Campania Terra dei Cuochi

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A cura di Peppe Ruggiero Luigi Colombo Sebastiano Venneri Si ringraziano gli chef e i ristoratori che hanno reso possibile questa prima edizione della Campania Terra dei Cuochi.

in collaborazione con

MedEatResearch Centro di Ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea

Campania Terra dei Cuochi è un’idea di Legambiente realizzata con la collaborazione del Comune di Pollica e il MedEatResearch, Centro di Ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea. Le ricette sono disponibili sul sito www.campaniaterradeicuochi.it. L’elenco dei prodotti tipici e il testo di presentazione è stato tratto dal portale istituzionale dell’assessorato all’Ambiente della Regione Campania: www.agricoltura.regione.campania.it.


Ad Angelo Vassallo, sindaco pescatore

La più profonda relazione dell’uomo con la terra è rappresentata dal cibo



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Una ricetta ci salverà. Scritto così, può sembrare un’utopia. Ma questo piccolo scrigno di sapori e saperi dimostra il contrario. Nella Campania della Terra dei Fuochi, si coltivano le eccellenze culinarie che il mondo ci invidia. La Campania non è solo Terra dei Fuochi, è la regione simbolo della dieta mediterranea, sana, gustosa, fatta di prodotti tipici di grande qualità. È la Terra Felix seminata di una moltitudine di prodotti tipici. Con questo eBook vogliamo ripartire dalle tante prelibatezze che ci sono in questa Regione e dalla sapienza di quanti, i cuochi prima di tutti, sono in grado di valorizzarle al meglio per tradurre l’agricoltura pulita in buona economia. I fumi che si alzano da anni su questo territorio rischiano di spazzare via i confini naturali di una terra che offre pietanze enogastromiche e ospita produttori virtuosi, uomini e donne che si difendono a denti stretti dalla crisi che ha gettato in un cono d’ombra questo territorio che però continua orgogliosamente a contribuire al made in italy sul piano economico, sociale e culturale. È giunto il momento, dopo tanti “bocconi” amari, di gustare e assaporare la speranza. Una speranza concreta che ha il gusto delle tante ricette della Terra dei cuochi. Una varietà di cibi dove affondano le radici di un futuro diverso, pulito, sano. La gravità della situazione e l’urgenza di dare risposte efficaci, troppo a lungo rimandate, richiede uno sforzo congiunto di tutti affinché la Terra di fuochi

possa finalmente archiviare una lunga e drammatica stagione e trasformarsi in Terra Pulita. Siamo consapevoli che la strada da percorrere non è sempre rettilinea, agevole, spianata. È una strada spesso difficile, tortuosa, in salita. E le difficoltà vanno superate e soprattutto superate insieme. Insieme ai tanti amici chef che ci hanno regalato una ricetta per coltivare la speranza e la bellezza per una nuova rivoluzione gentile che onora nei fatti il antico nome della nostra regione: Terra Felix. La cura al male, la ferita causata dalle ecomafie, è presto individuata, prima ancora di finire il libro delle ricette. Sta nel coraggio di chi resta, di chi continua a lottare, di chi continua a coltivare. Sta nelle ricette riportate in queste pagine. Che aspettate. Provatele: sarà un piccolo antipasto di impegno civile. E la qualità del menù è garantita. Buon appetito dalla Terra Felix, terra di impegno, sapore di vita. Rossella Muroni direttrice nazionale Legambiente

Michele Buonomo presidente Legambiente Campania


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Pollica, il Cilento, capitale della Dieta Mediter ranea L’alimentazione è stata storicamente caratterizzata da cereali, legumi, prodotti della pesca, olio di oliva, verdure e frutta, che in passato veniva abitualmente consumata dalle classi popolari dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Questo tipo di dieta, con varianti caratteristiche per ogni popolazione del bacino del Mediterraneo, risulta dalla fusione, indotta da complesse vicende storiche, tra culture culinarie locali e straniere, prime tra tutte quella greco-latina e quella araba. I vecchi che vivono tra le montagne del Cilento raccontano che in gioventù mangiavano “panella gialla”, pane di mais con aggiunta di frumento, il classico formaggio di capra secco con cui spolveravano i maccheroni, il lardo e la sugna con cui cuocevano gli ortaggi e la “soppressata” fatta con le migliori carni di maiale. Il Cilento è un territorio prevalentemente collinare e montagnoso con borghi d’altura, in quanto le pianure sono state a più riprese tormentate da attacchi pirateschi e malaria e funestate dalle acque. La vita agricola è stata dura e le risorse alimentari erano quelle che le montagne potevano offrire. Nel 1954 veniva descritta per la prima volta “la dieta mediterranea” dall’illustre fisiologo americano Ancel Keys, vissuto moltissimi anni vicino a Pioppi.

Nella dieta mediterranea del Cilento compaiono vari tipi di pastasciutte, ortaggi a foglia conditi con olio d’oliva, tutti gli ortaggi di stagione, spesso il formaggio, la frutta che conclude il pasto, e il vino. All’epoca non era stata ancora raggiunta la conclusione che ci si trovava di fronte ad una dieta protettiva dalle patologie cardiovascolari, per le quali il mondo tecnologicamente avanzato, uscito dalla seconda guerra mondiale, avrebbe dovuto pagare un salato conto in mortalità. Le abitudini alimentari delle popolazioni, riportabili all’energia e ai nutrienti sono condizionate, tuttavia, anche dagli stili di vita. Il tradizionale “mangiare cilentano”, all’aperto, in famiglia, caratterizzato da convivialità, accompagnato con canti e danze, era legato ad uno stile di vita, oggi considerato della stessa importanza, per gli effetti positivi che può avere rispetto ad alcune malattie degenerative (cardiocircolatorie e cancro), verso cui gli abitanti del Cilento sembrano essere molto protetti. Nel Comune di Pollica ha sede il Museo Vivente della Dieta Mediterranea- Ancel Keys.


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Le ricette della Campania Terra dei Cuochi



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Vesuvio di rigatoni dedicato a Maria Orsini Natale Ingredienti per 4 porzioni 260 g rigatoni 50 g piselli 250 g mozzarella 300 g ragù di pomodori 60 g carne di maiale ‘macinata’ 30 g pane ‘mollica’ 60 g latte 50pz basilico in foglie 50 g olio extravergine 15 g cipolla 2 uova intere 10 g aglio pepe sale

Per il ragù di pomodoro 200 g lombo di maiale 200 g costine di maiale 80 g pane (2 fette) 1dl aceto invecchiato di vino rosso 3 spicchi d’aglio 20 g prezzemolo tritato 40 g pinoli 40 g uvetta 50 g cipolla 1 dl olio extra vergine 0,5 dl vino bianco 2 kg salsa di pomodoro San Marzano

Preparare le polpettine con la carne di maiale macinata, il pane bagnato nel latte, 1 uovo, aglio tritato, sale e pepe e rosolare in olio extravergine. Sbollentare 40 foglie di basilico e frullarle con un po’ d’olio (salsa di basilico. Intiepidire 40g di latte e aggiungerci 70g di mozzarella tagliata finemente e cuocere a bagnomaria (salsa di mozzarella). Saltare i piselli con la cipolla rosolata; tagliare finemente i restanti 180 g di mozzarella. Cuocere l’altro uovo per 7 m in acqua bollente, raffreddare e tritare. Cuocere i rigatoni per 3 minuti e mantecarli con una metà del ragù di pomodoro e una metà del basilico. In un contenitore di carta stagnola di circa 8 cm, precedentemente foderato di carta pellicola, comporre un timballo con i rigatoni, mozzarella tagliata finemente, piselli, uovo tritato, polpettine e basilico (consigliamo di adagiare la mozzarella sia sul fondo che sulla parte superiore del timballo per tenere ben fermo il tutto). Cuocere per 14m in forno a 160 gradi. Sformare e adagiare sul piatto, finire con il restante ragout di pomodori, salsa mozzarella e salsa di basilico, basilico a foglie e un filo di olio extravergine Per il ragù di pomodoro

Preparare 4 braciole di maiale con il lombo battuto fino a uno spessore di circa 3 mm, arrotolando con uvetta, pinoli, prezzemolo e aglio tritati e un pizzico di sale. Legare le braciole con uno spago sottile. Bagnare le fette di pane nell’aceto, strizzarle leggermente e rosolarle in olio extravergine, quindi toglierle dalla padella. Nello stesso tegame rosolare le costine, le rollatine di maiale e una cipolla intera che verrà tolta appena bionda. Sfumare il tutto al vino bianco. Aggiungere la passata di pomodoro e lasciar cuocere per circa due ore e un quarto.

ricetta dello chef Al fonso Iaccar ino Boutique Hotel Don Alfonso 1890 www.donalfonso.com



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Zuppa di legumi secchi Ingredienti per 4 persone 100 g di ceci di Controne 100 g di fagioli di Controne 100 g di lenticchie di Valle Agricola 1 cipolla ramata di Montoro 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva dop colline salernitane 50 g di provolone del monaco dop grattugiato 1 cucchiaino di semi di cumino biologico pepe nero biologico q.b. sale marino integrale q.b. bicarbonato di sodio q.b. brodo vegetale da verdure biologiche q.b. 2 fette di pancarrè biologico foglie di prezzemolo biologico per guarnire q.b.

Da fare la sera prima Sciacquare i ceci in abbondante acqua fredda. Metterli in una ciotola in abbondante acqua. Sciacquare i fagioli e unirli ai ceci. Lasciare i legumi a bagno almeno 8 ore con un pizzico di bicarbonato. Da fare il giorno in cui ci occorre Scolare e sciacquare i legumi sotto l’acqua fredda. Sciacquare le lenticchie e farle sgocciolare lasciandole in un colino. Sbucciare la cipolla. Scaldare l’olio in una casseruola (meglio se in terracotta). Rosolare 2 minuti la cipolla. Unire i ceci e i fagioli lasciando insaporire 3 minuti mescolando. Versare 0,75 l di brodo caldo, aggiungerne se dovesse seccare troppo. Cuocere coperto a fuoco basso per un’ora. Unire le lenticchie e i semi di cumino e proseguire la cottura altri 30 minuti. Tagliare a tocchetti e tostare il pan carrè in forno fino a quando non si dora. Insaporire la zuppa di legumi con sale, pepe, provolone. Frullare. Impiattare la zuppa con i tocchetti di pane tostato e le foglioline di prezzemolo per guarnire.

ri cetta del Personal Chef Rosanna Amontagna



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Ziti cor ti con calamarelle e pomodorini su coulis di fagioli bianchi al pr ofumo di speck e r osmarino Ingredienti per 4 persone 400 g ziti corti 300 g pomodorini del piennolo 600 g calamarelle 500 g fagioli cannellini 200 g fumetto di pesce 150 g speck affumicato 30 g parmiggiano grattuggiato 2 rametti di rosmarino 1 fascetto di prezzemolo 2 spicchi d’aglio 2 dl di olio extravergine d’oliva qb. sale doppio qb. sale fino qb. pepe

Per il coulis di fagioli Mettere i fagioli cannellini a bagno 12 ore. Lessare i fagioli in abbondande acqua salata, ai ¾ di cottura aggiungere un soffritto preparato con un battuto di aglio, speck affumicato e rosmarino in olio extravergine d’oliva, completare la cottura e frullare il tutto. Per la salsa Rosolare in olio extravergine d’oliva uno spicchietto d’aglio tritato finemente, aggiungere le calamarelle ben pulite e lasciare insaporire il tutto, aggingere il fumetto di pesce e il pomodorino a spicchietti precedentemente scottato cuocere a fiamma bassa 8-10 minuti, aggiustare di sale. Assemblaggio Cuocere i ziti corti in abbondante acqua bollente e salata, scolare la pasta al dente e spadellare col sugo di calamarelle spolverare di prezzemolo tritato finemente e pochissimo parmiggiano grattuggiato. Disporre il coulis di cannellini profumati caldo a specchio nel piatto sistemare i ziti corti a centro piatto, salsare con la salsa di calamarelle e guarnire con un trancetto di speck tostato ed un rametto di rosmarino fresco, un goccio d’olio extavergine d’oliva e servire.

ri cetta dello chef Fabio Ometo



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Vesuviotti di Gragnano con broccoli e code di scampo

Ingredienti per 4 persone 320 g di vesuviotti 500 g di broccoli pugliesi 200 g di cime di rapa otto scampi una fetta di pane cafone aglio sale pepe olio extravergine q.b. un limone

Lavare gli scampi, sgusciarli con delle forbici. Rosolare le teste con spicchio d’aglio in padella coperta con acqua e cuocere per circa un’ora Lavare i broccoli pugliesi e rosolarli con spicchio d’aglio ed aggiungere le cime di rapa per poi sfumare il tutto con il brodo di scampi ottenuto. Tostare il pane e ridurlo a dadetti. Bollire in abbondante acqua salata la pasta e scolarla al dente e condirla con la salsa ottenuta, aggiungere le code di scampi appena scottate, i dadetti di pane e spolverare il piatto con buccia grattugiata di limone.

ri cetta dello chef Mario Affini ta ristorante “Don Geppi” di Sant’Agnello



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Paccheri di Gragnano Libera Terra al ragù siciliano e ricotta di bufala campana Libera

Ingredienti per 4 persone 300 g di polpa di manzo a dadini 300 g di polpa di maiale a dadini 250 g di cotenna 2 spicchi d’aglio Mezza cipolla 25 g di estratto di pomodoro 750 g di Passata di pomodoro siccagno corleonese Libera Terra Basilico 2 foglie di alloro 1/2 bicchiere di vino Centopassi rosso Sale e pepe quanto basta 200 ml di olio extra vergine di oliva Libera Terra 400 gr di paccheri artigianali di Gragnano Libera Terra 200 gr di ricotta di bufala campana Libera terra

