Cari lettori. Vogliamo ringraziarvi per seguirci su Facebook, blog e Instagram. Siamo molto felice di condividere con voi il nostro sentiero. Questo magazine e un esperimento perciò non sappiamo se questo sarà il primo di molti e se andrà avanti, comunque sia potete sempre trovarci nella nostra pagina. Le Figlie dell'Antica Religione. Che La Dea sia sempre con noi )o( Un abbraccio July & Elena
Le Donne Vichinghe -Emancipazione ed orgoglio Femminile Nelle tribù vikinghe la donna godeva di grande prestigio al contrario di come invece la storia spesso le ha dipinte e cioè sottomesse e asservite ad una cultura maschilista. Questo prestigio e rispetto era tale, che già al tempo esse potevano chiedere e ottenere il divorzio dal proprio consorte, con annessi tutti i beni materiali di loro proprietà.Nella società di oggi, ritenuta dai più civilizzata e democratica, le donne riescono ad ottenere il divorzio solo da circa 40 anni. Pur non avendo notizie precise e sicure sul ruolo guerriero delle donne vikinghe durante le guerre (nel senso che non risulta esistano reperti archeologici in grado di dimostrare tale supposizione, almeno in periodi di poco antecedenti all’anno mille), si sa invece con certezza che il loro ruolo spirituale (e quindi con buona probabilità anche materiale, considerato che per gli antichi non esisteva la scissione tra spirito e materia, come non esisteva tra il sacro e profano), era essenziale. In nordico antico la valkyrja è “(colei che) sceglie i caduti” (kirja su kjòsa “scegliere”; valr “caduti”). Il suo ruolo era appunto
quello di aiutare, dare vittoria o scegliere i combattenti, cioè di raccogliere i guerrieri caduti sul campo di battaglia per portarli al cospetto di Odino. Ma il suo ruolo non si limitava a questo già di per sè importante compito. Essa arrivava a cavallo sul campo di battaglia in assetto di guerra simile ad una furia a sostenere l’eroe prescelto. Nel caso egli l’avesse percepita in qualche modo, il guerriero sapeva che la sua fine terrena era prossima. In tal caso la Valkiria lo conduceva al cospetto del Grande Padre, attraverso il viaggio agli Inferi, ed era sempre Lei, una volta giunti a destinazione, ad accogliere il guerriero nel Valhalla offrendogli un corno ricolmo di idromele. In questa sua ampia funzione si può cogliere tutta l’importanza del ruolo della donna come guerriera, come Guida e come “veicolo” di trasformazione: è con Ella infatti che si chiude il ciclo terreno dell’uomo, ma è sempre con Ella che avviene la rinascita dopo aver fatto da Guida al guerriero attraverso gli Inferi. Ma la Valkyrja rappresenta anche la dispensatrice di Conoscenza (particolarmente interessante il Carme di Sigdrifa/Brunilde, la Valkiria liberata e risvegliata da Sigfrido, grazie alla quale l’eroe apprende i segreti delle Sacre Rune. Cita l’autorevole Gianna Chiesa Isnardi nel suo libro “I miti nordici”: Sono le dee che stabiliscono il destino degli eroi nella battaglia, situazione estrema in cui è messo alla prova tutto il significato dell’esistenza. Le Valkirie, ci suggerisce un verso, sono le “figlie adottive” (oskmeyjar) di Odino, le spose spirituali dell’eroe che dischiudono le porte della Valhalla. Esse possiedono e trasmettono i segreti celesti, sono simbolo dell’epifania del divino; per questo sono dette bianche e luminose, fanciulle del Sud che appaiono talora in aspetto di cigno. Per la loro qualità di divinità guerriere appaiono anche armate di tutto punto; è detto inoltre che spesso compaiono in schiere numerate da numeri simbolici. La loro qualità divina esalta inoltre nel fatto che esse sanno cavalcare nell’aria e sull’acqua. La Valkiria, figlia di Odino, ha il duplice volto della furia in combattimento e la grazia del cigno bianco (uno degli uccelli solari per eccellenza), animale nel quale esse si trasformano.
