I borghi abbandonati Abbazia di Mirteto
Abbazia di Cassinelle
Abbazia di Sant’Eustachio
Abbazia di Mirteto L'insediamento di Mirteto si trova a 282 m s.l.m. nel solco segnato dal rio Foce Pannecchia, sul versante orientale del Monte Faeta. Vi si può arrivare dalla Valle delle Fonti (o Via delle Fonti), attraversando il ponte sul torrente e percorrendo un sentiero segnato dal CAI con le classiche righe rossa e bianca. Costituisce un esempio di borgo monastico comprendente, oltre all'abbazia, varie altre costruzioni adibite a stalla, ad abitazioni o all'essiccamento delle castagne. L'abbazia fu qui collocata perchÊ il luogo era sufficientemente isolato ed impervio, raggiungibile a fatica salendo lungo una mulattiera, di cui ancora oggi rimangono le tracce; il territorio era ricco di risorse naturali e soprattutto costellato da numerose sorgenti d'acqua , necessarie alla sopravvivenza della comunità monastica e alle attività produttive da questa svolte.
Le origini dell'abbazia di Mirteto si perdono nel tempo: non rimane alcuna carta della sua fondazione, non se ne conoscono i committenti né le maestranze chiamate a realizzare il nucleo originario. Le sue origini potrebbero risalire a tempi remoti in cui le famiglie fondavano monasteri per proteggere il proprio patrimonio oppure ad un insediamento di tipo eremitico, di cui il Monte Pisano sembra essere costellato. Nel 1227 Mirteto passò ai Cistercensi; dal XIV secolo, con il declino progressivo del sistema monastico, anche Mirteto iniziò una parabola discendente. Nel XV secolo viene annesso ad altri monasteri della zona e diventa sempre più un insediamento di tipo produttivo in grado di sfruttare le risorse del territorio (multino, seccatoio per le castagne, stalle) e l'edificio sacro assume gradualmente uno stato di abbandono. Nel 1712 diviene un oratorio privato. Il primo privato proprietario del complesso sembra essere tale Eugenio Parenti di Lucca, colono in un periodo in cui il complesso era in stato di abbandono. Tra il 1913 e il 1942 la proprietà era intestata alla famiglia Poggi, nel 1952 a Michele Scalera. Attualmente il terreno su cui sorge il complesso è di proprietà della famiglia Rossi di Asciano.
Il primo privato proprietario del complesso sembra essere tale Eugenio Parenti di Lucca, colono in un periodo in cui il complesso era in stato di abbandono. Tra il 1913 e il 1942 la proprietà era intestata alla famiglia Poggi, nel 1952 a Michele Scalera. Attualmente il terreno su cui sorge il complesso è di proprietà della famiglia Rossi di Asciano. La chiesa, intitolata a Santa Maria di Mirteto, è costruita in conci di verrucano squadrati in stile romanico-pisano, con navata unica ed abside; presenta alcuni accorgimenti difensivi quali la mancanza di monofore verso Nord e la presenza, sull'abside, di tre strombate che fornivano una visione periscopica sulla strada che sopraggiungeva da Calci. La chiesa era sede della Madonna della neve quattrocentesca, oggi collocata nella chiesa di Asciano. Del complesso originario rimane l'edificio monastico principale, riadattato nel corso del tempo ai vari usi; al piano terra troviamo un torchio per le olive ed un ambiente adibito a vinaio. Dietro all'abside della chiesa troviamo il metato dove venivano poste a seccare le castagne.
Abbazia di Cassinelle Un antico priorato alle spalle di Sestri Ponente. Fondata ufficialmente nel 1308 (anche se va detto che la prima notizia di una 'cella' alle Cassinelle, dove alcuni frati facevano vita eremitica, sembra risalire addirittura al 1267) questa abbazia suscita subito forte devozione nella popolazione, al punto che il suo ampliamento procede molto velovemnte e nel 1332 la famiglia dei nobili Grimaldi la sceglie per costruirvi le proprie tombe.