Procedimento per il ragù Soffriggete in un tegame con l’olio la cipolla, quindi unite gli spicchi d’aglio schiacciati, la carne di manzo e di maiale e la cotenna, tagliata a striscioline. Dopo circa 10 minuti aggiungete l’estratto, il vino, che farete evaporare. In ultimo unite la salsa di pomodoro siccagno e l’alloro. Salate, pepate e portate a bollore, poi diminuite la fiamma e fate cuocere a fuoco bassissimo per circa 2 ore. Procedimento per la pasta In una pentola molto grande (più del necessario) lessate i paccheri in acqua salata per circa 15 minuti. A cottura ultimata unite il ragù e la ricotta fresca e amalgamateli delicatamente mantenendo la ricotta a fiocchi. Guarnite con le foglie di basilico e servite.

ri cetta dello che Agritur ismo Portella dell a Ginestr a cooperativa Placid o Rizzotto di Libera T er ra www.liberaterra.it



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Il GiUSTO delle Ter re di Don Peppe Diana

Non è una ricetta ma un assaggio, un piccolo antipasto all’insegna della tradizione e della semplicità ma da un alto valore sociale, ambientale e culturale. Nella Campania della Terra dei Cuochi non poteva mancare la mozzarella della legalità della Cooperativa Le ter re d i Don Peppe Diana Libera Ter ra. Dal 17 maggio del 2012, a Castel Volturno, il caseificio della Cooperativa Le Terre di Don Peppe Diana Libera Terra produce mozzarella e ricotta di bufala. La Mozzarella di Bufala Campana è un formaggio fresco a pasta filata dalle straordinarie caratteristiche organolettiche, che la Cooperativa produce con raro latte proveniente da bufale a pascolo. Il caseificio, che si trova in via del Cigno (località Centore), è stato realizzato su un bene confiscato a Michele Zaza, boss del contrabbando di sigarette. Ogni mattina i ragazzi arrivano al lavoro prima dell'alba per produrre diversi quintali di mozzarella. Sovrintendono a tutte la fasi della lavorazione, fino all'imbustamento. E dalla Campania della Terra dei Cuochi alle Terre di Don Peppe Diana il percorso è breve all'insegna di mozzarella e ricottine. E per un aperitivo, una presentazione di un libro e una cena tra amici ecco il GiUSTO delle Terre di Don Peppe Diana:

- mozzar ella di bufala nella pezzatura denominata “al l'aver sana” su letto di lattughino contor nata da pomod ori datteri ni; - ricotta di b ufala e cili egine di mozzar el la su letto di lattughino accompagnati da pomod ori datteri ni.

ri cetta della c ooperativa Le Terr e di Don Peppe Diana Libera Terra www.liberaterra.it



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Terrina di scar ola e Cipollotto Nocerino con mozzarella di Bufala Campana doppio olio extravergine d’oliva e patate alle nocciole di Giffoni Ingredienti per 4 persone 400 g di Mozzarella di Bufala Campana 4 patate 500 g di scarola 2 Cipollotti Nocerino DOP 50 g di Nocciole di Giffoni già sgusciate e tostate pepe da macinare olio extravergine di oliva DOP Penisola Sorrentina olio Cilento DOP sale

Lavare le patate, tagliarle a cubetti e cuocerle a vapore o lessarle lasciandolo leggermente al dente. Mondare la scarola, lavarla, metterla in una pentola, coprirla e lessarla brevemente con la sola acqua di lavaggio, a parte pulire e affettare finemente i cipollotti, tritare le nocciole. Scolare la scarola, intiepidirla, strizzarla e tritarla grossolanamente, rosolare per alcuni minuti i cipollotti in una padella insieme a qualche cucchiaio d’olio d’oliva DOP Penisola Sorrentina, aggiungere la scarola e farla insaporire per 5 minuti scarsi a calore basso conservandola al caldo. Prima di servire saltare in padella con un poco di olio Cilento DOP le patate e le nocciole, pressare la scarola caldissima in uno stampo ad anello, adagiarvi sopra la mozzarella di Bufala Campana di Bufala Campana a fettine, concludere con le patate caldissime, decorare a piacere e servire.

ric etta dello chef Giuseppe Capano www.chefgiuseppecapano.it



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Spaghetti alla chitar ra con pomodorini del piennolo e provolone del monaco Ingredienti per 4 persone 400 g spaghetti alla chitarra di gragnano 80 g pomodoro del piennolo 100 g di provolone del monaco olio extravergine di oliva aglio basilico

Mettete a bollire dell’acqua in una pentola, intanto, dopo aver lavato i pomodorini, tagliateli a metà e fateli soffriggere in una padella in cui avete precedentemente messo dell’olio e uno spicchio d’aglio. Quando l’acqua bolle salatela e mettete a cuocere gli spaghetti; i pomodorini del piennolo saranno pronti quando la buccia si sarà “raggrinzita”. Cotta la pasta al dente, dopo averla scolata, versatela nella padella in cui avete cotto i pomodori, dopodichè grattuggiate a scaglie il provolone e mantecate a fuoco spento. Aggiungere dopo impiattato una foglia di basilico e qualche altra scaglia di provolone.

ri cetta dello chef Lar a Ciril lo



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Pizza ai quattr o pomodori Ingredienti per l’impasto (per forno elettrico o a gas) Un litro d’acqua 55 g di sale marino 5 g di lievito di birra 2 cl di olio extravergine d’oliva 5 g di zucchero 1700/1800 Kg di farina

10/12 ore di lievitazione a temperatura ambiente

Ingredienti per la farcitura 10ml. Olio extravergine d’oliva Le quattro tipologie di pomodori prodotte da Danicoop: pomodori datterini, essiccati al sole, Corbarino e San Marzano Dop. 50 g di mozzarella di bufala 50 g di provola di bufala 50 g di fior di latte 50 g di scamorza affumicata 20 g Pecorino romano

Preparazione dell’impasto Versate un litro d’acqua (a temperatura ambiente) in una zuppiera circolare, sciogliete il sale marino, successivamente stemperate 5 g di lievito di birra, aggiungete lo zucchero, l’olio e il 30 % della farina rispetto alla quantità complessiva prevista, cominciate ad impastare e versate gradualmente il resto della farina fino al raggiungimento della consistenza desiderata, definita punto di pasta. Tale operazione deve durare 20 minuti fino a che non otterrete un’unica massa compatta. L’impasto deve presentarsi non appiccicoso e “liscio” al tatto, morbido ed elastico. Coprite l’impasto, senza estrarlo dalla zuppiera, con un panno umido. Lasciare lievitare per 10/12 ore a temperatura ambiente. Manipolazione Estraete dalla zuppiera l’impasto, dividetelo in 4 con una spatola, iniziate a stenderlo facendo pressione con i polpastrelli, oleate la teglia e riponete l’impasto su di essa, lasciatelo riposare per ulteriori dieci minuti. Preparate, da parte, due cordoncini e formate una croce sul suddetto impasto. In questo modo avete creato quattro rettangoli ognuno dei quali dovrà essere successivamente farcito in modo diverso. Farcitura Accendete il forno impostandolo con una temperatura di 230° – 250° C. Guarnite tre porzioni con le tre tipologie di pomodori (Corbarino, Datterino, San Marzano), aggiungete l’olio ed il Pecorino grattugiato. Infornate la teglia e lasciate cuocere per circa dieci minuti. Estraete la teglia e guarnite il rettangolo con il San Marzano con la Mozzarella di Bufala, quello con i Datterini con la Provola di Bufala, mentre dove ci sono i Corbarini con il Fior di Latte e l’ultimo rettangolo in bianco con La Scamorza. Lasciate Cuocere per ulteriori 10 minuti (circa). Estraete la teglia dal forno, aggiungete le foglie di basilico spezzettate, il pomodoro San Marzano essiccato (che precedentemente dovrete sciacquare in modo da eliminare il sale in eccesso) nel riquadro in bianco della scamorza. Tagliatela e servitela calda.

ricetta degli chef e ma estri pizzaiol i Enzo Cocc ia e Giovanni Santarpia con la c ooperativa agricola Danicoop



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R aviolo al fico bianco Ingredienti per quattro persone Due fichi bianchi a numero 150 g pancetta coppata 50 g mandorle sgusciate e con media tostatura Pepe nero quanto basta

ricetta dello chef Danilo Por ro proprietario del Country House Sulle Onde della Collina Mettere in una padella olio di oliva e far soffrigere della pancetta coppata per pochissimo. Prendere i fichi bianchi e metterli nella padella dove abbiamo messo la pancetta. Cuocere i ravioli metterli in padella, spadellare il tutto mettendo del peppe nero e delle mandorle tostate. Impiattare il tutto aggiungendo solo altre mandorle totate.

www.sulleondedellacollina.com



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R aviolino farcito provola e cr ostacei pr ofumati agli agr umi in guazzetto di mar e Ingredienti per la pasta fresca 375 g di farina 00 125 g di semola 10 g di sale 240 g di uova Per il ripieno 400 g provola affumicata 200 g code di gamberi sgusciati 200 g code di scampi sgusciati 30 g olio extravergine di oliva sale e pepe qb

Per la salsa 200 g vongole 200 g cannolicchi 200 g tartufi di mare 400 g cozze 150 g olio extravergine di oliva 1 fascetto di prezzemolo 1 spicchio d’aglio 4 pomodorini

Preparare la pasta fresca in maniera tradizionale e lasciare riposare nella pellicola. Per il ripieno: spadellare i crostacei in padella con l’olio, aggiustare di sale e pepe e aromatizzare con una grattugiata di arancio e limone, lasciare raffreddare. Frullare il tutto insieme alla provola. Confezionare i ravioli con l’aiuto di una tirasfoglia e coppa pasta del diametro 4 cm. Per la salsa Aprire i frutti di mare in un tegame coperto con poca acqua, lasciar raffreddare e sgusciare il tutto, recuperare l’acqua di cottura. Preparare un soffritto con uno spicchio d’aglio finemente tritato e l’olio extravergine d’oliva, aggiungere i frutti di mare sgusciati e l’acqua di cottura cuocere il tutto per pochi minuti ed aggiustare di sale. Cuocere i ravioli in abbondante acqua bollente e salata, scolare i ravioli e spadellarli nella salsa ai frutti di mare spolverare con prezzemolo tritato e servire.

ricetta dello chef Fabio Ometo



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Pan’ cuott ’

Ingredienti per quattro persone 200/300 g di pane casereccio raffermo 4 uova 50 g di porri prezzemolo olio di oliva extravergine sale e peperoncino a volontà

In un tegame si riscalda l’olio e si aggiungono i porri ed il peperoncino, facendo soffriggere per qualche minuto, quindi si aggiunge un po’ d’acqua e quando questa bolle si cuociono le uova con il prezzemolo, girando dolcemente con un cucchiaio di legno. Si versa il tutto sulle fette di pane appena abbrustolite, sistemate in un tegame di coccio.

ricetta dello chef Cosimo Maglio



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Cannelloni di patate con pomodori e ricotta di bufala affumicata Ingredienti per quattro persone 200 g di patate 200 g di pasta all’uovo verde 200 gr. 320 g di ricotta di bufala infornata e affumicata 200 g di spinaci novelli 200 gr. 80 g di olio extra vergine di oliva 200 g di pomodorini 8 g di Basilico limonato 8 g di Aglio 8 g di Timo Sale, pepe q.b. 80 g di Concassea

Le patate vanno tagliate al momento dell’utilizzo altrimenti anneriscono; si raccomanda di non mettere le fettine di patate a bagno in acqua, altrimenti si arriccerebbero, non riuscendo così, a preparare un rettangolo regolare. Tagliare i cannelloni a rombi. Creare uno zoccolo con i pomodori su un piatto di portata, appoggiarvi gli spinaci ed i cannelloni.

ricetta dello chef Eugenio Zai no Osteria74100 di Durazzano (BN) www.facebook.com/Osteria74cento



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F iletto di maiale al Tintor e di Tramonti

(vitigno autoctono)

Ingredienti per quattro persone 600 g di filetto di maiale tagliato a medaglioni 4 fette di pancetta 1 carota 1 costa di sedano 100 g di cipolla 5 cucchiai di olio extra vergine d.o.p. Costa d’Amalfi 1 noce di burro 1 cucchiaio di farina 500 ml di tintore, di più se è necessario 2 foglie di alloro 1 cucchiaio di zucchero 1 cucchiaio di sale e 1 cucchiaio di pepe 4 rametti di rosmarino, 4 pomodorini 2 fette di arancia

In una pentola versiamo 2 cucchiai d’ olio extra vergine, cipolla, sedano e carota; facciamo rosolare il tutto e aggiungiamo il vino; saliamo e pepiamo. Facciamo ridurre per 10 minuti e infine aggiungiamo l’ alloro, 1 cucchiaio di zucchero e il burro schiacciato nella farina. Tagliamo a medaglioni il filetto ed avvolgerlo in una fetta di pancetta. In una pentola versiamo 2 cucchiai d’ olio extra vergine, aggiungiamo i medaglioni di maiale , facciamo rosolare in ambo i lati, versiamo la riduzione di vino e cuociamo per 5 minuti. Adagiamo i filetti nei quattro piatti e decoriamo con arancia, pomodorini, rosmarino e un cucchiaio di olio extra vergine.

r icetta dell o chef Cucina Antichi Sa pori www.cucinaantichisapori.it



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Spaghetti alle alici di menaica

Ingredienti per quattro persone 400 g di spaghetti caserecci 130 g di olio extravergine d’oliva 1 spicchio d’ aglio 300 g di pomodorini del Vesuvio (piennolo) 150 g di alici di menaica a filetti 20 g di prezzemolo tritato un pizzico di origano una decina di capperi dissalati olive snocciolate

Porre sul fuoco una pentola con acqua, in cui, raggiunto il tempo di ebollizione, aggiungere poco sale e calare la pasta . In una padella, nel contempo, imbiondire l’aglio nell’olio e poi aggiungere i pomodorini tagliati a pezzettini. Cuocere il tutto per 2 minuti aggiungendo un mestolo di acqua e successivamente incorporare le alici, dissalate con un filo d’acqua, i capperi e le olive e lasciar sul fuoco per altri due minuti. Scolare la pasta ben al dente e saltarla in padella con l aggiunta di prezzemolo tagliato grossolanamente prima di servirla in tavola.

r icetta dell o chef Antonio Va ssal lo Ristorante Il Rosso e il Mare Acciaroli, Pollica www.ilrossoeilmare.it



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Fettuccelle alla Ninni con cipollotto nocerino dop e guancialino di maiale paretano Ingredienti per quattro persone 320 g di fettuccelle trafilate in bronzo “Vicidomini” 400 g di cipollotto nocerino dop 100 g di caciocchiato stagionato 120 g di guancialino di maiale paretano 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva Colline salernitane d.o.p. “Petrosino” prezzemolo sale e pepe bianco q.b.

