Macrofaga Monografico

Page 1

EUROPEIZZAZIONE SISTEMATICA Leone Riccardo / Sottilotta Giulia / Boggiani Ludovica Luca Mario / Vivirito Gaetano / Belletti Giulio

E forza europa! Che siamo tantissimi!


Rivista con una sola uscita e tiratura limitata. Direttore responsabile: Prof Giuse Ferolo Registrazione al tribunale di Novara. Ora non so più come riempire gli spazi vuoti perché dovrei scrivere del copyright E cose simili. Quindi, riporto un articolo di Giorgio Bocca, pubblicato su L’Espresso del 28 marzo 2008 Non c’entra molto con l’argomento della nostra pubblicazione, anzi. ma è comunque una riflessione interessante sul mondo moderno: Perché le mode, nei vestiti come nelle parole, si ripetono? Perché una parola diventa di moda e tutti la ripetono, senza noia, quasi con compiacimento? Due parole oggi di moda sono: 'allora' e 'assolutamente'. Allora è l'interiezione che condisce tutti i quiz, tutte le interviste. Il concorrente, anche se la risposta è facilissima, anche se gli brillano gli occhi perché l'ha indovinata, finge di rifletterci e prende tempo con un 'allora', parola che gli dà subito un visibile sollievo. Allora per dire: "Vedi come sono riflessivo? Non rispondo a vanvera, vengo da un villaggio del meridione o del Veneto, ma non mi faccio impressionare dalla televisione". Allora per dire: "Guardate che io non ho paura, non mi confondo, anche se milioni di spettatori mi osservano". Allora ha liberato gli italiani dal loro complesso di inferiorità. Il passaggio da allora a assolutamente, e poi ad assolutamente sì, è nella logica dell'autoassicurazione, prima esitante e poi totale: "Conferma la sua risposta?". "Assolutamente sì". In un recente passato abbiamo avuto altre parole di grandissima moda. Una, subito adottata in tutti gli uffici, era 'attimino', a qualsiasi domanda l'impiegato rispondeva 'un attimino'. Quale era il sotteso significato? 'Non so', 'non c'è', 'non posso disturbarlo', 'come vede siamo molto occupati, ma provvederemo', 'devo sapere se il dottore vuol parlarle'. A questo punto quasi sempre dopo l'attimino veniva la sentenza definitiva: 'il dottore è in riunione'. Un'altra interiezione famosa era 'in prima persona', che apparteneva culturalmente alla sinistra. Che cosa voleva dire in prima persona? Credo 'sulla mia pelle', o 'per esperienza diretta'. Tra i marxisti forse s'intendeva anche 'per esperienza di classe', famosissima e scopertamente interlocutoria, fatta per riempire i vuoti d'intelligenza e di memoria, per continuare un intervento in assemblea, o comunque, come si diceva con un altro luogo comune, 'per girare la polenta'. Da sempre il linguaggio umano abbonda di luoghi comuni, ma nella modernità dominata dalla tecnica e dalle specializzazioni il luogo comune sembra l'unico modo per capirsi, per esprimersi. Prendete i calciatori famosi: sono ricchi, eleganti, smaliziati, ma non sanno parlare, le loro interviste procedono faticosamente per luoghi comuni del tipo: 'quel che conta è il gruppo', 'dobbiamo crederci', 'la voglia di vincere', 'non mollare mai'. Non c'è verso di fargli fare un discorso articolato tra emozioni e ragionamenti, eppure chi ha praticato uno sport di squadra sa quanto siano intrecciati e misteriosi gli stati d'animo collettivi che passano dall'individuo, dal campione, al gruppo, le improvvise euforie come gli improvvisi cedimenti. Non parliamo dei politici, che dovrebbero conoscere e usare la lingua come il principale dei ferri del loro mestiere. Ma la modernità dei linguaggi specializzati ignora la lingua colta, sono scomparse le scuole di retorica, di oratoria, persino gli avvocati la ignorano. Oggi la scuola di tutti è la pubblicità, arrivata a ignorare completamente la lingua, e a sostituirla con le immagini. Guardo sempre con stupore i più recenti annunci pubblicitari che credono di poter fare a meno della lingua. In uno, dopo una serie di immagini catastrofiche, uragani, terremoti, incendi, arriva a sorpresa il comunicato pubblicitario finale: l'invito a comprare un'automobile di lusso. L'uso del luogo comune potrà sembrare un peccato veniale, una perdonabile pigrizia, ma l'accidia sta tra i peccati mortali. La pigrizia nel modo di parlare, di comunicare, di esprimersi, diventa inevitabilmente pigrizia nel modo di pensare, ed è proprio questa mancanza di pensiero, di dialettica, che rende opaco e triste il nostro modo di vivere la modernità. Il più ripetuto tra i luoghi comuni è 'rilassarsi', e uno spot precisava 'contro il logorio della vita moderna', ma rilassarsi al punto di non far più la fatica di esprimersi sembra esagerato.


MacroFaga Europeizzazione sistematica

E forza europa!

Che siamo tantissimi!

direttore: Giuseppina Ferolo con la consulenza di: Mario Luca

in redazione: le classi 3째E, 4째E, 5째E, 4째D del LSS A. Antonelli

Militarismo, dispotismo, guerra possono essere eliminati creando una Federazione Europea alla quale siano trasferiti quei poteri sovrani che concernono gli interessi comuni di tutti gli Europei Altiero Spinelli


S O M M A R I O INTRODUZIONE

Sottilotta Giulia Unione Europea Globalizzata 50

Luca Mario Varie ed eventuali specificazioni ICEBERG 1

Boggiani Ludovica Globalizzazione e welfare state: come conciliare due realtà apparentemente contrastanti 61

Guerra e pace federalistiche ICEBERG 3 Leone Riccardo Valori e Storia d‘UE 5 Luca Mario Stato (o confederazione) vegetativo/a 15

Vivirito Gaetano La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano 74

ICEBERG 2 L’economia comunitaria

Supplemento a Macrofaga n. 3/2008 Direttore responsabile: Giuseppina Ferolo Registrazione al tribunale di Novara n.911/08

certosino responsabile impaginazione: Mario Luca direttore responsabile: Giuseppina Ferolo MacroFaga, via Toscana 14, 28100 Novara, c/o Liceo Scientifico Statale A. Antonelli diretto dal professor Giuliano Ladolfi per gli abbonamenti non preoccuparsi tanto è un’edizione unica dato che non è che partecipiamo a mille mila concorsi al minuto, quando pubblichiamo un volume all’anno ce n’è fin che mai posso scrivere quello che voglio in queste righe tanto nessuno le leggerà mai e servono solo a riempire la pagina. Quindi vi auguro buona lettura

Finito di stampare il 02/06/08 dalla stampante dell’aula di informatica del Liceo Antonelli, Novara.


3/4 3 I N T R O D U Z I O N E

VARIE ED EVENTUALI SPECIFICAZIONI Il progetto nasce da MicroMega. Anzi no. il progetto nasce da un concorso della regione Piemonte. Anzi no. Il progetto nasce dalla nostra voglia di approfondire il tema dell’Europa. Ecco. Così suona bene. Non c’è quindi, nessuna leziosità né nessun tentativo di imitazione nella nostra pubblicazione. MacroFaga vuole essere la nostra difesa contro i germi dell’intolleranza, ed un tentativo di approfondimento. MARIO LUCA Innanzitutto, bisogna chiarire chi siamo. Io, così come tutti gli autori dei lavori che leggerete, sono uno studente del Liceo scientifico statale A. Antonelli di Novara. Più nello specifico, della classe 3°E (PNI) della suddetta scuola. Questo tentativo editoriale è un modo, nell‘intento spiritoso e stuzzicante, per divulgare alcuni lavori che abbiamo svolto, seguiti dalla nostra professoressa di filosofia Giuseppina Ferolo e da quella di italiano Chiara Bazzano. Per essere aristotelici, potremmo dire che MacroFaga è sinolo della sostanza dei nostri lavori e della forma del bimestrale di approfondimento. Iniziamo a parlare della forma. La nostra versione della rivista è come il Dante in arancione di sopra. Scombussola gli schemi consolidati (quelli dell‘originale, in verde) per darne una rielabo-


4

razione personale. A partire dal layout che diventa a colori, più allegro e vivace; per concludere con lo stile dei pezzi che non tenta di emulare i saggi dei grandi giornalisti e filosofi. Ci saranno immagini ed illustrazioni, cosa assolutamente bandita dal rigore austero di MicroMega. Ed un sacco di piccoli particolari differenti dall‘originale di cui, spero, non vi interesserà molto. l‘importante è la sostanza, no? I lavori del volume monografico (quello che state leggendo, nda) non sono nati come saggi da MacroFaga ma per un concorso della Regione Piemonte. Essendo la destinazione editoriale assai differente, lo stile è assai più sobrio (salvo le dovute eccezioni) e scolastico rispetto a quello che potrebbe essere un saggio da pubblicare. Il concorso in questione è finalizzato all‘approfondimento delle tematiche europee ed è nominato “Diventiamo cittadini europei”: un nome un programma. La nostra scuola ha partecipato a questa iniziativa quasi ab urbe condita, tanto che è diventato una tradizione per i suoi studenti. Nell‘edizione di quest‘anno erano presenti due differenti tracce, la prima delle quali faceva così: “Analizzate e commentate il testo che segue: “Militarismo, dispotismo, guerra possono essere eliminati creando una Federazione Europea alla quale siano trasferiti quei poteri sovrani che concernono gli interessi comuni di tutti gli Europei… in poche parole l’amministrazione della pace e della libertà su tutto il territorio europeo deve essere riservata ai poteri esecutivi legislativi e giudiziari della Federazione Europea” (da Altiero Spinelli “Come ho tentato di diventare saggio”)” La seconda, invece era: “Globalizzazione e crisi dello stato sociale sono due fenomeni fortemente collegati. La globalizzazione economica, che ha prodotto tendenzialmente un unico mercato mondiale, rende più acuta la competizione fra le economie e fra gli Stati, e questi ultimi sono sempre meno in grado di sostenere le politiche sociali. Come si presenta la situazione in Europa a questo proposito? Quale ruolo può giocare l’Unione Europea per governare la globalizzazione e sostenere la necessità di una “competizione sostenibile” che non avvenga a danno dei diritti sociali dei cittadini e delle più importanti conquiste del Welfare State novecentesco?” I primi due elaborati che leggerete hanno affrontato la prima traccia. I secondi due, la seconda. Mentre il lavoro degli ultimi due riprende la prima traccia. Qual è, quindi il succo di questo lavoro? Beh, personalmente io credo che sia il ruolo dell‘UE. Non è indispensabile, né auspicabile che tutti approvino le idee di Spinelli o le politiche comunitarie attuali. Il nocciolo della questione, ciò di cui non si può fare a meno, è l‘approfondimento di queste idee. Troppo spesso, figli dell‘ignoranza, ci si rifugia nel bell‘orticello dietro casa ignorando la complessità del mondo circostante. Quando ho fatto volantinaggio per il MFE, mi sono sentito rispondere da molti: “Non mi interessa”. La più divertente è una signora che al mio “Salve, sono della gioventù federalista europea” mi ha risposto un secco “non sono di qui”. Non è ridicolo? A me lo sembra. Perciò, speriamo di aiutare con i nostri scritti non a divulgare i valori dell‘Europa ma, quantomeno, a suscitare un minimo di dibattito. E fare in modo che ci si levi le cuffie insonorizzanti, quelle stile Rischiatutto, imposte da anni di anti-europeismo e NIMBY (Not In My BackYard). Bella utopia, no?


5/14 I C E B E R G

1

GUERRA E PACE FEDERALISTICHE “Militarismo, dispotismo, guerra possono essere eliminati creando una Federazione Europea alla quale siano trasferiti quei poteri sovrani che concernono gli interessi comuni di tutti gli Europei ... in poche parole l’amministrazione della pace e della libertà su tutto il territorio europeo deve essere riservata ai poteri esecutivi, legislativi e giudiziari della Federazione Europea”. RICCARDO LEONE Introduzione Altiero Spinelli insieme ad Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann è colui che ha redatto nel 1941 il Manifesto per un'Europa Libera e Unita, meglio conosciuto come Manifesto di Ventotene, il documento che mette le basi del Movimento Federalista Europeo. Il Manifesto, redatto mentre Spinelli e compagni si trovavano in confino sull‘isola di Ventotene (da cui Manifesto di Ventotene) è il risultato di un ampio dibattito durato alcuni mesi. Ha il pregio di tradurre le idee di grandi pensatori del passato e della contemporaneità in un programma politico di ampio respiro. Previdero la caduta dei poteri a regime totalitario e auspicarono che, dopo le esperienze traumatiche della prima metà del Novecento, i popoli sarebbero

5


6

riusciti a sfuggire alle subdole manovre delle élites conservatrici. Per contrastare queste forze e le tendenze dittatoriali ed espansionistiche dei singoli stati nazionali si sarebbe dovuta fondare una forza sovranazionale europea, in cui le ricchezze avrebbero dovuto essere redistribuite e il governo si sarebbe deciso sulla base di elezioni a suffragio universale. Conclusero che la battaglia politica per la creazione di tale struttura avrebbe creato una frattura tra le forze politiche nazionali, che si sarebbero divise tra reazionarie, ovvero schierate nella difesa dello status quo, e innovative, ovvero quelle a favore del progetto; che fosse necessario mettersi in contatto con gruppi che siano giunti alle medesime conclusioni in altri Paesi europei al fine di estendere l‘organizzazione del movimento su scala internazionale. “Il MFE ha come scopo la lotta per la creazione di un ordine politico razionale, che, secondo la visione di Kant, può essere tale solo se abbraccia l'intera umanità. Il suo obiettivo ultimo è pertanto la federazione mondiale. I suoi obiettivi intermedi sono la Federazione europea, l'unificazione federale delle altre grandi famiglie del genere umano e la trasformazione dell'ONU in un governo mondiale parziale.” (1) Questi sono gli obiettivi di Spinelli e di tutti i ―seguaci‖ del movimento federalista europeo, per cui la federazione europea è solo un passo intermedio, ma fortemente necessario per arrivare ad un mondo pacificato ed unito. Ma perché proprio una federazione? Per definizione uno stato federale (dal latino fœdus, "patto, alleanza") è uno stato composto da varie regioni che si governano da sole. Queste regioni sono poste tutte sullo stesso piano e unite tra di loro da un governo centrale che si dice "federale". Nella maggior parte delle federazioni la forma di auto-governo degli stati federati è sancita da leggi costituzionali e quindi, non è modificabile tramite una decisione unilaterale del governo centrale. Spinelli però poteva anche tenere in considerazione altre forme di associazione, come: (2) La democrazia degli stati nazionali L‘impero Il razzismo L‘egemonia della religione La confederazione La democrazia degli stati nazionali Apparentemente instaurare una democrazia all‘ interno di ogni stato nazionale potrebbe sembrare una buona idea, ma siamo veramente sicuri che per avere la pace tra più stati lo sia?

(1) Sono gli scopi del movimento federalista europeo, tratti dal sito www.mfe.it (2) La democrazia degli stati nazionali e il razzismo sono stati considerati da Spinelli nel testo “L’Europa e le varie tendenze politiche”, quindi la discussione di queste due problematiche si presenta come un riassunto e un’analisi di quel testo. L’impero e l’egemonia della religione sono delle ipotesi proposte da me, la cui attuazione è comunque stata tentata in passato, si veda il caso del Sacro Romano Impero, per quanto riguarda l’egemonia della religione; l’Impero Romano, per quel che concerne l’impero. La confederazione, cioè come si presenta l’Europa in questo momento, invece sarà discussa per carpirne i limiti.


“Sperare in una permanenza di armonia tra molti stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l'esperienza accumulata nel tempo.” Hamilton ―Il federalista‖, 1788 “...poniamo che si riesca dovunque a fondare nei vari stati istituzioni libere in cui sieno rispettati nel miglior modo possibile i sentimenti delle tradizionali nazionalità; sieno ridotte a un livello insignificante le influenze sinistre di gruppi particolari, in modo che la legge possa veramente imperare eguale per tutti; sieno eliminati tutti i protezionismi e tutte le limitazioni migratorie fra paese e paese; sieno sostanzialmente ridotte tutte le spese per gli armamenti; l’attività dello stato sia insomma rivolta non alla sopraffazione verso l’esterno, ma al perseguimento dei comuni interessi dei suoi cittadini. In tale ipotesi sarebbe certamente possibile una ripresa, per tutta un’epoca storica, della civiltà democratica nazionale, purificata anzi dalle gravi tare che ebbe nel passato. Si noti però che, in tutta questa sistemazione, il punto più debole è quello costituito dall’organizzazione internazionale. Mentre nel campo nazionale il restauratore intelligente capisce che è necessario non affidarsi semplicemente alla buona volontà dei cittadini, ma provvede a stabilire un saldo corpo di leggi fornite di potere coercitivo onde raffrenare e indirizzare le singole attività, i rapporti tra i vari stati restano basati esclusivamente sulla buona volontà pacifica di ciascuno di essi, nel presupposto di una completa coincidenza dell’interesse dei singoli stati con l’interesse della collettività degli stati stessi.” A.Spinelli ―Gli stati uniti d‘Europa e le varie tendenze politiche‖ Se ciò fosse veramente ciò che succede, o fosse solamente possibile, allora gli stati democratici sarebbero davvero una possibile risoluzione al problema della pace in Europa. Però il presupposto citato viene dato come falso anche dallo stesso Spinelli , infatti “ ...in assenza di proibizioni, è possibilissimo procurarsi posizioni che rappresentino un danno per altri ed un vantaggio per sé. Perché un tale abuso accada, non è necessario supporre una particolare perversa volontà di sopraffazione; basta che uno stato pensi che suo dovere sia, non già di provvedere al benessere di tutti gli uomini, ma a quello dei suoi cittadini.”. Ed è proprio così, ogni popolo cerca il bene solo per se stesso e allo stesso modo lo Stato cerca il bene dei suoi cittadini, non curante dei possibili effetti collaterali che esso potrebbe produrre su altri Paesi. Nel corso dei secoli vi sono già stati esempi lampanti, come le guerre di colonizzazione, dall‘ Africa alle Americhe, all‘ India, ma vi sono anche esempi più antichi che possiamo ritrovare in Italia ai tempi dei comuni di alcune democrazie che non hanno avuto problemi ad attaccarne altri solo per migliorare le proprie condizioni di vita ed espandersi. Per tutti questi motivi le democrazie europee non potranno garantire una pace perpetua per l‘Europa, per cui le democrazie sarebbero un vantaggio per i cittadini dei vari stati, ma non per i cittadini europei. L’ impero Un impero (dal latino imperium) può essere definito come un insieme di regioni amministrate localmente da governatori, viceré o vassalli nel nome di un imperatore. Per estensione si può classificare un impero come un grande stato multietnico governato da un singolo centro. La soluzione dell‘impero come unico mezzo di pacificazione europea era stata prospettata da Dante nel trattato ―De Monarchia‖ in cui il poeta affermava che solo l‘imperatore poteva pacificare prima l‘Italia e poi tutta l‘Europa con la sua forza.

7


8

Se si dovesse instaurare un‘egemonia dell‘Impero, le libertà personali sarebbero finite, solo i sudditi dell‘imperatore avrebbero la possibilità di esprimere il proprio pensiero e chi non fosse dalla sua parte sarebbe ucciso, o imprigionato nella migliore delle ipotesi. ―Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant‖ (3) Come si può ben comprendere, per creare un Impero è assolutamente necessaria la guerra e anche una volta pacificati i territori, la tendenza dell‘Impero è quella di espandersi sempre di più fino ad arrivare ad un potere universale. Però anche una volta ottenuto il potere universale, le popolazioni all‘interno dell‘impero sarebbero talmente diverse che cercherebbero sicuramente di ribellarsi ai propri dominatori, e conquistare la libertà, come in passato ci è stato testimoniato dalla caduta dell‘Impero Romano. Per cui l‘Impero è sinonimo di guerra, ma anche una volta consolidato il potere imperiale la guerra sarebbe soltanto in uno stato di quiescenza momentaneo. Il razzismo Questa è la più drastica tra tutte le situazioni pensabili, la più insensata e la più orribile, però va comunque presa in considerazione visto che in passato è stato tentato di attuarla. “Se prevalgono le forze primordiali, tendono ad organizzare tutta la società secondo il rapporto fra padrone e servo. Il padrone decide autocraticamente il da fare: il servo fa quello che ordina il padrone. Coloro che fanno resistenza vanno soggiogati, o, se non vogliono sottomettersi, distrutti. Chi sottomette afferma in tal modo la sua personalità, le sue esigenze. Chi si sottomette rinuncia con ciò alla propria autonomia, e preferisce conservare la propria vita facendola dipendere da un altro, anziché perderla. È questa la legge immanente al tipo di società basata sul diritto del più forte.” Altiero Spinelli ―Gli stati uniti d’ Europa e le varie tendenze politiche‖ “Tutte le energie politiche, sociali, economiche e culturali che la società era venuta sviluppando, sono trasformate in strumenti di dominio dei signori. Il paese è organizzato in una specie di collettivismo razzista di tipo spartano: cioè una organizzazione militare, atta a tener ferme le distinzioni fra dominatori e dominati, ad impedire scissioni fra i primi, a sfruttare i servi di grado inferiore a vantaggio dei signori e dei servi di grado superiore, cioè del popolo cosiddetto dominatore. Questo è in realtà esso stesso un docile strumento in mano alle ristrette caste veramente dominanti, ed è adoperato per sottomettere altri popoli. Il dominio e il conseguente diritto di sfruttamento giungono dove può giungere la forza. Nessuno scrupolo verso altri ha ragione di essere, perché gli altri sono per definizione strumenti od ostacoli, servi o nemici.” Altiero Spinelli ―Gli stati uniti d’ Europa e le varie tendenze politiche‖ La soluzione razzista è perciò quella di uccidere tutti coloro che non si ritiene degni di competere con la ―razza‖ eletta, che per l‘ Europa sarebbero i ―bianchi‖, oppure di privarli di tutte le loro caratteristiche di esseri umani e renderli degli schiavi, se non peggio. Tutti gli studi scientifici effettuati fino ad ora hanno smentito l’ effettiva superiorità di una ―razza‖ nei confronti delle altre, ma ciò non toglie che anche oggi, purtroppo, molte persone di (3) Traduzione: “laddove fanno il deserto, lo chiamano pace” è una frase tratta dall'Agricola di Publio Cornelio Tacito.


Le bandiere delle nazioni europee a Bruxelles

un colore si credono superiori a quelle di colore diverso e ritengono perciò di poter fare di loro ciò che vogliono. Il fenomeno è strettamente collegato anche con i sentimenti nazionalistici di (purtroppo) troppe persone che vedono negli immigrati, che quasi sempre sono di un colore diverso, dei ladri di lavoro e quindi di denaro. Perciò l‘ odio razziale si unisce a quello legato a motivi di lavoro e alcune persone com-

piono atti razzisti. Secondo alcuni, in questo caso, e per fortuna, pochi instaurare un regime di razzismo sarebbe la soluzione a tutti i problemi. Per l‘ Europa l‘ aver instaurato un regime razzista, però, ha già portato troppi disastri e troppe morti, quindi oltre che disprezzabile sarebbe pure inutile perché molte persone si opporrebbero sin dal principio, memori dei fatti tragici della seconda guerra mondiale. Per questi motivi l‘instaurazione di un regime a carattere razzista, ora più che mai sarebbe impossibile e non garantirebbe la pace. L’ egemonia della religione I limiti di questo possibile metodo di governo europeo sono palesi a tutti, l‘ impossibilità di convertire tutte le persone a quella religione e nell‘ utopistico caso in cui ciò avvenisse, la lotta contro le altre religioni. In Europa la maggior parte dei cittadini credenti è cristiana, ma la religione non ha più la stessa forza persuasiva che aveva per esempio nel Medioevo. Si pensi che già solo all‘ interno del Cristianesimo vi sono varie spaccature (Cattolici, Anglicani, Protestanti, Ortodossi), per cui una religione già divisa dovrebbe riuscire a prendere il sopravvento su molte altre, per non parlare che dovrebbe far breccia nei cuori dei sempre più crescenti atei. Anche una volta riuscito questo ormai utopistico processo di riunificazione, bisognerebbe sperare che tutti fossero dei bravi cristiani, coscienti che la pace valga più di ogni altra cosa perché non tentino di attaccare gli stati di altre religioni, e inoltre bisognerebbe sperare, cosa ancor più difficile che le altre religioni non si opponessero a questa conversione di massa. Per tutte queste ragioni un‘egemonia cristiana è, oltre che materialmente irrealizzabile, anche sconveniente per quel che riguarda la pace interiore all‘Europa.

9


10

La Confederazione Per definizione una confederazione è un'associazione di stati creata per mezzo di un trattato in vista dell'adozione, come è accaduto spesso, di una costituzione comune o, al contrario, per definire ambiti di collaborazione temporanei in vista di una possibile futura separazione definitiva delle entità che la costituiscono. Le confederazioni tendono ad essere istituite per trattare questioni critiche, quali la difesa, la politica estera, il commercio estero e una moneta comune, e al governo centrale viene richiesto di fornire supporto a tutti i membri. Una confederazione, in termini politici moderni, si limita di solito ad un'unione permanente di stati sovrani per l'esercizio di azioni comuni nei confronti di altri stati. In parole povere è ciò che effettivamente è ora l‘Europa, un buon inizio, ma non si pensi che questo sia il punto di arrivo, perché l‘Europa odierna ha ancora troppo poco potere decisionale ed è troppo soggetta a ―ricatti‖ da parte dei vari stati che ne fanno parte. Esempio lampante è stata la non-ratifica della Costituzione europea nel 2005/06 a causa di solo due stati contrari ( la Francia il 54.68% contrario contro il 45.32% favorevole, con una percentuale di votanti del 69.34%; i Paesi Bassi 61.54% a 38.46%, con una percentuale di votanti del 63.30%.) contro ben 17 favorevoli. Ciò fa pensare che come confederazione l‘ Europa non avrebbe un futuro molto roseo, e non avrebbe abbastanza potere per competere in ogni campo contro superpotenze quali gli Stati Uniti, o la Cina o il Giappone. Perché si possa arrivare a competere con questi colossi dell‘economia bisogna non pensare più ad ogni Stato in sé, ma ad un vero stato Europa, in cui le volontà della maggior parte degli stati federati abbiano effettivamente la meglio sui pochi contrari, dovrebbe divenire come una democrazia in cui ogni precedente entità statale sia come un cittadino votante. Per cui come in tutte le democrazie è la maggioranza a vincere e non sono i contrari a bloccare tutti gli emendamenti e i provvedimenti e a favorire una politica di immobilismo. Ciò che differenzia lo Stato federale dalla confederazione è l'esistenza di un autentico potere comune che, da un lato, sia in grado di regolare i rapporti tra gli Stati sulla base del diritto e di abolire la necessità del ricorso alla forza in caso di conflitti o controversie e, dall'altro, abbia potere diretto sui singoli cittadini, i quali concorrono a formarlo in modo democratico. La confederazione non e' uno Stato, ma una somma di Stati sovrani che regolano i rapporti reciproci basandosi in ultima istanza sulla forza e che mantengono un potere esclusivo sui cittadini. La confederazione si basa sul principio della rappresentanza degli Stati, non dei cittadini, e attribuisce infatti il voto solo agli Stati, escludendo in questo modo il popolo dalle decisioni che riguardano i rapporti interstatali. La confederazione riuscirebbe a dare una pace interna all‘Europa, ma gli Stati sarebbero comunque in possesso di eserciti autogestiti e quindi sarebbero, in linea teorica, capaci di intraprendere guerre senza il consenso degli altri membri confederati, o come è già successo per esempio in Afghanistan o in Iraq ognuno sarebbe libero di appoggiare o no altre nazioni in azioni belliche al di fuori del continente europeo. La confederazione perciò dà troppa poca importanza allo stato europeo, dandone invece troppa ai singoli stati che ne fanno parte, per cui è solo una fase transitoria per raggiungere pian piano il federalismo.


