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INDUSTRIA

E COMMERCIO

ESTERO PAPER #3


INDUSTRIA

E COMMERCIO

ESTERO

Le azioni del Governo Renzi per le imprese e la ripresa del made in Italy 1. PREMESSA Leggendo certi editoriali ed analisi sembrerebbe che il Governo Renzi durante il suo mandato abbia elargito “regali” alle imprese. Ad esempio, secondo alcuni lo avrebbe fatto nel 2015-2016 sostenendo le assunzioni a tempo indeterminato mediante le decontribuzioni che hanno accompagnato l’avvio del Jobs Act. Queste interpretazioni polemiche sembrano ignorare che proprio grazie alle misure per il lavoro si è prodotto uno shock positivo senza precedenti nella storia recente in termini di crescita del numero di occupati dipendenti permanenti, con una sensibile stabilizzazione del lavoro precario. Nel 2016 il ritmo delle assunzioni, con la riduzione degli incentivi fiscali, è ovviamente rallentato ma lo stock di lavoratori a tempo indeterminato ha continuato a crescere. E’ chiaro che spetterà d’ora in avanti soprattutto al consolidamento della ripresa economica il compito di aggiungere in modo fisiologico nuovi posti di lavoro a quelli creati. Ma l’auspicato shock positivo occupazionale c’è stato è non è stato affatto un “regalo” alle imprese bensì una misura buona per il Paese. Le ultime stime dell’Istat dicono che tra marzo 2014 e gennaio 2017 gli occupati totali in Italia sono aumentati di 711mila unità e che oltre il 70% di questi nuovi posti di lavoro è rappresentato da occupati dipendenti a tempo indeterminato, cioè stabili. Secondo altre opinioni, di taglio diametralmente opposto, il Governo non avrebbe invece fatto abbastanza per i settori produttivi. Ad esempio avrebbe fatto meglio a tagliare ancora di più il costo del lavoro a carico delle imprese anziché erogare il bonus degli 80 euro mensili, bonus che secondo alcuni non avrebbe avuto alcun impatto sui consumi. Opinioni alquanto discutibili dato che proprio grazie agli 80 euro, unitamente alla eliminazione della tassa sulla prima casa e ai nuovi posti di lavoro creati, solo per citare tre importanti fattori di impulso, il reddito lordo disponibile delle famiglie italiane ha recuperato su base annua oltre 30 miliardi di euro in termini reali dall’inizio del Governo Renzi. Nello stesso tempo i consumi privati sono cresciuti nel triennio 2014-2016 del 3,2% rispetto al 2013, fatto del quale industria e servizi hanno largamente beneficiato dato che la loro attività si basa, oltre che sull’export, soprattutto sui consumi interni. In realtà, il Governo Renzi non ha fatto “regali” alle imprese né ha favorito i consumatori (lesinando gli sforzi per sostenerne il rilancio e il rafforzamento della competitività del sistema economico). Il Governo ha invece distribuito in modo equilibrato gli interventi di politica economica a favore sia delle imprese sia dei cittadini, agendo nell’esclusivo interesse 1


dell’Italia con l’obiettivo di sostenere la ripresa dell’economia. Per quanto riguarda i settori produttivi, ad esempio, grazie all’eliminazione della componente lavoro dell’Irap un gran numero di medie e medio-grandi imprese manifatturiere, cioè l’ossatura del nostro sistema produttivo, ha potuto beneficiare di risparmi fiscali dell’ordine di diverse centinaia di migliaia di euro/anno. Risparmi che le aziende più virtuose hanno poi potuto dirottare proficuamente in nuovi investimenti e in ricerca e sviluppo. La nuova legge Sabatini e il “super-ammortamento”, a loro volta, hanno contribuito a rilanciare gli investimenti in macchinari. Mentre il “Patent Box” è stato molto apprezzato dalle imprese più attive nella ricerca e sviluppo e nella brevettazione. Per non parlare, infine, del Piano “Industria 4.0” che nel 2017 potrà imprimere una spinta consistente agli investimenti più tecnologici. Inoltre, non va dimenticato che anche il settore agricolo ha potuto beneficiare di un consistente pacchetto di riduzione delle tasse, a cominciare dall’eliminazione dell’IRAP agricola. Sul fronte del commercio estero, poi, la legge di stabilità per l’esercizio 2015 ha attribuito uno stanziamento triennale straordinario alle attività di promozione e sviluppo dell’internazionalizzazione dei prodotti e dei servizi Made in Italy. L’ammontare complessivo è pari a 220 milioni di euro di cui 130 milioni nel 2015. Si tratta di uno sforzo finanziario senza precedenti che ha tenuto conto della rilevanza della componente estera per la nostra economia, sia in termini di PIL che di occupazione. Anche grazie a queste misure la produzione industriale italiana si è gradatamente ripresa dopo la duplice recessione del 2009 e del 2012-2014 e l’agricoltura si è rafforzata. Inoltre, l’export e la bilancia commerciale dell’Italia a fine 2016 hanno toccato nuovi massimi storici.

