Olga Pangoli
Un abito per Olimpia (radiodramma)
I premio concorso "Umberto Benedetto-Microfono di Cristallo" 2005 --------------------------------------------------------------------------------------Voci: MARINAIO CELSO OLIMPIA ----------------------------
MARINAIO:
Ho viaggiato mesi e mesi sull'Alfa Tulip. Ero alle macchine, sotto coperta. Un altro mondo. Di sopra, nel salone, ogni sera Celso era al lavoro con la sua orchestrina. Ogni tanto ci capitavo nel salone, di notte, per sentire un po' di buona musica. C'era sempre festa, di notte, nel salone dell'Alfa Tulip. Le signore erano eleganti, in abiti da sera. Sui tavoli c'erano fiori freschi, camerieri andavano in giro e offrivano champagne, mentre l'orchestrina di Celso suonava motivi piacevoli. Dire 'orchestrina' non gli piaceva, a Celso. Lui la chiamava la sua 'band'. Ci sapeva davvero fare con le canzoni. Anche le musiche più banali diventavano magiche, con quel sottofondo di fisarmonica e tromba in sordina... Era propèrio bravo, mi piaceva la sua musica. Anche lui mi piaceva, ci andavo d'accordo. Era una persona gentile e simpatica. Lo vedevo poco durante il viaggio, il mio era proprio un altro mondo, giù di sotto. Però nelle soste eravamo sempre insieme io e Celso, nei soliti locali del porto, i più vicini alla banchina.
Era come un appuntamento. Prima io e poi lui, oppure prima lui e poi io, allo stesso tavolo, per bere insieme un po', a volte un bel po', a dire la verità. Poi si rientrava sull'Alfa Tulip, il viaggio riprendeva. Soliti giri, solite cose. Eravamo amici di bevute, compagni di viaggio... senza conoscerci gran che. No, non potevo dire di conoscere Celso, fino a quella sera fredda e piovosa. Io sono un uomo semplice, un marinaio, non amo le complicazioni, le storie... Non so cavarmela tanto bene con le parole. Ma ora che Celso non c'è più, devo parlare, fare quello che lui voleva, quello che mi fece promettere. Perché ormai eravamo amici. Da quella sera, quando mi parlò della sua vita e di lei, Olimpia, in uno dei nostri soliti bar, e fuori era freddo, e pioveva. (Un bar nei pressi di un porto. Sirene lontane. Tintinnio di bicchieri. Gente che parla, non sempre sottovoce; qualche risata. Ogni tanto, in lontananza, tuona. Un'orchestrina sta suonando.) CELSO:
Tempaccio. Mi fa ricordare... un certo giorno. Una serata come questa. Pioveva. E tutto il giorno a piovere, a piovere... Un grigiore... (L'orchestrina attacca una vecchia canzone: "Come vorrei". Celso canta con voce intonata, ma strascicata, di persona un po' ebbra.)
"In questo inverno c'è qualcosa che non va..." MARINAIO: (Cantando a caso, con voce stonata) "Quest'inverno qualcosa non va bene... " CELSO Era proprio una serata come questa... (Continua a cantare, seguendo l'orchestrina) "Come vorrei come vorrei amore mio... come vorrei che tu mi amassi a modo mio. e questa sera troppo triste troppo uguale, non fosse più senza di te... " MARINAIO: Sera triste, Celso, uguale a tante... CELSO: Ma no, non uguale a tante. No, quando c'è un amico. MARINAIO: Verità sacrosanta.
