in cucina con
Laura Rangoni Il mio libro deL
PANE
e altre delizie del forno
Ricette Consigli Segreti
in cucina con
Laura Rangoni
Laura Rangoni
IL MIO LIBRO DEL
PANE
e aLtRe deLizie deL foRno
Progetto grafico: Renato Santambrogio, Milano
Il disegno delle pagine 25, 49, 79, 121, 163, 187, 199, 219 è di Moreno Chiacchiera. Immagini delle aperture: © canicula/Fotolia
L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
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© 2012 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia Via Borgogna 5 - 20122 Milano - Italia Prima edizione: novembre 2012 Ristampa
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2015 2014 2013 2012
Stampato presso Giunti Industrie Grafche S.p.A. Stabilimento di Prato, azienda certifcata PEFC™
IntRODuzIOnE
Fare il pane in casa sembra una cosa difficile, ma non lo è. Noi donne abbiamo impastato pane per millenni, prima di arrivare alla civiltà del consumo, alle macchinette che fanno tutto da sole, alle baguette surgelate da riscaldare nel microonde, o ai pani industriali. Si tratta semplicemente di riappropriarci di un’arte antica che ci è sempre appartenuta, e che, probabilmente, abbiamo dimenticato. Vivendo in mezzo a un bosco, lontana decine di chilometri dai centri commerciali, capita spesso, soprattutto d’inverno, che neve e ghiaccio rendano difficoltoso andare a fare la spesa, quindi, per me, fare il pane in casa è una consuetudine. Una necessità che, con un po’ di fantasia, può diventare un gioco divertente. Girando per il web mi sono accorta che sono molte le persone affascinate dalla panificazione casalinga, ma mi sono resa anche conto che in certi casi, la moda di farsi il pane sembra voglia complicare anche le cose semplici. Mia nonna usava un tagliere, a volte il matterello, a volte una bilancia e un bicchiere per misurare l’acqua. È così che ho imparato, e spesso “vado ad occhio”. Adesso pare non si possa più vivere senza un’impastatrice o una planetaria. Certamente, sono oggetti che facilitano la vita, che sono belli e divertenti, oltre che estremamente costosi. Ma sono giocattoli. Così come è un gioco fare il pane in casa. Essendo un alimento base, ha prezzi abbordabili, quando non po-
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polari, si può comperare ovunque e si trova sempre. Se si decide di farlo in casa è solamente perché il pane casalingo è buono, dà soddisfazione, ed è rilassante impastare. Poi, se proprio vogliamo, per una riga, addentrarci in problematiche socio-politiche, se si ha una famiglia numerosa, si può risparmiare. Farina, acqua, lievito. Ecco tutto ciò che è servito all’umanità per fare il pane, nel corso dei millenni. Sembra facile, ma non lo è se mancano alcune semplici conoscenze di base, trucchi e consigli che troverete in queste pagine. Come in tutte le cose, l’esperienza è la migliore maestra. Per fare il pane ci vogliono alcuni ingredienti segreti, che sono la pazienza, e soprattutto la tenacia. Difficilmente vi verranno pani eccezionali al primo colpo, dovrete “aggiustare il tiro”, dialogare col vostro forno, cercare la farina giusta, provare diversi tipi di lievitazione, ma, dopotutto, ci avete messo un sacco di tempo per imparare a camminare, a leggere, ad andare in bicicletta... E ora addentriamoci nel meraviglioso mondo degli ingredienti.
FARINA & FARINE Mia nonna da bambina mi mandava in bicicletta al mulino a comperare la farina. Ne prendeva tipi diversi. Solitamente tornavo a casa con due sacchetti, su uno c’era scritto “Per tagliatelle” e sull’altro “Per pane”. Allora non capivo la differenza, ma potevo assaporarne i risultati... La migliore farina per fare il pane è quella proveniente dal grano. Può provenire da grano tenero (Triticum aestivum) o da grano duro (Triticum durum). In questo secondo caso è spesso chiamata semola. In Italia il primo si coltiva praticamente ovunque, il secondo è tipico delle regioni del Sud e viene usato sia per la pasta che per pani tipici come, ad esempio, l’Altamura. Il grano duro contiene circa il 10-12% in più di proteine rispetto al grano tenero.
