La violenza sulle donne

Page 1

a cura di Graziella Priulla 1


Prevenire si può


Serve sempre di piÚ che lo sgomento provato di fronte all’uccisione di una donna si accompagni alla volontà di ridurre il numero delle vittime di violenza; serve che si conoscano e si diffondano gli strumenti di protezione necessari. Dobbiamo uscire da un approccio fatalista ed emergenziale per attivare modificazioni culturali che trasformino in maniera significativa i codici della violenza e gli equilibri di potere.


4


In premessa è bene ricordare alcune date italiane che forse non tutti conoscono: 1962 - l’abolizione del licenziamento per matrimonio 1963 - la possibilità per le donne di accedere alla carriera di magistrato 1975 - il nuovo diritto di famiglia e l’abolizione del capofamiglia (e con esso il diritto del marito di picchiare la moglie laddove, a sua discrezione, questa aveva sbagliato) 1977 - la parità di trattamento sul lavoro


1981: l’abolizione del delitto «d’onore»

6


1996: l’inclusione della violenza sessuale tra i reati contro la persona Prima, la violenza sessuale non era considerata un reato contro la persona, ma un reato contro la morale, perciò aveva un certo valore se la donna era ancora vergine (avendo provocato un danno irreparabile nei confronti del futuro marito), ma valeva ben poco se non lo era. Certe cose non accadono alle donne “perbene”, ma a “quelle che se la vanno a cercare»: questa era la filosofia di base. Il 26 aprile 1979 rappresentò una data storica per la televisione italiana, ma anche per l’intera società: alle 22 andò in onda, sulla RAI, Processo per stupro. La trasmissione del documentario fu sconvolgente perché rendeva visibile quanto gli avvocati che difendevano gli accusati di stupro potessero essere violenti nei confronti delle vittime.


In questo quadro arretrato si inserisce il tema della violenza sulle donne. Fare informazione su questo non è una scelta neutra: tocca tabÚ sociali, molti antichi e alcuni purtroppo - anche nuovi. La reazione misogina e la violenza verbale di singoli e di gruppi si manifestano con evidenza sui social network e nei commenti ai siti che trattano questi argomenti.


Nel mondo oltre 600 milioni di donne subiscono violenze sono 6 milioni 743.000 le donne italiane tra i 16 e i 70 anni che hanno subìto almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita 3 milioni 961.000 donne sono state vittime di violenze fisiche (pugni, schiaffi ecc.) 5 milioni (il 23,7%) hanno subìto violenze sessuali le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi e a tutti i ceti



Partiamo dal caso estremo

Femminicidio E’ una recente categoria di analisi socio-criminologica delle violenze perpetrate nei confronti delle donne entro un rapporto di coppia. E’ un neologismo per indicare ogni forma di violenza posta in essere contro la donna in quanto donna. Inventare nuove parole serve Dare un nome a un problema è essenziale sia per far sorgere consapevolezza della sua esistenza, sia per agire. Iniziare a chiamare gli omicidi misogini con il termine femminicidio serve a rimuovere la generalizzazione che deriva dall’uso di parole quali “omicidio” e “uccisione” e comprendere invece i fattori di rischio specifici, la loro diffusione, le modalità per effettuare le indagini. 11



Il termine ‘femminicidio’ si è diffuso dopo il film-denuncia diretto da Gregory Nava e interpretato da Jennifer Lopez e Antonio Banderas, che racconta 14 anni di omicidi di donne in Messico. Dal 1993, più di 400 donne sono state barbaramente assassinate a Ciudad Juárez e in altre città dello Stato messicano di Chihuahua, e più di 650 stuprate. Le indagini locali sono risultate inadeguate, tra omertà, depistaggi, colpevoli ritardi, falsificazione delle prove. Grazie alla tenacia delle donne messicane, il Messico è stato condannato dalla Corte interamericana per i diritti umani per i femminicidi avvenuti sul suo territorio.




