’autonomia altoatesina nel settore dell’istruzione avvenne nel 1996 con l’assunzione della competenza per la liquidazione della maggior parte degli stipendi agli insegnanti, le questioni di servizio e giuridiche riferite alle retribuzioni. Nel 2000, fu varata la legge provinciale per l’autonomia delle scuole. Vennero riformate la scuola elementare e media e predisposte apposite linee guida, alle quali seguì la riforma della scuola superiore e le relative linee guida. Per la prima volta nella storia del sistema scolastico altoatesino vi erano linee guida predisposte in modo conseguente e organico per l’intero ciclo scolastico,dalla scuola per l’infanzia alla scuola superiore. Le sfide da affrontare sono ancora molte: tra queste l’apprendimento delle lingue, l’inclusione degli scolari e studenti con background migratorio, temi che richiedono soluzioni adeguate alle nuove realtà.  sa

© Agenzia provinciale per l’ambiente

cento. I giovani non proseguivano gli studi e non frequentavano l’università. Tale situazione era dovuta in parte al fatto che la popolazione tedesca risiedeva in prevalenza in ambito rurale dove, dopo le elementari, svolgeva attività agricola o artigianale. Altro aspetto da considerare, la politica restrittiva in materia di istruzione attuata sotto il fascismo, che precluse l’insegnamento in tedesco e ladino. Altri problemi erano la carenza di edifici scolastici e aule. Inoltre, i programmi didattici statali dovevano essere tradotti e i relativi libri di testo e presidi scolastici predisposti ex novo. Solo con il secondo Statuto d’Autonomia del 1972 si può parlare di un vero avvio di una nuova era per il sistema scolastico di lingua tedesca e ladina, grazie all’assunzione da parte della Provincia della competenza primaria per l’assistenza scolastica, l’edilizia scolastica, la scuola dell’infanzia, la formazione professionale, le scuole di musica e le biblioteche scolastiche, settori che possono essere regolati autonomamente con leggi provinciali. Tra gli sviluppi avviati allora vi è il sistema duale nella formazione professionale, che oggi viene indicato quale modello per il resto d’Italia dalla politica all’istruzione nazionale.

L’impianto di trattamento dei rifiuti bio a Lana

Autonomia da completare: la tutela ambientale L’obiettivo di ottenere la competenza primaria per la tutela ambientale non è ancora stato raggiunto dalla Provincia di Bolzano.

L

e questioni legate alla tutela ambientale hanno dei risvolti diretti sul benessere e sulla salute dei cittadini e riscuotono un grande interesse ai giorni nostri. Karl Gruber e Alcide Degasperi nel 1946 avevano altre preoccupazioni. 70 anni fa, infatti, la tutela dell’ambiente non era argomento di discussione. La Costituzione italiana varata nel 1947 non ne faceva menzione espressa. Era necessario fare riferimento alla tutela del paesaggio o al diritto fondamentale alla salute per legittimare interventi in favore dell’ambiente. Solo a partire dagli anni ’70 con l’avanzare del pensiero ambientalista le questioni ambientali divennero un tema prioritario. Lo sviluppo della legislazione ambientalista in Alto Adige può essere suddivisa in due periodi: una fase prima della Riforma costituzionale del 2001 e una successiva.

© Proprietà privata di Annemarie Elsler

Fino al 2001: decentralizzazione

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La Provincia di Bolzano ottenne per la prima volta la competenza per il controllo della qualità dell’aria nel 1967. Con la cosiddetta “Legge Merli” del 1976 alla Regione fu trasferita la competenza per l’approvvigionamento idrico, lo smaltimento delle acque e la gestione idrica urbana. Nel 1982 si aggiunse il settore dello smaltimento dei rifiuti. Con l’istituzione del Ministero dell’Ambiente nel 1986 nella legislazione della tutela ambientale prese il via una nuova era all’insegna della centralizzazione e dell’uniformazione. Lo spazio di manovra per la Provincia di Bolzano per legiferare divenne sempre più incerto.

La legge statale 349/86 presentava il carattere di una direttiva generale per la tutela dell’ambiente, che introduceva anche il principio della prevenzione, dell’indennizzo per i danni ambientali, misure per la valutazione ambientale (VIA) e il diritto del cittadino all’accesso alle informazioni riferite all’ambiente. La politica ambientale ottenne maggior rilevanza anche in seno all’UE. La direttiva del 1986 creava sufficienti presupposti per l’applicazione di un diritto comunitario riferito alla tutela ambientale.

Dopo il 2001: accentramento Un cambio di registro definitivo fu sancito con la Riforma costituzionale del 2001. Riformando l’art. 117 lo Stato assumeva la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Questo significa per la Provincia di Bolzano la mera facoltà di modifica delle disposizioni statali per la tutela ambientale al fine di renderle più severe. Il Testo Unico statale del 2006 “Norme per la tutela dell’ambiente” riordina completamente il settore. Il testo normativo comprende tutti gli ambiti della tutela dell’ambiente, dalla tutela del suolo alla gestione dei rifiuti, dallo smaltimento delle acque alla riduzione dell’inquinamento fino all’indennizzo dei danni arrecati all’ambiente. Lo spazio d’azione per la Provincia di Bolzano per predisporre una legislazione più adeguata al proprio territorio è divenuto ancor più ristretto. L’obiettivo di ottenere la competenza primaria per la tutela ambientale non è ancora stato raggiunto.  mpi/sa

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MOBILITÀ

MOBILITÀ

Nel 2012 la Provincia ha introdotto l’Alto Adige Pass per l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici e il sistema di obliterazione contactless. Al momento attuale vengono utilizzati attivamente 137.091 Alto Adige Pass, circa 80.000 Abo per scolari, 6.500 abbonamenti gratuiti per disabili e 48.918 abbonamenti per anziani.

Sono in funzione 372 impianti di risalita utilizzati da 128,5 milioni di passeggeri con un volume di affari di 280 milioni di Euro all’anno.

Quando nel 1997 la Provincia assunse la competenza sulle strade statali una parte di esse si trovava in uno stato precario. In numerosi punti pericolosi mancavano i guardrail. C’erano tratti stradali privi di segnaletica sia a terra che ai lati. Per la Provincia è assolutamente prioritaria una rete stradale sicura ed efficiente. Interventi di miglioramento sono stati eseguiti in particolar modo nelle opere paramassi e nelle circonvallazioni che contribuiscono a garantire fluidità al traffico e maggior qualità di vita. 22

La Provincia organizza il trasporto alunni dagli anni Settanta. Ogni anno vengono trasportati circa 4.500 scolari per una spesa attorno ai 7,5 milioni di Euro.

Muoversi nelle Alpi La competenza primaria in materia di strade e sistemi di trasporto fu attribuita alla Provincia di Bolzano solo con il secondo Statuto di Autonomia. Nel frattempo, nel settore della mobilità sostenibile l’Alto Adige è ben posizionato in ogni senso.

L’

Alto Adige entro il 2030 punta a diventare una regione modello per una mobilità alpina sostenibile.

Così, nel frattempo sono in funzione le circonvallazioni di Naturno, Monguelfo, Villabassa, San Giacomo, Laives, Ora, Vandoies, Merano e Bressanone. Nelle valli Gardena, Ega e Sarentino sono state realizzate nuove arterie stradali sicure per quanto riguarda la caduta massi. Il Servizio Strade è subentrato all’ANAS e ora, con 600 operatori, si occupa della manutenzione di una rete stradale, fra strade statali e provinciali, di circa 2.800 chilometri.

In punti strategici di snodo si intende installare ulteriori stazioni di ricarica per le auto elettriche. Nel frattempo anche il parco macchine della Provincia è dotato di auto elettriche. La Provincia punta sempre più sui mezzi del trasporto pubblico e su quelli a trazione priva di emissioni, quali i bus a idrogeno. A Bolzano ne sono già in circolazione cinque e grazie ai finanziamenti del programma UE sarà possibile acquistarne ulteriori.

La nuova legge provinciale sulla mobilità quale strumento programmatico racchiude tutte le norme in materia, è conforme alle direttive UE, punta a risparmi pur mantenendo gli elevati standard di qualità tutelando il sistema economico regionale.

§

san/sa

Gli autobus e i treni sono i mezzi a disposizione nel trasporto pubblico locale di persone. Nel 2015 sono stati rilevati 146.000 corse giornaliere e 53,2 milioni di obliterazioni. Nel 2014 sono entrati in funzione i primi treni moderni Flirt, oggi sono 16. A breve ne dovrebbero entrare in funzione

altri 16 ­sulla linea ferroviaria del Brennero. Alla fine degli anni Novanta la Provincia ha rilevato la linea ferroviaria della Venosta da RFI ammodernandola; ora parte la sua elettrificazione.