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La farina di grano tenero viene identificata con un numero a seconda del tipo di lavorazione alla quale è sottoposto il grano: 00: è il “fior di farina”, ottenuta solamente con l’endocarpo del chicco, ed è la più pregiata, bianca, sottilissima, quasi impalpabile. Va benissimo per i dolci, o per la bechamel, e abbastanza bene per il pane, ma richiede qualche accorgimento che scoprirete tra queste pagine. 0: è raffinata, cioè priva di crusca, quindi va bene per la pasta e anche per il pane. 1-2-3: contengono percentuali variabili di crusca, quindi sono meno raffinate, e possono essere usate per la panificazione, soprattutto se vi piace il pane cosiddetto integrale. Esistono farine studiate apposta per i celiaci, che sono prive di glutine, e necessitano di addizionanti perché altrimenti non potrebbero lievitare. Non tutto il grano è uguale, quindi non tutte le farine hanno le medesime proprietà. Ad esempio, la farina chiamata Manitoba (dal nome della regione canadese dalla quale proviene) è ricavata da grano coltivato principalmente in Canada e negli Stati Uniti, ha una maggiore percentuale di proteine e un potere assorbente più alto delle farine provenienti da altri grani, ed è quindi considerata una farina “di forza”, molto adatta per fare il pane, o per essere addizionata a farine più deboli. Ma cosa c’entrano le proteine col pane? Nella farina esistono diverse proteine, ma quelle davvero utili si chiamano gliadina e glutenina, due simpatiche ragazze che, a contatto con l’acqua, si miscelano e danno vita al glutine. Quindi, maggiore è la presenza di queste proteine nella farina, maggiore sarà la “forza”. Ma non aspettatevi di trovare queste indicazioni sulle etichette... Ci sono però alcuni metodi infallibili per non sbagliare farina:
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1) comperare confezioni che recano la dicitura “farina per pane”:
solitamente sono farine forti; 2) rivolgersi al proprio panettiere e comperare da lui la farina; 3) fare una bella ricerca in internet e comperare on line da mulini che producono farine adatte alla panificazione; 4) provarle tutte, col motto “sbagliando s’impara”... Un avvertimento importante. Fate attenzione a come conservate la farina: come una spugna, assorbe un sacco di umidità. E se la farina è umida, dovrete mettere meno acqua o vi troverete tra le mani una colla ingestibile. Io la conservo in un contenitore ermetico di vetro, nella dispensa. Prima di usarla, qualsiasi cosa facciate, setacciatela. Esistono setacci in commercio che costano pochi euro, e sono utilissimi. Mia nonna diceva che la farina setacciata respira. Ed è proprio così: setacciandola la ossigeniamo, quindi la predisponiamo ad accettare meglio il lavoro del lievito. ALTRE FARINE mAIs
Viene ricavata macinando il granoturco. Se macinata grossa è usata soprattutto per la polenta, se invece è macinata abbastanza fine può essere usata per la panificazione. Non contenendo glutine, è adatta ai celiaci. Ma non lievita, quindi è assolutamente necessario usarla in percentuale con farine di forza. A meno che vogliate fare delle tortillas... gRANo sARAcENo
Coltivato in Cina fin da tempi molto antichi, questo cereale è stato introdotto in Europa dai Turchi, ed ecco spiegato il perché del suo nome. Se usato puro, essendo privo di glutine, è adatto anche ai celiaci e agli intolleranti, ed è alla base di molti piatti tradizionali
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del Nord Italia, in particolare della Valtellina. È difficile da panificare in purezza, e richiede un impasto molto liquido, che possa fermentare, grazie a lieviti molto forti. Inoltre va cotto a temperature molto alte per evitare che si sgonfi. Invece è ottimo se panificato in percentuale con una farina di forza. RIso
Proviene dal riso, è impalpabile, leggerissima e molto adatta per fare i dolci. Un po’ meno per il pane, perché, essendo priva di glutine, non lievita. Se usata in percentuale con farine di forza rende il pane molto leggero. Usata in purezza, invece, necessita di un “collante” per lievitare, che può essere la fecola di patate o l’amido di mais. sEgAlE
Rispetto ad altre farine, quella di segale è più ricca di sali minerali quali sodio, potassio, calcio e contiene molte più fibre. È usata in certe zone, soprattutto in Alto Adige, per la preparazione di pani scuri caratteristici, spesso arricchiti con semi. cAstAgNE
Per ottenere questa farina le castagne vengono essiccate, pulite, tostate e macinate. È ricchissima di calorie, e un tempo veniva panificata proprio per questa ragione, poiché saziava decisamente di più di qualsiasi cereale. Usata soprattutto per polente (la tradizionale pattona) o per pani non lievitati cotti tra testi di pietra (ad esempio i necci), è difficile da panificare perché non lievita. L’ACQUA Anche l’acqua è importante, per il pane, come per il caffè. Se voi non siete tra i pochi fortunati che possono avere acqua di fonte, impastate con acqua minerale naturale in bottiglia.