Bollettino di guerra Menna era al lavoro, alla guida di uno scuolabus. Giustiziata. Francesca dormiva nel suo letto, come Rosanna. Giustiziate. Gabriella era in macchina accanto al suo assassino, Antonia aveva appuntamento con lui, per strada ... giustiziate. Stefania, brillante studentessa di psicologia, battagliera nel movimento degli studenti. Il ragazzo che la uccise, dopo un amore finito, non seppe dire altro che una frase assurda: «L’amavo più della sua vita». Carmela, liceale palermitana, si frappone fra la sorella e il suo omicida. Cerca di salvarla dal furore dell’ex fidanzato respinto. Le hanno trovate una accanto all’altra, le ragazze, riverse nell’androne di casa al ritorno da scuola. Donne diversissime tra loro per provenienza, mestiere, classe sociale. Ma con vicende simili. Il dopo si assomiglia: l’ospedale, la questura, la paura, i processi. Ma si assomiglia anche il prima. Il colpo di fulmine, l’innamoramento, il sentimento assoluto, la vita in comune, le botte, i primi abusi, l’isolamento, le denigrazione, le minacce sui figli quando ci sono, la segregazione.




Un triste primato Ogni tre giorni in Italia una donna viene uccisa per mano del proprio partner Un fenomeno allarmante per le Nazioni Unite: eppure in Italia è trattato come un reato di scarsa pericolosità sociale, quasi fisiologico e inevitabile. Basti pensare che violenze e percosse alle donne, spesso preludio del delitto, sono perseguite solo su querela della vittima. Anche per l’informazione, il reiterarsi di questo crimine fa sì che scenda la soglia di attenzione e che il trattamento della notizia sia ormai scaduto in un racconto di routine. E colpisce la frequenza con cui si usano, per raccontare questi crimini, categorie come "delitto passionale", "raptus di follia", o che si leggano titoli come: "l’ex confessa: l’amavo più della mia vita". "Gelosia", "passione", "amore" diventano facile movente e persino attenuante, che abbassa la soglia dell’allarme sociale, nel silenzio delle famiglie “normali”. 19








Su dieci uccisioni di donne, 7,5 sono precedute da maltrattamenti, violenza fisica o psicologica

In Italia sono 250 al giorno ‌ ‌ le donne che vengono aggredite e picchiate dal loro partner o dal loro ex partner. Nel tempo che avete impiegato a leggere questa diapositiva, è successo, da qualche parte, almeno una volta. 26


Barbablù sposava le ragazze e le uccideva, poi nascondeva i loro corpi in cantina. Così, in serie. Il primo serial killer delle favole. Marito omicida seriale, impunito. Perché lo facesse, la storia non lo spiega: non per i soldi, era ricco e viveva in un castello. Non per gelosia, le sue mogli non lo tradivano né potevano avere la tentazione di farlo: vivevano isolate nel maniero, sole con lui. Non per rabbia, non per reazione a qualche episodio che potesse scatenarla: niente di tutto questo dice la storia. Solo che lui le uccideva. Concita De Gregorio, Malamore


Identikit della violenza Le tipologie principali della violenza - sessuale (stupro, tentato stupro, molestie, rapporto imposto, sfruttamento) - fisica (percosse, ferite, mutilazioni, uccisioni) - economica ( privazione di fondi e risorse) - psicologica e verbale (minacce, ricatti, umiliazioni, denigrazioni, insulti). La violenza ha come autori uomini molto diversi Nessuna ricerca ha rilevato specifici fattori come indicatori di rischio: né la razza, né l'età, né le condizioni socio-economiche e culturali, né una specifica condizione psico-patologica. 28




La violenza si può fermare Se scartiamo l’infondata ipotesi di una connaturata malvagità del sesso maschile, possiamo pensare, più ragionevolmente, che un cambiamento - nel senso di relazioni più umane tra uomini e donne - venga dalla cultura, dall’educazione, dalle leggi, da una conoscenza di sé e dell’altro più consapevole della barbarie che ci portiamo dentro, nostro malgrado. Non è una questione per sole donne, ma la condizione fondamentale per dar vita a una società libera dall’oppressione.