Si sta bene con gli amici. Specialmente... (ride) se offrono da bere! CELSO: Ehi, capo! Un altro brandy a questo tavolo! E una birra per questo amico! A me non mi convince, la birra. Non ti scalda come il brandy. MARINAIO: Vero. Mica ti scalda. Capo! Anche a me un brandy! CELSO: Bravo! Vedo che impari, dal vecchio Celso. Caro amico paziente. MARINAIO: Sono un amico paziente? CELSO: Mi ascolti. Sei paziente. MARINAIO: Sono tutt'orecchi per te, Celso, se ti fa piacere. Alla tua salute! CELSO. Alla nostra salute! e per riscaldarci un po'. E' freddo, fuori. MARINAIO. Giusto. Riscaldarci un po'. Troppa umiditĂ . (Canta, ritmando a caso.) "Un po' di brandy per riscaldare il mio cuor... " Cin-cin! CELSO: Era proprio una serata come questa, ti dicevo... La lampada era stata sempre accesa sul mio scrittoio, in ufficio. MARINAIO: Un ufficio, Celso? Tu, in ufficio? Tu sei un musicista. Anche bravo. CELSO: Un tempo lavoravo in ufficio. Un grande ufficio. Stipendio abbastanza buono e buona carriera. Fino al giorno che ti dicevo. MARINAIO: Un giorno davvero speciale, allora. CELSO: Proprio cosĂŹ. Un giorno davvero speciale. MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO:
MARINAIO:
Pioveva e pioveva. Proprio come oggi. Questo... quanto tempo fa, Celso? Anni fa, ma per me come ieri. Minuto per minuto me la ricordo quella giornata interminabile. Sempre a guardare l'ora, aspettare e aspettare. Capisco. Aspettavi d'andartene da quell'ufficio. Aspettavo di cambiar vita, di voltare pagina. Capisco. Certo. Non ti ci vedo in ufficio, fra le scartoffie. Sei un artista. Tu sei fatto per la musica, Celso. Ma io non pensavo di avere quella forza: chiudere per cominciare da capo, lasciare tutto quanto, dedicarmi a quello che mi appassionava... La musica. La musica, le canzoni... No, quel coraggio non l'avevo. Credevo che tutti i giochi fossero fatti, che ormai niente di nuovo e di bello mi potevo aspettare. Nessuna prospettiva, nessun sogno. Non ti trovavi bene in quel lavoro?
CELSO:
MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO:
Non era questo. Era la vita per come m'andava che non mi stava più bene. Però ero rassegnato. Fino a quando... La decisione. Le cose dovevano cambiare. Quel giorno chiudevo. Dimissioni consegnate, preavviso... Tutto regolare. Aspettavo l'ora di uscita. Arrivò finalmente. Rimisi tutto in ordine, m'infilai l'impermeabile, stetti un poco. Il corridoio era sgombro. Nessuno per le scale. Per via dei saluti, i commenti... quelle cose. Perché qui, perché là... hai riflettuto... qua staiamo bene... un buon lavoro... così e così... non sei più giovane... Aspettai. Non si sentivano più passi, niente. Me n'andai. Abbandonasti un buon lavoro, e piantasti tutti. Me n'andai. Ancora un brandy? Meglio di no, meglio di no. Per me ancora un cofee-brandy. Qua, a questo tavolo, ragazzo!
(Urlo di sirena.) MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO:
MARINAIO:
CELSO:
E' l'Alfa Tulip, Celso. Si deve andare. C'è tempo per un'altra bevuta. Sono io che offro. Ma sì! Un altro brandy anche per me, capo! Sei proprio un vero amico, Celso. Continua la tua storia. Te n'andasti da quall'ufficio. E poi? che facesti? Allora, dicevo... chiusi la porta dietro di me e mi trovai per la strada. Mi sentivo leggero come un angelo, giovane come un ventenne. Avevo voglia di correre, di correre... Ma non era facile nemmeno camminare. Pioveva forte. Girai un po', a casaccio. Ombrelli sgocciolanti, gente che andava di fretta, che se ne tornava a casa... Io non avevo fretta. Mancava un bel po' all'ora della partenza. Entrai nel magazzino più bello. Nella vertina c'erano abiti da donna leggeri, fioriti... Abiti eleganti, da sera. Scelsi l'abito per Olimpia. Una donna, allora! Ecco. C'è una storia. Voglio sapere. Tu mollasti tutto per lei! Per lei, sì.
MARINAIO: CELSO:
MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO:
Comprai un bellissimo vestito. Gliel'avevo promesso un abito così. "Quando partiremo, troverai un abito nuovo e bellissimo, per te, per la tua vita nuova... e tu lo metterai la sera stessa, e ti sentirai bella come non ti sei mai sentita." Perché lei era bella, ma non lo sapeva, non lo voleva riconoscere. Era bella. Caspita, Celso... Già la vedevo seduta nel salone, tra gente elegante che si diverte, mentre io suonavo con i ragazzi della band... e la nave s'allontanava... e noi si partiva insieme... Via,via... Insieme. Tu con la tua band... e lei con te. Grande storia, Celso... Era un vestito da sera leggero, di seta... con la scollatura profonda, giù, a scoprire l'attaccatura del seno... Bello, Celso! l'attaccatura del seno! Sono belli quei vestiti lì, con lo scollo. Ben fatto, Celso. Ehi, dell'orchestra! Un po' di musica decente, si può? Un tango!