2. LA CRISI DELL’INDUSTRIA EREDITATA DAL GOVERNO RENZI E LA RIPRESA Quando il Governo Renzi è entrato in carica, nel febbraio 2014, ha ereditato un indice della produzione industriale italiana inferiore del 25,3% rispetto al massimo mensile pre-crisi toccato nell’aprile 2008 (Figura 1). L’indice del fatturato manifatturiero espresso in volume a febbraio 2014 era a sua volta 1 inferiore del 19,5% rispetto al massimo del dicembre 2016 (figura 2) . 1 L’indice del fatturato manifatturiero espresso in volume è ottenuto depurando l’indice del fatturato dell’industria manifatturiera dalla componente di prezzo (per quest’ultima si utilizza l’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali). E’ elaborato dall’Istat esclusivamente a fini di confronto con l’indice della produzione industriale, quindi a parità di campo di osservazione settoriale e di tecnica di destagionalizzazione. I due indicatori, pur descrivendo, ognuno nel proprio ambito, aspetti legati all’andamento del settore industriale, forniscono misure di fenomeni congiunturali diversi. L’indice della produzione industriale è un indice di quantità mentre l’indice del fatturato è un indice di valore. Per confrontare i due indici occorre eliminare dall’indice del fatturato la componente di prezzo. Si dividono, quindi, gli indici di fatturato per i corrispondenti indici di prezzo al massimo dettaglio possibile (generalmente 3 cifre Ateco) e si aggregano gli indici a 3 cifre per ottenere gli indici di livello superiore. Oltre al fatto che l’indice del fatturato in volume si riferisce alla sola manifattura mentre l’indice della produzione industriale 2riguarda anche l’industria estrattiva e quella della produzione di energia elettrica, acqua e gas, occorre tenere presente che i due indicatori possono mostrare risultati diversi anche per altre ragioni: - ricorso alle scorte; - presenza di prodotti diversi rispetto a quelli caratteristici dell’Ateco di appartenenza dell’impresa che possono avere andamenti diversi sul mercato; - presenza di servizi commerciali, di vendita di prodotti collaterali come i prodotti di carto o energetici; - delocalizzazione all’estero di fasi del processo produttivo; - processi a lungo ciclo di lavorazione con fatturazione a stato avanzamento lavori e produzione continua;

- lavorazioni per conto terzi.

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Osservando la dinamica del fatturato dell’industria escluse le costruzioni, espresso in valore, i cui dati sono disponibili anche disaggregati per il mercato domestico e per l’export, è possibile comprendere l’enorme impatto negativo che l’austerità ha prodotto sul mercato interno italiano dei beni industriali. Infatti, mentre i fatturati analoghi di Germania e Francia dal 2011 al 2016 rimanevano deboli ma senza registrare cadute, il fatturato dell’industria italiana destinato al nostro mercato domestico subiva un autentico crollo (figura 3). Viceversa, a dimostrazione della vitalità del made in Italy sui mercati mondiali, il fatturato dell’industria italiana destinato all’export ha mostrato dopo la crisi del 2009 una costante dinamica positiva, non dissimile da quella dell’industria tedesca e superiore a quella dell’industria francese (figura 4). Tra il marzo 2014 e il dicembre 2016, durante il Governo Renzi, l’indice mensile destagionalizzato della produzione industriale italiana è aumentato del 6% circa rispetto a febbraio 2016. L’indice mensile del fatturato manifatturiero in volume è invece cresciuto nello stesso periodo del 7,2%. Secondo i dati preliminari di contabilità nazionale il valore aggiunto dell’industria manifatturiera italiana è cresciuto nel triennio 2014-2016 del 4,1% in termini reali rispetto al 2013, cioè più del doppio di quanto sia aumentato il valore aggiunto dell’intera economia nazionale. L’aumento del valore aggiunto manifatturiero si è concentrato temporalmente soprattutto nell’ultimo biennio 2015-2016, con un incremento in volume del 3,5%, superiore a quelli di Germania (+3,2%) e Francia (+3%) nello stesso periodo. E’ interessante notare che tale divario di crescita è stato considerevolmente più alto considerando il valore aggiunto manifatturiero a prezzi correnti: Italia +8,1%; Germania +5,6%; Francia +3,3%. Evidentemente il manifatturiero italiano nell’ultimo biennio non solo è aumentato di più di quello degli altri due maggiori Paesi dell’Eurozona in termini di volumi prodotti ma anche in termini di valore aggiunto incorporato nei beni. Un segno di modernizzazione dell’industria del nostro Paese e di un sempre maggiore posizionamento delle nostre imprese sulle fasce più alte del valore.

2.1. L’ACCELERAZIONE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE ITALIANA NEL 2016 Secondo l’Istat nel mese di dicembre del 2016 la produzione industriale italiana è cresciuta congiunturalmente dell’1,4% rispetto a novembre e del 6,6% rispetto al dicembre 2015. Il quarto trimestre 2016 si è chiuso con un aumento della produzione industriale dell’1,3% rispetto al terzo trimestre. Si tratta di risultati molto buoni che evidenziano una chiara accelerazione dell’attività economica in Italia. Questi andamenti sono ancora più significativi se confrontati con quelli della Germania, colosso industriale dell’Unione Europea. A dicembre 2016 la produzione industriale tedesca è diminuita del 3,1% su novembre (rispetto al +1,4% dell’Italia) e dello 0,8% rispetto a dicembre 2015 (rispetto al +6,6% dell’Italia).