In una pentola versiamo 2 cucchiai d’ olio extra vergine, cipolla, sedano e carota; facciamo rosolare il tutto e aggiungiamo il vino; saliamo e pepiamo. Facciamo ridurre per 10 minuti e infine aggiungiamo l’alloro, 1 cucchiaio di zucchero e il burro schiacciato nella farina. Tagliamo a medaglioni il filetto ed avvolgerlo in una fetta di pancetta. In una pentola versiamo 2 cucchiai d’ olio extra vergine, aggiungiamo i medaglioni di maiale , facciamo rosolare in ambo i lati, versiamo la riduzione di vino e cuociamo per 5 minuti. Adagiamo i filetti nei quattro piatti e decoriamo con arancia, pomodorini, rosmarino e un cucchiaio di olio extra vergine.

r icetta dell o chef Lor enz o Pri ncipe Luna Galante di Nocera Superiore www.lunagalante.it



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Cupola di pappa al pomodorino del Vesuvio e mozzarela di b ufala campana Ingredienti pane casareccio pomodorini ciliegino del vesuvio mozzarella di bufala campana parmigiano basilico sale olio extravergine d’oliva aglio

In un tegame lasciar soffriggere olio ed aglio, aggiungere i pomodorini e lasciarli cuocere lentamente. Da parte tagliare il pane a cubi e passarli nel forno. Quando risultano abbastanza croccanti aggiungerli al pomodoro facendo si che il tutto diventi una pappa, aggiustare il tutto con sale, pepe, parmigiano reggiano e abbondante basilico. Prendere degli stampini e riempirli di composto, ripassarli in forno da far creare sopra una crosta. Impiattare capovolgendo la cupola e guarnendo con basilico, cubotti di mozzarella di bufala campana e parmigiano.

ric etta dello chef Vincenzo T oppi ristorante Amor Mio Brusciano (Napoli) www.ristoranteamormio.it



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Coniglio riduzione di melanzane e arancia Ingredienti Per il coniglio 2 selle di coniglio 400 g l’una 4 rognoni 300 g di polpa di coniglio mollica di pane albume parmigiano olive nere denocciolate prezzemolo latte pancetta a fette lardo 30 gr basilico sale pepe

Per l’arancia succo di 2 arance un cucchiaio di agar Per la riduzione di melanzane 5 melanzane tonde Finitura 4 carotine tornite scarola riccia o spinacini

Dissossare le selle tenendo da parte i fegatini e i rognoni, dividere a metà i lombetti ottenuti scalzare le costolette con l’aiuto di uno spelucchino, farcire l’altra metà del lombetto con qualche foglia di basilico e le fette di lardo arrotolare molto stretto e legare con lo spago. Tagliare la polpa a cubetti, rosolare in padella, salare e pepare. Terminare la cottura in forno a 180° per 30 minuti, battere finemente a coltello e unire il prezzemolo, la mollica di pane ammollata nel latte e l’albume, olive nere denocciolate e aggiustare di sale e parmigiano. Amalgamare bene fino ad ottenere un impasto morbido. Foderare uno stampo con le fette di pancetta, distribuire uniformemente il composto di coniglio. Far rassodare nell’abbattitore e tagliare a cubetti. Spremere l’arancia filtrare il succo mettere in un pentolino con l’agar portare a bollore per un minuto, far raffreddare e emulsionare con l’aiuto del frullatore a immersione fino ad ottenere la consistenza di un gel. Grigliare le melanzane, privarle della polpa e mettere a scolare per una notte con un peso sopra, filtrare il liquido ottenuto e portare in riduzione finchè non abbia la consistenza di uno sciroppo. Lessare le carotine per due minuti in acqua bollente salata, al momento del servizio ripassarle in padella con burro e uno spicchio di aglio. Cuocere il coniglio interamente in padella partendo dal lombetto e mano mano che la cottura va avanti di circa 5 minuti aggiungere il cubetto, le costolette e per ultimo il rognone in modo tale che rimangano rosa all’interno. Slegare e tagliare il lombetto a rondelle, ricavare tre pezzi dalle costolette e il rognone a metà. Disporre a proprio piacimento sul piatto assieme alle carote e la scarola finendo con qualche punta di arancia e glassare il coniglio con la riduzione di melanzane.

ric etta dello chef Cristian Tor siello Osteria Arbustico di Valva (SA)



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Pesce bandiera marinato pr esto con insalata mediter ranea aromatizzata al peperoncino Ingredienti per 4 persone 1 kg di pesce bandiera 150g di olio extravergine d'oliva olio aromatizzato al peperoncino q.b. succo di n° 3 limoni sale e pepe 5 g semi di finocchietto delle coline di velia essiccati 5 gr Per l’insalata: 400 g di zucchine 400 g di peperoni 1 cespo di lattuga 300 g di pomodori insalata 4 peperoncini 4 ciuffetti di finocchietto selvatico fresco con pochi semi

Sfilettare il pesce bandiera e ricavarne delle striscioline della lunghezza do 6-8 cm e spesse circa 2 mm. Spremere i limoni e versare 2/3 del succo ricavato in una pirofila, quindi preparare la marinatura aggiungendo olio extravergine di oliva, i semi di finocchietto essiccati, sale e pepe mescolando il tutto. Immergervi il pesce, coprire con pellicola e lasciare in frigo per 2 ore. A parte immergere un peperoncino tagliato grossolanamente in un bicchiere d’olio in modo da aromatizzarlo leggermente. A parte mondare le verdure. Per le zucchine, tagliarle, in cilindri di circa 5 cm, disporli sul tagliere nel senso dell’altezza e allontanare la buccia (che è quella che si userà) dalla polpa. Per i pomodori tagliarli a metà ed eliminare i semi. Tagliare le verdure, cosi preparate, a joulienne e unirle a formare un’insalata. Prima di confezionare il piatto condire l’insalata con una citronette fatta con l’olio aromatizzato al peperoncino, il succo di limone restante sale e pepe. Comporre il piatto arrotolando a turbante i filetti di pesce bandiera marinati e disporli a corona su un lato del piatto. Di fianco a formare una mezza luna adagiare l’insalata mediterranea. Decorare con un peperoncino e un ciuffetto di finoncchio selvatico e un sorriso d’olio extravergine d’oliva.

ric etta dello chef Giovanni Rizz o Poseidonia Beach Club Ascea Marina (Salerno) www.poseidoniabeachclub.it



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Cr ostino di mozzarella di Tramonti e pr osciutto cr udo, al b urro di alici della Costiera amalfitana Ingredienti per 4 persone 800 g mozzarella di Tramonti 200 gr burro fresco dei Monti Lattari 20 fette di pane casereccio o raffermo 200 g alici salate della Costiera Amalfitana 200 g prosciutto Crudo di Parma

Componiamo dei lunghi spiedini alternando il pane, la mozzarella di Tramonti (fior di latte) e il Prosciutto Crudo in un tegame da forno. Cospargiamo gli spiedini con dei fiocchi di burro a pezzetti ed esponiamoli al calore dei carboni ardenti o in alternativa in un forno a temperatura elevata , in modo uniforme da tutt’e due i lati avendo cura di girarli. Una volta che il pane apparirà croccante e dorato e la mozzarella ben ammorbidita versate sui crostini del burro liquefatto dove avrete stemperato 2/3 alici spinate e dissalate. Quindi servire. L’importanza della qualità delle alici fatte con prodotto pescato nel nostro mare e salato secondo i nostri costumi fa la differenza.

ric etta dello chef Antonio Esposi to ristorante Stella Maris di Amalfi www.stella-maris.it



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F agioli con funghi di pioppo

Ingredienti per 4 persone 500g di fagioli “cannellini” 250g di funghi di pioppo. 6 cucchiai di Olio extravergine d’oliva. 1 cipolla 150 g di pomodorini prezzemolo sale pepe peperoncino basilico

Lavare e lessare i fagioli in abbondante acqua. Ad ebollizione spegnere e lasciare riposare per mezz’ora circa. Finire la cottura per un’ora ancora. Pulire i funghi, sciacquarli senza scolarli e farli appassire per 10minuti sul fuoco. Scolarli. Far rosolare la cipolla nell’olio e toglierla. Aggiungere i funghi e lasciarli insaporire. Aggiungere i pomodorini,cuocere per circa 7 minuti. Infine aggiungere i fagioli con poca acqua di cottura, salare e lasciarli cuocere per altri 3 minuti. Spegnere e aggiungere prezzemolo, basilico e peperoncino.

ric etta dello chef Angela Cer iello ristorante ‘E Curti a Sant’Anastasia www.e-curti.it



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Genovese di Baccalà

Ingredienti per 4 persone Ingredienti per quattro persone: 400 g di Candele spezzate 300 g di baccalà 5 pomodorini del Piennolo del Vesuvio 2 belle cipolle 2 cucchiai di parmigiano basilico qb Olio extra vergine di oliva qb bicchiere di vino bianco pepe qb

Mettere a cuocere la pasta, poi preparare il sugo in una pentola, con olio, cipolla tagliata alla julienne, pomodorini tagliati a cubetti e baccalà anch’esso tagliato a cubetti. Soffriggere il tutto facendolo sfumare con un bicchierino di vino bianco e un mestolino di acqua di cottura della pasta. Mischiare il tutto con il parmigiano, una spruzzata di pepe, il basilico spezzettato e servire.

ricetta dello chef Vinc enzo Nocerino ristorante Locanda Nonna Rosa di Somma Vesuviana www.locandanonnarosa.it



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Cannazze al ragù Ingredienti per 10 persone 1 kg di mezzi ziti 10 fettine di carne di vitello formaggio pecorino grattugiato prezzemolo aglio sale pepe 60 g di olio e sugna 2 foglie d’alloro cipolla vino bianco 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro 1,5 litri di salsa

Preparare gli involtini (“vrasciole”): disporre su un ripiano le fettine e stendervi sopra un filo di sugna. Condirle con formaggio, sale, pepe, prezzemolo e aglio tritati. Avvolgerle su se stesse e fissarle con degli stuzzicadenti. Preparare il ragù: far imbiondire la cipolla nell’olio e nella sugna. Toglierla e far rosolare le “vrasciole”, aggiungendovi le foglie d’alloro. Tirare con un bicchiere di vino bianco secco. Mettere, poi, la carne da parte e amalgamare con l’olio il concentrato di pomodoro. Versare, quindi, la salsa e salare. Dopo aver fatto bollire per un pò il ragù, rimettervi gli involtini e ultimare la cottura. Lessare in acqua salata la pasta, scolarla bene e versarla in una “spasetta” (terrina). Cospargerla con abbondante formaggio pecorino, condirla col ragù e amalgamare bene il tutto. Ricoprire con altro formaggio e ragù.

ricetta del ristora nte Tr e Rose Calitri (Avellino)



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Panini al pomodorino del piennolo Ingredienti 500 g di farina 00 230 cl di acqua 20 g pomodoro secco tritato 5 g di lievito 9 g di sale 10 g di strutto

ric etta dello chef Rocco Iannone Ristorante Pappacarbone www.ristorantepappacarbone.it

Impastare tutti gli ingredienti aggiungendo il sale alla fine. Fate lievitare una prima volta. Dopo arrotolate dei panini da 40 g ciascuno e lasciate lievitare dopo averli coperti. Prima di infornare mettete un pomodorino del piennolo al centro. Cuocete a 200 gradi per 15 minuti circa. All'uscita spolverate di semola rimacinata.