Una Runa delle Valkirie è Algiz, la cui grafica ricorda anche l’impronta del cigno, Runa questa, che simboleggia la Rinascita e il Ritorno al Centro (l’uomo che saluta il sole con le braccia levate), in perfetta sintonia con il compito delle dee guerriere. L’avvenenza delle Valkirie è tale da assomigliare alla leggiadria del cigno bianco. Dipinte come donne di rara bellezza fisica, con candide braccia e chiome fluenti, che si sposano perfettamente con la capacità di brandire la spada, con la spietatezza, la determinazione e la forza interiore che contraddistingue qualsiasi guerriero degno di questo nome. Il rumore della battaglia stordisce i cuori di impavidi ed eroi. Il vento soffia furioso fra i vessilli spiegati e nelle criniere dei nostri destrieri. Gioite sorelle! Andiamo a mietere il nostro raccolto… Web
Flora,la dea Romana protettrice delle piante. Flora, antica divinità italica venerata si Roma, era protettrice delle piante del delicato momento della fioritura, ma soprattutto dei cereali e dei vegetali edibili, compresi vigneti e gli alberi da frutto. Il suo nome derivati dal latino flos, floris (fiore), le fu attribuito come dea di tutto ciò che fiorisce e, col tempo, estese la sua simbologia fino a essere intesa come dea della primavera in toto. Flora rappresentava la personificazione del rinnovamento della natura e veniva spesso chiamata Mater. Veniva raffigurata come una giovane donna con una corona di fiori in testa, avvolta da una lunga tunica e con un mantello
pieno di fiori che la dea lanciava intorno a sé. Secondo Marco Terenzio Varrone, letterato romano, Tito Tazio, ritenuto essere stato l'ottavo re di Roma, vi aveva introdotto il culto di Flora insieme ad altre divinità,.In onore di ognuna di esse aveva fatto costruire un sacello (cappelletta, luogo cintato, ma scoperto, consacrato a una divinità e fornito di un altare) sul colle del Quirinale. Il tempio di Flora si trovava nei pressi dell'attuale piazza Barberini. Il culto di Flora, però era presente anche preso altri popoli italici. Sia i Sabini (un'antica popolazione italica che occupava la valle del Velino) che i Vestini (antico popolo italico di lingua osco -umbra) avevano dedicato un mese a Flora, che corrispondeva all'attuale Luglio nel caso dei Vestini, mentre pare fosse aprile la corrispondenza nel caso dei Sabini. La dea veniva onorata anche preso i Sanniti, in associazione a Cerere. Questo stretto legame esistito tra le due dee sembra sia essere stato presente anche a Roma, dove Flora sarebbe stata considerata quale "ministra di Cerere ". Secondo la leggenda narrata da Ovidio, Giunone, irritata perché Giove aveva generato Minerva senza di lei, si
rivolse a Flora per essere fecondata e dare la luce un figlio senza unirsi al marito. Così Flora le donò un fiore che, se veniva toccato rendeva gravide:ecco che Giunone, senza alcun intervento diretto da parte di Giove, generò Marte. L'esistenza di un culto di Flora è stato accertato anche a Pompei da parte del locale "flamen iuventutis ",ovvero il flamine dei giovani pompeiani. A Roma, il suo culto pubblico era presieduto dal flamine floreale, uno dei dodici flamini minori. Flora, inoltre, è tra le divinità che venivano invocate dai fratelli Arvali nelle loro cerimonie. Il flamine floreale (dal latino flamen florealis), era un collegio sacerdotale arcaico romano formato da dodici membri scelti a vita tra gli esponenti delle famiglie patrizie, i quali offrivano sacrifici alla dea. Secondo Georges Dumézil nella sua opera La religione romana arcaica : Il suo nome,come d'altronde quello di Ops Consiua, era considerato "il nome segreto di Roma, che doveva essere tenuto nascosto per la sicurezza mistica dello stato ". Alla dea della vegetazione in fiore, dal 28 aprile al 3maggio
di ogni anno, al culmine della fioritura, venivano dedicate le feste denominate Floralia e si svolgevano i Ludi Floreales (giochi Floreali) che venivano celebrati in onore della dea, nel corso dei quali abbandonavano i divertimenti, fra cui cerimonie sfrenate e orgiastiche, con profusione di scherzi, grandi libagioni e bevute. Si trattava di feste particolarmente allegre, gioiose, con una punta di immoralità. Sembra sia stata Flora ad aver donato agli uomini il miele. Secondo una leggenda, si doveva l'istituzione di queste feste a una cortigiana che aveva accumulato grandi ricchezze con la mercificazione del proprio corpo e le aveva lasciate in ereditá al popolo perché la ricordassero con i Floralia. In realtà, Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio, lo scrittore cristiano che aveva riportato tale narrazione nell'intento di spiegare e condannare la licenziositá della festa, aveva confuso la storia di Acca Larenzia con la leggenda di Clori raccontata da Ovidio nei Fasti. Alle Floralie partecipavano mimi, artiste discente e prostitute :nel corso della festa, i Romani si lanciavano fave e lupini come augurio di prosperità e fecondità. Le donne erano vestite con colori sgargianti, mentre gli uomini si adornavano il capo di ghirlande di fiori. Le attrici
delle rappresentazioni di minimo spogliavano dietro richiesta degli spettatori.Per questi Ludi incruenti ,venivano impiegati animali domestici: capre ,Cavalli, conigli, cani, gatti ecc.., al posto delle belve. Il momento culminante avveniva nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio. Per le streghe questa notte ha un significato magico particolare e infatti la notte di Valpurga, data di inizio dell'estate esoterica. Essa coincide inoltre con Beltane o Beltaine, antica festa gaelica che viene celebrata il primo maggio. A Legnano, in provincia di Milano, vi era una contrada dei floridi.La storpiatura di pronuncia e la velocitĂ nel modo di parlare e ne hanno fatto scaturire il nome Flora, oggi comunemente intesa come dea dei fiori. La leggenda racconta infatti come, in un mese di maggio lontano nel tempo, le donne del borgo avessero accolto con un lancio di fiori, in segno d'apprezzamento e di gioia, i combattenti della Lega, reduci da un riscontro d'armi vittorioso. Una versione molto piĂš gentile nara che, nella notte dei tempi la Dea Flora apparisse ogni anno in questi luoghi, all'inizio della primavera con la cornucopia colma di viole. Il grande libro delle Dee europee -Daniela Nipoti
A voi Donne Speciali... A voi Donne speciali dò il benvenuto in questa Nuova Era e a voi ricordo l'Antico nostro appuntamento. Voi avete scelto questa vostra vita terrestre per diventare portatrici di Luce e d'Amore. Conosco le vostre grandi possibilità di Risvegliarvi al rispetto e alla comprensione di chi siete veramente. Attraverso voi e grazie a voi, ogni uomo riscoprirà se stesso. A voi che siete Donne Speciali, chiedo di prendere atto di come il mio vivere possa esser simile al vostro, basta che lo vogliate. Siete pronte a compiere un Balzo quantico sulla vostra realtà. Abbiate l'Audacia, il Credo, la Forza e la Risata Antica, propria di chi ha molte volte vissuto.