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La produzione industriale italiana, corretta per i diversi giorni di calendario, nell’intero anno 2016 è aumentata complessivamente dell’1,6% rispetto al 2015 mentre quella tedesca soltanto dell’1%. Nel 2016 la nostra produzione industriale è stata trainata principalmente dalla produzione di beni strumentali: +3,7%. Nel biennio 2015-2016 l’indice della produzione industriale italiana corretto per il calendario è cresciuto cumulativamente in media d’anno del 2,7% contro un aumento corrispondente più contenuto della Germania e anche della Francia, ferme entrambe a +1,9% (figura 5). Rispetto al mese di gennaio 2015, posto uguale a 100, la produzione industriale italiana, secondo gli indici destagionalizzati, è risultata a dicembre 2016 più alta del 6,9%, mentre quella tedesca più bassa dello 0,7% (figura 6). In particolare, la produzione industriale italiana ha fatto registrare una notevole accelerazione congiunturale nella seconda parte del 2016 mentre la produzione tedesca nello stesso periodo è stata cedente. Nell’ultimo trimestre del 2016 la produzione industriale italiana è aumentata tendenzialmente il doppio di quella spagnola, il triplo di quella tedesca e sei volte quella francese. Non si è trattato solo di una vampata estemporanea bensì di un progressivo e diffuso miglioramento che a livello di settori ha visto nel biennio 2015-2016 la meccanica made in Italy aumentare del 3,8% (secondo i dati corretti per il calendario) mentre quella tedesca restava ferma, la farmaceutica italiana crescere del 7,9% contro il +6,2% di quella tedesca, la nostra industria dei mezzi di trasporto progredire del 22,7% contro il +3,3% della Germania. In sostanza, stiamo competendo con i tedeschi sempre più direttamente sul loro terreno, nei settori più complessi e hi- tech, e non soltanto con i tradizionali punti di forza della moda, dei mobili, degli alimentari e dei vini (tabella 1).

2.2. A FINE 2016 ACCELERA ANCHE IL FATTURATO IN VOLUME DELL’INDUSTRIA MANIFATTURIERA Secondo l’Istat a dicembre 2016 l’indice destagionalizzato di volume del fatturato del settore manifatturiero è aumentato dell’1,8% rispetto a novembre e dell’1,6% nella media degli ultimi tre mesi rispetto ai tre precedenti. Corretto per gli effetti di calendario, a dicembre 2016 il volume del fatturato è progredito dell’ 8,2% su base tendenziale rispetto a dicembre 2015 e dell’1,2% in media d’anno rispetto al 2015.

3. EXPORT E BILANCIA COMMERCIALE ITALIANA A LIVELLI RECORD NEL 2016 Nonostante uno scenario internazionale non particolarmente favorevole, a seguito del rallentamento delle economie emergenti e delle tensioni tra la UE e Paesi come la Russia e la Turchia che sono importanti mercati, nel triennio 2014-2016 le esportazioni italiane hanno conseguito progressi considerevoli rispetto al 2013. Come appare dalla Tabella 2, l’export totale durante tale periodo è cresciuto del 6,8% in valore e la crescita ha riguardato praticamente tutti i settori principali, dall’agro-alimentare e i mezzi di trasporto (che hanno fatto registrare balzi significativi, +14,5% e +27,6%, rispet4


tivamente) alla chimica e farmaceutica (rispettivamente +7,8% e +8,8%), dagli apparecchi elettronici, ottici e occhiali (+10,6%) agli apparecchi elettrici (+8,5%), dai mobili e altri manufatti (+12%) al tessile-abbigliamento-pelli-calzature (+8,1%) fino al fondamentale comparto delle macchine e degli apparecchi meccanici (+6,1%). Solo la negativa dinamica dell’export di metalli e prodotti in metallo (-3,9%), influenzata dagli eventi eccezionali che hanno riguardato l’Illva, ha impedito all’export complessivo del made in Italy di realizzare un risultato persino migliore. La bilancia commerciale italiana ha toccato nel 2016 un nuovo surplus record con l’estero raggiungendo i 51,6 miliardi di euro. La bilancia commerciale manifatturiera si è mantenuta positiva su livelli molto elevati, esprimendo un surplus totale pari a 90,5 miliardi di euro che pone l’Italia tra i primi 5 Paesi al mondo con il maggiore attivo manifatturiero, dietro Cina, Germania, Corea del Sud e Giappone. Il surplus manifatturiero italiano con i Paesi UE è stato uguale a 19,4 miliardi; quello verso i Paesi extra UE pari a 71,2 miliardi.

3.1. LA PERFORMANCE DELL’EXPORT E DELLA BILANCIA COMMERCIALE NEL TRIENNIO 2014-2016 Nel 2014-2016 l’export italiano è cresciuto di 26,7 miliardi di euro, seconda migliore performance in valore assoluto tra i 4 maggiori Paesi dell’Eurozona dopo la Germania (tabella 3). Tale crescita è stata determinata per 23 miliardi da un aumento dell’export verso i Paesi UE (tabella 4) e solo per 3,7 miliardi dal commercio extra-UE a causa della frenata dei BRIC e di varie altre economie emergenti (tabella 5). Nel triennio del Governo Renzi la bilancia commerciale italiana è migliorata di ben 22,3 miliardi di euro toccando un nuovo record storico, come si è detto, a quota 51,6 miliardi (tabella 6). Il miglioramento nel triennio ha riguardato per 2 miliardi il saldo commerciale con i Paesi intra-UE (tabella 7) e per 20,3 miliardi il commercio extra-UE (tabella 8).