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frattempo la potestà legislativa è stata ulteriormente ampliata. Anche il nome “Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige” risale al secondo Statuto di autonomia. Nel 1974 i dipendenti provinciali erano 2620, dei quali circa 750 nell’amministrazione. All’epoca c’erano soltanto 10 Ripartizioni provinciali, con personale costantemente in aumento: si rendeva necessaria una riorganizzazione, che fu completata nel 1981 con le direzioni di ufficio, a cui seguirono nel 1982 le Ripartizioni e la Direzione generale. Nel 2014 l’assessora provinciale alla PA Waltraud Deeg ha avviato una nuova riforma dell’amministrazione per migliorare ulteriormente efficienza e vicinanza al cittadino. Il progetto “Innovazione amministrativa 2018” ha visto diversi gruppi di lavoro prendere in esame 1500 prestazioni fornite dall’Amministrazione provinciale, i relativi costi e l’appropriatezza. Parallelamente ogni unità organizzativa ha elaborato il proprio piano della performance 2016-2018 stabilendo obiettivi programmatici e azioni prioritarie necessarie per il loro raggiungimento, secondo uno schema che parte dalla definizione della strategia per arrivare ad individuare le risorse realmente necessarie. Inoltre un gruppo di esperti incaricato della revisione della spesa pubblica analizza il bilancio provinciale per individuare i potenziali di risparmio. Nel corso di questo

© Ufficio provinciale beni culturali

AMMINISTRAZIONE

© Ufficio provinciale beni culturali

AMMINISTRAZIONE

processo sono stati accorpati o riorganizzati 22 ripartizioni e uffici. Obiettivo finale: fare della PA un moderno ente fornitore di servizi al cittadino e alle imprese. Tra questi, i tempi certi delle pratiche, le dichiarazioni sostitutive, il linguaggio semplice, il silenzio-assenso, l’accesso agli atti. L’11 agosto 2016 segna l’avvio della procedura amministrativa digitale della Provincia autonoma, che coinvolge 200 uffici, 32 ripartizioni e 13 dipartimenti.  mgp/pf

Ieri come oggi, il Servizio strade della Provincia al lavoro per la sicurezza nella circolazione.

Livello di soddisfazione nei confronti dei servizi pubblici – 2015 Popolazione di 18 anni e oltre; percentuale di risposte positive (molto o abbastanza soddisfatti) su risposte valide

A quale ufficio dobbiamo rivolgerci? Il personale provinciale aiuta i cittadini.

Cresciuta con i nuovi compiti

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Poste

IPES

INPS

Ferrovie

RAI in lingua ladina

Attuale sistema scolastico

Università di Bolzano

RAI locale in lingua italiana

Amministrazione provinciale

Servizio Sanitario

RAI locale in lingua tedesca

Comunità comprensoriale

Comune

ster nella sua tesi (2003) sull’Amministrazione provinciale. Prima i dipendenti provinciali avevano, ai sensi dell’allora legge nazionale sul personale, solo contratti trimestrali che venivano sempre rinnovati. Con lo Statuto di autonomia del 1972 si aggiunsero altre 16 competenze primarie, quelle secondarie triplicarono fino a 11. Tra il 1969 e 1973 triplicò anche il numero delle leggi provinciali approvate, che passò da 16 a 81. Nel

Trasporto extraurbano (gomma)

N

el 1949 l’amministrazione pubblica dell’allora Alto Adige (Tiroler Etschland) contava 153 collaboratori con al vertice un dirigente-segretario nominato dallo Stato. Quando nel 1948 entrò in vigore il primo Statuto di autonomia, il Consiglio dell’Alto Adige ottenne la competenza su 13 ambiti, tra cui gli uffici provinciali. Solo nel 1959 entrò in vigore il primo ordinamento degli uffici e del personale, scrive Martin Sagmei-

Trasporto pubblico urbano

Da una piccola struttura controllata dallo Stato, l’Amministrazione provinciale è diventata una grande azienda che mette al centro i servizi a favore della popolazione.

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Uno sviluppo ordinato del territorio evita l’inutile consumo delle aree verdi

Contro la crescita selvaggia In Alto Adige si vive bene. È anche il risultato di una politica previdente e di successo nello sviluppo del territorio e nella tutela del paesaggio.

N

egli anni Settanta l’Alto Adige ha conosciuto uno sviluppo vertiginoso. Un territorio contraddistinto dall’agricoltura si è trasformato in una destinazione turistica molto richiesta, nei settori di artigianato, industria e manifatturiero l’Alto Adige si è fatto un nome. La politica ha riconosciuto per tempo e utilizzato responsabilmente le opportunità offerte al territorio dal suo paesaggio, dalla sua posizione goegrafica e dall’operosità dei suoi abitanti. Lo sviluppo dello spazio vitale ed economico, ma anche delle aree verdi è stato pianificato e gestito con oculatezza. Il risultato? Abbiamo il privilegio di vivere in un territorio dove altri vogliono venire in vacanza.

Vantaggio iniziale: competenza primaria L’Alto Adige ha competenza primaria nei settori dello sviluppo del territorio e della tutela del paesaggio. Deve pertanto rispettare la Co-

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stituzione, la normativa UE e le prescrizioni internazionali, ma non condividere con lo Stato la potestà legislativa. Questa particolarità ha assicurato ampio spazio di manovra nella gestione autonoma delle politiche locali per il territorio e permette di affrontare meglio le esigenze e i problemi della realtà locale e di intervenire.

Pianificazione come chiave del successo La legge urbanistica provinciale 13/1997 poggia in gran parte su basi giuridiche fissate nel 1970 e aggiornate negli anni con diverse modifiche per adeguarsi alle nuove esigenze. La legge provinciale ha seguito le direttive statali ma le ha sviluppate in maniera molto specifica e intrecciate strettamente con altri ambiti politici rilevanti per il territorio, a cominciare dall’edilizia abitativa agevolata e dalla tutela del paesaggio.

La legge urbanistca statale rimase spesso inosservata fino al 1965, le successive leggi provinciali furono invece applicate (compresi i controlli sul loro rispetto) con puntualità svizzera. Due anni dopo l’approvazione della legge provinciale 38/1973 tutti i Comuni erano dotati di un piano urbanistico comunale entrato in vigore. Nel 1972 fu introdotta la norma che obbligava i proprietari di terreni nelle zone di espansione a destinare dal 50 al 60% della superficie all’edilizia abitativa agevolata. Con questa misura si è riusciti nei decenni di maggior crescita e della trasformazione strutturale a coprire il fabbisogno di aree edificabili per la casa e per l’insediamento di imprese. Alcuni sviluppi a livello statale considerati problematici sono stati applicati in Alto Adige solo in seguito a pronunciamento della Corte costituzionale. Così ad esempio dal 1985 è diventato possibile sanare violazioni edilizie tramite pagamento di una multa. La rigorosa pianificazione e i controlli avevano fino ad allora impedito le violazioni edilizie in Alto Adige, tuttavia anche incrementato la pressione e la richiesta di poter costruire al di fuori delle aree fabbricabili non solo per scopi agricoli.

Tutela del paesaggio: conservare il volto di questa terra Il raggiungimento dell’obiettivo della conservazione paesaggistica è testimoniato

© Albert Ceolan

URBANISTICA

© Ripartizione 28/Frank Weber

URBANISTICA

soprattutto dai sette parchi naturali, dalle tante piccole aree sottoposte a tutela e dalle Dolomiti patrimonio mondiale UNESCO. La legge provinciale per la tutela del paesaggio 16/1970 non ha subito frequenti modifiche, benché anche in questo ambito vi siano stati significativi sviluppi, specie a livello statale. Hanno avuto effetti soprattutto la “Legge ­Galasso” (431/1985) e il “Codice Urbani“ (D.L. 42/2004). Con la Legge Galasso determinate aree sono state tutelate in forza della legge – ad esempio le zone sopra i 1600 metri di quota o i ghiacciai – e sono state introdotte sanzioni penali per interventi senza autorizzazione nelle aree protette. Il Codice Urbani recepisce il concetto della Convenzione europea sul paesaggio del 2004. Vale il principio “tutto è paesaggio” e ora si tratta di conservare non solo i “paesaggi della domenica”, vale a dire le aree tutelate, ma anche di salvaguardare, curare e valorizzare “i pae­saggi quotidiani”.