Ti amo, perciò ti uccido L’analisi storica e sociologica deve aiutare a comprendere. Non è perché gli uomini sono malvagi che alcuni di loro umiliano o uccidono le loro compagne, ma perché la società nel corso dei secoli ha creato in loro la convinzione di essere i legittimi proprietari del corpo femminile e che il loro desiderio fosse il solo a contare. Questa convinzione, costruita socialmente e culturalmente e radicata nella legge, nella letteratura e nei media, crea quello squilibrio di genere che è all’origine della violenza e che deve cambiare. 33


Non è un destino ineluttabile Il punto non è «donne contro uomini». In tutto il mondo lo scontro in atto è di mentalità. Coloro che vogliono conservare regole e abitudini del passato «devono» umiliare le donne. Ai loro occhi è il solo modo per evitare che lo status quo sia messo in pericolo. Le persone moderne invece non avvertono questa necessità, perché sono in grado di adattarsi a una società retta da princìpi nuovi.



Ascoltare i campanelli d’allarme Anna Costanza Baldry, ricercatrice specializzata in criminologia: Ho studiato 479 fascicoli processuali di altrettanti omicidi di donne per cercare di capire se, prima dell'uccisione, ci fossero stati campanelli d’allarme. Nel 70% dei casi erano suonati eccome, ma nessuno li aveva sentiti. In 9 casi su 10, se si valuta il rischio correttamente, è possibile capire se ci sarà un'escalation della violenza.


Le storie violente cominciano sempre con uno schiaffo: un “piccolo“ episodio che spesso viene sottovalutato nella speranza che non accadrà ancora. E invece lo schiaffo si ripete, più forte. Sempre. Di solito una vittima non reagisce alle prime avvisaglie di un comportamento violento con comportamenti di fuga, allontanamento o ribellione: è portata piuttosto a perdonarlo o comunque a trascurarlo, confidando che non si presenti più. Un ceffone è già troppo. Anche se è la prima volta, anche se l’uomo si pente e promette di non usare più le mani, in quel momento il limite è stato superato e può andare soltanto peggio.


Saper riconoscere i sintomi Chiari sono i tre indicatori fondamentali perché una donna possa riconoscere una situazione di maltrattamento: la sofferenza, la confusione e la paura. Quando si è in una situazione di maltrattamento psicologico c’è sofferenza e ci si sente responsabili, come se essere trattate male sia propria colpa. C’è confusione, non si capisce più chi ha torto o ragione nelle discussioni, non si riesce a seguire il proprio punto di vista e ci si sente indecise e insicure su ogni cosa. C’è paura, si sente un disagio forte perché si è continuamente in ansia per le oscillazioni di umore del proprio compagno.


Viviamo in una societĂ che insegna alle donne come fare a non essere violentate anzichĂŠ insegnare agli uomini a non violentare

39


E le pubblicitĂ , che relazioni umane suggeriscono? E perchĂŠ i maschi accettano che li si rappresenti cosĂŹ?



Se questo è un uomo


Una sessualitĂ da incubo

43


44


Possesso Il rapporto con la donna è fortemente segnato dal verbo avere: “ho un moglie”, “ho una ragazza”, “farò di tutto per riaverti”, “sei mia”, “l’ho posseduta” sono forme linguistiche che chiariscono molto più di tante analisi a quale tipo di rapporto sia educato l’uomo. La donna “si ha”, e se è negata è legittimo toglierle la vita,

romperla come un oggetto.



Questo non è amore





Lesioni quotidiane all’autostima “Mi diceva che sono grassa, che sono stupida, che sono brutta: e io andavo davanti allo specchio, mi guardavo con gli occhi suoi e mi dicevo che forse aveva ragione�



Che cos’è la gelosia? L' "amore geloso" si attiva quando predomina una tensione determinata da insoddisfazione, scarsa autostima, frustrazione: un vuoto che il partner dovrebbe colmare. In questa modalità di relazione si tende al possesso del partner. E’ un rapporto di potere. C'è un bisogno esasperato di essere amati, ammirati e scelti come unici destinatari dell'investimento affettivo del partner, da cui si esige una presenza e una disponibilità continua e totale. Il partner geloso, con la sua pretesa di possesso esclusivo dell'altro da cui ricevere un amore incondizionato e una soddisfazione totale, non riesce ad identificare il partner come "altro da sé", ma come specchio di se stesso. E' un amore a metà, dove predomina l'illusoria convinzione delle donne di essere ricercate, amate, desiderate intensamente da un uomo che dice di non poter vivere senza il loro amore, ma che in realtà sta pensando solo a se stesso. Per amare è necessario riconoscere il partner come altro da noi, con la sua personalità, il suo modo di essere, i suoi spazi di libertà.