Risvegli atevi L'Eterno Mantra della Vita Antigua Avenida
Luna di Maggio,La Luna dell'Amore. VII LUNAZIONE (Maggio) Luna dell’Amore Luna degli Amanti, Luna del Nettare, Luna della Passione, Luna languida, Luna Rossa. Questa lunazione solitamente si sviluppa vicino alla festa di Beltane e rappresenta l’unione magica e amorosa fra il femminile e il maschile, che rendono la terra feconda e fruttifera, radiante amore e gioioso languore. Il fuoco e l’acqua si uniscono e creano acqua di luce e calore, il più potente filtro della fecondità naturale. Durante questo ciclo lunare onoriamo le Dee dell’Amore e l’Amore divino, le cui eco si rispecchiano nell’amore che unisce tutti i veri amanti. Grazie alle divinità amorose e languide impariamo a ritrovare la nostra natura di donne complete, ovvero madri e amanti allo stesso tempo, senza la separazione tipica patriarcale che divide e allontana la maternità dal potere seduttivo e selvatico. Questa disunione viene ricucita e guarita dal messaggio d’amore delle Dee d’Amore e Bellezza, che ci invita a lasciarci alle spalle limiti e imposizioni e ad amare in totale libertà. Questa è una luna che ci libera nell’Amore, che ci rende di nuovo libere e
gravide d’Amore. Divinità: Olwen, la Fanciulla Scarlatta; Rhiannon nel suo aspetto di languida e bellissima Amante, le Vergini arcaiche, Blodeuwedd nel suo aspetto di Fiore lussurioso grondante di dolcissimo nettare; la Donna che Sanguina Colori: rosso, rosa Erbe e Alberi: tutti i Fiori che richiamano la forma della Vulva Fiorita, umida, dolcissima e piena di nettare e rugiada illuminata dal Sole Elementi: Acqua, Fuoco Simboli: la sacra Vulva Fiorita, gli Umori delle Donne e dei Fiori, la Farfalla che richiama la forma della vulva e dell’utero, la Falena notturna che protegge l’unione degli amanti alla luce della luna Attività: Amarsi, in tutte le forme più spontanee e naturali; Ricercare nei fiori il riflesso della propria sacra vagina e sentirla simile ad essi, pura e libera, donata solo a chi lo merita; Raccogliere l’Acqua di Luce, nata dal connubio di Acqua e Sole, e offrirla alla Terra per renderla ancora più fertile e fiorita. (Il testo è nato dalle ricerche, riflessioni, ispirazioni, sogni e brani del gruppo di studio I Meli di Avalon, e in particolare di Agrifoglio (Silvia Tozzi), Alessandro Zabini, Euphorbia (Elena Ziglio), Fulvia Barberis, Hex (Carmen Della Fontana), Morgwen (Patrizia Curti), Niviane (Rossella Ceccantini), Phoenix (Simona Nava), Syama (Alessandra Perego), Valerie (Valeria Aliberti), Vianne (Miriam Morales), Violet (Laura Rimola), Zia Artemisia (Silvia Tua).Il testo riassuntivo è a cura di Syama, Vianne e Violet. Fonti:La casa delle Donne dagli occhi luminosi, Ada d’Ariès, edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 2006Le Tredici Lune, Luisa Francia, Venexia, Roma, 2011Queen of the Night. Rediscovering the Celtic Moon Goddess, Sharynne MacLeod NicMhacha, Red Wheel Weiser, Boston, 2005)
Il Ciclo mestruale-l'essere Donna, non si può combattere... Per secoli il ciclo mestruale femminile è stato considerato con repulsione e ,allo stesso tempo con maliziosa soddisfazione infatti era visto come qualcosa di sporco,come un segno del peccato,e la sua esistenza rinforzava l'idea della posizione della donna in una società dominata da maschi. La società moderna considera l'esperienza del ciclo mestruale come un evento passivo,ma spesso ignorato o nascosto. Alle donne viene detto che devono sopportare i disagi senza attirare l'attenzione perchè questo fa parte dell'essere donna. Molte donne soffrono durante le mestruazioni,sia mentalmente che fisicamente,e l'aiuto che trovano disponibile consiste solo nel combattere i sintomi,la causa ,cioè l'essere donna,non si può combattere. Miranda gray
Paura delle Streghe?? Per secoli,milioni e milioni di persone hanno scelto di ignorare l'origine delle proprie paure,cosa che avrebbe permesso loro di trasformarle in libertà.Anziché affrontare le ombre,hanno proiettato i loro terrori su altre persone.Il risultato è stato che per tutto il Medioevo le streghe -donne che non lo erano affatto_furono accusate di usare i loro poteri "demoniaci "per fare del male,sedurre,imporre la loro volontà,controllare le forze degli elementi e causare carestie.Furono persino incolpate di aver fatto scomparire il pene di un prete,secondo il Malleus Maleficarum,l'editto ufficiale della Chiesa in materia di Stregoneria,in cui il papa Innocenzo Vll autorizzava l'uso della tortura per strappare confessioni.Le erboriste,le guaritrice e le levatrice dei villaggi vennero accusate di uccidere invece di curare.Gli sciamani,uomini e donne di grande saggezza,furono incolpati di atti diabolici.Ma, naturalmente,non esiste il diavolo nella Vecchia Religione,e le streghe di certo non lo adorano.Il diavolo appartiene esclusivamente alle religioni della Bibbia.La storia è sempre scritta dai vincitori,e la Vecchia Religione,lo sciamanesimo europeo che precedette la religione ebraica,cristiana e islamica di mille anni,fu demonizzata,gli antichi dei e dee vennero o travestiti da "santi"o a loro volta demonizzati. Phyllis Curott