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Terra dei fuochi in versione dolce loti

Ingredienti 2kg loti Pasta sfoglia Bignè Biscotti di frolla al cacao Liquore all’arancia Cono di sfogliatella riccia Ricotta Riso Cioccolato Zucchero Cannella Vaniglia

Fate cuocere il riso e cachi per circa 30 minuti a formare una crema; alla fine passate il tutto al mixer ed aggiungete lo zucchero. Fate raffreddare ed aggiungete la ricotta, cannella e vaniglia. Intanto una volta fatta la crema farcite i bignè e con la pasta millefoglie fate delle piccole millefoglie farcite passatele nel cioccolato temperato e fate asciugare ottenendo un cubo a cioccolata. Fate passare a mixer i biscotti di frolla a cacao riducendoli in polvere e ottenendo un effetto terra. Prendete un loto e tagliatello a spicchi passatello nello zucchero e cacao e fateli essiccare a forno per 3 ore a 85 gradi ottenendo una chip di loto. Con altri due cachi li taglieremo a cubi piccoli e li metteremo in infusione nel liquore ad arancia. Per montare il piatto prendiamo il cono di sfogliatella le toglieremo il cappello e farciamo con la mousse ottenuta con la ricotta adageremo il bignè ed il lingotti e interreremo il tutto con la polvere di biscotti sopra alla terra di cacao metteremo cachi secchi nocciole e noci loti in infusione di liquore all’arancia e scaglie di cioccolato amaro.

ric etta dello chef “contadi no” Pi etr o Parisi Ristorante Era Ora Palma Campania (Napoli) www.pietroparisi.it



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Torta soffice ricotta di pecora campana e cioccolato

Ingredienti 250 g di ricotta di pecora campana (più digeribile rispetto a quella di vacca) 200 di zucchero semolato polverizzato 3 uova di allevamento biologico 200 g di farina di tipo 00 una bustina di lievito 100 g di cioccolato in pezzi

Variante: aggiungere all’impasto la scorza di un’arancia biologica e circa una tazzina di succo della stessa, utilizzare cioccolato aromatizzato all’arancia.

Setacciare la ricotta ed amalgamarla allo zucchero ottenendo un composto cremoso a cui aggiungere le uova, la farina ed il lievito. Unire quindi il cioccolato tritato. Imburrare e infarinare uno stampo di qualsiasi forma, sbizzarritevi: è una torta che si presta ad assumere qualsivoglia forma senza ”sgonfiarsi”! (dimensione orientativa della teglia: circa 24cm di diametro) Infornare per circa 35 minuti a 170° (forno preriscaldato e ventilato). Altre note: È consigliabile tritare finemente il cioccolato, se si fanno pezzetti troppo grossi finiranno per essere troppo pesanti e si adageranno sul fondo della teglia. È estremamente importante far raffreddare la torta in forno e sformarla solo quando sarà completamente fredda per non rovinarne la forma, specie se si usa uno stampo con un disegno particolarmente elaborato. Se si decide di optare per la versione “all’arancia” è possibile servire la fetta di torta corredata da qualche cucchiaio di marmellata artigianale (meglio se leggermente meno densa del solito) all’arancia e decorazioni ricavate dalle bucce.

ric etta dello chef Annal isa Lupo



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Madre Terra Mousse di ricotta di b ufala DOP con Mela annurca IGP e F alerno del Massico DOC Ingredienti per quattro porzioni 200g Ricotta di bufala Campana DOP 4 mele annurche IGP 1 bicchiere di Falerno rosso DOC 4 bianchi d'uovo 150g zucchero a velo 1 cucchiaio di Liquore Strega 100g zucchero di canna cioccolato bianco q.b.

Per la mousse In una ciotola, mescolare la ricotta con lo zucchero a velo fino ad ottenere un impasto cremoso e liscio. A parte montare a neve il bianco d'uovo. Unire le due basi, aggiungere lo Strega e mescolare delicatamente. Per la mela Sbucciare le mele, disporle in una teglia, spolverarle con lo zucchero di canna e metterle in forno per 15 min. a 180°. Per il ristretto di Falerno Riscaldare il vino a fuoco lento, aggiungendo lo zucchero fino ad ottenere una consistenza cremosa. Preparazione del piatto Disporre in un piatto la mousse con un sac à poche e la mela, bagnando quest'ultima con il ristretto di Falerno. Guarnire il piatto con un filo di cioccolato, un peperoncino fresco e un rametto di timo o rosmarino. Spolverare con zucchero a velo.

ric etta dello chef Salva tor e D’Al essandr o La Tipicheria eco-ristorante promosso da Legambiente con il progetto Terra Felix www.terrafelix.eu



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I prodotti tipici della Campania

a Denominazione  di Origine Protetta (DOP)  Reg. CE 510/06


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Caciocavallo Silano Il Caciocavallo Silano DOP è un formaggio semiduro, a pasta filata, prodotto con latte di vacca di diverse razze, tra cui la Podolica, una tipica razza autoctona delle aree interne dell’appennino meridionale. La produzione del Caciocavallo Silano inizia con la coagulazione del latte fresco a una temperatura di 36-38°C, usando caglio di vitello o di capretto. La fase di maturazione consiste in un’energica fermentazione lattica, la cui durata varia in media dalle 4 alle 10 ore e può dirsi completata quando la pasta è nelle condizioni di essere filata. Segue un'operazione caratteristica, consistente nella formazione di una specie di cordone, che viene plasmato fino a raggiungere la forma definitiva. La forma, sferica, ovale o troncoconica, varia secondo le diverse aree geografiche di produzione. Il peso è compreso fra 1 e 2.5 kg. La crosta, sottile, liscia, di marcato colore paglierino in superficie, può manifestare la presenza di leggere insenature dovute ai legacci. La pasta si presenta omogenea o con lievissima occhiatura, di colore bianco o giallo paglierino. Il sapore è inizialmente dolce fino a divenire piccante a stagionatura avanzata. Il Caciocavallo Silano può essere consumato come formaggio da tavola o utilizzato come ingrediente per tantissime ricette tipiche dell’Italia meridionale. Grazie alle sue qualità nutritive, è particolarmente adatto alle diete dei bambini, degli anziani e degli sportivi. Cenni storici La tesi più accreditata sull’origine della denominazione “caciocavallo” la fa derivare dalla consuetudine di appendere le forme di formaggio, in coppie, a cavallo di pertiche di legno, disposte in prossimità di focolari. Il primo autore che descrive la tecnica usata dai greci nella preparazione del cacio è Ippocrate nel 500 a.C. In seguito diversi autori latini, fra cui Columella e Plinio, hanno trattato dei formaggi nelle proprie opere. In particolare, Plinio esalta le qualità del “butirro”, antenato del nostro caciocavallo, definito “cibo delicatissimo”. La denominazione “Silano” deriva, invece, dalle origini antiche del prodotto legate all’altipiano della Sila. In Campania sono interessate, parzialmente, tutte le province.

Consorzi o di tutela Il Consorzio di Tutela "Formaggio Caciocavallo Silano DOP" è stato costituito nel 1993 in Calabria ed è stato riconosciuto dal MIPAAF con DM 18 agosto 2006 (pubblicato sulla G.U. n. 200 del 29.08.2006) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. La sede principale è a Spezzano della Sila (CS), località Camigliatello Silano (tel. e fax: 0984.570832); la sezione regionale campana si è costituita nel 1997 ed è sita a Montesano sulla Marcellana (SA), contrada Tempa La Manda; tel. e fax 0975.863212. Sito web: www.caciocavallosilano.net


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Cipollotto Nocerino Il “Cipollotto Nocerino DOP” caratterizza i bulbi della specie Allium Cepa L. (cipolla) prodotti da oltre 2000 anni nell’agro pompeiano-nocerino. Le caratteristiche distintive, a livello tecnico-mercantile, del “Cipollotto Nocerino DOP” sono: un calibro alla raccolta di 2-4 cm (fa parte delle cipolle di mediopiccole dimensioni), bulbo tunicato di forma cilindrica, schiacciata ai poli, con leggero ingrossamento alla base delle foglie, colore delle tuniche interne ed esterne interamente bianco, polpa succulenta e di sapore dolce, foglie di color verde intenso, di forma lineare terminante a punta. Essendo una cipolla a raccolta primaverile (da marzo a giugno) è utilizzata soprattutto per il consumo fresco, non avendo un’elevata propensione alla conservazione. Cenni storici Testimonianze certe della presenza della cipolla nell’Agro risalgono ad oltre 2000 anni orsono: nella Pompei antica, difatti, cipolle locali sono raffigurate nei dipinti del Larario del Sarno, la cappella dove erano custoditi i Lari, gli dei protettori della Casa. Infatti anche a Pompei, come in Egitto e in Grecia, la cipolla, per i suoi effetti benefici e curativi, era considerata una identità sacra. Il dipinto sintetizza graficamente la realtà della varietà locale, che già all’epoca, rappresentava un’importante e tipica espressione della ruralità locale. È raffigurato il fiume Sarno, mitizzato con sembianze umane, il quale, da nume protettore, osserva e tutela la produzione e il commercio dei cipollotti che, prodotti nella sua fertile Valle del Sarno, vengono trasportate con una barca sulle sue acque fino alla città di Pompei. Testimonianza unica e straordinaria che certifica la vocazionalità storica dell’area a tale coltura. Le cipolle raffigurate sono bianche e piccole, pressoché identiche a quelle riferibili oggi al “Cipollotto Nocerino DOP”. Altre citazioni storiche riportano che nel Medio Evo le cipolle dell’Agro venivano conferite al mercato insieme con le arance, i limoni e le castagne delle aree limitrofe. La famosa Hippocratica Civitas della Scuola Medica Salernitana, fiorente già alla fine del 1400, nel Regimen Sanitas Salernitanum ne consiglia l’uso.

Consorzi o di tutela L’istanza originaria per la richiesta della IGP fu presentata nel 2002 dall’omonimo Comitato promotore, con sede in Nocera Inferiore (SA), via Libroia 52 - 84014. Tel. 0819205911 – Fax 081924994. Di recente è stato costituito anche il Consorzio di Tutela “Cipollotto Nocerino DOP”, in attesa di riconoscimento, con sede in Nocera Inferiore (SA), Via Fucilari, 28; Tel.0583.050061 Fax: 0583.050060.t


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F ico bianco del Cilento La Denominazione geografica protetta “Fico bianco del Cilento” è riferita al prodotto essiccato della cultivar “Dottato”, pregiata varietà di fico diffusa in tutto il Mezzogiorno. In particolare, il prodotto tutelato è quello derivato da uno specifico ecotipo della cultivar Dottato, che si è andato selezionando e diffondendo nel Cilento nel corso dei secoli: il "Bianco del Cilento". Prodotto avente caratteristiche uniche e di assoluto pregio, apprezzate anche all'estero, il “Fico bianco del Cilento” DOP deve la sua denominazione al colore giallo chiaro uniforme della buccia dei frutti essiccati, che diventa marroncino per i frutti che abbiano subito un processo di cottura in forno. La polpa è di consistenza tipicamente pastosa, dal gusto molto dolce, di colore giallo ambrato, con acheni prevalentemente vuoti e ricettacolo interno quasi interamente pieno. Tali caratteristiche, considerate di eccellenza per la categoria commerciale dei fichi essiccati, sono appunto i tratti distintivi che qualificano il “Bianco del Cilento” DOP sui mercati. Confezionati al naturale in diverse forme (cilindriche, a corona, sferiche, a sacchetto) i fichi del Cilento sono commercializzati anche nella maniera antica, posti cioè alla rinfusa in cesti fatti di materiale di origine vegetale che possono arrivare anche a venti chili di peso. Una preparazione tradizionale ancora in uso è quella che vede i fichi “steccati”, infilati cioè in due stecche di legno parallele per formare le “spatole” o “mustaccioli”. Il “Fico Bianco del Cilento” DOP è posto in commercio anche farcito con mandorle, noci, nocciole, semi di finocchietto, bucce di agrumi (ingredienti provenienti dallo stesso territorio di produzione) o ricoperto di cioccolato. Cenni storici L'introduzione nel Cilento del fico sembra essere precedente al VI secolo a. C. Essa è da attribuire ai coloni greci che in quest’area avevano fondato diverse città. Celebri autori dell'epoca romana hanno decantato le caratteristiche dei prodotti agricoli del Cilento tra i quali i fichi essiccati.

Consorzi o di tutela Il Consorzio di Tutela del “Fico Bianco del Cilento DOP” si è costituito nel dicembre 2007 ed è in attesa del formale riconoscimento del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Esso ha sede a Prignano Cilento (SA), presso la sede comunale in P.zza Municipio, 1 – Tel: 0974831039 – 0974831444.


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Mozzar ella di bufala campana Elementi di tipicità di questo formaggio fresco a pasta filata, sono soprattutto costituiti dalla materia prima impiegata, il latte fresco di bufala, particolarmente ricco in grasso e proteine, e dalla filatura. Operazione, quest’ultima, consistente nel lavorare a mano la pasta del formaggio a fine maturazione con acqua bollente fino a farla “filare”, in modo da ottenere la particolare consistenza del prodotto finale ed il caratteristico “bouquet”, determinato dalla microflora particolare che si sviluppa durante le varie fasi della lavorazione. La filatura si avvale di un mestolo e di un bastone, entrambi in legno, sollevando e tirando continuamente la pasta fusa fino ad ottenere un impasto omogeneo. Segue poi la formatura, che in molti caseifici si esegue ancora a mano con la tradizionale “mozzatura”, che il casaro effettua con il pollice e l’indice della mano. Le mozzarelle così prodotte vengono poi lasciate raffreddare in vasche contenenti acqua fredda e infine salate. La crosta è sottilissima e di colore bianco porcellanato, mentre la pasta non presenta occhiature ed è leggermente elastica nelle prime otto-dieci ore dalla produzione, e poi sempre più fondente. Il disciplinare, oltre alle classiche forme tondeggianti, prevede altre tipologie commerciali: i bocconcini, le ciliegine, le perline, i nodini, gli ovolini e le famosissime “trecce”. Il peso varia secondo la forma, da 10 a 800 grammi (3 kg per le trecce). È ammessa anche l’affumicatura, un antico e tradizionale processo naturale di lavorazione, ma in tal caso la denominazione di origine deve essere seguita dalla dicitura “affumicata”. Mediamente occorrono 4,2 litri di latte di bufala per produrre un chilogrammo di mozzarella. Cenni storici Le origini del prodotto sono direttamente all’introduzione del bufalo in Italia. Numerose sono le ipotesi sull'epoca di introduzione in Italia del bufalo, originario dell'India orientale. Secondo alcuni autori la bufala italiana avrebbe origine autoctone, per il ritrovamento di reperti fossili nella campagna romana, altri sostengono che essa sia stata introdotta in seguito all'invasione dei Longobardi, altri ancora dicono che furono i re Normanni intorno all’anno 1000. La parola “Mozzarella” deriva certamente dal termine “mozzare”, operazione di formatura praticata tradizionalmente a mano nella fase finale della lavorazione.

