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Il “metodo Filippi” anche nelle colombe
Il motto: “Non aver paura della tecnologia, perché l’artigianalità l’hai nella testa”. Il rapporto con il fornitore Agrimontana che assicura i canditi di qualità. Il loro lievito madre fa data dal 1972. Venti gusti di panettoni e quindici quelli delle colombe
Luigi Bardini, che s’intende parecchio di pasticceria, perché sono cinquant’anni che l’azienda di famiglia sforna frutta candita di qualità, l’ha definito “il metodo Filippi”. Di questo metodo anche l’Agrimontana di Borgo San Dalmazzo nel Cuneese, l’azienda di cui Bardini è direttore generale e che ha oltre 25 milioni di fatturato, è una parte importante. Non solo perché fornisce uno degli ingredienti fondamentali per Filippi, i canditi appunto, ma perché ha accompagnato la crescita di una pasticceria alla quale prima Andrea e poi con il fratello Lorenzo hanno cambiato volto.
Ma che cos’è il “metodo Filippi”?
Vediamo di capire. Flashback. Erano vent’anni fa, o poco più, quando andava di moda il panettone senza canditi. Andrea Filippi neanche trentenne intuisce che il problema è di usare materie prime di qualità, non eliminare gli ingredienti. Come tutti i veri rivoluzionari, sa che ogni sentiero inizia con un passo perché la folla urlante che prende la Bastiglia finisce male. Sovente la ghigliottina le si ritorce contro.
Forte di un lievito madre curato dalla famiglia dal 1972, Andrea compie alcune scelte strategiche: prende la strada del panettone all’olio e cancella il burro. Punta sui profumi e non sugli aromi, come dire verità contro falsità. Comincia a utilizzare il miele e non lo sciroppo di zucchero. Poi si presenta a Bardini e gli chiede di acquistare 50 chili di canditi, giusto per un esperimento. Quell’esperimento ha avuto ottimi frutti, se oggi Filippi acquista da Agrimontana 400 quintali di canditi l’anno.
Quando Vittorio Pozzo ideò il “metodo” nel calcio, quasi cento anni fa, puntò su un gioco meno fisico e accademico, organizzando la squadra con una difesa robusta e attaccando di contropiede. Guarda caso è anche il “metodo” di casa Filippi: semplicità nella difesa del gusto lineare e qualità nelle materie prime che attaccano il palato. Seguendo questo “metodo”, la pasticceria di Zané ha trovato il successo, certo, ma ha anche arricchito la ricetta imprenditoriale con due corollari, di cui parleremo tra qualche riga. Prima è d’ob- bligo citare i traguardi tagliati: 130mila colombe, prodotte in due mesi a febbraio e marzo, 800mila panettoni, sfornati tra agosto, settembre ma soprattutto ottobre e novembre. Sono una ventina i gusti dei panettoni e quindici quelli delle colombe. In tutto l’azienda lavora 7-8 mesi all’anno e per il tempo che resta si organizza, investe e ammoderna gli impianti. Che il suo “metodo” sia un successo lo dimostrano anche i numeri: oltre 10 milioni di fatturato nel 2021, che significano più trenta per cento rispetto al 2019. Il 2020 della pandemia lo cancelliamo. Si diceva dei due corollari. Il primo è non aver paura della tecnologia pur restando un’impresa sostanzialmente piccola: “L’artigianalità l’hai nella testa – spiega Andrea Filippi – Se la tecnologia è corretta, i processi e i risultati sono di migliore qualità di quelli ottenuti a mano”. Provate a confutarlo. Il secondo corollario riguarda l’applicazione della tecnologia. Prendiamo la cottura. Di fronte a chi cuoce la colomba 58 minuti, qualcuno perfino 55, a Zané arrivano a 75 minuti, con un forno riscaldato a 175 gradi. “Evitiamo l’eccesso di umidità, perché non è vero che morbido è uguale a umido”. Elementare, no?
Ci mettono attenzione, insomma. Così finiscono per essere innovativi in ogni dettaglio. E poi sorprendentemente tradizionali. Perché se c’è un “metodo Filippi” con due corollari, alla fine il teorema è definito da una risultante che, come Pitagora insegna, è sorprendente ma non inattesa: ogni colomba o panettone a Zanè è incartato a mano, perché… è tutta un’altra cosa. E i Filippi con questa meticolosità diventano unici. Che volete di più?
Antonio Di Lorenzo