Leggenda,La Raccoglitrice di Bellezza Femminile. La Raccoglitrice di Bellezza Femminile Esisteva, un tempo, una bellissima fanciulla, che percorreva le vie piÚ segrete e inviolate del mondo alla ricerca della bellezza. Portava abiti semplici e di fattura antica, ai piedini calzava un paio di graziosi zoccoletti, e allacciato in vita teneva un fine grembiule di lino. Camminando senza mai stancarsi, la fanciulla cercava le infinite visioni della divina bellezza, che nascevano nei luoghi in cui la natura era rimasta pura, vergine e rigogliosa, e ogni volta che ne incontrava una se ne lasciava incantare dolcemente, si offriva alle sue gioiose emanazioni, si riempiva il grembo della sua magia, e in cambio le offriva un caldo sorriso, ringraziandola con amore. La fanciulla camminava e camminava, e nell’infinito tempo del sogno raccoglieva la bellezza dentro se stessa, ovunque la trovasse‌ un florido frutteto pieno di meli in fiore, una brezza fresca che faceva fremere le foglie, un delicato bucaneve sbocciato al margine di un sentiero innevato, il silenzioso volo di una civetta fra le luminose stelle del cielo, un raggio di luna riflesso sulle calme acque di un lago di montagna, il cinguettio vivace
di un’allodola, il gorgogliare argentino di un ruscello fra le rocce coperte di muschio, i tralci verde scuro dell’edera abbracciata a un vecchio faggio, il piumaggio turchino di un martin pescatore sulla superficie di un torrente, le bacche scarlatte di una grande rosa selvatica, il canto potente delle onde del mare, e tanti altri tesori partoriti da Madre Natura. Piena di gioia e di armonia, la fanciulla camminava e raccoglieva. Si donava alla bellezza, la custodiva amorevolmente e sempre ne preservava il ricordo. E più la bellezza la riempiva più lei diventava bella, radiosa e felice. Più la bellezza la trasformava, più lei se ne faceva luminoso riflesso vivente. Così, il bosco viveva in lei, la luna viveva in lei, l’acqua, i fiori, il fuoco, gli alberi, il vento, il mare vivevano in lei, e tutta la divina armonia viveva in lei, riempiendola di luce. I suoi passi imprimevano tracce dorate sul sentiero della vita, il suo sorriso splendeva come un raggio di sole, i suoi occhi brillavano come le stelle, e sempre la fanciulla raccoglieva… E nell’infinito tempo del sogno portava la bellezza nel mondo. Raccogliere la bellezza significa lasciarsi incantare dall’armonia naturale, farsene invadere e riempire fino a sentirla vivere dentro di sé, fino a ricongiungersi ad essa in una gioiosa ed estatica comunione. Coltivando la capacità di aprirsi ad accogliere le infinite visioni armoniose
che nascono da Madre Natura, diventa sempre più spontaneo offrirsi alla bellezza, commuovendosi e abbandonandosi ad essa senza alcun limite e sentendola risuonare nell’intimo del proprio grembo, ovvero in quell’intimità riposta che nella donna rappresenta la parte più magica e adatta a raccogliere e contenere il divino. Ascoltando la natura con la pancia, lasciandosi ispirare dalle sue incantevoli emanazioni perché ci riempiano di dolcissimo e travolgente amore, ci si rende ad essa simili, e si trasforma il grembo in un luminoso scrigno di bellezza. Una sorgente inesauribile alla quale potremo attingere ogni volta che vorremo. Ogni volta che, camminando nella natura, incontrate qualcosa che vi incanta profondamente e vi trasmette sentimenti d’amore, di tenerezza o di intensa emozione, dedicate a questa visione qualche istante. Lasciatevi pervadere dalla sua purissima bellezza, abbandonatevi senza trattenervi a ciò che vi suscita nell’anima, lasciate che canti dentro di voi e sentitela con la pancia, in modo istintivo e spontaneo. Offritevi ad essa, fatevi trasformare dalla sua magia armonizzante e rigenerativa, e raccoglietela in voi, riponendo il suo vivo ricordo nel grembo. In questo modo essa continuerà a vivervi dentro, risvegliandosi e incantandovi ogni volta che ne ravviverete la memoria. Raccogliendo la bellezza ovunque la si incontri, ripetutamente e con amore incondizionato, si può ridestare l’antica armonia in noi stesse, sentendo nascere e rinascere tutta la florida natura nell’anima e nel grembo. Così si potrà, ogni giorno di più, nutrirsi di bellezza, amarsi nella bellezza, ubriacarsi di bellezza... e divenire donne gravide di bellezza. “Soffiava una brezza leggera, che sembrava intonare un canto antico. Respirando profondamente, la fanciulla "sentì" il bosco intorno a lei. Per un momento breve, le sembrò di essere il vento invernale che la accarezzava dolcemente con mani fredde e pulite; e poi l'acqua del ruscello che
gorgheggiava ininterrottamente, e le nuvole che danzavano nel cielo. Era come sentire tutto il bosco dentro di sé, e la fanciulla seppe che quello era un messaggio che le veniva inviato da qualcuno, un messaggio di felicità e di armonia.” “(...) Dentro di noi c'è tutto, c'è il bosco, ci sono l'aria ed i fiumi. Basta saperlo trovare, basta sentirlo e farlo vivere in noi.”