L’Europa dal 1945 ad oggi Dalla seconda guerra mondiale ad oggi sono stati fatti enormi progressi per creare la federazione europea, a partire dalla creazione del consiglio d‘Europa nel 1949 a cui segui, nel 1950, la ben più famosa dichiarazione Schuman. Questi fu il primo a pronunciare un discorso in cui compariva un‘idea di Europa come unione economica e politica; alla dichiarazione seguì la Comunità Europea del Carbone e dell‘Acciaio (CECA), per dare effettiva dimostrazione che le parole di Schuman non erano solo un bel discorso, ma l‘effettivo inizio dell’Europa così come la conosciamo. Il trattato, che nel giro di un anno fu approvato da sei Paesi (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi), instaurò un mercato comune del carbone e dell'acciaio, sopprimendo i diritti di dogana e le restrizioni quantitative che frenavano la libera circolazione di queste merci; ciò come ben si comprende favorì una diminuzione dei prezzi. "La Comunità europea del carbone e dell'acciaio ha la missione di contribuire, in armonia con l'economia generale degli Stati membri e in virtù dell'instaurazione d'un mercato comune alle condizioni definite all'articolo 4, all'espansione economica, all'incremento dell'occupazione e al miglioramento del tenore di vita negli Stati membri. La Comunità deve attuare la costituzione progressiva di condizioni che assicurino per sé stesse la distribuzione più razionale della produzione al più alto livello di produttività, insieme tutelando la continuità dell'occupazione ed evitando di provocare, nelle economie degli Stati membri, turbamenti fondamentali e persistenti.” Articolo 2 della Dichiarazione Schuman Alla CECA fecero seguito nel 1957, con la firma dei Trattati di Roma, la Comunità Economica Europea (CEE) e la Comunità Europea dell'Energia Atomica (CEEA o Euratom). Con l‘istituzione della CEE erano istituiti alcuni provvedimenti come l'eliminazione dei dazi doganali tra gli Stati Membri; l'istituzione di una tariffa doganale esterna comune; l'introduzione di politiche comuni nel settore dell'agricoltura e dei trasporti nonchè la creazione di un Fondo Sociale Europeo con l'istituzione della Banca Europea degli Investimenti e cosa più importante lo sviluppo della cooperazione tra gli Stati Membri. L‘Euratom invece era un accordo sull‘energia nucleare: gli Stati membri si impegnavano a coordinare le ricerche su questo tipo di energia assicurandone un uso pacifico. Sostanzialmente contrario ai Trattati di Roma, nei quali vedeva una rinuncia al sogno federalista per il permanere della logica nazionalistica, Altiero Spinelli, in un celebre discorso nel 1957, tenuto a Torino per il Congresso del popolo europeo, mise in discussione e criticò la legittimità del concetto di stato-nazione. Spinelli elaborò il progetto di una nuova Europa che si sarebbe dovuta formare per libera scelta dei popoli e sarebbe dovuta essere capace di disarmare le nazioni. Nel 1962 viene introdotta la "politica agricola comune", che consente agli Stati membri un controllo comune della produzione alimentare. Agli agricoltori viene pagato lo stesso prezzo per i loro prodotti. Un ulteriore passo in avanti per la creazione dell‘Europa avviene nel 1968, quando i sei paesi fondatori aboliscono i dazi doganali sulle merci d‘importazione dagli stessi paesi, consentendo per la prima volta la liberalizzazione degli scambi oltre alle frontiere. È la nascita del più grande raggruppamento commerciale al mondo. Pur avendo eliminato i dazi doganali, la liberalizzazione degli scambi tra gli Stati membri dell‘UE non si concretizzò. Gli ostacoli principali furono rappresentati dalle differenze nelle legislazioni nazionali.

11


12

Nel 1979, l‘elezione a suffragio universale, cioè con elezioni apposite da tenersi in ogni Stato della Comunità, del Parlamento Europeo rappresentò, forse, la più significativa vittoria della battaglia federalista di Spinelli. Anche il 1987 fu un anno importante perché l’UE lanciò il programma Erasmus, grazie al quale gli studenti universitari desiderosi di studiare per un periodo massimo di un anno in un altro paese europeo potevano ricevere un finanziamento. Il programma, ancora in vigore, è molto importante per favorire la creazione di una mentalità ―europeista‖ anche nei giovani, che in questo modo possono anche imparare una lingua diversa da quella del loro Paese. Il 14 febbraio del 1984 il Parlamento Europeo approvò la bozza di trattato elaborata dalla Commissione Affari Costituzionali, presieduta da Spinelli. Un gruppo di parlamentari europei i quali erano convinti della necessità di rafforzare la CEE nelle sue prerogative rispetto agli Stati membri decisero, così, di elaborare un modello di Costituzione che andasse in questa direzione La bozza approvata dall‘Assemblea avrebbe rafforzato la Comunità, avrebbe consentito uno snellimento nelle procedure di decisione del Consiglio, mantenendo il metodo di voto dell‘unanimità solo per alcune materie, avrebbe significato l‘adozione della procedura di codecisione in modo da attribuire più importanza al parlamento nella fase legislativa. Questo forte progetto europeista venne frenato dai governi nazionali, che nel 1985 vararono il meno ambizioso Atto Unico europeo. Il progetto, comunque, sarà poi ripreso nel Trattato di Maastricht, che introdurrà un rafforzamento dei poteri della commissione e la procedura di codecisione tra Consiglio e Parlamento. Con il trattato di Maastricht del 1992 la forma istituzionale dell'UE raggiunge una certa stabilità, ma a differenza di un usuale stato moderno, l'UE si caratterizza per l'assenza del principio di separazione dei poteri: i poteri, piuttosto che essere divisi fra organi diversi, vengono esercitati in maniera congiunta da più organi. Con il trattato di Maastricht, risulta chiaramente sorpassato l'obiettivo economico originale della Comunità ossia la realizzazione di un mercato comune mentre invece si afferma la vocazione politica. In particolare gli obiettivi di questo trattato furono di rafforzare la legittimità democratica delle istituzioni, di rendere più efficaci le istituzioni, di instaurare un'unione economica e monetaria, di sviluppare la dimensione sociale della Comunità e di istituire una politica estera e di sicurezza comune. Il trattato di Maastricht coincide con la creazione dell'Unione Europea, costituita da tre pilastri: le Comunità europee, la politica estera e di sicurezza comune, nonché la cooperazione di polizia e la cooperazione giudiziaria in materia penale. Un passo fondamentale per la Federazione Europea fu l‘introduzione dell‘Euro. Nel 1999 viene adottata questa moneta per le transazioni finanziarie e commerciali. Successivamente, nel 2002, saranno introdotte anche le banconote e le monete. I paesi che hanno introdotto la nuova moneta sono: Austria, Belgio, Cipro, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Spagna. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea è stata solennemente proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza, da Parlamento, Consiglio e Commissione, risponde alla necessità emersa durante il Consiglio europeo di Colonia di definire un gruppo di diritti e di libertà di eccezionale


rilevanza che fossero garantiti a tutti i cittadini dell‘Unione. Ancora più importante sarebbe stata la Costituzione Europea. Il suo scopo, oltre a quello di sostituire i diversi trattati esistenti che al momento costituiscono la base giuridica dell'Unione Europea, è principalmente quello di dare all'UE un assetto politico chiaro e tendenzialmente definitivo riguardo le sue istituzioni, le sue competenze, le modalità decisionali, la politica estera. A dispetto del nome, però, non si tratta di una vera costituzione che sancisce la nascita di una sovranità (come la costituzione federale degli Stati Uniti d'America), bensì di una sorta di Testo unico, in cui vengono solo recepiti e riordinati testi giuridici preesistenti, con poche vere innovazioni e senza alcun trasferimento di sovranità. Nonostante ciò, alcuni Paesi, magari spaventati dal termine ―Costituzione‖ credendo che avrebbero perso alcuni dei loro poteri non hanno ratificato il trattato, come già detto in precedenza, che perciò, senza l‘approvazione di tutti gli Stati membri, non è potuto entrare in vigore. Recentemente, il 13 dicembre 2007 è stato firmato il Trattato di Lisbona, che recepisce gran parte delle innovazioni contenute nella Costituzione europea, solo con alcune piccole modifiche, soprattutto relative a futilità quali i nomi di alcuni provvedimenti che in pratica rimangono immutati rispetto alla Costituzione. Con il passare degli anni l‘UE si è allargata, coinvolgendo nel suo progetto ben 27 stati (4) . Ovviamente più Stati significano più problemi per una già difficile unificazione, però vogliono anche significare che il progetto di unificazione europea è visto di buon occhio. I Paesi che si sono annessi di recente hanno capito che l‘UE non è più soltanto sulla carta, ma è un‘effettiva potenza, che si sta affermando ogni giorno di più. Conclusioni Siamo però ancora lontani dall‘avere una vera federazione europea, al di sopra dei vari Stati, con poteri maggiori rispetto ad ogni singolo stato, che è l‘unica via percorribile per arrivare ad una pace perpetua. “... non si può avere la pace senza una federazione di popoli, nella quale ogni stato, anche il più piccolo, possa sperare la propria sicurezza e la tutela dei propri diritti non dalla propria forza o dalle proprie valutazioni giuridiche, ma solo da questa grande federazione di popoli, da una forza collettiva e dalla deliberazione secondo leggi della volontà comune.” I. Kant ―Idea di una storia universale da un punto di vista cosmopolitico‖ Come dice anche Kant l‘unico modo possibile per garantire ai popoli, prima dell‘Europa, e poi del mondo intero è quello di attuare una federazione che stia sopra tutti gli Stati, e che sia governata dai cittadini. "E quando, superando l'orizzonte del vecchio continente, si abbracci in una visione di insieme tutti i popoli che costituiscono l'umanità, bisogna pur riconoscere che la federazione europea è l'unica garanzia concepibile che i rapporti con i popoli asiatici e americani possano svolgersi su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l'unità politica dell'intero globo." (4) I paesi facenti parte dell’Ue sono: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Rep. Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria

13


14

A. Spinelli “Il manifesto di Ventotene” Inoltre il modello della federazione europea si potrebbe anche esportare fuori dall‘Europa; la nostra federazione, con il suo ruolo centrale nella geografia, potrebbe fungere da ―cerniera‖ tra le Americhe, l‘Asia e l‘Africa. Pensando che l‘America, che ha una storia solo di pochi secoli è diventata uno dei maggiori colossi del mondo, non ci si può neanche immaginare i traguardi che potrebbe raggiungere la Federazione Europea con i suoi millenni di storia, le sue tradizioni e la sua cultura. Il parlamento di Bruxelles.

BIBLIOGRAFIA A.Spinelli ―Gli Stati Uniti d‘Europa e le varie tendenze politiche‖ consultato sul sito www.altierospinelli.org A.Spinelli ―Il manifesto di Ventotene‖ consultato sul sito www.italialibri.net I.Kant ―Idea di una storia universale da un punto di vista cosmopolitico‖, 1784 traduzione di Maria Chiara Pievatolo SITI CONSULTATI www.wikipedia.it www.altierospinelli.org www.mfe.it www.romacivica.net www.ellopos.net www.cifeitalia.org www.criticaliberale.it www.cesdal.it


15/49 I C E B E R G

1

GUERRA E PACE FEDERALISTICHE bis Parliamoci chiaramente: il mio lavoro è strano. È un dialogo, quasi una fiction dai toni surreali e metaforici. È difficile da capire. Non perché penso sia un’opera d’arte od altre baggianate: è proprio difficile riuscire a districarsi nel labirinto dei discorsi. Però, credo abbia il pregio di parlare del tema dell’Europa in una maniera meno banale. Chiamiamolo esperimento, Ouvoir de Literature Potentielle. MARIO LUCA PREFAZIONE “[...] E a ciò dare a intendere, si vuol sapere che le scritture si possono intendere e deonsi esponere massimamente per quattro sensi. L’uno si chiama litterale, [e questo è quello che non si stende più oltre che la lettera de le parole fittizie, sì come sono le favole de li poeti. L’altro si chiama allegorico,] e questo è quello che si nasconde sotto ’l manto di queste favole, ed è una veritade ascosa sotto bella menzogna: sì come quando dice Ovidio che Orfeo facea con la cetera mansuete le fiere, e li arbori e le pietre a sé muovere; che vuol dire che lo savio uomo con lo strumento de la sua voce fa[r]ia mansuescere e umiliare li crudeli cuori, e fa[r]ia muovere a la sua volontade coloro che non hanno vita di scienza e d’arte: e coloro che non hanno vita ra-

15


16

gionevole alcuna sono quasi come pietre. E perché questo nascondimento fosse trovato per li savi, nel penultimo trattato si mosterrà. Veramente li teologi questo senso prendono altrimenti che li poeti; ma però che mia intenzione è qui lo modo de li poeti seguitare, prendo lo senso allegorico secondo che per li poeti è usato. [...]” (Citazione da “Convivio”, 1304-07, di Dante Alighieri. Il brano apre il primo capitolo del secondo libro ed è comunemente noto come “I quattro sensi delle scritture”) (I) Questo è il motivo per cui, nella mia ricerca sull‘Europa, la parola ―Europa‖ compare solo due volte. O per cui non viene citato il nome di Altiero Spinelli, sebbene tutta sia nata da una sua affermazione. A prima vista, questo lavoro, in effetti, sembrerebbe parlare di tutto. Fuorché di Europa. Tranne qualche breve nota, infatti, il testo che segue racconta di una signora in stato semi-vegetativo. Eppure, io ho passato molti pomeriggi a leggere libri ed articoli sull‘UE. Perché quindi nascondere la ricerca, per far vedere un semplice (solo in apparenza) dialogo? Perché ho pensato che, non potendo aggiungere nulla alle parole dei grandi studiosi, fosse possibile fare: 1. Un accurato riassunto, che metta insieme le fonti ―ufficiali‖ (Spinelli, Morelli, Machiavelli...) e faccia un discorso complesso e lucido; Qualcosa di non tradizionale, che mischi fonti diverse (quelle ―ufficiali‖ di sopra con altre considerabili meno ―consuete‖, come Mary Poppins, Isabella Santacroce o Marlene Dietrich) per ottenere qualcosa di più scorrevole alla lettura superficiale, ma non meno complesso e denso di contenuti, ad una più approfondita. Io ho scelto la seconda via. Per evitare di annoiarvi, e per provare qualcosa di differente. Ciò che state per leggere, pertanto, è una ricerca di storia-politica-filosofia-sociologia-echi-più-ne-ha-più-ne-metta; solo in forma più originale. Perché la scelta del dialogo, tra tutte le opzioni alternative? Perché, appena ho letto la traccia, con il suo ―analizzate e commentate‖ mi è venuto in mente Socrate. Nella famosa “pars maieutica” (II) egli cercava la verità. E pensava di poterla trovare solo discutendo con qualcun altro. Questo lo rendeva il più saggio tra gli uomini (III) : il confronto. Perciò, ho pensato che solo con un dialogo che veda contrapporsi idee diametralmente opposte si potesse analizzare adeguatamente l‘affermazione di Spinelli. Ho cercato di mettere, in questo testo dai toni spesso scherzosi, quante più riflessioni possibili. I protagonisti, infatti, rappresentano una determinata figura storico, ente, o corrente di pensiero. Non è difficile individuare a chi si riferiscono molti dei caratteri di questa pièce bizzarra. Le parole che tali ―attori‖ dicono nel mio dialogo, però, non sempre sono coerenti con le idee del personaggio a cui si riferiscono. Ma sono le parole che, a mio parere, la categoria rappresentata dal carattere avrebbe detto. Quindi, il Passante di cui leggerete non sarà solo un Uomo vissuto tanti secoli fa, ma rappresenterà a sua volta una filosofia le cui parole sono state trasposte in linguaggio moderno (per evitarvi di leggere un dialogo scritto in italiano trecentesco). Forse è poco chiara questa spiegazione ma cre(I) Dante Alighieri, Convivio, citato in Il filo rosso vol I, a cura di Santagata, Carotti, Casadei, Tavoni; Laterza Editori, Bari, 2006. (II) La parte del discorso in cui, assieme all’interlocutore, cercava di ottenere risposte alle proprie domande. (III) Così lo definì l’oracolo di Apollo, citazione da “Apologia di Socrate” di Platone. Platone, Apologia di Socrate, Bompiani, Milano, 2000. Traduzione di Giovanni Reale.


do che capirete ciò che intendo dirvi, leggendo.

17

Devo, inoltre, aggiungere qualcosa sul contenuto politico-ideologico della pièce. La posizione che verrà adottata da molti partecipanti al dialogo sarà difficilmente condivisibile, quasi tutti, infatti, hanno idee assai estremiste e poco convenzionali. Spesso contrastanti. Perciò, a colui che volesse conoscere la mia posizione, consiglio di non associarmi completamente (inteso come ―del tutto‖, difatti io mi trovo un po‘ a metà strada tra i contendenti) a nessuno dei caratteri del dialogo; perché i loro pensieri sono volutamente esagerati, io sono assai più moderato. Per farcire il tutto, decorerò questo dialogo con alcune foto da me scattate ed elaborate in varie città europee (Parigi, Londra, Palermo, Gort (piccola cittadina irlandese), Valencia, Firenze) che, a mio parere, rappresentano alcuni concetti inerenti alla ricerca.

Parigi. Les Invalides. Libertà.

Ora non mi resta che dare il via ai miei folli attori, che attendono impazienti l‘inizio della rappresentazione ed augurarvi buon divertimento e non solo. (IV) INTRODUZIONE INTERPRETATIVA (DA LEGGERSI O

PRIMA O DOPO LO SPETTACOLO )

Ho sempre giudicato un autore che dà un‘interpretazione ufficiale di un proprio testo come assassino. La bellezza di uno scritto, credo, risiede nella gamma di diverse interpretazioni che il lettore può dare. Più essa è vasta, più l‘opera è viva ed emozionante. Perciò, un testo dovrebbe calzare su quante più persone possibili, in modo da si adatti ai loro pensieri e prenda ogni volta una sfumatura differente. Con ciò, però, devo fare una differenza tra chi usa allegorie e chi è sibillino. Mentre il primo tiene vaghi e diversamente interpretabili alcuni passi, il secondo cela il significato stesso di modo che sia il lettore a (IV) Grande importanza hanno le note. Esse non solo citano alcune delle fonti delle mie parole, ma aggiungono delucidazioni e riflessioni. Saranno tutte scritte in terza persona, ed io mi chiamerò “autore”, come se fossero state scritte da un commentatore. Ciò, per dare una maggiore verosimiglianza allo scritto. Oltre alle citazioni compariranno anche delle “ispirazioni”. Con questo l’autore (io) vuole indicare gli scrittori a cui si è ispirato per determinati frasi, tratte o ispirate da libri di narrativa o romanzi.


18

Londra. British Museum. Pensiero.

conferirgli un senso. Quest‘ultimo modo mi sembra poco onesto: perché lascia al lettore l‘onere della riflessione. Quindi, ho cercato di prediligere il primo. Bisogna, però, ricordarsi che ciò che vi accingete a leggere non vuole essere un romanzo simbolista, ma una ricerca “ascosa sotto bella menzogna” (V). È quindi necessario che vi fornisca una delle chiavi interpretative possibili. Invitandovi a trovarne altre. Essenzialmente, l‘impresa più complicata è determinare a chi corrispondano i vari personaggi. Tutti cercano di avere una loro identità, ma io focalizzerei l‘attenzione solo su quelli principali. Difatti, sono una ventina solo le parti in cui viene divisa la protagonista, VEG; sarebbe impensabile spiegare tutto di tutte. L‘indiscussa star, VEG, è l‘Europa. Il momento in cui è ambientato il dialogo, 29 maggio 2005, è la data della sua morte. È il giorno in cui il referendum francese ha bocciato la costituzione europea. Ciò causa una schizofrenia acuta nella paziente, che si scinde in tutte le sue anime. Tutto nasce da VEG e si conclude con VEG. Le riflessioni sull‘Europa, quindi, saranno fatte da VEG od in funzione di VEG. Tutti i personaggi hanno una sigla identificativa, partirei da essa per identificare un personaggio chiave, l‘ultimo a comparire in scena. MCM può rappresentare o il ‗900 (MCM, in numeri romani) oppure Altiero Spinelli. Identificare entrambi come ―morti che camminano malinconici‖ è un‘accusa nei confronti degli anti-europeisti. Difatti credo che loro non abbiano appreso nulla dal passato secolo (V) Dante Alighieri, Convivio, originale del 1304-1307, citato in “il filo rosso”, di Santagata Carotti Casadei e Tavoni, Laterza, 2006, Roma-Bari.


di guerre, e dalle parole di Spinelli. Mentre sono stati pronti ad ascoltarle, e magari hanno finto approvazione, appena morto Spinelli hanno tradito la sua vita non considerandolo. Mi è sembrato, infatti, che nelle opinioni dei ben-pensanti e delle masse stia via via scemando la voglia di europeizzazione che ha caratterizzato lo scorso secolo. L‘arrivo dell‘euro, per fare un esempio, ha reso invisa l‘UE a moltissime persone. Tutti gli allarmi ―euro=caro-vita‖ non han fatto altro che fomentare questa fobia. Abbastanza cieca, perché non si può individuare ogni male nelle monetine con l‘Uomo di Vitruvio. Si pensi solo all‘aumento del prezzo della benzina, od al crollo delle torri gemelle. È plausibile prenderli in considerazione come cause. Così credo, per lo meno. E così crede anche il mio personaggio preferito: VEG2. Esso è la prima delle anime di VEG di cui voglio parlarvi. Un‘economista cinico, politicamente scorretto, avente come ideale unico il profitto. I suoi ispiratori sono diametralmente opposti: Marx e Smith. Comunismo e liberismo. Si riconduce a Marx, perché mette l‘economia al centro del dibattito come ―struttura‖; al liberismo soprattutto novecentesco perché crede nell‘economia che avvantaggia gli intraprendenti, aborrendo ogni forma di Welfare e intervento statale (o federale). I motivi per cui desidera compattezza per l‘Europa, quindi, sono prettamente economici. Opposto, invece, VEG4. Esso rappresenta la gente. L‘ossessione per il politically -correct e l‘ambientalismo. Ma è anche un po‘ il sogno. Ossia, la convinzione che l‘Europa possa stare insieme per ideali (quali amore e fratellanza). Profondamente anti -militarista, si ispira alla superficialità di certi giornalisti e di buona parte del Mondo. Un Mondo meno corrotto, se si vuole, e forse più puro ed illuso. Ma anche un Mondo ipocrita, che usa gli ideali come mera demagogia. Più controverso, VEG1. Anche più discutibile. Ammetto di esser stato un po‘ anticlericale nell‘elaborare questo personaggio. Esso, la Chiesa, dà un‘immagine abbastanza negativa di questa entità. Vorrei invitarvi a prescindere dalle vostre convinzioni ed a considerarlo per ciò che è: una caricatura. Esagera il tono un po‘ arrogante e lapidario di certi personaggi politicoreligiosi di oggi. Proprio come una caricatura calca la mano sui difetti (dovreste vedere quella che hanno fatto a me, con un naso chilometrico sproporzionato!), ho voluto dipingere VEG1 come belligerante ed ottuso. Ma questo non vuol dire che così sia fedele alla realtà (così come non ho un naso enorme!). Anche la citazione del libro di Gioele, Bibbia, è una provocazione. Leggendo i Testamenti, infatti, si trovano molti passi ―scomodi‖ che comunemente si cerca di celare. La critica vuole essere riassumibile in Palermo. Ieratico.

19


20

queste parole: ―perché certe affermazioni bibliche sono elise, altre ben marcate?‖. Ma il mio non vuole essere un tema di teologia o etica, perciò vi lascio questa domanda, senza più discuterne. Puramente una macchietta, invece, VEG10. Un personaggio inutile, o essenziale, che ogni tanto spunta augurando la morte a destra e manca. Non so nemmeno io come considerarlo. Forse, è solo un‘irriverente voce che spezza la tensione retorica dei dialoghi, forse la sua ultima battuta è la più importante del dialogo e tutte le sue intromissioni servono solo a prepararla. Come nei polizieschi, in cui il colpevole compare di tanto in tanto impercettibilmente, così VEG10 turba la quiete del dialogo, per poterlo concludere con pathos. Gli altri VEG, sono minori. Nei momenti in cui ci saranno tante voci a sovrapporsi, perciò, vi consiglio di ricordarvi solo il ruolo di VEG1,2,4. Non è indispensabile ricordarsi a cosa si associano gli altri. Ovvio, invece, è il riferimento a Dante Alighieri nel Passante Mica Qualunque. Forse ho peccato di grande hybris a mettere in bocca dal padre della lingua italiana parole come: ―molto più pazza assai‖. Ho voluto scherzare, dandogli una parlata sgrammaticata e assolutamente non coerente con il suo linguaggio trecentesco. Anche storpiando alcuni suoi versi celebri. Mi perdonino l‘Accademia della Crusca, e magari coloro che ritengono più sacra della Bibbia la Commedia. A ben pensarci, il Passante Mica Qualunque è Dante ma soprattutto vuole essere una persona ragionante. Mentre le VEG litigano per la supremazia, PMQ cerca di porre fine all‘irrazionalità del dibattito e le conduce alla retta via. Fa da maestro e guida sapiente, come Virgilio, in questo viaggio nei meandri della schizofrenia. Perciò, le sue idee non sono perfettamente coerenti con quelle del grande scrittore. Ma sono una sorta di ragionamento utile a far avanzare VEG. Penultima, la Signora delle Pulizie Anziana. Il suo personaggio voleva rappresentare l‘Italia, inizialmente. Dandole un accento prima torinese, poi romano con toni dialettali diversi voleva essere l‘allegoria del Bel Paese (detto così, mi sembra più un formaggio!). Ma è sfociata in qualcosa di più. Vorrebbe rappresentare anche la debolezza in genere, non solo quella italiana. È un personaggio poco coerente, spesso depressa ed oppressa, ma con un tono abbastanza fiero ogni tanto. Non è forse così, la nostra bella patria? Ultimissimo, X, ICS, Io Che Scrivo. Una sorta di narratore esterno, che descrive le scene e tira le redini di quest‘auriga. L‘acronimo ICS mi piace molto, perché identifica chi scrive come x, un‘incognita. Perché sono l‘unico (in questo dialogo) che non conoscete. Non ho potuto, per ovvi motivi, strutturare il lavoro in paragrafi. L‘evoluzione del discorso è lenta e graduale; ma si incentra in una prima parte sulla guerra e sul perché aborrirla; poi, sulle origini comuni e l‘identità culturale; poi, sui limiti dell‘Europa; infine, su ulteriori vantaggi portati dall‘UE. La conclusione, vede le arringhe finali dai pezzi grossi della rappresentazione. Ah, ultima (lo giuro) considerazione: la lingua parlata da molti dei personaggi è sgrammaticata ed ha una leggera inflessione piemontese. Avete presente quei jeans tutti rovinati da 200€? C’è sempre un’etichetta a fianco con la marca e la spiegazione del fatto che –il prodotto ha subito un trattamento speciale al fine di garantire l’originalità del risultato. Non si possono garantire standard di omogeneità. Esso è volutamente macchiato, lacerato, strappato e sporco.- Ecco. Facciamo finta che questo scritto sia un pantalone. Ora, porrò fine a questi assillanti preamboli, lasciandovi al dialogo vero e proprio. Qualora troviate altre chiavi interpretative, vi invito a seguire quelle più che le mie. Buona lettura!