Consorzi o di tutela Il Consorzio per la tutela del formaggio “Mozzarella di Bufala Campana” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 24 aprile 2002 (pubblicato sulla G.U. 134 del 10.06.2002) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. ll Consorzio aderisce all'Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche (AICIG) www.aicig.it. Il Consorzio ha sede in S. Nicola la Strada (CE), viale Carlo III, n° 128 (Tel: 0823.424780 Fax: 0823.452782). Sito web: www.mozzarelladop.it


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Cilento, olio extravergine di oliva L'olio Cilento DOP si ottiene dalla premitura di olive delle varietà Pisciottana, Rotondella, Ogliarola, Frantoio, Salella e Leccino per almeno l' 85%; possono, inoltre, concorrere altre varietà locali presenti nell'area di produzione in misura non superiore al 15%. L'olio, al consumo, è di colore giallo paglierino con buona vivacità ed intensità; spesso limpido, a volte velato. All'esame olfattivo mostra un leggero sentore di fruttato, talvolta con note di mela e di foglia verde. Il gusto è tenue e delicato di oliva fresca, fondamentalmente dolce con appena percettibili note vivaci di amaro e piccante. È discretamente fluido, con evidenti sentori di pinolo e retrogusto di nocciola e mandorla. L'acidità è sempre inferiore al valore di 0,70%. La notevole presenza di note aromatiche fa prediligere l’uso di quest’olio su piatti di una certa consistenza, tipici dell’area di origine, come grigliate di pesce, insalate selvatiche, verdure bollite, legumi e primi piatti in genere. L'olio “Cilento” DOP è il frutto dell'armonizzazione delle più moderne tecnologie di lavorazione con una tradizione millenaria. A livello agronomico, particolare cura è posta durante le fasi della raccolta, del trasporto e della conservazione delle olive. Per essere ammesse alla produzione di olio DOP le olive devono essere raccolte rigorosamente a mano; è autorizzato l'ausilio di mezzi agevolatori meccanici, come scuotitori e pettini vibranti; le reti sono ammesse esclusivamente per agevolare le operazioni di raccolta, che deve essere effettuata entro il 31 dicembre di ogni anno. La produzione massima di olive ad ettaro è di 110 quintali, mentre la resa in olio massima è del 22%. Le olive vanno molite entro 48 ore dalla raccolta. Cenni storici L'olivo nel Cilento, terra di miti e sede dell'omonimo Parco Nazionale, ha radici antiche. Recenti ricerche archeobotaniche hanno documentato la presenza dell'olivo già nel IV sec. a.C.. La tradizione, invece, vuole che le prime piante fossero introdotte dai coloni Focesi, una popolazione profuga di origine greca. Furono essi infatti ad introdurre la più antica varietà da olio locale, la Pisciottana, che resiste molto bene ai venti salmastri della zona, è molto produttiva anche in un comprensorio arido come il Cilento e ancora oggi conferisce all’olio Cilento la riconosciuta tipicità.

Consorzi o di tutela Il Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva DOP “Cilento” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 1 marzo 2006 (pubblicato sulla G.U. n. 62 del 15.03.05) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. Il Consorzio ha sede in Laureana Cilento (SA) alla via Archi – Tel: 0974.832573 - Fax: 0974.825922. Sito web: www.oliodopcilento.it.


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Colline Saler nitane

(Olio extravergine di Oliva)

L'olio extravergine di oliva DOP Colline Salernitane presenta, al consumo, un bel colore che va dal verde al giallo paglierino più o meno intenso; è limpido, a volte velato. All'olfatto mostra un deciso ed ampio sentore di fruttato di oliva pulita, con discrete note di foglia verde, di erba e di pomodoro acerbo. Al gusto rivela un sapore deciso e persistente, gradevolmente amaro e piccante, giustamente corposo, con buona ed equilibrata struttura e chiari sentori di carciofo, cardo e vegetali amari. Il retrogusto è pulito. L'acidità è sempre inferiore allo 0,70%. L'olio si ottiene dalla premitura di olive delle varietà autoctone della zona di produzione o di antica introduzione, da sole o congiuntamente: Rotondella, Frantoio, Carpellese o Nostrale per almeno il 65%; Ogliarola e Leccino in misura non superiore al 35%, mentre è ammessa la presenza di altre varietà locali per un massimo del 20%. La notevole presenza di note aromatiche fa prediligere l’uso di quest’olio su piatti di una certa consistenza, come minestre a base di legumi, gustose pastasciutte della tradizione campana e grigliate di pesce. Le tecniche di coltivazione degli oliveti sono quelle tradizionali dell’area delle Colline salernitane, che assicurano all’olio che ne deriva l’elevato e noto pregio qualitativo. Le olive destinate alla produzione dell’olio DOP “Colline Salernitane” devono essere raccolti esclusivamente a mano, entro il 31 Dicembre di ogni anno; è autorizzato l'ausilio di mezzi meccanici, come scuotitori e pettini vibranti. Le olive raccolte vanno conservate e trasportate in cassette forate dalla capacità massima di 25 Kg. e molite entro e non oltre il secondo giorno dalla raccolta. Per l'estrazione dell'olio sono ammessi soltanto processi meccanici e fisici che preservino il più fedelmente possibile le caratteristiche di qualità del frutto. La produzione massima di olive non deve superare i 120 quintali ad ettaro e la resa in olio non può superare il 20%. Cenni storici L’olio extravergine di oliva DOP “Colline Salernitane” ha radici antichissime, in quanto deriva da varietà autoctone da sempre presenti nel salernitano. Notizie certe ne fanno risalire la coltivazione agli antichi Focesi, coloni della Magna Grecia, che cominciarono a diffonderla nella Piana dell'Alento e nelle aree collinari circostanti. Fu poi attraverso l’occupazione del territorio da parte dei Romani che l’olivicoltura si diffuse in tutta l’area salernitana.

Consorzi o di tutela Il Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva “Colline Salernitane” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 04 aprile 2005 (pubblicato sulla G.U. 94 del 23.04.2005) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. Il Consorzio ha sede in Battipaglia (SA), Via Belvedere, 10, Tel e Fax: 0828.672615; web: www.dopcollinesalernitane.it email: info@dopcollinesalernitane.it


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Irpinia Colline dell'Ufita

(Olio extravergine di Oliva)

L'olio extravergine di oliva “Irpinia Colline dell'Ufita DOP” presenta senza dubbio caratteristiche organolettiche di grande pregio. È di colore verde, se giovane, fino a giallo paglierino, di diversa intensità. All'olfatto si rivela fruttato, con piacevoli note erbacee e netti sentori di pomodoro acerbo, percepibili distintamente anche al gusto; all'assaggio è armonico, con intense, ma sempre piacevoli ed equilibrate sensazioni di amaro e piccante, in armonia con l'elevato contenuto in polifenoli. L’acidità, inoltre, non supera il valore di 0,50%, con punteggio al panel test non inferiore a 7. L'olio “Irpinia Colline dell'Ufita DOP” deve derivare per non meno del 60% dalla varietà Ravece (valore elevato all’85% per i nuovi impianti); per la restante parte possono concorrere altre varietà locali, quali l'Ogliarola, la Marinese, l'Olivella, la Ruveia, la Vigna della Corte. Estremamente ridotto (non più del 10 %) l’apporto ammesso di altre varietà non autoctone, quali il Leccino o il Frantoio. Le tecniche di coltivazione degli oliveti sono quelle tradizionali delle Colline dell’Ufita, che assicurano all’olio che ne deriva l’elevato e noto pregio qualitativo. La raccolta viene effettuata entro e non oltre il 31 dicembre di ogni anno e le olive vengono molite entro due giorni dalla raccolta. La resa al frantoio non può eccedere il 20%. L’area di produzione della DOP coincide con quella di coltivazione delle varietà più pregiata dell’olivicoltura irpina e che è assurta a simbolo dell’olivicoltura di qualità: la Ravece. La Ravece è una cultivar di origine sconosciuta, ma almeno dal ‘500 diffusa quasi esclusivamente nel territorio ufita-arianese, componente privilegiata della dieta mediterranea che in quest’area si caratterizza sul trinomio vino pane e olio. La notevole presenza di note aromatiche e il suo gusto fruttato intenso fa prediligere l’uso di quest’olio su piatti di una certa consistenza, come minestre a base di legumi, gustose pastasciutte della tradizione irpina, zuppe, bruschette e grigliate di carne. Cenni storici Gli oli irpini sono il risultato della perfetta armonia tra ambiente, varietà, capacità imprenditoriale e tradizione, che qui è antichissima. Infatti, la presenza dell'olivo nell’avellinese risale ad epoca romana. La massima diffusione dell’olivicoltura in Irpinia si ebbe però in era angioina, per poi svilupparsi in quella aragonese (XIV secolo) e consolidarsi definitivamente nell’800.

Consorzi o di tutela L’istanza originaria per la richiesta della DOP fu presentata dall’omonimo Comitato promotore, con sede in Avellino, c/o la CCIAA di Avellino, piazza Duomo 5 Avellino.


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Colline Saler nitane

(Olio extravergine di Oliva)

L'olio extravergine di oliva DOP Penisola Sorrentina presenta, a prima vista, un bel colore giallo paglierino, più o meno intenso, con riflessi verdognoli; a volte è velato. All’esame olfattivo rivela notevole armonia aromatica, con un delicato sentore di fruttato di oliva e con fini e piacevoli note di erbe aromatiche (soprattutto rosmarino e menta). Il sapore è decisamente dolce con armoniose e lievi note di amaro e piccante. È fluido, equilibrato e con piacevoli sfumature speziate. Ha retrogusto pulito, di mandorla verde e fresca. L'acidità non supera mai il valore di 0,80%. L’amaro ed il piccante, nelle giuste gradazioni, si amalgamano perfettamente garantendo all’olio il giusto equilibrio. Ottimo sulle grigliate di pesce e di verdure. Originale e particolarmente gradevole il suo abbinamento con le insalate di limoni, ma soprattutto con il sorbetto e la delizia al limone, dolci tipici di Sorrento. L’olio “Penisola Sorrentina” DOP si ottiene dalla molitura delle olive Ogliarola o Minucciola (nota in letteratura anche come “Olivo da olio”), per non meno del 65%; Rotondella, Frantoio o Leccino, da sole o congiuntamente, in misura non superiore al 35%. E' ammessa anche la presenza di altre varietà per un massimo del 20% del totale. Le olive sono raccolte rigorosamente a mano; è autorizzato solo l'ausilio di mezzi meccanici, come scuotitori e pettini vibranti, che agevolano la raccolta, che va effettuata entro il 31 dicembre di ogni anno. È vietato l'uso di cascolanti. La raccolta deve essere effettuata entro e non oltre il 31 dicembre di ogni anno. Le olive vanno molite entro e non oltre il secondo giorno della raccolta. La produzione massima di olive ad ettaro è di 90 q.li, con una resa in olio del 20%. Cenni storici La coltivazione dell'olivo in Penisola Sorrentina risale a tempi antichissimi. La Punta Campanella, che è l’estremo promontorio del Golfo di Napoli e fronteggia l’isola di Capri, era dominato da un Tempio, sacro alla dea Atena (Minerva) Capo Minerva, eretto dai Focesi, coloni greci. L’intera penisola fu consacrata alla dea della Sapienza e il sito divenne per secoli meta di pellegrinaggi. Lungo il percorso i pellegrini acquistavano sul posto l’olio, che si produceva in abbondanza, per farne offerta alla divinità, già ritenuta dai Greci e poi dai Romani inventrice delle olive e dell'olio (oleaeque Minerva inventrix, come recita un poema di Virgilio). prodotto.

Consorzi o di tutela Il Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva “Penisola Sorrentina” è stato riconosciuto dal MIPAAF con DM 18 gennaio 2007 (pubblicato sulla G.U. n. 31 del 7.02.2007) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. Il Consorzio ha sede in Massa Lubrense (NA), Via Partenope, 41, Tel: 081.5339601 Fax: 081.53396240.