(Barbara Fiore, La Signora dell’antica Casa, Edizioni della Terra di Mezzo)Dedico questo breve scritto alla donna che, anni fa, dopo una meravigliosa giornata immersa nell’incanto della natura, mi ha detto: “Ora puoi tenere tutto questo nella pancia. Tienilo nella pancia, e potrai ritrovarlo ogni volta che vorrai.” il tempio della Ninfa
Curiosità :Salomé
era una sacerdotessa... Salomè era stata allevata nella scuola delle sacerdotesse e tra molte altre arti sapeva danzare in modo così meraviglioso da far cadere tutti ai suoi piedi non appena cominciava a ballare. Era cresciuta in libertà fisica e mentale, aveva imparato piacere e saggezza, potere di guarigione e capacità di stimolarlo e svilupparlo in sé. Con il nuovo re e il suo esercito i tempi cambiarono. Accadeva che le donne venissero prese con violenza. Altre dovevano servire, portare da mangiare, divertire gli uomini e offrire loro spettacolo. Per Salomè tutti questi eventi erano scioccanti e minacciosi. In precedenza aveva danzato per le sue amiche e per la madre, e si era sentita libera bella e selvaggia. Ora, quando ballava, una sensazione di disgusto si
insinuava in lei, nel vedere lo sguardo degli uomini.(…) Poi salì nella sala reale, dove il re era già in attesa della sua danza dei veli. (…) Anche la tua specie è destinata a sparire dalla terra, pensò Salomè cominciando a danzare. Gettò via i sette veli, vide gli occhi del re dilatarsi e pensò al desiderio che le aveva promesso di realizzare alla fine della danza. Noi scompariremo, pensò Salomè, gettando l'ultimo velo verso la madre: tradimento! Scompariremo, ma ritorneremo, più forti che mai! Trionfalmente inarcò all'indietro il suo corpo e gridò: "Voglio la testa del profeta! Lascerò questo segno affinché nessuna dopo di noi dimentichi cosa c'era prima del profeta e del suo tempo. Affinché le madri raccontino alle figlie che non sempre le donne sono stare le serve degli uomini. Non sempre i nostri corpi sono stati i giocattoli degli uomini!". Salomè è la custode della soglia, colei che con il suo atto ha posto una pietra miliare nella storia delle donne. La crudeltà di Salomè non è altro che un forte segnale contro l'indescrivibile crudeltà del nuovo dominio che sarebbe venuto. Salomè guardò nel nuovo tempo attraverso gli occhi del profeta e con il suo atto ci ha lasciato un avviso: con il disprezzo per le donne comincia la fine del mondo. Salomè è la donna tra le epoche. L’ultima porente, indimenticata. Ci insegna la magia del corpo, pieno di calore e senza sentimentalismo, sensuale, pieno di abbandono, ma senza sottomissione. È la donna che non conosce la resa. Intatta si ritira nella solitudine. È la tredicesima, colei che sta tra i mondi, la messaggera della morte, uno dei più grandi tabù nelle culture patriarcali. Nel mondo odierno, in cui vengono venerate vita, vitalità, elitarismo, vincitori e combattenti, la morte, che è così irrevocabile e non si fa comprare, non ha alcun posto. Nella comunità delle donne dei tempi antichi la morte era naturale ed era celebrata, accompagnata con feste.(Luisa Francia – Le Tredici Lune
Gli uomini Antichi-tra Alberi e Radici... Gli uomini antichi si sentivano molto vicini agli alberi delle grandi foreste. Chiunque abbia trascorso del tempo in un'antica foresta maestosa, sia di conifere che di alberi cedui, conosce quella misteriosa sensazione che fa percepire tutt'attorno a sĂŠ la vita dei secoli, una vita che si svolge a ritmo grandioso e posato in una cornice temporale molto piĂš lenta della nostra. Se facciamo scorrere il tempo piĂš velocemente con una speciale cinepresa,vedremo come il movimento dei rami e delle foglie nel loro
chiudersi e schiudersi seguendo il sole, appaia vivo e aggraziato come una mandria di cavalli selvaggi al galoppo attraverso le pianure. Come ora sappiamo, gli alberi della foresta non sono semplicemente entità individuali, ma tendono a collegarsi l'un l'altro attraverso la rete delle loro radici. L'uomo riteneva che gli alberi ospitassero gli spiriti dell'antica vita e lo sciamano agiva grazie a questa comunione tra l'uomo e la natura; vestendo le sembianze delle forze della natura, egli parlava sia per gli spiriti della foresta e i suoi animali selvatici, sia per l'uomo. In pratica, lo sciamano faceva da mediatore tra i due, esternando l'amore mistico, il rispetto e la gratitudine. (Tony Van Renterghen – Quando Babbo Natale era uno Sciamano)
Preghiera alla Grande Madre... Madre cara, accoglimi nel tuo grembo, accoglimi nel tuo abbraccio, accogli questa figlia che ha bisogno di rigenerarsi e rinascere a nuova vita. Questa figlia che condivide le tue energie, che conosce le tue sofferenze, come tu conosci le sue. Questa figlia che ti ama e percorre il tuo sentiero, che rimane incantata davanti alla tua capacità di donare gioia e amore, che capisce che il tuo aspetto più selvaggio non è morte, ma è difesa e rigenerazione. Questa figlia che conosce la tua potenza e la onora. Le Figlie Dell'Antica Religione )O(
L'energia... La nostra energia a livello fisico in quest'epoca non è importante come lo era una volta. Siamo un antico ordine e la nostra stirpe ha origini molto lontane, nel tempo oggettivo. Una volta, in un lontano passato, la nostra energia giocava un ruolo vitale nella mutazione della forma per molte specie di piante. (…) Non è un caso che stai facendo crescere elementi della nostra specie, proteggendo la nostra energia. Noi rappresentiamo una grande epoca delle piante e i suoi infiniti cambiamenti. La nostra specie ha visto animali e uccelli evolversi e sparire. Noi siamo collegate a questa antica coscienza, perché anche se non si manifesta più a livello fisico, la coscienza non può smettere di esistere. Cerca di capire. Noi siamo collegate all'energia di forme estinte. Attraverso di noi