(L'orchestrina attacca un tango.)
MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO:
MARINAIO:
Sai, c'era una musica, nell'aria, quando vidi Olimpia per la prima volta. E io dissi: E' un tango. Lo so, disse, è un tango, mi piace. Così cominciò E allora... basta con quella vita senza spazio e senza respiro... e poi... senza sentire in pace un po' di musica... o suonare senza dare fastidio... o lascarsi andare un po'... e parlare... dire tante cose che stanno dentro... Basta tutto quel vuoto. Mandare tutti al diavolo, a un certo punto! Ricominciare, cambiar vita, casa, lavoro, tutto quanto! Ti capisco, Celso. Qualche volta capita a tutti questo pensiero. Da giurarci. Proprio a tutti. Per me fu quella volta, l'unica. E volli andare in fondo. Perché c'era lei, Olimpia. Che gli altri si giostrassero pure i miei soldi, la mia casa... Via, via... Non m'importava più di niente. Moglie, figli, suoceri, zii, cognati... Tutto, tutto quanto avevo raccolto e accantonato... se lo spartissero e se lo diluviassero come meglio gli pareva. E del resto non volevano altro, non chiedevano nient'altro, lo so. Via, via... ricominciare tutto da capo... partire, svanire... Partire, ricominciare...
CELSO:
MARINAIO:
CELSO: MARINAIO: CELSO:
MARINAIO: CELSO:
MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO: MARINAIO:
Feci tutti i miei passi. Nessuno doveva soffrire. Sì, avrebbero imprecato, avrebbero insultato... per rabbia, forse. Perché avevo alzato la testa, io che la tenevo sempre china. Ma avevo trovato lei, Olimpia. Te fortunato, Celso... Che bella storia... Ancora un brandy, capo! Bisogna brindare a queste decisioni, Celso. Alla salute della bella Olimpia! Dimmi di lei. Una ragazza? Giovane? Non era una ragazza, e non giovane. Anch'io, del resto, giovane non ero più. Che importa? Solo ai giovani si può aprire una vita piena di promesse? No di certo, Celso. Non era giovane e non era libera. Era una donna sposata. A lei le cose erano andate anche peggio che a me, se possibile. E allora, la decisione. Eravamo d'accordo in ogni particolare. Bravo chi ci ripescava. Noi si partiva. Molto ben fatto! Decisione ci vuole, nelle cose. Al diavolo chi ci sta addosso, ci toglie il respiro! Facesti bene, Celso! Avevamo il nostro piano. Da quel giorno lei sarebbe stata vicino a me, insieme ci aspettava una vita quieta e tranquilla, dopo tanto disagio e tanta insoddisfazione. Non volevamo grandi cose, solo... stare insieme. E ogni sera io avrei suonato la mia musica preferita, le canzoni più belle.... Avevo comprato quell'abito per Olimpia. M'avviai verso il porto. La pioggia veniva giù a scroscio. Io attraversavo laghi di pozzanghere, passavo sotto il diluvio delle grondaie... Niente m'importava, o m'infastidiva. Arrivai al porto. La banchina era deserta. Era presto per la partenza. Salii a bordo. Andare! Andare via... Quando l'Alfa Tulip si mosse... era ormai notte... io ero ancora sul ponte, bagnato fradicio... il viso lavato e lavato... Lei... non s'era fatta vedere. Lei non c'era. Non era voluta partire con me. Celso... Ma perché? Eravate d'accordo. Perché? Lei non volle pertire con me. Questa è la risposta. Qualche volta... anche adesso... io mi faccio delle domande. Ma so che la risposta è questa. Ma... non l'hai cercata, dopo... non hai voluto sapere...
CELSO:
No, non l'ho cercata. Neppure lei ha cercato me. Nessuna notizia, nessuna spiegazione. Non era voluta partire: questo e solo questo. Non c'è bisogno di sapere altro. Io... l'aspettavo... e avevo con me il suo abito... il più bello... E volevo stare con lei, per il resto dei miei giorni, da quella sera... La sognavo da tempo quella sera. Lei nel salone, vestita come una dea, e io che suonavo per lei le più belle canzoni... La nave s'allontanò dalla banchina. Io scesi da basso. I ragazzi della band mi aspettavano. (Urlo di sirena.)