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Ricordatevi che è l’acqua il mediatore, che renderà l’incontro delle proteine la base per il vostro pane, quindi non sorvolate su questo dettaglio, se volete un pane eccezionale. C’è acqua e acqua! Ad esempio, la classica acqua del rubinetto contiene cloro, che può limitare moltissimo l’azione del lievito, quindi personalmente la sconsiglio, soprattutto se vivete in città. Se però non volete usare acqua minerale, fate come si fa per i pesciolini rossi: mettete l’acqua del rubinetto in un recipiente aperto e lasciatela 24 ore a riposo: una buona parte del cloro evaporerà. Pensate anche al calcare: se vivete in zone dove l’acqua è “dura”, ovvero piena di calcare, che non evapora, il vostro impasto risulterà più “duro”. Poi tenete in considerazione la temperatura dell’acqua. I lieviti, come i bambini, sono freddolosi, quindi non usate acqua fredda. L’ideale è sui 40 °C (proprio come per il bagnetto...), perché se fosse troppo calda, potrebbe uccidere gli enzimi responsabili della lievitazione. L’acqua non serve solo nell’impasto. Ecco per voi qualche trucchetto per facilitare la panificazione: 1) comperate uno spruzzino di quelli che servono per inumidire la biancheria. A metà cottura spruzzate un poco di acqua sulla superficie del pane e la crosta resterà molto più croccante: 2) il pane quando cuoce ha bisogno di umidità, altrimenti secca troppo fuori e si cuoce male dentro. Un suggerimento consiste nel mettere, sotto al bandone, una teglia o un pentolino pieno di acqua, che evaporerà durante la cottura; 3) se volete una crosta ancora più croccante, sostituite l’acqua del consiglio precedente con cubetti di ghiaccio. Ci metteranno di più a sciogliersi e svilupperanno più vapore, e più lentamente; 4) se usate una teglia da forno per cuocere il pane, foderatela con carta da forno che avrete prima bagnato sotto il getto del rubi-
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netto e strizzato bene. In alternativa, usate il vostro spruzzino per inumidire la carta. IL SALE Il sale può anche non essere usato nella panificazione. In questo i Toscani sono maestri: il loro pane infatti è “sciocco”, cioè insipido. Ma se lo usate, dovete fare attenzione, poiché il sale è nemico dei lieviti e può inibire la loro azione. Per questo motivo va messo in un secondo tempo, quando i lieviti hanno già iniziato a lavorare. I cultori della materia preferiscono sciogliere il sale in un poco di acqua per rendere la sua azione meno aggressiva. Quanto alla dose, siccome a me piace il pane saporito, solitamente su mezzo chilo di farina aggiungo 10 g di sale. Secondo i vostri gusti, potete diminuire o aumentare tale dose. Tenete comunque presente che, se inserite ingredienti già salati quali speck, parmigiano ecc., sarà meglio stare più parchi col sale. IL LIEVITO Il lievito è sostanzialmente un fungo. Ne esistono un migliaio di specie diverse e intervengono in ogni tipo di fermentazione. Ci sono lieviti spontanei e altri selezionati dall’uomo, in particolare nel mondo del vino, per indurre la fermentazione dell’uva. Vediamo quelli adatti alla panificazione. Il lIEvIto dI bIRRA
Quello che a noi interessa maggiormente, e che è uno dei più usati nella panificazione casalinga, è il Saccharomyces cerevisiae, che, come dice la parola, viene usato per la produzione della birra. Ecco perché trovate la dicitura “lievito di birra”. Sostanzialmente, questo simpatico funghetto “mangia” gli zuc-
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cheri e li trasforma in gas: anidride carbonica ed etanolo. State tranquilli, l’etanolo evapora durante la cottura, quindi non dovete temere che il nostro pane ci dia alla testa come un bicchiere di vino! Il lievito di birra si trova dappertutto, fresco, in cubetti da 25 g, e secco, in bustina. Se lo prendete fresco controllate bene la scadenza: se è scaduto il lievito muore e quindi è inutilizzabile. Tenetelo al fresco, in frigo, ma lontano dalla parte più fredda o dalla parete: se gela lo dovrete “rianimare” per convincerlo a lavorare. E se vi avanza, non conservatelo agonizzante in frigo, buttatelo. Costa pochissimo, quindi non sarà uno spreco fastidioso. Prima di usarlo, sbriciolatelo e scioglietelo in acqua tiepida. Mia nonna testava la temperatura dell’acqua col gomito, come si fa con l’acqua del bagnetto dei bambini. Se volete che la sua azione sia più immediata, “nutritelo” con un cucchiaino di zucchero. Se usate quello secco, sappiate che va rianimato: mettetelo in acqua tiepida con un po’ di zucchero per una decina di minuti. Vedrete che già dopo 5 minuti sull’acqua nella quale avrete sciolto lievito e zucchero si forma una schiumetta: vuol dire che il nostro amico sta già mangiando zuccheri. Non a tutti piace il lievito di birra, perché lascia un sapore piuttosto marcato al pane. Oltretutto, il pane impastato col lievito di birra tende, già dopo un giorno, a indurirsi. Esistono ovviamente lieviti diversi dal lievito di birra. Vediamo quali: AgENtI lIEvItANtI sEcchI
Le famose bustine di lievito istantaneo, facili da conservare, poco costose e molto pratiche. Possono essere tenute di scorta come “pronto soccorso” se venite prese da un’improvvisa voglia di im-
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pastare e non avete altri lieviti, ma, personalmente, non le amo molto. Ogni marca ha una sua formula diversa, quindi il risultato può essere eccellente con una marca e pessimo con un’altra. Sono composti chimici che, se associati ad acqua e sottoposti all’azione del calore, sviluppano gas, in particolare anidride carbonica, che fa lievitare il vostro impasto. I più noti sono il bicarbonato di sodio, il cremor tartaro (tartrato acido di potassio) e l’ammoniaca per dolci (bicarbonato di ammonio). La caratteristica principale di questi agenti lievitanti è che sviluppano gas molto in fretta, e spesso la maglia glutinica non riesce a trattenerli, quindi il vostro impasto all’inizio lieviterà meravigliosamente, per poi sgonfiarsi altrettanto rapidamente. Un altro aspetto è il sapore abbastanza nettamente percepibile di “lievito” che lasciano nel pane, che non a tutti piace. lIEvIto mAdRE (o pAstA mAdRE, o pAstA AcIdA o lIEvIto NAtuRAlE)
In realtà anche il lievito di birra è naturale, ma con questa parola ormai molti appassionati identificano il lievito madre. Questo, in realtà, contiene diversi enzimi, mentre il lievito di birra, abbiamo visto, ne contiene un solo tipo. Il lievito madre divide in due schieramenti contrapposti gli appassionati di panificazione. PRO: il lievito madre dona al pane profumi e sapori molto diversi e più complessi, lo rende più digeribile e ne aumenta la conservabilità. CONTRO: non è facile crearlo e va curato come un bambino, nutrito e lavato. Se non lo si usa con continuità le sue prestazioni possono essere scarse, e non dà mai un pane uguale all’altro. Il pane è meno morbido di quello impastato col lievito di birra e ha un gusto più acido.