anche tu puoi metterti in contatto con le coscienze disincarnate della Natura. Questo collegamento sarà tenue, molto tenue, tuttavia ci sarà un afflusso di memorie a livello inconscio. Verranno a galla connessioni col tuo antico passato da molto tempo dimenticate. Questa connessione è di grande importanza. Anche se non sai quali saranno le conseguenze delle tue azioni, permetti alla tua mente di soffermarsi sul concetto di collegamento: il passato è vincolato al presente, il presente è vincolato al futuro, come maglie di un'unica catena. Immaginala avvolta su se stessa in un'unica sfera, senza né inizio né fine, solo “ora”. In questo legame, è la Natura che detiene le maglie del cambiamento. Così come apporta continui cambiamenti fisici e metafisici all'interno dei suoi regni, fa altrettanto con il genere umano. Ci sono momenti in cui questo cambiamento è lento, graduale, impercettibile. In altri momenti si fanno passi da gigante, con tutti i relativi sconvolgimenti. (…) Rimasi lì, a guardare il pino silenzioso e immobile... “E' per questo che hai scelto me, perché io come albero potessi dimostrarti il potere del tuo amore. Le mie radici principali sono state distrutte, la mia connessione con la terra e i suoi elementi si è ridotta a nulla. Ma quando mi hai suggerito di ritirare la mia energia, questa si è portata su un livello non fisico di cui la scienza non sa nulla. Se avessi ricevuto ingratitudine, indifferenza o rifiuto sarei morto velocemente, perché la mia riserva di forza era collegata alla tua energia spirituale, e lo è ancora. Il potere della luce interiore rappresentato dalla tua famiglia è diventato il vaso in cui immergermi per ricevere vigore. Voi mi avete sostenuto. Così nutrito, ho trovato la
forza di far crescere un nuovo sistema di radici. (…) Ogni volta che proietti consapevolmente la tua coscienza verso una pianta o verso qualunque altro elemento del regno della Natura, la tua irradiazione balza in avanti. Né la distanza né il tempo possono dissipare questo legame. Ti abbiamo dato l'opportunità di avere le prove di questa verità, affinché tu possa mettere da parte più facilmente i tuoi dubbi. I dubbi entro un certo limite possono essere utili, ma quando vengono focalizzati e mantenuti per abitudine, possono distruggere la radiazione che hai visto. Lascia che sia la tua percezione ad ampliarsi... e impara. (…) All'interno delle nostre coscienze unite, la luce comunica. I tuoi pensieri ci sono noti e nello stesso modo, man mano che diventerai più ricettivo tu “saprai” i nostri. Come le bolle d'aria salgono verso la superficie di uno stagno, la consapevolezza emergerà dal tuo Sé cosciente più elevato. Devi sempre cercare il “sapere” piuttosto che la conoscenza, perché questo è il sentiero che hai scelto. Nel
“sapere”, la nostra energia, ben più grande di quella che ci scambiamo attualmente, si realizzerà del tutto. “Sapere” è conoscere appieno, la parola vivente.”Sapere” è fuori dallo spazio e dal tempo e non è soggetto ad alcuna legge.”(...) Michael J.Roads “Dialoghi con la natura”
Idee da fare!! Stampate e ritagliate!!
BIANCOSPINO
Crataegus Monogyna (Biancospino comune); Crataegus Oxyacantha (Biancospino selvatico) Antico inglese: hagg; Bretone: spern-gwenn; Gallese: draenen wen; Gaelico scozzese: sgitheach; Gaelico: sceach (gheal); Antico irlandese: huath. Riconoscimento e proprietà terapeutiche Appartenente alla famiglia delle Rosacee Pomoidee, il biancospino è un arbusto dalle spine chiare che cresce sporadicamente nei campi e nelle zone boschive e può vivere anche oltre i 500 anni. Il suo
legno, di colore giallo-grigiastro chiaro, è molto duro e resistente e diventa bruno con l’invecchiamento della pianta; le sue foglie sono caduche, a 3 o 7 lobi molto profondi e non dentellati nella specie comune (Crataegus monogyna), e a 3 o 5 lobi poco profondi e dentellati nella specie selvatica (Crataegus oxyacantha). Il biancospino possiede uno o più fusti che, crescendo, si ritorcono e si intrecciano, formando particolari e bellissime sculture; i suoi fiori, bianchi o rosati, a cinque petali, appaiono a fine maggio, mentre i suoi frutti, molto amati dagli uccelli, come il merlo, il tordo, il pettirosso e il colombo, si presentano come bacche che maturando cambiano colore, e da verdi diventano rosse a fine estate. Nella specie comune esse contengono un solo nocciolo, mentre in quella selvatica ne contengono anche due o tre. Le radici dell’albero penetrano e si radicano profondamente nella terra, rendendo l’arbusto molto
stabile. Il terreno che esso preferisce per crescere è molto fertile e l’albero stesso contribuisce a mantenerlo tale. Sembra sia stato Teofrasto a chiamare il biancospino selvatico “Crataegus Oxyacantha”, da “kratos”, ovvero “forza, durezza”, “oxus”, che significa “aguzzo” e “anthòs” corrispondente di “fiore”. Il biancospino costituisce un ottimo tonico per il cuore e per la circolazione: rafforza il muscolo cardiaco ed equilibra la pressione del sangue, sia quella troppo alta sia quella troppo bassa. È considerato un valido rimedio per le nevrosi cardiache, per le affezioni dell’aorta e per le vene varicose. Il fiore è utile contro l’indurimento delle arterie, perché le ammorbidisce, mentre i frutti, astringenti, si usano per fare gargarismi contro il mal di gola, oltre che, anticamente, per ricavare una bevanda fermentata particolarmente inebriante.