MARINAIO: CELSO: MARINAIO:
E' l'Alfa Tulip, Celso. Non c'è più tempo. Lei non venne! Mi lasciò partire da solo! Andiamo, Celso. Usciamo. Aggrappati ame. Su, andiamo. E' l'ora.
(Cessano i rumori del bar. Vento, pioggia. Sorde sirene in lontananza. Urlo di sirena lacerante, vicina.) CELSO: MARINAIO: CELSO:
MARINAIO: CELSO: MARINAIO. CELSO:
Proprio una brutta serata, giovane amico mio... Sì, brutta. Appoggiati a me. Proprio come quella sera di anni fa, quando andavo verso il porto... e... ero felice... Avevo comprato l'abito per Olimpia... Un giorno io glielo farò avere, quel vestito, perché è suo, è per lei. Sì, sì, va bene... Va bene. Appoggiati, non cadere. ... e glielo dirò... Andiamo, forza... "Questo era per te! Io t'aspettavo..."
(Urlo di sirena.) MARINAIO:
Dannazione, appoggiati! Non pensare più a quella donna. Uno lascia la famiglia, il lavoro, tutto quello che ha, per una donna, e lei lo molla in asso. Non ci devi pensare più. Non t'ha voluto, Chiuso. Ora è tempo di rientrare. Appoggiati e andiamo!
CELSO:
Sì amico mio. Non arrabbiarti. Tu... sei paziente. Vengo, so camminare con le mie gambe. Vengo. Però... (Pioggia, vento, un tuono lontano.)
MARINAIO: CELSO:
Su, andiamo! Sì, andiamo... però tu... tu glielo devi portare quel vestito... e glielo devi dire che nessun'altra l'ha messo...
MARINAIO: CELSO:
Va bene, va bene... Cammina! ... e che io ho sempre pensato a lei, per tutta a vita. Tu che sei mio amico... amico paziente... tu glielo porterai quel vestito. Sì, va bene, va bene... Figurarsi. Coraggio, ci siamo quasi... Glielo devi dire che ho sempre pensato a lei... Ma vuoi appoggiarti, dannazione? Lo vedi che non ce la fai? Ma prima me lo devi promettere... Quello che vuoi. Svelto! Perché la musica... non mi... bastava... non bastano le canzoni... a riempire tutto il vuoto... della vita... Dannazione! Non mi sono fatto niente, non t'arrabbiare, amico mio...Sì, sono in piedi, vedi... Non ti fermare. Su, così. Andiamo! Tu mi devi promettere... me lo devi promettere... Sì, sì... va bene. Attento! Sì, sì, sì... Sì.
MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO: MARINAIO: CELSO. MARINAIO: CELSO: MARINAIO:
(Scroscio di pioggia, poi, lentamente, calma. Rumore di risacca. Silenzio. Pausa.) OLIMPIA:
Sono così sorpresa di vedere questo vestito. E anche tanto commossa, perché so che era la sua volontà... la volontà di Celso... di farmelo avere. Lei m'ha cercato, m'ha trovato. Ha tenuto fede alla promessa. La ringrazio. Doveva volere molto bene a Celso. Era facile volergli bene. Era generoso, gentile.
Così finalmente lo vedo, questo vestito. E' davvero tanto bello. Non ne ho mai visti di simili in tutta la mia vita. E questo era per me. Con questo vestito dovevo cominciare una vita nuova, tutta diversa. Con Celso. Era stato bello incontrarlo, conoscerlo. C'era una musica nell'aria, me lo ricordo bene. Un tango. (In lontananza, un tango.) Cominciò così. Non avevo più l'età dei sogni, ma con Celso... con Celso la vita m'appariva piena di promesse... Sì, ero d'accordo. Volevo vivere con Celso, nel giusto verso, chiudere con tutto e tutti, e ricominciare. Quel giorno avevo preparato delle cose. Poche. Quanto mi bastava. Era una giornata di pioggia. Pioveva e pioveva, senza una pausa . I minuti passavano lenti, lenti... Gli occhi ogni poco andavano all'orologio: sembrava sempre la stessa ora. Mi fermai a lungo nella mia stanza, quella dove lavoravo per raggranellare qualche soldo. Un po' di cucito, aggiustamenti, qualche rifinitura... La mia macchina da cucire era al suo posto, nell'angolo, sul tavolinetto, dentro la custodia. Era un regalo di mia madre. Mise da parte soldo su soldo, anni, per farmi quel regalo, per cucire il mio corredo. Mia madre... Prima delle mie nozze, mentre preparavo il corredo, e cucivo, cantavo... lei spesso scuoteva la testa, però non diceva niente. Erano così belli quei giorni, per me. Lui era nella mia giornata, nei minuti, nelle ore... A Lui pensavo sempre, e cantavo... Ma mia madre scuoteva la testa in modo sconsolato... Lei aveva ragione. Le cose non cambiarono per me, dopo le nozze. Proprio come mio padre, le sue continue liti, le scenate... No, non potevo sopportare. Io non ero come mia madre. Dovevo uscire, andarmene. Avevo incontrato Celso. "Tu non puoi sopportare ancora questa vita", mi diceva. "Ribellati. Pertiamo insieme, voltiamo pagina. Vivremo in pace la nostra vita.", mi diceva. "Non ti ritroverà. Non ci riporterà indietro nessuno", mi diceva.