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Ter re Aurunche

(Olio extravergine di Oliva)

L'olio extra vergine di oliva "TERRE AURUNCHE", secondo il disciplinare di produzione, richiede l'impiego di olive provenienti per almeno il 70% dalla cultivar "Sessana". La Sessana è originaria della zona di produzione (il suo nome deriva dal nome della cittadina Sessa Aurunca, comune più esteso della zona di produzione), mentre le cultivar minori previste (Corniola, Itrana e Tonacella) sono originarie dei territori confinanti e rappresentano un altrettanto importante patrimonio della biodiversità locale. L'olio extra vergine di oliva "Terre Aurunche" al momento dell'immissione al consumo presenta ottime caratteristiche fisiche, chimiche ed organolettiche, con acidità inferiore a 0,60 e un buon contenuto in polifenoli; gusto dai toni buoni di amaro e piccante, colore che va dal giallo paglierino al verde più o meno intenso. Tali caratteristiche, oltre alla particolare composizione varietale della cultivar Sessana, si devono anche alla contemporanea presenza di un clima mite e di un terreno di natura vulcanica, ricco in macroelementi e microelementi essenziali alla produzione di olive e di olio di qualità. Il territorio che marca la DOP "TERRE AURUNCHE" è situato nella parte nord della provincia di Caserta, nella zona attorno al vulcano spento del Roccamonfina, nei territori olivetati dei comuni di Caianello, Carinola, Cellole, Conca della Campania, Falciano del Massico, Francolise, Galluccio, Marzano Appio, Mignano Monte Lungo, Mondragone, Rocca D'Evandro, Roccamonfina, San Pietro, Sessa Aurunca, Sparanise, Teano e Tora e Piccilli. La superficie degli oliveti interessati alla DOP è stimata in circa 6.000 ettari, per una produzione annua media di olio pari a circa 18.000 quintali annui. Le aziende imbottigliatrici interessate alla produzione dell'olio DOP sono 15. Il fatturato medio annuo è stimato in 2 milioni di euro, valutando che la DOP interesserà, in fase di avvio, il 10 % della produzione. Sarà l'ISMECERT di Napoli ad effettuare i controlli per la certificazione del prodotto, così come indicato dal Consorzio promotore.

Consor zio di tutela Comitato promotore per la registrazione della denominazione di origine protetta dell'olio Extra Vergine di oliva "Terre Aurunche" Sede Legale: Corso Lucilio, 134 c/o Casa Comunale Ufficio Agricoltura 81037 Sessa Aurunca (CE) e-mail: info@terreaurunche.it www.terreaurunche.it


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Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Il “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP” è uno dei prodotti più antichi e tipici dell’agricoltura campana, tanto da essere perfino rappresentato nella scena del tradizionale presepe napoletano. Il “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP” raggruppa vecchie cultivar e biotipi locali accomunati da caratteristiche morfologiche e qualitative più o meno simili, la cui selezione è stata curata nei decenni dagli stessi agricoltori. Le caratteristiche distintive, a livello tecnico-mercantile, del prodotto ammesso a tutela sono: allo stato fresco: frutti di forma ovale o leggermente pruniforme con apice appuntito e frequente costolatura della parte peduncolare, buccia spessa di colore rosso vermiglio, pezzatura non superiore a 25 g, polpa di consistenza elevata e di colore rosso, sapore vivace intenso e dolce-acidulo; conservato al piennolo: colore della buccia rosso scuro, polpa di buona consistenza di colore rosso, sapore intenso e vivace. I “piennoli” o “schiocche” presentano un peso, a fine conservazione, variabile tra 1 e 5 chilogrammi. Ordinariamente la raccolta viene effettuata recidendo i grappoli interi, quando su di essi sono presenti almeno il 70% di pomodorini rossi, mentre gli altri sono in fase di maturazione. Questa antica pratica consente di procrastinare il consumo delle bacche, integre e non trasformate, per tutto l’inverno successivo alla raccolta, fino a sette-otto mesi, utilizzando locali areati e senza il supporto delle moderne tecnologie di conservazione. Le peculiarità del “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP” sono la elevata consistenza della buccia, la forza di attaccatura al peduncolo, l’alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili che lo rendono un prodotto a lunga conservazione durante la quale nessuna delle sue qualità organolettiche subisce alterazioni. Tali peculiarità sono profondamente legate ai fattori pedoclimatici tipici dell’area geografica in cui il pomodorino è coltivato dove i suoli, di origine vulcanica, sono costituiti da materiale piroclastico originato dagli eventi eruttivi del complesso vulcanico Somma-Vesuvio. Cenni storici La coltivazione del Pomodorino del Piennolo sulle falde del Vesuvio ha senza dubbio radici antiche e ben documentate. Per limitarci alle testimonianze storiche più illustri, notizie sul prodotto sono riportate dal Bruni, nel 1858, nel suo “Degli ortaggi e loro coltivazione presso la città di Napoli”, ove parla di pomodori a ciliegia, molto saporiti, che “si mantengono ottimi fino in primavera, purché legati in serti e sospesi alle soffitte”.

Consorzi o di tutela Consorzio di Tutela del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP Piazza della Meridiana 47 80040 San Sebastiano al Vesuvio (NA) tel. 0810606007


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Pomodoro San Marzano dell'Agr o Sarnese-nocerino Il pomodoro San Marzano è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo per le sue caratteristiche, che vengono esaltate dalla trasformazione in “pelato”. Le caratteristiche intrinseche che hanno esaltato il prodotto, favorendone così la sua conoscenza e il suo consumo sono: sapore tipicamente agrodolce, forma allungata della bacca con depressioni longitudinali parallele, colore rosso vivo, scarsa presenza di semi e di fibre placentari, buccia di colore rosso vivo e di facile pelabilità. Queste, insieme alle caratteristiche chimico-fisiche, lo rendono inconfondibile, sia allo stato fresco che trasformato. La denominazione di origine protetta designa esclusivamente il prodotto “pelato” e la tipologia “pelato a filetti”, proveniente dalla lavorazione dei frutti appartenenti all’ecotipo San Marzano o a linee migliorate di esso (il disciplinare individua due standard di prodotto). Il prodotto immesso al consumo deve presentare caratteristiche tecnologiche ben precise: colore rosso uniforme con rapporto colorimetrico a/b non inferiore a 2,2; forma allungata e parallelepipeda, con lunghezza da 60 a 80 millimetri; assenza di sapori e odori estranei; peso dello sgocciolato non inferiore al 65% del peso netto; residuo rifrattometrico non inferiore al 4%; pH tra 4,2 e 4,5. È consentita l’aggiunta di sale (max 3% del p.n.), foglie di basilico, succo di pomodoro semiconcentrato (ma esclusivamente di S. Marzano). La tecnica colturale del prodotto fresco prevede l’allevamento di tipo verticale delle piante con l’uso di sostegni, rispettando così la tradizione secolare, anche se, per l’elevato numero di ore di manodopera richieste, tale tecnica incide fortemente sui costi di produzione. Cenni storici Il pomodoro, come è noto, è originario dell'America Centrale. In Europa è giunto nel '600, inizialmente nella sola Spagna, dove gli fu dato un mero valore ornamentale. Il valore alimentare di questa coltura fu scoperto solo successivamente, secondo alcuni non prima del XVIII secolo, quando venne diffuso nei diversi paesi del Mediterraneo. Secondo alcune testimonianze della tradizione orale si dice che il primo seme di pomodoro sia giunto in Italia intorno al 1770, come dono del Regno del Perù al Regno di Napoli e che sarebbe stato piantato proprio nella zona che corrisponde al comune di San Marzano. Secondo altre testimonianze però, solo nel 1902 si ha la prova certa della presenza, tra Nocera, S. Marzano e Sarno, del famoso ecotipo.

Consorzi o di tutela Il “Consorzio per la Tutela del Pomodoro San Marzano dell'Agro Sarnese-Nocerino” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 4 dicembre 2003 (pubblicato sulla G.U. 293 del 18.12.2003) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. ll Consorzio aderisce all'Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche (AICIG) www.aicig.it. La sede del Consorzio è in via Piave, n. 120 84083, Castel San Giorgio (SA), Tel: 081.5161819 Fax: 081.5162610. Sito web www.consorziosanmarzano.it.


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Pr ovolone del Monaco Il “Provolone del Monaco DOP” è un formaggio semiduro a pasta filata, stagionato, prodotto nell’area della Penisola Sorrentina – Monti Lattari, esclusivamente con latte crudo. La specificità del “Provolone del Monaco DOP” è il risultato di un insieme di fattori tipici dell’area di produzione, in particolare delle caratteristiche organolettiche del latte prodotto da bovini allevati sul territorio, del processo di trasformazione che rispecchia ancora oggi le tradizioni artigiane e del particolare microclima che caratterizza gli ambienti di lavorazione e stagionatura. Originaria della provincia di Napoli, la razza Agerolese è diffusa oggi solo nei comuni di Agerola e Gragnano. Essa deriva da incroci di bovini di razza Frisona, Bruna e Jersey con la popolazione locale autoctona ed è considerata in pericolo di estinzione dalla FAO. Il colore del mantello può variare dal castano al nero con un’orlatura di peli chiari intorno al muso anch'esso scuro. La vacca Agerolese ha delle rese molto modeste, ma, di contro, produce un latte di altissima qualità, dovuto anche all’area geografica dei Monti Lattari e all’ambiente unico e incontaminato che vi si ritrova. Questo latte, in miscela, è utilizzato per produrre non solo il Provolone del Monaco ma anche l’ineguagliabile Fiordilatte. Il “Provolone del Monaco DOP” è un prodotto di particolare pregio, con un prezzo di vendita abbastanza elevato, che può variare a seconda della lunghezza dei tempi di affinatura, ma che per le sue particolari caratteristiche riesce a conferire alle pietanze un sapore fuori del comune. Cenni storici L'allevamento zootecnico nei Monti Lattari – Penisola Sorrentina risale al 260 a.C, quando i Picentini, i primi abitanti di questi monti, trasformarono lo spazio sottratto ai boschi in terreno coltivabile e incominciarono l’attività di allevamento di animali domestici, specialmente bovini ad attitudine lattifera. Le produzioni ottenute da questi animali sono entrate nella tradizione, nella cultura e nell’economia di questa zona, consolidandosi nei secoli. Determinante fu l’opera dei Borboni, che favorirono il miglioramento genetico dei tipi allevati attraverso lavori di incrocio dagli ottimi risultati. Va in particolare citato il paziente lavoro del militare di ventura Avitabile che, attraverso gli incroci di meticci di Bruna e Podolica con la razza Jersey, pervenne ad ottenere esemplari di una nuova razza, l’Agerolese appunto. Ma fu solo nel 1952, anno in cui fu presentato al Ministero dell'agricoltura e delle foreste lo standard della razza, che essa prende ufficialmente il nome di “Agerolese”.

Consorzi o di tutela Il "Consorzio di Tutela del Provolone del Monaco D.O.P." è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 21 febbraio 2011 (pubblicato sulla G.U. 58 dell'11.03.2011) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. Il Consorzio di tutela ha sede legale in Via D. Caccioppoli 25 80069 Vico Equense (NA) Tel 0813500159 e Sede operativa a Vico Equense in Via Punta La Guardia, 6 – Tel. e Fax 0818015557; email: info@provolonedelmonacodop.it e consorzioprovolonedelmonacodop@yahoo.it; sito web: www.provolonedelmonacodop.it.


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Ricotta di bufala campana In tutte le aree di produzione della mozzarella di bufala campana, quindi le province di Benevento, Salerno, Caserta, Napoli e altre ricadenti nell’area della DOP “Mozzarella di bufala Campana”, dalla lavorazione del siero della mozzarella si ricava anche la ricotta, che può essere consumata fresca o sottoposta a essiccamento. La ricotta di bufala fresca ha un colore latteo e consistenza morbida e si ottiene riscaldando il siero derivante dalla lavorazione del latte crudo per la produzione di mozzarella di bufala fino alla temperatura di circa 90 gradi. Al siero viene poi aggiunto sale quanto basta per ottenere la giusta sapidità del prodotto. Per ottenere, invece, la ricotta essiccata di bufala, che è a pasta compatta, è necessario che le forme stagionino in cella per circa 10 giorni e poi vengano lasciate per lo meno un mese a essiccare. Vengono poi tolte dai contenitori e lasciate stagionare altri 30 giorni, fino a essere ripulite dalle muffe, private della scorza sottile e messe sotto vuoto.


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Coltivare la terra per ... Coltivare ... mangiare sano ridurre lo spreco di cibo gustare i prodotti di stagione tutelare la biodiversità in città produrre bellezza accrescere il sapere

Per organizzare un orto nella scuola e per informazioni sui percorsi didattici di L Legambiente egambiente Campania, puoi visitare il sito www.legambiente.campania.it www.legambiente.campania.it contattarci allo 081.261890 o scriverci www.legamb scriverci a scuola@legambiente.campania.it scuola@legambiente.campania.it


78 | CAMPANIA LA TERRA DEI CUOCHI

I prodotti tipici della Campania

a Indicazione  Geografica  Protetta (IGP)  Reg. CE 510/06


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Carciofo di Paestum Il “Carciofo di Paestum” IGP, noto anche come “Tondo di Paestum”, dal nome dell’ecotipo locale da cui deriva, è ascrivibile al gruppo genetico dei carciofi di tipo “Romanesco”. L’aspetto rotondeggiante dei suoi capolini, la loro elevata compattezza, l’assenza di spine nelle brattee sono le principali caratteristiche qualitative e peculiari del “Carciofo di Paestum”, che ne hanno consacrato anche la sua fama tra i consumatori. Anche il carattere di precocità di maturazione può essere considerato un elemento di positività conferitogli dall’ambiente di coltivazione, la Piana del Sele, che consente al “Carciofo di Paestum” di essere presente sul mercato prima di ogni altro carciofo di tipo Romanesco. Altre caratteristiche tipiche del prodotto sono: una pezzatura media dei capolini (non più di 4 per gambo per kg di prodotto), peduncolo inferiore a 10 cm, colore verde con sfumature violetto-rosacee, ricettacolo carnoso e particolarmente gustoso. Le caratteristiche di pregio del “Carciofo di Paestum” IGP consentono a tale prodotto di essere molto apprezzato in cucina, dove viene utilizzato nella preparazione di svariate ricette tipiche e di piatti locali come la pizza con i carciofini, la crema e il pasticcio ai carciofi, particolarmente graditi ai tanti turisti che visitano la Piana del Sele e in particolare i Templi di Paestum. Cenni storici Ingrediente fondamentale della dieta mediterranea, il carciofo accompagna da tempo immemorabile la cultura gastronomica e rurale delle popolazioni del mezzogiorno d’Italia e della Campania in particolare. Le radici della sua coltivazione vengono fatte risalire al tempo dei Borboni, il cui ufficio statistico già nel 1811 segnalava la presenza di carciofi nella zona di Evoli, l'attuale Eboli, e Capaccio. Le prime coltivazioni specializzate di carciofo sono state realizzate da agricoltori del Napoletano che impiantarono “carducci” di loro ecotipi proprio nelle zone adiacenti ai famosi Templi di Paestum. Ma la vera e propria diffusione del carciofo nella valle del Sele risale intorno al 1929-30, grazie alle vaste opere di bonifica e di profonda trasformazione agraria apportate dalla riforma fondiaria. Anche il testo di geografia economica del Migliorini del 1949 ne conferma la presenza ed importanza nella zona.