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comE sI pREpARA Il lIEvIto mAdRE
In teoria, per preparare il lievito madre basta unire un po’ di acqua alla farina e aspettare che i lieviti presenti nell’atmosfera facciano il loro lavoro. Sottolineo “in teoria” perché se vivete in Corso Buenos Aires a Milano o in via Veneto a Roma ho seri dubbi sulla qualità dei lieviti spontanei presenti nell’aria che vi circonda... In pratica, ogni esperto segue una sua filosofia. Ad esempio Gabriele Bonci usa farina di segale biologica, perché è una farina che contiene molti zuccheri, la mischia con acqua in un barattolo di vetro e la copre con una garza. Dopo 2 giorni nutre il primo composto con altra segale, così per 5 volte. Al decimo giorno il lievito madre dovrebbe essere pronto. Quindi si pone il composto in una ciotola, si unisce la farina semplice o farine multicereali e si ottiene il panetto, da tenere in frigorifero e nutrire... Essendo curiosa per natura, ho voluto tentare la creazione del lievito madre. Sarà forse il fatto che vivo lontano da fonti di inquinamento, in mezzo alla natura, è venuto bene al primo colpo. Ci è voluto un ingrediente speciale però: tanta pazienza... PRimO PassaggiO:
Ho preso 200 g di farina 00 (per metà Manitoba), 100 g di acqua e 1 cucchiaio da minestra di miele. Era estate: il lievito ha bisogno di caldo. Se ci sono meno di 22-25 °C non provateci nemmeno... Ho messo tutto in un contenitore di vetro, ho mescolato e l’ho ricoperto con una garza. Ho usato il miele perché è l’alimento ideale per i lieviti, essendo ricco di zuccheri, e non è raffinato come lo zucchero bianco in commercio. seCONdO PassaggiO:
Dopo due giorni la massa ha raddoppiato il suo volume e si sono formate le prime bolle, indice di fermentazione in corso. Ho preso
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100 g di impasto e l’ho “rinfrescato” con 100 g di farina e 50 g di acqua. Ho mescolato il tutto e ho aspettato altri 2 giorni. TeRzO PassaggiO:
Di nuovo un rinfresco. Ho tenuto i soliti 100 g di impasto, buttando il resto, e l’ho mischiato con 100 g di farina e 50 g di acqua. Siccome non amo molto il sapore acido, ho seguito il consiglio delle Sorelle Simili e ho messo il vasetto in frigorifero, lasciandolo fermentare dolcemente per un periodo più lungo: 5 giorni. Se invece volete usare il sistema tradizionale, che vi darà però un sapore abbastanza acido al pane, continuate così per altri 3 passaggi, e dopo 6 giorni avrete la vostra pasta madre pronta per essere usata. QuaRTO PassaggiO:
Sempre il solito rinfresco, uguale agli altri, e 5 giorni di riposo in frigorifero. QuiNTO PassaggiO:
Ed ecco la pasta madre pronta per essere usata. Se pensate di avere finito, vi sbagliate di grosso. La pasta madre va accudita, quindi, al massimo ogni due giorni la dovete nutrire con un nuovo rinfresco. Potete anche farlo una volta alla settimana, ma più aspettate, più la pasta diventerà acida. È questione di gusti... Più aspettate a fare i rinfreschi, più la pasta madre si “siede”, cioè fatica a lievitare. Se volete darle una mano a riprendersi, nel successivo rinfresco usate un cucchiaino di miele. C’è anche chi usa lo yogurt o frutta molto zuccherina frullata e filtrata. Vi sconsiglio di usare lo zucchero raffinato: potrebbe darle il colpo di grazia... Una curiosità: sapete chi sono i responsabili del sapore acido del
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lievito madre? I lattobacilli, fermenti lattici che spesso vivono in simbiosi con il lievito di birra, e lo aiutano nella sua funzione lievitante. Sono gli stessi che tramutano il latte in yogurt.