Il Lago Bianco nel parco naturale del Monte Corno

Uno sguardo al futuro Alla luce del notevole cambiamento nella società verificatosi negli ultimi cinquant’anni, sono necessarie basi legislative aggiornate nei settori dello sviluppo del territorio e della tutela paesaggistica. Per questo la Provincia di Bolzano sta lavorando all’elaborazione di una nuova legge provinciale di settore che sappia armonizzare entrambi gli aspetti.  Ulrike Lanthaler/pf

Sull’autrice: Ulrike Lanthaler, Ripartizione natura, paesaggio e sviluppo del territorio.

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MUSEI E BENI CULTURALI

AGRICOLTURA

Conservare, documentare, trasmettere L’’Accordo Degasperi-Gruber ha gettato le basi per sviluppare il sistema museale in Alto Adige e far diventare musei e beni culturali ciò che sono oggi.

N Nel 1980 è stato inaugurato a Teodone di Brunico il Museo etnografico

egli anni del dopoguerra furono spesso organizzazioni private, singole persone o associazioni a fondare musei: così ad esempio il Museo del vino, il Museo in val Gardena, il Museo di Gudon o il Museo di San Candido. Solo nel 1972 le competenze del settore museale furono trasferite dallo Stato alla Provincia, che nel 1988 approvò una specifica legge per disciplinare e promuovere il settore. La normativa consentì non solo la creazione di ulteriori musei provinciali, ma regolamentò anche l’incentivazione di iniziative private e pubbliche sul territorio altoatesino.

Una legge provinciale del 1976 avviò la rea­ lizzazione del Museo etnografico degli usi e costumi a Teodone di Brunico, che fu inaugurato nel 1980. Sul piano tematico, la grande maggioranza dei musei in Alto Adige ha una connotazione storico-culturale, sicuramente collegata al grande e diffuso impegno di raccogliere e conservare oggetti e documenti del passato quotidiano, della vita contadina, degli antichi mestieri artigiani, del paesaggio, della devozione popolare o delle ricche tradizioni culturali. L’obiettivo è quello di tramandarli alle future generazioni, di studiarli e di spiegarli, tutti aspetti importanti quando si parla di minoranze nazionali.

© H. Grießmair

Conservare i beni culturali

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Anche la tutela dei beni culturali ha una storia particolare. La prima autorità competente per il Sudtirolo fu a fine XIX secolo la “k.k. Central Commission” di Vienna, la commissione centrale imperialregia per la ricerca e la salvaguardia dei beni culturali. Nel 1939 entrò in vigore in Italia la legge di tutela delle cose di interesse artistico o storico (legge Bottai), sostituita nel 2004 con l’emanazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Con l’annessione del Sudtirolo all’Italia, l’autorità dei beni culturali a Trento assunse il compito di tutela dei beni culturali in Alto Adige. Con il secondo Statuto di autonomia la competenza sui beni culturali fu trasferita alla Provincia. La Sovrintendenza ai beni culturali fu messa in piedi dal primo sovrintendente Karl Wolfsgruber: uno dei lavori principali fu l’elaborazione di una lista dei beni culturali. Oggi tutti i circa 4000 beni sottoposti a vincolo di tutela storico-­ artistica in Alto Adige sono visibili online nel browser dedicato ai monumenti. Dal 1992 è operativa la Ripartizione provinciale beni culturali, di cui fanno parte l’Ufficio beni architettonici e artistici (tutela, interventi di restauro e valorizzazione, ricerche), l’Ufficio beni archeologici (tutela, scavi, interventi conservativi) e l’Archivio provinciale, che da 30 anni conserva i patrimoni archiviari a partire dal XIII secolo, si occupa di ricerca storica locale e accompagna l’attività dei cronisti di paese.  san/pf

Attraverso le generazioni In Alto Adige vi sono complessivamente oltre 13.000 masi chiusi, che rappresentano una specificità del diritto civile. Solo il primo Statuto d’autonomia ha reso possibile (nel 1954) la legge sul maso chiuso, che era stata abolita dallo Stato italiano nel 1929.

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nche in Alto Adige l’agricoltura sta vivendo una trasformazione di carattere strutturale. Ciononostante in Alto Adige vi sono oltre 13.000 masi chiusi; essi rappresentano circa i tre quarti della superficie coltivabile provinciale. In questo senso il maso chiuso rappresenta per l’agricoltura dell’Alto Adige uno strumento fondamentale. Infatti il divieto di suddivisione dell’unità immobiliare, che costituisce il maso chiuso, ha lo scopo di assicurare il sostentamento della famiglia contadina attraverso le generazioni. Di conseguenza la legge altoatesina sul maso chiuso dà un contributo inestimabile alla conservazione dell’agricoltura su tutto il territorio provinciale. L’amministrazione pubblica ha, tra i propri compiti, quello di conservare e di promuovere un’agricoltura estesa su tutto il territorio, competitiva e sostenibile.

Legge sul maso chiuso abolita nel 1929 Dopo la prima guerra mondiale il Tirolo è stato diviso e l’Alto Adige è stato accorpato all’Italia. Dato che in Italia vigeva un altro ordinamento giuridico rispetto al Tirolo e non si conosceva l’istituto giuridico del maso chiuso, la legge tirolese sul maso chiuso venne abolita nel 1929. Sebbene in tal modo non vi fosse più nulla in grado di impedire la suddivisone dei terreni non si giunse alla temuta frammentazione dei masi, dato che l’istituto del maso chiuso corrispondeva alla sensibilità giuridica che era stata tramandata da generazioni. La consape-

volezza che solamente aziende con una determinata dimensione e redditività potevano sopravvivere assicurò il loro futuro.

L’istituto giuridico del maso chiuso è una peculiarità dell’Alto Adige Nell’articolo 11 dello Statuto di Autonomia approvato nel 1948 è inserita la norma secondo cui l’amministrazione provinciale può disporre dell’autorità legislativa in relazione al maso chiuso. In questo modo si è aperta la possibilità di emanare, a livello provinciale, una legge per la tutela dei masi chiusi. Nel 1954 venne approvata dal Consiglio provinciale la prima legge altoatesina sul maso chiuso, che si basa sui presupposti previsti dalla “Legge tirolese sul diritto dei masi ed il diritto ereditario”. Da allora il maso chiuso ha assunto, in qualità di istituto giuridico nell’ambito del diritto civile italiano, uno statuto speciale e rappresenta una peculiarità del diritto civile per quanto riguarda l’Alto Adige. Sulla base delle modifiche del diritto di famiglia italiano e di altri necessari adeguamenti la legge altoatesina sul maso chiuso, nel corso degli anni, ha dovuto essere modificata ed integrata alcune volte. Infine nel 2001 è stata approvata la legge sul maso chiuso attualmente in vigore; negli anni successivi, la variazione più recente risale al 2007, sono state apportate lievi modifiche ed integrazioni.  mag/fg

Florian Lamp e la sua famiglia davanti al proprio maso prima dei lavori ed il maso Wieserhof dopo la ristrutturazione, così com’è oggi.


GESTIONE FORESTALE

OPERE IDRAULICHE

Modello contro le erosioni

Sopralluogo dell’allora presidente della Provincia (1960-1989) Silvius Magnago con l’assessore ai bacini montani Sepp Mayr (primo a sinistra)

Il progetto di riforestazione dei versanti di Monte sole in Val Venosta rende l’immagine dello sviluppo della gestione forestale in Alto Adige per contrastare i fenomeni di erosione.