Nessuna donna dovrebbe accettare un rapporto in cui è sempre il compagno a dettare le regole. Uno dei segnali da “allarme rosso”, ad esempio, è se l’uomo cerca progressivamente di isolare la compagna dal mondo esterno, quindi le impedisce di vedere gli amici, di avere attività di vario genere che la portino a trascorrere del tempo senza di lui. L’uomo manipolatore e lo psicopatico tentano con tutti i mezzi di costruire un rapporto “fusionale” con la donna e non perché siano realmente innamorati di lei, ma solo perché vogliono mantenerla sotto controllo.


Una mattanza sotto traccia E’ difficile conoscere il fenomeno della violenza dai dati delle statistiche amministrative, essendo le denunce scarsissime. Solo circa il 7% delle violenze, sia fisiche che sessuali da partner o ex-partner sono state denunciate, nel 33% dei casi le vittime non hanno parlato con nessuno della violenza subÏta, e soltanto nel 2,8% si sono rivolte ad un Centro antiviolenza.

Ricerche nazionali e internazionali hanno evidenziato che 7-8 donne su 10 prima di essere uccise dal loro partner o ex partner avevano subĂŹto maltrattamenti o erano state perseguitate.

55



Troppo spesso gli stereotipi e i pregiudizi, ancora sottesi in tradizioni, istituti, ruoli e realtà sociali attuali, trovano la donna incapace di quella consapevolezza che la condurrebbe a percepirsi nel suo ruolo di vittima quando questo fosse. E’ soggiogata troppe volte anche da una fragilità psicologica che la mantiene passiva, indulgente e tollerante, incline a sopportazione e oblatività come caratteristiche materne e quindi confacenti con il suo ruolo di donna. E’ soggiogata troppo spesso da una sudditanza economica, quando non possa contare sull'efficienza di una rete istituzionale sistemica e coordinata che la protegga e la difenda.


Nelle storie di piccola e di grande violenza mancano sempre le parole da dire Non ci sono le parole della vittima che subisce, si percepisce impotente e si arrende a un potere che diventa sopraffazione. Non ci sono le parole di chi utilizza la violenza perché non sa raccontare in altro modo la sua paura di vivere ai margini, la sua vulnerabilità che è spesso il risultato di storie di vita dall’avvio problematico e dalle poche risorse educative ed emotive. Non ci sono nemmeno le parole di coloro che dovrebbero presidiare il campo della crescita e dell’educazione, che dovrebbero prendere posizione rispetto alle prepotenze e alle 58 ingiustizie.


Riconoscere la violenza I maltrattanti si comportano tutti in maniera molto simile. Considerano la compagna una cosa di proprietà, ne sono gelosi al punto da impedirle progressivamente di uscire, di avere una propria vita sociale, spesso la inducono a lasciare il lavoro per badare ai figli, la umiliano verbalmente fino a distruggere la sua autostima. A questi comportamenti, poi, alternano periodi di estrema docilità e tranquillità. Questo crea confusione e sensi di colpa nella donna, ed è questa la ragione per cui le donne portano avanti relazioni violente così a lungo, rivolgendosi mediamente ai centri antiviolenza dopo 7 anni di maltrattamenti. Lo scopo per tutti è lo stesso: ridurre la donna in una condizione di isolamento e quindi di dipendenza, sia economica che psicologica. La soggezione psicologica è tale che molte subiscono sistematicamente anche violenza sessuale, ma accettano la cosa come normale.



61


Il giudizio degli altri In molti casi, una donna in condizione di fragilità psicologica subisce l’ulteriore carico del giudizio dei familiari, che sminuiscono la sua condizione di sofferenza con frasi come "Te lo sei sposato e te lo tieni", e delle forze dell’ordine, che spesso scoraggiano quelle che vanno a denunciare: "Signora, è il padre dei suoi figli: ci pensi bene". Per aiutarle a uscire dall’isolamento è dunque importante avvicinarsi loro con cautela e istruire in modo adeguato forze dell'ordine e operatori sociali.