Il psEudo-lIEvIto mAdRE dI mIA NoNNA oRIElE Mia nonna aveva un sistema molto più pratico per fare in casa il lievito madre: impastava per la prima volta il pane con il lievito di birra, poi, una volta lievitato l’impasto, ne toglieva una manciata. Ogni mattina, mentre aspettava che venisse su il caffè, univa al suo pallino di impasto un po’ di farina e un po’ di acqua. Faceva tutto ad occhio, come si usava una volta. Ma faceva anche il pane ogni 2 giorni, quindi questo suo quotidiano rinfresco aveva un senso. Ve lo sconsiglio se non panificate almeno 2 volte la settimana. INIZIAmo A ImpAstARE Mettete la farina su un tagliere, a fontana, facendo un buco nel centro, o in alternativa versatela in una grossa ciotola se volete ridurre le superfici da pulire. Aggiungete l’acqua tiepida nella quale avete sciolto il lievito e iniziate a impastare con le mani. Ecco che accade il primo miracolo: uno stato solido e uno liquido diventano un impasto. E mentre voi imprimete un moto e una forza, diversi per ciascuno di noi, avviene una reazione chimica, della quale le nostre nonne erano completamente inconsapevoli: si forma il glutine. Ricordate le due proteine principali contenute nella farina, ovvero gliadina e glutenina? Quando, grazie all’acqua, si fondono, danno origine a un’altra proteina, che è appunto il glutine, che sarà più o meno forte a seconda della forza della farina che avete usato. Pensate al glutine come a un tessuto: più forte è la fibra con la quale è confezionato, più la maglia glutinica sarà in grado di trat-
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tenere l’ossigeno che si sviluppa, grazie all’azione del lievito. La lana è meno resistente del lino, così un glutine proveniente da farine deboli sarà meno resistente di un glutine proveniente da farine di forza. Più forte è la maglia glutinica, più tempo ci vorrà quindi per la lievitazione. In linea generale, possiamo dire che la lievitazione ha raggiunto il suo migliore risultato quando la massa è raddoppiata. Se fate lievitazioni lunghissime, state attenti e controllate spesso. Se la massa inizia a sgonfiarsi significa che i lieviti hanno terminato il “cibo” a loro disposizione e stanno morendo. Il lievito inizia a “mangiare” gli zuccheri e a produrre gas, che resta imprigionato nella maglia glutinica. Se impastate il pane a mano, come faccio io, dovete lavorare l’impasto almeno 10 minuti. Se usate una planetaria, leggete le istruzioni: non la posseggo e non so darvi suggerimenti validi a proposito... Dopo avere impastato per almeno 5-6 minuti potete aggiungere il sale, perché, se messo prima che il lievito cominci a lavorare, inibisce la lievitazione. Al contrario, se volete impastare un pane dolce – quindi usate miele, malto o sostanze zuccherine – unite da subito questo componente alla farina, perché fornirà una fonte immediata di cibo per il vostro lievito. Nelle ricette troverete delle dosi. Consideratele indicative, poiché ogni tipo di farina ha un diverso livello di assorbimento dell’acqua. Un consiglio pratico: spesso vi troverete tra le mani un impasto che ha la consistenza di un fico molto molto maturo e sarà appiccicoso. Si attaccherà alle vostre mani, e a qualcuno questa sensazione di un “blob” tra le dita può dare fastidio. Ci sono due trucchetti che potete usare. Il primo consiste nel lavorare l’impasto con le mani infarinate. Si attaccherà ugualmente, ma molto meno. Personalmente, preferisco ungermi le mani con un po’ di olio d’oliva.
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DIRETTO, BIGA, POOLISH Quando impastate, dovete avere già ben chiaro che prodotto volete realizzare, perché per ognuno c’è un tipo di impasto. Comunque, qualsiasi impasto decidiate di fare, dovete coprirlo, perché se sulla superficie si forma una crosticina, questa impedirà la lievitazione. Mia nonna avvolgeva la palla in un canovaccio da cucina di tela, bagnato, che ogni tanto spruzzava di acqua per mantenerlo umido. L’unica volta in cui mi vide usare la pellicola trasparente mi disse che stavo soffocando il pane. In realtà non è così: il microorganismo del lievito di birra vive anche in ambiente anaerobico (ovvero senza presenza di ossigeno), ecco spiegato il motivo per cui potete usare tranquillamente un contenitore di plastica col coperchio, o ricoprirlo con pellicola per alimenti. Di contro, vi racconto un simpatico aneddoto. Un amico pugliese mi ha parlato del suo piccolo paese in provincia di Bari, dove, una decina di anni fa, arrivò una venditrice di famosi contenitori in plastica, molto costosi. Questa signora, per convincere le massaie del paese a comperare i suoi contenitori, dimostrò loro che in un ciotolone di plastica col coperchio l’impasto per la focaccia lievitava maggiormente che nel classico vetro. Lascio a voi la scelta di cosa sia più pratico. Vediamo i 3 principali tipi di impasto di base. l’ImpAsto dIREtto
Impastate i vostri ingredienti, formate una palla e la lasciate lievitare fino a quando avrà raddoppiato il volume. A seconda del tipo di lievito che avete usato, possono volerci dai 40 minuti alle 2-3 ore. Solitamente, per gli impasti rapidi uso il lievito di birra. lA bIgA
Non si tratta del carro a due ruote usato dagli antichi Romani,