"Ti comprerò un bel vestito, per cominciare, un bel vestito come se fosse quello di una sposa, una sposa bella, perché tu sei ancora giovane, sei anche bella, devi saperlo." Così mi diceva. E allora io mi pettinavo a lungo, mettevo fermagli nei capelli, mi truccavo anche un po', e piangevo di commozione, perché certo non ero più giovane, e non ero bella neppure quando giovane ero davvero, quando vivevo in casa dei miei... in mezzo ai loro litigi, alle loro discussioni. Dopo le nozze le cose non erano davvero cambiate per me. Mai un giorno di pace. Lui... Lui era sempre così... così... Quando la sera rientrava, io volevo dirglielo di non bere così tanto, ma non potevo parlare, diventava furibondo, e allora imprecava, se la prendeva con me, urlava... Poi gli passava, mi chiedeva scusa... ma poi... tutto daccapo. No, non dovevo pensare a Lui. Quel giorno ero decisa. Celso mi aspettava. Niente poteva trattenermi. E Lui... che finisse pure i suoi giorni fra quelle mura, con i suoi scoppi d'ira. Urlasse pure, spaccasse tutte le stoviglie che restavano, si sbattesse la testa nel muro! Sul divano si sarebbe strascicato da sé, si sarebbe coperto da sé. Che gli uscisse dalla gola e dagli occhi tutto l'alcol della terra, che rimanesse immerso nel vomito fino all'ora del giudizio! Non ci sarebbe stato nessuno a rialzarlo, nessuna pietà. Io me ne dovevo andare. Nessuna pietà. Dovevo partire con Celso. M'aspettava. Aveva per me un abito nuovo, da sera, da sogno. Come un augurio per una vita nuova e diversa. L'avrei messo la sera stessa. Quel giorno passò così lento. Ma arrivò l'ora, finalmente. Uscii di casa. Pioveva. Una pioggia a scroscio, continua. Avevo da camminare un bel po' per arrivare al porto. Le mie scarpe erano troppo leggere, presto si bagnarono, divennero pesanti. Camminavo spedita, ma non potevo andare più in fertta. Le strade erano torrenti. Intanto... intanto Lui stava rientrando... Forse era già a casa, bagnato... e mi stava cercando, mi chiamava... e si gettava sul divano, bagnato fradicio com'era... La sua salute non andava molto bene negli ultimi tempi. Lui... doveva avere più cura di sé. E invece si sarebbe gettato sul divano, senza cambiarsi nemmeno le scarpe... e così sarebbe rimasto... fino al mattino... No, non dovevo pensare a Lui. Io... io mi sarei presto cambiata, abiti asciutti, l'abito... Un abito... da sera... per me... Un abito da sera per me.
D'improvviso pensai a mia madre. La rividi che scuoteva la testa in modo così... (Cessa il tango.) Mi fermai. Avevo freddo. In mezzo alla strada, sotto la pioggia... Le scarpe gelide e pesanti... Non andai avanti. Non mi riuscì. Ho tanto pensato a Celso in questi anni. Con affetto, con nostalgia. Lo immaginavo libero, con la sua musica e le sue canzoni... Io ripresi la mia vita. Davvero non so perché le cose sono andate così. Però così dovevano andare. Me ne tornai a casa. Pioveva. Pioveva forte.
Fine