3.2. IL BOOM DEL SURPLUS COMMERCIALE ITALIANO NEL 2016 Decisamente rilevante è stato il miglioramento della bilancia commerciale italiana nel 2016: infatti, il nostro surplus è cresciuto di 9,8 miliardi rispetto al 2015. Si è trattato del progresso più rilevante a livello di bilancia commerciale tra tutti i Paesi della UE-28. L’Italia ha fatto meglio persino della Germania, il cui enorme attivo è cresciuto nel 2016 di 9,1 miliardi, mentre la Francia ha peggiorato il proprio deficit di 3,9 miliardi e il passivo della Gran Bretagna si è appesantito di ulteriori 54,6 miliardi (figure 7 e 8). I risultati notevoli dell’export e della bilancia commerciale italiana ottenuti negli ultimi 3 anni sono la migliore dimostrazione che il nostro sistema produttivo non è danneggiato dall’euro in termini di performance di commercio estero (almeno ai cambi attuali con il dollaro). Il record storico del surplus commerciale italiano toccato nel 2016, pari a 51,6 miliardi di euro, è infatti più alto di ben 16,7 miliardi rispetto al massimo livello di surplus realizzato nel periodo della lira, quello di 34,9 miliardi di euro raggiunto nel 1996 in un periodo di prezzi dell’energia inferiori a quelli attuali e di forte svalutazione della nostra vecchia moneta: un surplus che poi non si è più mantenuto a quei livelli negli anni successivi. 5


Dal 2003 al 2011 la bilancia commerciale italiana è addirittura andata in rosso, anche per i picchi raggiunti dai prezzi del petrolio e del gas naturale che hanno appesantito il deficit energetico, tornando positiva nel 2012 e nel 2013 ma senza riuscire a ritoccare il vecchio attivo commerciale record del 1996. Unicamente negli ultimi 3 anni, durante il Governo Renzi, il surplus con l’estero dell’Italia ha superato non soltanto ilvecchio record storico ma anche il tetto dei 40 miliardi di euro nel 2014 e 2015 e poi, per la prima volta, il tetto dei 50 miliardi nel 2016 (figura 9).

4. L’ITALIA È CON LA GERMANIA IL PAESE UE PIÙ SPECIALIZZATO GEOGRAFICAMENTE E MERCEOLOGICAMENTE NEL COMMERCIO CON L’ESTERO È possibile confrontare la performance competitiva nel commercio estero dei Paesi della UEM e della Gran Bretagna utilizzando i saldi normalizzati della bilancia commerciale. Tali saldi, in quanto normalizzati, consentono di comparare grandi e piccoli Paesi a prescindere dalle dimensioni delle loro economie e di valutare il loro grado di specializzazione commerciale2. Inoltre, è anche possibile confrontare la performance competitiva dei vari Paesi europei esaminati considerando per ciascuno di essi i due distinti saldi commerciali normalizzati verso i partner della UE e verso i partner extra UE. Ciò permette di capire se un Paese è: - in surplus contemporaneamente sia con la UE sia con il resto del mondo (in tal caso appartiene alla categoria dei Paesi a forte specializzazione geografica) - oppure se esso è in surplus soltanto con la UE o soltanto con il resto del mondo (categoria dei Paesi a specializzazione geografica parziale) - oppure, infine, se esso è in deficit contemporaneamente sia con la UE sia con il resto del mondo (categoria dei Paesi de-specializzati geograficamente). Nella figura 10 sono stati rappresentati i saldi commerciali normalizzati con l’estero delle nazioni dell’Eurozona e della Gran Bretagna relativi al 2016. Sull’asse delle ascisse sono stati rappresentati i saldi normalizzati verso i partner extra-UE mentre sull’asse delle ordinate sono stati rappresentati i saldi normalizzati verso i partner dell’UE. Il collocamento delle bolle sull’asse cartesiano individua il posizionamento incrociato dei due saldi intra-UE ed extra-UE dei Paesi considerati mentre le dimensioni delle bolle sono proporzionate ai valori del surplus/deficit complessivo (intra-UE più extra-UE) di ciascun Paese. Le bolle sono verdi se un Paese presenta un saldo commerciale complessivo positivo con l’estero mentre sono rosse se un Paese presenta un saldo commerciale complessivo negativo.

2 Si definisce saldo commerciale normalizzato (SN) di un Paese la sua bilancia commerciale con l’estero rapportata al suo interscambio totale, cioè alla somma del suo export e del suo import. SN=(EXP-IMP)/(EXP+IMP). Per definizione il SN varia nell’intervallo che va da un minimo di -1 (quando un Paese ha solo importazioni e non esporta) a un massimo di +1 (quando un Paese ha solo esportazioni e non importa).