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Monte Sole, per un totale di 6 milioni di piantine a dimora. Grazie agli interventi di riforestazione diventarono aree boschive di protezione limitando i fenomeni di erosione e di asporto di terreno. Tra gli alberi piantati si contava un’area di circa 940 ettari a pino nero che provocarono fenomeni di riproduzione massiccia della processionaria del pino, compromettendo la stabilità delle foreste, incrementando il pericolo di incendi boschivi e riducendo la biodiversità e gli habitat per gli animali selvatici. Negli anni ’90 fu avviato un progetto di riconversione forestale dei boschi di pino nero in Val Venosta e di sostituzione con boschi misti, più stabili. Ogni anno vengono eseguiti interventi di cura colturale, di sfoltimento e di messa a dimora di vari tipi di latifoglie. In tal modo le aree boscate vengono portate a uno stato sempre più naturale e auto-rinnovabile. Il progetto di riforestazione delle coste di Monte sole in Val Venosta è esemplare dello sviluppo della gestione forestale in Alto Adige per contrastare i fenomeni di erosione secondo il detto che, dove il bosco e la popolazione sono un’unica cosa, vi è benessere nella regione.  mac/sa

© ispettorato forestale Silandro

Il versante di Monte Sole prima (1930) e dopo (2016) la riforestazione.

l Monte Sole, situato all’imbocco della Val Venosta, è connotato da un clima arido e da vegetazione tipica delle steppe. Le scarse precipitazioni durante l’anno e i temporali estivi, con dilavamenti del terreno, fanno si che l’area sia a rischio erosione e, quindi, di frane e smottamenti. Già nel 1911 fu predisposto un progetto complessivo per la riforestazione, da Malles fino a Stava, che, però, incontrò l’opposizione da parte della popolazione. In seguito al passaggio delle competenze sulle foreste alla Regione Trentino-Alto Adige, secondo l’Accordo di Parigi del 1948, nel 1950 la Regione – racconta Georg Pircher, vicedirettore dell’Ispettorato forestale di Silandro – fece predisporre un progetto di riforestazione. 957 gli ettari delle coste di Monte Sole interessati e 400 milioni di lire l’impegno finanziario approvato allora per il progetto. I lavori presero il via già il 1° agosto 1951. Tra il 1951 e il 1954 furono interessati da riforestazione 373 ettari e furono messe a dimora circa 1 milione e 253 mila piantine di aghiformi e latifoglie e predisposto un sistema irriguo di 22 km con 130 bacini idrici. A questo progetto ne seguirono altri, cosicché fino al 1965 erano stati riforestati 1.455 ettari dei pendii di

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L’ora zero nella lotta a frane e alluvioni Il potere legislativo, ad esempio nel campo della sistemazione dei bacini montani, nel 1946 esisteva solamente sulla carta. Di seguito un riassunto dello sviluppo della sistemazione dei bacini montani che si è affermato solo con il secondo Statuto di autonomia.

C

on l’Accordo Degasperi-Gruber alla popolazione di lingua tedesca e ladina dell’Alto Adige venne riconosciuto anche l’esercizio autonomo del potere legislativo e del potere esecutivo nel proprio territorio. Una vera e propria amministrazione autonoma non venne però consentita ai sudtirolesi, ad esempio nel settore della sistemazione dei bacini montani. Quando nel 1948 entrò in vigore il primo Statuto di Autonomia ampi diritti legislativi non vennero demandati direttamente all’Alto Adige, bensì alla neo costituita Regione Trentino Alto Adige. Come avveniva nella tradizione austriaca nell’ambito dell’Amministrazione forestale nel 1951 venne creato un apposito Ufficio bacini montani. Solo 20 anni più tardi, l’allora direttore di questo ufficio, Ernst Watschinger, riuscì a farlo dichiarare, con legge regionale dell’11 novembre 1971, vera e propria Amministrazione speciale. “Questo momento può essere considerato come la data di nascita della moderna sistemazione dei bacini montani in Alto Adige” afferma Rudolf Pollinger, direttore dell’Agenzia per la Protezione civile. I presupposti per l’attività legislativa della Provincia nel settore della sistemazione dei bacini montani vennero creati, in primo luogo, grazie al secondo Statuto d’Autonomia dell’11 novembre 1971. La combinazione dei principi contenuti nelle leggi originarie riguardanti la tutela

del territorio, con le esigenze della tutela dalle alluvioni nelle aree insediative, ha consentito di adottare delle misure complessive ed estese su tutto il territorio provinciale.

Nel corso degli anni è rimasto invariato il concetto di fondo della sistemazione dei bacini montani provinciale: proteggere la provincia dalle calamità naturali come le alluvioni, le frane e le slavine. Nel corso degli anni la sistemazione dei bacini montani ha registrato alcune modifiche della propria denominazione: dalla denominazione originaria di “K.u.K. Amt für Wildbachverbauung” a quella di Azienda speciale per la tutela del territorio e la sistemazione dei bacini montani, sino all’attuale Ripartizione Opere Idrauliche della Provincia di Bolzano-Alto Adige. Dall’inizio di quest’anno l’ex Ripartizione Opere Idrauliche, unitamente alla Ripartizione antincendi e civile ed al Corpo permanente dei Vigili del Fuoco di Bolzano, è parte della nuova Agenzia per la Protezione civile. È rimasto invariato il concetto di fondo della sistemazione dei bacini montani provinciale: proteggere la provincia dalle calamità naturali come le alluvioni, le frane e le slavine.  mag/fg

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© Archivio USP

LAVORO

LAVORO

guarda la popolazione altoatesina restava un rammarico: il presidente del Consiglio Alcide Degasperi aveva considerato il ladino come un dialetto italiano, il che comportava, al momento, l’esclusione della minoranza ladina dall’accordo.

© Archivio USP

85% dei posti per gli italiani La norma contenuta nell’accordo, che voleva “una proporzione più adeguata” tra i vari gruppi linguistici del personale comunale, provinciale, in amministrazioni e enti statali come INPS o INAIL o nelle Poste e nelle Ferrovie, nel frattempo privatizzate, è rimasta per lungo tempo lettera morta. Nel 1972, con l’entrata in vigore del secondo Statuto di Autonomia, la quota di dipendenti pubblici tedeschi e ladini sfiorava appena il 15%.

La situazione cambiò solo con il decreto sulla proporzionale datato 1976, esattamente 30 anni dopo l’accordo di Parigi, che è entrato in vigore come norma di attuazione dello Statuto di Autonomia.

Ancora oggi la conoscenza delle lingue provinciali non è scontata per tutto il personale delle Poste.

“Proporz” e pacificazione Nel 1946 il principio della libera circolazione dei lavoratori nell’area europea non era ancora immaginabile. In primo piano nel contratto di Parigi vi era tuttavia la previsione di un trattamento paritario dei sudtirolesi di madrelingua tedesca o ladina nei posti pubblici.

L

’Accordo Degasperi-Gruber garantisce ai cittadini italiani di madrelingua tedesca “l’uguaglianza di diritti per ciò che concerne l’ammissione nelle pubbliche amministrazioni con lo scopo di raggiungere nell’impiego una proporzione più adeguata tra i due gruppi etnici”. Grazie a questo passaggio l’in-

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tesa pone la proporzionale in Alto Adige sul piano del diritto internazionale. Una vera e propria fortuna per l’Alto Adige. A prescindere dalle fonti normative che ne sarebbero scaturite: il contenuto dell’accordo di Parigi non è mai stato messo seriamente in discussione. Ciononostante, per quanto ri-

Con questa norma si è costruita una regolamentazione giuridica dettagliata della proporzionale, che ancora oggi è in vigore, con modifiche. E questa volta anche i ladini sono stati espressamente previsti dalla nuova normativa. Il periodo 1972-1976 antecedente l’entrata in vigore del nuovo decreto sulla proporzionale è stato sfruttato dall’amministrazione statale per incrementare il numero dei dipendenti attraverso assunzioni e trasferimenti da tutte le regioni d’Italia. Questo improvviso aumento di personale e di dirigenti di madrelingua italiana ha comportato che per un periodo molto lungo gli altoatesini di madrelingua tedesca e ladina hanno avuto un accesso difficile a posizioni apicali. Entro il 2002 – quindi trent’anni dopo l’entrata in vigore del secondo Statuto di autonomia – la proporzionale avrebbe dovuto trovare un’attuazione definitiva, cosa che per diverse ragioni non si è verificata.