La violenza assistita Secondo i dati del 2006 sono state 690 mila in Italia le donne che hanno subìto violenze ripetute dal partner e avevano figli al momento della violenza. Il 62,4% ha dichiarato che i figli hanno assistito ad uno o più episodi di violenza. Le piccole vittime di violenza assistita apprendono che l’uso della violenza è normale nelle relazioni affettive. L’aver subìto e/o assistito a maltrattamenti intrafamiliari è tra i maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di comportamenti violenti nella vita adulta.




Incolpare la vittima è ucciderla due volte Sminuire la portata della violenza, ritenendo fisiologica l’episodica aggressione nella sfera del privato di coppia, definire genericamente conflittualità di coppia l’agire violento del partner maschile, o ricercare nella vittima, nel suo comportamento e/o nella sua psicologia, le cause della violenza, dà luogo a un processo che è stato definito di vittimizzazione secondaria, che consiste nel cercare la causa della violenza in tratti di personalità, in particolari comportamenti delle donne o caratteristiche morali di queste ultime. 70



«Non è vero»

«Non sta succedendo a me». Luisa, 38 anni, toscana, dice di essere andata avanti per mesi con quel pensiero fisso. Mesi durante i quali il fidanzato, da cui attendeva un figlio, alternava momenti di tenerezza a scatti di ira, carezze e botte. Chi lavora con le donne maltrattate spiega che dalla fase «non sta succedendo a me» passano quasi tutte. Se si avessero le chiavi per decodificare i segnali, imboccare il tunnel che porta a diventare vittime di violenza sarebbe meno semplice. Capire significa salvarsi.


73



75



1 marzo 2012:

“Fracassa il cranio del figlio per vendicarsi dell’abbandono della moglie”

Come poteva essere un “uomo mite”, “buono come il pane”, padre “amorevole”, come lo hanno descritto la maggior parte dei giornali ostentando profili psicologici di un uomo “distrutto dal dolore” per la separazione dalla moglie, quello che ha fracassato a martellate il cranio del figlio di 17 anni che dormiva nel letto di casa sua per vendicarsi della donna che lo aveva messo di fronte all’inevitabilità della separazione dopo l’ennesima lite? Come poteva essere un uomo “pacifico”, uno che decide scientemente di uccidere il figlio, prima di togliersi lui stesso la vita lasciando alla moglie la scoperta dell’orrendo delitto consumato in casa sua? Quale concezione aveva dei rapporti, dell’amore, della paternità? Quale maturità, quale autonomia, se a tal punto non sopportava un abbandono? Quale pace mai potrà trovare questa madre, rosa dal rimorso di aver lasciato il figlio in mano al suo aguzzino travestito da padre amoroso?

77


O la colpa è del caldo?



Sulla violenza non si può scherzare! Banalizzazione della violenza da parte di pubblicitari senza scrupoli

80


Ricordate che la violenza è recidiva

81


Telefono Rosa nacque nel febbraio 1988 a Roma come strumento temporaneo di ricerca volto a far emergere, attraverso la voce diretta delle donne, la violenza sommersa di cui non si trovava traccia nei verbali degli operatori sanitari o delle forze dell'ordine. In una stanza cinque volontarie con l’ausilio di un quaderno e di una penna si alternano nell'ascolto di donne che chiamano da tutta Italia. Oggi l’Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa onlus è una rete di associazioni territoriali. 82



84


I centri antiviolenza sono luoghi in cui vengono accolte le donne che hanno subìto violenza. Grazie all’accoglienza telefonica, ai colloqui personali, all’ospitalità in case rifugio e ai numerosi altri servizi offerti, le donne sono coadiuvate nel loro percorso di uscita dalla violenza. Le Case rifugio, spesso ad indirizzo segreto, ospitano le donne e i loro figli minorenni per un periodo di emergenza. Per maggiori informazioni D.i.Re: donne in rete contro la violenza