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Come si può notare dalla figura 10, in base ai dati del 2016 vi sono solo 3 Paesi, Germania, Italia e Irlanda, che si trovano nel quadrante in alto a destra. Tali Paesi si possono definire a forte specializzazione geografica, presentando dei surplus commerciali normalizzati con l’estero positivi sia con la UE sia con il resto del mondo. La bolla verde della Germania è la pgrande ed indica un surplus commerciale complessivo nel 2016 davvero ragguardevole (257,3 miliardi di euro), seguito da quello dell’Italia (51,6 miliardi) e da quello dell’Irlanda (47,6 miliardi)3. Vi sono poi due quadranti della figura 10 in cui si collocano i Paesi cosiddetti a specializzazione geografica parziale. Nel quadrante in alto a sinistra troviamo innanzitutto 4 Paesi, tra cui l’Olanda e il Belgio4, che presentano dei surplus commerciali complessivi positivi (bolle verdi) ma che hanno un saldo attivo soltanto con la UE mentre sono in deficit con il resto del mondo. Sempre nel quadrante in alto a sinistra si colloca anche la Spagna, che si caratterizza per un piccolo surplus normalizzato con la UE ma per un ampio deficit con il resto del mondo. La bolla della Spagna è rossa in quanto questo Paese, diversamente dalle altre 4 nazioni che si trovano in questo quadrante, presenta un deficit complessivo con l’estero (-19,8 miliardi). Nel quadrante in basso a destra troviamo invece 6 Paesi, tra cui la Francia, che vantano dei surplus normalizzati extra-UE ma che sono però in deficit con i partner della UE. Le bolle relative a tali nazioni sono tutte rosse in quanto tutti i Paesi di questo quadrante presentano delle bilance commerciali complessive in deficit. Spicca in particolare il passivo totale della Francia (-64,8 miliardi). Infine, nel quadrante in basso a sinistra, si collocano i Paesi de-specializzati geograficamente, cioè in deficit commerciale sia con la UE sia con il resto del mondo. Tra questi Paesi spicca il Regno Unito con un passivo commerciale complessivo con l’estero molto alto (-204,5 miliardi di euro). Anche Grecia e Portogallo presentano dei deficit complessivi ragguardevoli, tenuto conto delle loro piccole dimensioni (-18,5 e -10,8 miliardi, rispettivamente). In definitiva, l’Italia si colloca immediatamente alle spalle della Germania non solo per le dimensioni del suo surplus commerciale ma anche per la buona specializzazione geografica del nostro Paese, che è in surplus sia verso la UE sia verso il resto del mondo.

3 Una valutazione corretta della reale performance competitiva dell’Irlanda deve tenere conto delle particolari politiche fiscali favorevoli di tale Paese, volte ad attrarre insediamenti di multinazionali che spesso gestiscono traffici commerciali verso/e dall’Irlanda con l’esclusivo scopo di pagare meno tasse così gonfiando artificialmente l’interscambio del Paese. 4 Anche il commercio estero dell’Olanda è da valutare con cautela in quanto è gonfiato dal cosiddetto “effetto Rotterdam”. Infatti, a causa della rilevanza dei suoi porti (oltre a Rotterdam anche Amsterdam), arrivano in Olanda e lì vengono sbarcate molte merci che non sono in realtà importazioni olandesi ma importazioni di altri Paesi in puro transito. Tali merci, peraltro, figurano poi come esportazioni dell’Olanda quando vengono dirottate fuori dal suo territorio verso i Paesi finali di destinazione. Per queste ragioni l’Olanda presenta un grande deficit commerciale con i Paesi extra-UE (-115,6 miliardi di euro nel 2016) ed un altrettanto grande surplus con i Paesi UE (+175,5 miliardi nel 2016). Una distorsione analoga dei dati di commercio estero, sia pure in misura minore, riguarda anche il Belgio a causa dell’ “effetto Anversa”.

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Un’altra interessante analisi riguarda la specializzazione merceologica dei vari Paesi. Ci 5 concentreremo qui sull’import-export relativo ai soli manufatti non alimentari , settore in cui l’Italia vanta la seconda migliore bilancia commerciale europea e la quinta al mondo. I dati sono per il momento aggiornati solo al 2015 ma permettono un utile approfondimento della struttura dell’interscambio italiano confrontata con quella degli altri partner europei. In particolare, nella tabella 9 abbiamo comparato la bilancia commerciale 2015 dei Paesi dell’Eurozona e del Regno Unito per due grandi categorie di prodotti manufatti alimentari: la meccanica-mezzi di trasporto e gli altri manufatti (categoria residuale che comprende chimica, moda, metallurgia, prodotti in materie plastiche e minerali non metalliferi, ecc.). Per ciascuna delle due categorie è stata inoltre considerata la bilancia sia intra-UE sia extra-UE. Rispetto alla figura 10, nella tabella 9 abbiamo considerato per semplicità i dati in valore assoluto anziché i saldi normalizzati. Come si può notare, l’Italia è il solo Paese considerato assieme alla Germania a presentare una bilancia commerciale in surplus in entrambe le principali categorie di manufatti non alimentari, sia verso l’UE sia verso il resto del mondo. Inoltre, con 89,5 miliardi di attivo, l’Italia è in assoluto il secondo Paese dell’UE dopo la Germania per migliore bilancia commerciale nei manufatti non alimentari.

5. IN BASE AL “TRADE PERFORMANCE INDEX 2015” L’ITALIA È IL SECONDO PAESE AL MONDO PIÙ COMPETITIVO NEL COMMERCIO ESTERO DOPO LA GERMANIA Nel 2015, in base alla graduatoria compilata dall’International Trade Centre (ITC) di Ginevra, l’Italia si è aggiudicata il secondo miglior numero di piazzamenti per competitività nel commercio mondiale subito dopo la Germania. Un secondo posto assoluto molto significativo, costruito non soltanto su vari primi posti occupati dal nostro Paese nell’ambito dei prodotti tradizionali della moda ma anche su molti altri posizionamenti di eccellenza che l’Italia ha conquistato a poco a poco in settori dove la Germania è da sempre il benchmark mondiale di riferimento per tecnologia e innovazione, tra cui la meccanica e i mezzi di trasporto. Una ulteriore prova che il made in Italy ormai è un fenomeno molto più complesso e variegato rispetto al consueto stereotipo che ci vede produttori prevalentemente di abiti, scarpe e cibo, che pure restano dei pilastri della nostra economia. L’agenzia congiunta di UNCTAD e WTO ha esaminato le performance competitive dei Paesi del mondo in 14 settori del commercio internazionale, di cui 2 rappresentati da materie prime (minerali energetici e non energetici e prodotti alimentari freschi) e 12 costituiti da diverse tipologie di manufatti. I posizionamenti competitivi di ciascun Paese originano da 5 sotto-indici che incrociano per ogni settore e Paese: la quota di mercato mondiale nell’export; la bilancia commerciale; l’export pro capite; il grado di differenziazione dei prodotti; il grado di differenziazione dei mercati. 5 Per manufatti non alimentari si intendono le 4 seguenti grandi categorie di merci secondo la classificazione standard del commercio internazionale SITC: 5-chimica e farmaceutica; 6-manufatti di base classificati principalmente secondo le materie prime trasformate (metallurgia, pelli, vetro, cemento, ceramiche, ecc.); 7-meccanica e mezzi di trasporto; 8- altri manufatti vari (tra cui abbigliamento, calzature, mobili, ecc.).

