Il nuovo sogno arabo - capitolo 6.4 - Iran fra isolamento e “comprehensive engagement”

Page 1

Iran fra isolamento e “comprehensive engagement” Lo spettro della rivoluzione di Teheran si aggira per il mondo da oltre trent’anni, turbando soprattutto i sogni di monarchi e presidenti arabi. La Repubblica Islamica dell’Iran è erede della millenaria cultura persiana, ma gioca dai tempi della caduta dello Scià lo scomodo ruolo di doppia minoranza: repubblica rivoluzionaria fra immobili monarchie e stella polare sciita in un firmamento islamico prevalentemente sunnita. Come i suoi vicini, l’Iran è una potenza energetica – quinto esportatore mondiale di petrolio e secondo Paese nel pianeta per riserve accertate di idrocarburi. A differenza loro, l’Iran è però anche un gigante demografico (con una popolazione numericamente vicina a quella dell’Egitto), una potenza industriale manifatturiera e un Paese tecnologicamente avanzato. Per queste ragioni, Teheran non ha mai dissimulato la propria superiorità rispetto ai Paesi della regione, consapevole della differenza tra chi è erede di un’antica e grande storia e chi è, senza meriti propri, baciato dalla fortuna di una rendita energetica. “Mangiatori di rettili”, sussmar khor: così erano definite sprezzantemente le tribù nomadi del deserto del Golfo prima della scoperta dell’oro nero. L’isolamento politico e forse l’eccessivo autocompiacimento hanno condotto l’Iran a un evidente errore di analisi rispetto alla primavera araba, con uno scarto clamoroso fra interpretazione delle cause delle rivolte e bilancio geopolitico delle loro conseguenze. Gli ayatollah al potere hanno osservato Tunisi, Il Cairo, Sana’a attraverso le lenti della loro rivoluzione del 1979, proponendosi


implicitamente come modello, definendo le rivoluzioni, nelle parole della Guida Suprema, un “risveglio islamico”, a prescindere dalla natura sunnita di quei Paesi. Il regime ha espresso così un immediato, e non richiesto, sostegno politico alle rivolte, sperando nel crollo, o comunque nell’indebolimento, del sistema di alleanze di Stati Uniti e Occidente nella regione; ma ha poi mutato atteggiamento di fronte alle rivolte in Siria contro Assad, sostenendo quest’ultimo e denunciando l’esistenza di un fantomatico complotto straniero all’origine delle rivolte. Nel gioco di ridistribuzione di carte di questi ultimi due anni, Teheran ha perso molte posizioni. Se vi è un modello che ispira le transizioni democratiche in atto, questo è – come si è visto – la Turchia e non certo l’Iran. E se i ragazzi delle piazze arabe conservavano qualche immagine della capitale persiana, essa risale semmai al tempo dell’Onda Verde del 2009, al movimento che si oppose alla fraudolenta rielezione di Ahmadinejad, piuttosto che all’epopea in bianco e nero della rivoluzione khomeinista di trent’anni prima. Anche per quanto riguarda il risveglio identitario dell’Islam, è un dato di fatto che i partiti islamisti si siano imposti quasi ovunque nel primo round di elezioni democratiche svoltesi finora. Ciò ha dato semmai ulteriore forza al campo sunnita, piuttosto che a quello sciita. Inoltre, nessuno dei nuovi partiti al potere culla la benché minima intenzione di orientare le nuove Costituzioni nella direzione teocratica indicata dagli ayatollah di Teheran. L’Iran, infine, non è nemmeno riuscito, direttamente

o

indirettamente,

a

sostenere

o

proteggere

le

rivendicazioni avanzate dagli sciiti in Arabia Saudita, Yemen o Bahrein. Ammesso che quelle discriminazioni avessero un’origine religiosa, era


però per la loro dimensione civile e politica che i manifestanti protestavano. D’altro canto, ogni azione eventualmente posta in essere dal regime iraniano contro quella disparità, non solo non avrebbe avuto effetto, ma sarebbe perfino stata controproducente: essa sarebbe stata infatti vissuta come una sgradita ingerenza esterna, e avrebbe caricato sulle comunità sciite di quei Paesi anche l’accusa infamante di antipatriottismo. Insomma, una condizione paralizzante di “vorrei ma non posso”……


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.