ESECUZIONE I PERSONAGGI Procace Infermiera (P.I) Respiratore. Un Chirurgo Bigotto (C.B) Un Passante Mica Qualunque (PMQ) Io Che Scrivo (ICS) La Vegetativa (VEG 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14,15... ) Signora della Pulizie Anziana (SPA) Un Morto che Cammina Malinconico (MCM) P.I: La stiamo… (1) C.B: Pronti con il defibrillatore! P.I: Pronti! C.B: Scarica!

Bzz, fa l‘aggeggio.

C.B: Scarica!

Bzzzzzz, più intenso, fa l‘aggeggio. Gort. Vegetativa. (2)

C.B: Aumenta l‘amperaggio! PMQ: L‘avevo sempre detto, io, che era schizofrenica.

(1) ... perdendo dottore! Questa nota serve solo ad attirare la vostra attenzione sulle note stesse. Prendetele come un ennesimo personaggio, che spiega e cita. Perciò, sebbene spezzino il ritmo, l’Autore le trova essenziali. Per i riferimenti bibliografici, leggere la parte in vinaccia corsivo. Oppure consultare l’appendice bibliografica estesa (ABE). (2) Ispirato da “On est toujours trop bon avec les femmes”. Raymond Queneau, Troppo buoni con le donne, ET, Torino, 2000. Originale pubblicato nel 1968 per la Gallimard. Tradotto da Clara Lusignoli.

21


22

Bzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz, fa il defibrillatore, lasciando scappare alcune scintille purpuree.

Diiiiiiiiiiiiiiiiiin, fa l‘encefalogramma.

P.I: L‘abbiamo persa, dottore! C.B: Da buon cattolico, non voglio accanimento terapeutico. P.I: Ma, dottore, è una signora assai importante! Non può lasciarla morire! C.B: Le mie radici mi impediscono di scendere a compromessi. (3) PMQ: Ah, sentiva le voci quella lì! Non mi sorprendo che si sia ammazzata! C.B: Decreto la morte della paziente. Data della morte, 29 maggio 2005 (4). Ora del decesso... che ore sono, procace infermiera? P.I: Ma sì, non badiamo a queste sottigliezze. Tanto, morta per morta. PMQ: Soffriva di disgregazione dell‘io, la tapina, non mi sorprende abbia bevuto un po‘ di omino bianco®. Con cui, forse, pensava di smacchiare alcuni punti poco puliti della sua breve vita. P.I: MA (esterrefatta)! MA! DOTTORE! GUARDI! STA RESPIRANDO!

Barcellona. Filosofo.

C.B: ‗Orco demonio! Ha ragione! Questa qui non crepa nemmeno a mazzate, avida com‘è di dilapidare il suo patrimonio. (5)

(3) Grande problema di tutti coloro che hanno a che fare con la paziente del dialogo. . (4) Data non scelta a caso. Vi do un indizio… in quel giorno ci fu un referendum in Francia... (5) Non c’è dubbio sul fatto che per la signora morente vengano spesi molti soldi. E l’opinione comune sembra considerarli uno spreco.


P.I: E ‗mo che facciamo? C.B: Ah, io di eutanasia, non ne voglio nemmeno sentir parlare! Mica voglio andare all‘Inferno, io! Attacchiamola ad una di quelle macchine, quei cosi, lasciamola lì a crepare! Tanto, Iddio è lì lì per farle tirar le cuoia! P.I: Sia fatta la sua volontà, chirurgo!

ICS: Se ne vanno, lasciandola sola nell‘asettico bianco della stanza vuota. Unico rumore, il respiratore. Che fa, Woooooooom. Wooooooom. Woooooooom. Unica compagnia, una svogliata signora delle pulizie che passa, di tanto in tanto, a controllare sia ancora viva.

ICS: Attaccata ad uno di quei macchinari ipertecnologici, di cui gli ospedali si forniscono per tenere agganciati anche al più piccolo brandello di vita coloro che, in realtà, sono più morti che vivi. Chi l‘avrebbe mai detto che sarebbe bastato così poco ad incepparla? Insomma, il rifiuto da parte di metà di un dodicesimo dei suoi componenti l‘ha rasa al suolo! (6) Si vede che era già fragilotta… oh, ma adesso mi sembra voglia parlare! La Vegetativa, così mi piace chiamarla, sta muovendo le pupille per dettare al pc il suo testamento! Che evento! Ascoltiamola parlare, ‗sta pazza; o meglio, ascoltiamo i suoni metallici e malinconici del sintetizzatore. VEG5: Voi già mi conoscete, almeno per sentito dire. Magari non ci siamo mai presentati; beh, in tal caso, io sono la Vegetativa. E sono bastarda. Non lasciatevi forviare dall‘accezione volgare del termine, io sono bastarda nel senso stretto della parola. Sono figlia di innumerevoli padri e madri. E ciò è quantomeno bizzarro! Sono nata senza che i miei genitori mi volessero, così mi hanno sempre raccontato. Io credo che, quand‘erano giovani, abbiano desiderato ardentemente un figlio. Forse, non lo volevano come me, perciò mi stanno disconoscendo. Anche perché i figli illegittimi, si sa, sono scomodi. Un buon modo per dilapidare le eredità; insomma, poveri figli legittimi, rubo loro molti fondi… Sarà per questo che i miei fratelli non mi tollerano… (riflette). Sapete, io sono anche autodidatta. Ben poco è stato fatto per educarmi, mi hanno lasciata crescere, sperando che venissi su bene. Ma, almeno, ho un buon DNA. Sono figlia dell‘intelligenza e del coraggio e dell‘eleganza francesi. Dell‘ambizione e della temerità del Montenegro. Del senso del dovere e dell‘onestà commerciale inglese. Di tutte le forze e le debolezze del GENIO italiane. Per citare la stessa fonte, mi toccherà dire che sono anche figlia del bigottismo e della cretineria austriache; o della goffaggine e pesantezza tedesche. Non che io lo pensi, eh, ma devo citare fedelmente la fonte! (7) (6) I cittadini europei sono circa 800 milioni; quelli francesi 64, i belgi 10. Quindi, ad occhio e croce, 1/24 dell’Europa è contro la costituzione (stima molto approssimativa, dato che in questi numeri sono compresi anche coloro che non hanno votato). (7) La fonte è l’opera di Carlo Carrà, assai discutibile, “Sintesi futurista della guerra”. La scelta di un artista così belligerante non è casuale. L’autore vuole ricordare il passato culturale della VEG. Sintesi Futurista della Guerra, C. Carrà, 1914, citato in http://www.itcrendina.it/concorsi-regionali/0304-primaguerra/ futurismo/index.htm

23


24

Diciamo che sono figlia delle più svariate culture. VEG1: Non è vero! Una sola! VEG6: La mia! VEG3: No, la mia! VEG12: Più tutte valide!

culture,

VEG1: Una una cultura!

nazione,

VEG10: No! Possa tu morire di itterizia (caustico)! VEG4: Macchè? Sono figlia di NESSUNO (urlando, con il sintetizzatore che quasi si fonde). Londra. Cambio della guardia a cavallo. Depersonalizzazione.

ICS: Ci vuole un dio dalla macchina! Un supereroe! Accorri! Dopo quest‘invocazione, entra lemme un vecchietto (settecentoquarantatre anni il 13 di giugno) (8), il passante. L‘osserva, freddo e lucido.

PMQ: Oh-oh! Vedete (non si sa a chi si stia rivolgendo, forse a voi che lo spiate. Ma lui non sa che esistete, quindi forse parla a sé stesso), è più morta che viva, ma schizofrenica! Paradossalmente, non trova la forza per stare in piedi, ma ne ha a bizzeffe per azzuffarsi! Certo, è uno dei disagi della schizofrenia. Ma lei è uno stadio avanzatissimo! Altroché, Francesco (9)! Lui che si dipingeva frammentato in immagine di sé, ideale di sé e personalità vera e propria (10)! Ma questa qui l‘è molto più pazza assai! (occhiolino).

VEG5: (Isterica. Per quanto possa sembrare isterica una voce sintetizzata da un compu(8) 2008-743=1265. L’autore, sadico, preferisce non spiegarvi cosa successe nel 1265. Tocca a voi che leggete. Perdonatelo! (9) Petrarca. (10) Si pensi a “Pace non trovo e non ò da far guerra”. In cui si può leggere: “[…]et bramo di perire, et chieggio aita; et ò in odio me stesso, e amo altrui. Pascomi di dolor, piangendo rido[…]” (versi 10-12).. Francesco Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta, citato in Il filo rosso vol I, a cura di Santagata, Carotti, Casadei, Tavoni; Laterza Editori, Bari, 2006


ter). STATE ZITTE! BASTA CON LA VOSTRA CACIARA! VEG4: Beh, ma tu mi provochi. Insomma, come puoi puntare al futuro e citare un belligerante come Carrà? Nella tuo bagaglio non dovrebbe nemmeno comparire il futurismo! Anche perché, ormai è passatismo, ma chérie. Non ti puoi ispirare a lui, dobbiamo sostenere la pace!

Parigi. Defense. Depersonalizzazione.

VEG5: Beh, è uno dei tanti. Insomma, io vorrei dare voce a tutti per prenderne i meglio. VEG10: (secco). Possa tu morire investita da una parata di elefanti della Orfei (11). Non è possibile accontentare tutti. VEG2: Ordunque. Non perdiamo tempo con blablablà inutile. Ideali, paroloni, concetti astratti; lasciamoli ai politicanti. Noi vogliamo fatti. Ed un motivo di coesione deve essere un fatto! VEG5: Ah sì? E dimmi quale. VEG2: Detto fatto. Orbene, Il nostro è un patetico matrimonio di interessi, non mentiamo. Sapete la storia dei regni d‘Aragona e Castiglia? Nel 1942 (12). Ops. Scusate, sono dislessica, nel 1492 essi si unirono contro un nemico comune, che minacciava i confini. Il matrimonio tra Ferdinando e Isabella servì solo a quello. Oltre che a migliorare la situazione economica e porre fine alle guerre tra i due regni (14). Voi pensate che i nostri padri (11) Si scusi la scatologia. Possa la signora Orfei perdonare l’autore. (12) Un anno molto importante, di transizione. nel ’41, infatti, fu redatto il famoso manifesto di Ventotene; nel ’43 fu fondato il Movimento federalista europeo. Entrambi grazie al lavoro di Altiero Spinelli. (13) Gli arabi. (14) L’analisi è abbastanza semplificata, difatti furono parecchi i motivi del matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. Ciononostante, l’autore crede sia sufficiente per fare capire al lettore ciò che intende.

25


26

si amassero? (15) Nemmeno per vie traverse! VEG1: Non ci credo! Noi siamo destinati a stare insieme. Duemilasette anni di storia ce lo impongono, non saranno di certo dei tassi d‘interesse a tenerci insieme! Sono le radici culturali e religiose! Fiat meam voluntatem. VEG4: Quattro lettere P-A-C-E. Non è difficile da capire! Dopo tutte le guerre civili, perché se siamo una cosa sola quelle furono guerre civili, non necessitiamo d‘altro! VEG2: E perché? VEG4: Perché non vogliamo macchiare di sangue il nostro terreno...

Barcellona. Pace.

VEG2: Bugie! Orquindi, solo agli ipocriti sembra vera questa affermazione. Ci piace tanto sentirci i garanti della verità, della pace, della democrazia. Ma è pura ipocrisia. Gli ideali servono solo a racimolare voti! La gente sa di essere cattiva, per questo vota chi sembra più bravo. E promette di aiutare bambini africani di cui, in realtà, non ci interessa affatto! Vogliamo ingannare la nostra anima, oppressa da insulsi sensi di colpa! Orsù, siamo solo amanti della morale spicciola; dei pensieri da quarta elementare con cui siamo stati imbevuti. Perché ogni aspirante Miss nei concorsi di bellezza dice di sognare la pace in Iraq? Credi seriamente che sappiano anche solo lontanamente dove sia l‘Iraq? No. Lo fanno solo per imbrogliarti, e per rendersi simpatiche a voi impostori pronti a tele votare la più falsa. I politici, ben poco si differenziano da Miss America. Governare è far credere (16)! E voi siete le manipolabili teste di cui hanno bisogni gli uni e gli altri per fare soldi. Perché, un‘altra volta, si tratta solo di questo: soldi! (15) Schumann, Adenauer e De Gasperi (16)Frase rubata a Nicolò Machiavelli. Nicolò Machiavelli, Il Principe, Silvio Berlusconi editore, Milano,


VEG4: (Indignato) Io ho dei fermi ideali, che non potrebbero mai comprare! VEG10: Possa tu morire infilzato dal tuo stesso naso che si allunga a tal punto da andare contro la parete per curvarsi e tornare indietro fino a perforarti il petto. VEG2: Orora, i soldi se ne fregano, perché sei già loro (17)! Non possono comprare i tuoi ideali, perché li hanno partoriti. Prova a pensarci, non puoi vivere senza. Per loro ti muovi, per loro il mondo si muove. Con loro si comprano i libri che ti istruiscono, scritti spesso per fare altri soldi; con loro fai tutto ciò che vuoi. Ed anche il tuo pacifismo, rientra perfettamente nel volere dei soldi. Loro vogliono girare, vedere spazi nuovi e passare al più meritevole. In guerra, stagnano o vengono dilapidati in armi. I prezzi impennano, perciò calano i consumi. E questo, no, i soldi non lo possono tollerare. Il consumo è il siero dell‘eterna giovinezza per i soldi. Ciò che li rende potenti. In fondo, la loro energia è solo potenziale. Hanno valore solo in riferimento al consumo. Mille euro possono significare un nuovo paio di Prada o un‘enciclopedia ben fatta. Ma se non ci si può comprare nulla, sono utili come fazzoletti usati. Perciò aborriamo la guerra e stiamo insieme, per dare valore all‘unica cosa che sopravvivrà dopo la nostra morte. VEG4: Parole argute, devo ammetterlo! Ma sottovaluti la mia intelligenza. Io so dire di no ai soldi, non sono loro schiavo. E poi, sii realista, io comando le mie spese. Certo, pubblicità e bisogni mi possono forviare, ma io rimango padrone di me. Ed è la mia cultura a farmi scegliere cosa comprare, cosa no. Perciò, non vedo in biechi pezzi di metallo il perché dovremmo stare insieme. Ma nelle ideologie. VEG1: Parole sante! Anche per averle negate siamo in questo lettino. Non volevate nemmeno citarmi (18)! Ed io sono così palesemente la radice di tutte le vostre parole! Perciò questo vi dico, aborrite la guerra, ma non contro coloro che la pensano diversamente da voi (19)! VEG2: O da chi ha un mercato differente dal nostro. Insomma, invadere alcuni territori ricchi e non occidentalizzati può creare nuovi mercati. “Minimeque ad eos mercatores saepe commeant atque ea quae ad effeminandos animos pertinent important” (20). VEG19: La fonte? VEG2: Che assillante! Cesare, De Bello Gallico. Orbene. Comunque, oggi, con il mondo (17) Il discorso che segue è ispirato dalla conferenza che il professor Carlo Sini ha tenuto presso la fondazione Faraggiana di Novara, il 17/11/07. (18) L’annosa questione a cui l’Autore si riferisce è quella legata alla Costituzione europea, nella quale alcuni vorrebbero citare l’importanza della religione cristiana, altri no. (19) L’Autore commette una tremenda banalizzazione, indicando la Chiesa come un’ottusa entità belligerante. Ben lungi dal pensarla in questo modo, vorrebbe ricordarvi che il personaggio di VEG1 rappresenta gli estremismi religiosi, non la posizione ufficiale né più diffusa della Chiesa. Ciononostante è innegabile una certa chiusura al dialogo, ed un’inflessibilità spesso violente di alcune frange. (20) Cesare, De bello gallico, libro I. Traduzione a cura del progetto Ovidio: “solo di rado raggiunti da mercanti che introducono presso di loro quei prodotti che servono ad ingentilire gli animi”. Cesare con queste parole vuole avvisare i senatori romani che, una volta conquistata la Gallia, ci sarebbero stati molti nuovi e proficui mercati. Cesare, De bello Gallico, citato in Odi et amo, a cura di Di Sacco e Serio, Ediziono scolastiche Bruno Mondadori, 2006.

27


28

globalizzato, mi sembra utopico; un bel miraggio, trovare posti senza Mc Donald’s! (21) Ora come ora, la guerra può essere solo un deterrente. A maggior ragione, quindi, ci serve un esercito unico! Per sederci ad ogni tavolo delle trattative con il coltello dalla parte giusta e per tutelare attacchi sul nostro suolo! VEG6: Ah-ah-ah! (Risata). Non sei un vero economista. Prendi esempio da Cipolla! Per lui, la peste non fu così drammatica. Abbatté alcune barriere sociali, portando ad un miglioramento dell‘economia. Soprattutto per i proletari. Quelli sopravvissuti, intendo. Camus, Boccaccio la descrissero come una rivoluzione, che va oltre al censo. (22) Sì, all‘inizio colpisce soprattutto i più deboli, ma poi che tu sia un tycoon o uno straccione, se ne frega. Così, una bella guerra risolverebbe molti problemi (23). Abbiamo un 8% di disoccupazione (24). Caspiterina! Eppoi, siamo gravati da una percentuale esorbitante di vecchi parassiti, le risorse scarseggiano ed i prezzi vanno alle stelle. Credete veramente che i fondi per la pensione continueranno ad essere sufficienti? Si finirà a dover pagare le tasse per mantenere coloro che sono andati in pensione a 50 anni! Collasserà tutto il sistema! Un giorno, poi, tutto il petrolio andrà ai paesi emergenti e resteremo a secco. (25)

Palermo. Natura morta. (21) Secondo l’economista George Ritzer, il Big Mac è un ottimo indicatore del costo della vita, in quanto uno dei prodotti più diffusi in scala globale. Questo dovrebbe farci riflettere! George Ritzer, Il mondo alla McDonald's, Il Mulino, Bologna, 1997. (22) Si riferisce a: Cipolla, Camus, (la peste) ed alla descrizione che Boccaccio dà della città di Firenze in balia della peste nel 1348. C.M. Cipolla, Storia economica dell’Europa preindustriale, Il Mulino, Bologna, 1980. A. Camus, La peste, 1947, tradotto nel 2003 per la casa Bompiani. Giovanni Boccaccio, Il Decameron, a cura di G. Petronio, Einaudi, Torino, 1963. (23) Il discorso è molto esagerato, volutamente, per sottolineare come con cinismo si possa legittimare anche la guerra. (24) Fonte “relazione annuale del 2004” della Banca d’Italia. Dati aggiornati al 2004. (25) Per questo motivo il governo cinese appoggia il Venezuela od i paesi ricchi di risorse medio-orientali ed africani; come conferma l’articolo “ALBA: l’Alternativa Boliviana per le Americhe” di Livio d’Anna su sapere.it.


Verranno carestie e degrado. Con una bella guerra mondiale, dimezzando la popolazione, otterremmo una migliore distribuzione della ricchezza; ci sarebbe un boom economico come quello del Rinascimento, o degli anni ‘50! Meno parassiti (26) e bocche da sfamare, maggior produttività! (27) Sacrificare i più deboli per migliorare la vita a tutti gli altri! (28) VEG1: L‘idea non mi dispiace, con tutti gli infedeli che ci sono! (29) VEG10: Possa tu morire schiantandoti contro l‘Empire State Building con la tua Panda lilla! VEG4: Le vostre parole non hanno senso… (30) VEG6: La guerra sarebbe un toccasana proletario. Perché, tanto, i ricchi non avrebbero bisogno della pensione! E, poi, dovremmo far fuori un po‘ di musi gialli. O di Mao -Mao (31). VEG2: Yuppie! Più offerte per i miei pastori! VEG6: Una guerra, una soluzione. VEG4: MA POSSIBILE CHE NESSUNO PENSI AI BAMBINI? POVERI, PICCOLI, INDIFESI BAMBINI DEL BURUNDI! SVILUPPO SOSTENIBILE! (26) Secondo dati ISTAT del 2005, gli over 65 costituirebbero il 18% della popolazione italiana e determinerebbero il 37% dei ricoveri ed il 49% delle giornate di degenza. La spesa per i servizi di assistenza domiciliare riceverebbero il 2,12% del fondo sanitario nazionale. L’Italia settentrionale ha un indice di vecchiaia dal 160% (160 anziani ogni 100 ragazzi); esso è il più alto del mondo. E vanta la speranza di vita più lunga dell’UE. L’Autore invita a riflettere su come il problema della vecchiaia (e del Welfare) siano molto gravi; non solo in Italia, perché è un problema anche di molti altri paesi europei. Creando un organismo comunitario per il Welfare, l’assistenza e la Sanità, si potrebbe meglio gestire questa delicata situazione. In maniera più “umana” del “sterminiamoli tutti” di VEG6. (27) L’Autore teme di doverlo contraddire! Insomma, è un po’ catastrofiche. Siamo abbastanza nella palta, però. Per esempio, la poca prolificità dell’Italia, unita all’alta longevità porterà uno squilibrio tra popolazione attiva e “passiva” (si chiami così la parte dello Stato che non lavora o produce, e che vive a spese dello stato: quindi, anziani, invalidi ed ex-politici). Questo porterebbe ad un eccessiva spesa pensionistica per la Nazione che potrebbe sfociare in: aumento della tassazione della popolazione “attiva” oppure, collasso degli enti pensionistici. Nel primo caso, si avrebbe un impoverimento generale dell’economia (perché, se circolano pochi soldi, l’economia stagna causando depressione e calo dei consumi); nel secondo, un caos generale e rivolte. Perché non credo che coloro che hanno versato contributi per anni accettino un “no, mi dispiace, non abbiamo più un centesimo” come risposta! (28)Questa affermazione è riconducibile alla corrente ideologica del liberismo, per esempio Adam Smith. (29) È da tempo che VEG1 non incita alla guerra santa, è vero. Diciamo che VEG1 rappresenta la frangia più fondamentalista della sua classe di appartenenza. (30) Già. Condivide, l’autore. (31) Così vengono chiamati, da gente ignorante e patetica, i Musulmani. Come a schernire il loro profeta Maometto. Bisogna infatti precisare che la grande fuga di denaro dai paesi occidentali al medio oriente ha molto indebolito il primo. I petrol-dollari hanno infiacchito il potere di acquisto e la ricchezza pro-capite degli europei. Poi, questi paesi sono sempre più popolosi. Il cibo potrebbe non essere più abbastanza. Potrebbero venire guerre per il cibo, i beni, le risorse.

29


30

VEG1: Come Lui disse... VEG2: Come Brecht...

disse

VEG1: Proclamate questo tra le genti... VEG2: La guerra che verrà non è la prima... VEG1: Chiamate alla guerra Santa... VEG2: Prima ci sono state altre guerre... VEG1: Incitate tutti i prodi, vengano,... VEG2: Alla fine dell‘ultima C‘erano vincitori e vinti... VEG1: Salgano tutti i guerrieri... VEG2: Fra i vinti la povera gente... VEG1: Con le vostre zappe fatevi spade... VEG2: Faceva la fame... VEG1: E lance con le vostre falci;... VEG2: Fra i vincitori... VEG1: Anche il più debole dica: io sono un guerriero! VEG2: Faceva la fame la povera gente egualmente. VEG4: POSSIBILE CHE NON V‘INTERESSI NULLA DEI Sopra, Barcellona; illuminazione. Sotto, Parigi, Comunica- POVERI PICCOLI BAMBINI? to di De Gaulle.


VEG19: Da Gioele; 4, 9-10. (32) VEG1: Bene Detto.

PMQ: (spazientito) POSSIBILE CHE NON CAPIATE? Non me ne frega un emerito fagiuolo della vostra economia, degli ideali, o di tutte le palandranate che state dicendo! Io vi voglio insieme, e so il perché. L‘ho sempre chiamato, io, un Impero (33) che riporti splendore alla romanità. Convincetevi come volete, ma FATELO EFFETTIVAMENTE! (Funestamente iroso). VEG10: (a bassa voce) Possa tu morire per implosione.

ICS: Il Passante sta per avere una crisi di nervi. Sbraita. Forse, la schizofrenica lo inschizofrenisce. In effetti, è difficile seguire l‘intrecciarsi dei suoi discorsi; anche io lo trovo un‘ardua impresa. Ma non sarebbe pazza, se parlasse con una sola e coerente voce. Serve una spalla al nostro supereroe. Un Robin col Mocio Vileda®, una signora delle pulizie, entra lenta. Scopa e sogghigna. Ha una pelle flaccida che ricopre un arcaico volto ovale scavato. I capelli, sparsi in treccine disarmoniche, non tentano nemmeno di celare le vistose rughe che solcano la faccia smunta. Tipico di una centoquarantaseienne

SPA: (pulendo) Eh, questi giovani d‘oggi! Riflettono la società odierna, se lo lasci dire da una donna d‘altri tempi! Basta accendere la televisione per capire com‘è la mentalità della Signora. Sommersa da tiggì, immagini di sangue, morti, bambini violentati... VEG4: POVERI BIMBI! VEG1 Arrossisce. VEG10: Possa tu morire schiacciato da un macigno di criptonite. SPA: Sa, ormai, si vive solo di litigi. E tutto è show-biz, sa. La politica, gli affari, il mondo intero è un circo a tre piste (34) ! Del resto, sa, la tivù è composta da omeomerie (35), piccoli pezzi al cui interno v‘è l‘essenza della società. Se, quindi, sa, in tivù si vedono litigi (32) Citano “La guerra che verrà” Di B. Brecht, citato in www.monterotondosocialforum.it/documenti/msfnowar.htm. E La Sacra Bibbia, versione ufficiale C.E.I., libro di Gioele. (33) Questo è il significato generale del “De monarchia” di Dante Alighieri. Dante Alighieri, De Monarchia, citato in Il filo rosso vol I, a cura di Santagata, Carotti, Casadei, Tavoni; Laterza Editori, Bari, 2006. (34) Citazione di “Razzle Dazzle”, nel musical “Chicago”, di Fred Ebb e John Kander, prodotto per la prima volta nel ’75 a Broadway. (35) La TV è come uno specchio della società, per questo la contiene come le omeomerie di Anassagora. Per informazioni su questo Anassagora, frammenti citati in “In Aristotelis Physicorum libros” di Simplicio; Sesto Empirico, Adversus Mathematicos; citato in “I filosofi e le idee volume 1” a cura di Cioffi Luppi, edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2004.