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Come appare dalla tabella 10, nella classifica del Trade Performance Index 2015 la Germania si è imposta a livello mondiale per competitività commerciale occupando ben 8 prime posizioni (praticamente in tutti i settori manifatturieri esclusi quelli della moda e l’elettronica di consumo-telecomunicazioni), nonché con un terzo posto (nel tessile) e un quarto posto(nell’elettronica di consumo). L’Italia è invece risultata la seconda nazione al mondo con 3 primi posti (tessile, abbigliamento, pelletteria- calzature), a cui si aggiungono 3 secondi posti (manufatti di base, apparecchiature elettriche, meccanica non elettronica), 2 terzi posti (mezzi di trasporto e altri manufatti vari, categoria quest’ultima che include gioielleria, occhiali, articoli in materie plastiche) e un quinto posto (alimentari trasformati). Seguono per numero di migliori piazzamenti nel Trade Performance Index: la Cina, la Corea del Sud e il Giappone. La Cina può vantare 4 secondi posti (tessile, abbigliamento, cuoio-calzature e mezzi di trasporto), un terzo posto (manufatti di base), un quarto posto (meccanica non elettronica), un quinto posto (manufatti vari) e un sesto posto (elettronica di consumo). La Corea del Sud a sua volta conquista 2 quarti posti (mezzi di trasporto e manufatti di base), un sesto posto (tessili), due settimi posti (meccanica non elettronica e chimica-farmaceutica) e un decimo posto (elettronica di consumo). Infine, il Giappone si aggiudica un quarto posto (apparecchiature elettriche), un quinto posto (manufatti di base), un sesto posto (chimica-farmaceutica) e un nono posto (manufatti vari). Tra gli altri grandi Paesi deludono gli Stati Uniti (solo un quarto posto negli alimentari freschi e un ottavo posto nella chimica) e la Gran Bretagna (nessun posizionamento tra i primi 10 Paesi in nessun settore). Mentre la Francia non sfigura, con due secondi posti (chimica-farmaceutica e alimentari trasformati), due settimi posti (mezzi di trasporto e apparecchiature elettriche), 2 ottavi posti (pelletteria-calzature e meccanica non elettronica) e un 9 posto (prodotti alimentari freschi). L’ottimo piazzamento dell’Italia nelle classifiche del “Trade Performance Index” si fonda sempre più, oltre che sui comparti tradizionali della moda e dell’alimentare, sulle eccellenze del nostro Paese nella meccanica (in molte tipologie di macchinari e apparecchi abbiamo superato la stessa Germania) e nei mezzi di trasporto (dove al miglioramento recente dell’auto si accompagnano i primati italiani nell’elicotteristica, nella nautica e nelle navi da crociera). Inoltre, in questi ultimi anni l’Italia ha migliorato il suo posizionamento internazionale anche in vari comparti della chimica-farmaceutica. Il valore complessivo dell’export italiano nei 9 settori di eccellenza del nostro Paese evidenziati dal “Trade Performance Index” è stato nel 2015 di 341,8 miliardi di dollari, con una bilancia commerciale relativa a tali 9 settori positiva per 123 miliardi di dollari (tabella 11).

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6. IL CONTRIBUTO DEI PRINCIPALI DISTRETTI INDUSTRIALI ALL’EXPORT ITALIANO Particolarmente importante è il contributo fornito dai distretti industriali all’export italiano. La Fondazione Edison da tempo fornisce una analisi dettagliata dell’export di circa un centinaio di distretti, suddivisi in 5 grandi categorie merceologiche: moda, arredo-casa, automazione-meccanica, alimentari-vini e hi-tech (quest’ultimo comparto include farmaceutica, elettronica e aerospazio). Le figure 11 e 12 forniscono una mappa della localizzazione dei principali distretti esportatori italiani sul territorio nazionale e nelle rispettive regioni di appartenenza. Tutti i 5 principali comparti di distretti esportatori nel 2015 erano già ampiamente ritornati su livelli di export superiori a quelli pre-crisi del 2008 (figura 13). Nel 2015 l’export distrettuale misurato dalla Fondazione Edison è stato pari complessivamente a 88,2 miliardi di euro. Secondo i dati provvisori, negli ultimi quattro trimestri disponibili (4° trimestre 2015-3° trimestre 2016) l’export distrettuale dovrebbe essere rimasto sostanzialmente sugli stessi livelli del 2015.