Consorzi o di tutela Gli organismi proponenti dell’I.G.P. sono stati: Cooperativa “Libertà 88”, via Chiorbo – 84063 Paestum Capaccio (SA); Cooperativa “Paestum”, via Spinazzo - 84063 Paestum Capaccio (SA), Tel./Fax 0828.721004; Cooperativa “Venere”, via Magna Grecia, 13 - 84063 Paestum Capaccio (SA), Tel./Fax 0828724719.


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Castagna di Montella L’Indicazione geografica protetta “Castagna di Montella” è riferita alle castagne prodotte per il 90% dalla varietà Palummina e per il restante 10% dalla varietà Verdole. Le caratteristiche distintive della“Castagna di Montella” IGP sono rappresentate da una pezzatura media o medio-piccola (75-90 frutti per Kg) e la forma rotondeggiante del frutto, con faccia inferiore piatta, base convessa e sommità ottusa mediamente pelosa. Il seme ha polpa bianca, croccante e di gradevole sapore dolce. La buccia (pericarpo) è sottile e di colore marrone carico, facilmente distaccabile. Proprio la forma del frutto giustifica l’etimologia del nome della varietà Palommina, forma che ricorda la somiglianza di una colomba che in dialetto si traduce appunto in “palomma”. Grazie alle elevate caratteristiche di fragranza, sapidità e serbevolezza, la “Castagna di Montella” IGP viene utilizzata allo stato fresco (comprendendo anche il surgelato) e allo stato secco in guscio o senza. Sotto l’aspetto dietetico nutrizionale, la “Castagna di Montella” è particolarmente rilevante per il contenuto in carboidrati, mentre scarso è il contenuto proteico. Oltre che come caldarroste, le castagne di Montella sono particolarmente richieste dall’industria di trasformazione per uso marron glacés, marmellate, al naturale, purea. Ottime per guarnire carni e nelle minestre, ma il loro impiego si esalta soprattutto nella preparazione di dolci, di diverso tipo. Cenni storici Le testimonianze della presenza del castagno nell'area di coltivazione della “Castagna di Montella” IGP sono molto antiche. Secondo alcuni, infatti, in quest’area la coltivazione del castagno, originario dell'Asia Minore, risalirebbe ad un periodo compreso fra il VI ed il V secolo a.C. I Longobardi (571 d. C.), successivamente, avrebbero emanato la prima legge, che si ricordi, per la tutela di questa coltivazione, considerata già a quel tempo una preziosa risorsa. Basti pensare, infatti, all’importanza che assumeva nell’epoca medioevale, la farina di castagna, soprattutto negli assedi di città e castelli, per il pregio di potersi conservare a lungo. Da quei tempi la storia di Montella e quella del castagno, vera ricchezza di queste zone per la sua molteplicità di impieghi, non si sono più separate.

Consorzi o di tutela L’istanza originaria per la richiesta della DOC fu presentata nel 1986 dalla Comunità Montana del Terminio-Cervialto, con sede a Montella (AV) – Tel. e fax: 0827.609411. Il Consorzio di tutela della denominazione è in via di costituzione.


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Limone Costa d’Amalfi Il nome della varietà Sfusato Amalfitano, che dà luogo alla Indicazione Geografica Protetta “Limone Costa d’Amalfi”, racchiude due caratteristiche importanti: la forma affusolata del frutto, da cui il termine “sfusato”, e la zona in cui si è venuto, col tempo, a differenziare: la Costiera Amalfitana. La buccia è di medio spessore, di colore giallo particolarmente chiaro, con un aroma e un profumo intensi grazie alla ricchezza di oli essenziali e terpeni (carattere ritenuto di pregio per la produzione del liquore di limoni). La polpa è succosa e moderatamente acida, con scarsa presenza di semi. È inoltre un limone di dimensioni mediogrosse (almeno 100 grammi per frutto). Il “Limone Costa d’Amalfi” IGP è considerato, commercialmente, un prodotto di eccellenza, sia per il mercato del fresco che per la produzione del celebre “limoncello”, che qui come a Sorrento e a Capri ha trovato la sua area di elezione. La coltivazione tipica a terrazzamenti, lungo i versanti acclivi della Costiera, con la copertura delle piante attraverso le famosissime “pagliarelle” (oggi sostituite dalle più pratiche reti ombreggianti), contribuisce a conferire quelle caratteristiche uniche e di pregio al “Limone Costa d’Amalfi” IGP e a rendere famosi nel mondo i suoi mitici “giardini”. La raccolta avviene più volte l'anno, per il fenomeno tipico nei limoni del polimorfismo, anche se la produzione di maggior pregio si ottiene nel periodo primaverile-estivo, compreso tra marzo e fine luglio. Per il suo profumo intenso, la buccia spessa, la polpa succosa e semidolce e la quasi assenza di semi, il “Limone Costa d’Amalfi” IGP è largamente usato in cucina. Nell’area di produzione è spesso servito al naturale, preparato all’insalata. Altro impiego tipico del limone nella zona amalfitana è quello condimentario. Cenni storici Furono gli Arabi, nel corso della loro espansione e delle loro conquiste, che introdussero il limone in Spagna e in Sicilia e da qui in Campania. Ma la vera diffusione del limone, nell’area di Amalfi, avvenne soprattutto grazie all’accertata necessità di disporre di questo frutto a seguito della scoperta della sua grande utilità nella lotta allo scorbuto, la malattia dovuta a carenza di vitamina C, di cui gli agrumi sono notoriamente ricchi. Per gli amalfitani, popolo famoso di navigatori, era determinante poter disporre, sulle proprie navi, di scorte abbondanti di questo prezioso frutto. Già nell’XI secolo, la Repubblica Amalfitana decretò che a bordo delle navi ci fossero sempre provviste di tali frutti.

Consorzi o di tutela Il “Consorzio di Tutela Limone Costa d’Amalfi I.G.P.” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 29 luglio 2003, pubblicato sulla GU n. 193 del 21.08.2003, in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. La sede legale del Consorzio è in via Papa Leone X n. 9 84011 Amalfi (SA) e la sede operativa è in via Lama 84010 Minori (SA). Tel e Fax: 089.853876; Sito web: www.limonecostadamalfiigp.com


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Limone di Sorr ento L’indicazione geografica protetta “Limone di Sorrento” è riferita ai frutti della cultivar di limone “Massese”, conosciuta in letteratura anche come “Limone di Massa” e “Ovale di Sorrento”, prodotti esclusivamente nell’area della penisola sorrentina. È un limone di dimensioni medio-grosse (peso di ogni frutto non inferiore a 85 grammi), di forma ellittica e con polpa di color giallo paglierino particolarmente succulenta e il cui succo è caratterizzato da elevata acidità e ricco di vitamina C e sali minerali. La buccia, di un bel color giallo citrino, è di medio spessore ed è molto profumata per la ricca presenza in oli essenziali. Queste peculiari caratteristiche qualitative fanno del “Limone di Sorrento” IGP un prodotto di eccellenza per la sua categoria, sia per il mercato dei limoni freschi che per la produzione del famoso “limoncello”, infuso di bucce di limone immerse in alcool purissimo, che proprio in quest’area di origine ha trovato la sua consacrazione internazionale. In cucina, il “Limone di Sorrento” IGP è consumato in tantissime varianti: al naturale, oppure per preparare spremute e succhi o aromatizzare dolci, marmellate e bevande. Nei ristoranti ed alberghi dell’area di produzione, che comprende anche Capri, i migliori cuochi si sono inventate ricette d’autore in cui il limone sorrentino è una costante in tutte le pietanze, dall’antipasto al dolce, fino al caffè. È ingrediente obbligato in tutti i primi piatti di “mare” e ovviamente accanto al pesce, che in quest’area è il principale attrattore gastronomico per i turisti. Cenni storici Di origini antiche, se è vero che la presenza di limoni nell’area sorrentina è certificata da documenti storici del 1500, il “Limone di Sorrento” IGP ha in effetti antenati genetici che risalgono addirittura all’epoca romana. Su numerosi dipinti e mosaici rinvenuti negli scavi di Pompei ed Ercolano sono raffigurati infatti limoni molto simili agli attuali “massesi” e “ovali sorrentini” che testimoniano l’utilizzo di tali frutti profumati sulle mense dei nostri avi latini. Ma le più importanti documentazioni sulla presenza di limoni nella zona risalgono all’epoca rinascimentale. Atti di vendita, dipinti, trattati di letteratura e di botanica ci raccontano dell’impiego dei limoni prodotti localmente per i più svariati usi, anche se dobbiamo attendere il 1600 per avere la certezza della coltivazione in forma specializzata, come risulta dagli atti dei locali Padri Gesuiti.

Consorzi o di tutela Il “Consorzio di Tutela del Limone di Sorrento I.G.P.” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 30 giugno 2003 n. 63479, in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. ll Consorzio aderisce all'Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche (AICIG) www.aicig.it. Sede legale ed operativa: Corso Italia 80067 Sorrento (NA) - Tel: 081.3501669 Fax: 081.8788004. Sito web: www.limonedisorrentoigp.it


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Mar rone di Roccadaspide Il “Marrone di Roccadaspide IGP”, dal nome dell’ecotipo da cui deriva, fa parte del gruppo genetico di castagne presenti in Campania riferibili alla cultivarmadre “Marrone di Avellino”. Le caratteristiche distintive del “Marrone di Roccadaspide IGP” sono rappresentate da una pezzatura media dei frutti (80-85 frutti per Kg) di forma prevalentemente semisferica, a volte rotondeggiante. La buccia (pericarpo) è sottile e di colore castano bruno, tendenzialmente rossastra, con strie scure poco evidenti, facilmente distaccabile. Il seme ha un episperma sottile, liscio, poco approfondito nel seme, abbastanza aderente con settatura inferiore al 5% e polpa bianco-lattea, consistente. Un carattere distintivo di questo prodotto è il notevole contenuto zuccherino che lo rende molto gradito anche per il consumo allo stato fresco e la tessitura croccante e poco farinosa. Per le pregevoli caratteristiche tecnologiche dei frutti il “Marrone di Roccadaspide IGP” è tra le poche varietà di castagne campane a potersi definire botanicamente e merceologicamente "tipo marrone" ed è per questo particolarmente richiesto per la lavorazione industriale (oltre il 90% della destinazione commerciale), pur restando egualmente interessante anche per la destinazione al mercato del fresco, per l’impiego soprattutto come caldarroste. Sotto l’aspetto dietetico nutrizionale, il “Marrone di Roccadaspide IGP” è particolarmente rilevante per il contenuto in carboidrati, mentre basso è il contenuto proteico. Il “Marrone di Roccadaspide IGP” è considerato, insieme alla Castagna di Montella IGP e alla Castagna di Serino tra le migliori castagne prodotte in Campania, ciò non solo per la qualità intrinseca della varietà, ma anche per il terreno e il clima favorevole che contribuiscono ad esaltare il livello qualitativo del prodotto. Cenni storici Come per le altre castagne tipiche della Campania, anche il “Marrone di Roccadaspide IGP” è legato da lungo tempo alla storia di questa regione, nella quale sarebbe presente nella zona di coltivazione sin dal secolo XI d.C. Preziosi manoscritti, conservati nell'archivio della Badia di Cava, documentano l'esistenza già nel 1183-84 di castagneti posseduti dalla Badia nel Cilento, talmente vasti da richiedere la presenza sul posto di un apposito amministratore. Anche i monaci Basiliani contribuirono alla diffusione significativa della castanicoltura nel Cilento, come confermano alcuni ritrovamenti archeologici a Moio della Civitella e a Gioi Cilento.

Consorzi o di tutela L’istanza originaria per la richiesta della IGP fu presentata nel 2002 dalla1986 dalla Cooperativa “Il Marrone” s.c.a r.l., con sede in Roccadaspide (SA), Località Spinosa - 84069. Tel. 0828947496 – Fax 0828948324 sito web: www.ilmarrone.com.


