Nostalgia

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Nostalgia

L’omino di Acrovix è solito scendere per il pendio montano quando avverte la gestazione di un particolare che lo accompagnerà nella Credenza. Costituzione in legno di mogano, ma soprattutto dogmi e cartoline, sicché di solito raggiunge la cascata che si trova all’angusto alveo della foresta. Gradisce appieno le luci del primo pomeriggio e, posato per un attimo il raccolto sui letti di terra umida, s’appunta le sue oscillazioni acriliche. E quella settembrina per eccellenza riguarda la Nostalgia, che è pioggia sul sole, a seconda di quanto egli sia ancorato al suono ruggente della cascata lungo le cave della foresta. Oppure è un gatto che domanda attenzione, con la distanza empatica di chi avverte l’omino di Acrovix sui pericoli del ritorno che viene. E intanto quello, con fare pestoso, si spreme il pensiero, mentre è intento a lavorare il legno con le spatole della Fonte dei Primitivi, e gli preme chiarire il ricordo migliore che ha. Non sceglie, ma pesca: vorrebbe lo stesso torrente di sempre, giù, tra le stanze marmoree, tra i sentieri tracciati da illogiche legende, e amerebbe il pesce d’identico umore, mentre di goccia in goccia si riempiono le cannule erbacee in cui flottano i semi dell’acero opale, e i tronchi caduti s’addensano di vita in estremo torpore. Poi, l’inghippo, il cono d’ombra ombelicale dei lecci spinto per sincopi dal vento. Si rompe l’estate e l’autunno si prefigura: così gli occhi di Lei hanno lo stesso sincero colore d’un tempo, e si può sfiorare persino il verso del mare, se il senso è che quasi gli sembri di pungersi il dito sul legno, ed invece prorompe in devota e felice ammissione. Non è l’ozio a preoccupare l’omino di Acrovix, né vincer l’opposto dovere di scendere sino alla tana dei gufi in cui Cerri cedono il posto a minuscole moltiplicazioni di orchidee. I sassi riflettono uno sconfinato bagliore, e l’idea è quella di centellinare gli sconforti, per perdersi piuttosto in pure tenzoni, in rincorse chiassose ed acerbe emozioni, perché gli occhi di lei hanno ancora un colore. Non l’ombra di meditazioni. Solo azioni di lontana giovinezza. E sempre la pioggia a cadere adombrando d’un pizzico il sole. Il mare si riempie, allontanando il gelo del tempo infranto. Così viene l’ora del brivido sulla schiena, dello schietto livore in cui ogni cosa si raduna per errore nel medesimo canto. Un lampo squarcia quel sole, mentre la pioggia si prende il saluto migliore dell’Omino di Acrovix intento a recuperare il truciolato contaminato dal muschio osmotico e precipitoso. Così Nostalgia è una carezza rotta da un fischio lontano, dal fiore di campo che mescola gioia e dolore in ogni suo odore. I crampi di pioggia sciolgono il sole. E col passar delle ore, tutto s’oblia nel silenzio di un’ombra che rincasa con un ricordo fatto di legno che brucerà nella stufa.


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