70 anni dopo: il pilastro dell’autonomia Almeno uno scopo la proporzionale lo ha in ogni caso raggiunto: questa regolamentazione garantisce ad oggi la partecipazione di tutti i gruppi linguistici alla vita politica e sociale dell’Alto Adige ed è la base di una pacifica convivenza tra i gruppi linguistici. Con il costante sviluppo dell’autonomia è aumentata nel corso degli anni l’importanza dell’amministrazione provinciale e degli enti locali. Oggi, almeno sulla carta, si può affermare che la proporzionale in Alto Adige è stata quasi raggiunta:

Proporz raggiunta: il 74% dei dipendenti delle amministrazioni locali appartengono ai gruppi lingustici tedesco e ladino

quasi il 74 % dei dipendenti delle amministrazioni locali appartengono ai gruppi linguistici tedesco e ladino e quasi il 60 % dei posti statali o parastatali in Alto Adige è occupato da personale di lingua tedesca o ladina. Anche in considerazione del fatto che sono relativamente pochi i nuovi posti per i cittadini del gruppo linguistico italiano, alcuni candidati ricorrono alla dichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico tedesco. Tuttavia le regole della “proporz”, una volta più rigide, con il tempo sono state ammorbidite: se non viene individuato il candidato idoneo in un gruppo linguistico, il posto – a determinate condizioni – può essere assegnato a un candidato dell’altro gruppo, anche se già adeguatamente rappresentato. La compensazione viene prevista nei concorsi successivi. Ugualmente importante per la popolazione è il diritto previsto nell’Accordo di Parigi di usare la lingua tedesca nel rapporto con gli uffici pubblici. Anche se in senso stretto il contratto internazionale non si parla di impiegati bilingui e tantomeno di attestato di conoscenza di entrambe le lingue, questo è implicito attraverso il richiamo alla “parità delle lingue italiana e tedesca negli uffici pubblici”. Le attuali discussioni nell’ambito della Convenzione sull’autonomia dimostrano che la proporzionale è generalmente accolta con favore dalla popolazione locale e che viene considerata dai tre gruppi linguistici come strumento a tutela del posto di lavoro nel settore pubblico. Quella disposizione nata con una mezza frase nell’Accordo di Parigi è diventata uno dei pilastri dell’autonomia altoatesina.  Ulrike Mahlknecht/tl

Sull’autrice: Ulrike Mahlknecht, Ripartizione provinciale lavoro, si occupa della vigilanza sulla proporzionale.

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SANITÀ, POLITICHE SOCIALI & SPORT

LADINIA

Effetti in molti settori Il testo dell’Accordo di Parigi è breve e sintetico. Ciononostante le sue norme si ripercuotono in numerosi settori della vita degli altoatesini, che non sono così evidenti: ad esempio, l’assistenza sanitaria e il settore delle politiche sociali.

Diversamente da quanto era previsto dall’Accordo Degasperi-Gruber i diritti dei ladini in Alto Adige, nel corso dei decenni, si sono notevolmente sviluppati e vengono considerati un modello a livello internazionale.

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L’

Grazie alla competenza legislativa primaria della Provincia è stato possibile percorrere nuove strade anche nel campo delle politiche sociali

Politiche sociali Sostegno sociale, assegno di cura, case di riposo per gli anziani: in questi ambiti l’Alto Adige ha intrapreso la propria strada, grazie alla competenza legislativa primaria. Mentre il resto d’Italia, per quanto riguarda le prestazioni sociali, si colloca significativamente al di sotto della media europea, il sistema sociale altoatesino corrisponde agli standard degli Stati dell’Europa centrale. Ed in effetti dalla metà degli anni ’70 il sostegno finanziario di carattere sociale viene adottato in Alto Adige per la copertura delle esigenze di base delle persone meno abbienti, mentre queste misure sinora in Italia non sono state introdotte come sistema unificato. Per quanto riguarda l’assicurazione contro la non autosufficienza non esiste a livello nazionale un’analoga forma di sostegno. Anche le case di riposo per gli anziani possono contare in Alto Adige su di una considerazione sociale molto diversa rispetto al resto del Paese. L’Alto Adige non pone solamente l’accento sulla cura degli anziani, bensì, in maniera molto marcata, anche sulla qualità abitativa delle strutture. Ed infine l’Alto Adige ha imboccato da tempo una propria strada anche per quanto riguarda i servizi rivolti alle persone disabili sviluppando una rete di servizi di notevole livello. mp/fg

Sport “altoatesino” Forse non molti sanno che l’Alto Adige dispone di un’ampia autonomia e facoltà decisionale anche nel campo dello sport.

L’

origine di questa autonomia affonda le proprie radici nell’Accordo Degasperi-­ Gruber, che assicura alla popolazione di lingua tedesca misure particolari per la tutela del carattere popolare e dello sviluppo culturale. Solo negli anni ’60 l’autonomia nel campo dello sport diviene un tema di confronto, nel secondo Statuto di Autonomia l’Alto Adige riceve quindi ampie competenze nel settore dello sport e dell’organizzazione del tempo libero. La Federazione delle associazioni

Accordo Degasperi-Gruber non ha riguardato in alcun modo i ladini delle Dolomiti ed ha confermato in questo modo indirettamente la divisione territoriale in tre zone dell’area ladina tra l’Alto Adige (Val Badia e Val Gardena), Trentino (Val di Fassa) e Belluno (Cortina e Fodom). Le richieste dei rappresentanti ladini riguardo alla “Zent Ladina Dolomites”, guidati da Sisto Ghedina,dei rappresentanti altoatesini e della Repubblica austriaca in merito all’unificazione di tutte le vallate ladine in un unico territorio autonomo sono fallite a causa della resistenza da parte del Governo italiano. Gli impegni autonomistici emersi dall’Accordo hanno però portato alle prime norme di tutela per i ladini. Queste norme sono sancite dal primo Statuto di Autonomia del 1948 e dal Pacchetto del 1972. Lo Statuto di Autonomia e le norme di attuazione che ne derivano, così come le leggi provinciali, rappresentano la base giuridica per la creazione di un proprio sistema scolastico nelle località ladine, di un sostegno istituzionale della loro cultura e dell’obbligo giuridico che vi siano rappresentanze ladine negli uffici pubblici altoatesini. In questo modo la politica, nei decenni scorsi, soprattutto durante la presidenza di Silvius Magnago, ha creato i presupposti per lo sviluppo del gruppo etnico ladino in Alto Adige.

© Istitut Ladin “Micurá de Rü”

© USP/Josef Pernter

li sforzi menzionati nell’Accordo Degasperi – Gruber per instaurare “rapporti di buon vicinato tra Austria ed Italia” possono essere applicati molto bene anche nel campo dell’assistenza sanitaria. Grazie alle cooperazioni transfrontaliere con diverse cliniche i pazienti altoatesini, nel caso di malattie rare o specifiche, che non possono essere trattate a livello provinciale, ricevono le migliori cure specialistiche in Austria. Questo aspetto va visto anche ai sensi del diritto all’utilizzo della propria madrelingua, proprio in un ambito così sensibile come quello dell’assistenza sanitaria. Un esempio: la clinica di Innsbruck, con i suoi più moderni progetti di trattamento nel campo dell’immunoterapia, dei trapianti di organi e della medicina personalizzata nel settore della terapia oncologica, è a disposizione dei pazienti altoatesini.

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Sicuri di sé verso il futuro Le numerose conquiste raggiunte dai ladini grazie all’autonomia altoatesina sono state costantemente supportate dalle istituzioni politiche e culturali. Questi risultati vengono oggi considerati un vero e proprio modello a livello europeo (si veda il relativo riquadro).

Le prossime sfide Attualmente i ladini non sono equiparati agli altri due gruppi etnici in tutti gli organismi decisionali pubblici e giuridici. Questo tema, così come la suddivisione dei ladini in tre diversi territori, vengono trattati attualmente nell’ambito della Convenzione per l’Autonomia (per ulteriori informazioni si può consultare il sito: www.convenzium.bz.it). Inoltre le tematiche riguardanti i ladini nell’ambito dell’Euregio hanno trovato una forma di rappresentanza istituzionale nell’ambito del Consiglio congiunto di Alto Adige, Trentino e Tirolo. Molte cose sono quindi cambiate in Alto Adige dalla firma dall’Accordo Degasperi-­ Gruber. Il gruppo ladino ha tutti i presupposti per affrontare anche le prossime sfide. A maggior ragione se ciò avviene in collaborazione con gli altri gruppi linguistici presenti in Alto Adige e di concerto con la Val di Fassa e il Souramont, i Comuni del Veneto.  rc/fg

Nel 1946 circa 3000 Ladini si radunarono a Passo Sella per protestare contro la suddivisione in tre Province.

sportive sudtirolesi (VSS) e l’Unione della Società Sportive Altoatesine (USSA) sono l’espressione di questa indipendenza, che non ha eguali a livello nazionale. Il Comitato Olimpico Nazionale (CONI), punto di riferimento per quanto riguarda lo sport, nel 1989 dopo lunghe trattative, ha equiparato l’Alto Adige alle Regioni, in base ad un accordo stipulato tra la Provincia ed il CONI. Una conquista che oggi viene spesso vista come ovvia e che andrà ulteriormente sviluppata.

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LADINIA

LADINIA

Istituzioni per la tutela di formazione e cultura Sono diverse le strutture che curano e promuovono la cultura, la lingua, l’identità e la convivenza del più antico gruppo etnico presente in Alto Adige, i ladini.