Le foglie e i fiori, in decotto o tintura madre, sono consigliati a chi soffre di insonnia, vertigini, accessi di angoscia, nervosismo e ronzii alle orecchie, data la loro proprietà sedativa per il sistema nervoso. Sono anche indicati per sedare i disturbi della menopausa. Il bagno con fiori di biancospino ha un effetto tranquillante. Un eccessivo utilizzo del biancospino può, a lungo andare, provocare bradicardia, ovvero il rallentamento del battito cardiaco, e l’uso dell’intera pianta è sconsigliato durante la gravidanza. Ricette (in caso di allergie consultare sempre il medico) Tonico per il cuore e per equilibrare la pressione del sangue: in una tazza d’acqua bollente versare due cucchiaini di foglie, fiori essiccati o bacche (le bacche vanno prima bollite) e lasciare in infusione per 10 minuti. Zuccherare con un po’ di miele e bere
l’infuso per due volte al giorno. La cura dovrebbe durare almeno tre mesi. Infuso per curare l’ipertensione: lasciare in infusione per 10 minuti 50 grammi di fiori in un litro di acqua bollente. Bere tre tazze al giorno per tre giorni al mese. Infuso per sonni tranquilli: prima di coricarsi preparare un infuso lasciando 30 grammi di fiori in un litro d’acqua bollente. Zuccherare con un pochino di miele e bere caldo. Infuso per calmare l’angoscia: lasciare in infusione per 15 minuti, in un litro d’acqua bollente, 50 grammi di fiori e foglie, aggiungendo una prugna secca. Bere l’infuso per tre volte al giorno, due durante la giornata e una prima di dormire. Proseguire la cura per un mese. Vino per calmare i nervi: lasciar macerare 20 grammi di foglie e fiori in un litro di vino bianco per una settimana. In seguito filtrare spremendo bene e conservare in bottiglia. Assumere due bicchierini al
giorno come sedativo del sistema nervoso. Miti, tradizioni e usi magici
“Tu sei il cespuglio di biancospino: in primavera ti vesti di bianco, al tempo della raccolta sei vestito di rosso sangue. Tu raccogli la lana della pecora che passa sotto di te, allo stesso modo, porta via da questo iniziato, che cammina attraverso il cancello [della tua siepe], ogni male, impurità e collera degli dèi.”
Preghiera ittita risalente al 1500 a.C. (la prova più antica della venerazione del biancospino). Il biancospino è il messaggero della stagione calda, dell’estate, dei mesi in cui si iniziano a raccogliere i primi frutti di ciò che è stato seminato.
Viene associato alla crescita della vegetazione, ai riti di primavera, come quelli che si svolgevano durante la festa di Beltane (1 maggio), alla fertilità, al matrimonio, o più semplicemente all’Amore puro che sboccia nell’unione degli opposti. Questa unione è compresa nell’albero stesso, nel quale si intrecciano armoniosamente sia il fuoco che l’acqua, sia la mascolinità che la femminilità, rappresentate dalle spine e dalla delicatezza inebriante dei fiori. Secondo gli antichi, il biancospino era sacro alla Grande Madre nel suo aspetto di Vergine Cacciatrice, libera, sensuale eppure spietata guerriera; una Dea che mantiene e difende l’equilibrio superiore delle cose naturali, l’Armonia non solamente fatta di luce ed ordine, ma anche di oscurità e mutamento. L’essenza che il biancospino incarnava era quella più femminile, istintiva, intuitiva, puramente selvatica, e quindi apparentemente caotica, contrapposta a quella più razionalmente ordinata e maschile. Ma considerare l’essenza femminile come una rappresentazione del Caos
forse significava semplicemente che questa, diversa da ciò che è umanamente conosciuto e conoscibile, pensabile e ordinato, fosse legata alle sfere sottili dell’Anima, a ciò che sta oltre la mente umana e che quindi non è da essa raggiungibile, comprensibile e “catalogabile”. Il Caos, in questo senso, appare quindi come qualcosa che è semplicemente sconosciuto, apparentemente lontano, non conoscibile con mezzi puramente umani, ma non per questo disarmonico e “caotico”; al contrario, potrebbe essere infinitamente armonico, estremamente equilibrato, perfetto. Presso i Celti il biancospino veniva chiamato Huath, che significa “terribile”. Questo nome richiamava lo spavento, il timore reverenziale verso ciò che è sconosciuto e che possiede un’energia magica molto potente. Non a caso l’albero era considerato la dimora segreta delle fate, degli spiriti del bosco e delle entità che abitano i mondi incantati, le quali potevano mostrarsi giocose e benevole verso coloro
che le trattavano con rispetto, ma anche terribilmente ostili e dispettose verso coloro che non si curavano di loro, o peggio, le offendevano. Per questo il biancospino era molto onorato ed era assolutamente vietato abbatterlo. Coloro che volevano coglierne i rami avrebbero potuto farlo solamente la mattina di Beltane, perchÊ solo in quel momento le fate avrebbero concesso di prenderne la quantità desiderata senza arrabbiarsi. La presenza del biancospino sulla cima di una collina, inoltre, indicava che quel sacro luogo era popolato dalle creature magiche, e che forse poteva essere un accesso segreto all’Altromondo, alle dimensioni sovrasensibili ove è possibile ottenere la Conoscenza trascendente. Ancora oggi si fa molta attenzione nel passare accanto a tre alberi di biancospino disposti a formare un angolo acuto, perchÊ si pensa che essi sprigionino un potere magico molto forte, e probabilmente anche molto pericoloso.