Arrivare a ciò che rimane oggi dell’antico complesso religioso è semplice: partenza dalla chiesa di Santo Stefano di Borzoli, si continua per via Rivassa, fosso Battestu, vico superiore Priano, via Cassinelle, località San Rocco di Priano, seguendo il segnavia sbiadito FIE con due linee rosse. L’escursione può tranquillamente essere compiuta in una mezza giornata, dalla partenza infatti trascorre circa un' oretta prima di arrivare a destinazione. La selva, padrona incontrastata dell’abbazia, ci nasconde fino all’ultimo il suo tesoro, lasciandoci fisicamente sbattere addosso al primo fabbricato.
L'abbazia, costituita dalla piccola chiesa di Santa Maria e da alcuni edifici un tempo adibiti ad abitazioni, stalle e fienili, era un antico “ospitale” con stazione di posta sulla strada che da Sestri Ponente, passando per il valico di Lencisa, portava alle Capanne di Marcarolo (antico luogo di scambi commerciali tra mercanti liguri e piemontesi) e da qui alla pianura piemontese, intorno ad Alessandria.
La chiesa, il cui tetto è oggi crollato, a navata unica, aveva l'ingresso rivolto a nord. A sinistra dell’ingresso si trova una tomba in marmo e ardesia, della nobile famiglia genovese dei Grimaldi, risalente al 1332, come risultava da un‘epigrafe oggi scomparsa. Al di sotto della chiesa si trova un locale con 32 loculi, preceduto da un altro locale dove era un piccolo altare.
Antistante la chiesa si apre un ampio prato, sul quale si affacciano altri fabbricati a destinazione abitativa ed una torretta di avvistamento. Quest'ultima ha piccole finestre rettangolari su tutti i lati e una merlatura a coronamento della copertura. La torretta per la sua posizione consentiva il completo controllo della strada che saliva all’abbazia.
Abbazia di Sant'Eustachio sul Montello a Nervesa della Battaglia (Treviso) E' dell' XI secolo un primo insediamento monastico proprio sul panoramico colle che sovrasta Nervesa (della Battaglia, nome attribuito dopo le cruente battaglie del Piave della prima guerra mondiale). Grazie alle ricche dotazioni di Rambaldo III, signore e conte di Treviso, l'insediamento originario accresce d'importanza e diviene sede di un importante cenobio di monaci Benedettini-Cassinesi ed assoggettato all'ordine direttamente controllato dal papato. Con i potentissimi Conti di Collalto, le cui proprietĂ si estendevano per gran parte dell'alta provincia di Treviso e su tutto il Montello, il monastero diviene una importantissima Abbazia meta di pellegrinaggi e "ritiri" per i potenti personaggi locali oltre che luogo di fede per le genti del Montello e della pianura d'innanzi.
Al periodo di massimo splendore seguì la gravissima crisi trecentesca (scisma d'Occidente, peste nera, invasioni degli Ungari) della quale i vescovi approfittarono per estendere la propria influenza sui possedimenti dell'abbazia. Ormai decaduta e nota per il malcostume dei suoi frati, nel 1521, papa Leone X soppresse l'abbazia, trasformandola in prepositura commendatizia. Tra il Cinquecento e il Seicento l'abbazia divenne un importante polo culturale. Qui vennero ospitati, tra gli altri, Pietro Aretino, Giovanni Della Casa (che vi compose il noto Galateo) e Gaspara Stampa. Tra il 1744 e il 1819, il complesso fu guidato dal preposito Vinciguerra VII di Collalto, uomo colto e capace che lo trasformò in un'importante azienda agricola retta da esperti e studiosi. Fu grazie a lui che la prepositura sopravvisse alle soppressioni napoleoniche di inizio Ottocento, che invece colpirono la vicina certosa di San Girolamo. Dopo la Rotta di Caporetto, l'edificio si ritrovò in prossimità del fronte del Piave e subì pesanti danneggiamenti. Le rovine, lasciate all'incuria, sono state di recente rivalorizzate grazie ai finanziamenti dell'Unione europea.