31


32

incessanti (36) , è ovvio che così facciano le signore, come VEG. PMQ: Oh! Finalmente qualcuno che ragiona! (La fissa…) ma… ma… mi sembra di averla già vista, possibile? SPA: Bischero! Non mi riconosci? Sono tua parente! PMQ: Davvero? SPA: Xe vero, ciò! Comunque, a forza di fare show, sa, la politica l‘è diventata tutta fatta da pailettes e nulla più. Tutte queste organizzazioni, dai nomi affascinanti, sa, servono solo per gettare lustrini negli occhi della plebaglia (che siamo noi!). Palazzi di cristallo, vetro, cartongesso o diamante, sono tutte falsità! Perché nessuno vuole mollare la sua cadreghina! Suvvia, su!, sa, so: se si volesse si potrebbe avere un unico ministro degli interni. E chi glielo direbbe agli altri ventisei che hanno perso il lavoro? Di‘, do da destar dubbi? (37) O mi crede? PMQ: Ti credo! Ahi, serve tu e la donna che sta morendo laggiù! SPA: Che sogno! Niente più cici-e-cici-e-cicià… Bamblanate inutili e bagarre al kermes. Sa, io nemmeno me l‘immagino un mondo schietto e veloce. Un‘amministrazione senza fronzoli ed efficace, senza mille mila voci; con un autorevole tono. PMQ: Ahi, dir quanto l‘aborro è cosa dura, ‗sta burocrazia scema e lenta e contorta; che al sol pensier, l‘azienda si spaura; tant‘è ferma che poco più è morta. SPA: (schietta) Oddio, ha perso un po‘ di verve poetica, sa Mr Passante? Sorvoliamo. Però, io sono convinta che sia stupido non mettersi insieme. Cioè, ti parlo di me, VEG. Allora, sa, ossia. Io passo la lucidatrice su questo pavimento da… boh, centinaia di anni. Conto meno del… (ci pensa) VEG11: Sei inutile come chiedere ad un Imam se preferisce del prosciutto e melone oppure il Coq-au-vin! SPA: Bell‘esempio, gioia. VEG23: Come una collezione di bambole in pezza! SPA: Ho capito, fin troppo espliciti, cari! VEG22: Come un‘entraîneuse in un convento! VEG2 (pensa): Beh, questa non l‘ho capita! A me non sembra così inutile… SPA: E ORA BASTA, CAVOLO! (Infuriata) Non sono mica così male! (36) Si pensi ai dialoghi tra A. Celentano ed A. Reale in “Amici”, di M. De Filippi. (37) I giochi di parole sono ispirati a “Petit abécédaire illustré”. Georges Perec, Petit abécédaire illustré, Gallimard, 1973.


PMQ: Già! (Lapidario). SPA: Comunque, vi dicevo, prima che mi interrompeste… sapete, io sono abbastanza inutile. Per questo, rischio il lavoro. Una bella tahitiana me lo soffierà, un giorno o l‘altro. Sapete, di quelle belle donne dell‘est… lo dissi a Marlene Sieber, ma quella nain! Troppo orgogliosa, per allearsi con un‘italianuccia come me. Ma anche lei perderà il lavoro, ah ah! ‗Manco le SPA potremo fare! Ma sa, se ci organizzassimo meglio, col piffero che ci cannerebbero. Ci pensi, un‘organizzazione delle SPA mica da poco. Non solo di ostetricia o cardiologia, ma di tutte le SPA dell‘Ospedale! Ah, saremmo invincibili! Non possiamo puntare sulla qualità, ma per quantità siamo rilevantissime! E se questo sindacato, se vuole si può anche chiamare così sa?, se producesse effettivamente. Ah, che sogno, sa! Non dico ciechi scioperi, che blocchino tutto e tutti; ma azioni mirate al nostro vero interesse. Tra cui, magari, non intascarsi palate di soldi. Insomma, sa, mi sentirei più difesa. E potrei continuare a fare il mio lavoro di Signora delle Pulizie, con la dentiera sulle labbra. E se, metti mica, invece di un organismo di categoria solo nostro, ci unissimo anche a… che ne so… alle infermiere! Non sarebbe forse ancora meglio, per noi lavoratori? (38) VEG2: Orcaspita! Povere imprese! Che spina nel fianco di livello colossale! Ma perché tutti voi volete trovare forza nel numero? Io credo sia perché non ne avete in voi stessi. Insomma, se foste intraprendenti, in un mondo liberista potreste divenire chiunque. Invece, vi piace adagiarvi, contando sul numero e diventare improduttive! Orbene, non va bene per niente! SPA: Beh, lei è di parte, lo sa meglio di me! Però, orsù, se fossimo tutte insieme, non faremmo più scioperi per ogni nonnulla! VEG2: E chi ci crede? (Agitando le mani. Anzi, no, è in stato vegetativo. Non agita un bel niente). PMQ: Chi ha potere, tende a fare di tutto per conservarlo. O per aumentarlo. VEG6: Uh! Che bella idea mi ha dato! Oggi come oggi non valiamo una cicca, ma se ci mettessimo insieme avremmo un arsenale sufficiente per conquistare buona parte del mondo! Che meraviglia! Potremmo attaccare i paesi limitrofi e conquistarli. Schiavi! Evviva, l‘economia non necessita d‘altro. Mano d‘opera a prezzo zero, segue, abbassamento dei prezzi. Segue, aumento dei consumi. Segue, felicità. Torneremmo ai fasti di Roma. L‘unione ci darà la forza di aborrire la pace ed espanderci! La pace che malauguratamente teniamo da mezzo secolo, potrebbe finalmente trovare una fine! Evviva! W l‘Unione! (39) VEG1: In nomine patris. VEG10: Possiate voi morire con degli imbuti ficcati in gola dai quali si fanno scendere (38) Il sindacato unico europeo è considerabile un miraggio. Basta pensare alla situazione italiana, in cui esistono più di 22 sindacati (secondo il sito romacivica.it). L’obiettivo di un’organizzazione a livello federale gioverebbe molto ai lavoratori, in quanto renderebbe più efficaci, meno corrotti e meno di parte i sindacati. (39) Beh, è folle, ma non assurdo pensare che l’UE possa dare sufficiente forza bellica al nostro Continente per attaccare i paesi più deboli. In fondo, lo stato di equilibrio della potenza è causa di pace. L’Autore intende dire che, finché non c’è un’entità predominante (o presunta tale) non esistono guerre. Nessuno stato, infatti, dichiarerebbe guerra ad un rivale più potente od egualmente potente. Perciò se si formasse uno squilibrio, dando un’incredibile forza bellica all’asse europeo-americano, diventerebbero più probabili conflitti.

33


34

monetine da 1 centesimo fino a riempirvi lo stomaco ed a soffocarvi.

ICS: Dopo quest‘affermazione nessuno ha il coraggio di controbattere. Il nostro amato eroe e la sua spalla capiscono di essere in difficoltà. C‘è bisogno dell‘artiglieria. Perepepè (chiamata alle armi previa trombetta)! Arrivano i rinforzi! WOOOM WOOM, il solito respiratore. KABOOOM!, fa la porta che sbatte.

ICS: Un signore, trafelato, con in mano una valigetta foderata in tweed; addosso, trench marroncino, pantalone sabbia con un vistoso fazzoletto in San Gallo che spunta dal taschino. Sembra molto curato, tranne per la barba. Quella è trasandata.

S P A : O d d i o ! (spaventata) Oddio! (Quasi sviene!) VEG5: (Urla) Un morto! (40) VEG19: Che cammina! VEG10: Che paura! VEG6: Aiuto! MCM: (Si guarda attorno) Di chi parlate, di grazia?

Parigi, Versailles. Vorrei fuggire di qui.

VEG18: Oddio! E parla anche! AAAAAAAAAAAAAAH!

MCM: Di me? VEG9: Oh che soverchiatore, oh spettro senza timore di Dio! Oh che Birbone! (41) MCM: (Esterrefatto) Ma io mica sono morto! PMQ: Desolato, hanno ragione!

(40) Tutte le VEG che parleranno nelle prossime righe avranno numero diverso, l’Autore consiglia di non soffermarsi sull’identità loro; ma di leggerle come voci di una pazza che formano un discorso unico. (41) Mnemonicamente studiato da “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Alessandro Manzoni, I promessi Sposi, a cura di Franca Gavino Olivieri, Principato, Milano, 1997.


VEG11: (Ridanciana) Ah-ah! MCM: Parli tu, Passante, che sei morto da secoli! Io, solo pochi annetti. PMQ: Per me morto è chi è inerme, e non può nulla sull‘attuale, no caro Morto che Cammina? MCM: Concordo! VEG11: (Ridancianissima) AHAHAHAHAHAHAHAHAH! Quindi sei MORTOOOOOOOO! (Con la ―O‖ lunga)! PMQ: Io, mai stato più attuale, più apprezzato, più studiato. Tu? VEG5: Noi, tuoi figli, ti rinneghiamo! VEG11: AHAHAHAHAHAHAHAHA (Ridanciana più che mai). VEG17: Sei solo uno sbiadito manifesto (42), che nessuno legge. O, se lo legge, non lo ascolta. O, se lo ascolta, se ne frega e continua sulla sua strada! MCM: (Quasi piangendo) Non è vero! VEG18: Invece sì! Basta guardare come mi sono ridotta! Sono PA-Z-ZA! P-A-Z-Z-Z-ZAAAAAA! (Con il tono che si addice ad una persona pazza, interpretata da un sintetizzatore vocale che legge il volere dagli occhi del vegetale e lo traduce in metallici suoni sgraziati che si librano leggeri ma gracchianti nell‘aria appesantita dal rumore incessante del respiratore artificiale che fa WOOOOM WOOOM WOOM mentre il sole si sta spegnendo e pochi raggi opachi penetrano la grigia finestra illuminando le gote della paziente dall‘aspetto sofferente ma fiero pazzo come api su fiori iridescenti zeppi di nettare irraggiungibile per poi tornare affamate ad un alveare dove la regina dirà loro CATTIVE! e le farà trucidare). (43) VEG9: FOLLE!!!! (Tono schizofrenico). VEG21: SCHIZOFRENICA! (Tono folle). VEG11: BWHUAMHUAHUAHAHAMHUAWHUAHAHHAHAHAHAH! (Risata malefica stile Crudelia Demon). VEG10: (Caustica) Caspita, VEG11, moderati un pochino! Possa tu morire per implosione! MCM: C‘è chi mi cita, chi m‘ascolta… (42) Ventotene. Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, Il manifesto di Ventotene, Oscar Saggi, Milano, 2006. (43) Ispirato da “Luminal”. Isabella Santacroce, Luminal, UEF, 2003, Milano.

35


36

PMQ: Con ipocrisia, perché nei fatti, sei MORTO! Un povero cadavere, flebile come un sogno, come i disegni sugli specchi appannati dopo una doccia. Svaniscono in pochi istanti. MCM: Temo abbiate ragione. Però, le mie parole rimangono vere. Sogni vani, forse; utopici, magari; visionari e folli, di sicuro; ma hanno un fondo di senso, nevvero? PMQ: Sì. Ma anche il miglior consiglio è ininfluente, se non ascoltato. In biologia, la si chiamerebbe fitness. La fitness è la capacità di un essere vivente di influire sulla popola-

Palermo. Scorcio.

zione futura (44). Perciò, anche l‘uomo perfetto, se sterile, è inutile all‘evoluzione. MCM: (Praticamente in lacrime) Sigh. Io ci credevo, nelle mie parole. SPA: Quelle dommage! (Mi si scusi il francesismo). PMQ: Eh, che dramma! Il destino di noi visionari ed idealisti è questo: essere traditi. Cosa ti hanno regalato? Un francobollo e qualche liceo a tuo nome. Qualche concorso e poco (44) Imparato dal mio libro di biologia Campbell, Reece, Taylor, Simon, Immagini della biologia, Zanichelli, Bologna, 2003.


poco saggi saggi dei saggi. Contentini! Certo, molte persone ti stimano e studiano. Ma, alla fine, si preferiscono i fatti. E siamo ben lontani da fare ciò che ci hai insegnato! MCM: (malinconico) Ahimè! Ma allora, perché sono stato riesumato? Perché sono qui a parlarvi? In cosa posso esservi utile, di grazia? PMQ: Perché tu sei il nostro pusher. MCM: Pusher (incredulo)?!?!?!?!?!?! PMQ: Guarda bene, sotto il fazzoletto San Gallo, cos‘hai?

ICS: MCM si fruga nel taschino, trova uno strano contenitore in vetro blu oltremare. Lo shakera e capisce che all‘interno ci sono delle pillole.

MCM: Cos‘è, di grazia? PMQ: La soluzione a tutti i nostri problemi. Una droga che zittisca questi conflitti interiori. MCM: Oddio! Rischio la Galera! Cosa non farei per te, VEG! (Pensa un attimo) Beh, tanto sono già morto. Ohibò, non mi possono incarcerare! PMQ: Non resta che dare queste pillole alla paziente. E tutte le alee saranno tratte. VEG25: Mais, je. Je ne le veux pas. VEG14: Neither do I. PMQ: Ci risiamo. Ancora i refrattari. (Seccato al punto da sembrare prosciugato). VEG25: Moi, je suis fort. Je vais perdre mon pouvoir. Et je ne veux pas m‘allier avec des pays inutiles comme l‘Italie. Excusez-moi, chère sœur. Démontrez moi que vous pouvez être déterminée ! Io non mi azzittisco, a favore di chi, poi? Di plebaglia come quella sciattona che lava i pavimenti? SPA (Offesa): Ma te possino ‗mmazzà! Sa di essere un Gran fijio de‘ ‗na strapagata m… ? PMQ: Ricordati che siete quasi fratelli! SPA: Ah. Già. Vabbeh. Vuole prova della determinazione? Sa, caro VEG25, abbiamo appena raggiunto un obiettivo di fama mondiale. Importantissimo. Contro uno dei baluardi del dispotismo: la pena di morte. PMQ: Baluardo del dispotismo? Mmmmh… io non ne so molto, ma l‘America mi sembra una democrazia!

37


38

MCM: Uh! Iniziamo un discorso pericoloso. Meglio non intraprendere questa strada. SPA: Perché? Figghioli! Il diritto di vita e morte non deve appartenere allo Stato! VEG1: Ad Iddio spetta giudicarci! E punirci. VEG2: Orcispia, che noia siete, vostra santità! Ed invece voi, SPA ed affini, con tutti i problemi del mondo, vi siete accaniti per un pezzo di carta che ci ha resi antipatici a mezzo mondo, che non verrà da nessuno ascoltato, che fa solo pensare ―ma guarda questi, con tutte le difficoltà dell‘umanità, se la vanno a prendere con noi!‖ Ridicolo… altrochè traguardo… VEG4: I diritti vanno tutelati, i diritti di tutti! VEG10: Possa tu morire linciata in piazza, come fai a non capire? VEG6: Già. Ma nessuno si lamenta se in certuni paesi si incarcerano le donne che hanno avuto rapporti fuori dal matrimonio, anche se violentate. O chi osa dire di no ad un regime, chi ama una persona del suo stesso sesso, chi osa abiurare una religione che non sente sua. Loro, vengano pure dissolti nell‘acido (45). Si scaglino pure su di loro le più grandi torture, prigioni e bastonate. Basta che non venga fatta loro un‘iniezione. Basta che non siano veri criminali, ed allora possono essere puniti. Invece di tutelare gli assassini, tutelate le vittime di leggi folli. Ma questo è troppo difficile, né? VEG19: Io sono il puntualizzatore, si sa. perciò devo aggiungere che la posizione degli americani deriva da una radicale interpretazione del Vecchio Testamento, tipica del protestantesimo (46). E che non è radicalmente differente dalla sharia nel Corano. VEG2: Orfattostache, il grande difetto della pena capitale è l‘irreversibilità. La certezza della pena la certezza del crimine sono incerte, mentre la morte è una certezza da cui non si può tornare indietro. E poi, è improduttiva. Meglio un vecchio, sano, lavoro forzato. Mica roba da tortura, un call-center o qualcosa nell‘edilizia (come fare nuove carceri, che contrappasso!). VEG13: Beh, tanto il reo può scappare da un paese all‘altro; mica gli danno l‘estradizione, ed è libero e felice. MCM: ECCO! PRENDETE LE PILLOLINE! NON ACCADRÁ PIÚ! Potreste porre fine all‘ingiustizia… VEG1: Insomma! Solo Iddio può sulla vita e la morte! Sulla giustizia e l‘ingiustizia! Pillole un corno! Possiamo difendere i diritti con moratorie. Per trasferire, a poco a poco, funzionalmente i poteri. Tipo, non è che ne volete fare un‘altra? Che ne so, scegliete voi su cosa. Boh. Per esempio, sull‘aborto. VEG2: Magari, una moratoria contro le tirannie sarebbe più utile, Orora! (45) Come testimoniato dall’agghiacciante Suad, Bruciata viva, 2004, Piemme. (46) Considerazione di Sergio Romano, comparsa su Panorama del 3 gennaio 2008 nell’articolo “Ma la pena di morte non è morta”.


VEG4: Era utile anche questa, ma forse sarebbe stato più d‘effetto andare contro il diktat imposto dai zhong guo ren. VEG2: Eh, sì, e mandare a gambe all‘aria contratti per miliardi! Oranche io ne son stato disgustato. Ma i miliardi vengono prima di un ideale, orsù! VEG4: Beh, ma come porre fine al dispotismo se ci allea con una falsa democrazia, solo per soldi?

Palermo. Lux mea dux.

PMQ: Le tue affermazioni sono forse troppo frettolose, poco meditate. VEG4: Ho parlato con molti di là. Non hanno la cultura democratica nostra. Per loro, rossi o neri, basta che portino un buon stipendio. VEG2: Orquanto li adoro! VEG10: Possano morire di sifilide.

ICS: Segue una piccola pausa. Nessuno aveva mai ascoltato l‘iroso VEG10, che augura la

39


40

morte a destra e manca.

VEG4: Ehi, ma questo qui deve augurare la morte ogni tre parole? Ma che maleducato! VEG14: Ah, concordo, certa gente! Non ci sono più i giovani di una volta... un tempo ci si metteva tutt‘insieme, si okkupava la scquola e s‘era tutti più felici. ‗Mo, son tutti burini. Ah, tempi moderni! Non ci sono più nemmeno le mezze stagioni... SPA: Non me lo dica a me, sa! Lo sa che siamo in pieno allarme inondazioni? VEG8: Caspita! Non si può star tranquilli. Giusto ieri C‘era la siccità SPA: Eh, ho sentito il tiggì. Un nuovo allarma: allarma tepore. Fa troppo tiepido, oggidì. Pensi, hanno sfiorati i dodici gradi a Matera! Incredibile. Il tiepido ci farà fuori! Sarà colpa dell‘inquinamento! Dei tempi moderni! O tempora! O mores! (47) MCM: Oh, io ci provo ancora. Ormai, sto finendo le motivazioni. Se prendete le pillole, potrete gestire una politica ambientalista unica ed efficace. PMQ: Caro Morto, mi sa che con queste brevi frasi non finiremo mai. Ci vogliono discorsi più elaborati.

ICS: Vedo che siamo già vicini alle venti pagine, e tutti i miei personaggi sono ancora in conflitto. Il supereroe, la spalla e l‘artiglieria stanno fallendo. E potrebbero continuare così per anni. In effetti, il problema si protrae da talmente tanto tempo che sarebbe impossibile risolverlo così brevemente. Ormai non so più chi chiamare in aiuto. Ma non voglio arrendermi e lasciare la VEG morente. Meglio seguire il consiglio del Passante. Perciò, ho modificato il sintetizzatore vocale attaccato al computer. Potrà parlare solo chi voglio io. Finalmente! Si potranno fare dei discorsi più lunghi e pesanti. Avete pochi minuti, cari personaggi, per esporre la vostra arringa conclusiva. Alla fine, la VEG deciderà cosa fare del proprio futuro. Sia dato spazio alle opinioni.

SPA: Sapete, Ho un‘amica di nome Marlene. Una Vamp da paura, sa? Ma una donna interessantissima. Ha cantato una canzone (48), anni ed anni fa, che adoro. Lei, l‘ha resa (47) Come Charlot era ossessionato dai bulloni, pensa l’autore, così la società d’oggi è ossessionata dal clima. Esso ci fa perdere la testa, come a Chaplin nella sua esilarante pellicola. I luoghi comuni, infatti, ci fanno credere che il mondo stia andando verso l’apocalisse climatica; fomentati dai tiggì. Forse, però, l’allarmismo è eccessivo; l’inquinamento sta sì creando molti danni, ma siamo ben lungi dalla fine del Mondo. Però, l’ambientalismo sembra essere soprattutto un ottimo modo per racimolare voti. Mentre prima si puntava sulla religione come oppio dei popoli (Marx), ora, con l’“ateizzazione” delle masse, sembra che l’ecologismo stia diventando la nuova droga. A partire da un fine nobile quale l’aiutare il pianeta, quindi, s’è arrivati alla pura propaganda elettorale. Sono un esempio il dibattito Sarkozy-Royal, aspramente combattuto sul tema energia pulita. Così come il recente nobel ad Al Gore, prova di come si stia divinizzando l’ambientalismo. L’autore crede che una linea meno esagerata, più obiettiva sia la migliore soluzione. (Con “meno esagerata” intende più disponibili a compromessi con l’economia. È giusto tentare di salvare gli animali in via di estinzione, ma se ciò comporta danni economici di miliardi, diventa folle). (48) La bella canzone è stata scritta da un soldato amburghese nel ’15. “Lili Marlene” (o Marleen) è un vero e proprio inno europeo alla pace. Cantata da Marlene Dietrich.


famosa in inglese e tedesco; ma è stata tradotta in più di venti lingue! Ogni paese europeo, durante la seconda guerra mondiale, la cantava. Tutti i soldati invocavano la fine del conflitto, con quelle melodiche parole, sa! Paradossalmente, su due lati del fronte si inneggiava alla stessa pace, ma con lingue diverse! Se fossero riusciti a capirsi! Si sarebbero resi conto del fatto che chi combatte non può desiderare la guerra. Ecco, questo messaggio di pace dovrebbe impregnarti, VEG. E da questo misunderstandig devi capire che le pilloline ti faranno bene. Forse, per via dei modi diversi di parlare, non riesci a vedere come l‘idea di fondo che ti attraversa sia comune. Sarà difficile per tutti, sa, me in primis, ma è l‘unica via perseguibile. Perciò, fa la scelta giusta, cara VEG, e drogati.

ICS: Bell‘arringa, per una Signora delle Pulizie! Ora, riabilito il sintetizzatore. Una parola all‘accusa, rappresentata da VEG13. VEG13: Grazie, autore. ICS: Un piacere servirvi! VEG13: ―Nazione‖ deriva da ―nascor‖, nascere. Indica un insieme di persone unite da cultura, lingua, tradizione, mos maiorum (per dirla alla latina), identità. Io non vedo ciò. Nemmeno un brandello, anzi, vedo gozzigliardi di rivalità, inasprite dai secoli. Siamo bastardini. Mentre, per fare la nazione, ci vuole un solo padre. Certo, ci possono essere i Santi principi. Ma ormai la casta casta costa e basta. E che melting pot vogliamo essere, se nel nostro crogiuolo si mesce solo un tipo di metallo? Ci sono gli ideali. Fraternità, libertà, ugualità… trallallerotrallallà! A forza di soap opera politically correct, l‘opinione pubblica s‘è Londra. Vittoria del mos maiorum. fumata il cervello! Gli ideali, sono un altro tipo di cocaina, non meno potente di quella casta (49). Unica cosa ad unirci, concretamente, è il mercato. Perciò, quindi, se non sarò mai stato, cosa mai potrò essere? Se potrò trovare dei simboli in cui coloro che mi amano potranno riconoscersi, ma non avrò nessuno ad amarmi, cosa mai sarò? Se non ho un‘unità alla base, come potrò essere stato? Sarebbe come creare una sovrastruttura, senza struttura portante. Follia. Avere una sola voce, ma infinite identità. Quasi peggio che avere mille voci ed altrettanti pensieri. Io sono ben disposto a cedere del mio, (49) Così ha definito la religione Umberto Eco nella sua bustina di Minerva del 7 dicembre 2007, pubblicata da “L’Espresso”.

