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Gente di terraferma, 35 personaggi “raccontano” la storia di Mestre
Il volume è pubblicato da “Il Prato” di Luca Parisato, piccolo ma illuminato editore di Padova, affermatosi prima nel campo dell’arte e della storia e poi anche nella narrativa. In realtà il libro raccoglie molte esperienze di vita, personali e non, dell’autore, con chiacchierate (aggiornate per l’occasione), divise per argomenti ed introdotte da storie su Mestre ed il suo circondario. Conversazioni con insegnanti, medici, scrittori, forze dell’ordine, ristoratori, professionisti, sportivi, artisti e molti altri ancora.
Un totale di 35 “incontri”, che sono un modo per portare in primo piano mestrini o comunque persone che hanno a che fare con Mestre, non tutti noti. Attraverso queste storie, i ricordi e le considerazioni personali, si cerca di ricordare il passato, raccontare il presente ed ipotizzare il futuro della città.
Intanto da dove nasce l’idea di attualizzare ed utilizzare queste interviste su itVenezia per Gente di Terraferma?
Dopo tanto tempo trascorso su questo pianeta, addirittura a cavallo di due secoli, viene finalmente voglia di mettere da parte certi preconcetti e di ascoltare quanti, da anni, ti invitano a raccogliere in un volume articoli ed interviste, coerentemente con il lavoro di una vita, il giornalista. Facendolo per raccontare e raccontarsi, ma anche e soprattutto per il piacere di far conoscere persone, storie ed aneddoti che altrimenti non avrebbero altre strade. C’è poi “l’ambientazione”, cioè la città dove, nascita veneziana ed altri brevi periodi a parte, si è sempre vissuto. Ed anche qui non è stato facile lasciar da parte gli scrupoli di temere di saturare ulteriormente il mercato con un’altra pubblicazione sulla mestrinità.
Questa comunque è lontana anni luce dall’essere una storia di Mestre (ce ne sono di ottime, anche citate qui), è piuttosto uno sguardo soggettivo sulla città, ma con riferimenti -spero- sempre oggettivo rispetto alla realtà. Relativamente al passato, il racconto è limitato nel tempo, dall’arrivo su questo pianeta dell’autore, non vol- gendo quindi praticamente mai lo sguardo a prima degli anni Sessanta. Qui però non si cercano (solo) protagonisti da prima pagina, ma la quotidianità e gli spunti di riflessione che ne derivano, oltre alla storia o alla cronaca.
Una curiosità, come mai nel titolo c’è Terraferma e non direttamente Mestre?
Intanto perchè mi piaceva il riferimento al titolo italiano di Dubliners del grande scrittore irlandese Joyce. Ma nessuna mania di grandezza, del resto Mestre non ha quarti di nobiltà da rivendicare. La sua importanza sta altrove, forse anche nei suoi stessi abitanti, da cui la ricerca di semplici ed umanissimi “eroi della quotidianità”, meglio se esempi della “working class hero” di lennoniana memoria. Magari degli anni mestrini dal boom degli anni Sessanta ai giorni nostri.
C’è inoltre un voluto distacco da estremismi da separazione amministrativa, dietro ai quali non è difficile intravedere purtroppo anche il desiderio di appropriazione non meritata di spazi politici. Per dirla con una formula quasi matematica, sarebbe da evitare che la divisione del Comune porti solo alla moltiplicazione delle “careghe”.
Cercare poi di vedere Mestre anche come significativa città di transito, come insegnavano le guide turistiche del secolo scorso, che la definivano come “importante snodo stradale e ferroviario del nordest”. Da qui la scelta di parlare, e farsi raccontare la loro “mestrinità” da tutti, indigeni Doc e mestrini d’adozione e di “passaggio”. Ma anche gente di Marghera piuttosto che di Chirignago e Favaro, o addirittura “sconfinare” in provincia di Treviso, a Mogliano, dove di veneziani e mestrini ce ne sono non pochi.
Torniamo ai mestrini presenti, come sono finiti prima nel sito e poi nel libro Gente di Terraferma?
La scelta non è caduta solo su quelli che vi sono nati, ci hanno vissuto, ma anche su chi ha passato per vari motivi del tempo a Mestre. Ovvio che non ci siano molti personaggi famosi a vario titolo, ho dato poco spazio a certe figure di primo piano, ma ambigue, già note alle cronache cittadine, nel bene e nel male. Insomma niente eroi negativi, che non sono solo quelli della cronaca nera, ma anche i dottor Jekyll e mister Hyde di casa nostra.
Basti pensare a qualche figura di imprenditore, mascherata da filantropo. Quelli, per esempio, che da un lato si sono dati da fare creando spazi per la città e dall’altro sono scivolati su bucce di banana con problemi di tasse, contratti di lavoro, beghe legali. Oppure addirittura vicende giudiziarie. Insomma, per farla breve, chi predica bene e razzola male qui non c’è. Credo che in certi casi sia meglio passare per buonisti alla Fabio Fazio, invece che dare ulteriore visibilità a chi ne ha avuto anche troppa. Comunque, fra i presenti meno noti al grande pubblico, mi piace ricordare alcune interviste. Per esempio quelle al ciclista – ambientalista Pipa Pavan, alla maestra – biodanzatrice Mara D’Ambruoso, al ristoratore – melomane Tristano Bottazzo o all’insegnante – scrittore Alessandro Tiberini.
Sulla Mestre raccontata fra passato e futuro ci sono anche considerazioni critiche…
Molti dimenticano (o fanno finta di dimenticarsi) che Mestre non è mai stata sede di una signoria, come alcune città capoluogo del nord-est, né aveva un passato particolarmente nobile. Storia illustre o meno a parte, lo scorrere del tempo, la scarsa lungimiranza e le speculazioni edilizie hanno praticamente azzerato anche quel che di bello, storico o importante c’era. Come il caso del castello medievale e di qualche palazzo o villa veneta. Fino agli anni Settanta, con l’avvento dell’emittenza locale e di altri quotidiani, l’unica fonte di notizie era il Gazzettino. Le sue pagine dedicate all’informazione locale si chiamavano “Mestre e Terraferma”. Termine quest’ultimo che oggi a qualcuno non piace, perché sottolineerebbe una sudditanza al centro storico. Ma questo territorio è troppo complesso per essere legato o scisso dal centro storico, sono “due destini che si uniscono”, detta alla Tiromancino, ma che a volte si respingono, con tutte le problematiche del caso. Un’occasione per salvare capra e cavoli, ma anche per dare un senso allo status quo, potrebbe essere quella di ampliare realmente le competenze della città Metropolitana. Cosa per altro prevista dalla legge. Servirebbe però un coraggio da parte della classe politica che non sempre si intravede.
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