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ma di un impasto abbastanza molle. Mediamente potete usare 1 kg di farina e 1/2 l di acqua, e 5 g di lievito di birra, che va lasciato lievitare minimo 8-10 ore (di solito la si prepara alla sera, per poi impastare il pane al mattino successivo), ma che dà il meglio di sé con una lievitazione di 24 ore, che può addirittura essere prolungata a 2 giorni. Maggiore sarà il tempo che lasciate lievitare, minore sarà la quantità di lievito da usare. Diciamo che nella biga il lievito è solo uno starter, che dà inizio a una fermentazione spontanea. Quando riprendete in mano la biga, vi consiglio comunque di aggiungere ancora un po’ di farina e di lievito, giusto per dare una spinta al vostro pane. Se impastate con la biga, usatene 300-350 g per ogni kg di farina. Il poolIsh
Non è un prodotto per lucidare le auto, ma un impasto molto liquido composto in parti uguali di acqua e farina, con pochissimo lievito (in media 1-2 per cento del peso della farina), che va lasciato lievitare 7-8 ore. Ovviamente, al momento di impastare, dovrete aggiungere molta più farina che alla biga, ma questo vi consente di dimezzare i tempi di lievitazione. Potete, ad esempio, preparare il poolish alla sera e impastare alla mattina, in modo da avere il pane in tavola per mezzogiorno. Se usate il poolish ne bastano 200-250 g per ogni kg di farina. Proseguiamo con l’impasto che abbiamo scelto. È difficile spiegare come impastare a mano. È una sensazione più che una tecnica. Quando vi ritrovate l’ammasso sul tagliere, piegatelo sempre partendo dall’esterno verso l’interno, in direzione della vostra pancia. L’impasto “parla” tra le dita, diventa liscio e morbido, e dovete avere la sensazione tattile di accarezzare la guancia di un bambino.
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LA CAMERA DI LIEVITAZIONE Alcuni miei conoscenti, veramente “impallinati”, si sono addirittura costruiti una camera di lievitazione con temperatura e umidità costanti. Già, perché il segreto della buona lievitazione sta proprio nella temperatura e nell’umidità. A parte il lievito istantaneo, che lievita con la temperatura del forno, tutti gli altri lieviti richiedono una temperatura il più possibile costante, attorno ai 30 °C. Per ottenerla, il trucco più noto è l’inserimento dell’impasto da lievitare nel forno spento, ma con la luce accesa. Evitate invece di mettere l’impasto direttamente sopra il calorifero, perché la parte sottostante (il fondo della ciotola) prenderebbe troppo calore e si formerebbe la famigerata crosticina. Vivendo in montagna, in una casa dove raramente d’inverno la temperatura all’interno supera i 18 °C, ho adottato questo stratagemma: avvolgo la ciotola dell’impasto con una coperta di lana e la chiudo nell’armadio, in modo che non possa venire a contatto con correnti d’aria, che nuocerebbero all’impasto. IL FORNO Il forno è la nostra croce. Sempre. Può vanificare ore e ore di lavoro perfetto. Dobbiamo conoscerlo alla perfezione e sperimentare le sue capacità, prima di riuscire a ottenere un pane soddisfacente, quindi non arrendetevi. Innanzitutto, anche il migliore dei forni ha una distribuzione del calore che non è uguale in tutte le sue parti. I peggiori sono i forni a gas, che hanno la fiamma solo sotto. Se volete fare il pane in un forno a gas, comperatevi la pietra refrattaria, come consigliano in tanti, o rassegnatevi ad avere un pane sbruciacchiato sul fondo. Se avete il forno elettrico l’operazione sarà più semplice. Se il forno elettrico è statico sarà ancora più facile. Ricordate però che i termostati sono tra i nostri peggiori nemici: spesso mentono.
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Se il forno elettrico è ventilato tenete la temperatura un po’ più bassa: l’aria calda favorisce il formarsi della crosta, quindi il pane all’interno lievita meno e resta più “gnoccoso”. Si può ovviare a questo inconveniente spruzzando acqua sulla superficie delle pagnotte. Alcune persone preferiscono usare il forno ventilato e cuocere a 140-160 °C invece che a 180-200 °C. Ovviamente i tempi di cottura si prolungano. Consiglio comunque di dare, anche col ventilato, una “botta di calore” per i primi 10 minuti, poi casomai abbassare la temperatura. Ovviamente, i tempi di cottura dipendono dalle dimensioni della pagnotta. Ho provato a usare il forno a legna, quello della stufa economica che usavo per riscaldare la cucina. Francamente, ve lo sconsiglio: o siete espertissimi o è una lotta senza quartiere per mantenere sempre la stessa temperatura. quAlchE tRucco
Durante la cottura il pane ha bisogno anche di un po’ di umidità, quindi non dimenticatevi di inserire un recipiente con un po’ di acqua o di spruzzarne la superficie. In questo secondo caso dovete essere rapidissime e molto abili: dovete aprire solo uno spiraglio, in modo che la temperatura non si abbassi. Infornate solamente quando il forno è in temperatura. Alcune persone lasciano il bandone di metallo in forno, in modo che diventi rovente, poi mettono il pane, aiutandosi con una pala. Altri invece inseriscono il bandone (che sarà a temperatura ambiente) dove hanno lievitato il pane. Di solito opto per la seconda soluzione, ma la prima ha senso se volete un pane dalla crosta molto croccante anche nella parte sottostante. Non aprite mai il forno durante la prima fase di cottura. Quando il pane sarà cotto, toglietelo dal forno. Alcuni lo mettono a raffreddare su una gratella per pasticceria. Ma il pane, essen-
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do caldo, continua a cuocere, soprattutto all’interno. A me piace fasciarlo con un canovaccio (d’inverno addirittura con la sua copertina di lana) e lasciare che si raffreddi molto lentamente. In questo modo sono più che sicura che anche all’interno sia veramente ben cotto. è cotto?