41


42

Parigi. La gravità delle questioni di oggi.

ma a che pro? Per divenire una federazione di anime indipendenti da cui dipende il destino della collettività? No, non ha senso. Quando potrò avere una sola voce, avrò una sola voce. Ora, temo sia presto. Rischieremmo solo di azzittire chi meno influisce. Voglio essere stato, senza essere stato forzato. Forse, un giorno, sarà ora. Ma adesso, non avrebbe senso. E perché, poi? Per mero profitto? No. Io non ci sto ICS: Parole strappalacrime. Strappaapplausi. Strappatutto. Vorrei sapere cosa ne pensa il Passante. Cosa ha da dire sui problemi delle singole identità di VEG, egregio? PMQ: Certo, avete tutti i vostri problemi. E se vi focalizzerete su questo, col piffero che riuscirete a superarli. Chiudete un occhio, poi un altro ancora; accecatevi pure il terzo occhio, se l‘avete, ma il vostro sacrificio è indispensabile. Comunque voi la pensate, in giro ci sono minacce costanti. Oggi (50), forse, sta avendo inizio una guerra civile, che porterà ad una guerra mondiale. Chissà. Chissà, poi, se era Pizia, Cassandra o Sibilla (51), la mia (50) Questo è un anacronismo, infatti il dialogo è ambientato nel 2005; mentre la notizia in questione è del 28 dicembre 2007. L’assassinio di Benazhir Bhutto è il fatto in questione. L’autore (ed altri analisti, come Magdi Allam nel suo discorso al TG5 del 29 dicembre) crede che questo terribile episodio possa segnare la fine della democratizzazione del Pakistan, portando ad un fanatismo religioso pericolosissimo. Non bisogna, infatti, dimenticare che il Pakistan possiede più testate nucleari. In caso le rivolte interne degenerassero e si arrivasse ad un intervento degli Stati Uniti, il grande rischio dell’Europa sarebbe trovarsi divisa tra varie correnti di pensiero. Mentre, con un ministero degli Esteri unico europeo, si potrebbe dare una risposta efficace tempestiva e credibile. (51) L’autore fa una netta divisione fra le tre: la Pizia, per lui, rappresenta colei che anticipa il futuro, in maniera veritiera e che viene stimata dalla popolazione. Cassandra è colei che predice, inutilmente, dato che nessuno l’ascolta. Sibilla, invece, sarebbe colei che non predice; ma, usando parole vaghe o clamorose, dice una cosa ed il suo contrario ed imbroglia chi l’ascolta.


fallace (o no?) concittadina? Nel caso sia Cassandra, mala sorte c‘aspetta. Perché una lenta invasione intestina, sull‘onda del politicamente corretto, è irrefrenabile. In tal caso, indispensabile sarebbero le pillole; per mantenere stabilità e pace. In caso sia Sibilla, meglio per tutti noi. Ci risparmieremmo un destino di sofferenza. Ma anche in questo caso, altri barbari minaccerebbero il nostro fronte. È tragicomico pensare alle somiglianze tra la VEG e l‘Impero caduto. Ce ne sono così tante! Ma non nel decadimento dei costumi, come dicono molti, nella fragilità del Potere! Qualche barbaro, con meno diritti inutili, ci sopraffarà. Certo, alcuni diritti nostri sono indispensabili, ma molti sono creati come Kakia (52) comanda. Ossia, senza che ce ne sia bisogno. Mentre certuni vengono negati per bigottismo, si eccede in protezionismo in altre categorie. Così, siamo sommersi da un oceano di leggi a tutela di cosa? Della mediocrità. Ciò ci indebolisce, e farà in modo che il sole sorga sempre più ad est. O sud. O ovest. Ma io credo ad est, al momento. Perciò siamo quanto mai fragili, sotto un Eliogabalo sfrenato non nella lussuria, ma nell‘ottusità. Il politicamente corretto e l‘ipocrisia saranno Attila. Ed io, che voglio la tua serenità, e l‘ho sempre voluta, chiamo un nuovo Impero. Forte come quello che auspicavo in vita, ma con le grandi armi della democrazia. Per questo, ti impongo le pillole. O quelle, od uno stato vegetativo costante; che sfocerà in un‘estenuante eutanasia.

ICS: Mmmmh. Mi sembra di capire che le pillole servirebbero per pararsi il fondoschiena. Plausibile, egregio. Eppure io voglio ancora sentire l‘opinione del grande Morto, col suo San Gallo vistoso. Insomma, abbiam visto molti limiti, vorremmo conoscere anche qualche pregio. MCM: E non li Londra. Democrazia e Kakia. sentirai da me. Non ti parlerò dei pregi. Perché vedo solo una marea di difetti. Ma la pillola, seppur imperfetta, è la migliore soluzione che abbiamo. Come la democrazia. Essa è dannatamente fallibile, perché si basa sull‘uomo che a sua volta è debole. Si basa sull‘uguaglianza che è un‘utopia. Si basa sulla convinzione che l‘uomo sappia decidere cos‘è meglio per sé e per la collettività, altra fantasia. In fondo, la democrazia, neppure lei esiste. Già quando si passa ad (52) Il vizio. Carlo Sini, Eracle al bivio. Semiotica e filosofia, Bollati Borlinghieri, 2007.

43


44

un‘elezione indiretta, di candidati che potrebbero promettere parole vane, fregandosene di chi li ha eletti; già così la si uccide. O per il fatto che essa è veicolata dall‘informazione, che una persona (anche la migliore) senza pubblicità non sarà mai premier. Non è forse antidemocratico che solo chi può essere conosciuto previa tivù o giornali o manifesti possa essere eletto? Non dovrebbero avere tutti gli stessi diritti? Sì, internet può migliorare la situazione, ma non eliminerà mai il problema di fondo. Od il semplice fatto che esista la demagogia, non dovrebbe far capire come la democrazia sia un sogno? Se la gente fosse congeniale ad un‘ideale democrazia, non potrebbero esistere parole come ―demagogo‖. Invece, le masse si lasciano imbrogliare e manipolare. Non è forse dispotismo? Convincere qualcuno di avere libero arbitrio, ma indurlo a fare ciò che si vuole con la persuasione? Non priva forse la libertà? Anche il fatto che i pensatori siano equiparati a coloro che non ragionano, e votano per simpatia, non è forse questa privazione di libertà? Non è forse privare di ogni potere chi si meriterebbe il potere, per donarlo ad un‘inefficiente massa? Cosa c‘è di più tirannico di un regime legittimato da una parvenza di libertà, come quello in cui molti vivono? Eppure, sai tu trovare qualcosa di meglio? Sai trovare un sistema più intelligente (53)? Certo, la democrazia, come la federazione, è un‘ideale irraggiungibile. Si trova sulla via dell‘essere, mentre noi siamo su quella del verosimile. Possiamo solo aspirare ad esse, come Icaro aspirava al Sole. Cercare di evitare che le nostre ali si sciolgano sotto i raggi del qualunquismo e del fanatismo, ed inseguire questo sogno irraggiungibile. Ho provato a diventare saggio, senza riuscirci. Ma se c‘è una cosa che ho capito è che bisogna inseguire gli ideali, sparare grossi paroloni, puntare in alto. Per avvicinarci di qualche (53) L’autore, in una sua lettera a sé stesso ha aggiunto a riguardo: “[…] essendo la democrazia nata in una società piccola, come una polis, essa è difficilmente adattabile ad un sistema più complesso. Nel passaggio tra democrazia diretta e rappresentativa risiede già un grande depauperamento. Un altro limite enorme sta nella superbia della gente. Molti, credendosi meglio di ciò che sono, non ascoltano i consigli dei competenti. […] quali potrebbero essere, quindi, le alternative? […] una meritocrazia, espressa con un’oligarchia elitaria di luminari? Non sembra male, ma è utopica. Prevede che l’uomo sia capace di dire lui-è-più-bravo-di-me. Ma è difficile che qualcuno ammetta di essere meno competente di un altro. Perciò, sarebbe impossibile decretare chi dovrebbe far parte dell’oligarchia. Forse, con un cursus honorum che prevede una serie di obiettivi e test da soddisfare. In ogni caso, sarebbe abbastanza sterile. Il grande limite dell’oligarchia è la cecità, perché difficilmente si può in essa verificare un cambiamento d’opinione. Oltretutto, in caso gli “eletti” siano egoisti (cosa che contraddistingue tutti gli uomini), si rischierebbe un governo che favorisca certune parti a discapito d’altre. […] altra, potrebbe essere una tirannide a tempo determinato. Scegliendo un capo, che governi non in nome suo ma in quello del popolo, che sia comandante assoluto, si potrebbe aumentare l’efficienza dello stato. Facendo in modo che non diventi dittatore, ossia lasciando libertà di espressione ed opposizione. E predeterminando un termine, giunto il quale il tiranno perde il potere e viene esiliato (per non rischiare colpi di Stato). Al fine di incentivarlo ad operare per il bene comune, lo si potrebbe pagare con una percentuale sul guadagno della nazione. Così, in caso la gestisca bene, riceverebbe molto denaro; altrimenti, vivrebbe a pane e cipolle come il suo popolo. Il più grande ostacolo per questa forma di governo è il rischio di guerre civili. La rivalità determinata dall’individualismo degli aspiranti alla carica di tiranno, causerebbe di certo conflitti intestini. Altro limite, la tendenza a conservare il potere. Difficilmente qualcuno accetta senza un revolver al collo di perdere potere. […] ultimo è il governo delle macchine. Un ipotetico sistema gestito da un computer pensante, quindi privo di egoismo e che non parteggi per nessuna causa. Questo ovvierebbe il grande problema legato alla debolezza dell’uomo. Il limite? Non esiste ancora intelligenza artificiale sufficientemente avanzata. […] aspettando il super-computer, quindi, non ci resta che spolverare la vecchia, fragile, piena di toppe e difetti Democrazia. […]” Questa è l’ultima nota prolissa, lo giura l’Autore. E con questa prende congedo il personaggio della nota. Che ha interrotto, spiegato e distorto.


millimetro all‘aletheia. Alla verità, l‘eudemonia, la felicità che si tramuta in demone il quale sì ci perseguita, ma dà anche senso all‘esistenza. Alla serenità. Perciò, prendi questo sedativo a forma di stella. Prendine parecchi, tanti quanti le tue anime. Addormentale, per dare spazio ad un solo ―Io‖. Perché, sebbene la tua colla siano i profitti, con queste pillole ucciderai anche altri tuoi mali. Li sconfiggerai, non per ideali, ma perché poco produttivi. Ma li demolirai. E potrai dire addio a militarismo, dispotismo, guerra. Tutto ciò con qualche pillola, poco gradevole, ma che ti farà bene.

ICS: Ecco perché l‘ho chiamato in aiuto. Le Parigi. Passato. sue parole mi sembrano perfette. Ne convieni, VEG? VEG10: (rassegnata) Possa io, con voi, morire soffocata da una bandiera che mi sta stretta. Ma possano coloro che verranno dopo trovare la pace desiderata. ICS: La vegetativa si convince, lascia che il Morto, aiutato dal Passante e dalla SPA, le infili le pastiglie nel gargarozzo. Sono parecchie, hanno una forma buffa, a stellina. Come le caramelle che porta la Befana. E luccicano. VEG: Sono solo un poco meno pazza di prima. Ma son già più forte. Le pillole, pur senza un pochino di zucchero, son andate giù. ICS: La VEG si alza, le sue labbra cremisi sfiorano le sudaticce guance del Morto. Deve far uno strano effetto baciare un cadavere, ma lei sembra essere contenta. Ringrazia, con un bel bacio a stampo i tre bizzarri personaggi nella sala. Non c‘è bisogno di parole, troppe ne sono state versate nelle pagine precedenti. Troppe sprecate negli ultimi tempi, solo

45


46

un fatto, un bel apostrofo rosa, può porre fine a questa storia. Un bacio e tre affermazioni, dette all‘unisono, da coloro rimasti nella stanza. Respiratore: WOOOOOM. SPA: Fatta l‘Europa, anzi strafatta di ogni sorta di allucinogeno e sedativo, bisogna fare gli europei. Respiratore: WOOOOM. MCM: Non sono più morto. E, forse, sono riuscito a diventar saggio; perlomeno, a rendere un po‘ più saggio qualcuno. Respiratore: WOOOM. WOOM. PMQ: E quindi uscimmo a rivedere ventisette opache stelle. Respiratore: WOM. wm. (si spegne). ICS: Le luci scemano, fino al buio totale. L‘odore di disinfettante, tipico degli ospedali, rimane come unica traccia di questo dialogo. Un tanfo che sa di alcool e conegrina. Ed in questo puzzo si dissolvono, come gocce d‘inchiostro nel mare, i nostri eroi. Che eroi non sono, non avendo superpoteri o vista a raggi X. Ma una storia necessita di eroi, ça va sans dire, perciò così ci ritroviamo costretti a chiamarli. ICS: Ma tu chiamali, se vuoi, sogni. Fragili come una gelida fiammella tremolante.

Parigi. Il viale del tramonto.


APPENDICE BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFICA A. Camus, La peste, 1947, tradotto nel 2003 per la casa Bompiani. Alessandro Manzoni, I promessi Sposi, a cura di Franca Gavino Olivieri, Principato, Milano, 1997. Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, Il manifesto di Ventotene, Oscar Saggi, Milano, 2006. Anassagora, frammenti citati in ―In Aristotelis Physicorum libros‖ di Simplicio; Sesto Empirico, Adversus Mathematicos; citato in ―I filosofi e le idee volume 1‖ a cura di Cioffi Luppi, edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2004. Bibbia, versione ufficiale della CEI, da www.bibbiaedu.it/versioneCEI_1974/index.html. C. Carrà, Sintesi Futurista della Guerra, 1914, citato in http://www.itcrendina.it/concorsiregionali/0304-primaguerra/futurismo/index.htm C.M. Cipolla, Storia economica dell‘Europa preindustriale, Il Mulino, Bologna, 1980. Campbell, Reece, Taylor, Simon, Immagini della biologia, Zanichelli, Bologna, 2003. Carlo Sini, Eracle al bivio. Semiotica e filosofia, Bollati Borlinghieri, 2007. Cesare, De bello Gallico, citato in Odi et amo, a cura di Di Sacco e Serio, Ediziono scolastiche Bruno Mondadori, 2006. Chicago, di Fred Ebb e John Kander, prodotto per la prima volta nel ‘75 a Broadway. Cioffi, Luppi, Vigorelli, Zanette, Bianch, De Pasquale, I filosofi e le idee, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2004, Pioltello (MI). Dante alighieri, Commedia, Biblioteca Treccani, Milano, 2005. Dante Alighieri, Convivio, citato in Il filo rosso vol I, a cura di Santagata, Carotti, Casadei, Tavoni; Laterza Editori, Bari, 2006. Dante Alighieri, De Monarchia, citato in Il filo rosso vol I, a cura di Santagata, Carotti, Casadei, Tavoni; Laterza Editori, Bari, 2006. Edmond de Rostrand, Cirano de Bergerac, Tascabili Economici Newton, Roma, 1993. Traduzione di Franco Cuomo. Francesco Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta, citato in Il filo rosso vol I, a cura di Santagata, Carotti, Casadei, Tavoni; Laterza Editori, Bari, 2006 George Ritzer, Il mondo alla McDonald's, Il Mulino, Bologna, 1997. Georges Perec, Petit abécédaire illustré, Gallimard, 1973. Giardina, Sabbatucci, Vidotto, Profili storici, Laterza, Bari, 2007. Giovanni Boccaccio, Il Decameron, a cura di G. Petronio, Einaudi, Torino, 1963. Gustavo Zagrebelsky, Imparare democrazia, ET, Torino, 2007. I media e l‘appartenenza europea, intervento di Peppino Ortoleva all‘incontro nazionale di Rimini del 15-17 ottobre 207. Isabella Santacroce, Luminal, UEF, 2003, Milano. J. Rifkin, La fine del lavoro, Baldini & Castoldi, Milano, 1997. Livio d‘Anna, ALBA: l‘Alternativa Bolivariana per le Americhe, da sapere.it Marchese, Mancini, Greco, Assini, Stato e società, La nuova Italia, Varese, 2003. Maria De Filippi, Amici di Maria de Filippi, canale 5, Endemol. Michael Burda e Charles Wyplosz, Management, volume 16 : Macroeconomia, Università Bocconi Editore, Milano, 2004. Mina, Emozioni, da ―Platinum Colection, 1968-75‖. Nicolò Machiavelli, Il Principe, Silvio Berlusconi editore, Milano, 1992. O. Fallaci, La forza della ragione, Rizzoli, 2004. O. Fallaci, La rabbia e l‘orgoglio, Rizzoli, 2001. Platone, Apologia di Socrate, Bompiani, Milano, 2000. Traduzione di Giovanni Reale. Raymond Queneau, Icaro involato, ET, Torino, 2000. Originale pubblicato nel 1968 per la Gallimard. Tradotto da Clara Lusignoli.

47


48

Raymond Queneau, Troppo buoni con le donne, ET, Torino, 2000. Originale pubblicato nel 1968 per la Gallimard. Tradotto da Clara Lusignoli. Sergio Pistone, Altiero Spinelli e l‘unificazione europea, da PiemontEuropa dell‘ottobre 2007. Sergio Romano, Ma la pena di morte non è morta, pubblicata su Panorama del 3 gennaio 2008. Suad, Bruciata viva, Piemme, 2004. Svetonio, De vita Caesarum (Divus Iulius), ciatato in http://it.wikipedia.org/wiki/ Alea_iacta_est Tommaso Padoa Schioppa, Presentazione del Manifesto di Ventotene, citato in Il manifesto di Ventotene, Oscar Saggi, Milano, 2006. U. Eco, La religione è la cocaina dei popoli, bustina di Minerva del 7 dicembre 2007, pubblicata da ―L‘Espresso‖. Conferenza tenuta dal professor Carlo Sini, il 17/11/07, presso la fondazione Faraggiana di Novara, per la serie di conferenze aventi come tema ―Frankenstein‖. Conferenza tenuta dal Professor Umberto Morelli, presso il Liceo Scientifico A. Antonelli di Novara, il 21/11/07. http://it.wikipedia.org/wiki/Bandiera_europea http://www.bol.it/libri/scheda/ea978881505505.html http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2007/09_Settembre/18/ Monti_DiVico_intervista.shtml http://www.fondazionescuola.it/europaclub/newletter/europaclub%20news%2030%20del% 2029.06.07.pdf http://www.infocina.net/strumenti/editore.html http://www.jef.eu/index.php?id=1374 http://www.quirinale.it/Discorsi/Discorso.asp?id=32757 http://www.saperinvestire.it/index.php? option=com_content&task=view&id=1073&Itemid=204 http://www.skuola.it/didattica/latino/debellogallico/libro1/index1.html http://ingeb.org/Lieder/lilimarl.html http://it.wikipedia.org/wiki/Adam_Smith http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Schuman http://it.wikipedia.org/wiki/Tasso_di_disoccupazione http://italian.about.com/library/fallaci/blfallaci01i.htm http://skuola.tiscali.it/storia-medievale/aragona-castiglia.html


http://spazioinwind.libero.it/solegemello/poesieguerra.html http://www.altierospinelli.org/manifesto/it/statiunitiit_it.html http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Gioele&Capitolo=4#VER_8 http://www.demauroparavia.it/73953 http://www.europafacile.net/Elettera/contenuti.asp?id=137&id_elettera=41 http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/societa/200712articoli/28686girata.asp http://www.medicamenteonline.com/004a05a.htm http://www.menostato.it/fatti_Lavoratori_TassoDisoccupazioneEuropa.html http://www.prato.linux.it/~lmasetti/antiwarsongs/canzone.php?id=1600&lang=it http://www.radioradicale.it/scheda/241715/ http://www.utopia.it/vox3/400antinomie3.htm http://www.vatican.va/archive/ITA0001/__PSB.HTM http://www.ica-net.it/Pascal/Guerra%20e%20pace/files/machiave.htm www.monterotondosocialforum.it/documenti/msf-nowar.htm

49


50/61 50 I C E B E R G

2

L’ECONOMIA COMUNITARIA Globalizzazione e crisi dello stato sociale sono due fenomeni fortemente collegati. La globalizzazione economica, che ha prodotto tendenzialmente un unico mercato mondiale, rende più acuta la competizione fra le economie e fra gli Stati, e questi ultimi sono sempre meno in grado di sostenere le politiche sociali. Come si presenta la situazione in Europa a questo proposito? Quale ruolo può giocare l’Unione Europea per governare la globalizzazione e sostenere la necessità di una “competizione sostenibile” che non avvenga a danno dei diritti sociali dei cittadini e delle più importanti conquiste del Welfare State novecentesco? —————— Foto di Matteo Paracchini.

GIULIA SOTTILOTTA 1. Definizione di globalizzazione Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti, il cui effetto immediato è una convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo. In campo economico la globalizzazione porta alla creazione di mercati globali soprattutto per quanto riguarda i mercati finanziari. Con questo termine, però, non si fa riferimento solo a processi economici, ma anche ad una corrente di pensiero che chiarisce il ruolo dello Stato rispetto al mercato. Si deve quindi fare una distinzione tra la globalizzazione, che indica i processi oggetti, come la libera circolazione di capitali e di merci, e


il globalismo che indica, invece, l‘ideologia del neoliberismo, quindi la ―liberazione‖ dell‘economia dallo Stato. I primi sviluppi del concetto di globalizzazione si originano dall‘allargamento del cosiddetto ―sistemamondo‖ e di conseguenza dell‘―economia-mondo‖, termini utilizzati dal sociologo ed economista statunitense Immanuel Wallerstein (1). Egli elaborò la teoria del moderno ―sistema mondo‖ divisa in: l‘idea di una scala di piani di ricerca che va dal sistema mondo all‘economia domestica; l‘idea di un‘incorporazione dei territori esterni all‘economia-mondo capitalista; il concetto di semiperiferia, che indica una relazione tra le economiemondo e le periferie. Questi termini sono utilizzati anche dallo storico francese Fernand Braudel, secondo il quale l‘―economia-mondo‖ occupa uno spazio geografico ben definito, ruotando intorno ad un centro riconosciuto come tale e ripartendosi in zone successive, con ruoli diversi. Il centro è il luogo dove sono concentrate le attività finanziarie e produttive, poi ci sono le regioni intermedie e infine quelle marginali, che hanno un ruolo subordinato e dipendente. Quando si parla di globalizzazione ci si riferisce in parte alla concezione di Braudel (2), poiché la mondializzazione economica si presenta come una realtà costituita da aree del globo che hanno un ruolo preponderante ed altre che invece hanno ruoli secondari. Riga. Monumento.

2. Quando nasce la globalizzazione La globalizzazione è un fenomeno molto recente, tuttavia se si considera come categoria storiografica, il suo inizio può coincidere con il periodo di espansione delle attività commerciali nel Cinquecento, quando i grandi mercanti europei grazie alle scoperte geografiche, poterono estendere la propria attività su scala mondiale, mirando al loro arricchimento e a quello degli stati (1) Immanuel Wallerstein, Alla scoperta del sistema mondo, Manifestolibri, Roma, 2003, p. 520. (2) Fernand Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del quotidiano (secoli naudi, Torino, 2006.

XV-XVIII),

Ei-

51


52

che li sostenevano. Questa espansione era favorita dai progressi tecnici della navigazione e dalla nascita dello ―spirito scientifico‖. Fino al Cinquecento gli ―imperi-mondo‖, cioè quelli maggiormente estesi, hanno assorbito le ―economie-mondo‖ circostanti, ma oltre un certo limite spaziale e temporale gli stessi ―imperi-mondo‖ si sgretolavano e lasciavano il posto a nuove ―economie-mondo‖ e nuovi minisistemi. Ma attorno al 1500 in Europa si sviluppò un‘―economia-mondo‖ così resistente da espandersi fagocitando gli ―imperi-mondo‖ e i minisistemi circostanti, senza mostrare alcun limite spaziale. Quella che va dal 1500 al 1765 può, quindi, essere considerata la prima tappa della mondializzazione, che vede come protagonisti diversi stati europei tra cui i Paesi Bassi, la Francia, l‘Inghilterra oltre che l‘Italia. Il primo importante passo verso la globalizzazione si ha, però, solo con l‘avvento della rivoluzione industriale, in cui cambia il modo di produrre, di conseguenza aumenta la produzione, c‘è la necessità di allargare i mercati e di crearne di nuovi per esportare le eccedenze di materie prime non assorbite dalla domanda interna del Paese. Inizia a crearsi una forte dipendenza dal commercio, basti pensare all‘Inghilterra e al suo legame con le colonie che garantiscono le importazioni e esportazioni dei prodotti, che avvengono via mare o via terra. Nascono così le prime reti ferroviarie, i primi mezzi di comunicazione, simbolo di un‘interdipendenza globale, che necessita di organismi non governativi, che si occupino di problemi comuni a diversi paesi, quali le telecomunicazioni. Tuttavia prima della seconda guerra mondiale, il commercio delle materie prime è essenzialmente legato ai singoli stati e vincolate a singole aree colonizzate. 3. La globalizzazione negli ultimi cinquant’anni Prima fase Nell‘evoluzione della globalizzazione capitalista degli ultimi cinquant‘anni, secondo Riccardo Petrella (3), economista, politico e professore di Mondializzazione presso l‘Università Cattolica di Lovanio (Olanda), si possono identificare due fasi: la prima, che va dagli anni ‘50 alla fine degli anni ‘70, è la fase di affermazione concentrata della globalizzazione; la seconda, che invece ricopre l‘ultimo ventennio ed è tuttora in corso, può essere definita la fase di consolidamento. La prima delle due fasi si sviluppa nel contesto dei difficili rapporti di forza imposti dalla ―guerra fredda‖ tra le due superpotenze uscenti dalla seconda guerra mondiale: quella statunitense e quella sovietica. Uno dei motivi di attrito tra i due blocchi contrapposti è lo scontro ideologico e culturale tra il sistema capitalista statunitense, autodefinitosi libero e democratico e il sistema socialista, rivoluzionario e progressista. In questa fase il sistema capitalistico occidentale è mosso da due logiche di potenza: quella degli Stati Uniti, che vogliono difendere il loro ruolo preponderante nel contesto mondiale, e quella degli altri due principali protagonisti dell‘Occidente: il Giappone e l‘Europa dell‘ovest. L‘obiettivo finanziario degli Stati Uniti è quello di entrare nei mercati europei e giapponesi in via di espansione. Tra gli anni ‘50 e ‘60 si verifica, infatti, un boom degli investimenti statunitensi all‘estero e la conseguente multinazionalizzazione delle imprese americane. La logica degli europei e dei giapponesi è quella di non farsi soppiantare dagli Stati Uniti: il Giappone conquista negli anni ‘70 una posizione di leader mondiale nel campo tecnologico; l‘Europa occidentale conta soprattutto sull‘integrazione doganale ed economica: La globalizzazione capitalista avanza sotto forma di ―triadizzazione‖ dell‘economia imperniata: sull‘intensificazione degli scambi commerciali e delle comunicazioni, facilitate dallo sviluppo tecnologico; sulla ridefinizione dei rapporti capitale-lavoro, secondo una logica favorevole al capitale privato; sulla multinazionalizzazione crescente di imprese e strutture di produzione; (3) Riccardo Petrella, Globalizzazione fase due, in «La Rivista del Manifesto», n. 19, luglio-agosto 2001.