Dipartimento alla formazione e cultura

La Sezione ladina dell’Università di Bolzano

Si tratta di una struttura fondamentale per l’ulteriore sviluppo del modello scolastico paritetico esistente nelle vallate ladine. Esso accompagna lo sviluppo pedagogico e didattico dei bambini e dei giovani dalla scuola dell’infanzia sino alla scuola superiore, valuta i risultati e confronta il sistema scolastico su base internazionale.

La Facoltà di scienze della formazione di Bressanone offre ai docenti ladini uno specifico master quinquennale, che prepara specificatamente i maestri delle scuole primarie e le maestre delle scuole per l’infanzia al lavoro nell’ambito del sistema formativo plurilingue.

Il sistema formativo paritetico si è rivelato, nel corso degli anni, una ricetta di successo e gode di un vasto apprezzamento tra gli studenti, gli insegnanti ed i genitori. I docenti ladini seguono una formazione specifica e hanno priorità nell’assegnazione delle cattedre. Le strutture scolastiche sono moderne.

Plurilinguismo, scuola ladina e cultura I docenti ladini sono formati alla tutela della cultura ladina nel loro lavoro con i giovani

Il plurilinguismo, incluse le lezioni di lingua e cultura ladina, è la base del sistema formativo ladino. Gli studenti delle scuole ladine seguono, ogni settimana, due ore di lezione di lingua ladina.

L’istituto di cultura ladina Micurá de Rü ed il Museum Ladin Ciastel de Tor sono due pilastri per l’elaborazione scientifica dell’eredità culturale ladina; inoltre essi contribuiscono a definire gli obiettivi nell’ambito della politica culturale. Essi promuovono la cura della cultura, degli usi e delle tradizioni, così come l’arte e la musica dei ladini.

Sostegno finanziario delle associazioni Il sostegno della cultura, della lingua, della letteratura e dell’arte ladina viene garantito anche attraverso i contributi erogati alle associazioni ed agli artisti da parte della Ripartizione cultura.

Pubblicazioni ladine L’Intendenza scolastica ladina, l’Istituto culturale ed il Museum Ladin pubblicano ogni anno numerosi libri di storia, dizionari, materiali didattici ladini e pubblicazioni plurilingui riguardo a storia, cultura, lingua e molto altro.

© Istitut Ladin “Micurá de Rü”

Il panorama dei media

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Sono 12 i giornalisti che operano nella sede RAI Ladinia a Bolzano e informano su temi riguardanti la minoranza ladina. Inoltre la Regione e la Provincia finanziano la pubblicazione ladina “La Usc di Ladins”, che vanta una lunga tradizione. I mass media che svolgono il loro compito nella madrelingua sono importanti mezzi di diffusione della lingua e della cultura per la comunità ladina dell’arco alpino.  rc/fg

© USP/Roman Clara

Le strutture culturali ladine

Il sistema formativo paritetico

Dërc y svilup por i ladins Le dërt da adoré y insigné le lingaz ladin, de gní rapresenté sciöche grup de lingaz y istituziuns aposta por i ladins á sciöche basa iuridica i dui Statuc d’Autonomia dl 1948 y dl 1972. Le pröm vare por rové a chëstes döes acordanzes é sté le Tratat de Paris tl ann 1946.

I

nce sce l’acordanza Gruber-Degasperi ne ti â dé degöna conscidraziun y nominaziun al grup linguistich ladin, ê chësta sotescriziun impó le pröm vare sön la strada dl’elaboraziun y dl inserimënt de normes de proteziun por i ladins tl pröm Statut d’Autonomia (1948) y tl Pachet südtirolej (1972). Le Statut d’Autonomia y sües normes d’atuaziun y leges provinziales (dantadöt l’articul 19), adöm a desposiziun statales, é la basa iuridica por le svilup dl sistem scolastich ladin, dla promoziun dla cultura y dla garanzia iuridica de rapresentanzes ladines tles istituziuns publiches. Le Departimënt dla Scora y Cultura ladina, le sistem scolastich paritetich, la promoziun dl plurilinguism y la Repartiziun ladina dl’Université da Balsan é cater pilastri fondamentai por l’educaziun di mituns y di jogn y por la formaziun dl personal didatich y pedagogich tles valades ladines. Implü se crüzia l’Istitut Ladin Micurá de Rü y le Mu-

L ann 1989 ie l ladin unì recunesciù coche rujeneda aministrativa dala Provinzia de Bulsan. L ladin ie, dal 1993 incà, nce unì recunesciù coche rujeneda aministrativa tla provinzia de Trënt, ma nia tla provinzia de Belun.

seum Ladin Ciastel de Tor dl mantignimënt y dla promoziun dla cultura y di idioms ladins. Na gran sbürla por l’adoranza dl lingaz ladin tla vita da vigni de vëgn implü dai mass media ladins. Ince les assoziaziuns y lies culturales ladines pó s’anuzé de contribuc da pert dla man publica por desfiré ia sües ativités. La promoziun y le sostëgn da pert dla Provinzia por le mantignimënt y le svilup dl’identité y dla cultura ladina á tröpes fontanes y ti pormët a tröpes porsones da se dé jö cun la cura dles usanzes, di idioms y cun le svilup dl sistem formatif. Atualmënter vëgnel traté tröpes tematiches che reverda ince le grup lingustich ladin tla Convenziun d’Autonomia y che á bele ciafé na süa rapresentanza istituzionala tl Dreierlandtag dl’Euregio. Tl Südtirol él insciö gnü fat tröp ti ultims 70 agn y le grup linguistich ladin pó ti jí adincuntra cun confidënza y otimism Roman Clara ales sfidades futures.

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L’Autonomia in divenire L’Accordo di Parigi si è trasformato in uno strumento vivo per la sicurezza duratura nel tempo dell’Autonomia dell’Alto Adige: è questo uno dei risultati che emergono dal contributo di Walter Obwexer, docente di diritto europeo e diritto internazionale.

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’Accordo Degasperi-Gruber, per lo più denominato Accordo di Parigi in considerazione del luogo in cui è stato sottoscritto, è un accordo bilaterale di diritto internazionale stipulato tra l’Austria e l’Italia, che è stato allegato all’Accordo di pace tra l’Italia e gli Alleati e le Potenze Associate (1947). L’accordo, stilato in solo una pagina e mezza, menziona numerosi impegni assunti dall’Italia per la tutela delle minoranze specificatamente a

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favore del gruppo etnico tedesco dell’Alto Adige. Queste regolamentazioni per la tutela delle minoranze sono state in grado di far fronte, nel corso dei successivi settant’anni, non solo alla trasformazione sociale e politica, bensì hanno potuto essere addirittura ampliate ed adeguate alle nuove esigenze. L’Accordo di Parigi è stato integrato per la prima volta per mezzo del cosiddetto “Pacchetto”, sottoscritto il 30 novembre del 1969,

da parte dei Ministri degli esteri di Austria ed Italia, rispettivamente Kurt Waldheim ed Aldo Moro. Questo è composto complessivamente da 137 misure che l’Italia doveva attuare nell’ambito del suo ordinamento giuridico. L’ultima di queste misure richiede l’insediamento di una Commissione permanente sull’Alto Adige (“Commissione 137”). Il Pacchetto, che a causa della carente volontà di impegnarsi da parte dell’Italia non rappresenta un accordo di carattere internazionale, è stato ancorato a livello internazionale attraverso un gentlemen’s agreement, il “Calendario operativo”. Quest’ultimo doveva assicurare, passo dopo passo, l’attuazione del Pacchetto sino alla conclusione della vertenza aperta nel 1960 davanti all’Assemblea plenaria delle Nazioni Unite in merito all’applicazione dell’Accordo di Parigi (Dichiarazione conclusiva della vertenza). Oggi il Pacchetto può essere qualificato come una sorta di prassi internazionale, in parte interpretativa, in parte integrativa all’Accordo di Parigi. Esso ha come conseguenza il fatto che l’Italia è vincolata alle misure che lo compongono. L’efficacia vincolante delle misure previste dal Pacchetto si può motivare anche attraverso il principio estoppel di diritto internazionale, che si basa sul principio della tutela della fiducia. In base a ciò l’Italia è vincolata alle misure contenute nel Pacchetto, indipendentemente dalla loro forza giuridica originaria. Dato che l’Austria, confidando nell’annunciata attuazione di queste misure, ha adottato un considerevole cambiamento giuridico del proprio comportamento, che andrebbe a proprio detrimento, se l’Italia non vi sarebbe vincolata. Il cambiamento di comportamento ha riguardato la politica austriaca in relazione all’attuazione dell’Accordo di Parigi in seguito “all’impegno unilaterale di non intervento” sino alla consegna della quietanza liberatoria. Lo svantaggio è rappresentato dal fatto che, in conseguenza della quietanza liberatoria le possibilità di riportare la “Questione altoatesina” davanti all’Assemblea plenaria delle Nazioni Unite sono ormai limitate. Se l’Austria dovesse accusare l’Italia, partner contrattuale, della violazione di una o più misure del Pacchetto davanti alla Corte di Giustizia Internazionale, l’Italia sarebbe impossibilitata a far valere l’obiezione di non essere vincolata alle misure previste dal Pacchetto. Dopo che l’Italia, dopo più di due decenni, ha realizzato le misure accordate nell’ambito del Pacchetto e lo ha comunicato all’Austria, con una nota del 22 aprile 1992, la vertenza avviata davanti all’Assemblea plenaria delle Nazioni Unite tra l’Austria e l’Italia sull’attuazione dell’Accordo di Parigi, è stata dichiarata