Ed ecco un paio di trucchetti per sapere se il pane è cotto a puntino. Prima di togliere il pane dal forno, infilzatelo con uno stuzzicadenti da spiedini: se esce pulito la cottura procede bene, altrimenti abbassate il forno, fate cuocere ancora un poco e rifate la prova stecchino, fino a quando uscirà pulito. Mia nonna toglieva il pane dal forno, lo girava e “bussava” sul fondo, ascoltandone il rumore. Se suona a vuoto è ben cotto, altrimenti richiede qualche altro minuto ancora.
La macchina per il pane La macchina del pane è usata da moltissime persone. L’ho vista in azione, ho assaggiato i risultati, ma non ce l’ho. Per una persona sola credo sia abbastanza inutile, e poi a me piace impastare a mano, sentire la trasformazione della materia sotto le dita. Quindi l’unico consiglio che posso darvi è di leggere attentamente le istruzioni, poichè ogni macchina è diversa, e diverse sono le dosi da usare. Indicativamente, da quello che mi hanno detto le amiche che la usano, mi pare di avere capito che il formato migliore è un chilo. Per chi ha una famiglia numerosa, per chi non ha tempo di impastare, per chi esce di casa a lavorare e vuole trovare il pane fresco al rientro senza passare dal panettiere può essere conveniente...
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Legenda dei tempi di lievitazione Nella maggior parte delle ricette di questo libro, a incidere sulla durata complessiva della preparazione sono soprattutto – più che i tempi necessari per l’impasto e per la cottura – i tempi di lievitazione. Prima dunque di accingervi - magari alle 10 del mattino o a metà pomeriggio - ad affrontare una ricetta con l’idea di portare in tavola il vostro prodotto per il pasto successivo, sarà perciò bene che vi rendiate subito conto se si tratta di un’impresa possibile o se è invece il caso di cercare un’alternativa più rapida. Per questo motivo abbiamo inserito, accanto al titolo della ricetta, un simbolo che indica approssimativamente i tempi di lievitazione che quella stessa ricetta prevede, e cioè: 0 - 1 ora 1 - 2 ore
2 - 4 ore più di 4 ore
Il simbolo è ovviamente assente in tutte le ricette in cui è previsto l’utilizzo di una pasta di pane o per pizza già pronta.
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PANI BASE
IMPASTO DI BASE PER PANE Ingredienti 500 g di farina 00 25 g di lievito di birra
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200 g di acqua tiepida 10 g di sale
u un tagliere mettete la farina a fontana e fate un buco nel centro. Sbriciolate il lievito di birra in un bicchiere di acqua tiepida e mescolate con le dita per farlo sciogliere. Iniziate a impastare, aggiungendo mano a mano acqua, se la farina lo richiede. È difficile dare la quantità giusta, poiché molto dipende dal grado di assorbimento della farina. Lavorate l’impasto per 5 minuti, e solo a questo punto unite il sale. Impastate per altri 10 minuti, fino a quando vedrete che l’impasto risulta omogeneo e liscio. Fate una palla e mettetela in una ciotola di vetro, copritela con un canovaccio inumidito o una pellicola per alimenti e lasciate lievitare almeno 2 ore in un luogo caldo. Quando avrà raddoppiato il suo volume, potete usare questo impasto base per la creazione del pane che preferite.
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PANE ARABO o imparato a fare questo pane a Marrakech, ospite di Fatima, la fantastica mamma di una mia compagna di università, che lo cuoceva all’aperto, su un fuoco di legna ricoperto con una pietra refrattaria. Sono passati molti anni, ma ancora oggi ogni tanto mi diverto a fare il pane arabo, soprattutto in estate, da offrire agli amici sotto al bersò di glicine.