53

Vilnius. Madonna nera.

sulla forte competizione tra i diversi stati. Alla fine di questa fase si ha, da una parte, un indebolimento crescente del potere politico formale e nazionale, dall‘altra, l‘affermazione del potere delle multinazionali. Una società multinazionale è un complesso di imprese, dislocate in diversi stati, ma con un‘unica direzione, generalmente collocata nel paese d‘origine. I suoi investimenti non sono mantenuti entro termini puramente finanziari ma una multinazionale assume la gestione della produzione. È al termine della seconda guerra mondiale che iniziano ad affermarsi, grazie all‘opera del capitale statunitense. Gli USA nel secondo dopoguerra, con la loro superiorità economica e militare, favoriscono le multinazionali e garantiscono il libero scambio e l‘internazionalizzazione dei capitali. Alla fine di questa prima fase, inoltre, scompare sul piano ideologico il ―socialismo reale‖, alternativa effettiva al capitalismo occidentale e i Paesi cosiddetti ―sviluppati‖, reclamano il diritto di controllare i Paesi ―in via di sviluppo‖. Seconda fase La seconda fase comincia in coincidenza con l‘ascesa al potere nel 1979 di Margaret Thatcher e nel 1980 di Ronald Reagan. In questa fase si ha il consolidamento del potere acquisito dal capitale privato negli anni ‘60 e ‘70 e si assiste all‘integrazione del capitalismo come obiettivo e principio della società a discapito di ogni altra forza sociale. Le classi dirigenti al potere credono nel primato dell‘individuo nella società, che è basata sugli stessi individui. Il mezzo che permette di regolare i rapporti tra gli individui, per assicurare a ciascuno il conseguimento del proprio fine è il mercato, da qui deriva poi il termine ―società di mercato‖. L‘impresa rappresenta il campo d‘azione del mercato, l‘istituzione che regola le transizioni inter-individuali. Infine il


54

capitale è il parametro di definizione del valore e la misurazione del grado di utilità. Le politiche dei diversi Paesi aderiscono ai ―sei comandamenti‖: diventare globale, liberalizzare i mercati al fine di creare un mercato unico e mondiale, non lasciare allo Stato il potere di regolamentare l‘economia, promuovere la privatizzazione, essere innovatore tecnologico e infine essere il più forte. 4. Nascita del Welfare È proprio la forza e l‘idea che ciascuno debba far fronte ai propri problemi autonomamente, a essere una delle premesse ideologiche che mettono in difficoltà lo stato sociale. La logica neoliberale fa apparire il Welfare, come dice il professore di Sociologia alla facoltà di Scienze della Formazione di Torino, Luciano Gallino (4) : «un costoso aiuto prestato a individui che di fatto non ne avrebbero diritto». Lo stato sociale è il risultato sia del lavoro di governi laburisti e socialdemocratici di centro sinistra, sia di anni di lotte sindacali condotte già nell‘Ottocento. Tuttavia, non bisogna dimenticare il contributo non irrilevante apportato da governi di destra conservatori. L‘anno di nascita dello stato sociale è il 1942, quando William Henry Beveridge, su richiesta del governo conservatore di Winston Churchill, pubblica un rapporto dal titolo Social Insurance and Allied Services, in cui Beveridge utilizza l‘espressione: «Freedom from want», ovvero «liberare l‘uomo dal bisogno». Il programma consiste nel liberare la società dalle insicurezze ecoRiga. Contrasto. nomiche, dalla disoccupazione, dalle malattie. Un secondo rapporto viene pubblicato nel 1944, due anni dopo, con lo scopo di favorire l‘occupazione e un‘equa distribuzione del reddito. La nascita dello stato sociale non è, quindi, legata a un intento umanitario di Churchill o di Beveridge, e nemmeno a un‘ispirazione dei ―comunisti‖ (parola molto amata oggi nel centro destra), ma al timore che l‘ URSS avrebbe influenzato l‘Europa del dopoguerra con le sue ideologie, cosa che effettivamente accadde. 5. La crisi dello stato sociale e la globalizzazione Oggi lo stato sociale è in crisi, lo dimostrano i fatti materiali tra cui l‘aumento dei costi di produzione e del lavoro precario e discontinuo. Questa crisi è strettamente collegata al fenomeno della globalizzazione, che modifica i tre parametri che costituiscono lo Stato moderno ovvero il territorio, il popolo e il potere sovrano. (4) Welfare: Chi ha paura dello stato sociale?, in «Diari di Repubblica», 4 ottobre 2005.


Fin dal 1400, si inizia ad affermare l‘idea di Stato, anche se come ribadisce la storica francese Françoise Autrand (5) , non esisteva ancora la parola stato, ma si parlava di regnum, corona e res publica. L’elemento essenziale che distingue lo Stato nazionale dallo Stato feudale sono i confini. Nello Stato feudale questi sono totalmente inesistenti e il territorio è discontinuo, si può quindi parlare di ―nonstato‖. L‘entità Stato è, infatti, prima di tutto un‘entità territoriale omogenea, segnata da confini che assumono importanza dal punto di vista economico, militare e giurisdizionale. ―Dentro‖ i confini sono in vigore determinate leggi, ―fuori‖ altre. Nel Quattrocento ci sono state le premesse per la nascita degli stati nazionali, tuttavia, come dimostra il ritiro degli inglesi dal suolo francese alla fine della Guerra dei cent‘anni, si inizia ad avere Riga. Riga. omogeneità territoriale, che si consoliderà progressivamente fino ad arrivare nell‘Ottocento alla sua completa stabilizzazione. Ma la globalizzazione, l‘avvento dell‘era tecnologica e delle comunicazioni, hanno cominciato a ―erodere‖ il territorio, a ―scomporlo‖. Non esiste più il ―dentro‖ o il ―fuori‖, i territori sono attraversati da continui flussi di merci, di capitali, di persone, di informazioni. I confini diventano labili e ―porosi‖ e di conseguenza il potere pubblico è impotente non solo a regolare questi flussi, ma addirittura a conoscerli. Questa destrutturazione non riguarda soltanto il territorio, ma anche l‘economia, la politica, la cultura. Basti pensare a Internet, uno spazio virtuale che però attraversa trasversalmente molti confini propri dello Stato. Anche il secondo parametro dello Stato moderno, il popolo, nel corso della globalizzazione ha subito molte modifiche. Con popolo si intende un gruppo di individui accomunati dal senso di appartenenza allo Stato, quindi, dal sentimento nazionalistico che affonda le proprie radici nel (5) F. Autrand, Crisi e assestamento delle grandi monarchie quattrocentesche, in La Storia. I grandi problemi dal Medioevo all’Età Contemporanea, a cura di N. Tranfaglia e M. Firpo, 1, Il Medioevo, 2, Popoli e strutture politiche, Utet, Torino, 1986, pp. 732-38.

55


56

Quattrocento. Lo stesso termine nazione, da nascor, indica il luogo in cui si nasce e in cui si è accomunati dalla lingua e dagli usi e costumi. Il senso di appartenenza è sottolineato da diversi simboli come l‘inno e la bandiera. Alla fine della Guerra dei cent‘anni in Inghilterra non si parla più francese, ma si inizia a parlare unicamente inglese; questo fatto può sembrare poco significativo, in realtà sottolinea l‘affermazione di uno spirito nazionalista prima completamente inesistente, che fa dell‘Inghilterra uno Stato. Uno degli effetti inevitabili della globalizzazione è quello dell‘immigrazione, che porta alla formazione di una sorta di melting-pot, un incontro tra popoli con diverse usanze, che possono dar adito a comportamenti razziali. Viene a mancare l‘omogeneità e quell‘identità propria dello Stato nazionale. Molte persone acquisiscono cittadinanze plurime e diventa sempre più difficile riuscire a mantenere uno stretto legame con la ―patria‖ e i suoi simboli. L‘―ibridazione‖ di popoli porta, purtroppo, a un conflitto interno alle stesse ―civiltà‖. Infine vi è da analizzare la sovranità dei singoli stati. Per definizione lo Stato, come tutte le istituzioni, è una sovrastruttura che serve a governare il Paese e a garantire la presenza di un luogo di potere ―sicuro‖ al di sopra del quale non vi è alcuna sovranità. La nazione costituisce, invece, la struttura che si trova un gradino più in basso rispetto allo Stato. Ebbene con la globalizzazione non si può più parlare di Stato sovrano nel suo territorio, perché in realtà neanche lo Stato, così come attualmente è strutturato, è in grado di far fronte a questi problemi, imposti dalla globalizzazione. Il potere sovrano è eroso da molteplici fattori: strutturalmente dall‘emergere di società civili non solo nazionali ma globali; dal basso, per quanto riguarda l‘accrescimento dei poteri regionali e locali; dall‘alto, da forme di potere intergovernative come l‘Unione Europea. Ma sono proprio queste forme intergovernative ad alimentare la speranza di poter far fronte ai problemi sorti con la globalizzazione. In conclusione lo Stato è sempre meno presente e sempre più debole, di conseguenza sempre meno capace di sostenere la politica sociale. I fondamentali ―beni pubblici‖ di cui il Welfare State si fa garante, quali la pace, la sicurezza, lo sviluppo economico, la coesione sociale, la salute, l‘istruzione non possono essere tutelate dallo Stato in maniera efficiente. Solo dal punto di vista sociale, a causa della labilità dei confini, aumenta il numero di individui che richiede l‘assistenza e l‘aiuto dello Stato. La sicurezza è difficile da garantire, così come la tutela da malattie che possono essere causate dai flussi migratori. Tutti questi beni o si proteggono a livello globale oppure non riescono a sopravvivere all‘interno dei singoli stati. Bisogna inoltre considerare che la competitività della produzione, imposta dalla globalizzazione, rende necessaria una riduzione dei costi di produzione delle imprese; ciò significa che le politiche del benessere devono essere ridimensionate proprio a causa di queste riduzioni. 6. Situazione del Welfare in Europa I sintomi della crisi dello stato sociale sono presenti anche a livello europeo, e la posizione dell‘Italia è particolarmente critica. Mercoledì 27 giugno 2007 è stato pubblicato il ―Rapporto sullo stato sociale 2007‖, dal quale risulta che l‘Italia spende poco e male per le politiche sociali. Nell‘Unione Europea la spesa sociale è mediamente pari al 27% del PIL: 13% nei paesi baltici 20% nei paesi dell’Est e in Spagna 26% in Italia, Regno Unito, Grecia e Finlandia 30% nell’Europa centro-settentrionale 33% in Svezia In Italia, a fronte di una spesa sociale pari al 26% del PIL, la spesa pro capite è di circa 80 euro, contro i 120 euro di Francia e Germania. Roberto Pizzutti (6), docente di Economia Pubblica (6) Roberto Pizzutti, “Rapporto sullo stato sociale 2007, tra pubblico e privato, tra universalismo e selettività”, versità, giugno 2007.

UTET

Uni-


alla Sapienza, spiega che l’inferiorità del dato italiano diventa più sensibile tenendo conto che include la quota del salario destinata al TFR, pari all’1,4% del PIL, e che la trattenuta fiscale sui trasferimenti pensionistici è pari al 2,4% del PIL, mediamente superiore rispetto a quella degli altri Paesi europei. L‘Italia è un Paese che fa poco per i lavoratori, nonostante il primo articolo della Costituzione dica: ―L‘Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro‖. Ogni anno aumenta il numero degli incidenti sul lavoro: da 1280 morti nel 2006 (Inail), si passa a 1432 tra morti e feriti nel 2007, secondo una statistica riportata sul sito ―Articolo21‖. Anche la precarietà e la diRiga. Tram. soccupazione sono un problema enorme per il nostro Paese, la spesa in sussidi ai disoccupati si attesta su valori intorno alla metà rispetto alla media europea e cinque volte più bassa che in Olanda e in Danimarca. L‘invecchiamento demografico della popolazione italiana fa sì che la spesa sanitaria sia aumentata dell‘8% rispetto a quella del 2006. A tutto ciò si aggiunga l‘uso improprio delle strutture ospedaliere dovuto alla carenza di servizi di assistenza di base e domiciliari, le liste d‘attesa, l‘eccessivo costo dei farmaci. Il Welfare italiano si colloca, quindi, nella fascia dei paesi più poveri dell‘Unione Europea. Il reddito del quinto di popolazione più ricca è cinque volte e mezzo superiore a quello del quinto della popolazione più povera. Rispetto alla media europea, però, la speranza di vita in Italia è al primo posto, con 70 anni per gli uomini e 75 per le donne. L‘Europa non applica un modello di sviluppo e di welfare omogeneo. Come si può notare nello schema i paesi del nord, vedasi Svezia e Danimarca, hanno privilegiato un sistema di tassazione volto al finanziamento di una spesa sociale non indifferente, pari al 33% del PIL. Si hanno così maggiori garanzie nei servizi sociali rivolti alle famiglie e ai giovani; i tassi di disoccupazione e di emarginazione sono minimi. Il modello anglosassone, invece, si ispira ai principi di mercato. La spesa sociale si aggira tra il 16% del PIL in Irlanda, e il 26% nel Regno Unito. Qui l’offerta di servizi sociali, oltre all‘istruzione e alla sanità, è piuttosto scarsa, soprattutto quella rivolta alle famiglie e all‘infanzia. Inoltre la disuguale distribuzione del reddito mantiene piuttosto alti i tassi di povertà. In Paesi come la Germania, la Francia e l‘Olanda, la spesa sociale occupa il 28-30% del PIL. Il costo del lavoro è elevato e il pensionamento anticipato, aumentando la popolazione inattiva, porta a problemi considerevoli nel sistema pensionistico. La tassazione in linea di massima abbastanza modesta ha permesso a questi Paesi dell‘Europa continentale di assicurare una rete soddisfacente di servizi sociali, il più delle volte affidati al settore terziario. In generale, la realizzazione di uno stato sociale attivo, può rendere migliore la capacità di occupazione e di guadagno; migliorando lo sviluppo umano, la qualità della vita, le condizioni di salute, si mantiene la coesione sociale. Lo stato sociale dovrà essere in grado di garantire pace sociale e

57


58

pari opportunità, consterà di diversi livelli: quello federale con il compito di fornire le indicazioni standard di protezione e sicurezza valide per l‘intero territorio europeo; quelli nazionali e regionali diversificheranno questi provvedimenti a seconda delle particolari situazioni. 7. Gli effetti positivi e negativi della globalizzazione La globalizzazione ha prodotto degli effetti positivi, ma anche molti effetti negativi. Tra quelli positivi vi è la crescita del benessere, registrato nei Paesi che hanno adottato i principi del libero mercato. La diffusione di nuove tecnologie, nuova tappa nell‘evoluzione del modo di produzione, e il flusso di capitali, fanno sì che alcuni dei Paesi in via di sviluppo incrementino la loro economia. Il successo più evidente è stato quello delle ―piccole tigri‖ asiatiche: Corea del Sud, Singapore, Taiwan, Hong Kong, che hanno aumentato il loro reddito pro capite e l‘indice di sviluppo. I neoliberisti ritengono che i problemi inerenti la povertà, grazie alla creazione di un mercato globale scompariranno, poiché ogni Paese registrerà una crescita economica. Molte sono, però, le conseguenze negative della globalizzazione, soprattutto sul piano sociale, ambientale e della stabilità economica. Per quanto riguarda l‘ambiente, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, l‘inquinamento dell‘aria, dell‘acqua e del suolo, il degrado del territorio contribuiscono all‘insostenibilità ambientale. Lo sviluppo economico eccessivo di alcune aree del pianeta porta alla crescita delle sperequazioni sociali. I paesi ricchi lo sono sempre di più, così come quelli poveri sono sempre più poveri; vi è inoltre un grande spreco di risorse, basti pensare al fatto che il 20% della popolazione mondiale ne utilizza ben l‘80%! I criteri utilizzati per definire questa stratificazione sociale sono due: la classe sociale e il ceto. La prima è il rapporto degli individui nei confronti dei mezzi di produzione, il secondo è connesso all‘appartenenza ad uno status o a un gruppo professionale. Tutte le società complesse si contraddistinguono per una distribuzione ineguale delle risorse fra i gruppi di individui che le compongono. A seconda dell‘ammontare e del tipo di risorsa controllata (materiale come beni stabili e patrimoniali, o immateriale come poteri e autorità), a ciascun individuo viene assegnata un‘appartenenza a un determinato strato sociale. Si delinea in tal modo un‘organizzazione verticistica della società, in cui le persone sono correlate tra loro da legami di tipo economico. A questo proposito Luciano Gallino ha scritto un libro dal titolo Globalizzazione e disuguaglianze (7). La globalizzazione descritta dal professore è un modello aperto, uno spazio sociale di rapporti di scambio, delimitato da quattro lati: quantità di individui coinvolti, ampiezza del territorio occupato, qualità di merci scambiata e tipologia delle merci. Gallino descrive semplicemente ciò che i suoi occhi vedono, vuole percorrere la strada che gli permette di capire e di comprendere, svincolandosi dalle precondizioni ideologiche alle quali non dà molta importanza. L‘attenzione dell‘autore è catalizzata dalle stratificazioni sociali conseguenti alla globalizzazione, che descrive servendosi dell‘espressione di uno dei padri fondatori della sociologia, Max Weber: «Dove il mercato è abbandonato alla sua auto-normatività esso conosce una dignità della cosa e non della persona, non doveri di fratellanza e di pietà, non relazioni umane originario, di cui le comunità originarie siano portatrici». Gallino individua tredici strati nei quali ripartisce l‘intera umanità: il gradino più alto della società è costituito dagli uomini che controllano economicamente e politicamente le istituzioni a livello globale ( ONU, multinazionali, ecc.); seguono gli uomini politici, le alte sfere della magistratura, i professionisti ad alto livello, gli scienziati fino a detenuti, profughi e vagabondi. In mezzo ai due estremi vi è il blocco della classe media, con le sue mille sfaccettature. (7) Luciano Gallino, Globalizzazione e disuguaglianze, Roma-Bari, Laterza, 2003.


8. Il ruolo dell’Unione Europea. Sicuramente l‘Unione Europea ha un ruolo fondamentale nella risoluzione di questi problemi. Negli ultimi anni ha, infatti, conquistato alcune prerogative economiche che le sono state cedute dai singoli stati nazionali, quali l‘autorità anti-trust e la moneta unica. Essa non possiede ancora, però, i mezzi finanziari e legislativi per orientare la crescita economica e riformare il modello sociale. La globalizzazione deve essere governata e direzionata politicamente, in modo da esaltarne gli effetti positivi e neutralizzarne quelli negativi. La creazione di un Unione Europea federale, il cui potere è costituzionalmente diviso tra un‘autorità centrale governativa e delle unità-politiche proprie dei singoli stati, può far fronte alle problematiche insorte con la globalizzazione. Infatti, se si è di fronte a una nuova configurazione globale, vi è la necessità di una nuova configurazione dello Stato, e il modello più appropriato è quello federale. Un assetto multipolare del mondo può far fronte a problemi molto gravi, tra cui quelli ambientali e sociali, che non possono essere risolti da raggruppamenti regionali di stati con una struttura poco flessibile. Se esistesse un governo mondiale la soluzione sarebbe ancora più facile: non esisterebbero, infatti, ostacoli a livello istituzionale, inevitabili in un modello federale, in cui ogni Stato può reclamare il diritto di ostacolare le decisioni prese, dato che democraticamente possono partecipare al processo decisionale. Ma un governo mondiale non esiste, al massimo ci sono gli Stati Uniti, che influenzano in maniera considerevole la politica mondiale. Quindi solo uno Stato federale europeo può cambiare l‘equilibrio del potere nel mondo e proporre un modello di sviluppo compatibile dal punto di vista sociale e ambientale. Se si vuole creare un modello di sviluppo più orientato verso questi parametri bisogna tenere in considerazione alcune visioni neoliberiste. Per esempio le assicurazioni Vilnius. Respublika. private possono garantire la tutela ambientale e della salute, tuttavia ritengo che si debba perseguire un modello funzionale a tutti i cittadini, anche ai meno abbienti, che permetta di fare un cammino di crescita culturale e civile. L‘Europa ha le risorse per sostenere una nuova politica su scala mondiale e per sviluppare un‘economia compatibile con l‘ambiente, e adeguata a una società più avanzata rispetto a quella industriale. La fiscalità europea potrebbe avere una tassazione con finalità ecologiche:

59


60

tasse sui consumi nocivi per la salute o per l‘ambiente, la ―carbon tax‖ per ridurre il consumo di carburanti fossili. Per quanto riguarda le distorsioni sociali, l‘Unione cerca di sostenere uno sviluppo armonioso dei diversi Paesi, l‘articolo 2 del trattato CEE precisa che: «La comunità ha il compito di promuovere mediante l’instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme della comunità, un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano». (8) Il problema di fondo dell‘Unione è che non ha un governo, non esiste un governo politico dell‘Europa. La moneta unica ha evitato di ricorrere a svalutazioni per ridurre i tassi di interesse, ha creato le condizioni per aumentare l‘occupazione, ma solo un‘Unione politica e federale dell‘Europa può porre le premesse economiche e finanziarie, per un modello sociale adeguato ai tempi della globalizzazione. L‘Europa ha esaurito le possibilità di progredire se non cambia le attuali istituzioni, se gli Stati non si rassegnano a rinunciare alla sovranità assoluta e al confederalismo, che pur permettendo il mantenimento della sovranità nei singoli territori, è inefficiente. 9. Competizione sostenibile Una delle problematiche inerenti la globalizzazione è la sperequazione economica tra le diverse aree mondiali. Si può dire, quindi, che esista la necessità di una competizione sostenibile, al fine di governare la globalizzazione. Nel Libro Bianco, chiamato comunemente Piano Delors, (9) proposto nel 1994, Jacques Delors allora Presidente della Commissione Europea, afferma che l‘Europa avrebbe potuto avviare una fase di:«sviluppo sostenibile, di lunga durata, delle economie europee mettendole in grado di far fronte alla concorrenza internazionale e creando al tempo stesso i milioni di posti di lavoro necessari». Questa proposta non fu attuata a causa del grande problema di fondo dell‘Unione Europea: l‘inesistenza di un governo europeo, che vada oltre alle legislazioni imposte all‘interno dei confini nazionali di ogni singolo Paese. La competitività è un fenomeno strettamente collegato alla crescita economica e alla disoccupazione. Dall‘inizio degli anni Settanta la disoccupazione ha conosciuto un continuo incremento, eccetto durante la seconda metà degli anni Ottanta. In vent‘anni il volume di ricchezza prodotta è aumentato dell‘80%, mentre l‘occupazione solo del 9%. Il motivo sta nelle tre forme di disoccupazione descritte da Jacques Delors. La prima è la disoccupazione congiunturale, che consiste nell‘effetto che ha il rallentamento della crescita nei confronti della disoccupazione, quest‘ultima aumenta tanto più diminuisce il tasso di crescita economica. La seconda, chiamata disoccupazione strutturale, è dovuta: al cattivo inserimento dell‘Europa nel mondo lavorativo, che ha assunto la configurazione imposta dalla globalizzazione; all‘alto costo del lavoro qualificato che frena la creazione di posti di lavoro nei vari servizi; alla concorrenza degli altri Paesi; Infine la disoccupazione tecnologica, dovuta al fatto che il progresso delle tecnologie impone le macchine al posto dell‘uomo, diminuendo così il numero di operai necessari. Inoltre bisogna considerare il fatto che, molto spesso, le multinazionali accrescono la disponibilità dei posti di lavoro nei Paesi di accoglienza, ma tendono ad eliminarne nel Paese d‘origine. Jacques Delors nel Libro Bianco, afferma che solo un’economia sana, aperta, decentrata, solidale e competitiva, può migliorare questa situazione, tenendo conto sia delle conquiste del (8) Trattato CEE, Roma, 25 marzo 1957. (9) Crescita, competitività, occupazione, Commissione europea, ufficio delle pubblicazioni ufficiali della Comunità europea, Lussemburgo, 1994.


Welfare novecentesco, sia del grande cambiamento mondiale di cui la globalizzazione si è fatta promotrice. Per creare un‘economia più competitiva è necessario superare il divario tra le legislazioni degli Stati membri e la legislazione comunitaria, per quanto concerne i settori direttamente coinvolti nella vita delle imprese. Tale competitività deve essere resa sostenibile, ponendo l‘accento su problemi di ordine ambientale e sociale. La competitività, se sostenibile, non impedisce di cooperare, di rendere omogenei il regime fiscale e i servizi garantiti ai singoli cittadini; ogni Stato potrà fornire un contributo significativo alle politiche di ricerca e alla creatività. Questo principio permette di identificare le grandi priorità, e soprattutto favorisce l‘incontro fra produttori e consumatori, con lo scopo di discutere questioni inerenti l‘interesse comune. Cooperazione e competitività devono misurarsi con le potenzialità del mercato, l‘unico elemento che può conciliare questi tre parametri è una definizione delle diverse priorità, che includa uno sviluppo sostenibile. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA FRANÇOISE AUTRAND,

Crisi e assestamento delle grandi monarchie quattrocentesche, in La Storia. I grandi problemi dal Medioevo all’Età Contemporanea, a cura di N. Tranfaglia e M. Firpo, 1, Il Medioevo, 2, Popoli e strutture politiche, Utet, Torino, 1986. GRAZIA BORGNA, a cura di, Il modello sociale nella costituzione europea, Il Mulino, Bologna, 2004. FERNAND BRAUDEL, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del quotidiano (secoli XV-XVIII), Einaudi, Torino, 2006. LUCIANO GALLINO, Globalizzazione e disuguaglianze, Roma-Bari, Laterza, 2003. RICCARDO PETRELLA, Globalizzazione fase due, in «La Rivista del Manifesto», n. 19, luglioagosto 2001. ROBERTO PIZZUTTI, Rapporto sullo stato sociale 2007, tra pubblico e privato, tra universalismo e selettività, UTET Università, giugno 2007. IMMANUEL WALLERSTEIN, Alla scoperta del sistema mondo, Manifestolibri, Roma, 2003. Welfare: Chi ha paura dello stato sociale?, in «Diari di Repubblica», 4 ottobre 2005. Crescita, competitività, occupazione, Commissione europea, ufficio delle pubblicazioni ufficiali della Comunità europea, Lussemburgo, 1994. Trattato CEE, Roma, 25 marzo 1957. Siti Internet consultati: www.comunisti-italiani.it www.consiglioregionale.piemonte.it www.euramis.net www.hoepli.it www.larivistadelmanifesto.it www.pbmstoria.it www.repubblica.it www.societàgeografica.it www.tecalibri.it www.wikipedia.it

61


62/73 62 I C E B E R G

2

L’ECONOMIA COMUNITARIA bis Globalizzazione e crisi dello stato sociale sono due fenomeni fortemente collegati. La globalizzazione economica, che ha prodotto tendenzialmente un unico mercato mondiale, rende più acuta la competizione fra le economie e fra gli Stati, e questi ultimi sono sempre meno in grado di sostenere le politiche sociali. Come si presenta la situazione in Europa a questo proposito? Quale ruolo può giocare l’Unione Europea per governare la globalizzazione e sostenere la necessità di una “competizione sostenibile” che non avvenga a danno dei diritti sociali dei cittadini e delle più importanti conquiste del Welfare State novecentesco?

LUDOVICA BOGGIANI Che cos’è la globalizzazione? Con il termine globalizzazione si vuole indicare che tutti i processi decisi in campo economico e tecnologico avvengono ormai su scala mondiale e con un altissimo grado di interdipendenza reciproca: ogni punto della grande ―rete‖ mondiale della produzione e dello scambio risente di quanto accade a livello planetario.