La distribuzione territoriale dei centri


Un ritardo colpevole

Il Consiglio d'Europa raccomanda un centro antiviolenza ogni 10.000 persone e un centro d’accoglienza ogni 50.000 abitanti: in Italia dovrebbero esserci dunque 5700 posti letto ma ce ne sono solo 500, contro i 1100 della Francia, i 7000 della Germania, i 4500 della Spagna e i 3890 dell'Inghilterra. Anche la Turchia è più avanti di noi, con 1478 posti a disposizione. Gli studi dell’associazione Women Against Violence (www. womenagainstviolence. org) dicono che al 30 giugno 2011 il nostro Paese aveva 54 case rifugio per donne in pericolo. In Inghilterra sono 685, in Germania 346, in Spagna 148, in Svezia 180, nel Paesi Bassi 100.


Le richieste di aiuto delle donne ai centri antiviolenza aumentano di anno in anno, ma le capacitĂ di ospitalitĂ ed accoglienza diminuiscono a causa della riduzione dei fondi messi a disposizione dagli enti locali per la protezione delle vittime. Diversi centri antiviolenza hanno giĂ chiuso e altri sono a rischio chiusura.


Quelle che ce l’hanno fatta In tutta Italia, per fortuna, le storie di donne riuscite a liberarsi dai maltrattamenti sono migliaia. Ad accoglierle e accompagnarle, le operatrici dei Centri, che riconoscono i loro problemi prima ancora di sentire i loro racconti. Le donne che riescono a liberarsi non hanno una marcia in piĂš di quelle che non ce la fanno. Hanno solo deciso, una volta per tutte, di averne abbastanza. A volte la decisione scatta per paura di morire, a volte dopo aver visto picchiare o violentare i figli, a volte dopo un colloquio con un centro antiviolenza o con un'amica. Ogni percorso è diverso, ma tutti conducono allo stesso traguardo:

la libertĂ


Per saperne di pi첫 www2.units.it/noallaviolenza Un sito dedicato alle ragazze e ai ragazzi sulla violenza sessuale, fisica e psicologica

Troverete anche esercizi di autoanalisi

91




Nel 2012 ha preso piede una nuova campagna contro la violenza sulle donne che vede protagonisti gli uomini. Qualcosa sta cambiando poiché non tutti vogliono essere identificati come i carnefici dei quali troppo spesso si sente parlare in tv; esiste una grandissima fetta che vuole schierarsi apertamente dalla parte delle donne. Ci fa capire la consapevolezza che sta nascendo: l’opera di sensibilizzazione sta avendo, anche se lentamente e con qualche difficoltà, i suoi frutti. Riconoscere la violenza è un passo avanti molto importante affinché si ottengano risultati positivi.




La libertà negata: stalking L'attenzione che si trasforma in ossessione. Molestie quotidiane, silenziose, difficili da individuare e arrestare. E il sospetto diventa paura, erode la libertà fino a costringersi in una prigione soffocante. Questo è lo stalking: comportamenti reiterati di sorveglianza, controllo, contatto pressante e minaccia che invadono con insistenza la vita di una persona per toglierle la quiete e l’autonomia. Gli atti persecutori sono ora un reato ben definito, punito con condanne da sei mesi a quattro anni di reclusione. Per una prima assistenza è attivo 24 ore su 24 il numero gratuito antiviolenza 1522, in grado di mettere in collegamento diretto le vittime con le questure, offrendo anche supporto psicologico e giuridico. 97


Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale sullo Stalking, nel 2011 un italiano su cinque è stato vittima di molestie insistenti: nel 70% dei casi la vittima è una donna. Uno stalker su tre è recidivo

98


Gli atti   

 

Seguire la vittima negli spostamenti quotidiani Aspettarla sotto casa oppure presso il luogo di lavoro Compiere incursioni inaspettate nei luoghi di lavoro per spaventare i colleghi o il datore di lavoro allo scopo di far licenziare la donna Comparire inaspettatamente nei luoghi abitualmente frequentati dalla donna in modo che si senta sempre controllata Telefonare continuamente a casa, sul cellulare, sul posto di lavoro Inviare continuamente messaggi telefonici o in posta elettronica o lettere o biglietti Far sentire la donna “ in trappola” minando il suo senso di autonomia e di indipendenza