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pani base
Ingredienti 500 g di farina 00 250 g di acqua tiepida 25 g di lievito di birra
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un pizzico di zucchero 10 g di sale
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Sbriciolate il lievito di birra in un bicchiere di acqua calda, metteteci un pizzico di zucchero per attivarlo, mescolate bene e lasciate riposare per una decina di minuti. Potete impastare sia in una ciotola, sia sul tagliere. Mescolate la farina con il lievito sciolto e iniziate a impastare, aggiungendo progressivamente acqua, tanta quanta ne assorbe la farina. A metà impasto aggiungete il sale. Quando l’impasto sarà omogeneo, prelevatene delle palline di circa 100 g e mettetele a lievitare su una teglia o direttamente sul tagliere. Non sistematele troppo vicine, perché potrebbero attaccarsi. Lasciate riposare le palline 10 minuti, poi appiattitele facendo pressione col palmo della mano, dando loro la classica forma rotonda e schiacciata. Copritele con un canovaccio umido e lasciatele lievitare al massimo un’ora. Io preferisco farle lievitare meno, secondo me bastano 30-40 minuti, ma se vi piace un pane più soffice lasciate lievitare più a lungo. Riscaldate su una fiamma abbastanza alta una grossa padella antiaderente, o ancora meglio una bistecchiera di ghisa. Fate cuocere il pane arabo, girandolo spesso con una paletta. Fate attenzione che si deve colorire bene da entrambi i lati, non bruciacchiare. Potete anche cuocerlo in forno, non ventilato, ad alta temperatura, 220-250 °C, per al massimo 8-10 minuti, altrimenti secca troppo. Anche in forno, il pane va girato più volte. Di solito questo pane si mangia caldo, appena fatto.
pani base
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FILONCINO CASALINGO RAPIDO l lievito secco, in bustina, è come la ruota di scorta, va sempre tenuto, nel caso siate senza pane e qualcuno si autoinviti a cena all’ultimo momento...
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Ingredienti 500 g di farina 1 bustina di lievito 250 g di acqua tiepida
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10 g di sale un pizzico di zucchero
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Setacciate la farina e unite il lievito secco. Unite l’acqua e iniziate a impastare. Se l’impasto fosse troppo consistente aggiungete progressivamente altra acqua. A metà impasto unite il sale e lavorate in totale per circa 10 minuti. Fate una palla, mettetela in una ciotola coperta con lo strofinaccio bagnato e lasciatela lievitare per una mezz’ora al caldo. Riprendete l’impasto e dategli una forma allungata, tipica del filone, quindi posizionatelo su una teglia da forno ricoperta di carta forno, che avrete inumidito con lo spruzzino (io uso uno di quelli per la biancheria). Preriscaldate il forno a 200 °C e infornate. Dopo 15 minuti aprite pochissimo lo sportello del forno e spruzzate un po’ di acqua sulla superficie. Fate cuocere ancora 15-20 minuti.
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PANE MONTANARO uesta è la ricetta del tipico pane montanaro, un po’ grezzo, che si prepara nella montagna bolognese. A Loiano, sull’Appennino, c’è una festa, chiamata “batdura” ovvero della battitura del grano. Ci sono andata molte volte, e ho “rubato” la ricetta. Questo pane andrebbe cotto nel forno a legna, ma ho adattato la ricetta.
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Ingredienti 500 g di farina di grano tenero 0 250 g di acqua tiepida
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15 g di lievito di birra 250 g di lievito madre 10 g di sale
Fate una fontana con la farina e al centro ponete la Questo pane viene pasta di lievito madre, inirealizzato col cosiddetto ziando a lavorare. Bagnate lievito misto: alla pasta madre con un bicchiere d’acqua viene aggiunto un poco di lievito nel quale avrete sciolto il di birra per rafforzarla, essendo lievito di birra e aggiunla farina debole. gete acqua mano a mano che la farina l’assorbe. A metà impasto aggiungete il sale. Lavorate per una decina di minuti, quindi fate la palla e lasciate riposare mezz’ora almeno. Riprendete la palla e dividetela in due o tre parti, a seconda della pezzatura che volete. Tradizionalmente sarebbe circa mezzo chilo. Mettete le pagnotte su una teglia a lievitare per almeno un paio d’ore: devono raddoppiare in volume. Praticate un taglio a croce sulla superficie delle pagnotte con un coltello affilato, bagnato.
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Preriscaldate il forno a 220 °C e infornate, mettendo un pentolino di acqua sul fondo del forno. Dopo 10-15 minuti abbassate il forno a 200 °C e lasciatele cuocere per 40-50 minuti.
PANE AZZIMO (ALLA PIASTRA SENZA LIEVITO) opo più di trent’anni ho incontrato una delle mie compagne di scuola delle elementari, che mi ha invitata a cena. Non avevamo pane, e lei ha improvvisato questo magnifco pane azzimo, che è diventato presto un valido aiuto quando non ho tempo di preparare pane a lunga lievitazione.
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Ingredienti 500 g di farina 00 350 g di acqua tiepida
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4 cucchiai di olio d’oliva 10 g di sale
In una ciotola mettete la farina, il sale, l’olio, e iniziate a mescolare, aggiungendo progressivamente l’acqua. L’impasto deve avere una consistenza morbida e appiccicosa. Infarinate il tagliere e le vostre mani e lavorate l’impasto per pochi minuti, giusto il tempo di amalgamarlo un po’ e farne una palla. Lasciatela riposare per 10 minuti, quindi prendete dei bocconi di impasto e fatene delle palline della dimensione di una prugna. Lasciate riposare altri 10 minuti, quindi schiacciatele con le mani. Potete cuocerle su un testo da piadina o in una padella antiaderente che avrete riscaldata molto bene. Se volete, cuocete in forno a 200 °C per pochi minuti.
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