Una delle proprietà magiche del biancospino è quella di proteggere dai fulmini. Si dice, infatti, che questo albero non venga mai colpito da essi e che quindi ci si possa riparare sotto ai suoi rami durante i temporali. Sempre per proteggere dai lampi, ma anche dagli spiriti cattivi, si usava appendere i suoi rametti alle porte delle case, delle stalle e dei fienili. CosÏ facendo ci si assicurava la presenza di armonia, gioia e amore, i doni delle fate. Ma il compito forse piÚ importante del biancospino era quello di proteggere le sorgenti e le polle di acque sacre, posto a difesa di esse come un inquietante e imprevedibile Guardiano. In Irlanda, ancora oggi, le fonti sono attorniate e protette da alberi di biancospino e molte sono adorne di offerte, lumini e statuette votive donate al magico arbusto, in cambio della sua sottile e potente benedizione e della benevolenza degli spiriti
naturali che in esso dimorano.
A Roma il biancospino era consacrato a diverse divinità femminili, come Flora, Dea della primavera e della vegetazione rigogliosa e lussureggiante, Cardea, Dea del parto e protettrice dei neonati, e Maia, che regnava nel mese di maggio, considerato il mese delle purificazioni, e quindi, della castità. In questo caso l’albero rappresentava la purezza. La ninfa Carna, inoltre, veniva raffigurata con in mano un ramo di biancospino, ed era la protettrice dei cardini delle porte. Con il ramo spinoso ella scacciava gli spiriti maligni e le influenze negative che volevano penetrare nelle case attraverso gli usci. Il Cristianesimo consacrò questo albero alla Madonna, per sostituire gli antichi culti rivolti alle divinità femminili, e nel Medioevo i suoi rami venivano usati come amuleti per allontanare il malocchio, le streghe e i vampiri.
Appartiene sempre al Cristianesimo la storia del Biancospino di Giuseppe di Arimatea, che narra di come il Santo, dopo aver raccolto il sangue di Gesù nella coppa che era stata usata nell’Ultima Cena, si recò in Britannia e dopo essere sbarcato sulle sue sponde giunse a Glastonbury. Qui piantò il proprio bastone nella terra e da esso nacque un grande e bellissimo biancospino che per secoli continuò a fiorire ogni Natale. Le proprietà curative e le leggende che ruotano intorno al biancospino svelano, inoltre, la sua intima connessione col sonno, non quello comune che coglie ogni vivente, ma quello magico e consapevole, durante il quale si può giungere nell’Altromondo. Il suo nome in islandese significa “spina dormiente” e secondo i miti nordici Odino usò una spina di biancospino per far cadere Brunilde in un sonno incantato. Ma non solo; anche nelle leggende celtiche legate ad Avalon si dice che Viviana, con
una malìa, fece addormentare Merlino sotto ad un albero di biancospino, dove forse egli sta ancora dormendo, in attesa di risvegliarsi in tempi propizi al suo ritorno. Nella fiaba della Bella Addormentata nel Bosco, la principessa Rosaspina cade in un sonno incantato che dura cento anni, dopo essersi punta con un fuso, che nei tempi antichi veniva costruito proprio con il legno del biancospino. Infine, in un’altra storia, questa volta proveniente dalla Scozia, il giovane Thomas the Rhymer viene colto da un sonno irresistibile dopo essersi seduto sotto a un biancospino. Allora giunge ad incontrarlo la radiosa Regina delle Fate, che dopo essersi amorosamente unita a lui più e più volte, lo guida verso l’Altromondo, dove egli apprenderà molte cose di cui non è dato sapere. Da questi racconti e antiche tradizioni traspare il potere sottile del biancospino di indurre ad un sonno magico che porta a distaccarsi dalla realtà
quotidiana ed a ritrovarsi nelle dimensioni ultraterrene, sconosciute alla mente umana che, vigile e affollata di pensieri, è ben lontana dalla pace e dal silenzio. Questo splendido albero rappresenta uno degli accessi misteriosi che, se varcati da coloro che si affidano al sonno e lasciano senza rimpianti l’ordine razionale conosciuto, offrono le meravigliose visioni dell’Altromondo. Ma il biancospino non è solamente l’albero del Sonno fatato, ma anche Colui che protegge i Dormienti, perché nulla di male accade loro mentre dormono serenamente sotto le sue fronde, ed essi sono liberi di lasciarsi trasportare dall’estasi, di viaggiare nell’Incanto senza temere pericoli. Esso è il Guardiano dei luoghi e dei riti sacri e può mostrarsi meravigliosamente benevolo, donando benedizioni, doni magici e protezione, oppure offrire le sue spine acuminate, con tutte le loro spiacevoli conseguenze. Come le fate che lo abitano, è un albero ambivalente,
imprevedibile, indecifrabile. È l’Inconoscibile che si rivela nell’intreccio complesso delle sue ramificazioni. L’intrico “caotico”, che nel suo essere incomprensibile spalanca le porte della percezione profonda. I suoi rami ritorti, i suoi numerosi fusti avviluppati, sembrano nascondere una sapienza preziosa. Sapienza che potrebbe svelarsi soltanto a coloro che con fiducia si offriranno allo spirito del bianco arbusto e si lasceranno guidare da esso… abbandonati al suo sonno incantato, protetti dal suo sereno abbraccio. Fonti: Lo spirito degli alberi, Fred Hageneder, Ed. Crisalide Il Vischio e la Quercia, Riccardo Taraglio, Ed. L’Età dell’Acquario Le erbe officinali, antica medicina dei celti, Plinio il
Vecchio, Diancecht, Ed. Keltia Segreti e Virt첫 delle piante medicinali, Selezione dal Riders Digest Florario, Alfredo Cattabiani, Ed. Oscar Saggi Mondadori Il grande libro delle piante magiche, Laura Rangoni, Ed. Xenia La farmacia di Gaia, Demetra Edizioni Il libro completo delle Erbe, Deni Bown Alberi, La Biblioteca della Natura Erbe, La Biblioteca della Natura Il grande libro delle piante medicinali, Roberto Michele Suozzi. Grandi Manuali Newton Articolo scritto da Violet. Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citare la fonte.
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