100




= preventivi, punitivi e soprattutto dotati di effettivitĂ

= apertura di sportelli di ascolto e di denuncia, creazione di presidi antiviolenza nei vari ambiti territoriali, attivazione di linee telefoniche dedicate, assistenza attraverso personale specializzato

= per riconoscere la violenza, per acquisirne consapevolezza, per professionalizzare le forze di polizia, per combattere gli stereotipi, per sensibilizzare alla paritĂ e al contrasto di qualsiasi forma di discriminazione


Leggi che tutelano le donne Norme contro la violenza sessuale Legge 15 febbraio 1996, n. 66. La violenza sessuale è qualificata come delitto contro la libertà personale. La legge attuale riconosce una maggior gravità alla violenza sessuale rispetto alla precedente normativa che la collocava fra i “delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume” Misure contro la violenza nelle relazioni familiari Legge 4 aprile 2001 n. 154. Si può denunciare una violenza fino a tre mesi dal suo accadimento. E’ sufficiente presentarsi presso la Questura o presso la sede dei Carabinieri o della Polizia più vicini, con il certificato medico che attesta l’avvenuta violenza. E’ possibile allontanare da casa il coniuge o altro convivente. Se la sua condotta è giudicata pericolosa per l’integrità fisica o morale o per la libertà dell’altro coniuge o convivente o dei suoi prossimi congiunti, su ordine cautelare del Giudice possono essere applicate misure di protezione sociale. Misure antistalking Dal 2009 art. 612-bis del codice penale: il carcere va da 6 mesi a 4 anni, aumentabili fino a 6 se il colpevole è un partner o un ex.


Leggi regionali in materia di violenza sulle donne •

Abruzzo

Liguria

Basilicata

Piemonte

Calabria

Sardegna

Campania

Toscana

Friuli Venezia Giulia

Provincia di Bolzano

Emilia-Romagna

Sicilia

Lazio


Regione Toscana


Roma


Genova


Sassari


Quello che vale nelle relazioni conflittuali internazionali può valere anche nelle relazioni conflittuali di genere. Funziona meglio l’escalation delle minacce piuttosto che la deterrenza dell’arma estrema delle misure detentive. La minaccia però è efficace solo a tre condizioni La prima è che le vittime la mettano in moto: che si rivolgano al numero verde o alle forze dell’ordine, che accettino almeno questa modica sanzione per il colpevole. La seconda si collega alla prima: le donne abusate non devono vergognarsi di essere vittime. La vergogna dovrebbe essere monopolio assoluto dei colpevoli. La terza è forse la condizione chiave e si collega alla seconda: comportamenti come lo stalking e la violenza domestica dovrebbero essere considerati vergognosi persino a giudizio degli stessi autori, o almeno agli occhi della stragrande maggioranza dell’universo maschile.


Campagne di educazione sentimentale






“La violenza contro le donne e le ragazze persiste in ogni continente, paese e cultura. Essa costituisce un alto prezzo da pagare nella vita delle donne, delle loro famiglie e della società nel suo complesso. Molte società proibiscono tale violenza, tuttavia la realtà è che troppo spesso essa è tenuta nascosta o accettata tacitamente”

Ban Ki-Moon, Segretario Generale delle 116 Nazioni Unite, 8 marzo 2007


in tutta Europa ‌

117



La violenza sulle donne è parte di una cultura globale che nega alle donne pari opportunità e pari diritti e legittima la violenta appropriazione del loro corpo per gratificazione individuale o scopi politici. Milioni di donne nel mondo sono terrorizzate da violenze domestiche, schiavizzate in matrimoni forzati, comprate e vendute per alimentare il mercato della prostituzione, violentate come trofei di guerra o torturate in stato di detenzione.

119


PiÚ di 125 paesi del mondo hanno delle leggi specifiche per contrastare la violenza domestica, ma sono ancora 603 milioni le donne che vivono in nazioni dove questo fenomeno non è considerato un crimine.




Le campagne


Amnesty International



UE

126


127



Francia



131


132


133


134




World Health Organization

137


USA

138


139


UK

140


141





Islanda

145


Spagna

146





Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.