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Aspettando Arturo Martini Treviso omaggia il suo amato scultore

Il 31 marzo il Museo Bailo aprirà le sue porte all’evento espositivo più atteso: “Arturo Martini. I capolavori”. Dopo quella del 1947, allestita a pochi mesi dalla scomparsa dell’artista; dopo quella del 1967, epica per la quantità di opere radunate per l’occasione da Bepi Mazzotti e per la progettazione degli allestimenti a Santa Caterina firmati da Carlo Scarpa; dopo quella del 1989, in occasione del centenario della nascita, ricca di opere inedite risalenti soprattutto alla fase giovanile, ecco che Treviso si prepara a tributare un nuovo omaggio al suo illustre cittadino, nato nel 1889, promotore della scultura italiana del Novecento. Più che un omaggio per i 75 anni dalla morte, la volontà della Città di Treviso è ricordare Martini per il contributo che diede all’arte veneta, italiana e universale. E lo farà con un’esposizione ampia, completa e ricca, proponendo al pubblico 280 opere, 150 delle quali sono patrimonio del Bailo (resteranno allestiste al primo piano nella sezione permanente). Altri 130 capolavori arriveranno a Treviso in occasione della mostra. Mentre è ancora in corso la mostra dedicata ad Antonio

Carlini, maestro di Martini, il conto alla rovescia e la curiosità sono già partiti. Curata dal direttore dei Musei Civici Fabrizio Malachin e da Nico Stringa, “Arturo Martini. I capolavori” porterà a Treviso opere concesse da collezioni pubbliche e private, da Ca’ Pesaro, dalla Galleria Nazionale di Roma e da quella di Bologna, dalla Galleria del Novecento di Firenze e dal Museo Martini di Vado Ligure e Savona. Alcune verranno esposte per la prima volta. Molte saranno di grandi dimensioni ma, per dirla con Martini, “pesano tonnellate e sembrano leggere come una piuma”.

Opera icona della mostra sarà la stessa che funge da biglietto da visita del Bailo: quell’Adamo ed Eva di dimensioni monumentali che riempie il giardino interno e che Tre-

Fino al 5 marzo si può visitare la monografica su Antonio Carlini, che contribuì a salvare il ciclo con le Storie di Sant’Orsola

Ma c’è già grande attesa per il quarto evento che la città, dal 1947, dedica all’illustre concittadino viso si è conquistata grazie a una pubblica sottoscrizione indetta nel 1993. Lì terminerà anche il percorso espositivo, composto da cinque sezioni (Il giovane Martini, I grandi capolavori, Le maioliche, Il ciclo di Blevio, Martini pittore, La maturità nei capolavori del Bailo). Un finale che conduce lì, al piano terra del Museo, dove alla luce del chiostro, in uno spazio avvolto nel silenzio e quasi sospeso, appare la Venere dei porti, uno dei capolavori più poetici di Martini. Che poi, vale la pena ricordarlo in quest’attesa che porterà a varcare le soglie di questa mostra che arriva dopo trent’anni dall’ultima: il Bailo è già Arturo Martini, stabilmente protagonista di un’ampia collezione di opere che sono patrimonio del Museo.

Sara Salin

Palazzo Sarcinelli. Prorogata al 5 marzo la retrospettiva su Ron Galella, il più famoso paparazzo delle star

C’è ancora tempo per visitare la prima italiana di Ron Galella, il paparazzo superstar, a Palazzo Sarcinelli a Conegliano. La mostra, curata da Alberto Damian, è stata prorogata fino al 5 marzo. Galella, statunitense di origini italiane morto il 30 aprile dello scorso anno all’età di 91 anni, è stato il più famoso fotografo delle icone del nostro tempo e le 180 fotografie esposte a Conegliano costituiscono la prima retrospettiva mondiale dopo la sua scomparsa. Al centro della mostra, una sala interamente dedicata all’ “ ossessione” del paparazzo: Jackie Kennedy Onassis. Dal 1965 in avanti, Galella ha inseguito, stanato e fotografato i grandi personaggi del suo tempo, riuscendo a coglierli nella loro straordinaria quotidianità, agendo quasi sempre di sorpresa, a loro insaputa e spesso contro la loro volontà. Appostamenti, depistaggi, camuffamenti, inseguimenti, lunghe attese: il risultato è vere e proprie opere d’arte conservate nei musei più importanti al mondo, come il MOMA di New York, l’Andy Warhol Museum di Pittsburgh, la Tate Modern di

Londra, l’Helmut Newton Foundation di Berlino. “Una mostra imperdibile che, ai tempi dei selfie e di Instagram, ci porta indietro a un tempo che non esiste più, nel quale le star entravano nelle nostre case soprattutto attraverso le pagine dei settimanali di costume e scandalistici, le copertine dei dischi, i poster e le locandine dei film. Questo – spiega il curatore della mostra – succedeva anche grazie ai paparazzi e in particolare a Ron, che con le sue fotografie ci ha permesso di vedere le stelle più da vicino”. (s.s.)

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