www.italiaincammino.it

IN cammi no


TABELLE E FIGURE


12


13


14


15


16


17


7,9 3,8

22,7

farmaceutica

macchine e apparecchi

mezzi di trasporto

Fonti: Eurostat e Istat

2,3

1,1

di cui: industrie alimentari, bevande, tabacco

chimica

3

Produzione manifatturiera - Totale

(indici di produzione industriale corretti per il calendario; dati medi annui; variazioni % cumulate rispetto al2014) ITALIA

CRESCITA DELLA PRODUZIONE MANIFATTURIERA IN ITALIA E GERMANIA NEL BIENNIO 2015-2016

Tabella 1

3,3

-0,1

6,2

-1,2

-0,4

1,8

GERMANIA

18


Mezzi di trasporto Mobili e prodotti delle altre attivitĂ manifatturiere Fonte: Istat

di cui: Prodotti dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca e delle industrie alimentari, bevande e tabacco Tessile-abbigliamento-calzature-pelletteria Chimica Farmaceutica Articoli ingomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti Apparecchi elettronici e ottici Apparecchi elettrici Macchine ed apparecchi n.c.a

Export totale

(dati in milioni di euro)

25.297 43.756 13.615 21.966 75.941

23.259 45.543 12.308 20.237 71.607

47.502 24.481

48.617 27.520 21.282

44.975 25.521 19.635

37.236 21.857

38.350

416.951

390.233

33.494

2016

2013

27,6% 12,0%

10,6% 8,5% 6,1%

-3,9%

8,8%

8,1% 7,8% 8,4%

14,5%

6,8%

Variazione %

L'EXPORT ITALIANO DURANTE IL GOVERNO RENZI: IL 2016 RISPETTO AL 2013

Tabella 2

19


1.088.071 390.233 239.314 437.439

GERMANIA

ITALIA

SPAGNA

FRANCIA

2013

436.937

244.287

398.870

1.125.034

2014

455.867

254.599

412.291

1.195.822

2015

452.853

259.658

416.952

1.210.269

2016

20

15.414

20.344

26.719

122.198

Variazione assoluta 2016 su 2013

Tabella 3 ESPORTAZIONI TOTALI DEI 4 MAGGIORI PAESI DELL'EUROZONA: 2013-2016 (dati in milioni di euro)


209.829 150.517 259.827

ITALIA

SPAGNA

FRANCIA

Fonte: Eurostat

618.630

GERMANIA

2013

262.623

155.794

218.824

648.594

2014

268.055

165.644

225.975

692.808

2015

269.205

172.955

232.852

708.157

2016

21

9.379

22.438

23.024

Variazione assoluta 2016 su 2013 89.527

Tabella 4 ESPORTAZIONI INTRA-UE DEI 4 MAGGIORI PAESI DELL'EUROZONA: 2013-2016 (dati in milioni di euro)


177.613 180.404 88.798

FRANCIA ITALIA

SPAGNA

Fonte: Eurostat

469.441

GERMANIA

2013

88.493

174.314 180.047

476.440

2014

88.956

187.811 186.316

503.014

2015

86.703

183.648 184.099

502.112

2016

22

-2.095

6.035 3.695

Variazione assoluta 2016 su 2013 32.671

Tabella 5 ESPORTAZIONI EXTRA-UE DEI 4 MAGGIORI PAESI DELL'EUROZONA: 2013-2016 (dati in milioni di euro)


-75.675 -17.141

FRANCIA

SPAGNA

Fonte: Eurostat

29.230

198.655

ITALIA

GERMANIA

2013

-25.886

-72.362

41.932

216.460

2014

-26.623

-60.946

41.807

248.196

2015

-19.780

-64.829

51.566

23

-2.639

10.846

22.336

Variazione assoluta 2016 2016 su 2013 257.255 58.600

Tabella 6 BILANCIA COMMERCIALE TOTALE DEI 4 MAGGIORI PAESI DELL'EUROZONA: 2013-2016 (dati in milioni di euro)


8.821

SPAGNA

Fonte: Eurostat

-87.912

9.661

43.549

FRANCIA

ITALIA

GERMANIA

2013

956

-82.010

14.934

53.780

2014

-5.193

-85.786

8.585

71.187

2015

696

-88.767

11.699

24

-8.125

-855

2.038

Variazione assoluta 2016 2016 su 2013 75.651 32.102

Tabella 7 BILANCIACOMMERCIALE INTRA-UE DEI 4 MAGGIORI PAESI DELL'EUROZONA: 2013-2016 (dati in milioni di euro)


12.236 -25.962

FRANCIA

SPAGNA

Fonte: Eurostat

155.106 19.570

GERMANIA ITALIA

2013

-26.841

9.649

162.680 26.998

2014

-21.430

24.840

177.009 33.222

2015

-20.476

23.938

5.486

25

11.702

Variazione assoluta 2016 2016 su 2013 181.604 26.498 39.868 20.298

Tabella 8 BILANCIACOMMERCIALE EXTRA-UE DEI 4 MAGGIORI PAESI DELL'EUROZONA: 2013-2016 (dati in milioni di euro)


