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di incontro per la comunità Quella barriera invisibile che divide il bello da un disagio urbanistico diventato sociale
Le contraddizioni di una periferia ricca di verde e servizi dove la chiesa volta le spalle alle case popolari Bolzonello: “Si potrebbe non continuare ad accumulare miseria e marginalità, le istituzioni ci ascoltino”
Paradossalmente è il quartiere più servito di Treviso. Asilo nido, scuola per l’infanzia, le elementari, duescuole medie mezzo chilometro più in là, a San Liberale e a Santa Bona. Agli istituti superiori si arriva in una manciata di minuti, come pure alle piscine comunali. Lo stadio di rugby segna il confine con Monigo, il supermercato Lando sulla Feltrina è lì a due passi e ogni mezz’ora fino a sera c’è la linea 9 dell’autobus. In meno di un chilometro c’è tutto quello che serve, compreso il verde. Tanto verde. Eppure. Nell’immaginario collettivo dei trevigiani San Paolo è stato ed è il quartiere della miseria. Paradossalmente, appunto.
“A San Paolo non si parte dalla miseria, ma da un disagio urbanistico che con gli anni si è trasformato in disagio sociale. E con intelligenza si potrebbe non continuare ad accumulare miseria, ma è necessario che le istituzioni ci seguano”. A parlare è il presidente dell’Associazione Quartiere San Paolo, Alfio Bolzonello, che ci guida in questo primo viaggio.
Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta in quest’area alla periferia nord della città venne costruito il Biscione. Un casermo- ne di 96 appartamenti: case popolari oggi di Ater. Il piano prevedeva un edificio gemello e parallelo, ma si optò per sei torri e, nel mezzo, un’area verde che nel 2011 è stata intitolata ai ragazzi di Utoya. Nasce così il quartiere, attraversato da viale Francia. Perché poi si chiami viale è un bel mistero, visto che è una strada di due metri e mezzo di larghezza. “Non c’era logica urbanistica”, sostiene Bolzonello. Non c’era all’inizio e probabilmente non c’è stata poi, se ci si guarda intorno: la chiesa, costruita trent’anni dopo, sorge a cento metri dal cuore del quartiere, con la facciata principale che dà le spalle al Biscione. Lì ci sono la palestra parrocchiale, la piastra, il campo da calcio, la sede dell’associazione “Noi San Paolo”. Tutto attorno a vista d’occhio villette e case a schiera immerse nel verde. Sempre sullo stesso versante, in viale delle Nazioni Unite, il Comune ha realizzato una bellissima area sgambatura cani e un grande bosco urbano su un’area che era destinata a diventare l’ennesimo supermercato. Ma è tutto di là. Lontano dal Biscione, che è separato dal bello di San Paolo da un campo incolto e recintato di proprietà privata. Come ci dice Bolzonello, “c’è una barriera fra il civile e il religioso”.
Di là, a Borgo Furo, ci sono anche gli orti urbani. Un progetto che si chiama “Mi prendo cura”, nato nel 2015 proprio grazie al presidente dell’Associazione Quartiere San Paolo. È un luogo meraviglioso, pieno di fiori e verdure, di ninfee e casette per gli insetti, con cinquanta orti per cinquanta famiglie e per qualcuno che di prendersi cura di un pezzetto di terra ha davvero bisogno per sentirsi ancora parte importante del mondo e di sé. Era un terreno comunale abbandonato: è diventato un punto di incontro per la comunità.
Viene da chiederselo: cosa non funziona a San Paolo? “Si è creato uno stigma, che però è più nella testa della gente che nella realtà”, dice Bolzonello.
Secondo il quale un ruolo di peso sta nella gestione delle case popolari. Il Biscione, ma anche le decine di appartamenti di proprietà comunale costruiti dietro il casermone.
“Qui arrivano tutti i disagi del mondo”. Una proposta per provare a fare un cambio di paradigma sulla realtà di questa sorta di quartiere nel quartiere (o di periferia delquartiere) l’Associazione l’ha scritta nera su bianco assieme a tutta una lista di richieste, consegnata in campagna elettorale ai candidati sindaco. Si chiede che la gestione degli alloggi popolari favorisca l’inserimento di assegnatari nuovi nel tessuto sociale del quartiere, per ridurre disagio sociale e marginalità.Come dire: se i problemi li metti tutti insieme crei solo un problema sempre più grande. Nella stes- sa lista si chiede la nomina di un consigliere di maggioranza referente per San Paolo con deleghe specifiche e di un tecnico comunale a capo di un gruppo di riordino urbanistico di questo pezzo di città.
C’è un fruttivendolo, al Biscione. Ha sempre la coda e la gente arriva anche da fuori. Un anno fa venne devastato da un incendio, ma a novembre Ferdinando e Antonella sono tornati. C’è la sede della cooperativa sociale La Esse, al Biscione. E sotto i portici a giugno dell’anno scorso cooperativa e Fondazione Zanetti hanno aperto lo “Spazio Bisciò”, pieno di bambini tutti i giorni, in ogni stagione. C’è vita, al Biscione. Ma non è la stessa vita di San Paolo. Nonostante San Paolo sia qui. Che paradosso.