conclusa. Con la quietanza liberatoria l’Autonomia valida in quel momento è stata fissata sotto il profilo del diritto internazionale. In base a ciò l’Italia deve garantire, anche in futuro, questa Autonomia e la può modificare solamente con il consenso dell’Austria. Sulla base di questi antefatti alla fine 2014 il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Matteo Renzi, ha comunicato per iscritto al Cancelliere federale austriaco, Werner Faymann, che il Governo italiano, con i presidenti delle Province autonome di Bolzano e di Trento, ha raggiunto un accordo in merito a nuove norme per la regolamentazione dei reciproci rapporti finanziari, che hanno per conseguenza un cambiamento della regolamentazione finanziaria in vigore nel 1992. Nel contempo Renzi ha comunicato che “il Governo italiano continuerà a garantire le procedure consensuali bilaterali tra Stato centrale e Provincia autonoma di Bolzano al fine di salvaguardare anche in futuro la tutela delle minoranze linguistiche e l’esercizio dell’autonomia legislativa ed amministrativa (…)”. Nella sua risposta scritta il Cancelliere federale Faymann definisce l’iniziativa italiana un passo importante nel quadro dell’impegno dell’Austria e dell’Italia per la realizzazione e lo sviluppo dell’Autonomia altoatesina per la tutela delle minoranze linguistiche ivi residenti. Inoltre Faymann attribuisce una particolare importanza al modo di procedere del Governo italiano che pone l’accento sul modus operandi bilaterale di comune accordo tra lo Stato centrale e la Provincia Autonoma di Bolzano. Entrambe le missive, sotto il profilo del diritto internazionale, vanno considerate come dichiarazioni unilaterali, che fanno riferimento l’una all’altra e da ciò ne deriva un effetto vincolante. Riassumendo da queste diverse fonti del diritto internazionale risultano una serie di vincoli per l’Italia. L’Austria, in qualità di parte in causa dell’Accordo di Parigi, può chiedere all’Italia l’osservanza e l’adempimento degli impegni assunti sotto il profilo del diritto internazionale (azione di tutela). Gli sviluppi delineati relativi agli ultimi settant’anni dimostrano che l’Accordo di Parigi rappresenta uno “strumento vivo” per la tutela dell’Autonomia. Sotto il profilo formale esso è rimasto inalterato, ma sotto il profilo dei contenuti è stato adeguato, attraverso diverse integrazioni, al mutare delle esigenze. In questo modo esso si è sviluppato in una solida base di diritto internazionale a favore di un’Autonomia dinamica.  Walter Obwexer (Traduzione: Franco Grigoletto)

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DIRITTO INTERNAZIONALE

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DIRITTO INTERNAZIONALE

L’autore: Walter Obwexer, originario di Funes, è docente presso l’Istituto di diritto europeo e diritto internazionale dell’Università di Innsbruck ed esperto di diritto della tutela delle minoranze. È coordinatore scientifico di un convegno che si svolgerà il prossimo 18 novembre a Bolzano (Maggiori dettagli a riguardo sono illustrati sulla terza di copertina).

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SOCIETÀ

SOCIETÀ

E nel 2030… I responsabili delle testate giornalistiche locali commentano lo sviluppo dell’Alto Adige e tratteggiano una visione di questa terra plurilingue nel 2030. Ognuno nella sua madrelingua. La domanda: “70 anni dopo l’Accordo di Parigi l’Europa e l’Alto Adige devono rispondere a domande completamente nuove, la politica e la società devono saper affrontare cambiamenti sempre più frequenti. Quale Alto Adige si augura di trovare nel 2030 ?”

Alberto Faustini Direttore dell’Alto Adige

Autonomia provvisoria

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e la domanda è posta così, la risposta è facile: mi auguro, nel 2030, di trovare questo Alto Adige. Inteso come territorio e - mi si passi la battuta - anche come giornale, visto che il quotidiano che dirigo porta con orgoglio il nome del luogo che ogni giorno racconta. Proprio sul mio giornale mi sono chiesto se Degasperi, in quel giorno lontano, pensasse a qualcosa di definitivo, di indissolubile, o a qualcosa di temporaneo, una sorta di ponte che permettesse al Trentino Alto Adige di andare da un “prima”, fatto di povertà, di emigrazione, di emarginazione, ad un “dopo”, fatto prima di tutto di benessere. La risposta è arrivata da oltre 160 interventi (pubblicati di giorno in giorno) rimasti in qualche modo aperti. Perché non c’è una risposta definitiva a questa domanda. Degasperi pensò da subito ad un quadro regionale. Perché capì che non è (non era e non sarà) solo una questione di percentuali, di maggioranze e di minoranze. E’ una questione di peso: peso politico, peso economico, peso culturale, peso intellettuale. L’elenco potrebbe essere lungo. E qui, nella capacità di declinare parole e alleanze nuove, sta la possibilità di affrontare i continui cambiamenti che rischiano di travolgerci.Perché non è un caso che io abbia intitolato “Autonomia provvisoria” il lungo dibattito del quale sto parlando. Nel 2016 è infatti importante chiedersi

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cosa si aspettasse Degasperi mentre costruiva con Gruber un accordo che ci ha portato sino a qui. Ma è molto più importante chiedersi come possa riempirsi di contenuti quella “carta” e quest’autonomia. Pensate ad esempio al termine “minoranza”: quante etnie ci sono, oggi, in questa terra? Quante forme di tutela o di solidarietà? Quante reali visioni su una convivenza che richiede nuovi paradigmi e nuovi occhi? A un giornalista spettano le domande. Alla politica le risposte. Poi c’è la speranza. Ma è solo un frammento del motore che ci porterà di qui al 2030.

è diventato sinonimo di prodotti salubri e rispettosi dell’ambiente. Molti stranieri hanno scelto Bolzano e le sue valli come luogo di residenza e lavoro, facendo di quest’area un unicum in quanto, pur mantenendo i suoi storici tratti distintivi, è ormai caratterizzata da una comunità multiculturale in cui i tre ceppi originari - italiano, tedesco e ladino - anziché annacquarsi si sono rafforzati nel dialogo con i nuovi cittadini. L’università, al top nelle graduatorie europee nei campi umanistici e scientifici, e i centri di ricerca convivono con un’agricoltura evoluta. L’Alto Adige/ Südtirol, insomma, ha compiuto una sorta di miracolo: ha dimostrato come una piccola provincia possa brillare nel mondo globalizzato giocando la carta dell’apertura e dell’innovazione, mentre le barriere, comunque destinate a essere abbattute dalla Storia, portano solo arretratezza.

dante. Desidero poi che i rapporti tra i gruppi linguistici rimangano pacifici e sereni come quasi accade già oggi: il futuro è nelle mani dei nostri figli che studiano non soltanto l’italiano ed il tedesco, ma anche le lingue dell’Europa, il francese e l’inglese, Brexit permettendo. Scrivo queste righe su un tablet, in coda all’Agenzia delle Entrate: ecco mi auguro che in futuro potrò pagare le tasse una sola volta all’anno, tutto compreso, senza compilare moduli e senza far la coda davanti a burocrati che ti chiedono codici e sigle incomprensibili. Tanti auguri Alto Adige!