26


27


28


saldo normalizzato intra-UE

Fonte: Eurostat

-40%

PAESI DESPECIALIZZATI

SPECIALIZZAZIONE PARZIALE

-70% -50%

-60%

-50%

-40%

-30%

-20%

-10%

0%

10%

20%

30%

40%

EL -18,5

-30%

LU -5,3

CY -4,2

MT -2,9

NL 59,9

-20%

UK -204,5

SK 2

PT -10,8

SI 2,2

0%

FR -64,8

LV -2

IT 51,6

10%

LT -2

AT -4,3

saldo normalizzato extra-UE

-10%

ES -19,8

BE 25,7

Le bolle sono proporzionate ai surplus/deficit complessivi dei vari Paesi espressi in miliardi di euro

EE -1,6

20%

FI -2,4

DE 257,3

30%

40%

29

SPECIALIZZAZIONE PARZIALE

IE 47,6

PAESI SPECIALIZZATI

Figura 10 - Bilancia commerciale complessiva dei Paesi UEM e del Regno Unito e loro saldi normalizzati intra ed extra-UE: anno 2016

50%


6,4 -7,6 58,5 1,8 -1,9 7,9 3,0 -7,0 -1,0 -0,8 -0,4 -3,6 0,3 -1,5 -4,6 -9,2 -3,5 -32,4 -62,2

Italia Irlanda Paesi Bassi Belgio Austria Slovacchia Slovenia Finlandia Estonia Malta Cipro Lituania Lussemburgo Lettonia Portogallo Spagna Grecia Francia Regno Unito

Fonte: Eurostat

71,6

Germania

Intra-UE 44,1 -1,9 -45,5 -5,8 7,9 1,2 -0,9 5,5 0,1 -0,5 -0,2 1,5 -3,0 0,2 0,9 7,8 -2,6 26,4 -3,9

173,9

Extra-UE 17,2 23,5 57,9 42,8 -3,0 -0,9 1,4 0,2 -0,8 -0,3 -1,2 -1,2 0,8 -1,2 -2,9 -10,6 -5,7 -40,1 -39,8

28,1

Intra-UE 21,8 30,3 -35,9 -11,9 5,8 -2,0 0,7 4,5 0,3 -0,1 -0,1 1,4 -0,2 0,1 2,6 -1,1 -1,9 12,8 -8,0

50,6

Extra-UE 89,5 44,4 35,0 26,9 8,7 6,1 4,1 3,2 -1,4 -1,7 -1,9 -2,0 -2,1 -2,4 -3,9 -13,0 -13,7 -33,2 -113,9

324,1

Mondo

Tabella 9 - Bilancia commerciale dei manufatti non alimentari dei Paesi UEM e del Regno Unito: anno 2015 (dati in miliardi di euro) Meccanica e Altri manufatti Totale manufatti Paesi altri mezzi di trasporto non alimentari non alimentari

30


1 1 3 16 17 1 1 1 1 4 1 1 58

Prodotti alimentari trasformati Legno e carta Tessili Prodotti in pelle e cuoio Abbigliamento Chimica e farmaceutica Manufatti di base Meccanica non elettronica Apparecchi elettrici ed elettronici IT ed elettronica di consumo Mezzi di trasporto Altri manufatti vari Minerali ed energia

5 11 1 1 1 16 2 2 2 30 3 3 96

43 10 22 2 2 2 17 3 4 12 6 2 5 126

48

Fonte: elaborazione su dati International Trade Centre UNCTAD/WTO

18

Prodotti alimentari freschi 83 47 6 63 71 7 4 7 20 10 4 37 100

144 114 72 20 120 109 6 5 10 4 33 16 9 130

160

2 21 17 8 15 2 14 8 7 21 7 17 47

9

39 56 24 34 31 19 15 12 22 24 22 15 18

69

(posizionamento a livello mondiale in ciascun settore; evidenziati i posizionamenti tra i primi 10 posti nelle classifiche) Nazioni GERMANIA ITALIA CINA COREA GIAPPONE FRANCIA REGNO Settori DEL SUD UNITO

Posizionamento dei Paesi del G-6, di Cina e Corea del Sud nelle classifiche mondiali del Trade Performance Index UNCTAD-WTO Anno 2015

Tabella 10

31

30 24 34 83 91 8 43 18 24 29 32 20 12

4

STATI UNITI


1 1 2 2 2 3

3 5

CUOIO, PELLETTERIA E CALZATURE

TESSILE

MECCANICA NON ELETTRONICA

MANUFATTI DIBASE

APPARECCHIATURE ELETTRICHE

MEZZI DI TRASPORTO

MANUFATTI DIVERSI

ALIMENTARI TRAFORMATI

Fonte: International Trade Centre, UNCTAD/WTO

TOTALE 9 SETTORI

1

ABBIGLIAMENTO

Settori

Posizione dell'Italia nella classifiche settoriali di competitività del Trade Performance Index

(valori in miliardi di dollari dei settori in cui l'Italia è ai primi posti per competitività internazionale)

Le cifre chiave dei primati del made in Italy secondo il Trade Performance Index UNCTAD/WTO: anno 2015

Tabella 11

341,8

29,7

44,8

45,6

21,1

52,5

92,7

12,1

21,6

21,6

Export Italia

123,0

5,1

17,2

5,4

3,1

12,2

59,5

4,1

10,3

6,0

32

Saldo commerciale Italia


in euro

Figura 11 - Localizzazione dei principali distretti industriali italiani per export e settori: anno 2015 Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat

33


Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat

Figura 12 - Mappa dei principali distretti industriali italiani per dimensioni dell’export e per settori: anno 2015

34


Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat

Figura 13 - Dinamica dell’export distrettuale italiano per comparti: anni 2008, 2014 e 2015

35


IN cammi no

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