La formazione di questo “villaggio globale” è causata soprattutto da due fattori, l‘internazionalizzazione e la multinazionalizzazione dell‘economia. L‘internazionalizzazione dell‘economia risale addirittura al XVI secolo. Essa ha poi conosciuto uno straordinario balzo in avanti con l‘industrializzazione ottocentesca che, abbattendo i costi di produzione e di trasporto delle merci, diede grande impulso ai traffici internazionali. La multinazionalizzazione dell‘economia, caratterizzata dall‘emergere di grandi imprese multinazionali, operanti in diverse aree del pianeta, è invece un fenomeno novecentesco. Oggi infatti bisogna guardare la globalizzazione alla luce dell’evoluzione dell’economia nella seconda metà del XX secolo. Alla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti erano l‘unico paese in grado di fornire agli Stati europei e al Giappone, devastati dal conflitto, i beni e i servizi di consumo. Si registrò quindi un forte aumento delle esportazioni di beni dagli Stati Uniti e, poichè questi beni venivano pagati in dollari USA, questa moneta divenne molto ricercata e il suo valore di mercato aumentò. Nel 1944, nella conferenza di Bretton Woods, i paesi a economia di mercato scelsero un nuovo sistema di cambi, basato non più sull‘oro, ma sul dollaro USA: il valore di ciascuna moneta nazionale fu fissato in relazione alla moneta statunitense e le riserve monetarie vennero accumulate in questa moneta. Nella stessa conferenza vennero anche create due nuove istituzioni, il Fondo Monetario Internazionale, e la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, detta anche ―Banca Mondiale‖. Il sistema dei cambi di Bretton Woods entrò in crisi nel corso degli anni Sessanta e nel 1971 venne abbandonato a favore di un sistema a cambi parzialmente flessibili. Nel corso degli anni Settanta, anche a causa della crisi petrolifera, il dollaro si deprezzò nei confronti del marco tedesco, dello yen e del franco svizzero. Nel corso degli ultimi due decenni, le Borse e gli altri mercati finanziari si sono diffusi in tutto il mondo grazie allo sviluppo delle tecnologie informatiche. Questi cambiamenti hanno favorito gli speculatori, investitori che acquistano e vendono ingenti quantità di titoli o di moneta esclusivamente per trarne guadagno, cercando di anticipare i cambiamenti della domanda e dell‘offerta. Alcune banche e società di investimento sono diventate così ricche da poter influenzare esse stesse l‘andamento del mercato finanziario, che quindi dipende sempre meno dalle variazioni dell‘economia reale, cioè dalla produzione e dagli investimenti: si parla al riguardo di finanziarizzazione dell‘economia, un fenomeno che riguarda particolarmente i paesi a economia di mercato sviluppata, cioè i paesi del Nord America, dell‘Europa e del Sud-Est asiatico. In seguito all’azione degli investitori, i mercati finanziari e i cambi tra le diverse monete divengono estremamente volatili, cioè variabili in periodi anche molto brevi e senza possibilità di essere previsti. Questa volatilità nei tassi di cambio è una forte limitazione all‘autonomia delle politiche economiche nazionali. I singoli paesi, per evitare che la speculazione colpisca la propria moneta e che gli investitori vendano in massa i titoli di Stato, sono costretti a seguire una determinata politica nella fissazione del tasso di interesse, che deve essere molto alto in modo da attirare gli investitori. Ciò può comportare conseguenze negative, poichè il pagamento del debito impegna una grossa parte del reddito nazionale a scapito delle politiche sociali e dell‘occupazione. Il contributo determinante, però, al ―rimpicciolimento‖ odierno del pianeta è venuto dalla rivoluzione informatica e soprattutto dalla possibilità di integrare i sistemi informatici con quelli delle telecomunicazioni. Con l‘avvento delle fibre ottiche, che hanno sostituito i cavi in rame, si possono oggi trasmettere lungo le linee telefoniche segnali decodificabili anche tramite i computer a velocità elevatissime, cosicchè è attualmente possibile inviare in ogni parte del mondo un numero infinito di informazioni. Anche l‘uso di Internet ha contribuito allo scambio di informazioni tra individui che possono abitare ai poli opposti del pianeta. Questa possibilità di collegare in pochi secondi luoghi distanti migliaia di chilometri ha finito per condizionare anche i sistemi di produzione e di commercializzazione.

63


64

L’oppportunità di accedere a mercati globali fa mutare anche lo spirito concorrenziale delle imprese, che non si trovano più a competere soltanto con quelle che agiscono nello stesso territorio, ma anche con quelle che hanno sede in altre parti del mondo. La concorrenza investe non solo il momento della commercializzazione e quello della produzione, ma anche quello del lavoro: per le imprese occidentali il trasferimento di molti processi produttivi in regioni asiatiche, infatti, è stato facilitato dalle innovazioni introdotte nell‘informatica, ma è stato anche incentivato dalla possibilità di sfruttare una forza-lavoro meno costosa, meno sindacalizzata e meno gravata da oneri sociali. In particolare le multinazionali, attratte dalla possibilità di ottenere il lavoro a un prezzo più basso e quindi di realizzare guadagni più elevati, preferiscono trasferire le loro produzioni dall‘Occidente all‘Oriente. Un’altra conseguenza della globalizzazione riguarda i mercati finanziari; attraverso le reti telematiche, infatti, è possibile spostare capitali, acquistare titoli azionari, effettuare qualsiasi tipo di operazione speculativa premendo pochi tasti del computer. Questo processo di mondializzazione dei mercati segna ogni aspetto della vita quotidiana. Infatti, anche i consumi tendono a omologarsi. A ciò si deve aggiungere che la diffusione in tutto il mondo degli stessi libri, degli stessi film, degli stessi programmi televisivi contribuisce ad avvicinare tutti gli abitanti del globo. Quindi le diverse società, fino a ieri distinte per cultura e storia, hanno ora diversi elementi in comune. Un altro fattore di avvicinamento è l’immigrazione. Infatti da qualche decennio si può riscontrare un flusso migratorio degli abitanti del Sud del mondo che si spostano verso il Nord, più ricco e con più possibilità di lavoro. Tale processo favorisce l‘incontro fra culture diverse, fa assumere alle città occidentali connotati cosmopoliti, luoghi in cui è possibile venire a contatto con persone di culture diverse. In altri casi, però, le città non sono pronte ad accogliere gli immigrati e il fenomeno, quindi, viene vissuto come un‘emergenza, come un problema di ordine pubblico. Che cos‘è il welfare state? L’espressione “Stato Sociale” o “Welfare State” indica il sistema sociale in cui lo stato ha come obiettivo quello di garantire un soddisfacente livello di vita ai suoi cittadini e persegue la riduzione delle ineguaglianze e l‘integrazione sociale attraverso una redistribuzione del reddito nazionale. Lo Stato Sociale si basa sul prelievo fiscale progressivo, che aumenta cioè con l‘aumentare del reddito. Lo Stato Sociale viene attuato attraverso l‘assistenza e la previdenza sociale e la possibilità di accedere a servizi quali l‘istruzione, la casa, l‘assistenza sanitaria e sociale. Nell’Ottocento tra lo Stato e la società esisteva una linea di separazione: lo Stato, noninterventista, non doveva superarla, anzi, esisteva proprio per garantire l‘autonomia della società civile. L‘allargamento del suffragio e la formazione dei partiti politici rimodellò i processi di decisione politica; parlamenti e governi furono costretti ad affrontare i problemi sociali. Negli anni Ottanta dell‘Ottocento, quindi, una legislazione sociale si afferma con criteri nuovi: le sue caratteristiche, veri punti di rottura con il passato, erano l‘obbligatoreità dell‘assicurazione e la sua universalità. L’idea di Welfare State, però, inizia veramente a imporsi nei paesi industrializzati dopo la prima guerra mondiale. Nel dopoguerra i governi, su pressione delle forze imprenditoriali, si impegnarono a liberare il mondo della produzione dalle ―bardature‖ pubbliche e si coltivò l‘illusione di ripristinare le condizioni prebelliche. Tuttavia la diversità delle situazioni dei singoli stati, gli indebitamenti pesanti, il persistere dei protezionismi, le difficoltà delle riconversioni industriali, la disoccupazione e l‘inflazione, il caos monetario, che rendeva difficile il ripristino della base aurea, la dura esperienza di guerra, che aveva imposto politiche autarchiche, sopratutto in campo alimentare, furono fattori che facero fallire i progetti di accordi internazionali, base


indispensabile per un ritorno a una politica non-interventista, e che spinsero invece ad accentuare il rapporto tra Stato ed economia. In seguito alla Grande Depressione si vedono nascere i primi interventi, volti soprattutto a ridurre l‘impatto della povertà e della disoccupazione sugli strati sociali più deboli. Tra i primi a sollecitare negli anni Trenta l‘intervento dell‘amministrazione pubblica vi fu Franklin Delano Roosevelt , che promosse il programma di provvedimenti conoscuto con il nome di ―New Deal‖. I primi paesi europei ad adottare programmi orientati all’attuazione di politiche sociali furono, negli anni Trenta, la Svezia e, subito dopo la seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna: al sistema di quest‘ultima si ispirarono i sistemi di sicurezza sociale europei più avanzati. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta i paesi industrializzati misero in atto degli estesi programmi di previdenza sociale, ai quali furono destinate considerevoli parti delle risorse economiche; questi programmi rispondevano a un criterio universalistico; prevedevano cioè che tutti i cittadini potessero usufruirne. Non essendo in grado gli Stati di far fronte a spese così elevate, le politiche assistenziali si differenziarono da Paese a Paese. Da una parte ci fu la politica dei fascismi, che raggiunsero un momentaneo equilibrio economico attraverso la compressione dei salari e il rilancio dell‘aggressività in campo internazionale per una ridistribuzione delle risorse, dall‘altra, ci fu la strada imboccata dalle democrazie, che adottarono politiche di sostegno della domanda e di alti salari, un‘altra cosa ancora fu la statalizzazione forzata dell‘economia, a cui si risolse la Russia bolscevica. Ma il dato dell‘intervento risolutore dello Stato rimane comune. Lo Stato Sociale è stato sottoposto a molte critiche nel corso degli ultimi due decenni del XX secolo, soprattutto dagli esponenti del neoliberismo, contrari all‘intervento dello Stato nell‘economia e favorevoli a una riduzione della pressione fiscale. Alle teorie dello stato sociale si contrppose infatti l‘idea che la ripresa dell‘economia mondiale avrebbe potuto realizzarsi soltanto con un ritorno a politiche liberiste: smantellando uno stato del benessere, giudicato troppo costoso, riducendo le tasse, restituendo così slancio all‘accumulazione del profitto d‘impresa e della ricchezza. Secondo questa prospettiva il solo e supremo valore che le istituzioni dovevano salvaguardare era individuato nell‘estensione della sfera di comportamenti non impediti a disposizione del cittadino. Era dunque legittimo soltanto uno stato minimo, la cui sfera d‘azione si limitasse a garantire la libertà dei cittadini, assicurando loro difesa e giustizia; all‘opposto, le politiche del welfare e il prelievo fiscale apparivano come un‘illegittima ingerenza dello Stato nelle scelte di spesa e di vita dei singoli privati cittadini. Programmi di previdenza sociale adottati dai maggiori paesi dell‘Unione Europea Gran Bretagna Nella politica di previdenza sociale della Gran Bretagna ci sono tre punti fondamentali: garantire un minimo tenore di vita, includendo anche una minima entrata di denaro; protezione sociale nelle situazioni precarie; cercare di garantire servizi al più alto livello possibile. Questo schema è quello che è stato identificato, in pratica, come il modello ―istituzionale‖ di Welfare State: gli elementi chiave sono la protezione sociale e la fornitura di servizi sociali a chi ne ha diritto. In realtà, la previdenza sociale in Gran Bretagna è molto differente dal suo ideale. Il campo di azione è esteso, ma i benefici e i servizi sono forniti a un basso livello, essa, infatti, è distribuita a scacchiera e i servizi sono altamente razionati. Germania L’accordo sociale della Germania del dopoguerra è basato sull’idea di uno stato sociale, a volte resa come ―economia di mercato sociale‖. Il primo, basilare principio è che lo sviluppo econo-

65


66

mico è la miglior via per aumentare il benessere sociale. La struttura dei servizi sociali deve riflettere questa priorità. Questo principio è rappresentato più chiaramente dalla relazione tra i servizi e la posizione delle persone nel mercato del lavoro. I benefici sociali sono in relazione ai guadagni, e le persone senza lavoro possono trovarsi scoperti in gravi circostanze impreviste. Meno chiara, ma probabilmente anche più importante, è la generale preoccupazione di assicurare che la spesa pubblica per il benessere sia direttamente compatibile con il bisogno di sviluppo e di crescita economica. In secondo luogo, all’interno dell’economia tedesca il sistema sociale si sviluppa attraverso una struttura corporativista. Questo principio è stato sviluppato da Bismarck sulle basi delle esistenti Società di Mutuo Soccorso, e rimane alla base dell‘organizzazione di protezione sociale successiva. L‘assicurazione sociale, che copre i costi della sanità, alcune spese sociali e molti dei costi per mantenere il sistema, è organizzata attraverso un insieme di fondi indipendente. Come terzo punto, viene data grande rilevanza al principio di “sussidiarietà”. Questo principio è stato adottato dalla Germania a significare sia che i servizi dovrebbero essere decentralizzati o gestiti indipendentemente, sia che il livello dell‘intervento statale dovrebbe essere minimo, cioè limitato alle circostanze che non sono adeguatamente coperte in altri modi. Le persone che guadagnano di più non sono coperte dal principale sistema di previdenza sociale, ma sono lasciate libere di compiere le loro scelte di risparmio. Francia La protezione sociale in Francia è basata sul principio di solidarietà: l’impegno è dichiarato nel primo articolo del Codice Francese per la Sicurezza Sociale. Il principio è interpretato in molti sensi differenti. L‘idea sembra, a prima vista, fare riferimento a un mutuo supporto cooperativo. Alcuni applicano il termine in relazione ai gruppi ―mutualistici‖ (società di amicizia) e mettono in evidenza che le persone assicurate all‘interno di programmi nazionali sono chiamate a contribuire e beneficiano di un uguale punto d‘appoggio. Altri pongono in rilievo che le relazioni di solidarietà sono basate su rapporti di interdipendenza. La solidarietà è di solito intesa, in questo contesto, in termini di azione comune, reciproca responsabilità e condivisione dei rischi. Il perseguimento della “solidarietà nazionale” è stato intrapreso in primo luogo tentando progressivamente di estendere lo scopo di esistenza della solidarietà, innanzitutto attraverso la creazione di un‘organizzazione generale per la sanità e la sicurezza sociale, e conseguentemente attraverso la sua progressiva espansione. Fino agli anni Settanta questo modello di solidarietà è stato arricchito da misure addizionali che avevano lo scopo di considerare anche le persone escluse da questa rete di servizi sociali. La più importante di queste misure è il ―Revenu Minimum d‘Insertion‖ , introdotto nel 1988, che combina un beneficio di base con un personale contratto per l‘―inserzione‖ o inclusione sociale. Il sistema francese di previdenza è in definitiva una complessa “trapunta patchwork” di servizi. Questo tipo di organizzazione è relativamente costosa, e molta dell‘attenzione sulle politiche sociali negli anni recenti è puntata sul controllo della spesa, nel tentativo di colmare il cosiddetto ―buco nel sociale‖. Le aree più importanti di riferimento non sono l‘occupazione dipendente o la disoccupazione, ma quella relativa alle pensioni, a causa degli speciali privilegi accordati a particolari gruppi settoriali, e quella della spesa della sanità, in cui la tensione sui servizi indipendenti guidati dal mercato presenta dei problemi considerevoli sul controllo dei costi. Svezia Il modello svedese può essere visto come una forma ideale di Welfare State, con un’attenzione istituzionale grazie alla quale viene offerto ai cittadini un minimo tenore di vita universale. Va più lontano del modello britannico nel suo impegno per l‘equità sociale.


Il modello “istituzionale-ridistributivo” combina i principi di comprensiva “provvista” sociale con quello dell‘egualitarismo. Si tratta di una tipologia ideale, più che di una descrizione della realtà. La protezione sociale non è necessariamente associata all‘uguaglianza; i sistemi francese e tedesco offrono una protezione differente a seconda della posizione del singolo nel mercato del lavoro. Il sistema svedese, guardato nel dettaglio, ha tante caratteristiche simili. Comunque, l‘importanza dell‘uguaglianza - a volte identificata come solidarietà, nel senso di organizzata cooperativamente - è considerevole. Questo modello, detto ―della politica salariale solidaristica‖ e‘ quello invocato dai partiti ―labour‖ o laburisti, ed e‘ basato sulla ridistribuzione del reddito per garantire tenori di vita con minime differenze. Italia La descrizione del sistema di assistenza sociale italiano non può prescindere dalla considerazione che lo Stato italiano ha sempre dovuto tenere conto delle disparità di redditi e condizioni tra il Nord e il Sud del Paese. Le politiche assistenziali, quindi, sono state studiate, negli anni, non solo come soluzioni per la tutela e il benessere del cittadino, ma anche come sistemi per uniformare le condizioni nel territorio dello Stato. Le caratteristiche principali, in ogni caso, sono tre. Il sistema sanitario, di fatto, fornisce assistenza sostanzialmente gratuita ad ogni cittadino. I costi sono coperti, in larga misura, dalla fiscalità generale. Ultimamente il sistema, che ha visto costi crescenti in modo superiore alle entrate, è stato oggetto di riforme parziali con l‘introduzione di contributi di spesa, in genere modulati considerando la capacità contributiva del cittadino. L‘educazione è sostanzialmente gratuita e, di nuovo, a carico della fiscalità generale. Il sistema di assistenza sociale, pensionistica e di disoccupazione dall‘inizio degli anni Novanta è stato oggetto di varie riforme, che avevano come obiettivo il riequilibrio economico finanziario ed il miglioramento dell‘equità distributiva. Il sistema tende comunque ad assicurare a tutti i cittadini una tutela assistenziale e pensionistica ottenuta tramite forme di contribuzione obbligatoria: le riforme più recenti (del 1995) hanno cambiato il criterio finanziario di calcolo legando i servizi resi a ciascun cittadino alle contribuzioni versate dal singolo. Rispetto alla media europea il sistema italiano appare più protettivo verso i cittadini e più centralizzato, essendo quasi totalmente gestito dall‘amministrazione pubblica dello stato. Per differenziarlo dai sistemi anglosassoni e da quelli scandinavi, in alcuni casi il sistema italiano è stato indicato come modello mediterraneo di assistenza sociale. Da alcuni anni i cambiamenti politici e i processi di liberalizzazione dell’economia hanno cambiato la situazione dello Stato italiano che da esportatore di manodopera è diventato, esso stesso, meta di importanti flussi migratori. Questo ed altre variazioni macro economiche in atto (su tutte: l’introduzione della moneta unica europea) fanno sì che da tutte le parti politiche si richiedano, a oggi, importanti riforme del sistema assistenziale. Bilancio sulla situazione del welfare in Europa Con il trattato di Maastricht del 1991 si stabiliscono dei parametri rigidi per i bilanci degli stati aderenti all‘Unione Monetaria, con dei vincoli importanti sul debito complessivo dello stato, rispetto al suo prodotto interlo lordo (PIL) e sul disavanzo annuale del bilancio di ciascuno Stato membro dell‘Unione Europea. Questa cifra è uguale per tutti e fissata per impedire che i vari Paesi si indebitino troppo. Negli ultimi anni, però, la competitività nell’economia è aumentata, e così è diventato più difficile rimanere nei parametri che il trattato di Maastricht aveva stabilito, quindi, per far dimi-

67


68

nuire le uscite gli Stati europei hanno dovuto ridurre le spese per il welfare. Mantenere lo stato sociale, infatti, è la spesa più grande per tutti gli Stati. Questo effetto si è sentito di più in quegli Stati che hanno un grande programma di previdenza perchè hanno dovuto ridurre significativamente le loro politiche sociali. Ha pesato di più anche sugli Stati trasformatori, che cioè importano materie prime e le esportano lavorate, piuttosto che sugli Stati produttori, che esportano le materie prime che si trovano nel loro territorio. Questo fattore di difficoltà si sarebbe dovuto sentire in tutta Europa, dato che tutti i Paesi hanno firmato il trattato. Invece si è sentita soprattutto nei Paesi che hanno adottato la moneta unica. Alcuni Paesi d‘Europa, come il Regno Unito, che è anche tra le maggiori potenze europee in ambito economico finanziario, non hanno infatti aderito alla moneta unica europea e, quindi, non sono costretti dagli stessi vincoli economici e possono continuare a sviluppare autonomamente una politica sociale.

Organizzazione odierna dell‘Unione Europea I 27 Stati membri delegano alcuni dei loro poteri decisionali alle istituzioni comuni da loro stessi create in modo che le decisioni su questioni specifiche di interesse comune possano essere prese democraticamente a livello europeo. Il processo decisionale dell’Unione Europea, in generale, e la procedura di codecisione, in particolare, implicano la partecipazione di tre istituzioni principali: il Parlamento europeo, che rappresenta i cittadini ed è eletto direttamente da questi; il Consiglio dell‘Unione Europea, che rappresenta i singoli stati membri; la Commissione europea, che ha il compito di difendere gli interessi generali dell‘Unione. Da questo ―triangolo istituzionale‖ hanno origine le politiche e le leggi applicate in tutta l‘Unione Europea. Di vitale importanza è il ruolo svolto da altre due istituzioni: la Corte di Giustizia, che vigila sullo stato di diritto comunitario e la Corte dei Conti che ha funzione di controllo sul finanziamento delle attività dell‘Unione. Tutte le decisioni dell‘Unione Europea riguardanti le proprie istituzioni sono emesse sotto forma di trattati, che devono essere approvati dal Presidente o dal Primo Ministro di tutti i Paesi e devono essere ratificati dai loro parlamenti. Oltre a tali istituzioni, l’Unione Europea possiede una serie di altri organismi che svolgono funzioni specializzate. Il Comitato Economico e Sociale Europeo è un organo consultivo incaricato di rappresentare datori di lavoro, sindacati, agricoltori, consumatori e altri gruppi di interesse che costituiscono collettivamente la ―società civile organizzata‖. Il suo ruolo è quindi esporre i pareri e difendere gli interessi delle varie categorie socioeconomiche nel dibattito politico con la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo. Fa da ponte fra l‘Unione e i suoi cittadini, promuovendo un modello di società democratica di tipo partecipativo e inclusivo. Il Comitato delle Regioni rappresenta gli enti regionali e locali. La Banca europea per gli Investimenti è l‘istituto di credito a lungo termine dell‘Unione Europea. Concede prestiti al settore pubblico e privato per finanziare progetti di interesse europeo, specie nei seguenti campi: coesione e convergenza delle regioni dell‘Unione Europea, sostegno alle piccole e medie imprese, ambiente, ricerca, sviluppo e innovazione, trasporti ed energia. La Banca Centrale Europea ha il compito di gestire l‘euro, moneta unica comunitaria. E‘ totalmente indipendente nell‘esercizio delle sue funzioni e lavora in collaborazione con le banche centrali nazionali. Il Mediatore Europeo prende in esame i reclami inerenti a cattiva amministrazione da parte delle


istituzioni e degli organi dell‘Unione Europea. Il Garante Europeo per la protezione dei dati ha funzioni di salvaguardia della riservatezza dei dati personali dei cittadini. L‘Ufficio delle Pubblicazioni Ufficiali delle comunità europee pubblica informazioni in merito all‘Unione Europea. La Scuola Europea di Amministrazione ha il compito di offrire al personale dell‘Unione Europea una formazione in settori specifici. Sono state inoltre isituite agenzie specializzate con la funzione di svolgere determinati compiti a carattere tecnico, scientifico o direzionale. Globalizzazione e crisi del Welfare nei Paesi dell‘Unione Europea I Paesi dell’Unione Europea sono anche quelli in cui si è sviluppato prima e in cui si è radicato di più il sistema delle politiche di previdenza sociale. La globalizzazione ha messo in crisi queste politiche, avendo creato un unico grande mercato, a cui possono accedere anche quei paesi che tutelano meno il lavoratore. Infatti ci sono lavoratori in altre parti del mondo che non hanno diritto a una pensione, che non ricevono stipendio quando non vanno al lavoro per malattia, che lavorano un esagerato numero di ore, probabilmente anche mal pagati, e che non hanno dei sistemi sindacali, e quindi non si possono difendere. Ovviamente questa manodopera è meno costosa del lavoratore europeo, a cui bisogna garantire una pensione e pagare i giorni di malattia, il cui orario di lavoro è di 8 ore al giorno, ed è protetto dal sindacato. Quindi, prima di tutto si noterà che un prodotto fatto nelle regioni non condizionate da politiche di protezione del lavoratore viene a costare molto meno, e quindi più persone saranno portate a comprarlo, facendo crescere la potenza economica di quelle regioni. In più, le grandi aziende europee, per incrementare i guadagni, vorranno spostare le loro produzioni dove il costo della manodopera è minore, dove si devono pagare meno tasse, dove le politiche per la tutela dell‘ambiente sono minime o inesistenti. Quindi, i lavoratori europei si troveranno senza lavoro, perchè l‘azienda ha trasferito gli impianti di produzione all‘estero. Abbiamo già assistito parecchie volte a fatti di questo genere. Addirittura ci sono aziende che si spostano da paese poco sviluppato a paese ancor meno sviluppato a mano a mano che le politiche di previdenza sociale si diffondo nei vari paesi extraeuropei. Questa possibilità di spostare le diverse fasi di lavorazione in vari Paesi del mondo, a seconda di quello che si deve fare e in base all‘economicità del luogo di produzione, è stata favorita proprio dalla globalizzazione, che ha reso possibile che la fabbrica e l‘ufficio del proprietario si trovino ai poli opposti del globo, pur continuando a scambiarsi tutte le informazioni di cui hanno bisogno. La globalizzazione quindi, che, almeno ai miei occhi, sembra un fenomeno positivo, ha tuttavia messo a dura prova il Welfare State così come lo conosciamo. I capitalisti infatti, che perseguono lo scopo del guadagno, come è giusto che sia, non si preoccupano, però, che i loro dipendenti siano sfruttati o lavorino in buone condizioni e quindi, ora che possono arrivare a più alti guadagni, non si fanno scrupoli verso i lavoratori europei. Un’altra tendenza che ha messo in crisi il welfare è stata la diffusione dei contratti a termine. Infatti, i contributi vengono versati soltanto per il periodo in cui si è lavorato. Il lavoratore, quindi, non può essere certo che, raggiunta l‘età per andare in pensione, i contributi da lui versati saranno sufficienti per garantirgliela. Il problema che stanno affrontando ora le politiche sociali, quindi, è quello dell‘evoluzione del lavoro basato su contratti a tempo indeterminato, come è sempre stato basato nei decenni precendenti, in lavoro basato su contratti a tempo determinato, e di come affrontare questo cambiamento continuando a dare garanzie ai cittadini.