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Melannurca Campana L’Indicazione geografica protetta “Melannurca Campana” si riferisce ad una delle varietà italiane di melo più conosciute e più apprezzate in assoluto dai consumatori: l’Annurca. Definita la “regina delle mele”, infatti, l’Annurca è da sempre conosciuta soprattutto per la spiccata qualità dei suoi frutti, dalla polpa croccante, compatta, bianca, gradevolmente acidula e succosa, con aroma caratteristico e profumo finissimo, una vera delizia per gli intenditori. Il frutto è medio-piccolo, di forma appiattita-rotondeggiante, leggermente asimmetrica, con picciolo corto e debole. La buccia, liscia, cerosa, mediamente rugginosa nella cavità peduncolare, è di colore giallo-verde, con striature di rosso su circa il 6070% della superficie a completa maturazione, percentuale di sovraccolore che raggiunge l’80-90% dopo il periodo di arrossamento a terra. La “Melannurca Campana” IGP rivendica da sempre virtù salutari: altamente nutritiva per l’alto contenuto in vitamine (B1, B2, PP e C) e minerali (potassio, ferro, fosforo, manganese), ricca di fibre, regola le funzioni intestinali, è diuretica, particolarmente adatta ai bambini ed agli anziani, è indicata spesso nelle diete ai malati e in particolare ai diabetici. Uno degli elementi di tipicità che certamente caratterizzano la “Melannurca Campana” IGP è l'arrossamento a terra delle mele nei cosiddetti “melai”. Essi sono costituiti da piccoli appezzamenti di terreno, sistemati adeguatamente in modo da evitare ristagni idrici, di larghezza non superiore a metri 1,50 su cui sono stesi strati di materiale soffice vario: un tempo si utilizzava la canapa, oggi sostituita da aghi di pino, trucioli di legna o altro materiale vegetale. Per la protezione dall’eccessivo irraggiamento solare i melai sono protetti da apprestamenti di varia natura. Durante la permanenza nei melai i frutti sono disposti su file esponendo alla luce la parte meno arrossata, vengono poi periodicamente rigirati ed accuratamente scelti, scartando quelli intaccati o marciti. Cenni storici La “Melannurca Campana” IGP è presente in Campania da almeno due millenni. La sua raffigurazione nei dipinti rinvenuti negli scavi di Ercolano e in particolare nella Casa dei Cervi, testimonia l'antichissima legame dell'Annurca con il mondo romano e la Campania felix in particolare. Luogo di origine sarebbe l'agro puteolano, come si desume dal Naturalis Historia di Plinio il Vecchio.

Consorzi o di tutela Il "Consorzio di tutela Melannurca campana IGP", costituito nel 2005, è stato riconosciuto dal MIPAAF con DM 18 aprile 2007 (pubblicato sulla G.U. n. 100 del 2.05.2007) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. Il Consorzio ha sede in Caserta, via Verdi, 29 - Tel: 0823.325144 Fax: 0823.351909; sito: www.melannurca.it.


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Nocciola di Gioffoni L'Indicazione geografica protetta “Nocciola di Giffoni” si riferisce ad una delle varietà italiane più pregiate in assoluto: la Tonda di Giffoni. Le caratteristiche distintive della “Nocciola di Giffoni” IGP sono rappresentate: dalla forma perfettamente rotondeggiante del seme (che è la nocciola sgusciata), che ha polpa bianca, consistente, dal sapore aromatico, e dal perisperma (la pellicola interna) sottile e facilmente staccabile. È inoltre particolarmente idonea alla tostatura, alla pelatura e alla calibratura, anche per la pezzatura media e omogenea del frutto. Per queste sue caratteristiche pregiate essa è particolarmente adatta alla trasformazione industriale ed è pertanto fortemente richiesta dalle industrie per la produzione di pasta e granella, nonché, come materia prima, per la preparazione di specialità dolciarie di grande consumo. Nell’area di origine è utilizzata anche come ingrediente nella preparazione di una variegata gamma di prelibatezze, tra le quali: dolcetti, torte, gelati, creme, ma anche insoliti primi piatti e finanche liquori alla nocciola. Ma la “Nocciola di Giffoni” IGP si presta particolarmente, proprio per la forma e la qualità del frutto, al consumo diretto, sia in guscio che soprattutto come snack denocciolato intero, ed è questa forma di consumo che ha stimolato un nuovo rinnovato interesse verso tale prodotto. Al naturale o ricoperta di cioccolato, nel miele o nel torrone, la “Nocciola di Giffoni” IGP sta guadagnando, anche all’estero, il favore dei consumatori. Essendo una cultivar medio-precoce, la raccolta dei frutti inizia solitamente già dalla terza decade di agosto, dopo di che, le nocciole vengono essiccate per portarle ad un’umidità del 5-7% e infine si depositano in luoghi freschi e ventilati, privi di odori e umidità. Cenni storici La coltivazione del nocciolo in Campania è antichissima. Numerose testimonianze si rinvengono nella letteratura latina, già a partire dal III secolo avanti Cristo, e da reperti archeologici, quali ad esempio alcuni resti carbonizzati di nocciole, esposti al Museo Nazionale di Napoli. La diffusione di questa coltura nel resto d’Italia sembra essere iniziata proprio a partire dalla Campania. Le prime testimonianze della coltivazione della “Nocciola di Giffoni” IGP, prodotto tipicamente salernitano, risalgono al Medioevo, ma è solo attraverso rapporti commerciali con il resto d’Italia e con l’estero, nell’epoca borbonica, che si venne a conoscere il valore distintivo della qualità di tale prodotto.

Consorzi o di tutela Il consorzio di Tutela Nocciola di Giffoni IGP ha sede a Giffoni Valle Piana Via V. Fortunato – Z. CAP 84095 TEL. 089 8424053 FAX 0898422603 sito web www.igpnoccioladigiffoni.it info@igpnoccioladigiffoni.it


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Pasta di Gragnano La cittadina di Gragnano, in provincia di Napoli è ormai celebre al livello internazionale per l’altissima qualità della pasta di semola di grano duro che viene prodotta dai suoi numerosi ed antichissimi pastifici. A Gragnano la produzione della pasta affonda le sue radici in tempi molto remoti: già nel ‘500 ci si rese conto che la sua posizione geografica era particolarmente indicata per la produzione della pasta. Sorge, infatti, in cima ad una valle, sulla quale sfociano numerose fonti montane la cui acqua sorgiva, oltre ad alimentare i mulini, conferisce alla pasta un sapore molto caratteristico. Inoltre, il clima caldo, ma ventilato dalla brezza marina, ne favorisce l'essiccazione che, anticamente, avveniva all'aperto, lungo le strade cittadine in condizioni di temperatura ed umidità naturalmente costanti, che garantivano il gusto e la perfetta conservazione del prodotto secco. Fu così che nel XVII secolo sorsero i primi pastifici a conduzione familiare e ben presto la città divenne un centro industriale molto rinomato, i cui numerosi pastifici ancora oggi seguono delle regole produttive di imprescindibile importanza: l’utilizzo di semola di grano duro e la lavorazione artigianale, caratterizzata dalla trafilatura in bronzo e la successiva essiccazione naturale, che garantiscono alla pasta di Gragnano una qualità altissima. Tre milioni di tonnellate circa di pacchi di pasta in un anno, per un bacino di consumatori stimato in oltre 6 milioni di persone e una crescita di produzione stimata intorno al 10% nell'ultimo anno sono dati significativi che testimoniano la vitalità di un comparto strategico per l'economia regionale. Il comparto inoltre impiega oltre 300 persone nei pastifici della città, ovvero il 5% del totale nazionale della forza lavoro del settore. La pasta di Gragnano viene oggi venduta in 42 nazioni diverse, ma il mercato internazionale è in ulteriore espansione. Genuini sono soprattutto gli ingredienti della pasta gragnanese. Secondo quanto previsto dal Disciplinare di produzione, la "pasta di Gragnano" è il prodotto ottenuto dall'impasto della semola di grano duro con la purissima acqua della falda acquifera locale, con un particolare profumo di grano maturo e un caratteristico sapore sapido, dal gusto deciso. La pasta di Gragnano è contraddistinta da un aspetto rugoso, tipico della trafilatura al bronzo, e alla cottura si presenta di consistenza soda ed elastica, con un'ottima e lunga tenuta.

Consorzi o di tutela L'istanza di riconoscimento è stata presentata dal Consorzio Gragnano Città della Pasta che raggruppa la maggior parte dei pastifici locali e rappresenta il 90% della produzione dell'area sia in termini di volumi che di fatturato.


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Vitellone bianco dell’Appennino Centrale L’Indicazione geografica protetta “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” è riferita alle carni provenienti da bovini, maschi e femmine, esclusivamente di razza Chianina, Marchigiana e Romagnola, di età compresa fra i 12 ed i 24 mesi. Tali razze hanno infatti significative caratteristiche morfologiche comuni quali: la pigmentazione apicale nera (cute, musello, lingua e palato, ecc.), il mantello bianco che si presenta fromentino alla nascita e nei primi tre mesi di vita, la struttura somatica. Caratteristiche comuni di pregio sono anche: la particolare precocità (l'età tipica di macellazione si colloca fra i 16 e i 20 mesi), le caratteristiche di accrescimento, la resa al macello (62-64%), e l'eccellente qualità delle carni che si presentano magre, sapide e a basso contenuto di colesterolo. L’IGP “Vitellone bianco dell’Appennino centrale”, unica denominazione attribuita alla carne bovina fresca in Italia, ha voluto in effetti legittimare il valore pregiato delle migliori razze bovine da carne italiane a mantello bianco: la Chianina, che ha conquistato fama nel mondo gastronomico per la mitica “bistecca alla fiorentina”, la Marchigiana, antica razza da carne e lavoro nei campi molto diffusa anche nelle aree interne della Campania, la Romagnola, nota per le sue carni di eccezionale qualità. Il “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” IGP deve la sua rinomanza alle pregiate carni delle razze sopra indicate, particolarmente succulenti, oltre che nutrienti e dalle caratteristiche commerciali superiori: colore rosso vivo, grana fine, consistenti, sode ed elastiche al tempo stesso, con piccole infiltrazioni di grasso (bianco) che solcano la massa muscolare. Qualità che derivano dalla razza dell’animale ma anche dal regime alimentare durante il periodo dell’ingrassamento. Cenni storici Le razze Chianina, Marchigiana e Romagnola appartengono all’antico patrimonio genetico della zootecnia italiana e le cui origini risalgono addirittura all’epoca etrusca. Già in era pre-romana, in vaste aree dell'Appennino centrale, erano allevati, infatti, animali riconducibili alle razze su indicate, contraddistinti dall’avere il mantello bianco, un notevole sviluppo somatico adatto soprattutto al lavoro dei campi, ed altre affinità e similitudini dovute sia alla comune origine filogenetica che all'omogeneo areale di allevamento.

Consorzi o di tutela Il Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale I.G.P. è stato riconosciuto dal Mipaaf con D.M. del 29 marzo 2004 (pubblicato sulla G.U. n. 80 del 5 aprile 2004) in base all'art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilazna e valorizzazione del prodotto. Esso ha sede legale in via B. Simonucci 3, loc. Ponte S. Giovanni - Perugia; tel. 0756079257 - fax 075398511. Sito web: www.vitellonebianco.it


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I vini della Campania

In Campania i vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC) sono 15, più 4 a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG). A questi si aggiungono 10 vini ad Indicazione Geografica Tipica (IGT).


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La car ta dei vini della Campania

L’elaborazione grafica è dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Campania - http://agricoltura.regione.campania.it


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La viticoltura campana: duemila anni di storia La Campania è stata senza dubbio uno dei primi e più importanti "centri" di insediamento, di coltivazione, di studio e di diffusione della vite e del vino nel mondo. Non a caso i migliori vini dell'antichità come il Falerno, il Greco, il Faustiniano, il Caleno erano prodotti in Campania. L'Aglianico, il Fiano, il Greco, la Falanghina, il Per' e palummo, l'Asprinio, la Biancolella, la Coda di volpe, la Forastera e gli altri vitigni autoctoni coltivati in Campania costituiscono, quindi, la naturale discendenza di questi antichi vitigni denominati come Vitis Hellenica, l'Aminea Gemina, la Vitis Apiana, le Uve Alopeci, l'Aminea Lanata o Minuscola, ecc. Questo grandissimo patrimonio rappresenta la vera ricchezza della viticoltura campana, che diviene custode e valorizzatrice della tradizione vitivinicola italiana, da alcuni anni esposta, in molte zone d'Italia, al rischio di una ingiustificata esterofilia. Nei suoi duemila anni di storia la viticoltura campana ha vissuto momenti di eccellenza, ma anche periodi di difficoltà. Oggi, dopo una fase di incertezza, la Campania si ripropone all'attenzione del mercato e dei consumatori più attenti e qualificati, andando a rioccupare quella posizione di preminenza che le compete. (tratto dal sito http://agricoltura.regione.campania.it/viticoltura)

Vini D.O.P./D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) 1. Taurasi 2. Greco di Tufo 3. Fiano di Avellino 4. Aglianico del Taburno


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Vini D.O.P./D.O.C. (Denominazione di Origine Controllata) 1. Ischia 2. Capri 3. Vesuvio 4. Cilento 5. Falerno del Massico 6. Castel San Lorenzo 7. Aversa 8. Penisola Sorrentina 9. Campi Flegrei 10. Costa d'Amalfi 11. Galluccio 12. Sannio 13. Irpinia 14. Casavecchia di Pontelatone 15. Falanghina del Sannio

Vini I.G.P. (Indicazione geografica tipica) 1. Colli di Salerno 2. Dugenta 3. Epomeo 4. Paestum 5. Pompeiano 6. Roccamonfina 7. Beneventano 8. Terre del Volturno 9. Campania 10. Catalanesca del Monte Somma


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contatti Legambiente Campania onlus piazza Cavour, 168 80137 Napoli tel 081262890 fax 081261542 email ricette@legambiente.campania.it www.legambiente.campania.it

dicembre 2013



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