Toni Ebner Direttore del Dolomiten

Frieden bedeutet Wohlstand

Enrico Franco Direttore del Corriere dell’Alto Adige

Apertura e innovazione

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ra due anni celebreremo il trentennale di CasaClima/ KlimaHaus, la certificazione energetica che la Provincia di Bolzano/Bozen ha lanciato nel 2002, utilizzata in tutta Italia e ormai un riferimento europeo. Giornali e tv non si occupano più del Südtirol per raccontare la perfetta convivenza dei tre gruppi linguistici, un dato acquisito, ma per decantare la Green Region. Per decenni, i vincoli ecologici sono stati vissuti come un limite anziché come una risorsa. Poi si è capito che lo sviluppo sostenibile non serviva solo al turismo, bensì all’intera economia. Il territorio ha attratto ricercatori e imprese, così il marchio Alto Adige/ Südtirol

Roberto Tomasi Responsabile ANSA di Bolzano e Trento

L’autonomia che vorrei

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eh, come prima cosa mi auguro, nel 2030, di essere ancora tra voi. Sarò infatti quasi ottuagenario, ma l’istituto provinciale di statistica Astat ha detto proprio in questi giorni che ce la dovrei fare. Gli altoatesini, infatti, battono i record italiani di longevità. Quale Alto Adige mi auguro di trovare? Direi un Alto Adige simile a quella di oggi, un luogo civile, ordinato con cittadini consci delle proprie responsabilità ma anche dei loro diritti e con amministratori nella maggioranza dei casi capaci ed onesti. Mi auguro che il sistema del welfare si sia ancora sviluppato, o perlomeno che sia ancora come quello attuale. E così, se ne avrò bisogno, la società si occuperà di pagare per me una ba-

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Jahre Frieden sind keine Selbstverständlichkeit. Die europäische Einigung hat uns Frieden in Europa gebracht. Das Gruber-Degasperi-Abkommen und das daraus folgende Autonomiestatut haben uns Frieden in Südtirol gebracht. Die europäische Einigung ist in erster Linie ein Friedensprojekt und erst in weiterer Folge eine gemeinsame wirtschaftliche Weiterentwicklung der alten Nationalstaaten. Ebenso brachte das Paket den Volksgruppen im südlichen Tirol den Frieden und in der Folge auch den wirtschaftlichen Aufschwung. Es ist aber nicht garantiert, dass die beiden erfolgreichen Konzepte weitere 30 Jahre Bestand haben werden. Nur wenn die Europäer und die Volksgruppen in Südtirol weiterhin überzeugt sind, dass friedliches Zusammenleben auch Wohlstand und Sicherheit bedeuten, können die Erfolgsmodelle fortgesetzt werden. Als Optimist glaube ich an diesen Weg und an eine Weiterentwicklung Europas und Süd-

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SOCIETÀ

Eine ungewisse Zukunft

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s ist noch gar nicht so lange her, da glaubte ich an den großen Aufbruch: An eine interethnische Perspektive des Landes, grenzüberschreitend, interregional zusammenarbeitend, eingebettet in eine europäische Entwicklung. Die Politik des italienischen Staates und die Politik der EU-Mitgliedsstaaten lassen aber keinen Aufbruch zu. Mit seiner Verfassungsreform stärkt Ministerpräsident Renzi den Staat, degradiert die Regionen zu bürokratischen Vorfeldstrukturen der Zentrale. Der Staat, die Renzi-Regierung, misstraut den Regionen, mit oder ohne Autonomie. Der Staat ist alles, der Rest verzichtbar. Schwierige Voraussetzungen, Südtirols Autonomie weiterzuentwickeln. Ähnlich die Lage in der EU. Die Europäische Union und die Mitgliedsstaaten haben nicht – wie versprochen – die regionale Ebene aufgewertet. Der Ausschuss der Regionen darf begutachten, nichts entscheiden. Vielleicht ist 2030 die Lage eine ganz andere. Eine neu erwachte EU mit föderalen und regionalen Strukturen, eine EU mit einer westlichen Schlagseite – also eine EU der unterschiedlichen Geschwindigkeiten – oder aber gar keine EU mehr. Mein Wunschbild ist ein minimalistisches: Erhalten, was erreicht wurde. Vor 70 Jahren ist es den SVP-Politikern in Absprache mit

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dell’Accordo di Parigi DUE CONVEGNI SCIENTIFICI

Giornata dell’Autonomia Arnold Tribus Direttore editoriale Neue Südtiroler Tageszeitung

Ach, mein Südtirol! Wolfgang Mayr Caporedattore RAI Südtirol

70 anni

Österreich gelungen, Italien auf den Pariser Vertrag zu verpflichten. Die Grundlage für das Paket, erkämpft von Silvius Magnago, buchstabengetreu umgesetzt von seinem Vize Benedikter. Vieles der dynamischen Autonomie stellte der Staat immer wieder in Frage. Deshalb: Nix ist fix. Bleiben die festgeschriebenen Autonomie-Rechte auch 2030 unangefochten und unangetastet, ist schon viel erreicht.

© Andreas Nestl

tirols. Im Jahr 2030 werden sich die Grenzen in Europa vollends aufgelöst haben, und das Leben wird in allen europäischen Ländern einem einheitlichen Standard und einer einheitlichen Gesetzgebung folgen. Die Sicherheit nach innen wird eine europäische Polizei garantieren und die Sicherheit nach außen ein europäisches Heer. Die unkontrollierte Zuwanderung aus krisengeschüttelten und wirtschaftlich benachteiligten Gebieten wird erloschen sein, weil die Weltgemeinschaft die Voraussetzungen vor Ort geschaffen hat, damit die Menschen in ihrer Heimat bleiben können.

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ch glaube, dass wir auch bis zum Jahre 2030 das halten und stolz verteidigen sollen, was wir haben. Die Autonomie der Väter ist noch lange kein Auslaufmodell, nur weil sie schlecht geredet wird. Diese Autonomie hat dem Land Frieden und Wohlstand gebracht, eine akzeptable Form der friedlichen Koexistenz, was ja viel ist, denkt man an die ethnischen Konflikte in Ex-Jugoslawien und in anderen Staaten der Welt, die zu kriegerischen Auseinandersetzungen mit viel Leit und Tod geführt haben. Wir haben Frieden. Ist das wenig? Wir waren arm, bitterarm. Wir sind reich. Ist das wenig? Wir haben ein engmaschiges Sozialsystem. Ist das wenig? Eine relativ intakte Umwelt? Ist das wenig? Und das alles konnte mit den Kompetenzen jener Autonomie gemacht werden, die an Vollautonomie grenzt, die jetzt madig gemacht wird, um einem Gespinst nachzulaufen von dem man nicht weiß, was es uns bringen wird. Wir dürfen nicht vergessen, dass in Südtirol ja auch der Weg der Gewalt versucht wurde, Silvius Magnago hat die Gewalt erst gar nicht aufkommen lassen, und dafür sind wir ihm dankbar. Gewiss, es gibt neue Herausforderungen, denen wir uns stellen müssen. Neue Bürger sind zu uns gekommen, Menschen, die hier bleiben wollen. Wann wird man vollwertiger Bürger dieses Landes? Oder bleiben Leute aus anderen Ländern, die eine andere Farbe haben, eine andere Religion, eine andere Kultur immer Fremde, Ausländer auf ewig? Heimtland Südtirol.

Data: 5 settembre 2016, ore 10-16

Contenuti

Luogo: Castel Firmiano

In mattinata i quattro relatori affrontano l’Accordo di Parigi dal punto di vista storico.

Relatori: Eva Pfanzelter, Università di Innsbruck,

Andrea Di Michele, Libera Università di Bolzano,

Michael Gehler, Università di Hildesheim

Rolf Steininger, Università di Innsbruck.

Nel pomeriggio sono in programma gli interventi politici con la partecipazione di: •P aolo Gentiloni, Ministro degli Esteri italiano • Sebastian Kurz, Ministro degli Esteri austriaco •A rno Kompatscher, Presidente della Provincia di Bolzano.

Sviluppi, situazione attuale, prospettive Data:

18 novembre 2016, ore 9-13.30

Luogo: B olzano, Palazzo provinciale 1, Cortile interno Relatori: Christian Walter, Università Ludwig Maximilian di Monaco,

Walter Obwexer, Università di Innsbruck,

Helmut Tichy, Ufficio per le questioni di diritto internazionale, Ministero degli Esteri, integrazione e rapporti con l’Europa, Vienna

Jens Wölk, Università di Trento

Contenuti Davanti a un pubblico specializzato i relatori analizzano, con interventi di 20 minuti, gli effetti degli sviluppi internazionali degli ultimi settant’anni in rapporto all’Accordo di Parigi e le prospettive degli anni a venire.

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Editrice: Giunta provinciale di Bolzano 1/2016  |  Registrazione: Tribunale di Bolzano n. 31 del 4 novembre 1991


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