69


70

Possibili provvedimenti: come rimanere economicamente competitivi senza trascurare il cittadino Prima di rivolgere i pensieri sui provvedimenti che potrebbe prendere l’Unione Europea come risposta ai cambiamenti nell‘economia che sono avvenuti nel mondo a causa della globalizzazione, ritengo opportuno fare una considerazione sulla possibilità di unificazione degli Stati dell‘Unione Europea in un unico grande Stato Europeo. Secondo me, un’unificazione in tempi brevi dell’Unione Europea in un unico Stato è inopportuna. Ora come ora, infatti, ritengo che non sarebbe interpretata nel giusto modo dalla popolazione. Invece di soffermarci solo sugli individui più colti, che sanno argomentare partendo da solide basi i propri pensieri, dobbiamo anche considerare che una sostanziosa parte della popolazione non conosce approfonditamente le circostanze che hanno portato alla fondazione dell‘Unione Europea, le odierne politiche degli Stati, i concetti di ―globalizzazione‖ e di ―Stato Sociale‖ e, in ultima analisi, neppure l‘idea stessa di Europa. Si tratta, quindi, di individui facilmente raggirabili, magari mossi da sentimenti forti e radicati che poggiano però su deboli basi ideologiche. La nascita di sentimenti ostili verso gli stranieri è prevedibile, anche se si tratta degli abitanti degli altri Paesi dell‘Unione Europea. Quindi sconsiglierei di creare prima lo Stato e poi il cittadino europeo. Proporrei invece dei programmi di studio che, fin dalla scuola primaria, abbiano lo scopo di formare nei bambini e nei ragazzi un sentimento europeo, di appartenenza a questo antico e importante continente, per esempio introducendo una nuova materia che si occupi solamente di questo. Oltre a questo, si può contribuire alla formazione dello spirito europeo anche grazie ai mezzi di comunicazione di massa, che possono istruire anche la parte di popolazione che ha già lasciato la scuola. Quando ci si sentirà veramente uguali alle persone che vivono negli altri Paesi dell‘Unione, allora saremo pronti a un‘unione pacifica e gioiosa dei popoli europei. Questi processi di unificazione della popolazione devono avvenire, comunque, su un inizio di formazione di Stato europeo, in modo che si possano avere i poteri per far applicare questi programmi in tutti i Paesi dell‘Unione. Per quel che riguarda le politiche economiche e sociali, penso sia importante agire con rapidità, quindi prima di aver completato questo processo di creazione di uno spirito europeo per tutti. Infatti, dal secondo dopoguerra ad oggi si sono visti molti cambiamenti, nel modo di vivere delle persone e nel mondo dell‘economia. A partire dall‘ultimo decennio del secolo scorso, la fase di transizione del sistema instaurato nel dopoguerra è diventata palpabile. Ora non siamo ancora in una fase di stabilizzamento di un nuovo sistema, non si sa ancora dire quando questa fase arriverà e in che modo. Secondo me si è data troppa poca importanza al riconoscimento di trovarsi in questa fase, perchè come ogni transizione, non sarà completamente armoniosa. Invece, si dovrebbe darle risalto e prendere delle misure immediate ed efficaci per superarla e far stabilizzare la situazione rapidamente. Molti sono dell’idea che la cosa più opportuna da fare sarebbe un compromesso tra politiche sociali ed economia di mercato. Secondo me ora come ora non è la scelta migliore, mentre penso che a situazione stabilizzata è un ottimo modo per essere economicamente competitivi senza dimenticare il cittadino. Ritengo che, quindi, in questo momento l’Europa abbia due possibilità. Bisogna guardare, quando si prendono decisioni sulle politiche sociali soprattutto, a quello che succederà tra circa vent‘anni, cioè quando riscuoteranno la pensione coloro che sono stati coinvolti nel nuovo sistema. Sembra che la maggioranza della popolazione sia convinta, o rassegnata al fatto che nei decenni futuri aree geografiche come l‘Estremo Oriente prenderanno il sopravvento sull‘Occidente e guideranno l‘economia. Secondo me non dobbiamo accettare il fenomeno senza reagire. La prima possibilità, allora, è la costruzione di una potenza che riuscirà a rimanere economicamente competitiva con gli altri paesi sviluppati nel mondo, e che riesciuscirà a tenere testa ai nuovi paesi in via di sviluppo, che sembra si preparino a sferzare un duro colpo alle po-


tenze Occidentali anche negli anni a venire. Ci si dovrà quindi basare completamente sull‘economia capitalistica, sulla libera iniziativa e anche, però, sulla ―sopravvivenza del più capace‖. Le politiche di previdenza sociale andranno riprese successivamente, una volta affermata la posizione competitiva dell‘Europa, e quindi si potrà dare aiuto alle persone che sono rimaste in condizioni meno agiate. Infatti, anche se per qualche anno una parte della popolazione rimarrà con un piccolo potere d‘acquisto, si potrà comunque basare l‘economia sull‘esportazione. Anche perchè se si dovessero aumentare i salari per far sì che la popolazione compri i prodotti che produce si cadrebbe in un circolo vizioso che porterebbe soltanto all‘inflazione. Vista in quest‘ottica, però, potrebbe sembrare che i governi non facciano niente riguardo alla disoccupazione, che va vista però come un grave problema sociale, e quindi si potrebbero adottare politiche simili a quella di Roosvelt negli anni che seguirono alla Crisi del ‘29 (come l‘impiego dei disoccupati in opere pubbliche). Sembra una soluzione per persone senza scrupoli, ma se guardiamo la situazione di oggi possiamo vedere come il popolo si impoverisca sempre più. In questo modo si chiederebbe alla popolazione un periodo definito di tempo di sforzi e sacrifici, ma alla fine si arriverebbe a una fase di prosperità. La seconda possibilità è quella di fermarsi nella corsa al successo e di eliminare le differenze tra gli individui. Una volta che tutti i cittadini si siano trovati in uguali condizioni si può cercare di affermarsi sul mercato mondiale, diventando anche una potenza economica. Io sono a favore della prima possibilità, anche perchè la seconda è alquanto utopistica. Inoltre, viviamo in un mondo dove l‘economia è di tipo capitalistico, le differenze fra gli individui fanno parte del suo stesso essere. Ma la cosa più importante, secondo me, è rendersi conto che l‘Europa ha bisogno di prendere rapidamente una decisione che le faccia dare il via al processo di rinnovamento che serve, ora che siamo in piena crisi degli stati nazionali. Le idee espresse in quest’ultimo capitolo sono il frutto del mio pensiero e, quindi, inevitabilmente, mancano delle giuste basi di economia politica e finanziaria. Ho potuto pero‘ trovare, tramite una ricerca dei testi pubblicati sul world wide web, una serie di interventi di illustri politici e commentatori che espongono idee simili e che, quindi, posso citare per avvalorare i miei commenti.

Dal famoso discorso del Primo Ministro Britannico, Mr. Tony Blair, al Parlamento Europeo: ―The purpose of our social model should be to enhance our ability to compete. This means an end to ―regulation and job protection‖ in favour of measures to encourage competition through ―active labour market policies‖ and a concentration on educating a skilled workforce.‖ Tony Blair, Parlamento Europeo, discorso inaugurale del semestre britannico, 22 giungo, 2005 Dalla pubblicazione ufficiale del Parlamento Europeo sulla strategia di crescita ed occupazione per l‘Europa: ―In March 2000, European leaders committed the EU to become by 2010 ‗the most dynamic and competitive knowledge-based economy in the world capable of sustainable economic growth with more and better jobs and greater social cohesion, and respect for the environment‘.Europeans have made choices about how to express the values they hold in common: a commitment to the social contract that underwrites the risk of unemployment, ill-health and old age, and provides opportunity for all through high-quality education, a

71


72

commitment to public institutions, the public realm and the public interest, and that a market economy should be run fairly and with respect for the environment. These values are expressed in systems of welfare, public institutions and regulation that are expensive in a world where low cost and highly efficient producers are challenging the old order. If Europe cannot adapt, cannot modernise its systems and cannot increase its growth and employment fast enough then it will be impossible to sustain these choices.‖ (2) The Lisbon Strategy - The Kok report, November 2004, European Parliament Pubblications Da importanti giornali internazionali: ―At stake, in the view of many European experts, is the ability of countries like the big three — Germany, France and Italy — to adapt to a globalized world in which Europe's high labor costs and low population growth could portend a long-term decline, not just of economic power but of political influence as well‖ Richard Bernstein, The New York Times, April, 2006 The Lisbon Strategy - The Kok report, November 2004, European Parliament Pubblications Da importanti giornali internazionali: ―At stake, in the view of many European experts, is the ability of countries like the big three — Germany, France and Italy — to adapt to a globalized world in which Europe's high labor costs and low population growth could portend a long-term decline, not just of economic power but of political influence as well‖ (3) Richard Bernstein, The New York Times, April, 2006

Lo scopo del nostro modello sociale dovrebbe essere quello di migliorare la nostra capacità di competere. Questo significa la fine delle norme di tutela del lavoro in favore di misure che incoraggino la competizione attraverso leggi per un mercato del lavoro dinamico e significa anche la necessita’ di concentrarsi sulla preparazione di una forza lavoro professionalmente qualificata. (2) Nel marzo 2000, i leaders politici dell’Unione Europea, hanno impegnanto l’Unione Europea in un processo di sviluppo per arrivare, nel 2010, ad essere l’economia del mondo che, basandosi sulla conoscenza, sia la piu’ competitiva e dinamica, capace di una crescita sostenibile, con più possibilità di lavoro e di lavoro migliore, maggiore coesione sociale e rispetto per l’ambiente. Gli Europei hanno fatto delle scelte su come esprimere i loro valori comuni: un impegno per un contratto sociale che assicuri i cittadini dai rischi della disoccupazione, malattia e vecchiaia, che renda possibile una diffusa scolarizzazione di alta qualità, che rispetti le istituzioni pubbliche e l’interesse pubblico, ed un impegno affinchè l’economia di mercato sia condotta in modo equo e con rispetto per l’ambiente. Questi valori sono espressi attraverso un sistema di istituzioni pubbliche, welfare e regolamenti che sono molto costosi in un mondo nel quale produttori altamenti efficienti e a basso costo stanno mettendo alla prova il vecchio ordine delle cose. Se l’Europa non riesce a adattare e modernizzare i suoi sistemi e non riesce ad aumentare la sua crescita ed il suo livello occupazionale in modo sufficientemente veloce, allora queste scelte saranno insostenibili. (3) La visione di molti esperti è che ci sia in dubbio l‘abilità delle tre principali economie europeee - Germania, Francia ed Italia - di adattarsi ad un mondo globalizzato, nel quale gli alti costi del lavoro e la bassa crescita demografica europea possano portare ad un declino di lungo termine, non solo del potere economico ma anche dell‘influenza politica.


BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA Cioffi, Luppi, Vigorelli, Zanette, Bianchi, De Pascquale, I filosofi e le idee, Volume 3, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2004, Milano Grazia Borgna, Un modello sociale per l’Europa e per il mondo, citato in Jacques Delors, Crescita, competitività, occupazione. Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo, citato in Emilio Gabaglio, Una costituzione per riaffermare il modello sociale europeo, citato in Sandro Gozi, La convenzione: un’istanza aperta verso la società. Il punto di vista della commissione europea, citato in Alberto Majocchi, Modello sociale europeo e globalizzazione. Quali garanzie?, citato in Marchese, Mancini, Greco, Assini, Stato e società, La Nuova Italia, 2004, Firenze Marx, Engels, Il wwwManifesto del partito comunista, citato in I filosofi e le idee, Volume 3 Piemonteuropa, ottobre 2007 Giuseppe Bertola, Welfare states vs globalisation - or what?, www.voxeu.org Ivo Colozzi, La DSC, il welfare e le politiche sociali in Italia Carlo Galli, Dio, popolo e Stato le seduzioni del potere, Repubblica, Roma Anthony Giddens, Il welfare a rischio nella società aperta, traduzione di Elisabetta Horvat, Repubblica, Roma Giuliano Petrovich, Globalizzazione e stato sociale: alcune considerazioni dei “No21bels in Venice” nel primo dei “Third Millenium Colloquia”, Università Ca‘ Foscari di Venezia Felice Roberto Pizzuti, Globalizzazione e stato sociale, www.lomb.cgil.it Felice Roberto Pizzuti, Sistemi di welfare: l’Italia è un caso anomalo? Massimo Riva, Sulla flessibilità si gioca la democrazia, Repubblica, martedì 20 novembre 2007, Roma Gustavo Zagrebelsky, Lo straniero che bussa alle porte dell’Occidente, Repubblica, martedì 13 novembre 2007, Roma it.encarta.msn.com, Globalizzazione it.encarta.msn.com, Stato sociale it.encarta.msn.com, Unione europea www2.rgu.ac.uk, An introduction to social politicy, Social Politicy www2.rgu.ac.uk, An introduction to Social Policy, The Welfare State www.europa.eu, Istituzioni e altri organi dell’Unione Europea www.europarl.europa.eu, Globalizzazione e modello sociale al centro del dibattito europeo www.ncpa.org, Welfare www.pitt.edu, Basic concept and definitions www.pitt.edu, How to conceptualize the welfare state Conferenza del professor Umberto Morelli, giovedì 22 novembre 2007, Liceo Scientifico Statale Alessandro Antonelli, Novara

73


74/80 74 I C E B E R G

3

LA PACE MONDIALE PASSA PER L’EUROPA La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano GAETANO VIVIRITO «La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai perico-

li che la minacciano.» «L’Europa è stata per secoli un’idea, una speranza di pace e comprensione. Oggi questa speranza si è avverata. L’unificazione europea ci ha permesso di raggiungere pace e benessere» 1.0. Premessa Altiero Spinelli (Roma, 31 agosto 1907 – Roma, 23 maggio 1986), fondatore del movimento federalista europeo, fu uno dei grandi difensori del progetto europeo. La sua dottrina, la sua opera scritta come ad esempio Come ho tentato di diventare saggio e Il manifesto di Ventotene, così come il progetto di trattato sull‘unione europea, segnarono in modo indelebile la storia dell‘integrazione europea. Le questioni che sollevò sui fini dell‘integrazione europea e i mezzi attraverso i quali pervenire ad essa, continuano presentarsi molto attuali in particolare nel contesto attuale di revi-


sione dei trattati in vigore. 1.1. Origini dell’integrazione europea Gli obiettivi fondamentali dell‘integrazione europea sono la pace tra le nazioni del continente e il garantito rispetto delle libertà fondamentali. Sono inoltre fini paralleli il consolidarsi del peso politico dell‘Europa nel contesto politico mondiale e il costituirsi di un modello di pacificazione esportabile con successo nelle zone critiche del pianeta. Nel 1948, con la prima vera riunione di Europeisti (Congresso dell‘Aja) furono discusse due idee di Unione Europea: Idea Federalista: la costituzione di una vera e propria federazione europea avente due livelli effettivi di potere: stati membri e Federazione; Idea Confederalista o Intergovernativa: creare una serie di organismi europei che abbiano come fine ultimo la realizzazione della volontà europea e che siano soggetti interamente alla volontà degli stati. Non viene contemplato alcun trasferimento di sovranità nazionale ai sopradetti enti. In seguito con la dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 sorse l’Idea di integrazione Funzionale: La creazione di un‘unità europea mediante creazioni successive di organizzazioni di integrazione settoriali e con la cessione di alcuni poteri statali ad enti sopranazionali. Schuman affermava che «L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.» e ancora che «La fusione della produzioni di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea ». Posso affermare come sia fondamentale un trasferimento dei poteri sovrani ad un ente superiore mettendo in evidenza come il bene comune necessiti che ciò avvenga. La creazione di una federazione a modello statunitense o tedesco è il solo modo affinché l‘Europa possa mutare effettivamente e aspirare alla realizzazione degli obbiettivi proposti da Spinelli. La loro realizzazione è infatti subordinata a un potere forte e sovrano al di sopra degli stati che possa decidere autonomamente senza interferenze alcune da parte degli Stati Europei. Utopistica è infatti l‘opinione che a tali risultati si possa giungere senza una autorità sovrana e mediante organizzazioni interstatali senza alcun effettivo potere. L‘ONU ne è la prova concreta. 1.2. Trattato “Spinelli” Assodato dunque che sia necessaria la costituzione di una concreta Federazione Europea è importante comprendere come debba essa attuare i tre poteri fondamentali: legislativo, esecutivo, giudiziario. Solo con la presenza dei tre poteri prima citati ,completamente indipendenti dagli stati membri, si potrà parlare di una federazione europea come quella voluta da Spinelli. Egli nel Il manifesto di Ventotene afferma che «La federazione deve disporre di una magistratura federale, di un apparato amministrativo indipendente da quello dei singoli stati, del diritto di riscuotere direttamente dai cittadini le imposte necessarie al suo funzionamento, di organi di legislazione e di controllo fondati sulla partecipazione diretta dei cittadini e non su rappresentanze degli stati federali».I concetti citati vengono ripresi e ampliati nel Trattato “Spinelli”. Secondo il progetto di Spinelli vi sono dei punti fondamentali al raggiungimento del modello ideale di federazione. Quelli più rappresentativi sono: Sostituzione dei tre trattati europei e delle rispettive comunità con l‘Unione Europea;

75


76

Realizzazione della Costituzione Europea; Trasferimento dei poteri sovrani alle varie organizzazioni europee in modo definitivo e non reversibile; Potere legislativo esercitato dal Parlamento Europeo; Politica estera e di difesa comune; Creazione della Cittadinanza Europea; Protezione dei diritti fondamentali. Appare così come la attuazione libera da costrizioni dei tre poteri sia non solo importante ma indispensabile: solo così facendo si potrà avere una Federazione Europea con poteri decisionali e esecutivi concreti capace di imporsi con forza sui vari Stati Membri per il bene comune. Il Trattato ―Spinelli‖ affermava nel preambolo « con vista a continuare l‘unificazione democratica dell‘Europa (…), basando le sue azioni nel rispetto de principi della democrazia pluralista, rispetto dei diritti umani e per lo stato di diritto (…),determinati a rinforzare e preservare la pace e la libertà attraverso un‘unione più stretta (…),le alte parti contrattanti, stati membri delle comunità europee, hanno deciso di creare l‘unione europea» 1.3.Tripartizione dei poteri Per comprendere la situazione attuale dell‘integrazione europea proseguo col descrivere la ripartizione attuale dei tre poteri nei vari organi dell‘Unione Europea precisando le diverse fonti di legittimazione. Il potere legislativo è attualmente esercitato da due organi: CONSIGLIO DELL‘UNIONE EUROPEA: noto anche come Consiglio dei Ministri Europei è il principale ramo legislativo dell’Unione Europea. Esso è composto da dai ministri degli stati membri e opera spesso seguendo l‘impulso politico del CONSIGLIO EUROPEO (composto dai Capi di Stato o di governo degli stati membri e dal Presidente della Commissione Europea); PARLAMENTO EUROPEO: organo i cui componenti vengono eletti mediante suffragio diretto e universale;poggia dunque le basi sulla legittimazione democratica. Esso legislano insieme con il Consiglio dell‘Unione Europea attraverso la procedura di codecisione. Risulta dunque evidente che il potere legislativo si fonda principalmente su di una legittimazione intergovernativa. Il potere esecutivo è esercitato dalla COMMISSIONE EUROPEA. Essa è attualmente costituita da un commissario per ciascuno membro dell‘unione, è indipendente dagli stati e agisce per il bene comune. Essa inoltre detiene il diritto di iniziativa del processo legislativo e ha la facoltà di vigilare sull‘attività degli stati membri come riportato nel TCE «esercita le competenze che le sono conferite dal Consiglio per l'attuazione delle norme da esso stabilite » . Essa dunque è legittimata dall‘integrazione europea. Il potere giudiziario è riposto in tre Tribunali: CORTE DI GIUSTIZIA: Situato In Lussemburgo si tratta dell‘organo giudiziario più antico e importante dell‘unione, esso è composto da un giudice per ogni


stato membro ed è assistito da otto avvocati generali; TRIBUNALE DI PRIMO GRADO: entrato in funzione il 31 ottobre 1989, è composto perlomeno da ventisette giudici, uno per ogni stato membro; TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA: è l‘organo di giustizia più giovane, risolve le controversie in materia di pubblico impiego dell‘Unione europea; I tre organi giudiziari costituiscono la CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÁ EUROPEE, l‘istituzione giurisdizionale comunitaria. 2.1. Attualità della frase di Spinelli Fondamentale è comprendere come e perché la frase di Spinelli sia ancora molto attuale. Per fare ciò bisogna considerare due fattori dalla cui analisi emergano le risposte cercate: Problemi relativi i tre poteri fondamentali; Ricorrenza delle idee di Spinelli nella fase attuale del processo di integrazione europeo. 2.2 Tripartizione attuale dei poteri (non completamente aderente al modello di spinelli) e metafora del tempio greco. Il potere legislativo, è attualmente soggetto alla volontà degli stati membri e, nota la recalcitranza dei membri dell‘unione a cedere i poteri sovrani, risulta evidente l‘impossibilità di procedere in modo definitivo verso una Federazione Europea e di prendere decisioni per il bene comune se in contrasto con la volontà degli stati membri. Appare dunque chiaro come Spinelli avesse ragione ritenendo l‘indipendenza dei tre poteri fondamentali dall‘influenza dei membri dell‘Unione un punto chiave. All‘interno del potere giudiziario dell‘Unione, differente dal modello Statunitense e Tedesco a causa dei minori poteri attribuitegli, sono presenti alcuni argomenti contro il federalismo giuridico europeo. Le corti europee infatti non hanno la competenza (a differenza degli altri supremi tribunali federali) di annullare e/o invalidare il diritto degli stati membri, qualora questo sia contrario al diritto comunitario. Ciò porterebbe all‘assurda prevalenza diritto statale su quello comunitario. Nella pratica, dovendo prevalere il principi della Comunità Europea, mediante il Principio del Primato del diritto comunitario atto a stemperare la questione, si ottenne che le autorità di uno stato membro non possano attuare una norma nazionale contraria al diritto comunitario; ovvero che prevalesse il diritto comunitario nei singoli casi sottoposti ai tribunali europei. Altro argomento di ostacolo al federalismo giuridico europeo è la mancata competenza dei tribunali comunitari nell‘interezza del tempio greco (metafora giuridica creata descritta nel terzo paragrafo dell‘articolo primo del Trattato di Maastricht).Questo risulta formato da tre pilastri tenuti insieme da tre parti: Tetto: formato dal Preambolo (principi e dalle finalità del Trattato); Frontone: disposizioni comuni incluso il quadro istituzionale unico dell‘Unione ; Base: disposizioni finali del TUE; Il primo pilastro risulta costituito dalle tre comunità europee e dai loro trattati costitutivi. Il secondo pilastro è quello della Politica Estera e di Sicurezza Comune(PESC) in modo che l‘Europa possa presentarsi sulla scena internazionale in modo coeso e unitario.

77


78

Il terzo pilastro è la Cooperazione nel settore della Giustizia e degli Affari Interni che, con le modifiche del Trattato di Amsterdam, ha assunto la nuova denominazione di Cooperazione Giudiziaria e di Polizia in Materia Penale. Il frontone è a sua volta una struttura complessa nella quale sono riuniti i punti in comune ai tre pilastri come ad esempio i Principi Fondamentali (libertà, democrazia, stato di diritto..) e il rispetto per i diritti fondamentali mediante alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’ UE e alla sua inclusione in un futuro trattato. Tornando al potere giudiziario risulta totalmente inadeguata la solo parziale competenza dei Tribunali europei in alcuni settori del tempio greco. Essi infatti non possono operare all‘interno del secondo pilastro e hanno forti limitazioni nel terzo. Emerge dunque che l‘UE si discosta dal modello federale voluto da Spinelli mancandogli una tripartizione dei poteri simile in tutto e per tutto ad uno stato anche se si riscontrare una certa corrispondenza fra Consiglio e Parlamento Europeo e le due camere del che costituiscono il parlamento degli stati federali. In ogni caso si deve tenere presente che il trattato di Maastricht riprese alcuni punti del ―Trattato Spinelli‖: non sono la creazione di una nuova entità denominata UE ma anche la creazione dell‘unione europea, la creazione di una cittadinanza europea, la protezione dei diritti fondamentali e una più significativa partecipazione del parlamento europeo nella procedura legislativa.

Vilnius. Fuga.


2.3. Ricorrenza delle idee di Spinelli nella fase attuale del processo di integrazione europeo Attualmente queste questioni sono rilevanti nell‘ambito del futuro trattato che modificherà quelli attualmente in vigore: il Trattato di Lisbona , detto anche Trattato di Riforma. La necessità di una riforma traspare in modo chiaro nella Dichiarazione di Berlino: «Dobbiamo (…) continuare a rinnovare tempestivamente l’impostazione politica dell’Europa. È in questo spirito che oggi, a 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma siamo uniti nell’obbiettivo di dare all’Unione Europea entro le elezioni del Parlamento Europeo del 2009 una base comune rinnovata. Perchè l’Europa è il nostro futuro comune» Il Trattato che adotta la Costituzione per l‘Europa non ha potuto entrare in vigore a Riga. Fede. causa dei risultati negativi dei referendum di Francia e Olanda .In seguito il Consiglio Europeo definì il Mandato della Conferenza Intergovernativa: « “Il Trattato di Riforma che modifichi i trattati esistenti ha per scopo il rinforzare l’efficienza e la legittimità democratica dell’Unione allargata nonché la coerenza della sua azione esterna. Il progetto costituzionale, che consisteva nell’abrogazione di tutti i trattati esistenti e nella loro sostituzione con un unico testo denominato ”Costituzione”, è abbandonato.(…) Il trattato di riforma conterrà due clausole sostanziali che modificano, rispettivamente, il TUE e il TCE”» Prese così forma il Trattato di Lisbona, firmato nel dicembre 2007, che, nel caso entrasse in vigore, porterà alla creazione di una una base rinnovata su cui poggiare il futuro della costruzione europea. È impressionante come in questa fase cruciale dell‘integrazione europea le idee di Spinelli siano ancora tanto attuali quanto lo erano il giorno in cui furono presentate per la prima volta.

79


BIBLIOGRAFIA

80

Libri Marchese -Mancini- Greco- Assini, Stato e società,2007,Scardicci (FI),La nuova Italia Spinelli A.-natu Rossi E., Il Manifesto di Ventotene, Oscar Mondatori, Milano, 2006 Spinelli A.,Come ho tentatato di diventare saggio,Mulino, Bologna, 1984 A cura di Grazia Borgogna, Il modello sociale nella Costituzione europea, Il Mulino, Bologna, 2004 Rifkin J., Il sogno Europeo, Mondatori, Milano, 2004 Documenti Dichiarazione Schuman, 1950 Trattato di Parigi, 1951 Trattati di Roma ( Tratto della Comunità Europea),1957 Trattato di ―Spinelli‖, 1984 Trattato di Maastricht (Trattato sull‘Unione Europea), 1992 Trattato di Amsterdam,1 997 Trattato di Nizza, 2000 Trattato che adotta una Costituzione per l‘Europa, 2004 Trattato di Lisbona, 2007 Mandato della CIG, 2007 Dichiarazione di Berlino, 25 marzo 2007 Siti Internet www.europarl.europa.eu www.euramis.net www.infoleges.it www.europa.eu www.wikipedia.it www.wikipedia.com www.accademia19.it www.eurotreaties.com www.mulino.it



MACROFAGA

EUROPEIZZAZIONE FORZATA iceberg 1

iceberg 2

Guerra e pace federalistiche

Economia comunitaria

Valori e storia d’UE RICCARDO LEONE

Unione europea globalizzata GIULIA SOTTILOTTA

Stato (o confederazione) vegetativo) MARIO LUCA

Globalizzazione e welfare state: come conciliare due realtà apparentemente contrastanti LUDOVICA BOGGIANI

iceberg 3

Economia comunitaria La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano GAETANO VIVIRITO


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.