MICHELE PETRUCCI
MEMORIE DI UNA FABBRICA
io sono la fabbrica.
Sono vecchia.
Non antica come la città , ma abbastanza vecchia da ricordare come la città è cambiata e per provare ad immaginare il suo futuro.
Questo è il passato. Centinaia di travi di legno per il mio scheletro.
Migliaia di mattoni rossi per la mia carne.
Dalle grandi finestre vedo nascere il mondo.
Un mondo giovane e forte.
Un mondo fatto dalla voce assordante dei telai meccanici al lavoro.
Fatto dai carri che entrano ed escono carichi di cotone e di stoffe.
E dal sangue degli operai finiti tra gli ingranaggi delle macchine.
Questo è ancora il passato. Ma piÚ recente.
Quello che io chiamo il tempo del sonno.
Si sono fatte rivoluzioni e guerre che hanno cambiato i miei lineamenti e quelli della cittĂ .
Sono passati decenni.
Quando anche l’ultima caldaia si spegne, le ciminiere rimangono solitarie testimoni di un tempo ormai scomparso. La depressione economica che è seguita ha fatto il resto.
Questo è il presente.
Una nuova vita.
il mio corpo è cambiato.
Le mie viscere, svuotate dalle macchine e riempite con tavoli e banconi.
il rumore dei telai rimpiazzato dalle folle festanti.
Non sono più quella di un tempo…
…ma sono felice di avere un’altra possibilità.
Questo è il futuro. O almeno come mi piace sognarlo.
Un futuro per chi ha bisogno di cure e attenzioni ma che vuole ancora sentirsi utile.
Un futuro silenzioso, tranquillo, adatto ad una vecchia come me.
Così accolgo le persone curiose di conoscere la mia storia.
Perché conoscere la mia storia significa conoscere la storia della città. E quindi la storia di ognuno di loro.